L’ESERCITO ITALIANO NEL SECONDO DOPO GUERRA 1945-1950

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STATO

MAGGIORE UFFICIO

DELL'ESERCITO

STORICO

LEOPOLDO NUTI

L'ESERCITO ITALIANO NEL SECONDO DOPO GUERRA 1945-1950 La sua ricostruzione e l'assistenza militare alleata

ROMA

1989


PROPRIETÀ LETTERARIA Tutti i diritti riservati. Vietata la riproduzione anche parziale senza autorizzazione © Copyright: by Stato Maggiore Esercito Ufficio Storico - Roma 1989

SAGRAF spa Napoli


PRESENTAZIONE

Da alcuni anni la produzione storiografica del/' Ufficio Storico ha aggiunto alla sua cospicua serie di volumi sulle campagne alle quali prese parte l'Esercito Italiano numerose monografie intese ad analizzare determinati aspetti della politica militare italiana in tempo di pace, allo scopo di fornire un quadro il più possibile esauriente del contesto politico, sociale e culturale in cui l'Esercito era inserito. Il volume del Dr. Leopoldo Nuti, un giovane studioso di Storia delle Relazioni Internazionali con una particolare sensibilità per i problemi di natura militare, allarga ora questo tipo di analisi ad un campo fino ad oggi pressoché inesplorato dalla letteratura dell'Ufficio Storico, quello cioè della storia militare dell'Italia repubblicana. li volume analizza infatti il complesso intreccio tra politica internazionale e fattori interni che condizionò le origini de/l'esercito repubblicano, esaminando in particolare la travagliata fase della sua ricostruzione, il peso che su questa esercitò il trattato di pace, e i problemi che precedettero e seguirono l'ingresso dell'Italia nel Patto Atlantico. Con questo volume, corredato da un'appendice documentaria costituita prevalentemente da materiale inedito proveniente dall'Archivio dell'Ufficio Storico, si è voluto dunque dare un contributo al crescente interesse della storiografia per le vicende relative ai primi anni di vita della Repubblica. IL CAPO DELL'UFFICIO STORICO



PREFAZIONE

La sconfitta militare del 1943 e l'armistizio dell'8 settembre coincisero, come è ben noto non solo agli studiosi ma a tutti coloro che vissero quella tragedia, con la quasi completa dissoluzione dell' esercito italiano, che non resse la tensione delle troppe contraddizioni alle quali in un solo momento venne sottoposto: la contraddizione tra vecchie e nuove alleanze o vecchie e nuove lealtà; tra la spinta a combattere per un progetto di potenza e quella a battersi contro l'oppressione e la prepotenza; tra il senso del dovere di cunlinuare a combattere e il desiderio di una ricerca di pace, sin troppo umano, per chi aveva vissuto una guerra ricca di amare disillusioni. La contraddizione, infine, tra l'essere stati addestrati come gli uomini del/' esercito di una grande potenza. e la realtà della sconfitta che metteva a nudo una profonda debolezza, della quale solo gli uomini più informati o quelli più attenti erano al corrente da tempo. Così, all'indomani dell'armistizio, dell'esercito italiano rimase ben poco: ciò che gli Alleati consentirono si ricostituisse e divenne poi l'embrione del/' Esercito di Liberazione e i gruppi che si organizzarono, in Italia o fuori di essa, nelle brigate della Resistenza. Con la fine della guerra, la situazione non mutò molto . Il problema della ricostituzione di un esercito italiano rimase condizionato, sino alla firma del trattato di pace, dalla subordinazione alla volontà degli Alleati, sempre meno presenti come forze d'occupazione, ma sempre ben presenti a seguire l'evoluzione politica della penisola anche per ciò che riguardava le sue strutture militari. A questa condizione di minorità s'aggiungeva il fatto che molte ragioni profonde rendevano difficile in Italia la ripresa di un dibattito o, più ancora, di una iniziativa in materia militare. La guerra fascista e la sconfitta avevano inferto un colpo severo a quel legame tra esercito e società che nei pochi decenni (allora era ancora meno d'un secolo) di vita unitaria s'era potuto stabilire, e che troppe vicende militari e politiche avevano reso spesso faticoso: tanto più faticoso ora che la ricostruzione appariva minata da un radicale stravolgimento di valori sociali, p er cui, finita la guerra, il senso della vita militare, i problemi del!' esistenza di un esercito, di una marina o di un'aviazione apparivano remoti


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rispetto alle esigenze più immediate della vita quotidiana ma anche rispetto ai progetti più ambiziosi di trasformazione sociale, al servizio della quale, se mai, si sarebbe voluto concepire da alcuni l'uso di una forza armata. A modificare rapidamente questa situazione o, meglio, a ridare attualità politica, prima che «sociale », al problema dell'esistenza di un esercito italiano, furono le ben note vicende del secondo dopoguerra, prima ancora che la potenziale rivalità fra Unione Sovietica e Stati Uniti diventasse « guerra fredda» palese. In breve, gli Alleati si resero conto dei problemi che il mantenimento dell'ordine pubblico (il che non esigeva risposte di natura militare, ma presupponeva l'esistenza di reparti militarizzati) e lo svolgimento di tutta una serie di funzioni statuali ponevano, postulando l'esistenza di un esercito italiano. Gli aspetti puramente militari, collegati anche all'incertezza che accompagnava l'attuazione di un buon numero di clausole del trattato italiano (Trieste; le colonie pre-fasciste), si intrecciavano con gli aspetti politici quali il ruolo di un esercito italiano nel caso di crisi lungo la frontiera con la Jugoslavia (crisi tutt'altro r.he impns,<.ihilP, come gli eventi del maggio-giugno 1945 avevano dimostrato). L a separazione netta fra i due piani è sempre difficile. Lo fu più che mai allora, poiché gli alleati erano mossi - a dir poco - da motivi contraddittori: l'utilità di un contributo italiano, per quanto modesta potesse essere, e la diffidenza o il sospetto verso una struttura militare che risorgeva così rapidamente in un pàese che fino a pochi mesi prima era stato giuridicamente un nemico, e verso la cui tradizione militare si ostentava una certa mancanza di considerazione. Sono questi i momenti difficili dai quali muove Leopoldo Nuti per studiare le tappe politiche e tecniche della rinascita dell'esercito italiano, dalle esitanti iniziative della prima fase postbellica sino alla formazione dell'Organizzazione Nordatlantica, quando la riconquista di una piena parità e di un ruolo vennero, almeno sul piano formale, pienamente ristabiliti. L'oggetto del libro, indicato in questa formulazione sintetica, congloba tuttavia una serie molteplice di aspetti. Il tema militare è inserito, con notevole sensibilità, nel quadro politico che lo accompagna, e, anzi, viene presentato non come un momento, isolato o isolabile, del recupero di ruolo internazionale da parte del[' Italia bensì come uno degli aspetti di un processo assai ricco di sfumature, che il Nuti ricorda con una lettura originale e appropriata, quando esse sono funzionali alla sua ricostruzione, o alle quali si rifà più rapidamente, quando esse concernono tematiche più remote. Egli riesce così a presentare correttamente il problema della rinascita dell'esercito come momento tecnico di un processo prevalentemente politico: di politica interna e di politica internazionale. Sulla base di una ricerca sistematica svolta su tutte le fonti edite e grazie a uno scavo molto approfondito tra le fonti inedite, / ,enpoldo Nuti perviene così


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a delineare una persuasiva analisi dell'intreccio fra più temi di politica internazionale e di politica militare. Sono, questi, gli aspetti che divengono dominanti quando si entra nel periodo del negoziato atlantico, dall'inizio del 1948 all'aprile 1949, con un crescendo che caratterizza in particolare gli ultimi m.esi del 1948. Su questo piano, affiora con grande evidenza il collegamento esistente tra il problema del riarmo italiano (effetto o causa dell'ipotesi atlantica che fosse) e quello riguardante la natura dell'alleanza che i paesi occidentali avrebbero costituito. I colloqui tra l' ammiraglio Maugeri e il francese generale Revers, dell'ottobre 1948 misero in luce - come il Nuti a sua volta chiarisce - che solo la partecipazione italiana al trattato atlantico avrebbe reso possibile la formulazione di piani di difesa che non prevedessero immediatamente soluzioni di difesa «periferica», ma contemplassero la possibilità di una linea di resistenza che tenesse conto (rispetto a un'ipotesi di attacco da Est) delle Alpi orientali e dell'Austria. Del pari, la missione del capo di Stato Maggiore Marras negli Stati Uniti, (dicembre 1948) fu un altro momento cruciale per la definizione delle basi tecniche di un negoziato che, sul piano puramente diplomatico continuava a svilupparsi in un'altalena di ambiguità. Il generale infatti, pur senza anticipare decisioni politiche che non gli competevano e alle quali non era del resto autorizzato, ebbe modo di approfondire i temi specifici del possibile contributo italiano alla alleanza delle potenze occidentali, collegandoli con le varie alternative strategiche che ne discendevano e contribuendo in un certo senso a facilitare i successivi passaggi nel negoziato diplomatico . Su questa base la posizione militare italiana si affrancava di fatto dai condizionamenti del trattato di pace. Pochi giorni dopo la firma del Patto Atlantico, rivela Nuti, in uno scambio di note con il governo americano, l'Italia si impegnava « a compiere ogni sforzo per potenziare l'apparato militare nazionale ». Jl nesso non poteva apparire più chiaro e la ricostruzione dell'esercito italiano diventava in quel modo un episodio della creazione del sistema difensivo occidentale con la collaborazione americana. Nuti segue con grande cura e molta precisione il duplice piano sul quale si collocano gli eventi e mette in luce i caratteri particolari dell'intera questione. Il suo Lavoro costituisce così un ottimo esempio di integrazione fra tem atiche tecniche e problemi politici. Le prime non sono isolate in una logica loro particolare, che le spiegherebbe in modo ineccepibile ma puramente m eccanico. I secondi sono integrati dai dati realistici della competenza chiamata teoricamente in causa dagli impegni atlantici. Sono due facce di un solo problema, ma due facce che è raro trovare unificate con la sicura competenza e il misurato equilibrio dei quali l'Autore offre la testimonianza in questo saggio.

ENNIO DI NOLFO



TAVOLA DELLE SIGLE E DELLE ABBREVIAZIONI

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CIL CLN CLNAI CoMiliTer CSMA CSMD CSME CSMG CSMM ERP FACC FF.AA.

IAF IRI ITI-ITI JCS JLC JPS JSSC JWPC LFSC MAP MDAP MMIA

Allied Control Commission Allied Forces Headquarters Azienda Recupero Alienazione Residuati Army Survey Group to Italy British Chiefs of Staff British Liaison Unit British Italian, truppe italiane sotto il Comando Britannico Centro Addestramento Avanzato Keclute Centro Addestramento Reclute Combined Chiefs of Staff Comitato Italiano di Liberazione Comitato di Liberazione Nazionale Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia Comando Militare Territoriale Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica Capo di Stato Maggiore della Difesa Capo di Stato Maggiore dell'Esercito Capo di Stato Maggiore Generale Capo di Stato Maggiore della Marina European Recovery Program Foreign Assistancc Coordinating Committee Forze Armate ltalian Air Force Istituto per la Ricostruzione Industriale Italian Troops of Intemational Commitment Joint Chiefs of Staff Joint Logistics Committee Joint Planning Staff Joint Strategie Survey Committee Joint War Planning Committce Land Forces Sub-Commission Military Assistance Program Mutuai Defence Assistance Program Military Mission to the Italian Aqny


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MTO NATO NSC OFLC P and O PHPS RAF SACMED SANACC SI SM SME SMG SWNCC USAF US-ITI WD

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Mediterranean Theatcr of Operations North Atlantic Treaty Organization National Security Council Office of Foreign Liquidation Committee Plans and Operations Divisioo Post-Hostilities Planning Staff Royal Air Force Supreme Allied Commander in the Mediterranean State-Army-Navy-Air Force Coordinating Committee Sicurezza Interna ( divisioni per la) Stato Maggiore Stato Maggiore Esercito Stato Maggiore Generale Statc-War-Navy Coordinating Committce Unitcd States Air Force US-Italian, truppe italiane sotto il comando statunitense War Department Western Union


CAPITOLO PRIMO*

LE ORIGINI DELL'ESERCITO DI TRANSIZIONE

1. Problemi della cobelligeranza La diversità delle motivazioni che portarono alla firma dell'armistizio tra l'Italia e le Nazioni Unite (3 settembre 1943) crearono una situazione di profonda ambiguità tra il governo italiano e quelli anglo-americani. Nelle intenzioni del governo Badoglio l'armistizio doveva costituire il primo passo per l'attuazione di un rovesciamento di alleanze , che, schierando l'Italia dalla parte delle Nazioni Unite, attenuasse in qualche modo l'impatto di una sconfitta ormai inevitabile e creasse le premesse per un rapporto di collaborazione con i vincitori. Le intenzioni degli alleati anglo-americani non coincidevano però completamente con quelle di Ro ma o , quanto meno, vi era tra i governi di Londra, di Washington e i loro rappresentanti militari nel Mediterraneo una dive rgenza di vedute sugli obiettivi ultimi da perseguire con l'armistizio (1). Concepito inizialmente come una delle possibili conseguenze dell'invasione del territorio italiano , l'armistizio aveva assunto un ruolo sempre più centrale nelle analisi strategiche degli Alleati, fino a diventare, a causa dell'assottigliarsi delle loro forze , una condizione necessaria per la riuscita della stessa invasio ne. Ma , mentre sia Churchill sia Roosevelt sembravano comunque ritenere auspicabile qualche forma di colla• Nelle citazioni riportate in questo e nei capitoli successivi sono stati operati gli opportuni cambiamenti richiesti da ragioni sintattiche. (1) Una dettagliata ricostruzione degli eventi che portarono alla firm a dell'armistizio è in Alberi GARLAND , Howard McGA W SMYfH, United States A rmy in World War li. The Mediterranean Theater of Operations. Sicily and the Surrender of ltaly, Washington D.C. , Office of the Chief of Military History U .S. Army, 1965 . Vedi anche Carlo CIGLJANA , Le cinque settimane più controverse della guerra d'Italia, in AA .VV. , La guerra di liberazione. Scritti nel trentennale, Roma, Stato Maggiore dell 'Esercito, Ufficio Storico, 1979, pp. 9-70. P er il punto di vista di uno dei personaggi principali dei negoziati , vedi le memorie del gen. Giuseppe CASTELLANO , Come firmai l'armistizio di Cassibile , Milano , Mondadori , 1945.


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borazione militare da parte dell'Italia e incoraggiarnno apertamente nel governo italiano la convinzione che un deciso impegno bellico a fianco delle forze alleate avrebbe inevitabilmente attenuato la durezza delle clausole armistiziali (2), il Comando Supremo Alleato nel Mediterraneo, invece, così come il Foreign Office, non sembravano tanto interessati ad acquistare un nuovo alleato di assai dubbio valore, quanto a trarre il massimo vantaggio politico-strategico dai successi militari alleati conseguiti fino a quel momento nel Mediterraneo (3). In ogni caso, il modo in cui si giunse alla dichiarazione dell'armistizio e gli eventi ad essa successivi aggravarono ulteriormente la posizione del governo italiano , privandolo del controllo su buona parte del territorio nazionale e delle sue Forze Armate e diminuendo, di conseguenza, le già ridotte capacità negoziali nei confronti degli Alleati. L'equivoco di fondo derivante dalla diversa interpretazione data alla resa italiana ebbe conseguenze altrettanto ambigue sul piano strettamente militare . L 'artico]() 11 dell'armistizio •<corto », che riconosceva al Comandante Supremo Alleato nel Mediterraneo l'autorità necessaria per stabilire le modalità del disarmo delle Forze Armate italiane, sanciva la completa subordinazione di queste ultime ai poteri del gen. Eisenhower (4). Tuttavia la violenta reazione tedesca all'annuncio dell'armistizio e il fatto che reparti dell'Esercito italiano reagirono con le armi agli attacchi dell'ex-alleato rinforzarono nelle autorità militari italiane la convinzione che questa cobelligeranza di fatto implicasse il virtuale superamento delle clausole più severe dell'armistizio. Saepe homines quae volunt credunt: in una circolare del 20 settembre 1943, il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito , generale Roatta, sosteneva infatti che, proprio a causa della rc;aziune teùesca, le truppe italiane erano divenute di fatto , senza alcuna proclamazione ufficiale, alleate di quelle anglo-americane (5) . (2) La più importante dichiarazione alleata in merito ai vantaggi che l'Italia avrebbe potuto trarre da un' attiva partecipazione alla guerra fu quella rilasciata da Churchill e Roosevelt a Quebec il 7 agosto 1943; il testo originale in A. GARLAND, H. McGAW SMYTH, U.S. Army , cit., Appendix. B, pp. 556-557. (3) Elena AGA ROSSI , La politica degli Alleati verso l'Italia nel 1943, pp. 118120, in L 'Italia nella sconfitta: politica interna e situazione internazionale durante la seconda guerra mondiale, Napoli, Edizione Scientifiche Italiane , 1985 , pp. 67-124. (4) li testo dell'armistizio corto in A. GARLAND, H. McG AW SMYTH, U.S. Army in W.W.II., cit., Appendix D , pp. 559-564. (5) Circolare citata in Giuseppe CONTI, Il primo raggruppamento motorizzato, Roma , Stato Maggiore dell'Esercito, Ufficio Storico, 1984, pp. 9-11.


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Di fronte ai drammatici eventi verificatisi dopo l'annuncio dell'armistizio, invece, le alte autorità militari alleate si andarono convincendo che l'Italia avrebbe potuto offrire un contributo di scarso rilievo al loro sforzo bellico (6). Perciò, mentre reparti dell'Esercito italiano stavano ancora combattendo a fianco delle truppe inglesi sbarcate in Puglia, altri in Corsica a fianco delle truppe francesi ed altri ancora si battevano e avrebbero continuato a battersi nelle isole dell'Egeo e nei Balcani (7) , il generale McFarlane, Capo della Missione Militare Alleata presso il governo italiano, chiarì bruscamente l'equivoco della cobelligeranza informando il 22 settembre il governo Badoglio che i reparti del LI Corpo d'Armata italiano, costituito con le unità dislocate nell'Italia meridionale, avrebbero dovuto assolvere da quel momento in poi compiti di retrovia (8). L'armistizio lungo, firmato a Malta il 29 settembre, ribadì poi che l'Italia si era arresa senza condizioni (art. 1) e che le sue Forze Armate erano subordinate al Comando Supremo Alleato nel Medit erraneo (art. 6) (9). Al tempo stesso gli Alleati si trovarono tuttavia nella necessità di dover fornire un minimo di appoggio a Badoglio, che con la firma dell'armistizio si era di fatto reso garante dell'applicazione delle clausole di resa incondizionata. Al fine di legittimarne l'autorità, pertanto, le autorità alleate invitarono il governo Badoglio a dichiarare guerra alla Germania; quando ciò fu fatto, il 13 ottobre 1943, al governo fu riconosciuto lo status di beUigerante. Allo stesso scopo, pochi giorni prima il gen. Alexander aveva preso atto della costituzione di un raggruppamento motorizzato di circa 5000 uomini , èon equipaggiamento e armamento completamente italiani, che avrebbe rappresentato l'Italia nella lotta di liberazione (10). Nei mesi successivi i governi guidati da Badoglio prima e da Bonomi poi , si adoprarono incessantemente per ottenere l'autorizzazione da parte alleata ad aumentare la consistenza dei reparti italiani in zona d'operazioni, sempre al fine di attenuare la severità (6) L'opinione di Eisenhower sull'Italia come potenziale alleato è in A. GAR-. LAND, H. McGAW SMYTH, U.S. Anny in W.W.II., pag. 541. (7) Per un'analisi completa della reazione dell'esercito agli avvenimenti dell'8 settembre, cfr. Stato Maggiore dell'Esercito, Ufficio Storico, Le operazioni delle unità italiane nel settembre-ottobre 1943 , Roma , U.S. SME, 1975. (8) G. CONTI, li primo raggruppamento, cit. p. 12. (9) II testo dell' armistizio lungo in GARLAND-McGAW SMYTH, U.S. Army in W. W.II. cit. Appendix D, pp. 559-564. (10) G. CONTI, Il primo raggruppamento , cit. pp . 25-26.


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delle clausole dell'armistizio: l'incremento dello sforzo belHco sembrò infatti al governo italiano uno dei pochi strumenti con i quali si potesse migliorare la propria posizione internazionale. Col passare del tempo, però, il problema divenne sempre più complesso, in quanto il governo italiano si trovò nella condizione di dover chiedere agli Alleati non solo l'autorizzazione formale, ma anche i mezzi necessari per allestire un maggior numero di reparti combattenti. I pochi depositi di materiale bellico italiano rimasti nel territorio occupato dagli Alleati, infatti, erano stati messi sotto stretto controllo da parte di quest'ultimi , né d'altra parte le Forze Arm ate , una volta esaurite le loro dotazioni, erano in grado di ricostituirle , stante la scarsità delle risorse a disposizione del governo (11). I governi di Stati Uniti e Gran Bretagna, a loro volta, per più di un motivo si mostrarono riluttanti ad incoraggiare la partecipazione italiana alla continuazione del conflitto. Da un punto di vista militare gli alti comandi alleati dubitavano di poter impiegare con qualche utilità i resti scarsamente equipaggiati di un esercito che appariva loro profondamente scosso nel morale e si ripromettevano soprattutto di adibirli a compiti ausiliari nelle retrovie (12). I Joint Chiefs of Staff (JCS) americani , inoltre, non erano disposti a trasferire materiale bellico statunitense all'Italia perché questa, nella sua qualità di stato ex-nemico, non poteva rientrare nei termini della legge Affitti e Prestiti. I JCS si dichiararono perciò disposti a consentire l'allestimento di nuove unità dell 'Esercito italiano purché queste venissero equipaggiate e mantenute con materiali di origine inglese, escludendo inoltre che la Gran Bretagna potesse usare a questo scopo materiale « Affitti e Prestiti » cedutole dal governo (11) In realtà furono gli Alleati , in un primo momento, a requisire ingenti quantità di materiale bellico italiano in Sardegna, in Corsica, sul territorio nazionale: cfr. Gian Nicola AMORETII, La relazione Cadorna sull'opera dello Stato Maggiore dell'Esercito (8 settembre 1943-31 gennaio 1947), Salerno, Ipotesi, 1983, Introduzione, pp. XVII-XVIII; cfr. anche Pier Luigi BERTTNARIA, Il Capo di SM dell'Esercito dall'armistizio al Patto Atlantico, p. 228, in Il problema dell'Alto Comando del/' Esercito Italiano dal Risorgimento al Patto Atlantico, Alti del Convegno indetto dalla Società Solferino e S. Martino, 18 e 19 settembre 1982, Roma, SME, Ufficio Storico, 1985, pp. 225-248. Comunque nella seconda metà del 1944 era proprio il Capo di SMG, Maresciallo Messe, a segnalare « l'esaurimento delle nostre dotazioni e la pratica impossibilità di ricostituirle, come pure di procedere, fino a che non si avrà un conveniente aiuto alleato al riguardo , a fabbricazioni di guerra». Relazione Messe , 31 ottobre 1944, p. 8, in Archivio Ufficio Storico dello Stato Maggiore Esercito (d'ora in poi AUSSME) 1/3 , racc. 91, cart. 8. (12) G. CONTI, Il primo raggruppamento, cit. pp. 17, 26, 30.


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americano (13). Quest'atteggiamento ispirato ad un rigido formalismo giuridico rifletteva del resto anche la generale impostazione politico-strategica degli Stati Uniti , che lasciava alla Gran Bretagna una posizione predominante per quanto riguardava i problemi del Mediterraneo ; l'amministrazione Roosevelt rimise perciò al governo inglese la decisione di sostenere o meno il riarmo italiano. Quest'ultimo , da parte sua, mirava ad ottenere un drastico ridimensionamento della potenza italiana nel Mediterraneo e voleva quindi evitare che un rilevante contributo dell'Italia alla guerra contro la Germania potesse compromettere i risultati acquisiti in questa direzione con l'armistizio e la resa incondizionata (14). Per alcuni mesi, dunque, nessuno dei due paesi alleati prese l'iniziativa di provvedere al riarmo , sia pure parziale, delle Forze Armate italiane , e il contributo di quest'ultime allo sforzo bellico fu limitato all'apporto del 1° Raggruppamento Motorizzato. Questo si battè valorosamente nel dicembre 1943 a Montelungo e nel marzo 1944 a Montemarrone; poi, dietro alle ripetute pressioni del governo italiano , fu trasformato il 18 aprile successivo in Corpo Italiano di Liberazione , la cui forza aumentò durante l'estate di quell'anno fino a comprendere 15 battaglioni di fanteria e 11 grnppi di artiglieria, per un totale di 25.000 uomini (15). Il C.I.L., che utiliz(13) Combat Equipment for the ltalian Army, Report by the Joint Logistics Committee, 6 agosto 1944, in National Archives, Washington (d'ora in poi NAW), Record Group 165 (Record of the War Department Generai and Special Staff) OPD 336.2, ltaly, Sec. Il. (14) Sul rapporto tra l'Italia e la Gran Bretagna dopo 1'8 settembre, cfr. Sir Llewellyn WOODWARD, British Foreign Policy in the Second World War, voi. II, capp. XXXII, XXXTll, voi. TTT cap. XLIV, London, Her Majesty's Stationery Office, 1971 , voi. V, cap. LXIX, London, H.M.S.O. , 1976; Giustino FILIPPONE-THAULERO, La Gran Bretagna e l'Italia dalla Conferenza di Mosca a Potsdam, 1943-1945, Roma, Accademia, 1979; Bruno ARCIDIACONO, La Gran Bretagna e il «pericolo comunista» in Italia: gestazione, nascita e primo sviluppo di una percezione (/9431944), in «Storia delle relazioni internazionali», anno I, 1985 , n. 1, pp. 29-65, n. 2, pp. 239-266. Più in generale, sui rapporti tra l'Italia e gli Alleati, cfr. il classico volume di Norman KOGAN, ltaly and the Allies, Cambridge University Press, 1956 (trad. it . L'Italia e gli alleati, Milano, Lerici 1963) e David ELLWOOD , L'alleato nemico. La politica dell'occupazione anglo-americana in Italia 1943-1946, Milano, Feltrinelli , 1977, recentemente riveduto e aggiornato (ltaly, 1943-1945, Leicester University Press, 1985). (15) Col. Luciano LOLLIO , L'Esercito italiano nella guerra di liberazione, in AA.VV., La guerra di liberazione. Scritti nel trentennale , cit ., p. 154. Cfr. anche Il Corpo Italiano di liberazione (aprile-settembre 1944) , Roma , Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito, 1971 (ed. 2").


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zava se mpre equipaggia me nto e armamento completamente italiani , pa rtecipò alt iva me nte all 'offensiva alleata successiva allo sfondame nt o di Cassino , liberando città quali Teramo, L'Aquila e Ancona: tuttavia anche il contributo de l C. I. L. alla guerra fu considerato· ins ufficiente dal governo italiano rispetto aJle proprie aspirazioni . Le tensioni con gli Alleati furono rese poi ancora più acute dal fatto che questi ultimi, mentre opponevano un netto rifiuto al rafforzamento del C.l. L., utilizzavano nelle retrovie un numero sempre crescente di soldati italiani con mansioni esclusivamente ausiliarie e si rifiutavano altresì di rilasciare i prigionieri di guerra italiani che intendevano anzi impiegare come mano d'opera da adibire alla loro produzione bellica (16). Il primo passo verso una politica di diretta assistenza alleata alle Forze Armate italiane fu la decisione di fornire materiale bellico anglo-americano alJ' Aereonautica. militare. Su proposta dei Chiefs of Staff inglesi , il Comandante Supremo Alleato nel Mediterraneo fu autorizzato. alla fine di aprile 1944, r1 fornire atl' Aereona utica italiana a lcuni «modelli superati di aerei da combattimento che non fossero più necessari alle aviazioni alleate» ( 17). In conseguenza di que sta decisione , l'Aeronautica ricevette tra l'aprile del 1944 e la fine della guerra 128 caccia del tipo Curtiss P . 39, 18 del tipo Spitfire Mk. IV e 41 bombardieri Ba/timore che , per quanto già logorati da lunghi cicli operativi , permisero l'allestimento di cinque squadriglie (18) . Insieme alle altre costituite çon i più efficienti tra i veicoli rimasti in dotazione ali' Aeronautica dopo 1'8 settembre, queste

(16) Sulle unità ausiliarie impiegate durante la cobelligeranza, cfr. Le unità ausiliarie dell'Esercito Italiano nella guerra di liberazione, Roma , Stato Maggiore dell'Esercito, Ufficio Storico 1977. Sui prigionieri di guerra, cfr. Flavio G. CONTI, / prigionieri di guerra italiani 1940-1945, Bologna, il Mulino, 1986. (17) CCS to SACMED (FAN 538), 28 aprile 1944, in NAW, RG 165, ABC 091 711 Italy (5 aprii 44) , Sec. 1-A. li desiderio dei JCS di non assumersi alcun impegno vincolante nei confronti dell'Italia risulta chiaro anche dalla formulazione del testo del messaggio per il Comandante Supremo Alleato; dopo l'autorizzazione, al SACMED veniva richiesto «di mettere bene in chiaro con il governo italiano che quest'azione non pregiudicava in alcun modo le decisioni finali in merito allo status dell' 1talian Air Force nel periodo post-bellico». La proposta inglese fu infatti accolta dai JCS non senza difficoltà , in quanto all'interno dello Stato Maggiore dell' U.S. Army non vi era unanimità di vedute in merito all'estensione di questa forma di aiuti militari a un paese ex-nemico: JPS Report (JPS 423/l), 15 aprile 1944, in NAW,RG 165, ABC 091 711 ltaly (5 aprii 1944), Sec. 1-A . . ( 18) L'entità dell'assistenza alleata per l'Aereonautica è oggetto di valutazioni discordanti causate dalla confusione spesso fatta tra veicoli in carico e veicoli opera-


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squadriglie furono inquadrate dagli inglesi nella Balkan Air Force che, operando da basi poste nell'Italia meridionale, assicurava i rifornimenti e la necessaria copertura aerea ai partigiani jugoslavi e alle truppe italiane che combattevano al loro fianco (19). Molto più rilevante, sul piano politico , fu la decisione alleata di provvedere a equipaggiare alcune divisioni deWEsercito. Tale decisione sembra essere stata dettata, sul piano contingente, da circostanze strettamente militari, poiché nell'estate del '44 il ritiro di cinque divisioni alleate dal fronte italiano per portare a compimento l'operazione ANVIL-DRAGOON nella Francia meridionale aveva ulteriormente aggravato i problemi alleati nel teatro di operazioni della penisola, relegato definitivamente ad un ruolo di secondo piano dopo lo sbarco in Normandia (20). L'iniziativa alleata, tuttavia , può essere considerata anche come uno dei risultati della svolta di Salerno che , come aveva alterato profondamente gli equilibri politici interni tra i partiti del C.N.L. e la corona , così aveva contribuito a modificare l'atteggiamento di cntrnmhi i governi alleati verso l'Italia (21) . L'amministrazione Roosevelt, fatta consapevole dei rischi che il perdurare del rigido atteggiamento della Gran Bretagna implicava ai fini di una rapida normalizzazione della situazione dell'Ttalia , cominciò ad elaborare una linea di condotta sem-

tivi. I dati fomiti vanno perciò conside rati come indicativi e non come definiti vi: p rovengono dalla relazione Allività dell'Aereonautica dall'8 settembre 1943 al/'8 giugno 1945, in AUSSME, 1/4, racc. 59, cart. 1. (19) Per l'attività dell'aereonautica nel bie nnio 1943-1945 cfr. Nino ARENA , La regia Aereonautica 1943-1 946, Parte I , Dall'armistizio alla cobelligeranza , Parte II , Dalla guerra di iiòerazione alia repubblica, Modena S.T.E .M. Mucchi , 1978. Per l'attività della Marina in quest'arco di tempo , cfT. Giovanni BERNARD1 , La Marina, gli armistizi e il tratlato di pace, Roma , Ufficio Storico della Marina Militare, 1979. (20) Sono noti i ripetuti tentativi di Churchill di convincere gli Stati Uniti a perseguire una strategia mediterranea per ragioni politico-strategiche; lo spostamento delle 5 divisioni alleate dall'Italia alla Francia meridionale inflisse il colpo final e ai progetti del premier inglese, perché frenò irrimediabilmente l'impeto dell'operazione DIADEM e della successiva campagna estiva, prolungando la guerra in Italia oltre l'inverno. Cfr. G .W.F. JACKSON , The Batt/e for ltaly, New York , 1967, pp. 247260. Secondo Sir Michael HOW ARD, The Mediterran ean Strategy in the Second World War, London, Weidenfeld and Nicholson, 1968, il proble ma di una strategia mediterranea alternativa a quella dello sbarco in Francia è però più il frutto di un dibattito storiografico che un'ipotesi presa effettivamente in considerazione durante il conflitto. (2 1) Cfr. Ennio DI NOLFO , La svolta di Salerno com e problema di politica internazionale, in «Storia delle relazioni internazionali », I , 1985, n. 1, pp. 5-22.


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pre più autonoma e, in vista anche delle elezioni presidenziali dell'autunno '44, su cui avrebbe avuto peso notevole il _voto della comunità italo-americana, progressivamente più benevola (22). Di pari passo anche il governo britannico si rese conto delle potenziali opportunità che una linea politica eccessivamente rigida offriva ai partiti dell'estrema sinistra italiana e pertanto , al fine di rafforzare il governo Bonomi e i partiti moderati, optò per una politica di concessioni, peraltro più formali che sostanziali: la convergenza di queste tendenze portò al «New Dea[ /or ltaly», enunciato nella dichiarazione di Hydc Park del 26 settembre 1944 (23). Furono dunque sia le necessità militari , sia il mutato clima politico che spinsero i Combined Chiefs of Staff (CCS) ad accettare la proposta del Supremo Comandante Alleato , Feld Maresciallo Wilson , di costituire sei «gruppi ,di combattimento », equivalenti a tre divisioni inglesi, con personale completamente italiano , ma armati ed equipaggiati esclusivamente con materiale inglese (24). Il Corpo italiano di liberazione fu di conseguenza ritirato dalla zona di operazioni il 30 agosto 1944 per essere sottoposto , insieme ad altri reparti con i quali sarebbero stati formati i gruppi, ad un intenso periodo di addestramento sulle armi, i mezzi e le caratteristiche operative dell'esercito inglese. Agli inizi del 1945 i gruppi di combattimento entrarono in linea , e quattro di essi , «Folgore », «Friuli », «Cremona » e «Legnano» presero parte con successo all'offensiva finale della primavera di quell'anno (25) .

(22) Sull'incidenza delle elezioni americane nella formulazione· del « New Dea! for Italy», cfr. James E . MILLER The United States and ltaly 1940-1950. The Politics and Diplomacy of Stabilization, Chapel Hill, University of North Carolina Press, 1986, cap . 4. Sulle origini e lo sviluppo della politica americana nei confronti delJ' ltaJia , cfr. anche E . DI NOLFO, The United States and ltalian Communism, 19421946, World War lito the Cold War, in «JoumaJ of Italian History », I , 1978, n. 1, pp. 74-94, e James E. MILLER, The Search for Stability: an lnterpretation of American Policy in Jtaly, in «Journal of ltalian History », I, 1978, n . 3, pp. 264-286. (23) Sul ruolo della Gran Bretagna nella elaborazione del «New Dea! for Italy », cfr. ARCIDIACONO , La Gran Bretagna e «il pericolo», cit. , parte Il. Sul piano politico, com'è noto, il « New Deal» ebbe un'applicazione quanto mai lenta, e non fu attuato pienamente che con il memorandum di Harold MacMillan del febbraio 1945. (24) I JCS avevano infatti espresso parere negativo in merito alla cessione di materiale bellico statunitense; cfr. supra, nota n. 9. (25) Per l'attività dei gruppi, cfr. / Gruppi di Combattimento Cremona-FriuliFolgore-Legnano-Mantova-Piceno, (1944-1945) , Roma, Stato Maggiore dell' Esercito, Ufficio Storico, 1975.


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Con la creazione dei Gruppi il rapporto tra gli Alleati e l'Esercito italiano entrò in una fase del tutto nuova: m entre infatti , in base ai poteri conferitigli dagli accordi armistiziali il Comando Supremo Alleato aveva fino a quel momento determinato la natura del disarmo da imporre alle Forze Armate italiane o aveva stabilito l'entità della loro partecipazione alle operazioni, con la dota'.?ione di aerei alleati prima, con la creazione dei Gruppi poi, i governi alleati si impegnarono a equipaggiare e riarmare con materiale bellico anglo-americano parte delle Forze Armate italiane , riconoscendo così più o m eno esplicitamente la validità del contributo che da queste veniva apportato alla guerra di liberazione e creando al tempo stesso un rapporto la cui importanza sarebbe cresciuta col tempo. In tal modo nel 1944 venne gradatamente avviata una politica di assistenza diretta alle Forze Armate regolari. Questa linea politica fu sviluppata al punto che alla fine delle ostilità gli Alleati complessivamente contribuivano ad equipaggiare e provvedevano al sostentamento di circa mezzo milione di soldati italiani, ripartiti in tre categorie. La prima, lo US Commitment (o US-ITI) , poteva includere fino a 90.000 uomini e comprendeva i reparti italiani usati per compiti logistici in appoggio alle forze armate a mericane. Il mantenimento e il vestiario di questi reparti erano a carico degli Stati Uniti, mentre il loro equipaggiamento e armamento erano in prevalenza italiani. Più a mpia era la categoria del British Commitment (o BR-ITI) che , con un limite massimo di 260.000 uomini , comprendeva i reparti combattenti dell 'Esercito italiano e le loro truppe ausiliarie, la Marina e l' Aeronautica italiane , nonché le truppe ausiliarie del1'8a Armata britannica. In particolare , i Gruppi di Combattimento erano completamente a rmati e equipaggiati con materiale inglese; il p ersonale della Marina, dell'Aeronautica e delle unità ausiliarie a seguito dell'8a Armata riceveva le razioni e gran parte del vestiario dall'Esercito o dalla Marina inglesi, mentre l'equipaggiamento era quasi esclusivamente di provenienza italiana . Infine c'era l'Jnternational Commitment (o ITI-ITI)) , che comprendeva un massimo di 124.000 uomini e consisteva dei reparti posti sotto il comando operativo del Comandante Supremo Alleato nel Mediterraneo. Quest'ultima categoria includeva i Carabinieri , impegnati nel mantenimento dell 'ordine pubblico, le divisioni di Sicurezza Interna, dislocate in Sicilia e in Sardegna, i battaglioni guardie, che avevano il compito di sorvegliare le linee di comunicazione degli eserciti alleati, e l'intera struttura amministrativa dell' Esercito italiano. Il mantenime nto di questi re parti era suddiviso tra


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gli inglesi e gli americani , mentre il governo italiano provvedeva al vestiario, all'armamento e all'equipaggiamento (26). Se si eccettua la fornitura di parte degli obsoleti apparecchi ceduti ali' Aereonautica, gli Stati Uniti non erano coinvolti nell'assistenza di alcuna delle unità da combattimento, mentre erano dire ttamente responsabili solo del mantenimento delle unità italiane impegnate come ausiliarie della 5° Armata. Il minor peso degli Stati Uniti nei problemi militari italiani si rifletteva ovviamente nella complessa struttura amministrativa allestita dagli Alleati per gestire e controllare la loro assistenza militare. Le tre sottocommissioni militari della Commissione di Controllo Alleata, una per ciascuna Forza Armata , erano costituite con personale prevalentemente inglese, così come inglesi erano gli ufficiali posti al loro comando. Fra le tre sottocommissioni, particolare importanza ebbe quella incaricata di occuparsi dell' Esercito , la Land Forces Sub-Commission, diretta per molto tempo dal generale Langley Browning: forma lmente sottoposta all'auto rità del!:-: Comn1issionc AJleata di Controllo, la LFSC (o MMIA , Military Mission to the ltalian Army, come era generalmente nota) aveva ampia autonomia e capacità di iniziative sue proprie che le fecero acquisire un ruolo tutto particolare all'interno della struttura amministrativa alleata in Italia (27) . Con la creazione dei Gruppi , il controllo della MMJA sui reparti de ll'Esercito si estendeva in modo capillare, contribuendo a nche a generare non poco risentimento tra i militari italiani , che si trovavano sottoposti a continue verifiche ed esami da parte inglese. Notava infatti una relazione dell'Ufficio Operazioni dello Stato Maggiore nel gennaio 1945: nulla è cambiato Ja p.irlt: .iilcata nell'iniziale mentalità e metodi armistiziali. Anzi, sotto molti aspetti, la pesante bardatura del controllo si è raffittita ed acutizzata, annullando ogni (26) Pian for the Administration of the ltalian Army , 29 luglio 1945, in Federai Records Center, Suitland , Maryland (FRC), Record Group 331 (Records of the Allied Opcrational and Occupational Headquarters in WW 11), 10.000/120/2358. (27) Sull'amministrazione alleata cfr. C.R.S. HARRIS , Allied Military Administration in flaly, 1943-1945, London , H .M.S.O., 1957 e Harry L. COLES-Albert K . WEINBERG, U.S. Army in World War li, Special Studies: Soldiers Become Governors, Washington D .C. , Office of the Chief of Military History, U .S. Army, 1964. Per una valutazione critica di un cx-membro dell' AMG , cfr. Maurice NEUFELD, Il fallimento del governo militare alleato in Italia , in «Storia e politica », anno X , fase. Ill , luglio-settembre 1971 , pp. 461 -478. Sulla posizione della MMJA all' interno dcll'ACC, cfr. J.E. MILLER, The United States, cit. , pag. 143.


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nostra possibile ini21ativa, esautorando la gerarchia , avvilendo l'animo dei soldati e dei comandanti (28).

L 'esperienza della cobelligeranza fu dunque vissuta da parte italiana come fonte di ripetute frustrazioni: gli equivoci e i problemi che la caratterizzarono vennero lucidamente sintetizzati dal Capo di Stato Maggiore Generale, ma resciallo Messe , in un promemoria de ll'ottobre 1944 per il Presidente del Consiglio (29). Messe vi dichiarava di non farsi eccessive illusioni sulla possibilità di ampliare il contributo italiano alla guerra , perché ogni incremento delle forze combattenti dipendeva dagli Alleati non solo formalmente, m a anche nella sostanza, per l'armamento e l'e quipaggiamento necessari: le magre risorse del governo italiano non consentivano infatti l'allestimento di nuovi reparti . Il maresciallo individuava allora un duplice campo d'azione per le iniziative del governo italiano: si dovevano persuadere gli Alleati d ei vantaggi che un maggior contrihuto italiano a lle operazioni avrebbe potuto arrecare, ottenendo in tal mo do sia l'auspicata riduzione dei controlli , sia la necessaria assistenza materia le ; e si dovevano prendere , indipendentemente dagli Alleati , alcuni provvedimenti per facilitare l'incre mento dello sforzo bellico italiano . Compito preciso del governo sarebbe stato di creare un clima di unità nazionale a sostegno delle Forze Armate, al fine anche di evitare una pericolosa contrapposizione tra il contributo delle forze regolari e quello della Resistenza . D a equivoci e contraddizioni non fu esente nemmeno il complesso rapporto che si sviluppò tra gli alleati, i governi Bonomi e la Resistenza. Com'è noto, il divario tra l'impostazione fondamental mente conse rvatrice dei governi Bonomi e l'a tteggiamento rivoluzionario di ampi settori del movimento partigiano impedì al governo di Roma di utilizzare l'apporto dato dalla Resistenza alla conclusione della campagna d'Italia come espressione dello sforzo bellico nazionale , da cui poter trarre vantaggi sul piano de lle relazioni politiche con gli Allea ti (30). Anche nell'ambito delle strutture militari tradizionali il problema dei rapporti con il movime nto partigiano non era (28) Partecipazione italiana a fianco delle Nazioni Unite , 5 gennaio 1945, promemoria dell' Ufficio Operazioni SME, facente parte della documentazione raccolta per l'ambasciatore Carandini a Londra , pp. 2-3 , in AUSSME , I/3 , racc. 91, cart. 1. (29) Relazione Messe, cit. in AUSSME, 1/3, racc. 91 , cart. 8. (30) Elena AGA ROSSI, La situazione politica ed economica dell'Italia nel periodo 1944-1945: i governi Bonomi, pp. 169-1 7 1, in L 'Italia nella sconfitta , cil., pp. 125-190.


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visto in maniera univoca. In una sua relazione del gennaio 1945 il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito , Berardi, sosteneva ad esempio che l'Italia avrebbe potuto trarre notevoli vantaggi da un'immissione in massa di partigiani nei ranghi dell'Esercito: trasformando le bande di patrioti in formazioni regolari da impiegarsi eventualmente in una guerra alpina , si sarebbe potuto aumentare considerevolmente la partecipazione italiana alla guerra e si sarebbe inoltre evitato « il permanere di altre Forze Armate al di fuori dell'Esercito », cosa questa che avrebbe potuto «creare alle Forze Armate stesse un pericoloso dualismo » (31). Nel momento in cui si riproponeva ancora una volta il dibattito sul rapporto tra volontari e forze regolari , che già aveva interessato a fondo il pensiero politico-militare del Risorgimento, dando vita a scontri e contrapposizioni anche violente (32) , il Capo dello SME si fece dunque portavoce di una linea politica che, sebbene destinata ad incontrare difficoltà anche rilevanti nella sua attuazione per la diffidenza e il sospetto che si riscontravano tra i quadri clell'Ese rcito rego lare e i me mbri della Resistenza, mirava pur sempre a salvaguardare il carattere nazionale della lotta e ad evitare pericolose contrapposizioni; inoltre l'inserimento delle forze partigiane nell'Esercito avrebbe lentamente riassorbito gli aspetti potenzialmente eversivi della Resistenza (33). (31) Promemoria relativo alla questione dei patrioti. (P.M. 3800) 3 gennaio 1945, allegato al foglio 75/0P, inviato dal gen. Berardi al Ministro della G uerra on. Casati, in AUSSME I/3 , racc. 91 , cart. 1. (32) Sul rapporto tra le fort:e regolari e volontari nel Risorgimento , cfr. Piero PIERI, Storia militare del Risorgimento , Torino, Einaudi, 1962, cap. XX, «Dall'esercito preunitario all'esercito del Regno d'Italia » e , in particolare, sul dibattito alla Camera dei Deputati del 18-20 aprile 1861 le pp. 735-740. Cfr. anche Giorgio ROCHAT, Giulio MASSOBRIO, Breve storia dell'Esercito italiano dal 1861 al 1943 , Torino, Einaudi 1978, pp. 30-32, e Massimo MAZZETl'l, Dagli eserciti pre-unitari all'Esercito italiano, pp. 28-32, in AA.VV., L' Esercito italiano dall'unità alla Grande Guerra (1861-1918) , Roma, Stato Maggiore dell'Esercito-Ufficio Storico, 1980, pp. 11-42. (33) Sui problemi politici dell'organizzazione dell'Esercito riferiva un dettagliato rapporto redatto dall'Office of Strategie Service nel dicembre 1944. Il rapporto sottolineava l'importanza dell'allestimento di «potenti Forze Armate » per permettere all 'ltalia «il recupero del suo posto tra le nazioni e uropee» e per ristabilire «fiducia nella nazione e rispetto di se stessi » tra gli italiani. Secondo il rapporto OSS il principale problema da risolvere non era però quello dell'equipaggiamento, per quanto grave esso fosse , bensì quello di conciliare le opposte intenzioni della destra e della sinistra, che mirava no a creare due eserciti del tutto diversi. Cfr. The Problem of /talian Armed Forces, 5 dicembre 1944, in NAW, RG 226 {Records of the Office of Strategie Service), JICANA report N. 022499, n . 107741. Sulla diffidenza esistente tra


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Quest'impostazione era però lungi dall'essere universalmente condivisa, se è vero che lo stesso generale Cadorna , sebbene fosse il Comandante del Corpo Volontari della Libertà e avesse assunto tale incarico proprio per attenuare il possibile contrasto tra Resistenza e forze regolari , non mancò di esprimere al Ministro della Guerra Casati i propri timori che l'Esercito regolare, nel caso che nel dopoguerra vi fossero state immesse formazioni partigiane, potesse risentire negativamente delle divergenze politiche che dividevano le varie formazioni della Resistenza (34). Su questo problema anche l'atteggiamento delle autorità alleate fu tutt'altro che lineare, come contraddittorio fu sostanzialmente il comportamento tenuto dagli Alleati nei confronti de1l'intero problema della Resistenza. Difficilmente, del resto , avrebbe potuto essere altrimenti , perché la linea politica degli Alleati doveva trovare un punto di equilibrio tra le due esigenze contrastanti di potenziare il movimento partigiano, per trame il maggior vantaggio possihile dal punto di vista militare , e al tempo stesso di tenerlo sotto controllo per evitare che un aumento della sua importanza gli permettesse sul piano politico di contrastare in qualche misura i loro disegni (35). Queste contraddizioni emersero chiaramente tra il dicembre del 1944 e il febbraio del 1945: mentre nel dicembre 1944 le autorità alleate esercitavano il massimo sforzo per stabilire un rapporto di collaborazione con il C .L.N .A .I. , acconsentendo ad un suo potenziamento tramite l'incremento dei rifornimenti militari in cambio del riconoscimento dell'autorità alleata all'indomani della liberazione , la MMJA opponeva un fermo diniego alla richiesta dello Stato Maggiore dell'Esercito di poter immettere aliquote di partigiani nei ranghi dell'Esercito regolare (36) . E viceversa, quando nel febbraio 1945 la Commissione Alleata ritenne opportuno ridurre l'assistenza fornita al C.L.N.A.l. per il timore crescente di eventuali disordini e tentativi insurrezionali al termine del

partigiani e quadri dell'Esercito, cfr. Giorgio BOCCA , Storia dell'Italia partigiana, sellembre 1943-maggio /945, Bari, Laterza, 1966, pp. 1-12. Una visione diversa in Rinaldo CR UCCU, La partecipazione dei militari alla resistenza nelle forma zioni partigiane, in AA .VV., La guerra di liberazione, cit., pp. 173-184. (34) Cadoma (Valenti) al Ministro Casati, 15 gennaio 1945, in Archivio Centrale dello Stato (d'ora in poi ACS) , Carte Casati , b. l , f . 1, sf. 29. (35) E lena AGA ROSSI, Alleati e resistenza in Italia , p . 228, in L'Italia nella sconfilla, cit. pp. 191-230. (36) AMORETTI, La Relazione Cadoma , cit. pp. XVI-XVll, 27-29.


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conflitto , la MMIA consentì a togliere parte delle restrizioni imposte fino a quel momento all'arruolamento dei partigiani (37). Questo quadro generale di malcelata diffidenza e di reciproci sospetti ha avuto un'eco anche sul piano storiografico: James Miller, ad esempio , ha ipotizzato che gli Alleati «spera[ssero) nella cooperazione, ma si prepara[ ssero] alla guerra civile » e che la politica di assistenza a favore delle Forze Armate italiane fosse stata predisposta dalla Gran Bretagna per costituire forze regolari in grado di far fronte, nel dopoguerra, a eventuali diso rdini provocati dal movimento resistenziale (38) . Poiché però lo stesso generale Alexander, nuovo Comandante Supremo Alleato nel Mediterraneo, propose nel febbraio 1945, proprio in vista di probabili disordini all'indomani della Liberazione, di arruolare fino a 10.000 partigiani nelle forze regolari, sembra piuttosto probabile che le autorità alleate in Italia abbiano ad un dato momento avvertito l'opportunità di bilanciare la crescente influenza dei partigiani rafforzando le Forze Armate regolari e sostenendo in misura crescente il loro contributo alla guerra contro la Germania (39). L'ultimo significativo contrasto durante la cobelligeranza risale all a primavera del 1945 e me tte bene in evidenza la complessità dei rapporti esistenti tra l'Italia e gli Alleati. In un momento in cui l'influ enza politica inglese cominciava gra<lalamente ad attenuarsi e a lasciare più spazio alla diplomazia di Washington , la realizzazione delle aspirazioni del governo italiano fu impedita dalla riluttanza dei vertici militari americani ad impegnare nuove risorse del War

(37) Ibidem.

(38) MILLER, The United States, cit. , pp. 144-145. (39) In una riunione dell' ACC del 22 agosto 1944 il gcn. Browning notava a proposito dei partigiani e dell'Esercito: « Non possiamo tollerare l'esistenza di bande di partigiani sorpassate dalla nostra avanzata, come unità combattenti già formate. Non possiamo tenere nelle nostre lince " eserciti privati " di partigiani di diverso colore politico e aspirazioni . Viene da pensare ai problemi della Grecia e della Jugoslavia al riguardo. Questo ha dei risvolt i per il dopoguerra come per il presente, in particolare dal momento che sembra che nel nord ve ne siano di numerosi. Il punto cruciale è che dobbiamo avere soltanto un Esercito italiano regolare, le cui dimensioni sono stabilite. Questo costituisce la nostra àncora di salvezza. Dobbiamo inn alzarne l'autorità, sia per il presente che per il dopoguerra. .. Per usare un linguaggio cinematografico, i partigiani hanno rubato la scena. Fanno notizia. Penso che poche persone si siano rese conto di quanto abbia lavorato bene l'Esercito italiano ... Ha cooperato lealmente come belligerante , praticamente senza alcun problema». Supplemenl to minutes of Conference, Headquaners Allied Contro{ Commission, 22 agosto 1944, in NAW,RG 226, n. 98154.


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Department. Agli inizi del 1945, infatti , il C.L.N, avanzò un'ennesima richiesta ai capi dei principali governi alleati per ottenere l'autorizzazione ad allestire un vero e proprio esercito di liberazione italiano: quando la richiesta pervenne all'attenzione dei JCS, tuttavia, fu respinta con l'obiezione che il suo accoglimento avrebbe comportato un ulteriore dispendio di risorse americane, già seriamente impegnate in numerosi programmi di riarmo e di assistenza per le forze di altri paesi alleati (40). L 'esperienza della cobelligeranza fu dunque accompagnata sino alla fine da ripetute frustrazioni e incomprensioni ; sicché la partecipazione dell'Italia alla lotta di liberazione rimase parziale e fortemente condizionata dalla volontà politica e dalle priorità militari degli Alleati. In tal modo , mentre il governo italiano riusciva solo in parte nel disegno di riguadagnare il proprio status internazionale mediante un 'attiva partecipazione al conflitto, gli Alleati , grazie allo strumento di resa, stabilirono ed estesero uno stretto controllo sull'intera organizzazione militare italia na. È negli eventi successivi all'8 settembre 1943, dunque , che si trovano le origini del problema militare dell'Italia, così come si presentò all'indomani della liberazione: un complesso intreccio tra vincoli giuridici formali e una condizione di dipendenza materiale.

2. Linee generali della politica alleata nei confronti dell'Italia e delle sue Forze Armate in particolare Nei mesi immediatamente successivi al termine del conflitto in Europa i governi alleati presero alcune importanti decisioni in merito alle Forze Armate italiane. Non solo concordarono, ne lla sessione di L ondra del Consiglio dei Ministri degli Esteri, i princìpi generali a cui si sarebbero attenute le clausole militari del trattato

(40) I J CS notavano che gli Stati Uniti: 1) si erano già impegnati a sostenere la creazione di altre 8 divisioni francesi; 2) avevano sottoscritto un impegno con l'U RSS per il mantenimento di prigionieri russi liberati sul front e occidentale, ovviamente a carico del War Department; 3) avevano sottoscritto l'impegno di organizzare una brigata di Marines olandesi per la continuazione della guerra contro il Giappone, e che tutti questi programmi creavano un considerevole dispendio di risorse. Forming and equipping of Italian Army (CCS 386/22), 21 febbraio 1945, in NA W ,RG 165 ABC 420 Italy (30 oct. 43) Section 1-8.


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di pace, ma decisero anche di proseguire il rapporto di assistenza diretta che si era instaurato durante la cobelligeranza, provvedendo ad una prima ristrutturazione dell'Esercito. Quest'intervento diretto degli Alleati nella gestione delle Forze Armate fu reso possibile dal perdurare delle condizioni armistiziali anche dopo la fine delle ostilità e dai poteri da esse conferiti al Comandante Supremo Alleato nel Mediterraneo . Sarebbe tuttavia errato attribuire le decisioni prese nel 1945 soltanto ad un disegno politico coerente, perseguito di comune accordo dai governi inglesi e statunitense: esse furono piuttosto il risultato degli incontri, e talvolta degli scontri, tra le diverse proposte formulate dai centri decisionali interessati alla soluzione del problema del potenziale bellico ita liano , e che p erciò debbono essere analizzate separatamente. L'atteggiamento del governo inglese verso l'Italia e le sue Forze Armate rimase caratterizzato a nche ne l dopoguerra da un'apparente amhivale nza . Jn esso si possono infatti identificare due tendenze a prima vista contrapposte, quelle cioè di tene re sotto controllo il nemico di un tempo e di assistere il potenziale alleato del futuro. La linea politica della Gran Bretagna, tuttavia, seguiva una sua logica interna. La strategia inglese per il periodo postbellico si articolava in effetti su alcuni punti ritenuti fondamentali al fine òi mantenere uno status di superpotenza pari agli Stati Uniti e a ll'Unione Sovietica e di continuare a svolgere un ruolo di rilievo sulla scena internazionale . In primo luogo e ra necessaria la costituzione di una serie di zone d'influenza britanniche o èhe comunque considerassero il governo di Londra come loro Leader e, tra queste, la più importante era sicuramente quella dell'Europa occidentale. A questo fine, già durante il conflitto , si erano avuti frequenti contatti tra i leaders dei governi in esilio di Olanda, Belgio, Norvegia , e rappresentanti del governo e delle forze armate britanniche . Di capitale importanza si giudicava anche mantenere il controllo delle linee di comunicazione aeronavali attraverso l' Atlantico e l'Oceano Indiano , una qualche forma di controllo sul Medio Oriente e buoni rapporti con il Commonwealth e soprattutto con gli Stati Uniti. Quanto all'Unione Sovietica, durante il corso del conflitto il Foreign Office era giunto alla conclusione che, per quanto potesse sembrare difficile , sarebbe stato indispensabile cooperare in qualche modo con l'U RSS per dare stabilità al nuovo assetto internazionale postbellico e p er evitare di dover impegnare un'eccessiva quantità di risorse in una poli-


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tica di aperto confronto (41). Poiché però durante gli ultimi anni della guerra il Chiefs of Staff Committee, in aperta polemica con il Foreign Office, aveva ripetutamente indicato proprio nell'URSS l'~nico stato in grado di costituire una potenziale minaccia per l'Impero britannico, nella formulazione della politica inglese venne dato particolare rilievo a considerazioni di carattere strategico e militare, secondo una concezione della sicurezza internazionale molto più tradizionale di quella americana, che inirava invece a superare proprio questo tipo di impostazione ( 42). In questo contesto, all'Italia si assegnò un compito essenzialmente negativo. Per quanto talora essa venisse compresa nei piani relativi alla costituzione di una sfera di influenza inglese in Europa occidentale, a Londra si riteneva di non poterne fare un alleato affidabile e ci si preoccupò quindi che almeno non fosse in grado di interferire in alcun modo con il sistema delle linee di comunicazione imperiali. D 'altra parte , l'Italia non doveva nemmeno essere così debole militarmente, da carlcre facile preda di un potenziale aggressore, che avrebbe potuto usarla proprio come base per minacciare la sicurezza dell'impero britannico: l'Italia del dopoguerra doveva in conclusione essere una piccola potenza sul cui apparato militare la Gran Bretagna potesse mantenere, sia pure in forma indiretta, un certo controllo. Secondo questa logica, possono essere ricondotte ad un disegno coerente le decisioni, solo apparentemente antitetiche, riguardanti l'assistenza alle Forze Armate italiane e .i limiti imposti al loro sviluppo mediante le clausole militari del trattato di pace. L'atteggiamento della Gran Bretagna verso le Forze Armate italiane discendeva insomma da una linea politica risoluta a inserire l'Italia del dopoguerra nella propria sfera d'influenza; e sebbene nel corso del 1945 questa linea venisse progressivamente modificata, fino a consentire che gli Stati Uniti esercitassero un'influenza altrettanto grande sui problemi italiani, la volontà di interessarsi fattivamente alle sorti dell'apparato militare italiano rimase immutata (43). (41) Sulla strategia inglese per il dopoguerra , cfr. Victor ROTHWELL , Britain and the Cold War, 1941-1947, London, Trinity Press, 1982, pp. 136-150, in particolare l'analisi del memorandum Stock-Taking after VE-Day, redatto da Sir Orme Sargent, pp. 144-148, e David DILKS, The British View of Security. Europe and a Wider World, 1945-1948, in Olav RISTE (a cura di) Western Security: The Formative Years. European and Atfnntic Defence 1947-1953 , Oslo, Norwegian University Press , 1984, pp. 25-59. (42) ROTHWELL, Britain and the Cold War, cit., pp. 115-122. (43) Per l'impostazione generale della grand strategy inglese, cfr. The Security of


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Nella politica seguita dagli Stati Uniti, com'è noto , le considerazioni di carattere militare avevano invece un peso del tutto secondario. Solo nel corso del 1946, in conseguenza dei mutamenti di fondo verificatisi nella valutazione del comportamento sovietico da parte del governo di Washington, l'amministrazione Truman cominciò a dare rilievo , nella formulazione della propria politica estera, a strumenti quali l'attuazione di programmi di assistenza militare in favore di paesi terzi, e comunque sempre con la necessaria cautela , dettata dall'avversione dell'opinione pubblica americana per le spese militari (44). In un ·contesto del genere, la politica elaborata da Washington nei confronti dell'Italia durante il conflitto si differenziava sensibilmente da quella inglese e in essa non trovavano quasi alcuno spazio considerazioni di carattere militare . L'approccio degli Stati Uniti che, al contrario della Gran Bretagna, non erano mai stati esposti ad alcuna aggressione militare da parte italiana , era inoltre influenzato fortemente dalla numerosa comunità italo-americana e seguiva criteri mo lto più lineari di quello inglese. Scindendo le responsabilità del regime fascista da quelle del popolo italiano, la politica di Washington cercava di consolidare in Italia un regime democratico

the British Empire, Rcport by the Post H ostilities Planning Staff, 29 giugno 1945, in Publie Record Office (d'ora in poi, PRO), Londra, CAB 81/46. Per l'intenzione di fare dell'Italia una «seeond class p ower », cCr. Minute to the Secretary of State by sir O . Sargent , 22 maggio 1945, in PRO,FO 371.ZM 2838/1/22; Post Hn.l'tilities Planning Staff to War Office , 13 aprile 1945, in PRO,WO 193/200. Fin dal 1936 il governo inglese aveva concluso che il problema principale nel Mediterraneo non era il mantenimento della «imperlai life line », ma la prevenzione della formazione di un vuoto di pote re che potesse essere usato ai danni de lla Gran Bretagna : cfr. William REITZE L, The Mediterranean. lts raie in America's Foreign Policy, New York, Harcourt, Brace and Company, 1948, pag. 13, nota . (44) Per la politica di Roosevelt e i relativi progetti per il dopoguerra , cfr. Robert DALLEK, Franklin D. Roosevelt and American Foreign Policy , 1932-1945 , Oxford , Oxford Univcrsity Press , 1979. Per i primi mesi de lla presidenza Truman, D anie l YERGIN , Shattered Peace. The Origin of the Cold War and the National Security State , Boston, Houghton Mifflin, 1977, e Robert J. DONOVAN, The Presidency of Harry S Truman, 1945-1948. Conflict and Crisis, New York, W.W . Norton , 1977. Cfr. anche John Lewis GADDIS , Strategies of Containment. A Criticai Appraisal of Postwar American National Security Policy , New York/Oxford, Oxford University Press, 1982. Sulle diverse strategie postbelliche di Gran Bretagna t:: Stati Uniti, cfr. Tcrry ANDERSON, The United States, Great Britain, and the Cold War, 1944-1947, Columbia, University of Missouri Press, 1981, e Robert M. HATHAWAY , Ambiguous Partnership: Britain and America, 1944-1947, New York , Columbia University Press, 1981.


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e di agevolare la ricostruzione dell'economia italiana, per fare dell'Italia un paese stabilmente inserito nel sistema socio-economico occidentale ( 45). Gli strumenti pe r conseguire questo risultato erano soprattutto l'assistenza politico-diplomatica e quella economicofinanziaria ; nell 'estate del 1945, tuttavia , il governo di Washington non era ancora in grado di mette re in atto un piano di vasto respiro perché una serie di motivazioni contingenti « contribuivano a rendere inopera nti i grandiosi progetti che enti come lo State Dep artment elaboravano con tanta abilità» (46), con il risultato che la politica americana verso l'Italia risultava composta da una serie di sforzi non sempre coordinati , a scapito della loro efficacia generale. La priorità data alle iniziative di carattere politico-economico, comun. quc, e la certezza che in un nessun caso il potenziale militare italiano avrebbe potuto costituire una minaccia per gli Stati Uniti , contribuirono a un sostanziale disinteresse dell 'amministrazione Truman nei confronti dell'apparato bellico italiano , e la soluzione dei problemi ad esso relativi venne lasciata quasi per intero al governo di Londra. Un peso notevole sulle decisioni riguardanti le Forze Armate Italia ne lo ehhero il Quartier Ge nerale Alleato in Italia (APIIQ) e i Comandanti Supremi Alleati nel Mediterraneo , Alexander e Morgan. Per q uanto inevitabilmente influenzato dalle linee politiche seguite dai governi alleati , l'AFHQ doveva rispondere a una serie di sollecitazioni contingenti , la cui pressione veniva avvertita nelle capitali alleate soltanto in modo attenuato. Perciò là politica seguita da Alexander prima , e da Morgan poi, presenta un notevole margine di autonomia rispetto ai progetti dei governi inglese e americano, risultando molto più attenta e sensibile a considerazioni di carattere locale. D el pari , anche la MMIA si fece in più di un'occasione

(45) Cfr. J . MlLLER, 'Jhe United States and Jtaly, cit., pp. 131-133 e The Searr:h for Stability , cit. pp. 264-267. Secondo E. DI NOLFO , The U.S. and Ttalian Commu11ism , cit. , pp. 86-87, la politica americana verso l' Italia era caratterizzata inizialmente dal desiderio di limitare le influenze inglese e sovietica più che dall'aspirazione a conseguire de terminati risultali . Secondo W. REITZEL, The M editerranean , cit. , pag. 45, « ... gli Stati Uniti svilupparono in Italia un corso d 'azione il cui obiettivo poté sempre di più essere definito come l'allestimento di un baluardo contro espansioni ideologiche e strategiche da parte del comunismo e de lla Russia sovietica ». (46) Cfr. D. ELLWOOD , L 'alleato nemico , cit. , pag. 164. Per le difficoltà incontrate dall'amministrazione Truman nell'allestire i programmi .di assistenza economica, cfr. J . MILLE R , The United States and ltaly, cit. , pp. 150-153 e pp. 176-184.


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promotrice di proprie iniziative, le quali non sempre collimavano · con i disegni strategici di Londra o di Washington (47). In sostanza, sebbene i governi alleati si proponessero entrambi di rafforzare il governo italiano, soltanto la Gran Bretagna mostrò un concreto interesse per i problemi militari italiani. La mancanza di iniziative americane in questo settore aveva causato infatti un vuoto che fu colmato dall'interessamento sia del governo britannico sia delle autorità alleate in Italia; queste ultime , e in particolare il Maresciallo Alexander, svolsero un ruolo determinante nell'allestimento dell'Esercito di transizione.

3. Progetti inglesi per le Forze Armate italiane Al termine delle ostilità, insieme al problema della smobilitazione delle armate anglo-americane , si poneva quello dello scioglimento di buona parte dei reparti italiani che avevano costituito il «grande esercito delle retrovie » e dei quali notevole era stato il contributo per il successo finale della campagna d' Italia. Più complesso ancora, però , era il problema relativo al nucleo centrale delle Forze Armate, costituito dalle truppe che più efficacemente si erano battute o avevano collaborato a fianco degli Alleati , vale a dire i Gruppi di Combattimento, le Unità addette alla Sicurezza Interna , la Marina e l'Aeronautica: bisognava decidere, in attesa della elaborazione del trattato di pace, quali e quante forze armate si dovessero lasciare all'Italia, se l'Italia stessa dovesse essere considerata un paese alleato o un paese sconfitto manu militari e quindi, in buona sostanza , un paese ex-nemico, chi tali forze avrebbe dovuto mantenere o equipaggiare, tenendo conto della esiguità delle risorse di cui disponeva il governo italiano. I termini essenziali del problema, nelle sue molteplici articolazioni , li aveva lucidamente visti il generale Browning, che a questo riguardo aveva esposto la propria opinione al Quartier Generale Alleato in un suo memorandum della fine del 1944 (48). Con la riserva che nessun progetto relativo al futuro delle Forze Armate

(47) Analoghe considerazioni sul rapporto tra i governi alleati e il Quartier Generale Alleato in Italia fa Giampaolo VALDEVIT, La Questioni'! di Trieste, 19411954. Politica internazionale e contesto locale, Milano, Angeli , 1986, pp. 10-11. (48) Post War Italian Army, Memorandum by Major Generai Langley Browning, 11 ottobre 1944, in FRC,RG 331 , 10000/120/5291 (Documento 3 allegato).


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italiane potesse avere veste definitiva finché il trattato di pace non avesse stabilito chiaramente quale sarebbe stata la posizione dell'Italia nel contesto post-bellico, Browning era dell'avviso che l'Esercito Italiano dovesse rispondere a due requisiti precisi, di essere grande ed efficiente quanto bastava per la difesa delle frontiere e il mantenimento dell'ordine pubblico e, al contempo, limitato e sottoposto a controllo, ma in grado di venir potenziato e di schierarsi, se richiestone , a fianco delJe truppe alleate in una guerra futura. Un esercito siffatto, secondo Browning, avrebbe dovuto essere costituito da una forza numericamente limitata di militari volontari a lunga ferma, per ovviare al pericolo che con l'Esercito di leva l'Italia potesse disporre di una consistente aliquota di riserve, facilmente mobilitabili in caso di guerra. Quanto al suo equipaggiamento, una volta smantellata l'industria bellica italiana, avrebbe dovuto provvedervi la Gran Bretagna con la notevole quantità di materiali di cui avrebbe potuto disporre nell'immediato dopoguerra. Questo avrebbe consentito , sempre secondo Rrowning , di controllare ed eventualmente limitare il potenziale offensivo dell'Italia e di assicurare la sua dipendenza militare dalla Gran Bretagna. Dare maggior concretezza a questo progetto divenne improrogabile nella primavera del 1945, quando le potenze alleate cominciarono ad affrontare il problema del trattato di pace con l'Italia. Il governo italiano , nel febbraio, aveva rinnovato le sue pressioni soprattutto sul governo di Washington per una modifica e un alleggerimento delle condizioni armistiziali (49). A Yalta la questione era stata appena toccata da Roosevelt e Churchill, ma nelle settimane successive alla Conferenza lo State Department non aveva mancato di rinnovare i suoi sforzi per modificare lo status internazionale dell'Italia. A Washington si riteneva infatti che un governo vincolato dal rispetto delle clausole armistiziali potesse non essere in grado di superare il periodo critico che avrebbe fatto seguito alla fine delle ostilità e si favoriva perciò una pronta e completa riabilitazione dell'Italia mediante la modifica radicale del rigido regime armistiziale (50). Il governo inglese vedeva invece in una siffatta procedura il rischio concreto di perdere ogni forma di controllo sul-

(49) Kirk to Secretary of State, 22 febbraio 1945, in FRUS , 1945, voi. IV, pp. 997-1002. (50) Roosevelt to Churchill, 11 febbraio 1945 , in FRUS, The Conference at Malta and Yalta , pp. 963-964. Cfr. anche AGA ROSSI, La situazione politica ed economica, cit. pp. 163-166.


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l'Italia prima di aver sancito formalmente e definitivamente la radicale riduzione della sua potenza. Poiché d'altro canto anche a Londra si riconosceva l'opportunità di normalizzare la posizione internazionale dell'Italia, il Foreign Office avanzò la proposta di preparare nell'arco di poche settimane non un nuovo accordo sostitutivo del precedente armistizio , ma un vero e proprio trattato di pace preliminare, destinato a essere ratificato al più presto, possibilmente subito dopo la fine delle ostilità. L'iniziativa britannica aveva lo scopo di chiarire al governo di Washington che una semplice revisione degli accordi armistiziali poteva compromettere il conseguimento dei risultati cj1e la Gran Bretagna si era prefissi: o, come notava Frederick Hoyer-Millar, capo del Western Department del Foreign Office, che si sarebbe dato all'Italia «solo la marmellata, senza la medicina » (51). Per eliminare i problemi inerenti al permanere delle condizioni armistiziali, il Foreign Office preferiva concludere al più presto un trattato definitivo che avrebbe permesso al tempo stesso alla Gran Bretagna di raggiungere gli obit:tlivi proposti. Il trattato definitivo, sempre secondo il Foreign Office , doveva dimostrare soprattutto che « l'aggressione non rende »; una volta però che l'Italia avesse espiato le oolpe del passato regime, la Gran Bretagna non avrebbe avuto alcun interesse a « umiliarla o indebolirla oltre il dovuto ». In tal modo l'Italia sarebbe stata ricondotta a potenza di secondo rango , incapace di compiere aggressioni , ma pur sempre in condizioni di potersi difendere in caso di necessità (52) . Inoltre la Gran Bretagna doveva « rinforzare l'Italia in modo che potesse svolgere un ruolo utile in Europa e nel Mediterraneo , e allinearsi dalla parte delle potenze occidentali » (53) . Da un punto di vista militare, notava ancora il Foreign Office, sarebbe stato auspicabile non proporre misure draconiane miranti a limitare , o peggio ancora abolire, le Forze Armate italiane. Spettò ai Chief<; of Staff e al Post-Hostilities Planning Staff del War Office tradurre le indicazio ni generali del Foreign Office in proposte concrete da inserire nel progetto di trattato di pace. Nel fitto carteggio tra il War Office , il PHPS e il Quartier Generale Alleato (51) ltaly, memorandum hy Frcderick Hoyer-Millar, I marzo 1945, in PRO,FO 371,ZM 1572/1/22. Hoyer-Millar fu dal 1945 al 1947 capo del Western Department del Foreign Office. (52) Minute to the Secretary of State by Sir Orme Sargent, 22 maggio 1945, in PRO ,FO 371 ,ZM 2838/1/22. (53) Memorandum /Jy F. Hoyer-Millar, 10 maggio 1945, in PRO,FO 371,ZM 2872/1/22.


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in Italia emersero subito alcuni punti fermi , in particolar modo la necessità di prevenire ogni atteggiamento italiano tale da distrarre l'attenzione delle Nazioni Unite dalla guerra contro il Giappone, tuttora in corso. Venne così deciso di imporre alcuni limiti alle Forze Armate italiane per un periodo di cinque anni e altresì di smilitarizzare in modo permanente la Sicilia e la Sardegna per impedire che potessero ostacolare le comunicazioni inglesi nel Mediterraneo (54). I limiti da fissare per l'esercito furono oggetto di proposte diverse: il War Office preferiva inizialmente un esercito di 150.000 uomini (e 55.000 carabinieri), il mantenimento della leva e uno stretto controllo sulle esportazioni di materiale bellico (55). Il Quartier Generale in Italia, pur ribadendo la necessità di un controllo sulla produzione industriale militare , e quindi l'opportunità che fossero gli Alleati a farsi carico della fornitura di materiali aJle Forze Armate, proponeva dei termini meno severi. L'Esercito avrebbe dovuto contare fino a 265.000 uomini (inclusi 65 .000 carabinieri), avrebbe avulù a disposizione carri armati e artiglieria per l'allestimento di unità di Corpo d'Armata e avrebbe dovuto essere costituito esclusivamente da professionisti, in modo da assicurare la massima efficienza possibile (56). L' AFHQ proponeva inoltre di restituire rapidamente al governo italiano , allo scopo di rafforzarne il prestigio, l'autorità sulle proprie Forze Armate. Le divergenze furono appianate alla fine di maggio, quando i rappresentanti alleati in Italia giustificarono il proprio punto di vista con la motivazione che clausole troppo severe avrebbero potuto innescare un'ondata di proteste tali da sfociare anche in tentativi insurrezionali (57). Parte dei loro suggerimenti perciò furono accolti e il progetto finale del Post-Hostilities Planning Staff stabilì che per 5 anni l'Esercito avrebbe avuto un tetto massimo di 265.000 uomini e che la produzione bellica sarebbe stata limitata allo stretto indispensabile per colmare i vuoti lasciati dalle forniture di materiali alleati. Nel complesso le Forze Armate dovevano servire , almeno fino al 1950, alla difesa delle frontier~ da aggressioni locali e al mantenimento dell'or(54) PHPS to War Office, 13 aprile 1945, in PRO,WO 193/280. War Office to AFHQ , 1 maggio 1945, ibidem. (55) War Office to PHPS, 22 aprile 1945 , in PRO,WO 193/280. (56) AFHQ to War Office, 10 maggio 1945, in PRO,WO 193/280. (57) Memorandum to the Civil Affairs Officers ( Lt. Gen. Robertson) from AF/-IQ , 22 maggio 1945, in PRO,WO 204/3; Meeting with Lt. Gen. Robertson , 26 maggio 1945 , in PRO,WO 193/280; Discussion with Generai Airey, 30-31 maggio 1945, in PRO,WO , 193/280 .


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dine interno: anche la Marina e l'Aeronautica dovevano essere limitate, quindi , a compiti strettamente difensivi e la Marina in particolare doveva essere ridotta in misura tale da non alterare la ba/ance of power nel Mediterraneo. Una drastica riduzione delle dimensioni della flotta avrebbe inoltre conseguito il duplice risultato di ridimensionare l'Italia come potenza navale e di soddisfare quegli stati alleati che - come l'URSS o la Grecia - chiedevano l'assegnazione di un'aliquota della flotta italiana a titolo di preda bellica, secondo quanto era stato loro promesso nel 1943 alla Conferenza di Teheran. Per il periodo successivo al 1950, si riteneva che la debolezza economica avrebbe impedito all'Italia di costituire una seria minaccia per la pace e che pertanto fosse inutile imporle limitazioni permanenti, che non riguardassero la smilitarizzazione totale della Sicilia e della Sardegna, la proibizione di costruire o sperimentare armi a lunga gittata , sottomarini , mine e siluri, nonché l'impiego di personale tecnico di origine tedesca o giapponese (58). In sostanza , yuello inglese era un progetto bivalente, severo ià dove si trattava di limitare quelle capacità offensive dell'Italia che potessero maggiormente interferire con le linee di comunicazione imperiali - a questo infatti miravano la riduzione sostanziale dell a flotta e la smilitarizzazione permanente delle isole - più moderato dove si trattava di imporre limiti a quelle forze che non costituivano una minaccia diretta per l'impero ; un progetto inoltre in forza del quale, tramite la punizione , si cercava di gettare le basi per una futura collaborazione (59), che garantisse all'Italia la disponibilità delle proprie Forze Armate e ne condizionasse al tempo stesso l'efficienza futura alle forniture inglesi .

4. Le origini

del 'Esercito

di transizione

Come l'elaborazione di uno schema generale per il trattato di pace mostra chiaramente l'intenzione della Gran Bretagna di ridurre il potenziale militare dell'Italia, così l'ocigine dell'Esercito di transizione illumina la parte che si potrebbe definire costruttiva del pro(58) Peace Treaty with ltaly, Report by the Post-Hostilities Planning Staff P.H .P. (45) 2 (Final), 2 luglio 1945, in PRO,CAB 79/36. Minute by Mr. Hoyer-Millar, 11 luglio 1945 , in Documents on British Policy Overseas, Series 1, voi. I, The Conference at Potsdam 1945 , London, HMSO , 1984. (59) Sul rapposto concessioni/punizioni nella strategia inglese cfr. B. ARCIDIACONO, La Gran Bretagna e il pericolo , cit.


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getto inglese e il contributo a utonomo dato dalle autorità a lleate in Italia alla sua realizzazione. È necessario però ricordare che furono due motivazioni contingenti a svolgere un ruolo decisivo nell'orientare le scelte alleate: il mantenimento dell'ordine pubblico e la te nsione con la Jugoslavia, accresciuta nel maggio-giugno del 1945. L'Italia della primavera del 1945 era un paese profondamente scosso fin dalle fondamenta nel suo ordina mento socio-politico. La sfiducia nei rappresentanti de l vecchio ordine si estendeva alle istituzioni stesse, mentre la liberazione aveva generato un'ansia di rinnovamento e rafforzato il desiderio di profonde trasformazio ni . In questa transizione dal vecchio al nuovo , non pochi settori della vita politica sembravano propensi ad un mutamento violento , di carattere rivoluzionario ; e l'insurrezione partigiana del 25 aprile e ra stata vissuta dalla autorità alleate con notevole apprensione. L'Italia del Nord , certo, era stata poi liberata senza che si fosse profilato in forma concreta alcun tentativo di insurrezione e il passaggio dei poteri trn gli espone nti della Resistenza e il Governo Militare Alleato non aveva dato luogo a problemi o inconvenienti di qualche rilievo: e tuttavia alla situazione italiana gli Alleati continuavano a guardare , a causa della sua instabilità, non senza serie preoccupazioni (60). Anche all'indomani dell'insurrezione , infatti, restavano problemi di no n poco conto per l'ordine pubblico, quali la consegna delle armi da parte dei partigiani , regolamenti di conti su larga scala, dimostrazioni di massa. Dalla più piccola manifestazione di protesta potevano divampare disordini e tumulti di n otevoli proporzioni , ai quali le truppe alleate di occupazione non avrebbero potuto assistere indifferenti. Di qui l'opport unità che al governo italiano ve nissero assicurati i mezzi necessari al ma nte nimento dell 'ordine pubblico, affinché in Italia non avesse a ripetersi quanto si era verifica to in Grecia, dove le truppe di occupazione inglesi erano dovute inte rvenire dire ttamente per reprimere l'insurrezione del dicembre 1944. Per questo l'attenzione delle autorità militari a lleate si rivolse a quella delle tre Forze Armate che sarebbe stata più utile a tal fine, vale a dire all'Esercito . A tutto questo si aggiungeva lo stato di crescente tensione con la Jugoslavia per la questione giuliana e , di conseguenza, il timore,

(60) Discussion with Gen. Airey, 30-31 maggio 1945, in PRO,WO 193/280; sui timori di insurrezioni partigiane, cfr. anche Harold McMILLAN , War Diaries, January 1944-May 1945 , Londra, McMillan, 1984, alle date del 29 mano e del 15 aprile 1945, e D . ELLWOOD, ltaly 1943-1945, cit. , pp. 198-223.


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fin quando non furono stipulati gli accordi di Belgrado, che tra le forze alleate e jugoslave si potesse arrivare allo scoppio di aperte ostilità (61). Anche dopo gli accordi di Belgrado, tuttavia , la situazione in Venezia Giulia rimase di fatto assai instabile, al punto che le autorità alleate non escludevano che un eventuale tentativo insurrezionale nell'Italia del Nord coincidesse con un'offensiva vera e propria da parte di truppe regolari jugoslave. Poiché le forze armate italiane non sarebbero state in grado , ancora per molto tempo, di far fronte da sole a simile evenienza, il mantenimento di truppe alleate di occupazione doveva servire come deterrente per prevenire tale eventualità; ove questa si fosse manifestata, il Quartier Generale Alleato contava di assegnare alle Forze Armate italiane il mantenimento dell'ordine pubblico e alle proprie truppe di occupazione il compito di garantire che le questioni di frontiera venissero risolte in sede di conferenza della pace e non con atti di forza. Insomma le autorità alleate analizzavano la situazione italiana alla luce di quel «modello interpretativo » che, secondo Reitzel (62) , era stato da loro elaborato in conseguenza degli eventi greci e jugoslavi del 1944 e che presumeva che dietro ad ogni disordine e tensione nel Mediterraneo ci fosse l'Unione Sovietica , impegnata in una serie di mosse strategiche ad alterare l'equilibrio politico della regione: e questo , prima ancora che a Londra o a Washington fosse stata formulata un'interpretazione globale sul comportamento dell'Unione Sovietica. Pertanto le iniziative suggerite da Alexander, da Browning e dall'ammiraglio Stone come miravano a risolvere una serie di problemi strettamente contingenti, così avevano anche il fine ultimo di mantenere saldamente l'Italia nel campo occidentale e, come scriveva Alexander, di evitare la sua « balcanizzazione » (63). La necessità di allestire un Esercito Italiano capace di garantire l'ordine pubblico era stata nuovamente esposta dal generale Browning in un memorandum del maggio 1945: se l'amministrazione territoriale dell 'Italia settentrionale doveva essere restituita al governo italiano nel settembre di quello stesso anno, notava il Capo della MMIA , sarebbe stato opportuno affidargli anche il pieno controllo dell'Esercito. E siccome non si poteva ancora prevedere quando sarebbe stato firmato il trattato di pace e quali limitazioni di carat(61) G. VALDEVIT, La questione di Trieste, cii., pp. 105-106. (62) W. REITZEL, The Mediterranean , cit., pp. 40-41. (63) Supreme A/lied Commander's Conference, 2 agosto 1945, in FRC,RG 331 , 10.000/120/5292.


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tere militare esso avrebbe imposto all'Italia, Browning prospettava l'opportunità che venisse allestito un esercito «di transizione» sotto il controllo del governo italiano, che gli Alleati avrebbero provveduto ad equipaggiare ed organizzare: non era infatti possibile concepire che il governo italiano, uscito economicamente prostrato dalla guerra, fosse in grado di devolvere una parte sostanziale delle sue scarse risorse a spese di carattere militare , proprio quando si accingeva a iniziare il processo di ricostruzione economica (64). L'Esercito di transizione avrebbe costituito lo stadio intermedio tra l'Esercito già allora esistente e quello da allestire in conformità dei limiti che sarebbero stati stabiliti dal trattato di pace e dei princìpi che ispiravano la politica alleata verso l'Italia. In accoglimento delle proposte di Browning, un primo schema per l'Esercito di transizione era stato elaborato in quello stesso periodo di concerto tra la MMIA e il Ministro della Guerra italiano Casati. Trattandosi di un'organizzazione temporanea, notava quest'ultimo, lo schema si doveva attenere strettamente all'organizzazione esistente più che trncciare linee di sviluppo per il futuro. Secondo questo schema, l'Esercito di transizione si sarebbe articolato su un comando centrale , composto dal Ministero della Guerra e dallo Stato Maggiore Esercito (2.000 uomini) , un'organizzazione militare territoriale, basata sui Co. Mili.Ter. , i distretti e i depositi (7.000 uomini) , truppe per la protezione delle frontiere le quali , oltre ai Gruppi di Combattimento e al Reggimento «Garibaldi », dovevano includere almeno due Gruppi alpini , da costituire (65.000 uomini), truppe per la sicurezza interna, comprendenti 3 divisioni con organico specificamente adatto a questo ruolo e una brigata territoriale di circa 2.500 uomini per ognuno dei 10 Co.Mili .Ter., per un totale di circa 40.000 uomini, scuole per l'addestramento , cioè un'Accademia Militare e il Centro di addestramento di Cesano (10.000 uomini) ,· unità varie dei servizi medico , del Genio , di Commissariato , ecc. - per un totale di altri 20.000 uomini . In tutto, la consistenza dell'Esercito di transizione sare bbe stata di circa "144.000 uomini, al cui mantenimento , però , il governo italiano non sarebbe stato in grado di provvedere né in quel momento né nell'immediato futuro: il Ministero della Guerra riteneva_infatti di non poter sopperire alle esigenze di vestiario e d'e-

(64) Relaxation of Contro[ of the ltalian A rmy, memorandum by Major Generai L. Browning, 30 maggio 1945, in NAW ,RG 59 (Ge nerai Records of the Departme nt of State) , 865. 20/6-1445.


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quipaggiamento prima di 6 mesi ( 65). Sarebbe spettato dunque agli Alleati farsi carico, per un periodo indefinito, del mantenimento di questa struttura; ed era indispensabile, notavano sia Browning sia Alexander, che i governi inglese e americano prendessero decisioni al riguardo (66). Nello stesso messaggio in cui, alla metà di giugno , segnalava ai CCS l'importanza di definire quanto prima la politica alleata verso le Forze Armate italiane, Alexander prendeva in esame anche il ruolo delle truppe di occupazione alleate. Il Comandante Supremo Alleato riteneva che, una volta restituita al governo italiano la maggior parte del territorio, il compito principale delJe truppe alleate fosse quello di svolgere una funzione di garanzia contro ogni turbamento dell'ordine pubblico e , più ancora, contro eventuali colpi di mano jugoslavi nella Venezia Giulia. In quest'area Alexander era dell'avviso che fosse necessario , come minimo, un Corpo d'Armata su 2 divisioni sino alla fine dell'anno e molto probabilmente sino alla definitiva entrata in vigore ciel trattclto di pace . Sarebbe stato iP.o!tre opportuno, continuava Alexander , allestire una generale riserva mobile , dotata di forze adeguate, dalle quali poter attingere nel caso che le Forze Armate italiane non riuscissero a mantenere sotto controllo eventuali disordini nel resto del paese, ed era altresì necessario che le divisioni lasciate sotto il suo comando avessero consistente copertura aerea (67). A _Churchill che criticava aspramente questo progetto ritenendo insufficienti le forze previste, Alexander rispondeva pochi giorni dopo di aver dovuto tener conto dei piani di smobilitazione degli eserciti alleati (68) ed illustrava l'intero piano di (65) Transition _4.r,ny , Report frun1 W~r !v!!nistry lD Y....1}..1LA.. , 29 maggio !945, iu FRC,RG 331 , 10.000/120/5291. (66) Alexander lo lhe CCS, (NAF 1013), 15 giugno 1945 in PRO,WO 193/280. (67) Ibidem. (68) Prime Minister lo FM Alexander, 17 giugno 1945, e FM Alexander to Prim e Minister (MA I 107), stessa data , in PRO, WO 193/280. In base al piano di smobilitazione inglese, 1'8" divisione indiana si stava imbarcando per l'Oriente, la IO" di visione indiana doveva partire in ottobre o in novembre, la divisione corazzata sud-afr icana stava progressivamente riducendo i suoi eCfettivi man mano che questi venivano rimpatriati via aria, e la divisione neozelandese sarebbe partita appena ci fosse stato del naviglio disponibile. Quanto alla smobilitazione americana , la divisione brasiliana si stava per imbarcare , la 1• divisione corazzata sarebbe stata trasferita nel teatro nord-europeo entro giugno , 1'85" sarebbe partita in agosto e 1'88" in settembre per gli USA, dove sarebbero state smobilitate, la 91" sarebbe panita in settembre per essere impiegata altrove, la 92" e la 34" in ottobre e in nove mbre per costituire parte della riserva negli USA. Alla fine del 1945 sarebbero perciò rimaste solo le due divisioni


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ripiegamento delle forze alleate in Italia, già concordato dai Capi di Stato Maggiore inglesi ed americani: nel dicembre 1945 sarebbero rimaste in Italia solo la 568 divisione inglese, la 10a divisione americana da montagna e il Corpo d'Armata polacco, in attesa che ne fosse decisa la destinazione fina]e. Churchill prendeva atto della spiegazione fornitagli, ma continuava a giudicare la situazione del tutto insoddisfacente, a causa in primo luogo del comportamento degli Stati Uniti , che gli faceva temere che la Gran Bretagna fosse lasciata sola a dover garantire la sicurezza dell'Italia e delle sue frontiere ( 69). L'amministrazione Truman , infatti , aveva dato fino a quel momento chiari segni di disinteresse verso un'eventuale assistenza postbellica alle Forze Armate italiane e verso il mantenimento di truppe sul suolo italiano: e questo perché, allo scopo di portare a termine quanto prima la guerra contro il Giappone , i Joint Chiefs of Staff rite nevano opportuno trasferire al più presto nel Pacifico gli uomini e i mezzi dispo nibili in E uropa . Nell 'aprile del 1945 il Joint L ogistics Committee, in consill1::raz1011c che ie unità italiun~ av1 dJbe ro potuto svolgere utile azione di cop ertura nel corso del ripiegamento dei reparti americani ne lla penisola , aveva esaminato favorevolmente la possibiiità che si potesse garantire alle Forze Armate italiane concn..:la assistenza fino alla fi ne delle ostilità in Europ a e oltre; ma il JLC aveva concluso che , un a volta ultimato il ritiro di tutte le truppe alleate , il materiale precedentemente fornito alle stesse FF.AA. italiane avrebbe dovuto essere restituito agli Stati Uniti (70). Pertanto ai primi di giugno al generale McNarney , Comandante in Capo del Mediterraneo, fu impartito l'ordine di provvedere alla requisizione del materiale bellico americano compreso q uello di origine l.end-Lease, utilizzato per equipaggiare i Gruppi di Combattimento (71). McNamey rispose che partecipare alla futura riorganizzazione de ll 'apparato militare italiano sareb be

indicate da Alexande r e il Corpo d'Armata polacco su due divisioni e una brigata corazzata. Quest'ultimo costituiva un grosso problema p er gli Alleati , perché, mentre parte dei suoi effettivi era già stata rimpatriata, molti altri si rifiutavano di tornare in Po lonia. (69) Prime Minister 10 FM Alexa11der, 18 giugno 1945, in PRO ,WO 193/280. (70) Subsistence of ltalian troops other tha11 prisoners of war, Report by tbc JLC, 19 aprile 1945 , in NA W,RG 165, ABC 420 ltaly (30 oct. 43), Sec. 1-H. (71) Message lo the Commanding Generai, VS A rmy Furces, Medi1erranea11 Theater of Operations, 6 giugno 1945, in NA W,RG 165, ABC 420 ltaly (30 oct. 43) Sec. 1-B .


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stato nell'interesse anche degli Stati Uniti , ma non ottenne altra risposta che l'ordine di sospendere ogni requisizione e, contemporaneamente , ogni ulteriore fornitura , fin quando non fosse concordata una linea politica su piano governativo (72) . Tutti questi problemi , e in particolar modo l'atteggiamento degli Stati Uniti , furono al centro dei colloqui che Alexander ebbe a Londra tra la fine del giugno e l'inizio del luglio 1945 con Churchill, i Chiefs of Staff e alcuni funzionari del Foreign Office. Alexander ribadì i possibili vantaggi che sarebhero derivati dal potenziamento delle Forze Armate italiane , sottolineando tra l'altro la possibilità di ridurre di conseguenza le truppe d'occupazione alleate ; il Chiefs of Staff Committee informò il feldm aresciallo che la Gran Bretagna , dal canto suo , era in grado di affrontare anche da sola l'impegno di riequipaggiare le forze italiane , ma sia Alexander sia i suoi interlocutori convennero che sarebbe stato preferibile un coinvolgime nto americano tanto nell'allestimento di adeguate forze armate italiane, quanto nel mantenime nto di truppe di occ.:upazione (73). Coere ntemente con la linea politica sviluppata negli ultimi mesi , il governo inglese vedeva infatti favorevolmente un maggior interessamento degli Stati U niti alle questioni itali ane , e in particolar modo ai problemi economici . Q uesta posizione fu sanzionata daj Chiefs of Staff il 10 luglio e ancora nella successiva ri unione del War Cabinet del 12 successivo , nella quale ven ne stabilita la condotta da seguire durante la conferenza di Potsdam in relazione ai problemi italiani. In questa circostanza il Ministro degli Esteri Eden raccomandò la più stretta collaborazione con gli Stati Uniti in materia di assistenza militare all ' Italia (74) ; qualora tuttavia il governo americano avesse mante nuto la sua condotta incerta a questo proposito, il governo di Sua Maestà si dichiarava pronto ad assurnersi da so!o l'onere di un 'iniziativa di tal genere. (72) Commanding Generai, USA , MTO, to the JCS, 13 giugno 1945; Disposition of VS ~quipment Jnternational comhal units and ltalian units of the lnternalional Commitmenl , 1 agosto 1945, e Message to the Com. Cen. MTO , USA , 5 agosto 1945, in NAW ,RG 165,ABC 420 ltaly (30 o<.1 . 43), Sec. 1-B. (73) Meeting wilh FM Alexander (Chiefs of Staff 164th mee ting) , 29 giugno 1945, in PRO,CA D T9/35; Recording of a conversation hetween /<M A /exander and Sir O . Sargent, in PRO ,FO 371, Z M 3710/1/22. La posizione del War Office in Draft Aide· memoire to be used with FM A lexander, 23 gi ugno 1945, in PR O,WO 193/280. (74) Meeting in Sir O. Sargent's room, 9 luglio 1945, in PRO,FO 371,ZM 3777/1/ 22; le proposte di Eden in WOOÒW/\RD, British Foreign Policy, cit., voi. lii , pp. 485-488, e in l)ocuments on British Policy Overseas, Seri es I , voi. I, The Conference, cit. , pp . 230-233.


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Sempre poco prima di Potsdam i problemi discussi da Alexander a Londra erano stati affrontati dal Capo della Commissione AHeata, ammiraglio Stone , in un messaggio dai toni molto drammatici, che aveva avuto larga risonanza sia allo State Department sia al Foreign Office (75). Stone formulava un'analisi molto articolata, che inseriva con notevole perspicacia i problemi relativi all'Italia nel contesto generale delle posizioni postbelliche. L'Italia era al bivio tra la democrazia e un nuovo totalitarismo , scriveva Stone, e solo gli Alleati avrebbero potuto far sì che quest'ultimo venisse sconfitto. Stone invocava perciò l'attuazione di una politica volta a fare dell'Italia un saldo bastione democratico e filo-occidentale nel Mediterraneo. A questi scopo i governi alleati dovevano mettere particolare cura nel riorganizzare le Forze Armate italiane e dovevano inoltre garantire il passaggio alla democrazia con la presenza di massicce forze di occupazione che, secondo Stone, dovevano ammontare almeno a 5 divisioni alleate. Contrariamente a qua nto suggerito da Alcxandcr , queste non dovevano limitare i loro compiti alla salvaguardia deJle frontiere, ma garantire con la loro presenza la regolarità dello svolgimento delle elezioni , che lo stesso Stone desiderava si svolgessero al più presto . Nonostante i problemi dell'apparato bellico italiano fossero stati dibattuti ampiamente prima della Conferenza, a Potsdam non si registrò alcuna decisione importante al loro riguardo (76). Anche se il comunicato finale della Conferenza, con il quale i governi alleati riconoscevano l'importanza del contributo italiano alla sconfitta della Germania , sembrava operare una esplicita distinzione tra l'Italia e gli altri stati ex-satelliti dell'Asse, e quindi promettere un trattamento privilegiato in sede di trattato di pace, Potsdam non ebbe tuttavia ripercussioni immediate sulle clausole armistiziali che am:ora vincolavano lo status internazionale dell'Italia. Al contrario , (75) Future Policy toward ltaly, memorandum by Chief Commissioner E llery Stone, 23 giugno 1945, in FRU S , Conference of Berlin (Potsdam) 1945 , l , pp. 688694. (76) Il proble ma dell 'assistenza militare all'Italia fu discusso a Potsdarn da l--loyer-Milla r in alcune conversazioni informali con James Dunn e altri membri della delegazione americana: tutti convennero che un «ragionevole » riarmo sarebbe stato opportuno , così come sarebbe stato auspicabile che gli Stati U niti vi collaborassero in qualche modo. Cfr. Minute [rom Mr. Hoyer Millar to Sir A. Cadogan, 28 luglio 1945 , in Documenls on Brilish Po/icy Oversem·, Series I , voi. I , The Conference at Postdam 1945, ci t. , pp. 950-952. Per le principali fasi della Conferenza relative all'Ital ia, dr. FRUS, The Conference at Berlin (Potsdam), Il , pp. 53-54, 148-150, 168-1 75, 357-364, 624-625, 1080-1081.


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la possibilità di concludere rapidamente la pace tra l'Italia e le Nazioni Unite svanì in conseguenza dell'abile manovra con cui alla Conferenza di Potsdam Stalin ottenne che fossero messi sullo stesso piano il problema del trattato di pace con l'Italia e quello degli altri stati ex-satelliti della Germania. Di tutti questi trattati, quindi , la stesura venne demandata alle successive riunioni del Consiglio dei Ministri degli Esteri. L'aggiornamento sine die della stesura definitiva dei trattati indusse gli Alleati ad attuare le misure in precedenza elaborate nei confronti dell'Italia e della sua sicurezza. Fin quando il trattato non fosse stato firmato e ratificato, truppe alleate sarebbero rimaste sul territorio italiano, esposte al rischio di trovarsi coinvolte in disordini interni ; non solo, ma se non si fosse provveduto a modificare lo status armistiziale, il governo italiano sarebbe rimasto nelle ambigue condizioni in cui si trovava, che lo rendevano debole e sicuramente poco adatto a fronteggiare l'incerta situazione politica del momento. Poiché però una revisione completa degli accordi si profilava come un 'operazione lunga e dall'esito incerto , sembrò più opportuno agli alleati dichiarare semplicemente che alcune clausole armistiziali non erano più in vigore e restituire al governo italianu la quasi totale sovranità territoriale; alla restituzione del controllo su quasi tutto il territorio nazionaie si sarebbe accompagnata inoltre la restituzione del controllo su quella Forza Armata che in quel momento aveva maggiore importanza sul piano pratico , vale a dire l'esercito. Conseguentemente, al suo ritorno da Potsdam il maresciallo Alexander chiese formalmente l'autorizzazione a dar vita all'Esercito di transizione, già programmato dalla MMIA nel maggio precedente. Alexander non si sentiva soddisfatto - dichiarò all'ambasciatore americano FJrk a!!a fine di luglio -

d? provved!menti punitivi pronta-

mente attuati e di vaghe promesse di ricompense future , una ricetta che gli ricordava la «teologia ebraica » (77) . Si trattava, pertanto , di prendere prontamente deHe decisioni e, in coerenza con queste , allestire un Esercito che consentisse al governo italiano di riprendere gradualmente la sovranità incondizio nata sul territorio nazionale. La questione fu affrontata prima dalla MMIA , che propose uno schema generale per l'organico dell'Esercito di transizione e il relativo progetto di mantenimento da parte degli Alleati (78). Dopo che (77) Kirk tu Secretary uf State, 31 luglio 1945, in F RUS , 1945, IV , pp . 1013-1015 . (78) Future of ltalian Army, memorandum by Major Gen. L. Brnwning, 23 luglio 1945, in FRC ,RG 331 , 10.000/120/5291. Nel m emorandum Browning descri-


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questa proposta fu discussa in alcune riunioni al Quartier Generale Alleato , Alexander la sottopose all'attenzione dei Combined Chiefs of Staff con due messaggi , del 3 e del 22 agosto, perché ne dessero l'approvazione. Nel primo si faceva presente l'opportunità che, al fine di mantenere l'ordine pubblico, gli Alleati si prendessero cura dell'Esercito italiano , lo potenziassero nella misura in cui, presumibilme nte , sarebbe stato consentito dal trattato di pace, e lo restituissero all'autorità del governo italiano quando fosse stata ristabilita la sovranità di quest'ultimo su tutto il territorio nazionale. Per quest'esercito Alexander proponeva ai CCS un organico che sost:rnzialmente ricalcava le linee di quello presentato dal Ministro Casati nel maggio di quello stesso anno (79). Nel secondo messaggio il feldmaresciallo affrontava il problema dell'equipaggiamento proponendo che l'esercito di transizione avesse in via definitiva l'assegnazione del materiale alleato di cui al mome nto era in possesso e che per di più potesse utilizzare i materiali che fossero risultati eccedenti alle necessi tà delle forze militari anglo-americane (80). Era, come si vede, un progetto articolato su criteri pratici, che come avrehhe conse ntito un certo potenziamento dell'esercito di transizione, così non avrebbe inciso in misura sensihile sui hilanci militari degli Alleati. Perciò l'amministrazione Truman non frappose alcun ostacol o alla sua realizzazione; lo State-War-Navy Coordinating Commitveva le fasi della transizione dell'Esercito dall'assetto di guerra a quello che avrebbe avuto con l'entrata in vigore del trattato. Pian for the administration of the ltalian A rmy , 29 luglio 1945, in FRC,RG 331 , 10.000/120/5291, prevedeva che l'equipaggiamento alleato ven isse trattenuto dalle unità che sarebbero entrate a far parte dell'Esercito di transizione; che la maggior parte delle razioni fosse forni ta dal governo italiann· e l'armamento venissero forniti attraverso ~-- ' r. hr- il ve.~tiario., l'euuina1rniamento ...... una pluralità di fonti , e cioè la produzione inte rna italiana, l'acquisto, dagli stock!.· di materiali alleati in italia , di tutto ciò che fosse dichiarato surplus rispetto alle esigenze alleate , e l'impo rtazione di tutto ciò che non si poteva ottenere tramite i due canali precedenti. (79) Minutes of Suprem e Allied Commander Meeting, 2 agosto 1945, in FRC, RG 331 , 10.000/120/5292. SA CMED to CCS (NAF 1051) , 3 agosto 1945, in NAW,RG 165, ABC 420 Italy {30 oct. 1943), Sec. l-B. L'organico suggerito prevedeva: 40.000 uomini come « riserve locali », inquadrati in 10 brigate di sicurezza interna su 2.500 uomÌJ1i ciascuna e tre divisioni di 5.000 uomini l'una; 50.000 uomini come «riserva generale» dislocata strategicamente per reprimere rivolte d.i notevole entità, su 5 G ruppi di Combattimento e il Reggimento «Garibaldi »; 9 .000 uomini per il Ministero e i Co. Mili.Ter. , 31.000 per l' A mministrazione, 10.000 per l'addestramento . A questi 140.()(X) si dovevano aggiungere 65.000 carabinieri (Documento 6 allegato). (80) SA CM ED tu CCS (NAF 1059), 22 agosto 1945, in NAW ,RG 165, ABC 420 Italy (30 oct. 1943), Sec. 1-B (Documento 7 allegato).

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tee, interpellato al riguardo dai CCS , ne consentì infatti l'attuazione in vista delle nuove responsabilità che il prossimo ritiro delle forze alleate avrebbe creato per l'Esercito Italiano, pur facendo rilevare che ci si trovava di fronte ad un vero e proprio impegno di riarmo (81). Da parte sua, il nuovo governo laburista inglese, seguendo le decisioni che il governo conservatore aveva preso relativamente ai problemi italiani, approvò senza difficoltà , dopoché anche il Chiefs of Staff Committee ebbe espresso il suo consenso, la decisione di continuare ad equipaggiare l'Esercito italiano con materiali alleati, preferibilmente su base congiunta anglo-americana (82). I CCS , in relazione ai pareri favorevoli loro pervenuti, autorizzarono pertanto Alexander a costituire l'Esercito di transizione e a provvedere al suo equipaggiamento con i m,ateriali provenienti dai depositi alleati; in un secondo tempo l'Esercito sarebbe stato restituito al governo italiano , m entre Marina e Aeronautica sarebbero dovute restare sotto il comando operativo del Supremo Comandank Alleato fino alla firma del trattato: successivamente i governi interessati , in conformità delle direttive dei CCS, avrebbero discusso gli aspetti finanziari del passaggio di proprietà del materiale hellico (83). Minor successo ebbe invece la proposta di Stone di mantenere in Italia cinque divisioni alleate. Caldeggiata inizialmente da Bevin , convinto che solo attraverso simili manifestazioni di forza la Gran Bretagna potesse concludere vantaggiosamente i negoziati per i trattati di pace, la proposta fu invece criticata dal Chief5 o[ Staff Committee, che riteneva praticamente impossibile metterla in atto, se non tramite la riduzione delle forze inglesi dislocate in altri teatri (84). In buona sostanza, le truppe alleate destinate a rimanere in Italia fino alla conclusione del trattato furono dunque le dut divisioni schierate ne lla Venezia Giulia e il Corpo d'Armata polacco: né dettero alcun risultato concreto le discussioni tra le autorità militari

(81) Disposition of US equipment furnished lo lla/ian combat units and ltalian units of International Commitment, Report by the SWNCC Subcommittee on rcarmment (SWNCC 170/1), in NAW,RG 165,ABC 420 ltaly (30 oct. 1943), Sec. 1-B. (82) Chiejl· of Staff 228th Meeting, 19 settembre 1945 , in PRO,CAB 79/39, e Foreign Office to Rome Emba.ssy, 17 settembre 1945, in PRO.FO 37 1,ZM 4588/1/22. (83) CCS ro SAC:MED (FAN 62 1), 30 settembre 1945 , in NAW ,RG 165,ABC 420 ltaly (30 oct. 1943) Sec. 1-B. I CCS autorizzavano altresl l' uso di unità sa nitarie italiane al servizio delle restanti truppe alleate finché ciò fosse necessario. (84) Chiefs of Staff 208th Meetin g, 28 agosto 1945, in PRO,C/\B 79/38.


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alleate protrattesi sino alla fine del 1945 sulla costituzione della «riserva mobile generale» richiesta da Alexander. Con quale obiettivo sia il Quartier Generale Alleato sia i governi britannico e statunitense abbiano deciso di continuare ad assistere le Forze Armate italiane anche dopo la fine delle ostilità, non è facile valutare. Sembra tuttavia si possa affermare che fosse intento degli Alleati di evitare che in Italia potesse ripetersi la drammatica esperienza greca; ma se tale intento era comune ad entrambi i governi , altri e diversi erano i rispettivi atteggiamenti di fondo, essendo gli Stati Uniti riluttanti ad addossarsi il peso di un programma organico di assistenza militare, mirando invece il governo britannico , attraverso la riorganizzazione dell'Esercito italiano, al conseguimento di risultati di più ampio respiro. In primo luogo si trattava di allestire delle forze di sicurezza sufficienti a garantire il mantenimento dell'ordine pubblico: di qui l'Esercito di transizione, nato come risposta ad un problema stre ttame nte contingente. Secondariamente, la sua creazione permetteva al tempo stesso alla Gran Bretagna sia di aiutare l'Italia in questa forma , se pur limitata, di riarmo, sia di controllarne i possibili sviluppi: da questo punto di vista la creazione dell'esercito di transizione si riallacciava al progetto elaborato da Browning nel 1944 di conservare una qualche forma d'influenza inglese sullo sviluppo militare italiano nel dopoguerra. Sicché la collaborazione sul piano militare può essere vista come un' integrazione della linea politica perseguita dalla Gran Bretagna nei confronti dell'Italia tramite il trattato di pace.



CAPITOLO SECONDO

LE FORZE ARMATE ITALIANE E GLI ALLEATI DAL NOVEMBRE 1945 AL TRATTATO DI PACE: UNA CONVIVENZA DIFFICILE

1. Il problema della difesa negli studi degli Stati Maggiori

Nei primi mesi del 1945, mentre gli Alleati definivano le lince generali della loro politica nei confronti dell'apparato bellico dell'Italia, il governo italiano prese alcuni provvedimenti di rilievo relativi all'Esercito e alle altre Forze Armate, e le massime autorità militari procedettero ad un primo esame generale della situazione nazionale. È da sottolineare però che nel vivace dibattito politico che animò l'Italia del dopoguerra l'attenzione dell'opinione pubblica si concentrò soprattutto sui temi della questione istituzionale , dell'epurazione, della ricostruzione economica, del trattato di pace, mentre i problemi relativi alla difesa rimasero spesso relegati in una posizione di secondo piano, anche in conseguenza deUa reazione di rigetto verso argomenti di carattere militare, inevitabile al termine di un lungo e sanguinoso conflitto , e ancor più giustificata nei caso italiano sia per il desiderio di volgere le spalle al ricordo della disastrosa guerra imposta dal regime sia per la volontà di dimenticare un ventennio di retorica militarista. Vi furono , è vero , momenti nei quali questioni legate ai problemi della politica militare si imposero all'attenzione dell'opinione pubblica italiana, ma si trattò soprattutto o di recriminazioni su alcuni aspetti della condotta del conflitto appena terminato di cui si cercava di individuare le responsabilità, o di accuse rivolte al rapporto tra i militari e il regime, che dettero origine ad alcuni processi famosi (1): tutti casi , insomma , con l'e( 1) Tra i casi giudiziari più famosi, i processi contro i generali Pentimalli c Del Tetto , accusati di non aver difeso Napoli contro i tedesch i, quello contro il generale


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same dei quali si cercava di liquidare l'eredità del passato più che di programmare l'attività del futuro. Le proposte discusse e approvate in sede politica risentivano di questa generale aspirazione al rinnovamento, e miravano soprattutto a operare un netto taglio tra vecchio e nuovo, passato e futuro , ma erano anche dettate da motivazioni di carattere strettamente contingente. Da parte del governo infatti si cercò di incidere su tutto ciò che sembrava ostacolare maggiormente il controllo politico delle Forze Armate in una delicata fase di transizione verso un futuro assetto istituzionale quanto mai incerto. Il dibattito politico di conseguenza si articolò in tre direzioni principali, tutte riconducibili a questo medesimo scopo: colpire gli ufficiali tacciati di collaborazionismo con la Repubblica Sociale o che più in generale avevano fornito prove dubbie durante il conflitto; immettere nell'Esercito regolare aliquote di partigiani; semplificare e snellire le strutture di comando, adeguandole alle esigenze di un moderno stato democratico . In un promemoria del 10 marzo 1944 il generale Luigi Chatrian , che ricoprì poi per lungo tempo la carica di sottosegretario del Ministero della Guerra, aveva suggerito alcuni dei principali provvedimenti necessari ad assicurare il controllo politico delle Forze Armate: sfoltire drasticamente gli alti organi deliberativi , consultivi e ispettivi delle Forze Armate (« occorrerà essere in pochi a comandare e a decidere »); abolire lo Stato Maggiore dell 'Esercito « come corpo chiuso », e sostituirlo impiegando in brevi periodi di servizio di Stato Maggiore gli ufficiali che avessero conseguito il brevetto della scuola di guerra; ridurre di conseguenza lo Stato Maggiore alle funzioni di organo tecnico « per la parte specifica della preparazione dell' Esercito e di consulente del Ministro della Guerra » (2). Accogliendo questi suggerimenti, nel novembre del 1944 fu abolito il Corpo di Stato Maggiore del Regio Esercito, nel febbraio del 1945 furono ridimensionate le funzioni della carica di Capo di Roatta per i crimini commessi dal SIM sotto il suo comando, quelli contro i generali Baistrocchi e Valle, responsabili di aver «fascistizzato» rispettivamente l'Esercito e l'Aeronautica e di aver gestito le Forze Armate in modo da ingannare governo e opinione pubblica sulla loro effettiva preparazione. Per una trattazione dettagliata e la bibliografia relativa, cfr. Ferruccio BOITI e Virgilio ILARI, li pensiero militare itali.ano dal primo al secondo dopoguerra , Roma, Stato Maggiore dell'Esercito, Ufficio Storico, 1985, pp. 418-436. (2) Ordinamento dell'Esercito, 10 marzo 1944, in AUSSME, 1/3, racc. 210, cart. 8 (Documento 1 allegato).


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Stato Maggiore dell'Esercito, e nel maggio seguente quella di Capo di Stato Maggiore Generale, che divenne una sorta di consulente tecnico del Presidente del Consiglio dei Ministri. Sempre al fine di assicurare saldamente al governo il controllo delle Forze Armate, fu poi istituito un Comitato di Difesa , sotto la presidenza del Presidente del Consiglio, in sostituzione della precedente Commissione Suprema di Difesa presieduta dal sovrano (3). I partiti di sinistra insistettero anche per una drastica epurazione e per l'immissione nei ranghi dell'Esercito regolare di aliquote di partigiani. Al riguardo il governo Parri approvò una risoluzione che stabiliva «l'immissione nelle unità dell'esercito regolare di forze partigiane di quei militari tratti dal CVL, che avessero dato prova di capacità, di valore , di amor patrio nella lotta di liberazione nazionale » (4). In realtà però con la fine delle ostilità la spinta per l'immissione di partigiani nell'esercito regolare aveva perso gran parte della sua ragion d'essere , mentre permanevano immutati, da parte alleata, tutti quei motivi di scetticismo e di sospetto nei confronti di questo prohlema, sicché la risoluzione del governo non ebbe alcuna conseguenza di rilievo. Se a livello politico il dibattito sulle Forze Armate ebbe uno spazio tutto sommato limitato, le massime autorità militari procedettero invece ad una prima, anche se sommaria, valutazione generale della situazione militare italiana e dei suoi possibili sviluppi nell'immediato futuro . Il tono generale di queste analisi era improntato ad un notevole pessimismo: le alte cariche militari , infatti, nutrivano ben poche illusioni sulla possibilità che l'Italia recuperasse una posizione autonoma sulla scena internazionale. Nelle loro riflessioni sulla guerra e le sue conseguenze si coglie spesso la convinzione, più o meno apertamente espressa, che l'Italia fosse uscita dal conflitto drasticamente ridimensionata nelle sue ambizioni di grande potenza. La guerra aveva dimostrato come l'Italia non potesse competere con le maggiori potenze quanto a risorse disponibili e alla capacità di mobilitarle compiutamente per sostenere uno sforzo bellico prolungato; la guerra, in altre parole, aveva dimostrato come il potenziale bellico dell'Italia, la risorsa ultima che doveva legittimare le sue ambizioni di grande potenza, fosse inesorabilmente inferiore a quello delle potenze vincitrici. Ne derivava una serie di considera(3) Cfr. Enea CEROU E1TI, Le forze armate italiane dal 1945 al 1975. Strutture e dottrine, Milano, Feltrinelli, 1975, pp. 18-19. (4) Arrigo BOLDRINI e Ugo D'ALESSIO, Esercito e politica in Italia, Roma , Editori Riuniti , 1974, pp. 15-16.


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zioni, prima fra tutte quella sulla opportunità stessa che l'Italia disponesse di proprie forze armate nell 'era che si stava aprendo, tanto più se, come si supponeva, la nascente organizzazione delle Nazioni Unite veniva dotata di un proprio strumento militare p er il mantenimento dell'ordine internazionale. Alla luce di questi presupposti, l'Italia del dopoguerra, che stava per affrontare il compito della ricostruzione, avrebbe dovuto o potuto allestire forze armate proprie? E nel caso di risposta affermativa, per quale scopo? A questi interrogativi le massime cariche militari dello stato fornirono , nel corso della seconda metà del 1945 , una risposta basata su una valutazione sufficientemente realistica della situazione italiana. Le linee di sviluppo che furono prospettate tenevano infatti nella debita considerazione due fattori , giudicati particolarmente vincolanti: la scarsità delle risorse da devolvere alle spese militari e il contesto internazionale in cui l'Italia si trovava. La consapevolezza che per molto tempo le Forze Armate avrebbero avuto a disposizione bilanci molto limitati è tema rico rrente ne lle valutazioni formulate dagli Stati Maggiori nell'immediato dopoguerra. Anche se la gue rra aveva risparmiato buona parte deli'apparato industriale italiano , ì'intera rete dei trasporti e delie comunicazioni era stata gravemente sconvolta, accentuando i problemi derivanti dalla cronica mancanza di materie prime. Sarebbe dunque dovuto trascorrere molto tempo prima che la produzione industriale tornasse ai live lli anteguerra e il reddito nazionale fosse in grado di sostenere in modo adeguato anche le esigenze della difesa, relegate in posizione di secondo piano di fronte a q uelle della ricostruzione. Era perciò convinzione generale che le Forze Armate dovessero utilizzare al meglio , nel frattempo , le poche risorse che avrebbero avuto a disposizione , puntando sulla qualità assai più che sulla quantità: concetto, questo, ripetutamente espresso, ad esempio, nella riunio ne del Comitato di Difesa n ell'agosto 1945, in cui fu affrontato , sia pure per sommi capi, il proble ma dell'immediato futuro di quel che restava dell'apparato bellico italiano (5). Notava il gen. Cadorna, nominato Capo di Stato Maggiore dell' Esercito il 5 maggio 1945: anche al tempo della Triplice all' Esercito era stato fatto carico di 12 Corpi d'Annata, ma ... in realtà non ebbe mai i mezzi per (5) Seconda seduta del Comitato di Difesa, 23 agosto 1945, in AUSSME, 1/3, racc. 42.


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tenerli decorosamente ... ; oggi la situazione deve essere radicalmente rovesciata ... il massimo concesso dagli Alleati lo raggiungeremo se le finanze lo consentiranno (6).

Giudizio analogo formulava il Ministro dell'aereonautica, Cevolotto: Il problema complessivo dell' Aereonautica militare può essere visto così: aviazione piccola e di qualità , salvo sviluppi. Programma da formulare dopo conosciuta la disponibilità massima; ovvero formulazione di un programma rispondente alle nostre esigenze, salvo ad attuarlo, gradualmente , nei limiti di possibilità (7).

Sul problema del rapporto tra la politica di difesa e le disponibilità di bilancio , Cadorna tornò ripetutamente anche nei mesi seguenti: Occorre avere una v1s1one : Esercito di qualità , ed essere disposti a ridurre fino all'estremo pur di applicare il concetto di qualità (8).

E ancora: determinazioni delle possibilità del Tesoro nei riguardi delle Forze Armate e conseguentemente dei compiti che la politica estera può affidare all'Esercito. È ovvio che la base finanziaria è indispensabile se si vuole che un determinato ordinamento corrisponda agli scopi prefissi . Altrimenti si rinnoverà il fatale errore del passato, la discordanza tra obiettivi e i mezzi p er rag-

giungerli (9) . Da queste premesse il capo di Stato Maggiore, Generale T rezzani, trae va l'unica soluzione possibile che, sebbene riferita al solo esercito , può essere senz'altro estesa anche alle altre Forze Armate: (6) D ocumento citato in Raffaele C ADORNA , La Riscossa, Roma, Bietti , 197(1, p. 66; cfr. anche Marziano BRIGNOLT, Raffaele Cadorna , Roma , Stato Maggiore d ell 'Esercito, Ufficio Storico, 1982, p. 144. (7) Seconda seduta del Comitato di Difesa, AUSSME , 1/3, racc. 42. (8) 1-'romemoria per il Ministro della Guerra ]acini, cil. in CADORNA , La Riscossa, cit. , pag. 67 . (9) Ibidem, pp. 68-69.


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considerando che i fondi a disposizione sarebbero stati scarsi, e gli eserciti moderni si erano mostrati enormemente costosi, Trezzani riteneva indispensabile allestire «un esercito piccolo, e se necessario minimo , ma quel poco . .. perfetto e completo» (10). Il secondo elemento centrale delle considerazioni delle autorità militari italiane era il rapporto con g]i Alleati angloamericani. Questo infatti costituiva un punto di riferimento imprescindibile per ogni indagine sul futuro delle Forze Armate , perché ci si aspettava che gli Alleati continuassero in qualche modo ad assistere l'Italia nella riorganizzazione del suo strumento militare. In un periodo in cui lo Stato italiano avrebbe potuto dedicare scarsissime risorse alla sua difesa, il contributo proveniente dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna in questo settore assumeva quindi particolare importanza , costituendo in definitiva il nocciolo vero e proprio delle analisi sulla ristrutturazione delle Forze Armate. In particolare, mentre la Marina aveva a disposizione unità sufficienti ad assicurare un minimo di sicurezza delle coste , l'Esercito e l'Aeronautica si trovavano ad affrontare un processo di ricostruzione pressoché integrale, nel corso del quale il flusso di rifornimenti alleati avrebbe assunto un ruolo fondamentale: i materiali bellici di provenienza alleata sembravano perciò l'unica base sicura su cui impostare i programmi a breve termine per una prima riorganizzazione di queste Forze Armate. Notava il Ministro dell'Aeronautica Cevolotto che l'Aviazione avrebbe dovuto riarmarsi ex novo per poter far fronte ai propri compiti futuri, anche se questi fossero stati molto limitati: Si può sperare che gli Alleati ci lascino materiali propri. Ma in questo caso, quale sarà la situazione della nostra industria? D 'altronde, a causa dei costi enormi dei materiali, le ipotesi sono due: o gli Alleati ce li concedono, o si dovrà considerare una piccola aviazione perché l'onere finanziario sarà gravissimo (11 ).

Trezzani giungeva, dal canto suo, a conclusioni analoghe: In tempo di pace noi non possiamo tenere in piedi un'industria bellica siderurgica e meccanica, pérché sulla produzione limitata graverebbero spese generali enormi. Una soluzione sarebbe avere un'industria limitata e specializzata per la costru(10) Studio sulla ricostruzione de/l'Esercito , per il Presidente del Consiglio, 14 luglio 1945, in AUSSME, Diario Storico dello Stato Maggiore Generale, voi. 1, 1945 (Documento 4 allegato). (11) Seconda seduta del Comitato di difesa , in AUSSME, 1/3, racc. 42.


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zione di prototipi, studiare e organizzare a fondo il rapido passaggio all'atto della guerra dall'industria civile a quella bellica; avere scorte per qualche mese di materie prime, in attesa che attraverso le alleanze queste ci vengano fomite sistematicamente dall'estero. Ma, per i primi anni, l'armamento (armi, carri armati , ecc.) dovrebbe esserci fornito o gratuitamente o a pagamento ridotto e dilazionato dagli Alleati. Dall'entità di questo contributo dipende la prima fase di ricostruzione dell'Esercito , la sua entità, la sua efficienza ... Occorre allora sapere dagli Alleati se e quanto materiale ci vogliono e ci possono dare, determinare fino a che punto questo si può integrare con la produzione italiana (12).

Anche Cadorna non aveva dubbi su questo punto: ««Senza il loro diretto aiuto non riusciremo mai a ricostruire un esercito modernamente efficiente» (13). Le autorità militari italiane erano insomma consapevoli di essere vincolate, per la stessa sopravvivenza delle Forze Armate, all'assistenza militare angloamericana ed erano altresì consapevoli che questo avrebbe condizionato, almeno per un certo periodo di tempo , i compiti che le Forze Armate avrebbero potuto essere chiamate a svolgere. Quali poi potessero essere tali compiti fu precisato dallo Stato Maggiore dell ' Esercito in una « Memoria sulle forze indispensabili per la difesa delle frontiere terrestri » redatta nell'agosto del 1945. Lo studio aveva lo scopo di determinare le forze minime necessarie per difendere i confini dell'Italia fino all'intervento del Consiglio di Sicurezza, e si basava sui presupposti che l'Italia sarebbe entrata a far parte dell'ONU , che avrebbe mantenuto la propria integrità territoriale e pe rseguito una politica di buon vicinato con la Francia, che la Svizzera sarebbe rimasta neutrale e che Germania e Austria avrebbero subito un disarmo totale; si dava inoltre per certo che l'Italia avrebbe potuto usufruire, per la difesa delle proprie frontiere, di robuste fortificazioni permanenti. Come indicazioni di larga massima, lo studio prevedeva che l'Esercito avrebbe dovuto schierare almeno 85.700 uomini, liberi da ogni incarico territoriale , dei quali 40. 700, ripartiti tra le forze di sbarramento e le riserve parziali , sarebbero stati dislocati in prossimità delle varie frontiere, me ntre 45.000 avrebbero costituito la riserva generale di 5 divisioni, delle quali 3 motorizzate e 2 corazzate, schie(12) Studio sulla ricostruzione dell'Esercito, cit. , in AUSSME, Diario Storico dello Stato Maggiore Generale, voi. 1, 1945. (13) Appunto su una riunione al Ministero della Guerra, 10 dicembre 1945, in CADORNA, La Riscossa, cit., pp 76-77.


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rate nell'Italia settentrionale. Graduando le probabilità di aggressione e quindi la dislocazione delle forze in rapporto alla pericolosità delle linee d'invasione , lo studio concludeva che le forze di sbarramento avrebbero dovuto essere più massicce dove maggiore era il rischio di un'aggressione, vale a dire alla frontiera orientale e che la riserva generale fosse orientata prevalentemente verso l'ipotesi di un'invasione proveniente dalla stessa direzione (14). I concetti espressi dalle varie autorità militari furono riassunti dal Capo di Stato Maggiore Generale nel dicembre del 1945 in un ampio studio sulle « Linee fondamentali del futuro Esercito Italiano », nel quale Trezzani ipotizzava una possibile politica di difesa per l'Italia nel contesto internazionale che si andava delineando. Invero per la sua posizione nel quadro geografico dell'Europa e soprattutto nel bacino mediterraneo, l'Italia fu sempre coinvolta, volente o nole nte, in quasi tutte le guerre che in Europa si combatterono dal 1500 ad oggi. Poiché questa posizione geografi ca è immutabile anche in avvenire, se guerre vi saranno, l'Italia, indipendentemente da qualsiasi velleità imperialistica e da ogni presunto militarismo mai esistito , vi sarà coinvolta e , se anche ne volesse star fuori , non potrebbe impedire che il suo territorio diventi campo di battaglia di eserciti stranieri.

L'Italia infatti, continuava Trezzani , è esposta ad attacchi da ogni parte, compresi sbarchi e attacchi aerei; perciò nella situazione attuale, sia per coazione alleata sia per povertà di mezzi , è inutile pensare che l'Italia possa avere Forze Armate tali da consentirle una vita internazionale indipendente e condurre una politica estera che si appoggi, oltre che su giusti diritti , su forze hclliche capaci di sostenerli e di tutelarli. Siamo privi di materie prime; la nostra modestissima industria bellica dovrà trasformarsi in industria civile; le nostre condizioni finanziarie non ci consentono acquisti all'estero nell'immensa quantità richiesta da un esercito moderno; né si avrebbero le risorse finanziarie per mantenerlo in efficienza.

Trezzani era certo che l'Europa si sarebbe presto divisa in blocchi e che l'Italia si sarebbe trovata o «sulla linea degli avamposti , oppure immediatamente a tergo di essa » a seconda di chi avre bbe prevalso nei Balcani; e proseguiva: (14) Memoria sulle forze indispensabili per le difese delle frontiere terrestri, agosto 1945, in AUSSME, 1/3, racc. 207, cart. 6.


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Non sembra illogico pensare che per civiltà, tradizione e interessi l' Italia debha accostarsi al gruppo delle potenze occidentali e appoggiarsi per la propria integrità e indipendenza alle forze collettive di queste nazioni ... Non si può infine escludere che l'Italia sia in futuro destinata a subire la pressione imperialistica delle potenze orientali , cui la questione irredentistica della Venezia Giulia potrà fornire l'appiglio per un casus belli. Se questo si verificasse, le potenze occidentali dovrebbero intervenire a sostegno dell'Italia con la loro autorità internazionale e con le loro forze militari. Ma è fuori dubbio che questo intervento non potrebbe entrare in azione se non ad aggressione avvenuta, cioè a territorio italiano invaso, con tutti i danni inerenti al fatto di avere la propria terra campo di battaglia fra le forze in contrasto.

Trezzani ne concludeva che era necessario per l'Italia allestire un proprio strumento militare che potesse ostacolare eventuali offe nsive nemiche o « almeno trattenerle in attesa dell'intervento delle potenze occidentali >>; ipotizzava quindi per le Forze Armate un compito di stretta e temporanea azione difensiva , «orientata pn:valentemente , se non escJusivamente, sull'ipotesi di conflitto alla frontiera orientale » e tenendo conto «delle necessità di dedicare alle Forze Annate il minimo di mezzi economici e finanziari della naziu11e» (15). Lo studio del Capo di Stato Maggiore Generale esponeva con sufficiente chiarezza alcune possibili linee di sviluppo per una politica di difesa, fornendo una valutazione abbastanza realistica dell'evoluzione del quadro internazionale e stabilendo una logica connessione tra questo e l'area di maggior richio per lo Stato italiano, vale a dire la Venezia Giulia; specificava inoltre quale compito le Forze Armate italiane avrebbero potuto svolgere in tale contesto. senza che questo comportasse un costo eccessivo per il bilancio. Le riflessioni di Trezzani contenevano tuttavia alcuni elementi di ambiguità: in primo luogo il progetto faceva riferimento ad un futuro vago e imprecisato, che probabilmente doveva intendersi considerato a breve o medio termine, o quanto meno riferito ad una fase transitoria - la ricostruzione, il trattato di pace - sulla cui durata non era possibile avanzare previsioni; si riferiva inoltre alle «forze collettive» delle nazioni occidentali senza chiarire a sufficienza se (15) Linee fondamentali del futuro Esercito italiano, studio compilato dal Capo di Stato Maggiore Generale per il ministero della Guerra e il Capo di Stato Maggiore Regio Esercito, 23 dicembre 1945, in AUSSME, Diario Storico SMG, voi. I, 1945 (Documento 5 allegato) .


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facesse riferimento all'Organizzazione delle Nazioni Unite o, prn semplicemente, alle forze angloamericane. È certo però che il Capo di Stato Maggiore Generale riteneva del tutto improbabile che l'Italia potesse provvedere da sola alla propria difesa; secondo un concetto che, sia pure in contesto diverso, avrebbe ricevuto in seguito ampia elaborazione teorica, quello cioè delle Forze Armate come «campanello d'allarme>> («trip wire») (16) Trezzani riteneva che lo strumento militare italiano dovesse avere il compito di far fronte al primo impatto di un'offensiva nemica, in attesa che l'intervento di forze alleate consentisse il ristabilimento della situazione. Oltre a questo ruolo di autodifesa, che pure richiedeva la collaborazione angloamericana perché potesse essere svolto con successo, le autorità militari italiane rivendicavano poi il diritto per l'Italia di poter includere le proprie Forze Armate nei contingenti destinati al mantenimento della sicurezza collettiva che le Nazioni Unite avrebbero ritenuto opportuno allestire. Sempre nella riunione del Comitato di Difesa dell'agosto 1945. ad esempio, l'amm . De Courten , Ministro e Capo di Stato maggiore della Marina, ipotizzava «l'eventualità che la Marina italiana potesse essere posta a disposizione della Commissione Suprema Militare (sic) delle Nazioni Unite come forza internazionale» (17). Argomentazioni analoghe furono avanzate nella stessa occasione anche dal Ministro dell'Aeronautica e in seguito furono riprese e ampliate insieme alle principali motivazioni addotte dal governo per contestare le limitazioni militari sancite dal trattato di pace. Al confronto con le ipotesi operative prospettate da Trezzani, comunque, la costituzione di contingenti italiani fissati dalle Nazioni Unite sembrava un'ipotesi d'importanza minore e di carattere quasi fittizio ; poco più di un pretesto , insomma, per rivendicare in sede di negoziati per il trattato di pace il diritto dell 'Italia a disporre di proprie Forze Armate. Va infine ricordato come queste ipotesi di sviluppo·non coincidessero del tutto con i progetti formulati per le Forze Armate ita(16) Il concetto delle Forze Armate come « trip wire » fu formulato a guisa di corollario della dottrina di «rappresaglia massiccia » elaborata verso la metà degli anni '50, quando alle forze armate convenzionali dei paesi NATO era assegnato appunto il compito di segnalare l'attacco delle forze del Patto di Varsavia per lanciare la rappresaglia nucleare sul territorio sovietico e dei paesi satelliti. Cfr. Virgilio ILARI, Il problema politico della difesa nazionale e la dottrina di impiego del[' Esercito , pp. 157-158 , in Gli indirizzi della difesa italiana, Atti del Convegno tenuto a Roma il 15 aprile 1982, Roma, ISTRID, 1982, pp. 59-60. (17) Seconda seduta del Comitato di Difesa, AUSSME,1/3, racc. 42.


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liane dalle autorità alleate in Italia. Era infatti per assicurare il mantenimento dell'ordine pubblico che Alexander aveva suggerito di procedere al riarmo dell'Esercito italiano , e per quanto il suo progetto avesse anche implicazioni di lungo periodo, mirava soprattutto a cautelarsi contro un pericolo contingente. Questa prospettiva d'impiego era invece accolta con pari ostilità tanto dalle alte cariche militari italiane quanto dalla truppa. Nel luglio 1945 il gen. Utili, già comandante del C.I.L. e all'epoca comandante del Gruppo di Combattimento «Legnano» segnalava al Capo di Stato Maggiore «il vivo malcontento » e « la viva ripugnanza » dei soldati dei Gruppi di fronte all'ipotesi di un loro impiego in servizio di ordine pubblico e . commentava: c'è poi da temere che un'autorità di governo straniera, ignara delle cose nostre e di mentalità indubbiamente rispettabile, ma caratteristicamente rigida , assuma atteggiamenti di discutibile opportunità contingente ... Di tali atteggiamenti truppe italiane dovrehhero essere il cieco strumento... io credo che questa eventualità sarebbe fatale alle sorti del risorgente Esercito italiano sotto due aspetti: lo sgretolamento morale interiore e il definitivo straniarsi dagli affetti del popolo italiano (18).

Era un parere condiviso anche da Trezzani e da Cadorna, i quali si auspicavano che l'esercito fosse impiegato solo per scopi che non ne compromettessero l'immagine di fronte all 'opinione pubblica e dichiaravano, memori delle polemiche e delle accuse rivolte ai militari di essersi compromessi col regime fascista, che l'Esercito avrebbe dovuto mantenere la più stretta apoliticità, enunciando così un principio che ricevette compiuta definizione in seguito, durante il dibattito sulle Forze Armate all'Assemblea Costituente (19). Le divergenze tra le intenzioni italiane e quelle alleate non si

(18) Leltere del generale Utili al Ministro della Guerra e al Capo di Stato Maggiore Regio Esercito, 21-22 luglio 1945 , in AUSSME , Diario Storico Stato Maggiore Regio Esercito , 1945, allegato 174. (19) Scriveva Trezzani nel dicemhre 1945: «Sembra che gli Alleati vogliano attribuire al futuro nostro esercito un compito prevalentemente di tutela dell'ordine pubblico. Se così fosse, migliore soluzione sarebbe portare a 200.000 uomini la forza dei Carabinieri, abolire l'Esercito, dichiarare la neutralità perpetua e affidarci alla generosità e alla buon a fede delle nazioni confinanti »: Linee generali fondamentali del futuro Esercito italiano, 23 dicembre 1945, in AUSSME , Diario Storico Stato Maggiore Generale, voi. 1, 1945. Cfr. anche Seconda seduta del comitato di Difesa, AUSSME, 1/3, racc. 42. Sul dibattito alla Costituente, cfr. infra , Cap . 5, paragrafo l.


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limitarono solamente all'impiego dell'Ese rcito in servizio di ordine pubblico: l'allestimento dell'Esercito di transizione, anzi, risultò un compromesso tra le aspirazioni degli alti comandi italiani e le esigenze specifiche delle autorità alleate.

2. Lineamenti dell'Esercito di transizione

Diretta conseguenza delle decisioni prese dai Combined Chiefs of Staff in merito alla riorganizzazione dell'Esercito italiano fu la Direttiva n. 1, emanata dal Quartier Generale Alleato in Italia 1'8 novembre 1945. Questa sanciva che l'Esercito sarebbe tornato sotto l'autorità del governo italiano a partire dalla mezzanotte del 14 dello stesso mese e che sarebbero rimasti sotto controllo operativo alleato solo i reparti US-ITI e BR-ITI, il cui numero sarebbe stato progressivamente ridotto fino al loro scioglimento. Tuttavia la Diretti va manteneva in vita anche alcune importa nti prerogative a favore degli Alleati : il Comandante Supremo Alleato infatti si riserbava il diritto di assumere in qualsiasi momento il comando di tutto o di parte dell'Esercito italiano, il governo ita li .mo era te nuto a comunicare tutte le informazioni di carattere militare che gli Alleati avessero richiesto e, infine , i reparti dislocati nei territori non ancora restituiti alle autorità italiane dovevano rimanere sotto il comando operativo del Quartier Generale Alleato. L'ordinamento dell'Esercito cli transizione doveva essere conforme a quello presentato dallo Stato Maggiore alla MMIA nella primavera del 1945 e successivame nte dal Feldmaresciallo Alexander ai Combined Chiefs of Staff: 5 gruppi di combattimento, 3 divisioni di sicurezza interna, 10 reggimenti non indivisionati con le relative strutture amministrative , per un totale di 140.000 uomini. La direttiva specificava poi che l'Esercito si avvalesse per il suo equipaggiamento sia delle risorse italiane , sia degli acquisti che venissero eventualmente fatti presso quegli organi alleati che trattavano la liquidazione dei materiali surplus inglesi e americani in Italia, e, inoltre, che tutto il materiale bellico alleato già in dotazione alle unità che sarebbero entrate a far parte dell'Esercito di transizione e dei Carabinieri venisse ceduto definitivamente al governo italiano, insieme al fabbisogno per un anno di materiali e parti di ricambio (20). · (20) Direttiva n. 1. Passaggio dell'Esercito Italiano al Governo Italiano , 8 novembre 1945, in AUSSME , I/3, racc. 70 (Documento 8 allegato).


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A partire dal 14 novembre 1945, in tal modo, il governo italiano diventava nuovamente responsabile dell'amministrazione del suo Esercito. La Direttiva stabiliva però che una missione militare alleata avrebbe assistito l'Esercito nell'organizzazione e nell'addçstramento e che gli eventuali contrasti che fossero sorti tra la missione stessa e il governo italiano dovessero essere risolti dal Quartier Generale Alleato. Le numerose riserve contenute nella Direttiva consentivano quindi alle autorità alleate in Italia di avere l'ultima parola sulla gestione e l'organizzazione dell'Esercito italiano mediante una fitta rete di controlli. Questi vennero ulteriormente specificati nella Direttiva n. 2 emanata dal Quartier Generale Alleato il 7 dicembre successivo. In virtù delle disposizioni in essa contenute, la MMIA assumeva una duplice veste : come Land Forces Sub-Commission avrebbe continuato a dipendere dalla Commissione Alleata e si sarebbe occupata di smobilitazione, smilitarizzazione, affari politici ed economici concerne nti l'Esercito italiano; come missione militare vera e propria sarebbe stata direttamente alle dipendenze del Quartier Generale Alleato e la sua responsabilità sarebbe stata limitata all'organizzazione , addestramento e amministrazione dell'Esercito. Per questi compiti specifici, la MMIA avrebbe mantenuto alle sue dipendenze 11 British Liaison Units (BLU) , alle quali era assegnato il compito di tenere i rapporti con gli 11 Comandi Militari che erano alla base dell'organizzazione territoriale dell'Esercito italiano. Le BLU , in particolare, avrebbero dovuto: curare che l'esercito venisse organizzato e comandato con criteri analoghi a quelli in vigore nell'esercito inglese; svolgere compiti di raccolta di informazioni e stilare mensilmente rapporti sulle relazioni con la popolazione e il morale delle truppe; verificare i'aùoiione di metodi d'addestramento inglesi e seguire l'esecuzione delle direttive emanate in materia dal Ministero sotto la supervisione della MMIA; infine controllare la forza dei reparti, che non doveva essere né troppo superiore né troppo inferiore ai limiti stabiliti dagli organici che la MMIA avrebbe concordato con il Ministero (21). Le due direttive non modificavano di fatto il rapporto che si era già stabilito tra l'Esercito italiano e la MMIA durante il conflitto, ma solo ne sancivano formalmente la

(21) Directive n. 2. lnstructions to British Liaison Units Attached IO ltalian Territorial Commands, 7 dicembre 1945 , in ACS, Fondo Presidenza del Consiglio, 194447, 1.2.3.47937.


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continuazione nel dopoguerra, dando veste giuridica parzialmente nuova alla Missione Militare Alleata. Venivano così gettate le basi per un rapporto di collaborazione o , meglio, di supervisione tra la Military Mission e lo Stato Maggiore dell'Esercito, che di quella sarebbe stato il principale interlocutore da parte italiana. Tale rapporto si protrasse per quasi due anni, anche se il peso effettivo della MMJA nella gestione dell'Esercito andò progressivamente riducendosi, al punto che alla fine del 1946 era praticamente nullo; esso fu però di cruciale importanza nel periodo in cui vennero emanate le «direttive», perché proprio in quei mesi, pur non senza contrasti anche di notevole entità, la MMJA e lo Stato Maggiore delinearono lo schema generale da seguire per dar vita all'Esercito di transizione. I principali punti di contrasto tra la MMIA e i suoi interlocutori italiani riguardarono sia l'impostazione da dare in quel momento all'Esercito di transizione, sia il carattere futuro che questo avrebbe avuto dopo l'entrata in vigore del trattato di pace. Lo Stato Maggiore e la MMJA vedevano entrambi nelle strutture dell'Esercito di transizione l'embrione da cui si sarebbe sviluppato l'organismo militare del futuro: mentre però lo Stato Maggiore italiano era portato a dare a quest'embrione una impostazione da esercito di campagna, ritenendo opportuno eliminare fin dal'inizio ogni equivoco sul ruolo che l'Esercito avrebbe assunto, la MMJA mirava a fame lo strumento atto a garantire nel breve periodo il mantenimento dell'ordine pubblico. La differenza tra queste due impostazioni emerse chiaramente quando si trattò di decidere gli organici e l'armamento dei cinque gruppi di combattimento, che dell'Esercito di transizione avrebbero costituito il nerbo (22). Fin dall'ottobre 1945 Cadorna propose alla MMIA la motorizzazione integrale delle divisioni di fanteria, l'assegnazione di un battaglione di carri armati a ciascuna divisione, nonché modifiche di organico tendenti ad aumentare la potenza di fuoco del battaglione di fanteria; in un secondo momento suggerì di accrescere anche la potenza di fuoco della divisione, aumentando il numero dei pezzi d'artiglieria, il volume di fuoco contraereo e la potenza dell'azione controcarro: e tutto quanto allo scopo di accrescere, alla luce delle esperienze del conflitto da poco (22) A partire dal 15 ottobre 1945 , i Gruppi di Combattimento assunsero nuovamente la denominazione tradizionale di Divisioni di Fanteria: Circolare SME, Uff. Ordinamento e Mobilitazione, n. 17450/0RD/l , 4 ottobre 1945, in AUSSME, circolari SME, n. 817.


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terminato, le capacità operative delle divisioni (23). Gli orientamenti della MMIA non coincidevano però con quelli del Capo di SM: pertanto , in alcune riunioni a carattere esplorativo tenute dalla Commissione Militare Alleata ai primi di novembre del 1945 , furono studiate eventuali modifiche da apportare agli organici delle divisioni. Tre furono le ipotesi a tal fine prese in esame: quella di una divisione specializzata per la difesa contro aggressioni di scarsa pericolosità e per l'assistenza al potere civile; que!Ja di una divisione formato « ridotto » (pocket) in grado di svolgere compiti di natura diversa; quella di una divisione completa , strutturata secondo le più moderne concezioni al riguardo. La conclusione fu di studiare l'allestimento di una pocket division suscettibile d'impiego in varie ipotesi operative (24). La MMIA propose perciò, relativamente all'organico delle divisioni dell'Esercito di transizione, una serie di modifiche che rispondevano solo in parte alle richieste avanzate da Cadorna , mentre sostanzialmente rappresentavano una soluzione di compromesso tra le esigenze immediate degli Alleati e le intenzioni dello Stato Maggiore. Così, tra la fine del novembre 1945 e il fehbraio 1946, gli organici delle divisioni di fanteria furono definiti proprio in conformità delle linee proposte dalla MMTA (25). La necessità di disporre di una riserva armata in grado di far fronte a immediate esigenze di ordine pubblico fu alla base anche del contrasto sorto tra la missione alleala e lo Stato Maggiore in merito al problema dei congedarnenti e della smobilitazione. La MMIA si oppose infatti per tutto il 1945 ad ogni forma di smobilitazione generale, nonostante lo SM ripetutamente segnalasse alle autorità alleate che il blocco dei congedamenti provocava il grave inconveniente delle assenze arbitrarie dai reparti, le quali nella caotica situazione dell'immediato dopoguerra tendevano ad assumere proporzioni allarmanti (26). Siffatta opposizione era motivata sia dalle esigenze delle truppe alleate di poter disporre del supporto (23) Cadorna alla MM/A , 3 ottobre 1945 e 17 ottobre 1945, in AUSSME , Diario Storico Stato Maggiore Regio Esercito, 1945. (24) Minutes of a MM/A Coriference, 2-3 novembre 1945, in FRC,RG 331, n. 10000/ 120/5293. (25) Gli organici dell'Esercito di transizione furono approntati da un apposito comitato composto da membri dello SM e da un ufficiale della MMJA: Minutes of a MM/A Conference, 28 gennaio 1946, in FRC,RG 331 , n . 10000/ 120/3442; cfr. anche Relazione Cadorna, cit. , pp. 50-51. (26) Riunione, 9 giugno 1945, in AUSSME, Diario Storico SMRE, 1945, ali. 282.


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fornito dalle unità ausiliarie italiane, sia dal timore del Quartier Generale Aneato che potessero sfasciarsi quei reparti dell'Esercito su cui si faceva assegnamento per il mantenimento dell'ordine pubblico. I congedamenti delle classi furono perciò scaglionati su un arco di tempo molto lungo , e l'unica forma di smobilitazione autorizzata nel breve periodo consisté nello scioglimento dei reparti ausiliari BR-ITI e US-IT1 man mano che venivano ritirate le truppe di occupazione alleate. Solo quando la MMIA e lo SM ebbero raggiunto un accordo sulla forma di reclutamento dell'Esercito, i congedamenti poterono riprendere ad un ritmo più sostenuto, permettendo così di completare la smobilitazione (27) . Carattere diverso , meno legato a circostanze contingenti , ebbe l'intenso dibattito svoltosi negli ultimi mesi del 1945 tra la MMIA , lo SM e il Ministero della Guerra in merito all'impostazione più generale da dare all'Esercito del futuro . Il programma degli Alleati fu esposto in una conferenza stampa da Alexander nelle sue linee generali e presentato più dettagliat::i me nte eia! Gener ale Browni ng al Ministro della Guerra Jacini agli inizi di settembre , quando ancora si attendeva l'autorizzazione formale dei Combined Chiefs of Staff all 'allestime nto dell'Esercito di transizi one (28). Nella sua conferenza Browning si soffermò su alcuni punti cui egli attribuiva particolare importanza e intorno ai quali si articolò il dibattito nei mesi successivi . Il comandante della MMIA suggeriva come primo punto l'adozione di un esercito piccolo , di qualità, che rendesse più facile la sua riorganizzazione : era indispensabile infatti che l' Esercito fosse aggiornato e purgato «di tutte le inefficienze e le procedure antiquate che esistevano sotto il fascismo », cd era « venuto il momento di uno sforzo globale per rimetterlo in ordine» . Sarebbe stato opportuno , sempre st:wndo il generaie inglese, adottare un esercito a ferma lunga, sia per il carattere proprio della guerra moderna che richiedeva un addestramento prolungato , sia perché ciò avrebbe rappresentato una rottura definitiva con il passato , con grande vantaggio da un punto di vista politico e del prestigio dell'Esercito . Il secondo punto affrontato da Browning fu quello della formazione degli ufficiali : l'intero sistema di addestramento era accademico e non abbastanza «umano e personale» . «Sentiamo che la relazione (27) R elazione Cadorna , cit ., pp. 45-46. (28) FM Alexander's lnlerview , 18 settembre 1945 , in PRO ,WO 204/31. Gen. Bro wning's Confererice with War Minister !acini, 14 settembre 1945, in FRC,R G 331, n. 10000/120/5293.


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soldato-ufficiale non è quella che dovrebbe essere in un mondo democratico e per otte nere il miglio r lavoro di squadra. La questione è vitale. Nessuna procedura o tradizio ne antiquata deve impedire la creazione del giusto tipo di ufficiale moderno per l'Esercito ». Browning sotto lineò ancora l'importanza di uniformare gli organici di tutti i reggimenti dell'Esercito di transizione, sia di quelli inquadrati nelle divisioni , sia di quelli adibiti alla sicurezza interna, in modo da disporre di un'unità-base, il reggimento appunto, quanto più possibile omogenea. Ultimo punto, non sollevato da Browning in quella circostanza, ma pur sempre al centro delle attenzioni della MMIA, fu la riorganizzazione dell 'alto comando dell'Esercito e più in generale di tutte le Forze A rmate. Il Ministero della Guerra, in particolare , era giudicato un'organizzazione ingombrante , inadatta ai bisogni del futuro Esercito; la MMIA riteneva però che non si potesse provedere alla sua riorganizzazione immediata, mentre l' Esercito si trovava ancora in via di ristrutturazione, ma che si dovessero operare cerri nggiustamenti essenziali per spianare la strada a una revisione completa da effettu arsi al momento giusto (29) . Lo SM e il ìvlinistro concordarono con le lince generali prcsent~te <la B rowning; era infatti convinzione diffusa, come si è visto , che l'Italia dovesse disporre solo di Forze Armate limitate , e questo rendeva necessario insistere sul loro aspetto qualitativo. Sui singoli aspetti del programma però la convergenza era tutt'altro che completa : sulla questione leva/esercito di professione , ad esempio, le posizioni degli Alleati e dello Stato Maggiore italiano erano molto distanti. La MMIA vedeva nel reclutamento a base professionale la miglior garanzia per l'efficienza dell' Esercito italiano e la sua affidabilità da un punto di vista politico; lo Stato Maggiore riteneva invece che la rinuncia aJl a leva militare tradizionale avrebbe significato una vera e propria abdicazione al ruolo che l' Esercito aveva sempre sentito come suo, quello di contribuire alla formazione della coscienza nazio nale dei cittadini: erano due impostazioni che riflettevano tradizioni diverse e, quindi , difficilmente conciliabili. Non mancò tuttavia chi , tra gli alti ufficiali italiani , avrebbe preferito adottare il sistema inglese: tra questi il Comandante del Co.Mili.Ter. di Firenze , gen. De Simone , il gen . Chatrian che, come esponente della Democrazia cristiana , ricoprì il ruolo di Sot(29) ltalian Interim Army Progress Reporl No . I , 15 dicembre 1945, in FRC,RG 331, n. 10000/120/5292.


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tosegretario al Ministero della Guerra quasi ininterrottamente dal dicembre 1944 al dicembre 1947, il gen. Zanussi , che della questione dell'Esercito di professione fece uno dei punti centrali di un suo studio pubblicato nel corso del 1946 e lo stesso Ministro della Guerra Jacini, il quale avrebbe espresso con alcuni rappresentanti alleati la propria preferenza per un reclutamento volontario a lunga ferma (30). L'opposizione del Capo di SM e di molti alti ufficiali italiani , tuttavia , fu su questo punto estremamente intransigente: alla fine di ottobre 1945 il Ministro, lo stesso gen. Cadorna, i capufficio dello SM e i comandanti dei Co.Mili.Ter. tennero a Roma alcune riunioni informali , al termine delle quali la maggioranza dei partecipanti ribadì l'importanza e la non rinunciabilità dell'obbligo generale e personale del servizio militare di leva (31). Fu perciò proposto alla MMIA di adottare un sistema misto , con un'aliquota di coscritti del 40-50% del totale sottoposta a ferma di 12 mesi, e il resto composto da volontari, con ferma di 5 anni: tale proposta fu poi successsivamente modificata, prospettando alla MMIA la necessità di fissare il numero dei volontari in rapporto al numero totale di uomini di cui l'Esercito avrebbe potuto disporre dopo l'entrata in vigore del trattato di pace (32)_ La decisione di mantenere la leva come criterio centrale per il reclutame nto fu accompagnata da una profonda revisione concettuale nell 'impostazione dell'Esercito; in base alla riconosciuta necessità di disporre di un organico militare pronto ad essere impiegato in qualsiasi momento , venne infatti abbandonata la prassi seguita fin allora di impostare l'Esercito su una vasta intelaiatura di reparti a organici ridotti, da colmare in caso di emergenza con il ricorso alla mobilitazione. L'Esercito avrebbe dovuto perciò essere costituito da poche unità, ma con organici pressoché completi. Veniva così ridotto il ruolo della mobilitazione che dalle riforme del ministro Ricotti nel 1871 in poi aveva costituito uno dei punti centrali del sistema militare italiano , e si privilegiava la creazione di un esercito {30) Questioni relative all'ordinamento del futuro Esercito italiano, proposte del gcn. De Simone, 28 ottobre 1945, in AUSSME T/3, racc. 70, cart. 2; Ordinamento dell'Esercito, Roma, memoriale del gen. L. Cbatrian , 10 marzo 1944, in AUSSME , 1/3 , racc. 210, cart. 8; Gen . Giacomo ZANUSSI , Salvare l'Esercito, Roma , Corso, 1946; Kirk to Secretary of State , 24 ottobre 1945, in NAW,RG 59, 865.20/10-2445. (31) Cadorna al Ministero della Guerra , 2 novembre 1945, in AUSSME, Diario Storico SMRE, 1945, all. n. 7. {32) SMRE a Gabinetto del Ministro, 19 novembre 1945, in AUSSME , Diario Storico SMRE, 1945.


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«in being» , permanente, più rispondente alle esigenze della guerra moderna (33). Al fine sempre di incrementare la capacità d 'impiego dell'Esercito di transizione, si procedette alla standardizzazione suggerita da Browning, e ben accetta anche allo SM, dando a tutti i reggimenti, anche a quelli non facenti parte delle divisioni , lo stesso organico , in modo da poterne fare l'unità-base , con la quale allestire in caso di necessità nuove Grandi Unità. Una volta stabilito il principio di mantenere la coscrizione obbligatoria, risultò più facile risolvere il problema dei metodi di addestramento delle reclute. Lo SM inizialmente oppose qualche resistenza alla proposta inglese di costituire speciali centri di addestramento per le reclute (CAR), perché riteneva più vantaggioso, soprattutto dal punto di vista economico, mantenere in vita il sistema tradizionale italiano di fare addestrare i coscritti direttamente dai reparti ai quali venivano assegnati (34). I vantaggi del sistema hrit:rnnico , che permetteva di adottare criteri di addestramento più uniformi ed omogenei, apparvero però evidenti anche agli alti comandi militari italiani , e agli inizi del novembre 1945 lo Stato Maggiore convenne sull'opportunità prospettata dalla MMIA di creare 11 Centri di Addestramento Reclute, uno per ogni comando territoriale: la loro attività avrebbe avuto inizio dal febbraio 1946, quando sarebbero riprese le regolari chiamate alle armi delle nuove classi di leva (35). Molto più delicato fu invece il problema dei quadri ufficiali e sottufficiali, ai quali sia la MMIA , sia lo SM attribuivano particolare importanza. I giudizi degli ufficiali inglesi erano particolarmente severi su questo punto: secondo il colonnello Pidsley del quartier generale MMIA, la scarsa preparazione dei quadri costituiva il più grave difetto nell'organizzazione dell'Esercito italiano (36). Nei rapporti redatti dagli ufficiali britannici si sottolineava soprattutto l'incapacità dei colleghi italiani più anziani sia di re ndersi conto dei difetti fondamentali del loro sistema militare, sia di comprendere la necessità di un'adeguata prepar.azione professionale; migliori giudizi venivano espressi sugli ufficiali più giovani, definiti « brillanti e capa-

(33) primo al (34) (35) (36)

Cfr. Fe rruccio BOTTI e Virgilio ILARI, Il Pensiero militare italiano dal secondo dopoguerra, Roma, SME-Ufficio Storico, 1985, pp. 516, 533. AUSSME, Diario Storico SMRE, 25 agosto 1945. Riunione 8 11ovembre 1945, in AUSSME, Diario Storico SMRE, 1945 . Coloriel Pidsley to War Minister , 7 agosto 1945, in PRO,WO 204/14.


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ci » e « ansiosi di dimostrare che i soldati italiani sono soldati validi quanto gli inglesi». La differenza principale tra i due gruppi consisteva nel fatto che gli ufficiali più giovani «si rendevano conto che i metodi antiquati e la mancanza di un'accurata preparazione avevano contribuito alla loro sconfitta più del loro superato equipaggiamento », mentre gli ufficiali più anziani erano restii ad accettare questo punto di vista e mantenevano un «malcelato rispetto » per i metodi italiani (37). Era necesssario, scriveva Pidsley al Ministero della Guerra, rimuovere gran parte degli ufficiali anziani o poco preparati, migliorare lo standard di professionalità di quelli che sarebbero rimasti in servizio e riformare i criteri di formazione dei quadri mediante drastiche modifiche delle Accademie militari (38). Molti di questi giudizi erano condivisi anche dallo SM italiano e in particolare da Cadorna; significativi al riguardo sono alcuni passaggi di un suo discorso preparato (39) in occasione della sua nomina a Capo di Stato Maggiore, nel quale la sconfitta italiana veniva imputata all 'impreparazione dei vertici militari e soprattutto deg!i ufficiali di Stato Maggiore. Il problema del rinnovamento dei quadri trovò spesso posto anche nel dibattito delle riviste specializzate, dove quasi un animamcntc si invocava uno << sfoltimento draconiano » di quadri e un sostanziale miglioramento della preparazione professionale (40). L'attuazione della prima di queste misure presentava però non pochi problemi di carattere politico , perché era strettamente collegata al problema dell'epurazione e poneva motivi di perplessità di carattere etico-professionale all'interno di una struttura profondamente tradizionalista come l'Esercito. Lo Stato Maggiore e il Ministero si mossero perciò in quest'ambito con estrema cautela, me ntre la MMIA avrebbe auspicato maggior decisione. Alla ffne la consistenza notevolmente ridotta dell'Esercito di transizione indusse lo SM a procedere ad un inevitabile ridimensionamento degli organici degli ufficiali: così , in forza del d.l. 15 novembre 1946, ·193 ufficiali gene rali e 4. 788 ufficiali superiori dell'Esercito furono collocati nella riserva. Rispetto alle intenzioni di Cadorna e della MMIA si trattava pur sempre di uno sfoltimento di carattere parziale, che non raggiungeva i due terzi richiesti dal gen. Cadorna stesso. In effetti, l'ampio organico ufficiali era legato al mantenimento di una pesante (37) (38) (39) (40)

R eport on the Mantova Combat Group , 22 luglio 1945, in PRO,WO 204/14. Colone/ l'ids{ey to War Minister, 7 agosto 1945, in PRO,WO 204/14. BRlGNOLI, Raffaele Cadorna , cit. pp. 140-143. BOTTI-ILARI, I{ pensiero militare italiano , cit. , pp. 544-545.


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struttura territoriale (11 Comandi Militari territoriali , 99 Distretti e altrettanti Depositi) tenuta in vita più «dalla forza deJl'inerzia dell'apparato burocratico » che dalla precisa « scelta di mantenere le strutture periferiche ai fini deJl'amministrazione » (41). Il problema dell'Alto Comando dell'Esercito si presentava in modo ancora più intricato e complesso. In questo caso lo SM e la MMIA si trovarono a sostenere posizioni analoghe, ma le loro proposte si scontrarono con il punto di vista sostenuto dal Ministero della Guerra e appoggiato si può dire unanimemente dai partiti politici. Si trattava di semplificare l'intera struttura deJl'Alto Comando, che nel corso del conflitto era risultato scarsamente efficiente a causa delle sue eccessive dimensioni e fonte di innumerevoli complicazioni burocratiche. Durante il fascismo infatti il Ministero della Guerra aveva ampliato enormemente le proprie attribuzioni fino a costituire un vero e proprio doppione dello Stato Maggiore: era necessario perciò tanto stabilire a quale dei due organi spettasse la responsabilità della politica militare , quanto procedere in ogni caso ad un loro drastico ridimensionamento; problema di natura più politica che tecnica , perché in ultima analisi riguardava il rapporto tra autorità militari e autorità politiche nel nuovo stato democratico. Perciò, se vi fu sostanziale convergenza sulla necessità di snellire le strutture amministrative , si registrarono anche prese di posizione divergenti sul problema della responsabilità ultima della politica militare. La MMIA, basandosi sul modello inglese , vedeva nella professionalità e nell'efficienza dell'Esercito la migliore garanzia della sua democraticità e riteneva opportuno concedere ai militari ampia auto~omia nella gestione dei loro problemi: secondo il disegno inglese si doveva ridimension_are l'autorità del Ministero e porre a capo deil'Esercito un organo collegiale composto àa aìte autorità tecniche e politiche, che avrebbero costituito il Consiglio dell'Esercito. Non dissimile da questa era la visione che del problema aveva il gen. Cadorna , anche se la sua posizione a questo proposito riprendeva le argomentazioni tipiche di un dibattito che d a quasi quarant'anni animava la politica militare italiana. Ne l progetto di riorganizzazio ne del Ministero da lui preparato nel 1946, il generale vincolava l'autorità del Ministero della Guerra ad un organo collegiale, il consiglio dell'Esercito appunto , limitava i compiti del ministro e del sottosegretario al mantenime nto delle relazioni con il Parlamento e faceva in ultima analisi del Capo di SM - primus inter pares all'io(41) Ibidem , p. 549.


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terno del Consiglio - il vero responsabile della politica militare (42)_ La proposta del generale mirava in definitiva a salvaguardare l'Esercito dal pericolo di diventare lo strumento della lotta politica in corso riducendo i poteri del ministro e del sottosegretario i quali, in quanto politici, potevano risultare troppo condizionati dallo scontro tra i partiti. La tendenza sostenuta quasi all'unanimità dalle forze politiche mirava invece in direzione completamente opposta; si riteneva infatti che la miglior garanzia di democraticità consistesse nel sottoporre le autorità militari al controllo dell'autorità politica , cioè del ministro , e nel fare di quest'ultimo il responsabile della politica militare_ In questo senso andavano le iniziative prese nel febbraio e nel maggio 1945, con le quali si erano ridimensionate la attribuzioni del Capo di SME e del Capo di SMG , facendo del primo una sorta di consulente tecnico del Ministro della Guerra responsabile solo dell'ordinamento e dell'addestramento, e del secondo un consulente del Presidente del Consiglio , con competenze specifiche molto limitate e un ruolo gerarchico non ben definito. Di tali iniziative si era fatto interprete il sottosegretario alla guerra gen. Chatrian, che aveva fin dal 1944 espresso chiaramente la necessità di assicurare il controllo politico dell'Esercito (43). Le motivazioni addotte da Chatrian - essere in quel momento improbabile la concessione all'Esercito <li un 'ampia autonomia di gestione (44) - furono riprese sia dal Presidente del Consiglio Parri, che pure mostrò apprezzamento per le riforme propostegli da Cadorna, sia <la Brosio, Ministro della Guerra nel primo governo De Gasperi , ai quali il Capo di Stato Maggiore espose le proprie argomentazioni. Il dibattito , condotto anche sulla pubblicistica dell'epoca, si chiuse con la sostanziale sconfitta del Capo di SM che , vedendo ripetuta(42) Relazione Cadorna, cit. , pp. 79-80; Cadoma al Ministro della Guerra, 2 novembre 1945, in AUSSME, Diario Storico SMRE, 1945, ali. n. 7; Rwrganizzazione del Ministero della Guerra , progetto presentato dal Capo di SM al Ministro, in AUSSME,I/3 , racc. 118, cart. 10 (Documento 11 allegato). (43) Ordinamento dell'Esercito, memoriale del Gen. Chatrian, 10 marzo 1944, in AUSSME, 1/3, racc. 210, cart. 8 (Documento 1 allegato). (44) « Il progetto dello SM in molte parti coincide col piano tracciato nel mio promemoria, ma copia più esattamente il progetto inglese in quello che riguarda il Comitato Esecutivo, ciò che toglie al Ministro la possibilità di esercitare quella azione direttiva di controllo sulle sottoposte branche del servizio che per noi è una necessità politica del momento. Tale tendenza a isolare il ministro e a metterlo nelle condizioni di subire la volontà delle alte sfere militari è pericolosa nelle odierne nostre condizioni »: Promemoria , 11 dicembre 1946, in AUSSME , U13 (Fondo Marras), racc. 1, cart. 2, sottocart. 9.


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mente respinto il proprio progetto, rassegnò le dimissioni all'inizio del 1947. Il problema della gestione effettiva della politica militare restava quindi in attesa di una soluzione organica e definitiva alla quale, come si vedrà in seguito, non fornì un contributo soddisfacente l'unificazione dei Ministeri militari e la creazione del Ministero della Difesa, avvenuta nel febbraio del 1947 (45).

3. Le forniture alleate all'Esercito di transizione e i problemi ad esse connessi

Dopo aver contribuito a definire le linee di sviluppo dell 'Esercito di transizione, la Missione Militare Alleata svolse un ruolo di primo piano anche nel cercare di assicurargli un flusso adeguato di rifornimenti : L'attuazione delle disposizioni su questo punto, tuttavia, risultò molto più complessa di quanto la Direttiva n. 1 non prevedesse. Questa stabiliva che l'equipaggiamento e il materiale bellico per l'Esercito sarebbero stati procurati attraverso tre diversi canali di approvvigionamento, vale a dire le risorse nazionali italiane, i surplus messi in vendita dagli speciali organi di liquidazione alleati, e le importazioni decise dal governo; le forniture alleate sarebbero state adeguatamente contabilizzate e il proble ma dei relativi costi affrontato dai governi italiano, inglese e americano in un secondo momento. Di tutte le fonti elencate, tuttavia , solo i depositi di materiali surplus alleati risultarono in grado di contribuire alla riorganizzazione dell'Esercito , poiché né il programma di importazioni del governo itali ano, né la produzione nazionale si rivelarono in grado <li devolvere parie delle loro ridottissime risorse ai fini della ricostruzione dell 'apparato militare. Non solo, ma ben presto le autorità alleate si resero conto che la maggior parte delle scorte dell'esercito americano erano già state portate via, fuori dall'Italia , e che nei depositi di surplus statunitensi erano rimasti soprattutto materiali di natura non strettame nte militare. Questa imprevista scarsezza di fonti indusse la MMIA a propo rre nel dicembre 1945 di uniformare a quello inglese l'armamento dell'Esercito di transizione, in rapporto alla maggior disponibilità di residua ti di origine britannica: pertanto, allo scopo di garantire l'adozione di un armamento stan (45) Sul problema dell'Alto Coma ndo cfr. anche: BRIGNOLI , Raffaele Cadorna , cit. , pp. 162-166; BOITI-lLARl , il pensiero militare, cit. , pp. 582-616.


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dardizzato, il gen. Browning suggerì di distribuire solo armi inglesi alle unità dell'Esercito e di dotare con armi italiane i reparti <lei Carabinieri (46). Nelle intenzioni del Comandante della MMIA , questo processo di standardizzazione degli armamenti probabilmente voleva essere anche il primo passo verso la creazione di un più stretto rapporto tra l'industria bellica inglese e le Forze Armate italiane, rapporto da lui auspicato fin dal novembre 1944 come strumento ideale per mantenere un efficace controllo sul potenziale militare italiano nel dopoguerra. Poiché alla fine del 1945 si ignorava se il trattato di pace avrebbe consentito o meno all 'Italia di di sporre di una propria industria militare , la MMIA operava in base al presupposto che a nche nel lungo periodo la fonte principale di rifornimenti per le Forze Armate italiane sarebbe stata la produzione bellica inglese (47). La decisione non era però priva di conseguenze per il futuro e no n mancò pertanto di sollevare qualche perplessità in alcuni settori dell'a mministrazione americana. Mentre infatti le autorità militari americane in Italia avevano dato il loro assenso aUa proposta della MMIA senza considerarne le implicazioni politiche di lungo periodo, lo State Department espresse nel maggio 1946 la propria pn:occupazione in merito, poiché l'iniziativa sembrava precludere agli Stati Uniti il mantenimento della benché minima influenza sull'Esercito italiano (48). Le successive richieste di chiarimenti rivolte dal War D epartment alle autorità americane in Italia misero d'altra parte hene in e vide nza che vi era stata, sì, una certa carenza cli spirito d 'iniziativa da parte degli ufficiali americani, convinti di dover liquidare quanto prima ogni impegno militare del loro paese in Italia , ma che la situazione non offriva in realtà alcuna alternativa concreta , consideralo che i surpius americani rimasti in itaiia non e rano sufficienti in alcun modo ad equipaggiare l'Esercito in modo unifor-

(46) Browning lo AFHQ , 11 sellernbre 1945, in FRC,R G 33 1, n. 10000/120/ 2037; Minutes of a MM/A Conference, 28 gennaio 1946, in FRC ,RG 33 1, n . 10000/ 120/3442. (47) In questi termini Browni ng si era espresso con il Ministro della G uerra J acini: }acini a De Gasperi, novembre 1945, in Archivio Storico del Ministero degli Affari Esteri (d'ora in poi: ASMA E), Direzione Generale Affari Politici (d'ora in poi DGAP) , Italia-Conferenza della Pace 1946, b. 29, f. 2. (48) Gen. McNarney to Gen. M organ, 9 febbra io 1946, in ArH(}_ Conference. 18 marzo 1946, in FRC,RG 331, 10000/ 120: 2037; War Departm ent to Gen. McNamey, 17 maggio 1946, in NAW,RG 218, CCS 400 Haly, (9-30-43) , Sec. 8.


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mc (49) . Per quanto lo State Department potesse ritenere politicamente vantaggioso partecipare alla ricostituzione dell'Esercito italiano , il governo degli Stati Uniti si trovava pertanto privo degli strumenti necessari a svolgere un siffatto compito . Per questo motivo quando ne l 1946 i CCS dovettero affrontare in concreto il problema non poterono fare altro che dare il loro assenso alla decisione presa dai rappresentanti alleati e autorizzare la standardizzazione suggerita dalla MMIA, ribadendo così, sia pure indirettamente, il ruolo secondario degli Stati Uniti negli affari militari italiani (50) . L'applicazione della procedura per la distribuzione dei residuati a lleati risultò nei primi mesi del '46 complessa e poco efficace. In base alle disposizioni della Direttiva n. l , i materiali surplus alleati avrebbero dovuto essere ceduti, tramite le apposite organizzazioni inglesi e americane , all'ente costituito dal governo italiano per il recupero dei materiali stessi ; solo l'equipaggiamento bellico in senso stretto ( British lethal warlike equipment) era previsto che venisse trasferito direttamente a quella italiana dall'autorità militare alleata. li governo italiano, dal canto suo , aveva provveduto a creare alla fine de ll 'ottobre 1945, l'Azienda Recupero e Alienazione Residua ti (ARAR) , alle dirette dipendenze del Comitato Interministeriale per la Ricostruzio ne , con il compito di amministrare e rivendere i residuati ceduti dagli Alleati (51). Tutto l'equipaggiamento di cui questi si disfacevano doveva perciò passare attraverso il filtro dell'ARAR , il cui compito però non era tanto di procurare i mate riali alle varie a mministrazio ni statali che ne facessero richiesta , quanto di smerciare le ingenti quantità di beni , ricavandone il più alto profitto possibile. 11 governo italiano aveva infatti deciso che i'A RAR fosse gestito con criteri stre tta mente commerciali , in modo da assicurare al Ministero del Tesoro una fun te di e ntrate supplementare e da co ntribuire alla ripresa dei trasporti e delle attività produttive imme ttendo sul mercato nazionale i materiali alleati . I crite ri gestiomdi dell 'azienda e le ovvie difficoltà incontrate durante i primi mesi di vita ne ll'amministrare i depositi di m ateriali ceduti costituirono

(49) Gen. McNa rney to War Department, 27 maggio 1946, in NAW,RG 2 18, CCS 4(X) lt aly (9-30-43), Sec. 8; Byingtor1 to Secretary of State 28 maggio 1946, in FRUS, 1946 , voi. V, p. 9 17. (50) CCS to SACMED (FAN 679), 11 luglio 1946, in NAW,RG 165, ABC 420 Italy (30 oct. '43), Sec. 1-B. (51) Riunione del Consiglio dei Ministri, 14 nove mbre 1945 e D.L. 16 novembre 1945, n. 9 10 , in ACS , Verba li dell e riunioni del Consiglio dei Ministri.


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altrettanti intoppi a una regolare distribuzione all'Esercito di materiali necessari alla sua riorganizzazione (52). Era soprattutto nel settore degli automezzi, bene quanto mai prezioso nella caotica situazione dei trasporti nell'Italia del dopoguerra , che l'Esercito stentava ad assicurarsi la propria quota di rifornimenti. La constatazione che la procedura stabilita si stava rivelando tutt'altro che efficace spinse le autorità alleate a premere sul governo italiano perché provvedesse a tutelare con maggiore attenzione le esigenze dell'Esercito; le discussioni tra il Ministro del Tesoro e l 'ARAR da un lato e il Ministro della Guerra dall 'altro non portarono tuttavia ad alcuna modifica sostanziale della procedura seguita fino a quel momento nell'alienare ai privati i materiali alleati (53). Agli inizi di maggio del 1946, pertanto, il gen. Morgan , succeduto ad Alexander nel ruolo di Supremo Comandante Alleato nel Mediterraneo, domandò ai Combined Chief'ì of Staff di poter trasferire direttamente all'Esercito italiano gli automezzi e gli altri materiali necessa ri alla sua riorganizzazione. Dal mome nto della sua restituzione al governo italiano - scriveva Morgan - c'è stato un marcato peggioramento nell'efficacia dell'Esercito italiano, in gran parte perché non sta ricevendo l'equipaggiamento, i veicoli e i pezzi di ricambio necessari . È inoltre evidente una netta mancanza di voloni:à da parte del governo nel rendere efficiente l'Esercito , nonostante tutti gi sforzi fatti per imprimere l'importanza di un Esercito ben equipaggiato e ben addestrato senza dare l'impressione di imporlo agli Italiani (54).

I Combined Chiefs of Staff non ritennero però opportuno autorizzare un provvedimento ché ~sauturava un organo ufficiale dei governo italiano quale I' ARAR e ribadirono che la fornitura dei residuati doveva avere luogo secondo le procedure stabilite; solo i trasferimenti di armamenti potevano avvenire direttamente dalle (52) Sulle origini, il funzionamento e le finalità dell'ARAR, cfr. Ernesto ROSSI, R elazione ARAR, novembre 1945-giugno 1947, Roma, 1947, in ACS, Fondo Pres. del Cons. 1944-47, 19/8.12060.44. 10 (d'ora in poi: Relazione Rossi) . (53) Brig. Lush (A cting Chief Commissioner) to De Gasperi, 16 febbraio 1946 ; Ministro della Guerra al Presidente del Co11Siglio, 9 marzo 1946, e ARAR a Mini.ftero della Guerra, 29 marzo 1946, in ACS , Fondo Pn::s. del Cons. 1944-47, 19/ 8. 12060.44.1.11. (54) SACMEU to CCS (NAF 1135), Equipment and maintenance of interim ltalian Army, 7 maggio 1946, in NA W ,RG 165, ABC 420 Italy (30 oct. 43), Scc. 1-B .


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autorità militari alleate a quelle italiane. In casi di particolare gravità, comunque, sarebbe stato consentito il ricorso alla procedura diretta anche per il trasferimento degli altri materiali (55). Nella seconda metà del 1946 il meccanismo pe r la distribuzione dei materiali tramite l' ARAR fu finalmente modificato in modo da renderlo più efficiente e al Ministero della Guerra venne concesso un arco di tempo, ancorché ridotto, per bloccare l'alienazione di quei residuati alleati che ritenesse utili ai propri fini (56). Contemporaneamente si verificarono alcuni importanti cambiamenti nell'atteggiamento alleato . Con la soluzione della maggior parte dei problemi di natura militare sorti dalla Conferenza della Pace, si profilò chiaramente il carattere che l'Esercito italiano avrebbe dovuto assumere in base al trattato, rendendone possibile l'assetto definitivo. Il nuovo comandante della MMIA, gen. Goulburn, informò perciò lo Stato Maggiore italiano che l'Esercito avrehhe potuto disporre di unità corazzate e di artiglierie di Corpo d'Armata e che era altresì intenzione alleata di contribuire, per quanto possibile, al loro allestimento (57). La necessità di incrementare rapidamente il grado di efficienza dell'Esercito fu inoltre accresciuta dalla rinnovata te nsione con la Jugoslavia , che nell'estate 1946 aveva di nuovo raggiunto un livello preoccupante. In particolare l'intransigenza del governo jugoslavo di fronte a qualsiasi fo rma di compromesso, prospettato in sede di Conferenza della Pace , sul problema di Trieste , alimentava il timore che il maresciallo Tito potesse cercare di risolvere la questione con un'azione improvvisa, diretta a mettere le potenze alleate di fronte al fait accompli (58). Questa sensazione di incertezza e di timore (55) CCS to SACMED (FAN 679), 11 luglio 1946, in NAW ,RG 165 , ABC 420 lta ly (30 oct. 43), Scc. 1-8. (56) Relazione Rossi, cit. pp. 89-92 . (57) Memorandum relativo all'intervista del 3() novembre 1946 con il generale Cadorna, in Goulbum a Cadoma, 3 dicembre 1946, in ACS , Fondo Pres. del Cons. 1944-47, 19/8. 12060.44.1.11. (58) La preoccupazione per un colpo di mano jugoslavo era aumentata a partire dal febbraio 1946, quando i comandi alleati avevano notato un rafforzamento delle truppe jugoslave nella zona: VALDEVIT , La questione di Trieste , cit. , pp. 128-129. Da notare tuttavia che in due studi messi a punto dall'Ufficio Operazioni dello SMRE in quello stesso periodo l'effettuazione di un colpo di mano su Trieste veniva giu<licala «molto probabile », ma che lo svolgimento e il mantenimento del successo eventualmente conseguito erano ritenuti «molto <lifficoltosi », a meno che la Jugoslavia non ampliasse il raggio delle operazioni attaccando anche Gorizia e la zona del Collio: un'operazione del genere avrebbe assunto però l'aspetto di un vero e proprio atto


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raggiunse il culmine quando l'abbattimento da parte della caccia di Belgrado di due aerei da trasporto americani che stavano sorvolando il territorio jugoslavo rafforzò nei governi inglese e a mericano la convinzione di avere a che fare con un regime irresponsabile e dal comportamento imprevedibile . Particolarmente allarmata fu la reazione del Quartier G enerale in Italia , che del mante nimento dello status quo nella Venezia Giulia era il principale garante , dal mome nto che le sue capacità di far fronte ad un improvviso colpo di mano jugosl avo si e rano assottigliate a causa del progressivo ritiro delle forze di occupazione. Comunque , prima che la tensione con !a Jugoslavi a toccasse il punto più alto , il Supremo Comandante Alleato aveva r itenuto opport uno assicurarsi l'autorizzazione dei CCS ad impiegare anche truppe italiane in caso di agg ressio ne (59). L'ipotesi di disporre anche dell' Esercito italiano per contribuire alla difesa de lla Venezia Giulia , la cui sorte non era stata ancora definitivamente stabilita , sollevava però numerosi problemi di natura politica e fu discussa tra Londra e Washington per quasi tutto il 1946. D a parte inglese i milita ri era no inclini a concedere l'autorizzazione richiesta, mentre il Foreign Office era dell'avviso che sussi~tessero ancora motivazioni cont rarie all'eventuale impiego di truppe italiane; d a parte americana sia lo State Department sia i JCS e rano inve ce favorevoli a dare al Supremo Com andante Alleato in Italia la più ampia autonomia. Una decisione in questo senso , proprio a causa dell'opposizione del Foreign Office, venne perciò raggiunta solo verso la fine del 1946, quando il gen . Morgan fu a utorizzato a impiegare tutte le truppe sotto il suo controllo operativo in caso di attacco contro la Venezia G iulia (60). Qu ello che a questo punto prem e però sottolineare è che l'ipotesi di un eve ntuale impiego ùellt: truppe ita liane spinse ulte1ioi mente le autmità alleate in Itali a a incrementare le potenzia lità dell 'Ese rcito . In tale modo ne ll'ottobre del 1946 venne trasferito sotto l'autorità del governo di guerra, ed era pe rciò da escludersi. «almeno per il momento»; Colpo di mano jugoslavo su Trieste , in AUSSME , J/5 , (Carteggio Ufficio Operazioni) , 1946. (59) SA CMED to CCS (NAF 11 60), Use of Italian Army in the event of hostilities in North F:mt ftaly, 19 giugno 1946, in NAW ,RG 165, ABC 091.711 Jtaly (5 ap rii 44) , Sec. 2. (60) Chief of Staff Committee 97th Meeting . 24 giugno 1946, in PRO CA B 79/49 ; Minute lo the Secreiary of State, 28 giugno 1946, in PRO ,FO 371 , ZM 2168/35/22; Memorandum by the War Department member of the SWNCC (SWNCC 312/3). 20 luglio 1946, e Memorandum fo r the VS A rmy Ch ief of Staff, 9 dicembre 1946, i11 NAW,RG 165,ABC 091. 711 ltaly (5 aprii 44), Sec. 2.


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italiano il gigantesco 557° British Ordnance Deposit di Pontecagnano , un' intera sezione del quale, con un vasto parco di artiglieria, fu posta dire ttamente sotto il controllo dell'Esercito (61). Nello stesso periodo il gen. Morgan autorizzò la costituzione di un Parco Veicoli Corazzati presso Bologna , custodito dall' Esercito , dove carri e cingolati sarebbero stati trasferiti man mano che si chiudessero gli ultimi depositi anglo-americani, in attesa di determinare quanti e quali di questi sarebbero stati ceduti definitivame nte all'Italia (62). Infine le autorità alleate proposero al governo italiano di includere nelle cessioni di materiali surplus anche residuati provenienti dai depositi inglesi in Austria , proposta che fu accettata nel gennaio 1947 (63). Grazie ad una maggiore accortezza nella procedura di distribuzio ne e ad una opportuna diversificazione delle fonti l'assistenza inglese assunse così nella seconda metà del 1946 un ritmo molto più intenso: anche se i suoi effetti si sarebbero avvertiti solo più tardi , quando le quantità di materiali accumulati sarebbero state praticamente d istrihuite ai reparti .

4. Lu Marina MiliLare e L'Aeronautica nel periodo di transizione

La gestione della Marina Militare e dell ' Aeronautica da parte della autorità alleate fu improntata a criteri molto diversi da quelli adottati per l'Esercito. Sia la flotta sia l'aviazione italiana furono infatti mantenute sotto uno stretto controllo amministrativo e operativo in pratica fino alla firma d el trattato di pace. La Marina in particolare continuò ad essere amministrata dagli alleati anche ne l dopoguerra in base alle direttive emanate al riguardo dai CCS nei marzo dei i 944 e a i principi deii 'accordo C unningham-De Courten, secondo i quali le unità della flotta italiana che po tevano risultare utili agli Alleati erano mante nute in condizioni operative , laddove le altre erano adibite a riserva. Questa fu la sorte delle due corazzate più mo derne della flotta, «Italia » e «Vittorio Veneto », ormeggiate sotto la sorvegli anza inglese presso i Laghi Amari , nel canale di Suez: altre navi invece erano attiva-

(61} Relazione Rossi, cil., pag. 32. (62) SA CMEV to CCS (NAF 1219). 30 ottobre 1946, in NAW ,RG 165,ABC 420 ltaly (30 oct 43) Scc 1-B. (63) Presidenza del Consiglio a Ministero della Guerra, 6 genna io 1947, in ACS , Fondo Pres. dd Cons. 1944-47, 19/8.12060.44.1. ll.


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mente impiegate dagli Alleati in compiti di vario genere, quali il trasporto di prigionieri di guerra o di militari e civili dispersi. Mentre le navi di riserva erano tenute sotto un controllo più rigido, la maggior parte di quelle in attività veniva usata dagli Alleati tramite il Ministero della Marina, al quale era affidata l'esecuzione degli ordini impartiti dalle alte autorità navali anglo-americane. Gli Alleati ritenevano questo sistema del tutto soddisfacente e pertanto ne giudicarono opportuna la prosecuzione fino all'entrata in vigore del trattato di pace. È vero che nel dicembre 1945 fu presa in considerazione l'ipotesi di restituire a nche la Marina e l'Aeronautica al controllo del governo italiano , come era stato fatto per l'Esercito , tuttavia in entrambi i casi il Quartier Generale Alleato fu dell'avviso di mantenere in vita il regime esistente (64). Diverso però era il caso dell'Aeronautica rispetto a quello della Marina: la flotta italiana disponeva infatti di un consistente numero di unità efficienti, per cui il compito degli Alleati si riduceva in sostanza a svolgere un minimo di sorveglianza e di controllo , in attesa che il trattato di pace decidesse quali navi sarebbero state cedute o demolite e quali sarebbero rimaste a far parte della Marina italiana _ Nel caso dell'aviazione, invece , mantenere in efficienza anche solo un nucleo embrionale da cui in futuro potesse svilupparsi una forza aerea adeguata richiedeva un impegno più attivo da parte degli Alleati. Inizialmente il Quartier Generale Alleato aveva manifestato l'intenzione di tenere a terra tutti i reparti dell'Aeronautica militare appena terminate le operazioni belliche. Già nel settembre 1945 però erano state fatte alcune eccezioni ad un regime tanto severo, sia allo scopo di permettere ai piloti italiani di mantene re un minimo di efficienza praticando w1 certo numero di ore di volo mensili, sia per utilizzare i velivoli efficienti in missioni di varia natura, prevalentemente nel settore dei trasporti civili. Questi compiti vennero apertamente indicati in una direttiva del Quartier Generale Alleato alla Air Force Sub-Commission come funzioni principali che l'aviazione avrebbe dovuto svolgere in a ttesa del trattato; si specificava inoltre che all'aviazione sarebbe stato proibito di far esercitazioni di mitragliamento o di bombardamento al suolo, che tutti gli aerei da bombardamento sarebbero stati convertiti in aerei da trasporto , che ai piloti da caccia sarebbero state concesse sei ore di (64) l lth Meeting of the Supreme Allied Commander in the Mediterranean, 20 dicembre 1945 , in PRO,WO 204/93.


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volo al mese per addestramento e che le fabbriche aeronautiche del nord-Italia sotto il controllo della Commissione Alleata avrebbero potuto completare la produzione di certi tipi di aerei (65). Al momento di emanare questa direttiva, nel settembre 1945, il Quartier Generale Alleato prese, sì, in considerazione l'opportunità di applicare anche all'Aereonautica un regime analogo a quello stabilito per l'Esercito, di restituire cioè il suo controllo al Governo italiano; alcuni alti ufficiali alleati obiettarono però che una decisione di questo genere avrebbe potuto pregiudicare l'applicazione del trattato di pace , dato che l'aviazione sembrava disporre di un numero di aerei maggiore di quello che le sarebbe stato probabilmente concesso dal trattato stesso. Pertanto, fin quando i termini di quest'ultimo non fossero stati resi noti , il Quartier Generale Alleato ritenne necessario mantenere l'Aeronautica militare sotto la propria autorità (66). Pochi mesi dopo , tuttavia, il O.G. Alleato dovette prendere nuove inizi::itive in materia; l'A eronautica italiana si stava infatti rapidamente deteriorando e ben presto non sarebbe stata nemmeno in grado di svolgere i pochi compiti a lei assegnati nella direttiva di settembre, perché la maggior parte degli apparecchi di linea , fossero essi vecchi modelli di produzione italiana o aerei forniti dagli alleati durante il conflitto, avevano ormai raggiunto un avanzato stato di usura che ne rendeva l'impiego sempre più rischioso. Perciò, affinché l'Italia potesse disporre in futuro di un'Arma aerea in grado di cooperare con le altre Forze Armate nell'assicurare l'ordine pubblico e la difesa delle frontiere , il Q.G. Alleato giunse alla conclusione che e ra indispensabile fornire all'Aeronautica apparecchi meno logori e sottrarle tutti quei compiti non stretta mente di sua competenza , come i servizi di trasporto civile, alio scopo di permetterle d 'intensificare l'addestramento militare. Nel gennaio 1946 il Comandante Supremo Alleato chiese quindi ai CCS l'autorizzazione di creare un'aviazione civile italiana che si assumesse gli incarichi fino a quel momento svolti da quella militare; chiese inoltre di poter dare inizio a un programma di riorganizzazione dell'Aeronautica italiana con la fornitura di apparecchi radar e di nuovi modelli di aerei di provenienza USA o GB. Questo , secondo l'alta a utorità militare (65) Interim Policy for the ltalian Air Force, Directive to Air Marshal Brodie, 23 settembre L945, in PRO,WO 204/86. (66) 4th Meeting of the Supreme Allied Commander in the Meditemmean, 23 agosto 1945, e ll th Meeting, cit., 20 dicembre 1945, in PRO ,WO 204/93.


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alleata, avrebbe consentito di mantenere un controllo completo sulla linea dei veicoli da combattimento e permesso di espanderla o restringerla a piacimento_ A differenza dell'Esercito, precisava il gen_ Morgan, l'aviazione sarebbe rimasta sotto controllo alleato fin quando non avesse raggiunto uno standard apprezzabile di efficienza operativa (67). Il problema relativo alJa ristrutturazione di questo settore delle FF.AA. sarebbe stato risolto con un'impostazione analoga a quella già adottata per l' Esercito: l' Aeronautica italiana avrebbe dovuto essere in grado di difendere lo spazio aereo nazionale e di cooperare con le forze di terra e di mare, ma non minacciare le linee di comunicazione alleate o i paesi limitrofi . Le sarebbero perciò stati assegnati compiti strettamente difensivi , da assolvere con intercettori e caccia-bombardieri, senza poter disporre di bombardieri a largo raggio d 'azione. In pratica lo schema di riorganizzazione prevedeva l'allestimento di una squadriglia di ricognizione tattica su 16 Spitfire (inglesi) , di ', sqmidriglie cli c~cci~homh;irdieri su 16 apparecchi P-38 (americani) ciascuna, di 2 squadriglie per compiti di salvataggio lungo le coste, 2 squadriglie da trasporto, 1 squadriglia-scuola di addestramento e 1 per compiti di comunicazione: è da notare che ve niva proposta l'utilizzazione di aerei di produzione alleata solo per gli apparecchi da combattimento, e questo allo scopo di mante nere un controllo effettivo sulle capacità belliche dell' Aeronautica. La risposta dei CCS nel marzo del 1946 ebbe carattere sostanzialmente interlocutorio. Da parte americana lo State Department e l'ambasciata di Roma avevano caldeggiato una rapida approvazione della proposta, perché vedevano un ovvio vantaggio politico nel ristrutturare la linea caccia italiana su modelli in gran parte di fabbricazione statunitense. I CCS però si limitarono ad approvare iì progetto di riorganizzazione solo in linea di massima, chiedendo al Supremo Comandante Alleato di sottoporre loro un piano dettagliato quando ritenesse opportuno passare alla fase esecutiva; raccomandavano inoltre che nessuna notizia fosse data al governo italiano perché il piano era ancora in fase di progettazione né si conoscevano risultati definitivi dei negoziati per il trattato di pace (68). Una volta che l'esito di questi negoziati si fu profilato con una (67) SACMt;D lo CCS (NAF 11 03), genna io 1946, in NAW,RG 165, ABC 091. 711 Italy (5 april 1944), Sec 1-A. (68) CCS to SACMED (FAN 640), 16 marzo 1946, in NAW,RG 165, ABC 091.711 ltaly (5 aprii 1944), Sec 1-A .


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certa chiarezza, il gen. Morgan ritenne opportuno proporre di nuovo il problema ai CCS. Alla fine del giugno 1946 presentò un progetto più dettagliato, in cui si proponeva la creazione di un' Aeronautica basata su 115 aerei da combattimento e 198 da addestramento, trasporto e ricognizione. Anche secondo questa nuova proposta gli aerei da combattimento sarebbero stati tutti di tipo alleato, mentre si riteneva che agli altri compiti potessero essere destinati apparecchi italiani. A differenza di quanto prospettato nel suo messaggio precedente , però , il Supremo Comandante Alleato suggeriva di utilizzare velivoli inglesi per 5 delle 7 squadriglie che avrebbero costituito la linea caccia, riducendo il peso deJl'apporto americano (69). Nonostante i precedenti segni di interesse mostrati dallo State Department per le questioni attinenti al riarmo italiano , in questo caso da parte americana non furono sollevate obiezioni di rilievo e tutti i Dipartimenti a merica ni concorsero nell'approvare la proposta (70) . In tal modo i CCS autorizzarono in ottobre il Qu artier Generale Alleato ad allestire un'Aeronautica delle dimensioni suggerite , purché i governi inglesi e americano ritenessero opportuno concedere gli apparecchi necessari (71). Tuttavia dovevano trascorrere ancora parecchi mesi prima che l'Aeronautica itali ana potesse sostituire i propri velivoli con altri meno obsoleti; come si vedrà meglio in seguito , infatti , le implicazioni politiche della fornitura di nuovi apparecchi dettero origine ad un contrasto tra il governo americano e quello inglese, che fu risolto solo nella primavera del 1947, con sensibile ritardo nel dotare di nuovo materiale l'Aeronautica la cui efficienza scese perciò nella seconda metà del 1946 a livelli estremamente bassi.

5. Un bilancio del rapporto di cooperazione con gli Alleati (19451946)

Un bilancio della superv1s1one militare alleata dopo circa un anno e mezzo dalla fine della guerra non può non mette re in evi(69) SACME D tu CCS (NAF 1169), 27 giugno 1946, in NAW ,RG 165 , AilC 091.7ll ltaly (5 aprii 1944), Scc 1-A. (70) Joint Logistics Committee Repurt, 'Il luglio 1946, in NAW ,RG 165, AB C 091.711 It aly (5 aprii 1944), Sec I-A. (7 1) CCS to SACMED (FAN 697), 10 ottobre 1946, in NAW ,RG 165, ABC 091.711 ltaly (5 aprii 1944) , Sec 1-A.


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<lenza alcune notevoli contraddizioni. Nel lungo periodo questo rapporto con gli Alleati, anche se non sempre di piena collaborazione , contribuì a modernizzare l'Esercito italiano e a liberarlo di alcune delle strutture più antiquate, e d'altra parte l'ingente quantità di materiali messa a disposizione dell'Esercito stesso a partire dalla seconda metà del 1946 consentì di mante nere in efficienza un organismo che le sole risorse italiane, in quel momento , non avrebbero certo potuto alimentare in modo adeguato. Quest'ultimo aspetto è messo bene in evidenza da una relazione dell'Ufficio Servizi dello SME (che fornisce un quadro completo dello stato dei servizi alla data 1 gennaio 1947), nella quale si sottolinea l'importanza dell'apporto dato dalla fornitura di materiali e armamenti alleati allo sviluppo futuro dell 'Esercito (72). T uttavia alla fine del 1946 questi vantaggi di lungo periodo non erano facilmente percepibili: non si poteva valutare pienamente quale e qua nto grande contributo le enormi quantità di materiali accatastate nei depositi inglesi avrebbero dato, e del rapporto con gli organismi alleati , in particolare con la MMIA, si sottolineava negativamente soprattutto l'aspetto del controllo , esemplificato dall 'assillante supervisione delle British Liaison Units, viste come una sorta di prolungamento del regime armistiziale e, quindi, come un 'indesiderabile, se non illecita, interferenza nelle questioni interne italiane. Da parte loro nemmeno gli Alleati avevano troppi motivi per essere soddisfatti: nelle relazioni redatte dagli ufficiali inglesi e americani si coglie spesso un senso di frustrazione, generato dalla consapevolezza che l'obiettivo prefisso e ra in effetti più difficile da raggiungere di quanto creduto. Un esempio significativo di queste valutazioni sostanzialmente pessimistiche si può riscontrare nel primo piano operativo elaborato nel Jicembre 1946 dal Joint War Planning Comm ittee americano, in cui si esaminavano le possibili reazioni ad un'eventuale aggressione sovietica (73). Nella sezione del piano dedicata all'Italia, « Cockspur », si prevedeva che la penisola sarebbe divenuta teatro di operazioni o a causa di un attacco generale sovietico contro l'Occidente o in conseguenza di un attacco più limitato contro il Medio Oriente; si prevedeva altresì in entrambi i casi che il governo italiano si sarebbe· allineato con le potenze occidentali. L 'attacco sarebbe stato (72) Situazione dell'Esercito italiano al 1 gennaio 1947, in AUSSME , UlO , racc. 154. (73) «Cockspur», a study by the l oint War Plans Committee (JWP C 464/1), 20 dicembre 1946, in NAW ,RG 165,ABC 381 USSR (2 march 1946), Scc. 1-C.


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inizialmente condotto da forze jugoslave, alle quali solo in un secondo tempo si sarebbero aggiunti eventuali rinforzi sovietici; questi sarebbero stati determinanti ai fini del risultato della campagna perché , secondo lo studio, le sole forze jugoslave non sarebbero riuscite a sopraffare le difese alleate e italiane. In caso di intervento sovietico , però , lo studio prevedeva una vittoria rapida e quasi ineon trasta ta dcli' Armata Rossa: le scarse forze alleate in Venezia Giulia avrebbero potuto fornire infatti ad un'eventuale resistenza un contributo minimo, e alla stessa conclusione si giungeva in merito a quelle italiane. A proposito di quest'ultime si davano giudizi interessanti : « le truppe italiane avranno il vantaggio di un buon addestramento (sotto tutela inglese), che è già una caratteristica dell'Esercito di transizione» ; l'efficienza dei soldati era giudicata positivamente , ma si concludeva che l'efficacia operativa delle unità impiegate sarebbe stata alquanto limitata , in dipendenza del fatto che i materiali forniti dai surplus inglesi erano insufficienti e stavano rapidamente diventando <supeniti . Giudizio :rncor più negativo veniva espresso su Marina e Aeronautica: quest'ultima in particolare era ritenuta talmente inefficiente , da poter essere sopraffatta dalla stessa aviazione jugoslava. In questo contesto l'inevitabile conclusione del piano elaborato era che esistevano due sole alternative possibili: o condurre un'azione ritardatrice nei confronti dell'avanzata sovie tica o effettuare un rapida ritirata che permettesse di concentrare le poche forze disponibili a salvaguardia delle principali linee di comunicazione alleate nel Mediterraneo; si sarebbero perciò difese la Sicilia e la Sardegna, in modo da potervi ammassare i rinforzi per un'eventuale azione controffensiva. Lo studio del Joint War Planning Committee concludeva che questa seconàa aiternativa era preferibile e raccomandava agli Alleati di attenervisi: in caso di attacco sovietico, pertanto , l'Italia sarebbe stata rapidamente abbandonata. Il giudizio implicito in questa valutazione sembra lasciare pochi dubbi sull'efficacia dell'assistenza militare prestata dagli Alleati fino a quel momento alle Forze Armate italiane.


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CAPITOLO TERZO

LE CLAUSOLE MILITARI DEL TRATIATO DI PACE

l. Le grandi potenze e il problema del trattato di pace con l'Italia

La stesura del trattato di pace con l'Italia e di quelli con Finlandia , Ungheria , Romania e Bulgaria rappresentò per le grandi potenze il banco di prova delle loro capacità di risolvere congiuntamente i problemi sorti dal secondo conflitto mondiale e anche di condizionare la soluzione di tali problemi ai propri interessi: la stesura dei trattati offriva infatti l'opportunità sia di assicurarsi vantaggi strategici , sia di favorire le nazioni gravitanti nella propria orbita c ostacolare i tentativi altrui di accrescere o consolidare le proprie sfere d'influenza. In questo contesto Stati Uniti . e Gran Bretagna avevano in comune, sia pure con differenze non trascurabili , l'obiettivo di ottenere per l'Italia un trattato di pace non eccessivamente severo, ohiettivo ritenuto fondamentale per perseguire con successo una politica di ricostruzione economica e di stabilizzazione sociale in senso moderato , e per rinforzare in tal modo i propri vincoli con l'Italia. I governi di Londra e <li Washington , perciò, miravano soprattutto a garantire lo stato italiano contro eccessive mutilazioni territoriali o gravose riparazioni finanziarie, al fine di non provocare con le prime fenomeni di risentimento nazionalistico nell'opinione pubblica italiana e di non intralciare con le seconde il difficile processo di graduale ripresa economica. Il contrasto co~ l'Unione Sovietica, che dal canto suo tendeva e a disturbare il processo di consolidamento dei legami tra l'Italia e le democrazie occidentali e ad acquisire immediati vantaggi per sé o per i propri satelliti - in questo caso la Jugoslavia - risultò più profondo proprio sulla sorte da


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L'ESERC ITO ITALIANO NE I. SECO NDO DOPO G UERRA 1945-1950

riserbare ai territori italiani , quali la Venezia Giulia o le colonie prefasciste, e sulle riparazioni che l'Italia avrebbe dovuto pagare ai paesi vittime delle aggressioni fasciste , mentre non vi furono scontri altrettanto accesi , se non con l'unica, rilevante eccezione riguardante la flotta , sul problema del potenziale militare italiano . Sicché, se si toglie il problema della spartizione di una quota della flotta italiana, a proposito della quale Stati Uniti e Gran Bretagna contestarono vivacemente le richieste sovietiche , vi fu una sostanziale concordia tra le potenze nel decidere di imporre all 'Italia una forma di disarmo mode rato , parziale e temporanea ( 1). II governo inglese concepiva il trattato di pace, come è stato osservato nei capitoli precede nti, come uno dei punti cardin ali della propria politica verso l'Italia . Il p roposito di servirsi del tratta to per sradicare definitivamente le aspirazioni italiane al ruolo di grande potenza fu influenzato , in senso ancor più sfavorevole all'Italia , d all'opportunità che questo o ffri va di stabilire un precedente per gli altri che sarebbero stati redatti per i paesi balcanici : in base alla procedura concordata a Po tsdam , infatti , la stesura del trattato italiano era vincolata alla formulazione di quelli con gli stati ex-satelliti del1' Asse_ T Chiefs of Staff inglesi ave.vano perciò affrontato il problema delle clausole militari di questi trattati da un punto di vista globale, sotto1incando le interrelazioni esiste nti tra le decisioni che sare bbe ro state p rese nei confronti dei vari stati e la possibilità di usare i negoziati di pace per garantire una sistemazione che desse al Sud-Est dell'Europa un minimo di garanzia di stabilità sul piano dei rapporti di forza(2). Le iniziative inglesi miravano quindi a trovare un punto di equilibrio tra l'opportunità di imporre all'Italia un disarmo mode rato , che non ne deludesse troppo le aspirazioni e la tenesse legata all'Occidente , e il disegno strategico di limitare il potenziale bellico di quei paesi balcanici , in particolare della Bulgaria, che potevano alterare i rapporti di forza nella regione a danno dell'unico stato

(l ) Sull'elaborazione d el tratta to di pace con l' Italia e g li altri stati cx-satelliti d ell ' Asse , cfr. l'atricia DAWSON WARD , The Threat of Peace. .lames F. Byrnes ami the Council of Foreign Ministers, 1945-1946, Kcnt (Ohio) , Kent State University Press , 1979. (2) Report by the Joint Planning Staff, 30 agosto 1945 , in Il. P. O. Serics I , voi. TI , Conferences 1945, pp. 88-91. L' inte ro proble ma delle re lazio ni fra le clausole militari de i vari trattati è analizzato dettagliatame nte in Th e Military and Air Side of the Peace Treaty Negotiations, R eport by the Service A dvisors Lo UK Deleiation at the Peace Conference, 29 maggio 1947, in PRO , DEFE 5/1.


LE CLAUSOLE MILITARI DEL TRA'ITATO DI PACE

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inserito nella sfera d'influenza inglese , vale a dire la Grecia (3). I Chiefs of Staff erano consapevoli che questo equilibrio poteva essere raggiunto solo con molte difficoltà e che il suo conseguimento avrebbe potuto implicare un inasprime nto delle condizioni da imporre all'Italia: a questo si sarebbe potuto però ovviare, almeno in parte, con una formula che consentisse la revisione delle clausole militari italiane indipendentemente da quelle degli altri trattati. Già Alexander, esprimendo un parere negativo sull'eccessiva durezza dei termini del progetto inglese, particolarmente in relazione alla flotta, aveva fatto notare ai Chiefs of Staff che sarebbe stato preferibile non precisare alcuna data per la rimozione delle limitazioni temporanee, ma farla dipendere piuttosto « dal cambiamento delle circostanze che non dal semplice passare del tempo », il che poteva verificarsi tanto prima , quanto dopo il periodo di cinque anni fissato inizialme nte come limite per la revisione(4). Accogliendo il suggerimento, i Chiefs of Staff inserirono nel progetto di trattato inglese la clausola che l'opportunità della revisione delle restrizioni militari dovesse essere giudicata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite dopo l'ammissione all'O.N.U. delle nazioni che tale revisione domandavano , in modo da consentire a ciascuna di esse di venir valutata in base a criteri particolari (5). Nonostante quest' escamotage, la proposta della Gran Bretagna, presentata il 12 settembre 1945 durante la prima sessione del Consiglio dei Ministri degli Esteri, restava nel complesso piuttosto severa; le sue clausole militari, in particolar modo, ricalcavano quelle discusse e redatte dal PostHostilities Planning Staff nei mesi precedenti(6). La delegazione americana al Consiglio dei Ministri degli Esteri di Londra appoggiò , nelle sue linee generali, la proposta britannica

(3) The Military and Air Side of the Peace Treaty Negotiations, cit. in PRO, DEFE, 5/1. (4) Memorandum by F,M. Sir H. Alexa11der, 15 agosto 1945, in B,P.O. , Series 1, voi. Il , Co11f erences 1945. li testo pubblicato non contiene le proposte concrete di Alt:xander, che si trovano in F.M. Alexander to the Chiefs of Staff, 10 agosto 1945, in PRO , WO 204/86, (5) Report by 1he Joint Planning Staff, 30 agosto 1945, in B.P.O. , Series 1, voi. Il , Co11ferences 1945, pp, 88-91, (6) Memorandum by the United Kingdom Delegation to the Council of Foreign Ministers, 12 settembre 1945, in FRUS 1945, voi. Il , Council of Foreig11 Ministers, pp. 135 c seguenti . Il documento inglese anche in Documents on British Policy Overseas, Series I, voi. U , Conferences and Conversations 1945: London, Washington and Moscow, Londra, H,M.S.O. , 1985, pp. 123-131, Cfr. anche Cap, I, § 3, passim ,


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di imporre alcuni limiti alle Forze Armate italiane. La formula che doveva guidare la politica americana nella stesura delle clausole militari nel trattato con l'Italia era stata espressa da]]' A cting Secretary of State Grew nel giugno del 1945: « disarmo parziale con il permesso di forze limitate », in modo da salvaguardare altre nazioni da aggressioni italiane e impedire al tempo stesso che un'Italia troppo debole potesse essere sottoposta a eccessive pressioni da parte dei suoi vicini(7). Tale formula era servita di base allo State-War-Navy Coordinating Committee per una prima stesura di un progetto di clausole militari che tuttavia non conteneva specifiche limitazio ni per le Forze Armate italiane, poiché si riteneva abbastanza improbabile che l'Italia potesse trasformarsi in una grande potenza in grado di minacciare gli interessi vitali degli Stati Uniti a causa della sua carenza cronica di materie prime e della sua attuale situazione economica. L'unica minaccia che poteva venire dalJ 'Italia, secondo lo SWNCC, sarebbe stata costituita dall'eventualità che essa cadesse sotto il controllo di un gruppo di potenze ostili e, ovviamente , nessuna clausola che ne limitasse il potenziale belJico sarebbe stata sufficiente a prevenire un simile evento. Perciò nello schema di trattato elaborato dallo SWNCC si chiedeva soltanto che l'Italia aderisse a quei princìpi che avrebbero ispirato la convivenza tra i membri del1'0rganizzazione delle Nazioni Unite, quali il principio di nonaggressione e quello della regolamentazione degli armamenti , e si respingeva l'ipotesi di eventuali misure punitive ai danni della flotta italiana: queste infatti avrebbero inciso sull'equilibrio delle forze navali nel Mediterraneo ad esclusivo vantaggio della Francia e della Russia e quindi gli Stati Uniti non avrebbero avuto alcun interesse a sostenerle; si ammette va invece la possibilità di un limitato risarcimento verso quelle Marine militari che fosst:ro state danneggiate dall'Italia durante il conflitto, e si specificava quante e quali navi avrebbero dovuto essere consegnate a Francia, Albania , Grecia e Jugoslavia(8). Nel complesso questo progetto era talmente benevolo da risultare scarsamente utilizzabile anche come semplice base di discussione con le altre pote nze e non teneva conto degli impegni presi nel corso del conflitto dallo stesso governo americano verso

(7) Acting Secretary of State Grew lo Secretary of War Stimson, 15 giugno 1945, in FRUS 1945, vo1. IV, Europe, pp. 1008-9.

(8) Report on Military, Naval and Air Clauses of the Treaty of Peace with /ialy, by an Ad hoc Committee of the SWNCC, 6 settembre 1945, in FRUS, 1945, voi. IV , Europe, pp. 1034-35.


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quello sovietico in merito alla cessione di una quota della flotta italiana (9). Il documento fu inviato a Londra al Segretario di Stato Byrnes perché ne facesse uso durante la prima sessione del Consiglio dei Ministri degli Esteri , ma, a giudicare dalle successive iniziative della delegazione americana, non sembra sia stato tenuto particolarmente in considerazione, anche perché Byrnes si sforzava di condurre una diplomazia personale, indipendente dagli scherni e dai suggerimenti del Dipartimento di Stato(lO). Dopo che la Gran Bretagna ebbe presentato la propria proposta di trattato, la delegazione americana due giorni dopo rese noto un proprio progetto, la cui parte relativa alle questioni militari conteneva una soluzione intermedia tra le generiche affermazioni dello SWNCC e il minuzioso progetto inglese: pur senza scendere troppo in dettagli, il nuovo documento si allineava infatti parzialmente con le proposte britanniche, accogliendo i princìpi della limitazione temporanea degli armamenti, del controllo sulla produzione bellica e della smilitarizzazione di alcune parti del territorio italiano(ll). In concreto, infatti , un limitato disarmo rispondeva alle intenzioni americane di scoraggiare il ritorno di tendenze nazionalistiche e militaristiche nell'opinione pubblica italiana , di convincere il governo italiano «a guardare verso le Nazioni Unite per la propria difesa » (12), e soprattutto (9) Durante la Conferenza di Mosca dei Ministri degli Esteri, Molotov aveva chiesto la cessione immediata di un'aliquota della flotta italiana (1 corazzata , 1 incrociatore, 8 cacciatorpediniere, 4 sommergibili) per sostenere lo sforzo bellico dell'Unione Sovietica: FRUS, 1943, voi. I , pp. 612-613 e 714-715; il problema rimase sospeso fino alla Conferenza di Teheran, quando, il 1° dicembre 1943, Churchill e Roosevelt aderirono alla richiesta sovietica; FRUS, The Conference at Cairo and Teheran. 1943, p. 597. Successivamente, su proposta di Churchill, fu prestato al governo sovietico un numero di unità anglo-americane equivalente a quello richiesto , con l'impegno che tali unità sarebbero state restituite ai loro governi al termine del conflitto e che all'URSS sarebbe stata assegnata un'aliquota della flotta italiana. L'intera vicenda è descritta dettagliatamente in Giovanni BERNARDI , La Marina, gli Armistizi e il Trattato di pace (settemhre 1943 - dicembre 1951), Roma , Ufficio Storico della Marina Militare, 1979, pp. 145-163. (10) A cting Secretary of State Acheson lo the US Ambassador in the United Kingdom (Winant) , 8 settembre 1945, in FRUS, 1945, voi. IV, Europe, pp. !050-51. Sulla diplomazia personale di James Byrnes, cfr. DAWSON WARD , Jhe Threat of Peace, cit. , pag. 20; Robert L. MESSER, The End of an Alliance. James F. Byrnes, Roosevelt, Truman and the Origins of the Cold War, Chapel Hill , Thc University of North Ca rolina Press, 1982, pp. 6, 8, 126. (I 1) Memorandum by the U.S. Delegation to the Council of Foreign Ministers, in FRUS, 1945, voi. Il , Council of Foreign Ministers, pp. 179-181. (12) Grew to Stimwn, 15 giugno 1945, in FRUS 1945, voi. IV, Europe, pp. 1008-9.


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di impedire che elevate spese militari potessero drenare le già limitate risorse che il governo italiano avrebbe avuto a sua disposizione per la ricostruzione economica, obiettivo primario , questo , della politica perseguita dagli Stati Uniti in Italia (13) . Fu comunque la proposta inglese che costituì lo schema base su cui le quattro poten ze elaborarono il testo definitivo del trattato , in conformità di quanto deciso dal Consiglio dei Ministri degli Esteri nella sessione di Londra , prima che ne venissero bruscamente interrotti i lavori . Durante le sessioni del Consiglio dei Sostituti dei Ministri degli Esteri e poi nel corso della seconda e della terza sessione del Consiglio vero e proprio , nella primavera-estate del 1946, un ruolo non trascurabile nel determinare ulteriormente quali restrizioni militari dovessero essere imposte all'Italia lo ebbero la Francia e l'Unione Sovietica. Il governo francese vedeva nel trattato di pace l'occasione opportuna «per eliminare una rivale tradizionale nel Mediterraneo, di por fine, una volta per tutte( ... ) alla competizione che no n [avevaJ mai cessato di contrapporre i due paesi per il primato in questo settore » (14). No n solo , ma il governo francese, nel tentativo affannoso di assicurare alla Francia un ruolo di grande potenza , mfrava a porre l'Italia in una sorta di condizione d'inferiorità permanente , che consentisse alla Francia di sostituirsi all'Italia in quelle regioni nelle quali questa avesse sviluppato la propria influenza prima della guerra (15). Di qui i tentativi , peraltro riusciti solo parzialmente, di impo rre severe misure di smilitarizzazione di un'ampia fascia di territorio italiano alla frontiera con la Francia, di specificare perfino il tipo di armi (carri armati , cannoni a lunga gittata) che il trattato avrebbe dovuto proibire all'Italia, e , naturalmente, di assicurarsi una notevole aliquota della flotta italiana (16) . L'Unione Sovietica ebbe invece, in merito alle clausole militari del trattato , un atteggiamento quanto mai duttile c sfumato: in merito alle restrizioni da imporre all'Aeronautica, al numero dei carri armati e alla gittata delle artiglierie pesanti, al possesso di (13) James E. MILLER, Strategie della stabilizzazione. Gli Stati Uniti e l'Italia: 1917-1950, p. 771 , in «Storia contemporanea.., XV, 1984, n . 4 , pp. 745-780. Idem, The U.S. and ltaly, cit. , pp. 192, 204. (14) Pierre GUILLEN , / rapporti franco-italiani dall'armistizio alla firma del Patto Atlantico, p . 163, in AA.VV. , L' Italia dalla liberazione alla Repubblica, Milano, Feltrinelli, 1976, pp. 145-180. (15) Idem, ibidem, p. 169. ( 16) The Military and Air Side of the Peace Treaty Negotiations, cil. pp. 5, 9, 13, in PRO, DEFE, 5/1 .


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materiale bellico di provenienza tedesca o giapponese , e infine all'istituzione di un Ispettorato Alleato incaricato di controllare l'esecuzione delle clausole del trattato, i delegati sovietici si comportarono con moderazione, senza ostilità verso gli interessi dell'Italia (17); e all'ambasciatore italiano a Mosca Pietro Quaroni fu fatto notare che l'URSS aveva sostenuto il diritto dell'Italia a essere considerata una grande potenza e che non riteneva opportuno le fossero imposte restrizioni rnilitari(18). Questa linea politica, che permetteva all'Unione Sovietica di incoraggiare le tendenze neutralistiche della politica estera italiana col prospettare i possibili vantaggi di una più stretta collaborazione tra i due paesi , perseguiva in realtà un obiettivo diametralmente opposto a quello inglese , di evitare cioè che il caso italiano potesse costituire un precedente negativo per i trattati con i paesi balcanici; di primaria importanza, particolarmente, era per i sovietici che i trattati non dessero vita ad organismi interalleati i quali , con il compito di verificare l'adempimento delle clausole, avessero poteri ispettivi nei territori dei paesi vinti (19). Duran~e le discussioni su questioni militari in sede di Consiglio dei Supplenti o di Consiglio dei Ministri degli Esteri , la delegazione sovietica acce ttò però abbastanza prontamente le decisioni delle altre potenze, salvo poi criticarle duramente qua ndo si trattava di applicarle a qualcuno degli stati cx-satelliti de!J' Asse. Quando poi si trattò di decidere il futuro della flotta italiana, l'Unione Sovietica e la Francia si scontrarono apertamente con le posizioni di Stati Uniti e Gran Bretagna. Sebbene anche quest'ultima fosse intenzionata a ridurre la potenza navale italiana (20) , i governi inglese e americano si trovarono a dover difendere gli inte(17) Ibidem, pp. 7, 9, 11-12, 17-18. (18) Dopo una conversazione con Molotov relativa alla revisione dell'armistizio,

Quaroni notava «l'atmosfera, sia pur vaga, di maggior cortesie e comprensione che, da qualche tempo a questa parte, caratterizza l'atteggiamento sovietico nei nostri riguardi ». Più esplicitamente, il vice-ministro degli Esteri sovietico Dckanozov dichiarava a Ouaroni il 29 maggio che durante i negoziati l'Unione Sovietica aveva sostenuto il diritto dell'Italia a essere una grande potenza. Con versazione QuaroniMolotov, 8 aprile 1946, in ASMAE, DGAP, Gran Bretagna 1946, busta 6 , fascicolo 7. Il rapporto sulla conversazione Quaroni-Dekanozov in Ministero degli Esteri a SMG, 12 giugno 1946, in AUSSME , 1/3, racc. 214, cart. 3. (19) Molotov si oppose all'imposizione di limitazioni agli armamenti degli stati balcanici fin dal Consiglio dei Ministri degli Esteri di Londra: FRUS, 1945, voi. Il , Council of Foreign Ministers, pp. 276-279. (20) Minute by Mr. Hoyer-Millar, 11 luglio 1945, in B.P.O., Serics I, voi. I , The Conference a l Potsdam, cit. pp. 168-170.


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ressi dell'Italia contro le pressanti richieste russe e francesi volte a d assicurarsi la parte migliore della flotta italiana come bottino di guerra. La discussione, iniziata ai primi del 1946 in sede di Consiglio dei Supplenti, si protrasse anche nella seconda e nella terza sessione del Consiglio dei Ministri ; si trattava di stabilire l'entità della flotta che doveva esser lasciata agli italiani , la classe delle navi che ne avrebbero fatto pa rte , e , di conseguenza , anche la quantità e la qualità della parte destinata alle potenze vincitrici (21 ). Il problema fu reso ancor più complesso da l tentativo del Segretario di Stato Byrnes di far includere le navi che sarebbero state cedute dall'Italia ne l computo totale delle riparazioni , mentre secondo gli altri Ministri degli Esteri la quota della flotta doveva considerarsi come bottino di guerra e quindi da non computarsi ne ll'ambito delle riparazioni che l'Italia avrebbe dovuto sostenere (22). 11 risultato di questi mesi di negoziati - come si vedrà più dettagliatamente in seguito - fu un progetto di trattato le cui clausole militari incidevano abbastanza pesantemente su una delle tre forze armate italiane , la Marina Militare , mentre erano di minor peso sulle effettive capacità dell'Esercito e dell'Aeronautica. Molto più deludenti, per il governo italiano , furono le altre decisio ni prese dal Consiglio dei Ministri degli Esteri: Stati Uniti e Gran Bretagna , infatti, dovettero scendere ripetutamente a compromessi di frohte alle pressioni sovietiche sulle questio ni di Trieste , delle riparazioni e delle colonie , ricorrendo a formule che consentirono , è vero , la stipulazione dei trattati di pace, m a vanificarono molti dei desiderata italiani (23). E ntrambi i governi alleati , ma soprattutto quello degli St ati Uniti , si trovarono pe rciò nella necessità di adottare una linea politica dire tta a presentare all'Italia queste menomazioni come il prezzo d a pagare per stabilire un proficuo rapporto di futura collaborazione, cercando al te mpo stesso di leni re il risentimento del governo italiano tramite una politica di gesti rassicuranti e amichevoli e di aiuti finanziari che gli consentissero di rimettere in sesto la situazione economica. Il trattato avrebbe costituito insomma, dal (21) FRUS, 1946, voi. IJ , Council of Foreign Ministers, pp. 58-59; 128-134; 139; 584-587; 603-606; 678-679; 688-689; 696; 816-817; 1492-1493. (22) FRUS, 1946, voi. H, pp. 128-1 34. Sui problemi relativi alla flotta nell'ambito dei negoziati, cfr. Giovanni BERNARD1, cit., passim. (23) Draft Treaty Prepared by the Council of Foreign M inisters, in FRUS, 1946, voi. IV, Paris Peace Conference. Documents, pp. 1-62. Anche in Giuseppe VEDOVA TO, Il trattato di pace con l'Italia. Documenti e carta, Firenze , Edizioni Leonardo, 1947.


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punto di vista americano, una fase del tutto transitoria nelle relazioni con l'Italia, senza peraltro che incidesse in modo determinante sulla effettiva sostanza delle relazioni stesse (24). Sempre al fine di contribuire a migliorare la situazione dell'Italia, il governo di Washington si impegnò anche a modificare il rigido regime armistiziale che gravava sull'Italia dal settembre 1943. Perciò, parallelamente ai lavori del Consiglio dei Ministri degli Esteri per la preparazione del trattato si svolsero anche le trattative tra Londra e Washington, e tra i due governi alleati e quello italiano , per la revisione degli accordi armistiziali. D opo lo scambio delle relative opinioni al riguardo, intercorso tra i due governi alleati nella primavera del 1945 , la proposta di un' immediata revisione dell'armistizio con il governo italiano era stata avanzata formalmente dagli Stati Uniti durante la Conferenza di Potsdam , ma , condizionata dall'Unione Sovietica all'accoglimento di analoga revisione degli armistizi con i governi balcanici , era stata prontamente accan tonata. Stati Uniti e Gran Bretagna decisero allora , dopo la Conferenza, di promuovere non una revisione formale dell'armistizio, che avrebbe necessariamente coinvolto ancora il governo sovietico, ma , indipendentemente da questo , di specificare tramite i propri canali militari al Supremo Comandante Alleato nel Mediterraneo quali articoli dei testi originali fossero da considerare superati: (25) alternativa, questa, più gradita al governo britannico la cui posizione nei confronti di una revisione dell'armistizio restava quella, già espressa nella primavera, di aperta ostilità (26). Dopo l'insuccesso della sessione di Londra del Consiglio dei Ministri degli Esteri, tuttavia , una eventuale iniziativa separata degli Alleati nei confronti delJ'ltalia si presentava assai più rischiosa: secondo il Foreign Oftìce un 'azione unilaterale degli Stati Uniti e della Gran Bretagna avrebbe potuto aggravare ulteriorme nte i rapporti con l'Unione Sovietica, spingendola ad adottare analoghe misure separate nei confronti degli stati balcanici e compromettendo irrimediabilmente tutto il lavoro di stipulazione dei trattati di pace (27). D'altra parte, proprio l'interruzione dei lavori del Consi-

(24) MILLER, Strategie della stabilizzazione, cit. , p. 771. (25) Acheson to Kirk, 2 ottobre 1945, in FRUS, 1945, voi. IV, Europe, p . 1057. (26) Hoyer-Millar to Eden, 20 luglio 1945 , in B .P.O., Series I, voi. I , pp. 477482. (27) Gal/man to Byrnes, 12 ottobre 194S, in FRUS , 1945, voi. IV, Europe, pp. 1063-1064.


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glio dei Ministri degli Esteri e il conseguente stallo nella redazione dei trattati di pace rese negli ultimi mesi del 1945 particolarmente pressante l'esigenza di modificare lo stato giuridico dei rapporti tra gli Alleati e l'Italia, che non corrispondeva più in alcun modo a quello regolato dagli accordi armistiziali. Questa esigenza fu apertamente segnalata dal governo italiano, il quale, il 16 ottobre 1945 presentò a quello degli Stati Uniti una nuova richiesta formale di revisione tramite l'ambasciatore Tarchiani (28). Questa richiesta, e insieme il risentimento provocato dalla pubblicazione dei termini dell'armistizio,(29) indussero il governo americano a sollevare di nuovo il problema della revisione degli accordi armistiziali presso le grandi potenze. Nel dicembre di quello stesso anno lo State Department completò un progetto di accordo sostitutivo dell'armistizio, in gran parte analogo a quello redatto nello stesso torno di tempo dalla Commissione Alleata. In base a questo nuovo testo, il vecchio armistizio sarebbe stato abrogato e la Commissione Alleata sciolta ; sarehhero rimaste in attività le Sottocommissioni militari, alle dipendenze però del Quartier Generale Alleato in Italia, mantenendo i loro poteri di controllo sulle Forze Armate italiane; il governo italiano , infine, avrebbe sottoscritto una serie di impegni nei confronti dei governi alleati e delle Nazioni Unite. Quanto allo status giuridico delle truppe di occupazione alleate , sarebbe stato definito in accordi collaterali che il governo italiano avrebbe dovuto concludere con quelli inglese e americano (30). Le pressioni dello State Department per la realizzazione di

(28) Tarchiani a Acheson, 16 ottobre 1945, in FRUS, 1945, voi. IV, Europe, pp. 1069-1070. (29) E ntrambi i governi alleati erano riluttanti a rendere noto il testo degli accordi armistiziali , perché temevano l' impallo negativo che avrebbero potuto avere su ll 'opinione pubblica italiana, e ritenevano opportuno puhhlicarli o insieme all'annuncio di una loro revisione o insieme ad un documento che specificasse quali articoli degli armistizi fossero stati disapplicali e perciò da ritenersi non più in vigore. Fu scelta questa seconda strada, suggerita dal governo inglese, e i testi degli accordi armistiziali furono resi noti il 6 novembre 1945, insieme ad un pro-memoria alleato che specificava quali articoli dovessero considerarsi decaduti ; FRUS , 1945, voi. IV, Europe, pp. 1064-1069, 1071-1075, I076-I082. Come previsto, l'impatto sull'opinione pubblica italiana - ma anche su quella italo-americana - fu del lutto negativo, né valse la contemporanea pubblicazione del promemoria ad attenuarlo; « I liller aveva trattato la Francia meglio », titolò un giornale italo-ame ricano; cfr. MILLER, The U.S. and ltaly, cit. , p. 194. (30) Ryrnes to Kirk, 10 dicembre 1945, in FRUS, 1945 , voi. IV, Europe, pp. 1090-1091.


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questo progetto piegarono prima la resistenza del Foreign Office che, scettico sull'utilità di una simile iniziativa , continuava a sostenere che sarebbe stato preferibile sveltire i tempi della stesura dei trattati definitivi; poi , dopoché a Mosca il Consiglio dei Ministri degli Esteri dei tre grandi ebbe raggiunto un accordo sulla procedura da seguire per la preparazione dei trattati , anche il governo sovietico ritenne opportuno acconsentire alla richiesta americana senza porre ulteriori condizioni(31). Anche se , in effetti, alla ripresa dei lavori per i trattati definitivi la revisione dell'armistizio aveva perso molto della sua importanza originale, tuttavia il governo americano cercò di portare fino in fondo la propria iniziativa. Il progetto di accordo sostitutivo venne perciò presentato dal Segretario di Stato Byrnes alla prima riunione informale del Consiglio dei Ministri degli Esteri il 2 maggio 1946 e fu definitivamente approvato nella riunione del 15 dello stesso mese(32). li testo dell'accordo fu quindi inoltrato dall'ammiraglio Stone a De Gaspcri, c ad esso seguirono ai primi di giugno due proposte. l'una inglese e l'altra americana, relative allo status delle truppe di occupazione in Italia. Questi accordi collaterali furono giustificati dai governi alleati con la necessità di garantire alle loro truppe uno status giuridico che permettesse loro di conservare i privilegi fino aUora mantenuti in virtù del regime armistiziale; gli accordi sarebbero perciò rimasti in vigore per tutto il tempo occorrente al ritiro delle truppe di occupazione alleate dall' Italia, e fino a quando tali truppe fossero rimaste impegnate nell'occupazione della Venezia Giulia e dell'Austria(33).

2. Iniziative del governo italiano in relazione alle clausole militari del trattato di pace Nella prima sessione del Consiglio dei Ministri degli Esteri le delegazioni delle Grandi Potenze raggiunsero abbastanza facilmente

(3 1) La posizione inglese è riassunta in Winant to Bymes, 19 novembre 1945, in FRUS, 1945, voi. JV, Europe, pp. 1087-1088; quella sovietica in Kennan to Byrnes, 25 gennaio 1946, in FRUS, 1946, voi. IV, Western Europe, pp. 826-827. (32) FRUS, 1946, voi. V, Western Europe, pp. 842-843. (33) Sto11e a De Gasperi, 31 maggio 1946, in ASMAE, DGAP, Gran Bretagna 1946, busta 6, f. 7; la proposta d'accordo in ASMAE , DGAP, Gran Bretagna 1947, busta 23, f. 1. Draft Military and Civil Affairs Agreement between the United States a11d ltaly, 10 giugno 1946, in FRUS, 1946, voi. V, Western Europe, pp. 849-855.


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un accordo di massima sulle clausole militari da inserire nel trattato di pace con l'Italia. Prima che il Consiglio venisse bruscamente interrotto a causa dei contrasti sorti tra il Ministro degli Esteri sovietico e quello americano, furono dunque stabiliti i princìpi ai quali la formulazione dettagliata delle clausole stesse avrebbe dovuto attenersi: le Forze Armate italiane sarebbero state limitate allo stretto necessario per mantenere la sicurezza interna, garantire la difesa delle frontiere , fornire i contingenti che potessero venir richiesti dall'Organizzazione delle Nazioni Unite. Il Consiglio dei Ministri decise inoltre che l'entità di queste limitazioni fosse stabilita dai Supplenti dei Ministri sulla base della proposta di trattalo presentata dalla delegazione inglese e che un apposito apparato ispettivo dovesse essere istituito per verificarne l'applicazione (34). La presenza di De Gasperi a Londra, dove questi si era recato per presentare al Consiglio dei Ministri degli Esteri il punto di vista italiano sulla questione giuliana, consentì al governo italiano di essere sufficientemente informato sull'andamento dei lavori del Omsiglio stesso; al suo ritorno dalla Gran Bretagna, De Gasperi presentò al Consiglio dei Ministri una dettagliata relazione sulle proposte inglesi e americane in materia di armamenti, prospettando la possibilità che all'Italia venissero imposte limitazioni permanenti (35). Di fronte a questa eventualità, De Gasperi si chiedeva se non fosse preferibile, invece di attendere passivamente le imposizioni alleate, tentare di inserirsi nel dibattito tra i grandi e cercare di giungere ad una soluzione consensuale del problema, al fine di evitare limitazioni che avrebbero potuto anche rivestire carattere duraturo. Il Ministro degli Esteri italiano temeva infatti che Stati Uniti e Gran Bretagna, alla cui zona d'influenza l'Italia apparteneva, intendessero servirsi del trattato « per dare alla loro possibilità d'intervento nella politica interna italiana una base giuridica permanente». Proprio per evitare « impegni permanenti » De Gasperi propose di studiare la possibilità di adottare «preventivamente alcune misure sostanziali , corrispondenti, più o me no , sia a ciò che gli anglo-americani intendono imporci , sia a quel che riteniamo essere in materia le nostre esigenze ». Si sarebbero in tal modo sostituite soluzioni consensuali e concordate ad eventuali imposizioni, riducendo altresì

(34) FRUS , 1945, voi. 11 , Council of Foreign Ministers. London, pp. 210-211. (35) Riunione del Consiglio dei Ministri, 18 ottobre 1945, in ACS , Verbali delle riunioni del Consiglio dei Ministri.


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la possibilità di un controllo straniero sugli affari interni italiani (36). Alla proposta di De Gasperi furono mosse obiezioni dal gen. Cadorna , Capo di Stato Maggiore dell'Esercito. Questi la riteneva controproducente , contraria alla strategia da lui seguita fino a quel momento di dar prova di disinteresse, lasciando agl i alleati occidentali di affidarci, nella difesa dell'occidente, quel compito che avrebbero creduto opportuno, e ciò indipendentemente dalle clausole del trattato di pace (37).

In una riunione tenuta al Ministero della Guerra nei primi giorni del novembre 1945, presenti il Ministro della Guerra e quello degli Esteri, la proposta di De Gasperi fu ampiamente dibattuta. Cadorna ribadì di essere contrario alla formulazione di un « controprogetto » italiano: gli Alleati non sono in questo campo concordi , quindi è più che probabile che apertamente assumeranno il punto di vista russo e ci condanneranno a un semidisarmo. Senza il loro diretto aiuto non riusciremo mai a ricostituire un esercito modernamente efficiente: qualsiasi modesto progetto presentassimo dovrebbe sempre comprendere il nucleo di un esercito moderno: mezzi corazzati e aviazione, indispensabili tanto per l'offesa che la difesa attiva. Mezzi questi che gli alleati non ci consentiranno palesemente se non dopo il trattato di pace.

Era preferibile dunque, continuava Cadorna, persuadere gli inglesi a non indirizzare l'Italia verso un a politica militare che essi possono ritenere pericolosa, ove questa non sia da loro diretta e controllata. Detto procedimento li induce per conseguenza a spingerci verso uno sforzo militare, ciò che cominciano già a fare sottomano per lo meno per quanto riguarda l'addestramento del personale, li indurrà necessariamente a darci quei mezzi e quegli armamenti che non saremo più in grado di procurarci da noi; è inutile tentare di sottrarsi al loro controllo militare perché , per (36) De Gasperi al Minislro della Guerra, Conte ]acini, 12 novembre 1945, in ASMAE, DGAP, Italia - Conferenza della Pace 1946, busta 29, f.2. (37) Riunione al Ministero della Guerra, 10 novembre 1945, doc. cit. in CADORNA, La Riscossa, cit. p. 77.


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quel che riguarda la produzione di materiale bellico, dipenderemo interamente da loro(38).

Quando Cadorna e De Gasperi discussero questo problema, il governo italiano era già al corrente dell'intenzione alleata di contribuire all'allestimento di un Esercito di transizione (39) e Cadoma aveva perciò basi concrete su cui impostare una linea politica che privilegiasse questo rapporto sostanziale più che gli aspetti formali del trattato: si trattava di stimolare indirettamente la Gran Bretagna, con una proposta politica di « basso profilo» e non di aperte rivendicazioni, ad assistere le Forze Armate italiane e di accettare i vincoli che sarebbero stati imposti come inevitabili. Questa tesi dovette però sembrare politicamente improponibile a De Gasperi, che sentiva come particolarmente pressante la necessità di cautelare il governo dall'accusa di non aver tutelato a sufficienza gli interessi dell 'Italia e che quindi riteneva necessario impegnarsi per attenuare l'imposizione di limitazioni permanenti : egli in sostanza era dell'avviso che in quel momento obiettivo primario fosse l'emancipazione formale dell'Italia da ogni possibile vincolo ; impostazione, questa, che rispondeva d'altro canto alla linea politica perseguita dal governo , mirante a riscattare l'Italia dalla sua posizione di inferiorità mediante l'azione diplomatica e , al tempo stesso , volta a preservare gli equilibri interni alla coalizione governativa. Cadorna era pertanto isolato praticamente nel sostenere una linea politica alternativa a quella delle ape rte rivendicazioni , perché lo stesso Capo di Stato Maggiore Generale , Trezza ni , sembrava più incline a sostenere la scelta di De Gasperi. Per quanto consapevole della necessità di mantenere buoni rapporti con gli Alleati, al fine di allestire Forze .i\.rmate efficienti, anche Trezzani credeva nbbastanza ottimisticamente di poter abolire ogni supervisione futura concorda ndo con Stati Uniti e Gran Bretagna i limiti quantitativi e qualitativi del futuro apparato militare italiano (40). I primi approcci fatti dalla diplomazia italiana allo scopo di impostare una soluzione concordata rivelarono però quanto fosse poco realistica la convinzione di poter sostituire l'imposizione di (38) i bidem. (39) Cfr. Cap. II , par. 2 c relativa nota 28. (40) T rezzani riteneva che « il punto di vista alleato potrebbe essere accettato dimostra ndo di condividerlo, rendendo così inutile ogni controllo »: Linee fondamen tali del futuro Esercito Italiano, 23 dicembre 1945, in AUSSME, Diario Storico SMG, 1945, voi. 1.


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limitazioni formali con accordi bilaterali tra l'Italia e le grandi potenze. Un cauto accenno fatto a questo proposito dall'amm. De Courten al ministro della marina americana Forrestal non ebbe alcuna risposta, né miglior sorte ebbe la proposta fatta da De Courten all'ammiraglio inglese Cunningham, al quale era stato esplicitamente prospettato di «fare oggetto di un piano organico concordato » la riduzione della flotta italiana ( 41). All'ambasciatore Tarchiani , infine, che aveva fatto presente la possibilità di stabilire una riduzione degli armamenti italiani attraverso « amichevoli trattative tra Londra e Roma », l'ambasciata inglese a Washington rispose che il governo britannico doveva insistere per includere nel trattato proprio quelle disposizioni che all'Italia sembravano più vessatorie , allo scopo di ottenere l'inserzione di clausole analoghe nei trattati con gli stati balcanici (42). Il fallimento di questi tentativi non spense però del tutto le speranze di ottenere una soluzione consensuale al problema degli armamenti italiani. Una nuova possibilità sembrò infatti presentarsi quando , agli inizi del marzo 1946, il governo italiano fu' ufficialmente invitato a far conoscere al Consiglio dei Supplenti dei Ministri degli E ste ri il proprio punto di vista su varie questioni attinenti . al trattato , fra le quali anche quelle di carattere militare(43). Si trattava di una iniziativa americana per garantire all'Italia il diritto di esporre formalmente le proprie rivendicazioni, e la delegazione americana al Consiglio dei Supplenti ritenne opportuno suggerire anche il modo migliore per la presentazione delle richieste da parte del governo italiano: i memoriali dovevano mettere in evidenza i meriti acquisiti dalle Forze Armate durante la cobelligeranza e sottolineare sia le intenzioni difensive dell'Italia per il futuro , sia le pressanti esigenze finanziarie che avrebbero certamente impedito forti spese militari(44). L'iniziativa americana fu interpretata dall'Italia come un'ulteriore opportunità per tentare di evitare l'inclusione di limitazioni permanenti nel trattato; questa interpretazione , del resto , sembrava

(41) BERNARDI, La Marina, cit., pp. 250-253 . (42) Tarchiani al Ministero degli Esteri, 24 gennaio 1946, in ASMAE , DGAP, Italia - Conferenza della Pace 1946, busta 29, f.1. (43) Ministero degli Esteri al Ministero della Guerra, 7 marzo 1946, in AUSSME , 1/4, racc. 58, cart. 2. (44) Ministero degli Esteri al Ministero della Guerra, 19 marzo 1946, in AUSSME, 1/4, racc. 58, cart. 2.


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legittimata dalle informazioni provenienti dai diplomatici italiani: in considerazione del fatto che l'Unione Sovietica sembrava non esercitare alcuna pressione per il disarmo dell'Italia, l'ambasciatore Carandini, ad esempio, riteneva che fosse in atto una «sostanziale evoluzione» della situazione in senso favorevole all'Italia (45) . I memorandum che le Forze Armate elaborarono per il Consiglio dei Supplenti furono perciò redatti , come scriveva Trezzani in una lettera a De Gasperi, con il proposito di evitare l'inclusione di « clausole limitative permanenti » da sostituire con « impegni liberamente assunti , nei limiti dei programmi alleati»(46). Sottolineando però il rischio insito nel formulare per primi proposte che potevano «o apparire eccessive e provocare dannose reazioni » o risultare inferiori a quanto gli stessi Alleati erano disposti a concedere, Trezzani riteneva « pericoloso e compromettente» contenere le richieste italiane e ntro limiti modesti al fine di evitare controlli futuri e andare incontro ai punti di vista alleati; sensibile alle ripercussioni politiche che un siffatto atteggiamento avrebbe potuto avere, il Capo di Stato Maggiore Generale temeva che in futuro si potessero incolpare i politici italiani « di aver disarmato il paese, al di là di quanto fosse reso necessario dalla situazione contingente ». Trezzani riteneva quindi opportuno formulare delle richieste che, evidenziando il diritto italiano all'autodifesa , potessero assicurare una prima protezione del territorio nazionale. . in attesa dell'intervento politico-militare dell'U.N.O. (sic).

Di qui la necessità di cercar di evitare le clausole limitative di cui sopra e di sostituirle con accordi consensuali di carattere transitorio, sulla base dei programmi delineati nei memorandum. « Le richieste per l'Esercito » - si legge nella relazione Trezzani « [sorpassavano] la situazione di fatto. .. e [potevano] sembrare eccessive»: si trattava però di un programma in gran parte da realizzare, mentre quelle per la Marina e l'Aeronautica costituivano un tentativo di mantenere lo stato attuale di relativa efficienza. Il Capo di Stato Maggiore Generale avvertiva tuttavia che questi programmi non rappresentavano la «vera soluzione del problema militare italiano, ma ... un compromesso» tra due « termini insuperabili ... volontà (45) Ministero degli Esteri al Ministero della Gue"a, 9 marzo 1946, in AUSSME, 1/4, racc. 58, cart. 2.

(46) Trezzani a De Gasperi, 2 aprile 1946, in AUSSME, 1/4, racc. 58, cart. 3 (Documento 9 allegato).


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degli Alleati e possibilità finanziarie»; di questi due termini, quello delle possibilità finanziarie era stato trascurato nella preparazione dei memorandum sia perché - continuava Trezzani - è pressoché impossibile fare un computo esatto, o attendibile, della portata finanziaria, sia perché se noi ci basassimo rigidamente sulle nostre possibilità finanziarie dovremmo tenerci molto al di sotto delle stesse presumibili concessioni alleate, senza poter, in avvenire, chiedere aumenti senza l'accusa degli stranieri di volerci sottrarre agli impegni assunti e degli italiani di non aver tutelato a tempo i nostri interessi . In conseguenza anche sotto questo aspetto è necessario chiedere il massimo mettendo bene in chiaro che non dobbiamo essere costretti a realizzarlo subito ( 47).

L'obiettivo prioritario, per quanto atteneva le Forze Armate, era dunque « la reintegrazione dell'Italia nella situazione di stato sovrano ed indipendente , senz;:i vincoli di condizioni perduranti nel tempo e lesive della sua sovranità»; questa la condicio sine qua non perché l'Italia potesse entrare a far parte a pieno titolo delle Nazioni Unite e quindi usufruire, al pari degli altri stati , del diritto di autodifesa (48) . Approvati da De Gasperi, i memorandum redatti dalle Forze Armate furono inoltrati al Consiglio dei Supplenti. Un raffronto fra le richieste in quelli contenute e le clausole del trattato di pace dimostra l'infondatezza de11'aspirazione italiana a negoziare la sostituzione di limitazioni permanenti con accordi consensuali: sebbene infatti molte delle richieste italiane fossero sostanzialmente accettate , non fu accolto il principio, al quale il governo italiano attribuiva particolare importanza, della sostituzione delle clausole militari con impegni bilaterali. I memorandum presentati dal governo italiano , accogliendo i suggerimenti americani, insistevano sul ruolo svolto dalle Forze Armate durante la cobelligeranza, sul fatto che l'Italia, economicamente prostrata, non avrebbe comunque allestito Forze Armate in grado di minacciare i propri vicini , sul diritto all'autodifesa e all'inserimento a pieno titolo nei futuri schemi difensivi delle Nazioni (47) Ibidem. (48) Memorandum «Considerazioni relative all'ordinamento delle Forze Armate i1aliane nei riguardi del trattato di pace », 2 aprile 1946, in A USSME , 1/4, mcc. 58, cart. 3.


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Unite ; in particolare si chiedeva per l'Esercito un tetto di 236.000 uomini e nessuna limitazione specifica sul tipo di armi che avrebbe avuto in dotazione (49). Il progetto di trattato sottoposto dal Consiglio dei Ministri degli Esteri alla Conferenza della pace nel luglio 1946, e successivamente approvato, prevedeva invece un limite massimo di 185.000 uomini per l'Esercito e 65.000 per i Carabinieri, con la possibilità di aumentare di 10.000 unità l'uno dei due contingenti a scapito dell'altro. In sostanza la richiesta italiana subiva una riduzione di circa 40/50.000 uomini che avrebbero dovuto svolgere il ruolo di «forza di copertura alle frontiere»; veniva inoltre stabilito che la dislocazione dei reparti sul territorio nazionale dovesse rispondere a criteri difensivi e di mantenimento dell'ordine pubblico e, dietro insistenza francese , che l'Italia non potesse disporre di più di 200 carri armati medi e pesanti; ancora, venivano vietate le formazioni paramilitari di ogni genere , ma non si imponevano restrizioni in merito alla forma di reclutamento che il governo volesse adottare(50). Lo Stato Maggiore dell'Aeronautica aveva suggerito nel proprio memorandum un'organizzazione transitoria di 3 stormi da caccia su 198 aerei , 3 stormi da esplorazione e bombardamento leggero su 96 aerei e 2 stormi per idrosoccorso su 64 aerci(51); il progetto di trattato del Consiglio dei Ministri degli Esteri , così come il testo definitivo, consentiva invece di schierare 200 tra caccia e ricognitori e 150 tra aerei da trasporto, addestramento e soccorso, per un numero complessivo di velivoli non superiore a 350; vietava inoltre all 'Italia di avere aerei da bombardamento , ma non la possibilità di usare i caccia come caccia-bombardieri(52). Molto più drastiche , rispetto al programma proposto dallo Stato Maggiore della Marina , furo no le limitazioni imposte alla flotta. Lo Stato Maggiore aveva presentato un programma di autoriduzione che mirava a disporre di una flotta di circa lOOmila tonnellate tramite eliminazione e sman(49) Considerazioni relative alt' Esercito nei riguardi del trattato di pace, aprile 1946, in AUSSME, 1/4, racc. 58, cart. 3. (50) Clausole militari del trattato di pace, rapporto del col. Bruno e del magg. Tessitore, esperti militari della Delegazione italiana a Parigi, 18 giugno 1946, in AUSSME, 1/3, racc. 210. Draft Treaty Prepared by lhe Council of Foreign Ministers, in FRUS, 1946, voi. IV, Paris Peace Conference Documents, pp. 16-24. (51) Considerazioni relative all'aviazione militare italiana nei riguardi del trattato di pace, 4 aprile 1946, in AUSSME, 1/3, racc. 210. (52) Clausole militari del trattato di pace, Rapporto Bruno-Tessitore, 18 giugno 1946, in AUSSME, 1/3, racc. 210.


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tellamento di unità antiquate ed eventuali risarcimenti nei confronti delle marine danneggiate nel corso del conflitto; suggeriva inoltre che le vecchie corazzate, del tipo «Doria» , le fossero lasciate come navi-scuola e che le nuove, tipo « Vittorio Veneto », fossero messe a disposizione delle Nazioni Unite(53). li progetto di trattato fissava invece un tonnellaggio complessivo di 106.756, comprensivo però delle vecchie corazzate (circa 48.000 tonnellate); in tal m odo la flotta concessa all'Italia risultava inferiore di quasi 50.000 tonnellate a quella sugge rita . Inoltre il trattato sanciva la ripartizione di buona parte della flotta tra ie grandi potenze a titolo di « bottino di guerra », lascia ndo alla Marina italiana solo alcune delle unità più antiquate(54) . Veniva infine fatto divieto alla Marina di intraprendere nuove costruzioni per un periodo di cinque anni e le veniva imposto di smantellare tutti i sottomarini di cui disponeva così come tutte le altre navi di superficie non incluse tra quelle consentite o destinate alle grandi potenze . Vi fu dunque uno scarto sensibile tra le proposte itdtianè e quanto concesso da! tratt~tc di pace; ta!c ~(::1rtn ft! invece molto minore nei confronti dell'Esercito e dell'Aeronautica, le cui richieste furono in parte accolte. Tale era , del resto , l'opinione dell'a mbasciatore Lupi Meli d i Soragna , che verso ìa fine di giugno del 1946 faceva notare al Ministero degli Esteri come la Sottocommissione p er gli Affari Militari e Aeronautici avesse tenuto conto delle proposte italiane « in vari punti » e concludeva: non mi sembra che ci sia per noi ragione di essere troppo sfavorevolmente impressionati ; soprattutto se la tesi sovietica,

(53) Considerazioni relative alla Ma rina militare nei riguardi del trattato di pace, aprile 1946, in AUSSME , 1/4, racc. 58, cart. 3. (54) Dra/1 Peace Treaty Prepared by the Council of Foreign Ministers, in FRUS, 1946, voi. IV, pp. 19-22; BERNARDI , La Marina, cit. pp. 237-308. Dato l' interesse delle potenze alla spartizione della flotta italiana, non sembra che la mancata presentazione del memorandum redatto dallo Stato Maggiore della Marina per il Consiglio dei Supplenti dei Ministri degli Esteri possa aver influito sulla decisione finale ; tuttavia il Ministro della Marina De Courten, informato « da fonte alleata » della mancata presentazione del memorandum, riteneva che il fatto non poteva «non aver esercitato una dannosa influenza sulle decisioni concretate a Parigi » e chiedeva « esemplari sanzioni » contro l'ambasciatore Carandi ni , che , responsabile dell'inoltro del documento al Consiglio dei Ministri degli Esteri, si era invece recato in Italia per seguire il Congresso Nazionale del Partito Liberale: De Courten a De Gasperi, 30 aprile 1946 , in ASMAE , DGAP, Italia-Conferenza della Pace 1946, b. 30, f .1.


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contraria alla costituzione di una commissione per la verifica delle clausole militari, verrà accettata(55).

Opinione analoga, basata sul mero raffronto tra le richieste italiane e le decisioni del Consiglio dei Ministri degli Esteri , era espressa anche dai militari inviati dal governo italiano a Parigi per seguire i lavori del Consiglio stesso(56).

3. Le reazioni italiane alle clausole militari del trattato di pace e alla proposta di revisione del!'armistizio Ben diversa fu però la reazione del governo italiano , una volta che le clausole militari furono conosciute nella loro interezza, perché, come fece notare De Gasperi, queste lasciavano l'Italia «completamente indifesa »(57). Le proteste del governo e degli Stati Maggiori si incentrarono soprattutto su quelle clausole che semhravano negare all'Italia perfino il diritto all'autodifesa, vale a dire la smilitarizzazione delle frontiere , e sulle conseguenze strategiche delle modifiche territoriali . Il Consiglio dei Ministri degli Esteri aveva infatti finito per cedere alle richieste francesi di imporre all'Italia la smilitarizzazione di una fascia di 20 chilometri alla frontiera occidentale e aveva poi esteso questa sanzione anche alla frontiera orientale dopoché l'Unione Sovietica aveva condizionato la sua approvazione all'accoglimento di una misura analoga per la frontiera italo-jugoslava(58). Queste limitazioni, ma soprattutto il nuovo tracciato che il trattato stabiliva per le frontiere e in particolare per quella orientale, sembravano rendere impossibili perfino quei limitati compiti di autodifesa ipotizzati in precedenza. Va ricordato, (55) Ministero degli Esteri allo Stato Maggiore Generale, 30 giugno 1946, in AUSSME, 1/3, racc. 210. (56) Trattato di pace - Questioni militari, Ministero degli Esteri a Stato Maggiore Generale e Ministeri Militari , 14 maggio 1946, in AUSMME, I/3, racc. 214, cart. 3. (57) Seduta del Consiglio dei Ministri del 31 luglio 1946, in ACS, Verbali delle riunioni del Consiglio dei Ministri. (58) Notava la delegazione inglese che, prima di proporre la smilitarizzazione della frontiera italo-jugoslava, la delegazione sovietica attese di vedere «quanto la Francia avrebbe ottenuto di ciò che aveva richiesto »; la richiesta , «molto più drastica di quella francese» , fu dunque presentata quando le discussioni sulle proposte francesi erano ad uno stadio avanzato». Complessi negoziati, che richiesero l'intervento degli stessi Ministri degli Esteri , permisero di modificare le richieste in senso più vagamente favorevole all'Italia: The Military and Air Side, cit. in PRO, DEFE 5/1.


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infatti , che anche lo studio sulle forze minime indispensabili per la difesa delle frontiere si basava sulla permanenza delle frontiere esistenti e di massicce opere di fortificazione. Le rettifiche imposte alla frontiera occidentale, scriveva il ge n. Cadoma , corrispondevano al disegno cullato da molto tempo dallo Stato Maggiore francese di migliorare le condizioni di sbocco nelle vallate alpine del Piemonte per assicurarsi un vantaggio strategico sull'Italia; quanto alla nuova frontiera orientale , era «quanto di più deprecabile ci potessimo attendere nel campo militare », dal momento che il nuovo andame nto del confine rendeva impossibile impostare la difesa sulla linea dell'Isonzo, e l'intera linea retrostante non si prestava affatto ad allestire apprestamenti difensivi: una linea di difesa avrebbe potuto forse essere disposta sul Tagliamento , ma per renderla efficiente l'Italia non avrebbe dovuto essere limitata dalle clausole militari del trattato. Con i due confini aperti, concludeva Cadorna , le forze disponibili potranno solo fare una modesta copertura in corrispondenza di una delle due frontiere: ... sono ncll'impossihilità assoluta di salvaguardare il territorio nazionale(59).

Analoga opinione era espressa dal Capo di Stato Maggiore Generale a D e Gasperi: le « rettifiche di frontiera » volute dallo Stato Maggiore francese miravano a porre l'Italia « in condizioni di assoluta soggezione militare», mentre la soluzione escogitata per la frontiera orientale rendeva « vano qualsiasi tentativo di difesa» e creava « pessime condizioni di partenza all'eventuale intervento delle misure reattive eventualmente decise dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite». In una riunione tenuta al Ministero degli Esteri alla fine dd lugUo 1946, Trezzani concludeva che « trovandosi l'Esercito nella materiale impossibilità di difendere anche per breve tempo i confini deJla patria e vole ndo essere rigidamen te conseguenti » non restava « che abolire le Forze Armate e dichiarare l'Italia stato neutrale»(60). Le valutazioni dei militari venivano pienamente condivise da De Gasperi, che in sede di Consiglio dei Ministri dichiarò le clausole essere « assolutamen te oltraggiose» in quanto lasciavano « l' Italia

(59) Cadoma a Trezzani, promemoria del 29 luglio 1946, in AUSSME , 1/4, racc. 58, cart. 3 {Documento 10 allegato) . (60) Trezzani a De Gasperi, 29 luglio 1946, in ASMAE , DGAP, ltalia-Confcn:nza della Pace 1946, b. 29, f. 1.


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indifesa e senza alcuna garanzia »(61). Mentre le restrizioni militari costituivano, sì, un gravame e un vincolo alla sovranità nazionale, che però avrebbe potuto essere rimosso con il passare del tempo , le modifiche alle frontiere venivano interpretate come un tentativo di porre l'Italia in una sorta di condizione d'inferiorità permanente , rendendola incapace di difendersi. Quanto alle smilitarizzazioni , Cadoma riteneva che si potessero accettare « quelle clausole tendenti a limitare la nostra capacità offensiva », ma che si dovessero rifiutare quelle «tendenti ad impedire la difesa del nostro territorio :»(62) . Accanto alla valutazione del tutto negativa di militari e politici di fronte alle clausole militari , sembra da sottolineare l'esigenza del gove rno di non offrire argomento a possibili critiche di cooperazione alla stesura del trattato_ Quest'esigenza e ra particolarmente avvertita da D e Gasperi e dagli altri ministri che sentivano crescere nell'opin ione pubblica il risentimento contro la pace che sa rebbe stata imposta all'Italia e riteneva no necessario evit:ne che in quakhc modo si accusasse il gove rno di aver supina mente accettato il trattato o addirittura collaborato alla sua redazione. La medesima esigenza indusse i! gove rno a respingere, sia pure indi rettamente. la proposta di revisione dell 'a rmistizio e i relativi accordi colla te rali , elaborati dagli Alleati nei mesi precedenti , giudicati troppo onerosi_ Si riconosceva , è vero , che il p rogetto a mericano era molto più vantaggioso di quello inglese, poich é addebitava al governo di Washington la parte maggiore delJe spese necessarie al mantenimento delle truppe di occupazione, modificando in tal modo il regime precede nte; tuttavia semhrava che ambedue le proposte riservasse ro pote ri troppo ampi alle truppe di occupazione , sproporzion ati alle asserite esigenze di salvagua1Jia Jdic iinee di comunicazione con l'Austria e la Venezia Giuli a. Su questo punto i giudizi dei funzionari del Ministero degli Esteri e del Capo di Stato Maggiore Generale furono pressoché unanimi : no tava Trezzani che , dal punto di vista militare , con il nuovo regime giuridico definito dall'accorcio sostitutivo e dai due aewrdi colla terali non cambiava nulla rispetto ai termini dell'armistizio e che « gli inglesi [e rano] liberi cli fare e disfare tutto quello che [volevano], non solo , ma si lriservavano] ampia

(61) Seduta del Consiglio dei Ministri del 6 agosto 1946, in ACS , Verbali delle riunioni del Consiglio dei Ministri. (62) CADORNA , La riscossa, cit. , pag. 82.


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facoltà di controllo degli armamenti italiani »(63). Con l'unica differenza, notava il ministro Zoppi, che l'Italia avrebbe dovuto «liberamente sottoscrivere» questo stato di cose, mentre fino a quel momento ciò le era stato imposto dall 'arrnistizio(64). La proposta alleata, quindi , generò diffidenza e disappunto, tanto più che giunse in un momento in cui gli sforzi del governo itaLiano tendevano a riconquistare la piena indipendenza e sovranità nazionale. Il timore che gli Alleati intendessero servirsi dell'Italia come base strategica, del resto, e mirassero a garantire alle loro truppe diritti e privilegi neH'uso dei porli e delle linee Ji comunicazione italiani , e ra stato affacciato in più d'una occasione dalla diplomazia italiana. Nell'aprile del 1946 l'ambasciatore a Mosca Quaroni affermava di esser convinto che gli Stati Uniti e la Gran Bretagna volessero ridurre al minimo le Forze Armate italiane per poi «imporre tutta una bella serie di basi aeree e navali » e « cucinarci nella migliore salsa egiziana »(65); e nel luglio successivo , commentando l'Aeronautica notava come l'alto numero di truppe concesse all'aviazione rispetto agli aerei consentiti facesse intravedere la volontà di :,ervin,i dd per:.unak e degli ae roporti ilaiiani come di basi per le linee aeree alleate e come questo fatto «potesse mascherare l'intendimento alleato di prevedere e preordinare facilitazioni ad eventuali schieramen ti di forze aeree proprie su territorio nazionale(66). Le proposte anglo-america ne vennero perciò interpretate come volte a imporre ulteriori restrizioni alla sovranità nazionale italiana , e quella inglese in particolare fu giudicala troppo gravosa pe r il bilancio e accusata dalle sinistre di voler compromettere l'indipendenza italiana e trasfomiare l'Italia in una base militare britannica introducendo « un regime gi udiziario di capito lazione, il regime cioè che esiste ne i paesi coloniali »(67); poiché , d 'altra parte , sembrava

(63) Trezzani a De Gasperi, 19 giugno 1946, in ASMAE , DGAP, Gran Bretagna 1946, b.6, f.7. (64) App unto del 13 giugno 1946, in ASMAE, DGAP, Gran Bretagna 1947, b.23. (65) Quaroni al Ministero degli Esteri, 15 aprile 1946, in ASMAE , DGAP, Italia-Conferenza della Pace 1946, b.29, f.1. (66) Considerazioni sul trattato di pace, inviate dal Ministero dell 'Aeronautica allo Stato Maggiore Ge nerale , 31 luglio 1946, in AUSSME, U4, racc. 58, cart. 3. (67) L'accusa venne dall'organo del Partito Comunista, «l'Unità»: un primo articolo comparve nel numero del 16 giugno 1946 col titolo «Inaspettato progetto britannico per la colonizzazione dell ' Italia. Le clausole del nuovo accordo militare pro-


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ormai legittimo aspettarsi la conclusione del trattato di pace entro pochi mesi, il governo italiano preferì non firmare né l'accordo sostitutivo dell'armistizio né gli altri due impegni collaterali. Il Ministro degli Esteri adottò a questo fine una tattica dilatoria, chiedendo ad entrambi i governi alleati di rivedere soprattutto gli aspetti finanziari delle loro proposte in senso più favorevole all'Italia: il progetto finì pertanto per essere gradualmente accantonato, se pure non mancò qualche sporadico te ntativo di riportarlo alla luce ogni qualvolta sembrarono profilarsi nuovi ostacoli alla conclusione dei trattati (68). Non si può escludere che questo fosse proprio il risultato che il governo inglese si era prefisso: poiché il Foreign Office aveva sempre osteggiato la proposta di una revisione dell'armistizio per timore che potesse perdere i vantaggi con esso conseguiti prima che fosse concluso il trattato di pace definitivo , non è improbabile che da parte inglese si fosse deciso di vincolare la revisione dell'armistizio cill'accettazione di un accordo collaternle formulato in termini tali da rendere verosimile il suo rifiuto da parte del governo ita liano; mentre d'altra parte, se l'Italia avesse accettato sia l'accordo sostitutivo sia quello relativo allo status delle truppe di occupazione , avrebbe concesso alla Gran Bretagna vantaggi tali da compensarla abbondantemente di quanto concedeva in sede di revisione dell'armistizio. Qualunque fosse l'intenzione del Foreign Office, la mancata revisione degli accordi armistiziali contribuì ad accentuare la scarsa chiarezza dei rapporti tra l'Italia e gli alleati occidentali, accrescendo a nzi sospetti e ambiguità. Tutto ciò mette bene in evidenza le difficoltà crescenti del governo italiano, i cui margini di ma novra erano sempre più ristretti dalle pressioni alleate da un lato e dall'a ltro dalie critiche nazionalistiche·, mossegli tanto dalle destre quanto dalle sinistre. posto dal governo inglese aggravano il vecchio armistizio e compromettono la nostra indipendenza ». Due giorni dopo , l'organo del PCI pubblicava un secondo articolo, « Per la nostra indipendenza», in cui si sostcneva che con l'accordo «l'Italia intera veniva trasformata in una base militare britannica». ASMAE, DGAP, Gran Bretagna 1947, b.23, f.1. (68) La giustificazione ufficiale italiana fu che i progetti ponevano «gravi problemi di carattere interno e inte rnazionale, destinati a sollevare serie apprensioni e contrasti nel paese»; Nenni alle ambasciate di Parigi, Washington, Londra, 30 ottobre 1946, in ASMAE, DGAP, Gran Bretagna 1946, b.6, f.7. Tarchiani e Carandini ritenevano invece che il governo italiano dovesse rivedere la propria posizione su questo punto: Caffery to Byrnes, 23 ottobre 1946, in FRUS, 1946, voi. V , Western Europe, pp. 864-865.


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TI problema di come conciliare l'esigenza di tutelare gli interessi dell'Italia con quella di mantenere un atteggiamento che non esponesse il governo all'accusa di aver collaborato alla formulazione del trattato si pose nuovamente quando l'Italia fu invitata a presentare il proprio punto di vista alla Conferenza della Pace, indetta a Parigi dal 29 luglio al 15 ottobre 1946. La delegazione italiana alla Conferenza adottò una linea politica che privilegiava soprattutto la salvaguardia della posizione del governo, allo scopo di non dare l'impressione che « avanzare proposte significasse condividere il trattato »(69). Sia il discorso tenuto da D e Gasperi ài fronte ail' Assemblea Generale della Conferenza il 10 agosto , sia quelli tenuti dai rappresentanti delle Forze Armate il 12 settembre in sede e.li Commissione Militare , furono dunque improntati a questo spirito di rifiuto di ogni corresponsabilità verso il testo formulato dai Ministri degli Este ri delle Grandi Potenze(70). I documenti e i memorandum sottoposti dal governo italiano alla Conferenza miravano però anche ad attenuare l'impatto del tratta to, quarido non a modificarlo sosta nzialmente. Nel caso della flotta , si chiedeva infatti che all 'Italia venisse lasciato un numero maggiore di navi rispetto a quello consentito e, al iinc di evitare l'umiliazione di cederne un'aliquota a titolo di bottino di guerra , ci si impegnava a rimpiazzare con unità della Marina italiana le eventuali perdite navali inflitte alle Nazioni Unite durante il conilitto. Per le clausole relative all'Aeronautica e all'Esercito, si chiedeva di limitare la smilitarizzazione delle zone di frontiera alle zone dotate di capacità offensiva , e di escludere dai limiti stabiliti per il numero di apparecchi da caccia e di carri armati le aliquote necessarie alla costituzione delle riserve(71).

(69) Verbale della riunione intervenuta all'ambasciata d'Italia a Parigi il giorno 7 agosto /946, io ASMAE, DGAP, Italia 1946, b.35, f.5. Notava il gen. Cadoma: « Ho l'impressione che all'interno della nostra delegazione si fa strada un certo timore che l'acquiescenza di fronte a un trattato iniquo porti vento nelle vele del qualunquismo o di qualsiasi altro movimento di carattere nazionale» ; CADORNA, La riscossa, cit. , p. 83. (70) Dichiarazioni del Presidente del Consiglio on. A lcide De Gasperi all'Assemblea Generale della Conferenza di Parigi, e Dichiarazioni del Comandante Giuriati, a nome dell'Ammiraglio De Courten, alla Commissione militare sulle clausole navali, in VEDOVATO , Il Trattato di Pace, cit., pp. 491 -499 e 512-520. Gli interventi degli altri rappresentanti militari italiani in ASMAE , DGAP, Italia-Conferenza della Pace, 1946, b.67, f.2. (71) Observations on the Draft Peace Treaty Submitted by the ltalian Delegation, Memorandum on the Military Clauses, in FRUS , 1946, IV, pp. 167-179.


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Né queste richieste né gli emendamenti a favore delJ'Italia presentati alla Commissione militare da alcune delle potenze minori partecipanti alJa Conferenza valsero a cambiare il trattato(72) , e difficilmente avrebbe potuto essere altrimenti, perché questo era il risultato di un compromesso tra le esigenze delle grandi potenze che, nella migliore delle ipotesi , avrebbe potuto essere modificato solo nelle sue parti non sostanziali_ Il trattato di pace , nel suo insieme , fu giudicato molto negativamente dal governo italiano anche allo scopo di prevenire « il rischio che la protesta <ld govt=rnu ... restasse inferiore al grido di angoscia del paese » e che si creasse nel paese stesso un movimento nazionalista tale da compromettere la posizione del governo(73). Quest'atteggiamento da parte delle autorità politiche italiane, compre nsibile di fronte alla sorte riserbata a Trieste e alla Venezia Giulia o all'incerto destino delle colonie , sembra più difficile da giustificare q ua ndo lo si riferisca alle clausole militari ; a me no che non lo si consideri !nt1uenz:1tc d:-:! giudizio ncgrit~vo formulato sul trattato

di pace nel suo insieme. Il trattato in realtà non incideva sulla sostanza delle possibilità di difesa dell 'Itali a, all'epoca addirittura inferiori a quellt= rnnse ntite dalle clausole militari ; ne condizionava, è vero , lo sviluppo futuro vincolando la rimozione di tali clausole all 'asse nso delle grandi pote nze, ma nemmeno questo aggiungeva nulla di nuovo alle aspettative degli Stati Maggiori , i quali si erano già convinti dell'impossibilità di impostare una politica di difesa del tutto autonoma e indipende nte. Fu piuttosto l'impa tto complessivo del trattato a causare amarezza e risentimento, in quanto esso, ribadendo la posizione di subordinazio ne dell'Itali a, incidendo in profondità sulla sua sovranità nazionale, vincolando la sua politica estera futura, a ndava contro le premesse stesse d ell'azione di politica estera svolta dal governo , imposta ta sul presupposto che l'Italia, avendo già in parte recuperato lo status perduto, potesse aspirare ad essere presto ria mmessa tra le altre potenze da pari a pari . Invece la rimozione di tutto ciò che aveva costituito il fondamento delle aspirazio ni italia ne al ruolo di grande potenza - le colonie , la flotta - e le limitazioni alla propria sovranità nazionale, implicite nella smilitarizzazione e nelle limitazioni degli armamenti , costringevano (72) Report of the Military Commission, 5 otto bre 1946, in FRUS, 1946, IV, pp. 412-419. (73) Dichiarazione del Ministro Facchinetti alla seduta del Consiglio dei Ministri del 14 novembre 1946, in ACS, Verbali delle riunioni del Consiglio dei Ministri.


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la classe politica italiana a un severo ridimensioname nto della propria visione del rapporto tra l'Italia e il contesto internazionale. Per quello che riguardava le clausole militari, in particolare si trattava di prendere ormai atto di una sgradevole realtà , quella dell'assoluta vulnerabilità dell'Italia, il cui superamento era vincolato ai rapporti con gli Alleati e incideva perciò sulle future capacità di manovra del governo: era esattamente quello che De Gasperi aveva tentato di evitare sostituendo alle restrizioni formali accordi consensuali.



CAPITOLO QUARTO

UNA «DOTIRINA TRUMAN » PER L'ITALIA?

1. La progressiva riduzione degli impegni inglesi

Nell'arco del 1946 il governo laburista inglese , mentre venivano negoziati i trattati di pace, discusse ripetutamente l'estensione degli impegni militari cui la Gran Bretagna era chiamata a far fronte. Sostanzialmente, si fronteggiavano all'interno del gabinetto Attlee due tendenze contrapposte, che facevano capo l'una al Segretario di Stato Ernest Bevin, l'altra al Ministro del Tesoro Hugh Dalton(l). Quest'ultimo auspicava una netta, drastica riduzione delle spese per la difesa, in modo da poter concentrare le sempre più scarse risorse dell'economia britannica sui programmi di costruzione del welfare state, obbiettivo principale della politica laburista; a questo fine Dalton, e con lui l'intera ala sinistra del partito, riteneva opportuno instaurare una politica estera di franca e cordiale amicizia con l'Unione Sovietica, perché solo in tal modo sarebbe stato possibile l'auspicato ridimensionamento delle spese militari(2) . Bevin, invece, si mostrava molto scettico sulla possibilità di stabilire una collaborazione sincera e leale con la Russia e riteneva opportuno che la Gran Bretagna disponesse di forze armate considerevoli almeno fino a quando non si fossero conclusi i negoziati relativi ai trattati di pace per non dover subire alcun genere di pressioni sul tavolo delle trattative(3) ; il Segretario di Stato riteneva altresì che un atteggiamento

(1) Per un inquadramento generale del problema, cfr. Lord Alan BULLOCK, Ernest Bevin. Foreign Secretary 1945-1951, London, Heinemann, 1983, in particolare alle pp. 323-324 e 347-351. (2) 1st Meeting of the Defence Committee, 11 January 1946; 3st Meeting, 21 January 1946, 28 Meeting, 17 october 1946, in PRO , CAB 131 , 1946. {3) 1st Meeting of the Defence Committee, cit.


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fermo e intransigente costituisse il modo miglio re per convincere i leaders sovietici della determinazione inglese a mantenere le proprie posizioni e quindi per impostare una politica di effettiva coesistenza pacifica . In realtà, come è stato scritto da Lord Bullock, Bevin impostava la sua politica estera sull'ipotesi che la Gran Bretagna continuasse a disporre delle ri sorse necessarie ad ostacolare le manovre sovietiche fino al momento in cui gli Stati Uniti non avessero deciso definitivamente di appoggiare la politica estera inglese: in tale modo, presentandosi come un fronte compatto , le due potenze anglosassoni avrebbero potuto indurre l'Unione Sovietica ad una maggiore collaborazione. Due variabili rendevano però questa ipotesi alquanto incerta: pe r quanto tempo la Gran Bretagna avrebbe potuto far fronte alle esigenze del ruolo di principale antagonista dell'URSS con le sue sole risorse e, soprattutto , se e quando l'amministrazione Truman avrebbe deciso di adottare una politica di confronto con l'Unio ne Sovietica e di sostegno delle posizioni inglesi (4). Fino agli inizi del 1947, infatti , il governo degli Stati Uniti. continuò a dar segni contrastanti sul futuro de lla propria azione di politica estera, anche se la maggior parte delle indicazioni sembravano preludere alla adozione di una linea di dure:aa nei confronti di Mosca. Man mano che proseguivano i negoziati sui trattati e aumentavano i punti cli contrasto con l'Unione Sovietica sulla scena internazionale, l'amministrazione Truman esaminò ripetutamente il proprio approccio verso l'Unione Sovietica, fino ad arrivare a elaborare la teoria del «containment» della sua espansione. Anche se può sembrare ovvio individuare nelle dichiarazioni della dottrina Truman il punto di svolta di questo processo, in realtà l'applicazione della nuova linea di politica estera fu molto graduale(5). Questa situazione faceva sentire le sue co nseguenze anche sull'Italia , sia pure in modo indiretto: è infatti possibile cogliere , nelle crescenti difficoltà incontrate dal Quartier Generale Alleato nel suo sforzo cli apprestare per l'Italia Forze Armate efficienti, un riflesso abbastanza evidente delle molteplici difficoltà in cui si dibatteva la politica estera inglese. Del pari , dalle esitazioni con le quali nell a prima metà del 1947 l'amministrazione Truman affrontò il problema di subentrare alla Gran Bretagna come principale fonte di assistenza per le Forze Armate italiane , si può vedere con quanta cautela gli (4) BULLOCK, Ernest Bevin, cit ., pp. 347-348. (5) Sul nuovo orientamento de lla politica estera americana nel 1946, cfr. D aniel YERG IN , Shattered Peace, cit. pp. 162-192.


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Stati Uniti si adattassero al ruolo imposto loro dal nuovo corso di politica internazionale. Nella primavera del 1947 l'amministrazione Truman aveva assunto, è vero, la posizione di principale interlocutore del governo italiano sul piano politico e economico-finanziario, ma riteneva auspicabile che fosse il governo inglese a portare avanti i programmi di assistenza militare(6). Per queste ragioni , andamento tutt'altro che lineare ebbe il processo che vide lentamente affiancarsi alla predominante influenza inglese sulle Forze Armate italiane quella degli Stati Uniti e poi soppiantarla del tutto entro la fine dell'anno . È che da una parte il governo inglese, che pµre avrebbe desiderato mantenere una qualche forma di controllo sull'apparato bellico italiano , era costretto a ridimensionare i propri progetti a causa della sempre più grave crisi economica che ne limitava la libertà di manovra, dall'altra l'amministrazione Truma n, che si faceva carico di un numero crescente di iniziative d'assistenza economico-finanziaria, stentava a trovare gli strumenti adatti a me ttere in pratica un programma di assistenza militare e, per quanto !o State Deparlment mostrasse crescente interesse per questa forma di aiuti verso l'Italia, il War Department sembrava esitare ad assumerne la responsabilità.

2. La riorganizzazione dell'Aeronautica militare

I primi segni della disponibilità degli Stati Uniti a svolgere un ruolo più attivo nella organizzazione delle Forze Arma te italiane si ebbero nella seconda metà del 1946, quando si trattò di mettere in pratica il piano di ricostruzione dell'Aerona utica. Come si è visto , neìi'ottobre 1946 ii Supremo Comandante Alleato nel Mediterraneo era stato autorizzato dai Combined Chiefs of Staff ad allestire I' A eronautica italiana su una linea caccia di 7 squadriglie, delle quali 5 equipaggiate con aerei inglesi e 2 con velivoli americani (7). Senonché durante la Conferenza cli Parigi i rappresentan ti militari americani si erano fatti promotori di alcune iniziative che almeno in parte divergevano dal piano elaborato d al generale Morgan ; per attenuare il disappunto che le a utorità militari italia ne avevano manifestato per i limiti posti dal trattato di pace alle loro forze armate, alcuni (6) Equipment of the f lalian Army, JLC Rcport 273/9, 25 apri le 1947, in NA W , RG 165, ABC 420 Italy (30 oct. 43) , Sec. 1-C. (7) Cfr . Cap. II, § 4.


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alti ufficiali americani avevano infatti reso noto, sia pure in modo informale, che gli Stati Uniti avrebbero fornito ali'Aeronautica italiana 200 caccia dei modelli più recenti, e che si sarebbero così aggirati con la qualità i limiti quantitativi imposti dal trattato(8). Tale proposta, sebbene violasse nella forma e nella sostanza i progetti precedentemente elaborati dal generale Morgan, fu poi ripresa e caldeggiata tanto dallo State Department quanto dal War Department. Il primo giudicava opportuno compiere un gesto che valesse ad attenuare l'ondata di malumore contro gli alleati che la stesura deJ trattato aveva provocato e a dimostrare che non era interesse degli Stati Uniti «né dissociarsi ulteriormente dalle Forze Armate italiane, né dare un 'altra prova che avevano abbandonato ogni interesse per l'Italia»(9). Da parte sua il War Department non frapponeva alcun ostacolo alla realizzazione della proposta, disponendo in quello che era stato il teatro di operazioni europeo di una quantità di aerei da caccia sufficiente a selezionare quelli di tipo più moderno da de stinare all'Aeronautica italiana(lO). Pertanto nel dicembre 1946 lo SWNCC addiveniva alla conclusione che la fornitura di quegli apparecchi sarebbe risultata tanto utile all'Italia quanto vantaggiosa p er gli Stati Uniti , e rappresentava l'opportunità che , considerate le condizioni delle finanze italiane , la fornitura stessa venisse fatta ad un prezzo simbolico(11). L'iniziativa degli Stati Uniti non riscosse tuttavia il plauso del Foreign Office che, sottolineandone l'unilateralità, criticò la brusca interruzione della collaborazione di cui i due governi avevano dato prova fino a quel momento. In effetti la proposta americana poneva il governo britannico in una situazione imbarazzante nei confronti di quello itali ano, al quale gli Alleati avevano presentato in breve tempo , anche se in modo informale , due progetti contrastanti; inoltre l'iniziativa americana veniva a compromettere il proposito inglese di continuare a esercitare la sua influenza sulle Forze Armate italiane. In vista del termine dell 'occupazione alleata, infat(8) Col. Bonesteel to Brig. Gen. Lincoln, 10 settembre 1946 e Memorandum by Col. Mc Cormack, 18 settembre 1946, in NAW, RG 319, P and O 091 TS (Sec. 1-A) (Part 1) (Case 23 only) . (9) Modernization of the ltalian Air Force, Report by the SWNC Sub-Committee for Europe (SWNCC 320/5) , 12 dicembre 1946, in NAW , RG 165, ABC 091.711 ltaly (5 aprii 44), Sec. 1-B. (10) Memo for Record, ottobre 1946, in NAW, RG 319, P and O 091 TS (Sec. 1-A) , (Part 1) , (Case 23 only) . (11) Modernization of the Italian A ir Force, cit.


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ti, il Foreign Office e i dicasteri militari inglesi avevano esaminato la possibilità di richiedere al governo italiano se fosse interessato alla permanenza di missioni militari alleate, e avevano concluso che , poiché lo State Department difficilmente sarebbe riuscito entro breve tempo a prendere una decisione al riguardo, il governo britannico avrebbe potuto agire con piena autonomia(12). A rimuovere poi il probabile diniego del governo italiano alla presenza di missioni militari straniere sul suo territorio dopo l'entrata in vigore del Trattato di pace avrebbe contribuito, secondo il governo britannico, proprio l'offerta di cinque squadriglie di aerei inglesi(13), la quale avrebbe consentito di continuare in un certo modo l'assistenza militare degli anni precedenti. Si trattava quindi di un'occasione di notevole importanza, anche in considerazione del fatto che le eccedenze di materiali con le quali continuare ad assistere i paesi terzi si stavano rapidamente esaurendo, e che quindi difficilmente una proposta siffatta avrebbe potuto essere rinnovata in avvenire. Da quest'intreccio tra sottili calcoli politici e reali esigenze di carattere tecnico non fu certo facilitato il riordinamento dell'Aeronautica italiana, che ebbe anzi a risentire negativamente del dissidio sorto tra il Foreign Office e lo State Departrnent. Gli inglesi ritenevano che la loro proposta fosse già stata accettata dai Combined Chiefs of Staff, e che perciò non potesse essere modificata ulteriormente: (14) lo State Department ribatteva che dal punto di vista tecnico l'offerta americana era nettamente migliore di quella britannica, perché i caccia Mustang erano senza dubbio superiori agli Spitfires e perché presentava inoltre il vantaggio di un costo poco più che simbolico, che non avrebbe gravato sulle finanze italiane(15). n governo italiano da parte sua preferì non prendere posizione, nella speranza che mantenendo un atteggiamento di attesa avrebbe spinto gli Alleati a migliorare ulteriormente la natura delle loro proposte.

(12) Jack Ward to Frederick Hoyer-Millar, 18 ottobre 1946 e Frederick HoyerMillar lo Jack Ward, 1 novembre 1946, in PRO , FO 371, ZM 3612/89/22. (13) Sir Noel Charles to FO, 2 gennaio 1947, in PRO, FO 371, Z 135/135/22; Minutes by A. D. M. Ross, 14 gennaio 1947 e Advisory Missions to the ltalian Armed Forces (memo by A.D.M. Ross), 20 gennaio 1947, in PRO, FO 371, Z 388/135/22. (14) "Tue American proposal is unilatera! and has neither the courtesy of previous consultation with us nor the authority of thc CCS": Air Ministry to Foreign Office, 17 gennaio 1947 e FO lo Joint Staff Mission, Washington, 24 gennaio 1947, in PRO, FO 371 , Z 645/135/22. (15) Memo by Col. Lee to the Assistant Secretary of War, 17 dicembre 1946, in NAW, RG 165, ABC 091.711 ltaly (5 aprii 1944).


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La discussione relativa al progetto da attuare continuò fino al marzo del 1947, quando i Joint Chiefs of Staff, considerando la diminuita disponibilità degli aerei in eccedenza rispetto alle necessità delle forze armate americane, accettarono il piano di ristrutturazione del1'Aeronautica italiana così come era stato elaborato nella primitiva versione: al progetto fu solo apportata la variante che le due squadriglie americane sarebbero state composte dai più moderni tipi di aerei di cui l'USAF in quel momento disponeva(16). Il governo inglese dal canto suo avrebbe provveduto alla cessione completamente gratuita delle 5 squadriglie di Spitfires e di altro materiale aeronautico, nonché alla vendita a prezzi ridotti di ingente quantità di pezzi di ricambio necessari a mantenere in efficienza la linea caccia (17). Il progetto fu sottoposto all'esame del governo italiano nel maggio dello stesso anno(18) e venne attuato, sia pure parzialmente, nei mesi successivi. L'acquisto degli aerei americani , in effetti , fu definito con la loro inclusione nell'accordo Taff-Del Vecchio del 2 luglio 1947, con il quale, come si vedrà nel paragrafo seguente, gli Stati Uniti cedevano al governo italiano i loro ultimi surplus di natura militare:(19) la parte inglese del progetto, invece, non fu mai recepita interamente dal governo italiano, che si limitò ad accettare quanto in esso veniva offerto gratuitamente - cioè gli aerei senza accollarsi, nonostante le ripetute pressioni dello Stato Maggiore dell'Aeronautica, le spese relative all'acquisto delle parti di ricambio (20).

("16) ,'vfodemizaiio11 of ihe lialian Air Force, memo by the US Joint Chiefs of Staff, 4 aprile 1947, in FRUS , 1947, voi. III , pp. 878-879; Secretary of War Patterson to Secretary of State, 26 febbraio 1947, in FRUS, 1947, voi. lii , pp. 969-970. (17) Per la precisione il piano inglese prevedeva la fornitura gratuita di aerei e a ltro materiale aeronautico (già di proprietà delle squadriglie inglesi di stanza in Italia in procinto di essere smobilitate) per un valore di 2. 149.000 sterline ; la fornitura di materiali per un valore di 1.410.800 sterline al prezzo di 305.000; e la forni tura , a pieno costo, di equipaggiamenti di nuova produzione per il valore di 1.857.000 ste rline: Sir Charles to FO, 9 maggio 1947, in PRO , FO 371, Z 4800/135/22. (18) Il progetto fu presentato da Sir Charlcs a Sforza il 5 maggio e dal gen. Lee (Acting SACMED) a De Gasperi il l" maggio: Sir Charles to Secretary of State, 12 maggio 1947, in PRO, FO 371, Z 4800/ 135/22. (19) Cfr. infra, nota 37. (20) Rome Embassy to FO, 20 maggio 1947, in PRO, FO 371 , Z 5016/135/22; Rome Embassy to FO, 18 giugno 1947, in PRO, FO 371, Z 5916/135/22 ; Sir Char/es to FO, 14 luglio 1947, in PRO , FO 371 , Z 6649/135/22.


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3. Dall'assistenza militare inglese a quella americana Con la ristrutturazione dell' Aeronautica militare ebbe fine di fatto il rapporto in precedenza instaurato tra il governo britannico e le Forze Armate italiane. Nonostante quello che l'ambasciatore inglese ebbe a definire «magnifico regalo» delle 5 squadriglie(21), il governo italiano oppose ancora un rifiuto alla proposta che anche dopo l'entrata in vigore del trattato di pace missioni militari inglesi potessero permanere in Italia per l'addestramento di Forze Armate italiane. La questione era stata dibattuta a lungo fin dagli ultimi mesi del 1946, tra il gen. Morgan, l'ambasciatore a Roma Sir Charles e il Foreign Office, tutti concordi nel ritenere che la permanenza di missioni inglesi in Italia fosse l' unico strumento valido per mantenere una qualche influenza sulle Forze Armate Italiane(22). Il Foreign Office era inoltre convinto che l'Italia non avrebbe potuto respingere la proposta proprio perché fino a quel momento Esercito e Ae ronautica erano dipesi sostanzialmente d a forniture inglesi. La proposta britannica fu ufficialmente presentata in un promemoria del febbraio 1947, ma occorsero quasi tre mesi prima che il governo italiano si pronunciasse definitivamente al riguardo(23). Nel frattempo , in conseguenza della firma del trattato di pace, era stata definitivamente sciolta la Commissione Alleata e le sue Sottocommissioni Militari erano state trasferite alle dirette dipendenze dell'AFHQ: ciò implicava che , in mancanza di un accordo specifico , anche le Sottocommissioni sarebbero state ritirate insieme alle ultime truppe d'occupazione tre mesi dopo l'entrata in vigore del trattato(24). Alle ripetute richieste di Sir Charles, il Ministero della Difesa e quello degli Esteri Sforza dettero indicazioni vaghe e spesso contrastanti. In questo stesso arco di tempo i due governi raggiunsero un accordo in relazione al costo della cessione dei surplus inglesi. Il 17 aprile 1947 il governo italiano si impegnò a corrispondere a quello inglese 8 milioni di sterline a valere sui propri crediti per esportazioni in Gran Bretagna a stralcio della partita del

(21) Sir Charles to FO; 18 giugno 1947, in PRO , FO 37 1, Z 5735/135/22. (22) Sir Charles lo FO, 2 gennaio 1947, in PRO , FO 371 , Z 135. (23) FO Minute and Copy of lhe Aide-Memoire, 27 febbraio 1947, in PRO, FO 37 1, Z/1964. (24) Con la firm a del lratlalo, le sottocommissioni militari erano state trasformate nella ltalian Military Affairs Section di AFHQ: Adm. Stone to Chief of Staff, AFHQ, 20 febbraio 1947, in FRC, RG 331 , n. 10.000/120/5241.


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surplus consegnato e da consegnare(25)- Il 19 maggio, infine, Sforza comunicò il definitivo rifiuto del governo di accettare la permanenza di missioni militari inglesi: la presenza di missioni militari straniere dopo la ratifica del trattato, spiegò in quella circostanza il Ministro degli Esteri italiano, non poteva essere valutata esclusivamente sul piano tecnico, strettamente militare; ne doveva essere soppesata attentamente anche la rilevanza politica, perché si trattava di materia capace di suscitare dissensi anche molto forti fra i partiti: il sottosegretario agli Esteri Reale , comunista, aveva ad esempio criticato severamente la proposta inglese(26). È difficile giudicare quanto le argomentazioni del Ministro degli Esteri italiano fossero influenzate da considerazioni di politica interna ; fatto sta che anche dopo la costituzione del primo Gabinetto De Gasperi senza la partecipazione del PCI, il governo respinse nuovamente una seconda proposta inglese , presentata nel settembre del 1947(27). Le cause di questo rifiuto vanno ricercate nella volontà di non irritare eccessivamente le frange nazionaliste, ancora turhate per l'accettazione del trattato di pace , e le sinistre socialcomuniste, sempre più ostili ad ogni rapporto preferenziale con le potenze anglosassoni, ma occorre non dimenticare che molti membri del governo consideravano in effetti le missioni militari alleate , anche se utili militarmente, come una possibile fonte di interferenze nella riconquistata sovranità dello Stato italiano. L'unico accordo che il governo italiano ritenne di poter concludere fu perciò quello del 14 giugno 1947, con il quale si autorizzava la permanenza delle Sottocommissioni militari e di altri nuclei di personale militare alleato nei 90 giorni successivi alla entrata in vigore del trattato(28). Va infine sottolineato come, nel momento in cui il governo (25) R elazione Rossi, cit., pp. 33-34. Su richiesta inglese, dalla transazione [u escluso il materiale di provenienza americana «affitti e prestiti», la cui eventuale cessione andava regolata separatamente. (26) Sir Charles to FO, 8 marzo 1947, in PRO, FO 371, Z 2547/135/22 e 14 marzo 1947, in PRO, FO 371, Z 2739/135/22. Sir Charles fu informato dell'ostilità di Reale dal Ministro della Difesa: Sir Charles to FO, 29 maggio 1947, in PRO, FO 371 , Z 5142/135/22. (27) Aide-memoire, 25 settembre 1945, in PRO, FO 371, Z 8639/135/22. (28) Scambio di lettere e relativo annesso fra il Ministro degli Affari Esteri d' Italia e l'Ambasciatore di S.M. Britannica su!Jo status delle Forze Armate Britanniche in Italia nel periodo dei 90 giorni successivi alla entrala in vigore del Trattato di Pace e sul trasferimento di responsabilità al Governo italiano da parte del Governo militare alleato nei territori ancora soggetti alla sua amministrazione, Roma, 14 giugno 1947, in AUSSME, 1/3, racc. 214, carl. 4.


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inglese presentò la propria proposta, stava divenendo sempre più evidente che il War Office non sarebbe stato in grado di assicurare la continuazione dell'assistenza prestata fino a quel momento all'Esercito italiano. Con l'esaurimento dei surplus giacenti nei depositi d'Italia e d'Austria, infatti, ogni ulteriore fornitura di materiali sarebbe dovuta pervenire direttamente dalla produzione corrente dell'industria militare britannica; d'altra parte, sotto la pressione della gravissima crisi economica che colpì la Gran Bretagna nell'inverno 1947, il gabinetto laburista fu costretto a orientarsi definitivamente verso una contrazione delle spese militari per meglio concentrare le risorse disponibili sulle riforme interne di carattere sociale ed econornico(29). Conseguenza di un siffatto orientamento fu la repentina diminuzione della produzione militare e, quindi, il rilevante calo di materiali bellici a disposizione del War Office, il quale nell'aprile del 1947 si trovò in crescenti difficoltà nel rispettare gli impegni precedentemente assunti nei confronti di eserciti stranieri(30). Nel caso italiano, il problema si presentò per la prima volta a cavallo tra il 1946 e il 1947, quando il Quartiere Generale Alleato, secondo gli impegni presi in precedenza da Goulhurn con Cadorna , cercò di procurare i materiali occorrenti a costituire le unità corazzate e di artiglieria pesante previste per l'Esercito italiano dalle clausole militari del trattato di pace. Nonostante la creazione del Parco di S. Felice, dove gli Alleati avevano accumulato ingenti quantità di veicoli corazzati, risultò ben presto evidente l'impossibilità che i carri e le artiglierie, di cui l'Esercito italiano aveva bisogno, venissero forniti con le modalità seguite fino a quel momento, perché i depositi inglesi in Italia non ne disponevano in quantità sufficiente. Il generale Morgan decise perciò di portare il problema di fronte ai Combined Chiefs of Staff nel marzo 1947, sollevando reazioni contrastanti tra i ministeri militari inglese e americano(31). Il Chief of Staff Committee britannico fece sapere che, per quanto atteneva al War Office, non sarebbe stato possibile , in futuro, fornire gratis alcun equipaggiamento proveniente dai suoi stocks, e che, per quanto considerasse importante l'allestimento di un Esercito italiano

(29) Sulla gravità della crisi economica inglese cfr. BULLOCK, Ernest Bevin, cit. , pagg. 361-362. (30) Supply of Military Stores to Foreign Governments, note by the War Office, 3 aprile 1947, in PRO, DEFE 5/1, Cos (47) 49. (31) Gen. Morgan to CCS, 8 marzo 1947 in FRUS, 1947, vol. ITT , pp. 872-873.


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ben equilibrato in tutte le sue parti , non lo riteneva tuttavia importante al punto da giustificare né la rinuncia, a favore di quello , di stocks già destinati all'esercito inglese né la produzione di nuovo materiale. Il Chiefs of Staff Committee suggeriva pertanto che fossero gli Stati Uniti ad addossarsi il compito di colmare le lacune ancora esistenti nell'Esercito italiano(32) . Per quanto avesse fino a que l momento mostrato un certo interesse p er la ricostruzione dell ' Aeronautica militare italiana, l' amministrazione Truman esitò a lungo ad assumersi il ruolo che fino a que l momento e ra stato svolto dalla Gran Bretagna ne i confronti delle Forze Armate italiane _ Proprio a causa della parte sempre più limitata che la Gran Bretagna appariva in grado di svolgere sulla scena mondiale, sembrava che gli impegni degli Stati Uniti potessero moltiplicarsi all'infinito. Cosicché, in parte per questo motivo , in parte per le concrete difficoltà di rendere operante con carattere di continuità un proprio piano di assistenza militare, il War Department si dichiarò disposto a colmare le lacune dell ' Esercito italiano soltanto nella misura in cui era possibile farlo utilizzando quello che restava dei surplus delle forze armate americane. Non solo , m a il Joint Logistics Committee invitava i Joint Chief<; of StaJI a me ttere bene in chiaro con il governo britannico che in fatto di riarmo dell'Italia la posizione inglese doveva essere e restare primaria nei confronti di quella americana: e questo perché il War Departmenl non disponeva dei mezzi sufficienti a garantire un 'assistenza militare protratta nel tempo(33). Come veniva fatto notare in un rapporto dello State-War-Navy Coordinating Committee dell'aprile 1947, infatti , non solo il governo degli Stati Uniti non aveva l'autorità necessaria per disporre a suo piacere dell'armamento di proprietà delle forze americane, ma su ogni decisione di q uesto tipo esisteva una vera e propria riserva costituzionale ch e esigeva la consultazione del Congresso. L'alternativa per l'amministrazione era perciò tra l'organizzare programmi di assistenza tramite il Surplus Property Act, che permetteva di disporre dei materiali eccedenti il fabbisogno delle Forze Armate America ne, e il presentare richieste formali al Congresso perché stanziasse i fondi necessari a sp ecifici programmi di assistenza militare: alternativa questa, giustifica bile solo a fronte

(32) Memorandum hy the R epresentative of 1he British Chiefs of Staff, CCS 386/ 45, 9 aprile 1947, in NAW, RG 165, ABC 420 ltaly, (30 oct. 43), Sec. 1-C. (33) Equiprnent of the l talian A rmy, JLC Report 273/9, 25 aprile 1947, in NAW , RG 165 , AB C 420 ltaly (30 oct. 43), Scc. 1-C.


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di una situazione particolarmente grave, e resa comunque difficile dalle elezioni del 1946, che avevano insediato al Congresso una maggioranza repubblicana intenzfonata a ridimensionare drasticamente spese di questo genere(34). La conseguenza di queste difficoltà fu un susseguirsi di decisioni di segno opposto, che portarono ad alcuni risultati abbastanza paradossali. Mentre i dicasteri militari americani discutevano il da farsi , in Italia si apriva nel maggio del 1947 la più grave crisi politica del dopoguerra , che si risolse con la creazione del governo monocolore D e Gasperi; pertanto , sia l'amhasciatore americano James Dunn sia lo State Department, che avevano accolto di buon grado la soluzione della crisi in ltalia, si dichiararono ben disposti ad aiutare il governo che per la prima volta nel dopoguerra era stato formato senza i comunisti, e a renderne le Forze Armate quanto più possibile efficicnti(35). L 'ambasciatore Dunn e lo stesso Segretario di Stato Marshall esercitarono quindi pressioni sul War Department affinché includesse nel novero degli armamenti da trasferire al governo italiano tutti quei materiali esistenti nei depositi americani in Italia, che potessero risultare utili per l'Esercito italiano(36). Il Segretario dell' U .S. Army , Patterson, fece però presente a Marshall che n essun materia le dell'Esercito americano , che non fosse surplus, avrebbe potuto esser ceduto dal War Department in difetto della corrispondente copertura finanziaria(37) . La conclusione fu che il War Department autorizzò il trasferimento di minor quantità di materiale bellico americano rispetto a quello disponibile presso le autorità alleate in Italia; perciò, mentre il 2-1 luglio 1947 il Ministro italiano Del Vecchio stipulava con il Deputy Field Commissioner far Europe dell'O.F.L.C. Taff un accordo in forza del quale i surplus ancora in Italia sarebbero passati in proprietà delle Forze Armate italiane, il War Department trasmise al generale Lee, nuovo Comandante in Capo americano nel Mediterraneo, l'ordine di inviare dal-

(34) Apprecialion of Foreseeable Foreign Need for VS Military Assistance through Fiscal Year 1948, Report by the SWNC Sub-Committee for Rearmament, 21 aprile 1947, in NA W RG 165, A BC 400.336 Rearmamcnt (20 march 1947). Sull'influenza della "class of '46"', cfr. ANDERSON, The United States, cit., pp . 154-155 . (35) Dunn to State Department, 2 maggio 1947, in NAW, RG 59,865. 20/5-247, Marsha/l to Dunn , 20 maggio 1947, in FRUS, 1947, voi. III , pp. 909-9Hl. (36) Marshall to Patterson, 1 luglio 1947, in NAW, RG 319, P and O 400 TS (Sec. IV-8) n. 54 (sub 11. 1-9). (37) Memo for record, 7 luglio 1947, e Acting Secretary of War to Marshall, 30 luglio 1947, in NAW, RG 319, P and 0 ,400 TS (Sec. lV-B}, N. 54, (sub n. 1-9) .


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l'Italia negli Stati Uniti alcune decine di carri e obici che lo stesso Lee intendeva invece trasferire all'Esercito italiano(38). 4. La missione Bathurst

L'attenzione del governo americano per i problemi di carattere militare crebbe sensibilmente durante l'estate del 1947, man mano che si delineavano più chiaramente i termini delJo scontro con l'Unione Sovietica. Fino alla primavera di quell'anno il problema di portare ad un buon livello di efficienza le Forze Armate italiane aveva costituito un aspetto tutto sommato secondario della politica alleata verso l'Italia , quasi una sorta di appendice del disegno politico perseguito dalla Gran Bretagna soprattutto tramite il trattato di pace; con il crescere delle tensioni interne e internazionali nella seconda metà del 1947, tuttavia, il rafforzamento dell'apparato militare italiano finì con l'essere visto dagli Stati Uniti come uno dei possibili strumenti per prevenire un'ulteriore espansione dell'influenza sovietica. La formazione del governo De Gasperi a partecipazione esclusivamente democristiana (con l'eccezione dei due indipendenti Einaudi e Sforza) aveva concluso il periodo della cooperazione tra la DC e le sinistre e aperto un periodo di acceso scontro politico, in cui il PCI e il PSI, relegati all'opposizione, attaccavano aspramente il governo e la sua politica. Al tempo stesso, una volta sistemate alcune delle vertenze lasciate aperte dalla guerra con la firma dei trattati di pace con l'Italia e gli altri stati ex-satelliti dell'Asse, la coalizione delle grandi potenze si stava sempre più visibilmente lacerando: al fallimento della sessione di Mosca del Consiglio dei Ministri degli Esteri, che avrebbe dovuto affrontare il problema tedesco , l'amministrazione Truman reagì proponendo nel giugno 1947 il piano Marshall per la ricostruzione economica dell'Europa, e il sue(38) Taff-Del Vecchio Exchange of notes, 21 luglio 1947, in FRUS, 1947, voi. Hl, pp. 939-942; Gen. Norstad to Gen. Lee, 27 giugno 1947, ibidem, pp. 929-930; Gen. Norstad to Gen. Lee, 11 agosto 1947, in NAW , RG 319, P and 0,400 TS (Sec. 1-B), n. 54, (sub n. 1-9). In precedenza, nel settembre 1946, il governo italiano e quello americano avevano firmato un accordo per la cessione di surplus di ogni genere, tranne quelli di natura strettamente militare. L'accordo apriva un credito di 160 milioni di dollari - utilizzabile solo per l'acquisto del surplus americano - all'interesse del 2,3/8% , rimborsabile in 25 annualità uguali a cominciare dal gennaio 1951: Relazione Rossi, cit., pp. 34-38; FRUS, 1946, voi. V , pp. 932-933.


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cessivo ritiro sovietico dalla Conferenza di Parigi, che doveva stabilire le modalità con cui gli stati europei avrebbero cooperato nell'amministrare gli aiuti americani, sembrò sancire definitivamente la rottura tra le grandi potenze(39). Su questo sfondo di tensioni interne e internazionali si innestavano altri motivi di preoccupazione: in particolare continuava a destare apprensione nei governi alleati e in quello italiano l'atteggiamento jugoslavo verso il trattato di pace, che il governo di Belgrado non sembrava intenzionato a ratificare, ragione per cui ci si domandava quale avrebbe potuto essere il futuro del costituendo Territorio Libero di Trieste , sul quale continuava a gravare la minaccia di un colpo di mano(40). D'altro canto, qualora il trattato di pace fosse stato ratificato e fosse quindi entrato in vigore , gli Alleati avrebbero dovuto entro 90 giorni ritirare tutte le loro truppe di occupazjone , ad eccezione di quelle che costituivano la guarnigione del Territorio Libero di Trieste, lasciando il governo italiano unico responsabile della difesa delle proprie frontiere e del mantenimento dell'ordine pubblico. Tutto questo pareva preludere a un periodo di disordini , ai quali il governo italiano avrebbe potuto far fronte solo · disponendo di mezzi adeguati alla bisogna, e non mancarono momenti di serio allarme, quali si ebbero all'atto della sostituzione delle truppe alleate con quelle italiane lungo la nuova linea di confine. Mentre infatti , secondo il piano alleato, le truppe anglo-americane avrebbero dovuto ritirarsi dalla linea Morgan sul nuovo confine, e qui cedere il posto ai reparti italiani , gli jugoslavi riuscirono in più punti a modificare il tracciato a loro favore(41). In relazione a questo stato di cose, nell'estate 1947 l'ambasciatore americano Duno non mancò di segnalare ripetutamente, spesso in termini drammatici , l'esigenza di provvedere a equipaggiare adeguatamente le Forze Armate italiane(42).

(39) Per le interpretazioni più recenti del Piano Marshall e delle sue conseguenze, cfr. li Piano Marshall e l'Europa, a cura di Elena A GA ROSSI, Roma, Istituto della Enciclopedia Treccani, 1983. (40) VALDEVIT, La questione di Trieste, cit., pp. 162 e segg. (41) Pietro PASTORELLI, L'entrata in vigore del trattato di pace e il problema della sicurezza, in AA.VV. , Democrazia Cristiana e Costituente, a cura di Giuseppe ROSSINI, voi. Hl, Società civile e società politica negli anni della Costituente, Roma , Ed. Cinque Lune, 1980, pp. 1137-1155. Sui timori connessi all'entrata in vigore del trattato cfr. Situazione alla frontiera orientale, promemoria del gen. Marras per il Ministro della difesa, 10 settembre 1947 , in ASMAE , DGAP, Italia 1947, b. 130, f.2. (42) Dunn to Marshall, 4 agosto 1947, in FRUS , 1947, vol. III , pp. 952-953.


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Quest'esigenza divenne della massima importanza dopoché il 15 settembre furono depositate tutte le ratifiche, compresa quella jugoslava , del trattato di pace. La consegna delle ratifiche, infatti , rese inevitabile l'entrata in vigore del trattato e, entro la fine dell'anno, il conseguente ritiro delle truppe di occupazione. Pertanto, il 17 settembre 1947 alcuni funzionari del War Department e dello State Department esaminarono in che modo gli Stati Uniti potessero fornire adeguata assistenza militare all'Italia, per metterla in grado di garantire la sua integrità territoriale anche dopo il ritiro delle truppe alleate. Si ritenne utile che, prima di prendere una decisione definitiva al riguardo , una missio ne militare americana si recasse in Italia per valutare nel modo più corrispondente alla realtà quale fosse il grado di efficienza e quali le necessità deJle Forze Armate italiane{43). La missione, composta da un gruppo di ufficiali con a capo il colonnello Bathurst, ebbe dal 29 settembre al 12 ottobre una serie di colloqui con le più alte autorità aJleate in Italia, colloqui che consentirono di raccogliere utili informazioni. Ma già al suo arrivo il colonnello Bathurst aveva ricevuto una relazione redatta qualche giorno prima dal Generale Goulburn sul grado di efficienza dell'Esercito , nella quale si ripetevano molte delle accuse mosse dalla MMTA alla struttura militare italiana nei mesi precedenti: i gradi più alti dell 'Esercilu non erano sufficientemente preparati dal punto di vista professionale, il funzionamento della catena di comando era lento e poco efficiente. Goulbum riservava invece note molto positive per i soldati italiani , dotati di un buon morale e in grado di comportarsi bene se guidati opportunamente. Nel complesso riteneva che l'Esercito fosse perfettamehte in grado, insieme ai Carabinieri , di assicurare il mantenimento dell'ordine pubblico , e anche di svolgere con una certa efficacia una prima azione di contenimento in caso di attacco da parte dell a Jugoslavia. Pareri ancor più positivi furono espressi dagli altri ufficiali americani interpellati dal gruppo Bathurst, e cioè dai generali Lee , Moore e Jaynes: tutti manifestarono il convincimento che le carenze principali dell'Esercito italiano. fossero causate dalla mancanza di equipaggiamento moderno e che se gli Stati Uniti si fossero impegnati in un serio programma per il suo riarmo, questo sarebbe stato

(43) US Military Assistance to Italy, copy of the minutes of a Conferences held on 17 September 1947, in US Military Assistance to ltaly. Report by the US Arniy Survey Group to ltaly, 13 ottobre 1947, in NAW , RG 319, P and O 091 Italy TS (oct. 13, 1947), Sec. 1, Case 1, Part l (Documento 13 allegato).


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senza dubbio in grado di difendere l'Italia da una possibile aggressione jugoslava. Anche l'ambasciatore Dunn e i suoi addetti militari si espressero negli stessi termini. Il gruppo del Colonnello Bathurst esaminò poi alcune relazioni della MMIA sulle principali lacune in materia di armamenti e redasse una lista conclusiva che comprendeva artiglierie medie e pesanti campali, artiglierie contraeree e carri armati leggeri. Poiché questo tipo di armamenti non poteva essere reperito tra i surplus dell'esercito americano, né l'industria italiana era in quel momento in grado di produrli , il rapporto finale del colonnello Bathurst rappresentò la necessità di procurarli con un formale programma di assistenza militare analogo a quello attuato per la Grecia , da gestirsi dagli Stati Uniti. Con apposito stanziamento di fondi il Congresso ne avrebbe reso possibile l'attuazione, gli avrebbe dato ampia risonanza e dimostrato quanto fosse risoluto l'atteggiamento americano di fronte ad eventuali aggressori(44). Il rapporto Bathurst non ebbe applicazione immediata perché l'ambasciatore Dunn , che pure aveva ripetutamente sollecitato l'attuazione di un programma di assistenza militare , ne criticò sia le premesse sia le conclusioni. Dunn giudicava infatti la situazione italiana meno pericolosa di quella greca e perciò non riteneva giustificata in quel momento l'applicazione di provvedimenti analoghi , mentre era dell 'avviso che per l'Italia il momento critico dovesse venire più tardi. Inoltre, disapprovava che in quel momento si desse attuazione ad un programma , che , con la sua risonanza, avrebbe potuto vanificare i primi risultati della stabilità che il governo De Gasperi cominciava a dare(45). 5. Una

«

dottrina Truman » per l'Italia?

Nei mesi successivi alla sua redazione, le conclusioni del rapporto Bathurst furono ripetutamente oggetto di attento esame da parte dei va ri dicaste ri dell'amministrazione Truman, che, sotto la spinta della continua evoluzione della situazione politica italiana, più d' una volta fu costretta a rivedere il proprio atteggiamento per adattarlo alle circostanze . Già in settembre un rapporto del Centrai lntelligence Committee aveva segnalato la possibilità che i crescenti disordini provocati in Italia dal PCI potessero portare alla creazione di un governo comu(44) Report by the US Army Survey Group to Jtaly, cit. (45) Dunn 1n Marsha/l, 10 ottobre 1947 , in FRUS, 1947, voi. lii , pp. 889-891.


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nista, separato dal resto del paese, nell'Italia del Nord; il Policy Planning Staff dello State Department esaminò questa evenienza e concluse che non poteva essere esclusa a priori, e che perciò era necessario che gli Stati Uniti disponessero di piani prestabiliti da applicare in caso di emergenza. Da parte sua il Policy Planning Staff raccomandava che , in caso di una guerra civile in Italia, gli Stati Uniti appoggiassero il governo italiano «in tutti i modi, tranne che con azioni militari »(46). I suggerimenti del Policy Planning Staff furono recepiti dal National Security Council, l'organismo creato nel luglio 1947 allo scopo di coordinare e armonizzare le iniziative di politica estera del1'esecutivo americano. Nel progetto presentato alla prima riunione del NSC vennero proposte una serie di misure idonee ad assistere il governo italiano in caso di emergenza; queste comprendevano anche l'impiego di truppe americane per aiutare il governo a ristabilire l'ordine e la fornitura di equipaggiamento per le Forze Armate italiane(47). Entrambi questi punti furono però criticati duramente dai membri militari del National Security Council e alla fine non furono inclusi nella redazione del piano NSC 1/1, approvato dal presidente Truman il 24 novembrc(48) . Secondo questo documento il governo italiano doveva essere aiutato con misure finanziarie , economiche, diplomatiche per prevenire una presa del potere da parte del PCI; dal punto di vista militare , si raccomandava che gli Stati Uniti fornissero assistenza tecnica alle Forze Armate italiane e continuassero a procurare solo materiali surplus, respingendo così di fatto la proposta di un vero e proprio programma di aiuti militari; si escludeva infine l'impiego di truppe americane nel caso di una guerra civile in Italia. Man mano che la tensione politica cresceva e che il ritiro delle ultime truppe alleate in Italia , fissato per il 15 dicembre, si faceva imminente, aumentavano anche i timori all'interno dell'amministrazio ne Truman per un possibile colpo di stato comunista, appoggiato dall'intervento esterno dell'a Jugoslavia. In dicembre la crisi politica {46) Centrai hztelligence Commillee Report, in NAW , RG 319, P and O 091 ltaly TS, Sec. 1, Case I , part 1. PPS Report 24 settembre 1947, in FRUS, 1947, voi. UI, pp. 976-981 . (47) A Report to the National Security Council by the Executive Secretary (NSC I), 15 ottobre 1947, in NAW , RG 319, P and O 091 ltaly TS (26 nov. 47). Mem o for gen. Schuyler, 3 dicembre 1947, in NAW , RG 319, P and 6 091 Italy TS, Scc. 11. {48) Report by the NSC (NSC 1/1) , 14 novembre 1947, in FRUS, 1947, voi. III, pp. 724-726.


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raggiunse probabilmente il suo apice; quando ormai i piani per il ritiro alleato erano completati , De Gasperi chiese al Segretario di Stato MarshaJI di trattenere in Italia le truppe americane fino all'ultimo giorno consentito dai termini del trattato , perché ciò gli avrebbe permesso di prendere le necessarie precauzioni per prevenire una crisi che temeva potesse scoppiare immediatamente dopo il ritiro alleato(49). Sotto la pressione degli eventi , il governo americano decise non solo di trattenere le truppe fino alla mezzanotte del 14, ma anche che il loro ritiro , secondo la richiesta italiana, fosse accompagnato da una spettacolare dimostrazione di forza e da una pubblica dichiarazione del presidente Truman sull'importanza che gli Stati Uniti attribuivano al mantenime nto della democrazia in Italia(50); il 14 dicembre, infine, il Congresso degli Stati Uniti, in attesa dell'attuazione del piano Marshall, votò lo stanziamento di fondi per l'attuazione di uno speciale programma di aiuti economici all'Italia e alla Francia(51). Mentre queste misure dirette a stabilizzare la situazione politico-economica dell' Italia venivano prese, Ue Gasperi e l'ambasciatore Dunn discussero nuovamente la possibilità di un tentativo insurrezio nale da parte comunista e il primo ministro italiano si mostrò sicuro della capacità delle Forze Armate italiane di far fronte ad una simile emergenza, purché venissero colmate alcune delle loro più gravi deficienze in materia di equipaggiamento. Il 7 dicembre perciò l'attaché militare americano a Roma trasmise al Defense D epartment l'elenco dei materiali richiesti dal governo italiano , mentre l'ambasciatore Dunn , in uno dei suoi messaggi più drammatici, raccomandava «uno sforzo straordinario» per assistere le Forze Armate italiane, dichiarandosi certo che i disordini e le manjfestazioni indette in quel periodo dal PCI costituivano la fase pre-rivoluzionaria di un tentativo di rovesciamento del governo legittirno(52). Nella sua richiesta il governo italiano metteva l'ac(49) Dunn IO Marshall, 28 novembre 1947, in Note of Record, Delay in Departure of VS Forces f rom MTO, 28 novembre 1947, in NAW, R G 319, P and O 384 (Sec. VII) , Cascs 91/103. (50) Lovett I O Roya/, 28 novembre 1947, in FRUS, 1948, voi. III , p. 729; Memo for record, 9 dicembre 1947, in NAW, RG 165, ABC 37 1.2 ltaly (15 scpt. 47); War Department to Col. Willems, 9 dicembre 1947, in NAW , RG 218, CCS 400 Italy, (930-43). (5 L) MIL LER, The US and ltaly , cit. , pag. 236. (52) VS Miliwry Attaché, Col. Willems, lo War Department, 7 dicembre 1947, in NAW , RG 319, P and O 091 Italy TS, Sec. l , Part II, Case n only; Dunn to State Deparlment, 7 dicembre 1947, in FRUS , 1948, voi. III , pp. 738-939.


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cento soprattutto sui materiali con i quali si proponeva di dotare polizia e carabinieri , materia li che avevano poco a che vedere con l'elenco di armamenti redatto dal gruppo Bathurst per potenziare l'esercito di campagna: tuttavia sia lo State sia il Defense Depart. ment colsero l'occasione pe r riprendere in esame anche le conclusioni d el rappo rto Bathurst. Nel giro di pochi giorni, grazie anche al personale interessamento del preside nte Truman, fu pertanto prepa rato un piano di emergenza per il trasferimento in Italia dei materiali richicsti(53); siccome però l'amministrazione aveva ritenuto improponibile sottoporre al Congresso la richiesta di fondi per un programma formale di aiuti militari , il piano prevedeva che il governo italiano dovesse farsi carico di parte delle spese relative(54). Così congegnata , la proposta americana lasciò piuttosto pe rplesso il governo itali ano, al punto che ne l gennaio 1948 questo semhrò intenzionato a lasciarla cadere(55); anche perché la minaccia di un' insurrezione annata guidata dal PCI sembrava essere gra datame nte rientrata , mentre si andava profilando l'eventualità di una vittoria del blocco socialcomunista alle elezioni politiche indette per l'aprile successivo. Quest'ultima possibilità richiedeva l'adozione d a parte del governo americano di contromisure diverse da quelle disposte per far fron te a una prova di forza: a questo fine, l'amministrazione Truman promosse una serie di iniziative volte a rafforzare il prestigio del governo De Gasperi e dei partiti di centrodestra , comprendenti una massiccia campagna propagandistica e finanziame nti segreti, e che culminarono nella dichiarazione tripartita del marzo 1948, con la quale i governi di Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna si dichiararono favorevoli al rito rno del Territorio

{53) Una nuova analisi del rapporto Bathurst, le cui conclusioni sull 'Esercito Italiano venjvano giudicate «sostanzialmente co rrette», fu suggerita dal Secretary of the Army Kenneth RoyaU, che proponeva inoltre che fosse il SANACC a decidere se intraprendere o meno un programma di assistenza per l'Italia analogo a quelli già in atto per Grecia e Turchia: Memorandum fur the Executive Secretary, Nalional Security Council, 17 Dicembre 1947, in NAW, RG 319, Pand O 091 Italy TS (3 Dee. 47), box 17, Tab. 33. Truman informò personalmente il segretario della Difesa Forrestal del suo desiderio «che fosse fatto tutlo il possibile per fornire all'Italia l'equipaggiamento militare necessario per combauerc i disordini di ispirazione totalitaria »: Memo for Record, 9 dicembre 1947, in NA W, RG 165 ABC 371.2 Italy {.15 sep. 47). (54) Acling Secretary Lovett to Dunn, 17 dkembre 1947, in NAW , RG 59, 865.20/12-1747. (55) FRUS, 1948, voi. lii , nota n. 1, p. 757.


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Libero di Trieste all'ltalia(56). Mentre venivano prese tutte queste iniziative, l'amministrazione Truman continuò a nche a interessarsi della fornitura di armi già discussa nel dicembre 1947: tra il gennaio e il marzo 1948 elaborò pertanto una serie di soluzioni in grado di soddisfare le esigenze del governo italiano , cercando da una parte di ridurre il più possibile i costi del progetto , dall 'altra sforzandosi di mantenerne segreta l'attuazione e , infine , di trovare un appiglio giuridico per no n sottoporlo alla necessaria approvazione del Congresso. Il piano di assistenza che ne risultò prevedeva esplicitamente che il Presidente Truman , nella sua veste di Capo Supremo delle Forze Armate , ordinasse che materiale bellico dell'esercito americano e materiali surplus venissero trasferiti in Italia rispettivamente dagli Stati Uniti e dalla Germania, insieme ad altre armi quali carri armati e bazookas la cui destinazione sembrava essere l'esercito di campagna piuttosto che le forze di polizia(57). Senza dubbio si attribuiva al piano più un effetto psic..:ologico che un valore pratico , stante il fatto che il piano stesso , messo a pnnto alla fine del febbraio 1948, difficilmente avrebbe potuto essere mandato ad effetto prima che si tenessero le elezioni politiche , fissate per il 18 aprile successivo (58) ; inoltre, nella stesura del piano non si era tenuto conto de lle indicazioni a suo tempo fornite dal rapporto Bathurst in relazione alle gravi carenze dell'Esercito italiano . T uttavia , l'attuazione del pia no parve indispensabile all'amministrazione T ruman , al punto che ne fu ordinata l'attuazione pochi giorni dopo che il colpo di stato comunista in Cecoslovacchia aveva di nuovo reso incandescente la situazione po litica internazionale e

(56) Per le iniziative degli USA in occasione delle elezioni del 18 aprile , cfr. Jamcs E. MILLER, Taking off the Gloves; the US and the ltalian Elecliom of 1948, in «Diplomatic History» VII , 1983, n . 4, pp. 35-56; Pi etro PASTOR ELLI , La crisi del marzo 1948 nei rapporli ila/o-americani, in «Nuova antologia», ottobre-dicembre 1979, pp. 235-251; G AMBINO , Storia del dopoguerra, cit., pp. 446-474; DI NOLFO, Paure e speranze, cit., pp. 259-260. Per una valutazione delle iniziative inglesi nella stessa circostanza , cfr. Antonio VA RSORI , La Gran Bretagna e le elezioni politiche italiane del 18 aprile 1948, in «Storia contemporanea », Xlii , 1982, n. 1, pp. 5-70. (57) Provision of US Equipment to the Italian A rmed Forces, Report by the SANACC (SAN ACC 390/1), 16 gennaio 1948, in FRUS, 1948, voi. III, pp. 757-762. Memorandum for the Nalional Security Council, 13 Febbraio 1948, in NAW , RG 319 P and O 091 Italy TS, box 17, Tab. 11-13. (58) Questo era il parere, ad esempio , dcll'Acting Secretary of State Lovett: Love/I 10 Forrestal, 17 febbraio 1948, in NAW, RG 319, P and O 091 ltaly TS, Sec. I , part 111 , (Case I only) .


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prima ancora che venisse raggiunto un accordo con il governo De Gasperi sul costo complessivo dell 'intera operazione(59). Grande fu quindi la sorpresa sia dell'ambasciatore Duno sia de l Segretario di Stato Marshall nell'apprendere il 12 marzo che De Gasperi riteneva più opportuno che il piano prendesse il via ad elezioni effettuate(60); e questo perché De Gasperi temeva ripercussioni negative sul corpo elettorale , ove proprio alla vigilia delle elezioni si fosse saputo che erano in atto massicci trasferimenti di armi in Italia. La ferma presa di posizione dell'amministrazione Truman, però, convinse il Presidente del Consiglio ad accettare, dopo qualche perplessità, il progetto , a condizione che tutto il materiale venisse spedito, per evidenti motivi di sicurezza, non per mare , ma per ferrovia attraverso la Germania e l'Austria: l'accordo relativo , con il quale l'Italia si impegnava a pagare 10 milioni di dollari prima del 1° luglio , fu firmato il 25 marzo dal Ministro della Difesa Facchinetti. Le spedizioni procede ttero poi regolarmente, con l'unica eccezione di una breve interruzio ne richiesta dal governo italiano pochi giorni prima del 18 aprile, e l'intero programma fu condotto a termine per i primi di maggio(61) . L'insistenza americana per l'attuazione del programma di fornire armi all'Italia trova una spiegazione nel clima di grave tensione che precedette le elezioni politiche del 18 aprile , considerate dal gove rno degli Stati Uniti come «un'apocalittica prova di forza tra il totalita rismo e la democrazia »(62). Comunque l'assistenza militare della primavera del 1948 fu ben lontana dall'avere qualche pe so sui risultati delle elezioni - ma, ha notato James Miller, avrebbe ben potuto averlo in senso contrario a quello desiderato(63) - , così come non ne ebbe, se non in misura modesta, sull'efficienza delle Forze Armate italiane . L' incidenza di questo episodio sulla sicurezza militare dell'Italia, dunque, fu molto limitata: si può affermare

(59) A rmy Secretary lnstructions, 26 febbraio 1948, in NAW, RG 319, P and O 091 Italy, Sec. l ; Royall to Marshall, 1 marzo 1948, in FRUS, 1948, voi. III, pp. 773774. (60) Dunn lo Marshall, 12 ma rzo 1948 e Marshall to Dunn, 12 marzo 1948, in FRUS, 1948, voi. lll , pp. 784-785. Sull'episodio , dr . anche PASTORELLI, La crisi, cit. pp. 242-243. {61) Dunn lo Marshall, 18 marzo 1948, in FRUS, 1948, voi. III, pp. 787-788; Memo far Record, 28 aprile 1948, in NAW, RG 319, P and O 091 Italy TS , Sec. 1, Part IV. (62) MILLER , Taking. off, cit. p. 36. (63) lbid. , p. 53.


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che esso creò anzi qualche attrito tra il governo De Gasperi e lo State Department, anche se poi la vittoria democristiana alle elezioni contribuì a riassorbire parte della tensione(64-) . Resta tuttavia il fatto che De Gasperi , proprio in concomitanza con questo episodio, espresse qualche perplessità in merito all'inclusione dell'Italia nell'Unione Occidentale , e la risonanza che tutto questo ebbe contribuì, in seguito , a rendere più difficile l'adesione d ell'Italia al Patto Atlantico. La fornitura di armi della primavera 1948 pose fine al rapporto di assistenza diretta tra gli Alleati c l'Italia, cominciato nel periodo della cobelligeranza e continuato anche nel dopoguerra. Un bilancio complessivo di q ucsto rapporto deve tenere in considerazione due ele menti: da una parte la natura disorganica e spesso confusa dell'assiste nza militare alleata, dall'altra lo scarso interesse mostrato dal governo ital iano per l'utilizzazione dei materiali forniti in questi anni , molti dei quali furono impiegati solo nel biennio 1949-1950. Per entrambi questi motivi sembra di pote r concludere che l'assistenza militare alleata servì soprattutto a prevenire un ulteriore deterioramento dello strumento bellico italiano , ma non riuscì a concretarsi in un piano d i riarmo vero e proprio.

(64} Oltre alla valutazione di PASTORELLI, La crisi, cit., cfr. anche Egidio ORTONA, A nni d'America. La ricostruzione: 1944-1945, Bologna, il Mulino, 1984, p. 230.



CAPITOLO QUINTO

LA RISTRUTTURAZIONE DELLO STRUMENTO MILITARE ITALIANO: PROBLEMI E PROSPETTIVE

1. il problema della Difesa all'Assemblea Costituente e le riforme del

1947-!94R 1. Negli anni 1947-1948, con la fine del regime di occupazione

alleato, lo strumento militare italiano fu oggetto di studi e di analisi che miravano , attraverso una sua completa ristrutturazione , a portarlo verso un assetto definitivo. Di questo processo si possono individuare tre momenti distinti: quello della definizione delle grandi linee della politica militare del nuovo Stato repubblicano , corrispondente alla formulazione degli articoli della Costituzione di interesse militare e delle principali riforme politico-istituzionali ; quello della individuazione delle priorità da dare alla politica di difesa, corrispondente al dibattito interno agli Stati Maggiori ; quello dell'allestimento di Forze Armate adeguate ai compiti loro assegnati. Non è facile individuare i criteri di politica militare che furono alla base di questo processo di riorganizzazione, a causa della netta cesura esistente tra il momento del dibattito politico , ristre tto principalmente ai grandi te mi affrontati dalla Costituente, e quello più specificamente tecnico, oggetto di valutazione accurata quasi esclusivamente da parte delle gerarchie militari(l) . In effetti, l'interesse dell'opinione pubblica e dei partiti politici per questioni di caratte re militare continuò ad essere piuttosto limitato , e d'altro canto è da sottolineare come furono relativamente pochi i militari che contribuirono alla formulazione delle grandi linee di politica militare contenute nel

(I) Su questo punto cfr. supra, Cap. II , par. L


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dettato costituzionale, a causa soprattutto deJla volontà di evitare il rinnovarsi di accuse di indebita interferenza nel regolare svolgimento del processo politico(2). Lo scarso interesse mostrato dai partiti e dall'opi nione pubblica verso i temi in esame si rifletté chiaramente sugli articoli della Costituzione relativi ad argomenti di politica militare: sia in sede di Commissione dei 75, che dal luglio 1946 al gennaio 1947 preparò il testo generale da discutere in Assemblea, sia in sede di Costituente vera e prop ria gli interventi e gli emendamenti riguardanti tali articoli furono spesso frutto di iniziative individuali più che risultato di progetti organici elaborati all'interno dei partiti, al punto che non mancarono momenti nei quali esponenti di uno stesso partito sostennero tesi contrapposte. La politica militare delineata dall'Assemblea Costituente risentì inoltre deJla particolare situazione di tensione politica creatasi dopo la crisi del maggio 1947: è stato scritto infatti che la frammentarietà delle norme sui problemi della difesa, sparse nell'arco del testo costituzionale e non racchiuse in un'unica sezione , rispecchia «l'impossibilità politica ... di spingere troppo oltre il confronto sulla Carta tra i partiti presenti in aula» e che « l'approvazione della Carta Repubblicana fu agevolata per ultimo , dai ma rgini d'indeterminatezza dei suoi contenuti »(3). Gli articoli più rilevanti del testo costituzionale, dal punto di vista militare, riguardano la d efinizione del rapporto dello Stato italiano con la guerra, il riconoscimento dell'obbligo del servizio militare, l'attribuzione dell'Alto Comando e l'istituzione del Consiglio

(2) Sull'apporto dato dai militari all 'elaborazione de l testo costituzionale , cfr. A ldo A. MOLA, Il dibattito sulle Forze Annate alla Costituentr p . 1R<i, in l,e Fnrzf' Armate dalla liberazione all'adesione dell' Italia alla NATO, atti del Convegno di Torino , 8-1 0 novembre 1985, Roma , Ministero della D ifesa, 1986, pp. 179-232; ROTIIlLARI , i l pensiero militare, cit. , pp. 459-464. Botti e Ilari ripartiscono in 6 categorie i «combattenti» presenti ali' Assemblea Costituente:

Comhattcnti 1' guerra m. Combatte nti 2• gue rra m. Volontari garibaldini Comhattcnti di Spagna Panigiani 1943-1945 Militari

D .C.

Oestre

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12 7

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(3) MOLA , Il dibattito, cit. , p. 180.

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71 19 3

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12 105 5


LA RISTRUTTURAZIONE DELLO STRUMENTO MILITARE ITALIA NO

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Supremo di Difesa . Nel febbraio 1946 la Commissione per la riorganizzazione deUo Stato aveva discusso la relazione Ago-Morelli, nella quale , riprendendo la formula che era stata alla base del Patto di Parigi del 1928, si sosteneva che la Costituzione dovesse sancire la definitiva rinuncia alla guerra da parte dello Stato italiano; la Commissione aveva però escluso di poter accettare un suggerimento così radicale e ispirato a una concezione delle relazioni internazionali che si era rivelata scarsamente rispondente alla realtà dei fatti ; successivamente, in sede di Commissione dei 75, la proposta fu perciò modificata in rinuncia « alla guerra come strume nto di conquista e di offesa ad altri popoli ... e di risoluzione delle controversie internazionali» e temperata, inoltre, dal secondo com ma dell'art. 11, il quale sanciva la disponibilità dello Stato italiano ad accettare reciproche limitazioni di sovranità in nome della cooperazione internazionale . Questa formulazione, che riconosceva la liceità della guerra solo come strume nto di di(esa, fu accettata dall a Costituente nel marzo del 1974(4). l temi della ne utralità permanente e del pacilJsmo furono ripetutamente discussi , a nche al mome nto di esamina re l'articolo relativo alla difesa della patria, «sacro dovere del cittadino ». Tra gli articoli attinenti a questioni di carattere militare questo infatti suscitò le dispute più acces<,;: il dibattito non si limitò allo scontro tra soste nitori d ella leva e fautori di un esercito di professione, ma registrò anche la presentazione di un emend a mento da parte di alcuni deputati socialisti su lla necessità che l'Itali a , proclamando la propria neutralità pe rmanente, lanciasse «un primato pacifista ». I deputati comunisti, invece, non appoggiarono la tesi di un disarmo unilate rale, ma dichiararono che avrebbero dato il loro sostegno alla creazione di Forze Armate popolari in grado di d ifendere l'indipendenza de l paese: s u questa linea si realizzò una sostanziale convergenza e

(4) La Relazione , discussa il 12 febbraio 1946, trattava « I rapporti internazionali dello Stato nella fu tura Costituzione itali ana» ; i redattori Roberto Ago e Gaetano Morelli si dichiararono «convinti della opportunità di una norma che sottolinei la po litica di pace e la rinuncia definiti va da parte <li quest'ultimo [lo Stato ital iano] alla guerra come strumento di politica nazionale ». C fr. Alle origini della Costituzione italiana. I lavori preparatori della « Commissione per studi attinenti alla riorganizzazione dello Stato », (1945-/946), a cura di Gianfranco D 'ALESSIO , Bologna, Il Mulino, 1979, verbale n. 12, pp. 217-228. Per la disl:ussione dell'art. 11 in assemblea plenaria , svoltasi il 24 marzo 1947, cfr. Atti dell'Assemblea Costituente. Discussione sul progetto di Costituzione, voi. r, Roma , Tipografia de lla Carnera dei Deputati, 1951 , pp. 2429-2435.


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!.'ESERCITO ITALIA NO NEL SECONl)O l)QPO GUERRA 1945-19511

la Costituente sancì l'obbligo del cittadino di servire la patria in armi, riallacciandosi all'ideologia del cittadino-soldato della Francia rivoluzionaria e delineando un modello di Forze Armate « di popolo » per adempiere alla missione difensiva prevista dall'art. 11. In questa decisione dell'Assemblea non va infine sottovalutata la rilevanza che ebbe il timore che un esercito di professionisti finisse per costituire un «corpo separato» in grado d'influenzare l'ordinato svolgimento del processo politico , timore già espresso dallo stesso Togliatti in sede di Sottocommissione della Commissione dei 75 (5). Anche l'articolo relativo all 'attribuzione dell 'A lto Comando fu in parte influenzato dalla situazione politica del momento ; la sua assegnazione al Presidente della R epubblica rispecchiava infatti la volontà di garantire l'apoliticità delle Forze Armate e di ribadire il loro carattere nazionale e super partes, espresso del resto anche dall'art. 98, che contemplava la possibilità di stabilire per legge il divie to per i militari di carriera di appartenere a partiti politici. A l disegno di demandare al Capo dello Stato un effettivo potere di coma ndo sulle Forze Armate , del resto , corrispondeva anche l'attribuzione a quest'ultimo, e non al Presidente del Consiglio, della presidenza de l Consiglio Supremo di Difesa . organo da costituire ex novo in sostituzione della Commissione di Difesa, istituita durante il fascismo e presieduta dai Capo dei Governo(6). L' Alto Comando restava però un'attribuzione poco più che formale, in quanto la (5) La discussione sul Titolo IV della Costituzione, in cui ern incluso l'art. 49. _ poi 52, si svolse d al 19 al 22 maggio 1947: Atti della A~·semblea Costituente, cit. , voi. Il , all e pp. 4051-4053 (intervento Gasparotto) , 4064-4067 (Bencivenga) , 4071-4083 (D i Giovanni) , 4091-4095 (Calosso, il cui emendamento trasformava l'art. 49 in « La difesa della patria è dovere di Lutti i cittarlini. Il ~ervi7io rnilitare non è obbligatorio . La Repubblica, nell 'ambito delle convenzioni internazionali , attueri1 la ne utralità pe rpetua») , 4098-4102 (Giolitti), 4104-4105 (Caporali) , 4108-4111 (Nobile) , 4123-41 25 (Chatrian , che ribadì il punto di vista del Ministero de lla Difesa, contrario alla formulazione che specificasse i criteri tecnici del reclutamento, e favorevole alla possibilità di mante nere un «volonta riato integrativo») , 4127-4129, (Merlin) , e voi. lii , pp. 41 74-41 75 (Giua) , 4179-4180, (Giacchero) , e 4182-4194 (discussione finale votazioni). Il 15 novembre 1946, in sede di 1 Sottocommissione della Commissione d ei 75 , Togliatti definì l'Esercito volontario « una categoria di professionisti delle armi che potrebbero rappresentare la rovina di una società e la rovina d ello Stato »: !,a Costituzione della R epubblica nei lavori preparatori dell'Assemblea Costituente, voi. VI , Commissione per la Costituzione. Adunanza plenaria. Sedute dal 20 luglio 1946 al 1° febbraio 1947; I Sottocommissione. Sedute dal 26 luglio 1946 al 19 dicembre 1946, Roma , Tipografia della Camera dei D eputati , 197 1, pp. 696-699. (6) Sul problema dell'apoliticità d elle Forze Armate , cfr. B O'lì'I- ILARI , li pensiero militare, eit., pp. 406-454.

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dichiarazione de llo stato di guerra fu ritenuta prerogativa delle Camere , che avrehbero dovuto deciderla secondo la normale procedura parlamentare (art. 78). Di contro alla tesi che voleva lasciare un più ampio margine di manovra all'esecutivo in questo settore (secondo lo statuto regio spettava infatti al gove rno dichiarare la mobilitazione e lo stato di guerra), pre valse Ja volontà di stabilire una procedura che rendesse relativamente complesso il ricorso alla dichiarazione dello stato di guerra ; né è mancato chi vi ha visto una conseguenza delle preoccupazioni che l'esecutivo po tesse servirsi di più ampi poteri per fini impropri, di politica interna, dichiarando ad esempio lo stato di guerra in caso di gravi t urbamenti dell'ordine pubblico , senza consultare il Parlamento(7). Nel loro insieme, gli articoli militari de lla Costituzione lasciavano dunque intravedere una larga tendenza a condizionare la politica militare alla soluzione dei problemi di equilibrio politico del paese più che alla ricerca dell'efficie nza operativa. Oueste medesime considerazioni possono esse r fatte valere , in linea di massima, anche per la principale riform a apportata all'apparato militare all'inizio del 1947, vale a dire la creazione del Ministero unificato della Difesa istituito dal terzo governo D c Gaspcri il 2 febbraio 1947. Nei mesi precedenti l'unificazione , la stampa specializzata aveva ampiamente discusso il problema di un ministero unico ; tuttavia ii dibattito si era mantenuto su un piano puramente teo ri co , non essendo stati preparati progetti dettagliati per un provvedimento concreto: sicché la d ecisione del governo parve a molti improvvisa e affrettata. In effetti le modalità seguite per dar vita al nuovo ministero, la cui creazione non fu preceduta da un comple to riordiname n to delle amministrazioni militari, sembrarono portare a una fusione poco più che formale che lasciava intaitt; le autonoiuÌt; di ciascuna delle tre Forze Armate. La riforma è stata perciò interpretata soprattutto come il risultato dell'esigenza politica di assicu-

(7) È questa la tesi sostenuta da MOLA, IL dibattito , cit., pp. 206-207. Per la discussione de ll"art. 75, poi 78, re lativo alla deliberazione della mobilitazione generale e dell'entrata in guerra, Atti dell'Assemblea Costituente, cit. , voi. l V, pp. 13791388 (discussione) e 1396-1406 (dichiarazioni di voto e votazioni). L'attribuzione dcli' Alto Comando e della Presidenza del Consiglio Supremo di Difesa al Presidente dell a Repubblica fu discussa il 22 ottobre 1947: Atti dell'Assemblea Costituente, cit. , voi. IV, pp. 1444-1445 (presen tazione dell'e mendam ento Azzi, che manteneva l'attribuzione a l Capo dello Stato, ma specificava che questi «lo esercita in tempo di pace tramite il Ministro della Difesa, e in tempo di guerra tramite il Capo di Stato Maggiore della Difesa ») e 1452 (votazioni).


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rare saldamente nelle mani del governo il controllo delle Forze Armate , nel momento in cui si andava profilando un periodo di forti tensioni politiche e di scontri tra i partiti: questo spiegherebbe, almeno in parte, l'anomalia di procedere prima· all'unificàzione, poi di nominare una commissione incaricata di definire le strutture del nuovo ministero(8). Delle quali una prima definizione si ebbe tre mesi dopo la creazione del Ministero stesso, avvenuta con il decreto legge del 10 maggio 1947, che creava un Gabinetto del Ministro e, alle sue dirette dipendenze , tre Segreterie Generali, una per ogni Forza Armata , ma regolate ognuna da un insieme di leggi e decreti particolari. In questa sua configurazione il Ministero della Difesa risultava pertanto poco più che un organismo pleonastico, sovrapposto alle strutture esistenti, privo dei poteri necessari per attuare un'effettiva ed efficace cooperazione interforze. Il quadro dei provvedimenti relativi ali' Alto Comando fu completato nel 1948 con la riforma della figura del Capo di Stato Maggiore G enerale, trasformato· in Capo di Stato Maggiore per la Difesa e con la costituzione nel 1950 del Consiglio Supremo di Difesa. Con la prim a di queste due riforme si spostava il fulcro della politica militare dal Presidente del Consiglio al Ministro della Difesa: il Capo di Stato Maggiore della Difesa passava infatti dalle dirette dipenden ze del Capo del Governo a queìle di quest'ultimo , con funzioni di consulenza per le principali questioni relative all'organizzazione e preparazione delle singole Forze Armate. li Capo di Stato Maggiore della Difesa avrebbe avuto alle sue dipendenze gerarchiche i Capi di Stato Maggiore de lle tre Forze Armate, ma solo « nell'ambito e delle sue attribuzioni e dei poteri a lui conferiti dal decre to »; per espletare i suoi compiti il Capo di Stato Maggiore de lla Difesa aveva l'a utorità occorrente p er seguire l'attuazione de lle direttive impartite d'ordine del Ministro per la Difesa , e funzioni ispettive su tutti i comandi , scuole , re parti ed e nti delle tre Forze Armate (9). La riforma completò in tal modo la definizione della catena dell' Alto Comando , facendo de l Ministro della Difesa il vero responsabile della politica militare e de l Capo dello Stato un (8) Il01TI-ILARI, Il pensiero militare, cit. , p. 605. La stessa ipotesi è avanzata da Enea CEROUETTT, /,e Forze Armate iJaliane, cit. p . 45. (9) Il ruolo del Capo di Stato Maggiore Generale fu trasformato in que llo di Capo di Stato Maggiore della Difesa con il Decreto legislativo 21 aprile ·1943 n. 955. Per le ripercussioni di questo decreto sulla struttura dc li' Alto Comando, cfr. BOTIIILARI, Il pensiero militare, cit. , pp. 6 12-61 6. e CERQUETTI , Le Forze A rmate, cit. , p. 53.


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Comandante Supremo privo di poteri effettivi(10); risolse poi i problemi relativi alla cooperazione tra le Forze Armate con un compromesso che , se rivalutava il ruolo dello Stato Maggiore della Difesa, pure non ne faceva un comando dai poteri illimitati , ma lasciava ampia autonomia amministrativa a ciascuna Forza Armata. Quanto al Consiglio Supremo di Difesa, avrebbe dovuto costituire una sorta di organo per la definizione delle linee generali di politica militare, e quindi ovviare alla cesura esistente tra il momento del dibattito politico e quello più propriamente tecnico: la sua istituzione con legge 28 luglio 1950, n. 624 , non incise comunque sulla formulazione della politica milita re per il periodo in questione. 2. Il dibattilo tra gli Stati Maggiori sulla impostazione della difesa: 1947/1948

2. Le linee generali di politica militare definite dall'Assemblea Costituente furono specificate con maggiore precisione nel corso 1..kl dibattito che, in un ambito limitato quasi esclusivamente alle alte ge rarchie militari e alla stampa specialistica , fu tenuto circa l'impostazione concreta da dare alla difesa dello stato italiano . Già nel 1946, con due studi sulla difesa costiera e la difesa antiaerea , lo Stato Maggiore Generale aveva dato inizio alle riflessioni sul si gnificato strategico dei risultati del secondo conflitto mondiale e sulle conseguenze che le innovazioni tecniche introdotte in campo militare pote vano avere sulle capacità difensive dell 'ltalia(ll). Lo studio delle operazioni condotte durante il conflitto aveva infatti messo in mostra la praticabilità di azioni ritenute prima della guerra estremame nte improbabili , o comunque dall'esito molto aleatorio: operazioni anfibie su vasta scala, aviosbarchi, offensive aeree « a tappeto », e rano risultati non solo fattibili , ma molto spesso assai efficaci. Se ne traeva la conclusione, messa in luce negli studi dello Stato Maggiore Generale, di una aume ntata vulnerabilità del territorio italiano , dell'impossibilità di concepire la difesa costiera e la difesa ("IO) Sulla mancanza di poteri effettivi del Capo de llo Stato, cfr. anche Alberto PREDIERl, La Difesa e le Forze Armate, in Commenlario sisicmatico alla Costituzione italiana, a cura di Piero CALAMANDREI e Alessandro LEVI , voi. I , Fire nze , Barbera, 1950, pp. 473-494. (11 ) Mem oria sulla difesa w~·tiera, 8 febbraio 1946, in A USSME , l/4, racc. 58, cart. I e Memoria sulla difesa antiaerea, luglio 1946, in AUSSM E, 1/4, racc. 58, cart. 7.


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antiaerea come problemi a sé stanti , e della necessità quindi di affrontarli nel contesto più generale di quella che veniva definita come difesa del territorio , concetto ancor vago nel 1946, ma i cui contenuti si sarebbero meglio definiti negli anni successivi . Le osservazioni specifiche contenute nei due saggi indicavano perciò la necessità di allestire opportune strutture , in grado di provvedere alle esigenze della difesa terri to riale , creando reti di avvistamento e segnalazione , forze di copertura delle h asi aeree e navali , una potente difesa contraerea e grandi unità mobili per la difesa del territorio contro operazioni anfibie o lanci di paracadutisti: si concepiva perciò la difesa n azionale non più in termini di difesa ancorata ad un particolare confine , ma come difesa dell' intero territorio , o quanto meno delle sue aree strategiche più rilevanti. In entrambi gli studi veniva ino ltre chiaramente messo in evidenza l'onere finanziario derivante dall'allestime nto di una struttura difensiva adeguata alle esigenze delineate , e in e ntrambi identica e ra 1~ ronr.1 11-.innr r h e n P. vP.niv<1 tr<1 tt<1, ci n è i:'11:' l'Itali a 11011 era i P gra do di provvedere autonomamente alla propria d ifesa . Nella Mem oria sulla Difesa Costiera si legge : l'Italia non è più una grande potenza che abbia il modo e i mezzi per seguire una politica indipendente e, pertanto, per molti anni dovrà rimanere un satellite di potenze maggiori ... occorrerà quindi assolutamente , anche a costo di addomesticare la politica, e solo per difenderci, che ci appoggiamo a chi ci possa ;i iutare( l2).

Nella Memoria sulla Difesa Antiaerea si partiva dal presupposto che fosse opportuno disporre di una struttura adeguata, anche se limitata, sufficien te a proteggere il territorio da incursioni aeree nemiche in caso di conflitti minori, In previsione di conflitti più estesi, la Memoria riteneva che solo tre grandi potenze fossero in grado di sviluppare una politica estera pie namente autonoma , men tre tutte le altre nazioni avrebbero dovuto appoggiarsi politicamente , sin dal te mpo di pace , a una di queste ; di conseguenza (salvo il caso poco prevedibile di conflitto a limitati interessi, che possa rimanere ristretto all'ambito di un a delle minori potenze a noi finitime) , l' Italia deve risolvere un problema di difesa iniziale per il caso di aggressione improvvisa e per un {12) Memoria sulla difesa costiera, cit.


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tempo limitato, fino al momento cioè in cui potranno intervenire in suo aiuto le forze dell'O.N.U. , o quelle del blocco di cui farà eventualmente parte(13).

In sostanza fino dal 1946 emergevano chiaramente i caratteri distintivi del problema difensivo dell'Italia nel quadro strategico del dopoguerra: configurazione geografica che la rendeva molto vulnerabile da attacchi concepiti secondo le nuove tecniche elaborate nel corso del conflitto, incapacità del potenziale bellico nazionale di garantire autonomamente l'approntamento dei mezzi necessari alla difesa. A questi due aspetti del problema - accresciute difficoltà della difesa e scarsezza delle risorse disponibili - se ne aggiungeva poi un terzo: come rilevava il Capo Ufficio Operazioni dello Stato Maggiore Esercito in una riunione tra i Capi Ufficio Operazioni delle tre Forze Annate, le guerre moderne , non più precedute da una regolare dichiarazione di guerra, hmmu un periodo di preparazione prebellica che si manifesta con azioni a carattere di guerriglia nelle zone di vitale interesse per le parti in conflitto (la guerriglia in alcuni casi assume l'aspetto di guerra civile: Spagna, Grecia). Devono essere quindi considerate delle preipotesi di guerra che con la loro fisionomia completamente nuova non hanno minor importanza del conflitto dichiarato(14).

Il fatto quindi che, a partire dal maggio 1947 l'Italia vivesse in una situazione di intensa conflittualità politica non poteva non avere ripercussioni sugli studi e l'impostazione della difesa; per conseguenza il concetto di difesa territoriale veniva ad acquisire un ulteriore , diverso significato, quello cioè di difesa anche contro azioni di guerriglia interna e di turbamento dell'ordine puhhlico , in una parola contro fenomeni di carattere insurrezionale che potevano accompagnarsi, o precedere, azioni belliche di tipo tradizionale. I temi delineati a grandi tratti negli studi del 1946 furono ampiamente dibattuti dai Capi di Stato Maggiore negli anni successivi. Il dibattito non si risolse però con la creazione di un sistema di difesa di tutto il territorio a causa della scarsezza delle risorse disponibili, bensì con la concentrazione degli sforzi per allestire un'effi("13) Memoria sulla difesa antiaerea, cit. (14) Stato Maggiore della Marina - R eparto Operazioni: Verbale di riunione, 16 maggio 1947 , in AUSSME, l/5 (Carteggio U(ficio Operazioni) , 1946-/950, 1947.


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cace protezione dell'area dove più alto si pensava fosse il rischio di un'aggressione. Il problema di un'organizzazione adeguata della difesa territoriale fu sollevato dallo Stato Maggiore della Marina nel febbraio 1947, quando l'ammiraglio Maugeri, Capo di Stato Maggiore, partendo dal presupposto che il territorio costituisse un complesso inscindibile ai fini della difesa, propose agli altri Capi di S.M. l'attuazione di una struttura permanente per la Difesa Territoriale con caratteristiche diverse da quelle delle tre Forze Armate. Sarebbe stato necessario , scriveva il Capo di S.M. della Marina , allestire un apposito corpo con comando unificato, che coordinasse i singoli elementi della difesa territoriale, cioè la difesa delle basi , la rete di avvistamento e radiolocalizzazione, le telecomunicazioni, la difesa passiva e antiatomica, la difesa antinave degli obiettivi costieri; tale Comando Difesa del territorio avrebbe dovuto essere assegnato a un Capo di S. M ., dipendente direttamente dal Capo di S.M. Generale e ricevere un'aliquota di fondi da ciascuna Forza Armata . Questo corpo avrebbe avuto in futuro propri quadri permanenti e riserve mobilitabili: nella fase iniziale avrebbe provveduto , con quadri e mezzi della Marina , alla difesa contraerea e antinave delle basi navali principali(15). Il dibattito che seguì alla proposta della Marina mise bene in evidenza l'ostilità delle altre Forze Armate alla creazione di un quarto settore all'interno della struttura militare: sia lo Stato Maggiore dell'Esercito sia quello dell'Aeronautica risposero in termini molto critici alla proposta dell'amm. Maugeri. Il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito Marras riconosceva, sì, l'importanza del problema della difesa territoriale, ma dichiarava di essere talmente impegnato nella soluzione dei problemi contingenti e urgenti relativi alla copertura della frontiera orientale... da vedere più volentieri risolto in un primo tempo questo particolare aspetto della gestione generale della difesa(16).

Di fronte ai rinnovati tentativi dello S.M. della Marina di dar vita a un comando autonomo per la Difesa Territoriale, Marras ritornò ripetutamente su questo punto. Egli riteneva effettivamente opportuno impostare come un problema unico la difesa del territorio mediante l'accordo e la collaborazione tra le Forze Armate , e

(15) Maugeri a Trezzani, 6 febbraio 1947, in AUSSME, T/5 , 1946-1950, 1947. (16) Marras a Trezzani, 7 giugno 1947, in AUSSME, U5, 1946-1950, 1947.


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attuare gradatamente e in ordine d'importanza le misure consentite dalla disponibilità di mezzi efficienti in quel momento e nel prossimo futuro. La priorità tuttavia restava quella della difesa della frontiera orientale. Mi sia consentito ripeterlo ancora una volta - scriveva Marras a Trezzani nel novembre '47 - il problema più importante è, e rimarrà per molto tempo ancora, quello di chiudere la porta aperta al nostro confine orientale; e a tale scopo si dovrà assicurare all'Esercito la maggior parte dei mezzi disponibili(l 7).

Lo Stato Maggiore dell'Esercito criticava anche da un punto di vista concettuale il suggerimento della Marina, che sembrava voler riferire la difesa a ripartizioni territoriali che nella guerra moderna hanno perduto gran parte della loro importanza: ... è inutile sprecare risorse in zone prive di interesse operativo, per la necessità di concentrare gli sforzi in considerazione delle limitate forze combattenti disponibili. Per contro, qualsiasi punto del territorio nazionale, dal quale possa essere minacciato un obiettivo essenziale, deve diventare di colpo zona di operazioni e, senza intralci di Stati Maggiori combinati , deve poter intervenire , con le forze mobili di campagna, l'Alto Comando(18).

Il gen. Ajmone-Cat dal canto suo dichiarava di non ritenere attuabile ancora per molti anni un piano di difesa dell'intero territorio e di essere anzi alquanto scettico sulle possibilità di difesa dell'Italia e aggiungeva di condividere l'impostazione dello Stato Maggiore Esercito e di giudicare anche egli «necessità inderogabile» che, nel momento attuale, tutto fosse polarizzato per la difesa della zona orientale(19). In un'altra occasione , ancora il Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica faceva osservare che, ove le forze aeree non avessero ricevuto un incremento sostanziale, le loro capacità (17) Marras a Trezzani, 17 novembre 1947, in AUSSME, 1/5, 1946-1950, 1947. (18) Promemoria Uff. Operazioni SME - 2" Sezi,one, 31 gennaio 1948, in AUSSME, 1/5, 1946-1950, 1948. (19) Concetti essenziali espressi nella riunione dei Capi di SM FF.AA. tenutasi presm il Capo di Stato Maggiore Generale, 29 settembre 1947, in AUSSME, 1/5 , 1946-/950, 1947.


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operative sarebbero state ridotte a una reazione automatica dalle località di schieramento assunte in precedenza: anche se fosse determinabile una zona principale di operazioni , l'impegno dei mezzi aerei sarebbe subito intenso e totale, e il logorio sarebbe tale da rendere problematica ogni altra attività. È importante che gli Stati Maggiori di Esercito e Marina tengano presente che l'Aeronautica non sarà in grado di fornire cooperazione aerea, se non grazie al tempestivo, diretto , adeguato e ininterrotto intervento di cospicue forze aeree protettive csterne(20). Lo Stato Maggiore Generale , da parte sua, accoglieva, se pur parzialmente, l'istanza della Marina : sebbene non ritenesse fattibile l'allestimento di un quarto settore delle Forze Armate , tuttavia giudicava necessario impostare nel senso anzi detto una soluzione contingente ai problemi della difesa te rritoriale . li generale Trezzani metteva però in luce anche la necessità di nn chiarimento da p.:.rtc de ll 'autorità politica sulla situazione internazionale dell'ltalia, se fosse cioè da temere una guerra a breve scadenza e se vi fossero elementi per assicurarsi un appoggio di forze inlernazionali o di un determinato blocco di potenze , precisando in questo caso «l'entità e i tempi di affluenza di un eventuale concorso »(21 ). Quello che risultò fattibile sul piano pratico parve giustificare la cautela adottata da Esercito e Aeronautica. Nel 1948 infatti i provvedimenti relativi alla difesa territoriale andarono poco oltre l'impostazione degli studi da effettuare e l'approntamento di misure contingenti , dall'efficacia molto limitata in caso di conflitto. Prevalse insomma il crite rio di operare una preparazione selettiva delle Forze Armate, graduando la probabilità del1e ipotesi conflittuali: era questa una vera e propria necessità, poiché il potenziale economicoindustriale dell'Italia non permetteva in quel momento di ipotizza re la creazione di un sistema difensivo atto a parare ogni genere di offesa , ma di impostare a malapena un dispositivo capace di fronteggiare con una certa efficacia un'aggressione limitata al solo confine orientale. La decisione di considerare prioritaria la difesa della «soglia di Gorizia» fu dunque frutto di una visione rea listica di ciò che era possibile fare in concreto per risolvere quelli che sembravano i problemi più pressanti de lla difesa. (20) Ajmone-Cat a Trezzani, 20 aprile 1948, in AUSSME, 1/5, 1946-1950, 1948. (21) Concetti essenziali espressi nella riunione 29 settembre 1947, cit.


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3. Impatto delle clausole militari del trattato di pace sui problemi della difesa La costituzione di Forze Armate che fossero in grado di assolvere i compiti delineati dagli Stati Maggiori nel 1947-48 era ostacolata da due difficoltà di ordine diverso , relative rispettivamente ai limiti imposti dalle clausole militari del trattato di pace e alla pre caria situazione economico-finanziaria dello stato italiano . Ognuna di queste difficoltà incideva in modo diverso sulle singole Forze Armate: per la Marina militare era di primaria importanza attenuare l' impatto negativo del trattato e conservare il più alto numero possibile di unità limitando la cessione di navi alle potenze vincitrici; per l'Esercito e l'Aeronautica, invece , i quali nonostante la prolungata assistenza alleata disponevano di uomini e mezzi insufficienti , spesso a l di sotto degli stessi limiti imposti loro dal trattato, era fondamentale reperire le risorse necessarie a una loro completa ristrutLun1L.i0,1c. N ...>t...v & g;b nell'aprile 1946 il gen. Trezzani: I problemi relativi alle nostre Forze Armate debbono essere presentati in maniera diversa per l'Esercito, l'Aeronautica, e la Marina. Oggi l'Esercito italiano non esiste: non si tratta quindi di conservare una parte maggiore o minore di esso, ma di riedificarlo. Per quanto concerne la Marina e l'Aeronautica, c'è invece un problema di conscrvazione(22).

L'affermazione del Capo di Stato Maggiore Generale aveva una sua validità anche negli anni 1947-48, solo che si corregga nel senso che ben presto anche l' Aeronautica si trovò a risolvere un problema di «riedificazione» più che di «conservazione» , a causa del rapido degrado dei mezzi a sua disposizione; e tuttavia le parole di Trezzani mettono bene in evidenza il fatto che il problema militare italiano si configurava in modo dive rso a seconda dell'angolo visuale da cui lo si osservava. Un aspetto del problema era dunque quello di evitare che il trattato di pace incidesse troppo pesantemente sulle capacità difensive dello Stato italiano: i vincoli imposti dalle clausole militari furono perciò oggetto di numerose iniziative da parte degli Stati (22) Conferenze preparatorie della delegazione italiana alla Conferenza della Pace, 15 aprile 1946, in ASMAE, DGAP, Italia - Conferenza della Pace 1946, b. 35 , f . 1.


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Maggiori e del Ministero degli Esteri, nel tentativo o di mitigarne la durezza o di procedere ad una loro globale revisione_ Il disegno di legge che autorizzava il governo a ratificare il trattato fu discusso dall'Assemblea Costituente in un drammatico dibattito protrattosi dal 24 al 31 luglio 1947 e conclusosi con l'autorizzazione al governo italiano a depositare la sua ratifica quando avessero fatto altrettanto le quattro grandi potenze; dopo il deposito delle ratifiche, avvenuto a Parigi il 15 settembre, il governo italiano ebbe a sua disposizione un arco di tempo di sei mesi in alcuni casi , di un anno in altri , per dare esecuzione alle clausole militari del trattato . L 'attuazione di quelle attinenti alla cessione della flotta, in particolare, sarebbe stata seguìta nei dettagli, secondo quanto stabilito dall'art. 57 del trattato stesso , da una Commissione che le quattro potenze avevano istituito con protocollo separato il giorno stesso della firma , il 10 febbraio 1947. In me rito all'esecuzione di queste clausole , il governo italiano seguì una tattica dive rsa da un caso all'altro: in alcuni casi fu possibile raggiungere un accordo soddisfacente con le controparti direttamente interessate; in altri, invece , le autorità militari adottarono una tattica apertamente dilatoria, nella speranza che il passare del tempo e l'evolversi del quadro politico internazionale giocassero a favore della posizione italiana, rendendo alcune delle grandi potenze più p ropense ad accettare le richieste di revisione. Fin d al momento della firma , pertanto , il Ministero degli Esteri , si preoccupò di rende r meno dura, per quanto possibile, l'attuazione di queste clausole , in particolare di quelle relative ai trasferimenti di parte della flotta , avverso ai quali, in alcuni casi, erano state prese iniziative prima a ncora della ratifica de l trattato. Già alla Conferenza della Pace di Parigi l'argomento era stato trattato dai rappresenta nti navali italiani con quelli alleati; e nell'ottobre 1946 De Gasperi, in qualità di Ministro degli Esteri , aveva chiesto al Segretario di Stato americano Bymes di prendere in considerazione la possibilità che il governo degli Stati Uniti rinunciasse alla quota delle navi italiane assegnategli dal trattato , e d era poi tornato sull'argomento durante il suo viaggio negli Stati Uniti all'inizio de l gennaio 1947(23). La comprensione espressa dal governo americano di

(23) La lettera di De Gasperi è citata in BERNARDI , L a Marina, cit. ; Argomenti di carattere politico trattati al Dipartimento di Stato in occasione della visita negli Stati Unili del Presidente del Consiglio (5-15 gennaio 1947), in ASMAE, DGAP, ltalia-Conferenza della Pace, 1946, b . 30.


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fronte alle richieste italiane si tradusse in un gesto concreto nell'ottobre di quello stesso anno, quando l'ambasciatore Dunn informò ufficialmente il governo italiano della rinuncia da parte statunitense a tutte le navi italiane , a condizione che venissero demolite nei cantieri italiani; in realtà furono poi demolite solo le navi da combattimento maggiori {la corazzata« Italia » e due sommergibili), mentre le navi minori e quelle ausiliarie furono risparmiate col tacito consenso americano(24). Le analoghe iniziative prese con la Gran Bretagna incontrarono maggiori difficoltà, soprattutto a causa dell'ostinazione con la quale l'Ammiragliato britannico continuò a rivendicare il proprio diritto a riscuotere il prezzo della vittoria a spese della flotta italiana, sicché i ripetuti sondaggi da parte del governo di Roma ebbero risposte piuttosto ambigue da parte inglese. Durante i colloqui tra i Ministri degli E steri Bevin e Sforza, dal 27 al 31 ottobre 1947, fu comunque possibile raggiungere un compromesso, anche perché la restituzione delle navi italiane risultò l'unico punto su cui il governo inglese era effettivamente in grado di venire incontro ai desideri di quello italiano. Con l'accordo stipulato a Londra, la Gran Bretagna restituì l'intera quota(25) delle navi da guerra italiane perché fossero demolite in Italia, e in cambio il governo italiano si impegnò a mettere a disposizione di quello inglese 20 .000 tonnellate di rottami ferrosi entro un anno: questa parte dell 'accordo, per evitare spiacevoli raffronti con il gesto degli Stati Uniti , non fu resa nota che in un secondo tempo. Anche in questo caso le navi da guerra maggiori furono smantellate, mentre vennero salvate la maggior parte di quelle da combattimento minori e quelle ausiliarie(26). Molto più complesse furono le trattative con Francia e Unione Sovietica, nessuna delle quali sembrava intenzionata a rinunciare alle proprie quote di naviglio italiano . Le trattative con la Francia giunsero anzi a un tal punto di stallo che nel marzo del 1948 il Ministro della Difesa Facchinetti ritenne opportuno suggerire al Ministro degli Esteri e al Presidente del Consiglio un gesto unilaterale da parte del governo italiano: visto l'aggravarsi delle tensioni internazionali , che non corrispondevano affatto alle ottimistiche previsioni (24) BERNARDI, La Marina, cit., pp. 378-381. (25) In realtà nell 'accordo non rientravano alcune unità minori , alla cui t:essione il governo britannico rinunciò in un secondo momento. (26) Antonio VA RSORl, L 'incerta rinascita di una tradizionale amicizia: i colloqui Bevin-Sforza de/l'ottobre 1947, in «Storia contemporanea», XV, 1984, n. 4 , pp. 593-645, e BERNARDI, La Marina, cit. , pp. 381-384.


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del trattato di pace, e vista l'impossibilità per l'Italia di ottenere una revisione secondo le modalità previste dal trattato stesso, vale a dire tramite l'accordo diretto tra le grandi potenze , o in seguito all'ingresso dell'Italia nell'O.N.U. , il Ministro della Difesa suggerì che il governo, in nome del diritto italiano all'autodifesa, dovesse chiedere una sospensione delle clausole militari e procedere, qualora la richiesta fosse negata , alla sospensione con atto unilaterale(27). La proposta non ebbe alcun seguito ; in particolare lo Stato Maggiore Generale giudicò che potesse avere conseguenze molto gravi sul piano militare , senza nessun vantaggio concreto(28). R esta però indicativa della tensione con la quale in alcuni ambienti veniva vissuta l'applicazione del trattato , con tutti i problemi ad essa connessi. Il negoziato con la Francia, reso ancor più difficile dalle contemporanee trattative per la definizione degli smantellamenti delle opere di fortificazione italiane nella fascia smilitarizzata al confine tra i due stati, e bbe termine solo con l'accordo del 14 luglio 1948, firmato da Sforza e dall'amhasciatore francese a Rom::i Fonqne<.Duparc: con questo docume nto il governo francese riconosceva che le navi cedute non costituivano «bottino di guerra », ma la compe nsazione delle pe rdite subite d alla Francia durante il conflitto , e rinunciava alla cessione di tre navi da combattimento maggiori, di dodici minori , di nove ausiliarie, per un totale di 24 navi su 43 asseg nategli dal trattato . Il governo italiano , da parte sua, non e ra tenuto a mettere le navi cedute in condizioni operative - come originariamente era stato richiesto dal trattato - ma doveva limitarsi a provvedere che fossero in grado di co mpiere la traversata La Spezia-Tolone. A differenza di qua nto avvenuto negli altri casi , le navi alla cui cessione la Francia aveva rinunciato non furono distrutte , ma ma ntenute in servizio co n varie mansioni arn;ura pe r 1noili anni(29) . Pochi giorni dopo la firma di quest'accordo , il 28 luglio, Sforza e Fouques-Duparc procedettero ad un nuovo scambio di lettere, con le q uali si riconosceva la validità dell'accordo raggiunto tra alcuni rappresentanti dello Stato Maggiore Esercito e il Consigliere Militare dell'ambasciata di Francia , colonne llo Bergé , re lativamente allo sma ntella mento delle fortificazioni all a frontie ra occide ntale . In (27) Facchinelli al Ministero degli Affari F:steri, 7 marzo 1948 , in J\USSME , 1/4 , racc. 59, cart. 11.

(28) Promemoria per S. E . il Capo dì SM Generale, redatto dal generale Riccardi , 14 marzo 1948, in AUSSME, 1/4, racc. 59, cart. 11. (29) BERNARDI , L a Marina, cit. , pp. 384-400.


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relazione a quanto sopra, il governo francese espresse il suo consenso al mantenimento di un totale di 348 opere di fortificazione su 977, circa il 35%, e a che la demolizione delle restanti fosse limitata al 50% delle spese previste; come controparte il governo italiano accettò il principio che ufficiali francesi ispezionassero la corrispondenza degli smantellamenti all'accordo raggiunto(30). La posizione di assoluta intransige nza assunta dall'Unione Sovietica di fronte alle richieste italiane rese ancora più arduo raggiungere un accordo sull'aliquota di navi da trasferire; nel luglio 1948, anzi , l:i Commissione navale delle quattro potenze , istituita in forza dell 'art. 57, informava il governo italiano che le autorità sovietiche richiedevano la consegna di 33 delle 45 navi loro assegnate entro 40 giorni. T tentativi italiani di modificare i termini della richiesta si intrecciarono con le trattative sul regolamento delle riparazioni che in quel momento veniva negoziato con il governo sovietico da una missione italiana a Mosca, guid ata dall'on. La Malfa ; sebbene il Ministero degli Esteri italiano si fosse dichiarato contrario inizialmente a collegare questi due problemi , si giunse infine ad un accordo siglato con lo scambio di lettere Brosio-Molotov del 6 novembre. con il quale il governo italiano si impegnava a trasferire le 33 navi richieste e quello sovietico accettava, come base di regolamento del problema delle riparazioni , i princìpi contenuti nel relativo progetto italiano(31). Le trattative con la Jugoslavia e la Grecia non modificarono quanto stabilito dal Trattato: il governo italiano riuscì però ad ottenere che entrambe le controparti dichiarassero che le navi loro cedute non costituivano « bottino di guerra» , be nsì un compenso per i danni subìti ad opera della Marina Italia na durante il conflitto. I! trattato imponeva infine all'Italia di affondare in acque profonde alme no 100 braccia tutti i sommergibili in servizio, dopo ave r recuperato quei materiali che potessero risultare utili per impieghi civili. Il governo italiano chiese nel settembre 1947 aUe quattro grandi potenze di poter procedere allo smanteJlamento, anziché all'affondamento dei sommergibili stessi, in modo da trarre il maggior va ntaggio possibile daJla loro demolizione. Dopo alcune esita(30) Note verbali 25 giugno e 8 luglio 1948 e Scambio di lettere Sfvrza-Fouques Duparc, 28 luglio 1948, in AUSSME, f/4, racc. 59, cart. 11. (31) BERNARDI , La Marina, cil. , pp. 400-414. Cfr. Anche Robe rto MOROZZO DELLA ROCCA, /,a politica es1era italiana e l'Unione Sovietica (19441948), Roma , La Goliardica, 1985 , pp. 380-381; Manlio BROSIO, Diari di Mosca, /947-1951, Bologna, Il Mulino, 1986, pp. 377-382.


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zioni da parte sovietica, la proposta fu accolta da tutte le potenze interessate nel dicembre successivo; poiché però il governo italiano non avrebbe potuto procedere allo smantellamento completo entro il termine previsto del 15 aprile 1948, chiese ed ottenne che entro tale data fosse consentito effettuare quelle distruzioni che avrebbero reso i sommergibili inservibili da un punto di vista bellico(32). Le altre clausole militari non furono oggetto di iniziative nego ziali di particolare rilievo da parte del governo italiano. L'articolo 48, che prevedeva la smilitarizzazione entro un anno di una fascia di 20 km. alla frontiera orientale, non aveva grande rilevanza pratica dal momento che la maggioranza delle fortificazioni di frontiera erano rimaste in quella parte della Venezia Giulia ceduta alla Jugoslavia. Le poche rimaste in territorio italiano consistevano in alcune casematte in Val di Fella, vicino a Tarvisio, i cui cannoni erano già stati rimossi, sotto la supervisione alleata, prima ancora della ratifica del trattato; d 'altra parte la creazione di una fascia smilita rizzata lungo la frontiera non incideva particola rme nte sui progetti difensivi dello Stato Maggiore , in quanto l'andamento stesso della nuova linea di confine rendeva molto difficile impostarvi una difesa avanzata. Anche il 5° e il 6° comma dello stesso articolo , che facevan o divieto al governo italiano sia di costruire nuove installazioni , si a di potenziare quelle esistenti nella fascia costiera al confine con la Jugoslavia e in un'ampia a rea della Puglia a est del 17", 45 meridiano , non avevano particolare rilevanza sulle capacità difensive dell'Italia, poiché le Forze Armate italiane non mostravano speciale interesse a migliorare le strutture esistenti, con l'unica eccezione della base navale di Ve nezia(33). Quanto alle smilitarizzazioni da compiere nelle isole minori e nella fascia settentrionale della Sardegna prospiciente la C.orsica, furono compiute quasi interamente nell'arco di tempo previsto dal trattato . Dopo alcuni mesi dall'entrata in vigore del trattato , dunque , il governo italiano era riuscito ad attenuare almeno in parte l'impatto di alcune tra le clausole militari più severe , mentre ad altre aveva dato regolare esecuzione. Si potevano però registrare , come notava (32) BERNARDI , La Marina, cit. , pp. 420-424. (33) Report on Military and Air Clauses, Ttalian Peace Treaty, by Col. R. Stilwell, 16 marzo 1948, in NAW, RG 3 19, P and O 092 (Section Il-C- 1) , (case 35 only) (sub. nos. 41) , e Ex tent of ltalian non-comp liance with military clauses of the peace treaty. Jntelligence Research Project N. 4354, 23 giugno 1948, in NAW , RG 319, P and O 092 (23 Junc 1948) F/W 35/52.


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in un rapporto del giugno 1948 l'ambasciatore americano a Roma , anche numerose inadempienze a carico del governo italiano; e se alcune di queste avevano qualche rilevanza nel garantire la sicurezza dell' Italia, molte altre erano imputabili solo ad incuria, inefficienza o ad un mal riposto senso del prestigio nazionale(34). In realtà il governo italiano aveva indugiato deliberatamente nell'esecuzione del trattato , nella speranza, cresciuta in seguito al risultato delle elezioni del 18 aprile 1948, che le potenze occidentali dessero inizio a un processo di revisione che reinserisse definitivamente l'Italia nel contesto internazionale alla pari con le altre potenze. Tuttavia nell'estate del 1948 non vi erano eccessive ragioni per nutrire speranze in questo senso e, notava un pro-memoria dello Stato Maggiore della Difesa, era possibile solo «cercare di ottenere la riservata autorizzazione da parte di alcune potenze a considerare inoperanti de facto alcune clausole(35). Determinare quanto , complessivamente, le clausole militari abbiano ostacolato l'allestimento di un efficiente apparato bellico n on è facile. Notava in proposito l' Ufficio Operazioni dello Stato Maggiore Esercito nell'ottobre 1947: La menomazione di capacità difensiva causata al Paese dalle clausole militari del Trattato di Pace (parte IV: sezioni I-II-TV e VI) appare in tutta la sua gravità quando la si consideri, come necessario, in relazione all'indeholimenlo delle frontiere terrestri per le recenti mutilazioni. Dalla somma delle clausole territoriali e di quelle militari propriamente dette deriva all'Italia l'imposizione di tenere le porte aperte e, altresì, sguarnite di quel minimo di difesa necessaria a scongiurare facili tentazioni ad eseguire , da parte di chiunque, non solo vere e proprie aggressioni. ma anche semplici colpi di mano. Infatti il trattato di pace, mentre ha lasciato all'Italia effettivi militari che sarebbero potuti sembrare sufficienti alla difesa del territorio, qualora non fosse stato intaccato il naturale valore difensivo delle vecchie frontiere , impone tali restrizioni qualitative e quantitative di mezzi e di organizzazione tecnica, da annullare ogni pratica possibilità di assicurare con tali effettivi una efficace difesa, sia pure per un tempo assai limitato(36). (34) Extent of Jtalian non-compliance, cit. (35) Promemoria per il Capo di SM Difesa, 1 dicembre 1948, in AUSSME , 1/4, racc. 59, cart. l l. (36) R evisione trattato di pace, Marras al Ministero della Difesa, 18 ottobre 1947, in AUSSME , U13 «Carteggio Marras», racc. 52, cart. 10.


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Secondo lo Stato Maggiore Esercito, pertanto, era l'insieme delle clausole militari e di quelle relative al territorio a incidere profondamente , e negativamente , sul problema difensivo . In realtà , ove si tengano presenti le ipotesi di conflitto sulle quali principalmente si era concentrata l'attenzione degli Stati Maggiori (un movimento insurrezionale, un'aggressione jugoslava) , l'esigenza centrale del problema difensivo era costituita dalla protezione della frontiera orientale ; su questo problema incideva soprattutto la modifica imposta all'andamento del confine , che impediva all'Esercito di allestire una linea di difesa appoggiata ad ostacoli naturali e rendeva inevitabile la creazione di una linea di difesa arretrata rispetto alla frontiera. Sembra perciò opportuno operare una distinzione tra forma e sostanza e riconoscere che le clausole militari , di per sé , per quanto intaccassero il prestigio e l'onore nazionali , costituirono forse un ulteriore ostacolo per il tentativo del governo italiano di risolvere il problema della difesa, ma non il nucleo centrale del problema slesso. Vaie la pena, a questo proposito , d1 riportare per esteso quanto scriveva il geo. Riccardi , Capo Uffido del Capo di Stato Maggiore Difesa, nel commentare la proposta di sospensione unilaterale del trattato avanzata dal Ministro Facchinetti nel marzo del 1948: l ". La denuncia delle clausole militari può provocare sanzioni militari , magari per iniziativa del vicino orientale. Siamo noi in condizioni di respingerle? Se anche le potenze occidentali ci sostenessero, conviene a noi, sia pure dal solo punto di vista militare, assumere la figura di provocatori del conflitto? 2°. Prima di denunciare le clausole del trattato come responsabili della nostra incapacità a Jikndtn:i, bisognerebbe aver utilizzato in pieno tutte le pussihilità che il trattato stesso ci offre. È noto invece che ne siamo assai lontani , come affermato da V.E. nella sua ultima lettera al Ministro della Difesa del paese. Quest'argomento è molto forte, perché è chiaro che, alla denuncia del trattato, dovremo far seguire un riarmo intensivo. Ma tutti sanno che non siamo in condizioni di farlo per mancanza di mezzi finanziari , di materie prime , di po tenzialità industriale; allora la denuncia avrebbe solo carattere teorico o avrebbe il solo risultato di inasprire la nostra situazione internazio nale, senza rafforzare realmente le nostre possibilità di difesa. 3°. La sola conseguenza pratica della denuncia sarebbe di sospendere la consegna o la demolizione delle navi e il disarmo


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delle frontiere. Per le navi il risultato avrebbe un valore essenzialmente morale; quanto alle opere fortificate delle frontiere, quelle più moderne sono rimaste in gran parte nel territorio ceduto alla Jugoslavia . L'effetto utile pertanto , nei riguardi dell'efficienza effettiva della nostra difesa, resta limitatissimo. È comprensibile quindi che la proposta sia venuta dalla Marina ; ma lo è assai meno che il Ministro abbia consentito a farla sua. In conclusione la proposta di denuncia sembra intempestiva, e destituita di pratiche possibilità. Potrebbe apparire utile soltanto se fosse preventivamente concertata con le potenze occidentali e se da parte di queste ci fosse contemporane'amente assicurata un'apertura di crediti e grosse forniture <li materiali bellici. Ma nell'attuale situazione sernhra che ciò sia de l tutto fuori delle reali possibilità (37).

4. L'Esercito nel 1947-1948: il progetto per un nuovo ordinamento Nd settembre 194ì, ai momento deìì'entrata in vigore deì trat-

tato di pace , l'Esercito italiano tornò a essere responsabile dell'indipendenza politica e dell'integrità territoriale dello Stato repubblicano, anche se per tre mesi , e cioè fino al 15 dicembre , poteva contare sulla coll aborazione delle ultime truppe di occupazione alleate. L'Esercito a disposizione del governo italiano era ben lontano, tuttavia, dal garantire un soddisfacente assolvimento di quei compiti che gli Alleati , e il governo stesso, gli attribuivano, vale a dire la protezion e delle frontie re e , e ventualmente, il ma ntenimento dell'ordine pubblico: l'Esercito di transizione, se e ra in grado di tutelare con una certa efficacia il mantenimento dell 'ordine , grazie anche alla profonda ristrutturazione delle forze di pubblica sicurezza realizzata nel 1946-1947, non era invece, per ammissione dei suoi stessi capi , assolutamente capace di resistere ad un'aggressione da parte di qualsivoglia potenza(38) , e neppure di offrire una resistenza sufficientemente prolungata da consentire il tempestivo inte rvento di aiuti stranieri . L'ordina me nto dell'Esercito di transizione rispecchiava questa sua intrinseca deholezza: nel settembre 1947 schierava ancora 5 divi(37) Promemoria per il Capo di SM Generale, redatto dal gen. Riccardi, 14 marzo 1948, in AUSSME , 1/4, racc. 59, cart. 11. (38) Sulla ristrutturazione delle fo rze di polizia, cfr. Antonio SANNINO, Le forze di polizia nel secondo dopoguerra (1945-1950), in « Storia contemporanea», XVI, 1985 , n. 3, pp. 427-485.


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sioni , 3 brigate di sicurezza interna e 10 reggimenti di fanteria non indivisionati, per un totale complessivamente oscillante tra i 140.000 e i 150.000 uomini, ancora quindi al di sotto dei 185.000 previsti dal trattato; mancavano unità corazzate, di artiglieria pesante campale , di artiglieria contraerea pesante, di artiglieria da montagna, di genio pontieri e minatori nonché truppe e servizi di Corpo d'Armata , e, soprattutto, mancavano mezzi per allestirle, perché l'assistenza militare alleata era impegnata a fornire unicamente gli armamenti necessari ad equipaggiare le unità dell'esercito di transizione. Unica eccezione di rilievo erano i circa 463 carri armati rimasti nel parco veicoli di Bologna, dei quali , al 16 marzo 1948, erano in piena efficienza 194, numero compatibile quindi con l'art. 54 del trattato, altri 57 erano disarmati , ma in condizioni di essere revisionati e utilizzati , e 112 disarmati e non in grado di essere riparati (39). Se a questo si aggiunge il fatto che le divisioni esistenti erano basate su un organico particolarme nte esile e che alcune non disponevano nemmeno di dotazioni complete (le care nze più gravi si riscontravano nei reggimenti <li artiglie ria controcarro e contraerea) , si può comprendere la preoccupazione con la quale il governo italiano e quelli alleati guardavano al momento in cui l'E sercito avrebbe assunto in prima persona il compito della difesa delle frontiere , in particolare di quella orientale , che sembrava se riamente minacciata dall'irrequieto vicino jugoslavo. Per colmare appunto le più vistose carenze e potenziare l'Esercito entro i limiti massimi previsti dal trattato , lo Stato Maggiore dell'Esercito stesso prese durante tutto il periodo 1947-1948 una se rie di iniziative, con particolare attenzione al problema dell'addestramento tanto della truppa quanto dei quadri: l'organizzazione addestrativa, nel 1947, era infatti ancora leggermente incompleta e limitata ai soli C.A.R. , perché i corpi erano assorbiti soprattutto da compiti di ordine interno e mancavano, inoltre , le scuole di applicazione e di reclutamento pe r ufficiali di complemento e per sottufficiali. Tra il 1947 e il 1948 lo Stato Maggiore Esercito provvide perciò ad istituire una serie di scuole e centri di addestramento per specialisti (40) ; nel 1948 fu altresì intensificato l'addestramento sul ter(39) Report on Military and A ir Clauses, cit. , e Extent of ltalian non-compliance, cii. , p. 4. (40) Nel 1947 furono istituite la Scuola di Carrismo, il C.A.A.R. di Arliglieria, la Scuola Meccanici ed Operai di Arliglieria; ne l 1948, la Scuola Allievi Ufficiali di Complemento, la Scuola Allievi Sottufficiali , la Scuola Militare Alpina, la Scuola di Artiglieria Contraerea, la Scuola e Centro Espe rienza di Commissariato, il C. A.A.R. Genio Collegame nti , e il Centro Addeslramento del Servizio Ippico e Veterinario.


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reno e si ebbero le prime esercitazioni del dopoguerra su scala divisionale, svolte dalla «Legnano» nella zona tra il Mincio e l'Adda. Lo Stato Maggiore mise poi rilevante impegno nel migliorare le condizioni di vita della truppa e affrontò con decisione il problema del reclutamento dei quadri , che, colpito da grave crisi , poteva essere risolto solo con un sostanziale miglioramento degli aspetti morali e materiali della professione (41). Lo Stato Maggiore cominciò del pari a predisporre le prime misure da attuare in caso di mobilitazione, anche se ogni iniziativa in questo senso trovava un ostacolo nell 'art. 53 del trattato che, impedendo all'Italia di fabbricare o possedere materiale bellico in eccesso rispetto alle esigenze delle Forze Armate consentite, re ndeva difficile accantonare le necessarie scorte , e il concetto stesso di mobilitazione, intesa come ampliamento delle strutture esistenti, sia pure in caso di emergenza , era implicitamente negato dal divieto di schierare più di 185.000 uomini. Nel 1947 vennero comunque emanate norme per tenere a ruolo la forza in congedo e per il completamento dei reparti , provvedimento, quest'ultimo , ripreso e migliorato nell' anno successivo con la disposizione di aggiungere in caso di emergenza un terzo battaglione ai reggimenti di fanteria, tenuti in tempo di pace su due battaglioni , e di mobilitare - oltre a 3 Comandi di Corpo d'Armata trasformando opportunamente alcuni Comandi Militari Territoriali, ai quali era stata data all'uopo particolare struttura, - 7 battaglioni alpini , 1 gruppo di artiglieria da montagna e 14 battaglioni fucilieri per la difesa territoriale (42). In campo organico-ordinativo, con l'assegnazione nel 1947 del 59° reggimento fanteria, fu data struttura ternaria alla divisione « Mantova » , dislocata con funzione di copertura alla frontiera orientale insie m e alla «Folgore » e furono costituiti il 17° Reggimento Fanteria , un gruppo di artiglieria alpina e un battaglione genio minatori , assegnati al Comando Militare Territoriale di Udine. Furono inoltre completate le dotazioni dei reggimenti di artiglieria controcarro e contraerea di tutte le cinque divisioni. Nell'arco del 1948 si iniziò poi la costituzione di due nuove divisioni di fante ria , la «Granatieri di Sardegna» e !'«Aosta», e di una prima brigata corazzata, !'«Ariete »; furono approntati inoltre due gruppi di artiglieria pesante campale , due di artiglieria contraerea, un battaglione (41) Attività dello SME dal febbraio 1947 al novembre 1950, in AUSSME , U 13 «Carteggio Marras », racc. 52, cart. 2. (42) Principali allivilà Uffici SM E, in A USSME , UIO {Carteggio vari uffici SME), racc. 147 , cart . 1, /946-1947, cart. 2, 1948.


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alpino e due reggimenti di cavalleria blindata da assegnare alle due divisioni dislocate alla frontiera orientale(43). Lo Stato Maggiore svolse infine un'intensa attività nel campo dell'elaborazione dottrinale, con la diramazione nel 1947 delle circolari 2.000 e 2.200 relative all'addestramento e all'impiego delle pattuglie la prima , e della squadra fucilieri la seconda , e nel 1948 della 3.000 sulla difensiva , e di altre concernenti l'impiego del plotone fucilieri , la controguerriglia, e i princìpi fondamentali dell'artiglieria campale e pesante campale(44). Questo sforzo organizzativo incontrava però un limite pressoché insormontabile nella penuria di mezzi a disposizione nell'ambito dei servizi. In questo campo, infatti , le scarse disponibilità di bilancio si intrecciavano con altre cause che rendevano quanto mai precario assicurare all'Esercito i necessari rifornimenti di materiali: la particolare situazione dell'industria italiana nei riguardi della produzione a carattere militare , soprattutto nell'immediato dopoguerra , la distruzione di buona parte degli impianti e del patrimonio dell'Esercito in conseguenza degli eventi bellici , la trasformazione tecnologica avvenuta nel campo delle armi e di tutti i mezzi tecnici e, infine, il carattere discontinuo e confuso dell 'assistenza militare alleata , la quale aveva reso assai difficile provvedere alla revisione e al riordina mento dei materiali ceduti. Tutto 4uesto contribuiva a creare nel campo logistico una situazione di estrema precarietà, che fece sentire il suo peso nell'impostare ogni ulteriore ricostruzione dello strumento militare italiano(45). Il problema emerse in tutta la sua gravità quando lo Stato Maggiore cominciò a formulare i primi programmi di ampliamento dell' Esercito di transizione . Perché l'Esercito fosse in grado di adempiere al compito minimo assegnatogli , v,ile a dire la protezione della frontie ra orientale contro ogni eventuale colpo di mano, lo Stato Maggiore riteneva infatti indispensabile allestire alcune nuove grandi unità e inquadrarle , insieme a quelle esistenti, in un nuovo Ordinamento: si voleva cioè trasformare l'Esercito di transizione in una struttura più ampia che, pur restando entro i limiti stabiliti dal trattato , rispondesse meglio alle esigenze della difesa. Secondo le intenzioni del generale Marras, sarebbe stato opportuno dare ade(43) ibidem. (44) Attività dello SME dal f ehhraio 1947 al novembre 1950, in AUSSME , L/13 «Carteggio Marras», racc. 52 , cart. 2. (45) Attività svolta nel 1947 dall' Ufficio Servizi, relazione annuale, in AUSSME , IllO, racc. 154, cart . 2.


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guata veste giuridica a questa struttura presentando in Parlamento il disegno di legge relativo al nuovo Ordinamento, in modo da sensibilizzare sui problemi che questo prospettava sia l'opinione pubblica sia le forze politiche(46). La riorganizzazione generale dell'Esercito cominciò ad essere affrontata in termini concreti verso la fine del 1947. In un memorandum per il Ministro della Difesa del dicembre di quell'anno, Marras affermava che al fine di portare l'Esercito al massimo dell'efficienza entro i limiti previsti dal trattato sarebbe occorso molto tempo e soprattulto sarebbe stato necessario risolvere lre probit:mi principali, quelli dei quadri, dei volontari specializzati e dei materiali. Dei primi era necessario migliorare la capacità professionale, ma soprattutto le condizioni del tenore di vita, in modo da attirare un numero sufficientemente ampio di aspiranti e , quindi , poter compiere una selezione adeguata ; quanto ai secondi era assolutamente indispensabile arruolare un 25% di specializzati a lunga ferma sul totale della forza alle armi , :ii quali affidare gli cq ::ipnggi:im cnti più costosi e di più complessa manutenzione e funzionamento , una volta che fosse stato possibile superare le obiezioni del Ministro de l Tesoro , riluttante ad autorizzare l'in crem ento di spesa che l'arruolamento di una sì cospicua aliquota di specializzati implicava . Il problema di maggior peso , continuava il Capo di Stato Maggiore , era però quello dei materiali: la situazione complessiva era fortem e nte deficitaria e spesso molti dei materiali in dotazione erano già logori , anche per colpa dcli' A .R.A.R., che non aveva saputo gestire la loro distribuzione in modo efficiente. Inoltre, c'era una preoccupante scarsezza di munizioni , che per l'armamento di provenienza inglese non potevano essere prodotte in Italia, il che poneva il dilemma o di procedere ai1a ioro importazione o di rinunci are all'addestramento al tiro dei repa rti. L'industria nazionale poteva esse re utilizzata solo nel settore della produzione di auto-motomezzi , mentre in tutti gli altri campi sarebbe stato necessario procurarsi all'estero i materiali occorrenti: se dovremo provvedere da soli , per raggiungere una soddisfacente efficienza occorrerà un numero di anni no n determinabile. I tempi potrebbero però essere ridotti se fosse possibile contare su vantaggiosi rifornimenti dall 'estero .

(46) Murras a Pacciardi, 25 febbraio 1949 , ras » , racc. 5 1, cart. 1.

in A U SSME,

U l3, « Carteggio Mar-


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In sostanza , concludeva Marras, la rapidità nell'allestimento di nuove grandi unità e quindi nell'attuazione di un nuovo Ordinamento, sarebbe dipesa dall'entità dei mezzi disponibili(47). Conclusione questa che successive analisi sulla situazione dell'Esercito, condotte dal Capo di Stato Maggiore nei primi mesi del 1948, confermarono, accentuando inoltre il senso di urgenza, di necessità di decidere in fretta , a causa del progressivo deteriorarsi della situazione internazionale nella primavera del 1948(48). Nel maggio di quell'anno infine il Capo di Stato Maggiore presentò il progetto del nuovo Ordinamento, in una lettera ai Comandanti dei Co.Mili.Ter., con la quale chiedeva il loro parere in proposito, e allo scopo di fissare le linee definitive del progetto stesso, indiceva una riunione della Commissione Consultiva per l'Esercito per i primi di luglio. Scopo del nuovo Ordinamento, scriveva Marras, era raggiungere un minimo di efficienza atto a contenere un'aggressione, e, in caso di conflitto più esteso, guadagnare tempo per consentire l'intervento dell'organizzazione militare delle Nazioni Unite o di forze alleate. L'Esercito doveva dunque poter fronteggiare qualsivoglia conflitto improvviso e, di conseguenza, « essere in condizione di intervenire immediatamente o prontamente con unità di pace. Perciò gli effettivi di pace delle unità e la loro organizzazione generale dovevano essere, di massima, tali da consentire detto intervento ». Marras ribadiva che , sia a causa delle ristrettezze di bilancio, sia per le limitazioni imposte dal trattato (di cui sarebbe stato opportuno liberarsi al più presto , soprattutto in materia di vincoli concernenti la mobilitazione), era necessario puntare sulla costituzione di un esercito di qualità e non di quantità. Le esigenze operative che suggerivano i criteri ispiratori del progetto prevedevano soprattutto la difesa della frontiera orientale; era perciò indispensabile che il nuovo Ordinamento disponesse di unità alpine a ridosso della frontiera per il settore montagnoso, e di unità motorizzate e corazzate per gli altri; queste ultime, adatte alla manovra, avrebbero avuto il compito di guadagnare il tempo necessario per consentire l'arrivo

(47) Marras al Ministro della Difesa, 6 dicembre 1947, Tempo occorrente per la riorganizzazione dell'Esercito nei limiti del trattato di pace, in AUSSME , LJ13 , «Carteggio Marras», racc. 52, cart. 4. (48) Promemoria per il Sig. Ministro della Difesa, 20 gennaio 1948 (Documento 14 allegato) e promemoria La situazione dell'Esercito, primavera 1948 (sic), in AUSSME, U13, «Carteggio Marras» , racc. 52, cart. 4.


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delle altre grandi unità(49) . Nella forma in cui veniva presentato da Marras, il progetto di Ordinamento compiva inoltre una scelta molto importante , in quanto dava priorità assoluta alla costituzione delle unità per l'esercito di campagna e relegava in secondo piano l'all.e stimento di unità per la difesa territoriale per la quale sarebbe stato necessario «limita rsi a predisporre quadri e centri di rapida mobilitazione per assicurare la pronta entrata in azione al momento del bisogno »(50). Le poche risorse disponibili , cioè, sarebbero state concentrate sull'allestimento delle unità di «immediato » e « pronto » impiego. La fanteria, nel nuovo Ordinamento , avrebbe dovuto essere potentemente armata, in modo da compensare l'esiguità numerica con la qualità e l'efficienza dell' armamento; si prevedeva di assegnare anche alle unità minori mortai e cannoni controcarro, sì da costituire piccoli nuclei pluriarma. L'artiglieri a avrebbe dovuto essere potenziata in modo particolare, pe rché le esperienze del recente conflitto avevano dimostrato la necessità di un suo adeguato supporto; il rapporto tra i reggimenti di artiglieria e di fanteria, all'interno della divisione, avrebbe perciò dovuto esse re di "I a l , se non addirittura superiore a vantaggio dell'artiglieria. Era inoltre prevista la costituzione di truppe corazzate , che avrebbero potuto anche essere riunite in un Corpo separato e che sarebbero state impiegate sia come appoggio alle divisioni di fanteria sia come unità corazzate vere e proprie. Si andava dunque prefigurando un tipo di esercito in cui armamenti e materiali avrebbero dovuto avere un ruolo centrale, coerentemente con l'intenzione di privilegiare la qualità rispetto alla quantità. Nell 'insieme l'Ordinamento prevedeva l'allestimento di 11 divisioni di fanteria, di cui 8 normali e 3 interamente motorizzate, di 3 brigate corazzate, di 3 brigate al pine, nonché di 6 Comandi di Corpo d 'Armata e di una prima· aliquota di unità di Corpo d 'Armata , composta da 4 reggime nti di artiglieria campale , da 2 di artiglieria controaerea pesante , da reparti del genio e dei collegamenti. Poiché i limiti del trattato e i vincoli di bilancio non avrebbero permesso di mantenere tutte queste unità a pieni organici, e d 'altra parte era necessario disporre di unità immediatamente impiegabili , il proge tto operava una distinzione tra unità di immediato impiego da allestire con criteri di assoluta priorità (quali le tre brigate corazzate e le tre divisioni motoriz(49) Progetto di nuovo or4inamento dell'Esercito, maggio 1948, in AUSSME, U 13, «Carteggio Marras», racc. 51, cart. 1 (D ocumento 16 allegato). (50) Progetlo di nuovo ordinamento, cit.


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zate) e quelle di pronto impiego (quali la maggior parte delle divisioni di fanteria), al cui allestimento sarebbe stato provveduto in un secondo tempo ; stabiliva altresì che alcuni reparti sarebbero stati tenuti in condizioni di minore efficienza. La mobilitazione avrebbe permesso il completamento delle unità esistenti e la costituzione delle unità di . nuova formazione di primo e di secondo tempo, tra cui quelle destinate alla difesa territoriale. Il progetto fu discusso agli inizi di luglio del 1948 dalla Commissione Consultiva dell'Esercito, che lo approvò apportandovi solo modifiche marginali. La Commissione raccomandò anche di portare gli effettivi ai limiti massimi consentiti dal Trattato, di ridurre , in proporzione, il numero dei Carabinieri , di mantenere la durata de lla ferma a 18 mesi, di cui le reclute avrebbero dovuto compierne solamente 12, per avere la possibilità di prolungarla, in caso di emergenza, senza dover ricorrere al Parlamento , di attuare le chiamate, se possibile, con ritmo semestrale , di arruolare quanto prima la necessaria aliquota di 30.000 specializzati. La Commissione aggiunse ancora che riteneva esser compito del nuovo ordiname nto provvedere ad un'accurata organizzazione della difesa territori ale, basata ~u comandi periferici , centri e m agazzini destinati a mobilitare forze locali , forze di primo intervento e per la rete di avvistamento ; a questa organizzazione si sarebbe poi dovuta appoggiare quella delle forze di resistenza , destinate a operare nel territorio eventualmente occupato dal nemico(51). Nell'esporre al Ministro della Difesa le conclusioni sulla necessità del riarmo, il gen. Marras notava che per portare l'Esercito al grado di efficienza voluto sarebbe stato necessario un ciclo di 5 anni , dal ·1949 al 1953 , dei quali 3 per la parte essenziale, e 2 per il suo completamento. In questo modo già nel 1951 l'Ese rcito avrebbe cominciato ad avvicinarsi al livello di efficienza desiderato. L 'intero programma era diviso in due parti: di primaria importanz::i era l'attuazione del nuovo ordinamento, che avrebbe comportato un costo complessivo di 161 .779. 000.000; era poi necessario accantonare fin dal tempo di pace le scorte pe r un primo potenziamento in caso di emergenza, per una spesa di altri 102.830.000.000 e infine provvedere a quei compiti della difesa territoriale che sarebbero stati assegnati all'Esercito, vale a dire il servizio avvistame nto e segnalazione, la difesa fissa di impianti e comunicazioni, la difesa mobile del tcr(51) Ordinamento dell'Esercito, Marras a Pacciarùi, 5 luglio 1948, in AUSSME , Ul3 , «Carteggio Marras», racc. 5 1, cart. I (Documento 15 allegato).


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ritorio; anche in questo caso ì mezzi necessari alla costituzione delle unità , che sarebbero state create solo in casi di effettiva necessità con il personale a suo tempo collocato in congedo, andavano predisposti fin dal tempo di pace, il che comportava un'ulteriore spesa di 30.811.000.000, ai quali se ne aggiungevano altri 222.430.000.000 per l'allestimento di un'efficace difesa contraerea territoriale (52). Il costo complessivo del progetto di riarmo veniva in tal modo ad aggirarsi sui 520 miliardi , da scaglionare nell'arco di 5 an ni: spesa, notava il Capo di Stato Maggiore dell ' Esercito , talmente imponente « da far dubitare che il paese , nelle condizioni in cui s1 trova, possa sopportare un simile sforzo»: il problema esulava perciò dal campo militare per entrare « quasi esclusivamente» in quello politico. A questo proposito, si faceva notare, sarebbe stato possibile devolvere al progetto di riarmo parte delle risorse disponibili attraverso il piano Marshall . Scriveva Marras: Un graduale programma di riarmamento va considerato anche come un fattore economico sociale, per il rilevante e positivo appoi:to che esso darebbe alla ricostruzione delle industrie e all a conseguente ripresa del lavoro ... Le industrie IRI e Finmeccanica potrebbero ricostruire e completare le loro attrezzature: in un primo tempo si dovrebbe cercare di ottenere le attrezzature per riparare , ripristinare e completare i materiali esteri in possesso delle Forze Armate italiane, e per produrre le relative munizioni ; in un secondo tempo , si potrebbero estendere queste possibilità, attrezzando le industrie italiane per la costruzione di determinati tipi di materiali(53).

In un altro appunto, Marras aggiungeva che questa forma di contributo andava però pur sempre integra ta da ulteriori sussidi esterni: «la maggior parte del necessario lavoro non può effettuarsi senza un aiuto esterno che si attui in una forma di affitti e prestiti »(54). L a riforma dell'ordinamento e il riarmo dell'Esercito venivano perciò ad assumere un'importanza notevole sul piano politico, e, come si vedrà nel capitolo successivo, influenzarono sensibil(52) Memoria sulla necessità di riarmamento dell'Esercito, Marras a Pacdarùi, 26 novembre 1948, in AUSSME, U13, «Carteggio Marras », racc. 52, cart. 5 (Documento 17 allegato). (53) Memoria sulla necessità di riarmamento, cit. , pp. 59-60. (54} Prom_emoria sulla situazione dell'Esercito italiano (senza data), in AUSSME, U13 , « Carteggio Marras», racc. 52, cart. 5.


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mente l'atteggiamento tenuto dal gove rno italiano in merito all' adesione d ell'Italia ad un sistema di difesa collettivo.

5. La crisi dell'Aeronautica, 1947-1948 Nonostante i precedenti tentativi alleati di portare l'Ae ronautica militare italiana ad un adeguato livello di efficienza , questa attraversò nel periodo 1947-1948 uno dei momenti più critici della sua storia. Mentre infatti l'assistenza militare alleata era riuscita a preservare nell'Esercito una struttura sempre capace , se pur ridotta al minimo , di un certo livello di operatività , le condizioni dell' Aerona utica nel medesimo periodo di tempo erano andate progressivamente peggiorando. Già nell'agosto del 1947 il gen. Ajmone-Cat, Capo di Stato Maggiore dell' Arma aerea, ave va tracciato un quadro della situazione molto fosco in un provocatorio promemoria per il Comitato di D ifesa, in cui chiedeva o la adozione di provvedimenti idonei a ristabilire qua nto prima le condizioni dell'Aeronautica , o addirittura il suo scioglimento(55). Le ragio ni della crisi , così come le esponeva il Capo di Stato Maggio re dell'Ae ronautica , erano molte plici, ma tutte riconducibili alle ristrettezze di bila ncio. Vi era in primo luogo una crisi di materiali: su 621 apparecchi avuti in carico dal 31 dicembre 1943 al 30 giugno 1948, ne erano rimasti solo 338, dei quali 153 da caccia, 44 da autotrasporto , 32 idrovolanti e 109 da scuola e collegame nto al di sotto , dunque , dei limiti di 200 caccia e 350 apparecchi complessivi previsti dal trattato. I velivoli dei reparti da caccia, di provenienza inglese o americana, erano quasi tutti difettosi per avanzata usura e deficienza di parti di ricambio: solo i 50 caccia Mustang ceduti dagli Stati Uniti nel 1947 disponevano infatti di scorte e materiali di ricambio adeguati(56) . Questa allarmante situ azione si era ve rificata, notava lo Stato Maggiore Generale nella primavera d el

(55) Quesito sottoposto al Comitato di Difesa Nazionale: Scioglimento o pote'}ziamento dell'A eronautica militare, relazione inviata da Aj mone-Cat a Trezzani (d'ora in poi Relazione A jmone-Cat), 22 aprile 1948, in AUSSME, I/4, racc. 59, cart. 1. Nella lettera di accompagnamento alla relazione , Ajmone-Cat spiegava di aver redatto lo studio circa un anno prima con l'intenzione di sottoporlo al Comitato di Difesa, e di essersi deciso a presentarlo a Trezzani a causa del continuo rinvio delle riunioni del Comitato. (56) Situazione A eronautica Militare, Relazio ne di Trezzani per Pacciardi, 19 luglio 1948, in AUSSME, 1/4, racc. 59, cart . 1.


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1948, perché l'autorità politica non era riuscita a prendere nessuna decisione circa l'acquisto dei materiali necessari alla manutenzione, sebbene venissero offerti dalla Gran Bretagna a condizioni particolarmente vantaggiose. Gli aerei di produzione nazionale, d'altra parte, erano in servizio fin dal 1940-1941, e non offrivano più alcuna sièurezza, nonostante le forti spese affrontate per mantenerli in efficienza: nell'insieme, erano destinati o ad essere radiati o ad essere utilizzati «fino a consumazione», dato che, con l'unica eccezione dell 'idrovolante Cant. Z. 506, che poteva essere ancora utilmente impiegato per compiti di soccorso in mare, tutti gli altri non potevano più essere utilizzati per scopi militari(57). L'efficienza dell'Aeronautica , notava in un suo promemoria del luglio 1948 il Capo di Stato Maggiore della Difesa , andava perciò calcolata intorno ad una media del 30-40% del totale , il che significava poter disporre di circa 130-135 aerei solamente(58). Altrettanto desolante era il quadro delle attività addcstrative, ridotte al minimo per la scarsità di carburante d isponihile e per le precarie condizioni degli apparecchi: quando ancora vigeva il controllo alleato, su 6 ore di volo mensili per pilota autorizzate dalla Sottocommissione alleata, se ne effettuavano in realtà soltanto due, cioè il minimo indispensabile(59). Nell'intero 1947, di 150.000 ore di volo annuali che avrebbero dovuto costituire il livello medio di addestramento, l'aeronautica ne aveva effettuate circa 27.000. Ovviamente questo stato di cose aveva conseguenze di grande importanza, prima fra tutte il preoccupante incremento degli incidenti di volo , che dal settembre 1947 in poi, se riferiti al numero delle ore di volo effettuate , erano andati progressivamente aumentando per cause sia di natura tecnica , imputabili cioè alla vetustà dei velivoli, sia di natura professionale, e cioè dovute allo scarso addestramento dei piloti. Mentre nel periodo della cobelligeranza erano stati perduti 150 aerei e danneggiati 162, dal maggio 1945 al giugno 1948 ne erano stati messi fuori uso altri 101 e danneggiati ben 194, con la perdita di 58 piloti e il ferimento di altri 49(60). Nel suo promemoria, il gen. Ajmone-Cat metteva perciò in guardia contro un pericoloso senso di abbandono professionale, che

(57) Promemoria per S.E. il Ministro della Difesa, in AUSSME, 1/4, racc. 59 , cart. I. (58) Situazione Aeronautica Militare, Trezzani a Pacciardi, cit. (59) Relazione Ajrnone-Cat, cit. , pp. 15-17. (60) Situazione Aeronautica Militare, Trezzani a Pacciardi, cit.


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si andava diffondendo tra i ranghi dell'Aeronautica, a causa del protrarsi a tempo indeterminato delle ristrettezze che si era creduto circoscritte a un periodo di breve durata(61) . Alla drammatica situazione del materiale di volo si aggiungeva poi il problema della difesa contraerea , cui non era stato dato nemme no il minimo accenno di soluzione, e quello delle basi aeroportuali che, spesso lasciate in ottime condizioni dalle autorità alleate, si andavano rapidamente deteriorando dopo la loro partenza. In sostanza,il problema che si poneva per l'Aeronautica nel 1948 non era molto dissimile da quello dell'Esercito: occorreva cioè uno sforzo globale per metterla in condizioni operative , rinnovando completamente il materiale di volo, ripristinando le basi aeroportuali e rivedendo completamente la formazione professionale e il trattamento economico del personale. Alle difficoltà di finan ziare un simile programma di ammodernamento con i limitati stanziamenti del bilancio si aggiungeva poi il problema della incapacità delle industrie aeronautiche nazionali di produrre aerei d a combattimento di tipo moderno. L'industria italiana aveva infatti provveduto, fino a quel momento , a riparare gli aerei di linea nei limiti delle proprie possibilità - invero estremamente ridotte, soprattutto per gli aerei dr tipo estero, dalla sempre più grave penuria di parti di ricambio - ma era assolutamente da escludere che essa potesse fare di più e meglio a causa· della sua arretratezza tecnologica: e questo fin quando non avesse avuto la licenza di procedere alla riproduzione di parti e blocchi di ricambio stranieri , specialmente nel campo dei motori ad elevata potenza e dei più moderni accessori di bordo , settori nei quali le mancavano le indispensabili possibilità di studio e sperimentali. I costi necessari al rinnovo della linea sare bbero perciò aumentati in relazione alla necessità di doversi rivolgere alla produzione estera anziché a quella nazionale: secondo il programa redatto dallo Stato Maggiore del1' Aeronautica nell'agosto del 1948, un piano completo di rinnovo sarebbe ammontato a un totale di 116.620.000.000 di lire(62). Di fronte all'impossibilità del governo italiano di sostenere una simile spesa, il Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica riteneva indispensabile far riferimento alle grandi pote nze: nella prima formulazione del suo studio, Ajmone-Cat suggeriva, come opportunità

(61) Relazione Ajmone-Cat, cit. , pp. 3-5. (62) SM A eronautica - 3° Reparto a SM Difesa - 3" Sezione, 19 agosto 1948, in AUSSME , 1/4, racc. 59, cart. 1.


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migliore per non compromettere la posizione italiana sul piano politico , di ricevere aiuti in pari misura da Stati Uniti e Unione Sovietica(63) . I.I suggerimento veniva riformulato successivamente da Trezzani in termini più coerenti con l'evoluzione della situazione politica internazionale: esser necessario trattare con i paesi anglosassoni e , preferibilmente, con gli Stati Uniti , la cui produzione offriva condizioni migliori , la fornitura di adeguate scorte possibilmente entro un periodo di 12 mesi. Il governo avrebbe dovuto inoltre favorire le trattative per l'acquisto di licenze di costruzione ( di motori , ae rei e accessori) , cercare di ottenere !a cessione di ma teriale aeronautico surplus americano utilizzabile a fini addestrativi e stimolare la produzione italiana commissionando all'industria una prima aliquota di velivoli da scuola , trasporto e addestramento . « Valuti il Mini stero, concludeva Trezzani in un promemoria per il Mini stro della Difesa del luglio 1948, se la situazione politica conse nta di provocare un aiuto diretto dagli Stati Uniti medi ante cessione degli apparecchi a condizioni speciali »(64).

(63) Relazione Ajmone-Cat, cit. , pp. 33-35. (64) Situazione Aeronautica Militare, Trezzani a Pacciardi , cit.


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CAPITOLO SESTO

IL RIARMO ITALIANO NEL CONTESTO INTERNAZIONALE DEL 1948

1. La ricerca dell'assistenza militare degli Stati Uniti

I piani di riarmo destinati a mettere le Forze Armate italiane in condizione di garantire quanto meno una prima difesa del territorio nazi0nale si hasavano sul presupposto che l'Italia potesse fare affidamento sul protrarsi di una qualche forma di assistenza militare da parte degli alleati; nel corso del 1948, perciò , sotto la pressione causata dal progressivo deteriorame nto della situazione internazionale, le massime autorità militari italiane si impegnarono a verificare la validità di questo presupposto, concentrando la loro attenzione quasi esclusivamente sugli Stati Uniti , coerentemente con una politica estera che cercava di riequilibrare proprio con l'appoggio del governo di Washington la difficile posizione dell'Italia nel contesto internazionale. Il rapporto sviluppato negli anni precedenti dalla Gran Bretagna con le Forze Armate italiane, d'altro canto, si era ormai esaurito quasi definitivame nte : l'ultimo atto, a parte alcune polemiche relative al costo complessivo dei materiali forniti, fu un nuovo tentativo da parte del governo di Londra di inviare in Italia proprie missioni militari (1). Nonostante il rifiuto espresso a questo proposito da Sforza nel maggio precedente , il 25 settembre 1947 il governo britannico rinnovò la sua proposta di mantenere in Italia « un piccolo, ma ben bilanciato gruppo di esperti ufficiali inglesi per consigli su questioni tecniche e tattiche » (2) . Il governo italiano, (I ) Financial Problems of Militury Assistance, FO minute, senza data, in PRO, FO 371 , ZJ274/274/22. (2) Copy of the Aide-memoire Delivered to Director of Politica/ Affairs at Italiun Ministry of Foreign Affairs by IIM Charge, 25 settembre 1947, in PRO, FO 371 , Z 8639.


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L'ESERCITO ITALIANO NE L SECO DO DOPO C,UERRA 1945- 1950

interessato a ottenere dal governo britannico la rinuncia alla cessione delle navi assegnategli dal trattato di pace, mostrò inizialmente una maggiore disponibilità verso la rinnovata richiesta inglese, e l'argomento fu affrontato da Sir Harvey e dal Conte Zoppi in uno dei colloqui collaterali svoltisi a Londra durante la visita di Sforza ne ll'ottobre 1947. Sir Harvey espose nuovamente l'inte resse inglese su questo punto, concludendo che il War Office riteneva che gli esperti sarebbero stati di grande aiuto per le Forze Armate italiane , ma che comunque non era intenzione del governo britannico insistere per la loro accettazione. Zoppi si scusò del ritardo con cui da parte ita liana si rispondeva alla proposta , precisando che l' Esercito aveva già espresso un parere favorevole, mentre la Marina e l'Aeron autica non si erano ancora pronunciate al riguardo . Il Segretario Generale degli Esteri aggiunse però che , da un punto di vista politico, il governo riteneva opportuno l'invio delle missio ni : il colloquio si chiuse perciò con l'impegno, da parte del Foreign Office, a informare il War Office, che in linea di principio la proposta era accettata t: , tla parte de l gove rno italiano, a fornire quanto prima una risposta definitiva (3). Pe r facilitare il compito di quest' ultimo , e per evitare eventuali reazioni negative in qualche se ttore dell'opinione pubblica italiana , fu successivamente concordato che non sarebbero state inviate missioni vt:n.: e proprie, ma semplicemente che l'ambasciata inglese a Roma sarebbe stata dotata di un numero di addetti militari maggiore dell'usuale (4): ciò nonostante, agli iniz i di maggio del 1948, il Ministero degli Esteri informò l'ambasciatore inglese Sir Victor Mallet che , dovendosi addossare al governo italiano il costo del mantenimento delle missioni , il Ministero della Difesa, per motivi finanziari, aveva espresso parere contrario in merito. Nel prendere :-itto di questo rifiuto, l'addetto mili tare inglese esprimeva però l'opinione che esso fosse stato dettato sì da ragioni fin anziarie ,.,ma soprattutto da ragioni politiche (5). In realtà era il mntesto generale de i rapporti italo-britannici a rendere poco probabile che il governo italian o acconsentisse alla proposta inglese. Numerose erano le questioni a ncora aperte tra i due governi ; alla revisione de l trattato di pace e al futuro de lle cxcolonie ita liane si era aggiunto , dal gennaio del 1948, il problema

(3) ween Sir (4) (5)

FO Minute / or Conversation with Sforza, 25 ottobre 1947, e Discussion betOliver Harvey and Count Zoppi , s.d. , in PRO , FO, 371, Z 9572. War Office lo Ft,reign Office, 7 ottobre 1947, in PRO , FO 371, Z 8817. Mal/et lo Bevin , 4 maggio 1948, in PRO, FO 371 , Z 3972/274/22.


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del rapporto dell'Italia con la costituzione di un'alleanza politicomilitare guidata dal governo di Londra. Di fronte all'impossibilità di stabilire un'effettiva cooperazione con l' Unione Sovietica, emersa chiaramente durante la sessione di Londra del Consiglio dei Ministri degli Esteri alla fine del 1947, Stati Uniti e Gran Bretagna avevano compiuto un ulteriore passo verso il rafforzamento dei legami tra le potenze occidentali; e poiché la politica estera sovietica sembrava incline a un costante perturbamento delle relazioni internazionali, al punto da essere interpretata come una vera e propria « minaccia per la civiltà occidentale» (6), la costituzione di un'alleanza politico militare, che testimoniasse la ferma volontà de i paesi occidentali di resistere alle pressioni di Mosca , sembrò il modo migliore per prevenire ogni ulteriore deterioramento della situazione internazionale (7). Il governo italiano aveva mostrato però scarso interesse per la prima fase di questo consolidamento dei rapporti tra le potenze occidentali , concretatosi con il Patto di Bruxelles firmato il 17 marzo 1948 dai governi di Gran Bretagna, Francia, Belgio, Olanda e Lussemburgo. A Roma infatti si interpretò questo patto unicam ente come un 'alleanza militare tradizionale , non cogliendone l'importanza di possibile fase preliminare del processo di integrazione europea (8). Non si riteneva perciò necessario ricercare ad ogni costo l'adesione al Patto: vantaggiosa nel caso che ad essa si accompagnasse un miglioramento generale delle relazioni italiane con Francia e Gran Bretagna, la partecipazione dell'Italia alla Western Union perdeva per il governo italiano la maggior parte del suo interesse se quella condizione non si fosse verificata. Entrare a far parte d el Patto di Bruxelles significava infatti operare una scelta politica di notevole importanza, che avrebbe sicuramente esposto il governo agli attacchi de!!c sinistre sul piano politico interno, senza che vi fosse un'adeguata contropartita sul piano della sicurezza militare. La Western Union infatti non aveva alcuna efficacia dal punto di

(6) Sul clima di tensione della primavera del 1948, cfr. Sir Michael HOWARD, Introduction , e David DILKS, The British View of Security: Europe and a Wider World, 1945-1948, pp. 51-52, in RISTE, Western Security, cit., pp. 11-22 e 25-59. (7) Dopo il colpo di Praga, Bevin dichiarava: «la guerra sarà meno probabile se agiamo con fermezza adesso che se lasciamo le cose scivolare da una crisi all'altra come è stato fatto negli anni '30»: cfr. BULLOCK, Ernest Bevi11, cit. , p. 526. (8) Cfr. Piero PASTORELLI, La politica europeistica di De Gasperi, pp. 339340, in «Storia e politica», XXIIl, 1984, n. 3 , pp. 330-392. Per un'interpretazione diversa , cfr. BRECCIA, La difesa dell'Europa, cit., passim , in particolare pp. 202224.


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vista strettamente militare, ed è stata spesso avanzata la tesi che questa fosse un mero espediente , un semplice artificio per coinvolgere progressivamente gli Stati Uniti in un programma di alleanza militare con le nazioni dell'Europa occidentale (9). La voluta indifferenza mostrata dal governo italiano verso la Western Union, forse anche al fine di condizionare un'eventuale futura adesione alle revisione del trattato di pace , contribuì comunque a peggiorare sensibilmente le relazioni anglo-italiane. Le persistenti difficoltà del rapporto tra il governo italiano e quello inglese accrescevano, ovviamente, l'importanza delle relazioni con il governo di Washington che si rivelava sempre più come l'elemento centrale della politica estera italiana: era solo tramite l'appoggio americano, infatti, che a Roma si riteneva di poter superare le numerose difficoltà in cui si dibatteva l'Italia (10). Tuttavia in seno al governo italiano e a quello americano erano maturate , dopo le elezioni del 18 aprile , aspettative molto diverse: a Washington, dove la fiducia in De Gasperi era stata scossa, sia pure solo momentaneamente, dagli episodi verificatisi poco prima delle elezioni , si attendeva ora una netta, risoluta presa di posizione filooccidentale da parte dell'Italia , c se ne caldeggiava l'adesione all 'Unione Occidentale; a Roma, al co ntrario ,.prcvedendosi la continuazione dell'assistenza militare americana , si pensava di cominciare a risolvere i problemi della difesa con qualche accordo di cooperazione informale che permettesse al governo italiano di mantenere un rapporto privilegiato con gli Stati Uniti, senza vincolarsi a un'alleanza formale con gli altri paesi europei. Per le massime autorità politico-milita ri quest'ipotesi era avvalorata dal comportamento tenuto dall'amministrazione Truman prima delle elezioni , quando gli Stati Uniti avevano dato prova evide nte del loro interesse per la sicurezza dell'Italia insistendo presso De Gasperi perché venisse accettato il piano di aiuti militari predisposto nei mesi precedenti.

(9) È la tesi di Lawrence S. KAPLAN , An Unequal Triad: The United States, Western Union and NATO, in Western Security, cit. , pp. 107-127; Idem, The US and NATO. The Formative Years, Lexington, The University Press of Kentucky, 1984. (10) Cfr. Ennio DI NOLFO , The Shaping of ltalian Foreign Policy during the Formation of the East-West Blocs. ltaly between the Superpowers, pp. 498-499 , in Josef BEC:KER - Franz KNIPPING (eds.) , Power in Europe? Great Britain, France, ltaly and Germany in a Postwar World, 1945-1950, Berlin/New York, Walter de Gruyter, 1986, pp. 485-500; Antonio VARSORI , ltalian Diplomacy and Contrasting Perceptions of American Policy After World War II (1947-1950) , European University lnstitute Working Paper No. 86/250 , 1986.


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Inoltre dopo le elezioni del 18 aprile non erano mancati altri episodi che avevano rafforzato nel governo italiano la convinzione di poter contare su un appoggio pressoché incondizionato da parte del governo di Washington, come quando, due giorni dopo le elezioni, l'Acting Secretary of State, Lovett, aveva inéaricato l'ambasciatore Dunn di assicurare a De Gasperi che «gli Stati Uniti li (scii. gli Italiani) avrebbero naturalmente sostenuti in modo possibile e adeguato se avessero ritenuto necessario rivolgersi a loro per ulteriore assistenza », aggiungendo però «che nessun impegno specifico poteva essere preso in quel momento », precisazione, questa, che Dunn avrebbe dovuto mettere bene in chiaro con De Gasperi (11). Alla fine di aprile, ancora, il Segretario di Stato Marshall annunciò pubblicamente in una conferenza stampa che l'amministrazione Truman stava studiando la possibilità di mettere in pratica una qualche forma di military lend-lease per i paesi europei , e accenni analoghi furono raccolti dall'ambasciatore Tarchiani nel corso di alcune conversazioni con lo stesso Marshall e con Truman (12). Agli inizi di maggio, poi, lo Stato Maggiore dell'Esercito era stato informato dal Direttore Generale dell'A.R.A.R., De Marchi , che il governo americano aveva aderito alla richiesta di apertura di un nuovo credito di 5 milioni di dollari per acquisti negli Stati Uniti di materiali surplus presso la War Assets Administration; di conseguenza l'addetto militare italiano a Washington aveva ricevuto l'incarico di ispezionare i surplus esistenti in America allo scopo di procurare quei materiali che potessero risultare utili ai fini del riarmo italiano, e Marras, nella lettera con la quale presentava ai Comandanti militari territoriali il progetto del nuovo ordinamento , aveva potuto assicurare loro che « più ampi rifornimenti si attendevano da accordi internazionali >, (13). Fiducia nella continuazione dell 'assistenza militare americana veniva espressa anche dal Segretario Generale degli Esteri, Zoppi, e dallo stesso De Gasperi; il quale, alla fine di maggio, confidò a Tarchiani la sua intenzione di ricercare l'appoggio degli Stati Uniti per una politica di difesa basata sulla « protezione delle fron-

(11) Lovett to Dunn, 20 aprile 1948, in FRUS, 1948, III , pp. 876-877. (12) The Forrestal Diaries , ed. by Walter Millis, New York , The Viking Press, 1951 , p. 427; Alberto TARCHIANI, Dieci armi tra Roma e Washington , Verona, Mondadori 1955, pp. 147-148, e Egidio ORTONA, Anni d'America, cit. , pp. 239240. Il colloquio Tarchiani-Hiekerson anche in FRUS , 1948, voi. III, pp. 793-796. (13) Sottocapo SME a Ministero Dife~·a, 11 maggio 1948, in AUSSME, 1/4, racc. 59, carl. 7 .


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tiere » (14). Ai primi di giugno , infine, il generale Trezzani esprimeva anch'egli la convinzione che un programma di riarmo doveva basarsi su una fornitura iniziale di materiali americani per portare le Forze Armate ad un primo livello di efficienza e su un contemporaneo potenziamento delle industrie belliche nazionali attraverso l'utilizzazione coordinata di tutte le risorse disponibili, incluse quelle provenienti dal piano Marshall (15). Su questo sfondo di generale ottimismo vanno collocati i piani di riarmo dell'Esercito e dell' Aeronautica formulati in quel periodo , e analizzati nel capitolo precedente, così come la richiesta della Marina Militare, trasmessa tramite il governo italiano allo State Department, di poter ricevere una serie di materiali che le avrehhero consentito una più efficace sorveglianza del litorale adriatico (16). Sullo stesso presupposto di poter contare su qualche forma di aiuti militari si basava uno studio riassuntivo elaborato dal Ministero della Difesa alla fine di luglio, in cui si indicavano propi:io in tali fonti gli strumenti che avrehhero permesso di superare le restrizioni imposte dalle esigenze di hilancio ai piani di riarmo (17). Spostando l'analisi su un piano più generale, e ricollegandosi ad alcuni accenni fatti dal Ministro degli Esteri Sforza in un promemo ria della metà di luglio sulla posizione dell 'Italia nel contesto internazionale, il Capo di Stato Maggiore della Difesa ipotizzava poi in un suo memorandum del 30 luglio due possibili soluzioni per il problema della difesa, e cioè o la neutralità o, per quanto giudicasse un'ipotesi puramente teorica l'opzione per quello orientale, l'adesione a uno dei due blocchi. La neutralità, spiegava Trezzani , non poteva però essere disarmata, perché occorreva scoraggiare un eventuale aggressore interessato a controllare la penisola che , in caso di conflitto, avrebbe costituito un importante obiettivo a l:ausa della sua posizione geografica e strategica. D'altro canto, sviluppando quanto dibattuto nell'ambito delle Forze Armate nei mesi precedenti , Trezzani affermava esplicita(14) Zoppi a Tarchiani, maggio 1948, e Zoppi a Gallarati Scotti, 12 maggio 1948, citati in Antonio VARSORJ, La scelta occidentale dell'Italia, in « Storia delle relazion i internazionali », J, 1985, n. 1, pp. 129-131; Tarchiani, Dieci anni, cit., pp. 149150. (15) Trezzani a Pacciardi, 7 giugno 1948 , in AUSSME, Diario Storico Stato Maggiore Difesa, 1948. ( 16) D11nn to Marshall, 24 maggio 1948, in FRUS, 1948, voi. JJI, pp. 799-800. ( 17) Trezzani a Pacciardi, 27 luglio 1948, in AUSSME , Diario Storico Stato Maggiore Difesa, 1948.


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mente che un programma di riarmo tale da dare consistenza all'ipotesi della neutralità sarebbe stato possibile solo grazie ad aiuti dal! 'estero , perché era «pura follia credere che con le nostre forze si potessero difendere i nostri confini , almeno in attesa di aiuti dall'estero »: era necessario quindi avere gli aiuti «prima del conflitto, così da poterci difendere da noi». Il memorandum continuava: «le nostre possibilità finanziarie e industriali ... ci pe rmettono appena di mantenere a stento in piedi l'Esercito e la Marina , mentre l' Aviazione, pur tanto importante, va rapidamente esaurendosi e scomparendo ». Il personale a disposizione era buono, ma mancavano i mezzi materiali , e gli aiuti ricevuti fino a quel momènto erano stati «minimi per entità, eterogenei per natura, e sporadici per arrivo. Utili per il problema interno , irrisori ai fini di una guerra sia pure difensiva ». Il Capo di Stato Maggiore della Difesa ipotizzava che in un futuro conflitto il blocco occidentale avrehbe tenuto un atteggiamento djfensivo, affidando solo alle proprie forze aeree il compito cli nna offe nsiva strategica in territorio ne mico e concludeva che in un simile contesto l'Italia avrebbe assunto un ruolo importante , pe r il quale sarebbe stato nell 'interesse degli stati occidentali che essa fosse in grado di provvedere alla propria difesa e che pe rtanto questi l'aiutassero « con semplice invio di materiale piuttosto che con intere grandi unità ». In particolare Trczzani riteneva che gli Stati Uniti fossero la nazione più interessata a sviluppare le strutture difensive dell'Italia, mentre le altre nazioni europee sembravano giudicare l'Italia, per la povertà delle sue forze , più un peso che un aiuto. La conclusione del memorandum era inequivocabile : . la neutralità armata era possibile purché venissero fomiti i mezzi materiali necessari, altrimenti non restava che « passare a far parte integrante del blocco occidentale o mettere l'avvenire d'Italia nelle mani del caso o della fortuna » (18). Agli inizi d'agosto il Colonnello StilweU , Consigliere militare dell'ambasciatore Dunn, confermò l'accoglimento della richiesta italiana in merito all_'acquisto di materiali surplus negli Stati Uniti , precisando però che tale richiesta non avrehhe potuto avere attuazione pratica prima della conclusione della campagna elettorale presiden(18) Il testo pressoché integrale del memorandum di Sforza in Mario TOSCANO , Appunti sui negoziati per la partecipazione dell'ltuliu ul Pauo Atlantico, in Pagine di storia diplomatica contemporanea, voi. II, Origini e vicende della seconda guerra mondi.aie, Milano, Giuffré, 1963, pp. 445-519; Capo di SMD al Min. Affari Esteri, 30 luglio 1948, in ASMAE , Arnb. di Londra 1861-1950, b. 1360, f. 1 (Documento 18 allegato) .


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ziale. Stilwell riferiva inoltre al Ministero degli Esteri su quali linee , secondo gli Stati Uniti, dovesse essere programmata la difesa dell'Italia: gli Stati Uniti si erano prefissi di consolidare politicamente e militarmente l'Europa occidentale in modo complementare alle forze armate americane , e in questo contesto l'Italia avrebbe dovuto disporre quanto prima di 10/12 divisioni, incaricate di difendere propri confini e garantire la sicurezza degli aeroporti, che sarebbero stati immediatamente utilizzati dalle Forze Armate americane. I compiti dell'Aeronautica avrebbero dovuto essere secondari rispetto al compito dell'Esercito e rimanere nel campo della· ricognizione e della complementarietà delle forze di terra_ La Marina italiana, infine, avrebbe dovuto poter dominare l' Adriatico. Era essenziale tuttavia nell'ordine delle precedenze procedere innanzitutto alla preparazione efficiente delle forze di terra.

Da sottolineare infine le valutazioni politiche riforik <la Stilwell , secondo il quale a Washington non ci si aspettava un attacco aperto da parte dell'URSS , ma una serie di pressioni, e per questo si era scelto la strada della fermezza e del consolidamento dell'occidente. Se poi fosse scoppiato un conflitto 'prima che questo consolidamento fosse completato, Stilwell riteneva probabile un'offensiva sovietica contro l'Italia e assicurava che a Washington si era perfettamente consapevoli dell 'importanza dell'Italia nel Mediterraneo (19)_ L'apertura di crediti per l'acquisto di ulteriori residuati militari - sia pure rinviato al termine della campagna per le elezioni presidenziali - e gli accenni di Stilwell ai piani americani per l'Europa furono interpretati come prova di rinnovato interesse americano per la difesa dell'Italia_ Scriveva infatti Trezzani al Ministro della Difesa Pacciardi pochi giorni dopo il colloquio con l'ufficiale americano: Le dichiarazioni del Col. Stilwell fanno ritenere che gli ambienti militari abbiano una chiara visione delle esigenze della difesa italiana e della sua importanza, ciò che collima con quanto ho esposto nel mio foglio 201 R. P. del 30 luglio e.a. Si avvalora così la possibilità da me prospettata di avere gli indispensabili materiali pe r realizzare una difesa consistente del

(19) Zoppi a Ministero della Difesa e SMD, 4 agosto 1948, in ASMAE , DGAP, Italia 1948, b. 150, f. 1 (Documento 19 allegato).


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nostro territorio. Ritengo necessario iniziare al più presto trattative per la fornitura di materiale bellico anche in relazione a .quanto ho esposto con il mio foglio .. . del 7 giugno c.a.(20).

L'ipotesi di procedere all'attuazione dei programmi di riarmo senza dover stringere nessun vincolo formale di alleanza sembrava dunque assumere una reale consistenza; d'altro canto, non mancarono dagli Stati Uniti segnali di significato opposto. Poco dopo le elezioni dell'aprile, la Marina militare italiana aveva avanzato una richiesta per la cessione da parte del governo a mericano di materiali che le permettesero una più efficace sorveglianza delle coste adriatiche allo scopo di prevenire infiltrazioni e sbarchi clandestini di armi dalla Jugoslavia. Alla fine di agosto però i Joint Chiefs of Staff e il Segretario della Marina USA informarono lo State Department che il materiale navale richiesto dall'Italia non poteva essere considerato essenziale ai fini del1a sua sicurezza interna; di consegue nza i JCS avevano deciso che nelle circostanze attuali la questione di ogni ulteriore assistenza avrebbe dovuto esser considerata e dete rminata nel contesto delJa politica globale di assistenza militare a paesi terzi , attualmente allo studio.

Lo State Department, di conseguenza, informò il governo italiano che pe r il momento non poteva accogliere favorevolmente la richiesta di nuovo materiale per la Marina , pur dichiarandosi disposto ad assistere il governo italiano nel caso che avesse ritenuto opportuno procurarsi materiali per le sue Forze Armate attraverso i normali canali commerciali (21). In effetti tra la primavera e l'inizio dell'estate 1948 la politica estera americana era ulteriormente proceduta, come ha scritto Daniel Y ergin , sulla strada della sua « militarizzazione» (22). In marzo si erano svolte, in assoluta segre tezza, le trattative trilate rali tra Stati Uniti , Gran Bretagna e Canada per esplorare le possibilità

(20) Trezzani a Pacciardi, 7 giugno 1948, in A USSME, Diario Storico Stato Maggiore Difesa, vo i. 1948. (21) Dunn to Marshall, 24 maggio 1948 , in fllUS , 1948, III, pp. 799-800. Memo for the Chief of 5,taff US Army , 13 luglio 1948, in NAW , RG 31 9, P and O 091 Italy TS (Section I), (Part IV) (case 1 only) (Sub No. 51). Love/I to Dunn , 16 ottobre 1948, in FRUS, 1948, pp. 806-807. (22) YERGTN , Shattered Peace, cit. , pp. 336-337.


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di un sistema comune di difesa, mentre il National Security Council aveva raccomandato sia l'inizio di discussioni in merito a possibili alleanze, sia lo studio di un programma di aiuti militari «per determinati paesi» (23). In giugno il Congresso aveva poi approvato la risoluzione Vandenberg , dalla quale l'amministrazione veniva autorizzata a stipulare accordi difensivi su base regionale, secondo il disposto dell'art. 51 della Carta delle Nazioni Unite. È importante sottolineare che in quel momento la dichiarazione Vandenberg fu giudicata da molti un punto di arrivo del processo di coinvolgimento degli Stati Uniti nella difesa dell'Europa occidentale, per cui si venne a creare un clima di incertezza notevole sui possihili ulteriori sviluppi del rapporto tra l'amministrazione americana e i governi europei (24). La crisi di Berlino , sviluppatasi nella seconda metà di giugno e esplosa con la decisione sovietica di bloccare tutti gli accessi ai settori occidentali della città, rafforzò invece nell'amministrazione Truman l'intenzione di proseguire sulla strada della cooperazione militare con l'Europa occident:.ile , sia pure con tutte le cautele necessarie in un anno di elezioni presidenziali. Agli inizi di luglio perciò cominciarono a Washington le « discussioni esplorative » tra i rappresentanti dello State Department e gli a1nbascialori dei paesi membri del Patto di Bruxelles e dèl Canada, in merito alla possibi lità di stabilire una qualche forma di collaborazione militare. Nello stesso arco di tempo , il presidente Truman approvò un documento preparato dal National Security Council che definiva come politica ufficiale dell'amministrazione lo studio e l'allestimento di programmi coordinati di assistenza militare per paesi terzi; infine , un rappresentante militare americano venne inviato, sia pure senza una posizione ufficiale , ma come semplice osservatore, a prendere parte aile riunioni del Comitato Militare dell'Unione Occidentale a Londra. Ovviamente fin quando le linee generali di queste molteplici iniziative non fossero state definite con maggior precisione , l'amministrazione non avrebbe potuto mettere allo studio altri pro(23) Report by NSC on Posilion of US with Respect to Soviet Directed World Communism (NSC 7), in FRUS, 1948, I, parte 2, pp . 545-550; Report by NSC on Position of US with Respect to Suppor/ for WU and other Related Free Countries (NSC 9) , in FRUS, 1948, III, pp. 85-88; le sessioni dei negoziali trilaterali, dal 22 marzo al I aprile, in FRUS, 1948, III, pp. 59-75. (24) KAPLAN , A Community of lnterests, cit., pp. 19-20. Sul periodo di calma successivo alle prime discussioni trilaterali, cfr. Escoll REID , Time of Fear and llope. The Making of the North Atlanlic Treaty, 1947-1949. Toronto, McClelland and Slewarl, 1977, pp. 50-51.


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grammi di assistenza militare, se non in casi di assoluta emergenza (25). Di tutto questo a Roma non si aveva una pe rcezione sufficiente mente chiara: coerentemente con l'impostazione di politica estera che pensava di poter usufruire dell'incondizionato appoggio americano per il perseguimento dei propri obiettivi, l'ipotesi di pote r basare i piani di riarmo sull'assistenza militare americana sembrava <lei tutto realistica , e dava inoltre consistenza all'intenzione di tenere l' Italia al <li fuori dei sistemi di alleanza di cui si andava discutendo. In agosto, perciò, il conte Sforza redasse un memorandum pe r le principali ambasciate italiane all'estero , nel quale si manifestava l'opportunità di non inserire l'Itali a nel costituendo « Patto O ccidentale » (sic) almeno fin quando i paesi del patto stesso non fossero stati in grado di assicurare la protezione « non soltanto teorica , ma pratica » <lei territorio italiano, e si prospettava come soluzione ad interim il mantenimento della neutralità per non esporre inutilmente l'Italia al rischio di un eventuale conflitto per il solo motivo di far parte dell'alleanza. Era anche nell'interesse delle nazion i occidentali , concludeva Sforza, che l'Italia mantenesse una simile posizione; era però necessario che questa Itali a neutrale «fosse in grado di far rispettare le proprie frontiere: quindi armata in modo da rappresentare per un eventuale aggressore un serio ostacolo da superare>>. Sforza invitava perciò l'ambasciatore Tarchiani a iniziare «conversazioni tecniche per l'esame della nostra situazione difensiva » e non casualmente accostava la posizione italiana a quelle della Grecia e della Turchia , entrambe beneficiarie di un programma di aiuti americani (26) . Che questo fosse l'obiettivo prefissatosi dalle massime autorità pulitico-rnilitari italiane risulta abbastanza chiaramente dalle inizia-. tive discusse dal Ministero della Difesa nelle settimane successive e (25) Le «conversazioni csplornt ive sull a sicurezza» si svolsero a Washington dal 6 luglio al 10 settembre 1948: FRUS, 194/1, lii , pp. 148-258. The Position of the US with Respect to Providing Mi/iJary Assistance of the Non-Sovietic World (NSC 14/1) in FRUS, 1948, I, parte 2, pp. 585-588. Fu il generale Lemnitzer a essere inviato a partecipare a lle discussioni militari de lla Weslern Union: Lawrence S. KAPLAN, A Community of In1erests: NATO and the Military Assis1ance l'rogram, 194/1-1951, Washington , D .C. , O ffice of the Secretary of Defense, 1980, pp. 20-21. (26) Sforza a Ambasciate d'Italia a Washington , Parigi, l~ondra, Mosc:u , 31 agosto 1948, in ASMAE, Ambasciata di Londra 1861-1950, b. 1360, f. I. Sul contrasto tra gli ambasciatori italiani (Tarchiani, Quaroni e Gallarati Scotti) e Palazzo Chigi, cfr. TOSCANO , Appunti sui Negoziali, cit. La posizione di Tarchiani emerge chiaramente anche dalle memorie dell'ambasciatore: TARCH IANI , Dieci anni cit.


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dalle conversazioni avute dai personaggi di rilievo delle Forze Armate con alti ufficiali francesi e americani. Il 6 settembre , riferendosi esplicitamente al memorandum di Sforza, Trezzani scriveva a Pacciardi ribadendo che con mezzi italiani non era possibile organizzare la difesa e che era necessario usare tutte le fonti disponibili. Al riguardo , Trezzani citava i crediti concessi dagli USA per l'acquisto di surplus e portati in un secondo momento a 19 milioni di dollari , la possibiltà di realizzare tramite l'E.R.P . «il massimo potenziamento delle Forze Armate compatibilmente alle necessità del paese per ciò che concerneva i rifornimenti viveri e materie prime » e soprattutto rappresentava la necessità di « addivenire a una convenzione con gli Stati Uniti del tipo di quel1a "affitti e prestiti" o di quella in atto con Grecia e Turchia». Un'analisi più accurata di queste fonti, condotta dallo Stato Maggiore della Difesa nelle settimane seguenti, e una prima, seppur approssimativa, valutazione dei costi effettivi dei programmi di riarmo , mettevano però bene in evidenza che le prime due non sarebbero state sufficienti a garantire un riarmo adeguato: alla fine di settembre perciò l'ammiraglio Minotti , nuovo Capo Ufficio del Capo di Stato Maggiore della Difesa , precisava al Conte Zoppi che basare il riarmo principalmente sull'utilizzazione del piano Marshall sembrava piuttosto aleatorio , in quanto avrebbe gravato in modo eccessivo sui fondi disponibili. Minotti richiamava perciò l'attenzione su un piano di assistenza militare , e concludeva: pur cercando di usufruire del piano MarshaJJ per consentire un primo potenziamento delle nostre Forze Armate, vi sarebbe la possibilità di ottenere il materiale ·complessivamente necessario alla nostra difesa con una legge del tipo di quella affitti e prestiti. Detto materiale, una volta avvenuto l'accordo politico, dovrebbe essere concretato (sic) direttamente dallo SMD con le autorità militari americane in relazione al nostro piano di difesa. È purtroppo da ritenere che, anzi , sarà necessario fornire a tali autorità ampie spiegazioni sull'uso del materiale bellico che ci verrebbe fornito in sì ingente mole (27).

(27) Trezzani a Pacciardi, 6 settembre 1948, in AUSSME, 1/4, racc. 59, cart. 9. Appunto circa le questioni prospettate al Segretario Generale del Ministro degli Affari Esteri dal Capo Ufficio Stato Maggiore Difesa , 28 settembre 1948, in AUSSME , 1/4, racc. 59, cart. 9 (Documento 20 allegato).


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2. La neutralità annata: sondaggi e piani operativi

Mentre il Ministero della Difesa analizzava le fonti idonee ad allestire un piano di riarmo che desse un senso concreto alla prospettiva deJla neutralità armata, le maggiori autorità militari italiane si incontravano con alti esponenti militari europei e americani per cercare di avere un quadro più preciso dei piani di difesa dell'Europa occidentale che questi stavano discutendo. Da tali incontri , oltre ad avere ragguagli sullo stato di elaborazione dei progetti relativi al Patto Atlantico, ci si riprometteva soprattutto di capire se l'Italia potesse ritenersi inserita o meno nei piani in corso di allestimento , se , in caso affermativo, fosse possibile impostare una sorta di collaborazione informale sul piano strategico anche se l'Italia non prendeva parte alle trattattive per la costituzione di un'alleanza, e, quindi, se la neutralità armata potesse trasformarsi in collaborazione in caso di conflitto. Nel settembre 1948, dietro invito dell'Air Vice Marshall Forster, il Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica si recava in Gran Bretagna con una delegazione di ufficiali per assistere alla manifestazione aeronautica di Farnborough . Nel corso della visita il generale Ajmone-Cat e il Vice-Marshall Forster discussero i principali problemi dell 'arma aerea italiana, con particolare riguardo a quelli dell'industria. L'alto ufficiale italiano rappresentò la necessità di rinnovare l'industria aerea italiana, rimasta arretrata dal punto di vista tecnologico nei confronti di quelle straniere a causa della guerra e prospettò la sua soluzione, che consisteva nel produrre su licenza straniera gli aerei e i motori occorrenti. Ajmone-Cat a questo proposito espresse la sua preferenza per il De Havilland Vampire, il nuovo jet da caccia della R.A.F. che egli giudicava adattissimo ai bisogni dell'aviazione italiana; Forster, a sua volta, giudicò corretta questa scelta e, commentando in seguito con l'addetto aeronautico inglese a R oma il recente incontro, aggiunse che il suo consiglio personale era che gli italiani si assicurassero la licenza per fabbricare in Italia il Vampire (28). La discussione tra Forster e Ajmone-Cat ebbe un seguito agli inizi di novembre, quando quest'ultimo scrisse allo stesso Forster una lunga lettera, approvata dal Ministro della Difesa Pacciardi, in cui l'acquisto della licenza veniva incluso in un ampio contesto di (28} Air Vice-Marshall Forster to Air Attaché in Rome, 23 settembre 1948, in PRO, FO 371, Z 8641/274/22 . . .


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collaborazione politico-militare: per quanto in termini un po' confusi, Ajmone-Cat proponeva in sostanza che l'industria italiana, una volta avviata la produzione dei Vampires, collaborasse con quella inglese nel rifornire i mercati di quei paesi che avessero fatto richiesta di tali aerei, e prospettava velatamente la possibilità di rivolgersi alla produzione americana, se il governo inglese non avesse mostrato interesse al progetto (29). La reazione inglese fu di mantenere la questione in termini strettamente tecnici rifiutando di affrontare ogni possibile discussione su forme di cooperazione politica o economica: la risposta definitiva dell'Air Marshall fu che l'Italia doveva limitarsi a trattare l'acquisto de11e licenze per la produzione di Vampires (30). Poco dopo la visita di Ajmone-Cat a Famborough , i problemi della difesa italiana furono affrontati in termini molto più generali dall'ammiraglio Maugeri , Capo di Stato Maggiore della Marina , e dal generale Revers, Capo di Stato Maggiore dell' Esercito francese . Del colloquio esistono vari resoconti non sempre coincidenti: quelli redatti all 'epoca dall'ambasciatore a Parigi Quaroni e dallo stesso Maugeri, e quello successivo , peraltro molto succinto, inserito da Maugeri nelle sue memorie (31) . Secondo i rapporti dell'epoca , durante l'incontro, svoltosi in modo del tufto informale presso l'ambasciata italiana, Revers fece dapprima conoscere la propria opinione sullo stato di tensione esistente in E uropa , affermando di ritenere che non vi fosse una precisa volontà di guerra nei due blocchi , che, ciò nonostante, un conflitto potesse scaturire da un incidente qualsiasi e che per le nazioni europee il periodo più pericoloso sarebbe stato quello precedente all'effettiva disponibilità degli aiuti americani. In un secondo momento, Revers si soffermò in particolare sui proble mi militari italiani: l'alto ufficiale francese dichiarò che lo Stato Maggiore del suo paese era fermamente convinto « che qualsiasi piano di difesa dell'Europa occidentale fosse incompleto, anzi inconcepibile se non si fosse tenuto conto del fattore Italia», ed espresse la sua ferma convinzione che le truppe di occupazione alleate in Austria dovessero , in caso di conflitto , « rifluire sull'Italia (29) Ajmone-Cal 10 Air Vice-Marshall Forster, 9 novembre 1948, in PRO , FO 371 , Z 9533/274/22. (30) Air Vice-Marshall Forster lo Air Allaché in Rome, 13 dicembre 1948, in PRO, FO 371 , Z 9533/274/22. (31) Quaroni a Zoppi , 4 ottobre 1948, in ASMAE , Ambasciata di Parigi, 1948 , b. 405, f. 1. Franco MAUGERI, Ricordi di un marinaio, Milano, Mursia , 1980, pp. 289-293.


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e congiungersi lì alle truppe italiane ». Era perciò importante per la Francia poter contare sulla collaborazione italiana, perché questa certezza avrebbe consentito di rinforzare considerevolmente il contingente francese in Austria. Secondo Quaroni , il problema del Patto Atlantico fu appena sfiorato da Revers , che aveva esposto soprattutto le ragioni dell'ostilità dei militari inglesi alla partecipazione italiana , ostilità basata su una valutazione negativa del potenziale bellico italiano; il generale francese dichiarò invece la pien a disponibilità , anzi il vivo desiderio di cominciare a studiare il problema in concreto con lo Stato Maggiore Italiano , in attesa di una decisione a livello politico. In sostanza R evers si fece portavoce dell'interesse dello Stato Maggiore francese a conversazioni informali con i militari italiani , purché si svolgessero con il pieno consenso dei governi, che si sarebbero dovuti impegnare a non smentirle in un secondo momento. Quaroni aggiungeva la sua opinione personale, vale a dire che il generale francese fosse « realmente convinto della necessità della collaborazione militare con l'Italia ». Secondo quanto Maugeri ha scritto nelle sue memorie, l'incontro avrebbe avuto invece come oggetto lo sviluppo dei negoziati per il Patto Atlantico, il carattere che avrebbe assunto la futura alleanza e il vantaggio reciproco che da una partecipazione italiana sarebbe derivato tanto alla Francia quanto all'Italia . In realtà il centro della conversazione fu appunto la possibilità di una cooperazione militare tra le due nazioni , indipendentemente dalla partecipazione italiana all'alleanza: argomento questo che in quei medesimi giorni fu affrontato anche dal ge nerale Marras durante un suo viaggio a Berlino su invito del generale Clay, governatore della zona di occupazione militare in Germania e Comandante in Capo delle forze americane in Europa. Durante la sua visita M:irras, in una conversazione informale, espresse a Clay la sua intenzione di arrivare a poter schierare 12 divisioni e di poter accantonare scorte per allestirne altre 12 di riserva. Marras precisò che questo era però un progetto di lungo periodo, mentre suo interesse immediato era definire la posizione dell'Italia in caso di emergenza: su questo punto egli era stato autorizzato a parlare dal suo governo. Secondo quanto si legge nel resoconto di Clay , Marras dichiarò che in caso di una improvvisa aggressione sovietica , l'esercito italiano era pronto a combattere con gli Stati Uniti, e egli credeva che potesse difendere le Alpi con la sua forza attuale se il suo fianco settentrionale fosse stato protetto. Indicò poi la vulnerabilità del nostro fianco meridionale nel caso che l'Italia non


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potesse resistere, e quindi l'opportunità di conversazioni militari per coordinare i nostri sforzi ... Marras ha affermato quanto fossero poco desiderabili conversazioni politiche a questo scopo, dal momento che non avrebbero potuto essere tenute segrete, ma credeva che fosse possibile un coordinamento informale a livello militare. Egli è molto offeso dall'esclusione deH'Italia daJl'unione militate occidentale, ma desidera cooperare pienamente a un piano di difesa comune. È anche estremamente ansioso che conversazioni informali si svolgano entro breve tempo (32).

In un secondo resoconto destinato al Segretario di Stato Marshall, Clay precisava che Marras gli aveva ch~esto, dietro autorizzazione del suo governo: un incontro con noi e i militari francesi per discutere un'azione di difesa comune. Secondo il suo governo, tale incontro si potrebbe svolgere a livelli militari, anche se lui (scii. Marras) si rendeva conto di non poter ricevere informazioni dettagliate. Aveva bisogno di informazioni di carattere generale sui nostri piani di difesa per potersi regolare in conseguenza (33).

Clay dal canto suo riten eva che queste conversazioni sarebbero state utili: senza divulgare in dettaglio i piani operativi , sarebbe stato possibile stabilire un programma comune di carattere generale. A questo proposito Clay aveva scritto al generale Bradley, capo di Stato Maggiore dell'esercito americano, chiedendo se non fosse possibile invitare alcuni ufficiali di Stato Maggiore italiani a Wiesbaden , dove i comandanti de lle truppe di occupazione alleate in Europa stavano discutendo delle misure da adottare in caso di un'improvvisa aggressione sovietica. In sostanza, se la missione di Ajmone-Cat aveva probabilmente il solo compito di sondare la disponibilità inglese a collaborare a lla ripresa della produzione aeronautica italiana, quelle di Maugeri e di Marras avevano invece il compito di appurare quale ruolo venisse assegnato all'Italia nella pianificazione militare delle altre nazioni europee e soprattutto di invitare i due stati che sembravano avere (32) Cluy to Bradley, 5 ottobre 1948, in The Papers of Gen. Lucius D. C/ay. Germany 1945-1949, a cura di Jcan Edward SMITH , Bloomington/Londra, Indiana University Prcss, 1974, voi. Il , pp. 891-892. (33) C/ay to Marshall , 15 ottobre 1948, in The Papers of Gen. Lucius D. C/uy , cit. , voi. li , pp. 906-907.


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maggiore interesse alla difesa dell'Italia , cioè Francia e Stati Uniti, a iniziare una programmazione informale che permettesse di coordinare i rispettivi piani di emergenza e assicurasse indirettamente il governo italiano che in caso di improvviso conflitto avrebbe potuto contare sull'appoggio di truppe alleate. Gli Stati Uniti venivano perciò ad assumere un ruolo chiave nella programmazione e pianificazione militare italiana , non solo perché si riteneva che fossero l'unica nazione in grado di sostenere economicamente il riarmo italiano, ma anche perché si faceva assegnamento soprattutto sul loro appoggio diretto in caso di conflitto, senza per questo stringere alcun vincolo di natura formale. Ciò era tanto più significativo se si considera quanto scritto da Maugeri , secondo il quale durante una riunione svoltasi poco dopo i colloqui che egli aveva avuto con Revers, De Gasperi si sarebbe espresso ancora con molto scetticismo circa la possibilità di far accettare al paese un'alleanza militare vera e propria (34). Da Washington pervenne ancora una risposta ambivalente all a richiesta di consultazioni informali. li Joint Strategie Survey Commùtee esaminò agli inizi di ottobre la richiesta di Clay relativa alla partecipazione di ufficiali italiani alle discussioni di Wiesbaden. 11 JSSC ritenne o pportuno che ufficiali italiani non prendessero parte a queste discussioni fin quando i Joint Chiefs of Staff non si fossero definitivamente pronunciati sulla possibilità, attualmente all'esame, che in caso di attacco sovietico le truppe di occupazione in Austria si ritraessero non verso il Reno , ma verso l'Italia, per continuare a combattere insieme alle truppe italiane. D'altra parte , concludeva il JSSC , questo problema poteva essere discusso dal generale Marras negli Stati Uniti , se questi avesse accettato l'invito che stava per essergli rivolto per una visita alle forze armate americane. In tal modo la possibilità di consultazioni congiunte a Wiesbaden veniva lasciata cadere , a favore di un incontro diretto tra il generale Marras e le massime autorità militari americane. Il 12 ottobre il Segretario dell'U .S. Army, Royall, chiese allo State Department di invitare il generale Marras negli Stati Uniti e dopo che l'addetto militare americano a Roma si fu assicurato che il generale sarebbe stato lieto di accettare l'invito , il 19 ottobre l'Acting Secretary of State , Lovett, incaricò l'ambasciatore Dunn di rivolgere ufficialmente l'invito al governo italiano (35). In questi stessi giorni , tuttavia , Io State (34) MAUGERJ, Ricordi di un marinaio, cit., p . 293. (35) Report by the Joint Strategie Survey Commillee to the I CS on Military Con-


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Department comunicava anche l'impossibilità di fonnulare nuovi progetti di assistenza militare per l'Italia nel prossimo futuro. Il 16 ottobre il Colonnello Stilwell rendeva infatti noto allo Stato Mag. giore della Difesa che per il momento era da considerarsi sospesa la possibilità che l'Italia usufruisse di crediti agevolati per l'acquisto di surplus americani (36). Da tutto ciò lo Stato Maggiore della Difesa, alla fine di ottobre, traeva le seguenti conclusioni: a) l'argomento " potenziamento delle FF.AA." determina un rallentamento perché gli Stati Uniti procedono con molta cautela volendo prima di decidere essere ben certi delle nostre intenzioni verso gli Alleati Occidentali ; b) il Congresso americano deve procedere ancora ali' attuazione pratica della Risoluzione Vandenberg di aiuti al blocco occidentale e ciò non potrà avvenire prima dell'elezione del nuovo Presidente; c) i] Congresso si preoccupa di non darci subito i surplus richiesti perché vuole prima conoscere le necessità degli ;iltri p:iesi europei interessati nel potenziamento delle Forze Armate; d) come segnalato dall'ambasciatore Tarchiani, esiste una notevole confusione tra i vari Dipartimenti incaricati o in grado di proced_crc a cessioni di materiale surplus ~37).

L'incertezza e la confusione sulle possibili forme di assistenza militare americana rendevano dunque tanto più importante la missione del Capo di Stato Maggiore dell'Esercito negli Stati Uniti ai fin i di un chiarimento su tutti gli aspe tti della cooperazione militare tra l'Italia e gli USA e, comunque , la prospettiva di tale missione sembrava confennare la possibilità di un qualche accordo informale con il governo americano . Dopo un colloquio avuto il 22 ottohre con il generale Bradley, l'ambasciatore Tarchiani riferiva a Sforza versations between Representatives of the CINCEUR and the Italian Chief of Staff (JCS 1947), 8 ollobre /948 , in NA W, RG 319, P and O 091 Italy TS (Section II-A ) (Pari. II) (case 3 only) (Sub. Nos. 2 1); Royall to Marsha/1, 12 ottobre 1948, in NAW, RG 59, 033.6511/10-1248; Memo for the Chief of Staff, US Army, 14 ottobre 1948, i.n NA W, RG 319, P and O 091 Jtaly TS (Section Irl) (case 15 only) (book 1); L ove/I to Dunn, 19 ottobre 1948, in NA W, RG 59, 033.6511/10-1248. (36) Memo for the Chief of Staff, US Army, 13 luglio 1948, in NAW , RG 319, P and O 091 ltaly TS (Section I) , (Part IV) , (case 1 only) , (Sub. No. 51) ; L ove/I to Dunn, 16 ottobre 1948, in FRUS, 1948, voi. lii , pp. 806-807; Stato Maggiore Difesa 2" Sezione a Ministero Difesa-Cab. , 14 ottobre 1948, in AUSSME, Diario Storico Stato Maggiore Difesa, ottobre 1948. (37) Stato Maggiore Difesa - 2a Sez. a Min . Difesa, cit.


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che l'idea dell'invito era dovuta « per ammissione dello stesso Bradley , special mente al desiderio di discutere le prospettive tecniche di un sistema Trieste-Austria, allacciato alle posizioni anglo-francoamericane in Germania». Tarchiani si dichiarava convinto che se nel '48 si era probabilmente passati dalla linea "difesa ai Pirenei " a quella "difesa sul Reno ", si stava ora , per il ' 49 e seguenti, studiando un'organizzazione di resistenza che includesse l'Italia e l'Austria (38).

Proprio mentre a Washington si discuteva sull'opportunità dell'invito a Marras, il Segretario di Stato Marshall, in visita ufficiale in varie capitali europee, fece tappa a Roma per i giorni 18 e 19 ottobre. Ma il generale, pur messo al corrente da Clay del desiderio italiano di conversazioni informali sui problemi militari , non toccò mai l'argomento durante gli incontri che ebbe con Sforza e De Gasperi (39): fu invece Sforza che , accompagnando l'ospite all'aeroporto , cercò di rassicurarlo sulla salda posizione filooccidentale dell'Italia e che al tempo stesso insistette sulla necessità di ricevere garanzie e aiuti militari. Marshall, dopo aver ringraziato Sforza per essersi espresso francamente , rispose laconicamente che avrebbe riflettuto sul problema (40). In realtà l'ambiguità di fondo delle relazioni italo-americane non era ancora stata dissipata; al riguardo è illuminante un telegramma inviato dall'ambasciatore Duno allo State Department, recante la stessa data del messaggio di Tarchiani, che metteva bene in chiaro la convinzione del governo italiano di poter contare su una sorta di special relationship con gli Stati Uniti: I Leaders del governo (scii. italiano) hanno l'impressione di non essere voluti nella Western Union , che la Francia c la Gran Bretagna li considerino più un peso che un vantaggio , e che perciò per loro sia meglio basarsi su un accordo bilaterale con gli Stati Uniti da cui dovrà in ogni caso venire ogni aiuto effettivo per l' Europa. In aggiunta a ciò ci può essere una certa (38) Tarchiani a Sforza, 22 ottobre 1948, in ASMA E, Ambasciata di Londra 1861-1950, b. 1360, f. 1, (allegato a telex n. 1514/C) . (39) Clay to Marshall, 15 ottobre 1948, in Th e Papers of C eri. Lucius D. Clay, cit. , voi. II, pp. 906-907. (40) Carlo SFORZA , Cinque anni a Palazzo Chigi. L a p olitica estera italiana dal 1947 al 1951. Roma , Atlante, 1952, pp. 202-203; Marshall to Lovett, 25 ottobre 1948, in FRUS, 1948, III, p. 811.


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riluttanza da parte italiana a abbandonare ogni potere negoziale ai fini della revisione del trattato e di assistenza militare, che loro possono ritenere di avere di fronte a ogni mossa mirante a portarli nella Western Union. È possibile inoltre che gli italiani credano di poter ottenere più facilmente ciò di cui hanno bisogno direttamente dagli USA che tramite l'intermediazione della Western Union. Abbiamo perciò un triplice delicato problema: 1°) fornire un incoraggiamento continuo a quei leaders che vogliono allineare l'Italia con l'Occidente prontamente e senza riserve. Nel far questo, dobbiamo mostrare di apprezzare quanto qui è stato fatto di recente per educare l'opinione pubblica e scoraggiare ogni idea da parte loro che il nostro interesse sia secondario o sentimentale. 2°) Al tempo stesso dobbiamo tener ben viva nelle menti degli italiani la nostra tesi principale che una reale e effettiva unità europea è condizione prioritaria per l'aiuto militare e economico americano, e dobbiamo orientare i loro progetti in quella direzione. 3°) Dobbiamo sfruttare il periodo interinale, prima che l'Italia sia indusa negli accordi definitivi per l'Europa, al fine di portare le difese dell'Italia alla massima efficienza possibile, sia nel suo interesse che nel nostro (41).

In questo clima di ince rtezza si doveva compiere il viaggio di Marras negli Stati Uniti, la cui preparazione ebbe a risentire sicuramente anche della difficile situazione interna italiana. In un primo momento il governo italiano accettò la proposta americana e il viaggio del capo di Stato Maggiore dell'Esercito fu programmato per la seconda metà di novembre. li ministro della Difesa Pacciardi chiese però che ne fosse dato l'annuncio solo all'ultimo momento per evitare che la notizia della visita potesse sollevare eccessivi clamori (42) e, per quanto contrariato, lo State Department acconsentì a questa richiesta. Dopo pochi giorni però si profilò un nuovo problema: a seguito del diffondersi di dicerie e illazioni sui negoziati condotti dall'Italia per aderire al futuro sistema di alleanze , il Partito socialista aveva infatti presentato una mozione in Parlamento sull'orientamento della politica estera italiana e , presumibilmente , il dibattito in aula si sarebbe dovuto svolgere proprio durante il viaggio di Marras. Per evitare che la missione potesse avere qualche (41) Dunn to Marshall, 22 ottobre 1948, in FRUS, 1948, III, pp. 809-811. (42) Willems (US Military Attaché in Rome) to Gen. Bradley and Dept. of State , 23 ottobre 1948, in NAW , RG 59, 033.6511/11-2348; Dunn tu Love//, 27 ottohre 1948 , in NAW , RG 59, 033.6511/10-2548.


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ripercussione sul dibattito parlamentare, Sforza incaricò Tarchiani di chiedere se non fosse possibile rinviare la visita a data da destinarsi (43). La reazione americana fu di «vivo disappunto »: lo State Department, notava Tarchiani il 4 novembre , aveva ribadito che l'incontro sarebbe stato il primo del suo genere, che era necessario per impostare la difesa dell'area Trieste-Italia nord orientale-Austria prima che gli USA si trovassero di fronte ai piani pre disposti dal Patto di Bruxelles , che lo stesso generale Clay si era espresso a favore di quest'incontro , che in ultima analisi l'idea di conversazioni a livello militare , non politico , era stato proprio italiana e che il generale Bradley, dopo i primi di dicembre , non sarebbe stato più disponibile per molto tempo (44). Il risentimento mostrato dallo State Department dovette allarmare non poco il Ministero degli Esteri, perché proprio a causa dell'atteggiamento americano Sforza ritenne opportuno dare una brusca sterzata alle trattative in corso da alcune settimane con l'ambasciata americana a Roma per la conclusione di una convenzione aerea tra Ita lia e Stati Uniti. Agli inizi di ottobre il Ministero degli Esteri aveva sottoposto a quello della Difesa il progetto di un accordo redatto dall'ambasciata americana secondo il q uale un certo numero di aerei da trasporto e da caccia dell'USAF avrebbe avuto il diritto di sorvolo e di atterraggio sul territorio italiano, senza bisogno di chiedere ogni volta la necessaria autorizzazione speciale al Ministero degli Este ri , limitandosi a comunicare il loro piano di volo; veniva inoltre richiesta l'autorizzazione alla permanenza sul territorio italiano di pe rsonale tecnico e di collegamento americano, nonché la facoltà di impia ntare un centro di assistenza al volo, servizi me teorologici e di ausilio alla navigazione (45). Lo Stato Maggiore della Difesa, nell'analizzare la proposta americana, notava che questa avrebbe potuto arrecare vantaggi economici, ma anche implicato una diminuzione della sovranità nazionale, non tanto per il sorvolo, «qua nto per l'atterraggio e soprattutto per l'istallazione sul territorio n azionale di un'organizzazione militare straniera ». Sarebbe stato perciò opportuno chiedere contropartite di carattere politico-militare, anche perché queste concessioni avrebbero potuto (43) Sforza a Tarchiani, 29 ottobre 1948, in ASMAE , DGAP, Italia 1948, b. 150, f. 1. (44) Tarchiani a Sforza, 4 novembre 1948, in ASMAE , DGAP, Italia 1948, b. 150, f. 1. (45) Ministero degli Esteri a Stato Maggiore Difesa, 7 ottobre 1948, citato in Trezzani a Pacciardi, 2 novembre 1948, in AUSSME, 1/4, racc. 59, cari. 1.


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crea re complicazioni interne e internazionali , e in caso di guerra avrebbero potuto provocare « giustificate azioni belliche delle nazioni del blocco orientale » (46). Tuttavia una risposta del tutto negativa nello stesso momento in cui si chiedeva al governo di Washington di posporre la visita di Marras poteva avere ripercussion i serie sui rapporti italo-americani: Sforza perciò, agli inizi di novembre, ritenendo che per «imprescindibili ragioni di politica generale» non fosse opportuno opporre un rifiuto all e agevolazioni richieste propose all'ambasciatore america no l'entrata in vigore immediata, de facto, delle agevolazioni previste dalla richiesta americana, rimandando la firma della convenzione «ad occasione più favorevole in sede di più largo negoziato che eventualmente ne assicurasse adeguate contropartite » (47). A questo riguardo lo Stato Maggiore della Difesa , pur ribadendo in linea di principio la propria contrarietà all'accordo, avanzava l'ipotesi che «questa della convenzione fosse una delle vie per farci aiutare dall'America per il potenziamento delle nostre Forze A rmate» e che quindi tale questione dovesse essere trattata «con grande delicatezza » (48); Trezzani pertanto faceva nota re al Ministero degli Esteri

.

la convenie nza di nulla lasciare inte ntato affinché l'importante carta rappresentata dalla posizione geografica italiana in relazio ne alle serrate competizioni internazionali nel campo della politica aerea venisse negoziata col nostro maggior possibile vantaggio ... Secondo l'avviso di quello Stato Maggiore la contropartita della firma della convenzione avrebbe dovuto essere di natura politico-militare e tale da portarci su un piano simile a quello della Francia e di altre nazioni che avevano concesso agli USA agevolazioni analoghe. E solo in linea subordinata, ne! caso che non fosse stato possibile conseguire tale obiettivo - anche per ragioni di p olitica estera italiana - la contropartita sarebbe dovuta consistere in un concreto concorso al potenziamen to dell e Forze Armate (49)

TI suggerimento di Sforza suscitò inizialmente qualche perplessità presso lo State Department , proprio perché venne a coincidere (46) Promemoria per il Capo di Stato Maggiore della Difesa , 16 ottobre 1948, in AUSSME , 1/4, racc . 59, cart. 1. (47) Sforza a Trezzani, 6 e 9 novembre 1948, in AUSSME, 1/4, racc. 59, cart. 1. (48) Promemoria per il Capo di Stato Maggiore della Difesa, 11 novembre 1948, in AUSSME, 1/4, racc. 59, cart. 1. (49) Trezzani al Ministero degli Esteri, 15 novembre 1948, in AUSSME, 1/4, racc. 59, e art. 1.


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con i problemi sollevati dal rinvio della missione Marras. Tuttavia sia a proposito di questa , sia a proposito della convenzione aerea, finì per prevalere la so1uzione proposta dal governo italiano , seppure con qualche modifica: per la convenzione aerea fu deciso che i due governi si sarebbero scambiati delle note verbali, che riconoscevano l'entrata in vigore di quanto richiesto, e che a quella americana sarebbe stato annesso come memorandum il progetto originale; quanto alla visita di Marras, i1 rinvio fu accettato con palese disappunto e il governo italiano ritenne per questo opportuno non posporre troppo a lungo la partenza del capo di Stato Maggiore dell'Esercito. Questi si sarebbe recato negli USA ai primi di dicembre , appena si fosse delineato il risultato del dibattito parlamentare sulla mozione Nenni (50) . Dopo il momento critico dei primi di novembre, sembrò dunque profilarsi per il governo italiano la possibilità di sondare accuratamente le intenzio ni del governo di Washington, approfittando della posizione di relativo vantaggio acquisita con il consenso accordato alle richieste concernenti la convenzione aeronautica . Era proprio quanto desiderava lo Stato Maggiore della Difesa, il quale sperava di ottenere adeguata contropartita alla concessione fatta non soltanto in termini di fornitura del mate riale bellico necessario per il riarmo , quanto anche di garanzie politico-militari. Si contava soprattutto sulla possibilità di ottenere assicurazion i circa la p resenza di truppe a mericane sul suolo italiano in caso di aggressione sovietica. Come era stato fatto presente da Revers a Maugeri e da Bradley a Tarchiani , sia i francesi sia gli a mericani stavano prendendo in seria conside razione la possibilità di rinforzare, i primi , il loro contingente in Austria , e di operare, i secondi , la congiunzione tra le forze di occupazione in /\.ustria con quelle di stanza 3 Trieste: tutto questo ai fini di far combattere queste trnppe in Italia , in caso di attacco sovietico, a fianco dell'Esercito italiano. (50) [I 19 novembre Sforza informava il Ministero della Difesa e lo Stato Maggiore della Difesa della decisione USA di accettare la proposta itali ana: Sforza al Gabinetto del Ministro della Difesa e allo Stato Maggiore Difesa , 19 novembre 1948, in AUSSME, 1/4, racc. 59, cart. I. Lo scambio di note verbali avvenne il 16 dicembre 1948: · in base a l memorandum annesso alla nota americana, l'aviazione americana aveva diritto , per gli aerei di trasporto, a un totale di 400 atterraggi e/o sorvoli al mese, e per gli aerei da caccia, a 100 atterraggi e 120 sorvoli al mese, da comunicare con perlomeno 24 ore di preavviso. Nota verbale e memorandum , 16 dicembre 1948 , in AUSSME , 1/4, racc. 59, cart. 1. Per il rinvio delJa missione Marras, Zoppi a Tarchiani , 6 novembre 1948, in ASMAE, DGAP, Italia 1948, b. 150, f. 1, e Soardi a Trezzani , 17 novembre 1948, in ASMAE, DG AP , Italia 1948, b. 150, f. 1.


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L'ipotesi del fronte unico Austria-Italia nord orientale-Trieste fu oggetto di analisi da parte dei JCS ai primi di novembre. Già in primavera gli alti comandi americani avevano messo a punto un piano di emergenza che, in caso di aggressione sovietica nel corso del 1948, prevedeva l'abbandono dell'Europa occidentale e centrale e la ritirata generale delle truppe di occupazione americane verso i Pirenei e le isole del Mediterraneo (51); tuttavia, in novembre , i JCS nell'intento di apportare eventuali modifiche a questo schema generale, chiesero ai comandanti delle truppe di occupazione in Europa la loro opinione in merito (52). TI generale Keyes, comandante delle truppe di occupazione americane in Austria, espresse apertamente la sua preferenza per il ritiro delle proprie forze in territorio italiano, mentre il generale Clay sembrava preferire la ritirata generale di tutte le truppe di occupazione verso il Reno , dove si sarebbe dovuta svolgere la grande battaglia difensiva (53). Quest'ultimo era il concetto strategico sul quale erano basate anche le ipotesi operative del Patto di Bruxelles. Fin dal gennaio 1948 il maresciallo Montgomery aveva giudicato indispensabile concentrare tutte le scarse risorse dei paesi europei occidentali sulla difesa della linea del Reno, rite nendo che solo facendo di questa strategia il cardine della futura alleanza fosse possibile rafforzare la volontà politica dei governi di resistere a un eventuale attacco sovietico (54). La difesa del Reno era divenuta perciò il punto cruciale dapprima della strategia ufficiale inglese (anche se non senza contrasti

(51) Kcnneth W. CONDIT, History of the Join.t Chiefs of Staff. The Joint Chiefs nf Staff ami National Policy, vo!. II , 1947-1949, Wilmington, Delaware, Scholarly Rcsources 1nc., 1979, pp. 283 e seguenti. Cfr. anche Crislian G RE INER , The Defen.ce of Western Europe and the Rearmament of West Cermany. 1947-1950, p. 151, in We,çtern Security, cit. pp. 150-177. (52) Cen. Wedemeyer to gen. Kibler, C/ay , Huebner and Keyes, 5 novembre 1948, in NAW, RG 218, JCS File List, CCS 092 Western Europe (3-12-48) , Sec. 10. (53) Gen. Kibler to War Deparlment , 8 novembre 1948, in NAW, RG 218, J CS File List, CCS 092 Western Europe (3-12-48) Scc. 10. (54) The Problem of Future War and the Strategy of War with Russia, Memorandum /Jy F.M. Montgomery , 30 gennaio 1948, in PRO, FO 800,452; il Joint Plannin.g Staff sembrava orientato invece verso la strategia «aerea», che prevedeva di abbandonare quanto prima ogni difesa continentale , per concentrare tutti gli sforzi in una controffensiva affidata solo all'aviazione: Discussions for Westem Europe, 27 gennaio 1948 , in PRO, FO 800, 452; la strategia adottata è descritta in «Short Term Strategie Aims at the Outbreak of War, JPS memorandum» , 1 settembre 1948, in PRO, DEFE 4/16.


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in-seno alle forze armate britanniche) e poi della Western Union; di conseguenza in caso di conflitto sarebbero state abbandonate tutte quelle aree la cui difesa, senza alcuna probabilità di successo, avrebbe comportato un dannoso logoramento delle scarse risorse disponibili. Montgomery , nominato Presidente del Comitato dei Capi di Stato Maggiore della Western Union , non aveva dubbi sulla necessità che le truppe di occupazione stanziate nella zona di Trieste dovessero abbandonare il territorio italiano e ribadiva l'assoluta impossibilità per l'Unione Occidentale di combattere in Italia. In una conferenza interalleata svoltasi 1'8 novembre, nella quale vennero confrontate le diverse ipotesi operative elaborate sia dalla Western Union sia dai comandanti delle truppe di occupazione, Montgomery si espresse risolutamente contro ogni ipotesi che potesse sottrarre forze dalla difesa del Reno, elemento centrale della sua strategia (55). I militari americani, da parte loro, non nascosero la loro avversione nei confronti di questa ipotesi: « Qui si ha l'impressione - scriveva da Washington il gen . Wedemeyer, capo della Divisione Piani e Operazioni dello Stato Maggiore dell'Esercito statunitense - che le recenti dichiarazioni di Montgomery mostrino scarsa attenzione per l'Italia e non offrano una soluzione completa » (56). Questa disparità di vedute si riscontrava anche a livello politico. Nel corso delle «discussioni esplorative» svoltesi a Washington tra Stati Uniti, Canada e i paesi membri del Patto di Bruxelles dal 6 luglio al 1 settembre 1948 non fu presa infatti alcuna decisione d efinitiva in merito all'estensione geografica del futuro sistema difensivoatlantico. Il documento approvato al termine delle discussioni, da sottoporre all'attenzione dei governi delle nazioni che vi avevano preso parte, raccomandava la creazione di un'alleanza atlantica , estesa per ragioni politico-strategiche anche a Norvegia, Danimarca e Portogallo ; quanto all'Italia, si concludeva che essa costituiva un caso del tutto particolare, poiché non apparteneva all'area del Nord Atlantico e era inoltre soggetta alle limitazioni impostele dal trattato di pace. Ciò nonostante , il suo territorio era strategicamente importante e il suo orientamento politico filo-occidentale doveva essere

(55) Gen. Clay to Gen. Bradley, 10 novembre 1948, e Gen. Kibler to War Department, 16 novembre 1948, in NA W RG 218, ICS File List, Admiral Lehay Files, 24. · (56) Gen. Wedemeyer tO Gen. Kibler, 22 novembre 1948, in NA W RG 218, ICS File List, Admiral Lehay Files, 39_


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mantenuto e rinforzato: sulla necessità di trovare una soluzione soddisfacente _a questo problema avevano particolarmente insistito i rappresentanti americani. Il documento redatto durante le « discussioni esplorative» fu poi discusso nelle setti mane successive dai governi degli stati partecipanti, nonché dagli organi collegiali del1 'Unione Occidentale, che pure non riuscì a prendere una decisione definitiva in merito alla partecipazione dell'Italia alla futura alleanza atlantica (57). Di questi negoziati, così come delle successive.. prese di posizione da parte dell'Unione Occidentale era trapelato ufficialmente molto poco, a parte il comunicato emesso dai Paesi del Patto di Bruxelles il 26 ottobre in cui si dava notizia ufficiale dello svolgimento dei lavori per la conclusione di un patto Atlantico. Gli ambasciatori italiani presso le principali capitali non avevano mancato però di fornire al Ministro degli Esteri un quadro generale, ma sufficientemente esatto, dell 'andamento dei negoziati , esprimendo anzi ripetutamente la convinzione che l'Italia. visto l'atteggiamento incerto o ostile degli altri governi nei suoi confronti, dovesse avanzare quanto prima la propria candidatura a ogni eventuale alleanza atlantica (.58) . Qua ndo cominciò a delinearsi in concreto la possibilità di una tale alleanza, nella quale gli Stati Uniti avrebbero certamente svolto un ruolo di primo piano, il governo italiano iniziò una graduale revisione della linea seguita fino a quel momento. Invece di negoziare un accordo informale per la difesa dell'Italia , diventava necessario cercare di chiarire con precisione i termini della futura allea nza e eventualmente manovrare per assicurare l'inclusione dell'Italia: importante era comunque mantenere il rapporto diretto con gli Stati Uniti senza passare attraverso la mediazione ingkse. Nuiava ai riguardo il Capo Ufficio Informazioni dello Stato Maggiore dell'Esercito in una riunione tra i Capi Ufficio Informazioni delle Forze Armate , il 15 novembre: Ai fini puramente militari occorrerehbe che l'Italia potesse inserirsi nel Patto Atlantico al di fuori del Patto di Bruxelles, (57) Memorandum by the Participants in the Wash ington Security Talks, July 6 to Seplember 10, Submitted to Their Respective Governments Jòr Study and Comm efll, in FRUS, 1948, rn, PP- 237-248. Cfr. anche REID , Time of Fear and Hope , cit. , p. 202. (58) TOSCANO, Appunti sui negoziati, cit. , pp. 494-495; TARCHIANI, Dieci anni, cit. , pp. :155-160.


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poiché i11 tal modo il potenziamento delle sue forze militari avverre bbe direttamente dagli USA. È indubbio infatti che, aderendo in vece l'Italia al Patto di Bruxelles, pur risultando automaticamente inserita nel Patto Atlantico , la ripartizione d~gli aiuti americani concessi all 'Unione Occidentale sarebbe accentrata nelle mani dell 'Inghilterra , che, a parte il suo interesse di soddisfare per prima le sue necessità di difesa, non è , come noto, mollo tenera nei nostri riguardi (59).

Un momento centrale d i questo processo di revisione, in cui si cominciò a considerare concretamente l'ipotesi -di aderire a un'alleanza , fu costituito dal dibattito parlamentare sulla mozione Nenni , tenutosi dal 30 novembre al 4 dicembre . Presentando la propria mozione, Ne nni criticò duramente la politica estera del governo , al quale rimproverava di mettere in pericolo la pace cercando l'adesione a un eventuale blocco politico-militare , e sostenne invece una totale neutralità, senza che si assumessero impegni internazionali di :.uria. And1e Ìù seno al Consiglio dei Ministri il p1oble,m1 dell.i pvsizione internazionale dell 'Italia sollevò un 'accesa discussione: il Leader socialdemocratico Saragat si oppose infatti a ogni aperta presa di posizio ne dei governo , arrivando a mjnacciare ii ritiro del suo partito dalla coalizione di maggioranza. All'interno dei gruppi parla mentari D .C. , poi , vennero espresse ripetutamente te ndenze favorevoli alla neutralità (60). De Gasperi riuscì comunque a mantenere la coesione della maggioranza governativa contrapponendo alla mozione socialista una mozione presentata dall'On . Giacchero, nella quale si proponeva non tanto una pie na adesione alla politica delle allea nze, quanto piuttosto una linea «europeista» e del « non isolamento »; in tal modo , usando l'europeismo come copertura ufficiale, fece approvare dal Parlamento la mozione che respingeva la politica di neutralità (61). Come conseguenza, agli inizi di dicembre (59) Verbale della Riunione dei Capi Ufficio «I » presso lo SM Difesa, 15 novembre 1948, in AUSSME, Diario Storico Stato Maggiore Difesa , 1948. (60) Riunione del Consiglio dei Ministri del 29 novembre 1948, in ACS, Verbali delle riunio ni del Consiglio dei Ministri . Sulle riunioni dei gruppi parlamentari democristiani , cfr. Giovanni DI CAPUA, Com e l'Italia aderì al Patto Atlantico, Roma , E BE, 1971 , pp. 87-107 . (61) Sulla mozione di Nenni , cfr. Danilo A RDIA, l i partito socialista e il Pa11u Atlantico, Milano , Angeli , 1976, pp. 105-109. Sulla funzione «strumentale» della mozio ne Giacchero, cfr. Ilaria POGGIOLINI , Europeismo degasperiano e politica estera del/'Jtalia: un'ipotesi interpretativa (1947-1949), in « Storia delle relazioni internazionali », I, 1985, n. I, pp. 89-91.


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il governo si trovò di fronte a un duplice problema: da una parte era necessario continuare a svolgere un lavoro di preparazione nei confronti dell'opinione pubblica , in modo che un'eventuale adesione a un'alleanza militare non turbasse eccessivamente il delicato equilibrio politico interno, da11'altra diventava indispensabile assicurarsi che l'eventuale adesione italiana avrebbe garantito anche la soluzione concreta dei problemì della difesa e che l'alleanza avrebbe comportato sia l'automatico intervento delle truppe americane in caso di aggressione, sia un piano di forniture militari per i paesi membri. In questo clima di mal sopita tensione politica, di sostanziale cambiamento di prospettive in campo internazionale, si svolse la missione del generale Marras negli Stati Uniti.

3. La missione Marras, 2-22 dicembre 1948 In previsione delle discussioni che Marras avrebbe avuto con le principali autorità militari e politiche degli Stati Uniti, il Ministero degli Esteri preparò delle istruzioni orientatiye alle quali il generale avrebbe dovuto attenersi. In una prima versione, tali direttive invitavano il capo di Stato Maggiore dell'Esercito a rassicurare i suoi interlocutori sulla ferma intenzione dell'Italia di inserirsi nell'organizzazione politica dell 'Occidente , ma anche a sottolinearne la debolezza militare che rendeva necessaria una garanzia immediata. A questo proposito Marras avrebbe dovuto mettere bene in evidenza la necessità di un contributo americano per portare a compimento la riorganizzazione dell'apparato bellico italiano, e invitare gli Stati Uniti a avere una visione «realistica» del problema ita liano: di realismo il governo italiano aveva dato prova adottando una particolare procedura per la convenzione aeronautica. Pertanto, al di fuori di qualsivoglia impegno politico formale , l'Italia chiedeva una preliminare , immediata e diretta cooperazione militare (62). Nelle istruzioni definitive questi accenni alla collaborazione « realistica», evidentemente dettati dalla impostazione politica de i mesi precedenti, erano invece del tutto omessi. Le nuove istruzioni , oltre a definire il comportamento che Marras avrebbe dovuto tenere, tracciavano anche un quadro generale della situazione politica (62) Appunto s.d. , recante la dicitura «superato-atti », in ASMAE, DGAP, Italia 1948, b. 150, f. 1.


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italiana: l'Italia stava attraversando un momento molto delicato, ancora vincolata com'era dal Trattato , ma spiritualmente era già inserita nell'Occidente anche se molti paesi nutrivano dubbi in merito. Si sottolineava inoltre che la situazione politica interna era ancora lungi dall'essere chiarita (63) e che il governo era perciò costretto a tenere un atteggiamento di estrema cautela di fronte ai prohlemi di politica estera. Era pertanto impossibile che si potessero assumere esplicitamente impegni «formali e segreti», mentre era possibile cercare di accertare le intenzioni degli Stati Uniti nei confronti d ell'ltalia. Qualora gli fossero state richieste esplicite assicurazioni, Marras avrebbe dovuto precisare che egli non era autorizzato a prendere impegni , ma che il governo italiano ripudiava qualsiasi illusione di equidistanza e desiderava entrare nell'organizzazione difensiva europea una volta che fosse assicurata la partecipazione statunitense sotto la duplice forma della garanzia politica e della effettiva assistenza militare. A questo riguardo era importante che M,irras cerc,isse <li conoscere a quttli crite ri gene rali i milit.iri america ni intendevano attenersi nell'imposta re la difesa dell'Europa, se cioè fosse ancora in vigore la strategia periferica o se invece si intendesse spingere più avanti la linea di difesa, fino a includervi il territorio italiano ; Marras avrebbe infine potuto tentare di ottenere una prima , immediata concessione di materiali bellici , per facilitare il riarmo italiano (64). Seco ndo il Ministero degli Esteri, dunque, la missione del Capo di Stato Maggiore dell 'Esercito avrebbe dovuto avere carattere quasi esclusivamente esplorativo e cercare di conoscere nel modo più chia ro possibile la posizione degli Stati Uniti in me rito al Patto Atlantico. Questo atteggiamento , secondo l'amhasciatore Dunn, era 1.:nnuiviso ua tutto ii governo italiano, che aii'ambasciatorc sembrava «estremamente ansioso» di poter discutere la partecipazione dell'Italia a un futuro Patto Atlantico; e lo stesso Marras , prima di salutare Dunn alla vigilia della partenza, non mancò di fargli cenno delle proprie intenzioni di cercare dei chiarimenti in merito alla futura alleanza (65).

(63) Il documento, non datato , fa riferimento all'« imrninente dibattito di politica estera alla Camera ». (64) Appunto, s.d., diverso dal precedente, in ASMAE, DGAP, Italia 1948, b. 150, f. 1 (Documento 21 allegato). (65) Dunn to Marshall, 12 novembre 1948, in NAW , RG 59, 033. 6511/10-1248; Dunn to Marshall, 24 novembre 1948, in NAW, RG 59, 033.6511/11-2448.


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A Washington vi fu un po' di incertezza sulle modalità da seguire negli incontri con l'alto ufficiale italiano; fohn Hickerson, il più apertamente filoitaliano dei funzionari dello State Department, raccomandò a Lovett che Marras venisse apertamente informato del favore con cui gli Stati Uniti guardavano a una partecipazione italiana sia al Patto di Bruxelles sia al futuro Patto Atlantico , mentre Lovett fece presente che sarebbe stato più opportuno, da parte americana , tenere un contegno riservato. IJ generale Maddocks, che avrebbe agito da supervisore delle conversazioni tra Marras e i militari americani , ricevette perciò istruzione di non far assolutamente riferimento alla posizione che gli Stati Uniti potevano avere circa l'inclusione dell'Italia in qualunque alleanza regionale (66). Anche l'esercito degli Stati Uniti raccomandava ai suoi ufficiali di non assumersi alcun impegno e di cercare di ottenere il massimo possibile di informazioni sui piani di emergenza ita liani ; veniva inoltre suggerito loro di evitare ogni impegno relativo a lle forniture di equipaggiamento, poiché ogni aiuto americano doveva essere distribuito tenendo conto dcUc richieste di altri paesi in un programma di assistenza gen erale. G li ufficia li americani avrebbero dovuto limitarsi a dichiarare che gli Stati Uniti avrebbero soste_nuto la partecipazione dell'Italia all'Unione Occidentale, purché questa assumesse una chiara posizione filo-occidenta le (67). Le ragioni della cautela americana sono da ricercarsi soprattutto ne l fatto che quasi contemporaneamente alla visita di Marras si sarebbe tenuta a Washington una nuova sessione dei rappresentanti di q uei governi che avevano preso parte alle « discussioni esplorative» dell'estate per cercare di definire il testo del trattato della futura alleanza atl antica, e l'inclusione delJ'ltalia avrebbe costituito probabilmente uno degli argomenti più controversi di tali negoziati . Lo State Department riteneva perciò di fondamentale importanza non assumere alcun impegno con l'Italia che in qualche modo potesse pregiudicare o vincolare la posizione americana durante questa nuova fase negoziale. (66) Memorandum by the Director of the Office European Affairs (Hickerson) to the Acting Secretary of State (Lovett) , I dicembre 1948, FRUS , 1948, III, pp. 812-813; Lovett lo Hickerson, ibidem , nota I ; Hickerson to Gen. Maddocks , 3 dicembre 1948, ihidem, pp. 813-814. Sul ruolo di John Hickerson, dr. E. Timothy SMITH, The Fear of Subversion: The Uni/ed Slated and the lnclusion of ltaly in the North Atlantic Treaty , in «Diplomatic History», V U , 1983, n. 2, pp. 139-155. (67) Brief /or VS Participants, Pre/iminary Discussions with Chief of Staff of ltalian A rmy, 2 dicembre 1948, in NAW , RG 319, P and O 091 Italy TS (Section III) (Case 15 only) (book II) (Sub. Nos. 11 -25).


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Questo atteggiamento circospetto fu progressivamente abbandonato dagli interlocutori delle due parti , anche se nell'insieme le conversazioni non poterono prescindere dalla cautela raccomandata dai rispettivi governi. Al suo arrivo, il 3 dicembre, il gen. Marras ebbe un primo incontro con Bradley, al quale, dopo aver premesso di aver ricevuto dal proprio governo l'incarico di affrontare i problemi sul tappeto con la massima franchezza , espose il testo di un memorandum sulla posizione internazionale dell 'Italia e i suoi bisogni militari. Il capo di SM dell'Esercito italiano ribadì che l'Italia era politicamente orientata verso gli Stati Uniti , che , tramite gli Stati Uniti , mirava a un'unione europea in cui fosse assicurata la partecipazione americana , e che l'adesione italiana alla difesa dell a civiltà occidentale era data per «convinzione spontanea, senza pensare a ricompense o porre condizioni. Questa adesione traeva origine dalla fede e dalla fiducia che l'Italia aveva nell 'America e nell a sua amicizia ». Passando poi a analizzare i proble mi militari , Marras espose il la voro compiuto nel campo della riorganizzazione dell 'Esercito , sottolineando gli obiettivi raggiunti e quelli ancora da perseguire, e descrivendo il programma di riarmo destinato a mettere l'Esercito in grado di difendere le frontiere nazionali. A questo proposito Marras espose a Bradley la difficile situazione del bilancio italiano , che non era in condizione di sostenere lo sforzo di un programma di espansione militare, e il problema dell 'ammodernamento ge nerale degli armamenti; concluse che per l'Italia era indispensabile venire inserita in ogni piano di riarmo dell'Europa che gli Stati Uniti intendessero mettere in atto. Dopo aver brevemente accennato ai problemi di natura politica cui il governo italiano avrebbe dovuto far fronte per convincere l'opinione pubblica ad accettare l'adesione u un blvcco occidcntnlc, ~1arrns passò infine a illustrare la posizio ne strategica dell' Italia e i vantaggi che da questa si sarebbero potuti ricavare , soffermandosi in particolare sull'importanza di collegare il fronte nord-orientale italiano con la linea di difesa del Reno , tramite le Alpi austriache e bavaresi (68). In un secondo incontro con alti ufficiali di tutte le forze armate statunitensi, svoltosi nella mattina e nel pomeriggio del 6 dicembre, Marras tornò più dettagliatamente su alcuni di questi problemi: in particolare, sulla riorganizzazione dell'Esercito, sulla diffusione del-

(68) Memorandum for the Chief of Staff of the US A rmy, ( ien. Omar N. Bradley, 3 dice mbre 1948, in NAW , RG 319, P and O 091 ltaly TS (Section lll) (Case 15 only) (book III) (Sub. Nos. 26).


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l'influenza comunista in Italia , e , precisando di parlare per conto del Ministro degli Esteri, sui temi del riarmo, della posizione italiana rispetto agli altri paesi europei occidentali e dei piani operativi su cui l'Esercito i~aliano pensava di impostare la difesa dei confini nord-orientali. I primi due punti furono affrontati molto breve mente: Marras, dopo aver accennato a quanto era stato fatto per la ricostruzione dell'Esercito , cercò soprattutto di persuadere i suoi interlocutori che l'influenza del P .C.I. era più limitata di quanto credessero, che il pericolo di un'insurrezione a rmata era divenuto molto remoto, e che la maggioranza della popolazione avrebbe accettato favorevolmente l'adesione dell 'Italia a un blocco occidentale. A proposito di questo punto, Marras precisò che l'Italia, considerandosi una nazione dell'Occidente , era pronta a entrare a far parte di alleanze con le potenze occidentali e che la partecipazione italiana a ogni alleanza di questo genere sarebbe stata facilitata se al governo italiano fosse stato consentito di partecipare all 'amministrazione delle sue vecchie colonie. L'alto ufficiale italiano si soffermò poi dettagliatamente sui problem i del riarmo, e accennò tra l'altro alla possibilità di devolvere a q uesto scopo parte dei fondi versati all' Italia_ tramite l'E.R .P ., per potenziare quei settori dell'industria che potevano risultare utili tanto nell'ambito civile quanto in quello militare. Dopo aver suggerito un compromesso atto a far pervenire all'Esercito italiano alcune delle armi necessarie al suo pote nziamento prima ancora che fosse attuato il piano coordinato pe r rafforzare le forze armate dell'Europa occidentale, Marras espose infine i concetti operativi secondo i quali lo Stato Maggiore dell'Esercito intendeva articolare la difesa del territorio italiano, collegandoli al contesto più generale della difesa dcll"Europa. ~~1arras difese la scelta strategica di i_ inpostarc la resiste nza contro l'aggressore il più a oriente possibile, criticando la possibilità di «difesa pe riferica» limitata alle isole del Mediterraneo e ai Pirenei: era importante cercare di lasciare al nemico il minimo possibile del territorio dell'E uropa occide ntale e , secondo Marras, la linea principale di resistenza doveva correre lungo il R eno , il Weser a sud di Mainz, le Alpi bavaresi-austriache fino al fiume Iller in Austria e di là fino a Trieste. Questa linea avrebbe permesso agli alleati occidentali di mantenere il controllo delle A lpi , e di minacciare così il fianco sinistro d.i ogni possihile avanzata sovietica in Europa centrale. In tale contesto l'Italia avrebbe potuto svolgere un ruolo di rilievo difend~ndo il territorio italiano lungo la linea del Tagliame nto: era infatti intenzione dello Stato Maggiore italia no di


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schierare 3 divisioni motorizzate, l divisione corazzata, e 1 brigata alpina come fQrza di copertura contro possibili attacchi jugoslavi. Questo era il massimo sforzo che l'Italia avrebbe potuto compiere in quel momento (69). Al termine di questa giornata di discussioni, il generale italiano lasciò ai suoi interlocutori un elenco di sedici domande che avrebbero costituito la base su cui impostare le conversazioni dell'incontro successivo , programmato per la fine del suo soggiorno, nonché alcuni pro-memoria in cui si precisavano gli orientamenti strategici dello Stato Maggiore italiano e i materiali necessari a un primo riarmo dell 'Esercito. Nei giorni seguenti Marras fu impegnato in una serie di cerimonie ufficiali: fu brevemente ricevuto da Truman , fu insignito di un'onorificenza militare , visitò numerose installazioni delle forze armate statunitensi (70). Nel fr~ttempo lo State Department e lo Stato Maggiore dell'Esercito americano prepararono accuratamente le istruzioni da seguire per l'ultima giornata di conversazioni. Lo State Departm ent sottolineò l'importanza di astenersi dal dare garanzie in merito al patto atlantico: bisognava mettere in chiaro che non c'era nessuna certezza che si sarebbe creata una simile alleanza , che gli Stati Uniti ne avrebbero fatto parte e che , anche se vi avessero aderito, vi sarebbe stato un programma di aiuti militari per paesi terzi. Secondo io Stare Department, era inoltre necessario che rltalia aderisse all' Unione Occidentale, se voleva far parte anche di un eventuale patto atlantico: l'Italia andava considerata come un membro naturale dell'Unione Occidentale, ma la decisione finale a questo proposito spettava soltanto ai paesi membri , e non agli Stati Uniti. Infine , le istruzioni autorizzavano i rappresentanti militari americani a informare Marras che in caso di un 'emergenza di politica interna, il governo a mericano avrehhe preso in considerazione un'eventuale richiesta di assistenza da parte del governo italiano (71). La prudenza dello State Department era probabilmente dovuta al fatto che nelle contemporanee discussioni a sette sull 'alleanza atlantica molti punti restavano ancora controversi, e tra questi proprio anche la

(69) l'reliminary Discussions with Generai Marras, Chief of Staff, Jtalian Army , in NAW , R G 319, P and O 091 Italy TS (Section III) (Case 15 only) (book TI) (Sub. Nos. 11-25). (70) Sulla visita di Marras cfr. anche ORTONA , Anni d'A merica, cit. , pp. 254258, e TARCHIANI, Dieci anni, cit., pp. 159-160. (71) State Deparrment Guidance Reference Discussion with Gen. Marras, memo by Col. Douglas V. Johnson , 16 dicembre 1948 , in FRUS, 1948, III , pp. 814-815.


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possibile inclusione dell'Italia; l'esecutivo del governo degli Stati Uniti non poteva inoltre prendere una decisione definitiva prima che su questi argomenti si fosse pronunciato anche il Congresso. L'elenco di domande preparato da Marras costituì la base delle conversazioni dell'ultima giornata, svoltesi al Pentagono il 20 dicembre, durante le quali vari ufficiali americani si alternarono nel fornire di volta in volta le risposte desiderate. Il primo argomento affrontato fu quello delle capacità offensive dei paesi balcanici e della Jugoslavia in particolare: sia Marras sia i suoi interlocutori convennero che i paesi balcanici avrebbero avuto scarso peso militare in una guerra futura e che le loro forze armate rappresentavano una minaccia limitata. La Jugoslavia costituiva un elemento imponderabile in questo contesto , perché i suoi rapporti con Mosca, dopo la rottura del giugno precedente , non e rano ben definiti come quelli degli altri paesi del blocco comunista; in caso di conflitto, però, i militari americani pensavano che la Jugoslavia si sarebbe schierata dalla parte del hlocco orientale. In ogni caso, i dissensi tra Mosca e Belgrado avevano sensibilmente indebolito le potenzialità offensive dell 'esercito jugoslavo, a causa della sospensione delle forniture militari da parte dell'URSS. In sostanza gli ufficiali americani cercarono di dare un' imm agine non eccessivamente preoccupante della Jugoslavia e delle sue capacità militari inna nz itutto: alla specifica domanda di Marras se la Jugoslavia avesse scarse capacità offensive senza il supporto sovietico, fu risposto esplicitamente in modo affermativo. La discussione entrò nella fase di maggior rilievo quando il generale Schuyler, della Plans and Operations Division dell'Esercito americano , prese a spiegare a Marras la differenza tra il piano di .-1i11ti milit<1ri e l'alleanza athmtica, cose tra !e quali non c'era alcun legame diretto e immediato. L'alleanza probabilmente sarebbe stata realizzata verso la primavera del 1949 e secondo Schuyler c'era da aspettarsi che , più o meno nello stesso periodo , i provvedimenti legislativi necessari per attuare le forniture militari venissero approvati dal Congresso. Marras interruppe ripetutamente il generale americano, chiedendogli se l'Italia dovesse aderire prima al Patto di Bruxelles e poi all'alleanza atlantica, o contemporaneamente a e ntrambi e se all 'Italia, come paese membro dell 'alleanza, sarebbe stato consentito un programma di riarmo. Schuyler rispose che la soluzione migliore sarebbe stata quella di aderire prima al Patto di Bruxelles, poiché l'essere membri dell'Unione Occidentale avrebbe avuto come conseguenza che le richieste italiane sarebbero state


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prese in debita considerazione. Quanto alla richiesta di Marras se l'Italia poteva ricevere lo stesso tipo di aiuto dato alla Francia (a cui gli Stati Uniti avevano fornito materiali necessari per equipaggiare 3 divisioni di fanteria) Schuyler rispose che quello francese costituiva un caso del tutto speciale, perché quegli armamenti erano stati promessi fin dal 1945, per consentire alla Francia di mantenere in Germania le proprie truppe di occupazione. Le richieste di cessioni immediate di materiali avanzate da Marras in uno dei pro-memoria consegnati il 6 dicembre non avrebbero potuto perciò essere soddisfatte , precisò l'alto ufficiale americano, se non in caso di estrema necessità: in quel momento , gli Stati Uniti erano in grado di cedere solo un certo quantitativo di munizioni per artiglieria leggera. Dopo aver brevemente passato in rassegna i problemi dell'industria italiana e la possibilità di utilizzare i fondi E.R.P. per il potenziame nto della produzione bellica, il generale Schuyler affrontò l'altro argomento cruciale della discussione, e cioè i piani difensivi americani per l'Europa occidentale. Per avere buone probabilità di successo, la difesa avrebbe dovuto esser basata sulla parità aerea e s ulla disponibilità di circa 75 o 80 divisioni , e di queste l'Italia avrebbe dovuto allestirne almeno 10; tutte queste truppe comunque avrebbero svolto prevalentemente funzione di copertura, e per stabilizzare ii fronte sarebbe stato necessario far affluire in un secondo tempo una quantità notevole di rinforzi. Alla specifica domanda in quali forme e entro quanto tempo l'Italia potesse aspettarsi aiuto in caso di emergenza, Schuylcr rispose che l'Italia doveva garantire in primo luogo la propria sicurezza interna e poi dichiarare apertamente la propria volontà di combattere in una guerra di resistenza contro l'eventuale avanzata del comunismo: altrimenti ogni discussione su possibili aiuti esterni sarebbe rimasta a! livello di semplice congettura. Se invece l'Italia fosse entrata a far parte di uno schema difensivo europeo, sarebbe stato possibile coordinare i piani difensivi e impostare i progetti di ritirata delle truppe di occupazione alleate in Austria e a Trieste in modo da schierarle a fianco dell'Esercito italiano. In effetti, Schuyler dichiarò di condividere l'ipotesi strategica prospettata da Marras in relazione alla diiesa dell'Europa , ma aggiunse che attualmente, proprio a causa dell'assenza dell'Italia dalla Western Union, si prevedeva di basare la difesa a sud del Reno sul confine franco-italiano. In sostanza, concluse Schuyler , fin quando l'Italia non fosse entrata a far parte di un 'organizzazione difensiva collettiva, sarebbe stato illogico prendere in esame la sua inclusione n ei piani operativi; se però si fosse de cisa in tal senso, gli


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Stati Uniti avrebbero guardato con favore al concetto difensivo di massima presentato da Marras. Successivamente furono passati in rassegna, in termini molto generali, alcuni problemi di natura più strettamente tecnico-militare, quali l'utilizzazione delle basi aeronavali, la possibilità che ufficiali italiani frequentassero corsi di perfezionamento nelle scuole militari americane , la fornitura di testi e manuali; molto più dettagliatamente fu invece discussa l'impostazione dell'organico delle grandi unità, mediante un raffronto tra le divisioni americane e quelle italiane. Al termine , Marras espresse la sua speranza che i futuri sviluppi politici avrebbero eliminato tutti gli ostacoli esistenti nelle relazioni tra le due nazioni e la sua personale convinzione che la posizione dell'Italia fosse definitivamente orientata verso l'occidente d'Europa, anche se un a nnuncio formale in questo senso, fino a quel momento , era mancato (72). Nell'insieme, le discussioni svoltesi nel corso della visita del generale Marras contribuirono sensibilmente a far comprendere al governo italiano quale fosse la posizione dell'amministrazione Truman sui problemi del riarmo e della difesa europei. Tarchiani, apertamente favorevole all'ingresso dell'Italia in un futuro Patto Atlantico , fornì a Sforza un'interpretazione dei ·colloqui , secondo la quale ia difesa dell'Italia era indissolubilmente legata alla sua inclusione nell 'alleanza: secondo l'ambasciatore italiano era emerso chiaramente c he il piano di riarmo dell'Italia dipendeva dalla sua ammissione nei sistemi difensivi dell'Occidente e, soprattutto , che so lo dopo tale arnnùssione sarebbe stato possibile discutere un programma di difesa che includesse il territorio italiano. Nella sua relazione riassuntiva per Sforza, Marras si esprimeva in termini più sfumati , ma sostanzialmente concord:iva con le vn]utnzioni di Tarchia-

m: l' Italia potrebbe ricevere aiuti subordinalamcnlc alla sua adesione al Patto di Bruxell es e alla sua successiva inclusione nel palla atlantico oppure in rapporto all'interesse degli Stati Uniti al mantenimento della sicurezza interna , qualora fosse avvertita una situazione di pericolo (73) . · (72) Final Discussions with Cenerai Marras, Chief of Staff, ltalian A rmy, 21 dicembre 1948, in NA W , R(i 3 19, P and O 091 Italy TS (Scction III) (Case 15 only) (book I) (Sub. Nos. 1-10) (Vedi anche d ocumento 22 allegato). (73) Tarchiani a Sforza , 21 dicembre 1948 , in A SMAE, Ambasciata di Parigi, 1948, b. 411 , f. 2; Memorandum per il Sig. Ministro degli Affari }-,'steri , 28 d icembre 1948, in ASMAE , Ambasciata di Parigi, 1949, b. 444, f. I (Docu mento 23 allegato).


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TI rapporto con i sistemi difensivi veniva dunque percepito come fondamentale ai fini sia del riarmo sia della programmazione della difesa ; a questo riguardo Marras affermava di ave r ricevuto notizia che importanti decisioni sarebbero state prese nelle settimane successive, e notava che tra la prima e la seconda riunione c'era stato un cambiamento di orientamento relativamente all'ammissione dell'Italia nel Patto Atlantico. Nella prima seduta era sembrato a Marras che pre valesse l'orientamento per l' ingresso diretto dell'Italia in quell'alleanza, mentre nella seconda il problema era stato t rattat() in modo «alquanto diverso »: ignorando che la differenza era probabilmente causata dalle rigide istruzio ni impartite dallo State Department nel frattempo , M arras attribuiva il mutamento «a un' azione svolta dall'Inghilterra nell' intervallo » (74). Il governo italiano ebbe così modo , pe r la fine di dicembre 1948, di .valutare con sufficiente precisione sia lo stato dei negoziati per la costruzione dell'alleanza , sia i pro e i contro di un 'eventuale adesione dell' Italia, grazie anche agli importanti incontri svoltisi a Canncs tra una delegazione diplomatica italiana e una francese , guidate dai rispe ttivi ministri degli esteri , il 20 e il 21 dicembre (75) . D::ille informazioni raccolte, sembrava che l'alleanza atlantica rispondesse ai desiderata di fondo del gove rno italiano : vi era infatti assicurata la presenza d egli Stati U niti , il partner co n il quale si era cercato di istaurare una relazione privilegia ta nei mesi precede nti , e questo poteva dare sufficienti garanzie sia politiche , sia militari; d 'altro canto, un rapporto di assistenza bilaterale , per quanto non escluso a priori, sembrava di attuazione molto meno sicura. Dal punto di vista militare fu dunque sull a base di tale quadro complessivo d 'informazioni che il governo italiano decise di perseguire l'obicttivu dcll'udcsionc all'ulleanzn ntlnntica. Con questo non si vuol certo implicare che la decisione di rice rcare l'ingresso nell'alleanza avesse un significato esclusivamente nùlitare: le co nsegue nze politiche di quella scelta , infatti, furon o certame nte più rilevanti di quelle puramente militari. Pur tuttavia, nella misura in cui conside razioni di questo genere possono aver contribuito a influenzare la decisione di D c Gaspe ri e Sforza, si può concludere che quanto riferito da Marras d eve aver apportato un contributo non indifferente alla loro presa di posizione (76) . Con la (74) Memorandum per il Sig. Ministro degli Affari Esteri , cit. (75) SFO RZA , Cinque anni, cit. , pp . 103-105. (76) « Ho soste nuto pe rsonalmente in seno all a maggioran za u na gra nde e lunga


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quale si cercò di dare al problema del riarmo delle Forze Armate italiane una soluzione coerente sia con l'impostazione degli studi difensivi elaborati dagli Stati Maggiori sin dal primo dopoguerra , sia con la linea di politica estera del governo . Sembra perciò plausibile l' ipotesi che la decisione definitiva da parte di De Gasperi e Sforza di chiedere l'adesione all'alleanza atla ntica sia stata presa tra gli ultimi giorni del 1948 e agli inizi del 1949, prima dell'invio all'ambasciata di Washington del telegramma d el 5 gennaio , con cui il Ministero degli Esteri preannunciava l'arrivo di nuove direttive in merito alla questione.

battaglia per il Patto A tlantico: capirai che l'aiuto in armi vi entrava in qualche cosa », scriveva De Gasperi a Paccianli nel luglio 1950 al momento di decidere gli stanziame nti straordinari per le Forze Armate ; De Cìasperi a l'acciardi, 14 luglio 1950 , in De Gasperi scrive. Corrisponden za con capi di stato, cardinali, uomini politici, giornalisti, diplomatici , a cura di Maria Romana D E GASPERI, Brescia, Morcelliana , 1981, pp . 278-281.


CAPITOLO SETTIMO

DAL PATIO ATLANTICO ALLA GUERRA DI COREA

1. La partecipazione all'alleanza atlantica e i persistenti problemi di

hilancio della Difesa.

La s,:e!ta definitiva di aderire a!!' Alleanza Atlantica f,_1 ('()nnizionata dal proble ma di preparare un terreno favorevole alla partecipazione dell 'Italia sia sul piano interno sia su quello internazionale. Sul piano politico interno il governo italiano doveva tener conto non solo della sempre più decisa e intransigente opposizione delle sinistre, la cui ostilità all'AlJeanza Atlantica aumentava di pari passo con le probabilità di un futuro ingresso dell'Italia, ma anche del radicato neutralismo della sinistra D .C. e di alcuni settori del P.S.L.I. Sulla scena internazionale le difficoltà erano altrettanto gravi: le discussionj di Washington del dicembre 1948 tra i rappresentanti dei cinque membri del Patto di Bruxe1les, Stati Uniti e Canada non erano infatti riuscite a definire quale dovesse essere il rapporto tra l'ltalia e i sistemi di alleanza in aiiestimento. La posizione internazionale italiana migliorò quando al governo fu rivolto l'invito a partecipare al Consiglio d'Europa, ma alcuni stati occidentali, tra i quali principalmente Gran Bretagna e Canada, sembravano particolarmente ostili all'inclusione dell ' Italia nel futuro Patto Atlantico(!) . Inoltre il Chiej'> of Staff Committee inglese , analizzando il suggerimento americano di valutare j possibili va ntaggi strategici derivanti dall'inclusione del territorio italiano nell'area dell'al(1) Il Working Group si limitò ad elencare gli argomenti contrari e a favore dell'inclusione de ll' Italia, lasciando la scelta ali'11mbassadors' Committee, che però non riuscì a prendere una deci sion e definitiva e si limitò ad aggiungere un memorandum sul caso italiano al testo proposto per il trattato: FRUS , 1948, Ill , pp. 339-342.


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leanza, concludeva nel gennaio 1949 che questi vantaggi erano quanto mai limitati e che l'Italia sarebbe stata indifendibile in ogni caso(2). Valutazioni d'indole sia politica sia militare mantennero dunque incerta sino alla fine del febbraio 1949 la posizione dell 'Italia, anche in conseguenza della nomina del nuovo Segretario di Stato americano Dean Acheson: il quale, pur non essendo pregiudizialmente ostile all'Italia , tenne inizialmente un atteggiamento molto cauto, imputabile probabilmente alla difficoltà di inserirsi in un complesso meccanismo negoziale in cui era necessario tener conto sia delle opinioni del Congresso sia delle richieste avanzate dagli altri stati partecipanti al negoziato. Stretto tra le difficoltà interne e quelle internazionali, il governo italiano adottò una linea di estrema prudenza, confidando soprattutto sull'appoggio francese , e risolvendosi a chiedere formalmente di poter aderire all'alleanza solo il 1° marzo. Fu probabilmente proprio l'insistenza francese , basata su considerazioni sia militari (spingere più a oriente possibile la linea di resistenza nei confronti di un eventuale attacco sovietico) sia politiche (bilanciare all'interno dell'alleanza il peso delle potenze anglosassoni con l'inclusione di un altro stato mediterraneo), a indurre gli Stati Uniti prima, e poi gli altri stati , a accettare che anche l'Italia fosse uno dei paesi firmatari dèl trattato che istituiva l'alleanza dell'Atlantico del Nord(3). Il 7 aprile 1949 - pochi giorni dopo la firma del trattato Tarchiani e Acheson procedettero a uno scambio di note relativo alla richiesta italiana di assistenza militare: nella nota italiana il governo si impegnava a compiere ogni sforzo per potenziare l'apparato militare nazionale e, in particolare , a incrementare la produzione dell'industria bellica, senza compromettere per questo il conseguimento degli obiettivi stabiliti da!l'E. R. P.; in quella americana, l'amministrazione si impegnava a presentare al Congresso la richiesta di fornire all'Italia l'assistenza militare necessaria a migliorarne le capacità difensive(4). Nello stesso giorno, analoghi scambi si svol(2) Military Value of /Ja/y in War in the Near Future, 30 dicembre 1948, in PRO, DEFE 6/7. (3) Sulla decisione fin ale di includere l'Ita lia , cfr. The Ttalian Ambassador in the US to Jhe Secretary of Sta/e, I marzo 1949, in FRUS, 1949, IV, pp. 125-126, e Memorandum by the Secretary of State, 2 marzo 1949, ibidem, pp. 141 -145. Sul precedente stallo dei negoziati , cfr. l'opinione di Quaroni in Quamni a Sforza, 31 ottobre 1949, in ASMAE, Ambasciata di Parigi, b. 445, f. 1. (4) Acheson to R ome Embassy, 7 aprile 1949, in NA W, RG 59, 840.20 Confidential File 1945-1959, 840.20/4-749; cfr. anche SFORZA, Cinque anni, cit. , pp. 243246, e FRUS, 1949, IV , Editoria/ Note, p. 288.


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sero anche tra gli Stati Uniti e i governi danese , norvegese e degli stati membri della Western Union: secondo la procedura stabilita dal Military Assistance Program (MAP), allora in fase di e laborazione , spettava infatti ai paesi che avrebbero beneficiato degli aiuti americani presentare le proprie richieste al governo degli Stati Uniti e impegnarsi altresì a seguire un principio di sviluppo individuale e col1ettivo delle proprie capacità di resistenza; e ciò al fine di consentire al Congresso di discutere nei termini più favorevoli il progetto di legge e lo stanziamento dei fondi necessari aUa sua attuazione. Nel valutare quali obiettivi potessero essere raggiunti tramite il MAP, il Foreign Assistance Correlation Committee, incaricato di gestire il futuro programma di aiuti , concludeva n eJJ'aprile del 1949 che era importante che il governo italiano fosse messo in grado di mostrare alla popolazione i vantaggi concreti derivanti dall'abban dono della neutralità e dalla conseguente scelta e ffettuata. Nei confronti de ll'Italia il MAP si prefiggeva , quindi , come o biettivi di lungo periodo. l'allestimento di forze terrestri e aeree tali da consentire la difesa contro aggressioni esterne e di forze navali che assicurassero la protezione delle linee di comunicazione costiere: secondo una prima stima approssimativa , sarebbe stato necessario stanziare per l' Italia circa 20 milioni di dollari per l'E sercito , 8 per la Marina , e 14.570 .000 per l'Aeronautica; come obiettivi specifici di breve pe riodo , ne ll'esercizio finanziario 1950 il MAP doveva conseguire un primo migliorame nto delle capacità operative di Esercito e Aerona utica e delle difese delle basi navali(5). L 'attuazione del Military Assistance Program, in realtà , fu molto più le nta di quanto inizialmente previsto : nella primavera del 1949 i contrasti tra lo State Department e il Defense Department causarono un primo ritardo nell'elaborazione del progetto; poi alcune reazioni negative da parte del Congresso persuasero l'amministrazione a rinviare la prese ntazione del relativo disegno di legge almeno fin quando non fosse stato ratificato il t rattato de ll' Atlantico del Nord ; infine ne ll'estate del 1949 il Congresso attaccò duramente non tanto il principio dell'assistenza militare a paesi terzi, quanto l'ammontare complessivo d ei fondi stanziati dal piano e in particolare il fatto che il Presidente avrebbe avuto a sua disposizione un «fondo di e mergenza», il che sembrava attribuirgli poteri incontrollabili . L'approvazione finale del programma fu quindi sensibilmente (5) Basic Estima/es and Materials on the Proposed Military Assistance Program Prepared by the Foreign Assistance Correlation Committee, draft, in NAW, RG 59, 840.20 Confidential File 1945-1 949, 840.20/4-749.


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ritardata e la legge definitiva, che risultò modificata rispetto alla proposta originale, fu firmata da Truman solo il 6 ottobre 1949(6). Proprio a causa della lentezza con la quale i progetti di assistenza militare ebbero attuazione , il governo e le autorità militari italiane si trovarono nella necessità di affrontare il problema della politica di difesa secondo una logica parzialmente autonoma rispetto a que lla dell'alleanza atlantica. Tra la primavera del 1949 e quell a successiva si delinearono quindi con maggior chiarezza le rispettive posizioni in merito ai problemi della preparazione militare dell'Italia. Fin dal 12 aprile il Cap o di SM della Difesa scriveva ai Capi di SM delle tre FF.AA. invitandoli a definire i programmi di potenziamento che avre bbero potuto essere resi necessari dall'ingresso nel Patto Atl antico. « Poiché ne l momento attuale la natura del compito non ci è nota » - scriveva Trezzani - « potremmo basarci su un compito militare minimo, quello di garantire la difesa della penisol a italiana ». Sarebbe stato perciò necessario , secondo il Capo di Stato Maggiore della Difesa , definjre quale consistenza ciascu na forza armata avrebbe dovuto raggiungere entro breve tempo , precisando ciò che era possibile fare con le riso rse finanziarie italiane , quali a rmi e mezzi avrebbero potuto essere forniti ·dalle industrie italiane e quali invece avrebbero richiesto forn iture di materie prime e di prodotti semilavorati , nonché licenze di costruzione(7). Mentre si cercava di stabilire esattamente quanto l'apparato industriale italiano avrebbe potuto contribuire al riarmo si continuò peraltro a sondare tutte le eventuali possibilità di usufruire ancora di crediti agevolati per l'acquisto di surpfuç: almeno fin quando non fossero stati adottati dagli Stati Uniti altri provvedimenti, scriveva Trezzani , « sarebbe nel reciproco interesse, nostro e degli Stati Uniti , che questo canale " non ufficiale " di aiuti n on ve nisse interrotto » (8). D'altro canto le avances italiane in questo senso erano già state respinte durante la missione Marras ed era prevedibile che gli USA non avrebbero concesso altri aiuti fin quando non fosse entrato in vigore il MAP . Il che venne confermato alla metà di maggio de l '49, quando Tarchiani fece sapere che una richiesta di 150 aerei da caccia Thunderbolts aveva avuto esito negativo e che una (6) KAPLAN , A Community of ~nterests, c it. , pp. 35-49. (7) Trezzani ui Cupi di S.M. delle 3 Forze Armate, 12 aprile 1949, in AUSSME, Diario Storico Stato Maggiore Difesa, 1949, allegato 18. (8) Trezzani al Ministero della Difesa, 15 aprile 1949, in AUSSME, Diario Storico Stato Maggiore Difesa, 1949, allegato 29.


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successiva richiesta di altri 39 aerei dello stesso tipo , dislocati in Germania, aveva incontrato analogo risultato. A questo proposito Tarchiani commentava che il problema della ricostruzione delle dotazioni aeronautiche avrebbe potuto essere considerato nel quadro della futura assistenza militare: «con ogni probabilità sarà agevole raggiungere in tale sede quelle soluzioni che non sono state sinora possibili»(9). Confermata nuovamente l'impossibilità di poter fare affidamento sui surplus statunitensi, da parte italiana furono prese alcune iniziative che prescindevano dal ricevere ulteriori aiuti americani. Agli inizi di giugno venne costituita una Commissione Interministeriale per il Potenziamento delle Forze Armate italiane in relazione al Patto Atlantico, della quale facevano parte rappresentanti dello Stato Maggiore Difesa e dei Ministri del Commercio Estero , del Tesoro, degli Esteri e dell'Industria . Dalle prime riunioni della Commissione emerse la necessità di procedere all 'esame tecnico del le possihilità industriali italiane mediante lo studio di ciò che era effettivamente possibi le produrre , sia allo stato attuale, sia incrementando l'attrezzatura industriale italiana, a prescindere da considerazioni economico-finanziarie. Al tempo stesso si precisò che era necessario definire meglio le esigenze militari nazionali, fino a quel mo mento esaminate solo a ìivello teorico dallo Stato Maggiore Difesa; in un secondo momento, poi , si sarebbe fatta !a collazione dei due studi. A tale scopo vennero costituiti due appositi Comitati , uno tecnico-industriale e uno tecnico-militare, che avrebbero dovuto concludere i loro lavori entro la fine del luglio successivo(lO). Si andava in tal modo profilando chiaramente l'esigenza di uno sforzo di carattere nazionale , in attesa della prevista attuazione dei nrno-Ptti "t~i hmitPm:i -- ----------- - ·

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Difesa il progetto definitivo di un nuovo Ordinamento dell'Esercito , il Capo di Stato Maggiore della Difesa faceva notare come la progettazione di un nuovo Ordin amento àelì'Esercito , che risponàesse alle reali necessità della difesa , avrebbe sì richiesto l'accertamento dei compiti previsti nell'ambito del Patto Atlantico , nonché l'esame di quanto poteva essere attuato con i soli mezzi italiani e di quanto col concorso americano; ma che ciò nonostante non era affatto prematuro impostare sin da quel momento un nuovo Ordinamento, (9) Trezzani al Capo di Staio Maggiore A eronautica, 17 maggio 1949, in AUSSME , Viario Storico Stato Maggiore Difesa, 1949, aUcgato 13 . ( LO) SM Difesa agli S M delle 3 Forze Armate, 11 giugno 1949 , in AUSSME, Diario Storico Stato Maggiore Difesa, 1949, allegato 11.


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poiché sembrava urgente uscire quanto prima da una situazione di paralisi che non consentiva di risolvere alcun problema difensivo. Trezzani appoggiava dunque l'attuazione di un Ordinamento che adeguasse l'Esercito ai compiti essenziali della difesa, e, soprattutto, che consentisse in futuro potenziamenti, che avrebbero potuto rendersi necessari in seguito all'ingresso nel Patto Atlantico. In questa fase in cui si attendeva l'attuazione dei piani di assistenza america ni , Trezzani giudicava necessario « proporzionare i compiti ai mezzi disponibili , e accettare soluzioni di ripiego per quelle esigenze che non si potevano soddisfare in modo completo »; perciò dava il proprio assenso a quanto deciso dallo Stato Maggiore Esercito, secondo cui era da assegnarsi priorità assoluta alla difesa d elle frontiere con la costituzione di una forza di «consistente copertura », sacrificando a questa concezione l'allestimento della difesa territoriale , alla quale si sarebbe dovuto far fronte in un secondo momento(ll) . Tuttavia anche l'attuazione di questo nuovo Ordinamento continuava a segnare il passo, perché g]j stanziamenti di bilancio previsti per l'anno finanziario 1948-1949 avevano subìto decurtazio ni tali da rendere particolarmente difficile l'allestimento di nuovi reparti o enti: già alla fine del febbrruo 1949 il generale Marras, Capo di SM dell'Esercito , aveva fatto no tare a Trezzani èome con quanto assegnato all'Esercito dal bilancio dello Stato fosse possibile , durante l'anno in corso, completare soltanto in parte il programma stabilito e come fosse inevitabile rimandare l'inizio del previsto piano triennale di ria rmo ; Marras notava altresì che la battuta di arresto imposta ai programmi dell'Esercito sembrava destinata a protrarsi , proprio mentre la situazione internazionale imponeva di riprendere lo sforzo organizzativo (12). Due mesi dopo il Capo di Stato Maggiore dell' Esercito ritornava sull'argomento, facendo rilevare a Jrezzani che il bilancio previsto pe r l'esercizio fin a nziario 1949-1950 no n avrebbe potuto risolvere i gravi problemi della scarsità di scorte per la mobilitazione, <lella <leficienza di munizionamento per l'addestramento e di assegnazioni per l'acquisto di materiali. Marras riteneva che si stesse arrivando al punto in cui non sarebbe più stato possibile procedere con un ritmo del genere ; consapevole d 'altro canto che le condizioni finanziarie del paese sembravano non consentire nuove (11) Trezzani al Ministro della Difesa e al Capo di SM dell'Esercito, 15 giugno 1949, in AUSSME, Diario Storico Stato Maggiore Difesa , giugno 1949, allegato 16. Cfr. supra , Cap . 5, § 2. ( 12) Promemoria Ufficio Ordinamento SME "Programma Ordinativo per l'anno JinlUlziario 1949-1950", 24 fehbrnio 1949, in AUSSME, Ul3, "Fondu Marras", racc. 52, b. 4.


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assegnazioni di fondi, suggeriva che perlomeno si addivenisse a una migliore ripartizione delle spese militari tra le Forze Armate(13). Anche un'operazione di questo genere , tuttavia , risultava piuttosto complessa all'interno di un bilancio che , oltre ad essere particolarmente limitato, era gravato da una serie di voci che sottraevano aliquote sostanziali di fondi al potenziamento effettivo delle strutture militari. Parte degli stanziamenti della Difesa continuava infatti a essere stornata per far fronte a esigenze derivanti dal precedente conflitto , quali il risarcimento dei danni di guerra , la bonifica dei campi minati e attività assistenziali di vario genere(14) . Per tutto il corso del 1949 pertanto l'attuazione del nuovo Ordinamento dell 'Esercito Italiano procedette con molta lentezza, utilizzando gLi stanziamenti concessi e facendo ampio ricorso a tutti quei materiali forniti dagli al1eati negli anni precedenti e che non erano stati ancora sfruttati(15). In campo organico si provvide a potenziare innanzi tutto le unità dislocate nel Veneto, cercando di ultimare la costituzione della brigata corazzata Ariete e di rafforzare le divisioni Mantova e Folgore , i cui gruppi esploranti divisionali furono trasformati in reggimenti di cavalleria blindata; a costituire il comando della hrigata alpina Julia; a rafforzare le divisioni Friuli e Granatieri e a iniziare la costituzione della divisione A velli no con i reggimenti di fa nteria dei Co.Mili.Ter. di Bari e Napoli. Nel campo dell'organizzazione scolastica , si provvide a11a costituzione della Scuola di Guerra, delle Scuole di Applicazione di Fanteria, Artiglieria , Genio e Servizi automobilistici , della Scuola di Artiglieria contraerea , del Centro Esperimenti e Addestramenti di Commissariato , del Centro Addestramento Avanzato del Genio collegamenti, e del CAR alpino. Si cercò poi di migliorare l'organizzazione territoriale, sopprimendo definitivamente tutti gli enti provvisori creati per liquidare la pesante eredità della guerra e creando nuovi enti necessari , tra i quali , in particolare , il 1° Reggimento di

(13) Marras al Ministro della Difesa, 16 maggio 1949, in AUSSME, U13 , "Fondo Marras" , racc. 52, b. 4, (14) Promemoria "La Situazione dell'Esercito", redatto dal Capo SME nella primavera 1948, in AUSSME, L/13, "Fondo Marras", racc. 52, cart, 4. Sulle spese straordinarie, cfr. anche Francesco Antonio REPACI, Lo sforzo finan ziario italiano per la condotta della seconda guerra mondiale, in Studi in memoria di Gino Borgatta , Bologna, Arti Grafiche, 1953, voi, 2°, pp. 119-136. (15) Allività svolta dall'Ufficio Servizi durante l'anno 1949, relazione per il Sottocapo di SM E, 14 novembre 1949, allegato l , Materiali italiani ed alleati allestiti o ripristinati durante il 1949, in AUSSME, L/10, racc. 154, b. 4.


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Artiglieria Contraerea della Difesa Aerea Territoriale. Infine si fecero alcuni reclutamenti straordinari, portando il numero degli allievi ufficiali di complemento prima da 600 a l.100 e poi a 1.475, reclutando 600 allievi per la Scuola Allievi Sottufficiali di Spoleto e, infine , arruolando un primo scaglione di 7.000 specializzati a lunga ferma sui 30.000 giudicati assolutamente indispensabili(16). T utte queste attività , che miravano in primo luogo a estendere e irrobustire l'intelaiatura dell'esercito, non costituivano tuttavia che piccola parte di ciò che restava da fare per poter allestire uno strumento militare efficiente. Nel novembre de l 1949 Marras sottolineava perciò nuovamente al Ministro della Difesa l'urgenza di attuare entro breve tempo l'ampliamento previsto dal Nuovo Ordinamento dell'Esercito , a nche perché « il potenziamento » prevedibile « in sede di Patto Atlantico sarebbe stato in funzione diretta del numero di unità con cui i rappresentanti si sarebbero presentati a i convegni ». In vista di quest'obiettivo , Marras riteneva perciò necessario sia portare al massimo consentito dal trattato di pace - cioè a 195.000 uomini - la forza bilanciata , sia provvedere all 'a llestimento di quei materiali che non sarebbero stati inclusi negli aiuti americani , quali scorte di vestiario e equipaggiamento , dotazioni relative al parco automobi listico e alcuni tipi' di munizioni. Questi primi passi verso un potenziamento immediato dell 'esercito, notava il Capo di SM E, erano tuttora resi molto difficili dall'esiguità degli stanziamenti di bila ncio: anzi , Marras notava in quella circostanza che nell'esercizio fina nziario in corso il servizio automobilistico , l'arma di artiglieria e quella del genio avrebbero ricevuto rispettivamente il 68% , il 79% e il 63% in meno del necessario, e che, se anche i bilanci futuri avessero mantenuto analoga consistenza, le sp P-sP- e ffettive sarebbero st<1.te prive di risultati positivi . Il Capo di

SME riteneva perciò non più procrastinabile l'esigenza d i affrontare i problemi delle FF.AA. e chiedeva al Ministro della Difesa che a favore dell'Esercito venissero disposti stanziamenti straordinari di bilancio (17). Alle richieste delle autorità militari , delle quali il Min. Pacciardi si fece convinto assertore in sede di Consiglio dei Ministri , il governo continuava ad opporre una linea di marcata intransigenza (16) Attività svolta dal 'Esercito durante il periodo 1 giugno 1948 - 15 novembre 1949, relazione per il Ministero della Difesa, 23 novembre 1949, in J\USSME , Ul3 , " Fondo Marras", racc. 52 , b. 4. (17) Marras al Ministro della Difesa, 27 novembre 1949, in AUSSME , U13 , " Fondo Marras", racc. 52, b. 4.


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verso ogni aumento della spesa pubblica. La linea perseguita dopo le elezio ni del 1948 dal nuovo ministro del Tesoro Pella , infatti, non sembrava discostarsi di molto da quella del suo predecessore Einaudi , che vedeva nella stabilità monetaria e finanziaria lo strumento indispensabile per garantire il successo del tentativo di rilanciare lo sviluppo industriale italiano. Mentre però le restrizioni creditizie decise da Einaudi nel corso del 1947 sembravano aver frenato la ripresa dell'inflazione , e la stabilità monetaria sembrava perciò essere alla portata del governo, il pareggio del bilancio restava nel 1948 così come nel 1949 un obiettivo molto più difficile da conseguire. Nel tentativo appunto di sanare il deficit , il Ministro del Tesoro era incline a tagliare molte voci della spesa pubblica , in particolare quelle relative a spese improduttive, quali quelle militari: tali tagli restavano infatti l'unico strumento a disposizione della manovra finanziaria del governo , perché una riforma fiscale che aumentasse le entrate avrebbe colpito proprio quei gruppi e quelle classi sociali , da cui i partiti di governo traevano il maggiore supporlo , cd era quindi politicamente improponibile . Sarebbe però probabilmente riduttivo interpretare le restrizioni ::illc spese della difesa solo come la conseguenza di una congiuntura finanziaria particolarmente severa ; sembra corretto al riguardo aggiungere che man mano che si superavano le fasi più drammatiche dell'immediato dopoguerra, e con esse le esigenze più pressanti della ricostruzione, si cominciava a evidenziare che ne l modello di sviluppo che i governi centristi intendevano perseguire le spese militari avrebbero avuto comunque un ruolo molto limitato. Le FF.AA. , che avevano accettato più o meno di buon grado le restrizioni imposte ai loro bilanci negli anni immediatamente successivi alla fine de! conflitto m ondiale, vedevano ora profilarsi il rischio che quanto avevano subìto come misura temporanea si trasformasse in criterio permanente e che anche in futuro , quindi , alle spese militari si assegnasse un a percentuale modesta del bilancio nazionale. Di qui i rinnovati sforzi per ottenere stanziamenti più consistenti , di qui il problema di conciliare lo sviluppo economico con un sostanziale potenziamento della difesa (18).

(18) Per un quadro d'insieme della politica economica dei governi centristi , cfr. Bruno BOTIIGLIERJ , La politica economica dell'Italia centrista (1948-1 958), Milano , Edizioni di Comunità , 1984 ; sui problemi dello sviluppo industriale, più in particolare cfr. Vera ZAMAGNI, Una scommessa sul futuro; l'industria italiana nella ricostruzione (1946-1952) , e Pier Paolo D' ATIORRE, Il piano Marsha/1: politica,


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L' ESERCITO ITA LIANO NEL SECONl)O l)OPO GUERRA 1945-1950

Nel corso -del 1949 si prospettò dunque con chiarezza un problema rimasto in sostanza latente, per vari motivi , fino al 1947, e che era cominciato ad affiorare durante il 1948 con l'aggravarsi delle tensioni interne ed internazionali: quello delle priorità da assegnare alle esigenze della difesa nella politica del governo. L 'ingresso nel1' Alleanza Atlantica, infatti , da cui era sembrato lecito attendersi un valido contributo alla soluzione del problema , costituì in ultima analisi una garanzia di fondo sul contesto politico in cui affrontare le questioni della sicurezza, ma nel breve periodo no n sembrò in grado di contribuire all'allestimento di FF.AA. di una qualche efficie nza .

2. Parentesi diplomatica: l'Italia e la creazione delle strutture dell' Alleanza Atlantica. In questo stesso arco di tempo, dall'aprile all'ottobre 1949, mentre l'Alleanza Atlantica provvedeva a darsi le strutture direttive previste dall'art. 9 del Trattato istitutivo, il governo italiano compì, in verità con scarso successo, alcuni tentativi di assumere in questi organi istituzionali un ruolo di primo piano. Il problema più delicato fu rappresentato dalla creazione , preannunciata dall'ambasciatore Quaroni fin dal 4 aprile 1949, di un «sottocomitato militare ristretto» di cui sembravano destinati a far parte solo Stati Uniti , Francia e Gran Bretagna(l 9). Mentre in tutte le altre istituzioni dell'alleanza l'Italia sarebbe stata rappresentata economia, relazioni industriali nella ricostruzione italiana, in Ennio DI NOLFO , Romain H . RAINERO , Brunello VIGEZZI , a cura di , L'Italia e la politica di potenza in Europa (1945-1950), Milano, Marzorati, 1988, pp. 473-495 e 497-572 . ( I9) La creazione di un comitato militare ristretto era già stata ipotizzata prima della conclusione dell 'alleanza: Memorandum of Conversation by the Counselor of the Dept. of State (Bohlen), 3 gennaio 1949, in FRUS, 1949, TV, pp. 3-5. Fin da quella conversazione tra Bohlen e l'ambasciatore francese a Washington Bonnet i fra ncesi avevano mostrato il loro interesse per quest'organo direttivo , e Bonnet l'aveva poi espresso direttamente al segre tario di Stato Acheson: Mem orandum of Conversation by the Secretary of State, 14 fe bbraio 1949, ibidem, pp. 107-108. I .ICS sembravano inclini a limitare il numero dei partecipanti: Memorandum by the Director of the Office of European Aifairs to the Secretary of State, 17 febbraio 1949, ibidem, pp. 120121. Sul prosieguo dei negoziati relativi , cfr. anche Memorandum by the Counselor of the Dept. of State to the Secretary of State, 31 marzo 1949, ibidem, pp. 255-257, Memo of Conversation by the Secretary of State, I aprile 1949, ibidem, pp. 265-266, Memo of Conversation by the Counselor of the Dept. of State, S aprile 1949, ibidem, p. 291, Mem o by the Secretary of State 10 the Director of the 0/fice of European Affairs, ibidem,5 aprile 1949, pp. 294-295, Editoria[ Note, ibidem, p. 306.


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alla pari con gli altri Stati membri, la sua esclusione da questo sottocomitato avrebbe finito per collocarla, a giudizio di molti esponenti del governo italiano, in una posizione di inferiorità. In realtà questo sottocomitato , o steering group, come originariamente doveva chiamarsi, era stato fermamente voluto da Stati Uniti e Gran Bretagna per mantenere la collaborazione strategica istaurata tra di loro durante la guerra, e soprattutto per dare all'alleanza un centro propulsivo più dinamico di quanto non fossero i previsti organi direttivi collegiali; a Stati Uniti e Gran Bretagna si era poi aggiunta la Francia, preoccupata che all'interno dell'alleanza si affermasse una sorta di egemonia dei due stati anglosassoni. A Roma si temeva che quest'organo , di cui facevano parte soltanto i tre membri più importanti dell'alleanza , finisse per svolgere un vero e proprio ruolo di direzione politico-strategica. Inoltre sembrava che i gove rni di Stati Uniti , Francia e Gran Bretagna non gradissero la partecipazione italiana: Ouaroni si definiva piuttosto scettico sulle possibilità che il governo francese fosse disposto ad accettare un rappresentante italiano all'interno dello steering group, perché a Parigi si ambiva invece a esercitare in quest'ambito una specie di mandato fiduciario in nome dell'Italia. Il Ministro degli Esteri Sforza, tuttavia , replicava a Quaroni che a suo modo di vedere da parte americana non vi era nessuna pregiudiziale ostilità verso l'Italia , ma che anzi si guardava con una certa simpatia alle sue richieste(20). La situazione cominciò a chiarirsi con l'incontro tenutosi a Francoforte alla fine di luglio del 1949 tra i Joint Chiefs of Staff statunitensi e una delegazione militare italiana composta dai Capi di Stato Maggiore delle tre Forze Armate. I JCS precisarono che nel corso della loro missione e uropea avrebbero cercato di sollecitare le opinioni dei loro interlocutori sui possibili schemi organizzativi dell'alleanza. Tali scherni prevedevano, oltre alla creazione del Consiglio dei Ministri degli Esteri, quella di un Comitato di Difesa· e , alle dipendenze di questo, di un Comitato Militare ; per le funzioni di coordinamento , i JCS pensavano appunto o a un Comitato Direttivo ristretto , o a un Comandante Supremo; per l'elaborazione particolareggiata dei piani , a 2 o 5 gruppi regionali. Gli alti ufficiali italiani ribadirono la necessità per l'Italia di far parte dell'eventuale comitato direttivo e indicarono la loro netta preferenza per la costitu(20) Ministro degli Esteri a Ambasciata di Londra , 4 luglio 1949, in ASMA E, Amb. Londra 1861-1950, b. 1381.


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zionc di 5 gruppi regionali. La richiesta non fu apertamente respinta , ma l'atteggiamento dei JCS sembrò confermare che anche da parte statunitense si nutrivano molte perplessità sulla possibile partecipazione dell'Italia allo steering group(21). Perplessità analoghe vennero poi espresse all'incaricato d 'affari dell'ambasciata italiana a Washington, Luciolli, nel corso di alcuni colloqui che questi ebbe in agosto con funzionari dello State Department_· alla fine di agosto fu chiaro che anche gli Stati Uniti erano orientati verso un Comitato direttivo composto dai soli 3 Stati di cui sopra(22). Di fronte a tale insuccesso 0rrnai inevitabile, alla diplomazia italiana non restò che cercare di limitare i poteri del Comitato Direttivo di prossima costituzione, dal quale l'Italia sarebbe stata esclusa: questa manovra ebbe maggiore fortuna , perché già agli inizi di settembre apparve chiaro che lo steering group del progetto originale stava per essere trasformato in standing group, con poteri formali e sostanziali limitati rispetto a quelli inizialmente attribuitigli. L'insistente tentativo italiano di essere ammessi in questo comitato venne interpretato dagli altri stati membri dell'alleanza come motivato principalmente da ragioni di prestigio nazionale. Secondo il Segretario Generale degli Esteri , Zoppi , si trattava però soprattutto della necessità di rispondere alle pressioni di un'opinione pubblica che, «incalzata dalle opposizioni », diventava «sempre più polemica e nazionalista », anche per gli « scarsi risultati» conseguiti fino a quel momento con l'ingresso nel Patto Atlantico. Nel momento in cui negava trattarsi di una « questione di amor proprio » sua personale, e affermava trattarsi di problema nazionale , Zoppi implicitamente ammetteva però che le iniziative diplomatiche italiane erano motivate da una concezione strumentale dell'alleanza, che in questa vedeva il mezzo per rinforznrc la posizione e il picstigio del governo di fronte all'opinione pubblica nazionale, e, nello stesso tempo, per migliorare lo status dell'Italia sulla scena internazionale(23). Contemporaneamente al tentativo di inserirsi nel Comitato (21) Relazione sulla Missione a Francofor1e, DGAP a Ambasciata di Parigi, "12 agosto 1949, in ASMAE, Amb. Parigi, h . 445, f. 1, sottof. I. (22) Sulle conversazioni A cheson-Luciolli , cfr. The Secretary of State lo the Embassy in ltaly, 12 agosto 1949, in FRUS, 1949, IV, pp. 319-320, nonché Ambasciata di Washington a Ministero degli Es/eri, 29 agosto 1949, in ASMA E, Amb. Londra 1861-1950 , b. 1381. (23) Zoppi a Quaroni, 13 agosto 1949, in ASMA E, Amb. Parigi, b. 445 , f. I, sottof. 1.


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Direttivo , la diplomazia italiana s1 impegno m un secondo sforzo , mirante questa volta a ottenere la partecipazione non ad uno solo, bensì a due dei gruppi regionali di pianificazione strategica che si sarebbero costituiti all'interno dell'alleanza. Secondo gli schemi predisposti nel corso dell'estate. dai rappresentanti degli stati membri riuniti a Washington in un working group, tali gruppi avrebbero dovuto essere cinque: I) Canada e Stati Uniti; 2) Europa Occidentale; 3) Nord Atlantico, 4) Nord Europa; 5) Mediterraneo occidentale. L'Italia avrebbe dovuto far parte solamente di quest'ultimo , mentre sia a Palazzo Chigi sia negli alti comandi delle forze armate si riteneva assolutamente necessario che l'Italia facesse parte anche del gruppo europeo occidentale. Alle considerazioni di prestigio si aggiungevano in questo caso ragioni di carattere militare e strategico , perché si temeva che il gruppo europeo occidentale finisse per diventare il nucleo del sistema difensivo europeo , e che se l'Italia ne fosse stata esclusa l'impostazione strategica della sua difesa ne s::ir e hhe c;;t::it::i f::ik;1l a , iri quanto impo'-tata prevalentemente in termini peninsulari e insulari , e non come elemento chiave della difesa dell'Europa occidentale . Da parte italiana si concepiva invece il fronte italiano come un tutto organico con gli altri settori del fronte occidentale , proprio per evitare che la difesa della penisola venisse relegata ai margini del sistema difensivo europeo. A questo timore di natura strategica si aggiungeva poi , come notava acutamente Quaroni , quello ben più concreto che il gruppo europeo-occidentale divenisse il principale beneficiario dell'assistenza militare americana , e che , restandone fuori , l'Italia fruisse in futuro di tali aiuti solo in misura limitata(24). Entrambe le questioni sollevate dalla diplomazia italiana furono , isoilt: uei corso uelia prima sessione òei Consiglio Atiantico , supremo organo dell'alleanza, composto dai ministri degli Esteri degli Stati membri , tenutosi a Washington il 17 settembre(25). Il

{24) FRUS, 1949, IV , nota 3 p. 323; Ambasciata di Washingtun a Ministero degli Esteri, 2 settembre 1949, in ASMAE , Amb. Londra 1861-1950, b. 1381. Sull'atteggiamento anglo-americano in merito al problema, cfr. The Secretary of State to the t:mhassy in ltaly, 3 settembre 1949, in FRUS, 1949, IV, pp. 323-324, e Memo of Conversation by the Sec:retary of State, 14 settembre 1949, ibidem, pp. 325-328. (25) Sui lavori della 1• Sessio ne del Consiglio Atlantico, dr. Editoria/ Note, in FRUS , /949, TV, pp. 329-330. I lavori si svolsero sul testo base redatto dal Working Croup: Report of the Working Group on Organization of the North Atlanti<: Council, ibidem , pp. 330-337. Sullo stesso argomento cfr. anche The Dynamic:s nf World Pnwer. A Documentary History of United S1ates Foreign Policy, 1945 -1973, Volume


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L'ESERCITO ITALIANO NEL SECONOO OOPO GUERRA 1945-1950

problema dello standing group si risolse con la creazione del previsto organo ristretto , cui avrebbero partecipato solo i rappresentanti di Stati Uniti , Francia e Gran Bretagna: grazie alla pressione italiana e degli stati del Benelux, fu stabilito però che il Comitato avrebbe avuto non tanto un ruolo direttivo, quanto que11o di trasmissione degli ordini ai gruppi regionali. Quanto al problema di questi ultimi , le possibilità che l'Italia venisse inclusa in due dei gruppi di pianificazione erano notevolmente diminuite già nei giorni che precedettero la sessione del Consiglio atlantico: il governo francese, infatti , che in passato aveva più volte appoggiato la richiesta italiana di far parte anche del Gruppo europeo occidentale, aveva modificato il proprio atteggiamento al riguardo quando gli Stati Uniti proposero di trasformare la denominazione del gruppo del Mediterraneo occidentale in quella di Europa meridionale - Mediterraneo occidentale, ampliandone in tal modo la sfera di azione. Nei giorni immediatamente precedenti la sessione del Consiglio atlantico il Ministro Sforza , incontrando a Washington altri ministri degli esteri dei paesi membri , avanzò perciò un'ipotesi di compromesso, in base alla quale, se l'Italia non fosse stata inclusa anche nel gruppo europeo occidentale, il Consiglio avrebbe dovuto raccomandare la più stretta cooperazione tra i gruppi in sede di pianificazione. Nel timore che questa soluzione non garantisse sufficientemente gli interessi italiani, De Gasperi telegrafò a Sforza di cercare alme no di ottenerne una formalizzazione con la creazione di un comitato militare di coordinamento, ma gli altri ministri degli esteri si rifiutarono di aggiungere un nuovo organismo direttivo al consistente numero di comitati e consigli già creati o in via di allestimento. L'Italia fu perciò ammessa a far parte solo del gruppo Europa meridionale - Mediterraneo occidentale, mentre in materia di cooperazione Sforza riuscì a far approvare dal Consiglio una formula in forza della quale si riconosceva che «vi [erano] problemi i quali [erano] chiaramente comuni alla difesa delle aree coperte dai tre gruppi regionali europei. [Era l perciò importante che accordi [fossero l presi dal Comitato di Difesa al fine di assicurare [la] piena cooperazione tra due, o se necessario fra tutti e tre i gruppi anzidetti» (26). I , Western Europe, a cura di Robcrt DALLEK, New York , Chelsea House Publishers in association with Mc Graw-Hill Book Company, 1973, pp. 155-165. Cfr. anche SFORZA , Cinque anni, cit. , pp. 263-279. (26) Per i colloqui Acheson-Sforza, cfr. Memorandum of Conversation by the Secretary of State, 14 settembre 1949, FRUS , 1949, IV, pp. 328-329; sulla proposta


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Nel commentare i risultati della prima sessione del Consiglio Atlantico , Zoppi faceva notare al generale Trezzani che per rafforzare la posizione strategica dell'Italia , sarebbe stato necessario cercare di continuare la collaborazione tra gli Stati Maggiori italiani e francese , in modo da stabilire un punto fermo nella pianificazione della difesa italiana(27). Fin dai colloqui tra Maugcri e Revers dell'ottobre 1948, infatti, da parte italiana si era cercato di stabilire un rapporto privilegiato con lo Stato Maggiore francese, al fine di creare all'interno della futura alleanza una sorta di asse Parigi-Roma che bilanciasse le intenzioni britanniche di spostare il fulcro della difesa europea verso nord-est , cioè verso i paesi del Benelux e la Manica. Dopo l'incontro Maugeri-Revers , in cui si era appunto prospettata la possibilità di una collaborazione militare italo-francese, nel novembre 1948 De Gasperi e il Ministro della Difesa Ramadier avevano stabilito che i prossimi colloqui tra i militari dei due paesi si sarebbero svolti a livello di generali di divisione; vi era stato poi in dicembre il viaggio a Parigi del Capo Ufficio Informazioni dello Stato Maggiore Esercito, Colonnello Pasquale, e agli inizi del 1949 avevano avuto luogo alcuni incontri tra il generale italiano Ugo Fongoli e il generale Cherrière, Capo dell'Ufficio Collegamento tra le Forze armate francesi e la Presidenza del Consiglio(28). Per quanto lo stato attuale della documentazione non consenta di conoscere il contenuto di tali colloqui , non sembra da escludere che questi possano esser messi in relazione con la pressione esercitata proprio in quei mesi dalla Francia perché l'Italia fosse inclusa nel Patto Atlantico. Nei mesi successivi alla creazione dell'alleanza i colloqui italofrancesi erano continuati: fin dal 4 aprile l'ambasciatore Quaroni aveva infatti informato il Ministero degli Esteri che, secondo notizie a lui pervenute , il Ministero della Guerra francese era convinto della necessità di una stretta intesa italo-francese per evitare che i

di compromesso di De Gasperi, LJunn to the Secretary of State, 17 settembre 1949, ibidem , p. 329. Sulla soluzione raggiunta il 17 settembre, cfr. anche The Acting Secrelary of State to the Embassy in ltaly, 23 settembre 1949, ibidem, pp. 337-338. Cfr. anche SFORZA, Cinque anni, cit., pp. 263-279; Ministero degli Esteri a Ambasciata di L ondra, 12 e 19 settembre 1949, in ASMAE, Amb . Londra 1861-1950, b. 1381. (27) Zoppi a Trezzani, 19 settembre 1949, in ASMAE, Amb. Parigi , b. 445 , f . 1, sottof. 1. (28) Zoppi a Quaroni, 27 novembre 1948, in ASMAE, Amb. Parigi, b. 433; AUSSME , D iario Storico Stato Maggiore Difesa, dicembre 1948, gennaio e febbraio 1949.


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piani difensivi deH'alleanza si orientassero verso il Nord Europa , a favore essenzialmente della Gran Bretagna(29). Lo stesso Ouaroni ebbe a questo proposito alcune importanti conversazioni con alti ufficiali francesi , poi il 20 giugno il generale Trezzani si incontrò col Capo di Stato Maggiore dell'Esercito francese , generale Revers , e infine agli ultimi di luglio si svolse un nuovo colloquio tra il generale Fongoli e il generale Cherrière(30). Nel corso di quest'ultimo , tenutosi a Bolzano tra il 25 e il 27 luglio , i due alti ufficiali affrontarono soprattutto i problemi relativi al Patto Atlantico e all'eventuale evacuazione delle truppe di occupazione alleate daU' Austria. Al di là di generiche affermazioni suUa reciproca volontà di procedere di comune accordo , tuttavia, non furono raggiunte intese concrete di alcun genere: anzi, su invito di Cherrière , i due generali omisero nel documento comune redatto al termine dei colloqui l'accenno che le conversazioni dovessero proseguire in futuro , previ accordi a livello dei rispettivi governi , tra i Capi di Stato Maggiore delle due nazioni. Pur non opponendovisi esplicitamente, Cherrière desiderava infatti che l'argomento venisse affrontato con la necessaria cautela. In rea ltà , il proposito di stabilire un legame di mutua cooperazione militare non andò mai oltre questo stadio progettuale: per quanto attiene aJJo standing group, era infatti interesse del governo francese limitare il numero dei membri proprio per dare maggior peso alla propria partecipazione. Quanto all'inclusione italiana nel gruppo regionale europeo occidentale, l'appoggio diplomatico della Francia fu ben presto vanificato dalla decisa opposizione della Gran Bretagna. Ciò nonostante il tentativo di stabilire uno stretto rapporto militare tra Italia e Francia non si esaurì immediatamente con la prim:i sessione del Consiglio Atlantico, anzi gli insuccessi riportati dalla diplomazia italiana in quella sede rafforzarono la convinzione dell'opportunità di dove r stringere i rapporti con Parigi, come Zoppi faceva appunto notare a Trezzani. Di comune accordo , gli alti comandi italiani e francesi decisero perciò di avere alcune conversazioni prima delle successive sessioni de l Comitato di Difesa dell'alleanza , che all'inizio dell'ottobre '49 avrebbe dovuto stabilire le sedi dei gruppi regionali europei. Su questa nuova questione si verificò

(29) Quaroni al Ministero degli t:steri, 4 aprile 1949, in ASMAF. , Amb . Parigi , b.433. (30) Trezzani al Ministero della Difesa e al Ministero degli Esteri, 1 agosto 1949 , in ASMAE , Amb. Parigi , b. 433.


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però una parziale rottura della pur tenue intesa italo-francese, pe rché il Ministro della Difesa Pacciardi propose al Comitato di Difesa che la sede del gruppo Mediterraneo occidentale venisse stahilita a Roma , mentre i francesi insistettero per Parigi. La vertenza non fu risolta definitivamente in quella sede, ché anzi la disputa si protrasse ancora per alcune settimane, logorando sensibilmente, come notava Quaroni , lo stato dei rapporti italo-(rancesi , senza procurare alJ'Italia particolari vantaggi(31). In sostanza, notava in ottobre Quaroni in una dettagliata analisi della p()sizione italiana in seno all 'alleanza , era inutile lamentarsi per questi molteplici insuccessi , derivanti dallo scarso peso politicomilitare dell' Italia: la situazione poteva migliorare solo con il tempo , e con mezzi adeguati. Aspirare aJla parità all'inte rno del Patto era doveroso, continuava l'ambasciatore, ma e ra necessario procedere per gradi , cercando di farsi apprezzare come uno degli alJeati più dotati d i potenziali riserve. Quanto ai rappo rti italo-francesi, Quaroni sottolineava in un altro messaggio deHa fine di ottobre la coincidenza di interessi tra i due paesi in materia di politica di difesa e come nonostante tali coincidenze non si fosse riusciti a dar vita a una colla borazione efficace(32). Tuttavia , sempre secondo Q uaroni , una politica di stretta coJlaborazione con Parigi restava uno dei pocru strumenti a disposizione dcll' Italia per migliorare la propria posizione all'interno dell'alleanza. Ciò spiega perché , anche dopo q ueste prime esperien ze negative, da ambo le parti si rinnovassero tentativi di riallacciare il filo della cooperazione militare, sempre però senza alcun risultato di rilievo. In rea ltà, durante questi primi mesi di partecipazione all'a lleanza risultò chiaro che ntalia non poteva aspirare a svolgere sul piano dip!o:natico un run1c di potenza, del tutto spropnrzionato al suo apparato militare; né a questo scopo era opportuno ricorrere agli espedienti di cui spesso si era avvalsa in passato la diplomazia nazionale, cercando di stabilire un rapporto privilegiato ora con l'uno ora con l'altro elci possibili interlocutori del momento. Nonostante queste esperienze negative, il potenziamento dell'apparato difen sivo nazionale rimaneva t uttavia per il governo italia no un obiettivo di secondo piano, come fu dimostrato anche dall'imposta(31) Quaroni a Sforza, 31 ottobre 1949, in ASMAE , Amb . P arigi, b. 445 , f. 1. Pe r la posizio ne degli Stati Uniti , cfr. Acheson tu Dunn, 24 ollobre 1949, in FRUS , 1949, IV , pp. 345-346. (32) Quaroni a Sforza, 14 e 31 ottobre 1949, in ASMAE , Amb . Parigi , b. 445, f . I.


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L'ESERCITO ITALIANO NEL SECONDO DOPO GUERRA 1945-1950

zione che l'Italia cercò di dare alla messa in atto del piano di aiuti americano.

3.

«

Due politiche differenti »: l'Italia e il MDAP

La versione finale del Mutuai Defence Assistance Program, così come fu approvata dal Presidente Truman il 6 ottobre, era stata sensibilmente modificata dal Congresso nel corso dell'estate. Oltre all'eliminazione del fondo di emergenza a disposizione del Presidente, e alla conseguente riduzio ne della sua libertà di iniziativa, la legge presentava altre modifiche di rilievo rispetto al progetto originale: il Congresso aveva infatti apportato tagli considerevoli ai fondi inizialmente richiesti dall'amministrazione; inoltre il Senato aveva introdotto una clausola in base alla quale metà del miliardo di dolla!"i di cui era previsto !o stanziamento per l'al-sistenza militare. :ii membri dell'alleanza atlantica doveva essere destinata al paga mento di contratti che non sarebbero stati pronti prima del 1951; degli altri 500 milioni di dollari, poi, solo 100 sarebbero stati immediatamente disponibili , mentre i restanti 400 sarebbero stati utilizzabili• solo dopo che il Presidente Truma n avesse approvato un primo progetto di difesa elaborato dal Comitato di Difesa Atlantico(33) . Gli aiuti, secondo· la legge , sarehhero stati concessi a titolo gratuito: veniva però prevista la possibilità « di stipulare accordi per la vendita di materiali, equipaggiame nti e servizi» . Non veniva fissata alcuna scadenza di tempo , se non quella implicita nella ripartizione degli aiuti in due diversi esercizi finanziari , che faceva prevedere periomeno una durata biennale òel programma . La legge prevedeva inoltre che lo stanziamento venisse ripartito in fondi destinati a aumentare la produzione industriale dei paesi beneficiari, e in fondi necessari a rimettere in efficie nza i surplus delle forze armate USA , da consegnare agli alleati come « prodotti finiti » (end items). La prima categoria comprendeva sia materie prime, sia macchinari necessari all'incremen to della produzione , ma questi ultimi non nel senso di interi impianti , ma solo in quanto missing links, pa rti mancanti necessarie a rimettere in efficienza i meccanismi pro<lutti(33) KAPLAN , A Community of /nterests, cit., pp. 43-49; cfr. anche i resoconti dcll'amb. Tan:hiani per il Mini stro degl i Esteri del 13, 22 e 23 settembre 1949 in ASMAE , Amh. Londra, 1861 - 1950, b. 1381.


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vi(34) . Inoltre , veniva costantemente ribadito il carattere di reciprocità del programma, sottolineando come anche i paesi beneficiari degli aiuti avrebbero dovuto contribuire con sforzi propri alla difesa comune. Per l'attuazione del progetto era previsto che gli Stati Uniti e ciascuno degli stati beneficiari de l MDAP concordassero, con una serie di nuovi accordi bil aterali , la quantità e il tipo di aiuti che sarebbero stati assegnati a ciascuno stato. A questo riguardo , da parte italiana , mentre per ciò che attineva a lla fornitura di prodotti finiti non furono sollevati molti problemi, in me rito all'incremento della produzione industriale fu assunto un atteggiamento che suscitò negli inte rloc utori americani notevoli perplessità. Il governo e le Forze Armate italiane presentarono infatti una serie di proposte chiaramente orientate ad ottenere dagli Stati Uniti soprattutto l'assisten za finanziaria necessaria per rilanciare la produzione militare italiana senza sconvolgere la complessiva ricostruzione dell'economia nazionale: si cercò cioè di conciliare le esigenze del riarmo con quelle de llo sviluppo economico otte nendo dagli Stati Uniti quell'assistenza finanziaria che avrebbe consentito di non far gravare s ul bilancio nazionale le spese per rilanc iare l'industria bellica italiana. Durante l'estate del 1949 gli appositi Comitati Tecnici Interministeriali creati dal governo italiano avevano approntato alcuni studi sulle esigenze effettive delle forze armate e dell'indust ria bellica nazionali . li completamento di questi studi, come testimonia Ortona, non era s tato affatto facile , proprio perché si doveva «fissare la quantità di armamenti da chiedere agli americani e le relative concessioni finanziarie, ten endo presente che, se condo le loro impostazioni , essa doveva essere commisurata alla possibilità [itali ana] di sclf help >, (35). Nclk proposte italiane si metteva perciò in evidenza sia la difficoltà di delineare un progetto di riarmo senza aver ben chiaro quali compiti sarebbero stati affidati all'Italia nell 'ambito della difesa europea sia , soprattutto, l'impossibilità de l Ministero del Tesoro di provvedere al fina nziamento de lla p roduzione militare e di sostenere al tempo stesso le spese necessarie alle importazioni di ma terie prime e di macchinari indispensabili p er riattivare ta le produzionc(36). Quando gli studi furono esaminati congiuntamente

(34) Lucio/li al Ministero degli Esteri, 7 agosto 1949, in ASMAE , Arnb. Londra 1861-1950, b. 1381. (35) O RTONA. Anni d'A merica, cit., p. 313. (36) Su questo punto, e più in generale sul rapporto tra l'Italia e il MDAP , cfr.


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da rappresentanti del governo italiano e di quello americano , questi ultimi non mancarono di esprimere qualche perplessità in merito a quella che sembrava loro un'interpretazione troppo ampia del concetto di aiuti. In alcune conversazioni svoltesi agli inizi di ottobre tra il consigliere per gli affari economici dell'ambasciata USA, Walmsley, e il Direttore Generale della Divisione Affari Politici de l Ministero degli Esteri, Guidotti, il funzionario americano aveva contestato la possibilità di estendere l'assistenza americana a settori, e per finalità , che gli sembravano al di fuori dello scopo del MDAP , e aveva altresì insistito sull a necessità di una corretta interpretazione del programma di aiuti, che doveva essere finalizzato a esigenze strettamente militari(37). Fin dai primi confronti, dunque, si delineò un contrasto potenziale tra due divergenti interpretazioni del MDAP , l'una , quella statunitense, volta a ottenere risultati concreti e immediati sul piano strettamente militare , l'altra, quella italiana , più attenta agli aspetti economici del programma. Con !'appr0vazi0ne <_leHa 11:'ggc i.;;titntiv::1 del MDAP d;i p;irte del Co ngresso degli Stati Uniti nell'ottobre 1949, il progetto entrò nella sua fase esecutiva. ln seguito ai tagli apportati dal Congresso al progetto originale, tuttavia, si rese ncccSS3!Ìa una nuova revisione delle richieste compilate nei mesi precedenti dagli stati europei. Le esigenze e le richieste italiane furono perciò esaminate a ncora una volta nella seconda metà di novembre, quando giunse a Roma una missione statunitense guidata da Leonard Unger, capo del settore Affari Italiani presso lo State Department, mentre nello stesso tempo altri Survey Teams si recavano nelle capitali degli altri stati membri dell 'alleanza per vagliarne le varie richieste. La missione Unger ebbe numerosi incontri con rappresentanti dei Ministero <legii Esicri e òegii Stati Maggiori, nd rnrso Jci yuuii furono esamina te le liste provvisorie di materiali preparate negli Stati Uniti sull a base degli studi inviati dall'Italia n ei mesi precedenti. G li elenchi americani, con qualche eccezione di rilievo, sembrarono soddisfacenti ai rappresentanti italiani: per quanto riguardava l'Esercito, la lista era fin dall'inizio ritenuta tale da soddisfare le

Lorenza SEBESTA, L'Italia e la questione della sicurezza europea, 1948-1952: piani s1ra1egici e aiuti militari, tesi di dottorato di ricerca in Storia delle Relazioni Internazionali , U niversità degli Studi di Firenze , 1988, C fr. anche 1'he Dyn.amics of World Puwer, cit. , pp. 172- 193. (37) Conversazioni Guidotti-Walmsley, 5 ottobre ·1949, in ASMAE , Amb. Parigi , b. 445 , f. l , sottof. 2.


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necessità immediate dell'Italia e, con le variazioni e i miglioramenti che vi furono apportati nel corso dei coUoqui, si riteneva che i materiali forniti sarebbero stati sufficienti a completare l'armamento di 7 o 8 delle divisioni già esistenti. Anche la Marina , cui fu comunicato che avrebbe ricevuto materiali in quantità inferiore rispe tto all'Esercito, sembrò soddisfatta dall'esito dei colloqui , soprattutto perché si prevedeva la consegna di 24 aerei antisommergibili e di prototipi di vario genere. Più complesse furono le trattative relative ali' Aeronautica , in quanto gli e lenchi di materiali presentati dalla missione Unger comprendevano inizialmenlt! solo ricambi per aerei italiani: dopo un laborioso negoziato , vi furono inclusi 100 aerei da caccia , e altri 20 da addestramento . Al termine dei colloqui , il 25 novembre , il Conte Zoppi inviò all'ambasciatore am ericano Dunn l'elenco definitivo dei materiali elaborato nel corso delle conversazioni , perché 4uesti lo trasmettesse allo State Department(38 ). Nel corso dei negoziati con la missione Unger fu dunque affront::itn '-l'ln uno degli aspetti relativi :il!':ittu:izionc del MD Ar , quel:u cioè della fornitura di prodotti finiti . Sul problema della produzione industriale, invece, si e bbero in quella circostanza solo alcuni scambi preliminari di vedute. L'argomento fu invece discusso a Londra, il 29 e il 30 novembre , da una missione italiana guidata dal Ministro Magistrati e da una statunitense, guidata da William Freund dello State Department. Da parte americana si voleva soprattutto appurare quale fosse , con il concorso di adeguata assistenza , la capacità di espansione dell'attuale produzione militare italiana ; pertanto la missione statunitense cercò sia di raccogliere informazioni sulle potenzialità produttive dell' industria itali ana , sia di conoscere a fondo le intenzioni del governo ita liano di fin a nziare i programmi di riarmo. Da parte italiana si volle di nuovo' sottolineare che l'industria milita re nazionale era sì capace di notevole espansione, ma che la esiguità dei fondi disponibili rendeva necessario risolvere i problemi di finanziame nto mediante un apporto esterno. I diplomatici a mericani specifica rono però che, in base al programma di assistenza , l'ai uto USA si sarebbe concretizzato in materie prime, in macchine utensili (solo i missing

(38) Ministero degli Esteri a A mbasciata di Londra, 2 dicembre 1949, in ASMAE , Amb . Londra 186 1- 1950, b. 1381 ; Report: MDAP Mission in Rome, in N AW, RG 59, 840.20 Confiùcntial File, 1945-1949, 840.20/11 - 1749. Per lo scambio di note, Zoppi a Dunn e Dunn a Zoppi, 25 novembre 1949, in ASMA E, Amb. Londra 1861 - 1950, b. 1381.


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links) e in servizi (brevetti), ma non in dollari a compenso di spese in lire. Non fu escluso a priori che gli USA potessero acquistare parte della futura produzione italiana , ma fu chiaramente detto che, pur rispettando le fondamentali esigenze di non compromettere il bilancio e la ricostruzione economica dell'Italia, gli aiuti americani avrebbero dovuto essere utilizzati solo per fini strettamente militari ; fu ribadito infine che il governo degli Stati Uniti si aspettava che per il prossimo esercizio finanziario il governo italiano desse prova delle sue intenzioni stanziando a favore del riarmo una prima somma , anche solo a carattere simbolico. La missione Magistrati, comunque , non prese alcun impegno finanziario specifico, limitandosi a mettere quanto più possibile in evidenza le capacità concrete dell'industria italiana in un promemoria che sottolineava sia la presenza di impianti adeguati , sia l'abbondanza di manodopera specializzata(39). In breve , se l'incontro con la missione Unger servì a definire un primo elenco cii prodotti finiti che gli Stati Uniti avrebbero potuto fornire alle Forze Armate Italiane nei mesi successivi , le conversazioni Magistrati-Freund si conclusero con un nulla di fatto. Il governo italiano , infatti , non se mbrava inteqzionato a recepire e a far propri gli aspetti del MDAP relativi al mutuai aid e al self-help, vale a dire a quegli sforzi di autofinanziamento per la difesa che, secondo la logica del MDAP, gli stati europei avrebbero dovuto compiere perché il Congresso non ponesse ulteriori ostacoli alla fornitura degli aiuti. Non solo, ma oltre a manifestare molta cautela circa la possibilità di finanziare direttamente la ripresa della produzione bellica da parte italiana , si pensava anzi di utilizzare la futura assistenza americana non tanto per fini strettamente militari , quanto in funzione di stimolo a una più generale espansione produttiva. Coerentemente con la propria linea di politica economica e finan ziaria il governo italiano si mostrava incline a sfruttare passivamente gli

(39) Rapporto sulle conversazioni svoltesi a Londra il 29 e il 30 novembre, 5 dicembre 1949, in ASMAE , Amb. Londra 1861-1950, b. 1381; Promemoria seguente alle conversazioni del 29-30 novembre, 1 dicembre 1949, in ASMAE , Amb. Parigi, b. 445, f. 2. Il ciclo dei colloqui italo-americani si chiuse con alcune conversazioni, svoltesi 1'8 c il 9 dicembre, tra funzionari degli Esteri e della Difesa e un 'altra missiom: statunitense, guidata da Robert E. Galloway dello State Departmenl, recatasi in Italia per uno scambio di vedute preliminari sulle facilities di cui le forze armate americane avrebbero potuto usufruire sul suolo italiano. Ministero degli Esteri a Ambasciala di Londra, 17 dicembre 1949, in ASMAE , Amb. di Londra 1861-1950; b. 1381 _


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aiuti del MDAP, senza intenzione di compiere direttamente alcuno sforzo al riguardo. Il dissenso sul modo di intendere l'apporto del MDAP non impedì tuttavia che nel gennaio 1950 si giungesse all'accordo di massima tra i governi italiano e americano necessario per dare il via alle prime forniture. Sforza , timoroso che una ratifica parlamentare finisse col dare eccessiva risonanza a quest'atto e alimentasse nuove proteste da parte dell'opposizione di sinistra , fece sapere allo State Department che per il governo italiano sarebbe stato preferibile procedere a un semplice scambio di note , piuttosto che alla firma di un trattato formale da doversi ratificare in parlamento(40). Il 27 gennaio 1950 i due governi firmarono perciò le note relative all'entrata in vigore del MDAP: i documenti avevano però un carattere molto generale, e per il contenuto specifico del programma sarebbe stato necessario rifarsi a quanto stabilito nel corso dei negoziati precedenti. Poiché le trattative relative alla produzione bellica italiana non avevano compiuto alcun progresso. lo scambio di note del 27 gennaio ebbe dunque l'effetto di dare inizio solo alle forniture di prodotti finiti che cominciarono ad arrivare , con molta lentezza rispetto ai tempi originariamente previsti , solo a partire dall'aprile successivo(41). Né dal punto di vista del prestigio nazionale, né da quello di un immediato contributo alla soluzione dei problemi della difesa, l'ingresso dell'Italia nell'Alleanza Atlantica aveva dunque portato a qualche successo di rilievo. Il fatto è che il governo italiano aveva assunto , nei mesi seguenti alla firma del trattato, un atteggiamento .di attesa passiva, aspettandosi dall'adesione al Patto Atlantico una sorte di soluzione automatica dei propri problemi di difesa, e affidando alle iniziative della propria diplomazia il recupero di una posizione di prestigio all'interno delle strutture dell'alleanza. L'incoerenza di fondo di quest'atteggiamento non mancò di essere rilevata quando, alla fine del 1949, apparve chiaro che molte delle aspettative italiane erano destinate ad andare deluse e che il governo avrebbe dovuto modificare la propria condotta. Scriveva al riguardo qualche mese più tardi ancora Quaroni. «Non è possibile

(40) Sforza a Quaroni, 15 e 17 dice mbre 1949, in ASMA E, Amh. Parigi b. 445 , f. 2. Sui bilatera[ agreements, cfr. anche KAPLAN, A Community of lnterests, cil. , pp. 60-65. Il testo degli accordi è in Relazioni Internazionali, s. 11 , anno XIV, 1950, n. 8, pp. 111-112. (41) AUSSME, Memorie Sroriche Direzione Artiglieria di Napoli, 1950.


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fare ad un tempo una politica di prestigio in seno al Patto Atlantico e poi dire in altra sede che non possiamo aumentare di un centesimo le nostre spese militari e che non possiamo contribuire per un centesimo al mutuai help ... [omissis]. Questo, mi permetto di dirlo, è la chiave di volta di tutta la nostra posizione e la nostra politica in seno al Patto Atlantico: il resto sono esercitazioni diplomatiche a vuoto. Ci troviamo di fronte a due politiche differenti: una è quella del Ministero degli Esteri e, credo , del Ministero della Difesa , che vuol fare una politica di prestigio in seno al Patto Atlantico: l'altra è quella del Ministero del Tesoro che non vuole, o non può tirar fuori dei soldi. Bisogna arrivare a una decisione e che questa diventi la politica del governo italiano [omissis]. Volerle fare tutte e due ad un tempo, come facciamo oggi , non può non portare che a degli insuccessi»(42). È vero però che devolvere alle spese per la difesa un'aliquota maggiore del bilancio nazionale avrebbe implicato una notevole svolta nella politica seguita fin allora dai governi D e Gasperi , il cui principale ohiettivo di politica economica restava il pareggio del bilancio come condizione essenziale per garantire la stabilità necessaria allo sviluppo industriale: lo stesso Quai:oni, del resto , concludeva la sua analisi ora citata suggerendo di «prendere il meno di impegni possibile entro il Patto Atlantico», e di concentrare l'attenzione del governo sui problemi socio-economici dcll'ltalia(43). La crescente tensione della situazione internazionale, invece , richiedeva in quel momento agli stati membri dell'Alleanza Atlantica l'allestimento di un efficace deterrente militare per prevenire sia un'eventuale aggressione, sia nuove pressioni politico-diplomatiche da parte sovietica; e da parte degli Stati Uniti, del resto , si era sottolineato ripetutamente che gli aiuti relativi alia produzione bellica sarebbero stati commisurati a quanto ciascun stato membro dell'alleanza avrebbe deciso di stanziare per il proprio riarmo. La concezione che si aveva dell'Alleanza Atlantica, intesa come ulteriore strumento per garantire la stabilità socio-politica dell'Italia o come sede in cui cercare di recuperare il perduto prestigio nazionale, non coincideva dunque del tutto con l'impostazione che a Washington si cercava di dare alla comunità del Nord Atlantico. Il problema fu di nuovo posto sul tappeto nei primi mesi del 1950, senza che se ne intravedesse una prossima soluzione: gli alti (42) Quaroni a .'forza, 18 aprile 1950, in ASMAE, Amb. Parigi , b. 476, [. 1, sottof. 2. (43) Ibidem.


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comandi militari non mancarono di segnalare il loro crescente disagio di fronte agli stanziamenti di bilancio per le Forze Armate, e rinnovarono le loro richieste per un aumento delle spese destinate alla difesa. Purtuttavia, le resistenze in seno al governo rimasero forti , e sembra lecito chiedersi se, senza il drammatico impatto della guerra d i Corea, De Gasperi avrebbe mai deciso di aumentare sostanzialmente gli stanziamenti per la difesa. Il primo stanziamento straordinario di circa 12 miliardi , deciso dal governo italiano ne lla primavera del 1950 pe r le esigenze de l MDAP, non costituiva infatti che un primo passo verso la soluzione dei problemi della difesa(44).

4. L'impatto della guerra di Corea sul riarmo italiano Agli inizi del 1950, sotto la pressione di avvenimenti succedutisi negl i ultimi mesi del 1949, quali l'esplosione del primo ordigno nucleare sovietico e la defi nitiva vittoria in Cina delle forze comuniste , l'amministrazione Truman intraprese una revisione della propria politica verso l'URSS, che culminò nella stesura di un documento - NSC 68 - con il quale si racco mandava uno sforzo ancora più marcato verso il potenziamento dell' apparato bellico americano in modo da poter prevenire u bloccare ogni ulteriore mossa espansionistica da parte dell'Unione Sovietica. Al tempo stesso , all'interno de ll' Alleanza Atlantica , ci si stava orientando verso una più stretta integrazione degli apparati difensivi degli Stati membri , e a questo scopo si prevedeva la creazione di nuovi organi istituzionali. Vi era nel mo ndo occidentale la sensazione che quanto realizzato negli anni precedenti non fosse ancora sufficiente per contrastare la minacci a sovietica , e si ern creato un diffuso senso di attesa di nuovi passi per l'integrazione difensiva tra Europa occidentale e Stati U niti (45) .

(44) Antonio VARSORJ , L'Ttalia fra alleanza atlantica e CED (1949-1954), in "Storia delle relazioni internazionali", IV , 1988, n. 1, pp. 125-165. (45) NSC 68, 14 apri le 1950, in FRUS, 1950, I , pp. 234-292. Cfr. anche Dean ACIIESON , Present at the Creation, cit. , pp. 373-379; Rohert J. DONO V AN , Turnulluous Years. The Presidency of Harry S Truman 1949-1953, New York, WW Norton , 1982. pp. 158-161, John Lewis GADDfS , Strategies of containrnent: A Critica[ Apprui.sai of Poslwar American National Security Policy , New York-Oxford , Oxford Un. Press, "1983, cap. 4 "NSC-68 and thc Korean War"; Samue l F. WE LLS , Jr. , Sounding the Tocsin: NSC 68 and the Soviet Threat, in " lnternational Security" , 1979, Il. 4 , pp. 116-138.


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La guerrn di Corea agì da catalizzatore nei confronti di questo processo, accelerando lo sviluppo di tendenze già esistenti e spingendo verso l'adozione dei provvedimenti suggeriti da NSC 68. L'attacco sferrato dalle truppe nord-coreane nel giugno 1950 fu infatti interpretato in occidente come l'ennesima conferma della pericolosità della politica sovietica, pronta ad accrescere le sue pressioni ogni volta che gli stati occidentali avessero abbassato la guardia_ Non potendo accertare se i nord-coreani avessero effettivamente agito in base ad intese con Mosca o meno, i leaders occidentali ritennero essenziale non mostrare alcun cedimento nei confronti di quella che sembrava una nuova provocazione da parte dell'URSS, e sopratutto giudicarono di primaria importanza sveltire i tempi del rafforzamento dell'alleanza atlantica(46). Anche in Italia questo mutamento del clima internazionale non mancò di produrre effetti di rilievo : la guerra di Corea contribuì infatti a generare nelle autorità politiche e militari itali ane la sensazione che la guerra fredda potesse di colpo trasformarsi in un co nflitto vero e proprio, che un 'aggressione da est fosse quindi un'eventualità tutt'altro che improbabile , e che fosse comunque necessario procedere ve rso un più risoluto assestamento dell'apparato difensivo italiano. · Pochi giorni dopo l'invasione della Corea del Sud , il 3 e il 4 luglio 1950 si svolse un'importante riunione dei Capi Reparto e dei Capi Ufficio dello Stato Maggiore Esercito, al fine di preparare per il Ministro della Difesa una valutazione dei possibili sviluppi della situazione coreana e un programma di potenziamento dell'Esercito basato sulle sole (orze nazionali(47). Secondo il generale Marrns, gli sviluppi più probabili della guerra di Corea si sarebbero avuti o in estremo oriente (Indocina, Singapore) o in medio oriente (Persia) , mentre era meno probabile un'azione contro l'Italia, dove il Patto Atlantico costituiva in qualche modo un deterrente. Poiché la seconda ipotesi non poteva però escludersi a priori, era opportuno procedere con ritmo più intenso verso il riarmo. Marras individuava 3 distinte fasi di potenziamento : nella prima si sarebbero completate le grandi unità esistenti (9 divisioni di fanteria, 1 brigata corazzata

(46) A CHESON, Present at the Creation, cit. , pp. 402-413. Sull'impatto della guerra di Corea, cfr. KAPLAN, The United States and NATO, cit. , cap. 8, e DONOVAN, Tumultuous Y ea{s, cit., pp. 241-247. (47) Sintesi della riunione dei Capi Reparto e dei Capi Ufficio SME lenu/a il 3-4 giugno 1950, in AUSSME , Ul3 , " Fondo Marras", racc. 52, b. 4.


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e 1 alpina , alcuni battaglioni per la Sicurezza Intema), nella seconda fase si sarebbero allestite altre 2 divisioni, basate sulle unità esistenti di fanteria e artiglieria non ancora indivisionate, e nella terza si sarebbero allestite nuove grandi unità fino ad arrivare a un totale di 16 divisioni e 6 brigate alpine. Occorreva inoltre procedere d'urgenza all'istruzione dei quadri, richiamando per tale scopo anche gli ufficiali della riserva, e costituire un organo per tenere stretti contatti con l'industria. Il 4 luglio, durante la prosecuzione della riunione del giorno precedente , Marras mise maggiormente in evidenza i pericoli insiti nella situazione europea: la Jugoslavia teneva un atteggiamento ambiguo e , anche se si fosse schierata dalla parte atlantica, non avrebbe certo potuto resistere alla pressione russa, ma tutt'al più avrebbe potuto organizzare una resistenza sulle montagne del sud, lasciando comunque scoperta la frontiera italiana. La situazione· in Austria era altrettanto delicata , per la presenza delle truppe russe di occupazione a poca distanza dai confini italiani , né era più chiara ]a situazione tedesca. Marras aggiungeva inoltre che un primo insegnamento si poteva trarre dall'aggressione nord-coreana , cioè che non si poteva fare esclusivo affidamento sull 'azione dell'aviazione, la quale in Corea non era riuscita né a prevenire né a frenare l'offensiva nemica e che era quindi nect..:ssario potenziare in primo luogo le forze terrestri. Venne poi redatto un promemoria di massima per il Ministro della Difesa, in cui si illustrava il grado di approntamento delle grandi unità e ciò che era necessario fare pe r colmare le loro lacune più gravi. Secondo questo documento , l'Esercito italiano poteva mobilitare in quel momento al completo 3 divisioni di fanteria ternarie (2 erano però prive di un reggimento di artiglieria campale), 2 divisioni di fanteria binarie, 2 gruppi d i hattaglioni alpini, 1 brigata corazzata ; erano poi mobilitabili , ma con organici incomple ti, 3 divisioni di fanteria ternarie, 2 brigate alpine, e limitate truppe e servizi di Corpo d 'Armata e d'Armata. In un primo tempo si sarebbero dovute completare tutte queste grandi unità e predisporre la costituzione di un gruppo complementare di 2 divisioni di fanteria , 1 brigata alpina e 1 corazzata, di cui già esistevano i nuclei ; in un secondo tempo si sarebbero poi costituite e mobilitate ex novo altre grandi unità . In questa seconda fase , comunque , così come per allestire il gruppo compleme ntare delle grandi unità di primo tempo, il promemoria giudicava indispensabile un consistente afflusso cli materi ale americano. Per la realizzazione del programma era necessario il finanzia-


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mento con procedura d'urgenza del primo tempo: il programma si fondava infatti sul riordinamento e sulla massima utilizzazione dei materiali già disponibili, e, per quanto possibile, sulla produzione italiana. Il finanziamento del primo tempo prevedeva perciò uno stanziamento straordinario di 50 miliardi per l'esercizio finanziario in corso e per quello successivo, da spendere con la massima sollecitudine. In sostanza il promemoria si prefiggeva uno scopo immediato ed uno a medio termine: il primo era quello di ottenere uno stanziamento straordinario di bilancio che consentisse di poter mobilitare al completo entro l'anno il 1° gruppo di grandi unità; il secondo quello di prospettare le possibilità di ulteriore sviluppo, da compiere però con un sostanziale afflusso di mezzi americani{48). Nel valutare queste proposte, il Ministero della Difesa giunse a conclusioni parzialmente divergenti , perché le sue stime valutavano il costo del programma intorno ai 300 milioni , e siccome era impossibile aspettarsi da parte del Parlamento uno stanziamento del genere, il programma stesso non poteva trovare pratica a ttuazione. Secondo quanto scrisse il Segretario Generale della Difesa a Marras, era necessario quindi rivedere l'impostazione stessa del progetto , da concentrarsi in favore di un più limifato numero di grandi unità e di truppe e servizi connessi , e specificando quali unità avrebbero avuto la priorità per il loro approntamento(49). Mentre i militari discutevano sul come procedere ad un riarmo immediato , a liveJlo politico l'evoluzione della situazione internazionale spinse il Consiglio dei Ministri a prendere decisioni importanti. I primi commenti sulla guerra di Corea, nella seduta del 27 giugno, e rano stati improntati a particolare cautela: De Gasperi aveva infatti tenuto a sottolineare Ja d!ffcrcnza tra !1 Patto "t\.tlanticn e 1'01\"J, me ttendo in evidenza che solo quest'ultima e ra impegnata direttamente nel conflitto(50). Il rapido deteriorarsi del clima internazionale , tuttavia, ebbe conseguenze di rilievo: 1'8 luglio si svolse al Quirinale una riunione presieduta dal Capo dello Stato, con la partecipazione dei principali ministri civili e militari e dei Capi di Stato

(48) Promemoria per il Ministero della Difesa, 5 giugno 1950, in AUSSME , U 13 , "Fondo Marras", racc. 52, b. 4. (49) Segretario Generale Mini.stero Difesa a Capo SME, 19 luglio 1950, in AUSSME, L/13, "Fondo Marras", racc. 52, b. 4. (50) Riunione del Consiglio dei Ministri, 27 giugno 1950, in ACS, Verbali dell e Riunioni del Consiglio dei Ministri.


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Maggiore, per prendere in esame la situazione creata dal conflitto in atto e il potenziamento delle forze armate italiane , argomenti che furono poi ripresi nella seduta del Consiglio dei Ministri del 21 luglio(51). In questa circostanza il Ministro della Difesa Pacciardi presentò formalmente la richiesta di uno stanziamento straordinario di 100 miliardi da ripartire tra l'esercizio finanziario '50-51 e '51-52. Molti ministri ritennero non opportuno proporre nuove spese militari, e il ministro Gonella fece presente che un loro aumento avrebbe dovuto essere considerato in rapporto alle spese sociali: una decisione di questo genere, infatti, avrebbe spostato d'asse della politica del governo». In quella seduta, pertanto, non si pervenne a nessuna decisione definitiva e il governo si limitò ad approvare una dichiarazione di sostegno per l'operato del presidente Truman(52). Nelle successive riunioni del 27 e del 28 luglio , De Gasperi dichiarò essere sua intenzione affrontare e risolvere iJ problema delle spese militari. Pacciardi fece notare come i prohlcmi fosse ro s ul tappeto già da tempo, e come l'urgenza della loro soluzione fosse una conseguenza dell'aggressione coreana. L'opposizione più decisa a un aumento delle spese militari venne dal ministro del Tesoro Pella , che rilevò come il suo dicastero avesse sempre fatto presente l'impossibilità di fronteggiare le enormi esigenze della difesa , e richiamò ripetutamente l'attenzione dei colleghi sul come coprire tali spese eventuali. Altri ministri , come La Malia e Piccioni , sostennero le richieste di Pacciardi. Nella riunione del giorno _ successivo , Pella dichiarò che per andare incontro alle esigenze della difesa, cioè allo stanziame nto straordinario di 100 miliardi , occorreva procedere al blocco di tutte le altre spese, e che tale blocco andava prese1iialo iu Paiia111entu, prima ùi prm.:eùere;; a ogni eventuale stanziamento straordinario . Quest' ultimo punto e ra ovviamente inaccettabile per De Gasperi , che , seppure convintosi della necessità di soddisfare alcune delle richieste dei militari, voleva assolutamente evi tare che intorno a questi stanziamenti straordinari si creassero sia possibili forme di dissenso in Parlamento , sia motivi di malumore in seno all'opinione pubblica. 11 Consiglio dei Ministri

(51) AUSSME , Diario Storico Stato Maggiore Difesa, luglio 1950. In merito alle proposte di Pacciardi, vedi lo scambio <li lettere tra questi e De Gasperi in De Gasperi scrive, a cura di M.R . DE GASPERJ , cit., pp. 275-284. (52) Riunione del Consiglio dei Minislri, 21 luglio 1950, in ACS, Verbali de lle Riunioni del Consiglio dei Ministri.


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finì quindi per autorizzare il Ministro della Difesa, subordinatamente all'approvazione tecnica del Consiglio Supremo di Difesa (che fu data il giorno seguente) a iniziare subito le ordinazioni dei materiali occorrenti per l'incremento delle forze armate, mettendosi a disposizione del Comitato Interministeriale per la Ricostruzione per le modalità relative all'esecuzione delle ordinazioni stesse. Pacciardi fu pertanto autorizzato a impegnare fin da1l'esercizio finanziario in corso le somme per le spese necessarie e urgenti, con l'impegno che la nota di variazione del bilancio sarebbe stata presentata alle Camere alla ripresa dei lavori parlamentari(53). In base all'impatto della guerra in Corea, dunque, e del conseguente ulteriore deterioramento della situazione internazionale , il governo italiano decise un primo stanziamento straordinario di 50 miliardi per andare incontro alle esigenze della difesa. Questa decisione in realtà aveva un duplice scopo , poiché doveva servire sia a migliorare le condizioni delle Forze Amrnte in attesa dell'arrivo di ulteriori aiuti americani, sia a garantirsi la fornitura di una quota consistente di tali aiuti mettendo bene in evide nza lo sforzo fin anziario compiuto dall'Italia, in modo da evitare che nell'ambito dell'alle anza atlantica si accusasse il governo italiano di scarso impegno verso gli oneri della difesa collettiva. Nei giorni seguenti la decisione del Consiglio dei Ministri , si ebbero diverse prese di posizione relativamente al modo di utilizzare la quota dello stanziamento straordinario spettante all'Esercito. I 28 miliardi che sarebbero stati assegnati all' Esercito, secondo il G abinetto del Ministero della Difesa , dovevano essere impegnati a favore d i alcune divisioni per portarne l'efficienza al 100% , mentre lo Stato Maggiore dell'Esercito riteneva preferibile dare per quanto possibile a tutte le divisioni esistenti quel minimo di efficienza che consentisse di farle sce ndere in campo. In una riunione de i Capi Ufficio dello Stato Maggiore Esercito , tenutasi 1'11 agosto , Marras si espresse apertamente per quest' ultima soluzione , ritenendo più convenie nte avere divisioni leggere, e più pedine, che non poche divisioni complete al Hl0%; fu perciò deciso che il criterio da adottare sarebbe stato quello di portare alcune divisioni , quelle di più immediato impiego , al 90% , e le altre al 75%. In quella stessa riunione fu inoltre deciso che i 28 miliardi destinati all'Esercito dall o stanziame nto straordinario sarebbero stati così ripartiti: 9. 030 (53) Riunioni del Consiglio dei Ministri, 27 e 28 luglio 1950 , in ACS, V erbali delle Riunio ni del Consiglio dei Ministri.


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milioni al Servizio di Commissariato, 8.000 all'Arma di Artiglieria , 7.500 al Servizio della Motorizzazione, 2.500 all' Arma del Genio, e 750 a l Servizio di Sanità. Fu infine deciso che agli Stati Uniti sarebbero stati richiesti aiuti sufficienti a schierare 9 divisioni entro il 31 dicembre 1950, e 11 entro il 1° luglio 1951 ; e si prese atto che era ormai il momento di definire il programma per il completamento dell'Esercito, la cui attuazione era prevista per il 1954(54). Nei mesi successivi in seno all'alleanza atlantica furono prese altre iniziative di grande rilievo, che posero sul tappeto il problema della creazione di una forza integrata di difesa e quello de! riarmo della Germania. L'amministrazione Truman, poi , riuscì a far approvare dal Congresso notevoli aumenti dei bilanci m ilitari e dei fondi destinati al MDAP, per cui gli aiuti per gli stati membri dell'alleanza godettero , sia pure con notevoli ritardi, di un incremento di considerevoli proporzioni. Il governo italiano, dal canto suo , finì per concordare tra il settembre e il dicembre 1950 uno stanziamento straordinario di 250 miliardi per le 3 Forze Armate , da ripartirsi nell'arco di vari anni , che si sperava di finanziare , almeno in parte, con l'emissione di buoni del tesoro, il che avrebbe permesso di non attuare il blocco tota le degli investimenti(55) . Negli anni successivi, perciò , sia gli stanziamenti straordinari sia il flusso dei materiali americani contribuirono a migliorare il livello di efficienza delle tre forze armate ; occorre però sottolineare a questo proposito il carattere assolutamente eccezionale dello sforzo di riarmo , legato non tanto ad un disegno di politica di potenza quanto ad una congiuntura storica ben precisa quale quella coreana, ed è opportuno altrcsì ricordare che alla cifra definitiva di 250 miliardi il Consiglio dei Ministri giunse solo nel dicembre 1950, quando l'intervento delle truppe ddla Cina popolare nel conflitto fece temere un allargamento progressivo delle ostilità.

5. Conclusioni Fin dall'immedia to dopoguerra le più alte autorità militari italiane si resero conto che in futuro l'Italia non sarebbe stata in grado

(54) Riunione 11 agosto 1950, in AUSSME, Ul3, "Fondo Marras", racc. 52, b. 4.

(55) Bruno BOTl'IGLIERI, Congiuntura coreana e leggi economiche eccezionali, in "Economia e lavoro", XVI, 1982, n . 2, pp. 69-91. Le nuove forze armate italiane


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di svolgere una pohttca estera comple tamente autonoma a causa della sua incapacità ormai manifesta di allestire uno strumento militare del tutto autosufficiente e che potesse reggere il confronto con quelli delle superpotenze uscite vittoriose dal conflitto. La guerra mondiale aveva infatti dimostrato in maniera inequivocabile l'esistenza di una categoria di stati, le superpotenze appunto, di cui l'Italia non avrebbe mai potuto fare parte, e le prime considerazioni di natura strategico-militare formulate alla fine del conflitto prendevano atto di questa nuova realtà internazionale, ancor più vincolante per uno stato quale l'Italia che al termine delle ostilità si ern trovato in una condizione di notevole ambiguità nelle proprie relazioni con i vincitori . Qualora lo stato delle relazioni internazionali si fosse mantenuto ad un basso livello di conflittualità, tuttavia, i militari italiani potevano ragionevolmente credere che la nuova organizzazione delle Nazioni Unite sarebbe stata in grado di assicurare il rispetto del!'ord!!1e !nternaz!ona1e e d! garantire !2 sicurezza, e che in un

simile contesto anche le limitate forz1.,; armate di mi l'Italia avrebbe potuto disporre sarebbero state sufficienti a garantire la difesa del territorio nazionale o, quanto meno , a blocca.re un'eventuale aggressione esterna per il tempo occorrente ad assicurare l'intervento delle forze dell'ONU. Questo riferimento alla tutela dell'ONU assunse tuttavia un significato poco più che teorico/formale man mano che si specificarono i termini del contesto in cui fu affrontato il problema della ricostruzione delle Forze Armate italiane. In conseguenza dell'and amento del conflitto sul territorio italicrno si e ra infatti sviluppata una situazione in cui gli alleati occidentali , in forza dell'armistizio prima e del trattato di pace poi , imponevano sì dei iimiti aii'auionomia àeiio strumento miiitare itaiiano , ma al tempo stesso ne curavano il potenziamento con la propria assistenza militare, e si facevano carico con le loro truppe di occupazione della sicurezza delle frontiere in quella Venezia Giulia che costituiva una delle aree di maggior tensione nell'immediato dopoguerra. In virtù dello stretto , se pur ambiguo , legame instauratosi con gli alleali occidentali si rafforzò quindi nel governo e nelle autorità milita ri la convinzione che anche per il futuro sarebbe stato essenziale mante nere rapporti ben saldi con quelle potenze che fosnel quadro della ricostruzione e del progresso nazionale, opuscolo edito a cura della Segreteria Generale del Comitato Interministeriale per la Ricostruzione, Roma , Istituto Poligrafico dello Stato, 1953, pp. 68-69.


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sero in grado di contribuire allo sviluppo dell'apparato bellico italiano. Questo rapporto era reso tanto più necessario dalla scarsità delle risorse che i governi del periodo deUa ricostruzione potevano e volevano impegnare nelle spese militari . Nella situazione economica del dopoguerra , infatti, l'obiettivo principale dei governi guidati da De Gasperi restava qucUo di provvedere aUa ricostruzione e di mettere in moto un meccanismo di sviluppo che potesse trasformare l'Italia in una nazione industrialmente avanzata, e a tale fine , pertanto , dovevano essere indirizzate le risorse disponibili. Inoltre i! clima generale di quel periodo era tutt'altro che favorevole ad una politica di spese militari, con un'opinione pubblica fortemente condizionata dal ricordo della guerra appena conclusasi e daU'avversionc per la retorica militarista del regime fascista: il dibattito all'Assemblea Costituente, ad esempio , dimostrò che le forze politiche erano pressoché concordi nel definire come esclusivamente difensivi i compiti che le Forze Armate italiane avrebbero dovuto svolgere. Nel biennio 1945-47 cominciarono dunque a delinearsi alcuni ·ctegli orie ntame nti , che la politica militare italiana avrehbe assunto negli anni seguenti: allestimento di forze armate a carattere esclusivamente difensivo , forte ridimensionamento dell'importanza deJle spese militari , mantenimento di uno stretto legame con gli alleati anglo-americani per garantire quella sicurezza che le sole risorse nazionali non sembravano in grado di assicurare. Nei termini in cui fu impostato , pertanto, il problema della difesa dell'Italia non consisteva nello scegliere o meno un rapporto di tutela con una superpotenza, ma nelle modalità di attuazione di tale rapporto. Il cambiamento dello scenario internazio nale nel corso del 1947, con l'accentuarsi della divisione tra le potenze occidentali e l'Unione Sovietica, contribuì a definire meglio questi orientamenti. La frattura della grande alleanza antifascista, infatti , rese sempre più teorica la possibilità che l'Italia potesse contare sull'Organizzazione delle Nazioni Unite come garanzia ultima della sua indipendenza politica e integrità territoriale , e d'altro canto la crisi politica apertasi nel maggio 1947 all'interno del paese con la rottura della coalizione di governo rese inevitabile che le future scelte politicostrategiche del governo italiano si orientassero verso uno dei due blocchi in via di formazione. La Gran Bretagna, che fino agli inizi del 1947 aveva svolto un ruolo di primo piano , seppur non del tutto privo di ambiguità, nell'assistere la ricostruzione delle Forze Armate


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italiane, si rivelò però sempre meno in grado di continuare ad assolvere tale compito. Pertanto, mentre la crescente tensione interna ed internazionale rendeva sempre più urgente la necessità di definire una politica di difesa, il governo italiano finì col cercare la necessaria assistenza militare presso gli Stati Uniti, che si erano già segnalati come principale interlocutore dell'Italia sul piano politico ed economico. Nel 1947-48, tuttavia , l'assistenza militare americana non riuscì a concretizzarsi in un piano organico, ma venne attuata attraverso una serie di provvedimenti successivi non sempre coordinati tra di loro. La classe politica italiana , inoltre , intese impostare il rapporto con gli Stati Uniti in termini del tutto convenzionali, come se nel passaggio dall'assistenza militare inglese a quella americana si trattasse semplicemente di affidarsi ad un alleato più potente e benevolo del precedente , e dalla cui amicizia si potessero ricavare maggiori vantaggi. Non si comprese cioè che mentre il rapporto instaurato dalla Gran Bretagna con le Forze Armate italiane rientrava tutto sommato in una logica tradizionale di sfere d'influenza , l'interesse crescente degli Stati Uniti per l'apparato bellico italiano era invece la conseguenza di una situazione , la guerra fredda e la nascita del sistema bipolare, nella quale svolgevano Ùn ruolo di primo piano anche componenti ideologiche. Per l'amministrazione Truman era infatti alquanto difficile concepire un programma di assistenza militare che non poggiasse apertamente su precise scelte politico-ideologiche , perché solo attraverso una forte mobilitazione ideologica poteva sperare di alimentare nell'opinione pubblica e nel Congresso il sostegno necessario a ottenere l'approvazione delle proprie iniziative . Per questo motivo dopo le elezioni del 18 aprile ci si aspettava dall'Italia una presa di posizione precisa sul piano internazionale, e per questo stesso motivo i militari americani fecero ripetuti tentativi durante la missione Marras per presentare l'Alleanza Atlantica come il mezzo più sicuro che potesse assicurare all'Italia il necessario sostegno militare degli Stati Uniti. Invece l'assistenza militare fornita all'Italia , sia pure in modo disorganico, tra il 1947 e le elezioni politiche del 1948 aveva rafforzato nelle autorità politiche e militari italiane la convinzione di poter contare su un appoggio pressoché incondizionato da parte degli Stati Uniti per tutte le questioni attinenti alla sicurezza nazionale , senza che fosse necessario per il governo esporsi a prese di posizione giudicate troppo rischiose per le possibili ripercussioni sulla situazione politica interna. Questa convinzione giocò un ruolo fondamentale


DAL PATIO ATLANTICO Al.I.A GUERRA DI COREA

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nel determinare l'atteggiamento del governo italiano durante il 1948, quando le altre nazioni occidentali impostarono la costruzione di un sistema di difesa collettivo: a causa della difficile situazione politica interna e dei molteplici problemi che ostacolavano il pieno reinserimento dell'Italia nella scena internazionale , il governo italiano ritenne preferibile non correre il rischio di chiedere l'adesione a un'alleanza - la Western Union - che si pensava militarmente poco efficiente e politicamente dominata da uno stato come la Gran Bretagna le cui relazioni con l' Italia presentavano ancora molti punti oscuri , e cercò invece di approfondire i rapporti con gli Stati Uniti in maniera discreta e meno esposta agli attacchi dell'opposizione politica interna. Il proble ma che si poneva per il governo italiano nella seconda metà del 1948 era insomma quello di conciliare le esigenze della difesa e della sicurezza con la volontà di recuperare una posizione di piena indipendenza su11a scena internazionale evitando d'altra parte scelte che potessero provocare una crisi nell'instabile quadro politico interno. La scelta di cercare di aderire all'Alleanza Atlantica fu probabilmen te fatta da De Gasperi quando questi si rese conto che un rapporto difensivo bilaterale sarebbe stato difficile d a instaurare, mentre la nuova alleanza in via di allestimento sarebbe stata rafforzata proprio d alla presenza degli Stati Uniti. L'adesione all'Alleanza Atlantica non comportò tuttavia, di per se stessa, l'automatica soluzione dei problemi relativi alla difesa dell'Italia, anche perché il trattato istitutivo non prevedeva affatto l'intervento immediato da parte delle truppe a mericane in caso di aggressione contro uno degli stati membri né il previsto piano di aiuti militari ebbe attuazione immcdiata(56); l'Alleanza costituì però pur sempre la premessa necessaria perché tali problemi potessero essere risolti col tempo in un contesto rite nuto politicamente soddisfacente dal governo italiano. Dovette comunque trascorrere più di un anno p rima che il governo si rendesse pienamente conto che l'esser entrati a far parte del Patto Atlantico costituiva sì una garanzia per il tipo di sviluppo politico-sociale desiderato, ma implicava a nche degli oneri non indifferenti. Il meccanismo stesso del piano di aiuti militari prospettato dagli Stati Uniti, infatti , comportava uno sforzo finanziario per il riarmo anche da parte dei paesi beneficiari , e per i governi De Gaspcri un aumento considerevole (56) Sui problemi relativi alla formu lazione dell'articolo 5 del trattato, cfr. REID , Time of Fear and Hope, cit. , pp. 211-213.


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deJJe spese per la difesa implicava una seria revisione della politica economica seguita fino a quel momento, e richiedeva quindi decisioni particolarmente difficili. Si cercò allora di conciliare in qualche modo lo sviluppo economico con le esigenze del riarmo cercando di ottenere dagli Stati Uniti la necessaria assistenza finanziaria per il potenziamento della produzione bellica nazionale. Ma solo quando questi tentativi si rivelarono inutili e un conflitto mondiale sembrò profilarsi all'orizzonte in conseguenza della guerra di Corea il governo italiano decise di aumentare le spese per la difesa: sempre con l'attenzione rivolta , però , alle esigenze della crescita economica , per cui, - contrariamente a quanto successe in altri paesi europei , come la Gran Bretagna, dove la priorità assegnata al riarmo finì per ostacolare severamente il processo di sviluppo -(57) , l'aume nto degli stanziamenti per la difesa non giunse mai a mettere in pericolo le scelte politiche di fondo. Un'ultima considerazione si impone relativamente alla progressiva riduzione del peso delle Forze Armate in seno alla società italia na , di cui sembra possibile cogliere gli inizi nel periodo preso in esame. Nell'Italia liberale, così come in quella fascista , le Forze Armate e in particola re l'Esercito , avevano svolto nella società un ruolo di primo piano: dopo l'unificazione ; infatti, l'Esercito era stato uno dei principali strumenti di cui la nuova classe dirigente italiana disponeva per dare coesione alla società italiana e per promuovere l'integrazione nazionale , mentre in epoca fascista la retorica del regime aveva tentato di imporre all'intera società l'etica militare come modello di vita. Orbene , negli anni tra il 1945 e il 1950, per tutti quei motivi che sono stati esposti , le Forze Armate persero questa posizione di centralità, e si posero le premesse per il ruolo , certamente non meno importante, ma senza dubbio molto più limitato, che esse avrebbero svolto nell'Italia repubblicana.

(57) Sull'effetto negativo del riarmo per l'economia britannica, cfr. Peter G . BOYLE, Britain, America and the Transition from Economie to Military Assistance, 1948-1951, in "Journal of Contemporary History", voi. 22, 1987, pp. 521-538. (58) Vera ZAMAGNI, The l ta/ian Economy in the 1950s, relazione inedita presentata al Con vegno Internazionale L'Europa e la politica di potenza: alle origini della Comunità Economica Europea, Fire nze , 23-27 settembre 1987.


ALLEGATI


AVVERTENZA

Nell'edizione dei documenti si è seguito il criterio di riprodurre l'intestazione dell'Ufficio che li ha redatti, quando questa compariva nell'originale. In mancanza dell'intestazione, e in assenzi,! di specifica indicazione relativa all'argomento, si è ritenuto opportuno apporre ai documenti un titolo seguito da una breve sintesi in corsivo e tra parentesi. I corsivi che compaiono nel testo indicano, invece, le sottolineature presenti ne/l'originale. I documenti di provenienza statunitense vengono pubblicati in traduzione curata dall'autore. In questo caso il titolo o l'intestazione sono quelli che compaiono nell'originale. Alla fine di ciascun documento è stata indicata, tra parentesi quadre e in corsivo, la fonte archivistica .


DOCUMENTO 1

ORDINAMENTO DELL'ESERCITO

1~) L'esercito del marzo 1944 risponde alle esigenze presenti, nostre e di cobelligeranza? 2°) Ed a quelle future prossime , dopo l'occupazione della Capitale ed all'atto delle graduali rioccupazioni del territorio lberato? 3°) Infine , come, ed in quanto, l'ordinamento presente dell'Esercito è atto a saldarsi con quello presumibile che verrà stabilito dal trattato di pace, o che (con molta minore probabilità) saremo liberi di definire in tale momento? Le risposte a questi tre quesiti (csnmino il primo ; mi limito '~d accennare al secondo ed al terzo, nelle linee molto generali) sono rese particolarmente ardue: - dalla nostra incompleta libertà di decisione, presente; - dalla situazione gravemente deficitaria - presente e, presumibilmente, futura - nel campo dei mezzi materiali; - dalla quasi impossibilità di conoscere quale esercito sarà consentito ali' Italia, ali'atto della pace. Se perciò non è difficile giudicare le necessità , è invece assai difficile - mentre sarebbe fondamentale - prospettare possibilità e soluzioni . Le considerazioni formulate in appresso derivano più da impressioni e convincimenti personali, da analogie con precedenti storici, da paralleli con organizzazioni militari terrestri estere, che da positivi elementi di valutazione e da precisi dati di fatto.

I - PRESENTE

L'esercito ha tre compiti fondamentali: 1°) cooperazione cogli alleati nella liberazione del territorio nazionale, mediante concorso di truppe operanti; 2°) cooperazione cogli Alleati, mediante prestazioni di lavoro; 3°) organizzazione militare delle regioni liberate, e in vista della gr_a duale liberazione di altre regioni; particolarmente, organiz-


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zazione militare delle regioni restituite alla Amministrazione Italiana. 1°) Cooperazione operativa La situazione morale ed economica del Paese , l'individualismo, la disonestà dilagante , la scomparsa dello spirito di sacrificio, la dimenticanza dell'amor di Patri~ - fattori negativi, tutti , che si riflettono sul soldato - in uno alle gravi deficienze di materiali , di libertà d'azione, di disponibilità comple ta e sicura persino del poco che è nostro, inducono a ritenere che la cooperazione operativa debba essere ridotta in quantità, per non farla, inevitabilmente, sfigurare in qualità. È vano e pericoloso fantasticare di intere divisioni op erative, quando mancano, non solo i materiali moderni per armarle e l'addestramento per impiegarle, ma gli uomini che vogliano e sappiano battersi, accesi da spirito combattivo e animati da alti ideali. Gli alleati lo sanno e lo intuiscono; possono anche comprenderne - entro certi limiti - più d'una ragione: illuderci per illuderli sarebbe colpevole. Carità di Patria impone di considerare e impiegare , quali unità operanli , solo quelle poche che, discretamente armate , equipaggiate , addestrate , non sfigurino nei confronti di quelle alleate . lmpressione conclusiva: nella presente situazione morale e materiale, ritengo: - che sia possibile cooperare dignitosamente, nel campo operativo, con una Divisione - o raggruppamento che dirsi voglia - o poco più; - che occorra creare ed avere , ad immedi ata , costante portata di questa grande unità serbatoi di complementi e di materiali, necessari per migliorarne l'efficienza e tenerla costantemente a numero; - che le divisioni di fanteria normali tipo «Mantova », «Pkeno », ecc . non abbiano vere e proprie caratteristiche operative ; rappresentino promesse se nza sicura base ; possano trovare impieghi più positivi a vantaggio del Paese e dell 'Esercito. 2°) Cooperazione lavorativa Ignoro quale e quanta forza alle armi sia impiegata, al presente, in questa cooperazione, e sia stata promessa, per l'avvenire , agli Alleati.


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A quanto mi consta, ad essa sono adibite alcune cosidette « Divisioni » di fanteria ridotte (ex-costiere), la cui intelaiatura (comandi, numero di unità) è di gran lunga superiore alle normali possibilità e opportunità della forza di cui dispongono e che, pertanto, consentono l'effettivo impiego di uno scarso numero di lavorawri. Se è facile comprendere che lo S.M.R.E. vuole mantenerle , artificialmente , in vita quali grandi unità , soprattutto per far fronte , in linea di ripiego, ad altre finalità, d'ordine militare , presenti e future, in realtà esse danno l'impressione agli alleati di essere un aggregato di comandi, di unità, di quadri, pletorico e parassitario, in cui molti comandano, ispezionano, consumano, pochi lavorano. Con un diverso ordinamento, la nostra cooperazione lavorativa potrebbe essere più efficace, e meglio giudicata dagli Alleati, che ci osservano, non solo nel campo operativo , ma in ogni forma di collaborazione , e che, sulle nostre prestazioni lavorative , fanno molto affidamento, anche perché su quelle operative sanno di poterne fare poco. - Sembra perciò opportun0 riesaminare l'ordinamento delle unità addette alla cooperazione lavorativa, per renderle meglio idonee al loro compito, rinunciando a conferire loro , artificialmente, caratteristiche militari che , in realtà, non hanno, né possono avere. Ciò tanto più , in quanto lo scopo di mantene rle in vita come grandi unità organiche in potenza è frustrato dai dissolvimenti organici che le autorità alleate determinano continuamente, in coerenza, occorre riconoscerlo , colle loro esigenze. - Per conferire alle unità lavoratori la giusta fisionomia organica ed il migliore rendimento, sembra opportuno: trasformarle in raggruppamenti lavoratori , ripartiti in battaglioni (o gruppi , se di arliglieria) e centurie. Raggruppamenti , battaglioni , centurie dovrebbero essere nel numero , ed avere il numero di quadri, strettamente necessario. Più raggruppamenti dipendenti da uno stesso comando alleato (Armata, Area , Sub-area, P.B .S. , ecc.) , dovrebbero essere riuniti in «brigata», al comando di un generale; quando una maggiore disponibilità di uomini lo consentirà (afflussi dalla Sardegna, richiamo degli sbandati della Campania, ecc.) costituirle prevalentemente con militari delle classi più anziane, restituendo quelli di classi giovani alle unità indivisionate. - Non concordo nella opportunità, che taluno ravvisa, di trasformare le unità lavoratori in reparti « militarizzati », sia pe rché


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esse divengono già inevitabilmente tali di fatto (e non occorre farle decadere di diritto), sia perché, a non lunga scadenza, gli Alleati le considererebbero quali reparti di manovali civili, e non attribuirebbero più all'Esercito l'apporto della loro collaborazione. 3°) Organizzazione militare del territorio Nei territori liberati, ivi comprese le province restituite alla nostra Amministrazione: - l'impero della legge è gravemente decaduto: le leggi preesistenti sono discreditate, quelle nuove ancora non esistono, né sono di prossima emanazione ; «non c'è legge », dice il popolo; - la disonestà dilaga, con manifestazioni estremamente perniciose quali l'avida ingordigia dei contadini e dei commercianti , il contrabbando, il mercato nero: poco o punto infrenati, accettata come fatalità; - le autorità civili, locali e provinciali, hanno scarso ascendente, quando non collaborano a malefatte; la voce dell'Autorità centrale non giunge, o non è ascoltata ; - il prestigio dell'Arma dei CC.RR. ,- e la sua azione sono scarsamente efficaci; - la situazione economica della maggior parte dei cittadini diviene sempre più difficile; - inesistente la ricostruzione degli abitati, delle vie di comunicazione, di molti servizi pubblici vitali; - paralizzate le industrie ed il commercio normali; - i partiti del disordine - che hanno buon giuoco in tanto sfacelo - si organizzano, trovando aderenti, non solo nelle classi inferiori, ma in ogni classe. In conclusione , non soltanto l'ordine pubblico è minacciato , ma, nel campo militare, poco di veramente positivo si fa per porre tempestivamente ogni possibile rimedio alle varie manifestazioni di dissolvimento nel campo civile. L'Esercito - adibito alle attività operativa e lavorativa - non è, né organizzato , né impiegato, per infrenare la disorganizzazione territoriale, contrariamente al suo compito storico: il popolo, in parte crede, in parte si compiace di credere , che l'esercito ormai non esiste più. - Gli organi dell'Esercito aventi compiti territoriali, sono, al presente: inefficienti e insufficienti, come i «comandi territoriali» , aventi


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giurisdizioni eccessivamente ampie, sprovvisti di mezzi di trasporto e di collegamento inadeguati, sprovvisti di truppe pro- · prie ali 'infuori dei Depositi e dei Distretti (più uffici che truppe); in crisi di personale, di mezzi, di locali, come i Depositi e i Distretti. Mancano pressoché totalmente , o sono insufficienti , inadeguati , mal dislocati, comandi e reparti , i quali: - dimostrino alla parte sana del Paese per suo conforto, ed a quella malsana per suo monito, che l'Esercito ancora esiste; - costituiscano il simbolo, potenziale, e, all'occorrenza, il sostegno della legge e dell'autorità civile; in altre parole, siano, non solo idonei a intervenire in casi di pubblici disordini, ma a prevenirli colla loro presenza ed azione; - collaborino, sia pure limitatamente, alla ricostruzione di abitati, vie di comunicazioni, opere pubbliche; - riorganizzino organi di leva , distretti militari , Depositi ; migliorino la disciplina militare nei vari presidi; - siano posti, sino al possibile , in misura di creare elementi per l'organizzazione militare dei territori che verranno via via liberati. Si può , entro certi limiti: - ritenere che alcuni di tali compiti siano, o possano essere, assolti dagli alleati; - temere che non risulti facile disporre , per gli interessi esclusivi del Paese, di unità non direttamente collaboranti nel piano operativo ovvero in quello lavorativo. In realtà, dagli Alleati: - si può sperare, soltanto e limitatamente, un contributo per reprimere eventuali disordini pubblici contrastanti coi loro interessi o punti di vista; - con accordi e ripieghi accettabili, si può presumibilmente ottenere il consenso ad una organizzazione militare meno inefficiente - nel loro stesso interesse indiretto - di quella attuale. Ciò premesso, ai fini della organizzazione militare del territorio sembra desiderabile e necessario: 1) siano costituiti, in ciascun comando di Corpo d'Armata previa soppressione dei comandi territoriali - in numero adeguato, « Divisioni militari» aventi giurisdizione su determinate circoscrizioni territoriali, affidandone il comando:


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a) ai comandi organici delle attuali «Divisioni di fanteria», che solo apparentemente hanno una efficienza operativa; b) ai comandi organici delle attuali « Divisioni di fanteria ridotte» (ex-costiere), da sottrarre allo inquadramento delle unità lavoratori ; 2) ogni Divisione militare abbia: - comando: al completo , nella formazione attuale (compresi sezione CC.RR. - Ufficio postale); - unità genio e automobilistiche attuali ; - un nucleo, sia pure limitato, di truppe, tratto dalle attuali divisioni di fanteria, dalle truppe affluenti dalla Sardegna (classi più giovani; le più anziane ai raggruppamenti lavoratori) , da recuperi di sbandati di classi giovani. In ogni circoscrizione divisionale - a seconda delle sue particolari necessità - l'Esercito sarà così vivo ed operante. Potrebbero essere create le seguenti divisioni militari. alquanto numerose , per poterle spostare, in parte, nelle tene via via liberate: Sardegna: Cagliari , Sassari; Sicilia: Palermo, Cat ania , Agrigento (o altra città rneridionale) ; Continente liberato: Reggio Calabria, Catanzaro, Potenza, Taranto, Bari , Napoli , Salerno, Benevento (o Caserta). La circoscrizione delle divisio ni nel cui territorio si trovano grandi unità (Palermo, Napoli) dovrebbe essere circoscritta al centro abitato. Il - FUTURO PROSSIMO In linea di relatività , considero: - prossimo , il futuro sino alla graduale rioccupazione del territorio nazionale; - remoto , quello in cui veqà stipulato il trattato di pace e saranno conseguentemente riorganizzate le forze armate. L'occupazione di Roma costituirà un avvenimento rilevante nel piano morale e in quello politico nazionale e internazionale, ancor più che nel piano militare. In tale momento , occorrerà peraltro essere in misura di formul are un progetto concreto di riordinamento dell'Esercito, da presentare al Governo che vi sarà creato , con chiara visione delle necessità e delle possibilità in atto e future prossime.


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Si può ritenere che, sostanzialmente, le necessità permarranno, sino alla pace, quelle presenti: - cooperazione operativa cogli Alleati; - collaborazione lavorativa cogli alleati ; - organizzazione militare del territorio liberato. 1) Cooperazione operativa La nostra diminuente più grave rimarrà fatalmente , a mio parere, quella derivante d alla impossibilità di modificare lo spirito del popolo italiano, e perciò del soldato che ne è il riflesso: di rinvigorire cioè adeguatamente nel soldato, e nei quadri sottufficiali e ufficiali di complemento, lo spirito di sacrificio e di amor di Patria. Nel centro-settentrione trove remo nuclei di patrioti combattenti che potranno , forse , in parte , essere impiegati nel campo operativo; ma, da una parte , lo sfacelo del Paese sarà particolarmente grave, dulrultra , rileveremo rnaggiort: avv1::rsionc alla gut;fra, più deciso a ntimilita rismo, più acceso sovversivismo. Non credo quindi sia pessimistico ritenere che le possibilità operative dell'Esercito non miglioreranno, né in qualità, né in quantità (tra l'altro, perderemo via via i militari centro-settentrionali di tutte le classi aventi diritto al congedam ento). II) Cooperazione lavorativa Occorre prevedere, sin d'ora, che le richieste degli Alleati si accentueranno, mentre il centro-settentrione fornirà pochi uomini validi, all'infuori di quelli indispensabili ai lavori dei campi e alle principali attività civili (molti validi saranno stati deportati d ai tedeschi). Occorrerebbe perciò ottenere, tempestivamente, dagli Alleati la restituzione di un numero adeguato di prigionieri di guerra, che potrebbero recare un buon contributo di lavoro ; questo verrebbe, d 'altronde , ad impedirne le disoccupazione ed a ridurne la bolscevizzazione (non credo allo impiego lavorativo, in Patria , degli exprigionieri, se non in proporzioni minime). III) Organizzazione militare del territorio Dovrebbe essere proseguita coi precedenti criteri. Organizzata l'Italia insulare e meridionale , qualche Divisione


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militare portrebbe essere via via spostata verso il Nord; qualche altra dovrebbe essere creata , con ogni sforzo. Comunque, due affermazioni mi paiono lecite: a) rispetto ad una cooperazione operativa avente più che altro valore morale, e ad una cooperazione lavorativa avente un carattere militare puramente esteriore, l'organizzazione militare del territorio costituirà il compito e l'attività più rilevanti e importanti del/' Esercito; b) mentre le scarse forze operanti e i raggruppamenti lavoratori non potranno, di certo, costituire il trampolino del futuro esercito né la forza armata a guardia del Paese ed a tutela della pace, una organizzazione militare territoriale leggera, ma ben armonizzata colle forze di polizia ed i partiti del 'ordine, potrà presumibilmente assolvere tali funzioni, vitali per l'esistenza del Paese. Hl - FUTURO REMOTO

Sembra si possa ritenere che, all'atto della pace: - l'Italia non sarà mai libera di stabilire, né l'entità delle sue forze armate, né il loro ordinamento ( che ci · saranno imposti); - le sarà però lasciata una certa efficienza militare, non solo per le sue strette esigenze, ma (tatticamente) in funzione anti russa ; - le saranno consentite , al massimo, forze militari terrestri pari a 100.000 uomini, compresi i quadri ed escluse le forze di polizia, in analogia colle limitazioni imposte, da Versaglia, alla Germama ; - si tenderà a congegnare la nostra organizzazione militare terrestre sul tipo inglese od americano. L'aleatorietà di queste previsioni1 e le incognite, sono tali e tante da non consentire (specie a chi, come lo scrivente, difetta di dati di fatto e di valutazione) , la formazione di un progetto di riordinamento dell'Esercito. L 'autorità centrale deve peraltro cercare di antivederlo, almeno nelle linee generali, come espressione dei suoi desiderata nell'interesse del paese, nonché per cercare di discostarsene, a suo tempo, il meno possibile. Criteri generali - Non temere di tagliare i ponti cogli ordinamenti del passato, rivelatisi deboli e non rispondenti, alla dura realtà.


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- Basare l'organizzazione militare di tutte le forze armate sul potenziale bellico, del paese (specie: economia, organizzazione industriale), quale si delineerà all'atto della pace; le guerre moderne sono urti di potenziali bellici. - Unificare la preparazione delle tre forze armate; soprattutto, considerare onnipresente il fattore aereo: l'impiego delle tre forze armate nella guerra moderna è eminentemente unitario; tale deve essere perciò anche la loro preparazione. - Trasferire a Ministeri non militari tutte le attività non strettamente militari (servizi rimonta, ecc.). Bilancio della difesa nazionale depurato di ogni genere non avente effetti di politica militare (in primis, del debito vitalizio). - Ricercare la collaborazione degli ufficiali alla formazione d'una dottrina sentita: non imporre dogmi stereotipati e giudicare sfavorevolmente ogni idea nuova. Ricercare e valorizzare i tecnici , indipendentemente dal grado che rivestono. - Premesso che, in un paese a temperamento amilitare, come il nostro, l'esercito di leva si è dimostrato non rispondente alle esigenze della guerra moderna, e che un piccolo esercito deve tendere alla ricerca delle qualità, occorre orientarsi verso un esercito professionale a ferma relativamente lunga, che si dedichi soltanto alla preparazione alla guerra (esercito regolare) affiancato da una milizia, a ferma brevissima, per le esigenze territoriali (milizia territoriale). - Le riserve militari terrestri devono essere sistematicamente istruite previa differenziazione dei loro doveri: la nostra riserva unica non istruita, ha rappresentato un grave errore. - La necessità, fondamentale, di una seria e solida organizzazione per La guerra, sia nel campo principale della preparazione della nazione, sia in quello subordinato della preparazione delle singole forze armate, deve essere severamente compresa, affermata, tradotta in atto, in contrasto e reazione alla nostra faciloneria improvvisatrice e genialoide (di cui la politica dei prototipi, le riserve di personale non istruite, la mancanza di riserve di materie prime e di materiali, ecc., ecc., sono tragiche prove).

Organi centrali comuni alle FF.AA. - Ministero unico della difesa nazionale, comprendente tre dipartimenti: guerra , marina, aeronautica. - Divisione stato maggiore generale ( ufficiali delle tre forze


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armate) alle dirette dipendenze del Gabinetto del Ministro , con compiti di coordinamento. - Stato maggiore particolare di ciascuna forza armata: parte di ciascun dipartimento. - In ogni dipartimento: poche divisioni , ripartite in uffici: organi snelli, di tecnici, non di impiegati vestiti in uniforme. - Abolizione, almeno in un primo tempo ( occorrerà essere in pochi a comandare e dirigere) degli alti organi deliberativi (Commissione suprema di difesa) , consultivi (Consiglio dell'Esercito, della Marina, dell'Aeronautica) , ispettorati (per l'Esercito ; ispettorati d 'arma e tecnici) centrali.

Organizzazione centrale dell'esercito - Organizzazione di comando sep;:irata dalla organizzazione territoriale. - Organizzazione di comando (esercito regolare: comandi e truppe rnohi!i) esclusivamente orientata alla preparazione alla guerra. - Organizzazione territoriale (milizia territoriale: comandi e truppe territoriali) con compiti di relazione tra esercito e paese , reclutamento, mobilitazione. - Riduzione dell'organizzazione logistica allo stretto indispensabile (compiti direttivi e di spiccato tecnicismo); largo ricorso all'industria e alle attività civili. - Forze di polizia - CC.RR. compresi - separate dall'Esercito e posie alle dipendenze esclusive di Ministeri non militari.

Organizzazione di comando - Esercito regolare, composto esclusivamente di militari di carriera : ufficiali , sottufficiali , truppa (ufficiali di complemento m addestramento e in soprannumero): esercito cioè professionale. Il suo alto costo sarà compensato dalla piccolezza dell'orga nisrrio, dalla limitazione del numero dei quadri, dalla eliminazione dal bilancio di ogni spesa non strettamente militare (tra cui, principale , il debito vitalizio, da trasferire al Ministero delle Finanze). Ferma


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volontaria sottufficiali e truppa - minima - di cinque anni, rinnovabile. Accurata scelta, e successiva selezione , del personale, convenientemente allettato: rese presumibilmente possibili dalla crisi economica. - Scuola di reclutamento unica ufficiali in s. p.e. (particolari da definire) . - Reclutamento degli ufficiali di complemento e dei sottufficiali di carriera presso plotoni reggimentali dell'esercito regolare (le scuole hanno dato pessime prove, formando dei generici e non plasmando dei soldati). - Scuole militari di applicazione: criteri prebellici. - Scuole militari di perfezionamento: d'arma , per mettere a fuoco la preparazione tecnica dei capitani ; scuola di guerra: perfezionamento di elementi scelti e consegue nte disponibilità di ufficiali brevettati per le esigenze <lei comandi (servizio di S.M.) . - Istituti militari <li perfezionamento superiore; « Istituto superiore di guerra)) (tipo Jstituto di guerra marittimo) coi seguenti compiti: a) perfezionamento e apporto collaborativo, ùi tenenti colonne lJi anziani e di colonnelli ; b) alti studi per Generali.

-

Abolizione dello Stato Maggiore, come corpo chiuso. mag-

Impiego dei brevettati della scuola di guerra in servizio di stato giore di breve durata. Permanenza normale dei brevettati: alle pe. - Stato e grado di ufficiale concessi solo agli ufficiali a rmi combattenti. Tutti gli altri: militarizzati . Largo impiego di impiegati civili (specie se non limitati clausole militari di pace).

trupde lle dalle

- Generale motorizzazione del/' EserciLo (escluse, in quanto necessario le truppe da montagna). - Suddivisione del genio in: « truppe dei lavori » e « truppe dei collegamenti ». - Obbligo agli ufficiali di conoscere e sapere impiegare gli automezzi. Concessione della « razione benzina di servizio », in sostituzione delle « razioni foraggio ». - Obbligo agli ufficiali di avere diffuse conoscenze di aeronautica, di compiere voli e osservazioni dall'aereo.


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Organizzazione territoriale - Milizia territoriale, composta di militari di leva con breve ferma (mesi sei). - Comandi: regionali (retti da generali) e, in quanto occorra , provinciali (retti da colonnelli o tenenti colonnelli) . - Truppe: compagnie presidiarle a disposizione dei comandi regionali; plotoni presidiari a disposizione dei comandi provinciali: Distretti e depositi: compiti presenti. - Quadri: Generali e superiori , in rotazione dalla organizzazione di comando; inferiori , reclutati attraverso apposito ruolo a carriera limitata. - Largo impiego di militarizzati , e di impiegati ed operai civili di ruolo militare. 1O marzo 1944 F.to Generale Lu1GI

0 -I ATRIAN

/ Fonte: Archivio Ufficio Storico dello Stato Maggiore Esercito, 1/3, racc. 210, cart. 8/


DOCUMENTO 2

PROGEITO DI RIORDINAMENTO DELL'ESERCITO (Studio non datato inserito in una cartella recante la dicitura: Ufficio Operazioni - Aprile 1944) PREMESSA Nel dopoguerra l'esercito dovrà naturalmente subire una fortis-

sima contrazione, in dipendenza essenziale di tre cause: - ondata di antimilitarismo , normale di ogni dopoguerra; - ristrettezze economiche del Paese; - vincoli restrittivi, certamente imposti dal trattato di pace; - diminuzione forse di provincie (Fiume-Gorizia) certo di colonie. Per contro è indispensabile che l'organizzazione militare non scompaia del tutto e che rimanga un nucleo vitale dell'esercito, se pure ridotto, che possa eventualmente dar vita, ad un organismo maggiore . Per ottenere questo è necessario che tutte le risorse disponibili per l'esercito siano utilizzate al massimo rendimento e in particolare per l'esplicazione dei reali compiti dell'esercito. E in questo argomento occorre rivedere alcune idee. Noi siamo ancora un po' ad uno stadio di organizzazione antiquata, che risente del tempo in cui l'esercito provvedeva direttamente a quasi tutte le sue esigenze di vita e quindi aveva una propria organizzazione sanitaria, propri stabilimenti di produzione sia di anni, sia di viveri , sia di vestiario ed equipaggiamento, ecc. Questo sistema non può più evidentemente andare oggi e tanto meno in un prossimo futuro perché porterebbe all'impiego in tali attività di quasi tutte le forze che potremo mantenere alle armi , consentendo l'addestramento veramente militare solo di una piccola aliquota del contingente. Né una simile organizzazione di pace è necessaria in vista di quella di guerra, perché abbiamo visto chiaramente che nella guerra moderna è ormai tutta la nazione che viene mobilitata e o rganizzata al di fuori della sfera di competenza strettamente militare . Occorre perciò oggi che l'organizzazione militare di pace sia


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esclusivamente devoluta alla parte più spiccatamente tecnica della preparazione alla guerra e cioè all'addestramento delle truppe operanti e allo studio del loro impiego. L'autorità militare dovrà naturalmente anche studiare e determinare i fabbisogni presumibili di materiali in qualità e quantità in caso di guerra, ed esplicare in questo campo una funzione direttiva in accordo con l'autorità civile, ma la produzione e l'attrezzatura per la produzione non sono più compito dell'autorità militare, investono tutta la vita del paese e sono perciò compito del Governo. TI problema nel campo industriale è indubbiamente arduo poiché se si deve costruire ad es. il prototipo di un nuovo aereo od un nuovo cannone non si troverà alcuna ditta che lo voglia fare poiché questa sarebbe costretta a mantenere o costruire una attrezzatura improduttiva poiché non destinata alla produzione in serie o quanto meno ad una produzione limitata che non compensa le spese generali ma d 'altra parte il problema va affrontato ed in qualche maniera risolto in modo da portare alla soppressione di tutti o quasi tutti gli stabilimenti militari che sarebbero troppo costosi per l'esiguo bilancio delle forze armate. Quindi nelle condizioni prevedibili in un prossimo futuro e che rimarranno tali per molti anni, noi possiamo prevedere un esercito organizzato sulle seguenti basi: - un certo numero, sempre limitato , di unità come palestra per l'addestramento dei quadri e della truppa; - un'organizzazione territoriale ridotta al minimo e con funzioni quasi esclusivame nte attinenti alla mobilitazione e alla tenuta a ruolo della forza; - una organizzazione logistica ridotta pressoché alle funzioni di studio da parte degli organi centrali e accantonamento delle dotazioni di mobilitazione di prima necessità ; - ricorso alla industria e commercio civili, con opportuni accorgimenti (contratti tipo, ecc.) per tutte le necessità materiali di vita dell'esercito. In questa inquadratura occorre poi: - che il personale (dagli ufficiali alla truppa) sia scelto; - che siano accuratamente eliminati tutti gli impieghi inutili di personale; - che sia snellita e alleggerita tutta l'organizzazione militare. Su questi concetti si basa il seguente studio , prescindendo dal tipo di ferma che sarà adottato (esercito permanente - ferma lunga , brevissima ecc.) .


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1) Gli organi centrali

L'esperienza di questa guerra ha dimostrato il danno veramente notevole arrecato dai molteplici e pesanti organi centrali militari al loro stesso funzionamento ed il serio ostacolo opposto da ciò ad una snella e celere attività delle varie branche dell'amministrazione e degli organi preposti alla preparazione e alla condotta delle operazioni. TI fenomeno è stato aggravato dall'elefantiasi raggiunta dagli organi stessi e dai sistemi superburocratici che hanno man ma no preso piede. Nell'attuale situazione, pa rticolarmente favorevole all'esistenza di otganismi piccoli, è n ecessario ed urgente affrontare e risolvere radicalme nte il problema. Nella nostra situazio ne militare attuale ed in vista di un lungo periodo di pace, lo S. M. R.E . può e deve essere ridotto alle funzioni di organo tecnico, pe r la parte specifica de lla p reparazione dell'esercito e di consulente del Ministro della G uerra in tale materia . Sotto questo punto di vista , che è poi quello originario delle funzioni dello S.M., è superfluo, ritardatore e dannoso che esso sia un organo compl esso ed avulso dal Ministero. Perciò, organo centrale unico con a capo il Ministro e suddiviso in due branche strettamente cooperanti: - il Gabinetto, alle dipendenze del Sottosegretario, per la parte stre ttamente politico-a mministrativa ; - lo S .M. , alle dipendenze del Capo di S.M., p er la parte tecnico-militare (operazioni, informazioni , servizi, addestramento , ordina mento e mobilitazione). Qualora esistesse un organo centrale unico , ed è necessario che esista, esso potrebbe essere un Ministero della Difesa Nazionale con relativo Stato Maggiore Generale come organo tecnico . In tal caso ogni F.A. avrebbe anziché un Ministro, un Sottosegretario, dal quale dipenderebbero il Gabinetto, con un Capo Gabinetto, e lo S.M., con un Capo di S.M. · I Capi di S.M. delle singole FF.AA. avre bbero allora una duplice dipe ndenza: dal rispettivo sottosegretario e , in linea tecnica , dal Capo di S.M. Generale. Tutti questi organi centrali devono essere molto snelli; pochi elementi , ma veramente capaci, ai quali dare la soddisfazione e l'incitamento di usufruire di una giusta iniziativa , senza abbrutirli in lavori d'ordine.


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Al Gabinetto faranno capo le Direzioni Generali, ridotte di numero e soprattutto di mole: personale ufficiali, L.S.T. , artiglieria , genio, motorizzazione, sanità e veterinaria, _servizi logistici e amministrativi, personale civile e affari generali. Allo S.M. faranno capo gli ispettorati, ridotti di numero a quelli effettivamente necessari, e limitati nelle funzioni alla parte tecnica: artiglieria (che si occuperà anche di quanto riguarda le armi pesanti di fanteria) , genio, truppe corazzate e motorizzate.

2) L'organizzazione territoriale È indispensabile scindere l'organizzazione territoriale da quella delle G. U. per lasciare libere queste ultime di dedicarsi esclusivamente all'addestramento del personale , allo studio teorico e pratico dei problemi operativi e d'impiego . L a scissione è necessaria anche per il fatto che essendo, forza tamente , le unità in numero limitato , la loro giurisdizione territoriale sarebbe così vasta e i compiti così molteplici da assorbire ogni attività. Il problema può essere risolto con la istituzione di comandi militari territoriali per provincia e per regione che dovrebbero assorbire tutti i compiti di carattere territoriale oggi devoluti a distretti, presidi , zone, ecc. Occorreranno circa: 14 comandi regionali e 75 comandi provinciali, potendo alcune provincie minori essere abbinate. I comandi territoriali dovrebbero disporre di reparti territoriali per tutti i vari servizi senza incidere per questo sulle unità . In linea di massima una compagnia presidiaria per ogni comando militare provinciale. La funzione di comandante del presidio, limitata alle questioni di disciplina generale e di comando di tutte le truppe in caso di emergenza, sarebbe naturalmente devoluta all 'ufficiale più elevato in grado presente in zona, anche se appartenente alle G. U. In particolare circa i reparti presidiari:

- i quadri dovrebbero essere tratti dal ruolo degli ufficiali con carriera limitata al grado di capitano di tutte le armi; - personale reclutato con requisiti fisici inferiori a quelli stabiliti per il personale delle unità mobili che dovrà essere scelto; - durante i primi mesi di servizio i reparti territoriali


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dovranno compiere il normale addestramento dei reparti di fanteria, in sede e al campo, inquadrati nelle G.U.; - i reparti presidiari avranno l'armamento individuale , f.m. e mitragliatrici; - in caso di mobilitazione i depositi dei reparti presidiari forniranno il personale per i servizi territoriali e di campagna (sezione sussistenza , reparti panettieri, tappe, ecc.) ed eventualmente complementi per le unità operanti , limitatamente al personale delle classi più giovani.

3) Le unità mohili

Saranno naturalmente poche in relazione alle nostre possibilità materiali , ma scelte e sempre complete come personale e mezzi ; questo compenserà lo svantaggio di averne poche. È difficile stabilire delle cifre fin d 'ora , ma a titolo orientativo

si possono indicare le seguenti che , almeno per una prima fase, difficilmente potranno essere superate e con molta probabilità diminuite:

- 5 corpi d'armata; - 2 divisioni corazzate; - 4 divisioni motorizzate; - 6 divisioni di fanteria; - 5 raggruppamenti alpini (2 btg. - 1 gr.) ; - 1 reggimento paracadutisti; - 3 reggimenti di cavalleria; - 5 reggimenti artiglieria di C.A. (su 3 gr.); - 2 reggime nti artiglieria contraerea (su 3 gr.); - 5 reggimenti genio di C.A. (su 4 btg.); - 4 reggimenti genio speciali (su 3 btg. ). Non è possibile stabilire fin d'ora quali dovranno essere gli organici definitivi delle G.U. ; essi scaturiranno dallo studio approfondito delle esperienze della guerra. Per un riordinamento iniziale si potrebbero adottare i seguenti: a) divisione corazzata: - un reggimento corazzato su 3 btg. , - un reggimento fanteria su 3 btg. , - un reggimento artiglieria su 3 gruppi, - un battaglione genio; b) divisione motorizzata:


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un gr. o btg. carri, due reggimenti fanteria su 3 btg. , due reggimenti artiglieria su 3 gruppi, un battaglione genio; c) divisione fanteria: - tre reggimenti fanteria su 3 btg. , - un battaglione armi e.e. e ace., - due reggimenti artiglieria su 3 gruppi, - un battaglione genio. I btg. genio divisionali saranno in pace compresi nei reggimenti genio di C.A., tranne che per quelli delle divisioni in Sicilia e in Sardegna. Tutto ciò essenzialmente per formare un complesso organico della congerie di reparti e rottami di reparti oggi esistenti. Come organici delle minori unità è bene per il momento conservare gli attuali.

4) / servizi

L'Esercito non deve essere gestore di alcuna attività produttiva: quindi abolire tutte quelle esistenti a cominciare dalle fabbriche di scarpe e di scatolette per finire ai caposarti reggimentali. I materiali debbono essere fomiti tutti, più economicamente, dall'industria privata. L'esercito deve invece occuparsi: - della determinazione dei fabbisogni in qualità e quantità e della distribuzione e impiego dei materiali. Naturalmente occorreranno rigorosi sistemi di controllo da ottenersi: - con l'accettazione delle partite di materiali da parte di commissioni militari che apporranno particolari contrassegni agli oggetti accettati ; - con la pubblicazione e aggiornamento delle norme di collaudo e la sanzione di provvedimenti disciplinari e penali a carico delle commissioni che abbiano accettato oggetti riconosciuti, anche a distanza di tempo, non rispondenti alle norme stesse. Anche nella parte amministrativa occorre addivenire ad una amplificazione di tutte le complicanze e procedure oggi esistenti. In tal maniera si potrà ridurre il corpo di commissariato e addiveni re alla soppressione dei corpi di sussistenza e di amministrazio-


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ne; nei comandi ed enti ove occorre si potrà tenere personale tecnic9 assimilato ( tipo ragionieri d'artiglieria o altro).

5) Le armi e corpi dell'esercito - La fanteria può rimanere come attualmente, coi suoi corpi speciali: bersaglieri (che potranno costituire la fanteria delle divisioni motorizzate e corazzate), alpini, granatieri. È da vedere se non converrà dare a tutti i pochi ;eggimenti di fanteria che rimangono , un nome tipo granatieri , cacciatori o altro. - L'artiglieria rimane come attualmente. - Il genio deve specializzare in sé un corpo dei collegamenti; e ciò fin dall' ultimo anno delle scuole di reclutamento ufficiali e fino al grado di colonnello escluso. - La cavalleri a, pur mantene ndo l'istruzione e alcuni reparti a cavallo , deve dar vita all 'arma dei carristi. - Il corpo sanitario rimane come attualmente, naturalmente molto ridotto di proporzioni , sia per la contrazione degli effettivi di tutto l'Esercito , sia per la diminuzione degli stabilimenti sanitari che dovrebbero rimanere 5 o 6 con funzioni medico-legali e di centri di mobilitazione . - Analogamente il corpo di commissariato. - La guardia alla frontiera è soppressa come corpo a parte. I suoi compiti tornano, come già in passato, agli alpini e alle altre unità in zona di frontiera. - I corpi di amministrazione e sussistenza vengono aboliti. Gli ufficiali ve ngono sostituiti , negli enti e comandi ove occorre, con personale civile assimilato e in altri casi (consegnatari magazzini , ecc.) con ufficiali del ruolo con carriera limitata. Sottufficiali e truppa verranno invece forniti dai reparti territoriali . - Il corpo automobilistico viene soppresso: rimane il servizio tecnico costituito da ufficiali delle varie armi che seguano adeguati corsi di specializzazione. Per le necessità dei reparti delle varie armi, ognuna provvede con proprio personale. I reparti automobilistici delle G.U. possono in pace essere costituiti con personale delle varie armi; in guerra essere mobilitati da qualche deposito specializzato.


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- Il servizio chimico viene abolito. Nulla vieta che col tempo venga costituito un centro di studio con personale specializzato delle . . vane arm1. - Il servizio dei centri rifornimento quadrupedi e dei depositi cavalli stalloni avrà proporzioni molto ridotte nell'esercito di domani; si può abolirlo lasciando l'organizzazione , con opportuni accordi, al Ministero Agricoltura e Foreste; tanto più che la ricostituzione del patrimonio equino sarà un problema di interesse nazionale. - Il servizio geografico può essere abolito come ente, con ruolo a parte. Sarà mantenuto come attività , con personale direttivo delle varie armi e personale tecnico civile, eventualmente assimilato. - I servizi tecnici vengono mantenuti: artiglieria , genio, moton zzaz1one. Gli ufficiali saranno reclutati nel grado di capitano da quelli delle varie armi che seguano adeguati corsi di specializzazione.

6) Gli ufficiali in S. P.

È il campo più delicato, ma anche que U~ in cui maggiormente si può e si deve lavorare per rinnovare realmente l'organismo militare. Occorre intanto premettere due cose: - primo: che gli ufficiali (e i sottufficiali) non devono essere considerati come comuni impiegati de11o Stato. Essi devono formare una categoria a parte con doveri e diritti speciali; - secondo: che devono essere considerati ufficiali e indossare ia divisa soio coloro che hanno comando di truppa e in guerra partecipano alle operazioni: ufficiali delle armi combattenti e dei servizi sanitario e commissariato. Tutti gli altri (amministrazione, sussistenza, postale, giustizia militare) devono essere dei militarizzati : in borghese in pace in sede, con speciale uniforme in guerra e ai campi. Gli ufficiali s.p. devono essere reclutati sulla più ampia base nazionale possibile e perciò la frequenza agli istituti di reclutamento deve essere assolutamente gratuita, anche in considerazione della fun zione di interesse nazionale che l'ufficiale assolve. L'esperienza della guerra ha messo in luce la grande elasticità nei confini esistenti fra la competenza delle varie armi: do nde la necessità di una profonda conoscenza reciproca che consiglia la


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scuola inizialmente unica e con specializzazione successiva. L'ufficiale deve essere accuratamente scelto all'inizio , bene istruito , e severamente selezionato durante la carriera. Deve inoltre essere utilizzato nei suoi anni migliori: chi vale deve raggiungere gli alti posti di comando prima dei cinquant'anni e poi naturalmente non fossilizzarsi in essi. L'applicazione di tali criteri comporta naturalmente una spesa elevata perché bisogna tener conto delle necessità di vita di coloro che vengono progressivamente eliminati pur senza aver demeritato in modo specifico. Inoltre il trattamento economico degli ufficiali deve essere tale da non metterli in condizioni di vivere permanentemente sotto l'assillo del problema economico. D 'altra parte o si fa un esercito , sia pure piccolo, ma con elementi selezionati e di pieno rendimento oppure si ricadrà nell'inconvcrùente di ufficiali che pian piano si trasformano in impiegati. Pensare di impiegare nei comandi ed enti territoriali quegli ufficiali destinati a morire ad es. nel grado di maggiore è un gravissimo errore , perché affida settori delicatissimi della vita e della preparazione dell'esercito a persone che, nella massa, non tirano più che a sbarcare il luna rio. D el resto il maggior costo unitari o dell'ufficiale sarà compensato dalla fortissima riduzione quantitativa e dal maggior rendimento. Per i particolari su un progetto di organico, reclutamento e avanzamento degli ufficiali v. allegato 1 [non riprodotto].

7) Stato Maigiore Deve essere abolito come corpo con ruo lo a parte. Que llo attuale deve essere sveltito , reso più p ratico , più aderente alla realtà , meno burocratico. Ridotti al minimo i vantaggi di carriera, o meglio soppressi . Tutti gli ufficiali devono frequentare l'I.S .G. ; naturalmente di essi un'aliquota verrà eliminata durante i corsi e solo i migliori saranno chiamati a ricoprire i posti direttivi nel servizio di S.M . (capi di S .M . , capi ufficio, ecc.); ma tutta la massa sarà più o me no idonea a ricoprire gli incarichi secondari del servizio di S.M. e comunque avrà integrato almeno in parte i corsi degli istituti di reclutamento.


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Tutti devono poter ruotare in servizio di S.M. e cesserà così quel carattere di casta privilegiata che ha oggi lo S.M. Tutti gli ufficiali con incarico di S.M, dovranno essere pochi, ma impiegati veramente come tali, in compiti direttivi. Le rotazioni ai comandi di reparto veramente effettuate. In particolare v. allegato 2 [non riprodotto].

8) Gli ufficiali di complemento - li titolo di studio non deve costituire condizione necessaria e sufficiente per l'ammissione alle scuole A.U.C. e, peggio, per la nomina a ufficiale. - Gli aspiranti al corso debbono compiere prima un periodo di prova ai corpi. - L'avanzamento deve essere regolato da criteri severissimi e comunque in pace, non andare oltre il grado di capitano e in guerra non oltre il grado di ten . colonnello e solo per chi comanda reparti m linea. In particolare vedi allegato 3 [ non riprodotto] .

9) I sottufficiali Problema sempre studiato e sbandierato e in realtà mai risolto. Occorre: - migliorare la qualità; - migliorarne il trattamento economico; rivalutare i gradi. Per migliorare la qualità occorrono buoni corsi di reclutamento e selezioni nelle promozioni. La carriera può essere agevolata consentendo uno sbocco nel ruolo con ca rriera limitata al grado di capitano e mante nendo gli attuali provvedimenti per il passaggio agli impieghi civili. Il trattamento economico deve essere migliorato per formare della carriera del sottufficiale una sistemazione possibile anche dal punto di vista economico. Vi sarà naturalmente un maggior costo unitario , ma si potranno rjsparmiare molti ufficiali . Questo per i sottufficiali di carriera. Per quanto riguarda i sottufficiali non di carriera, è necessario che un forte numero di militari sia abilitato al grado sottufficiale, in


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modo da costituire, in guerra, i quadri di classi che saranno istruite solo in parte. In particolare v. allegato 4 [non riprodotto].

10) Le scuole In base a quanto si è detto le scuole dovrebbero essere le seguenti: - R. Accademia Militare (unica). - Scuola d'applicazione d 'arma - dividere anche artiglieria e genio. L e scuole d'applicazione devono diventare anche dei centri di studio superiori d'arma con corsi analoghi a quelli delle odiern e scuole ce ntrali .

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I.S .G .

- Centri studi tecnici (~rmi e mumz10ni , coiiegamenti , materiali del genio, mezzi corazzati, motorizzazione) . - Plotoni A. U. C. presso alcuni reggimenti . Plo toni allievi sottufficiali presso alcuni re ggimenti. - Ploto ni specialisti.

11) Varie Vi è poi un complesso di altre disposizioni che possono apparire di secondaria importanza , ma che contribuiranno invece notevolmente a moòificare aìcuni aspetti ormai sorpassati , a ridare pre stigio all ' uniforme, a rinnovare, anche palesemente l'esercito. - Abolizione degli ufficiali d'ordinanza ; pe r le necessità di servizio i comandanti si varranno di ufficiali dei comandi , per que11e private non c'è alcun motivo che lo Stato debba mantenere delle persone inutili all'istituzione. Risultato pratico dell'attuale sistema è che i comandanti hanno sempre vicino degli incompetenti su qualsiasi questione militare. - Abolizione degli attendenti. In guerra e ai campi gli ufficiali si potranno valere, per poche minime necessità , di militari dei reparti e dei com andi. - Fuori servizio, di norma , gli ufficia li è bene vadano in a bito


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civile. L'uniforme deve circolare il meno possibile per essere valutata e rispettata. - Modificare, quando sarà possibile, l'uniforme nel senso di conservare: una divisa ordinaria semplice, pratica , senza tanti fronzoli , distintivi e dorature: pochi contrassegni di grado , d'arma e corpo e basta; una grande uniforme con tutti i colori e distintivi tradizionali. L'uniforme ordinaria e da campo dovrebbe essere all'incirca uguale per ufficiali e truppa: un tipo di panno e uno di tela con stoffa di tipo unificato in modo da essere realmente «uniforme ». - In guerra e ai campi abolire le mense intese come attualmente, che costituiscono oggi la prima preoccupazione e un compito fondamentale di ogni comando che si rispetti. Se col rancio possono vivere i soldati , non vi è alcun motivo perché non possono fare più o meno altrettanto gli ufficiali, tanto più che il rancio come generi , confezione, attrezzatura delle cucine deve essere assolutamente migliorato . Tn pace naturalmente esisteranno mense di corpo, ma che non devono assolutamente impiegare soldati come cuochi e camerien. I cittadini che vanno sotto le armi , ci vanno per prepararsi a difendere il Paese e non per fare gli attendenti , i camerieri , i cuochi.

12) Carabinieri Reali e Guardia di Finanza

Le spese per i CC.RR. dovrebbero in pace gravare esclusivamente sul bilancio degli Interni , dato che l'azione dell'Arma si svolge, in pace, quasi esclusivamente a favore di tale Ministero e in compiti che esulano da quelli delle FF.AA. Non vi è alcun motivo quindi per cui i CC.RR . - mancando i quali il Ministero degli Interni dovrebbe provvedere con una sua organizzazione di Polizia - gravino sui bilanci della Guerra, che in avvenire non saranno certo ricchi , tanto più che nell 'immediato futuro questo gravame sarebbe molto forte. La Guardia cli Finanza deve cessare di portare le stellette e divenire un corpo militarizzato alle dipendenze e a carico del Ministero delle Finanze.


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In conclusione l'Esercito, che ha per compito la difesa de] Paese, deve a questo compito dedicare tutte le sue energie e Je sue risorse senza distoglierne un millesimo per altre funzioni che non hanno nulla a che fare con la sua ragion d'essere. /Fonte: Archivio Ufficio Storico dello Stato Maggiore Esercito, l/3, racc. 210, cart. 8/



DOCUMENTO 3

COMMISSIONE ALLEATA SOTIOCOMMISSIONE FORZE TERRESTRI-MMTA Roma, 11 ottobre 1944 L'ESERCITO ITALIANO NEL DOPOGUERRA Memorandum l. Considerazioni generali. - L'ordinamento di pace dell'Esercito italiano deve dipendere dai termini di pace alleati, che devono far riferimento a problemi quali: a) lo status dell'Italia nel dopoguerra - alleato o cobelligerante - e il ruolo che gli Alleati si aspetteranno che svolga nel mondo post-bellico; b) se l'Italia debba mantenere o no colonie o dipendenze territoriali; e) le dimensioni degli altri eserciti continentali, quali quelli di Francia e Yugoslavia. La decisione perciò è una questione di politica superiore alleata , al di là delle competenze deJla MMIA.

2. Assunti. - Ciò nondimeno , si può assumere che in tempo di pace l'Esercito di pace debba essere: a) abbastanza piccolo da essere controllabile dagli alleati, che per motivi economici vorranno ridurre al minimo i loro propri eserciti; b) abbastanza piccolo, da non costituire un eccessivo onere economico per un'Italia impoverita; e) abbastanza piccolo da non essere fonte di sospetti in Europa; d) abbastanza grande da mantenere legge e ordine, come spina dorsale dell'autorità; e) abbastanza grande da difendere le sue frontiere, ma senza potenziale aggressivo; !) suscettibile di potenziamento (se, e quando , sarà richiesto dagli Alleati) per divenire un esercito più potente al fine di combattere a fianco degli Alleati in una guerra futura.


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3. Fattori. - In base a questi assunti, dovrebbero essere presi in considerazione i seguenti fattori: a) L 'Italia è molto prostrata dalla guerra. La gente è stanca di fare il servizio militare e il servizio nell'Esercito è pagato malamente. La coscrizione è una proce dura ben nota per allestire un esercito a poco prezzo. D 'altra parte la leva (come in Germania dopo il 1918), con il suo breve servizio sotto le armi, permetterebbe all'Italia di allestire ampie riserve istruite , o un esercito potenziale, mentre sulla carta manterrebbe pur sempre un piccolo esercito effettivo. Ai fini del controllo, perciò, sembrere bbe preferibile che gli Alleati insistessero su un Esercito a lunga ferma; ne seguirebbe la necessità di istituirlo sulla base del reclutamento volontario , con migliori condizioni di servizio e un migliore stipendio , così da attirare personale adatto. Inoltre un piccolo esercito volontario, anche se più costoso pro capite, dovrebbe costare nell'insieme molto meno del vasto esercito di coscrizione del periodo precedente il 1939. Dovrebbe essere anche più facile eliminare la politica dall'Esercito a lunga ferma e fame uno strumento «al di sopra dei partiti »; l'ufficiale o il soldato a lunga ferma ha molto più da perdere, e molto più tempo per essere educato su basi non-di-partito, rispetto al coscritto , che in sostanza è un civile in uniforme per un breve periodo. In vista di quanto esposto , sembrerebbe opportuno un cambiamento dàlla coscrizione, radicata nella tradizione , a un Esercito italiano basato su un volontariato a lunga ferma. Inoltre i grossi eserciti di leva e il meccanismo della leva costituiscono un potenziale terreno fertile per le guerre mondiali : mentre l'a mpliamento di un piccolo esercito volontario a lunga ferma in un grosso esercito da impiegare con o contro gli Alleati in una qualunque guerra futura costituirebbe una difficoltà molto maggiore di quanto non lo sarebbe l'ampliamento di un esercito di leva del tempo di pace e costituirebbe perciò un pericolo minore per la pace mondiale. La decisione di quale tipo di Esercito l'Italia debba avere dopo la guerra dipende perciò dalla fiducia che si può avere nella buona fede e nella volontà dell 'Italia di cooperare con gli Alleati in futuro . b) Senza tenere in considerazione le decisioni prese in relazione a 3 (a) , possiamo esaminare quanto dovrebbe essere grande l'Esercito Italiano del dopoguerra. I CARABINIERI sono il più antico Reggime nto (sic) dell'Esercito, ma in pace hanno delle · funzioni di polizia più che militari vere e


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proprie. Sono il principale baluardo della legge e dell'ordine. È stato suggerito che i CARABINIERI potrebbero essere aboliti perché inefficienti e inutili. Se ciò accadesse, qualche forma di polizia «metropolitana» o locale dovrebbe sostituire i Carabinieri, altrimenti sarebbe l'Esercito vero e proprio a dover essere messo a contatto con la popolazione civile per mantenere la legge e l'ordine e svolgere molte funzioni non militari. Ciò è , ovviamente, sconsigliabile , senza considerare poi che costituirebbe una grandissima rottura con le tradizioni e la procedura esistenti. Sembra perciò che i Carabinieri debbano essere mantenuti. In vista delle condizioni postbelliche del paese , che saranno inevitabilmente tese, la loro forza, inizialmente , non dovrebbe essere inferiore a quella prebellica di 65 .000 uomini , anche se tramite una riorganizzazione della loro distribuzione , dei loro compili, ecc. questo numero potrebbe anche essere ridotto. e) L 'Esercito vero e proprio richiederà un'Organizzazione Amministrativc'l Territoriale Regolare (ne l senso di territorio, o area, da non confondersi con l'Amministrazione inglese non-regolare), così come un a struttura di campagna. La prim a è necessaria per l'amministrazione e deve essere in grado di continuare a funzionare se e quando l'esercito di campagna sarà impegnato. Quest'ultimo , deve essere costituito su forze minime necessarie a sorvegliare le parti più vulnerabili d'Italia, comprese le isole, presumendo che all'Italia siano sottratte le colonie. Lo schema dell'organizzazione amministrativa territoriale dovrebbe servire a compiti sia di pace sia di guerra. d) L'organizzazione territoriale precedente il 1939 consisteva di Co. Mili. Ter., che amministravano una regione, di Distretti e di D epositi. Le loro funzioni sono esposte nel par. 2 <lell'App. « B » della lettera MMIA TS/6/12 in data 4 ottobre, qui omessa. Ne risulta che, nello schema finale per il tempo di pace, i Distretti potrebbero essere ridotti sia di numero sia di dimensioni e le loro funzioni assunte dai Depositi. I Depositi potre bbero poi , come in Inghilterra , divenire la sede, il centro e l'ufficio dati dei vari reggimenti , e il numero di depositi autorizzati sarebbe in relazione con il numero di Reggimenti dell'Esercito postbellico. All'inizio , comunque , tutti i Distretti dovranno essere mantenuti in vita per affrontare la smobilitazione nel periodo di transizione. Un numero ridotto di Comandi di Distretto sarà necessario in pace , in modo da poter continuare a funzionare in guerra quando (vedi sotto) l'Esercito di campagna sarà impegnato nelle operazioni.


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Prima del 1939 c'erano 13 Co.MiJi.Ter. Dopo averne discusso con il Ministro della Guerra italiano, è stata avanzata all'autorità superiore una proposta di organizzare l'Italia in 11 Co.Mili .Ter., 99 Distretti e 90 Depositi , in attesa della completa liberazione dell'Italia. Se approvata, questa dovrebbe essere la base della struttura postbellica, in modo da assicmare una tranquilla transizione dalla guerra alla pace. e) Per quanto riguarda l'Esercito di campagna , per il dopoguerra , le aree cruciali sembrano essere il confine settentrionale , le isole e Roma, centro e sede di ogni attività. Non sarà necessario, né conveniente, mantenere moderne Divisioni da Combattimento per la sicurezza interna per rinforzare i Carabinieri. L'Esercito di campagna perciò potrebbe consistere di Divisioni da Combattimento e di Divisioni per la Sicurezza Interna , ciascun a su organici distinti per svolgere i loro compiti specifici. Le Divisioni per la Sicurezza Inte rna potrebbero rapidamente essere allargate in Divisioni da combattimento in caso di guerra o agire da Riserva per le divisioni da Combattimento. /) Per prevenire l'evasione dei termini di pace, il controllò alleato potrebbe essere esercitato con il minimo sforzo proibendo l'esistenza di ogni industria di a rmamenti italiana e armando gli italiani solamente con l'equipaggiamento britannico proveniente dagli enormi stocks che saranno disponibili negli anni del dopoguerra. I vantaggi di una simile procedura sono avvii, sia dal punto di vista strategico, sia dal punto di vista del controllo. Inoltre attualmente noi siamo impegna ti a creare 6 Gruppi di Combattimento italiani (ciascuno forte di 9.000 uomini) , armati con il corrispe ttivo dell'equipaggiamento di 3 Divisioni britanniche. Armare l'intero Esercito Italiano con equipaggiamento britannico e mettere tutte le future Divisioni da Combattimento sulla stessa base standard sare bbe una semplice estensione di quanto viene fatto attualmente. Questi 6 Gruppi di Combattimento hanno potenziale difensivo , ma non un grande potenziale offensivo. Non sono permesse né truppe di Corpo d'Armata, né artiglierie pesanti o carri . Una procedura del genere sarebbe anche conforme con la politica di limitare il possibile potenziale offensivo (di aggressione) dell'Italia , e di farla dipendere da no i. L 'organico di un Gruppo di Combattimento è indicato all'App . « A » [ no n riprodotta]. Come potenziale bellico i Gruppi di Combattimento dovreb-


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bero essere organizzati m Corpi d'Armata , con un comando di Corpo d 'Armata e servizi di 2a e 3a schiera sin dal tempo di pace. g) Per quanto riguarda le Divisioni di Sicurezza Interna suggerite , anche in questo caso noi stiamo organizzando le 3 Divisioni di sicurezza Interna autorizzate, su un organico speciale, ciascuna con 5.000 uomini - vedi App. «B» [non riprodotta]. Questo potrebbe essere anche l'organico di pace.

h) In aggiunta all'Organizzazione Territoriale dei Co.Mili.Ter., Distretti e Depositi , e all'organizzazione di campagna di un comando di Corpo d'Armata, Gruppi di Combattimento e divisioni di Sicurezza Interna, saranno ovviamente necessarie certe altre strutture, quali: - il Ministero della Guerra ; - il SIM (Organizzazione Informazioni) ; - lo Stato Maggiore Generale - l'ente consultivo del Governo per le questioni militari in tempo di pace; - enti di addestramento; - servizi (medico, rifornimento, arsenali, ecc.). 4. Progetto dell'Esercito Italiano del tempo di pace. - In considerazione di quanto esposto, come pura ipotesi (poiché, per quanto detto al 1° paragrafo , 1° comma, non sono in una posizione che permetta di far altro che ipotizzare): a) l'ordinamento dell'Esercito Italiano in tempo di pace potrebbe essere ( al completo): Ministero della Guerra, SMG , SIM uomini 2.500 Enti di Addestramento » 4.000 » Servizi 12.300 Difesa Costiera e Antiaerea » 20.000 5 Comandi di Corpo d'Armata » 1.000 » 12 Gruppi di Combattimento 108.000 Se rvizi di Corpo d'Armata (2a e 3a schiera) per 12 Gruppi di Co mbattimento » 6.000 9 Divisioni di Sicurezza Interna » 45.000 12 Comandi Militari Territoriali » 1.800 30 Comandi di Distretto e altrettanti Distretti » 900 90 Depositi » 4.500

TOTALE

»

206 .000


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omissis b) In pace, i Comandi di Corpo d'Armata comanderebbero

tutte le strutture dell'Esercito, nell'area del loro Corpo (comprese 2 o 3 regioni territoriali), alle dipendenze del Ministero della Guerra. In guerra, il comando dell'Organizzazione Amministrativa Territoriale e le Divisioni di Sicurezza Interna passerebbero direttamente ai Co. Mili .Ter., alle dipendenze del Ministero della Guerra, lasciando l'Esercito di campagna libero per il combattimento.

L. Browning Major Generai, Director, MMIA Nota - Non ho , naturalmente, discusso quest'argomento con le autorità militari italiane, perciò i dati indicati nel paragrafo 4 , a) sono puramente arbitrari.

[Fonte: Federai Record Center, Suitlan.d, Maryland, Record Group 331 (Record of the Allied Operatio nal a11d Occupational Headquarters in World War li), 10.000/5291]


DOCUMENTO 4

CONTRIBUTO A UN PIANO DI LAVORO PER LA RICOSTITUZIONE DELL'ESERCITO (Studio presentato al Presidente del Consiglio dal Capo di SMG gen. Trezzani in data 14 luglio 1945)

Il problema dell'assetto del futuro esercito non può oggi essere integralmente risolto ignoti essendone alcuni termini: esempio: imposizioni alleate in materia, possibilità finanziarie, andamento dei confini, disponibilità o meno di colonie, ecc. Tuttavia si possono concretare alcune idee orientative ed è necessario farlo per avere guida, nell'attuale periodo di transizione, sia nei rapporti con gli alleati , e sia nei provvedimenti attuali, per non fare oggi quello che non ci servirà domani. Aggiungasi che molti dei provvedimenti da prendere sono complessi e delicati; richiedono studio attento e laborioso, iniziando subito il lavoro di concezione guadagneremo un tempo immenso quando potremo passare alla fase esecutiva.

I - CONCETTI FONDAMENTALI 1) Qualunque sia l'ordinamento dello Stato futuro, l'esercito dovrà essere apolitico. Il militare è anche un cittadino e come tale può e deve partecipare alla vita politica. L 'apoliticità va intesa nel senso che dalle caserme e soprattutto in servizio sia esclusa ogni attività politica. Questo per non trasferire nei reparti gli urti e i contrasti politici. Bisogna evitare che l'esercito si frazioni in tanti partiti contrastanti che ne distruggerebbero la disciplina sua condizione prima di forza e di vita. L 'esercito ha un solo dovere: obbedire a chi, per delegazione della nazione, ne ha il comando. E un solo compito: prepararsi per entrare in guerra quando ciò gli venga ordinato. 2) T fondi che il Paese potrà assegnare alle forze armate saranno molto esigui; da questa necessità sono condizionati l'entità e l'ordinamento dell'esercito. D'altra parte gli eserciti moderni costano enormemente. Se tendessimo a un esercito grande senza


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fondi adeguati ripeteremmo l'errore del passato facendone una costruzione di gesso e cartone pronta a sfasciarsi al minimo urto. Se le somme disponibili saranno scarse si faccia un esercito piccolo e se occorre minimo ma quel poco sia petfetto e completo. Meglio un buon reggimento che una cattiva divisione. Bisogna assolutamente reagire alla illusione che giovi avere una intelaiatura grande per poi riempirla all'atto della guerra. Questo potrà fare l'America non l'Italia che di quella non ha né le risorse né la protezione di due Oceam. 3) Determinante della entità delle forze armate è la politica estera che la nazione deve o vuol seguire; la nostra, sarà di raccoglimento e di pace perciò difensiva . Ma difensiva politica non significa difensiva militare (strategica o tattica); la migliore difesa è l'attacco. In conseguenza l'esercito, per quanto piccolo, deve essere organizzato attrezzato e soprattutto moralmente preparato in base al concetto fondamentale: attaccare per difendersi.

II - LINEE GENERALI DELL'ORDINAMENTO Ammessi questi principi le linee generali del futuro esercito potrebbero essere tracciate con questa visione: a) solidissima organizzazione difensiva permanente a sbarrame nto delle principali linee di invasione ; ciò è tanto più importante in quanto oggi la motorizzazione lega le operazioni alle strade; unità specializzate per il presidio di queste opere; b) unità alpine per la difesa degli intervalli impervi e per la conquista, allo scoppio delle ostilità, di punti strategici vicini al confine a noi necessari. In montagna ciò può avere importanza capitale ; e) uno o più corpi d'armata motocorazzati (tanti quanti ne potremo avere) nella pianura padana sempre a punto e pronti ad accorrere fulminei nel settore di impiego; d) organizzazione deJla difesa antiaerea - e in seguito, mezzi consentendolo - costiera del Paese; creazione di unità specializzate per il suo funzionamento. L'assegnazione di questo compito ad una sola delle forze armate è forse la migliore soluzione; e) organizzazione territoriale ; autorità centrali e territoriali , centri di reclutamento e mobilitazione, depositi e stabilimenti ; f) centri di addestramento per tenere al corrente la cultura e la pratica professionale degli ufficiaJj e dei sottufficiali; per la pre-


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parazione degli specialisti e per l'addestramento alle armi delle classi di leva.

III - ELEMENTI FONDAMENTALI DELL'ESERCITO 1) Qualsiasi esercito è costituito da tre elementi fondamentali che elenchiamo in ordine d'importanza: a) quadri (ufficiali, sottufficiali); b) materiali (armamento ed equipaggiamento); e) truppa. L'importanza dei primi due elementi supera decisamente quella della truppa. La smargiassata degli otto milioni di baionette, prima che falsa, era assurda; se non si risolvono bene i problemi primo e secondo , è inutile affrontare il terzo. Prima di esaminare particolarmente i tre elementi hisogna rispondere a questa domanda: poiché l'edificio dell 'esercito è quasi integralmente crollato, giova ricostruirlo sulle antiche fondamenta oppure rifarle ab imis? Chi scrive è convinto che hisogna, non ricostruire , ma costruire ex novo. Riattaccarci in qualche modo al passato vuol dire estendere al nuovo le critiche fatte al vecchio esercito; perpetuare antichi errori , difetti e deficienze; ripristinare tradizioni nocive o sorpassate e nei riguardi dell'opinione pubblica lasciar credere che non si tratti di un esercito nuovo ma del vecchio , riverniciato. Tuttavia non tutto nell'attuale esercito è da buttare. Molte parti - uomini e materiali - dopo buona cernita, possono essere riutili zzate; ma lo stile e la pianta dell'edificio hanno da essere nuovi. Sarà un esercito piccolo, ma moderno, efficiente e perfetto in ogni sua parte. Ciò spieghi e giustifichi quanto si verrà dicendo dei suoi tre elementi costitutivi: Quadri , Materiali, Truppa.

A) Quadri 1) Ufficiali. - Alla prova d ei fatti, le forze armate, grottescamente strombazzate dal fascismo , sono crollate; poiché l'esercito sopportò l'urto più violento, era logico che subisse il collasso più profondo. Le cause sono molte: morali , tecniche e materiali ma una delle principali va ricercata nelle deficienze dei quadri. Queste si


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sono verificate in tutti i gradi: dal generale impari al suo arduo compito al subalterno che non ha saputo farsi stimare ed amare dai suoi soldati. Quando si tratta di grosse collettività non si può generalizzare e dare giudizi assoluti; vi furono moltissime belle eccezioni ma nel complesso bisogna ammettere che, sia pure con molte e forti attenuanti, la massa dei quadri non è stata all'altezza del suo difficilissimo compito. Qui non si vuole condannare e neanche criticare; si vuol guardare la realtà in faccia unicamente per non ripetere gli errori del passato. Bisogna riformare i quadri , e perciò credo che si debba: a) riesaminare a fondo tutti gli ufficiali in S.P.E. (servizio permanente effettivo) sotto i tre punti di vista: morale, tecnico-professionale, fisico. Classificarli in due categorie: idonei e non idonei; gli idonei graduarli in un certo numero di gruppi a seconda dei meriti (primo criterio; se e come hanno tenuto il comando in guerra ; secondo: il contegno all'armistizio e dopo). Quando si potr:'i st:ihi lire l'organico definitivo (da cui il fabbisogno graduale e numerico di ufficiali) basterà in ogni grado seguire la classifica. Sarà necessario allontanare dal servizio un certo numero di ufficiali perché indegni e molti perché incapaci; e, forse, resterà ancora un certo numero di esuberanti. Per non creare nuovi malcontenti bisogna in primo luogo stabilire un trattamento economico adeguato per ciascuna delle tre categorie. (Sembra che si sia affacciato il concetto di basare la contrazione dei quadri unicamente sul criterio meccanico dell'età. È il sistema più comodo e più sbrigativo ma trascura completamente le qualità. Può valere nei lunghi periodi di pace quando il lavoro di ognuno è così semplice e uniforme che tutti o quasi possono espletarlo senza che si possono rilevare notevoli differenze di valore da individuo a individuo. Il vero banco di prova è la guerra e poiché abbiamo avuto la sventura di farla serviamocene almeno per identificare i valori che ha posto in rilievo ed i presunti valori che ha demolito. Aggiungasi un fatto importante: adottando il criterio dell'età veniamo a favorire gli ufficiali provenienti dalla Scuola di guerra e più ancora quelli dello Stato Maggiore perché , per gli avanzamenti avuti essi sono, in ogni grado, i più giovani. Nessuno riuscirà a convincere l'opinione pubblica che la diminuzione dei limiti di età non è che un nuovo colpo gobbo dello stato maggiore per liberarsi dai concorrenti a restare in carriera). Ridotti i quadri su misura del nuovo ordinamento si potranno


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ristabilire nuovi limiti di età per la cessazione dal servizio e adottare criteri severi per le future promozioni; di qui la necessità di affrontare un arduo problema: la nuova legge sullo stato e avanzamento degli ufficiali. Esso ne coinvolge un altro parimenti importante: il trattamento economico. La passata legge di avanzamento è sbagliata perché antepone il diritto alla carriera dell'ufficiale all'interesse del servizio. La nuova legge deve imperniare l'avanzamento sulle necessità del servizio cioè sulla necessità di colmare le vacanze per età, per esclusioni dall 'avanzamento, e per le perdite naturali attraverso a prove il più possibile severe ed esaurienti. Soprattutto si dovrà bandire il concetto che basti essere un buon capitano per diventare maggiore o un buon colonnello per aver diritto al grado di generale. Ogni uomo ha il suo plafond oltre il quale non può salire; ciò fu dimenticato in passato con danno gravissimo. Gli italiani , per istinto individualisti e refrattari a ogni disciplina (disciplina è ubbidienza , e per l'italiano ubbidire significa diminuirsi od anche umiliarsi) sono di natura antimilitari. Lo sviluppo economico industriale del Paese ha fatto negli ultimi trent'anni una fortissima concorrenza alle carriere governative in genere e a quella militare in specie. Solo le regioni più povere e meno progredite dove è molto difficile svolgere una libera attività civile dànno reclute alle carriere governative; una statistica in proposito sarebbe molto interessante, credo che l'Amministrazione dello Stato sia quasi esclusivamente nelle mani dei meridionali e che 1'80% degli ufficiali provenga da regioni a sud di Roma. Mi limito ad accennare alla questione che potrebbe anche esorbitare dal campo puramente militare. Ritornando al nostro argomento possiamo dire: gli ufficiali vanno reclutati in tutto il Paese e devono essere ottimi; e perciò bisogna pagarli bene. Per non dover arrivare a stipendi eccessivi dobbiamo aiutarci con la parte morale circondandoli della stima e della simpatia del Paese. Se noi continuiamo a reclutare quegli individui che non vogliono, o non possono, competere nella pubblica lotta per la vita, e si accontentano di una carriera governativa mediocre, ma senza rischi , noi continueremo a reclutare delle mediocrità; potremo coltivarle e selezionarle fin che vogliamo ma il migliore dei mediocri è sempre un mediocre. Stipendi adeguati , pensioni non di fame sono condizioni indispensabili per reclutare ottimi ufficiali e per avere il diritto di selezionarli severamente nel corso della carriera. Noi ci siamo presentati


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alla guerra con molti incapaci tali già riconosciuti e giudicati ma non eliminati per non ridurre troppi individui e famiglie alla miseria, perché si può sempre dimostrare che gli stipendi corrisposti dal fascismo agli ufficiali da capitano in su erano, all'incirca , pari a un terzo o poco più di quelli dati dai precedenti regimi liberali non certo lauti nel pagare i loro impiegati. Bisogna sganciare gli stipendi degli ufficiali da quelli dei civili; e sarebbe giustizia perché le prestazioni ad essi richieste sono molto più onerose di quelle che si vogliono dai civili. Vi sono molti argomenti che comprovano questa tesi, a cominciare dai limiti di età molto più bassi. Selezionati gli ufficiali ed assicurato loro un giusto trattamento morale ed economico si dovrà rimetterli a nuovo con un lavoro di rieducazione morale e di aggiorname nto professionale. L 'arbitrio fascista aveva convinto tutti gli italiani, e quindi anche molti ufficiali , che il comando era una specie di attributo personale da sfruttare nel proprio interesse per soddisfare bori e e impinguare tasche. Con questa mentalità molti ufficiali mentre non si curavano di mettersi all'altezza dei loro compiti, perdevano prestigio e autorità dimostrandosi inetti , prepot_e nti, egoisti . Bisogna rifare l'animo degli ufficiali convincendoli che il comando non è né una sinecura né una prebenda e soprattutto che essi hanno il diritto .di comandare unicamente per obbedire (a un ordine superiore , a un regolamento, e in genere all'interesse del servizio). Farsi temere è facile , farsi stimare difficile , farsi amare difficilissimo; l'affetto e la stima si conquistano solo coi meriti reali e pagando duramente di persona. A questo bisogna giungere, se non si vuole che la disciplina resti soltanto assicurata dal timore della punizione; nei momenti difficiii questo timore scompare e la disciplina regge soltanto se deriva dall'ascendente del superiore e dalla stima dell'inferiore . Per questo scopo fondamentale occorre l'insegnamento e l'esempio di ottimi vecchi ufficiali, creare scuole dove s'insegnino prima i doveri e poi i diritti affinché non si possa più dire di troppi ufficiali: «conosce bene i suoi diritti e i doveri degli altri» . Questa rieducazione morale presuppone il rifacimento del regolamento di disciplina e degli altri che fissano attribuzioni , doveri e diritti di tutti i militari in pace e in guerra. È questione grossa sulla quale ritornerò parlando della truppa . Per completare la materia è necessario un cenno sugli ufficiali di complemento. Essi (salvo le eccezioni) non diedero buona prova.


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Molti erano fascisti militanti e come tali indegni o incapaci di tenere un comando. Ma a parte ciò sta di fatto che il modo con cui furono reclutati era sbagliato. Non si può pretendere che chi non vuole il grado di ufficiale possa riuscire un buon ufficiale. In confronto agli 80.000 ufficiali circa di complemento che l'esercito mobilitato richiedeva come primo impianto, solo un'a)jquota minima accettò volenterosamente il compito, tutti gli altri vi furono costre tti dalla legge. Questa refrattarietà a fare l'ufficiale di complemento se conferma lo spirito antimilitare degli italiani, pone a noi un problema grave da risolvere: come reclutare gli ufficiali di complemento? È questione tanto grave da sembrare irrisolvibile. 2) I Sottufficiali. - Quanto si è detto per gli ufficiali può valere per i sottufficiali , aggravato da queste circostanze: - reclutamento non in prevalenza ma quasi esclusivamente dalle regioni meridionali ed insulari ; - individui falliti in partenza per la vita civile: studi non voluti o potuti completare, impieghi o mestieri tentati e abbandonati, incostanza di propositi, delusione per aspirazioni assurde , ecc.; - malcontento permanente per la modestia del compito e della paga rispetto ai bisogni, alle ambizioni e alle vanità; - mania del matrimonio per cui gli assegni già miseri di per sé diventavano insufficienti anche per i più modesti bisogni ; - la miseria li induceva a continue piccole irregolarità, a debiti e a ripieghi, ai margini della disonestà se non altro disciplinare; - poca stima e rispetto da parte dei soldati ; per farsi obbedire non restava loro che la prepotenza del comando e la rudezza del tratto ; di qui la loro antipatia per il comando dei reparti e la ricerca assilla nte ài un imboscamento in un uffa:iu per camuffarsi da impiegati. Per questa categoria possono valere gli stessi rimedi già proposti per gli ufficiali. Ad ogni modo si impone una soluzione nuova che pe rmetta un buon reclutamen to.

B) li materiale In America, un generale americano mi disse: « la guerra la vinciamo noi qui in America con le officine e gli operai ». Forse esagerava, ma è fuori ogni dubbio che la quantità e la qualità dei mezzi disponibili è il fattore determinante della vittoria non solo per il


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contributo diretto alla lotta ma perché l'ottimo armamento dà sicurezza e fiducia e la larga disponibilità di tutto conforta e rasserena _ In tempo di pace noi non possiamo tenere in piedi una industria bellica siderugica e meccanica perché sulla produzione limitata graverebbero spese generali enormi. Una soluzione sarebbe avere una industria limitata e specializzata per la costruzione di prototipi, studiare e organizzare a fondo il rapido passaggio all'atto della guerra dall'industria civile a quella bellica; avere scorte per qualche mese di materie prime , in attesa che attraverso le alleanze queste ci vengano fornite sistematicamente dall'estero. Ma, per i primi anni l'armamento (armi, carri armati, ecc. ) dovrebbe esserci fornito o gratuitamente o a pagamento ridotto e dilazionato dagli alleati. Dalla entità di questo contributo dipende la prima fase della ricostituzione dell'esercito, la sua entità e la sua efficienza. Nell'attesa dobbiamo limitarci ad alcune affermazioni basilari , utili come orientamento gene rale: 1) arma mento ed equipaggiamento-quantità e qualità sono elemento fondamentale di forza dell'esercito. Ne dipendono l'entità e l'ordinamento, l'addestramento e l'attività in pace e le sue possibilità in guerra; 2) è utopia - e in passato fu menzogna - affermare che si possa supplire alla deficienza dei mezzi con il così detto spirito cioè col morale dei soldati. Le forze morali vengono non esasperate dalla deficienza dei mezzi, ma diminuite o annientate. Il nostro esercito diede in questa guerra prova infinitamente inferiore a quella del ' 15'18 anche , e soprattutto , perché lo squilibrio del suo materiale in confronto a quello nemico allora era inesistente o minimo me ntre in questa guerra fu enorme. Se non riusciremo ad avere tutto quello che ci è necessario in pace e in guerra, rinunziamo all'esercito , dichiariamo la nostra ne utralità perpetua e affidiamoci alla benevolenza dei vicini; ogni ripiego o adattamento si risolve in una illusione; 3) la disponibilità dei mezzi è a nche fattore essenziale di disciplina. Unicamente per questo le nostre unità di servizio in America sono reparti inappuntabili sotto tutti gli aspetti e nella forma migliori di quelli americani ; 4) l'arte del ripiego, cioè l'arte di fare le nozze coi fichi secchi , era vanta ta come merito ; essa è un trucco p er addossare alla pe riferia le deficienze del centro. Quando l'inferiore deve arrangiarsi è segno che il superiore non ha funzionato. Orbene l'arrangiarsi era la parola d'ordine che impo rtava la dison està , la meschina furbizia e non serviva che a nascondere agli occhi dei ciechi la nostra


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miseria . E provocava la disistima del paese che quando arricciava il naso per la scìa puzzolente lasciata dai soldati non sapeva, o fingeva di non sapere, che quei ragazzi non avevano biancheria per cambiarsi e sapone per lavarsi. E ne restavano avviliti ed irati. Armi scarse e vecchie di 30-50 anni, equipaggiamento a brandelli, vitto insufficiente; si poteva pretendere che l'esercito fosse un esercito di eroi e condannarlo perché non ha vinto la guerra contro un nemico cento volte superiore? Se non vogliamo, in caso di guerra (se non si crede a questa possibilità aboliamo del tutto l'esercito) mandare i nostri figli ad un macello inutile e inglorioso, dobbiamo avere tutto quanto ci occorre come primo impianto e per i rifornimenti. In conseguenza il lavoro da compiere in materia può essere così tracciato: a) farsi dire dagli alleati se e quanto materiale (armamento , equipaggiamento , attrezzature varie) ci vogliono o possono dare; b) determinare fino a che punto si possono completare queste dotazioni con la nostra industria sulla base dei fo ndi stanziabili dal governo , delle materie prime disponibili , e dei più urgenti bisogni della po polazione ; e) dall a determinazione di questi due elementi dipende la forza dell'esercito e da essa il fabbisogno e il consumo; a) forn ire e accantonare questi materiali; dislocarli opportunamente ; e) quando tutto sarà pronto e raccolto così che non manchi neanche un chiodo chiamare gli uomini alle armi e costituire i reparti. In modo assoluto bisogna abolire il ripiego, l'arrangiarsi , e più che mai evitare la colpa del fascismo che faceva le grandi unità soltanto sulla carta. C) La Truppa

Questa guerra ha dimostrato in modo irrefutabile che la vittoria è di chi dispone del più moderno e abbondante materiale. Inglesi e

americani hanno vinto per questo e solo per questo. Da ciò: molte armi sempre più complesse e complicate il cui rendimento può essere immenso o nullo a seconda dell'abilità d i chi le adopera. Per consegui rla occorrono tempo e mezzi. In passato io dovetti fare dei conduttori di trattrici di pezzi di medio calibro con una dotazione di 50 (dico cinquanta) litri di carburante per ogni sol-


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dato da istruire. Finito l'addestramento, alla prima difficoltà, il trattore si ribaltava, talvolta schiacciando il conducente , la batteria restava immobilizzata e in guerra sarebbe stata inutilizzata. Ne deriva che tutte le macchine complesse (trazione, armi , meccanismi di impiego ed ausiliari , ecc.) dovranno essere affidati a degli specializzati; per averli bisogna fare largo ricorso ai raffermati . E questi costano. Il problema è grosso, non soltanto dal punto di vista finanziario, tecnico e del trattamento , ma anche perché in materia bisogna coordinare le tre forze armate per impedire che , offrendo paghe diverse si facciano concorrenza fra di loro. Si deve fissare le paghe per le molte categorie, stabilire i titoli d'istruzione ; creare scuole o centri di addestramento , dotarle di tutto il necessario ; farvi affluire il personale dopo opportuna scelta. Abbiamo detto che tutto ciò costa; e il denaro va trovato facendo economie in altri settori. L'esercito non è fatto di soli specializzati; per l'impiego di mezzi comuni pe r i servizi ausiliari occorrono molti uomini; questi possono essere addestrati con ferme molto più brevi delle attuali. La ferma brevissima consente una economia fortissima di spesa sulJa forza bilanciata (numero di uomini moltipliçato per il numero di giorni di servizio) che può servire per pagare gli specialisti. La ferma breve è possibile sotto il punto di vista addestramento ma rende molto difficile la tenuta a giorno della forza dei reparti; già in passato si tentò di risolvere questo problema; bisogna riprenderlo di nuovo in esame perché una soluzione soddisfacente finora non si è trovata. A ogni modo per avere ferme molto brevi bisogn a realizzare le seguenti condizioni ; 'i) Aìienarc le caserme cittadine (molte delle quali sono vere topaie); creare dei campi di addestramento in poche località opportuna me nte distribuite lungo la penisola dove si abbiano a immediata portata di mano vaste zone di terreno non coltivato (frequenti nelJe zone montuose). Per il solo addestramento sei mesi in questi campi dove si può fare istruzione dal mattino alla sera sono sufficienti. 2) Abolizione dell'impiego dei militari nei servizi ausiliari (comandi , uffici , depositi, magazzini , ecc.) e sostituzione con mano d 'opera civile. (Su questo punto apro una parentesi: l'impiego dei soldati sembra a prima vista più economico: ma si comprende che non lo è se invece di confrontare la sola paga del soldato con lo stipendio del civile si tiene conto anche del vitto , vestiario, alloggio, ecc. dato a quello e non a questo) .


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3) Abolizione degli attendenti sia perché il cittadino chiamato alle armi deve fare il soldato e non il servo, sia per non perdere ai fini della guerra centinaia di migliaia di soldati. Prima della guerra avevamo non meno di 20.000 attendenti per ogni classe. Data la brevità della ferma , in 12-14 anni, erano da 240 a 280 mila uomini che richiamati alle armi sapevano forse lucidare un paio di scarpe ma non impugnare un fucile. 4) Dispensare l'esercito da tutti i servizi territoriali ; dall'ordine pubblico alle guardie alle carceri, ai magazzini , alle polveriere, servizi questi da affidare a guardie giurate anch'esse meno costose. Tenuto conto che avremo un esercito piccolissimo e che dovremo avere molti raffermati , il gettito di ciascuna classe sarà esuberante. Perciò altro problema: rifare la legge sul reclutamento: in materia si può applicare l'uno o l'altro dei seguenti sistemi o entrambi: esentare un maggior numero di persone per interessi di famiglia il che torn a a vantaggio del Paese, oppure rendere più rigorosi i requisiti fisici (a cominciare dalla statura e perimetro toracico) e ciò torna a vantaggio dell'esercito. Si ricordi che la debolezza fisica incide profondamente sul morale degli uomini. A parte ciò si impongono provvedimenti per non continuare a reclutare delinquenti , pazzi , epilettici , ecc. In materia di truppa tre altri argomenti bisogna porre in discuss10ne: - la disciplina , l'uniforme, il trattamento . La disciplina. - Bisogna essere ·molto cauti nel toccare questo tasto ; il problema , delicatissimo , va studiato di lunga mano . A due questioni accenno fin d'ora: 1) distinguere più nettamente di quanto si faccia oggi il «servizio» dal « fuori servizio»; essere molto più severi nel reprimere le mancanze in servizio, e più indulgenti per quelle commesse fu ori servizio. Gli americani vanno più in là: in servizio sono di una severità molto dura, fuo ri servizio, praticamente non vi sono sanzioni perché il contegno del militare fuori servizio , ricade, se mai, sotto la legge comune e la repressione è di competenza della polizia militare o di quella civile . In sostanza il militare è visto un poco come un operaio: questi in officina deve lavorare disciplinatamente , se non lo fa viene punito , fuori fabbrica è un libero cittadino e i dirigenti dell_a fabbrica non si occupano di lui . Senza arrivare a questo estremo un qualche cosa di simile dovremmo fare anche noi . 2) L 'entità delle nostre punizioni disciplinari è troppo blanda; molte mancanze gravi restano insufficientemente punite perché per


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trovare una pena adeguata bisogna adire il tribunale, cosa complicata e quasi sempre praticamente inutile perché normalmente la condanna è condizionale. Si dovrebbe aggravare la punizione disciplinare (ad es. gli americani salgono a 6 mesi, noi prima della guerra si arrivava a 7 giorni) in modo che la denuncia al Tribunale diventi eccezionale e solo per reati gravissimi. Tutto il resto va risolto in caserma con economia di tribunali , di carceri , di custodi, ecc. È chiaro che la maggior gravità delle punizioni richiede una più stretta garanzia di giustizia e di serenità di giudizio. La sanzione disciplinare dovrebbe essere tolta al comandante del reggimento e affidata a una commissione di disciplina formata da ufficiali del reggimento che dopo un rapido processo orale , giudica e condanna. Le mancanze di minor conto sarebbero punite in compagnia dal capitano. L'uniforme. - Anche qui tutto è da rinnovare colore, foggia , accessori, ecc . I criteri dovrebbero essere questi: colore resistente al sole e alle intemperie senza sbiadire e assolutamente costante (col grigio verde ogni pezza di stoffa ha un suo colore); foggia la più semplice e pratica possibile, sensibilmente uguale per tutti; accessori metallici e non ricamati per economia, uniformità, durata. Ma quello che preme è che il soldato abbia divise diverse proporzionate alle stagioni e al servizio e biancheria sufficiente per tenersi pulito. Infine si abbandoni il criterio sbagliato fin qui seguito dalla nostra amministrazione: «il contratto migliore è quello che importa una spesa minore» per adottare aforisma di tutte le persone di buon senso: «chi più spende meno spende ». Trattamento. - Per brevità accenno per soli titoli a quello che si dovrebbe fare in materia: docce per tutti, acqua calda a volontà sempre, sapone abbondante, lavanderia e stireria interna, cucine modernamente attrezzate, mense e stoviglie per mangiare da persone civili, spacci con tutto il necessario, cinematografi e giochi. E soprattutto un orario di servizio aggiornato e non l'attuale che se andava bene nel '48 è oggi un anacronismo. Obbligare il soldato ad andare a letto alle 9 di sera è un assurdo; avere orari diversi (ufficiali, sottufficiali e truppa) fa perdere molto tempo. In sostanza anche in questo campo bisogna aggiornarsi, considerando che l'attuale tenore di vita del popolo non è più quello del passato e perciò deve cambiare anche quello del soldato. Questo studio non pretende risolvere il complesso problema del nuovo ordinamento dell'esercito; molto più modestamente si limita


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a prospettare le questioni principali che ad esso si connettono indicando possibili soluzioni. È un programma che spero non inutile come punto di partenza e come orientamento del lavoro da compiere. /Fonte: Archivio Ufficio Storico dello Stato Maggiore Esercito, Diario Storico dello Stato Maggiore Generale, luglio 1945, ali. 35]



DOCUMENTO 5

LINEE FONDAMENTALI DEL FUTURO ESERCITO ITALIANO (Studio inviato al Ministero della Guerra e al Capo di SMRE dal Capo di SMG gen. Trezzani in data 23 dicembre 1945)

A) Premesse 1) Come per qualunque altro strumento di lotta o di lavoro , la forza e la costituzione di un esercito dipendono dalla funzione che gli si vuole affidare nel quadro della politica estera della nazione. Sembra c.hc gli alleati vogliati.o attribu]re al futuro nostro eser-

cito un compito prevalentemente di tutela dell'ordine pubblico. Se così fosse, migliore soluzione sarebbe portare a 200.000 uomini la forza dei Carabinieri, abolire rEsercito , dichiarare la neulralità perpetua e affidarci alla generosità e alla buona fede delle nazioni confinanti. È chiaro che simile decisione equivarrebbe ad un suicidio. E invero per la sua posizione nel quadro geografico dell 'Europa e soprattutto nel bacino Mediterraneo, l'Italia fu sempre coinvolta, volente o nolente, in quasi tutte le guerre che in Europa si combatterono dal 1500 ad oggi. Poiché questa posizione geografica è immutabile anche in avvenire, se guerre vi saranno, l'Italia, indipendentemente da qualsiasi velleità imperialistica o da ogni presunto militarismo mai esistito, vi sarà coinvolta e, se anche ne volesse stare fuori , non potrebhe impedire che il suo territorio diventi campo di battaglia di eserciti stramen. L'Italia confina a nord, più che con tre nazioni, con tre razze diverse: latina , tedesca e slava. Date le odierne possibilità dell'arma aerea e i progressi nella tecnica degli sbarchi , l'Italia è a portata di offesa immediata da parte di sette nazioni che la circondano da ogni parte. Relativamente facili sono gli sbarchi mentre qualunque aviazione può , con brevi voli , piombare su qualsiasi punto del nostro territorio. Per convincersene basta una occhiata alla cartina schematica annessa ( allegato 1) [non riprodotto l


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2) Nella situazione attuale, sia per coazione alleata, sia per povertà di mezzi, è inutile pensare che l'Italia possa avere forze armate tali da consentirle una vita internazionale indipendente , e condurre una politica estera che si appoggi, oltre che su giusti diritti , su forze belliche capaci di sostenerli e tutelarli. Siamo privi di materie prime; la nostra modestissima industria bellica dovrà trasformarsi in industria civile; le nostre condizioni finanziarie non ci consentono acquisti all'estero nella immensa quantità richiesta da un esercito moderno; né si avrebbero le risorse finanziarie per mantenerlo in efficienza. 3) Rispetto alla linea di contatto fra le due zone di influenza in cui fatalmente andrà divisa l'Europa, l'Italia può venire a trovarsi o sulla linea degli avamposti, oppure immediatamente a tergo di essa , quale più avanzata riserva di settore, Questo a seconda della prevalenza o meno dell'uno o dell'altro gruppo di potenze nella penisola balcanica . Sembra inoltre non illogico pensare che per civiltà, tradizione e interessi l'Italia debba accostarsi al gruppo delle potenze occidentali e appoggiarsi per la propria integrità ed indipendenza

alle forze collettive di queste nazioni. 4) Non si può escludere che in un avvenire più o meno prossimo l'Italia possa destare brame da parte di nazioni finitime confinanti a nord e più ancora ad oriente, animate da irriducibile ambizione imperialistica e spinte, le ~lil:onde, da potenze più arretrate protese a raggiungere il mare libero. La questione irredentista che sarà rinfocolata nella Venezia Giulia dai nuovi confini potrà fornire infinite cause di frizioni e incidenti capaci di creare, anche all'improvviso, per opera di elementi partigiani più o meno irresponsabili , stati di fatto tanto gravi da provocare un casus belli. Il nostro futuro confine orientale, completamente aperto , sarà un incentivo alla tracotanza altrui. Si può credere che verificandosi questa ipotesi di aggressione non provocata, le potenze occidentali dovrebbero, nello stesso loro interesse, intervenire con il peso morale della loro autorità internazionale e anche con quello materiale delle loro forze militari. Ma è fuori dubbio che questo intervento non potrebbe entrare in azione se non ad aggressione avvenuta , cioè a territorio italiano invaso , con tutti i danni inerenti al fatto di avere la propria terra campo di battaglia fra le forze in contrasto.


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B) Funzione dell'Esercito Italiano 1) Se tutto ciò è vero si potrebbe determinare nei seguenti termini la funzione avvenire del nostro esercito: - impedire per il solo fatto della sua presenza , irruzioni di piccole colonne partigiane, fomentate od organizzate da nazioni confinanti o, quanto meno, trattenerle in corrispondenza della frontiera , in attesa dell' intervento diplomatico o bellico delle potenze occidentali; - contribuire con queste a ricacciare il nemico oltre confine; - in linea secondaria, impedire o ritardare eventuali sbarchi minaccianti soprattutto le coste orientali della Penisola . In sostanza un compito di stretta e temporanea azione difensiva. L'avvenire lontano è nelle mani di Dio ; l'attuale nostra crisi non sarà e terna, visto che la vita di una nazione si misura a secoli. È necessario fare in modo che questo esercito possa costituire il nucleo di future forze che verranno gradatamente sviluppandosi con l'evolvere della situazione italiana nella politica internazionale. 2) Da questo compito, che scaturisce dalla presumibile nostra situazione politica internazionale odierna e immediatamente futura , derivano le necessità fondamentali del nostro apprestamento militare e precisamente: a) necessità di forze armate, sia pure limitate di numero, ma ottimamente preparate e armate, sempre pronte ad opporsi lungo i confini te rrestri e soprattutto su quello orientale, a ogni attacco, in attesa de11'intervento delle potenze occidentali ; b) necessità di una difesa antiaerea perfettamente attrezzata e organizzata e sussidiata da aviazione a carattere difensivo; e) necessità di una difesa costiera che possa opporsi , almeno in corrispondenza dei punti più sensibili e di facile accesso a tentativi di sbarchi di forze capaci. di costituire un pericolo notevole anche solta nto come quinta colonna. Il tutto orientato prevalentemente, se non esclusivamente, sulla ipotesi di conflitto alla frontiera orientale. Questi tre elementi vanno considerati in funzione di un quarto: necessità di dedicare alle forze armate il minimo dei mezzi finanziari ed economici della Nazione. 3) A queste necessità si potrebbe far fronte con il seguente ordine di provvedimenti: a) una difesa in posto con opere permanenti in corrispondenza delle zone di più probabile irruzione e di maggiore facilitazio-


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ne. Ciò è facile ad ottenersi nei riguardi delle frontiere nord e occidentali; possibile alla frontiera orientale in corrispondenza dell'alto corso dell'Isonzo; difficile, se non impossibile sul medio e basso Isonzo , salvo a rinunziare alla difesa non solo della Venezia Giulia, ma dello stesso Friuli; ripiegando, come era previsto prima della guerra '15-'18, alla linea d el Piave; b) truppe mobili particolarmente addestrate a vivere ed agire in montagna o comunque isolate , pe r impedire infiltrazioni di elementi leggeri attraverso alle cortine fra i vari gruppi delle predette opere difensive; e) una difesa costiera in sito e permanentemente efficie nte che, in unione con le forze navali , possa , se non opporsi , almeno procrastinare tentativi di sbarco nei settori più delicati; d) una difesa a ntiae rea robusta e perfettamente efficiente a protezione dei centri demografici, industri ali e logistici più importa nti e delicati; e) gruppi di forze di un certo rilievo , motorizzate , solidamente inquadrate e armate ed opportunamente dislocate , che in brevissimo te mpo possano accorrere a difesa dei settori investiti. Tutte queste condizioni vanno soddisfatte con un minimo dispendio di denaro, di uomini e di mezzi. · Questa appare l'unica soluzione possibile non dico per difendere ad oltranza il Paese , ma per opporsi per un tempo breve e su settori limitati ad improvvise aggressioni nemiche . Di più non sembra possibile fare, sia per la coercizione allea ta, sia per insufficienza di forze finanziarie, economiche e industriali. Il Ministro degli Esteri , nel foglio 3/2007 del 12 novembre si pone la domanda : se conve nga attendere passivamente le riduzion i d1t èÌ saranno irnposlc , oppure <..:en.:are di insnirci ndia discussione per dimostrare le nostre necessità vitali e tendere ad un a soluzione possibilmente consensuale e concordata . Ciò avrebbe soprattutto il vantaggio di sottrarci o rendere meno pesante un controllo alleato che infi rmerebbe più o meno a lungo la nostra indipendenza. Chi scrive pensa che questa ultima sia la soluzione migliore per le seguenti ragioni: a) che ci sia concessa la possibilità <li fronteggiare attacchi da oriente torna forse tanto utile agli alleati quanto a noi e si può pensare che se essi non si sono finora decisi ad aiutarci militarmente no n è tanto perché ciò non corrisponda al loro tornaconto quanto pe r le incertezze dell a nostra situazione inte rna; b) quello che essi chiamano esercito di transizione in fondo


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non è molto dissimile da quello che probabilmente pensano debba essere il nostro esercito definitivo e in materia il loro punto di vista non è sostanzialmente diverso dal nostro; e) se anche, per avventura , ci consentissero di superare questo programma minimo, la nostra situazione finanziaria non ci permetterebbe di andare molto al di là di esso, almeno per ora e per un avvenire non certo molto breve . Per tutte queste considerazioni chi scrive ritiene che il punto di vista alleato potrebbe essere accettato dimostrando così che noi siamo entrati perfettamente nel loro ordine di idee ; pe rciò il controllo potrebbe essere inutile o più blando e più breve.

C) Entità del futuro esercito

Tracciale le linee generali dei compiti da affidare al futuro esercito sorge la domanda: quale potrà essere la sua e ntità? Tutto fa ritenere che gli alleati non vogliano ~onsentirci una

forza pe rmanente sotto le anni che superi di molto i 150 mila uomini. D 'altra parte si può credere che le nostre risorse finanziarie non ci consentirebbero di superare di molto questa cifra , considerato che il nuovo esercito sarà , per forza ùi cose, notevolmente più costoso unitariamente di quello del passato. Si può forse credere che 150.000 uomini siano sufficienti quando si rispettino le seguenti condizioni: a) personale tutto di prima scelta , specialmente nei quadri ufficiali e sottufficiali ; b) armamento ed eq uipaggiamento mode rni , perfetti e abbondanti; e) addestramento completo cd allenamento aggiornato; d) condizione fondamentale: per nessun motivo impiegare militari in compiti che possano essere assolti da personale civile . È mio dovere avvertire che il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito , anche ammettendo la possibilità di rispe tto delle clausole di cui sopra , non ritiene che 150.000 uomini sia no sufficienti alla bisogna. Ma gio va notare che necessità non vuole legge e, almeno per questi primi ann i, è gioco forza restare nei limiti che ci saranno concessi , facendo ogni sforzo per ottene re con questo minimo il massimo dei risultati.


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D) Ordinamento generale Ammessa una disponibilità di 150.000 uomini e il rispetto delle condizioni di cui sopra, sorge una prima domanda: quanti di questi dovranno essce arruolati con ferma prolungata e rinnovabile quasi a carattere professionale e quanti potranno essere arruolati di autorità con ferma breve? Gli alleati tendono a dare il massimo incremento ai primi e forse desidererebbero che tutto l'esercito fosse a carattere professionale. A questa tesi si possono opporre tre obiezioni fondamentali: 1) non sarà facile trovare volontari nel numero adeguato e con i requisiti voluti. Si dovrà fare loro un trattamento notevolmente largo e la spesa complessiva sarà altissima, molto di più di quanto si crede comunemente; 2) in secondo luogo è per noi assol utamente necessario mantenere in vigore il concetto fondamentale dell'obbligo di tutti i cittadini al servizio mi litare perché l'avvenire è incerto e nulla esclude che col passare degli anni si possa e si debba tornare al siste ma di un esercito prevalentemente formato da individui obbligati per legge al servizio militare. Rinun ziare oggi a questo concetto fondamentale è forse pericoloso perché, ove occorresse ripristinarlo, si incontrerebbero gravissime difficoltà; 3) ammesso che l'Esercito debba essere impiegato per combattere l'invasione nemica è chiaro che fin dalle prime ore gli uomini in campo subiranno delle perdite da cui la necessità di poter richiamare dal congedo riserve istruite per ripianarle immediatamente, e ta nto più in quanto le forze disponibili complessivamente saranno minime e i reparti dovranno perciò essere costantemente mantenuti in piena forza. Pe r queste ragioni si può pensare che il rapporto numerico fra militari di carriera e militari di leva debba mantenersi sul 50% degli uni e il 50% degli altri. Al massimo potrebbe salire a 2/ 3 per i primi e a 1/ 3 per i secondi, cioè grosso modo 100 mila uomini raffermati e 50.000 di leva. Ma si dubita molto di poter raggi ungere questa cifra perché, ripeto, a ciò si opporranno difficoltà non lievi. Per rispettare la necessit à fondamentale imprescindibile di non distogliere neanche un uomo da compiti che non siano esclusivamente di preparazione alla guerra in pace e di combattimento in guerra, è necessario eliminare tutti gli sperperi di personale militare caratteristici del passato, facendo largo ricorso al personale civile.


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Aggiungo che questa è una soluzione economica in quanto la contrazione dei quadri e di forza cui siamo costretti rende disponibile una grande quantità di ufficiali e sottufficiali che si potrebbero, in parte almeno, riassorbire in qualità di personale civile , con un onere finanziario relativamente modesto perché basterebbe corrispondere la differenza fra la pensione alla quale hanno diritto e lo stipendio che verrebbero a percepire. Questo sistema avrebbe altresì un grandissimo vantaggio: ridurre il numero dei disoccupati e perciò dei malcontenti. Tenendo conto delle considerazioni fin qui esposte si potrebbe vedere un ordinamento nelle sue lince generali così tracciato: 1) Difesa delle frontiere: per presidiare la sistemazione difensiva a carattere permanente che soprattutto in corrispondenza della frontiera orientale sbarri materialmente le principali lince di penetrazione e costituire un conveniente numero di unità mobili atte ad opporsi ad eve ntuali tentativi di infiltraz ione ne lle cortine intermedie (unità alpine) son0 grosso modo necessari 25.000 uomini. 2) Difesa costiera : si esclude l'opportunità di affidare questo compito alla R. Marina, anche nelle stesse località dove e ssa ha important i basi. La difesa a terra delle coste deve essere esclusivamente affidata all'E sercito pe r evitare contrasti ed inte rferenze che, in pratica , hanno ripetutamente avuto da nnose ripe rcussioni. L 'estensione delle nostre coste (oltre 4.000 Km per la parte continentale; e circa 2.400 Km per le due grandi isole) e la recente esperienza in fatto di sbarchi rendono assurdo pensare ad una difesa a cordone. L'azione difensiva dovrà pertanto limitarsi a proteggere ta lune zone a cavallo di porti , o di località di particolare interesse , quali ad es. que lle indicate nello schizzo allegato 2 [non riprodotto I. Sembra no necessari per qut::slu cumpito 15.000 u omini . 3) Difesa antiaerea: limitata come si è detto prima potrebbe esere affidata alla R. Aeronautica anche pe r facilitare il coordina mento de ll'impiego dei mezzi statici (batterie , installazioni fumogene , sbarramenti ae rostatici , ecc.) con quelli mobili (aviaziont:: da cacda). Non rientra pertanto nel presente computo. 4) Difesa mobile: le difese sta tiche de l confine terrestre e delle coste possono ritardare di qualche poco una aggressione in forza. Inoltre quella delle coste , limitata a località fra loro molto intervallate, lascia amp.i tratti di litorale del tutto sguarniti e sui quali un 'a zione di sbarco potrebbe svolgersi incontrastata . La reazio ne a tentativi di violazione del nostro territorio, fin o al mome nto in c ui non entrino in azione le forze inte rnazionali de l


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sistema di sicurezza delle Nazioni Unite, deve per necessità attuarsi con forze mobili , potentemente armate ed equipaggiate , do tate di sufficiente autonomia logistica , che per la loro dislocazione siano sempre pronte ad entrare in azione a sostegno della difesa in posto, oppQre dove una aggressione in zona indifesa si stia sviluppando. Sono indispensabili a questo scopo non meno di 10 divisioni in buona parte corazzate (le rimanenti autotrasportabili) , dotate cioè di grande pote nza di fuoco, mobilità ed autonomia logistica, dislocate in modo da gravitare sul versante orientale della Penisola , ma in condizioni di poter essere con relativa rapidità spostate e raggruppate su quel tratto di territorio sul quale si deUnei una aggressione . Una dislocazione rispondente a tali requisiti potrebbe essere ad es . quella riportata nel citato schizzo schematico allegato 2 [non riprodotto] . 5) Organizzazione territoriale: per le necessità relative al reclutamento , inquadramento, addestramento, alloggiamento ed amm inistrazio ne del personale e per quelle inerenti al rifornimento e rinnovamento <lei materiaii di vcttovaglìamento, equipaggiamento, armamento , ecc. delle forze finora considerate è indispensabile una organizzazione territoriale . La più volte accennata necessità di sottrarn: ai compiti operativi il minor numero di militari richi ede che essa sia basata sui segut:nli criteri: a) per le necessità organiche, logistiche ed amministrative sostituzione con civili spinta all'estremo. Per ciò, a cominciare dagli organi centrali più elevati e presso tutti quelli periferici , assegnazione dei militari limitata a quelle cariche ed a quegli organi tecnici per i quali essa è imposta da effettive particolari ragioni ; b) per le necessità addestrative , tenuto conto nella convenienza che l'addestramento individuale venga compiuto presso le stesse unità alle quali il contingente di leva è destinato , limitare la istituzione di scuole a quelle indispensabili per il reclutame nto e perfezionamento nei quadri (scuola di guerra, accademia , scuole di applicazione) per l'addestramento degli specializzati (scuole sottufficiali) e per particolari esigenze dell'addestramento tattico delle minori unità (scuole centrali) , raggruppandole in modo da conseguire la maggiore utilizzazione del personale e dei mezzi. Su queste basi occorrono per questa organizzazione circa 10.000 uomini dei quali 7.000 per le esigenze addestrative e 3.000 per le rimanenti .


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In sintesi , supponendo la disponibilità complessiva di 150.000 uomini si potrebbe avere la seguente articolazione generale: - 140.000 per vere e proprie esigenze operative dei quali: 25.000 per la difesa di frontiera; 15.000 per la difesa di costiera; 100.000 per grandi unità della difesa mobile; - 10.000 per le esigenze territoriali. Questo studio è stato compilato avendo presente lo scopo al quale deve servire: cioè orientamento di larga massima per una eventuale discussione con gli alleati. Scendere in dettagli tecnici mi è sembrato inutile. Questi si potranno risolvere solo quando le linee generali siano accettate e consentite e alla bisogna sono più che sufficienti gli organi specializzati del Ministero della Guerra. IL C APO DI STATO MAGGIORE (Claudio Trez zani) [Fonte: Arch ivio Ufficio Swrico dello Stato Magginr<' f;s,, rrito, l)i(Jrin Stnricn rf,,//n Stnfn MngginrP

(ìenerale, dicembre 1945, al/. 1651



DOCUMENTO 6

COMANDO SUPREMO ALLEATO NEL MEDITERRANEO

TELEX Nr: FX 31519/NAF 1051

3 Agosto 1945

DA COMANDANTE SUPREMO ALLEATO NEL MEDITERRANEO A CAPI DI STATO MAGGIORE COMBINATI

1) Sto considerando la politica ad interim che, nell'attesa di una soluzione finale tramite il trattato di pace, dovrebbe essere adottata nei confronti delle Forze Armate Italiane alla luce delle nostre intenzioni di consegnare al governo italia no il 30 settembre la responsabilità dell'amministrazione civile per tutta l'Italia, tranne la Venezia Giulia e ugni altra area spedale che possa essere mantenuta sotto il governo militare alleato (AMG). 2) La situazione interna in Italia: a) Con un raccolto scarso e una scarsezza generale di materie prime, in particolare di carbone , la situazione economica in Italia si sta deteriorando né è probabile che migliori. Ciò causerà agitazioni e tensioni interne, che stanno già cominciando. Tali tensioni potrebbero essere aggravate dalla mancata importazione in Italia di adeguati rifornimenti per la popolazione civile e a questo riguardo l'incertezza esistente su come procurare in futuro tali rifornimenti è per me fonte di grave preoccupazione; b) L'autorità del governo italiano al momento poggia in gran parte sulla presenza di truppe alleate, che stanno incessantemente riducendosi. Se dobbiamo evitare di dover intervenire per mantenere la legge e l'ordine in Italia, al governo italiano devono essere date forze adeguate, la cui efficienza deve essere accresciuta il più possibile. 3) La Marina italiana. - La proposta di trasferire ulteriore responsabilità per l'amministrazione civile al governo italiano non ha alcuna incidenza sulle dimensioni e sull'impiego della Marina italia na. Inoltre la Marina italiana è impiegata secondo le istruzio ni di CCS 515/1 del 19 marzo 1944. Quest'intesa dovrebbe continuare. Sono già in corso di attuazione dei provvedimenti in base ai quali il Ministe ro della Marina italiana · ha ampia voce in capitolo circa l'impiego di unità da gue rra italiane


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L'ESERCITO !TALJANO NEL SECONDO DOPO GUERRA .1945-1 950

di piccolo tonnellaggio , dopo aver ottenuto l'approvazione delle competenti autorità navali alleate. , 4) L'Aeronautica italiana. - Per qualche tempo ci sarà bisogno che l'aeronautica italiana assista le forze alleate. Attualme nte sta utilmente svolgendo un servizio di comunicazioni aeree interne. Fornisce anche truppe per compiti attinenti alla specialità. II trasferimento di ulteriore territorio al governo italiano non è una considerazione importante pe r ciò che riguarda l'impiego dell' Aeronautica italiana e si propone perciò di mantenere l'attuale limite di 34.000 uomini. La forza al di sotto di questo limite, comunque , viene tenuta sotto costante revisione. 5) Esigenze alleate per le unità dell'Esercito italia no. - Allo scopo di risparmiare manodopera alleata , ci sarà bisogno ancora per qualche tempo da parte alleata di impiegare in Italia certe unità dell'Esercito italiano. Le esigenze sono le seguenti: a) 106.000 BR-l_T l nelle unità ausiliarie in diretto suppotto dell'Esercito britannico. Saranno ridotte a 59.000 alla fine di settembre, con ulteriori riduzioni in seguito; b) 83.000 US-ITI nelle unità ausiliarie in diretto supporto dell'Esercito degli Stati Uniti. Saranno ridotte a 30.000 all a fine di agosto, con ulteriori riduzioni in seguito ; · e) ·18.000 ITI-ITI nelle unità di guardia alle istallazioni alleate e in altre unità varie. Saranno gradualmente ridotte man mano che i depositi e le istallazioni saranno chiusi o assorbiti. 6) Necessità di forze terrestri del governo italiano . - Le Forze armate che si ritiene saranno necessarie perché il governo possa assumere la responsabilità per l'amministrazione civile dell'Italia metropolitana, tranne le aree speciali che restano sotto I' AMG, sono indicate sotto, ai paragrafi 7 e 8. Queste necessità, per il ma ntenimento della legge e dell'ordine, possono essere così riassunte: a) una forza di polizia efficiente e adeguata , dislocata in tutto il paese; h) riserve locali dell 'Esercito in ciascuna regione territoriale , allo scopo di rafforzare la forza di polizia nel reprimere le agitazioni locali ; e) una riserva generale dell 'Esercito collocata strategicamente in modo da poter procedere alla repressione di rivolte su larga scala; d) organizzazione amministrativa e di comando. 7) L'attuale organico dei Carabinieri è di 65.000 uomm1. Questa forza è , secondo gli standards alleati , inefficiente. Comun-


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que non si ritiene che sia necessaria una modifica generale del suo organico. Il rimedio consiste nell'aumentare l'efficienza, piuttosto che la quantità. A questo proposito dovrebbe urgentemente essere inviata una missione di polizia alleata per riorganizzare e addestrare i Carabinieri. 8) Si ritiene che al governo italiano dovrebbe essere consentito un Esercito di 140.000 uomini , co stituito come segue: Tipo di Truppe

Osservazioni

Forza

Riserve locali

40 .000

Organizzate in 10 brigate di Sicurezza inte rna , ciascuna di 2.500 uomini pe r 10 regioni territoriali nella penisola e 2 divisioni di Sicurezza interna in Sicilia e I in Sardegna, ciascuna di 5.000 uo-

Riserve mobili

50.000

Comando Amministrazione Addestramento e Rinforzi Totale

9.000 31.000 10.000

Costituite da 5 Gruppi di Combattime nto e dal Reggimento Garibaldi Ministero della Guerra e CoMiliTer Nessuna Nessuna

mini

140.000

9) L 'Esercito italiano non è mai stata una forza efficace, ma , come nel caso dei Carabinieri , dovremmo basarci sull'aumentare l'efficienza di una forza piccola, che pos~a c:,,:,,cre mantenuta dagli stessi Italiani , piuttosto che concede re loro un vasto esercito di transizione. La Missione Militare esistente presso l'Esercito italiano deve perciò essere migliorata dal punto di vista qualitativo e incaricata di controllare la riorganizzazione dell'Esercito italiano e di assisterne l'addestramento operativo e amministrativo. 10) Il controllo operativo e amministrativo della forza di cui al par. 8 dovrebbe essere assunto dal Governo italiano al momento in cui saranno trasferite le restanti province settentrionali tranne le aree speciali , e cioè il 30 settembre. 11) Amministrazione. - Le raccomandazioni relative ai provvedimenti amministrativi per le forze che devono essere trasferite al Governo italiano saranno oggetto di un a comunicazione separata.


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12) Richiedo urgentemente che approviate: a) la politica di cui al par. 2B; b) le mie proposte relative alla Marina e ali' Aeronautica italia ne di cui ai parr. 3 e 4 ; e) la mia proposta di trasferire al Governo italiano verso il 30 settembre il controllo di un esercito di 140.000 uomini, organizzato secondo quanto al par. 8; d) l'invio di una missione di polizia alleata , come indicato al par. 7; i dettagli relativi saranno oggetto di un comunicazione separata. 13) In considerazione de ll' urge nza della questione e del fatto che le mie proposte relative all'Esercito italiano di transizione sono ben entro i limiti attualmente autorizzati, procedo a riorganizzare di conseguenza quest'esercito secondo le indicazioni del par. 8. Il trasferimento di questa forza al Governo ita liano resterà naturalmente in attesa della vostra approvazione. (3 agosto 1945)

Firmato: Aiexander

f Fonte: National Archives and Records Administration, Washi11g1011 f?. C., R ecord Group i65, Records of the War Department Generai and Special Stajfs, A.BC 420 Italy (30 Oct. 43) Section 1-BJ


DOCUMENTO 7

COMANDO SUPREMO ALLEATO NEL MEDITERRANEO TELEX

Nr: FX 37481/NAF 1059

22 Agosto 1945

DA COMANDANTE SUPREMO ALLEATO NEL MEDITERRANEO A CA PI DI STATO MAGGIORE COMBINATI

Questo è il NAF 1059 e costituisce il seguito di NAF 1051. 1) Al momento i rifornimenti e l'equipaggiamento per l'Esercito italiano sono forniti in gran parte da fonti militari americane e inglesi . Inoltre l'Esercito italiano dipende parzialme nte dai servizi amministrativi e di rifornimento alleati per la sua amministrazione , anche se in virtù dell'attuale politica questa dipendenza sta progressivamente diminuendo. 2) Esercito italiano di 140.000 uomini. - Se il controllo operativo dell 'Esercito italiano di 140.000 uomini è affidato al governo italiano, è auspicabile che ne venga assunto al tempo stesso anche il massimo grado di controllo amministrativo. In ogni caso il governo italiano dovrebbe assumersi il prima possibile la piena responsabilità amministrativa e per i rifornimenti , in modo da sollevare le risorse militari alleate da quest'impegno . Inoltre se il governo italiano si assume questa responsabilità mentre nel teatro di operazioni si trovano ancora le risorse alleate, ci saranno a disposizione i mezzi per ovviare ad ogni seria difficoltà che possa insorgere durante le prime fasi di responsabilità del governo italiano. 3) L 'Esercito proposto di 140.000 uomini comprende unità amntinistrative nella debita proporzione. Ammettendo l'uso da parte dell'Esercito italiano di strutture che impieghino personale civile (quali le ferrovie, le officine ecc.) quest'esercito può essere reso autosufficiente per quanto riguarda i servizi amministrativi e dalla fine di settembre non avrà bisogno di essere dipendente dall'assistenza amministrativa delle unità alleate per il suo supporto logistico. 4) Carabinieri (65.000 unità). - L'amministrazione e il rifornimento di 65.000 carabinieri è già in gran parte compito del governo italiano, che lo esercita attr:>verso l'organizzazione amministrativa ITT-TTI dell' Esercito italiano. I generi di base della razione dei


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Carabinieri sono comunque forniti dalle organizzazioni militari inglese e americana e una parte di assistenza è fornita dagli USA e . dagli Inglesi per quanto attiene al vestiario. Al momento si propone , sempre lasciando aperta la possibilità di quelle modifiche che possano essere approvate in conseguenza delle indagini della missione di polizia alleata , alla quale ci si riferisce nel paragrafo 7 di NAF 1051 , che i Carabinieri continuino ad essere amministrati dall 'Esercito italiano. 5) Fornitura del vitto e dell'equipaggiamento per Esercito e Carabinieri , forza complessiva di 205.000 uomini. Cibo, vestiario, equipaggiamento di natura bellica e non bellica dovrebbero essere forniti come segue: a) da risorse italiane , compreso materiale di provenienza bellica nemica e produzione locale. Le materie prime per questo scopo dovrebbero essere procurate tramite il programma cl'importazioni del governo italiano ; b) tramite l'acquisto degli stocks militari in Italia che siano stati dichiarati surplus dalle organizzazioni inglesi o america ne addette alla loro liquidazione. Si considera che al governo italiano , relativamente ai beni richiesti p er l'Esercito italiano , dovrebbe essere accordata , nell'acquisto di questi rifornimenti, una priorità analoga a quella di cui gode l'UNRRA ; e) poiché la prevenzione di disordini in Italia dipenderà in gran parte dall'efficiente funzionamento dell 'Esercito italiano e dei Carabinieri è essenziale che nella loro amministrazione non ci siano interruzioni causate da mancanze o incertezze nell'arrivo di quanto necessario al loro mantenimento. A tali richieste, perciò , le agenzie di rifornimento dovrebbero accordare il necessario grado di priorità. Pe r differenziare queste richieste da quelle destinate a lla popolazione civile, esse dovrebbero essere soddisfatte separatamente, nell'ambito del programma di importazioni del Governo italiano. 6) Le raccomandazioni relative ai principali rifornimenti per l'Esercito e i Carabinieri sono le seguenti: a) Razioni. Tenendo conto de lla pie na utilizzazione delle forniture locali , in aggiunta alle necessarie importazioni per la popolazione civile dovranno essere importate annualmente le seguenti tonnellate: farina 35.070; vegetali secchi 4.680; zucchero 2.340; pepe 12; caffè 1.170; b) Benzina. Le esigenze di carburante saranno incluse nel programma nazionale italiano, con effetto dalla programmazione in ottobre per le esigenze di gennaio;


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e) Vestiario. Le esigenze di materie prime che consentano per l'Ese rcito di 140.000 uomini e i 65 .000 Carabinieri una fornitura iniziale e il mantenimento per un anno , sono le seguenti: lana rigenerata 2.100 tonnellate; cotone 320 tonnellate ; lana vergine 3.080 tonnellate ; cuoio lavorato 750 tonnellate. Si ritiene che a tali quantitativi si possa provvedere con l'attuale progetto di programma di importazione, purché tale programma sia rispettato ; d) Equipaggiamento. Si propone la seguente politica generale: I) tutti i veicoli e l'equipaggiamento di origine inglese e americana (compresi quelJj Lend-Lease) attualmente in possesso delle unità da combattimento italiane (i Gruppi e alcune altre unità) dovrebbero essere trattenuti da queste forze e consegnati al Governo italiano secondo una procedura da stabilire. Per quanto riguarda l'equipaggiamento USA in possesso delle unità da combattimento British-ITI, lo stesso suggerimento è già stato raccomandato nei messaggio F 92580 ddrUS Army , i~aiw ùi opvrazio11i dd Mèditerraneo , ai Joint Chieffs of Staff, in data 13 giugno 1945. Si propone allo stesso tempo di consegnare, fornite da fonti militari alleate , parti di ricambio per sei mesi per i veicoli e l'equipaggiamento; II) le richieste per !'equipaggiamento di natura non bellica dovrebbero essere evase secondo quanto esposto nel paragrafo 5. Si pensa di includere il più presto possibile in questa categoria tutti i rifornimenti di natura non bellica , compresi quelli che sono al momento sotto responsabilità militare alleata ; III) a causa dell'attuale impossibilità del governo italiano di fabbricare materiali bellici , si dovrebbe continuare per qualche tempo a forn ire quanto necessario da fonti alleate; IV) il necessario per il mantenimento di pneumatici e camere d'aria per tutti i veicoli o le materie prime per la loro produzione dovrebbero essere inclusi nel programma di importazioni del governo italiano. La situazione relativa ai pne umatici e alle camere d'aria è critica , e il rifornimento di questi materiali o le necessarie materie prime devono poter essere disponibili , se si vuole che l' Esercito italiano possa funzionare senza l'assistenza alleata. 7) Le proposte precedenti stabiliscono per le forniture di equipaggiame nto e sussistenza dei 140.000 uomini dell'E.I. e dei 65.000 carabinieri procedure simili a quelle usate per l'approvvigionamento dell'economia civile italiana . Tali proposte sono realizzabili solo se quest'approvvigionamento fun ziona in modo efficiente e se potrà essere assicurato un


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flusso adeguato e regolare di rifornimenti per l'Italia. Al riguardo è stata espressa preoccupazione nel paragrafo 2 di NAF 1051 e in NAF 1054 ... 8) Quando si svolgerà il passaggio del controllo operativo e amministrativo, le funzioni amministrative della Missione Militare Alleata presso l'Esercito italiano (MMIA, n.d.t.) nei confronti dell'Esercito italiano di 140.000 uomini saranno soprattutto di na tura consultiva e di collegamento. La MMJA continuerà comunque a esaminare quelle richieste che tuttora sono evase con gli stocks militari alleati e a esercitare un controllo di supervisione sull'uso di questi materiali. 9) Il riassunto di qua nto suggerito è il seguente: a) si propone: - di trasferire al governo italiano il controllo amministrativo dell'Esercito italiano di 140.000 uomini e dei 65.000 carabinieri , nello stesso momento in cui si svolge il trasferimento del controllo operativo; b) se la politica dei trasferimenti esposta nei paragrafi 5 e 6 di questo messaggio è approvata, si propone che il governo italiano debba provvedere per conto proprio, a comi!)cia re dal programma che deve essere presentato in ottobre, a tutti i rifornimenti , POL (benzina, petrolio, lubrificanti) , vestiario e mate riale di equipaggiamento (comprese le materie prime per la sua produzione in loco) , che non possano essere procurati sul posto. Le agenzie di rifornime nto dovrebbero prendere in considerazione i surplus degli stocks militari americani e inglesi nel teatro di operazioni e includerli nella ripartizione delle fonti per mezzo delle quali il programma del governo italiano deve essere attuato; e) finché le richieste esposte nel programma di impostazioni del governo italiano non possono essere soddisfatte e finché l'afflusso regolare del materiale necessario non sia stato stabilito, gli americani e gli inglesi devono continuare ad evadere dai loro stocks militari quelle richieste dell'Esercito italiano e dei Carabinieri che non possano essere soddisfatte dalle fonti del governo italiano. Il trasferimento dell'attuale responsabilità materiale alleata per ciò che attiene ai materiali della sussistenza e all'equipaggiamento sarà necessari amente graduale e si svolgerà a seconda del tempo necessario a stabilire una procedura di rifornimento pe r i vari materi ali . Per quanto concerne l'equipaggiamento bellico ci si rende conto che la responsabilità della sua fornitura dovrà probabilmente restare per un pe riodo considerevole un impegno di natura militare. Le


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richieste di materiali che continuano ad essere forniti dagli stocks militari saranno esaminate, come attualmente, dalla MMIA , che eserciterà la supervisione necessaria ad assicurarsi che siano usati secondo criteri economici. 10) Per quelle forze italiane in corso di riduzione che continuano ad essere impiegate in sostituzione di manodopera inglese e americana (vedi paragrafo 5 di NAF 1051) , si propone di non fare alcun cambiamento nelle disposizioni esistenti per il loro approvvigionamento. 11) Si richiede che quanto sopra esposto sia approvato . Nel frattempo si svolgono i preparativi necessari a facilitare il trasferimento del controllo amministrativo dell'Esercito c dei Carahinieri al governo italiano. (22 agosto 1945)

Firmato: Alexander [Fonte: National Archives and Records A dministration, Washington D. C., Record Group 165, Records of lhe War V epartment Generai and Special Staffç , A B C 420 ltaly (30 O u. 43) Seclion 1-BJ



DOCUMENTO 8

COMMISSIONE ALLEATA SOTTOCOMMISSIONE FORZE TERRESTRI-MMIA

8 novembre 1945

DIRETTIVA N. 1 Passaggio dell'Esercito ltaliano al Governo ltaliano

I - GENERALITÀ 1) I capi degli Stati Maggiori riuniti [C.C.S., n.d .a.] hanno approvato le direttive temporanee da adottarsi nei riguardi delle Forze Armate Italiane in attesa delle decisioni finali del Trattato di Pace. Il Comando Supremo Alleato ha pertanto disposto affinché vengano effettuate le seguenti disposizioni relative al passaggio del1'Esercito Italiano sotto il controllo <lel Governo Italiano, nonché alla futura organizzazione, all'addestramento ed alla amministrazione dell'Esercito stesso.

li - PASSAGGIO DELL'ESERCITO ITALIANO

SOTTO IL CONTROLLO DEL GOVERNO ITALIANO 2) Trasferimento dei Reparti. A partire dalle ore 24 del 14 novembre 1945, i reparti dell'Esercito Italiano attualmente compresi nella categoria ITI-ITI unitamente ai 5 gruppi di Combattimento BR-ITI e ai loro reparti ausiliari nonché i 10.000 carabinieri attualmente compresi nella categoria BR-ITI saranno trasferiti sotto il controllo del Governo Italiano. I Comandanti alleati non avranno più potere di comando nei riguardi di tali Reparti , ad eccezione di quanto è stabilito nel seguente paragrafo 5. 3) Norme relative ai reparti US-ITI e BR-ITI:


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L' ESE RCITO ITALI ANO NE L SECONDO DOPO GUl'RRA 1945-1950

a) I reparti US-lTI e BR-ITI, meno i 5 Gruppi di Combattimento BR-ITI ai quali si è più sopra accennato, continueranno ad essere impiegati in conformità delle vigenti disposizioni fino a che i loro servizi saranno richiesti dalle autorità Militari Alleate. Detti reparti rimarranno sotto il comando operativo dell'A .F.H.Q . Il numero dei militari impiegati , sarà gradualmente ridotto sino al completo annullamento. Si presume, che, nel caso del personale US-ITI, l'annullamento sarà raggiunto approssimativamente nel febbraio 1946 e , nel caso del personale BR-ITI , all'incirca nel mese di giugno 1946. Quando il personale US-ITI e BR-ITI non sarà più necessario alle autorità Militari alleate, esso verrà offerto al Governo Italiano. b) L'amministrazione e il vettovagliamento dei R eparti Servizi US-ITI e BR-lTI nonché l'amministrazione e il vettovagliamento delle forze Navali e Aeree italiane saranno effettuati in conformità del successivo paragrafo Hl . 4) Norme relative ai Carabinieri Reali. 11 controllo dei CC. RR. spetterà al Governo Italiano , ma sarà soggetto alla supervisione e alla superiore autorità dell'A.M.G. nelle zone che saranno rimaste al di fuori della giurisdizione del governo Italiano. La forza dei CC. RR. non potrà eccedere i 65.000 uomini: tale cifra va considerata in più del limite massimo consentito per l'Esercito Italiano. I Carabinieri saranno impiegati per scopi di sicurezza pubblica civile, esclusivamente; non dovranno avere mansioni di sicurezza militare. 5) Riserva di diritti: a) 11 Comandante Supremo Alleato del Teatro d'operazione del Mediterraneo , si riserva il diritto di assumere in qualunque momento il Coma ndo di tutto o di pa tte dell'Esercito Italiano in quanto situato nel Teatro d 'operazione, nonché di delegare al Comando di formazioni o Reparti dell 'Esercito Italia no qualsiasi comandante alleato di sua scelta. b) Il Governo Italiano dovrà fornire al Comando Supremo Alleato tutte le informazioni relative alla forza, all'organizzazione, all'addestramento , ai movimenti , all'amministrazione, agli immobili, alle giacenze di materiali e di equipaggiamento o riguardanti qualsiasi altro ogge tto concernente l'Esercito Italiano che gli potranno essere richieste . e) Le truppe italiane che si trovano in te rritorio non ancora restituito al Governo Italiano , nonché 1'808 Battaglione C. S. , sebbene inclusi nel limite massimo stabilito dal successivo paragrafo 7, resteranno per ora sotto il comando Operativo dcll'A.F.H .Q.


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6) Missione Militare: a) Una missione Militare Alleata sarà istituita allo scopo di consigliare e di coadiuvare l'Esercito Italiano nell'organizzazione, nell'addestramento e nell'amministrazione dell'Esercito Italiano e dei Carabinieri; essa avrà anche il compito di trasmettere alle superiori Autorità le informazioni che potranno essere richieste. Il Governo Italiano dovrà normalmente accettare i pareri di questa Missione. Qualora essa non fosse in grado di farlo, la questione dovrà essere sottoposta alla Missione Militare Alleata all'A.F.H.Q. (sic). La Missione avrà anche la mansione di vagliare le richieste di rifornimenti e di equipaggiamenti che dovranno continuare ad essere fomiti da fonti militari alleate ed eserciterà un controllo circa l'uso dei detti materiali. b) La suddetta Missione Militare Alleata sarà, per il momento, la Land Forces Sub Commission della commissione Alleata (M.M.I.A.).

III - ORGANIZZAZIONE FUTURA, ADDESTRAMENTO E AMMINISTRAZIONE 7) Organizzazione. Durante il periodo di transizione, in attesa che il Trattato di pace entri in vigore, l'Esercito Italiano sotto il controllo del Governo Italiano consisterà di non più di 140.000 uomini e sarà organizzato sulla base dei dati seguenti: a) Riserve locali Tre divisioni di Sicurezza Interna della forza ciasuna di 5.000 uomini , due in Sicilia ed una in Sardegna ... ......... ............. ............. ....... . 15.000 Dieci Reggimenti indipendenti della forza ciascuno di 2.500 uomini per le 10 Regioni Terri25.000 toriali del Continente .......................... ... . Totale ..... 40.000

b) Riserve mobili Cinque Gruppi di Combattimento e truppe d'appoggio ........... ...... ....... ..... .................... . Totale .... .

50.000


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L'ESE RCITO ITALIANO N EL SECONDO DOPO GUERRA 1945-1950

c) Uffici centrali e Comandi Ministero della Guerra e Comandi Regioni Territoriali ................................................ . Totale d) Amministrazione Totale

e) Addestramento complementi

Totale

9.000 31.000 10.000 140.000

8) Nessuna modificazione alla ripart1z1one generale sopra riportata potrà essere effettuata òal Governo italiano senza il consenso dell'A.F.H .Q . Tuttavia il Governo Italiano dovrà elaborare il fabbisogno particolareggiato nell 'ambito dei dati soprariportati considerando tale lavoro come avente carattere di urgenza , così come è stato consigliato dalla Land Forces Suh Commission della Commissione alleata (M.M.LA.) e riferito all' A.F.H.Q. 9) Addestremento. I ,'addestramento dell'Esercito Italiano sarà fatto a cura del Governo Italiano nel mod o consigliato d alla L.S.F.C., A.C. (M.M.T.A.). 10) Amministrazione: a ) A partire dalle ore 24 del giorno .14 novembre 1945 il Governo Italiano assumerà la responsahilità dell ' Amministrazion e dell ' Esercito Italiano descritto nel precedente p_aragrafo 7 nonché quella dei Carabinieri. I necessari reparti amministrativi saranno costituiti nell'ambito della forza autorizzata, così che l'Esercito Italiano potrà amministrarsi in modo autonomo senza dipendere oltre dalla base alleata e dai reparti amministrativi alleati. b) Il personale della Marina e dell'Aeronautica Italiana continuerà ad essere amministrato e vettovagliato come attualmente, per il tramite degli organi italiani. e) Il personale BR-ITI disseminato all'interno di reparti britannici continuerà ad essere amministrato e vettovagliato come attualmente. I reparti servizi BR-ITI continueranno ad essere amministrati e vettovagliati per il tramite dei servizi italiani , salvo che pe r quanto si riferisce al rifornimento delle razioni viveri. A partire dalle ore 24 del 14 novembre 1945 le mansioni relative ai rifornimenti e alla distrihuzione delle razioni saranno ripartite nel modo seguente: 1) ai suddetti reparti soltanto la parte della razione di provenienza britannica sarà distribuita per il tramite dei servizi britannici ; 2) la parte della razione di provenienza italiana sarà distri-


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buita direttame nte ai reparti per il tramite degli organi amministrativi italiani. d) I reparti Servizi US-ITI saranno amministrati e vettovagliati per il tramite dei Servizi Americani. 11) Vettovagliamento ed equipaggiamento: a) A p a rtire dalle ore 24 del 14 novembre 1945 il Governo Italiano assumerà la responsabilità del vettovagliamento dell'Esercito Italiano indicato nel precedente paragrafo 7 nonch é quello dei carabinieri . h) J rifornimenti di generi alimentari , effetti di vestiario , materiali sanitari , materiali di equipaggiamento bellico e non bel1ico saranno effettuati dalle fonti sottoindicate e con le sottoindicate precedenze, salvo successive istruzioni che potessero essere emanate in merito aJl'unificazione dell'equipaggiamento dell' E sercito Italiano e dei Carabinieri: 1) da fonti locali italiane compresi i materia li catturati (ad eccezione delle armi tedesche e d incluse le fabbriche locali) in base ad autorizzazione dell'A.F.H.Q .; 2) mediante acquisti da farsi presso gli enti competenti americani o britannici che trattano la messa a disposizione de i materiali eccedenti in Italia, di stocks a disposizione dei suddetti e nti ; 3) mediante i programmi di importazione del Governo Italiano . e) Dato che il sistema di rifornimento esposto nel precedente paragrafo 11 b) richiederà un certo tempo prima di poter essere messo completamente in funzione, specialmente per quanto riguarda i fabbisogni inclusi nel programma di importazione del Governo Italiano e per quei fabbisogni a i quali non si potrà far fronte con le fonti indicate ne l precedente paragrafo 11 b) verrà applicata la proce dura seguente: 1) tali fabbisogni potranno essere presi in prestito da stocks militari am ericani o britannici a titolo di espediente temporaneo , fino al primo gennaio 1946. Inoltre taluni generi alimentari potranno essere venduti o prestati all'E sercito Italia no in conformità del segue nte paragrafo 13 e); 2) in seguito a quanto sopra, tali materiali dovranno essere restituiti alle autorità Americane o Britanniche dietro richiesta , oppure potranno essere trasferiti a l Governo Italiano pe r il tramite di organi di rifornimento americani o britannici in conformità della procedura stabilita. d) A partire da lle ore 24 del giorno 14 novembre 1945 il


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L'ESERCITO ITALIANO NEL SECONDO DOPO GUERRA 1945-1950

Governo Italiano continuerà ad avere la responsabilità dei rifornimenti di carburanti e di carbone per l'Esercito Italiano e per i Carabinieri da stocks civili e mediante il programma d'importazione del Governo Italiano_ 12) Materiali di equipaggiamento bellico e parti di ricambio. Saranno ceduti al Governo Italiano tutte le armi, gli automezzi ed altro equipaggiamento bellico di origine americana od inglese compreso il materiale ricevuto dall'Inghilterra in base aJla legge affitti e prestiti (tale legge proibisce la cessione a terzi n.d.t.: sic nella traduzione originale) , già in possesso di quelle unità che dovranno far parte dell'Esercito Italiano di 140_000 uomini e in possesso dei CC.RR. che risultino essere in eccedenza alle necessità americane e britanniche, unitamente al fabbisogno per un anno dei materiali stessi e relative parti di ricambio per armi, automezzi ed equipaggiamento , sempre che si tratti di materiali in eccedenza al fabbisogno alleato. Nel caso di automezzi e di materiali bellici disponibili presso gli Organi di distribuzione americani o britannici la messa a disposizione del Governo Italiano sarà effettuata per il tramite dei detti organi di distribuzione americani o britannici in conformità delle procedure stabilite ma con le precedenze richieste per la loro vendita al Governo Italiano. Qualora si tratti d'i materiale bellico britannico, capace di causare la morte (lethal british warlike materiai) il trasferimento sarà effettuato direttamente dall'Autorità Militare. 13) Rifornimento viveri: a) I generi di sussistenza continueranno ad essere forniti dagli Eserciti Americano e britannico in base alla forza effettiva dell'Esercito Italiano indicata nel paragrafo 7 e dei Carabinieri fino al 30 novembre 1945. L'impiego americano non supererà le 124.000 unità e quello britannic.o le 81.000 unità_ b) A partir<; dal 1° dicembre 1945 il vettovagliamento dell'Esercito Italiano, inclusi i Carabinieri, dovrà essere fatto a cura del Governo Italiano. Le fonti di rifornimento sono quelle indicate nel precedente paragrafo 11. e) Gli enti americani e britannici aventi l'incarico di disporre delle eccedenze riceveranno direttive di dare al Governo Italiano la precedenza nelle forniture relative al vettovagliamento dell'Esercito Italiano. da quei rifornimenti che saranno stati dichiarati in eccedenza dalle Autorità Militari americane e britanniche. Questa precedenza è però limitata ai generi attualmente forniti nella razione ITI-ITT o alla equivalente razione britannica per i quantitativi non eccedenti a quelli occorrenti per la forza effettiva e, in ogni caso, nel


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numero di non più di 205.000, a cominciare dalla data della richiesta sino al 1° maggio 1946. 14) Effetti di vestiario ed equipaggiamento personale: a) Tutte le precedenti direttive relative alla cessione di effetti di vestiario e di materiali di equipaggiamento personale e di recupero all'Esercito Italiano per il tramite della M.M.I.A., sono annullate. b) L 'acquisto di materiali non bellici in eccedenza è autorizzato in base al disposto del precedente paragrafo 11 b) 2. 15) Materiali sanitari. I materiali sanitari di origine alleata tenuti in magazzini italiani o presso reparti italiani alla data della presente, resteranno di proprietà italiana. 16) Contabilità: a) Gli accordi finanziari in conseguenza delle direttive sopra riportate riguardanti i rifornimenti debbono ancora essere stabiliti. Nel frattempo si dovrà tenere la documentazione di tutti i trasferimenti fatti al Governo Italiano da giacenze militari applicando le procedure indicate nei seguenti comma b) e e). b) La contabilità delle forniture militari alleate consegnate in blocco al Governo Italiano per l'Esercito Italiano di cui al precedente paragrafo 7 e per i Carabinieri, per la Marina e per l'Aeronautica Italiana, sarà fatta in base alle procedure attualmente stabilite per la categoria ITI-ITI. e) La contabilità delle forniture militari alleate consegnate da magazzini britannici o americani direttamente a reparti BR-ITI e US-ITI sarà fatta in base alla procedura stabilita per le forze britanniche e americane. Le consegne provenienti da giacenze militari americane , e che non siano state fatte per il tramite dell' ANLC (Army and Navy Liquidation Commission) , saranno fatte per il tramite della M .M.I.A. (conti ngente americano) la quale ne terrà la debita documentazione. IL MAGGIORE GENERALE M.M.I.A. F.to L. Browning / Fonte: Archivio Ufficio Storico dello Stato Maggiore Esercito, l/3, cart. 70/



DOCUMENTO 9

STATO MAGGIORE GENERALE N. 565/2 di prot. - Segreto

Roma , lì 2 Aprile 1946

Allegati n. 4 (Un memoriale con 3 annessi) Signor PRESIDENTE D EL CONSIGLIO DEI MINISTRI

ROMA

Come da desiderio di V.S. {telegramma a mano n. 358 del 23 marzo u.s. del Ministero degli Esteri) ho riunito nei giorni 25 e 28 marzo i Capi di Stato Maggiore delle tre forze armate Gen. Cadorna, Amm. De Courten, Gen. Aimone Cat. li risultato delle discussioni si concreta nella presente lettera confidenziale per V.S. e in un memoriale nel quale l'intero problema delle nostre F.A. viene esaminato nelle sue linee generali. Ad esso sono annessi tre studi - uno per ciascuna F.A. - nei quali i problemi relativi a ciascuna F.A. sono esaminati più in dettaglio e sotto aspetto prevalentemente tecnico [non riprodotti]. La presente lettera indica le ragioni che ispirano le nostre proposte e che per la Loro natura devono restare segrete. Al contrario il Memoriale e i tre studi annessi hanno carattere meno riservato ; potranno servire ai nostri delegati nelle discussioni cd anche essere comunicati , in via confidenziale , a qualche autorità alleata. Scopo delle riunioni: uniformare nella impost azione ed armonizzare ne lla sostanza i desiderata circa la natura ed entità contingente di ciascuna F.A. per evitare nella discussione con gli alleati incertezze e contraddizioni imbarazzanti. Conclusioni: 1) Si è detto, in passato, che, definito il Trattato di pace, saremmo stati chiamati a discuterlo prima della sua sanzione definitiva. Al contrario, sembra che ora si voglia invitarci a formulare richieste e proposte da discutere prima de lla presentazione dello schema di Trattato ai Ministri degli Esteri alleati. Questa soluzione sarebbe utile se ci trovassimo di fronte ad una pace discutibile bilateralmente . Ma , di fronte a una pace imposta, la prima soluzione è preferibile, più facile riuscendo controbattere le argomentazioni avversarie che non prendere l'iniziativa di proposte che potrebbero o apparire eccessive e provocare d a nnose reazioni , o riuscire inferiori a quanto gli stessi alleati potrebbero indursi a concederci.


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L'ESERCITO ITAT.IANO NEL SECONDO DOPO GUERRA 1945-1950

2) È stato suggerito di contenere le nostre richieste in limiti molto bassi sia per andare incontro a punti di vista di qualche alleato, sia per evitare un futuro rigido controllo. Questo criterio ci sembra pericoloso e compromettente. Pericoloso perché potremmo anche chiedere meno di quanto si può avere; compromettente perché , in avvenire, si potrebbero incolpare gli uomini politici di oggi e i loro consiglieri militari, di avere disarmato il Paese, al di là di quanto fosse reso necessario dalla situazione contingente. Si potrebbe impostare la nostra tesi così: a) poiché il Trattato cli pace porterà all'ammissione dell'Italia fra le N.U. e poiché l'art. 51 della Carta di S. Francisco sancisce per ciascuna di esse «il diritto all'autodifesa» anche a noi questo diritto deve essere riconosciuto. L e nostre richieste , di massima e per il loro carattere transitorio, sono basate sulle situazioni di fatto e non raggiungono il minimo necessario e sufficiente per l'autodifesa. Ogni eventuale riduzione alle nostre richieste comprometterebbe pertanto ancora maggiormente le nostre possihilit~ di autodifesa ; b) 1'Italia per sua natura, e per Le condizioni in cui si trova e si troverà per molto tempo, terrà per istinto e necessità un atteggiamento politico-militare esclusivamente difens~vo; c) a questi concetti si ispirano le richieste delle tre F .A., esclusivamente informate al concetto di assicurare una prima protezione del territorio nazionale , fronteggia ndo e contenendo temporaneamente e su fronte localizzata le eventuali aggressioni nemiche in attesa dell'intervento politico-militare dell'U .N. O . Ciò è indispensabile per impedire che la lotta sbocchi senz'altro in casa nostra e che quivi si sviluppi con gravissimi danni alla popolazione e al territorio nazionale; d) ogni sforzo deve essere fatto per evitare di includere nel trattato di pace clausole Limitative permanenti nel campo militare, in quanto lesive della nostra sovranità, che il Trattato dovrebbe invece reintegrare. Esse dovrebbero essere sostituite da impegni, liberamente assunti, nei limiti dei program mi allegati. A tali programmi dovrebbe essere riconosciuto carattere transitorio e cioè valevole fino a quando, in forza degli articoli 11 e 26 della Carta delle N.U. , la situazione degli armamenti di tutte le Nazioni sarà riesaminata sulla base della relatività ( dalla quale oggi si è dovuto totalmente prescindere). 3) Nell'attuale momento politico sembra che il pericolo maggiore di aggressione nemica si delinei alla frontiera orientale. È chiaro che se non si conosce l'andamento esatto di questa frontiera


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è impossibile determinare l'entità e natura delle forze necessarie per

difenderla. Ciò senza considerare che se qualche colonia ci fosse lasciata, un' aliquota delle forze militari vi dovrebbe essere destinata per mantenervi l'ordine. 4) Le richieste per l'Esercito sorpassano la situazione di fatto attuale e possono sembrare eccessive. Si tenga conto che nella infelice guerra l'organizzazione militare terrestre è andata quasi totalmente dispersa o distrutta mentre le altre F.A. in parte si sono salvate. I quadri sono in crisi: in gran parte da rinnovare o da creare di nuovo. Inoltre, mentre in passato l'Esen.:ito oltre alla forza sotto le armi aveva imponenti riserve in congedo e larghe dotazioni in magazzi no, oggi ( e per lungo tempo) le forze terrestri si riducono a quelle sotto le armi, senza possibilità di moltiplicarle con la mobilitazione e la disponibilità di materiali è pressoché nulla. La Marina ammette alcune riduzioni, possibili e convenienti , ma in sostanza accetta lo status quo, pur affermando che l'attuale flotta è insufficiente per le reali esigenze della difesa. 11 problema dell'Aviazione è analogo a quello della Marina: si accetta il mantenimento dello stato di fatto attuale, anche se del tutto inadeguato alla soddisfazione delle più limitllle esigenze difensive. Per tutti le reali esigenze difensive possono essere valutate soltanto approssimativamente , mancando, come già detto, il criterio di relatività con le forze degli altri Stati. In sostanza per l'Esercito, oggi pressoché disarmato, le nostre richieste si traducono in un programma che in gran parte è da realizzare , in tempo e con mezzi notevoli ; per la Marina, che ha conservato una sensibile efficienza, e per l'Aviazione, che, per i rifornimenti alleati ha conservato anch'essa relativa possibilità d'azione noi richiediamo di massima la conservazione temporanea dell'attuale stato di cose in attesa di ripianare la presente deficienza. Tali diversi criteri possono avere un valore tattico n elle discussioni: la ricostituzione dell'Esercito con i presenti lineamenti transitori è già stata in gran parte discussa con la M.M.I.A. e parzialmente approvata: per la Marina e l'Aviazione si tratta invece di difendere le attuali posizioni dalle minacce, provenienti da più parti, di drastiche riduzioni. A ogni modo si tenga presente che quella esposta negli uniti Memoriali non rappresenta la vera soluzione del problema militare italiano, ma un compromesso che deve lasciarci la possibilità di risolvere la questione stessa in seguito, quando disporremo di maggiori elementi di carattere interno ed internazionale.


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5) Il problema delle nostre forze armate si dibatte fra due termini oggi insuperabili: volontà degli alleati e possibilità finanziarie nostre. Si è del parere unanime di trascurare per ora il secondo termine: nostre possibilità, sia perché oggi è pressoché impossibile fare un computo esatto, o attendibile, della portata finanziaria, sia perché se noi ci basassimo rigidamente sulle nostre possibilità finanziarie dovremmo tenerci molto al di sotto delle stesse presumibili concessioni alleate senza potere, in avvenire, chiedere aumenti senza l'accusa degli stranieri di volerci sottrarre agli impegni assunti e degli italiani di non aver tutelato a tempo i nostri interessi. In conseguenza anche sotto questo aspetto è necessario chiedere il massimo mellendo bene in chiaro che non dobbiamo essere costrelli a realizzarlo subito come sembra pre tendano gli inglesi , per quanto riguarda la cifra massima di 140.000 uomini stabilita per l'Esercito di transizione . Sulla base dei criteri sup ra t:sposti ho redatto l'acciuso Memoriale [non riprodotto] che, dopo aver indicate le ragio ni che inducono a lotta re per evitare l'imposizione di un vero e proprio Statuto militare nel Trattato di pace , e dopo aver chiarito il caratlere generale cd il valore necessariamente transitorio dei nostri programmi militari, passa all'esposizione sintetica di questi , separatamen te pe r ciascuna forza armata. I programmi particolareggiati sono contenuti nei tre annessi allegati, redatti da ciascuno dei tre Stati Maggiori interessati [non riprodotti]. Faccio riserva di trasmettere al più presto e direttamente al Ministero degli Esteri adegua to numero di copie a stampa degli stessi doc11menti cnn lii rela tiva versione in inglese, secondo quanto dallo stesso Ministero è stato richiesto. IL CJ\ l'O DI S .M. GENERAT,E (Gen . des. d'Arm. C. Trezzani) { Fon1e: A rchivio Ufficio Storico dello Sta/o Maggiore Jisercito, l/4, Racc. 58, Cari. 3/


DOCUMENTO 10

MINISTERO DELLA GUERRA STATO MAGGIORE ESER CITO Ufficio Op. e Add. - Sez. Op. Roma, lì 29 luglio 1946

PROMEMORIA OGGETIO: Trattato di pace - Clausole territoriali e di carattere militare terrestre.

Ho preso v1s1onc del progetto di trattato di pace e reputo opportuno richiamare subito l'attenzione sulle clausole territoriali e militari ivi contemplate affinché tutto sia posto in atto perché siano abrogate o almeno attenuate le durissime imposizioni fatteci, e, in ogni caso, sia ben chiara la situazione che deriverà al nostro Paese dall'accettazione delle clausole stesse.

I 1) Le rettifiche territoriali richieste dalla Francia specie ne lla zona centrale (Moncenisio , Valle Stretta e Chabcrton) e nell a zona meridionale (Briga e Tenda) in corrispondenza rispettivamente della Val di Susa e dell'alta Valle Roja, nonché la smilitarizzazione di una fascia profonda 20 Km a est della nuova linea di confine , aggravano in modo enorme le difficoltà della nostra difesa. L'occupazione francese della zona del Moncenisio, favorita dal concorso de l possesso di Valle Stretta che consente una facile occupazione di Bardonecchia (sbocco meridionale della galleria del Frejus), lascia infatti alla mercè della Francia la valle Susa e quindi la zona di Torino. La smilitarizzazione e la costituzione della ferrovia BriançonUlzio , contemporaneamente imposte , facilitano ulteriormente una eventuale invasione francese in questa zona moltiplicando le vie di


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sbocco nella pianura (azione per Val Chisone), risolvendo il problema logistico dopo lo sbocco nel piano e infine rendendo del tutto aleatoria ogni possibilità di appoggiare sul terreno montano la nostra azione di difesa. Il possesso dell'alta Valle Roja (Colle di Tenda - zona Cima Marta - Sacarello) da parte francese impedisce il diretto collegamento delle forze della difesa della parte meridionale della pianura di Cuneo con quelle della Liguria occidentale, e rende impossibile al difensore, per le caratteristiche orografiche del terreno, di apprestare una linea di difesa idonea sia verso il bacino della Stura (valli dei Gessi e del Vermenagna) sia verso il corridoio di Ceva. I francesi, in posizione centrale, possono pertanto agire a loro piacimento su Cuneo per Val Vermenagna, su Ceva per Val Tanaro, su Albenga per Val Arroscia, facilitati anche in queste azioni, in gran parte di carattere decisivo per i loro riflessi strategici, dalla smilitarizzazione alla zona di 20 Km lungo la frontiera terrestre e di 15 Km lungo la costa della riviera di ponente (co ncorso all'avvolgimento con azioni di sbarco). 2) Per meglio valutare la gravità che deriva al nostro Paese dal!'accettazione della nuova linea di confine che_si vuole a noi imporre sulla stessa frontiera occidentale si deve considerare: a) che lo Stato maggiore del/' Esercito a causa delle caratteristiche sfavorevoli di tale frontiera (profondità e asprezza della zona montana , divergenza delle linee di operazione, ecc.) non ha mai . preso in considerazione un'azione offensiva verso il Delfinato o la Provenza neanche quando si realizzarono le condizioni più favorevoli (disponibilità massima di forze e attacco contemporaneo dei tedeschi sul Reno). L'imposizione della politica contro tale razionale concezione militare nel giugno del 1940 non ha fatto che confermare questa giusta valutazione. Ma anche per la sola azione difensiva della stessa frontiera, nonostante venisse destinata a tal scopo un'importante aliquota delle forze campali disponibili , si dovette convenire sull'insufficienza delle nostre forze e ricorrere a una imponente organizzazione difensiva che, come una triplice barriera, si estendeva lungo tutta la zona montana, organizzazione che ora, col trattato di pace viene imposto di smantellare completamente; b) che, per contro , fino alla disfatta del 1940 lo S.M. francese ha sempre carezzato il progetto di una invasione del nostro territorio tentando di massima di ricalcare le orme napoleoniche (aggiramento


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della barriera alpina attraverso le Alpi Marittime sussidiato da un attacco nella zona centrale in corrispondenza della valle di Susa). Si deve notare che tale progetto ebbe basi reali anche quando la situazione internazionale era !)favorevole per la Francia. La conferma vien data dal generale Gamelio, ex capo dello S.M. generale della difesa nazionale nel suo libro « Servir» (Les Armées françaises del 1940 - Paris - librairie Plon) ove riporta alcuni documenti ufficiali nei quali, nonostante la gravissima minaccia tedesca sul Reno , si prevede la possibilità di un'azione offensiva contro l'Italia tendente « à supprimer, ou tout ou moin à para/iser, la menace méditerran éenne et à permellre, per la suite, une intervention en Europe centrale » (1) e a tal fine determina che le forze terrestri, appoggiate alla organizzazione fortificatoria, siano pronte fin dall'inizio delle ostilità « de conduire contre l'ltalie une action offensive sur !es Alpes et en Afrique» (2) e in ogni caso essere capaci di resistere a un attacco combinato italo-tedesco , ed « etre en état, le cas échéant, de régler, le moment venu , l'Italie sur terre comme dans l'air et sur mer » (3). Tutta l'organizzazione fortificatoria , logistica, stradale francese verso la frontiera alpina italiana fu in conseguenza predisposta e tenuta a punto fino al 1940 per realizzare questo disegno francese d'invadere la Pianura padana. È troppo evidente che lo S.M. francese profitta ora della situazione favorevole per migliorare le condizioni di sbocco dalle vallate alpine nei punti ove la difesa italiana può trovare miglior appiglio. L'esaudimento delle sue odierne richieste (mascherato fin troppo ingenuamente da rivendicazioni di carattere economico) specie sul Moncenisio e sulla zona Tenda-Saccarello gli consentirà infatti di calare con le sue forze nella pianura quando meglio crede e raggiungere i primi più importanti obiettivi senza colpo ferire. Conclusione: se i francesi otterranno la frontiera che con il trattato di pace si vuole imporre al nostro Paese, si può senz'altro affermare l'impossibilità per le nostre forze terrestri di salvaguardare il territorio continentale da un'invasione d'Oltralpe, anche supposto che l'Italia potesse in futuro sviluppare in pieno il suo potenziale bellico

(1) v. pag. 117: Note sur les données actuelles du probléme militaire françaisSecrétariat géneral n. 63 D n. 3 - 8 févricr 1938 - Il La Situation intcrnational (sic). (2) v. a pag. ll 8 stesso documento: III Les probléme militaire français- 1" Forces tcrrcstrcs - le ttera b) (sic). (3) v. a pag. 129: Note sur la situation actuelle - Secrétariat général n. 859 D n. 3 - 12 octohre 1938 (sic).


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e dovesse predisporre a difesa solo la frontiera occidentale. (Non sembra il caso di considerare, perché il problema si aggraverebbe ulteriormente a nostro danno, la difesa della Sardegna, che nell'ipotesi in esame dovrebbe essere ugualmente salvaguardata distaccandovi una aliquota delle forze disponibili per fronteggiare una possibile invasione evitando la costituzione di una comoda base per colpire direttamente al cuore il nostro Paese. 3) L'andamento della nuova frontiera con la Jugoslavia e le clausole annesse è quanto di più deprecabile ci potessimo attendere nel campo militare. Se si tiene conto della zona da smilitarizzare lungo la frontiera terrestre e lungo la costa fin quasi a Rimini le condizioni sono forse più gravi di quelle determinate dal trattato di Vienna dell'ottobre 1866 pur considerando la presenza del cuneo trentino. Nella parte nord il Tarvisiano rimarrà indifeso e soggetto ad una azione concorrente da est (Radece) e da sud (Predii); più a sud, tra il Canin c M. Mia tutte le strade (ora notevolmente migliorate rispetto al passato) saranno aperte verso il medio Tagliamento (Resiutta-Tarcento) , dov'è il primo arroccamento. Nella zona centrale rimarrà aperto tutto il bacino del Natisone e del/' Judrio senza alcuna possibilità di appoggio a tergo (la linea M. Mladcsena - Purgesimo - Castel del Monte può costituire solo un temporaneo arresto) e già in completo dominio degli jugoslavi che avranno tutto il crinale dal M . Matajur per M. Jeza fino a M. Corada. Nella zona meridionale: per il saliente del Col/io basta ricordare la fun zione della testa di ponte del Sabotino-Podgora durante la guerra 1915-18 c per i riflessi derivanti alla città di Gorizia dal fatto di essere rinserrata fra il territorio jugoslavo, far riferimento alla situazione di Zara e di Fiume nell'ultimo ventennio. Il territorio del Carso di Doberdò in questa situazione più che aiuto rappresenterà un richiamo pericoloso di forze della difesa per la sua eventuale salvaguardia di carattere sentimentale. In sintesi la situazione -che deriverà dall'andamento della nuova frontiera con la Jugoslavia sarà gravissima: il Friuli rimarrà indifeso, né vi potrebbe essere possibilità di difenderlo che agendo ojfensivamente per raggiungere almeno la valle del 'Isonzo. 4) È opportuno anche nei riguardi di questa nuova frontiera contemplata dal trattato di pace considerare le predisposizioni fino al 1915 da parte dello S.M. per rendersi conto di questa possibilità offensiva atta a salvaguardare il territorio nazionale da invasioni


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jugoslave , pur tenendo presente la relativa influenza nelle operazioni che si poteva esercitare dal saliente trentino. Da quando nel 1882 il Cosenz per primo condusse a fondo e concretò gli studi operativi verso la frontiera orientale fino al Cadorna pur essendo raggiunta La disponibilità di circa 35 divisioni le predisposizioni del nostro S.M. furono sempre difensive (radunata del grosso delle forze a sud del Piave con una leggera copertura antistante nel Friuli fino al 1889; radunata del grosso sul Piave con una più forte copertura nel Friuli e una aliquota di sostegno suJla Livenza fino al 1904; ulteriore rafforzamento della copertura nel Friuli al 19 12; rinvigorimento della difesa avanzata e miglioramento della protezione della pianura friulana fino al 1914) . Il problema offensivo fino al 1914 non fu neanche preso in considerazione, né lo poteva essere forse più che per il rapporto di forze per l'andamento della frontiera verso l' Isonzo che non consentiva nessun appoggio sul terreno. Il Cadorna (4) scrive in proposito: «Quand'io. allo scoppio della guerra europea, assunsi la carica di Capo di S.M. trovai che lutti gli studi e le predispQSizioni pel caso di guerra con l'Austria erano esclusivamente difensivi ... nessuno studio esisteva su l quale si potesse edificare un piano offensivo sulla fronte Giulia ... si dovettero improvvisare tali studi e modificare di conseguenza le disposizioni per la mobilitazione, la radunata e lo schieramento dell'esercito». Nel 1915 la politica , apprezzando forse troppo ottimisticamente la situazione in relazione alle forze disponibili , impose di saltare i tempi dell 'evoluzione del concetto operativo assegnato dal Cosenz. Il problema fu risolto dal Cadorna che disponeva allora di 35 divisio ni , destinandone 21 verso l'Isonzo al fine di raggiungere la valle di questo fiume. Tuttavia la situazione strategica sfavorevole detenninata dal Lerreno dopo due anni di lotta (pur disponendo allora sul fronte de ll'Isonzo di circa 45 divisioni) impose La necessità di ripiegare sulla linea del Piave. (Notare ancora che l'azione dal T rentino , pur con l'aggravamento determinato dalla perdita di nostre importanti posizioni durante l'offensiva austriaca della primavera de l 1916, durante tutta la 12" b attaglia de ll'Isonzo non si fece sentire che potenzialmente). Anche nell'ultimo ventennio fino al 1940 verso la Jugoslavia lo S.M. tornò al concetto difensivo e pur potendo fare affidamen to su un buon appoggio del terreno e disponendo di una notevole aliquota (4) L. Cadoma - La guerra alla fronte italiana - voi. I - pag. 23-24.


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di forze campali, dovette ricorrere ad una robusta organizzazione difensiva per far fronte ad una eventuale invasione jugoslava. Conclusione: con l'andamento della nuova linea di frontiera che si intende imporre al nostro Paese verso oriente, anche supposto di poter sfruttare al massimo il nostro potenziale bellico e di lotta localizzata tra l'Italia e la Jugoslavia, tenuto conto delle attuali possibilità operative di quest'ultima non solo è quasi da escludere la salvaguardia del Friuli ma è da mettere in forte dubbio la possibilità di poter fronteggiare l'invasore sulla linea del Tagliamento. Ciò anche perché alla rapida radunata delle nostre forze si opporranno sempre fattori geografici insormontabili che non consentiranno, in condizioni di parità per i due belligeranti , di fronteggiare tempestivamente un'eventuale invasione sulla nuova linea di confine che ci viene imposta. 5) Quanto è stato detto circa le nostre impossibilità di difesa sulle due frontiere occidentale e orientale nel caso di guerra localizzata del nostro Paese con la Francia o con la Jugoslavia è riferito allo 4ruttamento massimo del nostro potenziale bellico. Per fissare le idee ricordiamo però che per mantenere solo atteggiamento strettamente difensivo e pur con gli imponenti lavori condotti a termine durante il periodo della nosira neutralità all'inizio della 2" guerra mondiale, sull'attuale frontiera occidentale fu necessario schierare 21 divisioni e tenere una riserva immediata di 4 divisioni. Analogamente per salvaguardare il nostro territorio della Venezia Giulia pur con l'ottimo confine naturale e la buona organizzazione difensiva predisposta , per tenere ugualmente un contegno strettamente difensivo si dovettero schierare 12 divisioni più 9 divisioni di riserva. Il trattato di pace impone però che il nostro Paese abbia un esercito ridotto a 185.000-195.000 uomini con un armamento limitato, con un'organizzazione imposta e una dislocazione di gradimento della Commissione di controllo degli ambasciatori delle quattro Potenze. Praticamente quindi le condizioni reali in cui ci verremo a trovare sono quelle di un Paese disarmato alla mercè di due eserciti pronti a scendere nel piano (a occidente) o già quasi nel piano (a oriente) per predare le nostre contrade o per imporci la volontà dei loro Governi. L'esperienza di questa guerra ci insegna che i pretesti non mancheranno per realizzare questi disegni e poiché il nostro Paese, non potendosi difendere sarà destinato a soccombere, non mancheranno


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le giustificazioni. (Il trattato di pace dà un magnifico esempio come si possa imporre al vinto la possibilità di evitare ogni reclamo per i soprusi patiti). A scanso di dolorosi risvegli è pertanto necessario rendersi conto che con le imposizioni che ci vengono fatte nel trattato di pace sia per quanto riguarda le clausole territoriali che militari, le forze disponibili, sempre che ci sia consentito tenerle opportunamente dislocate nella pianura padano-veneto, potranno solo fare una modesta copertura in corrispondenza di una delle due frontiere , con scarsissima possibilità di resistenza nel tempo dinanzi alle presumibili aggressioni francese o jugoslava, cioè che , in più chiari termini , esse sono nell'impossibilità assoluta di salvaguardare il territorio nazionale in quanto rappresentano solo circa un ottavo delle forze che si reputano necessarie per assolvere tale compito.

II 1) Perché le considerazioni di cui sopra possano essere meno gravi per la salvaguardia del nostro territorio, se mbra anzitutto necessario opporsi recisamente alle imposizioni progettate nel trattato di pace circa le clausole territoriali e militari e piegarsi solo dinanzi alla forza. In tal modo rimarrà sempre al nostro Paese, per il futuro, la libertà di lasciarle decadere a momento opportuno (momenti che nella vita dei popoli non mancheranno di presentarsi) . Si dovrebbe comunque cercare in ogni caso di addivenire almeno ad un compromesso che tenga conto delle nostre esigenze asolutamente vitali pe r la salvaguardia del nostro territorio . Tn particolare: a) nei riguardi della frontiera occidentale: - opporsi alla cessione della conca del Moncenisio; - opporsi alla cessione dell 'alta valle Roja (Briga e T enda) e, se del caso, proporre il fiume Roja come nuova linea di confine ; - richiedere la reciprocità nei riguardi della smilitarizzazione della zona di frontiera ; b) nei riguardi della frontiera orientale : - proporre l'Isonzo come nuova linea di confine dalla conca di Plezzo fino alla zona di Plava , poi per il Vodice - M. Santo - M.S. Gabriele - M.S. Marco - M . Faiti al M . Querceto (Ermada), giustificando la richiesta anche con il fatto che in tal modo rim arranno


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entro il nostro territorio gran parte dei cimiteri e il terreno bagnato dal sangue dei caduti nella guerra 1915-1918; - conservare quale linea di confine dello Stato libero di Trieste, tra Aisovizza ed Erpelle Cosina , l'attuale linea Morgan allo scopo di impedire il completo sfruttamento da parte jugoslava della linea di invasione del Vipacco; - richiedere la reciprocità nei riguardi della zona da smilitarizzare. 2) Pur considerando che un compromesso su questioni di dettaglio serve solo a fare il giuoco dei vincitori, giustificando dinanzi alla opinione pubblica mondiale il sopruso che viene fatto ai nostri danni (propagando che essi si sono magnanimamente accordati con noi) si reputa opportuno fare qualche cenno in merito: a) nei riguardi della frontiera occidentale: - ridurre il territorio rivendicato dai francesi nella zona <lei Moncenisio fino all'Ospizio; - respingere la richiesta circa il collegamento ferroviario tra tln a111,:un e Ulzio o annullare la rivendicazione di Valle Stretta; - tendere a lasciare entro il nostrto territorio almeno la linea di cresta tra M. Marguareis e Cima di Marta; - limitare la zona da smilitarizzare, dopo smantellate le opere , a 10 Km ; b) nei riguardi della frontiera orientale: - modificare l'andamento della frontiera in modo che dal Monte Maggiore segua almeno il displuvio tra i bacini del Natisone , Judrio e Isonzo fino al M. Sabotino; - limitare la zona da smilitarizzare a 5 Km . IL CAPO DT STATO MAGGIOR E. F.to: L. Cadorna [Fonte: Archivio Ufjìcio Storico dello Stato Maggiore Esercito, 1/ 4, /foce. 58, Cart. 3/


DOCUMENTO 11

MINISTERO DELLA GUERRA STATO MAGGIORE ESERCITO Ufficio Ordinamento e Mobilitazione Rom a , lì 5 novembre 1946

LA RIORGANIZZAZIONE DEL MINISTERO DELLA GUERRA

l - CONSIDERAZIONI SULL'ORGANIZZAZIONE MILITARE CENTRALE È d ' uopo riconoscere che sull'attuale struttura e funzionamento dell'organizzazione centrale convergono criti che generali e severe. E le principali deficienze che vengono attribuite al Ministero possono così riassumersi: a) elefantiasi congenita, testa enorme su esile corpo, sicché il peso eccessivo di essa è causa di continui sbandamenti; b) costituzionale diluizione di responsabilità che inertizza la volontà e intipiedisce persino il sentimento del dovere; e) deficienza di unità d'indirizzo e di azione che rende incerto il lavoro al centro e disorienta la periferia; d) sovrapposizione di compiti nelle varie branche quindi lentezza di dcdsioni , palleggiamento di competenze e dannose interferenze; e) sensibilità alle influenze esterne che si esplicano nelle forme più diverse, dirette ed indirette; f) deleterio predominio di quella mentalità ministeriale ch e spinge al compromesso e suggerisce il piccolo intrigo immiserendo il lavoro attraverso l'applicazione di alcuni deplorati aforismi sui quali domina il « no n fare oggi quello che potrai fare doma ni ». Giudizio non meno severo fu espresso dal Gen. Browning capo dell a Missione milita re alleata - in una riunione appositamente tenuta nel maggio di quest'anno presenti il Ministro Brosio,


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il Capo di S.M. Gen. Cadorna, i Generali Marras e Pelligra , il Capo di Gabinetto Col. Lombardi e il Col. Piacentini. E il valore dei non favorevoli apprezzamenti consisteva essenzialmente nell'attenta indagine che ufficiali competenti e non influenzati da visioni particolaristiche avevano potuto condurre attraverso l'esperienza di oltre due anni e mezzo di lavoro svolto in comune tra Missione militare alleata e gli organi del Ministero della guerra . Tutto ciò spiega il motivo dell'adesione di massima onestamente data ai concetti espressi dagli Alleati ai fini di una organizzazione più semplice e più snella ottenuta con una razionale e pratica ripartizione di competenze e con una effettiva valorizzazione di responsabilità. Ben sappiamo che le critiche non sono tutte giuste e talune possono anzi risultare inconsistenti , ma lacune e deficienze esistono ed è innegabile che il Ministero presenta oggi una organizzazione sproporzionata alla ridotta entità dell' Esercito. È altrettanto vero e noto che sul Ministero grava il notevole peso della liquidazione del passato, ma il problema è appunto quello di accele rare al massimo questo lavoro e conferire intanto all'organismo centrale una struttura meglio rispondente alle aspirazioni e ai tempi.

Il - I COMPITI ESSENZIALI DEL MINISTERO Si tratta dunque di realizzare una nuova organizzazione centra le meglio idonea di quella attuaie ad assolvere i compiti essenzial i che sono la ragione stessa dell'esistenza del Ministero. Tali compiti possono riassumersi in tre: di comando; - di amministrazione; - di saldatura tra Esercito e Paese. Due compiti dunque di carattere tecnico ed uno a sfondo politico-sociale o, meglio, tre aspetti diversi di una attività che ha base unitaria, di un'attività di così vasta mole che è del tutto intuitivo riconoscerla assolutamente sproporzionata alle effettive possibilità di un solo capo responsabile anche se competentissimo e di eccezionale resistenza al lavoro_ Egli ha bisogno di associare direttamente alla sua alta fatica altri capi pienamente responsabili nella sfera delle


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rispettive attribuzioni e collettivamente responsabili per le deliberazioni, prese in comune, sui problemi di ordine generale . È in ciò implicito il concetto di un effettivo decentramento di fun zioni nel campo esecutivo e di un accentramento di potere deliberativo non più nella sola persona del Ministro ( che in pratica si è sempre risolto in una delega più o meno ampia di poteri al Gabinetto, cioè ad un ente non responsabile), ma in un ristrello consesso di capi collegia.lmente resp onsabili. Concetto questo che tra l'altro è profondamente democratico.

III - IL CONSIGLIO DELL'ESERCITO E I PRINCIPALI ORGANI DEL MINISTERO Si profila così la necessità di un alto consesso di competenti politici e tecnici - e cioè. di un « Consiglio dcll'E;;crcito ,, presieduto dal Minist ro e composto dai capi delle varie branche del Ministero . Numero e specie di tali branche deriveranno naturalmente da quella razionale e perciò semplice organizzazio ne che risulterà la più idonea ad assolvere i compiti di comando , di amministrazione e di saldatura dell'Esercito col Paese. Una pratica differenziazione di materia e di funzioni lascia intravvedere branche incaricate rispettivame nte: - della organizzazione e preparazione tecn ico-professionale dell'Esercito in pace e del suo impiego in guerra; - del personale militare; - del materiale; - degli affari fina nzia ri ; - degli affari generali e del personale civile; - delle relazioni col Parlamento. È da ritenere che raccoglie ndo attorno al Ministro i capi delle varie branche, per deliberare sulle principali questioni e confere ndo poi loro ampia responsabilità nell a successiva fase esecutiva, si realizzerebbero finalmente: - la tanto auspicata unità d'indirizzo e di direzione ; - una ripartizione di lavoro atta ad evitare inutili doppioni e dannose interferenze . La stretta interdipendenza della materia porta a considerare la opportunità d i sperimentare anche il funzionamento di un organo incaricato di una duplice funzione:


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- assicurare l'applicazione di un indirizzo unitario anche nella fase esecutiva; - decidere collegialmente su questioni che, pure essendo di un certo rilievo, non investono le alte prerogative del Consiglio dell'Esercito. La necessaria saldatura di pensiero e di lavoro col consiglio dell'Esercito si potrebbe ottenere affidando al «segretario» del Consiglio stesso il funzionamento <li questo organo che verrebbe denominato «comitato esecutivo» e costituito da «vice-capi >> delle singole branche dell'organizzazione . L'esame intrapreso ci conduce ora a meglio configurare le varie branche dell'organizzazione centrale e vien fatto di pensare subito a l rango di altrettante direzioni generali , ma l'essenza del problema è di realizzare una effett_iva rispondenza cd armonia tra organi e funz10m.

IV - ORGANIZZAZIONE E PREPARAZIONE TECNICO-PROFESSIONALE DELL'ESERCITO IN PACE. SUO IMPIEGO IN GUERRA È quanto dire lo Stato Maggiore , branca squisitamente tecnica che in passato ha assolto ed ancora oggi assolve funzioni consultive e di studio in pace e di comando in guerra . Ma se contro il Ministero c'è una notevole concordanza cli pensiero, contro lo Stato Maggiore si realizza una vera unanimità. Stato d 'animo peraltro spiegabile se si pensi che lo Stato Maggiore ha sempre dovuto assolvere queUa ingrata funzione di «capro espia tono » conseguente ad ogni avverso evento e che ora sia mo d1 tronte al più avverso tra tutti gli eventi. Si può certo convenire che anche in questo caso non mancano colpe ed errori, pur esistendo naturalmente qualche merito , non ultimo dei quali è forse proprio quello di aver finora assolto con dignità e forza d'animo la suddetta altruistica funzione espiatrice. Conviene peraltro chiarire che una cosa è lo Stato maggiore e un'altra il Corpo di Stato Maggiore. Il vero accusato , e più a torto che a ragione, è quest'ultimo, cioè lo speciale corpo di ufficiali , ma esso è stato soppresso e quindi non è qui il caso di parlarne. Il primo invece - l'ente Stato Maggiore - individua e definisce un complesso di funzioni che sono alla base di qualunque organizzazione militare passata e presente e per-


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sino di qualunque organizzazione collettiva civile (enti politici , grandi aziende). Comunque, ove si volesse decretare l'ostracismo anche alla denominazione , pur dovendo necessariamente sopravvivere la funzione , al posto di uno Stato Maggiore dell'Esercito si potrebbe considerare una Direzione generale delle operazioni, con riferimento alla sola fase culminante e conclusiva dell'attività militare. Comunque si voglia chiamare questa branca , non vi è duhhio che fino a quando esisterà l'Esercito, ad essa incomberà l'onere di dare il «la » sulle questioni essenziali e di saper utilizzare il lavoro delle altre branche. Ed è non meno vero che il capo di questa branca eserciterà, e non potrebbe non esercitare, funzioni di comando sulle unità dell'Esercito, rendendo quindi pienamente legittimo e conseguenziale che egli sia considerato «primus inter pares» tra i membri del consiglio dell'Esercito. Si avrà dunque: - un Capo di S.M. dell 'Esercito. oppure - un direttore Generale delle opcrazionj che sa rà anche il comandante dell'Esercito. Dato che le funzioni di questa prima b ranca non diffe riscono sostanzialmente da quelle che essa ha finora assolto ne deriverà una struttura organica molto simile all'attuale alleggerita degli uffici personale , servizi e trasporti e integrata, a suo te mpo , con l'aggiunta di un ispettorato delle truppe corazzate.

V - IL PERSONALE MILITARE Reclutamento , disciplina, sta to , avanzamento , impiego e benessere consigliano una trattazione unitaria con criteri sostanzialmente non dissimili per le varie categorie di personale ( ufficiali , sottufficiali e truppa). O ggi la materia è notevolmente frazionata fra vari enti in rapporto alle categorie e ai gradi del personale , me ntre è evidente la convenienza della unificazione sotto un solo capo militare responsabile . Si avrà così un'unica Direzione Generale del pe rsonale militare che riunirà organicamente i compiti delle attuali Direzioni gene rali personale ufficiali e leva sottufficiali e truppa , di una parte del Gabinetto (aliquote degli uffici I e II , ufficio III , uffici gene rali , colonnelli, onorificenze e ricompense, nonché varie commissioni speciali) e dell'ufficio personale dello Sta to maggiore.


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L'ESERCITO ITALIANO NEL SECONDO DOPO GUERRA 1945-1950

VI - IL MATERIALE

L'approvvigionamento (acquisto e fabbricazione), la distribuzione, la manutenzione , la riparazione, il ricupero e la riutilizzazione o l'alienazione di tutti i mezzi di vita e di lotta per un esercito moderno definiscono un complesso di attività di così vasta portata da far dubitare della convenienza di concentrarle in una sola branca. Ma si può subito osservare che attualmente queste attività finiscono per trovare il loro coordinamento soltanto nel Gabinetto e che, d'altra parte, risponde indubbiamente ad un c riterio organico, razionale ed economico affida re permanentemente ad un solo capo militare responsabile queste funzioni che sono sostanziale premessa per l'efficienza dell'Esercito. Non potrà essere naturalmente un capo competente in tutta la materia , ma alle più ampie capacità tecniche dovrà accoppiare le più alte qualità di organizzatore e di amministratore. T,:l hrnnc:l potr~ denominarsi: Intendenza gene rale dell'Esercito oppure Direzione generale de i servizi e verrà ad avere compiti delle attuali Direzioni generali di sanità , dei servizi di commissariato (esclusa la parte servizi amministrativi), di artiglieria e motorizzazio ne e del genio, dell'ispettorato ippica e veterinaria , degli uffici servizi e trasporti dello Stato Maggiore e di una parte dell'ufficio li del Gabinetto. Gli organi di questa branca - che appare senza dubbio la più complessa e pesante - ai quali non corrisponderà un ispettorato d'arma assolveranno anche compiti di studio e di sperimentazione dei materiali di propria pertinenza .

VII - AFFARI FINANZIARI

Se è vero che il fattore finanziario è sempre stato e sarà il regolatore anche dell'organizzazione militare, specie in tempo di pace, è innegabile che ad esso resta subordinata,in questo momento e lo resterà per parecchi anni ancora, ogni possibilità concreta di ricostruzione. La materia finanziaria è stata sempre trattata in modo framme ntario da vari e nti mentre è evidente che nell'interesse dell'Esercito e dello Stato stesso è opportuno abbia sede organica in un e nte unico , unitariamente diretto da un funzionario di alto grado e di altissima competenza.


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Si avrà così una Direzione generale affari finanziari che dalla formazione del bilancio estenderà i suoi compiti ad ogni aspetto amministrativo, compreso quello delle pensioni. Nella sua orbita potrà operare anche la Ragioneria Centrale. Vi troveranno quindi posto: i servizi amministrativi dell'attuale direzione generale, l'ispettorato delle pensioni, una parte dell'ufficio I del Gabinetto, l'ufficio amministrazione personali militari vari.

VIII - AFFARI GENERAU E PERSONALI CIVILI L'attuale direzione generale si occupa essenzialmente del personale civile e dei corpi ausiliari. Vi dovrebbe trovare sede appropriata a nche la trattazione di quella parte generale e di carattere vario che non rientra nelle altre branche (es. cerimonie, leggi e decreti , serv.izi del Ministero, collegamento E sercito-Paese ecc., attività ora devoluta al Gabinetto), con un conseguente ampliamento di funzion·i. Tra la materia da affidare a questa branca potrebbe essere compresa l'amministrazione del demanio militare nonché il provveditorato e la manutenzione del Ministero e l'assegnazione di alloggi, ora di competenza della Direzione generale del genio e anche del Gahinetto. Si tratterebbe cioè di aggiungere alJe attribuzioni deU'attuale Direzione generale una parte cospicua dell'attività del Gabinetto e un'altra riservata alla Direzione generale deJ genio. Si potrebbe conservare la denominazione di Direzione generale personali civili e affari generali, a meno che non risultasse preferibile quella di Segretariato Generale che appare invero meglio rispondente alla funzione.

IX - RELAZIONI COL PARLAMENTO Riflettono l'aspetto più elevato deUa saklatura tra l'Ese rcito e il Paese. li mantenere vive ed operanti queste relazioni è una funzione squisitamente politica, sicché essa va riservata al Ministro e al Sottosegretario di Stato. Non sembra sia necessario creare un apposito organo, anche perché si tratta di materia non delimitata e poco disciplinabile.


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Il Ministro e il Sottosegretario di Stato porteranno ne11a loro azione direttiva il necessario contributo degli orientamenti politicosociali e svolgeranno presso le assemblee legislative efficace opera divulgatrice e di tutela delle esigenze militari , perché queste vi trovino il posto adeguato e la risonanza che meritano.

X - CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE Si può dunque concludere che il Ministero della Guerra può avere la seguente struttura: a) un Consiglio dell'Esercito presieduto dal Ministro (vicepresidente il Sottosegretario di Stato) (ali. n. 1); b) un comitato esecutivo presieduto dal segretario del Consiglio dell'Esercito (ali. n. 1); e) cinque branche: - Stato Maggiore dell ' Esercito o direzione generale delle operazion i (ali. n. 2); Direzione generale del personale militare (ali. n. 3); - Inte ndenza generale o di re.liane generale dei servizi (all. n. 4); - Direzione generale affari finanziari (ali. n. 5); - Direzione generale personale civile e affari generali o segretariato generale (ali. n. 6) [allegati nn. 1-6 non riprodotti]. Gli allegati indicano soltanto l'ordinamento sommario dei suddetti organi centrali. Una volta deciso sulle concrete linee orientative qui tracciate, sarà possibile cd anche non difficile passare alla elaborazione di un progetto dettagliato. Farlo prima appare prematuro e non utile. Si potrebbe ora domandare se l'organizzazione considerata realizzi una effettiva e sensihile economia di personale. Il quesito è certamente importante e ad esso non si può per il momento rispondere con cifre, ma con una affermazione pienamente fondata: l'economia ci sarà e potrà essere apprezzabile soltanto se si riuscirà a procedere con decisione resistendo alla tendenza di accontentare tutti con dannose transazioni e compromessi. Vale anche qui il concetto che la qualità deve prevalere sulla quantità e ciò richiede , tra l'altro, di tenere nel massimo conto la inderogabile necessità di un adeguato trattamento economico del personale; il che si traduce poi in economia. La soluzione proposta tie ne anche conto d el noto progetto sug-


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gerito dalla Missione militare alleata in quanto le idee direttive di esso avevano trovato i più autorevoli ed espliciti consensi. Naturalmente si è pervenuti a conclusioni che non prevedono di trasportare integralmente da noi l'ordinamento britannico , ma che ne accettano i principali criteri informatori: - collegialità e quindi democraticità nell'azione direttiva; - chiarezza delle attribuzioni e conseguente delimitazione cli responsabilità ; - praticità e snellezza di funzionamento. A ben guar<lare si tratta dunque <li ritocchi importanti e sostanziali all'attuale organizzazione più che di una struttura del tutto nuo.va. Nel progetto, sommariamente indicate, si ritrovano infatti le linee generali ed essenziali della presente intelaiatura organica.

XII - PROGRAMMA ESECUTIVO Si è accennato che le riorganizzazioni sono anch'esse una crisi, e altre cri si non sono certo desiderabili specie nell'attuale momento in cui i problemi della ricostruzione sono complicati da quelli della liquidazione del passato. Occorre dunque evitare altre complicazioni e sbandame nti procedendo pe r tempi che sommariamente potrebbero essere così previsti: 1° tempo (novembre-dicembre 1946): - imprimere un ritmo più serrato al lavoro di liquidazione ciel passato e impegnare i responsabili ad un termine perentorio di chiusura: 30 giugno 1947; - sciogliere o contrarre il maggior numero possibile di enti temporanei (commissioni varie, ufficio autonomo reduci prigioni a, ispettorato generale di ippica e veterinaria ecc.) ; - far funzionare di fatto un consiglio dell'Esercito di carattere provvisorio, raccogliendo periodicamente attorno al Ministro i sottosegretari di Stato, il Capo di Stato Maggiore , il presidente della Commissione centrale di avanzamento , due generali di C. A . comandanti dr comiliter, i direttori generali interessati e il generale addetto allo Stato Maggiore - Segretario: il Capo di Gabinetto. 2° tempo (gennaio-giugno 1947): - concretare il progetto particolareggiato di organizzazione


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(apposita commissione) e avviarne l'attuazione con progressive modificazioni all'assetto interno degli enti ora esistenti; - trasferire i compiti del Gabinetto alle direzioni generali interessate e al posto del Gabinetto costituire - con formazione molto ridotta - la segreteria del Consiglio dell'Esercito; - passare alla Direzione generale personale ufficiali le attribuzioni dell'ufficio personale dello Stato Maggiore e abolire perciò l'ufficio; - sciogliere gli enti provvisori ancora esistenti, eventualmente lasciare qualche ufficio stralcio. 3° tempo (luglio-dicembre 1947): - dare integrale attuazione al progetto. Nell'anno 1947 dovrebbe dunque concludersi l'auspicata riorganizzazione del Ministero della Guerra e, maturati gli studi in corso accompagnati da taluni provvedimenti esecutivi , sarebbe necessario intervenissero decisioni definitive sul nuovo ordinamento dell'Esercito. Così con l'inizio del 1948 si potrebbe passare alle effettive realizzazioni. 1 tempi previsti non sono troppo serrati e consentono quindi di procedere con ogni ponderazione, ma occorre iniziare subito il lavoro e condurlo con la fermissima decisione di superare gli inevitabili ostacoli per giungere alla meta indicata dal superiore interesse dell'Esercito.

(Studio presentato dal Capo di SME al Ministro e trasmesso allo SMG in data 19 novembre '46).

[Fonte: Archivio Ufficio Storico dello Stato Maggiore Esercito, l/3, racc. l 18, cart. 10/


DOCUMENTO 12

LINEE SOMMARIE DI UN ORDINAMENTO PROVVISORIO DELL'ESERCITO

Allo stato a ttua1c dcl1e nostre finanze , della nostra posizione internazionale , e della tecn ica di guerra non possiamo proporci di garantire una qualsiasi delle nostre frontiere (esclusa se mai quella svizzera per ovvie ragioni) da un'aggressione improvvisa; queste frontiere sono troppo estese, e troppo imponente è il divario di potenziale bellico tra noi e gli Stati confinanti , a prescindere da ciò che ci sarebbe dietro di loro. Se noi pretendissimo di assicurare l'inviolabilità delle frontiere tanto varrebbe , da un punto di vista astratto , dichiarnrc !:1 nostra ne utralità permanente cd abolire l'esercito cd ogni altra forza armata , salvo gli organi di sicurezza interna. È un fatto però che un grande popolo non può consegnarsi come un gregge di pecore al suo aggressore ; e nemmeno può rassc• gnarsi ad attendere il ripristino della giustizia internazionale ad opera esclusiva di truppe straniere assistendo inerte ed imbelle ad una guerra destinata a svolgersi almeno parzialmente sul suo stesso territorio. Tale almeno è la mia opinione. Un popolo libero e che abbia il senso della sua dignità nazionale deve essere spiritualmente , e fin che si possa materialmente , preparato a battersi in difesa dei suoi diritti essenziali qualunque siano per essere , e quindi anche sfavorevoli , le prospettive iniziali della lotta. Data la nostra situazione geografica non occorre possedere una gran dose di immaginazione per prevedere che, se conflitto ci sarà ,. volenti o nole nti noi vi saremo immediatamente coinvolti; la fatalità che per due guerre mondiali ha pesato sul Belgio grava per la prossima su di noi. Nulla di più probabile che all'inizio noi saremo travolti perché , a mio credere, tutte le entrate dello Stato non basterebbero a consentirci uno strumento capace di irrigidire la resistenza sulla frontie ra. Infatti, credo che non ci saranno più guerre tra due singoli Stati. Noi non rappresenteremo che l'avamposto di una tra due gigantesche coalizioni , e quella tra le due che prendesse l'iniziativa non avrebbe certo mancato di prepararsi a soverchiare per lo meno l'avamposto. Non possiamo quindi proporci di evitare l'inva-


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sione. Dobbiamo proporci di affermare simbolicamente col sangue di esigue rappresentanze la nostra resistenza alla sopraffazione , poi agevolare l'afflusso sul nostro suolo delle forze avverse all'aggressore e , dietro lo schieramento che esse potranno realizzare , metterci in condizione di organizzare rapidamente con gli aiuti esterni un esercito nazionale capace di dar valida collaborazione alle operazioni attive. A tal fine io considero come un'esigenza fondamentale quelJa di di~_porre, oltre che di quadri, di riserve almeno individualmente istruite, e propugno la necessità di non deflettere neppure transito riamente dal principio del servizio militare obbligatorio. Due considerazioni rafforzano in me questa convinzione: - la necessità di produrre senza indugio il nostro sforzo perché siamo sulla superficie di friz ione ed il tempo ci mancherebbe per dare un lento incremento alla nostra preparazione militare ; - l'esigenza morale che non si spenga per desuetudine nel nostro popolo la coscie nza dei doveri militari del cittadino pe r !a difesa supre ma dei due massimi beni che sono la libertà e l'indipendenza. D 'altronde io penso che sia possibile da~c un'applicazio ne relativa mente soddisfacente al principio de lla coscrizione obbligatoria pur mantenendosi al di sotto di quarantamila uomini di forza bilanciata. Il contingente annuale da istruire potrebbe aggirarsi su centocinquantamila uomini associando la seve rità della selezione fisica ad una ragionevole aliquota di esenzioni per motivi famigliari. Quanto alla durata del servizio, organizzando razionalmente le scuole reclute, tre mesi mi paiono già sufficienti per completare l'addestramento individuale. Infatti io non condivido Lo scetticismo contro le ferme brevissim e; d'accordo che se fosse possibile preferirei una ferma di due anni. Ma poiché bisognerebbe sce ndere in ogni caso ad una ferma minore, osservo che col meccanismo che da noi era in vigore nell'anteguerra , mentre la durata teorica del servizio ascendeva a diciotto mesi e quella pratica non superava i quindici , il ciclo effe ttivo di addestramento per la grandissima maggioranza del contingente si riduceva a tre mesi da fine maggio a fine agosto. È vero che una ferma così breve lascia insoluto il problema della formazione dei graduati e degli specializzati ed è vero quindi che que sto problema a ndrebbe affrontato con speciali provvidenze , la cui trattazione esce dal quadro di queste note; comunque mi sembra chiaro che per risolverlo non si potrebbe immaginare sistema più antieconomico di quello di quintuplicare la ferma per tutti come fu appunto


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praticato in passato. Può sembrare un'affermazione paradossale e non lo è: anche prima della guerra la gran massa dei soldati italiani non ha mai fatto un addestramento proficuo p er più di tre mesi. Naturalmente aver sotto le armi delle reclute significa non aver nulla di pronto, e bisogna ricorrere al reclutame nto volontario sia per dare un 'intelaiatura efficiente all'organismo militare generale sia per costituire un saldo nocciolo di unità approntate. Questo nocciolo dovrebbe essere mode rnamente armato ed attrezzato e non potrebhe in ogni caso scendere al di sotto di un corpo d 'armata su due divisioni ed una brigata corazzata , oltre ad essere largamente dotato di squadriglie aeree da ricognizione , artiglierie, genio e servizi di C.A. Strumento quanto più possibile perfetto d'impiego immediato , esso dovrebbe costitui re una palestra pel diretto esercizio del comando militare fino ai gradi più elevati della gerarchia ed insieme una riserva di quadri per l'intelaiatura dell'esercito mobilitato. Da questo nocciolo dovrebbero essere tratti a turno cd in larga misura gli istruttori delle reclute, escludendo tuttavia ogni impiego del suo personale per le funzioni permanenti sia di governo sia di funzionamento generale dei C.A.R. Effettuando in due tempi , verso il quindici marzo ed il quindici settembre, la chiamata di metà del contingente di leva , si verrebbe a ripartire l'anno solare in quattro cicli durante due d ei quali , il primaverile e l'autunnale, le unità pe rmanenti risulterebbero sul piede di organici ridotti mentre durante gli altri due ed in pie no organico di gue rra potrebbero sviluppare un programma di medie e di grandi esercitazioni estive ed invernali. Non è possibile precisare l'onere di tale organizzazione senza definire mediante uno studio dettagliato i rapporti di armonica proporzione tra le varie necessità inte rdipende nti. Azzardo tuttavia la grezza previsione che, ufficiali esclusi, potrebbero occorrere per tutto l'esercito da quaranta a quarantacinquemila raffermati con un totale generale intorno agli ottantamila uomini di forza bilanciata, cifra nella quale gli clementi di leva risulterebbero poco al di sotto della metà. 1 concetti che ho esposti manifestano già la mia diffidenza verso soluzioni unilateralmente orientate sia verso un esercito di leva sia verso un esercito di mestiere. Sono contrario ad un esercito di leva pe rché ·a prioristicamente convinto che esigenze politiche , sociali e finanzia rie imporre bbero ferme alquanto ridotte ed avvicendamenti continui di personale nei


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reparti facendoci sboccare in una organizzazione piuttosto di apparenza che di sostanza incomparabilmente più infelice di quella già infelicissima che noi militari dovemmo subire nell'anteguerra: un 'organizzazione onerosa ed inutile , una pura facciata di cartone. Sono contrario ad un esercito di mestiere perché altrettanto convinto che questo si distaccherebbe in un brevissimo volgere di anni dagli affetti e dall'interesse del Paese , tanto più giustificatamente in quanto la monotona persistenza in un'attività addestrativa che avrebbe presto esaurito il suo ciclo utile ne abbasserebbe fatalmente il tono morale nella «routine» e nella pigrizia. Avessimo almeno come.gli Inglesi la possibilità di avvicendarlo nelle colonie! Un sistema misto è il solo a mio parere che, compensando i difetti dell'uno con i vantaggi dell'altro e , reciprocamente, presenti il minimo di inconvenienti consentendoci di alimentare la fiamm a e di non spezzare irrimediabilmente tradizioni e valori morali; in attesa che tra qualche anno il maturarsi della situazione politica internazionale e l'affermarsi di criteri sufficientemente stabili in fatto di tecnica di guerra ci consentano orientamenti e decisioni definitive. Pe rché è inutile farsi illusioni ; oggi non si può veder chiaro in tali problemi. Questo progetto e qualsiasi altro non possono avere che un valore di transizione ; non si può fare oggi alcun piano che fissi per le forze armate una specie di statuto di lunga durata. Perciò mi astengo dal toccare argomenti che pur rivestono un'importanza essezialc: ad esempio la mobilitazione e l'accantonamento dei materiali per essa necessari. Per ora io credo che si possano stabilire soltanto alcune premesse salde e sufficientemente elastiche per una ricostruzione sistematica, che quando vi sono troppe incognite sarebbe azzardato d'iniziare. 23 giugno 1946 Gen. lJMilERTO UTILI

f Fonte: A rchivio Ufficio Storico dello Stato Maggiore Esercito, L/13, racc. 1, cart. 2, sottocartella TO(F)J


DOCUMENTO 13

RAPPORTO DEL GRUPPO DI STUDIO PER L'ITALIA DELL'ESERCITO DEGLI STATI UNITI (ASGI)

omissis nn. 1, 2, 3.

CONCLUSIONI 4) L 'attuale Esercito Italiano ha decisamente bisogno di equipaggiamento e di forniture addizionali se deve diventare una forza militare efficace e equipaggiata adeguatamente , capace di svolgere i suoi compiti nell'ambito dei limiti del Trattato di Pace. 5) L'aviazione italiana ha a disposizione tutti gli apparecchi che sono autorizzati dal Trattato di Pace. Non c'è alcuna richiesta italiana per una grossa fornii ura di materiale dell'aviazione americana. 6) li Generale al comando delle forze statunitensi nel Mediterrant~o , nei lim iti della sua auto rità e delle sue risorse , ha assistito l'Esercito Italiano nella massima misura possibile, tramite la forni tura di equipaggia mento e di altro materiale militare. Non è stato possibile per ASGI determinare in dettaglio la quantità e le condizioni dei materiali attualmente in dotazione dell'Esen;ito Italia no. Comunque, è noto che la quantità complessiva degli aiuti forniti in passato , o al momento attuale: 1) dal CG, USFMTO; 2) dal CG , EUCOM; 3) dagli inglesi e 4) dalle risorse interne italiane è a! disotto delle esigenze dell'Esercito Italiano. 7) Le principali carenze attuali dell'Esercito Italiano riguardano il materiale da combattimento, con particolare riferimento all'artiglieria campale media e pesante, ai carri armati leggeri , all'equipaggiamento per il controllo del tiro e al relativo munizionamento. Dette esigenze sono indicate nell'allegato « F » ali'Appendice «A». Queste eisgenze sono basate su una stima personale. In alcuni casi sembrano eccessive e devono essere riviste dal Department of the Army. 8) L'Esercito Italiano nel suo insieme può essere considerato ideale, affidabile e potenzialmente efficace. Con adeguati riforn imenti ed equipaggiame nto dovrebbe essere capace di svolgere i


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compiti assegnati dal Trattato di pace, tra i quali resistere all'aggressione di uno stato che non sia una grande potenza mondiale. 9) L'esistenza di un Esercito Italiano efficiente contribuirebbe all 'integrità della Repubblica Italiana e alla sicurezza strategica del Mediterraneo. Al contrario , l'esistenza di un Esercito Italiano inefficiente potrebbe contribuire al collasso del governo democratico in Italia e mettere così in perico lo gli interessi degli Stati Uniti nelle aree Europeo-occidentale e Mediterranea. 10) Perciò è importante per l'interesse nazionale degli Stati U niti che il governo italiano abbia a sua disposizione forze adeguate a scoraggiare aggressioni contro le frontiere italiane. Poiché l'equipaggiamento e i rifornimenti necessari per allestire e mantenere tali forze non sono fomiti da altre fonti , potrebbe ritenersi consigliabile per gli Stati Uniti intraprendere un programma di assistenza militare ali 'Italia_ 11) Tranne che in pochi casi irrilevanti né l'equipaggiamento e i rifornimenti , di cui ha bisogno l'Esercito Italiano , né materiali sostitutivi ac.:c.:cttabili sono disponibili nt:gli stocks di eccedenze dell'esercito degli Stati Uniti. Le uniche fonti possibili da parte degli Stati Uniti per i materiali richiesti sembrano essere : a) stocks dell'esercito degli Stati Uniti ( da rifo.rnire tramite acquisto da parte governativa) oppure b) approvvigionamento da parte del governo della produzione industriale americana , pubblica e privata. 12) La fornitura all'Esercito Italiano di materiale che non costituisca surplus dalle fonti del governo degli Stati U niti richiederebbe l'autorizzazione legislativa. E poiché l'economia italiana non sosterrebbe il costo in valuta straniera dell'assistenza militare, saranno necessari anche degli stanziamenti se si deve fornire una rilevante ulteriore assistenza militare da parte degli Stati Uniti . 13) Poiché nelle attuali condizioni legali e finanziarie il War Department non può fornire una rilevante ulteriore assistenza militare all 'Italia e poiché sembra che un'assistenza efficace possa essere · fornita solo come risultato dell'auto rizzazione legislativa e di stanziamenti , si conclude che il problema è tale da non poter essere risolto dal War Department e che dovrebbe essere preso in considerazione a livello governativo, cercando di determinare se si deve intraprendere un programma formale di assiste nza militare da parte degli Stati Uniti. (Nota: ovviamente ci sono implicazioni politiche ed economiche , sia negli Stati Uniti sia in Italia , che devono essere considerate.


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Tali implicazioni, comunque, vanno in genere oltre la portata di questo rapporto : le conclusioni che seguono sono basate soprattutto su considerazioni di carattere milita re). 14) Se viene presa la decisione di fornire assistenza militare da parte degli Stati Uniti all'Italia , l'assistenza fornita dovrebbe essere rapida, adeguata e capace di continuare per un certo periodo . Un'assistenza inadeguata o un'assistenza che non potesse essere prolungata, sarebbero peggio che nessuna assistenza . 15) Presumendo che si prenda la decisione a livello governativo di intraprendere un programma di assistenza militare per l'Italia da parte degli Stati Uniti, I' ASGl conclude che il programma dovrebbe compre ndere: a) l'invio, dietro richiesta del governo italiano, di una missione militare americana (vedi il numero successivo , par. 16); b) la fornitura di informazioni e consigli tecnici per facilitare la prod uzione locale, la rimessa in sesto e la conservazione di equipaggiamento e forniture militari secondo le capacità italiane; e) l' iscrizione di studenti italiani in scuole , enti di addestramento e altre istallazioni americane ; d) la fornitura dell'assistenza finanzia ria , dell'equipaggiamento e d ei rifornimenti, compresi gli accordi per la disponibilità futura di sostituzioni , parti di ricambio e manutenzione, che possano risultare necessarie a seguito di ulteriore indagine. (In termini di costo , questo costituirà la parte più importa nte dell 'impresa. Vedi par. 17, sotto). 16) a) La missione militare americana in Italia dovrebbe consistere di un numero adeguato di ufficiali accuratamente selezionati, soldati semplici e tecnici civili . Dovre bbe cominciare sotto forma di un gruppo di personale scelto sotto un Capo Missione, poi dovrebbe aumentare ma n mano che diviene evidente il bisogno specifico di ulteriore personale . Mentre si può all'incirca giudicare, in questo momento, che la Missione, in piena attività, possa contare un personale da 40 a circa 200 o più membri, non è possihile calcolare un numero preciso , fin qua ndo il gruppo non a bbia avuto la completa opportunità di studiare le richieste italiane, e non sarebbe saggio fissare pe r la missione in questo momento un limite basso. b) La missione militare americana svolgere bbe alcune , o tutte , delle segu e nti funzioni: 1) fornire consigli tecnici nei campi dell'organizzazione, dell'addestrame nto e dell 'amministrazione (compresi i servizi, i rifornimenti e l'approvvigion amento);


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2) istruire sull' uso, la cura e la manutenzione del materiale americano; 3) osservare se gli aiuti americani vengono impiegati secondo criteri economici e con efficacia per lo scopo al quale sono destinati e assistere a questo fine l'Esercito Italiano ; 4) fornire consigli (nella misura in cui è possibile) allo Stato Maggiore italiano. e) Le attività della missione militare americana non dovrebbero essere circoscritte all 'area di Roma , ma dovrebbero essere estese a tutto l'Esercito . Ci si aspetta che i! personale americano fun zioni a livelli e in luoghi diversi, all'incirca come segue: 1) al Quartier Generale dcll ' Eseercito Italiano ; 2) presso i porti , i depositi, gli arsenali e altre istallazioni am ministrative; 3) presso le scuole e gli e nti di addeselramento ; 4) con unità dell'Esercito Italiano , compresa la divisione ( e , 1n ;:ilcun i casi , il reggimento). 17) Pur considerando che l'assistenza militare da parte degli Stati Uniti per l'Italia, se intrapresa, dovrehhe comprendere tutti gli elementi indicati ne! precedente paragrafo 15 - e in particolar~ che , se vengono forniti ulteriori materiali e' equipaggiamento americano , dovrebbe venire inviata anche una missione - è evidente che la decisione di intraprende re la fornitura di materiale costituisce il cuore del problema. Questo problema presenta due aspetti principali: a) Equipaggiamento iniziale . 11 problema immediato è centrato sulla fornitura dei principali materiali di artiglieria elencati nel precedente paragrafo 7, poiché la capacità dell 'Esercito Italiano di resistere a aggressioni esterne Jipendc rà principalmente da questo materiale. Le opinioni differiscono in me rito alle specifiche quantità necessarie, ma non c'è disaccordo in merito alla fondatezza delle richieste italiane per i materiali in quantità ragionevo li . Di conseguenza è ovvio che qualunque materiale fornito dovrehbe essere spedito rapidamente come prova dell'interesse e delle intenzioni degli Stati Uniti, e ciò avrebbe un considerevole effetto morale in Italia. b) Ricambi , parti di ricambio e per la manutenzione. Il bisogno italiano di assistenza americana potrebbe estendersi per un periodo indefinito, daj tre ai cinque anni o più ; perciò la fornitura <li ricambi , parti di riserva e materiale pe r la ma nutenzione potrebbe, alla fine, divenire la parte principale del programma. Questo


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fatto deve essere riconosaciuto fin dall'inizio , e si devono fare piani precisi per far fronte a queste richieste; altrimenti , l'incapacità di farlo può render vano lo scopo dell 'iniziativa. 18) con riferimento all'Aeronautica italiana: a) non ci sono impegni inevasi da parte degli Stati Uniti di fornire importanti materiali USAF alle forze aeree italiane; b) l'Aeronautica italian a è leale e affidabile; e) gli attuali stanziamenti del bilancio (italiano) per l'Aeronautica italiana e gli stipendi del suo personale sono inadeguati ; d) c'è bisogno di radar e di equipaggia mento per le comuni cazioni e la navigazione, e del relativo addestramento tecnico; e) i caccia , e l'equipaggiamento relativo , per la modernizzazione dcli' Aeronautica italiana, devono essere forniti da fonti o inglesi o americane . 19) Sebbene l'assistenza militare sia vantaggiosa per l'TtaJia, contrihuendo alla sua sicurezza e stabilità, e quindi generando fiducia. l'assistenza militare <la sola probahilme nte non s::irehhe decisiva , mentre è probabile che altri tipi di assistenza siano necessari con maggiore urgenza (per esempio , cibo, benzina e crediti). Sembra perciò che ogni programma di assistenza militare dovrebbe essere attentamente integrato con piani per assistenza di altro tipo, quali quelli che possono svilupparsi dalle richieste ricevute nell'ambito del Piano Marshall. Ovviamente, ogni assistenza militare fornita dagli Stati Uniti ali' Italia sarebbe utile per gli Stati Uniti solo j"in quando il governo italiano resterà orientato verso l'Occidente e amichevole verso gli Stati Uniti , condizione che dipenderà da fattori diversi da que lli puramente militari. Se gli Stati Uniti non forniscono grano , carhone e dollari , sarebbe meglio non considerare la fornitura di a:ssislenza militare.

Raccomandazioni 20) Si raccomanda: a) che il War Department riveda le richieste dell'Esercito ita liano e continui a rendere disponibili equipaggiamento e rifornimenti surplus nell a misura in cui ciò è consentito dalle normali autorizzazioni; b) che le carenze rimaste dopo la revisione di dette esigenze e il trasferime nto di materiale surplus siano studiate al fine di de terminare la parte di competenza dell'Esercito ne ll'ambito di un pro-


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gramma generale di assistenza americana per l'Italia, nel caso che un programma del genere dovesse essere adottato; e) che il Dipartimento dell'Esercito metta a disposizione dell'Esercito Italiano, nella misura in cui ciò è possibile, informazioni e consulenze tecniche per facilitare la produzione locale, la rimessa in sesto e la manutenzione di equipaggiamento e rifornimenti di tipo amencano ; d) che il dipartimento dell'Esercito allestisca dei piani per inviare una missione militare in Italia, nel caso che questa venga richiesta; e) che (se viene intrapreso un programma di assistenza militare americana per l'Italia): ·1) le esigenze dell'equipaggiamento dell'Aeronautica Italiana siano determinate da personale dcll'USAF insieme all'Aeronautica Italiana e che le loro richieste siano soddisfatte; 2) i caccia italiani di tipo obsoleto siano sostituiti con aerei di prima linea. Viareggio, Italia (13 ottohre 1947) / Fonte: Nationa/ Archives and Record Administration, Washington D.C. , Record Group 319, R ecords of the Army Staff, P and O 091 ltaly TS (O ct. 13, 1947), US Military Assistance to ltaly Reporling hy /ne. US Army Survey Group lo ltaly (ASGI)/.


DOCUMENTO 14

MINISTERO DELLA DIFESA STATO MAGGIORE ESERCITO IL CAPO DI S. M.

Prot. n. 113/C.S.M.

Roma , 20 gennaio 1948

PROMEMORIA PER IL SIG. MINISTRO DELLA DIFESA

OGGETTO: Situazione dell'Esercito.

Signor Mini stro Ritengo doveroso, nella mia veste di capo militare responsabile e a titolo di devota collaborazione , rappresentare alla S .V . i capisaldi dell' attuale situazione dell'Esercito e , nel contempo , segnalarLe quei provvedimenti che - per la loro urgenza e per essere da lungo tempo auspicati e sollecitati - richiedono pronta soluzione ai fini del consolidamento e del potenziamento dell'organismo militare. I) Non posso affermare che l'attuale situazione dell'Esercito ..:_ pur senza allarmismi e pessimismo - risponda alla duplice esigenza di coadiuvare le forze di polizia nel mantenimento dell'ordine all'interno e di costituire una remora ad eventuali velleità aggressive dall'esterno . La forza alle armi si aggira oggi intorno a i 150.000 uomini ( quadri compresi, carabinieri esclusi). È in corso la chiam ata alle armi del 3° scaglione della classe 1926 per un complesso di 45.000 uomini ; l'aver nel contempo ritardato il congedamento del 2° scaglione della classe 1925 , nel mentre porterà la forza alle armi ad una cifra molto prossima a quella massima consentitaci dal trattato di pace , ci permetterà allo stesso tempo di migliorare sostanzialmente la situazione delle unità e reparti , i quali tutti si avvicineranno alla forza stabilita dalle tabelle organiche. Talune unità - come ad esempio la divisione «Mantova » e 1'8° rgt. alpini - supereranno la forza organica;


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tali eccedenze peraltro troveranno appropriato ed utile impiego nell'ambito del Comando Militare Territoriale interessato (quello di Udine , in particolare, per le unità citate). La dislocazione delle truppe , per le note esigenze di o.p., ha dovuto subire dei rimaneggiamenti di notevole entità e precisamente: - trasferimento a Milano di un rgt. di ftr. della Division e «Folgore» (il rgt. « Nembo»); - spostamento della Divisione «Friuli» dall'Alto Adige in Emilia-Toscana; - trasferimento nella zona di Roma di un comando di rgt. e di 6 btg. dalla Sicilia nonché di un gruppo d'artiglieria tratto dalla Divisione «Friuli». Ho proposto molto a malincuore i provvedimenti inerenti ai movimenti della «Friuli » e del rgt. «Nembo» , in quanto per effetto di essi: - risulta alleggerito il nostro schiera mento di copertura alla frontiera orientale (con foglio 7158/0p del 2 dicembre u.s. ho già fatto presente il sensibile peggioramento a nostro svantaggio del - rapporto tra le forze italiane e quelle jugoslave dislocate entro una zona profonda circa 100 Km rispettivamente ·ad ovest e ad est della linea di confine) e nel contempo si è resa più lenta l'eventuale afflue nza della «Friuli» alla frontiera stessa; - si è creato un vuoto tra Piave e Po , precedentemente cope rto dalle unità della «Friuli » dislocate nella zona VeronaVicenza; - si è alleggerito forse eccessivame nte - anche nei riflessi dell'ordine interno - l'alto Adige e la frontiera settentrionale (a disposizione de l Comando Militare Territoriale di Bolzano è rimasto il solo 6° rgt. alpini). I tre elementi essenziali che condizionano l'efficienza dell'Esercito sono i quadri, La truppa, i materiali.

1) I quadri l quadri - ufficiali e sottufficiali - costituiscono l'ossatura dell'Esercito. Ad essi debbono essere richieste elevate qualità morali e di carattere; profonda preparazione tecnica ; elevato spirito di sacrificio. Peraltro - in contrapposto - essi devono sentirsi sorretti


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nella diuturna fatica dall'apprezzamento e dalla fiducia dell'opinione pubblica e dalle provvidenze del Governo. Ufficiali e sottufficiali rappresentano probabilmente la categoria di cittadini che più ha sofferto della guerra e degli avvenimenti conseguenti alla sconfitta. Prigionia, internamento, sbandamento, epurazione, accuse - e quasi sempre infondate - da ogni parte hanno profondamente influito sul loro tono morale, il quale ha subito e sub isce quotidianamente altri gravi colpi a causa delle difficoltà materiali in cui i quadri versano per l'insufficienza degli assegni , della quasi impossibilità di sistemazione decorosa nelle sedi di servizio, dei continui trasferimenti a cui sono sottoposti collettivamente, per spostamento delle unità di cui fanno parte, e singolarmente , per esigenze di servizio e di impiego o per necessità di perequazione tra i reparti. Nella mia qualità di Capo di S.M . dell'Esercito e nell'ambito delle mie possibilità perseguo opera di normalizzazione in questo ca mpo . Particolare cura ho rivolto e rivolgo ;:ill 'org;rn izz::izione ed al funziona mento delle scuole attraverso le quali si attua una rieducazione professionale dei quadri (eterogenei , in quanto delle più disparate provenienze - corsi rego lari di Accademia, passati in s.p.e. per merito di guerra , da reclutare per concorso dagli ufficiali inferiori) e se ne aggiorna la preparazione tecnica. Peraltro con tali provvedimenti si eleva il tono professionale, ma tutto quanto occorre per rialzare il tono morale esula in gran parte dalle mie possibilità. Mi sono però attivamente interessato della questione cd ho più volte presentato ai Ministri che hanno preceduto la S.V. nella carica proposte intese a tonificare il livello morale dei quadri e che si possono sinteticamente enunciare in ùuc orùini ùi provvedimenti: a) sblocco delle promozioni e conseguente normalizzazione delle carriere; b) miglioramento del tratta mento economico sia per i quadri in servizio attivo sia per gli ufficiali che in futuro lasceranno il servizio perch é colpiti da i limiti di età. Un particolare cenno 1itengo meriti il problema della riduzione dei quadri per adeguarli numericamente alla nuova limitata struttura dell'Esercito . Per gli ufficiali generali e superiori tale riduzione è stata portata a compimento. Non nascondo che essa non è stata rispo ndente alle reali necessità dell'Esercito , in quanto il totale accoglimento d elle domande di collocamento nella riserva ha privato l'Esercito di bril-


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lantissimi ufficiali e nello stesso tempo non ha consentito di dar corso ad una accurata e completa selezione tecnica. Ritengo necessario che nella riduzione in corso dei sottufficiali siano tenuti presenti in prima linea le necessità dell'Esercito e si addivenga quindi con precedenza aH'allontanamento d'autorità dei non idonei o de i meno idonei e solo subordinatamente all'accettazione di domande.

2) La truppa

Le condizioni della truppa sono nel complesso buone. La paga del soldato è adeguata alla svalutazione subita dalla mone ta ; molto è stato fatto pe r migliorare il vitto (sono tuttora insufficienti le razioni di pane e pasta, la cui limitazione è tuttavia proporzionale a quella subita dai civili). Molto anche è stato fatto p er vestire decorosamente ìa truppa e la situazione in questo campo tende a ncora a migliorare. Anche per quanto riguarda l'accasermamento si sono fatti molti passi avanti ; vi è ancora molto da fare per giunger al completo assestamento delle caserme, ma con i lavori in corso e con quelli programmati per il prossimo avvenire il problema si avvicinerà all a sua soluzione. li mancato congedame nto dei militari de l 2° scaglione classe 1925 ha provocato un rilassamento nel tono morale della truppa , sia negli interessati che vedono ritardato il loro rientro in famiglia , sia nei milita ri degli scaglioni s uccessivi che, creatosi il precedente , temono venga applicato ad essi lo stesso trattamento. Ad ovviare nei limiti del possibile a tale previsto inconveniente, proposi con foglio 8/637/Serv. de l 26 dicembre u .s. che a ta li militari venisse concessa una maggiorazione di paga non inferiore alle 25 li re giornaliere a decorrere dal 15 corr. e faccio voti ch e tale mia proposta trovi favorevole accoglime nto.

3) Il materiale

Affermo che, dopo que llo dei quadri , è il problema di maggior peso che si presenta oggi alle Autorità respo nsabili dell'efficie nza dell'Esercito e che purtroppo è anche quello di più difficile soluzione.


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Un'ampia djsponibilità di materiali moderni ed efficienti assicura l'efficienza delle unità di qualsiasi arma o servizio e nello stesso tempo ha inevitabili riflessi sullo spirito e sulla sicurezza dei quadri e delle truppe. Purtroppo invece oggi abbiamo scarsissime disponibilità in questo campo e la maggior parte di quanto disponiamo è anche sorpassato , logoro o addirittura inefficiente. In effetti in questi ultimi tempi - sia per acquisti dal1' A .R.A.R ., ottenuti con ritardo e dopo infinite difficoltà, sia per cessione diretta dai depositi alleati dell'Austria, abbiamo ricevuto un certo quantitativo di materiali tuttora in corso di inventario e di riordino (si tratta di materiale accettato in gran parte a blocchi e quindi con scarsa possibilità di preventiva cernita). Comunque i quantitativi di taluni tipi (in particolare armi e munizio ni ) sono da considerare irrisori. In particolare , nell'ampio quadro dei materiali possiamo distinguere tre grandi categorie: a) armi e munizioni ; b) automotomezzi; e) vestiario ed equipaggiamento.

a) Armi e munizioni Oggi l'Esercito è dotato in massima parte di armi di tipo britannico , eccezion fatta per i moschetti automatici , le mitragliatrici e i mortai che sono di tipo italiano. Si tratta di un complesso di armi ampiamente usato dagli Alleati e da noi durante la guerra o rimaste lungamente in depositi e magazzini con scarsa manutenzione, talché sono in massima parte logore e scarsamente efficienti. Né d'altra parte è possibile - per deficienza di ricambi e di attrezzature - provvedere ad una loro radicale rimessa in efficienza e tanto meno - per mancanza di scorte - alla loro sostituzjone. Si è spinto al massimo il recupero del nostro vecchio armamento: la parte migliore di esso è stata nuovamente posta in distribuzione; il rimanente è stato accantonato nei magazzini e se ne sta curando la rimessa in efficienza . Si tratta comunque di aliquote modeste e sulle quali si può fare in complesso scarso affidamento. Ancora più grave è la situazione delle munizioni , malgrado il ritiro in corso dall'U.L.M.E.R.: le scorte sono mo deste; per taluni


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tipi di arma fin dall'anno in corso si dovrà rinunziare anche all'addestramento. Né d'altra parte è possibile produrre, almeno per ora , il munizionamento occorrente in Italia per difetto di attrezzature. Non resta altro che concretare un piano cli importazioni dall'estero; al riguardo ho già presentato un fabbisogno di primissimo tempo, anche allo scopo di conoscere quali particolari condizioni il Governo britannico è disposto a fare.

b) Automotomezzi I mezzi automobilistici disponibili - e che non coprono il fabbisogno organico - sono anch'essi di duplice provenienza (italiana ed alleata in proporzioni pressoché uguali) e risentono press'a poco degli stessi inconvenienti di origine rilevati trattando delle armi. L'industria nazionale offre in questo campo ottime possibilità di acquisto e qualche automezzo nuovo è stato anche acquistato; ma si tratta di quantitativi irrisori che non hanno spostato sostanzialmente i termini del problema, che si possono riassumere nei due comi del seguente dilemma: - o stanziamenti di bilancio, da ripartire in più esercizi finanziari, adeguati alla necessità di rinnovare in pochi anni tutto o quasi il parco automobilistico dell'Esercito, sostituendo innanzi tutto con automezzi italiani i mezzi di provenienza alleata ( ad eccezione dei mezzi corazzati e blindati e cli taluni automezzi speciali), i quali risentono in particolare del logorio subito durante la guerra, già prima della cessione all'Esercito italiano, e dell'impossibilità o quasi delle riparazioni per deficienza di ricambi; - o correr l'alea di incorrere tra qualche anno in una crisi generale di funzionamento dell'Esercito per l'assoluta mancanza di automezzi efficienti. Al riguardo richiamo l'attenzione della S. V. sulla dettagliata esposizione e sulle richieste presentate dall'Ispettore Generale della Motorizzazione con lettera 1738/IM del 12-12 u.s.

c) Vestiario ed equipaggiamento Ho già posto in rilievo gli sforzi che sono stati fatti per vestire ed equipaggiare decorosamente la truppa e non posso non ricono-


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scere che in questo campo la competente Direzione Generale molto ha realizzato. Purtroppo però anche per tali materiali le scorte sono esigue se non del tutto inesistenti ed occorre superare gravi difficoltà per la vestizione di ciascuno degli scaglioni che quadrimestralmente affluisce alle armi. Le scarse disponibilità di bilancio imbrigliano l'azione della Direzione Generale Servizi di Commissariato ed Amministrativi, che è stata talvolta costretta a far commesse senza una corrispondente disponibilità di fondi, richiesti poi al Tesoro come stanziamenti straordinari. Sono note le difficoltà che oppone il Tesoro a detti stanziamenti e la lentezza con cui in definitiva i fondi vengono concessi. Si crea in complesso tutta una situazione di disagio , per cui le ditte produttrici sono scarsamente incoraggiate ad entrare in rapporti con l'Amministrazione Militare , conoscendo la lentezza e le difficoltà procedurali nei pagamenti. In merito alle difficoltà che la Direzione G enerale Servizi di Commissariato ed Amministrativi deve continuamente affrontare richiamo l'attenzione della S.V . sulla lettera n. 4662/DG della predetta Direzione Generale in data 27 novembre u.s. Comunque, un poco alla volta , la situazione va migliorando e ben presto spero che aliquote di vestiario di classe possano essere accantonate come modesta scorta per l'eventualità di richianù . Questa carenza generale di materiali è tale da rendere difficile , se non del tutto precaria, la possibilità di attuare richiami in caso di emergenza. Comunque ho ugualmente fatto predisporre il richiamo dell'ultimo scaglione quadrimestrale inviato in congedo e di aliquote di specializzati anche degli scaglioni precedenti ( è noto che la mancanza d i personale specializzato - dovuta, come preciserò a parte , alle difficoltà frapposte dal Tesoro al reclutamento di volontari a lunga ferma - è fortemente risentita dai reparti). Ho disposto in conseguenza che siano accantonate all'uopo 50.000 serie di vestiario ridotte, sostituite con materiali di recupero, le quali però mancano di pastrani per cui la Direzione Generale Servizi di Commissariato ed Amministrativi ha richiesto lo stanziamento straordinario di 600 milioni, non ancora concesso. Strettamente connesso al problema dei materiali è il bilancio. Ne tratterò brevemente in appresso sotto il duplice aspetto del bilancio per l'esercizio in corso (richieste varie di stanziamenti


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straordinari) e del bilancio di previsione per l'esercizio 1948-49, anche allo scopo di chiedere l'autorevole intervento della S. V. per superare - nell'interesse dell'Esercito - le inevitabili difficoltà del Tesoro ed evitare tagli eccessivi non rispondenti alle reali necessità_ a) Esercizio finanziario 1947-48

Per far fronte alle esigenze rivelatesi nel corso dell'anno finanziario sono stati richiesti i seguenti stanziamenti straordinari: - 6 miliardi e 700 milioni sul servizio di commissariato per la insufficienza dei capitoli rispetto alle esigenze reali; - 5 miliardi e 825 milioni sul servizio di commissariato per la disposta sospensione del congedamento dei militari appartenenti al 2° scaglione della classe 1925. Le somme di cui sopra occorrono essenzialmente per assicurare la vestizione ed il vitto del contingente alle armi , che per tutto l'esercizio finanziario è stato numericamente superiore a quello stabilito in sede di compilazione del bilancio di previsione; - 180 milioni sul servizio di artiglieria. La richiesta è giustificata: - dalle notevoli riduzioni apportate allo stanziamento dei fondi per l'esercizio in corso , rispetto ai preventivi inizialmente formulati ; - dall'aumento dei prezzi di costo delle materie prime e della produzione industriale; - 575 milioni sul servizio della motorizzazione (carburanti). Lo stanziamento si rende indispensabile per poter far fronte : - alle maggiori necessità derivanti dal largo impiego di truppe e carabinieri in servizio di o.p. e dal trasferimento di intere G.U. e reparti; - al nuovo aumento del 40% che hanno subito i carburanti, a partire dal 1° dicembre u. s. Lo stanziamento predetto è in aggiunta ai 400 milioni già richiesti al Tesoro dal Segretario Generale con foglio n . 117699/1/3 del 2410 u .s. Occorre inoltre ottenere lo stanziamento straordinario di 1 miliardo a favore dell'Esercito per il miglioramento della situazione dei suoi mezzi automobilistici, analogamente a quanto è avvenuto per i carabinieri. Sono stati infine richiesti 15 milioni sul servizio del benessere per l'assistenza delle famiglie degli ufficiali e sottufficiali costretti a trasferirsi per i noti recenti movimenti di talune unità.


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b) Esercizio finanziario I 948-49 Per quanto riguarda poi il bilancio per l'esercizio 1948-49, per l'Esercito ( esclusi i carabinieri) , è stata inoltrata al Tesoro una previsione di spesa complessiva di 184.336.000.000 . In effetti, di tale cifra solo L. 139.504.000.000 (il 75%) interessano spese per effettive esige nze dell'Esercito, mentre le rimanenti L. 44.832.000.000 (25 %) riguardano spese che non hanno attinenza con la vita e l'efficienza dell'Esercito (debito vitalizio , liquidazione reduci dalla prigionia ed assegni ai partigiani , onoranze ai caduti e trasporto salme, funzionamento della C.R.I., ripristino immobili danneggiati dalla guerra , assegni agli ufficiali e sottufficiali che hanno lasciato e debbono lasciare il servizio, assegni al personale civile esuberante agli organici dell'Esercito - 20 .000 unità circa con una spesa che si aggira sugli 8 miliardi - e che non può essere licenziato, ecc.). Sarebbe, pertanto, opportuno che le spese non aventi attinenza con la vita e l'efficienza dell 'Esercito fossero nel bila ncio - come già avvenuto per i carabinieri - raggruppate e d imostrate a parte in modo da far risultare nettamente individuale le spese vive ed effettive dell'Esercito . Occorre inoltre tener conto che i 139 miliardi e mezzo preventivati pe r le effettive esigenze dell'Esercito sono così ripartiti: - 36 miliardi (25%) per le retribuzioni da corrispondere al personale (più della metà civili); - 46,6 miliardi (33 ,4 % ) per i soli capitoli riguardanti i vive ri ed il vestiario ; - 36,2 miliardi (26%) pe r il funzionamento dei servizi; - 21,7 miliardi (15 ,6%) per l'acquisto e la rinnovazione straordinaria di materiali, per l'acquisto di residuati di guerra e per l'allestime nto, anch'esso straordinario, di armi e munizioni. Va infine considerato che se il Ministero de l Tesoro, com'è da prevedere , in sede di stanziamenti intendesse apportare riduzioni agli stati di previsione, queste dovrebbero essere concordate preventivamente dato che esistono capitoli (ad esempio addestramento , motorizzazione, carbu ranti , ecc.) il cui taglio sistematico comprometterebbe la stessa efficienza d ell'Esercito. II) A complemento di questa mia breve esposizione, intesa a tratteggiare l'attuale situazione, ritengo doveroso richiamare l'attenzione de lla S.V. sui problemi che richiedono urgente soluzione. Recentemente ho prospettato al predecessore della S. V . (miei


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fogli 1788/0RD/I del 23-8 e 1520/CSM del 24-11 u.s.) i problemi più gravi da avviare a sollecita soluzione sollevando - se necessario le varie questioni in sede di Consiglio dei Ministri. Mi sia permesso di ripresentare le varie questioni alla S.V. che - nella sua alta competenza - potrà decidere sulla via da seguire per renderne la soluzione quanto più sollecita e aderente alle necessità dell'Esercito sia possibile.

1) Sblocco delle promozioni

Per quanto conosca che il problema è in via accenno per sottolinearne l'importanza. L'emanazione del provvedimento relativo allo riguardante gli organici provvisori dell'Esercito della Costituente - non può essere ulteriormente

di soluzione , lo

schema di D .L. ormai all'esame ritardata. A tale provvedimento è, oltre tutto, collegata la riprt:sa <ldk promozioni bloccate ormai da oltre quattro anni, che è attesa da tutto l'Esercito come segno di avviamento alla normalizzazione . Per addivenire poi - una volta riprese le promozioni - ad un concreto e definitivo assestamento organico dei quadri sarà necessario adottare d'urgenza provvedimenti atti ad evitare che la carriera degli ufficiali rimanga affidata alle vacanze naturali, le sole previste dal noto decreto sugli organici provvisori .

2) Trattamento economico dei quadri

Mi richiamo alle proposte conclusive e riassuntive di cui al già citato foglio 1520/CSM: a) adeguamento dell'indennità militare; b) istituzione dell'indennità di alloggio , in attesa che la disponibilità di locali adatti consenta di fornire a tutti i quadri un alloggio di servizio; e) adeguame nto dell'indennità di rappresentanza; d) adeguamento dell'indennità di riserva, per gli ufficiali m s.p.e. che d'ora in poi lasceranno il servizio per limiti di età; e) aumento degli stipendi base dei tre gradi di maresciallo in modo da farli corrispondere a quelli previsti per i gradi 9-11° degli impiegati civili.


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Altra mia proposta si riferiva allo sganciamento della gerarchia militare da quella degli impiegati civili dello Stato e - nella remora - avevo proposto di elevare di un grado tutta la gerarchia militare. Al momento della compilazione della lettera cui mi riferisco non ero ancora a conoscenza degli studi già in atto a cura di altre amministrazioni per lo sganciamento delle carriere civili dalla gerarchia militare. Non mi dolgo di tale progetto, in quanto lo trovo pienamente rispondente anche alle necessità militari ; peraltro sarà necessario porre molta cura a che tale sganciamento non ottenga fine opposto a quello che ci ripromettevamo , nel senso che conduca ad un'ulteriore svalutazione morale ed economica della gerarchia e della carriera militare. Penso che all'uopo sarebbe opportuno ottenere per ora l'aumento di un grado della gerarchia militare , al fine di valercene come diritto acquisito all'atto di un eventuale sganciamento promosso dalle amministrazioni civili dello Stato.

3) Reclutamento dei subalterni in s.p .e.

Occorre dare sollecito corso, al fine di rinsanguare le nostre insufficienti disponibilità di subalterni, allo schema di decreto ormai definito nei suoi dettagli - per il reclutamento straordinario di subalterni in s. p.e. dagli ufficiali di cpl. e dai sottufficiali in e.e. provvisti di titolo di studio. Il 2° concorso bandito per l' ammissione all'Accademia Militare di Modena - testè ultimato - ha dato nel complesso un risultato più soddisfacente dell'anno scorso talché è stato possibile coprire 150 dei 250 posti messi a concorso. Nel me ntre mi riservo di trattare a parte tutta la questione , ritengo di poter senz'altro affermare che - per ottenere risultati soddisfacenti nei concorsi di ammissione all'Accademia (cosa indispensabile per evitare il progressivo inaridimento delle fonti , già purtroppo ridotte , dei quadri superiori), siano necessari due ordini di provvedimenti: miglioramento generale del trattamento economico dei quadri; retta gratuita ed assegni da sottufficiale agli allievi, come già in atto presso l'Accademia della Guardia di Finanza, per la quale quest'anno vi è stato un numero di domande largamente esuberapte ai posti messi a concorso.


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4) Reclutamento degli specializzati a lunga ferma Mi richiamo al contenuto delle mie lettere già citate, ed inoltre ai fogli 01/2929/Mob. e 01/3313/Mob . rispettivamente in data 18-10 e 21-11 u.s. Questa è purtroppo una questione che con inestimabile danno per l'Esercito si trascina da oltre due anni senza essere risolta per l'ostinata opposizione del Tesoro a tutte le proposte, sempre più modeste, presentate dallo S.M.E. Bisogna che il Tesoro si convinca che le economie che intende realizzare in questo reclutamento sono del tutto fittizie, anzi controproducenti - in quanto si risolvono in un danno per l'erario - per effetto del logorio pre maturo di materiali preziosi , di difficile approvvigionamento e di alto costo, che si devono purtroppo affidare a pe rsonale poco pratico e scarsame nte addestrato.

5) Personale civile Due problemi gravi devono essere risolti in questo campo: a) eliminazione delle esuberanze; h) emanazione di norme disciplinari. Per quanto in a) , ho già fatto cenno di quanto gravino nel bilancio i 20.000 civili esuberanti agli organici e che non possono essere eliminati per effetto del blocco dei licenzia menti . Tale eliminazione peraltro dev'essere al più presto attuata anche per le ragioni morali che ho esposto nel mio foglio 1520/CSM , con le modalità proposte nei miei promemoria 1171/0rd./II e 1584/0rd./JI del 16-7 e 25-8 s.a. Per quanto in h) ho già rappresentato con foglio 6224/0p. del 1° novembre u _s_ la necessità dell'adozione di p rovvedimenti intesi a sottoporre il personale civile in servizio presso enti dell'Esercito (escluse le maestranze degli stabilimenti) ad adeguati vincol i disciplinari che , ne i confronti <lell'A .M., pongono tali elementi sullo stesso piano dei militari per quanto concerne i doveri e le sanzioni. La legislazione vigente consente di raggiungere lo scopo mediante l'applicazione , prevista anche in tempo di pace, dell'art. 9 del R .D. 30-3-1943 n. 123 , riflettente la militarizzazione, senza, peraltro, mutare il trattamento economico attuale. Tale militarizzazione è necessaria, anzi indispensabile , per evitare le conseguenze-in caso di scioperi , specie per le guardie giurate - che hanno in custodia immobili militari, depositi di munizioni ,


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ecc. - e per una parte del personale dell' Ammjnistrazione Centrale e dei Comiliter, la cui assenza dal servizio potrebbe paralizzare parzialmente il funzionamento di detti enti in momenti in cui invece occorre che funzionino a pieno regime. Ili) Argomento di peculiare importanza e che ritengo meriti un cenno particolare è quello dello snellimento dell'Amministrazione Centrale, testa troppo grossa per un corpo ormai smilzo e che - per le sue sempre crescenti esigenze - mjnaccia di rendere atrofico il corpo stesso. La creazione di un nuovo Ministero della Difesa in luogo dei tre vecchi Ministeri delle varie FF.AA. non ha provocato peraltro alcuno snelli mento delle tre Amministrazioni entrate a far parte del Ministero stesso. D'altronde uno snellimento conseguente all'unificazione di taluni enti o servizi interessanti tutte e tre le FF.AA. è provvedimento che potrà essere adottato solo in futuro e dopo approfondito studio del problema. Mi riferisco pertanto ad uno snellimento dell'Amministrazione Centrale d ell'Esercito che può essere attuato nell'ambito dell'Amministrazione stessa, riducendo taluni uffici, eliminando sovrastrutture non necessarie residuate del passato , sburocratizza ndo l'Esercito , impiegando oculatamente il personale in modo da poter eliminare tutto quello che sia esuberante a1 reale fabbisogno. In effetti l'unico ente dell'Amministrazione Centrale che sia snellito è lo Stato Maggiore dell'Esercito, che oggi è costituito (Ispettorati d 'Arma compresi) da 400 unità rispetto alle 3200 che comprendeva prima dell'armistizio e rispetto alle 6000 circa che costituiscono tutta l'Amministrazione Centrale. Riconosco che l'attuale pesantezza è in parte dovuta alla liquidazione del passato resa difficile dalle distruzioni provocate dalla guerra e dalla complessità delle varie questioni - da esaminare e vaglia re talvolta caso per caso - in conseguenza della particolare situazione creatasi nell 'Esercito e nel Paese per effetto dei noti avvenime nti. Peraltro , nel mentre ritengo che ormai - a distanza di quasi tre anni dalla fine della guerra - molto sia già stato liquidato, sono anche d 'avviso che a risultati conclusivi in materia si possa giungere solo adottando provvedimenti di carattere straordinario non potendosi risolvere una situazione così grave e complessa con procedure di ordinaria amministrazione. È questione questa che esula d alla mia competenza; ma ho rite-


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nuto doveroso richiamare su di essa l'attenzione della S. V. per provvedimenti che riterrà del caso.

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IV) Voglio concludere questa mia espos1Z1one, che peraltro non ha la pretesa di prospettare tutti i problemi in attesa di soluzione, ma solo i più pressanti , con un breve cenno circa l'ordinamento dell'Esercito. L'attuale ordinamento , residuo del regime armistiziale, non risponde alle esigenze di intelaiatura, addestramento e impiego , talché ho posto il problema allo studio in modo che nel 2° semestre del 1948 l'Esercito possa gradatamente avviarsi al suo ordinamento definitivo. Premessa a tale progredire è che il bilancio sia adeguato alle effettive necessità, le quali non vanno riferite soltanto al mantenimento puro e semplice di una maggior forza alle armi, ma anche alla risoluzione di quei problemi essenziali inerenti ai quadri, agli specializzati cd ai materiali , di cui ho già fatto cenno. Mi riprometto presentare all'approvazione della S.V. nel prossimo mese di febbraio il progetto per l'ordinamento definitivo dell'Esercito contenuto nei limiti impostici dal trattato di pace. Tale progetto dovrà a suo tempo essere sottoposto all'approvazione del Parlamento; peraltro è necessario sin d'ora tenerne presenti le lince fondamentali per inquadrarvi l'attività riurganizzativa già in corso. In tale quadro conto di poter gradualmente realizzare nel 1948 , subordinatamente alla disponibilità dei materiali occorrenti, un sensibile passo innanzi nel complesso lavoro di riorganizzazione in atto perfezionando, completando e costituendo gli enti e reparti elencati nel mio foglio 2814/0rd./I del 14-12 u.s. Si tratta in sostanza di: - completare e perfezionare la struttura organica delle divisioni di fanteria e dei reparti alpini ; - completare e perfezionare l'organizzazione di addestramento , la cui importanza è preminente per la formazione dei quadri e degli specializzati; - costituire reparti carristi e di talune specialità (per ora inesistenti) di artiglieri a e del genio. lL CAPO DI S.M. DELL'ESERCITO [Fonte: Archivio Ujjicio Storico dello Stato Maggiore Esercito, L/13, "Carteggio Marras", racc. 52, cart. 4/


DOCUMENTO 15

CONCLUSIONE CUI È PERVENUTA LA COMMISSIONE CONSULTIVA PER L'ESERCITO NELLA SEDUTA DEL GIORNO 1 LUGLIO 1948 NELL'ESAME DEL NUOVO ORDINAMENTO DELL'ESERCITO

a ) La Commissione Consultiva vede la necessità di mantenere

la legge attu ale sul reclutamento che prevede una ferma di 18 mesi , facendo p erò compiere praticamente al militare di leva un servizio alle armi di circa 12 mesi, data la facoltà che ha il Ministro della Difesa di congedare i militari in anticipo prima del compimento della ferma. Il mante nimento di tale facoltà è ritenuto indispensabile per motivi politici , affinché il Governo possa valersene in caso di necessità senza dovere essere autorizzato dal Parlamento , e ciò tanto nel caso di esigenze , quanto per provvedim enti improvvisi d a prendersi in relazione a situazioni internazion ali. La durata pratica del servizio effettivo alle armi di 12 mesi è la minima che nella situazione attuale possa assicurare u n sufficiente addestram ento. La Commissione non esclude peraltro che in avvenire , quando si avranno condizioni migliori di disponibilità di forza e di attrezzatura , si possa pensare a durata di servizio ridotta pe r una parte del contingente. b) La Commissione Consultiva rileva ia necessità che l'Esercito possa disporre al più presto di 30.000 specializzati e che frattanto si dia rapido corso all'arruolamento del 1° scaglione di 7000 di essi . e) La commissione Consultiva ritiene che si debba passare, quando sarà possibile, alla chiamata semestrale. d) La Commissione Consultiva stima necessario che l'Esercito raggiunga a ppena possibile la forza massim a degli effettivi consentitigli dal Trattato di Pace, e cioè 195.000 perché altrimenti l'Esercito mancherebbe del minimo di consistenza che è indispensabile ch e abbia. La Commisione Consultiva non entra in merito all'organico dei C. C. , ch e deve essere risolto con i ripieghi necessari p er non infirmare l'efficienza dell'Arma, la q ua le peraltro dovre bbe passare gra-


364

L'ESERCITO ITALIANO NEL SECONDO DOPO GUERRA 1945-1950

datamente ad una forza organica manifesta in relazione alle norme del Trattato ed alla forza sopra prevista necessaria per l'Esercito. e) La Commissione Consultiva, anche dall'esame della forza considerata , nel nuovo progetto di ordinamento, disponibile per l'impiego nei reparti , ha visto la convenienza di tener presente che si dovrà passare, quando ciò sarà possibile, all'attuazione di chiamate semestrali, con forza totale diversa in alcuni periodi dell'anno. f) La Commissione Consultiva ritiene indispensabile che i militari di truppa impiegati nell'organizzazione centrale o territoriale siano sostituiti , nelle cariche ove ciò è possibile , con civili , i quali però dovrebbero essere sottoposti a nette norme disciplinari vincolatrici. g) La Commissione Consultiva è concorde nel ritenere che la divisione di ftr. normale debba essere ternaria. Non riconosce la convenienza di avere al posto della divisione motorizzata tre raggruppamenti tattici motorizzati form ati dall 'accoppiamento di rgt. ftr. e rgt. artiglieria. Il buon addestramento può supplire a una tale scissione organica-rigida della divisione. È da studiarsi invece se non convenga avere anche le divisioni motorizzate ternarie. h) La Commissione Consultiva vede l'opportunità che le brigate alpine siano previste su 4 btg. alpini, ove possibile. i) La Commissione Consultiva stima opportuno che la brigata corazzata sia su tre btg. carri , in pace però prevederne in primo tempo solo due. La Commissione Consultiva vede anche l'opportunità di avere l'orientamento di passare quando sarà possibile dalle tre brigate corazzate ad una divisione corazzata. [Fonte: A rchivio Ufficio Storico dello Stato Maggiore Esercito, L /13, "Carteggio Marras", Racc. 51, Cari. 1/


DOCUMENTO 16

MINISTERO DELLA DIFESA STATO MAGGIORE ESERCITO Ufficio Ordinamento

PROGETTO DI NUOVO ORDINAME1'1TO DELL'ESERCITO Raffronto fra ordinamento transitorio e nuovo ordinamento Nuovo ordinamento

OnJinamenlo transitorio

a) Grandi unità: -

11 comiliter

-

5 divisioni

-

3 hrigate

Nota: divisione binaria

b) Truppe di C.A.: Non esistono, vi sono i seguenti clementi dei comiliter: - compagnie artieri - compagnie collegamenti - elementi dei servizi per esigenze territori ali

-

11 comiliter (alcuni , in caso di emergenza, debbono costituire e.di di C.A.) - 11 divisioni: - 7 di ftr. ( di cui 1 in copertura, 1 per Puglie-Lucania, 1 in Sicilia, 1 per la regio ne Centro Adriatica) - 3 motorizzate - 1 comando truppe corazzate - 7 brigate: - 1 di ftr. (per la Sardegna) - 3 alpine ( di cui 1 rinforzata) - 3 corazzate Nota: divisione di copertura e normali sono ternarie

-

2 btg. mtr. e 1 btg, mortai (per le unità di copertura) 5 rgt. art. pes. camp. 4 rgt. art. e.a. pesante 2 raggrupp. e.e. 2 btg. pionieri-minatori 1 btg. pontieri 1 btg. ferrovieri 3 btg. collegamenti da completare per l'emergenza 2 c. di rgt. carristi } per esigenze di inquadra5 c. di rgt. pionieri 5 c. di rgt. colleg. mento (segue)


366

L'ESERCITO ITALIANO NEL SECONDO DOPO GUERRA 1945-1950

(seguito) Ordinamento transitorio

Nuovo ordinamento

e) Composizione sommaria div. di ftr. (in pace e in guerra) - 2 rgt. ftr. (su 3 btg. e I cp. mortai ciascuno

-

1 G.E.D. (5 s4uadr.)

-

2 rgt. art. camp. (in tutto 6 gr. btr.)

-

1 rgt. art. e.e. (4 gr. 1 rgt. art. e.a. (2 gr.

= 12

-

3

-

1

-

1 3

-

l raggr. e.a. leg-

= 8 btr.) =

6 htr.)

-

1 btg. artieri

-

-

1 btg. collegamenti

-

-

serv1z1

-

d) Servizi: - organi e reparti strettamente necessari per le esigenze territoriali , oltre aliquota assegnata alle G.U.

e) Organizzazione per l'addestramento -

Corsi di S.M. Accademia Militare Scuola Cooperazione Varie A. Scuola di Fanteria Scuola di Artiglieria Scuola Artieri Scuola Collegamenti Scuola di Carrismo Scuola di Autoblindismo

Divisione di fanteria (normale) in pace in guerra rgt. di ftr. (su - 3 rgt. di ftr. (su 2 btg. e cp. 3 btg.; cp. mortai) mortai e ep. cannoni e.e.) rgt. cav. blin- - 1 rgt. cav. blindato (2 gr. e dato sq. a.a.) btg. carristi - 1 btg. carristi rgt. art. camp. - 3 rgl. art. camp. (2 gr. da camp. (3 gr. da camp. cd 1 gr. e.e.) ; ed 1 gr. e.e.); in tutto 12 btr. in tutto 18 btr. da camp. e 6 da camp. e 9 e.e. e.e.

gero (2 gr. = 6 btr.) 1 htg. pionieri (su 2 cp. + 1 cp. parco) 1 btg. cullcg. (circa 500 u.) servizi

-

1 raggr. e.a. leg-

gero (3 gr. = 9 btr.)

-

-

-

1 btg. pionieri (su 3 cp. + I ep. parco) 1 btg. colleg. (circa 750 u.) servizi

come contro e in più: - 4 autogruppi di C.A. Più ampio sviluppo all'organizzazione del servizio trasporti per agevolare la mobilità dei reparti e particolare sviluppo agli organi per la manutenzione dei materiali automobilistici

Di massima come contro modificata in base ai criteri di: - considerare le unità operanti come sede normale dell'addestramento - assicurare l'addestramento preliminare e avanzato delle reclute mantenendo l'attuale sistema dei C.A.R. con opportuni adattamenti: - C.A.R. div. di ftr. per le div. con i rgt. su 3 btg.

(segue)


367

ALLEGATI

(seguito) Nuovo ordinamento

Ordinamento transitorio

-

Scuola della Motorizzazione Scuola Allievi Uff. di Compi. Scuola Allievi Sottufficiali Centro di Paracadutismo Scuola di Sanità Militare Scuola Meccanici Operai di Artiglieria Scuola di Educazione Fisica Scuola Servizi e Governo del Personale C.A.R. C.A.A.R. Artiglieria C.A .A.R. del Servizio Ippico e Veterinario

f} Armi e specialità - Fanteria Dotata di sole armi e.e. portatili

-

-

- btg. addcstr. (riuniti m C.A.R.) per i rgt. ftr. su 2 btg. - gruppi e btg. addestr. reclute per art. da camp., pes. camp. e pionieri, - C.A. R. particolari per truppe corazzate, art. e.a. e e.e., colJcg. , servizi - alcuni C.A.R. affiancati alle Scuole d'arma. Prevista la costituzione a breve scadenza di: - Scuola Militare di Alpinismo - Scuola di Artiglieria e.a. - C.A.A.R. Genio Collegamenti - Centro Addestramento Servizi Commissariato. Previsti inoltre: Istituto di alti studi rnilila, i da affiancare alla Scuola di Guerra (attuali Corsi di SM} - Istituto per alti studi delle 3 FF.AA.

Le vengono restituiti i cannoni da 6 lbs. e.e. ( ora in dotazione all'artiglieria) in aggiunta alle armi e.e. portatili. Previsto aumento di mortai. In complesso più potentemente armata (abbondante armamento automatico).

Bersaglieri e alpini come la fanteria

I bersaglieri forniscono la ftr. motorizzata alle brigate corazzate e gli alpini perfezionano l'armamento per meglio adeguarlo alle probabili zone operative (aumento di mortai).

Organici tabulari del btg: 682 uomini (organici di guerra)

Organici del btg. su 500 uomini in pace e circa 750 in guerra.

Cavalleria G.E.D.

Truppe corazzate

Cavalleria blindata ordinata in rgt. e dotata di autoblindo e carri leggeri per assolvere le funzioni già dei «celeri » perpetuandone le tradizioni. -

rgt . e btg. carristi assegnati alle brigate corazzate e alle div. di ftr. e mot. artiglieria semov. assegnata alle unità corazz. e (in avvenire) alJe div. ftr. (segue)


368

L'ESERCITO ITALIANO NEL SECONDO DOPO GUERRA 1945-1950

(seguito) Ordinamento transitorio

-

Nuovo ordinamento

Artiglieria da campagna: in ragione di 1 rgt. per ogni rgt. ftr. controcarri: rgt. dotati anche di cannoni e.e. leggeri con troaerei: rgt.

-

-

-

Genio Previsti soltanto btg. artieri e col- legamenti -

come contro ordinata in gruppi ripartiti fra i rgt. art. da campagna per non aumentare il numero dei comandi di rgt. ordinata in: - raggrupp. piccolo calibro (1 per ogni div.) - reparti e.a. leggeri (per brig. alpini e brig. cor.) - rgt. e.a. pesanti (per G.U. superiori alla div.) pesante campale (medio calibro) di assegnazione organica alle G.U. superiori alla divisione separazione dei reparti destinati ai collegamenti da quelli delle altre specialità maggiore concorso alle G.U. per esigenze addestrative i btg. vengono raggruppati in rgt. previsti anche btg. minatori, pontieri, ferrovieri.

f Fonte: Archivio Ufficio Storico dello Stato Maggiore Esercito, LI13, "Carteggio. Marras" racc. 51, cart. 1/.


DOCUMENTO 17

MEMORIA SULLA NECESSITA DI RIARMAMENTO DELL'ESERCITO

I 1. - Come esposto nella relazione che ho inviato a V .S. il 27 luglio u. s., la Commissione Consultiva dell'Esercito , al termine dei suoi lavori per l'esame del progetto di NUOVO ORDINAMENTO , ha prospettato che: a) è indispensabile portare a termine nel più breve tempo possibile, nell'interesse della Nazione, l'attuazione del programma relativo al NUOVO ORDfNAMENTO ; b) è assolutamente necessario che l'Esercito possa disporre fin dal tempo di pace , non soltanto di un maggior numero di effettivi , ma specialmente di armi, materiali, mezzi e scorte, oltreché per lo svolgimento della normale attività addestrativa , anche per la sua efficienza in caso di guerra , e cioè per potere completarsi e combattere. 2. - Il NUOVO ORDINAMENTO non è, in sostanza, che un programma di lavoro inteso a portare l'Esercito dalla precaria situazione attuale al grado di efficienza voluta. Ritengo necessario che l'attuazione di tale programma , sia prevista, nella sua parte essenziale, in un CICLO di 3 ANNI e completata, per il resto , nei due anni successivi; ciò in relazione anche alla ovvia necessità di ripartire lo sforzo finanziario conseguente. Sarebbe indispensabile che detto ciclo· avesse inizio nel 1949 ( consi.: derato come primo anno) e termine nel 1953; in tal modo, nel 1951 si potrebbe già essere a buon punto del complesso lavoro. 3. - La situazione attuale dei materiali presenta, in molti settori, gravi o gravissime deficienze, anche nei riguardi dell'ordinamento oggi esistente: lo sforzo quindi da compiere è indubbiamente poderoso, ma a detto sforzo il Paese non può sottrarsi se vuole effettivamente avere un Esercito che sia tale di fatto. È ben vero che il Trattato di pace, nella sua lettera (art. 53),


370

L'ESERCITO ITALIANO NEL SECONDO DOPO GUERRA 1945-1950

vieta che l'Italia possegga materiale da guerra eccedente, per l'Esercito, alle necessità della forza autorizzata (al massimo 195.000 u.) , ma una rigida interpretazione di tale disposizione renderebbe praticamente inefficiente qualsiasi ordinamento dell'Esercito , i cui reparti non avrebbero possibilità alcuna (non disponendo dei materiali necessari) per passare dal piede di pace a quello di guerra. È indispensabile pertanto provvedere in merito, colmando, per quanto possibile, le attuali gravi deficienze di materiali, anzitutto per approvvigionare quanto necessario, almeno nel quadro della forza concessa, ed avere scorte sufficienti per i ricambi richiesti dal normale logorio dei materiali in dotazione ai reparti. In sostanza, perché l'Esercito possa avere l'efficienza voluta, è CONDIZIONE ASSOLUTA che si addivenga al suo RIARMAMENTO e lo si fornisca dei materiali occorrenti. E la visione del fabbisogno non può certo limitarsi alle unità previste dal progetto di nuovo ordinamento , cioè a quel che occorre per far passare dal pie<lt: di pace a quello di guerra i reparti esistenti dell'Esercito, ma si deve estendere necessariament~ ad unità complementari - che si giudica indispensabile costituire in caso di emergenza - ed ai reparti della difesa territoriale, compresa quella contraerei. 4. - Di conseguenza, per consentire una più approfondita valutazione del programma di riarmamento che propongo e della sua gradualità di attuazione, la trattazione è distinta come segue: a) necessità per il nuovo ordinamento; b) necessità per un primo potenziamento del nuovo ordinamento (unità complementari da costituirsi in caso di emergenza); c) necessità per la difesa territoriale. In questo quadro , prospetto di seguito, distinti per servizio, la situazione attuale circa i vari materiali , il fabbisogno rispetto al fine specificato, la spesa prevedihile e la ripartizione di essa nel periodo considerato. Le previsioni circa i'ONERE FINANZIARIO vanno considerate naturalmente come dati largamente orientativi, non essendo possihile prevedere quali saranno realmente i costi, al momento dell'acquisto, dei materiali da approvvigionare. Dette previsioni sono pertanto suscettibili di variazioni anche sensibili, in relazione sopratutto alle oscillazioni dei prezzi sul mercato interno ed in quello estero.


ALLEGATI

371

II

Necessità per il nuovo ordinamento

1. - Come messo in rilievo nella citata relazione del 27 luglio u .s., il progetto di NUOVO ORDINAMENTO considera:

UNITÀ: • 8 divisioni di ftr.; • 3 divisioni di ftr. motorizzate; • 3 brigate alpine; • 3 brigate corazzate; - TRUPPE DI C.A.: • 2 btg. mitraglieri ; • 1 btg. mortai; • 5 rgt. art. pes. camp. ; • 4 rgt. art. e.a . pes.; • 2 rgt. art. e.e.; • 2 btg. minatori ; • 2 btg. pontieri; • 3 btg. collegamenti; • 4 autogruppi ; oltre , naturalmente: - l'organizzazione centrale (Ministero) ; - l'organizzazione periferica (comandi militari territ. , distretti e depositi); - l'organizzazione di addestramento (Scuole, C.A.R. ecc.); - l'organizzazione dei servizi territoriali.

-

2. - Data la necessità, già accennata , di svolgere nei primi tre anni del programma la parte essenziale del lavoro di riarmamento dell'Esercito , ritengo indispensabile che in tale periodo si provveda a quanto concerne le G . U., le brigate e le truppe di C.A. sopra indicate , secondo la gradualità di cui allo specchio allegato I. È questo il primo indispensabile OBIEITTVO da raggiungere, se si vuole superare l'attuale precaria situazione.

(omissis)


372

L'ESERCITO ITALIANO NEL SECONDO DOPO GUERRA 1945-1950

VI 1. - In CONCLUSIONE, l'attuazione del programma di riarmamento descritto richiederebbe: . 161.779.000.000 NECESSITÀ PER NUOVO ORDINAMENTO -

NECESSITÀ PER UN PRIMO POTENZIAMENTO DEL NUOVO ORDINAMENTO (unità da co-

102.830.000.000 30.811.000.000

stituire in caso di emergenza) -

NECESSITÀ PER DIFESA TERRITORIALE

-

NECESSITÀ PER DIFESA CONTROAEREI

. 222.430.000.000

TERRITORIALE . . . . . . . , .

. 517.850.000.000

TOTALE

Ripartizione del quinquennio

10 anno 2"

70. 654. 000. 000 101.824.000.000 134. 650. 000. 000 116.595.000.000 94.157.000.000

anno

30 anno 40 anno 5" anno

Totale .... 517.850.000.000 2. - Nel quadro di detto programma, il primo obiettivo da raggiungere è , come detto , quello riguardante le necessità relative al Nuovo ordinamento e ad un primo potenziamento di esso. La difesa controaerei territoriale, pur contenuta in limiti assai ristretti, richiede un onere ingente (poco meno della metà dell 'onere complessivo), ma anch'esso va affrontato se non si vogliono lasciare indifesi i centri vitali de l Paese. La spesa relativa è prevista, in gran parte, negli ultimi due anni del quinquennio. Ciò in omaggio al criterio, già espresso, di sviluppare nei primi tre a nni il programma relativo a l nuovo ordiname nto.

VII 1. - Come appare da quanto finora esposto, il problema di riarm amento dell'Esercito comporta una spesa talmente imponente da far dubitare ovviamente che il Paese, nelle condizioni finanziarie in cui si trova, possa sopportare un simile sforzo. Ed è da conside-


ALLEGATI

373

rare inoltre che al fabbisogno segnalato per l'Esercito sono da aggiungere, nel quadro generale della difesa del Paese, le necessità delle altre forze armate e specialmente dell' Aeronautica, dato che le possibilità operative dell'Esercito sono anche strettamente connesse con il potenziamento dell'arma aerea. Il problema , quindi , è quanto mai complesso e trascende dal solo campo militare per entrare decisamente, si potrebbe dire quasi esclusivamente, in quello politico . La soluzione del problema, cioè, richiede preventive decisioni politiche.

2. - Nel programma in questione sono considerati materiali di fabbricazione italiana (soprattutto per utilizzare le scorte esistenti) e materiali di provenienza estera (dei tipi finora ceduti dagli angloamericani). All'approvvigionamento di detti materiali si dovrebbe pertanto provvedere mediante commesse alle nostre industrie ed acquisti ali' estero. L 'armamento con materiali di diversa provenienza non può avere che carattere contingente. Occorrerà affrontare necessariamente , nel quadro di intese internazion ali, il problema della STANDARDIZZAZIONE DEI MATERIALI. 3. - In questo campo, sarebbe da esaminare quanto potrebbe essere fatto attraverso l'applicazione dell'E. R. P. Infatti, un graduale programma di riarmamento va considerato anche come un fattore economico-sociale, per il rile vante e positivo apporto che esso darebbe alla ricostruzione delle industrie ed alla conseguente ripresa del lavoro . La questione fu messa in rilievo allorché venne esaminata la situazione delle industrie dell'I.R.I. e della FINMECCANICA. Tali organismi, mediante l'E.R.P ., potrebbero ricostruire e completare le loro attrezzature, in gran parte danneggiate dagli eventi di guerra, assicurando così la riattivazione di un vasto complesso industriale che oggi invece grava, in massima parte, passivamente sulle finanze dello Stato. Altrettanto potrebbe farsi per altre industrie e per gli stabilimenti militari in merito ai quali ho prospettato il mio punto di vista con foglio nr . 4/36/Segr. del 5 aprile 1948. In un primo tempo si potrebbe cercare di ottenere le attrezzature per riparare , ripristinare e completare i materiali di armamento di fabbricazione estera in nostro possesso (artiglierie, mezzi blindati


374

L' ESERCITO ITALIANO NEL SECONDO DOPO GUERRA 1945- 1950

e corazzati, automezzi speciali), nonché per la produzione di munizioni per armi di fanteria e per artiglieria. Successivamente, nel quadro più vasto di un piano di standardizzazione, si potrebbero estendere le possibilità sopradette , attrezzando le nostre industrie per la costruzione di determinati tipi di materiali . In tal'modo, le ingenti somme che oggi lo Stato eroga, a fondo perduto, per sovvenzionare i gruppi industriali che fanno capo all 'I.R.I. (al fine di evitare licenziamenti di operai ed attenuare possibili perturbazioni di ordine interno) potrebbero, con risultati più concreti e positivi, essere devolute a favore delle Forze Armate, per le commesse dei materiali e dei mezzi occorrenti. IL CAPO DI S.M. DELL'ESERCITO

f Fonte: Archivio Ufficio Storico dello Stato Maggiore Esercito. L/13. "Carteggio Marras" racc. 52, cari. 5/


Allegato I alla MEMORIA SULLA NECESSITÀ DI RIARMAMENTO DELL'ESERCITO GRADO DI APPRONTAMENTO DELLE UNITÀ PREVISTE (i numeri indicano il percento rispetto alla completa efficienza) SVI LUPPO GRADUALE DI APPRONTAMENTO UNITÀ

NOTE 1° anno

I) GRANDI UNITÀ - 8 divisioni di fanteria: - « Mantova » - «Cremona,, - «Friuli • - « Granatieri di Sardegna» - « Avellino • - «Aosta» - «Adriatica» - « Calabria • - 3 divisioni motorizzate: - «Legnano » - «Folgore» - «Trieste• - 3 brigate corazzate: - «Ariete• - «Centauro» - «III » - 3 brigate alpine: - «Julia» - «Tridentina » - « Taurincnse » II} TRUPPE E SERVIZI DI C.A. - 2 battaglioni mitraglieri: - I btg. - II btg. - I battaglione mortai: - 5 reggimenti art. pes. camp.:

- 10 - '1:'

- 3u - 40 - 50 -

-

4 regg.ti artigl. controaerei:

-

10 20 30 40

2 raggruppamenti controcarri: - 10 -'l:' 2 battagl. pionieri-minatori: - I - II 2 battaglioni pontieri: - I - li 3 battaglioni ca/legamenti: - I

- II - lll

-

4 autogruppi: - I - II - Ili

- IV

2° anno

3° anno

80 80

-

-

100 100

60

80 80 80 80 80

-

100

60 60

60 60

-

100

1()0

100 100 100

-

-

80

100

-

70

100 100

100 100

60

35

-

70

80 65

100 100

60

80

90

100

50 50 50 40 40

-

-

70 60 80

70 70 60 60

50

70

50

70 60 60

-

30

70

-

-

100

100

100 100 100 HXl 100 100 HXl 100 IClll 100 100

60

100 100

50 50

80 70

100 100

70

80 60

100 100

70 50 50

100

60

80 80 60

-

-

50 40

-

70 60

60

100 100 100 100 100 100


<.,>

-...I O\

Allegato 2 alla MEMORIA SULLA NECESSITÀ DI RIA RMAMENfO DELL'ESERCITO RIEPILOGO GENERALE O NERE FINANZIARIO PREVISTO PER NECESSITÀ NUOVO ORDINAMENTO

r: m

V,

m

DENOMINAZIONE

SPESA

PREVEDIB ILE

RIPARTIZIONE SPESA PREVEDIBILE 1° anno

2° anno

3° anno

~ ~

e:

.>

z

A) SERVIZIO ARTIGLIERIA -

pistole munizioni per pistole fucili e moschetti munizioni per fucili moschetti automatici munizioni per moschetti automatici fucili mitragliatori munizioni per fucili mitragliatori munizioni per mitragliatrice muniz. per mitragl. da 0 ,30 e da 0,50 pollici mortai leggeri (da 60) munizioni per mortai da 60 munizioni per mortai da 81 mortai anticarro munizioni per mortai anticarro bombe a mano

315.000.000 18.000.000 6.000.000.000 1.400.000. 000 200.000.000 1.450.000.000 600.000.000 2.000.000.000 240.000 .000 196.ooo .'ooo 182.000.000 3.900.000.000 900.000.000 560.000.000 2.385.000.000 1.000.000.000

100.000.000 6.000 .000 2.000.000.000 500.000.000 50.000.000 450.000.000 150.000 .000 600.000.000 60.000.000 60. 000 .000 50.000.000 1.000.000 .000 300.000.000 160.000.000 785.000.000 300.000.000

115.000.000 6.000.000 2.000.000.000 500.000.000 100.000. 000 500.000.000 250.000. 000 700.000.000 100.000.000 76.000.000 82.000.000 1.900.000.000 300.000.000 200.000.000 800.000. 000 400.000. 000

100.000.000 6.000.000 2.000.000.000 400.000.000 50.000.000 500.000 .000 200. 000.000 700.000.000 80.000.000 60.000.000 50.000.000 1.000.000.000 300.000.000 200.000. 000 800.000. 000 300.000.000

21.346 .000.000

6.571.000.000

8.029.000.000

6.746 .000.000

o z m r m

V,

8z o

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-> 'f y,

~


Segue - RIEPILOGO GENERALE ONERE FINANZIARIO PREVISTO PER NECESSITÀ NUOVO ORDJNAMENTO DENOMINAZIONE

SPESA PREVE D IB ILE

RIPARTIZIONE SPESA PREVEDIBILE 1° anno

2° anno

3° anno

2.400.000.000 2.000.000.000 3.100.000.000 4.973.000.000 3.450.000.000 5.590.000.000 2.200.000. 000 1.200.000.000 1.020.000.000 5.890.000.000

800.000. 000 600.000.000 1.000.000 .000 1.500.000.000 1.100.000 .000 1.590.000 .000 700.000.000 300. 000 .000 300. 000.000 1 .390.000.000

800 .000.000 800.000.000 1. 100.000.000 2.000 .000.000 1.250.000. 000 2.000.000.000 800.000.000 500 .000.000 400.000.000 2.500.000.000

800 .000.000 600. 000.000 1.000.000.000 1.473.000.000 1.100.000.000 2.000.000.000 700 .000.000 400 .00Q ..OOO 320.000.000 2.000 .000.000

31.823.000.000

9.280.000.000

12. 150.000.000

10.393 .000.000

53.169.000.000

15.851.000.000

20.179.000.000

17 .139.000.000

Artiglieria

-

artiglieria da campagna munizioni per artigl. da campagna artiglieria controcarri munizioni per artigl. controcarri artiglieria contraerei munizioni per artiglieria contraerei artiglierie pesanti campali munizioni per artigl. pes . camp. muniz. per pezzi da 37 (autobl. e carri armati) muniz. per pezzi da 75 (carri armati)

~ ~

;

Totale servizio artiglieria

w

:::l


~

00

Segue· RIEPILOGO GENERALE ONERE FINANZIARIO PREVISTO PER NECESSITÀ NUOVO ORDINAMENTO DENOMINAZIONE

SPESA PREVEDIBILE

r

RIPARTIZIONE SPESA PREVEDIBILE 1° anno

2° anno

3° anno

!:i

~

a =i

B) SERVIZIO MOTORIZZAZIONE • autoblindo medie e pesanti · mezzi blindati da ricognizione · carri armati leggeri · carri armati medi • semoventi per artiglieria

Trattori per artiglierie Carrette cingolate Automezzi vari Carburanti

È 100.000.000 100.000.000 100. 000.000 6.200.000.000 7.160.000.000

30.000.000 30.000.000 30.000.000 2.000.000.000 2.000.000.000

40.000.000 40.000.000 40.000.000 2.100.000.000 3.000.000.000

30.000.000 30.000.000 30.000.000 2.100.000.000 2.160.000.000

13.660.000.000

4.090.000.000

5.220.000.000

4.350.000.000

6.000.000.000 3.600.000:000 28 .400. 000.000 9.000.000.000

2.000.000.000 1.000. 000. 000 9.000.000.000 3.000.000.000

2. 000.000.000 1.400.000.000 10.000.000.000 3.000.000. 000

2.000.000.000 1.200.000.000 9.400.000 .000 3. 000. 000 .000

60.600.000.000

19.090.000.000

21.620.000.000

19.050.000.000

7.000.000.000

2.000.000.000

3.000.000.000

2.000.000.000

~

o zm r

(Il

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o o e o

a Cl

e: ~ :X,

;,.

'f

Totale servizio motorizzazione

C) SERVIZIO GENIO (mater. vari)

'f'

~


Segue - RIEPILOGO GENERALE ONERE FINANZIARIO PREVISTO PE R NECESSITÀ NUOVO ORDINAMENTO DENOMINAZIONE

D) SERVIZIO COMMISSARIAT O Spese per personale - asseg_ni - v1ven - vestiario

SPESA PREVEDIB ILE

RIPARTIZIONE SPESA PREVEDIB ILE

1° anno

2° anno

3° anno

900.000.000

l.430.000.000 3.300.000.000 1. 650.000. 000

2.015.000 .000 4.650.000 .000 2.325.000.000

3.480.000.000

6.380.000 .000

8.990.000.000 (1)

780.000.000

4.235.000.000 9.750.000.000 4.875.000.000

I. 800.000. 000

18.850.000.000

>

SPESE PER MATERIALI - casermasgio - materiah serv. gen. e cucina - viveri di riserva - vestiario - materiali per sez. suss. e sez. panett.

Totale servbio commissariato E) SERVIZIO SANITÀ (mater. vari)

Totale

2.000.000.000 250.000.000 750.000.000 13.000.000.000 400.000.000

600.000 .000 80.000 .000 200.000 .000 3.000.000.000 100.000.000

700.000.000 90.000.000 300.000.000 5.000.000.000 150.000.000

700.000.000 80.000.000 250.000.000 5.000.000.000 150.000.000

16.400.000.000

3.980.000.000

6.240.000.000

6. 180.000.000

35.250.000.000

7.460.000.000

12.620.000.000

15.170.000.000

1.000.000.000

300.000.000

400 .000.000

300.000 .000

157 .0711.000,000

r 44.701.000.000

57 .819.000.000

54.559.000.000

-

2.300.000.000

2.400.000.000

60.119.000.000

56,959.000.000

4.700.000.000

F) SCORTE T OTALE GENERALE

161.779.000.000 (2)

44.701.000.000

( ! ) Tale somma è da conside rarsi come un increme nto costante di spesa anche per i futuri esercizi finanziari (dopo il triennio considerato). (2) Considerando IO unfoc (anziché 5) per le munizioni, occorrerebbe aumentare rone re sopradetto di circa 39 miliardi e 472 milioni.

r ~

Cl

:::

...:

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-.J

'C


Allegato 3 alla MEMORIA SULLA NECESSITÀ DI RIARMAMENTO DELL'ESERCITO

<.,.)

~

RIEPILOGO GE NERALE ONERE FINANZIARIO PREVISTO PER NECESSITÀ PRIMO POTENZIAMENTO NUOVO ORDINAMENTO l"'

DENOMINAZIO:-.IE

A) SERVIZIO ARTIGLIERIA Armi ftr. e relativo munizionam. Artiglierie e relativo munizionam .

B) SERVIZIO MOTORIZZAZ IONE Mezzi blind. e corazz . Trattori Carrette cingolate Automotomezzi vari

C) SERVIZIO GENIO

D) SERVIZIO COMMISSARIATO Casermasgio Mater. d1serv. gener. e cucina Viveri di riserva Vestiario Mater. per sez. suss. e sez. panett.

E) SERVIZIO SANITÀ Totale generale

SPE SA PREVEDIBILE

rn

RIPA RTIZIONE SPESA PREVEDIBILE

§o

1° anao

2° anro

3ci anno

4° anno

5° anno

13.215.000.000 34.047.000.000

600.000.000 1.000.000.000

2. 100.000.000 5.000.000.000

4.695.000.000 12.047.000.000

4.200.000.000 12.000.000.000

4.000.000.000

r

47 .262.000.000

1. 600. 000.000

7.100.000.000

16.742.000.000

16.200.000.000

5.620.000.000

o

9.545.000.000 6.215.000.000 5.000.000.000 18 858.000.000

545.000.000 215.000.000 200.000.000 858.000.000

1.620.000.000

~

> z

z

1. 000.000. 000

500.000.000 700.000.000 2.500 .000. 000

4.000.000.000 3. 000.000.000 2.000.000.000 7.000.000. 000

3.000.000. 000 2.000.000.000 1.500.000.000 6.500.000.000

1. 000.000 .000

500.000.000 600.000.000 2.000.000 .000

39.61 8. 000.000

1.818.000.000

4. 700. 000.000

16.000.000.000

13 .000 .000.000

4.100.000.000

4.500.000.000

200. 000.000

400,000.000

2.000.000.000

1.500.000.000

400.000.000

trl l"' V,

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o

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700.000.000 560.000.000 450.000.000 9. 000.000.000 140.000.000

50.000.000 60.000.000 50.000.000 500.000,000 10.000.000

100.000.000 100.000.000 80.000.000 1. 000 .000. 000 20.000.000

250.000.000 150.000.000 150.000. 000 3.500.000.000 50.000.000

200.000.000 150.000.000 100.000.000 3.000.000.000 40.000.000

100.000.000 100.000 .000 70.000 .000 1. 000. 000 ,000 20.000.000

10. 850.000.000

670.000 .000

1.300.000.000

4.100 .000.000

3.490.000.000

1.290.000.000

600.000 .000

50.000.000

100.000.000

200.000.000

150.000.000

100.000.000

4.338.000.000

13.600.000.000

39.042.000.000

34.340.000.000

11.510.000.000

102.830.000.000 (1)

( ! ) Considerando IO unfoc (anziché 5) per le munizioni, occorrerebbe aumentare l'one re sopradetto di circa 23.613.000.000.

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:eY' ~


Allegato 4 alla MEMORIA SULLA NECESSITÀ DI RIARMAMENTO DELL'ESERCITO RIEPILOGO GENERALE ONERE FINANZIARIO PREVISTO PER NECESSITÀ DIFESA TERRITORIALE DENOM INAZIO:>IE

A) SERVIZIO ARTIGLIERIA Armi ftr. e relativo munizionam . Artiglierie e relativo munizionam.

B) SERVIZIO MOTORIZZAZIONE Mezzi blind. e corazz. Carrette cingolate Automotomezzi vari

SPESA PREVEDIBILE

RIPARTIZ IONE SPESA PREVEDIBILE

1° anno

2" a nno

3° anno

4° anno

5° anno

6.511.000.000 1. 000.000. 000

800.000. 000 100.000.000

900.000.000 150 .00:). 000

1.149.000.000 200.000.000

2.000.000.000 300.000.000

1. 662.000. 000 250.000.000

7.511.000.000

900.000.000

1.050.000.000

1. 349.000.000

2.300.000.000

1.912.000.000

1. 220.000. 000

r> 4.320 .000.000 760.000.000 4.120.000.000

500.000.000 90.000.000 400 .000.000

600.000.000 100.000.000 600. 000 .000

1. 000. 000.000 150.000.000 1. 000. 000. 000

250.000 .000 1.120. 000 .000

1.000.000.000 170.000.000 1.000.000.000

9.200.000.000

990.000.000

1.300.000.000

2.150.000.000

2. 590.000.000

2.170.000.000

C) SERVIZIO GENIO

3.000.000.000

400.000 .000

400.000.000

600.000.000

900.000.000

700.000.000

D) SERVIZIO COMMISSARIATO Casermallgio Mater. di serv. gener. e cucina Viveri di riserva Vestiario

860.000.000 630.000.000 277.000.000 9.293.000.000

100.000.000 80.000.000 40.000 .000 1. 000. 000. 000

11 0.000.000 100.000.000 40.000.000 1.300. 000.000

200. 000. 000 100.000.000 50.000.000 2.000. 000.000

240.000.000 200.000.000 97.000.000 2.993.000.000

2!0.000.000 150.000 .000 50.000 .000 2.000.000.000

11.060.000.000

1. 220. 000. 000

1.550.000.000

2.350.000.000

3.530.000.000

2.410.000.000

40.000.000

5.000.000

5.0011.000

7.000.000

15.000.000

8.000.000

3.515.000.000

4.305 .000.000

6.456.000.000

9.335.000.000

7.200.000.000

E) SERVIZIO SANITÀ Totale generale

30.SU.000.000 (1)

r

m

o

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w

(l) Considerando IO unfoc (anziché 5) per le munizioni, occorrerebbe au mentare l'onere sopradetto di circa 3.000.000.000.

00 ......


w

00

N

Allegato 5 alla MEMORIA SULLA NECESSITÀ DI RIARMAMENTO DELL'ESERCITO RIEPILOGO GENERALE ONERE FINANZIARIO PREVISTO PER NECESSITÀ DIFESA CONTRAEREI TERRITORIALE DENOMI~AZIONE

A) SERVIZIO ARTIGLIERIA Armi ftr. e relativo munizionam. Artiglierie e relativo munizionam.

B) SERVIZIO MOTORIZZAZIONE Automotomezzi vari C) SERVIZIO GENIO

D) SERVIZIO COMMISSARIATO Casermaggio Mater. serv. gener. e cucina Viveri di riserva Vestiario

E) SERVIZIO SANITÀ Totale generale

SPESA PREVEDIBILE

r

!;i

m

"'

(')

RI PARTIZIONE SPESA PREVEDIBILE 1() anno

2l) anno

3° anno

4° anno

1. 776.000.000 194.400.000. 000

100.000.000 17.000.000.000

200.000.000 22. 000.000 .000

325.000.000 28 .000.000.000

62.987. 000.000

551.000.000 64 .413. 000.000

196.176.000.000

17.100.000.000

22.200.000.000

28.325.000.000

63.587.000.000

64.964.000.000

600. 000. 000

5° anno

~

i o

~

"' 5.223.000.000 15.000.000.000

1.000. 000. 000

600.000.000

700.000.000

1.923.000.000

2.000.000.000

1.000. 000.000

2.000.000.000

5.000.000.000

6.000.000.000

60.000.000 81.000.000 27.000.000 1. 000.000. 000

200. 000. 000 100.000.000 60.000.000 2.000.000.000

200.000. 000 200.000.000 60.000.000 2.000.000.000

460.000.000 381.000.000 147.000.000 5.000.000.000

-

-

5.988.000.000

-

-

43.000.000

-

-

-

18.100.000.000

23.800.000.000

32.193.000.000

222.430.000.000 (1)

-

-

1.168.000. 000

(I) Considerando IO unfoc (anziché 5) per le munizioni, occorrerebbe aumentare l'onere sopradetto di circa 41.510.000.000. [Fonte: Archivio Ufficio S1orico dello Stato Maggiore Eserciro, L/13, "Carteggio Marras", racc. 52, cari. 5/.

~

o o o o

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>

2.360.000.000

2.460.000.000

20.000.000

23.000.000

72.890.000.000

75.447 .000.000

~ ~


DOCUMENTO 18

STATO MAGGIORE DELLA DIFESA

Prot. n. 201 R.P.

Roma, 30 luglio 1948

AL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI - Segreteria Generale e, per conoscenza: AL MINISTERO DELLA DIFESA

ROMA ROMA

OGGETIO: Situazione militare in rapporto con la situazione internazionale.

Inutile avvertire che l'esame del problema del nostro atteggiamento in rapporto alla situazione internazionale, è qui condotto esclusivamente dal punto· di vista tecnico-militare. I) Le soluzioni possibili sono due: o la proclamazione della nostra neutralità, oppure il nostro inserimento in uno dei due blocchi: occidentale od orientale. Forse si può escludere l'adesione al blocco orientale e le ipotesi restano due: blocco occidentale o neutralità, per ridursi a quest'ultima ove l'altra appaia inattuabile per ragioni di politica internazionale. È pertanto necessario esaminare con qualche attenzione le possibilità e le condizioni della neutralità. Il) La neutralità non può essere disarmata. Una nazione può mantenersi neutrale in un conflitto generale e che ne lambisca i confini, solo a queste due condizioni: .a) che nessuno dei belligeranti abbia interesse a violare la sua neutralità; b) che la 11iolazione importi un onere e un'alea tali da annullare o rendere aleatori i vantaggi che può dare. La prima ipotesi è senza dubbio da escludere. L 'entità della nazione italiana, dal punto di vista etnico e morale , delle risorse, soprattutto demografiche, e la sua posizione geografica, fanno de]-· l'Italia un elemento tanto importante che nel gioco delle parti non può essere trascurato.


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L'ESERCITO ITALIANO NEI. SECONDO DOPO , UERRA 1945-1950 \

Anche non entrando in guerra l'Italia rappresenta sempre un elemento di forza non trascurabile perché nessuno potrebbe escludere a priori che dallo stato potenziale possa, ad un certo momento, passare a quello attuale e operante. Di qui l'utilità da parte dei belligeranti di un'azione preventiva, sia per eliminare il pericolo di averla contro sia per sfruttarne se non altro la posizione geografica , a proprio vantaggio. A parte ciò, sono convinto che, anche nel futuro conflitto, l'Italia non sarà tagliata fuori dalle grandi linee di operazioni come si vuole credere. Anzi è probabile che ne sia coinvolta, molte essendo le ragioni che possono indurre il blocco orientale a violare la nostra neutralità e per converso quello occidentale ad intervenire per impedire tale violazione. Infatti la pianura padana è obiettivo utile per un attacco da oriente , perché da essa si minaccia la frontiera francese e si costringerebbe , ancora una volta , i francesi a ipotecare su questo scacchiere una p;:i rte nntevole delle loro forze a danno della difesa riel Reno. I francesi con il diktat vollero i passi di confine così da sboccare in caso di guerra immediatamente nella pianura padana, per togliere di mezzo l'Italia , per sfruttarne le risorse, per portare la lotta in casa altrui, per tenere il più lontano possibile le basi aeree nemiche dal loro territorio, ecc. La valle padana interessa non solo la Francia ma l'intero blocco occidentale, potendo il nemico servirsene come base di operazione per una offensiva contro l'Italia peninsulare con danno grave per gli occidentali che vedrebbero compromessa la libera navigabilità nel Mediterraneo e quindi l'accesso ali' Asia Minore e ai Dardanelli e perderebbero basi aeree importantissime per operazioni nella penisola balcanica. La stessa incolumità della Grecia sarebbe pregiudicata. Una riprova di questa affermazione si ha considerando che la neutralità disarmata italiana è vivamente considerata dagli orientali , mentre gli occidentali considerano indispensabile una difesa lungo la linea gotica; il che dimostra da parte dei primi l'intenzione di invadere l'Alta Italia e da parte dei secondi la preoccupazione di perdere l'Italia peninsulare. Ad ogni modo credo che nessuno possa assumersi la responsabilità di una neutralità disarmala perché agli interessi di chi vuole violarla non si potrebbe contrapporre altro che l'evanescente valore morale del diritto internazionale.


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La violazione della neutralità di tanti Stati, dalla Norvegia alla Grecia, durante l'ultimo conflitto, conferma l'attendibilità dell'asserto. III) Esclusa la possibilità di una neutralità disarmata , non resta che la neutralità armata. In questo momento è pura utopia credere che con le sole nostre forze si possano difendere i nostri confini, almeno in attesa di aiuti dall'estero . Questi aiuti dovremmo averli prima del conflitto, così da poterci di/endere da noi, anche per un principio di dignità nazionale, perché uno Stato incapace di difendersi non potrà mai tutelare il suo diritto nel campo internazionale. E ciò senza la considerazione che un aiuto a ostilità inizi ate conterrebbe tutte le ragioni per giustificare da parte degli orientali una violazione della nostra neutralità e ci porterebbe volenti o nolenti in pieno conflitto. Le nostre possibilità finanziarie e industriali , non solo non ci consentono di aumentare il nostro potenziale bellico, ma ci permettono appena di mantenere a stento in piedi l'esercito e la marina, mentre l'aviazione pur tanto importante va· rapidamente esaurendosi e scomparendo. Ne consegue che i mezzi per una neutralità armata devono esserci forniti dall'estero. Noi oggi abbiamo, oltre alle forze sotto le armi, un certo numero di classi in congedo istruite in questi ultimi anni e composte di clementi giovani, sani, sui quali si può fare un notevole assegnamento. Abbiamo aJtresì in servizio o in congedo gli ufficiali e i sottufficiali necessari per inquadrare queste forze. Al contrario manchiamo di tutto nel campo dell'armamento e dell'equipaggiamento. Gli aiuti che finora abbiamo avuto furono minimi per entità, eterogenei per natura e sporadici per arrivo. Utili per il problema interno, irrisori ai fini di una guerra sia pure difensiva. Per una buona efficienza militare dovremmo ricevere per l'ese rcito, dotazioni complete per intere divisioni da accantonare nei nostri magazzini di mobilitazione che ci consentano di creare rapidamente con le forze in congedo le divisioni necessarie per darci una possibilità di resistenza che si avrebbe se potessimo passare , in caso di mobilitazione, dalle 5 divisioni attuali a 15-20 divisioni. Per l'aviazione siamo nelle stesse condizioni: abbiamo il personale, ci manca il materiale. Perciò come minimo ci sarebbe indispensabile avere apparecchi moderni con i quali mantenere addestrati i


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nostri aviatori, così che ricevendo in tempo gli apparecchi nella quantità necessaria possano entrare in azione_ Forse non è impossibile trovare questi contributi considerando che in caso di una conflagrazione generale, si può fondatamente ritenere che il blocco occidentale intenda mantenere dal mare del Nord ali' Egeo un contegno difensivo, mentre si svolgerebbe soprattutto per via aerea e mercé la bomba atomica, un'azione offensiva per le ali, per arrivare direttamente nella parte centrale e vitale dell 'organismo avversario, così da distruggere le sorgenti della sua azione periferica_ Un tratto importantissimo di questo settore difensivo è costituito dall'Italia, perciò La difesa dell'Italia rappresenta un interesse diretto delle nazioni occidentali e soprattutto dell'America e dell'Inghilterra. Se non provvediamo noi a questa difesa vi dovrebbero provvedere loro; molto meglio per loro farlo con semplice invio di materiali piuttosto che con quello di intere grandi unità_ Si può credere che di ciò siano convinti anche gli ttmerirnni; al contrario le altre nazioni europee del blocco occidentale ci sono ostili e ci vorrebbero esclusi oltre che per diffidenza verso la nostra politica , per la povertà delle nostre forze, che farebbe di 1'1;0i più un peso che un aiuto. Non sta a me dire come si possa agire per avere gli aiuti e per smantellare le ostilità al fine di realizzare le condizioni base per una neutralità armata alla quale appigliarci se non si ritenesse utile e possibile altra soluzione . In base alle considerazioni sopra esposte, credo di pote r arrivare a queste conclusioni: a ) una neutralità disarmata è un assurdo; b) una ne utralità armata che dia sufficiente garanzia è possibile , a patto che ci vengano forniti i mezzi materiali necessari da parte di chi è interessato alla nostra resiste nza in caso d' aggressione , cioè del blocco occidentale; e) ove questa soluzione non fosse possibile non ci resterebbe che o passa re a far parte integrante de l blocco occidentale o mette re l'avvenire d'Italia nelle mani del caso e della fortuna.

IL CAPO DI S.M. DELLA DIFESA F/to C. Trezzani / Fonte: Archivio Storico del Mini1;tero degli AJTari Esteri - Fondo Ambasciata di L ondra /861 -/950, b. 1360, f 1/


DOCUMENTO 19

MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI D.G.A.P. - Uff. I Pos. Italia 16/2

Roma , 4 agosto 1948

A S.E. il MINISTRO DELLA DIFESA A S.E. il CAPO DI S.M. GENERALE

ROMA ROMA

OGGETTO: Esigenze della Difesa Italiana.

Per opportuna conoscenza delle LL.EE. si ha il pregio di informare che il Colonnello Stillwell di ritorno da Washington si è espresso come segue ad un Funzionario di questo Ministero: 1) le richieste della Difesa Italiana in materia di (<surplus» e cioè direttamente al « War Assets Administration » potranno essere varate ed in particolare la richiesta di un credito di 5 milioni di dollari , ha avuto favorevole accoglimento. Tuttavia è bene tener presente che ciò che gli Stati Uniti possono dare immediatamente in tale campo è legato alle disponibilità e quindi sarà utile che la Difesa Italiana esamini gli elenchi di materiale esistente e poi ne faccia specifica richiesta. 2) Ciò che la « War Assets Administration » può dare all 'Italia in questo momento costituisce il 10 per cento di ciò che dovrà essere il materiale necessario a venire incontro alle esigenze della Difesa Italiana, quali illustrate dalJo Stato Maggiore di Roma, e condivise dagli ambienti militari americani. Per provvedere tuttavia a quanto sopra è necessario che il Congresso Americano proceda all'attuazione pratica della Risoluzione Vandenberg e ciò non potrà avvenire - a meno che non intervengano nuove circostanze inte rnazionali - prima dell'insediamento del nuovo Presidente. 3) La strategia americana si è prefissa il consolidamento politico e quindi militare dell'Europa Occidentale complementare alle forze armate americane. In particolare, J'Italia dovrebbe avere il prima possibile fra 10 o 12 divisioni , le quali avrebbero il compito


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di difendere i confini, garantire la sicurezza dei porti e degli aeroporti che verrebbero immediatamente utilizzati dalle forze armate americane. I compiti dell'Aeronautica dovrebbero essere secondari rispetto al compito dell'Esercito, e rimanere nel campo della ricognizione e della complementarietà delle forze di terra. La Marina Italiana , infine, dovrebbe poter dominare l'Adriatico. È essenziale tuttavia nell'ordine delle precedenze procedere innanzi tutto alla preparazione efficiente delle forze di terra. 4) A Washington non si ritiene che la Russia intenda fare la guerra: tuttavia si sa che i quattordici membri del « Polit Bureau » pensano che gli Stati Uniti vogliano evitare il conflitto a tutti i costi_ Ciò giustifica innanzi tutto la decisa volontà di fermezza per ciò che riguarda Berlino. Inoltre negli ambienti della capitale americana, non si sa ancora se la rivolta di Tito - che costituisce senz'altro un ·impedimento strategico per la Russia - implichi d'altra parte la necessità di una reazione di prestigio da parte di Mosca. Anche ciò induce Washington alla fermezza. 5) Ove un conflitto dovesse scoppiare ancora prima che gli Stati Uniti abbiano potuto portare a buon punto i loro programmi di grande strategia , evidenteme nte a seconda ~elio stato avanzato o meno di tali programmi, i Russi avrebbero un successo proporzionale iniziale. Pertanto, per ciò che riguarda l'Italia , è da immaginare che ove i Russi pensassero di attaccare attraverso la Jugoslavia sulle Alpi Giulie , essi intenderebbero puntare alle Alpi Occidentali attraverso la pianura del Po. Gli Stati Uniti, posta la collaborazione attiva dell'Esercito italiano, evidentemente prevederebbero la difesa sul Po - dopo una prima resistenza sul Piave - e poi sugli Appennini. A Washington , in ogni caso, ci si rende perfettamente conto che ove la Penisola Italiana cadesse in mano della Russia, le comunicazioni del Mediterraneo ed il possesso dell'Africa Settentrionale sarebbero poste in mortale pericolo da parte delle forze aeree sovietiche basate sulla Penisola Italiana_ [Fonte: Archivio Storico del Ministero degli Affari Esteri, Aff. Poi. Italia 1948, b. 150, f. I}


DOCUMENTO 20

STATO MAGGIORE DELLA DIFESA Roma, 28 settembre 1948

APPUNTO CIRCA LE QUESTIONI PROSPETTATE AL SEGRETARIO GENERALE DEL MINISTRO DEGLI AFFARI ESTERI DAL CAPO UFFICIO DEL CAPO DELLO STATO MAGGIORE DIFESA OGGETTO: Potenziamento FF.AA.

1) Con lettera 201 R.P. - in data 30 luglio u .s. - lo Stato Maggiore della Difesa rappresentò al Ministero degli Affari Esteri, e per conoscenza al Ministero ùdla Difesa, il proprio punto di vista in merito alla «situazione militare in rapporto a quella internazionale». In tale lettera lo S.M.D. affermava che i mezzi necessari per assicurare una nostra « neutralità armata» dovrebbero esserci forniti dall 'estero nella seguente misura: - per l'Esercito , per costituire 15/20 divisioni; - per l'Aeronautica, pe r mantenere addestrato il personale sì da potere poi impiegare quelli che ci dovre bbero essere tempestivamente ceduti al momento del bi sogno . II) Successivamente, con lettera 243 R.P. del 6 settembre u .s., lo S.M.D. prendendo lo spunto dalle direttive che il Ministero degli Esteri dava agli Ambasciatori di Londra - Washington - Parigi e Mosca, insisteva presso il Ministero della Difesa ribadendo che con i soli nost ri mezzi finanziari non riusciremo m ai ad organizzare forze sufficienti per la difesa del Paese , e che pertanto occorreva: a) usufruire al più presto ed in modo completo dei crediti per acquisto surplus per le FF.AA. ammontanti attualmente a 19 milioni di dollari; b) realizzare con il Piano Marshall (E.R.P.) il massimo potenziamento delle FF.AA. compatibilmente alle necessità del Paese per ciò che concerne rifornimenti viveri e materie prime ;


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c) addivenire ad una convenzione con gli U .S.A. del tipo di quelJa « affitti e prestiti» o di quelJa attualmente in atto con Grecia e Turchia. Ciò premesso, lo S.M-D.: - si riservava di avanzare proposte concrete per quanto in a) cd in b); - segnalava che quanto in c) esulava dalla sua competenza perché questione di carattere strettamente politico. A scioglimento della riserva di cui sopra, lo S.M.D. trasmetteva al Ministro della Difesa: - con foglio 245 R.P. , in data 9 settembre, le richieste di materiale bellico da ottenere , possibilmente, con il Piano Marshall e tali da consentire un primo potenziamento delle nostre FF.AA. pur rimanendo nei limiti delle clausole del Trattato di Pace; - con foglio 258 R.P. in data 17 settembre, un urgente programma di acquisti che, per quanto elastico, potrebbe servire di guida per i delegati militari da inviare negli U .S.A. per procurare il materiale surplus corrispondente alla citata apertura di credito dei 19 milioni di dollari. TII) Ora il Ministro della Difesa, con la l~ttera 1222 del 23 settembre , indirizzata al Ministro degli Affari Esteri (e riferendosi al punto di vista espresso dallo S.M.D. allo stesso Ministro degli Esteri con il foglio 201 R.P. di cui al par. T del presente promemoria) trasmette le richieste di materiali contenute nel sopracitato foglio 245 R.P. e che, come già detto, riguardano solo le forniture da attuarsi nel quadro del Piano Marshall. Si rappresenta che: - dette richieste, anche se accettate, non sarebbero sufficienti, fra l'altro, per costituire le 15-20 divisioni dell'Esercito e relative scorte ; è molto difficile che le richieste stesse, già di per sé stesse insufficienti, possano essere integralmente accolte nel quadro del Piano Marshall che ha scopi di carattere economico-finanziario che esulano dal potenziamento delle FF.AA. (da notare, infatti , che il costo del materiale richiesto per le tre FF.AA. graverebbe in modo eccessivo sui fondi complessivamente messi a disposizione del Piano in questione e che nella commissione per la utilizzazione dei fondi stessi, non vi è alcun rappresentante del Ministero della Difesa). TV) In conclusione, pur cercando di usufruire del Piano Marshall per consentire un primo potenziamento delle nostre FF.AA. , vi sarebbe la possibilità di ottenere il materiale complessivamente


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necessario alla nostra difesa, con una legge del tipo di quella « affitti e prestiti ». D etto materiale , una volta avvenuto l'accordo politico, dovrebbe essere concretato direttamente dallo S.M.D. con le Autorità militari americane in relazione al nostro piano di difesa . È purtroppo da ritenere che , anzi , sarà necessario fornire a tali autorità ampie sp iegazioni sull'uso del materiale bellico ch e ci verrehhe fornito in sì ingente mole. {Fonte: Archivio Ufficio Storico dello Stato Maggiore Esercito l/4, racc. 59, cari. 9/



DOCUMENTO 21

MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI D.G.A.P. - Segreteria

La visita del Generale Marras negli Stati Uniti si inserisce in un momento particolarmente complesso e delicato per la posizione internazionale italiana. Mentre da un punto di vista giuridico siamo ancora vincolati dalle clausole politiche e militari del Trattato di Pace che fanno dell'Italia un soggetto minorato di politica estera, da un punto di vista ideale l'Italia si trova invece già allineata nello schieramento occidentale; come marca di frontiera per la sua situazione geografica , come terza nazione dell'occidente , dopo l' Inghilterra e la Francia , per il suo peso politico, demografico ed economico. La posizione effettiva ed attuale dell'Italia sta a mezza strada tra questi due punti di riferimento estremi; il Trattato sussiste ancora, ma il suo carattere inibitorio si è già abbastanza attenuato di fatto p erché il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito Italiano possa essere ufficialmente in vitato dal suo collega americano; d'altra parte la situazione dell'Italia come elemento indispensabile dello schieramento occidentale è largamente riconosciuta, ma in alcuni Paesi è ammessa soltanto a malincuore e con più o meno larvate manovre dilatorie. E di fatto non siamo stati ancora invitati a far parte del Patto di Bruxelles; non sappiamo ancora con sicurezza se saremo invitati ad accedere al Patto Atlantico. A questa situazione internazionale corrisponde tuttora una situazione politica interna italiana altrettanto complessa e fluida, sebbene in rapida via di cristallizzazione. Il Governo ha iniziato l'azione necessaria per orientare l'opinione pubblica ; non solo sui pericoli dell'isolamento , ma anche sulla necessità di accettare risolutamente tutte le conseguenze della posizione geografica , dell'indirizzo politico ed ideologico e degli impegni economici dell'Italia. Questa chiarificazione interna è però ancora lungi dall'essere terminata (basti ricordare l'imminente dibattito di politica estera alla Camera) e dovrà essere proseguita con vigore di fronte all'ostilità irriducibile dei comunisti, all'ostruzionismo e agli argomenti capziosi dei gruppi cripto-comunisti. Per il momento occorre evitare l'impressione che il Governo italiano solleciti pubblicamente l'ammissione in questa o quella alleanza militare ( ciò che del resto sarebbe sconsigliabile


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anche dal punto di vista di politica estera). Ed occorre anche evitare che l'adesione abbia luogo prima che sia assicurata la garanzia americana. Non possiamo neppure , perché ciò sarebbe contrario alla prassi democratica del Governo italiano, assumere esplicitamente quegli impegni formali e segreti che ripetutamente ci sono stati sollecitati sebbene non in forma ufficiale né in colloqui al più alto livello. È però nostro supremo interesse accertare quali siano i reali intendimenti degli Stati Uniti nei nostri riguardi. E poiché il problema della posizione internazionale italiana è largamente un problema militare , i colloqui del Generale con Io Stato Maggiore america no potranno essere molto istruttivi. È chiaro infatti che se la visita avesse luogo dopo il nostro ingresso nell'Unione Occidentale o in quella Atlantica il suo carattere e contenuto sarebbero esclusivamente militari ; nel momento attuale, e nelle complesse circostanze accennate più sopra, la visita non può fare a meno di avere anche aspelli e riflessi politici. Si riassumono brevemente qui appresso i più salienti : 1) È possibile che al Generale vengano richieste assicurazioni esplicite circa l'indirizzo politico dell' Italia , o , quanto meno , venga fatto presente che tali assicurazioni gioverebbero grandeme nte al successo della sua missione (accenni in questo senso sono già stati fatti prima della sua partenza). Potrà rispondere che non è autorizzato a prendere impegni formali e segreti per i motivi costituzionali accennati sopra. Salvo questa riserva, po trà e dovrà dichiarare nel modo più categorico che il Governo italiano ripudia qualsiasi illusione di equidistanza ed è deciso ad entrare a far parte della o rganizzazione difensiva europea non appena sia assicurata la partecipazione americana sollo la duplice forma della garanzia politica e della effettiva assistenza militare. A questo proposito cercherà di capire quali siano le idee dei militari circa il Patto Atlantico; se la partecipazione italiana sia prevista sin dal primo momento , o soltanto in un secondo tempo , se in coincidenza con altre nazioni europee e quali , se le forniture militari debbano avere inizio subito, o per quali epoche siano previste, se vi sia trattame nto preferenziale, o meno, fra gli Stati dell'Unione Occidentale, in confronto di quelli che facessero parte soltanto dell'Unione Atlantica - e così via. Qualora i suoi colleghi americani manifestassero l'opinione che per l'Italia sarebbe preferibile entrare prima nel Patto di Bruxelles, partecipando poi automaticamente a quello Atlantico, come componente del primo , il Generale dovrà far capire che il Governo italiano non


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intende assumere, in linea di massima, alcun atteggiamento negativo nei confronti dell'Unione Occidentale. 2) Se richiesto di informazioni circa lo sta to dell 'opinione pubblica il Generale non dovrà nascondere che effettivamente, esistono ancora, al di fuori dei comunisti , delle forti correnti contrarie a qualsiasi alleanza militare che comporti automaticamente l'obbligo di entrare in guerra. Per quanto riguarda i comunisti , la cui opposizione è na turalmente irriducibile , il Governo è fermamente deciso a prendere te mpestivamente tutte le misure necessarie per impedire che essi possano minare il morale delle Forze Armate o paralizzare comunque la sua azione nel momento decisivo. Per le correnti non comuniste , composte per la maggior parte di gente che si lascia andare all 'illusione di poter mantenere l'Italia neu trale , il Generale dovrà lasciare chiaramente intendere che il loro peso è notevole sebbene di proporzioni grandemente variabili, e che l'azione che il Governo sta svolgendo per illuminare l'opi nio ne pubbl ica avrebbe un successo più rapido e più decisivo se non fosse ostacolata dall'incomprensione che taluni governi dimostrano per i problemi italiani fondamentali: principalmente colonie ed emigrazione. 11 Generale esprima con fermezza, ma come sua opinione personale, che una soluzione del problema delle colonie troppo distante dai postulati minimi italiani, potrebbe produrre una pericolosa oscillazione del sentimento pubblico, facilitando il gioco dei comunisti e irrigidendo la maggioranza del popolo italiano contro ogni idea di alleanza. 3) Per quanto riguarda la parte più propriamente militare delle conversazioni (ed è inutile dire che anche le premesse politiche dovranno essere abbordate e discusse sotto il profilo militare) interessa, al disopra dei dettagli tecnici, conoscere i concetti generali ai quali si va indirizzando lo Stato Maggiore Ame ricano. E cioè: se ia difesa dell'E uropa occidentale sarà studiata subito sulla linea del Reno, oppure se in un primo tempo si pensi a ncora ad una difesa periferica dalle Isole Britanniche, dai Pirenei e dalla Sicilia, o magari fuo ri dell'Europa; se l'eventuale avanzarsi della linea di difesa da posizioni arretrate sino a quelle del Reno sia previsto in fun zione del riarmo americano e delle forniture americane ai paesi europei, e con quale ritmo; ed infine se siano confermati, o m eno, i concetti già esposti al Generale Marras dal Generale Clay di un agganciamento della difesa della Baviera, dell'Austria Occidentale e di Trieste con la difesa del Piave, e se sia prevista anche, com e seconda linea, una difesa italiana arretrata sulla linea gotica. 4) Il Generale Marras, ed è questo il compito specifico della


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sua missione , cercherà di stabilire rapporti personali quanto più possibile cordiali , franchi , e spogli di qualsiasi riserva mentale con i suoi colleghi americani. Qualora ciò fosse tecnicamente possibile, cercherà di ottenere aiuti militari immediati soprattutto nel campo del materiale di addestramento, ove la cosa si presenta forse più facile, anche prima e al di fuori dell'eventuale accessione dell'Italia al Patto Atlantico, precisando che con questa richiesta che rappresenta già una chiara prova del deciso orientamento della nostra politica estera, intendiamo soprattutto evitare di perder tempo , con danno nostro, dell'Europa e dell'America. 5) Per quanto riguarda il problema della difesa mediterranea, che va considerato in termini unitari , è stato suggerito a Parigi che il Generale Marras si m etta in contatto con il Ministro Consigliere dell'Ambasciata di Francia, Signor Berard, con il quale potrà essere concordato, in base a quanto egli riferirà al Generale, un linguaggio comune da tenersi agli americani . In linea generale dovrebbe essere sviluppato il concetto che gli interessi mediterranei dell'Italia e della Francia sono alla base della difesa di questo mare appunto perché poggiano ugualmente sui territori europei e su quelli africani la cui organizzazione difensiva deve essere strettarp.ente coordinata; e il generale potrà far rilevare a questo proposito che la Francia, essendosi resa conto per prima di questo fattore di interesse comune , appoggia, a differenza dell'Inghilterra la restituzione delle colonie alt' Italia. A questo proposito egli potrà anche citare le conversazioni militari che abbiamo concordato di tenere co n la Francia .

(Appunto non datato del Ministero Affari Esteri sulla visita del Capo di S .M. àell'Esercilo - generale Efisio Marras - negli Stati Uniti) .

{Fonte: Archivio Storico del Ministero degli Affari Esteri, Fondo Affari Politici, flalia 1948, b. 150, f. JJ


DOCUMENTO 22

STATO MAGGIORE ESERCITO DEGLI STATI UNITI UFFICIO PIANI E OPERAZIONI P. & 0 ./Strategic Plan Br 71684 Lt. Colonel Ekman/1 vm

21 dicembre 1948

MEMORANDUM PER IL CAPO DI STATO MAGGIORE, US ARMY

1) Qui di seguito , per sua informazione, è annessa una copia(*) delle relazioni presentate al Generale Marras, Capo di Stato Maggiore dell'Esercito Italiano il 20 Dicembre 1948, in risposta a domande da lui rivolte al Direttore della Divisione Piani e Operazioni dur.:inte le discussioni preliminari svoltesi il 6 dicembre 1948 . I rappresentanti dell'Esercito, della Marina, cieli' Aeronautica esposero le relazioni sotto la supervisione del Direttore della Divisione Piani e Operazioni , Stato Maggiore dell'US A rmy, relazioni che erano state preventivamente approvate dal Dipartimento di Stato, dal Direttore de ll'lntelligence e dal suo ufficio. 2) Quanto segue riassume brevemente gli argomenti più importanti contenuti nelle relazioni. a) Una valutazione delle intenzioni e delle capacità degli Stati balcanici , con particolare riferimento alla Yugoslavia. b) Mentre gli USA non sono un membro di nessun patto regionale per la difesa dell'Europa, gli USA considerano l'Italia un membro desiderabile e naturale di ogni organizzazione difensiva occidentale, quale il Patto di Bruxelles, e accoglierebbero volentieri la partecipazione italiana ad un'organizzazione del genere. Tale partecipazione può essere decisa soltanto dall'Italia e dai membri di una tale alleanza e dipende certamente dalla dichiarazione formale da parte dell'Italia della sua posizione internazionale rispetto all'URSS e alle nazioni dell'Europa occidentale. Non c'è nessuna relazione diretta tra un patto del genere e eventuali piani per l'assistenza americana al riarmo dell'Europa occidentale, ma questo programma sarà certamente basato in larga misura su simili patti regionali e deve richiedere l'iniziativa del Congresso. Al generale (* ) N on riprodotta.


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Marras è stato detto che si spera che un Patto del Nord Atlantico possa divenire effettivo a primavera avanzata e che il Congresso approvi la legislazione per l'assistenza militare alle nazioni partecipanti. Gli USA possono prendere in considerazione aiuti di emergenza per l'Italia qualora ve ne sia bisogno per la sicurezza interna italiana. e) Sulla questione di fornire assistenza alle industrie belliche italiane tramite l'ERP , il generale Marras è stato informato che quei fondi servono solo al restauro dell'economia generale di una nazione , ma che certe industrie aiutate dall'ERP, per la loro stessa natura, sono prontamente convertibili alla produzione di materiali militari. Qualunque programma per il miglioramento di industrie di questo tipo dovrebbe essere presentato all' OECE e sarebbe soggetto a limitazioni in dollari e di altro genere da parte dell'OECE e dell'ECA. d) Al gen. Marras è stala data una valutazione del corrispettivo di divisioni americane che sarebbero necessaiie per la difesa dell'Europa in generale (75-80) e dell'Italia (10) ; e gli è stato detto che il principale contributo dell 'Italia alla difesa deU'Europa occidentale sarebbe la difesa dei suoi propri con~ini e il mantenimento deJla sua propria sicurezza interna; che ogni discussione su possibili impegni di forze per la difesa dell'Italia deve aspettare una dichiarazione formale deJle intenzioni italiane ; e che se anche l'Italia divenisse membro di un patto difensivo, l'assistenza militare dell'Italia dipenderebbe dalle esigenze generali per la dislocazione mondiale del le forze e daJla strategia complessiva delle nazioni facenti parte di ogni sistema regionale del genere. Al gen. Marras è stato detto che la sua concezione della difesa dell'Europa occidentale è corretta e che si appoggia suìie barriere naturali più forti, ma che fin quando l'Italia non sia inclusa in un patto difensivo generale, i piani d evono necessariamente ipotizzare una linea più a occidente; e che ogni piano per la difesa dell 'Europa occide ntale e la sconfitta dell'Unione Sovietica deve riconoscere l'importanza del Mediterraneo e dovrebbe anche essere basato sulla concezione di mantenere un punto d'appoggio in Europa occidentale , da cui poter lanciare le successive operazioni offensive contro il comune nemico. A causa dell'importanza del Mediterraneo, le ex-colonie italiane sul litorale nord-africano potrebbero fornire le necessarie basi aeree e navali , le a ree di ammassamento e potrebbero essere una possibile fonte di recluta mento. Nel caso che l'Italia divenga un membro del patto di difesa dell 'Europa occidentale, la sua partecipazione allo Stato Mag-


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giare coordinato sarehhe prohahilmente su una base simile in genere a quella delle altre nazioni partecipanti; comunque, poiché gli Stati Uniti non sono un membro di tale patto, ogni dichiarazione da parte degli Stati Uniti su quest'argomento sarebbe solo una ipotesi . Il gen. Marras è stato informato che , mentre i piani per l'uso delle basi e degli aeroporti in Italia devono attendere le decisioni sulle più ampie questioni del ruolo difensivo dell'Italia nei piani militari delle nazioni occidentali, i pianificatori americani stanno considerando la relativa importanza delle attrezzature a Livorno , Genova, Napoli e Foggia. Richieste per basi navali dipenderehhero dalle forze bisognose di appoggio navale e dal grado di partecipazione italiana. Palermo e Napoli sembrerebbero basi navali logiche , Genova e Pisa potrebbero essere prese in considerazione a seconda delle situazioni tattiche in Europa. Attrezzature aereo-navali sarebbero necessarie nella vicinanza di ogni porto usato. e) Qualunque piano per la difesa aerea dell'Italia dovrebbe esser fatto sul posto e dopo uno studio completo. Semhrerehhe comunque che il suo sistema di difesa aerea dovesse essere rivolto verso il Nord e il Nord-Est. /J Il gen. Marras è stato informato che non c'è alcuna obiezione alla partecipazione di ufficiali italiani ai corsi di istruzione nelle scuole dcll' U.S. Army ; che ogni quota assegnata all'Italia dipenderebbe dall'assegnazione complessiva di studenti stranieri per tali corsi; che l'Italia sarebbe presa in considerazione nelle assegnazioni per i corsi del 1949 e sarebbe avvertita , attraverso i canali diplomatici, al momento opportuno. Le spese e i costi eventuali dovrebbero essere sostenuti dal Governo Italiano. g) Un numero limitato di tesls dei corsi per le Scuole dell'Esercito e di tesis di reparto potrebbero essere messi a disposizione dell 'Italia per essere usati come guide nell'introdurre simili tests di qualificazione nell'Esercito Italiano. h) Al gen. Marras è stata fornita una traccia dell'organizzazione delle Divisioni corazzate e di fanteria degli Stati Uniti, insieme a suggerimenti su come potrebbe organizzare l'Esercito italiano nell'ambito delle limitazioni del trattato, per adattarsi nel modo migliore alle capacità e ai compiti di quell'Esercito. 3) A conclusione delJe relazioni il gen. Marras ha espresso il suo apprezzamento per la sincerità e la franchezza delle risposte alle sue domande, e la sua speranza che gli sviluppi politici futuri avrebbero eliminato tutte le restrizioni attuali nelle relazioni attuali tra gli Stati Uniti e l'Italia. Personalmente egli ritiene che la posizione del-


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l'Italia sia definitivamente diretta verso l'Occidente, anche se un annuncio formale di ciò non è ancora stato dato. Egli è stato estremamente riconoscente per l'opportunità di aver visitato le nostre istallazioni ed è rimasto impressionato dall'addestramento dato alle trnppe americane e dall'alto morale notato nei reparti che ha visitato. Egli ritiene che contatti nel futuro avvicinino ulteriormente le nostre nazioni. 4) Copia di questo memorandum e le relazioni saranno distribuite alle agenzie interessate nel NME e al Dipartimento di Stato. Ray T. MADDOCKS Maggior Generale GSC Direttore di Piani e Operazioni

f Fonte: US National Archives and Records Administration, Washington D. C. Record Group 319, Records of the Army Staff, P and O 091 Jtaly TS (Section 1/J) (case 15 -only) (Book / ) (Sub nos 170)1.


DOCUMENTO 23

MINISTERO DELLA DIFESA STATO MAGGIORE ESERCITO Prot. n. 844/R.P./C.S.M.

Roma, 28 dicembre 1948

MEMORANDUM PER IL SIG. MINISTRO DEGLI AFFARI ESTERI

Sintesi delle comunicazioni fatte dallo S.M. Americano nella riunione conclusiva

1) All'atto dell'entrata in vigore del Trattato di pace Marshall ha dichiarato l'interesse degli Stati Uniti al mantenimento della sicurezza in Italia. Essenziale è adunque che l'Italia mantenga la propria sicurezza interna. L'esistenza di formazioni militari comuniste e i notevoli quantitativi di armi in loro possesso non si conciliano con siffatta sicurezza. 2) Truman, in un colloquio con l'Ambasciatore Tarchiani, ebbe a considerare l'Italia come membro naturale di un raggruppamento delle Potenze europee occidentali. Gli Stati Uniti vedrebbero dunque volentieri l'Italia nel Patto di Bruxelles e, successivamente, nella unione Atlantica. È previsto che tale unione possa cominciare a funzionare nella primavera prossima (l ). 3) Gli aiuti militari all'Italia da parte degli Stati Uniti si inquadrano negli aiuti militari agli Stati aderenti al Patto Atlantico sui quali ancora deve pronunciarsi il Congresso. L'Italia potrebbe cioè ricevere aiuti per il suo riarmo subordinatamente alla sua adesione al Patto di Bruxelles e alla sua successiva inclusione nel Patto Atlantico. (1) Nei riguardi dell' Unione Atlantica e della organizzazione dell'Europa occidentale I'Amm. Hillenkoelter prevedeva decisioni importanti nelle prossime settimane.


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4) In rapporto all'interesse degli Stati Uniti al mantenimento della sicurezza interna, qualora fosse avvertita una situazione di pericolo, potrebbero essere concessi aiuti militari con carattere di urgenza. 5) Attualmente, quale linea di difesa dell'Europa occidentale viene considerata quella svolgentesi lungo il Reno, le Alpi Occidentali. Se l'Italia manifesterà il proposito di partecipazione all'unione dell'Europa occidentale è intendimento americano aderire alla linea proposta dal Generale Marras: linea inglobante tutto il territorio italiano . 6) L'industria italiana dovrà essere utilizzata al massimo per il fabbisogno delle FF.AA . Italiane. Pur essendo i fondi ERP destinati alla ricostruzione economica industriale, parte di essi può essere proficuamente devoluta al potenziamento delle industrie attinenti alla guerra; specie siderurgiche e automobilistiche. 7) Ufficiali italiani potranno partecipare a scuole di addestramento americane a cominciare dal settembre 1949. Tanto il Generale Bradley quanto il Generale Wedemeyer in colloqui particolari hanno tenuto a mettere in rilievo che la forma schie tta de lle risposte fu determinata dal desiderio di un'assoluta fra nchezza anche nei rapporti militari. · Sulla situazione generale mi hanno espresso il loro apprezzamento sia il Generale Wedemeyer che I' Amm. Hillenkoelter. Il Generale Wedemeyer ha sottolineato che in Italia esiste circa il 30% di comunisti i quali rappresentano indubbiamente un pericolo. Ha aggiunto che a suo avviso il comunismo deve essere contrastato nel campo politico, economico e anche culturale e psicologico. Nei riguardi generali si è dimostrato alquanto pessimista, considerando con preoccupazione i prossimi 18 mesi. L'Ammiraglio Hillenkoelter, Capo del servizio informazioni, si è dimostrato invece più ottimista, accennando anche a difficoltà interne della Russia nell' Ucraina e in genere in tutta la regione Euro-asiatica meridionale, oltre che alle resistenze che si manifestano in Polonia e all'atteggiamento di Tito. Me tto in rilievo la grande importanza, attribuita alla situazione interna dell'Italia, ripetutamente sottolineata, anche dal G enerale Wedemeyer. In un colloquio particolare egli mi ha aggiunto che la fiducia degli Stati Uniti va particolarmente a determinate persone. Ho infine rilevato che mentre inizialmente l'orientamento generale sembrava per una ammissione diretta dell'Italia al Patto Atlantico, nella riunione finale è prevalso un orientamento alquanto diverso.


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ALLEGATI

Tale mutamento potrebbe essere attribuito ad un'azione svolta dal 'Inghilterra nel 'intervallo.

È mia impressione che il Governo degli Stati Uniti e la stessa opinione pubblica americana siano in attesa, da parte dell'Italia, di decisione a breve scadenza la cui mancan7ta avrebbe certamente una ripercussione sfavorevole. TL CAPO DI S.M. DELL'ESERCITO

MARRAS [Fonte: Archivio Storico del Ministero degli Affari Esteri, Fondo Ambasciata di Parigi 1949, b. 444, f. J]



NOTA BIBLIOGRAFICA

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RINGRAZIAMENTI Al momento di congedarmi dal frutto di alcuni anni di ricerche, vorrei ringraziare tutti coloro che in quest'arco di tempo mi hanno seguito , incoraggiato e consigliato. AJ Professor Ennio Di Nolfo va la mia più sincera gratitudine per avermi indirizzato verso questo campo di studi , per avermi fornito preziosi suggerimenti durante le mie ricerche , e per essere stato un costante punto di riferimento , umano ancor prima che professionale , nel corso di quasi un decennio. Il professor Pietro Pastorelli ha letto gran parte di questo volume in una delle sue varie stesure e mi ha sempre aiutato con il contrihuto della sua esperiepza; il Prof. Antonello F.M. Bi agini mi ha introdotto alla conoscenza dell'archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore e non mi ha mai fatto mancare la sua amicizia e cordiale collaborazione; il Prof. Michael J. Sodaro della Georgc Washington University ha avuto la malasorte di incappare in una prima , alquanto acerba, formulazione di questo lavoro e lo ha letto aiutandomi a chiarire meglio , in primo luogo a me stesso , alcuni punti piuttosto oscuri. A loro tutti va il mio ringraziamento più sentito e sincero. Vorrei poi ringraziare il Capo dell'Ufficio Storico Generale Pierluigi Bertinaria per la fiducia concessami nell'arco di questi anni e per la disponibilità mostrata nel consentirmi l'accesso alla documentazione conservata presso l'archivio dell' Ufficio Storico. Infine vorrei ricordare coloro che, in un modo o nell'altro, hanno contribuito a facilitare il mio lavoro: il Dr. James E. Miller, immancabile e preziosa fonte di informazioni per ogni italiano che si avventuri nei National Archives; i professori Roderic H. Davison, Marcus Cunliffe, Harvey Feigenbaum e Howard Sachar della George Washington University che con la loro cordialità mi hanno reso più piacevole un lungo soggiorno washingtoniano; il Prof. Gianluca Andrè per la pazienza con cui ha seguito un alquanto irre. quieto dottore di ricerca, e i Dr. Antonio Varsori e Ilaria Poggiolini per essere stati sempre pronti a scambiare esperienze, idee e opinioni. Un ultimo ringraziamento rivolgo ai miei genitori, e in particolare a mio padre , continua fonte di incoraggiamento e instancabile lettore e revisore di bozze. L.N.



INDICI



INDICE DEI NOMI DI PERSONA*

A

Acheson, Dean G., 87 n. 10, 91 n. 25, 92 n. 28, 206 e n. 4, 207, 214 n. 19, 221 n. 31,229 n. 45, 230 n.

Arena, Nino, 17 n. 19, 407. Attlee, Clement R., 111. Azzi, Arnaldo, 137 n. 7.

46, 407.

Adstans (Paolo Canali), 407. Aga Rossi, Elena 12 n. 3, 21 n. 30, 23 n. 35, 31 n. 50, 123 n. 41, 407. Ago, Roberto, 135. Airey, Major Generai Sir Terence S., 33 n. 57, 35 n. 60. Ajmone Cat, generale Mario, 143, 144 n. 20, 162, 163, 164, 179, 180, e n. 29, 182, 317, 407. Alexander, George Martin, 417. Alexander, Field Marshal Sir Harold (The Earl Alexander of Tunis) 13, 24, 29, 30, 36, 38 e nn. 66, 68 , 39 n . 68, 40 e n. 73, 42, 0,44,~, ~ . ~ . fil,e n.~, ~ e n. 4, 302, 307 . Amoretti, Gian Nicola, 14 n. 11, 23 n . 36, 407. Anderson, Terry H., 28 n. 44, 121 n. 34 , 407 . André, Gianluca, 407. Arcidiacono, Bruno, 15 n. 14, 18 n. 23, 34 n. 59 , 407. Ardia, Danilo, 193 n. 61, 407.

B

Badoglio, maresciallo d'Italia Pietro, 11 , 13. Baistrocchi , generale Federico, 48 n. I. Barker, Elisabeth, 408. Bathurst, Colonel Charles R. , 124, 125, 128, 129. Baylis, John, 408. Becker, Josef, 170 n. 10, 418. Bencivenga, generale Roberto, 136 n. 5. Bérard, Armand, 396. Berardi , generale Paolo, 22 e n. 31. Bergé, Lieutenant Colonel George, 148. Bemardi, Giovanni, 17 n. 19, 87 n. 9, 90 n. 22, 97 n. 41, 101 n. 54, 146 n. 23, 147 n. 24 e 26, 148 n. 29, 149 n. 31, 150 n. 32-, 408. Bemstein, Barton ]. , 408. Bertinaria, generale Pierluigi , 14 n. 11, 408.

• Tutti i nomi in corsivo compaiono solo nella Nota Bibliografica.


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L'ESERCITO ITALIANO NEL SECONDO DOPO GUERRA 1945-1950

Bevin, Emest, 44, 111, 112, 147, 168 n. 5, 169 n. 7. Blumenson, Martin, 408. Bocca, Giorgio, 23 n. 33, 408. Bohlen, Charles H., 214 n. 19. Boldrini, Arrigo, 49 n. 14, 408. Bonesteel, Colone! Charles H. , 114 n. 8. Bonnet, Henri, 214 n. 19. Bonomi , lvanoe, 13, 18, 21. Botti, Ferruccio, 48 n. 1, 65 n. 33, 66 n. 40, 69 n. 45, 134 n. 2, 136 n. 6, 138 n . 8, 408. Bottiglieri, Bruno, 213 n. 18, 235 n . 55, 408. Boyle, Peter G., 240 n. 57, 408. Bradley, Generai of the Anny Omar N ., 182 e n. 32, 184, 185, 186 Il. 42, 187, 189, 191 11. 55, 197 e n. 68, 402. Breccia, Alfredo, 169 n. 8, 408. Brignoli, Marziano, 51 n . 6, 66 n_ 39, 69 n. 45, 408. Brodie, Air Marshal I.E. , 77 n. 65. Brosio, Manlio, 68, 149, 329, 408. Browning, Major Generai Langley, 20, 24 n. 39, 30 e n. 48, 31, 34, 36, 37 e n. 64, 38, 42 n. 78, 45 , 62, 63 , 65 , 70 e nn. 46-47 274 315, 329. ' ' Bruno, colonnello Attilio , 100 n. 50. Bul/, Hedley, 408. Bullock, Lord Alan, 111 n. 1, 112 e n. 4, 119 n. 29, 169 n. 7, 408. Byington, Homer Morrison Jr., 71 n. 49. Bymes, James P., 87, 90, 91 n. 26, 92 n. 30, 93 n. 31 , 106 n. 68, 146.

e Cadogan, Sir Alexander, 41 n. 76. Cadoma, generale Luigi, 325.

Cadoma, generale Raffaele, 23, 33 n . 34, 50, 51 e n. 6-7, 53 e TI. 13, 57, 60-, 61 e n. 23, 63, 66, 67, 68, 64 n. 31 , 66, 67, 68, 73 n . 57, 95 e n . 37, 96, 103 e n. 59, 104 e n. 62, 107 n. 69, 119, 317 , 328, 330, 408. Caffery, Jefferson, 106 n. 68. Calamandrei, Piero, 139 n. 10, 413. Calosso, Umberto, 136 n. 5. Caporali , Giovanni Ernesto, 136 n.

5. Carandini, Niccolò, 21, 98, 101 n. 54, 106 n. 68. Casati, conte Alessandro, 22 n. 31, 23 e n. 33-34, 37, 43. Castellano, generale Giuseppe , 11 n. 1, 408. Cerquetti, Enea, 49 n. 3, 138 nn. 89, 408. Cevolotto, Mario, 51 ,52. Charles, Sir :Noel, 115 n. 13, 116 nn. 18-19, 117 nn. 21-22, 118 n. 26. Chatrian , generale Luigi , 48, 63, 64 n. 30, 68 136 n. 5, 254. Cherrière, Général Paul, 219, 220. Churchill, Sir Winston S. , 11, 12 TI . 2, 17 n. 20, 31 e n. 50, 38, 39, 40, 87 n. 9. Cigliana, generale Carlo, 11 n. 1. Clay, Generai Lucius D ., 181, 182 e nn. 32-33 , 183, 185 e n . 39, 187, 190 e n. 52, 191 n. 55. Coles, Harry L., 20 n. 27, 408. Condit, Kenneth, 190 n. 51, 409. Conti, Flavio G. , 16 n. 16, 409. Conti, Giuseppe, 12 n. 5, 13 n. 8-10, 14 n. 12, 409. Corsini, Umberto, 40'). Cosenz, generale Enrico, 325. Cruccu, generale Rinaldo, 23 n. 33. Cunningham, Admiral Sir John H.D., 75, 97.


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INDICE D EI NOMI D I PERSONA

D D' Alessio, Gianfranco, 135 n. 4, 409. D 'Alessio , Ugo, 49 n. 4. D allck , Robert, 28 n. 44, 218 n. 25, 245. Dalton , Hugh , 11. D 'Attorrc, Pierpaolo , 213 n. 18. D awson Ward, Patricia, 84 n. 1, 87 n. 10, 409. De Castro, Diego, 409. De Courten, Ammiraglio Raffaele, 56, 75, 97, 101 n. 54, 107 n. 70, 317. D c Gasperi, Alcide, 68, 70 n. 47 , 93 e n . 31, 94 , 95 e n. 36, 96, 98 e n. 46, 99, 101 e n. 54, 102, 103 e n. 60, 1U4, lll:J e u . 63, l07 n. 70, 109, 116 n . 18, 118, 121 , 122, 125, 127, 128, 130, 131 , 137, 146, 170, 171 , 183, 185, 193,203, 204, 219, 228,229, 230. 232. 233, 237,239. De Gaspcri, Maria Roman a, 204 n. 76, 233 n. 51, 409. Dckanozov, Vladimir Georgiyevic, 89 n. 18. Deltetto, generale E ttore, 47 n. 1. Del Vecchio , Gustavo, 116, 121 , 122 n . 38. Dc Marchi , [Direttore Generale dell'A.R .A. R .], 171. De Robertis, Antonio Giulio, 409 De Simone, generale Carlo, 63. De Staercke, André, 409. Di Capua, Giovanni , 193 n. 60,409. Di Giovanni , Giuseppe, 136 n. 5. Dilks, David , 27 n. 41, 169 n . 6, 409. Di Nolfo , Ennio, 17 n. 21, l8 n. 22, 29 n . 45, 129 n. 56, 170 n . 10, 214 n. 18, 409. Donovan , Robert J ., 28 n. 44, 229 n . 45, 230 n . 46, 410.

Dunn , James Clement, 41 n. 76, 121 e n. 35, 123 e o . 42, 125 e n. 45, 127 e on. 49-52, 128 n. 54, 130 e on. 60-61 , 147, 171 e n. 11 , 172 n. 16, 173, 175 n. 21, 183, 184 nn. 35-36, 185, 195 n. 65 , 186 nn. 4142, 195 e n. 65 , 219 n. 26, 221 n. 31 , 225 e n. 38. Durand, Jean Dominique, 410.

E Edelman, Eric Steven, 410. E den , Anthooy, 40 n . 74 , 91 n. 26. Edmonds, Robin, 410. Einaudi, Luip.i , 122, 213. Eisenhower, Genera! of the Army Dwight D. , 12, 13 n. 6. E llwood, David, 15 o. 14, 29 n. 46, 410.

F Facchinctti , Cipriano, 108 n . 73 , 130, 147, 148 o . 27, 152. Feis, Herbert, 410. Ferrell, Rohert H., 4IO. Filippone-Thaulero, Giustino , 15 n. 14, 410. • Fisher, Ernst F. Jr., 410. Fongoli, generale Ugo, 219, 220. Formigoni, Guido, 410. Forrestal, J am es V ., 97, 128 n. 53, 129 n. 58. Forster, Air Vice-Marshal R.M ., 179 e n . 28, 180 nn . 29-30. Fouques-Duparc, Jac4ues, 148, 149 o. 30. Frc und, Richard B ., 225 , 226. Freeland, Richard M. , 410.


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L'ESERCITO ITALIANO NEL SECONDO DOPO GUERRA 1945-1950

G

Gaddis, John Lewis, 28 n. 44, 229 n. 45, 410. Galante, Severino, 410. GaUarati Scotti, Tommaso, 172 n. 14, 177 n. 26. Gallman , Waldemar J ., 91 n. 27. Galloway, Robert E., 226 n. 39. Gambino, Antonio , 129 n . 56, 410. Gamelin , Général Maurice, 323. Garland , Albcrt, 11 n. 1, 12 nn . 2-3, 13 nn . 6-9, 410. Gasparotto, Luigi , 136 n. 5. Giacchero, Costantino, 136 n . 5, 193. Giolitti, Antonio, 136 n. 5. Giua, Michele, 136 n. 5. Giuriati, comandante Ernesto , 107 n. 70. Gimbel, John, 410. Gonella, Guido, 233. Goulbum, Major Genera! Edward Hcnry , 73 e n. 57, 119, 124. Greiner, Cristian, 190 n. 51. Grew, Joscph C., 86 e n. 7, 87 n. . 12. Guidotti, Gastone, 224 e n. 37. GuiUen, Pierre, 88 n. 14.

Hoyer-Millar , Frcderick, 32 e nn. 51-53, 34 n. 58, 41 n. 76, 89 n. 20, 91 n . 26, 115 n. 12. Howard , Sir Michael, 17 n. 20, 169 n . 6, 411. Hucbner, Major Generai Clarence R. , 190 n . 52.

I Ilari, Virgilio, 48 n. 1, 56 n. 16, 65 n. 33, 66 n. 40, 69 n. 45, 134 n. 2 , 136 n. 6, 138 n. 8, 411 . Jreland, Timothy P., 411.

J

Jacini , conte Stefano , 62 e n. 28; 64; 70 n . 47; 95 n. 36. Jackson Sir William Godfrey Fothergill, 17 n . 20. Jaynes, Major Generai Lawrence c., 124. Johnson, Colone! Douglas V., 199 n. 71.

K H

Hamilton, Nigel, 410. Harris, Charles Reginald Schiller, 20 n. 27, 411. Harvcy, Sir Oliver Charles, 168 e n. 3. Hathaway, Rohert M. , 28 n. 44, 411. Henderson, Sir Nicholas , 411 . Hickerson , John D., 171 n. 12, 196. Hillenkoetter, Rear Admiral Roscoe, 401, 402. Hitler, Adolf, 92 n. 29.

Kaplan , Lawrence S. , 170 n. 9, 176 n. 24, 177 n . 25, 208 n. 6, 222 n. 33, 227 n. 40, 230 n. 46, 411. Kennan , George F., 93 n. 31, 411. Keyes, Major Genera! Geoffrey , 190 e n. 52. Kibler, Major Generai Franklin, 190 n. 52, 191 nn. 55-56. Kinnard, Douglas, 41 l . Kirk, Alexander C. , 31 n. 49 , 42 e n. 77, 64 n. 30, 91 n . 25, 92 n. 30. Kogan , Norman, 15 n. 14, 411 . Krippendorff, Ekkehart, 411.


INDICE DEI NOMI D I PERSONA

L

La Malfa, Ugo, 149, 233. Lee, Lieutenant Generai John C., 115 n. 15, 116 n. 18, 121, 122 e n . 38, 124. Leffler, Marvin P. , 411 . Lemnitzer, Genera} Lyman, 177 n. 25 . Levi , Alessandro, 139 n. 10, 413. Lincoln, Brigadicr Generai G. Abraham, 114 n. 8. Lallio, Luciano, 15 n. 15. Lombardi , colonnello Luigi, 330. Louis, William Roger, 413 Lovett, Robert A. , 127 n. 50, 128 n. 54, 129 e n. 58, 171 e n. 11, 175 n. 21, 183, 184 nn. 35-36, 185 n. 40, 186 n. 42, 196 e n. 66. Luciolli, Mario, 216, 223 n. 34. Lush, Brigadier Generai Maurice Stanley, 72 n. 53.

M

Macmi/lan, Hurold, 35 n. 60, 411. Maddocks, Major Generai Ray T., 196 e n. 66, 400. Magistrati, Massimo. 225, 226. Mallet, Sir Vietar, 168 e n. 5. Mammarella, Giuseppe, 411. Marras, generale Efisio, 123 n. 41 , 142 e n. 16, 143 e n. 17, 156, 5 157 e n. 46 , 158 e n. 47, 160 e n. 51, 161 e n. 52, 171, 181 , 182, 183, 185, 186, 188, 189, 194, 195, 196, 197, 198, 199 e nn . 69-71, 200, 201 ; 202 e n. 72, 203 , 208, 210, 211 n. 13, 212 e n. 17, 230, 231, 232,234, 238,330,393,395, 396, 397, 398, 399, 402, 403. Marshall , George C. , 121 e n. 3536, 123 n. 42, 125 n. 45 , 127 11. 49,

423

130 e nn. 59-61, 171, 172 n . 16, 175 n. 21, 182 e n. 32, 184 n. 35, 185 n . 40, 186 n. 41 , 195 n. 65, 401 piano MarshaJl: 122, 123 n. 39, 127, 161, 172, 178, 347, 389, 390. Mason-Mac Parlane , Lieutenant Generai Sir Noel , 13. Massobrio , Giulio, 22 n. 32. Maugeri, ammiraglio Franco, 142 e n. 15, 180 e n. 31 , 181 , 182, 183 e n. 34, 189, 219, 411. Mazzetti , Massimo, 22 n. 32. Mc Cormack, Colone! James Jr. , 114 n. 8. Mc Narney, Lieutcnant Generai Joseph T. , 39, 70 n. 48, 71 n. 49. Meli Lupi di Sorngn:i, Antonio, 101. Merlin, Umberto, 136 n . 5. Messe, maresciallo Giovanni, 14 n. 11 ,21 en.29. Messer, Robert L., 87 n. 10, 412. Miller, James E ., 18 n. 22, 20 n. 26 , 24 e n. 38, 29 n. 45 , 88 n. 13, 91 n. 24, 92 n. 29, 127 n. 51, 129 n. 56, 130 e n. 62, 412 . Mills, Walter, 412. Milwards, A lan, 412. Minotti, ammiraglio Gastone, 178. Mola, Aldo A., 134 nn . 2-3, 137 n.

7. Molotov (Skrjabin) , Vjaceslav Michajlovic, 87 n. 9, 149. Montgomery, Field Marshal Bernard Law (Yiscount Montgomery of Alamcin), 190 e n. 54, 191, 412. Moore, Major Generai Bryant Edward, 124. Morgan, Major Generai Sir William D. , 29, 70 n. 48, 72, 74, 75 , 78, 79 , 113, 114,-117, 119n. 31 , 123. Morozzo della Rocca , Roberto, 149 n. 31, 412.


424

L'ESERCITO ITJ\LI/\NO NEL SECONDO DOPO GUERRA 1945-1950

N

Nenni, Pietro, 106 n. 68, 189, 193. Neufeld, Maurice, 20 n. 27, 412. Nobile, generale Umberto, 136 n. 5. Norstad, Generai Lauris, 122 n. 38. Northedge, Frederick Samuel, 412_

o Ortona, Egidio, 131 n. 64, 171 n_ 12, 199 n. 70, 223 e n. 35, 412. Ovendale, Ritchie, 412.

Predieri, Alberto, 139 n. 10, 413. Price, Henry B., 413_

Q Quaroni, Pietro, 89, 105 e n. 65 , 177 n. 26, 180 e n. 31 , 181 , 206 e n. 3 , 214, 215, 216 n. 23, 217, 219 e n. 27, 220 e n. 29,221 e n. 31-32, 227 n. 40, 228 n. 42. Quazza, Guido, 473.

R

p Pacciardi, Randolfo, 157 n. 46, 160 n . 51 , 161 n . 52 , 162 n. 56, 163 nn. 58-60, 165 n. 64 , 172 nn _ 1517 , 174, 175 n. 20, 178 e n. 27, 179, 186, 204 n. 76, 212, 221 , 223, 234. Parri, Ferruccio, 49, 68. Pasquale, colonnello Vincenzo, 219. Pastorelli , Pietro, 123 n. 41 , 129 n. 56, 130 n. 60, 131 n. 64, 169 n. 8 , 412. Paterson, Thomas G., 412. Patterson , Robert P ., 116 n. 16, 121 , 127 n. 36. Pella , Giuseppe, 213, 233. Pelligra , generale Raffaele, :no. Pentimalli, generale Riccardo , 47 n.

L Petersen, Nikolaj, 472. Piacentini , colonnello Piacentini , 330. Piccioni , Attilio, 233. Pidslcy, Colone! W. , 65 e n. 36 , 66 e n. 38. Pieri, Piero , 22 n. 32. Piscitelli, Enzo, 412. Poggiolini , Ilaria , 193 n. 61 , 412.

Rainero, Romain H ., 214 n. 18. Ramadi e r, P aul, 219_ Reale , Egidio, 118 e n. 26_ Reid, Escott, 176 n. 24, 192 n . 57, 239 n. 56, 4-13 . Reitzel , William , 28 n. 43, 29 n. 45 , 36 e n. 62, 413. Repaci, Francesco Antonio, 211 n. 14. Revers, Generai George, 180, 181, 183, 189, 219, 220. Reynolds, David A. 413. Riccardi , generale Pietro, 148 n. 28, 152, 153 n. 37. Ricotti Magnani, generale Cesare , 64. Riste, Olav, 27 n. 41 , 169 n. 6 , 413. Roatta , generale Luigi, 12, 48 n. 1. Robbins, Keith, 473. Robertson, Lieutcnant Generai Sir Brian , 33 n. 57. Rochat, Giorgio, 22 n. 32. Roosevelt , Franklin D. , 11 , 12 n . 2, 15, 17, 28 n. 44, 31 e n. 50, 87 n. 9. Ross, Archibald David Maristy, 115 n . 13. Ross, GMham, 413.


INDICE DEI NOMI

Rossi, Ernesto, 72 n. 52 , 75, 61, 118 n. 25 , 122 n. 38. Rossi, Gianluigi, 413. Rossini, Giuseppe, 123 n. 41. Rothwell, Vietar, 27 n. 41, 413. Royal1, Kenneth, 127 n. 50, 128 n. 53, 130 n. 59, 183, 184 n. 35.

s Sannino, Antonio, 153 n. 38, 413. Saragat, Giuseppe, 193. Sargent, Sir Orme, 27 n. 41 , 28 n. 43 , 32 n. 52, 40 n. 73-74. Schuyler, Brigadier Generai Courtlandt van R. , 126 n. 47, 200, 201. Scbesta, Lorenza, 224 n. 36. Sforza, conte Carlo, 116 n. 18, 117, 118, 122, 147, 148, 149 n. 30, 167, 168 e n. 3, 172, 177 e n. 26, 178, 184, 185, e n. 40, 187 e nn. 43-44, 188 n. 47, 189 n. 50, 202 e n. 73 , 203 , 204, 206 on. 3-4, 215, 218 221 nn. 31-32, 227 e n. 40, 228 n. 42, 413. Smith , E. Timothy, 196 n. 66, 413. Smith , Jean Edward, 182 n. 32, 413. Smith , Howard Mc Gaw, 11 n. 1, 12 nn. 2-3, 13 nn. 6 e 9. Soardi, Carlo Andrea, 189 n. 50. Stalin (Dzugasvili), Josif Vissarionovic, 42. Stilwell, Col. Riehard G. , 150 n. 33, 173, 174 , 184, 387. Stimson , Henry L. , 86 n. 7, 87 n. 12. Stone, Rear Admiral Ellery W., 36, 41 e n . 75, 44, 93 e n . 31 , 117 n . 24. T Taff, Erich. A. , 116, 121 , 122 n. 38. Tarehiani , Alberto, 92 e n. 28, 97 e

I)[

425

PERSONA

n. 42, 106 n. 68, 171 , 172 nn. 1517, 177, 184, 185 e n. 40 , 187 nn. 43-44, 189 n. 50, 203 e n. 73, 206 , 208, 209, 222 n . 33, 401, 414. Terzuolo , Eric R. , 414. Tessitore, maggiore Edoardo, 100 . Il. 50. Tito (Josif Broz), 73 , 402. Togliatti, Palmiro, 136. Toscano, Mario, 173 n. 18, 177 n. 26, 192 n. 58, 414. Trezzani , generale Claudio, 51 , 52, 54, 55, 56, 57, 96 , 98 e n. 46, 99, 103 e nn. 59-60, 104, 105 n. 63 , 143 e n. 17, 144 e n. 20, 142 nn. 15-16, 145, 162 nn. 55-56, 163 nn. 58-60, 165, 172 e nn. 15-17, 173 , 174. 175 n . 20, 178, 188 e nn . 4749, 189 n. 50, 208 e nn . 7-8 , 209 n. 9, 210 n. 11 , 219 e nn. 27, 220 e n. 30, 275, 289, 297. 320, 386. Truman, H arry S., 28, 29, 39, 43, 112, 113, 120, 122, 125, 126, 127, 128, 129, 170, 171, 176, 199, 202, 208,222 , 229,233 , 235 , 238,401 .

u Unger , Leonard , 224, 225 , 226. Utili, generale Umberto, 57, 342.

V

Vaisse, Maurice, 414. Valdevit , Giampaolo, 30 n. 47 , 36 n. 61 , 73 n. 58, 123 n. 40, 414. Valle, generale Giuseppe, 48 n. 1. Vandenberg, Arthur, 176, 184,387. Varsori, Antonio , 129 n. 56, 147 o. 26170 n . 10, 172 n . 14,229 n. 44, 414.


426

L'ESERCITO ITALIANO NEL SECONDO DOPO G UE RRA 1945-1950

Vedovato, Giuseppe, 90 n. 23, 107 n. 70, 414. Vigezzi, Brunello, 214 n. 18, 414.

Woodward, Sir Llewellyn, 15 n. 14, 40 n. 74, 414. Woolf, Stuart J., 414.

w

y

Walmsley, Walter N., 224 e n. 37 . Ward, Jack, 115 n. 12. Watt, Donald Cameron, 414. Wedemeyer, Generai Albert , 191 e n. 56, 190 n. 52, 402. Weinberg, Albert K. , 20 n. 27. Welles, Sumner, 414. Wells, Samuel F. Jr., 229 n. 45. Wheeler, N.J., 414. Willems, Colone) John, 127 nn. 5052, 186 n. 42. Williams , Williams A. , 414. Wilson, Field Marshal Sir Henry Maitland, 18. Winant, Hugh, 87 n. 10, 93 n. 31.

Yergin, Daniel , 28 n. 44, 112 n. 5, 175 e n . 22, 414. Young, fohn W. , 414.

z Zamagni , Vera, 213 n. 18, 240 n. 58. Zanussi, generale Giacomo , 63, 64 n . 30, 414. Zoppi, conte Vittorio , 105, 168 n . 3, 171, 172 n. 14, 174 n. 19, 178, 180 n. 31, 189 n. 50 , 216 e n. 23 ,219, 220 e nn. 27-28, 225 e n. 38.


INDICE DEI NOMI GEOGRAFICI*

Adda, esercitazioni della divisione di fanteria «Legnano», 155 Albania, cessione di navi da parte italiana , 86 Ancona, liberazione da parte delle truppe del C. T.L. , 16 Austria, aspettative italiane per il suo futuro disarmo, 53; depositi militari inglesi. 75, 119; linee di comunicazione alleate, 104, 130; truppe di occupazione alleate, 93, e loro possibile ripiegamento verso l'Italia, 180, 181, 183, 201, 220; suo inserimento nel sistema difensivo occidentale, 185, 187, 189, 190, 198, 231. Balcani: combattimenti tra reparti italiani e tedeschi dopo 1'8 settembre 1943, 13; contesa tra i due blocchi per l'influenza sulla zona, 54 Bari, Co. Mili.Ter., 211 Belgio, governo in es, 26; partecipazione alla Western Union, 169 Belgrado, accordi del giugno 1945, 36

Berlino , blocco e ponte aereo 194849, 176; viaggio del generale Marras nell'ottobre 1948, 182 Bologna, parco veicoli corazzati di San Felice, 75, 119, 154 Bolzano, incontro Fongoli-Cherriere del luglio 1949, 220 Bruxelles, Patto di - , 169, 187, 190, 192, 193, 196, 200, 202, 205 Bulgaria, suo potenziale bellico, 84; trattato di pace, 83. Canada, inclusione nei gruppi di pianificazione regionale, 217; partecipazione agli incontri trilaterali della primavera 1948, 175; partecipazione alle security talks, 176, 191; suo atteggiamento nei confronti dell'Italia durante la fase finale dei negoziati per il P.A. , 205. Cannes, incontro italo-francese del dicembre 1948, 203 Cassino, battaglia di, 16 Cecoslovacchia, colpo di stato comunista del 1948, 129 Cesano, centro addestramento, 37

• Il presente indice dei nomi geografici non include, data la frequenza con cui ricorrono, né i nomi di Gran Bretagna, Italia e Stati Uniti, né quelli delle rispettive capitali quando usati nell'accezione di «governo inglese», «governo italiano» e «governo americano». Sono stati altresì esclusi i termini « Atlantico»,« Europa» e « Mediterraneo».


428

L'ESERCITO ITALIANO NEI. SECONDO DOPO GUERRA 1945-1950

Cina, suo intervento nella guerra di Corea, 235; vittoria delle forze comuniste, 229 Corea, guerra di, 229, 230,231 ,232, 234, 240 Corsica, combattimenti tra reparti italiani e tedeschi dopo 1'8 settembre 1943, 13; requisizione del materiale bellico italiano, 14 n. 11 Danimarca , inclusione nel P.A. , 191 Egeo, combattimenti tra reparti italiani e tedeschi dopo 1'8 settembre 1943, 13 Farnborough, manifestazione aeronautica, 179, 180 Finlandia, trattato di pace, 83 Firenze, Co.Mili.Tcr., 63 Francia, aspettative italiane per. una futura poli(ica ùi buon vicinato , 53; cessione di materiale militare U .S.A. per il riarmo di 3 divisioni, 101; cessione di navi da parte italiana , 86; ideologia del cittadino-soldato, 136; interim aid statunitense, 127; miglioramento delle relazioni con l'Italia , 169; operazione ANVIL-DRAGOON, 17; partecipazione al Patto di Bruxelles , 169; partecipazione allo standing group, 214, 215, 218; rapporti di collaborazione militare con l'Italia in seno al P.A., 181, 183, 219,221; restrizioni militari imposte all' Italia, 88; trattative per la cessione delle navi italiane, 147148 Francoforte, incontro tra i JCS e i capi di SM italiani nel luglio 1949, 215 Germania, contributo italiano alla guerra contro il regime nazista dopo 1'8 settembre, 24, 41; dichiarazione di guerra da parte italiana, 13; previsioni italiane circa il

suo futuro disarmo, 53; riarmo, 235; stati ex-satelliti, 42; surplus USA ivi dislocati, 129, 130, 209 Giappone, fase finale della seconda guerra mondiale, 25 n. 40, 33, 39 Gorizia, possibile colpo di mano jugoslavo, 73 n. 58; problemi relativi alla difesa della soglia, 144 Grecia, aiuto USA, 125, 128 11. 53, 177-178; cessioni di navi da parte italiana, 86, 149; guerra civile, 141 ; influenza inglese, 85; insurrezione del dicembre 1944, 35; richiesta di navi italiane, 34 Hyde Park , dichiarazione del settembre 1944, 18 Iller, linea di difesa lungo il fiume, 198 ìndocina, possibii sviìuppi della guerra di Corea, 230 Isonzo , linea di difesa lungo il fiume, 103 Jugoslavia, atteggiamento ambiguo dopo la rottura con Mosca , 231; cessione di navi da parte italiana , 86, 149; possibile appoggio a un colpo di stato del PCI , 126, 176; possibile colpo di mano su Triestye, 73 n. 58; possibili sbarchi clandestini di armi sul li torale adriatico , 175; problemi relativi al nuovo confine con l'Italia, 150; rapporti con l'URSS, 200; suo potenziale offensivo, 200; tensioni con il governo italiano, 35, 73, 74; territorio ceduto da parte italiana , 153; trattato di pace, 83 Laghi Amari, collocazione di parte della flotta italiana durante il regime armistiziale, 75 La Manica, ipotesi di difesa lungo il canale, 219 L'Aquila, liberazione da parte delle truppe del C.I.L. , 16


INDICE DEI NOMI GEOGRAFICI

Londra, accordo sulla consegna delle navi da parte italiana, 147; colloqui tra il F.M. Alexander e le autorità politiche e militari inglesi nel 1945, 40; incontro MagistratiFreund, 225; sessione del Consiglio dei Ministri degli Esteri del settembre 1945, 25 , 85 , 87-88, 91, 94; sessione del dicembre 1947, 169; visita di Sforza nell'ottobre 1947, 168 Lussemburgo, partecipazione alla Western Union , 169 Mainz (Magonza) , sua collocazione lungo le linee di difesa suggerite da Marras, 198 Malta , firma dell'armistizio lungo 13 Mincio, esercitazioni della divisione di fanteria « Legnano», 155

Montelungo , battaglia di , 15 Montemarrone, battaglia di, 15 Mosca, conferenza dei ministri degli esteri dell'ottobre 1943, 87 n. 9; sessione del Consiglio dei Ministri degli Esteri dell'aprile 1947, 92, 122 Napoli, Co.Mili.Ter, 211 Normandia, sbarco alleato del 6 giugno 1944, 17 Norvegia, governo in esilio, 26; partecipazione al P .A. , 191 Olanda , governo in esilio, 26; partecipazione alla Western Union , 169 Parigi, conferenza del 1946 per la redazione dei trattati di pace, 100 n. 50, 101 n. 54, 107, 113, 146; conferenza per l'attuazione del piano Marshall, 123; deposito delle ratifiche del trattato di pace , 146; patto Briand-Kcllogg del 1928, 135; viaggio del Col. Pasquale del dicembre 1948, 219 Persia , possibili sviluppi della guerra di Corea, 230

429

Piemonte, modifiche territoriali imposte dal trattato di pace, 103 Pirenei, ipotesi di difesa lungo la catena montuosa, 185, 190, 198 Pontecagnano, British Ordnance Deposit, 75 Portogallo, partecipazione al P.A., 191 Potsdam , conferenza del luglio 1945, 40-42 , 84, 91 Praga, colpo ùi stato comunista, ì69 n. 7

Puglia, combattimenti tra reparti italiani e te deschi dopo 1'8 settembre 1943, 13; zone sottoposte a restrizioni militari in seguito al trattato di pace, 150 Quebec, dichiarazione <lei 7 agosto 1943, 12

Reno, linea di difesa lungo il fiume , 183, 185, 190, 191 , 197, 198, 201 Roma, riunioni di SM per il futuro dell'E.I. , 64; visita della missione Unger nel novembre 1949, 224 Romania, trattato di pace, 83 Salerno, svolta nella linea del partito comunista , 17 Sardegna , necessità della sua difesa in caso di offensiva sovietica, 81 ; requisizione di materiale bellico italiano da parte alleata , 14 n. 11 ; smilitarizzazione di alcune aree, 33, 34, 150 Sicilia, necessità della sua difesa in caso di offensiva sovietica, 81 ; smilitarizzazione di alcune aree , 33, 34 Singapore, possibili sviluppi della guerra di Corea , 230 Spagna, guerra civile, 141 Spoleto, scuola allievi sottufficiali, 212 Suez, canale di , 75 Svizzera , aspettative italiane per il


430

L'ESERCITO ITALIANO NEL SECONDO DOPO GUERRA 1945-1950

mantenimento della neutralità, 53 Tagliamento, linea di difesa lungo il fiume , 103, 198 Tarvisio, smantellamento di alcune installazioni militari a seguito del trattato di pace, 150 Teheran, conferenza del dicembre 1943, 34, 87 n. 9 Teramo, liberazione da parte delle truppe del C.I.L. , 16 Trieste, dichiarazione tripartita del marzo 1948, 128, 129; difficoltà di trovare una soluzione durante la conferenza di Parigi, 73, 90, 108; futuro del Territorio Libero, 123; suo ancoramento al sistema difensivo occidentale, 185, 187, 190, 191, 198, 201 Turchia, aiuto USA, 128 11. 53 , 177, 178 Udine, Co.Mili .Ter., 155 Ungheria, trattato di pace, 83 URSS, cessione di navi da parte italiana, 147, 149; contrasti per la stesura dei trattati di pace, 83 , 102; crescente tensione tra le superpotenze, 169, 122, 237; equilibrio navale nel Mediterraneo , 36, 86; espansionismo politico , 229;

possibili aiuti militari secondo il gen. Ajmone-Cat, 165; rapporti con la Gran Bretagna, 26-27, 111112; restrizioni militari imposte all'Italia, 88-89; revisione dell'armistizio italiano, 91; richiesta di navi italiane, 34, 87 n. 9 Val di Fella, casematte da smantellare, 150 Venezia, base navale , 150 Yenezia Giulia, parte ceduta con il trattato di pace, 108, 150, 153; problemi relativi alla sua difesa, 36, 38, 44, 55, 74, 81 , 84, 93 , 104, 236 Washington, discussioni del dicembre 1948 tra US, Canada e Patto di Bruxelles, 205; prima sessione del Consiglio Atlantico del settembre 1949, 217; security talks dell'estate 1948, 176, 177 n. 25 , 191, 192; ·viaggio del generale Marras, 196-202 Weser, linea di difesa lungo il fiume , 198 Wiesbaden , discussioni interalleate del 1948, 182, 183 Yalta, conferenza del febbraio 1945, 31


INDICE GENERALE pag.

Presentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Prefazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Tavola delle sigle e abbreviazioni . . . . . . . . . . . . . . . . .

3 5

9

Capitolo I Le origini del!'esercito di transizione

11

1. Problemi della cobelligeranza . . . . . . . . . . . . . .

1.1

2. Linee generali della politica alleata nei confronti l'Italia e delle sue Forze Armate in particolare . . 3. Progetti inglesi per le Forze Armate Italiane . . . . 4. Le origini dell'Esercito di transizione . . . . . . . . .

del. . . . . . . . .

25 30 34

Le Forze Armate italiane e gli Alleati dal novembre 1945 al trattato di pace: una convivenza difficile . . . . . . . . . .

47

Capitolo Il

1. Il problema della difesa negli studi degli Stati Maggiori . 2. Lineamenti dell'Esercito di transizione . . . . . . . . . . . . 3. Le forniture alleate all'Esercito di transizione e i problemi ad esse connessi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4. La Marina militare e l'Aereonautica nel periodo di trans1z1one . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5. Un primo bilancio del rapporto di cooperazione con gli alleati (1945-1946) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

47 58 69 75 79

Capitolo Ili Le clausole militari del trattato di pace

83


432

L'ESERCITO !TAI.IANO NEL SECONDO 001'0 GlJERRA 1945- 1950

1. Le grandi potenze e il problema del trattato di pace con l'Italia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2. Iniziative del governo italiano in relazione alle clausole militari del trattato di pace . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3. Le reazioni italiane alle clausole militari del trattato di pace e alla proposta di revisione dell'armistizio . . . . . .

83 93 102

Capitolo IV Una

«

dottrina Truman» per l'Italia? ....

111

1. La progressiva riduzione degli impegni inglesi . . . . . . .

. . . .

111 113 117 122 125

La ristrutturazione dello strumento militare italiano: problemi e prospettive . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

133

2. 3. 4. 5.

La riorganizzazione dell' Aereonautica militare . . . Dall'assistenza militare inglese a quella americana La missione Bathurst . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Una «dottrina Truman » per l'Italia . . . . . . . . . .

. . . .

. . . .

. . . .

Capitolo V

1. Il problema della Difesa all'Assemblea Costituente e le

2. 3. 4.

5.

riforme del 1947-1948 .... · . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Il dibattito tra gli Stati Maggiori sull'impostazione della Difesa: 1947-1948 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Impatto delle clausole militari del trattato di pace sui problemi della difesa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . L'Esercito nel 1947-1948: il progetto per un nuovo ordinamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . La crisi dell'Aereonautica, 1947-1948 . . . . . . . . . . . . .

133 139 145 153 162

Capitolo VI Il riarmo italiano nel contesto internazionale del 1948

167

1. La ricerca dell'assistenza militare degli Stati Uniti 2. La neutralità armata: sondaggi e piani operativi . . . . . . 3. La missione Marras, 2-21 dicembre 1948 . . . . . . . . . . .

167 179 194


INDICE GENERALE

433

Capitolo VII

Dal patto Atlantico alla guerra di Corea

207

1. La partecipazione all'alleanza atlantica e i persistenti pro-

blemi di bilancio della difesa . . . . . . . . . . . . . . . . . . Parentesi diplomatica: l'Italia e la creazione delle strutture dell'alleanza atlantica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . « Due politiche differenti »: l'Italia e il MDAP . . . . . . . L'impatto della guerra di Corea sul riarmo italiano . . . Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

214 222 229 235

Allegati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

241

2. 3. 4. 5.

1. Ordinamentò dell'Esercito (Studio del Generale Luigi Chatri an in data lO marzo 1944) . . . . . . . . . . . . . . . 2. Progetto di riordinamento dell 'Esercito (Studio non datato inserito in una cartella recante la dicitura Ufficio Operazioni, aprile '44) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3. L'Esercito Italiano nel Dopoguerra (Memorandum del Major Generai L. Browning, in data 11 ottobre 1944) . 4. Contributo a un piano di lavoro per la ricostituzione dell'Esercito (Studio presentato al Presidente del Consiglio dal Capo di SMG Generale Trezzani in data 14 luglio 1945) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5. Linee fondamentali del futuro Esercito Italiano (Studio inviato al Ministero della G uerra c al Capo di SMRE dal Capo di SMG Generaie Trezzani in data 23 dicembre 1945) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6. Messaggio del Comandante Supremo Alleato nel Mediterraneo ai Capi di Stato Maggiore Combinati in data 3 agosto 1945 . . . . . . . . . . . : . . . . . . . . . . . . . . 7. Messaggio del Comandante Supremo A lleato nel Mediterraneo ai Capi di Stato Maggiore Combinati in data 22 agosto 1945 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8. Direttiva n. 1: Passaggio dell'Esercito Italiano al Governo Italiano (Direttiva diramata dalla Land Forces Sub-Commission-MMIA della Commissione Alleata in data 8 novembre 1945) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9. Lettera del Capo di Stato Maggiore Generale al Presi-

207

243

255 269

275

289

299

303

309


434

L'ESERCITO ITALIANO NEL SECONDO DO!'O GUERRA 1945-1950

dente del Consiglio dei Ministri in data 2 aprile 1946 10. Il Trattato di Pace. Clausole territoriali e di carattere militare terrestre (Promemoria del Capo di SME Generale Cadorna in data 29 luglio 1946) . . . . . . . . . . . 11. La riorganizzazione del Ministero della Guerra (Studio presentato dal Capo di SME generale Cadorna al Ministero della Guerra e trasmesso allo SMG in data 19 novembre 1946) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12. Linee sommarie di un ordinamento provvisorio dell'Esercito (Studio del Generale Umberto Utili in data 23 giugno 1946) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13. Conclusioni del Rapporto del Gruppo di studio per l'Italia dell'Esercito degli Stati Uniti . . . . . . . . . . . . . 14. Situazione dell'Esercito (Promemoria per il Ministro della Difesa del Capo di SME Generale Marras in data 20 gennaio 1948) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15 . Conclusioni della Commissione Consultiva per l'Esercito . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16. Progetto di nuovo ordinamento dell'Esercito. Raffronto tra ordinamento transitorio e nuovo ordinamento . . 17. Memoria sulla necessità di riarmamento dell 'Esercito (Studio redatto dal Capo di SME Generale Marras) . . 18. Situazione militare in rapporto con la situazione internazionale (Studio redatto dal Capo di SMD Generale Trezzani in data 30 luglio 1948) . . . . . . . . . . . . . . . . 19. Esigenze della difesa italiana (Comunicazione del Ministero Affari Esteri, D.G.A.P., in data 4 agosto 1948) 20. Potenziamento Forze Armate (Appunto circa le questioni prospettate al Segretario Generale del Ministro degli Affari Esteri dal C. U. del Capo dello SMD in data 20 settembre 1948) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21. Nota relativa alla visita del Generale Marras negli Stati Uniti (appunto non datato) . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22. Conversazioni con il Generale Marras (Memorandum del Major Generai ..Ray T. Maddocks, in data 21 dicembre 1948, per il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito degli Stati Uniti) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23. Sintesi delle comunicazioni fatte dallo SM americano nella riunione conclusiva (Memorandum redatto dal Capo di SME Generale Marras per il ~inistro degli Affari esteri in data 28 dicembre 1948) . . . . . . . . . .

317

321

329

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349 363 365 369

383 387

389 393

397

401


INDICE GENERALE

435

Nota bibliografica . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

405

Ringraziamenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

415

Indice dei nomi di persona

419

Indice dei nomi geografici

427

Indice generale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

431


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