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BY UFFICIO STORICO SME - ROMA 1980
Tipografia Regionaìe - Roma - 1980
PRESENTAZIONE
Q uesto libro è il risultato di una ampia ricerca effettuata nell'Archivio dell'Ufficio, integrata con l'esame di una serie minore di documenti conservati presso l'Archivio Centrale dello Stato. Scopo del lavoro è stata la pubblicazione di una raccolta organica di informazioni su un periodo finora non troppo noto della nostra storia militare, in cui però si sono fatte scelte che hanno condizionato più di quanto comunemente si crede la vita dell'Esercito italiano nei decenni successivi. Purtroppo non è stato possibile utilizzare se non in minima parte, quella conservata negli Archivi citati, le carte del Ministero della GuerrA riguardanti il biennio preso
in
esame. Si è cercato di compensare per quanto possibile
questa grave lacuna con il ricorso alle raccolte di circolari ed al « Giornale Militare Ufficiale ».
IL
CAPO DELL'UFFICIO STORICO
ABBREVIAZIONI PIU' FREQUENTI AUSSME: Archivio deirUfficio Storico dello SME ACS: Archivio Centrale dello Stato DS: Diario storico C.S. : Comando Supremo
PARTE PRIMA
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LE CLAUSOLE MILITARI DELL'ARMISTIZIO.
Le clausole militari del << Protocollo delle condizioni d'armistizio tra le Potenze alleate e associate e l'Austria - Ungheria », approvate il 31 ottobre 1918 dal Consiglio Supremo di Guerra, riunito in quei giorni a Versailles, e quelle del « Protocollo annesso» furo no, le une e le altre, imposte senza possibilità di discussione o di modifica ai plenipotenziari austro - ungarici che le firmarono alle ore r8 del 3 novembre a Villa Giusti presso Padova. Esse rappresentano un termine intermedio fra gli armistizi ottocenteschi, che conservavano all'esercito sconfitto la su a forza e spesso le posizioni raggiunte, e quelli che conclusero la seconda guerra mondiale, meri strumenti esecutivi di rese, senza clausole r,he limitassero in un modo qualsiasi i poteri del vincitore. Si trattava delle condizioni che erano state elaborate, nella sostanza, in una riunione tenuta a Roma il 21 ottobre, con l'aggiunta della libertà di passaggio sul territorio austro - ungarico per le Armate alleate impegnate nella continuazione della guerra contro la Germania e con altre modifiche di minor conto dovute al rapido mutamento della situazione del fronte (r). Sono note le recriminazioni da parte austro - ungarica in merito alle conseguenze dello sfasamento fra la scadenza prevista dal!' articolo 1 del « Protocollo annesso >> e risultante dal dibattito fra le due delegazioni, vale a dire « 24 ore dopo la firma dell'armistizio e cioè alle 15 del 4 novembre » (2), e l'ordine unilateralmen te emanato a nome dell'Imperatore Carlo, dopo ripensamenti e incer-
(1) ALBERTI A.: << L'Italia e la fine della guerra mondiale », parte II (Villa Giusti). Roma, 1924, pag. 152. Lettera di Diaz a Orlando in data 30 ottobre 1918. (2) In realtà l'armistiz io fu firmato alle 18 del 3 novembre, ma si decise di far decorrere le 24 ore dalla comunicazione ufficiale dell'accettazione da parte degli austro - ungarici.
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tezze, perché le ostilità cessassero fin dalle prime ore del 3 novembre. La questione è stata recentemente affrontata con precisione e serenità anche da storici austriaci che non hanno mancato di riconoscere la correttezza di comportamento della delegazione italiana per l'armistizio, presieduta dal generale Pietro Badoglio e composta del generale Scipione Scipioni, dei colonnelli Tullio Marchetti, Pietro Maravigna, Pietro Gazzera, Alberto Pariani e del capitano di vascello Francesco Accinni (3). I due protocolli, comprendenti anche clausole navali che non è il caso di esaminare gui , prevedevano in linea generale l'abbandono da parte dell'Esercito austro - ungarico di tutti i territori occupati durante la guerra. Per quanto riguardava il fronte italiano, dovevano inoltre essere abbandonate tutte le zone a sud ed a ovest di una linea, la « linea blu », che seguiva il displuvio alpino da Piz Umbrail, sul confine svizzero, alle Alpi Carniche e da queste al Monte Nevoso (Schneeberg o Sneznik), per giungere infine a comprendere Volosca (Volosko) sulle rive del Quarnero. La « linea blu » includeva, al di là del displuvio, i monti intorno alla conca di Dobbiaco (Toblach), la Valle di Sesto (Sextental) e, più ad est, la Conca di Tarvisio (Tarvis). Sulla sponda orientale dell'Adriatico la linea segui va i confini della provincia imperiale di Dalmazia, da Lisarica, sul Canale della Morlacca, fino a Punta Planka, verso sud, formando una testa di ponte piuttosto lontana dalle altre zone assegnate all'occupazione italiana nella Venezia Giulia. Erano inoltre comprese nella linea di armistizio quasi tutte le isole situate di fronte alla costa dalmata, fino a Làgosta e Mèleda a sud. La « linea blu » ora descritta corrispondeva quasi esattamente ai nuovi confini previsti per l'Italia nel patto stipulato a Londra il 26 aprile 1915. Come si è già notato, le Potenze vincitrici si riservavano il libero transito attraverso il territorio austro - ungarico, anche al di là della linea di armistizio, e l'occupazione di tutti i punti strategici << ritenuti necessari per rendere possibili le operazioni militari o per mantenere l'ordine» (4). (3) Sulle vicende delle trattative può vedersi ALBERTI: op. cit. e gli interventi di Luigi Mondini e di Ludwig Jedlicka al convegno storico italo austriaco di Innsbruck (ottobre 1971), pubblicati in Storia e politica, a. XII, fase. 3", luglio - settembre 1973. (4) Cfr. l'articolo 4 del u Protocollo >>.
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Tutte le truppe austro - ungariche che si fossero trovate entro la linea raggiunta da quelle italiane e alleate al momento della cessazione delle ostilità sarebbero state considerate prigioniere. Le truppe dell'Intesa dovevano arrestarsi sulle posizioni raggiunte alle ore 15 del 4 novembre, mentre quelle avversarie dovevano lasciare sgombro davanti ad esse un margine di almeno 3 chilometri. Erano previsti quindici giorni per il graduale ritiro di tutti i reparti austro - ungarici oltre la linea di armistizio. Entro il quinto giorno dalla cessazione delle ostilità, vale a dire il 9 novembre, le truppe in ritirata dovevano però aver già oltrepassato una linea intermedia denomjnata « linea gialla >l. Anche la Dalmazia doveva essere sgombrata entro lo stesso giorno. Le condizioni di armistizio prevedevano altresì la riduzione dell'Esercito austro - ungarico a venti Divisioni con effettivi prebellici, la cessione di metà delle artiglierie divisionali e di Corpo d'Armata, di tutte le artiglierie d 'assedio e del materiale ferroviario che si trovava nella zona da evacuare. In attesa di più precisi calcoli riguardanti le artiglierie campali e dell'eventuale conguaglio, quelle che si trovavano entro la linea di armistizio dovevano essere cedute nella loro totalità. In pratica, le unità austro - ungariche avrebbero dovuto passare la « linea blu >l recando al seguito soltanto l'armamento leggero ed i carriaggi. Venivano stabiliti diversi punti di raccolta delle artiglierie da consegnare, mentre commissioni italiane dovevano prendere posizione ai valichi per controllare l'esecuzione delle condizioni riguardanti i materiali militari. Il 7 novembre, veniva firmato dai plenipotenziari delle due parti un protocollo addizionale riguardante i prigionieri di guerra, per i quali le condizioni di armistizio prevedevano la liberazione limitatamente a quelli in mano austro - ungarica. Le stipulazioni dell'armistizio presupponevano la sopravvivenza dello Stato austro - ungarico e del suo Esercito, ma la realtà si manifestò in modo assai diverso. Il primo problema che si pose al Comando Supremo italiano riguardo all'applicazione delle clausole armistiziali furono infatti le conseguenze del progressivo dissolversi dell'Esercito asburgico nelle sue componenti nazionali, alcune delle quali, come la cecoslovacca e la jugoslava, si sentivano svincolate dai pesi della disfatta ed anzi, in qualche modo, appartenenti alla coalizione vittoriosa. Il pericolo di trovarsi senza interlocutore valido venne superato stabilendo uno stretto contatto con l'esercito e le autorità dell'Austria tedesca, conservando così, in modo piutto-
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sto artificioso, la normale dialettica fra vincitori e vinti. Ne conseguì l'ingiusto concentrarsi degli oneri della fallimen tare eredità della monarchia asburgica sullo Statt> e sulle Forze Armate austro - tedeschi, responsabili solo per la .loro parte della precedente politica austro - ungarica. Altro elemento che venne a turbare i duri ma leali rapporti stabiliti fra i due eserciti fu l'atteggiamento della Germania, che era ancora in guerra con le Potenze alleate e non volle riconoscere l'obbligo di ritirare tutte le sue truppe dal territorio dell'ormai dissolto Impero asburgico.
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Lo schieramento dell'Esercito italiano e delle Divisioni alleate poste agli ordini del nostro Comando Supremo comprendeva, il 4 novembre r9r8, da ovest a est, otto Armate: 7"' (gen. Tassoni), 1" (gen. Pecori- Giraldi), 6" (gen. Montuori), 4" (gen. Giardino), 12" (gen. Graziani dell'Esercito francese), 8" (gen . Caviglia), 10a (gen. Cavan dell'Esercito britannico) e (gen. Emanuele Filibert~ d'_Aosta). La 9" Armata, comandata dal generale Marrone, era m riserva. Al momento della cessazione delle ostilità, grazie ad un impetuoso balzo in avanti delle nostre unità contrastato fino all'ultimo, su certi tratti del fronte, dalle forze austro - ungariche, le Armate italiane avevano raggiunto una linea che toccava Sluderno (Schluderns) in Val Venosta e il Passo della Mèndola (settore della 7" Armata); Ròvere della Luna e Salorno in Val d'Adige e Cembra in Val Avisio (settore della 1"' Armata); Lèvico in Val Sugana (settore della 6" Armata); Carzano, sempre in Val Sugana, Fiera di Primiero e Feltre (settore della 4" Armata); Cencénighe in Val Cordévole, Selva di Cadore in Val Fiorentina, Chiapuzza in Valle d'Ampezzo e Domegge nell'alta Val Piave (settore dell'8a Armata); Pontebba, dove er ano giunte le autoblindomitragliatrici della ra Divisione di cavalleria, e Plezzo nell'alta valle dell 'Isonzo (settore della 10" Armata); Castions di Strada e San Giorgio di Nogaro verso il limite orientale della pianura friulana (settore della 3• Armata). Le altre Divisioni del Corpo di cavalleria avevano raggiunto, con le loro punte avanzate, la valle dell'Isonzo a Caporetto e più a sud Cervignano e Grado.
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Su certe direttrici, la << linea gialla >> era stata superata con cmque giorni di anticipo. In Adriatico, Trieste era stata occupata senza contrasto fin dal 3 novembre da un corpo di spedizione partito da Venezia (5), mentre un altro, basato sui reggimenti della Brigata « Arezzo >> (225° e 226° fanteria), era in corso di trasferimento a Pola, destinata a divenire piazza marittima sotto il comando dell'ammiraglio Cagni. Il giorno stesso della fine delle ostilità, il Comando Supremo inviava ai comandi dipendenti gli ordini che stabilivano un nuovo assetto del fronte (6). Premesso che le truppe dovevano essere sistemate in comodi alloggiamenti per riordinarsi, riposare e fiare istruzione, il dispaccio prescrive che la linea di armistizio sia presidiata solo dalle forze strettamente necessarie per il controllo dei valichi. Stabilisce quindi la ripartizione topografica della responsabilità del controllo della « linea blu >> fra i vari Corpi d'Armata e le relative zone di raccolta. Ecco, nei dettagli, le disposizioni emanate. III Corpo d 'Armata (7" Armata): zona Glorenza (Glurns)Merano, tratto di linea dallo Stelvio (7) al Passo del Rombo (Timmelsjoch); V C. d ' A. ( ra Armata): zona Bressanone - Vipiteno - Monguelfo (Welsberg), tratto di linea dal Brennero alle Tre Cime di Lavaredo escluse; X C. d'A. (1" Armata) raccolto in riserva nella zona di Schio; XXIX C. d'A. (r" Armata) : zona di Trento ; VIII C. d'A. (8" Armata): zona Pieve di Cadore- Valle d 'Ampezzo, tratto di linea dalle Tre Cime di Lavaredo al Monte Zermula; XXII C. d'A. (8a Armata): zona Tolmezzo - Chiusaforte, tratto di linea dal M. Zermula al M. Mangart escluso; XXVII C. d' A. (8a Armata) raccolto nella Conca di Belluno; C. d 'A. d'assalto (8" Armata) raccolto nella zona Vittorio Veneto - Conegliano; XVIII C. d'A. (10" Armata): zona di Plezzo, tratto di linea fra M. Mangart e M. Hradica; XI C. d 'A. ( 10" Armata) : zona di Tolmino, tratto di linea fra M. Hradica escluso e Varco di Nauporto (5) Ne facevano parte la II Brigata bersaglieri, con i reggimenti 7° e n °, la 177" batteria da montagna, un plotone zappatori della 208" compagnia, un plotone telegrafisti della 67'' compagnia, una stazione R.T. ed aliquote dei servizi. Della spedizione doveva far parte anche il XXIII reparto d'assalto, ma la sua partecipazione fu annullata il 1 ° novembre. (6) AUSSME, racc. OM 222. Prot. 14774, in data 4 novembre 1918, del C.S. Uff. op., f.ta Diaz. (7) La linea di armistizio comprendeva anche un tratto lungo la frontiera svizzera dal citato Piz Umbrail, a nord - ovest del Passo dello Stelvio, fino ai monti immediatamente ad ovest del Passo di Resia.
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ugualmente escluso; XIV C. d'A . britannico. raccolto nella zona Tarcento- Udine; XXVIII C. d'A. (3" Armata): zona AidùssinaPostumia (Adelsberg), tratto di linea fra Varco di Nauporto e M. Javornik; XXVI C. d'A. (3" Armata) destinato ad occupare l'Istria; XIV C. d' A. (3• Armata): zona Trieste - San Pietro del Carso, tratto di linea fra M. Javornik e il Mare Adriatico (8). Si disponeva inoltre che la 6°' Armata, con i Corpi d'Armata XII, XIII e XX, e la 12", con il I C. d' A. e la 23" Divisione francese, dovevano riunirsi in pianura. Le zone di raccolta erano, rispettivamente, fra Thiene, Maròstica e Dueville e fra Cittadella, Istrana e Trevignano. La 4" Armata, evidentemente in fase di riordino dopo i duri combattimenti sostenuti sul Grappa nei primi giorni dell'offensiva, doveva radunare il VI C. d' A. nella zona di Bassano e il IX nella zona di Borgo Valsugana, lasciando il XXX sulle posizioni raggiunte. E ' evidente come quello descritto fosse uno schieramento essenzialmente armistiziale, senza nessun riferimento ad una continuazione delle operazioni contro la Germania. L 'ordine in questione prescriveva inoltre che le colonne nemiche in ritirata dovessero essere seguite ad almeno tre chilometri di distanza da quelle italiane, però « senza esercitare su di esse alcuna pressione ». Quest'ultimo concetto sarà ribadito da ulteriori disposizioni che faranno divieto di incalzare le colonne in ritirata o di rendere comunque più difficile il loro movimento, anche « per non essere costretti a fare altri prigionieri >> (9). La marcia in avanti delle Grandi Unità italiane doveva essere accompagnata soltanto dalle artiglierie campali organiche. Il regolare svolgimento delle operazioni minutamente previste dal dispaccio citato trovò un limite nel fatto che la guerra contro la Germania non era ancora finita, né poteva allora prevedersi con certezza una sua rapida conclusione. Già il 30 ottobre Diaz aveva segnalato a Orlando l'opportunità di inserire fra le condizioni di armistizio il libero passaggio delle .<\rmate alleate attraverso il territorio austro - ungarico per proseguire la guerra. In riunioni tenute a Versailles sotto la presidenza di Foch
(8) Il XIV e il XXVI Corpo d'Armata ebbero in effetti zone di schieramento diverse da quelle previste, il primo a Trieste e in Istria e il secondo all'estremità orientale della linea. (9) AUSSME, DS 8" Armata. Prot. 14817, in data 6 novembre 1918, del C.S. f.to Diaz.
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il 2 e il 3 novembre era stato predisposto un piano sommario di operazioni da sud contro la Baviera, immediatamente approvato dal Consiglio Supremo interalleato. Del resto, il generale Diaz, con un telegramma al generale Nicolis di Robilant, rappresentante italiano presso il Consiglio Superiore di guerra, partito la sera del 4 novembre, informerà che « da tempo )> il Comando Supremo italiano aveva concretato lo studio di tali operazioni (ro). La struttura del progetto alleato risulta da una comunicazione di Robilant a Diaz e Zupelli (n). Tre Armate, poste agli ordini di un comandante superiore italiano (12), forti complessivamente di 30 o 40 Divisioni, cinque fra francesi e britanniche, presumibilmente q nelle già stanziate in Italia, le altre italiane, dovevano raccogliersi nella valle dell'Inn fino alJa sua confluenza nel Danubio. La prima delle Armate, con dieci Divisioni italiane e comandata da un generale italiano, avrebbe preso posizione nella zona di Innsbruck. Le altre due, comandate da un francese e da un britannico, su questo argomento Foch esercitò una pesante pressione su Orlando, forti complessivamente di 15 - 25 Divisioni italiane e di cinque alleate, si sarebbero raccolte nella zona fra Salisburgo, Braunau e Linz. Le due Divisioni cecoslovacche organizzate in Italia avrebbero concorso alle operazioni puntando dalla Boemia verso la Sassonia. Dal contenuto della comunicazione di Robilant, forse eccessivamente preoccupato per le implicazioni logistiche del progetto, . sembra che non si trattasse di un immediato proseguimento della avanzata in corso, ma di una graduale e presumibilmente lenta predisposizione delle linee di comunicazione e dei depositi di materiali che avrebbero consen tito alle tre Armate di raccogliersi per esercitare una pressione sulla Germania nel caso che questa non avesse accettato le condizioni di armistizio proposte dagli alleati. In altre parole, il progetto non prendeva in considerazione la ipotesi di una tempestiva contromossa germanica. L'ordine di occupare Landeck e Innsbruck, nel Tirolo Settentrionale, da parte della 75" Divisione, destinata ad essere poi rinforzata dalla 34\ che era stata a tal fine trasportata d 'urgenza nella conca di Bormio, e quello di rimettere immediatamente in efficienza (10) ALBERTI: op. cit., pag. 152. (n) ALBERTI: op. cit., pag. 152. Prot. 6133, in data 5 novembre 1918. (12) Secondo la testimonianza di ALDROVANDI MARESCOTTI L.: « Guerra diplomatica », Milano, 1936, pag. 208, il comandante designato di comune accordo fra gli alleati era il Duca d'Aosta, secondo altre fonti il coma ndo sarebbe stato affidato a Badoglio.
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tutte le artiglierie moderne ( 13) potrebbero perciò esser visti nella logica dell'operazione interalleata verso la Baviera. Lo schema dell'operazione al di là delle Alpi, nonostante qualche evidente contraddizione, è chiarito abbastanza bene dalle disposizioni date in proposito dall'Intendenza Generale (14). Secondo il documento, mentre la 1\ la 4\ la 9.. e la 3"' Armata dovevano assicurare l'inviolabilità della linea di armistizio, ciascuna nel proprio settore, la 6"', 1'8"', la 10"' e la 12" Armata e il Corpo dì cavalleria erano destinati alla manovra a nord delle Alpi. Tre intendenze di Armata dovevano provvedere ai rifornimenti seguendo le principali direttrici ferroviarie: Trento· Innsbruck, Udine - Pontebba Villach, Udine- Gorizia -Tolmino - Klagenfurt e Trieste - LubianaMarburg (Maribor). Ciascuna intendenza avrebbe dovuto provvedere alle armate di occupazione e a quelle di manovra gravitanti sulla medesima linea ferroviaria. Mentre si effettuavano i primi movimenti per realizzare il piano interalleato, si ebbe qualche prima avvisaglia di pericoli provenienti dalla Baviera attraverso il Tirolo Settentrionale e la zona dei Monti Tauri. ff Comando Supremo aveva emanato fin dal 5 novembre, come si è già visto, le disposizioni per il superamento del Passo di Resia e la discesa nella valle dell'Inn (15). La 75• Divisione (III C. d 'A.) dall'alta Val Venosta doveva superare il Passo di Resia, occupare la cittadina di Landeck e proseguire su Innsbruck, capitale del Tirolo. Contemporaneamente, e qui il piano differiva da quello primitivo, la 5• Divisione del III C. d'A. che stava scendendo su Bolzano dal Passo della Mèndola doveva occupare la linea ferroviaria del Brennero, rimasta in funzione, e dirigersi sul nodo ferroviario di Fortezza e su Brunico in Val Pusteria. Il flusso della ritirata austro - ungarica, superato dall'avanzata delle due Divisioni accelerata più del previsto, deve essere deviato dal Passo di Resia verso il Brennero e Dobbiaco. Nello stesso tempo 1'8" Armata riceve l'ordine di occupare rapidamente Sillian, nell'alta valle della Drava, per guardare le provenienze da est. Un ordine del comando dell'Armata preciserà che (13) AUSSME, DS 1• Armata. Prot. 14812, in data 6 novembre 1918, del C.S., Uff. op. (14) AUSSME, racc. OM 222. Prot. 94, in data 9 novembre 1918, deJ. l'Uff. del capo di S.M. dell'Intendenza Generale. (15) AUSSME, racc. OM 222. Prot. 14794, in data 5 novembre r9r8, del C.S. Uff. op. alla i ' Armata.
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anche questa operazione è in funzione antigennanica e non deve recare intralci alla ritirata austro - ungarica attraverso Dobbiaco ( 16). Alle ore 24 del giorno 5, il generale Tassoni dà gli ordini esecutivi alla 5a e alla 75a Divisione (r7), assegnando a quest'ultima due gruppi autoportati di artiglieria da montagna e 200 autocarri. Il comandante dell'8" Armata, generale Caviglia, dà ordine che un gruppo d'assalto si porti subito da Pieve di Cadore a Sillian. E' evidente il cambiamento di atteggiamento dei comandi italiani durante la giornata del 5 novembre. Le nuove preoccupazioni del Comando Supremo sono testimoniate anche dal tono accesamente antigermanico di un telegramma riservatissimo di Diaz alle Armate, diramato lo stesso giorno, che esclude ogni forma di smobilitazione finché la Germania non sarà debellata (r8). Causa di questo cambiamento di atmosfera e di orientamenti pratici è l'arrivo di comunicazioni, dapprima vaghe e poi sempre più concrete, riguardanti movimenti di truppe germaniche lungo la ferrovia Kufstein - Brennero, in territorio austriaco. A tali notizie si aggiunse una comunicazione urgente del comando dell'rr" Armata austro- ungarica (19) che chiedeva l'immediata occupazione della ferrovia del Brennero per salvaguardarla da azioni di militari ammutinati o sbandati, comunque sottrattisi al controllo degli ufficiali. Sul fronte del Trentino l'idea di una progressione lenta e graduale si è perciò completamente modificata. Una avanzata assai più rapida del previsto e lo scavalcamento delle Armate avversarie comportano, oltre a gravi problemi di organizzazione dei movimenti, l'assunzione da parte dell'Intendenza italiana del compito di vettovagliare migliaia e migliaia di militari austro - ungarici restati all'interno delle nostre linee e tuttavia non considerati prigionieri. Il giorno successivo, l'azione su Landeck viene rallentata, ma non annullata, mentre il battaglione alpini « Tolmezzo >> e reparti del reggimento « Cavalleggieri di Udine » (7" Armata) entrano in Bolzano, trovandola in preda agli incendi appiccati, sembra, da (16) AUSSME, DS 8" Armata. S.n., in data 6 novembre 1918, del comando 8" Armata. (17) AUSSME, DS r" Armata. Fonogr. 7323, in data 5 novembre 1918, del comando 7"' A1·mata. (r8) AUSSME, DS 8" Armata. Prot. 24993, in data 5 novembre 1918, <lei C.S., Uff. op. (19) AUSSME, DS 1" Armata alla data del 5 novembre 1918.
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truppe ungheresi in ritirata. Su Bolzano viene avviata rapidamente anche la 6' Divisione del X C. d' A. Nella serata del 7 giunge un nuovo, più preciso allarme. Il generale Pecori - Giraldi informa telefonicamente i comandi dipendenti che da fonte austriaca è giunta notizia del movimento verso il Brennero di convogli ferroviari che trasportano reparti germanici. La notizia sarà confermata il giorno successivo dal generale De Albertis, comandante del XXIX C. d'A., che informa della presenza a Fortezza di 1500 militari bavaresi accompagnati da una batteria. Anche il generale Camerana, comandante del III C. d' A. , trasmette notizie sulla presenza di reparti bavaresi portate da ex prigionieri italiani. Pecori- Giraldi, preoccupato anche per l'apparente ristagno della ritirata austro - ungarica nella conca di Bolzano, spinge avanti i suoi Corpi d'Armata. « E' necessario aprirsi al più presto, a qualunque costo e con qualunque mezzo, il passo e non solo occupare i valichi di Reschen (Resia) e del Brennero, ma spingersi oltre ( . . .) per occupare Nauders e il corridoio Landeck - Innsbruck per portare poscia gradatamente l'occupazione fino alla gola di Kufstein » (20). A tal fine, mentre la 75" Divisione proseguiva oltre il Resia, la 50. doveva sbarrare la valle dell'Isarco a Chiusa e tendere verso il Passo di Monte Giovo. Il X C. d 'A. doveva puntare al Brennero risalendo lungo l'Isarco. Pecori - Giraldi non faceva che ripetere, alla lettera, quanto Diaz aveva comunicato lo stesso giorno ai comàndi di Armata (21). Alle 18,30 dell'8 novembre un battaglione di alpini occupa il Passo di Resia senza rilevare traccia di bavaresi. Il capo di Stato Maggiore della 1 Armata, che ha effettuato una ricognizione fino a Bressanone nella notte sul 9, segnaìa che la città è tranquilla. Una pattuglia bavarese che l'aveva raggiunta si era poi ritirata. Altre voci non controllate davano i bavaresi a San Leonardo in Pass1na. Comunque, alle ore 2 del 9 Pecori - Gira.Idi chiede alla 4 A Armata, tramite il Comando Supremo, un suo concorso nell'azione. Ribatte il Comando Supremo che la 4• è troppo lontana. Sarà 1'8" Armata, che è già nell'alta Pusteria, a dare un indiretto aiuto 3
(20) AUSSME, DS 1" Armata. Prot. 441, in data 8 novembre 1918, del comando della 1 ° Armata. (21) AUSSME, racc. OM 222 . Prot. 14900, in data 8 novemhre 1918, del C.S., f.to Diaz.
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spingendo alcuni suoi reparti verso Brunico. Infatti, il 4° gruppo d'assalto, che il giorno 8 ha raggiunto Sesto e il 9 occupato Sillian, viene seguito in Val Pusteria dal V Raggruppamento alpini che deve sostituire gli arditi nel presidio di Sillian e inviare un gruppo a Brunico. L'occupazione della prima località, sita oltre la linea di armistizio, provocò le proteste degli austriaci. Pecori - Giraldi dà incarico al generale Cattaneo, comandante del X C. d' A., di dirigere le operazioni per la conquista del Brennero, mentre continuano a giungere notizie, esagerate sul piano quantitativo, riguardanti la presenza germanica al di qua del passo. Veniva fra l'altro riferito che quattro treni blindati erano sulla ferrovia da Innsbruck a Bressanone e che il Passo di Monte Giovo era saldamente occupato dai bavaresi. Nel corso della giornata del 9 novembre, veniva intimato alle truppe austro - ungariche che ancora sostavano intorno a Bolzano di muovere immediatamente verso nord se non volevano cadere prigioniere. La sera dello stesso giorno veniva raggiunta Fortezza, dopo che le non molte truppe germaniche che l'occupavano si erano ritirate senza combattere, così come avevano fatto quelle che avevano presidiato il Monte Giovo, destinato ad essere presto occupato dagli alpini del battaglione « Fenestrelle >>. Nel pomeriggio del ro si stabilisce uno scambio di corrispondenza fra il generale Cattaneo, che ha ordine di giungere fino a Gries oltre il Brennero, e il comandante bavarese, che gli assicura di essere disposto a lasciare il passo entro l'indomani e l'Austria entro cinque giorni. Così alle 17 dell'n novembre, giorno dell'armistizio fra gli alleati e la Germania, la Brigata « Valtellina » della 6"' Divisione poteva, senza spargimento di sangue, conquistare l'estremo ìimite geografico dell'Italia. Per una strana coincidenza, così come le truppe bavaresi del Deutsche Alpenkorps erano in Alto Adige nei primissimi giorni della nostra guerra, altre truppe bavaresi, appartenenti al II Corpo d 'Armata, sono nella stessa zona negli ultimi giorni del conflitto. Il loro comandante, in entrambi_i casi, è il generale K.rafft von Dellmensingen. L'avanzata italiana verso nord può proseguire ora con maggiore tranquillità. Il 12, la 55" Divisione, con le Brigate « Liguria » e « Piceno », occupa Brunico e controlla la Val Pusteria. Il 14 novembre, l'esodo austro - ungarico al di là del Brennero e della sella di Dobbiaco è terminato con un anticipo di cinque giorni su quanto era previsto dalle condizioni di armistizio. 2. -
Gallinari
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t'l!SERCI'fO
ITALIANO
NEL
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E' così possibile, ora che strade e ferrovie sono sgombre, dare disposizioni per l'occupazione di Landeck e lnnsbruck, al fine di « assicurare all'Esercito italiano due solide teste di ponte sull'Inn per ogni eventuale cambiamento di situazione » (22). Prevista iniziaJmente per il r8 novembre, l'operazione fu più volte rinviata per ordine del Comando Supremo ed ebbe effettiva esecuzione, nonostante qualche perplessità di Pecori - Giraldi (23), il giorno 23, quando la capitale tirolese fu occupata dalla Brigata << Valtellina », mentre Landeck fu raggiunta alle 12 del giorno successivo, attraverso il Passo di Resia, da reparti della 75a Divisione. Non mancò tuttavia nell'Esercito chi mise in guardia contro i pericoli di questa occupazione, che poteva in qualche modo ridare al Tirolo una unità politica, rendendo più complicato il problema, non ancora giuridicamente risolto, del confine italiano al Brennero (24). Per dare all'occupazione del Tirolo Settentrionale il carattere interalleato comune a tutti i presidi oltre la linea di armistizio, nei primi giorni di dicembre prenderanno stanza a Imst un battaglione britannico ed a Schwaz un battaglione francese. · Nel settore orientale del fronte ed in particolare nella pianura friulana, le truppe italiane erano, al momento dell'armistizio, ancora piuttosto lontane dalla « linea blu ». L'ostacolo rappresentato dai fiumi dopo la demolizione dei ponti provvisori costruiti dagli austro - ungarici e i gravi danni arrecati alle vie di comunicazione rendevano l'ulteriore avanzata lenta e faticosa. A causa del convergere verso nord dell'8" Armata, tutto l'ampio arco fra l'alto Tagliamento e il mare era affidato alla ro" e alla 3"' Armata, questa leggermente scalata all'indietro rispetto all'altra. Di fronte alla nostra linea avanzata stava confusamente sorgendo una nuova realtà politica che procurava non poche preoccupazioni al Governo e al Comando Supremo. Mentre nel settore nord del fronte davanti alle colonne italiane c'era un nemico vinto, veramente « senza speranza >> secondo le parole del bollettino di guerra del 4 novembre, sulle Alpi Giulie e anche al di qua di esse si erano costituiti i comitati jugoslavi aderenti al Consiglio Nazio(22) AUSSME, DS 1" Armata. Prot. 472, in data 14 novembre 1918, f.ta Pecari - Giraldi. (23) A USSME, DS 1" Armata. Prot. 475, in data 17 novembre 1918, del comando della 1" Armata al C.S., f.ta Pecari - Giraldi. Il generale proponeva di limitare l'occupazione agli sbocchi nord dei passi di Resia e del Brennero. (24) AUSSME, racc. CSVU 27. Relazione in data 16 novembre 1918 del ten. col. di San Martino, ufficiale di collegamento del C.S. presso la 1" Armata.
DOPO VI LLA GIUST!
nale di Zagabria, formato dagli esponenti delle popolazioni croate, slovene e serbe dell'Impero asburgico. In qualche zona, come quella di Samaria Branica occupata dalla Brigata « Avellino », armati jugoslavi esercitavano le funzioni di polizia (25). Il Consiglio Nazionale di Zagabria aveva stabilito rapporti di collaborazione assai stretti, anche se non sempre molto cordiali, col Governo serbo che aveva ancora sede a Corfù. L'apparire del Consiglio Nazionale di Zagabria in doppia veste, ora di erede della monarchia danubiana e ora di rappresentante del Governo serbo alleato alle Potenze dell'Intesa, creerà non pochi equivoci (26). Si evita comunque da parte dei comandi italiani ogni possibilità di scontro con i reparti del vecchio esercito austro - ungarico che ora si richiamano ai comitati jugoslavi. Ad esempio, l'occupazione di Tarvisio da parte del 254° fanteria della Brigata « Porto Maurizio » fu rinviata perché nella località stazionavano ancora reparti armati con i distintivi jugoslavi e avvenne poi su richiesta della popolazione (27). Il tratto orientale della linea di armistizio, meno nettamente individuabile sulla base di un elemento geografico come il displuvio alpino date le particolari caratteristiche idrografiche e orografiche della regione, non era stato chiaramente indicato nelle condizioni sottoscritte dalle due delegazioni. Fu necessario che il Comando Supremo ne precisasse i principali caposaldi con un ordine di poco precedente quello riguardante il nuovo assetto del fronte (28). Lelocalità citate erano il Passo di Idria, il Varco di N auporto e la Sella di Adelsberg (Postumia). Di qui la linea si collegava con il Monte Nevoso e Volosca, toponimi già compresi nelle condizioni di armistizio (29). (25) AUSSME, racc. CSVU 27. Relazione in data II novembre 1918 del cap. Rodegher, ufficiale dì collegamento del C.S. presso la 3" Armata. (26) Sulla costituzione del Consiglio Nazionale di Zagabria e sui suoi rapporti con l'Italia si può vedere LEDERER I. J.: << La Jugoslavia dalla conferenza della pace al trattato dì Rapallo », Milano, 1966, in particolare alle pagg. 55 e segg. e 71 e segg. Non mancano nel volume diverse imprecisioni ed anche qualche notazione evidentemente non rispondente alla realtà. (27) AUSSME, DS 8" Armata. Sotto la data del 16 novembre 1918. (28) AUSSME, racc. OM 222. Prot. 14771, in data 4 novembre 1918 del C.S. Uff. op. (29) Questo documento, ed altri che saranno citati in seguito, smentiscono nettamente le fantasiose considerazioni del LEDERER: op. cit., pag. 74, su un tentativo italiano di occupare Lubiana che sarebbe stato bloccato dalle truppe serbe. Cfr. anche BRoNzuou A.: << Una inesattezza storica », Rivista di fanteria, 1935, pag. 859 e segg.
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Sia per le esigenze derivanti dalle eventuali operazioni contro la Germania meridionale, sia per l'evidente opportunità di affidare ad un generale italiano il comando delle truppe destinate ad occupare un tratto particolarmente delicato della linea di armistizio, il Comando Supremo aveva deciso di sostituire in linea il comando della 9& Armata, affidato da tempo al generale Paolo Morrone, a quello della roa Armata, tenuto come si è visto da Lord Cavan (30). Quest'ultimo comando venne trasferito a Vicenza mentre il XIV C. d'A. britannico veniva spostato nella zona circostante, ove sarebbe stato subito r aggiunto dalla 48" Divisione britannica che aveva fino ad allora fatto parte della 6" Armata. L 'effettiva sostituzione del comando di Armata avvenne l'II novembre. Dipendevano ora dalla 9• Armata l'XI, il XVIII e il XXIII C. d' A., mentre era in arrivo il VI, già appartenente alla 4" Armata. Intanto le truppe proseguono la loro lenta avanzata. Il 12 novembre sono a Tolmino, Canale, Ternova e Chiapovano; il 15 al Passo del Predil ed a quello di Bogatin, il 16 a Idria. Soltanto il 19 novembre la linea di armistizio sarà raggiunta in tutta la sua estens10ne. Sia a Gorizia il 6 novembre, sia a Idria, le nostre truppe trovano già istituiti comitati jugoslavi. N ella prima città esistevano due governi provvisori, uno italiano e uno sloveno. Quest'ultimo aveva ai propri ordini reparti jugoslavi già appartenenti all'Esercito austro - ungarico. Con l'arrivo delle truppe italiane dell'XI C. d' A., i comitati jugoslavi assunsero un atteggiamento di pacifica protesta, mentre le popolazioni, se si eccettuano gli italiani residenti nei maggiori centri, davano prova di diffidenza ma non di ostilità (31). Tuttavia, in questa zona le commissioni italiane inviate ai valichi non riuscirono ad impedire il trasporto delle artiglierie austro - ungariche nelle regioni al di là della linea di armistizio controllate dagli jugoslavi. Il generale Morrone, nella lettera citata, proponeva l'occupazione di località oltre la « linea blu » da mantenere finché non fossero state restituite le artiglierie che le condizioni di armistizio assegnavano all'Italia. Pochi giorni dopo il Comando Supremo comunica alla 9" Armata che le direttive del Govl!rno escludono qualsiasi occupazione ad oriente della linea, salvo le del tutto ipo(30) AUSSME, racc. OM 222. Prot. 149n, in data 7 novembre 1918, del C.S. Uff. op. (31) AUSSME, DS 9" Armata. Proc. 6266, in data 27 novembre 1918, della 9" Armata al C.S., f.to Marrone.
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tetiche richieste del « comando dell'esercito avversario », comando ed esercito che da quelle parti non esistevano più (32). Il Comando Supremo concludeva scrivendo che le proposte del generale Morrone si sarebbero potute accogliere solo nell'imminenza di una ripresa della guerra. Oggi questa sembra un'ipotesi assurda, e lo era effettivamente, ma le violentissime polemiche di stampa e le voci diffuse, anche da personaggi autorevoli, su progetti militari serbo - jugoslavi. contro l'Italia la rendevano credibile. Il generale Diaz aveva segnalato alle armate, pur senza avallarla, la notizia fornita dal deputato triestino Hortis riguardo alla costituzione agli ordini del generale Boroevié, già prestigioso comandante austro - ungarico sul fronte italiano, di un esercito jugoslavo di oltre 200.000 uomini (33). La notizia si rivelò poi del tutto falsa, anzi si seppe di una avversione per il generale assai diffusa fra i croati, ma in quei giorni essa venne ritenuta verosimile. Assai simile è la situazione politica nel settore della 3" Armata, che con i suoi tre Corpi d'Armata deve assicurare il presidio della linea di armistizio, raggiunta il 12 novembre, da Nauporto al mare e di tutta l'Istria, salvo la Piazza militare marittima di Pola. Anche nel territorio di questa Armata prevale, al di fuori delle città, la popolazione slava. Si ritiene perciò necessario dare l'impressione di una occupazione abbastanza forte e densa, anche con frequenti movimenti di colonne leggere, che stia a significare un possesso definitivo da parte dell'Italia. L'articolazione del grosso dell'Esercito italiano, senza tener conto della zona territoriale e dei reparti dislocati in Francia e oltremare, dopo il completamento dell'occupazione della linea di armistizio, risulta dalla tabella seguente, tratta dall'ordine esecutivo emanato in proposito dal Comando Supremo (34).
(32) AUSSME, DS 9• Armata. Lettera s.n., in data 2 dicembre 1918, del C.S. alla 9., Armata. E' un'altra smentita alle affermazioni di Lederer. Analoga nettissima risposta Badoglio aveva dato, prot. 15439 in data 25 novembre 1918, al Duca d'Aosta che qualche giorno prima, prot. <j:>97 in data 20 novembre 1918, aveva proposto l'occupazione di una zona ad est della linea di armistizio. Entrambi i documenti in AUSSME, DS 3• Armata. (33) AUSSME, DS 4• Armata. Telegramma s.n., in data 21 novembre 1918, del C.S. alle Armate, f.to Diaz. (34) AUSSME, racc. OM 222. Prot. 15165, in data 15 novembre 1918, del C.S. Uff. op.
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S ULLA LINEA DI ARMISTIZIO E NELLE IMMEDIATE RETROVIE
, • Armata (gen. Pecari - Giraldi)
III C. d'A. X C.d'A.
Divisioni )>
XXIX C.d'A. V C.d'A.
)) ))
XXV C. d'A. (*) 34" Divisione (*) IV Brigata di cavalleria 5° gruppo alpini
))
Sa e 6" e 26a e 21" e
4°'
e
75.. 55"
32", 4° gruppo alpini 69" Il
3
4"' Armata (gen . Tassoni dal 17 novembre) VIII C. d' A.('"'*) . XXII C. d 'A. (**) . XXVII C. d'A. (*"') 1"' Divisione (*)
Divisioni 48"' e 58" >>
57"
e
>>
51"
e
60" 66"
9° Armata ( gen. Marrone ) XVIII C. d' A. XI C. d'A. XXIII C. d'A.
Di visioni 33" e 56" )) ))
3" Armata ( gen. E. F. d'Aosta) XXVIII C. d'A. Divisioni 25" e 53a XXVI C. <l'A. . )) 45a e 54" )) XIV C. d'A. 9" e 6r", II Brigata bersaglieri 1', 3" e 4" Divisione di cavalleria III Brigata di cavalleria
DOPO VILLA GIUSTI
IN
RISERVA
6" Armata (gen. Montuori)
I C.d'A.. XII C. d'A. XIII C. d'A. XX C.d'A.. 80" Divisione alpina
Divisioni 24° e 70.. ))
20\
>>
14•
2•,
>>
22"
e
i
e 27"
28" e 29•
8'1 Armata ( gen. Caviglia) C. d'A. d'assalto IX C. d'A. (***) XXX C. d'A. (***) VI C. d'A. (****) . 52" Divisione alpina
Divisioni d 'assalto r" e >> 17" e 18" » >>
2"
47" e 50' 12", 15" e 59"
(") A. disposizione del Com:rndo Supremo. Già appartenente ~wsa Annata . (.,.") Già :1ppan encnte alla 4• Armata. ("'.,.) Destinato alla 9" Arma ta . (0 )
Questa prima sistemazione delle unità mobilitate è preceduta dalla formulazione da parte degli uffici del Comando Supremo direttamente interessati (Operazioni, Ordinamento e mobilitazione, Segreteria e Comando Generale di aeronautica) di proposte riguardanti la prima fase della smobilitazione. I documenti disponibili ci consentono di ricostruirne la logica, la stessa che presiederà ai provvedimenti per la riduzione dell'Esercito mobilitato, salvo quei mutamenti nei tempi che saranno dettati dalle nuove esigenze politiche (35). Premessa generale è l'esistenza sul fronte italiano, esclusi cioè Francia e Balcani, di ventidue Corpi d'Armata con complessive cinquantuno Divisioni, oltre al Corpo di cavalleria su quattro Divisioni, (35) AUSSME, racc. OM 233. Appunto non firmato dell'Ufficio Segret eria, in data 14 novembre 1918, e documenti allegati provenienti da altri uffici. [] documento definitivo segue nelle grandi linee quello dell'Ufficio Ordinamento e Mobilitazione, firmato dal colonnello Bollati. Il documento d el Comando Generale di aeronautica è firmato dal generale Bongiovanni.
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mentre le esigenze prevedibili nella situazione transitoria in atto possono essere fronteggiate con un complesso di soli diciotto Corpi d' Armata, tutti su due Divisioni, e di due Divisioni alpine autonome. Potrebbero perciò essere sciolti, anche immediatamente, quattro Corpi d 'Armata e tredici Divisioni. Le unità residue verrebbero suddivise fra dodici Corpi d'Armata su due Divisioni schierati sulla linea di armistizio e raggruppati in quattro Armate (1"', 4\ 8", 3"), sei Corpi d'Armata, per un complesso di quattordici Divisioni, inseriti in una grossa Armata di riserva, la 6", e il Corpo di cavalleria, che resterebbe autonomo su due sole Divisioni. Gli uomini occorrenti per questo complesso di forze venivano valutati in 750.000 per le Grandi Unità combattenti, sulla base di una media di 40.000 per ogni Corpo d'Armata, 250.000 per i servizi di intendenza e per i lavori, 300.000 come margine di riserva : un totale perciò di r.300.000. Dopo il collocamento in licenza illimitata dei militari delle classi 1874, 1875 e 1876, avvenuto nei pr imisimi giorni dopo l'armistizio, potevano essere congedate tutte le classi dal 1877 al 1884 per un complesso di 600.000 uomini dell'Esercito operante e 175.000 della zona territoriale. Poiché la potenzialità delle ferrovie consentiva di ritirare dal fronte non più di 25.000 uomini al giorno, l'operazione si sarebbe potuta concludere, secondo il promemoria che si sta utilizzando, in circa un mese, dal 1° al 31 dicembre. Per le classi che sarebbero rimaste in servizio alla fine del 1918 erano previsti i seguenti congedamenti: 1885 - 1886- 1887 - 1888 dal I al 20 gennaio, 18891890 - 1891 - 1892 dal 20 gennaio al 10 febbraio, 1893 - 1894 - 18951896 dal IO febbraio al 1° marzo. A quest'ultima data, sarebbero rimasti in servizio, sia nelle Unità mobilitate, sia in zona territoriale, 7 od 800.000 uomini appartenenti alle quattro classi dal 1897 al 1900. Il promemoria degli uffici del Comando Supremo proseguiva con suggerimenti riguardanti l'attuazione dei congedamenti, dall'invio dei congedati direttamente alle loro case senza passare per i centri di mobilitazione, alla rotazione degli incarichi fra classi anziane e classi giovani ed alla graduale soppressione di Grandi Unità. Il progetto prevedeva infine l'impiego degli ex prigionieri in reparti appositi e dei disertori in Albania e nelle colonie. L'artiglieria si sarebbe ridotta ad un reggimento da campagna su _dieci batterie per ogni Divisione, conservando però tutte le batterie da montagna e pesanti campali ed i gruppi d'assedio armati 0
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con materiali moderni. Sembra evidente che in tai modo il rapporto fra fanteria e artiglieria sarebbe largamente mutato in favore di quest'ultima. La riduzione dell'aeronautica era minutamente prevista, in misura assai più incisiva che per le forze terrestri. Ciascuna delJe Armate in linea avrebbe avuto a disposizione una squadriglia da caccia su 24 apparecchi, una sezione di aerei SVA da ricognizione strategica e tante squadriglie da ricognizione su dieci apparecchi quanti erano i loro Corpi d'Armata. L'Armata di riserva doveva disporre di sei squadriglie da caccia e di sei da ricognizione. Alle dirette dipendenze del Comando Generale sarebbe stato conservato un nucleo costituito da otto squadriglie da bombardamento pesante (Caproni 450 HP e 600 HP), tre squadriglie idrovolanti e cinque dirigibili. Alle colonie era destinato un complesso di otto squadriglie di aerei SVA, mentre un gruppo di 42 aerei di vario tipo era destinato all'Albania e ai Balcani. Le restanti 20 squadriglie dovevano essere sciolte insieme ad altri reparti di vario tipo e livello. Riguardo al personale, l'appunto prevedeva il congedo immediato degli ufficiali provenienti dalla riserva e dalla posizione ausiliaria, mentre quelli di complemento avrebbero seguito le sorti della propria classe. Per i militari di truppa, lasciati alle armi quelli che lo desiderassero, occorreva dare a tutti i congedati un premio di 500 lire in cinque rate mensili, conservando ancora per qualche tempo i sussidi alle famiglie. Come è evidente, si tratta di un programma coraggioso e razionale, che prevede una immediata e rapida riduzione dell'Esercito fino a raggiungere, nel giro di un trimestre, un quarto della consistenza massima del tempo di guerra e circa il triplo di quella prebellica. Per il modo seguito nel predisporlo, cioè coinvolgendo i più importanti uffici, esso può essere considerato con cer tezza la espressione del pensiero prevalente al Comando Supremo subito dopo la fine delle ostilità. Va anche sottolineata la mancanza di un qualsiasi rilievo dato alle operazioni oltremare, che sembrano prese in considerazione soltanto dal Comando Generale di aeronautica. Per avere un quadro completo di quello che era alla fine della prima guerra mondiale l'Esercito italiano, vanno aggiunte alle Unità elencate alle pagine 22 e 23 le due Divisioni del II C. d 'A., la 3 a e 1'8", che inserite nella 5" Armata francese stavano par tecipando all'avanzata verso il Reno, e le forze dislocate oltremare.
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I nuclei più importanti di queste erano in Albania con le tre Divisioni (r3"', 36" e 38') del XVI C. d'A., nei Balcani con la 35.. Divisione, forte di ben quattro ~rigate, nelle isole dell'Egeo con il Corpo di spedizione in Siria e Palestina e il Corpo di occupazione dell'Egeo, per un totale di circa 9.000 uomini, compresi i distaccamenti in Palestina e in Egitto. Circa 80.000 uomini non raccolti in Grandi Unità si trovavano in Libia e minori reparti a Murmansk e nella Siberia Orientale (36). Al 9 novembre 1918 la situazione della forza mobilitata predisposta dall'Ufficio del Capo di Stato Maggiore dell'Esercito recava un totale di 82.842 ufficiali e 2.132.815 fra sottufficiali e truppa (37). Alla forza numerica dei reparti dipendenti dal Comando Supremo, che a quel tempo comprendevano anche le truppe della « Occupazione avanzata frontiera nord » dislocate in prossimità del confine italo - svizzero, vanno aggiunte le truppe in Paese, direttamente dipendenti dal Ministero della Guerra. Queste ultime sembrano valutabili soltanto per differenza fra la forza a ruolo nei depositi e centri di mobilitazione e quella mobilitata. E' da tener presente che in tale differenza finiscono col rientrare anche i prigionieri, i dispersi, i ricoverati negli ospedali, ecc. Comunque, le forze in Paese alla fine della guerra possono essere valutate in circa un milione di uomini (38).
3·
L'occUPAZIONE DELLA DALMAZIA, DELLE ISOLE ADRIATICHE E DI FIUME.
Si è visto come la linea di armistizio comprendesse, entro i confini previsti dal Patto di Londra, la parte centrale della costa dalmata con un retroterra abbastanza profondo e quasi tutte le isole a nord di Cùrzola e Mèleda, oltre a queste ultime. Il Comando Supremo aveva lasciato al Ministero della Marina e allo Stato Maggiore della Marina la responsabilità dell'indirizzo politico - militare riguardante la riva orientale dell'Adriatico. Alla base di questa separazione di responsabilità c'era la giustificata diffidenza dell'Eser(36) AUSSME, racc. CSVU 172, tabella dell'Ufficio Operazioni del C.S. sulle truppe fuori d'Italia al 30 ottobre 1918. (37) AUSSME, simazioni della forza preparate daJl'Uffìcio del Capo di SM, Comando Supremo. (38) A questo proposito può vedersi: « La forza dell'Esercico >>, Roma, L927.
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cito verso l'eventualità di una espansione che avrebbe enormemente allungato il nostro confine orientale, moltiplicando i problemi riguardanti la copertura e la difesa. La Marina era invece ormai decisamente orientata verso un controllo esteso quanto possibile, e anche totale se la situazione lo avesse consentito, della costa orientale dell'Adriatico, dal Quarnero a Valona, in modo da ottenere un assoluto dominio di quel bacino marittimo (39). La Marina italiana, mentre appoggiava a nord l'occupazione di Trieste con i propri mezzi navali, si proiettò al momento dell'armistizio, insieme a unità delle Marine della Francia, della Gran Bretagna e degli Stati Uniti, verso i porti dell'altra sponda del1'Adriatico, dove la flotta austro - ungarica, ceduta dall'Imperatore Carlo al Consiglio Nazionale di Zagabria, aveva inalberato la bandiera jugoslava ed era stata successivamente abbandonata da gran parte degli equipaggi . La nostra Marina, pur anelando da tempo alla conquista della Dalmazia, era assolutamente impreparata all'occupazione militare di un territorio così difficile per l'orografia e per la mancanza cl.i buone vie di comunicazione. Dovette perciò limitarsi a presidiare i porti e parte delle isole con gli equipaggi delle navi, posti alle dipendenze dell'ammiraglio Enrico Millo, nominato Governatore della Dalmazia e delle isole dalmate e curzolane (40), con poteri al tempo stesso politici e militari, assai più estesi di quelli conferiti ai governatori del Trentino e della Venezia Giulia. Sotto la responsabilità della Marina era anche, come si è già visto, la base navale di Pola. Per garantire la sicurezza della Piazza (39) Per le idee di D iaz contrarie all'an nessione della Dalmazia può vedersi MALAGODI O .: « Conve rsaz ioni della guerra », Milano - N apoli, 1960, pagg. 464, 503 e segg. Gli orientamenti prevalenti negli alti coma nd i della Marina verso la fine del conflitto risultano dall'opuscolo del comandante RoNcAGLT G. : e, li problema m ilitare dell'Adriatico spiegato a tutti >> . Roma, l918. Di q uesta pubblicazione furono stampate anche edizioni in lingua francese e in li ngua inglese. Opi nioni piuttosto diverse aveva però espresso in precedenza l'ammi raglio Viale, Ministro della Marina, in u n rapporto al Ministro degli Esteri Sidney Sonnino del 15 novembre 1914. Cfr . SONNINO S.: « Cartegg io 1914 - 1916 >>. A cura di P. Pastorelli. Bari, 1974, pag . 64. (40) Di questa im preparazione assoluta della Marina, che pure aveva messo a disposizione dell'Esercito reparti piuttosto consistenti di fanteria e di artiglieria, ad una operazione d i occupazione è indice il fatto, in sé modesto, che l'autovettura di servizio dell'ammiraglio Millo fu chiesta al comando dell'Esercito di Valona, che la fece giu ngere via mare.
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L'ESERCITO
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si raccolse nella zona di Mestre la Brigata « Arezzo » con aliquote di truppe di supporto e una stazione radio da 200 watt che doveva assicurare i collegamenti con il Comando Supremo (41). La « Arezzo », che sarà in seguito sciolta e sostituita dalla « Pinerolo », fu trasportata nel porto istriano a cura della Marina nei giorni immediatamente successivi all'armistizio. La costa orientale dell'Adriatico si trovava in quel momento in due diverse situazioni rispetto agli accordi internazionali. Mentre la parte compresa entro la linea di armistizio era lasciata, per accordo fra gli alleati, sotto l'assoluto controllo delle Forze Armate italiane, i tratti di costa fra Volosca e Lisarica, a nord, e fra Punta Planka e i non ancora ben definiti confini dell'Albania, a sud, potevano essere occupati, secondo l'articolo 4 delle condizioni di armistizio, dalle potenze alleate e associate. Pertanto, l'occupazione di molte importanti località, da Fiume , a Spàlato, a Càttaro, doveva assumere carattere interalleato. Si può affermare che al momento dell'armistizio si prevedeva una partecipazione dell'Esercito alle occupazioni in Adriatico limitata alla Brigata « Arezzo », di cui si è già detto, e alla Brigata « Savona » (15° e 16° fanteria) che secondo le disposizioni del comando del XVI C. d'A., in applicazione di un analogo ordine del Comando Supremo in data 1° novembre, doveva concentrarsi a Valona con aliquote del genio e dei servizi per imbarcarsi in vista dell'occupazione delle più meridionali fra le isole dalmate, Lissa, Làgosta, Mèleda e Cùrzola (42). Infatti, le divisioni inserite nella tabella riportata alle pagine 22 e 23 corrispondono a tutte quelle disponibili in Italia, né sono stati r invenuti ordini di movimento che possano far pensare a progetti di imbarco per la Dalmazia di altri reparti. La partenza da Valona dei primi scaglioni della « Savona >) (II e III battaglione del 16° fanteria), destinati a Lissa e a Làgosta, avvenne il 6 novembre. Il giorno successivo le due isole erano saldamente presidiate. Con un altro viaggio delle stesse navi era previsto il trasferimento di reparti del 15° reggimento fanteria a Mèleda e Cùrzola. L'Esercito doveva dare il cambio a compagnie di marinai giunte in quelle isole da Valona il 4 novembre. (41) Anche le altre unità dell'Esercito successivamente inviate in Dalmazia dovettero provvedere ai collegamenti radio con il Comando Supremo· e il Ministero della Guerra con proprie stazioni. (42) AUSSME, DS XVI C. d'A. Prot. 363, data 3 novembre 1918, del comando del XVI C. d'A. ai comandi dipendenti, f.to Chionetti.
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Un primo sintomo delle difficoltà in cm s1 trova l'ammiraglio Millo nei primi giorni dopo l'armistizio è il dirottamento del 15° fanteria a Sebenico e del I battaglione del 16° a Zara, con il conseguente diradamento dell'occupazione delle Isole Curzolane, affidata ormai soltanto a due battaglioni. Lo spostamento più a nord del p~evisto della Brigata « Savona >> deriva dalle decisioni prese in una riunione del Comitato di Guerra tenuta, presente il generale Diaz, alla metà di novembre (43). Si deve supporre che a quella data le esigenze dell'occupazione della Dalmazia fossero ancora sottovalutate, se veniva approvato il principio che esse dovevano venir soddisfatte con le scarse truppe del1'Albania. L'interesse della Marina all'urgente rafforzamento dei presidi in Dalmazia è testimoniato dal fatto che il generale Settimio Piacentini, comandante a Valona delle forze italiane nei Balcani, ricevette l'ordine tramite il Capo di Stato Maggiore della Marina, Paolo Thaon di Revel. Il comando di Valona, privo di navi mercantili, provvederà all'invio dei quattro battaglioni della « Savona » rimasti ai suoi ordini, i tre del 15° fanteria e il I del 16°, utilizzando anche la corazzata « Sardegna ». Qualche giorno dopo, Revel segnala direttamente a Piacentini le voci di una prossima occupazione serba di Zara, che il Governo intende impedire ad ogni costo (44). Millo riteneva necessario un reggimento di fanteria rinforzato da due squadroni di cavalleria. Nonostante le difficoltà in cui si trovava in quel momento, il generale Piacentini assicura di tener pronto per l'evenienza il 10° reggimento bersaglieri, che però non fu necessario spostare dall'Albania meridionale a seguito della sopravvenuta disponibilità del 138° reggimento fanteria della Brigata « Barletta ». Anche il Comando Supremo premeva su Piacentini perché la partecipazione delle truppe ai suoi ordini all'occupazione della Dalmazia giungesse fino ad una intera Divisione. In effetti, come a più riprese segnalerà in seguito l'ammiraglio Millo, l'occupazione della Dalmazia era particolarmente onerosa, (43) Il Comitato di guerra era un organismo costituito nel dicembre 1917 per ass~curare un miglior collegamento fra Governo e Comando Supremo. Ne facevano parte il Presidente del Consiglio, alcuni Ministri e il Capo di S.M. dell'Esercito. (44) AUSSME, DS C.T.I. nei Balcani. Prot. 148383, in data 24 novembre 1918, dello S.M. Marina al Comando Truppe Italiane nei Balcani.
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assai più di quanto prevedessero inizialmente i comandi della Marina. Si trattava di guardare 220 chilometri di linea di armistizio e di controllare 6500 chilometri_quadrati di territorio, abitati da una popolazione di circa 150.000 persone, in gran parte estranea od ostile alla politica italiana. L'ammiraglio Millo segnala il 26 novembre, con una lettera indirizzata al Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, che riteneva si trovasse a Udine (45), la sua difficile situazione. Premesso che l'oc-· cupazione dell'intera regione è affidata solamente alla Brigata « Savona », rinforzata da poche centinaia di carabinieri e guardie di finanza e da due battaglioni di marinai disseminati lungo la costa e nelle isole, egli chiede con urgenza ulteriori invii di reparti dell'Esercito. Le sue richieste si concretano in un comando di Divisione, tre Brigate di fanteria (46), un reggimento di cavalleria, quattro batterie da montagna, una squadriglia di autoblindomitragliatrici, nonché altri carabinieri e guardie di finanza. Chiudeva la serie delle richieste, veramente massiccia, un reparto del genio ferrovieri per l'esercizio della linea Sebenico - Knin. Il generale Badoglio, senza scomporsi troppo, annotò in calce alla lettera: « dare quanto si può dare ». Il giorno 28 giunse però al Comando Supremo un telegramma del Presidente del Consiglio Vittorio Emanuele Orlando (47) che chiedeva di dare urgenti disposizioni per l'invio in Dalmazia delle truppe sollecitate dallo Stato Maggiore della Marina. Badoglio risponde immediatamente che sarà dato ordine al generale Piacentini di aderire alle richieste della Marina. Questa risposta è una evidente riprova della costante scarsa propensione del Comando Supremo sia alle occupazioni in Dalmazia, sia a quelle in Albania (48). Insieme alla scarsa previdenza dimostrata dalla Marina nei confronti della espansione in Adriatico, que(45) AUSSME, racc. OM 291. Prot. 474, in data 26 novembre 1918, su. carta intestata cc Governo della Dalmazia e delle Isole dalmate e curzolane ». (46) Che unite alla « Savona » già sul posto formavano la forza non di una Divisione, ma di un Corpo d'Armata. Evidentemente non era allora desiderato a Sebenico un comando di questo livello. (47) AUSSME, racc. OM 227. Prot. 3018, in data 28 novembre 1918. (48) Il secondo Comando Supremo non faceva che confermare l'atteggiamento che era stato del generale Cadorna. Si vedano le giuste considerazioni di questi in C\DORNA L.: « Altre pagine sulla grande guerra >> . Milano, 1935, pag. 101 e seg.
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sto atteggiamento del Comando Supremo è un indice dello sfasamento esistente fra politica militare e politica estera, che nei mesi successivi si sarebbe polarizzata proprio sulla questione adriatica e sulla sorte dell'Albania. Come si vedrà con maggiore precisione in seguito, le Divisioni italiane dislocate in quest'ultimo Paese, con la propria base a Valona, erano scarsamente dotate di personale e di mezzi a causa delle difficoltà di trasporto via mare dei rifornimenti e delle malattie largamente diffuse fra uomini e quadrupedi. Le truppe delJa Brigata « Savona », che erano già state destinate dal generale Giacinto Ferrero, comandante del XVI C. d'A., all'avanzata attraverso Scutari verso il Montenegro occidentale e Càttaro, vennero distolte dal loro compito, che rimase affidato alla sola Brigata « Palermo ». Sugli scarni reparti italiani in Albania gravava non soltanto l'onere della marcia verso nord, con le esigenze politico - militari derivanti dalla presa di contatto con le trnppe francesi e serbe della Armée d'Orient, ma anche l'occupazione di tutto il territorio albanese entro i confini stabiliti a Londra nel 1913 dalla Conferenza degli ambasciatori, in regioni rese infide dalla presenza di armati un po' dappertutto. Dovettero perciò pervenire al Comando Supremo ulteriori pressanti sollecitazioni, e forse qualche messa a punto da Valona, se il 30 novembre venne dato ordine alla 24a Divisione, già appartenente al I C. d'A. e comandata dal generale Tiscornia (49), di raccogliersi pronta all 'imbarco nella zona fra Mestre e Mirano con le sue Brigate organiche « Taranto >> e « Gaeta », il 21° reggimento artiglieria da campagna e altre truppe di rinforzo. Il Corpo di spedizione che, trasportato con navi da guerra e mercantili, partirà a scaglioni dal porto di Venezia per giungere a Seb~~ico nei giorni dall'8 dicembre in poi, aveva la seguente compos1z1one: - comando della 24a Divisione con i reparti direttamente dipendenti (CC. RR., autodrappello, 4 compagnie mitragliatrici); - Brigata « Taranto>> (143° e 144° reggimento fanteria) con due compagnie mitragliatrici e un battaglione complementare;
(49) AUSSME, racc. OM 227. In una nota senza data, il col. Bollati, capo dell'Ufficio O.M. del Comando Supremo, proponeva la sua sostituzione col generale Bertolini, di origine dalmata. Badoglio postillò che non vedeva la convenienza di tale sostituzione.
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- Brigata « Gaeta >> (263° e 264° reggimento fanteria) con due compagnie mitragliatrici e un battaglione complementare; - 21° reggimento artiglieria da campagna su otto batterie; • - 413a batteria bombarde da 58 B; - LXXI battaglione zappatori; - 136a compagnia telegrafisti; - aliquote divisionali di sanità e di sussistenza; - LII gruppo artiglieria da montagna su tre batterie; - 68.. compagnia telegrafisti; - 13"' squadriglia autoblindomitragliatrici; - 14a e 168.. sezione CC. RR.; - 4 ospedali da campo da 100 letti. Questo notevole compìesso di forze fu giudicato insufficiente, nonostante il carattere pacifico dell'occupazione, da quegli stessi comandi marittimi che fino a qualche giorno prima ne avevano considerato superfluo l'apporto. Nel mese di dicembre giunsero a Sebenico, ulteriore ed ultimo contributo delle truppe d'Albania, il 138° reggimento fanteria della Brigata « Barletta » e due squadroni di cavalleria, il 2° del reggimento « Catania » e il 4° del reggimento « Umberto I ». L'altro reggimento della « Barletta », il 137°, era giunto con due battaglioni (II e III) a Càttaro per partecipare all'occupazione interalleata insieme a un battaglione americano e ad uno francese, mentre il I battaglione occupava Antìvari nel Montenegro ·insieme a minori reparti francesi e serbi. L'occupazione italiana di Càttaro era stata sollecitata dal generale austro- ungarico Pflanzer - Baltin che vi si era rifugiato con circa 70.000 uomini, ormai praticamente sfuggiti al suo controllo. Al tempo stesso l'ammiraglio francese Canbet, comandante della squadra navale alleata, cercava di rinviarla in attesa che giungessero da Venezia un battaglione americano ed uno francese. Come si è già accennato, nonostante l'arrivo in Dalmazia di un così rilevante contingente di forze dell'Esercito, alla fine di dicembre l'ammiraglio Millo fece pervenire ulteriori richieste (50), solo in parte accolte dal Comando Supremo. Si tenta così di rimediare tardivamente alle conseguenze dell'imprevidenz~ e della man(so) AUSSME, racc. OM 291. Prot. 2917, in data 30 dicembre 1919 (ma evidentemente 1918), di Milio al C.S. Si chiedevano quattro battaglioni alpini, un gruppo di artiglieria da montagna e una squadriglia di autoblindomitragliatrici. Fu inviata soltanto quest'ultima.
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canza di coordinamento fra i piani della Marina e quelli dell'Eser:. cito nella prima fase delle occupazioni adriatiche. La città di Fiume si trovava pochi chilometri ad est della linea di armistizio che, come quella del Patto di Londra, giungeva in quella direzione fino ad inglobare la località di Volosca. La popolazione, italiana per circa due terzi, aveva costituito un proprio Consiglio Nazionale che già dal 30 ottobre aveva chiesto l'annessione all'Italia. In questo stesso senso si sviluppò in molte città italiane una vivissima agitazione, opera in prevalenza di elementi nazionalisti che trovavano ampia rispondenza nell'opinione pubblica. Man mano che la tensione cresceva in Italia, anche a Fiume, divenuta base dì una forza navale interalleata agli ordini dell'ammiraglio statunitense Rainer, gli incidenti fra civili delle diverse nazionalità divenivano sempre più gravi. La situazione a Fiume fu ulteriormente complicata dall'arrivo in città di un battaglione del 5° reggimento di fanteria dell'Esercito serbo che occupò, d 'accordo con la minoranza slava, gli edifici più importanti, lasciando sotto il controllo degli italiani solo il Comune. L'agitazione in Italia e i disordini a Fiume indussero il Governo italiano a decidere l'occupazione della città, motivandola con l'esigenza di salvaguardare l'ordine pubblico. La decisione dà luogo, il 15 novembre, ai primi ordini esecutivi. La Brigata « Granatieri di Sardegna >> ( 1° e 2 ° reggimento) deve immediatamente muovere su Fiume per via ordinaria, seguita dal 6° reggimento artiglieria da campagna, mentre la Brigata « Sesia » (201° e 202° fanteria) si muoverà per ferrovia arrestandosi a Mattuglie, al di qua della linea di armistizio, pronta ad intervenire in caso di bisogno. La Brigata « Lecce », con ordine che verrà poco dopo annullato, deve raccogliersi a Venezia per raggiungere Fiume via mare. Per dare all'occupazione l'indispensabile carattere interalleato, un battaglione del 332° reggimento di fanteria dell'Esercito degli Stati Uniti, dipendente dal nostro Comando Supremo, viene fornito di settanta autocarri italiani e trasferito a Fiume insieme alla Brigata « Granatieri >>. Era previsto anche lo spostamento dal Veneto di un battaglione britannico e di uno francese. Comandante del corpo di occupazione è nominato il generale Enrico Asinari di San Marzano. La sera del 16 novembre la colonna dei granatieri è arrestata a Càstua e a Volosca da un ordine dell'ammiraglio Rainer, cbe si
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sta adoperando perché il battaglione serbo lasci la città ordinatamente e senza prendere contatto con gli italiani. L'ordine di operazioni per le truppe italiane (51) prevedeva che l'occupazione avvenisse « possibilmente » senza impiego delle armi, ma comunque con la massima energia. Dopo un ulteriore e vano tentativo di rinvio da parte dell'ammiraglio americano, desideroso di garantire la partenza degli ultimi soldati serbi, che stava avvenendo tranquillamente, le truppe it2liane entrano a Fiume nel primo pomeriggio del giorno 17, accolte con entusiasmo dalla popolazione. Contemporaneamente, dalle navi presenti in porto prendono terra reparti di marinai italiani e un plotone americano del 332° reggimento (52). Da parte degli alleati non giungono proteste, ma il generale Franchet d'Esperey, comandante delle truppe alleate nei Balcani, spedisce subito a Fiume da Zagabria il generale Tranié con un battaglione della 11" Divisione di fanteria coloniale e una compagnia del genio, al fine di costituire una base logistica per le sue armate. L'arrivo del Tranié, che è più anziano del generale San Marzano, costringe il Comando Supremo ad inviare sul posto, come comandante dell'occupazione interalleata, il generale Francesco Saverio Graziali, che fino allora era a capo del C. d' A. d'assalto, contemporaneamente sciolto. Grazioli giunge a Fiume il 27, il giorno stesso in cui cominciano gli incidenti fra la popolazione e le truppe francesi, primi ài una serie lunga e gravida di conseguenze. Gli ordini che il generale riceve dal Comando Supremo tramite la 3" Armata (53) tornano a giustificare il presidio interalleato con motivi di ordine pubblico, autorizzano l'estensione dell'occupazione all'intero bacino ·del fiume Récina fino alJa linea Monte Trestenico - Santa Lucia, in realtà già avvenuta dal giorno 22, e dispongono che, mentre va lasciata completa libertà di movimento alle truppe francesi, britanniche e americane, deve essere impedito l'ingresso in città ai reparti serbi. (51) AUSSME, DS 3"' Armata. Prot. 9520, in data 16 novembré 1918, del comando della 3a Armata al XXVI C. d 'A. (52) AUSSME, racc. CSVU 20. Una vivace relazione su questi avvenimenti è quella del magg. Liberti, ufficiale di collegamento presso la 3.. Armata. (53) CAV I GLIA E.: « Il conflitto di Fiume >>. Milano, 1948, pag. 91 e seg. Prot. 15530 e 15531, entrambi in data 28 novembre 1918. Probabilmente il primo ostensibile aglì alleati, l'altro riservato.
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Nei giorni success1v1 il presidio di Fiume si rafforza e giunge ai primi di dicembre a comprendere, oltre alla Brigata « Granatieri >> (54), il 202° reggimento fanteria della Brigata « Sesia », l'VIII battaglione bersaglieri ciclisti, il XXVIII reparto d'assalto, il 6° reggimento artiglieria da campagna, minori reparti italiani, un battaglione americano e uno britannico. Il battaglione francese dipendeva dall'Armée d'Orient e il generale Tranié si poneva in posizione non di subordinato a Grazioli, ma di interlocutore e spesso di antagonista in funzione pro - jugoslava (55). Cominciarono fra i due generali le trattative per l'istituzione della base francese, dagli italiani per evidenti motivi non desiderata, ma che non si poteva legitùmamente rifiutare. Un accordo viene stipulato il 7 dicembre. La sua ratifica da parte del Governo italiano induce stranamente il generale Grazioli, che la giudica « disastrosa », a chiedere la propria sostituzione (56). La situazione in città continua ad essere difficile. Mentre si saldavano sempre più stretti rapporti fra il comando e gli esponenti della comunità italiana e fra questa e le nostre truppe, era inevitabile che i militari si trovassero spesso coinvolti in incidenti con le truppe alleate e le minoranze jugoslava e ungherese. Di qui le preoccupate segnalazioni di Grazioli , talora amplificate dal comandante della 3• Armata nel ritrasmetterle al Comando Supremo, e le trattative senza conclusione svolte a Parigi fra il generale Nicolis di Robilant, rappresentante italiano presso il Consiglio Superiore di guerra a Versailles, e il maresciallo Foch. Ai primi del nuovo anno, nonostante i ripetuti solleciti del Comando Supremo al Governo affinché fossero delimitate nel retroterra fiumano zone di operazioni e responsabilità dei diversi eserciti alleati (57), la situazione continuava a peggiorare ogni giorno, de-
(54) La Brigata « Granatieri » ha pero in questo periodo orgamc1 assai scarsi. Compreso il battaglione complementa re, giunge soltanto a 3.800 uomini. AUSSME, racc. OM 227, prot. 333, in data 1° dicembre 1918, con la quale Grazioli chiede al Comando Supremo ulteriori rinforzi. (s5) Il generale Grazioli aveva chiesto l'invio a Fiume anche di un battaglione francese dipendente dal Comando Supremo. Questo, opportunamente, lo rifiutò. (56) AUSSME, DS 3"' Armata. Prot. 969, in data 15 dicembre 1918, di G razioli al comando della 3a Armata. (57) CAVIGLIA : op. cit., pag. 103. Prot. 16342, in data 1° gennaio 1919, di Badoglio a Orlando.
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terminando una eccessiva compromissione politica dei nostri comandi militari, sia a Fiume, sia nel la Venezia Giulia, che il Comando Supremo vedeva con crescente e giusùficata preoccupazione (58).
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PROBLEMI DEI TERRITORI LIBERATI E IL RITORNO DEI PRlGIONIERl.
Caduta in gran parte la tensione ideale che aveva contrasse· gnato il conflitto, specie nell'ultimo anno, gli armistizi, non an· cora divenuti pace, mettevano a nudo l'eredità negativa della guerra. La penuria di viveri e di combustibili, la svalutazione della moneta, il crescere a livelli impensabili del debito interno e di quello estero, si accompagnavano in Italia al fondato timore che la riconversione dell'economia di guerra sarebbe stata lenta, costosa e pericolosa per l'equilibrio sociale. Sul piano internazionale, alle paure e alle aspettative provocate dai sommovimenti che avevano sconvolto la Russia ed altri Paesi si univano le conseguenze del contrasto fra la messianica attesa di un mondo migliore e rigenerato dalla guerra, che aveva trovato nel Presidente Wilson il propagandista più influente, e il riaffiorare di quella stessa politica di potenza che aveva condotto l'Europa ad un conflitto senza precedenti. Non è questo il luogo per descrivere l'atmosfera carica di speranze, di illusioni e di risentimenti nella quale l'Europa e l'Italia vissero gli ultimi mesi del 1918. Soltanto, per gli effetti che ebbero sulla politica militare italiana, vanno ricordati due aspetti della pclitica internazionale del primo periodo postbellico. Il desiderio, soprattutto fr ancese, di imporre alla Germania condizioni di pace durissime che ne spezzassero per sempre la potenzialità economico - mili tare, manteneva fra le cose possibili una denuncia da parte tedesca dell'armistizio di Rethondes ed una ripresa della guerra. Su questa ipotesi, non si sa se più temuta o più sperata, il Governo francese e in particolare il maresciallo Foch intessevano una politica tendente a mantenere in allarme i Paesi vincitori finché la Germania, che aveva conservato la sua struttura statale, anche se percorsa da moti eversivi, la sua attrezzatura indu. (58) del C.S. mazioni militari,
AUSSME, DS 3• Armata. Prot. 358o3, in data 29 dicembre 1918, alla 3a Armata, f.ta Badoglio. Si ordinava che l'Ufficio I.T.O. (Infor. Truppe Operanti) dell'Armata si occupasse soltanto di questioni astenendosi da quelle politiche.
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striale e parte della sua forza militare, non fosse definitivamente piegata sotto il peso delle condizioni di pace. Altra grave questione era la definizione dei confini orientali dell'Italia, demandata ai trattati di pace, che non riguardava so.1tanto i rapporti fra vi ncitori e vinti, come il nuovo Stato dell' Austria tedesca, ma anche fra gli stessi vincitori, visto che il nuovo Regno dei serbi, croati e sloveni, decisamente appoggiato in funzione al tempo stesso antigermanica e antitaliana dalla Francia, aveva ereditato dal!' Austria - Ungheria territori e popolazioni e dalla Serbia lo status di alleato dell'Intesa e perciò di Paese vittonoso. L'atteggiamento da assumere riguardo a questo problema creava dibattiti e contrasti nel Governo italiano e dava lo spunto a manifestazioni di piazza che mettevano in pericolo l'ordine pubblico. Anche sul piano interno le gravissime distruzioni subite dalle regioni nord - orientali liberate dopo il 24 ottobre e il ritorno dei profughi avevano determinato una situazione critica cui soltanto l'Esercito, con il suo personale e i suoi mezzi, poteva far fronte. Le vie di comunicazione, specie ferroviarie, erano necessarie sia alla vita delle truppe, sia alla ripresa civile ed economica. La loro ricostruzione, che avveniva col quasi esclusivo impiego del lavoro manuale, fu lunga e difficoltosa e anche l'esercizio dei tratti di ferrovia ricostruiti fu affidato prevalentemente ai ferrovieri del genio. Autocarri militari provvedevano ai trasporti per il collegamento dei centri minori, seguendo orari regolari. Altro gravissimo ed urgente problema era la ricostruzione degli argini del Piave al fine di evitare catastrofiche alluvioni. Ai lavori del Piave furono addette in certi periodi intere Divisioni e il numero degli uomini impiegati giunse, nel gennaio 1919, a oltre 60.000 (59). Inoltre, occorreva ricostruire o riparare gli edifici pubblici e le abitazioni che, specie dove il fronte si era fermato a lungo, avevano subito gravissimi danni. Secondo accordi presi fin dall 'ottobre 1918 fra le autorità civili e quelle militari, nelle province già appartenenti all'Italia, cioè Udine, Belluno e parte di quella di Treviso, le Prefetture ripresero
(59) Per l'apporto decisivo dell'Esercito · alla ripresa delle terre liberate si può vedere: Comando Supremo del R.E. « Il ripristino delle arginature dei fiumi del Veneto ». Padova, r919.
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immediatamente le loro funzioni, sia pure con le limitazioni previste per le località site in zona di guerra. I territori compresi fra il vecchio confine e la linea d'armistizio furono invece affidati direttamente al Comando Supremo che li doveva 2mministrare tramite governatori militari con la collaborazione, ovunque fosse possibile, delle preesistenti autorità locali. Circa i poteri politici e amministrativi e la stessa esistenza dei governatorati di Trento e di T rieste deve esserci stata una iniziale incertezza, se già il 15 novembre il Comando Supremo dava disposizioni per la loro abolizione a partire dal giorno 18 e per il passaggio dei loro compiti ai comandi delle armate. Tuttavia, sotto la data del 19 novembre una ordinanza del generale Diaz (60) nominava i generali Guglielmo Pecori - Giraldi e Carlo Petitti di Roreto e l'ammiraglio Enrico Millo governatori rispettivamente del Trentino, della Venezia Giulia e della Dalmazia e isole dalmate e curzolane, stabilendo con precisione le relative giurisdizioni territoriali. Qualche giorno dopo, il Comando Supremo diramerà ordini particolareggiati circa l'atteggiamento p0litico da tenere in tutta la zona fra vecchi confini e linea d'armistizio (61). In essi si dava per scontata l'annessione di tutto il territorio all'Italia, ma si r ichiamava l'esatta osservanza delle convenzioni stipulate. Assai felice fo la scelta del gene~ale Pecori - Giraldi, non soltanto perché si trattava della più alta autorità militare nella regione da governare e venivano perciò evitati gli inconvenienti che si manifestarono altrove, ma anche perché egli col suo grande equilibrio e la notevolissima sensibilità politica non poco contribuì a rasserenare l'ambiente altoatesino, inizialmente molto ostile all'Italia. on altrettanto può dirsi però per la scelta di Petitti, non a causa delle doti personali, perché anche egli diede prova di spiccate attitudini politiche, ma per il fatto che egli aveva rango di comandante dì Corpo d'Annata e si trovava ad esercitare i suoi poteri sui territori di due Armate, la 9a e la 3.., e di una Piazza marittima, quella di Pola. Non mancarono gli scontri per motivi di servizio con i comandanti delle Armate e con i comandi da loro dipendenti, ma particolarmente vivaci furono i contrasti con l'am-
(60) AUSSME, racc. OM 227. (61) AUSSME, DS I a Armata. Prot. 86 RR, del C.S., f.to Badoglio.
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miraglio Cagni, comandante di Pola, che tendeva ad esercitare anche i poteri civi li (62). Comunque, sia i governatorati sia i comandi militari si impegnarono a fondo per aiutare le popolazioni, specie nel primo e più difficile periodo. I rifornimen ti di viveri erano a completo carico dell'Esercito, che per trasportare generi alimentari a Trieste impiegò perfino quattro dei suoi dirigibili (63). Per ottenere i quantitativi di farina necessari alla panificazione, Diaz dovette rivolgere al Governo angosciati appelli (64). Un po' tutte le attività civili gravavano in qualche modo sui reparti, dal ripristino delle centrali elettriche e delle relative reti di distribuzione, al trasporto del combustibile per il riscaldamento, alla fornitura dei letti per gli impiegati civili che rientravano ad Udine, fino alla utilizzazione di ufficiali come insegnanti per assicurare la sollecita riapertura delle scuole elementari e medie. Gli agricoltori furono aiutati con la fornitura di sementi e di equini dati in affidamento. Nella primavera e nell'estate del 1919 uomini e quadrupedi di molti reggimenti di artiglieria da campagna e di molti gruppi pesanti campali furono stabilmente impiegati in lavori agricoli. Nella zona di guerra si svolgevano intanto, e non era frci]e controllarle efficacemente, migrazioni di centinaia di migliaia di persone. Lunghissime colonne di prigionieri austro - ungarici si spostavano verso la Valle Padana ove a fianco degli ormai insufficienti campi di concentramento erano sorti grandi centri di raccolta a cielo aperto dai q·uali avveniva lo smistamento a seconda della nazionalità d'origine. Nello stesso tempo, gli abitanti delle province italiane dell'Impero asburgico, che erano stati deportati verso l'interno, tornavano alle loro case. La stessa cosa tentavano di fare i profughi dalle località perdute nell'autunno del 1917, sparsi in ogni regione d'Italia. · Tornavano anche, dopo mesi di stenti e di fame, i prigionieri di guerra italiani. Un accordo stipulato con la delegazione austroungarica per l'armistizio il 7 novembre, di cui si è fatto cenno (65), prevedeva un rientro graduale e disciplinato dai comand i dei due (62) AUSSME, racc. CSVU 70. Promemoria in data 13 gennaio 1919 del comm. D 'Adamo, segretario generale per gli affari civili del Comando Supremo, al generale Diaz. (63) AUSSME, DS Uff. O.M., sotto la data del 21 novembre r918. (64) AUSSME, DS Uff. O.M., sotto la data del 9 novembre 1918. (65) ALBERTI: op. cit., pag. 162 e seg.
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eserc1u. Il crollo politico e militare dell'Impero rese inattuabile l'accordo e i prigionieri liberati si riversarono caoticamente e con ogni mezzo possibile verso l'Italia. L'Esercito si trovò costretto a fornire a tutte queste migrazioni di massa, nei non ampi limiti del praticabile, viveri e assistenza sanitaria. Il rientro degli ex prigionieri italiani, che avveniva con intensità e modalità impreviste, portò il timore di conseguenze sanitarie, date le notizie, spesso solo propagandistiche, di epidemie in atto nei territori degli Imperi Centrali, ed anche di complicazioni politiche per il paventato verificarsi di infiltrazioni bolsceviche. Venivano creati presso ogni Armata appositi centri di raccolta e nello stesso tempo era stabilita una linea di arresto lungo il fiume Brenta per impedire agli ex prigionieri, che naturalmente tendevano a raggiungere al più presto le proprie case, l'accesso alla zona territoriale (66). A Gossolengo, Castelfranco Emilia, Mirandola e Conselve furono istituiti grandi campi di raccolta' la cui ricettività era però di gran lunga inferiore al necessario, specie se si considera che era ormai autunno inoltrato, e che più di 300.000 prigionieri sarebbero rientrati entro il 1918. . La situazione dei campi si fece difficile, sia per il sovraffollamento e l'insufficienza dei servizi, sia per la giustificata impazienza dei reduci in attesa dell'interrogatorio dopo il quale venivano inviati in licenza. Gli interrogatori, dapprima più rigorosi, furono progressivamente accelerati, anche a causa delle proteste della stampa, fino a giungere per la truppa alla semplice formalità dell'accertamento dell'esatta identità. Alquanto più complessi restarono gli interrogatori degli ufficiali (67). Non era intenzione del Comando Supremo e del Ministero della Guerra che la licenza concessa ai reduci dalla prigionia fosse illimitata. Gli appartenenti alle classi non ancora congedate erano infatti destinati a riprendere servizio in speciali reparti mobilitati. Il 21 novembre, con apposito decreto luogotenenziale, il generale Luigi Zuccari fu richiamato dalla posizione ausiliaria e nominato ispettore generale per i prigionieri di guerra con il rango di comandante d'Armata e l'incarico di presiedere a tutte le attività riguardanti gli ex prigionieri. Ancora a fine d'anno, quando il flusso (66) AUSSME, DS 8" Armata. Prot. 45528, in data 7 novembre 1918, del C.S., f.to Badoglio. (67) Atti parlamentari, Senato, XXIV legislatura, discussioni, tornata del 25 luglio 1919, pag. 5092, intervento del Ministro Albricci.
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dei reduci era divenuto ormai irrilevante e nonostante i ripetuti solleciti del Comando Supremo, i centri di raccolta erano assai lontani dallo sgombero totale.
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PRIMI PASSI DELLA SMOBILITAZIONE.
Altro campo in cui il comprensibile desiderio degli interessati, e più in generale della pubblica opinione, cozzava contro difficoltà obiettive cui in seguito si aggiungeranno quelle politiche, era il congedamento, o licenziamento come si preferiva dire visto che si trattava di licenza illimitata, dei richiamati. Già il 5 novembre, primo giorno dopo la cessazione delle ostilità, veniva disposto, come si è già visto, l'immediato invio in licenza illimitata dei militari di truppa delle tre classi più anziane alle armi: 1874, 1875 e 1876. Seguirono il 24 novembre gli ordini di licenziamento per le classi 1877 e 1878, il 4 dicembre per le classi 1879, 1880 e 1881 e il 13 dicembre per le classi 1882, 1883 e 1884. Il ritmo dei licenziamenti anticipava addirittura quello previsto dal programma di smobilitazione studiato dal Comando Supremo. Va notato però che il Ministero segue a qualche giorno di distanza le scadenze stabilite per i militari mobilitati. Infatti, una circolare ministeriale scrive che i congedi dei soldati in zona territoriale avvengono « in analogia alle truppe dipendenti dal Comando Supremo » (68). Va a questo punto sottolineato lo scarso collegamento organizzativo e operativo fra Ministero della Guerra e Comando Supremo, con conseguenze negative che si dovranno spesso rilevare nelle pagine seguenti. Per certi riguardi, sembra quasi che in Italia esistessero, durante la guerra e nel primo anno successivo, due eserciti : uno, quello mobilitato, o come anche si diceva allora « operante», guidato e amministrato secondo le direttive del Comando Supremo, l'altro, quello territoriale, costituito da enti, uffici e reparti fino al livello battaglione, sui quali il Ministero della Guerra esercitava una sua esclusiva giurisdizione. Fra i due eserciti fluttuavano, a seconda del momento, i corpi di spedizione oltremare assegnati ora a questo, ora a· quello. La questione era ulteriormente complicata dal fatto che le truppe in Libia dipendevano anche dal Ministero delle Colonie. (68) AUSSME, circolari, racc. 12. Prot.
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in data 9 dicembre 1918.
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Mentre dell'Esercito mobilitato siamo in grado di ricostruire con sufficiente precisione strutture e dimensioni, i contorni, le articolazioni e le esatte dimensioni dell'Esercito territoriale sono finora sfuggiti anche ai più pazienti tentativi di ricostruzione, così come forse sfuggivano allora alla vista d'insieme e al controllo dello stesso Ministero. Per quanto riguarda gli ufficiali richiamati, i primi congedamenti avvennero in tre scaglio~i, secondo disposizioni che portano la data, rispettivamente, del 14, 17 e 28 dicembre. Sulla smobilitazione degli ufficiali incidevano maggiormente, per motivi evidenti, i trattenimenti in servizio di persone con qualifiche professionali particolari (ingegneri, ragionieri, ecc.) e il congedo anticipato dei pubblici impiegati appartenenti a determinate amministrazioni, così come, per ragioni diverse, i trattenimenti a domanda. Secondo un programma del dicembre, sul quale concordavano Ministero e Comando Supremo (69), il congedamento degli ufficiali si sarebbe dovuto svolgere con modalità proprie, anche per tenere conto della differente ripartizione per età del personale nell'Esercito mobilitato e di quello nell'Esercito territoriale. Come primo avvio alla redistribuzione degli ufficiali, 3000 di essi, appartenenti a classi non precedenti il 1878, sarebbero stati trasferiti dalle Armate ai centri di mobilitazione per un diverso impiego; subito dopo, vale a dire nel gennaio 1919, con lo scioglimento di venti Brigate si sarebbero recuperati altri 3000 ufficiali, che avrebbero consentito il congedo fino alla classe 1880 inclusa. A febbraio, con lo scioglimento di altre sei Brigate, e con la riduzione dei subalterni nelle compagnie e nelle batterie, si sarebbe ottenuta la disponibilità di ulteriori 3000 ufficiali, cui andavano aggiunti circa 13.000 ufficiali di classi non congedate reduci dalla prigionia. Poiché si prevedeva che circa 10.000 ufficiali avrebbero chiesto di restare in servizio, il Comando Supremo riteneva che al termine di queste complesse operazioni sarebbero rimasti disponibili per le esigenze· del Ministero 26.500 ufficiali. In realtà le cose si svilupparono in modo diverso perché le operazioni di congedo degli ufficiali di complemento furono influenzate da molte norme eccezionali, da congedi provvisori invernali e da ·spostamenti decisi in relazione 2lle esigenze della Pubblica Amministrazione ed a. quelle professionali e di studio dei singoli. (69) AUSSME, racc. CSVU 314. Prot. 53352, m data 21 dicembre 1918, del C.S. Uff. Personale al Ministero della Guerra.
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Da statistiche elaborate nei mesi successivi, che sono almeno parzialmente contraddittorie rispetto ad altre dello stesso periodo, risulta che furono interessati al primo ciclo di congedamenti fra novembre e dicembre 1918 i contingenti che risultano dalla tabella che segue (70). Classi
1874 e prec. 1875 1876 1877 1878 1879 1880 1881 1882 1883 1884
Totali
Ufficiali
Truppa
2.880 J.200 r.320 r.74o 1·933 2.127 2.400 2.610 3.190 2.520 3.080
44.500 68.740 8r.r50 n7.250 I12.540 95·75° 91.44o 106.970 106.800 109.910 u4.95o
25.000
1.050.000
La strana « rotondità » delle somme di numeri non arrotondati rende alquanto sospetta la precisione di chi ha compilato la tabella. Essa può essere raffrontata ad un'altra, alla data del 15 marzo, secondo la quale il congedamento delle undici classi più anziane aveva portato ad una riduzione della forza alle armi di 8622 ufficiali e di circa 865.000 tra sottufficiali, graduati e soldati. Questi ultimi dati sembrano quadrare meglio con le variazioni della forza delle truppe mobilitate che risultano, come si vedrà in seguito, daUe situazioni tenute dal Comando Supremo. Va ricordato che il congedamento non riguardava i militari che richiedevano di restare in servizio. Tale facoltà, senza notevoli conseguenze ~iguardo a caporali e soldati, comportava il rinvio del congedamento di un certo numero di ufficiali e sottufficiali, con una incidenza destinata a crescere man mano che si passava a con-
(70) AUSSME, racc. CSVU 70. Una tabella, destinata a Versailles, riporta la situazione dei congedamenti al 15 aprile 1919. Un'altra, sempre dell'Ufficio O.M., in data 13 marzo 1919, reca valori inferiori, specie per quanto r iguarda gli ufficiali.
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ITALIANO N EL
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gedare le classi più giovani, ancora non pienamente inserite nelle attività professionali al momento della chiamata. In un primo tempo i congedamenti non erano regolati da norme precise, tanto che il decreto m inisteriale che stabiliva le « Norme speciali da seguirsi pel licenziamento dalle armi dei militari di truppa » reca la data del 10 dicembre 1918, e si svolsero in questa fase in modo disordinato, dando luogo a sfasamenti e a disparità di trattamento cui i militari interessati e tutta l'opinione pubblica erano sensibilissimi. La stampa di ogni tendenza, anche quella che chiedeva una politica di forza nei confronti degli jugoslavi, sollecitava però soprattutto una rapida smobilitazione e dal Parlamento provenivano ulteriori pressioni in tal senso (71 ). Oltre alle sollecitazioni, cui si rispose nei primi due mesi di armistizio con fatti concreti, pervenivano al Ministro della Guerra richieste di informazioni che giustamente mettevano in relazione i criteri di smobilitazione con i programmi riguardanti il nuovo Esercito di pace. Particolarmente importante l'intervento in Senato del generale Giardino (72) che poneva l'accento sui provvedimenti da prendere per ridurre l'eccedenza di ufficiali dei gradi più alti, sui quali erano confluiti in tre anni di guerra gran parte di quelli che erano in servizio attivo permanente all'inizio del conflitto. Altro argomento sottolineato dal generale Giardino era l'opportunità di utilizzare bene la massa di buoni sottufficiali che, finalmente, l'Esercito possedeva. Nella sua risposta il Ministro della Guerra Zupelli riconosceva che non esistevano progetti precisi, anche perché l'evoluzione della situazione poteva portare a prospettive diverse, dalla abolizione degli eserciti nazionali e la loro sostituzione con una forza militare della Società delle Nazioni alla necessità di essere più forti che prima della guerra, come conseguenza dell'insicurezza dei nuovi confini europei. Per quanto riguardava la parte assistenziale della smobilitazione, il Ministro fu piuttosto vago e accennò ai compiti dell'Opera Nazionale Combattenti, di recente istituita, all'assegnazione di impie(71) Ad esempio, si veda l'o.d.g. presentato il 21 novembre 1918 dall'on. G. E. Modigliani ed altri. Atti parlamentari, Camera, X.XIV legislatura, discussioni, pag. 1n36. (72) Atti parlamentari, Senato, XXIV legislatura, discussioni, tornata del 14 dicembre 1918, pag. 4740.
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glii pubblici e alle forme, ancora assai limitate, di aiuto diretto ai congedati (73). E' sintomatico che Zupelli non colga l'occasione per parlare del noto piano di smobilitazione predisposto dal Comando Supremo, che sicuramente avrebbe ottenuto l'approvazione della maggioranza dell'opinione pubblica, favorevole a un rapido ritorno dei richiamati alle loro case. Dovremmo dedurne che già a metà dicembre il Governo italiano aveva assunto un atteggiamento contrario ad una rapida riduzione dell'Esercito o, quanto meno, non desiderava prendere precisi impegni a questo proposito. Nonostante il previsto apporto dei prigionieri rimpatriati e lo scioglimento dei reparti di marcia, la riduzione di forza che l'Esercito operante stava subendo verso la fine del 1918 rendeva indispensabile procedere a quella eliminazione di Unità che il Comando Supremo aveva preso in considerazione appena terminate le ostilità. Si trattava di provvedimenti necessari, ma destinati fatalmente ad urtare suscettibilità, provocare confronti e incontrare resistenze, basate su motivi ora morali o sentimentali, ora concreti. Si era cominciato in novembre, senza che sorgessero problemi, con lo scioglimento di tre Armate, la 7", la 10a e la 12", create di recente per motivi prevalentemente politici. Ai primi di dicembre occorreva stabilire delle direttive in questo campo delicato e bisognava che tutto l'Esercito ne prendesse conoscenza. Con una lettera del 6 dicembre, significativamente indirizzata, violando la consuetudine del tramite gerarchico alle Armate, ai Corpi d'Armata e alle Divisioni (74) il generale Diaz, premessa la inevitabilità dello scioglimento in larga misura di Corpi d'Armata e di Divisioni, afferma che la precedenza verrà data alle unità create in tempo di guerra a titolo temporaneo, con le eccezioni consigliate dall'opportunità di evitare eccessivi spostamenti di truppe. Diaz lascia tuttavia intravedere la possibilità che alcune unità disciolte possano essere ricostituite nel quadro del futuro ordinamento dell'Esercito, a pace conclusa. La lettera si indirizzava in particolar modo agli ufficiali di grado elevato che, resisi esuberanti presso le unità mobilitate, dovevano prepararsi ad assumere in Paese posti senza dubbio di responsabilità, ma assai diversi dal comando di migliaia di uomini. (73) Atti parlamentari, Senato, XXIV legislatura, discussioni, tornata del 15 dicembre 1918, pag. 4771. (74) AUSSME, racc. OM 230. Prot. 56317, in data 6 dicembre 1918, del C.S. Uff. O.M.
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Il discorso di Diaz valeva anche per le Brigate di fanteria, tuttavia non menzionate, che possedevano, a differenza delle maggiori unità, una composizione organica stabile ed una propria individu2lità. Questa individualità, che fortemente contribuiva alla loro compagine morale, era basata non solo sulle mostrine caratteristiche, ma sulle battaglie ormai entrate nella tradizione, sulle citazioni dei bollettini, sulle decorazioni alle bandiere, che quasi sempre venivano concesse ai due reggimenti della Brigata e, per alcune, sulla comune origine regionale dei soldati. Il primo blocco di scioglimenti, ordinato fra l'u dicembre 1918 e il 5 gennaio 1919, riguardava i Corpi d'Armata XIII, XX, XXV, XXIX e XXX, il Corpo di cavalleria e le divisioni 1", 2", 4\ 7", II", 14", 20"', 29", 47", 50" e 59". Come si può notare, i comandi di sette delle undici Divisioni elencate provenivano dalla mobilitazione dei comandi di altrettante Divisioni territoriali prebelliche. Va ricordato anche che il Corpo d 'Armata d'assalto era stato già disciolto il 27 novembre, in occasione del trasferimento a Fiume del generale Grazioli che lo comandava. Le conseguenze sulle Brigate della soppressione di questo primo gruppo di Grandi Unità si avranno soltanto a partire dal gennaio successivo e saranno esaminate in seguito. I criteri di cautela che avrebbero presieduto ai primi scioglimenti di queste Unità, fondamentali per l'Esercito di allora, erano stati però già elaborati. Si tratta in sostanza di avviare le Brigate delle Divisioni disciolte a due altre Divisioni. Queste, dopo un periodo provvisorio su tre Brigate, concentreranno uomini e mezzi nelle due Brigate più anziane in ordine di costituzione e scioglieranno la terza. Un altro elemento che il Comando Supremo doveva tener presente era il riequilibrio delle forze fra zona di guerra e zona territoriale, una esigenza cui teneva particolarmente il Ministero. Nell'ultimo periodo di guerra erano rimasti in Paese, alle dipendenze del Ministero, soltanto battaglioni di milizia territoriale, reparti presidiari ed alcune centinaia di migliaia di militari addetti agl i uffici, ai depositi ed agli stabilimenti che producevano materiali d'armamento. Su questi elementi, come è facile immaginare, non si poteva fare da un punto di vista bellico grande affidamento (75). (75) L'opera: « L 'Esercito italiano tra la 1" e la 2 • guerra mondiale ». Roma, Ufficio Storico SME, 1954, a pag. 7, valuta le forze territoriali in questo periodo in 103.888 ufficiali e 707.550 uomini di truppa.
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I giovamss1mi soldati della classe 1900, non ancora insent1 nei reparti combattenti, stavano invece quasi tutti completando il loro addestramento in zona di guerra, inquadrati in appositi battaglioni di marcia. L'opportunità di avere in Paese consistenti ed efficienti reparti di truppa, specie per i servizi di ordine pubblico che tradizionalmente ricadevano in gran parte sull'Esercito, venne accentuata dal verificarsi delle manifestazioni di piazza per l'annessione di Fiume che si svolsero numerose in novembre, aggiungendosi alle ancora sporadiche sommosse contro il carovita e la penuria di viveri. Inoltre, negli ambienti politici si era già diffusa l'aspettativa di gravi disordini di ispirazione << bolscevica » (76). Su richiesta del Ministro della Guerra, certamente interprete della volontà del Governo, cominciò il trasferimento verso l'interno del Paese, parte per via ordinaria e parte in ferrovia, di diversi reggimenti di cavalleria. Dopo un primo ordine in tal senso del 7 novembre, subito annullato, viene disposto .il giorno 19 il rientro della intera 4"' Divisione di cavalleria. I reggimenti « Guide », « Treviso >>, « N izza » e « Vercelli >> che la componevano sono destinati ad altrettante grandi città italiane. In dicembre, anche la r" Divisione di cavalleria con i reggimenti « Monferrato », « Roma », « Genova » e « Novara >> si sposterà verso l'Italia meridionale, dove c'era anche maggior disponibilità di foraggi. Dopo poco, anche la 3a Divisione sarà distribuita fra diverse guarnigioni. Sicuramente il Comando Supremo vedeva con un certo sollievo lo spostamento verso l'interno delle Divisioni di cavalleria, visto che la loro permanenza in zone assolutamente prive di foraggi creava pesanti problemi logistici. Più strana può sembrare la facilità con la quale il Comando Supremo metteva a disposizione le quattro squadriglie di autoblindomitragliatrici delle Divisioni (77), ma questo va messo in relazione con una diffusa incomprensione riguardo all'utilità di tali nuovi strumenti bellici (78). (76) Si veda, a questo proposito, quanto scriveva N itri in data r 4 gennaio 1919 al Presidente Orlando. La lettera è riportata da MoNTICONE A. in: « N itti e la g rande g uerra >>. Milano, 19(51, pag. 424 e segg. (77) AUSSME, DS Uff. O.M. Prot. 56942, in data 22 novembre r918. (78) AUSSME, racc. OM 291. Il colonnello Bollati cosl annotò una lettera, prot. 2917 deJ. 30 dicembre 1918, dell'amm. Milio che chiedeva al C.S. una squadriglia di autoblindom itragliatrici: << Sembra opportuno, ve ne sono da buttar via ».
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Altri uomini per rinforzare le guarmg1oni, specie dell'Italia meridionale, furono ottenuti col trasferimento in Paese ad organici completi, ma col solo armamento individuale, di 32 batterie d'assedio e di 129 batterie di bombarde per un totale di circa 25.000 uomini. Fu anche temporaneamente trasferita a Roma la Brigata « Re ». In totale, alla data del 24 gennaio 1919, erano stati messi a disposizione del Ministero della Guerra oltre 100.000 uomini (79). A distogliere personale e mezzi dalla zona di guerra non erano soltanto le esigenze dell'ordine pubblico all'interno del Paese. L'occupazione italiana in Libia si era ridotta dopo il 1914 ad una stretta striscia di territorio lungo il Mediterraneo, con diverse discontinuità. Il presidio dei centri costieri maggiori era mantenuto, ma gli insorti arabi controllavano tutto il retroterra e si spingevano, specie in Tripolitania, a breve distanza dalle città. In vista delle prossime trattative di pace, era importante che l'Italia potesse riaffermare saldamente il proprio dominio sulla colonia. Perciò, subito dopo la fine delle ostilità, il Ministero delle Colonie, che era allora responsabile anche della difesa dei territori oltremare, chiese al Comando Supremo le truppe necessarie alla riconquista. In realtà T ripolitania e Cirenaica erano presidiate da notevoli aliquote di truppa, quasi sempre quarti e quinti battaglioni di diversi reggimenti di fanteria, ammontanti nell'ottobre del 1918, come si è già visto, a circa 80.000 uomini. Ma evidentemente mancavano sia armamenti adeguati, sia i mezzi per assicurare l'opportuna mobilità, sia infine un robusto e articolato inquadramento dei reparti. Con pronta adesione alla richiesta, superandola anche nella quantità, e con intelligente percezione delle esigenze di quel teatro di operazioni, che privilegiavano i mezzi rispetto al numero degli uomini, il Comando Supremo dispone verso la fine di novembre la costituzione di un piccolo ma robusto corpo di spedizione (80). Il concetto direttivo era basato sulla costituzione, facendo largo affidamento sulle truppe già sul posto, di un corpo di operazioni su tre Divisioni, due del tipo normale ed una d'assalto, la 1" . Quest'ultima, leggera e manovriera e largamente dotata, per l'epoca, (79) del C.S. (80) del C.S.
AUSSME, racc. CSVU 70. Prot. 6u 63, in data 2 4 gennaio 1919, alla sez. italiana del Consiglio Ioterallcato di Versailles. AUSSME, racc. OM 291. Prot. 56005, in data 24 no;-embre 19r8, Uff. 0.M., f.t:i Badoglio.
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di mezzi meccanici, era in eccedenza rispetto alle richieste del Governo della Tripolitania. In vista del suo impiego in Africa, la I a Divisione d'assalto era stata privata della cavalleria e del battaglione ciclisti e rinforzata con la 15" squadriglia autoblindomitrar .. g.1atnc1. Mentre era previsto che il comando di una Divisione, 1'81", si sarebbe formato sul posto, dovevano essere trasferiti dall'Albania il comando della 38" Divisione con i reparti direttamente dipendenti e la Brigata << Verona » (85° e 86° fanteria). Le Brigate « Lecce » (265° e 266° fanter ia), « Murge >> (259° e 260° fanteria) e « Teramo >> (241° e 242" fanteria) venivano private delle compagnie fucilieri, destinate come complementi ad altre Brigate, e ridotte a nuclei, scarsi di personale ma largamente dotati di armi automatiche, destinati ad inquadrare gli uomini che erano già in Tripolitania. In complesso si trattava di 24 compagnie mitragliatrici pesanti, 54 sezioni pistole mitragliatrici, 6 sezioni lanciabombe Stokes e 6 sezioni lanciafiamme, cui si aggiungevano le quattro compagnie mitragliatrici della 38" Divisione. Le truppe divisionali erano rappresentate dal 4° raggruppamento di artiglieria da montagna su tre gruppi, dall' LXXXV battaglione zappatori, dalla n4" compagnia telegrafisti, da due autosezioni e da aliquote dei servizi. Come truppe suppletive di Corpo d'Armata erano destinati alla Tripolitania il 18° reggimento bersaglieri, anche esso privato delle compagnie fucilieri, e il 24° raggruppamento di artiglieria pesante campale a traino meccanico, con un gruppo da 75, uno da ro5 e uno da 149. In più aliquote del genio e dei servizi ed un autoparco di ben 550 autocarri. Il personale destinato in Libia doveva appartenere alle classi 1895 e :uccessive. Le partenze sarebbero dovute avvenire entro il genna10 1919. Il comandante delle truppe in Albania, facendo presenti al Comando Supremo le sue crescenti difficoltà, ottiene di limitare il suo contributo al comando della 38" Divisione e ai reparti da esso direttamente dipendenti per un totale di ottocento uomini, trattenendo la Brigata « Verona ». Questa sarà sostituita dalla Brigata « Bergamo » proveniente dall'Italia. La fine del 1918 trova l'Esercito mobilitato ridotto di circa 520.000 uomini per conseguenza del congedamento di I I classi, con un certo numero di Grandi Unità già sciolte, ma con le Brigate, sola eccezione una parte di quelle di marcia, ancora numericamente al completo anche se in varia misura depauperate di per4. - Gallinari
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sonale. Per l'effetto combinato dei congedamenti e dei trasferimenti in Paese, l'Esercito operante ha visto diminuire la sua forza numerica di circa un quarto, passando dai 2.150.909 uomini di truppa del 2 novembre 1918 agli r.646.096 del 28 dicembre 19r8. Nello stesso periodo gli ufficiali sono scesi da 81.867 a 70.812 (8r). La struttura organica era rimasta immutata per la fanteria, ma aveva già subito notevoli modificazioni per l'artiglieria. Concentrate in un unico deposito a Padova le batterie controaerei, ridotte fortemente le batterie d'assedio e di bombarde, si era subito disposto lo scioglimento o il rientro dei reggimenti da campagna eccedenti rispetto alle Divisioni rimaste. Si rinunciava così a ripristinare i reggimenti da campagna suppletivi nei Corpi d'Armata, soppressi durante la guerra. Nello stesso tempo, facendo tesoro dell'esperienza bellica circa la cooperazione fra artiglieria e fanteria, venivano organicamente assegnati un gruppo di obici pesanti campali e una batteria di bombarde da 58 A ad ogni Divisione di fanteria, mentre i Corpi d' Armata ottenevano la stabile ed organica assegnazione di un raggruppamento su due gruppi di cannoni pesanti campali da rn5 e di un gruppo da montagna (82). Si tratta, e per questo valeva la pena di segnalarli, dei primi mutamenti organici conseguenti alla guerra, non però, come vedremo, destinati ad essere conservati nella struttura dell'Esercito stabilita dagli ordinamenti postbellici. A conclusione della prima parte di questo lavoro, che è un tentativo di ricostruire sulla base della documentazione reperita la vita e le modificazioni dell'Esercito nei primi mesi dopo la fine delle ostilità, potrebbe essere trascritto un appunto inviato dal Ministro della Guerra al Capo di Stato Maggiore dell'Esercito nei primissimi giorni del 1919 (83).
(81) AUSSME, situazione della forza tenuta a cura dell'Ufficio del Capo di S.M. dell'Esercito. La contraddizione rispetto alla cifra di 520.000 congedati può derivare da un ritardo nell'effettivo congedamento degli uomini in zona di guerra. (82) E' una modifica proposta dall'Ufficio Operazioni del Comando Supremo fin dai primi giorni dopo l'armistizio, in occasione della preparazione dell'appunto in data 14 novembre 1918. (83) AUSSME, racc. CSVU 314. Prot. 6 22, in data 12 gennaio 1919, f.ta Zupelli.
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Il documento, certamente uno degli ultimi fir mati · dal Ministro Vittorio Zupelli, espone non soltan to la situazione in atto ma anche le esigenze prevedibili in quel momento. E' necessario, dice l'appunto, che l'Esercito conservi la propria efficienza sia per il mantenimento delle condizioni di armistizio, sia per far fronte alla « poco probabile ma non impossibile » ripresa delle ostilità. E' anche necessario, però, che venga fatto tutto il possibile per la ripresa della vita civile. Fino allora gli ufficiali congedati sono stati assai pochi, anche se il Ministero ha sciolto molti comandi ed enti territoriali. Occorre invece che siano secondati i piani per la ripresa dell'occupazione nel settore dei lavori pubblici, che richiedono personale tecnico e amministrativo qualificato. D'altro canto le eventuali esigenze dell'Esercito potrebbero essere salvaguardate mediante un sistema rapido di precettazione e richiamo in caso di necessità. Per fronteggiare la persistente crisi dei trasporti occorre che, per ridurre il movimento dei foraggi, oltre ai reggimenti di cavalleria già in Paese altri ne rientrino, specie verso l'Italia meridionale, dove le risorse sono maggiori. Altrettanto debbono fare i reggimenti di artiglieria ippotrainata eccedenti rispetto alle necessità. Pur nell'aridità dell'argomentazione, questo documento ben delinea le difficoltà e le contraddizioni che derivano dalla esigenza di affrontare contemporaneamente i problemi della sicurezza esterna e interna e quelli economici e sociali, p roblemi che il 1919 vedrà ulteriormente aggravarsi, mettendo duramente alla prova la compagine dell'Esercito. Se si dovesse sintetizzare il significato che può trarsi dalle informazioni di cui disponiamo sulla prima fase della smobilitazione italiana, si potrebbe dire che essa ha avuto un avvio tanto rapido quanto lo consentiva la potenzialità del sistema dei trasporti, senza che su di essa inizialmente agissero remore di carattere politico. A questa rapidità corrisponde una inefficiente organizzazione della componente burocratica e logistica. Si verifica anche una quasi assoluta mancanza di forme di assistenza a favore dei militari di truppa congedati nel critico momento del loro rientro nella vita civile. Nel senso del rallentamento della smobilitazione cominciano ad agire, prima della fine del 1918, cause legate a preoccupazioni politiche sentite dapprima più dal Governo che dal Comando Supremo. I timori per l'ordine pubblico e le operazioni oltremare strettamente connesse allo svolgersi della politica estera e coloniale
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dell'Italia fanno crescere la richiesta di reparti che debbono essere tratti da quelli mobilitati. Ad un certo punto, saranno gli stessi responsabili dell'Esercito operante a far rilevare la contraddizione fra i sempre più pesanti impegni che venivano a gravare su di esso e la continua e rapida ,diminuzione della forza alle armi.
PARTE SECONDA
I I.
POSTUMI
I.
DELLA
GUERRA
L'ESERCITO ITALIANO ALL'INIZIO DEL 1919.
11 13 gennaio 1919, il quotidiano milanese « Il Secolo >>, allora uno dei più importanti, pubblica in prima pagina un articolo di Rino Alessi, suo inviato speciale presso l'Esercito, che riferisce ampiamente su un colloquio col Sottocapo di Stato Maggiore generale Badoglio. Dal tono dell'articolo appare chiaro che si tratta in realtà di una lunga intervista cui non si è voluto dare il carattere compromettente del discorso diretto. Premesso che con il congedo delle classi dal 1874 al 1884 l'Esercito mobilitato ha reso alla vita civile circa 900.000 uomini, da lui ritenuù pari a un quarto della forza (1), al ritmo di quindicimila al giorno, Badoglio constata che « l'orizzonte politico dell'Europa si palesa tutt'altro che rabbonito » e che perciò « sarebbe delittuoso sprovvedersi dello strumento il quale ci ha dato la vittoria ». Il generale formula poi una dichiarazione che è smentita, almeno per quel che riguarda il Comando Supremo, da ciò che si è riportato nella prima parte di questo volume. Egli dice ad Alessi: « posso assicurare che né il Comando Supremo né il Ministero della Guerra hanno mai pensato a nuovi congedi>>. Con una tipica risposta non richiesta, il Sottocapo di Stato Maggiore smentisce che il rallentamento della smobilitazione sia causato dalla possibilità di un conflitto col nuovo Regno serbo - croato - sloveno e fa notare invece che, fra le potenze dell 'Intesa, l'Italia è quella che ha più smobilitato sia in senso assoluto, sia in senso relativo. Con una battuta destinata a piacere ai lettori del quotidiano, vicino alle correnti dell'interventismo democratico, il generale conclude assicurando che, firmata la pace, l'Italia continuerà a precedere gli altri Paesi nella smobilitazione, « sempreché la nostra po-
(1) Erroneamente, poiché come si è già visto l'Esercito mobilitato contava alla fine delle ostilità 2.150.909 uomini.
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ITALIANO
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li tica di pace non continui nel tono assunto ad opera di quegli irresponsabili che ~ogliono tutta la Dalmazia sino alle Bocche di Cattaro >) . Provenienti da un uomo notoriamente cauto, ma abilissimo nel percepire i cambiamenti di atmosfera, queste dichiarazioni rappresentano un punto di svolta nell'atteggiamento del Comando Supremo quale risulta dal piano iniziale di smobilitazione e dai congedamenti di classi proseguiti per tutto il mese di dicembre. E' allo stesso tempo evidente, nonostante l'esplicita ma rivelatrice smentita, che l'arresto della smobilitazione è dovuto proprio ai problemi posti dalla situazione determinatasi in Adriatico e alla frontiera orientale, dall'acutizzarsi della questione di Fiume, dalle accanite polemiche che ne erano derivate sulla stampa dei due Paesi e negli stessi ambienti politici italiani. ed infine dalla incipiente sensazione che i nostri maggiori alleati non intendevano mostrarsi solidali con le richieste del nostro Governo. La gravità della situazione era poi accentuata, assai al di là del ragionevole, dalle ripetute manifestazioni di piazza che si svolgevano nelle principali città italiane. E' si ntomatico che proprio lo stesso giorno in cui viene pubblicato l'articolo di Alessi, e proprio a firma del generale Badoglio, venga diramata una circolare del Comando Supremo (2) che provvede alla destinazione delle diciannove Brigate di cui era previsto lo scioglimento. Ci è possibile ricostruire la genesi di questa decisione, che incide sulla forza e sulla struttura de)] 'Esercito mobilitato, sostanzialmente basato sull'unità « Brigata)), assai piò dello scioglimento di Corpi d 'Armata o di Divisioni. E' necessario però partire dal primo programma di riduzione delle unità predis·posto in novembre. In un promemoria redatto il 3 gennaio 1919 dal colonnello Bollati, capo dell'Ufficio Ordinamento e mobilitazione del Comando Supremo (3), si apporta qualche marginale modifica al programma iniziale e, inserendo nel conteggio anche le unità fuori d'Italia (4), si fanno ammontare a trentadue le Divisioni di fanteria da conser-
(2) AUSSME, racc. CSVU 155. Circolare del Comando Supremo, Uff. O.M., prot. 57440 in data 13 gennaio 1919. (3) AUSSME, racc. OM 230. (4) Con qualche imprecisione, poiché considera in Albania la sola 36" Divisione, dimenticando la 13\ e trascura per quanto riguarda la Libia l'altra Divisione di fanteria, 1'81•, che si stava formando.
I
POSTUMI
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vare in Italia e in D almazia. Esse debbono essere ripartite, insieme alle quattro Divisioni alpine e alla 1• d'assalto, fra sedici Corpi d'Armata. Siamo, come si vede, assai vicini alla struttura organica del 1915. Il fabbisogno totale di Brigate è pertanto di sessantaquattro in Italia e Dalmazia più diciotto fuori d'Italia, in totale ottantadue, contro le novantasette di fanteria e le sette di bersaglieri esistenti a quell'epoca. D ovevano perciò essere sciolte tre Brigate di bersaglieri e diciannove di fa nteria, anche per compensare la riduzione di forza conseguente al congedamento delle classi fino al 1884. Le Brigate da sciogliere, scelte con il criterio delle meno anziane fra quelle stanziate in Italia, erano le seguenti: « Bisagno )) , « Tevere », « Volturno », « Jonio », « Arezzo >l, « Avellino >l , « Lario )) , « Piceno », « Pesaro », « Cosenza », « PaJ1anza », « Massa Carrara », « Porto Maurizio », « Veneto >> , « Caserta >l, « Aquila », « Potenza >l, « Vicenza » e « Foggia », tutte composte con reggimenti numerati dal 209 in poi. Il criterio di suddivisione degli uomini di risulta che veniva consigliato prevedeva l'assegnazione a reggimenti che provenissero dagli stessi centri di mobilitazione. Si preferiva evidentemente spostare gli uomini per via ordinaria, talvolta su lunghi percorsi, piuttosto che trasferire la documentazione matricolare. La logistica era chiamata a pagare un pesante tributo all'amministrazione. Bollati è contrario allo scioglimento completo delle Brigate in quesuone, che avvierebbe l'Esercito verso dimensioni troppo ridotte. Anche in relazione col progetto del Ministro Zupelli, rimasto senza esito, di creare in tempo di pace reggimenti quadro, egli vorrebbe mantenere in vita i comandi di Brigata e di reggimento. Eventualmente, essi potrebbero servire ad inquadrare i reduci dalla prigionia destinati a raggiungere le truppe mobilitate. La già citata circolare del 13 gennaio si discosta dalle proposte di Bollati perché conserva in ogni Brigata, oltre ai comandi, un nucleo composto di una compagnia mitragliatrici, sei sezioni pistole mitragliatrici e circa centoventi fra sottufficiali e graduati. Comandi e nuclei restavano temporaneamente a disposizione del Comando Supremo. Non veniva più presa in considerazione l'ipotesi, formulata in dicembre, dello scioglimento di un altro gruppo di sei Brigate. Venne successivamente deciso di passare i nuclei di Brigata a disposizione del Ministero che ai primi di febbraio ne assegnò uno o due a ciascun Corpo d'Armata territoriale per l'inquadramento
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degli ex prigionieri delle classi dal 1885 al 1894 (s). Nel mese di marzo le diciannove Brigate saranno ricostituite e, in un primo tempo, spetterà prevalentemente ad esse assicurare il presidio del territorio ed i relativi servizi. Dopo l'operazione descritta, contemporaneamente allo scioglimento di tutte le Brigate di marcia, e gli spostamenti conseguenti di uomini e di materiali, l'Esercito mobilitato doveva risultare, per la parte stanziata in Italia, composto delle unità indicate nello specchio che segue (6). Rispetto al progetto Bollati manca la 1a Divisione d'assalto, destinata in Tripolitania, due Brigate non sono indivisionate e le Brigate bersaglieri sono aumentate di una.
I
6' Divisione
Brigata « Valtellina » Brigata « Chieti )>
III Corpo d'Armata
( 75a Divisione 5" Divisione
X Corpo d 'Armata
IV Raggr. alpini VII Raggr. alpini
26a Divisione
Brigata « Perugia » Brigata « Pistoia »
55a Divisione
Brigata « Liguria Brigata « Pavia >>
Div~ionc
Brigata « Forlì » Brigata « Siena )>
I
21'
V Corpo d'Armata
III Raggr. alpini VI Raggr. alpini
»
p " Divisione
Brigata « Acqui )> Brigata « Torino »
69° Divisione
III Brigata bersaglieri IV Brigata bersaglieri
(s) A USSME, racc. circolari 12. Circolare ministeriale prot. 260, in data febbraio 1919. (6) AUSSME, racc. CSVU 155. Allegato alla circolare 57440 cit.
I
POSTUM[
DELLA
GUERRA
, 9~ Di visione XIV Corpo d'Armata
~
59
Brigata « Catanz~ro_ » II Brigata bersaghen
16
1•
Div~ione
1 12•
Divisione
I l
45., Divisione
j
Brioata « Aosta » i:, • Brioata « Ses1a » i:,
52a Divisione
}
Brigata << Udine » Brigata << Novara »
/ 25a Divisione
1
Brigata « Regin~ » Brigata « Catama » V Brigata bersaglieri Brigata « Casale »
XXVI Corpo d'Armata
XXVIll Corpo d'Armata! { 53" Divisione •• •·
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I
Brigata « Ferrara » Brigata « Bologna »
\ Brigata « Lombardia» ? Brigata « Pado_v:.»,.._ = ·- ,.-,~. ' ..., ~ :7~;,;;;--,~!~:i:5_ ,.:, , ., e'J
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Brigata « Pinerolo » Brigata « Granatieri >>
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1"
XXVII Corpo d'Armata
VIII Corpo d'Armata
ARMATA
Divisione
)
~ Brigata
t
« Campania » Brigata << Reggio »
66a Divisione
Brigata « Messina » Brigata << Cuneo >>
43• Divisione
~
Brioata « Emilia » Brigata << Umbria »
i
Brigata << Lucca » Brigata « Piacenza
53a Divisione
>)
60
t'ESERCITO
ITn. LIAJ'\0
NhL
Si
XXII Corpo d'Armata
PRIMO
f>OPOCUERRA
Divisione
l
6o" Divisione
6"
1918 . 1920
Brioata <e Mantova b Brigata « p·isa »
»
Brigata « Piemonte » Brigata « Tre viso »
ARMATA
1
Divisione
Brigata Brigata
( 22"
Divisione
Brigata « Firenze » Brigata « Roma »
\ 2
« «
Parma >> Marche »
XII Corpo d'Armata
~ ~0 ~ Divisione
Brio-ata « Taro » . b Brigata cc Trapani
? 8o" Divisione
VIII Raggr. alpini IX Raggr. alpini
>>
I Corpo d'Armata
" AR.\IATA
\ 52a Divisione
I Raggr. alpi_ni_ II Raggr. alpini
? 15• Divisione
Brio-ata « Cremona » ò Brigata « Modena »
VI Corpo d'Armata
1
1
IX Corpo d'Armata
Divisione
j i8" Divisione
Brigata « Basilic~ta » Brigata « Abruzzi » Brigata Brigata
<( «
Bari » . Calabria »
3f Divisione
Brioata o Bribrrata
«
«
Livorno n . Sassari n
56a Divisione
Brigata Brigata
\
9"
ARMATA
XVIII Corpo d'Armata « «
Ravenna » Como »
I
POSTUMI
DELLA
6I
G UERRA
31 Divisione
(
l
Brigata « Ancona >i Brigata « Macerata »
XI Corpo d ' Armata Brigata « Friuli » Brigata « Venezia »
3r" Divisione
l
10"
XXU I Corpo d'Armata
Brigata « Toscana » I Brigata bersaglieri
Divisione
23• Divisione
I
VI Brigata bersaglieri VII Brigata bersaglieri
Si è ritenuto opportuno riportare lo specchio che precede non soltanto per informare il lettore sulla situazione dell'Esercito ali 'inizio del 1919, ma anche perché la sua laboriosa formazione e il fatto che esso sia stato inviato a tutti i comandi di Armata potrebbero dimostrare che la struttura descritta veniva ritenuta destinata a durare per qualche tempo, probabilmente in coincidenza con una temporanea sospensione dei congedamenti . E ' infatti più o meno in questo periodo che il Comando Supremo esprime al Ministero il proprio convincimento che, fin quando la situazione internazionale non sarà chiarita, sia necessario soprassedere al congedamento delle classi dal 1885 al 1888 (7). Spingevano verso una pausa nel congedamento delle classi anche influenze provenienti dall'estero, che saranno esaminate in seguito. Controspinte sempre più consistenti venivano invece detcr- · minandosi nell'opinione pubblica italiana con critiche che inizialmente riguardavano più le m oda lità che la velocità della smobilitazione, ma che gradualmente si volgeranno contro una supposta resistenza degli ambienti militari al ritorno del Paese alla normalità del tempo di pace, ritorno di cui la smobilitazione dei reparti, dei comandi e degli uffici era considerata l'indispensabile premessa (8). Anche sulla stampa favorevole al Governo Orlando si pubbli(7) AUSSME, racc. CSVU 70. Telegramma prot. 6n63, in data 24 gennaio 1919, del C.S. alla Sezione Italiana del Com itato Militare Interalleato di Versailles. (8) Un ampio pano rama e un attento esame critico dell'atteggiamento della stampa in merito alla smobilitazione e più in generale alle questioni militari nelrimmediato dopoguerra possono trovarsi in R ocHAT G .: « L'Esercito italiano da Vittorio Veneto a Mussolini ». Bari, 1967.
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cano critiche severe alla cattiva organizzazione dei massicci congedamenti degli ultimi mesi del r9r8, che avevano trovato assolutamente impreparata l'organizzazione territoriale dell'Esercito, sulla quale gravava gran parte dell'onere delle operazioni. Il Ministro Zupelli ne fece le spese. Il 18 gennaio il Presidente Orlando coglie l'occasione del rimpasto del Governo, provocato dalle dimissioni del Ministro del Tesoro Nitti, per sostituirlo al Ministero della Guerra con il generale Enrico Caviglia, comandante dell'8a Armata. Molto probabilmente, la nomina di Caviglia era stata concertata tra Orlando e Diaz in un incontro sicuramente avvenuto il giorno 16, lo stesso giorno in cui Caviglia viene improvvisamente e d'urgenza convocato a Roma dal Capo di Stato Maggiore dell'Esercito (9). Enrico Caviglia era noto come comandante molto capace e di grande energia, assai apprezzato nell'Esercito ad ogni livello. In particolare, era noto come egli fosse sempre molto attento a curare con la massima attenzione i suoi rapporti con gli ufficiali e le truppe da lui dipendenti. Si contava sulla sua opera e sul suo nome anche per ridurre il sempre rinnovantesi distacco fra Comando Supremo e Ministero, assai pericoloso ora che inevitabilmente il centro di gravità doveva, sia pure con gradualità, spostarsi dal primo al secondo. Le pagine seguenti dovrebbero però dimostrare che non solo il divario non fu eliminato nel periodo della gestione Caviglia, ma che si ebbe una innovazione rispetto alla situazione precedente. Infatti, i rapporti fra Comando Supremo e vertice politico divennero per una serie di circostanze assai più stretti di quelli che con entrambi riuscì a stabilire il Ministro Caviglia. Fra i primi atti di questi è la costituzione alle sue dirette dipendenze di un Ufficio Smobilitazione e Ordinamento del Regio Esercito, affidato al colonnello di S. M. Alfredo Rota, del quale fanno parte rappresentanti del Comando Supremo e delle direzioni generali del Ministero. L'Ufficio riuscì ad assicurare un notevole livello di collegamento organizzativo fra i massimi organismi militari, evitando molte delle sfasature che in questo campo si erano verificate in precedenza. Mancò tuttavia una effettiva unificazione della politica militare italiana e continuò a manifestarsi la tendenza ad uno scarico (9) AUSSME, DS ga Armata. Sotto la data del 16 gennaio 1919.
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reciproco degli oneri conseguenti ai crescenti impegni dell'Esercito nel primo semestre del 1919. Uno dei primi sintomi del nuovo clima instauratosi a Via XX Settembre fu la promessa, fatta da Caviglia alla stampa, di pubblicare un programma della smobilitazione. La promessa non ebbe seguito, certamente non per colpa del Ministro, ma migliorò indubbiamente il flusso di informazioni dall'Esercito verso la pubblica opinione. A fine gennaio un quotidiano di Roma (10) dà notizia che, in una dichiarazione all'on. Vicini, il Ministro ha assicurato una graduale ripresa della smobilitazione e un più rapido congedamento degli ufficiali. Come si è già visto, questi non avevano seguito la sorte della propria classe di leva ma, salvo disposizioni speciali per talune categorie professionali, erano stati congedati a partire dal 14 dicembre 1918 e con ritmo piuttosto lento. Le classi di ufficiali congedate prima della nomina di Caviglia erano soltanto quelle più anziane del 1877. Entro febbraio saranno effettivamente congedati gli ufficiali delle classi anteriori al 1885, stabilendo così il parallelismo con gli uomini di truppa. Va ricordato però a questo proposito quanto già detto sul trattenimento volontario alle armi. Un altro dei primi provvedimenti del Ministro Caviglia è la circolare che vieta la partecipazione dei militari di ogni grado a pubbliche manifestazioni politiche, ricordando la tradizione di estraneità alle lotte di partito che era stata sempre rispettata dall'Esercito italiano. Il Ministro conclude affermando che il Paese non approva certi atteggiamenti e che « il nostro Paese deve essere obbedito » ( n ), parole queste piuttosto nuove rispetto ai tante volte ripetuti riferimenti alla fedeltà alla monarchia. Le manifestazioni cui Caviglia si riferisce sono evidentemente quelle di impronta nazionalista per la questione adriatica che si venivano svolgendo in quei giorni sotto l'influsso delle notizie riguardanti gli incidenti sempre più gravi che si verificavano a Fiume. Tuttavia non si può dimenticare che il solo provvedimento punitivo di cui si abbia notizia è il collocamento a riposo d'autorità del generale Pietro Gramantieri che, in occasione del noto discorso tenuto l'n gennaio al Teatro alla Scala da Leonida Bissolati, era (ro) Cfr. « Il Messaggero », Roma, 3r gennaio 1919. ( II) AUSSME, racc. circolari 12. Circolare ministeriale prot. D SM in data 22 gennaio 1919.
2600,
comparso sul palcoscenico insieme all'oratore ed era poi mtervenuto per redarguire duramente i disturbatori, tra i quali sembra che fossero alcuni ufficiali in divisa. Una delle influenze che agivano in senso contrario ad una rapida smobilitazione era quella che proveniva da Parigi dove, durante la Conferenza della pace aperta il 18 gennaio, continuava a riunirsi il Consiglio supremo di guerra. Nella seduta del 24 gennaio, in un dibattito del quale ci è stato conservato un ampio riassunto (12), il maresciallo Foch cerca di suscitare preoccupazioni per l'eventuale reazione della Germania alle condizioni di pace che stavano per esserle imposte. Egli chiede, per far fronte a questa eventualità, un rallentamento della smobilitazione degli Eserciti alleati. Il Presidente Wilson e i rappresentanti britannici, salvo il generale Haig, sono però contrari all'impostazione francese. Il generale Diaz, che è presente con Orlando e Sonnino, chiede che vengano predisposti più efficaci controlli sul la smobili tazione delle forze armate germaniche, la cui forza, secondo ·Foch, si aggirerebbe fra i 600.000 e i 700.000 uomini. Diaz ricorda che l'Italia è costretta a mantenere in funzione antigermanica due D ivisioni nell 'alta valle dell'lnn. Informa poi gli alleati che l'Italia ha smobilitato fino a quella data tredici Divisioni, mantenendone trentotto, ma afferma che non è possibile che il nostro Esercito possa restare « indefinitamente mobilitato >1 . Orlando coglie l'occasione per chiedere, con evidente riferimento al Regno serbo - croato - sloveno, che il controllo venga esteso ai Paesi minori << che invece di smobilitare, sembra stiano mobilitando>>. Foch ritiene che sia necessario mantenere sul Reno un minimo di ottanta o novanta Divisioni alleate e chiede che si tenga una riunione di capi militari per esaminare e coordinare i rispettivi piani di smobilitazione. Il generale Cavallero sintetizza in un telegramma al Comando Supremo (13) che Foch sta facendo pressioni soprattutto per rallentare la smobilitazione dell'Esercito britannico e osserva che egli non ha fatto nessun cenno alla presenza fra le truppe alleate del II Corpo d'Armata italiano. La riunione dei militari si tiene a Parigi il 27 gennaio e vi partecipano i generali Foch, Diaz, Haig, Pershing e Weygand. Le forze che i diversi eserciti garantiscono sono le seguenti: i francesi avranno
(12) AUSSME, racc. CSVU 21. (13) AUSSME, racc. CSVU 274. Prot. 201, in data 24 gennaio 1919.
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al IO aprile 1919 una forza di 2.257.000 uomini, dei quali r.350.000 sul fronte occidentale, ripartiti in quarantasei Divisioni, i britannici prevedono di tenere a fine marzo sullo stesso fronte dieci Divisioni con circa 500.000 uomini. Il generale Pershing, pur dichiarando che gli Stati Uniti intendono smobilitare in tutta la misura possibile in relazione alla disponibilità di tonnellaggio mercantile, prevede che al 1° aprile le forze americane in Europa ammonteranno a venti Divisioni con r.380.000 uomini. Dal canto suo, Diaz assicura che, soltanto in Italia, il nostro Esercito conterà al 1° aprile almeno trentuno Divisioni. Secondo uno specchio in data 25 gennaio 1919 (14), probabilmente preparato in vista di quella riunione, risultano dati che appaiono .diversi, forse per i diversi criteri di rilevazione, forse per lo sfasamento temporale fra ordini di congedamento ed effettiva messa in libertà dei militari, rispetto sia a quelli riportati nelle pagine precedenti, sia a quelli forniti da Badoglio a Rino Alessi. Secondo questa fonte, sarebbero stati in zona di guerra, alla data citata, 65.000 ufficiali e r.450.000 sottufficiali e uomini di truppa, dei quali circa un milione nei reparti combattenti ed il rimanente nei servizi e nei reparti di retrovia. Dallo stesso specchio si rilevano altri dati interessanti. La forza media di una Divisione di fanteria era sui dodicimila uomini, nonostante l'assorbimento dei reparti di marcia ed il già avviato recupero dei fanti provenienti dalle note diciannove Brigate. La distribuzione percentuale approssimativa degli uomini fra le armi combattenti nell'Esercito mobilitato era la seguente: 62% fan teria, 22% artiglieria, 14% genio, 1% carabinieri ed r % aeronautica. Iella prima fase della gestione Caviglia si assiste ad uno sforzo di organizzazione e di « umanizzazione » della smobilitazione, che però resterà sospesa fino a tutto febbraio, mentre il Comando Supremo si dedica ad una razionalizzazione della struttura dell'Esercito mobilitato. Questo assestamento comporta lo scioglimento di qualche altra unità, nonostante il crescere delle esigenze di rinforzi segnalate dai corpi di spedizione oltremare. Inoltre, si facevano sentire le conseguenze del peggiorare dei rapporti con il nuovo Stato jugoslavo, dovuto più alla radicalizzazione delle rivendicazioni e delJe polemiche che al verificarsi di in-
(14) AUSSME, racc. CSVU 274.
5. - Gallinari
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cidenti concreti (r5). L 'occupazione della linea di armistizio fra Tarvisio e il mare ha però ancora un carattere spiccatamente bellico. Nonostante il clima invernale, particolarmente inclemente sulle Alpi Giulie, i reparti italiani bloccano ogni possibile passaggio della linea con distaccamenti avanzati, cui viene periodicamente dato il cambio a cura delle riserve dislocate nei villaggi e nelle zone più arretrate. Ad intervalli più lunghi, Brigate e reggimenti si alternano sulla linea. E' un servizio molto oneroso per le unità della 9• e della 3" Armata, ma anche nei periodi di blocco totale del transito e delle trasmissioni, come quello ordinato dal Comando Supremo a seguito degli incidenti di Lubiana che avevano portato al ritiro dal capoluogo della Slovenia della nostra missione militare, la situazione sulla linea di armistizio è tranquilla e normali sono i rapporti con la popolazione della zona. L'occupazione da parte jugoslava è assai rada, a causa della persistente disorganizzazione del nuovo esercito ed anche del lungo conflitto con gli austriaci per il controllo di Klagenfurt e di altri distretti della Carinzia. In febbraio, anche l'apparizione di una pattuglia nelle vicinanze dei nostri posti avanzati è ritenuta degna di segnalazione ( 16). · La presenza militare serbo - croata - slovena in Slovenia e. nelle regioni vicine era valutata dai nostri comandi soltanto in quattro reggimenti di fanteria e uno di artiglieria, il che spiega anche l'inconcludenza degli attacchi contro le improvvisate truppe carinziane. Qualche incidente con irregolari armati si era invece verificato in Dalmazia durante la- graduale espansione della nostra occupazione verso la linea di armistizio. Nelì'esprimere un parere favorevole alla ripresa dei rapporti postali e telegrafici con lo Stato vicino, il comando della 3" Ar·m ata, la più impegnata sul piano militare e anche la più esposta alla propaganda nazionalista che proprio a Trieste aveva uno dei suoi centri, scriveva al Comando Supremo con precisa ed efficace sintesi: « Di fronte a noi in sostanza non vi è un nemico in armi, bensì un (15) In questo periodo, mentre gli italiani chiedevano l'applicazione del Patto di Londra più l'annessione di Fiume e, taluni, anche di altri tratti della costa orientale dell'Adriatico, il Governo serbo - croato - sloveno chiedeva che il confine fra i due Paesi fosse portato al Tagliamento. Cfr. T.-\M BORRA A.: « L'Europa centro - orientale nei secoli XIX - XX >> . Milano, 1973, pag. 694 e seg. (16) AUSSME, Comando Supremo, riassunti giornalieri delle operazioni. Sotto la data del 19 febbraio 1919.
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semi - alleato col quale vi sono molti motivi di contrasto e col quale perciò i rapporti sono difficili e anormali » ( r7). Del resto, lo stesso generale Badoglio aveva risposto ad una allarmata lettera di Graziali, riguardante gli incidenti che si erano verificati a Fiume il 12 gennaio, che nessuna soluzione era possibile prima delle decisioni della Conferenza della pace e che perciò occorreva limitarsi a pazientare ed a controllare la situazione ( r8). Ai primi di febbraio, Badoglio dichiarava in una conferenza tenuta ai più alti comandanti dell'Esercito che, se non erano del tutto scomparsi i pericoli di ulteriori conflitti, erano tuttavia da escludere << una guerra di movimento con grosse masse e la ripresa della guerra di posizione » (19). Deve pertanto dedursi che fosse in quei giorni ipotizzabile una guerra di movimento di dimensioni limitate. Era coerente con questa previsione lo scioglimento di tutti i reparti di bombardieri sopravvissuti a diverse precedenti riduzioni e ritenuti « attualmente superflui», deciso il 1° febbraio (20), ma sicuramente non lo era l'offer ta al Ministero di tutti i cinque reparti di motomitraglieri esistenti (21), avanzata in quegli stessi giorni. Non lo era nemmeno la decisione del Comando Supremo di fa r rientrare in Paese la 3" Divisione di cavalleria e undici reggimenti di cavalleria non indivisionati. Altri fatti contraddittori erano la continua decadenza, per mancanza di una organizzazione delle riparazioni, del parco automobilistico, visto che circa il 50% dei 37-000 autocarri esistenti nel febbraio 1919 era inefficiente (22), e l'abbandono in cui veniva lasciata l'aeronautica, che aveva in servizio al 1° gennaio 784 apparecchi
(17) AUSSME, DS 3., Armata. Prot. 467, in data 23 gennaio 1919, della 3" Armata al C.S., f.ta Fabbri. (18) AUSSME, DS 3" Armata. Telegramma proc. 16629, in data 20 gennaio 1919, del C.S. alla 3• Armata, f.to Badoglio. (19) AUSSME, racc. CSVU 155. Circolare prot. 7940, in data 10 febbraio 1919, del comando 6• Armata, f.ta Bonzani, che fornisce un riassunto delle parole di Badoglio. (20) AUSSME, racc. circ. 52. Telegramma prot. 63220, in data 1° febbraio 1919, del C.S. (21) AUSSME, racc. OM 263. T elegramma prot. 70188, in data 8 febbraio 1919, del C.S. - Uff. O.M., f.to Badoglio. Si trattava di reparti muniti di motocarrelli a tre ruote prodotti dalla ditta Frera ed armati con mitragliatrici FIAT. (22) AUSSME, DS Uff. O.M. del C.S. Sotto la data del 13 gennaio 1919.
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(309 da caccia, 80 da bombardamento e 395 da ricognizione), ma soltanto 422 piloti (23). All'inizio di marzo, ulteriore sintomo di scarsa considerazione, il Comando Generale di aeronautica tenuto dal generale Bongiovanni viene ridotto a Comando Superiore e affidato al colonnello De Siebert. I più importanti mutamenti decisi dal Comando Supremo fra la seconda metà di gennaio e la prima di febbraio riguardano lo scioglimento dell'8.. Armata, il cui comando era rimasto vacante, dei due Corpi d'Armata da essa dipendenti e di altre quattro Divisioni, 34\ 69", 70" e 75", quest'ultima ricostituita qualche settimana dopo, e della Brigata « Taro » (207° e 208° fanteria). Va detto che la 9" Armata, forse su sollecitazione del Ministro Caviglia che un anno prima era rimasto vivamente rammaricato per lo scioglimento del « suo » XXIV Corpo d'Armata, assumerà il 16 febbraio, al momento della nomina a comandante del generale Nicolis di Robilant, il numero distintivo dell'Armata disciolta poco prima. I tredici reggimenti di artiglieria da campagna rimasti isolati dopo lo scioglimento di altrettante divisioni vengono fatti rientrare in Paese, per via ordinaria come avveniva per la cavalleria (24), d?po ~ver provveduto a sottrarre loro gli uomini delle classi più g1ovam. Fra i più gravi problemi logistici e organici che il Comando Supremo doveva affrontare in quei mesi era }a pletora di reparti di artiglieria d'assedio, costituiti per le particolari esigenze della guerra di posizione. Essi, nonostante il rientro di molti gruppi ridotti al solo personale e la larga utilizzazione degli artiglieri per i lavori di ricostruzione e per il recupero della massa di materiale bellico rimasta abbandonata sul campo di battaglia, restavano ancora troppo numerosi ed armati in modo troppo eterogeneo. Veniv.a così stabilito (25) che ogni Armata dovesse avere un proprio parco d'assedio costituito su tre raggruppamenti di medio calibro con un totale di diciotto batterie di mortai da 210 mm e di-
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(24) Con successiva decisione, per evitare un troppo forte logorio
« del prezioso materiale ippico », la seconda parte del viaggio sarà effettuata in ferrovia. (25) AUSSME, DS 3" Armata. Prot. T6759, in data 2 3 gennaio 1919, del C.S., f.ta Badoglio.
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ciotto di cannoni da 149 A e su un raggruppamento misto comprendente diciassette batterie di calibro vario fino a 305 mm. Inoltre, era costituita una riserva generale di artiglieria con cinquantuno batterie di medio e grosso calibro, dal 149 A al 381. Come conseguenza di queste disposizioni, saranno sciolti entro il mese di giugno trentuno raggruppamenti di artiglieria d'assedio per un totale di 122 gruppi (26). Lo scioglimento della 2"' Divisione d 'assalto, avvenuto il 26 febbraio, offre l'occasione per fornire qualche informazione sulla particolare sorte dei reparti di arditi nell'immediato dopoguerra, salvo a tornare sullo stesso argomento quando lo sviluppo di questo lavoro lo richiederà. I reparti d'assalto, costituiti a partire dal 1917 con personale volontario per effettuare colpi di mano e per aprire la strada alla fanteria su obiettivi di rilievo e difficoltà particolari, avevano conosciuto nell'ultimo anno di guerra un ulteriore incremento. Distribuiti inizialmente fra tutti i Corpi d'Annata (uno, il ?(XXV, ne aveva anche la 35" Divisione che operava nei Balcani), i reparti d 'assalto furono poi in parte concentrati in due Divisioni, riunite verso la fine della guerra in un Corpo d'Armata speciale comandato, come si è già visto, dal generale Graziali. Ciascuna delle Divisioni d'assalto era formata da un Raggruppamento d'assalto di tre gruppi, questi ultimi unità a livello reggimentale dal punto di vista organico, e da reparti di artiglieria someggiata, del genio e delle altre anni, nonché da limitate aliquote dei servizi. La composizione normale del gruppo d'assalto era su due reparti d'assalto e un battaglione di bersaglieri. I reparti di arditi, come venivano comunemente chiamati, anche se esaltati dai comunicati e dalla stampa, erano guardati con un certo sospetto dai comandi dell'Esercito per la loro disciplina troppo disinvolta e per la tendenza a far parte a sé rispetto alle altre specialità e armi. Cessata la possibilità di utilizzare in azione questi speciali reparti, si pose ,subito il problema della loro sorte nella organizzazione militare postbellica, anche perché taluni loro privilegi non erano più giustificati d2 un maggior rischio. Già a fine novembre 1918 il generale Grazioli indirizzava al Comando Supremo una
(26) AUSSME, racc. CSVU 172. Tabella dei comandi e reparti disciolti alla data del 1° luglio 1919.
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relazione sull'argomento che il suo comandante d 'Armata, Enrico Caviglia, dichiarava di approvare pienamente (27). Grazioli, premesso che caratteristica degli arditi non era uno speciale armamento ma uno speciale addestramento, ritiene che essi siano stati riuniti in reparti per far fronte ad esigenze destinate a cessare con la guerra. Ne chiede perciò l'abolizione, anche perché si trattava di truppe « in mezzo alle quali trovavasi un contingente non indifferente della italica teppa ». A questa considerazione certamente troppo moralistica, visto che in nessun Esercito e in nessuna arma è stato mai previsto l'esonero per gli appartenenti alla « teppa », ne aggiungeva altre più fondate e concrete dicendo che le stesse ottime qualità belliche e personali dimostrate in guerra sarebbero state fonte di preoccupazione per i comandi e che il loro impiego in servizio di ordine pubblico avrebbe potuto costituire « un pericolo grave )) , anche per certi tentativi dei futuristi di annetterseli. Concludeva scrivendo che l'addestramento degli arditi, specie quello fisico, doveva essere esteso a tutta la fanteria e che considerava con favore la possibilità di impiegare i reparti d'assalto in colonia, però solo su base volontaria. Questo suggerimento fu parzialmente accolto dal Comando Supremo quando alle due Divisioni chieste dal Ministero delle Colonie per la ripresa delle operazioni in Tripolitania aggiunse la I 3 Divisione d'assalto che tuttavia, per motivi forse connessi alla scarsa disponibilità di navi mercantili, fu costretta a ritardare la partenza dal porto di Venezia fino al marzo 1919. Fra gennaio e febbraio tutti i reparti d'assalto non indivisionati furono sciolti ed i militari che ad essi appartenevano utilizzati come complementi per la Divisione che si accingeva a partire per l'Africa. Al momento dello scioglimento della 2 " Divisione d'assalto gli arditi che ne facevano parte furono invece tutti rinviati all'arma o specialità di origine. Dal canto suo, il Ministro Caviglia dispose invece che venissero costituiti, con personale variamente recuperato, reparti di arditi presso i Corpi d'Armata e le Divisioni territoriali. Il 1° maggio 1919, il generale Alessandro Pirzio Biroli verrà nominato Ispettore dei reparti arditi del territorio. (27) AUSSME, DS 83 Armata. La relazione è allegata alla lettera prot. 8273, in data 26 novembre 1918, dell'8"' Armata al C.S., f.ta Caviglia. Q uesti giustificherà poi il mutato atteggiamento assunto da ministro nel suo libro <( Il conflitto di Fiume >>, cit., pag. 65.
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Con una iniziativa senza precedenti al Ministero della Guerra, il 12 febbraio Caviglia convocò nel palazzo di Via XX Settembre i rappresentanti dei principali quotidiani e tenne loro una conferenza stampa. Ion comunicò novità dì rilievo, ma sembrò mirare soprattutto a stabi lire un diverso e più attento rapporto con l'opinione pubblica. Assicurò che il premio di smobilitazione, inizialmente fissato per i soldati semplici alla modestissima somma dì quaranta lire, sarebbe stato aumentato e pagato più celermente. Il Ministro riferì anche che sì stavano accelerando i congedamenti degli ufficiali per portarli alla pari con quelli della truppa e difese la smobilitazione per classi successive, che era il metodo più facilmente accettato dai soldati, ma si dichiarò contrario alla precedenza che si sarebbe voluta dare alle classi dal 1889 al 1893 che avevano fatto servizio più a lungo, alcune addiriqura per nove anni. Affermato che la smobilitazione veniva rallentata anche a causa delle persistenti difficoltà di trasporto e della opportunità di non creare disoccupazione, Caviglia disse infine, rispondendo alla domanda di un giornalista, dì non avere niente in contrario alla partecipazione dei soldati mobilitati ad eventuali elezioni politiche (28).. Nella direzione di una maggiore cura per gli interessi degli smobilìtandì va anche una circolare diramata a fine febbraio che, in vista del non ancora deciso congedamento della classe 1885, dispone l'avvicinamento preventivo dei militari alla loro abituale residenza in modo che, grazie a licenze e permessi concessi dai Distretti cui saranno aggregati, possano gradualmente inserirsi nella vita civile (29). La circol2re raccomanda che i soldati vengano ampiamente informati riguardo ai notevoli vantaggi che avrebbe comportato il nuovo sistema di congedamento rispetto al precedente. Anche il Comando Supremo, con una circolare che risale al mese precedente (30), dimostra come la dirigenza dell'Esercito sì fosse ormai convinta che l'azione di convincimento e di motivazione nei confronti dei militari di truppa, strettamente congiunta alla cura del benessere del soldato, non andava abbandonata a guerra finita, ma proseguita (28) Per altri particolari sulla conferenza stampa possono essere consultati i maggiori quotidiani italiani del giorno successivo. (29) AUSSME, racc. circolari r2. Circolare prot. 900, in data 21 febbraio r919, del Ministero della Guerra - U.S.0 .R.E., f.ta Caviglia. (30) AUSSME, racc. circ. 51. Circolare prot. 3305, in data 19 gennaio r919, del C.S. - Ufficio stampa e propaganda.
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tenendo conto delle crescenti aspettative che si manifestavano ora che la tensione del periodo bellico era bruscamente caduta. Lo scopo di questa seconda circolare era di « evitare ad ogni costo e con ogni mezzo che le truppe si credano dimenticate non appena hanno cessato di essere necessarie » e di stabilire un legame morale tra i congedati e l'Esercito in cui avevano militato. La pausa nella smobilitazione fu interrotta, oltre che dai già visti congedi di ufficiali, dal provvisorio ritorno alle loro case dei giovanissimi soldati della classe 1900. Il provvedimento, che incideva in misura assai limitata sull'Esercito mobilitato dato che il grosso della classe era ancora riunito in battaglioni di marcia appositi, dei quali era stato ordinato in gennaio il rientro in Paese, fu disposto il 6 febbraio. Per le solite difficoltà dei trasporti, fu necessario diluire in trenta giorni le operazioni di congedamento. Il congedo della classe 1900, che mirava ad assicurare un regolare reclutamento per gli anni futuri, fu causa di malumore fra i soldati più anziani, da tanto tempo lontani dalle famiglie e dalle attività civili, che vedevano rientrare a casa dopo un breve servizio i giovanissimi che solo in piccola parte avevano conosciuto i rischi e i disagi della guerra. Forse per attutire gli effetti psicologici del provvedimento, fu consentito poco dopo l'avvicinamento alle Università degli ufficiali · e dei militari di truppa che dovevano proseguire gli studi superiori. Il 22 febbraio fu deciso anche il congedamento anticipato dei militari delle classi dal 1885 al 1895 che si trovavano in situazioni familiari di particolare disagio. Per motivi facilmente comprensibili, quest'ultima disposizione fu assai lenta a dare, specie in zona di guerra, gli effetti desiderati. Tuttavia, una ripresa piuttosto rapida della smobilitazione si ebbe nelle settimane seguenti, quando furono disposti i congedamenti della classe 1885 con effetto dal 5 marzo, della classe 1886 con effetto dal 20 marzo e della classe 1887 con effetto dal 1° aprile. Contrariamente alle speranze subito r idestatesi negli interessati, si ebbe in seguito una nuova pausa di circa due mesi, corrispondente ad un periodo di particolare tensione. Va dato atto al generale Caviglia anche di aver sollecitamente disposto una completa riorganizzazione del Ministero, che riassorbiva gli uffici passati durante la guerra al Ministero delle Armi e Munizioni e predisponeva quanto era necessar~o per subentrare all'Intendenza Generale, di cui era previsto il prossimo scioglimento, nei compiti logistici che le erano stati affidati. La nuova struttura
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ministeriale assumeva una fisionomia abbastanza simile a quella conservata fino al 1963.
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Un attento osservatore delle vicende della cosiddetta questione adriatica alla fine del 1918 e nei primi mesi del 1919 avrebbe potuto facilmente constatare come gli alleati mantenessero nella contesa sempre più serrata fra l'Italia e il nuovo Regno serbo - croato - sloveno per la definizione dei confini una neutralità piuttosto benevola nei confronti degli jugoslavi, come ormai più frequentemente erano chiamati i nostri vicini orientali. Era vana, anche se abbastanza diffusa nel nostro Paese, l'illusione che dall'arbitrato alleato potesse derivare il completo accoglimento delle richieste italiane che recavano in sé la contraddizione di fondarsi sui trattati per quanto riguardava la Dalmazia e sul principio di nazionalità per quanto riguardava il destino di Fiume. Con l'avvicinarsi dell'inizio della discussione sulle condizioni di pace da imporre all'Austria, la polemica interna e internazionale si faceva più intensa. C'era però nei dirigenti italiani una sostanziale fiducia in un atteggiamento positivo degli alleati nei confronti delle nostre richieste. Anche chi, come il generale Grazioli, era a stretto contatto con la politica degli altri Paesi dell'Intesa pensava che certe prese di posizione dipendessero dalla cattiva volontà dei singoli e proponeva perciò sostituzioni di comandanti britannici o francesi, senza considerare che essi non facevano, né potevano fare, altro che attenersi alle istruzioni che ricevevano dai rispettivi governi. Le obiettive diffico~ dell'azione internazionale dell'Italia, in parte dovute all'incapacita di scegliere ciò che era veramente importante per noi, provocano nella politica del Governo una reazione attivistica che non corrisponde alle forze economiche e militari disponibili, né ad un realistico apprezzamento della situazione. Il primo semestre del 1919, in particolare le settimane fra marzo e giugno, vedono l'inizio o lo sviluppo di una serie di iniziative che si ripercuotono sull'impegno delle unità dell'Esercito, nel frattempo ulteriormente depauperate dai provvedimenti di smobilitazione che si sono visti nel capitolo precedente. La grave dispersione di forze fuori del territorio nazionale toccò nella primavera del 1919 il suo punto di massimo livello. Salvo il
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rientro del II Corpo d'Armata (Divisioni 3• e 8" con le Brigate « Brescia », « Napoli » e « Salerno ») dal Belgio, dove resta la Bri-
gata « Alpi » con aliquote di varie armi e servizi, avvenuto in perfetto sincronismo con iJ ritiro delle Divisioni francesi dall'Italia nel mese di marzo, la presenza militare italiana all'estero conosce solo incrementi. Vengono inviate in Libia, dove come si è visto le nostre guarnigioni erano già molto numerose, la 1" Divisione d 'assalto, partita da Venezia tra il 18 e il 20 marzo, e la Brigata « Bergamo » (25° e 26° fanteria), nonché molte compagnie di mitragliatrici e diverse unità di artiglieria. Mentre le forze in Albania ricevono qualche rinforzo e nessun rientro di reparti avviene dalla 35" Divisione nei Balcani, si profila in marzo la partenza della 33" Divisione, rinforzata da un gruppo di battaglioni di bersaglieri ciclisti, verso l'Anatolia, sulle cui coste stavano avvenendo sbarchi italiani ad opera delle due nostre unità stanziate nelle isole dell'Egeo, il Corpo di occupazione e il Corpo. di spedizione già destinato in Siria e Palestina, che avevano una forza complessiva di circa diecimila uomini. Nello stesso tempo si manifesta l'esigenza di approntare un grosso corpo di spedizione per la Transcaucasia. Di queste ultime due operazioni, non ancora ben conosciute, come delle vicende delle nostre truppe in Albania e nei Balcani, tratteremo più estesamente nei capitoli seguenti. Fra i tanti impegni internazionali gravanti sull'Esercito italiano nella prima metà del 1919 vanno ricordati anche gli interventi interalleati contro il nuovo Stato sovietico e l'organizzazione dei primi reparti dell'Esercito della Repubblica di Cecoslovacchia, uno degli Stati appena sorti dalle macerie dell'Impero austro - ungarico. Truppe italiane, sia pure in scarso numero, erano state inviate sulle coste del Mare di Barents, all'estremo nord della Russia, e nella Siberia orientale 2 Vladivostok e lungo la ferrovia transiberiana per partecipare, in posizione subordinata rispetto ai ben più numerosi alleati, a due dei molti inutili tentativi compiuti dalle Potenze dell 'Intesa per agevolare l'opera degli eserciti antibolscevicbi e stabilire una propria influenza sui territori che erano appartenuti all'Impero russo. Il Corpo di spedizione in Murmania, costituito dal IV battaglione del 67° reggimento fanteria « Palermo » e da minori reparti, al comando del tenente colonnello Sifola, era partito nell 'agosto del 1918 da Torino ed era giunto a Murmansk dopo una lunga e
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disagiata navigazione. Armato con fucili russi e dislocato parte nella stessa città e parte nella vicina località di Kola, il nostro contingente si affiancava con i suoi 13 r6 uomini ad una Divisione britannica e ad un battaglione francese, uno americano e uno serbo. La situazione restò immutata fino alla primavera successiva quando un piccolo reparto italiano, denominato « Colonna mobile Savoia », partecipò insieme ad unità di altri Paesi ad una spedizione verso sud, lungo la ferrovia per Petrozavodsk, sostenendo fino all'estate alcune scaramucce con forze sovietiche (31). In Estremo Oriente operava un altro piccolo Corpo di spedizione, costituito da una compagnia dell'85° fanteria che era servita come base di appoggio per formare due battaglioni di fanteria con soldati trentini e giuliani dell'Esercito austro - ungarico, già prigionieri dei russi. Si trattava in totale di circa millesettecento uomini (32), che sostennero alcuni combattimenti nella zona di Krasnojarsk. Piuttosto complessa è la vicenda che por tò alla presenza di militari italiani in Cecoslovacchia. Sul finire della guerra, alla Divisione cecoslovacca formata con volontari tratti dai campi di concentramento per prigionieri austro - ungarici, che aveva partecipato ai combat:timenti del 1918 sul fronte del Trentino, se ne era affiancata un'altra, mentre numerosi battaglioni si stavano formando in Lombardia con prigionieri liberati. Le due Divisionì, che presero il numero distintivo di 6" e 7", furono chiamate a costituire il 17 novembre 1918 il Corpo d'Armata cecoslovacco, armato prevalentemente con materiale italiano. Gli ufficiali generali e superiori del Corpo d'Armata, il personale dei comandi e molti specialisti delle varie armi erano italiani. Comandante fu nominato il generale Luigi Piccione, che in dicembre si trasferì in Cecoslovacchia con tutte le sue truppe (33). Poiché il Corpo d'Armata costituito in Italia rappresentava sicuramente la parte più importante e meglio organizzata delle forze (31) Più ampie notizie possono vedersi in Bollettino dell'Ufficio Storico, anno 1927, fase. V e in MARAVIGJsA P . : « Gli italiani nell"Oriente balcanico, in Palestina e in Russia ». Roma, 1928. (32) Per una più ampia trattazione : Ufficio Storico SME : e< L'Esercito italiano nella grande guerra (1915 - 1918). Voi. VII, tomo I. Il Corpo di Spedizione Italiano in Estremo O riente ». Roma, 1934. (33) Le notizie che seguono seno tratte dal DS del Corpo d 'Armata cecoslovacco e da quello della Sezione Italiana dei comitato militare interalleato di Versailles, entrambi conservati in AUSSME.
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armate del nuovo Stato, il generale Piccione aspirava, col pieno consenso delle autorità italiane, al comando supremo dell'Eserci~o cecoslovacco. Giunto con le sue Divisioni in Slovacchia, la regione orientale del Paese i cui confini internazionali non erano ancora stati definitivamente stabiliti, Piccione trovò che la carica di capo di stato maggiore generale era stata già affidata al generale francese Pellé. Dopo laboriose trattative, nel corso delle quali si ebbe modo di constatare la crescente influenza francese sul nuovo Stato, il generale italiano ottenne il comando di tutte le truppe stanziate ad oriente del fiume Morava, rimanendo alle dirette dipendenze del Ministro cecoslovacco della Guerra. Nella regione si erano intanto costituite milizie volontarie irregolari che miravano ad affermare il dominio cecoslovacco anche nelle zone abitate da minoranze magiare e rutene, mentre dalla Francia era giunto un contingente cecoslovacco chiamato con qualche esagerazione Divisione, visto che era composto di circa quattromila uomini. Le truppe cecoslovacche provenienti dall'Italia, fino ad allora esemplari per disciplina, furono contagiate dal nazionalismo estremista di molti loro compatrioti che si rivolgeva contro le popolazioni di diversa nazionalità destinate a restare entro i nuovi confini. Gli ufficiali italiani, pur lealmente impegnati ad assicurare contro le incursioni ungheresi il territorio della Slovacchia, cercavano di impedire che le truppe ai loro ordini partecipassero ad atti di sopraffazione. Questa posizione equilibrata era ritenuta dai cecoslovacchi tendenzialmente favorevole ai magiari e cominciarono a verificarsi alcuni casi di insubordinazione. Inoltre, l'atteggiamento di appoggio alle rivendicazioni jugoslave adottato dai cecoslovacchi in nome della fratellanza slava portava ad un peggioramento dei loro rapporti con il Governo italiano, che si era assunto anche il compito di rifornire di viveri le truppe del Corpo d' Armata ed una parte della stessa popolazione. Già in marzo il generale Caviglia, che si rendeva conto dell'aggravarsi della situazione dei nostri comandi e del nostro personale, aveva chiesto ad Orlando il ritiro delle due Divisioni nella più tranquilla Boemia. Il Corpo d'Armata, costituito su Divisioni ternarie comandate dai generali Boriani e Rossi, comprendeva 21 20 marzo 1919 una forza di 136 ufficiali e 1031 uomini di truppa italiani e 845 ufficiali e 21.951 uomini di truppa cecoslovacchi. L'impegno logistico ita-
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liano, complicato dalla distanza e dalla scarsa sicurezza delle linee ferroviarie, cominciava a rivelarsi inutile o addirittura dannoso sul piano politico. Era ormai evidente che l'appoggio dato alla Cecoslovacchia, specie in occasione dell'occupazione di Bratislava e delle zone di confine verso l'Ungheria, ci alienava la possibile simpatia di quest'ultima, particolarmente utile per l'Italia finché durava la tensione con lo Stato serbo - croato - sloveno, mentre l'azione della Francia in competizione con noi diminuiva l'influenza politica italiana sulla classe dirigente cecoslovacca. Sintomo della crescente penetrazione francese fu la nomina del generale francese H ennocque a comandante di una nuova Divisione formata a Kosice, nella Slovacchia orientale, che veniva contemporaneamente sottratta al comando del generale Piccione. Dopo inutili trattative per il ritiro del Corpo d'Armata in regioni più tranquille o per altre soluzioni di compromesso, fu deciso ai primi di giugno di· ritirare tutto il personale militare italiano dalla Cecoslovacchia. Ancora una volta, gli oneri sopportati dall'Esercito non erano serviti a procurare all'Italia un effettivo vantaggio nel quadro della politica internazionale (34). Il generale Piccione ricevette l'ordine di rientrare in Italia, lasciando il suo incarico al generale francese Mittelhauser. I rapporti, o meglio i contrasti, con il nuovo Stato jugoslavo erano divenuti la principale preoccupazione del Governo italiano, preoccupazione che andava crescendo man mano che Orlando e Sonnino, ormai quasi permanentemente trasferitisi a Parigi, si vedevano serrati fra le prese di posizione degli alleati e le pressioni provenienti dal Paese, ove ai moti di piazza nazionalisti venivano ora a sommarsi quelli contro il carovita e quelli socialisti, mentre si temevano movimenti anche in Alto Adige e nella Venezia Giulia (35). Tuttavia i due uomini politici italiani erano ancora piuttosto ottimisti se Diaz, anch'egli spostatosi a Parigi ove lavorava a stretto contatto con gli altri membri della nostra delegazione, partecipa il 24 marzo ad una riunione con Orlando e Thaon di Revel per esaminare le possibili reazioni jugoslave alla notizia di una decisione (34) Per gli avvenimenti qui sommariamente descritti può vedersi: Gorn « Coi legionari cecoslovacchi al fronte italiano e in Slovacchia >> . Roma, Ufficio Storico SMRE, 1933. (35) AUSSME, DS 1 3 Armata e 33 Armata. Marzo e aprile 19r9. PoRCI NARI:
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della Conferenza favorevole all'annessione di Fiume all'Italia. Tale previsione corrisponde anche alle segnalazioni di Grazioli circa il diffondersi nell'ambiente croato della città adriatica della stessa notizia ed alle sue richieste di rinforzi, avanzate il 20 marzo, per garantire Fiume da un eventuale colpo di mano jugoslavo. Il Comando Supremo, tenuto in assenza di Diaz da Badoglio, aveva dovuto far fronte nel mese di marzo alle conseguenze del congedamento delle classi 1885 e 1886 e di quello, già previsto, dell a classe 1887. La riduzione complessiva che ne sarebbe derivata per ]e truppe dipendenti dal Comando Supremo era valutata in 150.000 uomini, solo parzialmente compensata dall'arrivo in zona di guerra di novanta battaglioni formati con i reduci dalla prigionia. Per far fronte alla diminuzione di effettivi era stato disposto lo scioglimento anche di ventiquattro gruppi pesanti campali a traino meccanico, sei gruppi di autocannoni da 102 mm, cioè tutti quelli esistenti, e due reggimenti, il 61° e il 62°, di artiglieria da campagna autoportata, nonché della 18° Divisione e di numerosi reparti dell'aeronautica. Anche per migliorare il tono morale delle truppe, che certamente avevano sperato più solleciti congedamenti, il Comando Supremo aveva predisposto un vasto programma di addestramento professionale da attuarsi nelle armate per preparare i militari al rientro nella vita civile (36). Le nuove indicazioni che vengono da Parigi portano un cambiamento di atmosfera e sono immediatamente tradotte in ordini alla 3• e all'8" Armata e al Governatorato della Dalmazia (37). Si segnala la possibilità cJ1e alla pubblicazione delle decisioni della Conferenza della pace gli jugoslavi « eseguano un atto disperato qualsiasi >> . Il Comando Supremo valuta le forze efficienti serbocroato - slovene nella zona che poteva interessare l'Italia in due reggimenti in Carniola, uno fra Mostar e Ragusa, due a Zagabria, due battaglioni a Porto Re (Kraljevica) ed uno a Spalato. E' perciò prevedibile solo l'intervento di piccoli reparti in azioni locali, specie nelle vicinanze di Fiume. Un attacco più serio avrebbe richiesto movimenti e preparativi che non sarebbero sfuggiti ai nostri servizi
(36) AUSSME, DS 3" Armata. Prot. 227, in data 17 marzo 1919, del C.S. alle Armate. (37) AUSSME, DS 3a Armata. Prot. 5175, in data 26 marzo 19r9, f.to Badoglio.
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di informazioni. Si ordina comunque ai comandi di tenere le truppe più raccolte per poter imbastire immediate reazioni. Il Comando Supremo sospende il rientro in Paese di tre reggimenti di artiglieria da campagna e, per quanto ancora possibile, lo scioglimento dei gruppi pesanti campali a traino meccanico. Gli ordini ritrasmessi dalle Armate, forse con qualche eccessiva accentuazione, debbono aver creato allarme e incertezza nei comandi dipendenti, specie dalla 3• Armata, se questa li fa seguire alcuni giorni dopo da una comunicazione che tende ad evitare che essi siano incerpretati in modo offensivo o provocatorio. La lettera così conclude: « Si prega perciò di dare ordini tassativi affinché non possa avvenire che, per eccesso di zelo o per impulsività di comandanti in sottordine, il Paese sia trascinato in un conflitto nello scoppio del quale esso potesse, anche solo in apparenza, avere qualche responsabilità » (38). Durante il mese di aprile la tensione aumenta, ma all'interno del Paese. Lo sciopero generale a Roma, gli incidenti e le astensioni dal lavoro a Milano e in altre città procurano allarme nel Governo, che chiede al Ministero della Guerra l'impiego di molti reparti in servizio di ordine pubblico. In pochi giorni diverse Brigate ricevono l'ordine di lasciare la zona di guerra. La « Cuneo» va a Roma, la << Parma », la << Marche » e la « Roma > ) a Milano, la « Sassari» a Torino, 1a « Campania » a Piacenza, la « Messina » in Emilia. In un clima assai agitato, mentre nelle vie si svolgono i cortei organizzati dai sindacati socialisti, si tengono in molte città assemblee per progettare colpi di mano su Fiume. Le riunioni, anche se si risolvono in discorsi velleitari, coinvolgono spesso ufficiali dell'Esercito, quasi sempre studenti universitari lontani dai loro reparti e inseriti negli ambienti civili. Sull'Esercito si sviluppano anche pressioni tendenti a spingerlo ad azioni di forza verso Fiume o verso l'interno. E' sintomatico di questa atmosfera il corteo che il ro aprile a Roma, in occasione di uno sciopero generale indetto dai sindacati, si reca in Via XX Settembre per applaudire il Ministro della Guerra e chiedergli un più deciso intervento (39). La situazione è ritenuta tanto allarmante che
(38) AUSSME, DS 3• Armata. Prot. 2665, in data r0 aprile 1919, della 3• Armata ai comandi dipendenti, f.ta Vaccari. (39) Cfr. V1vARELLI R.: « Il dopoguerra in Italia e l'avvento del fascismo ll. Voi. I, Napoli, r967, pag. 329.
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Orlando fa chiedere a Foch tramite Cavallero cinquanta tank leggere, peraltro senza ottenerle. In quelle stesse settimane la speranza di una soluzione della questione adriatica corrispondente alle aspettative italiane si r iduce a zero e si giunge, il giorno 24 aprile, al clamoroso rientro in Italia dei principali esponenti della Delegazione a Parigi. Tuttavia, pur se le eventuali reazioni jugoslave all'annessione di Fiume all'Italia non avrebbero ormai alcun fondamento, il dispositivo per una controreazione italiana viene rafforzato. Gli uomini che il Comando Supremo afferma di avere a disposizione sono circa 950.000, dei quali 842.000 in Italia, 65.000 in Albania, 38.000 nei Balcani e 5.000 in Francia, o meglio in Renania. Alla stessa data le forze in Paese vengono valutate dal Comando Supremo in 600.000 uomini, senza contare le sette Brigate fatte rientrare d 'urgenza per motivi di ordine pubblico (40). E' facile notare come non vi sia coerenza fra queste cifre e quelle relative al r5 maggio, cioè a data successiva al congedo della classe 1887. Non è da escludere che si siano usati procedimenti di rilevazione e di calcolo tali da portare a risultati riduttivi, più convincenti per la richiesta di rinforzi al Ministero. In questo periodo si fanno più insistenti le ripetute richieste di complementi per le Armate, per la Dalmazia e per l'Albania. Va notato che ora il Ministero della Guerra li concede con una certa gene~o:5ità, fino a raggiungere un totale di circa cinquantamila uomm1. Da parte sua Diaz, a Parigi, fa presenti ad Orlando le difficoltà che deriverebbero dal congedo della classe r888. Orlando chiede telefonicamente al Ministro della Guerra di sospendere il congedamento previsto, che verrà ordinato soltanto il 19 giugno, proprio alla fi ne della gestione Caviglia. Si ha in questa e in altre occasioni la sensazione che ormai si siano stabiliti tre centri di potere militare. Diaz, a Parigi in stretto contatto con Orlando, si fa mediatore e forse anche moderatore delle esigenze politico - militari. Badoglio, ad Abano, ha il diretto controllo dell'Esercito mobilitato, ne conosce da vicino le difficoltà, ma obbedisce alle indicazioni che vengono da Parigi senza porre troppi problemi. Caviglia infine, a Roma, risente maggiormente (40) AUSSME, DS dell'Ufficio ordinamento e mobilitazione del C.S. Prot. 79B47, in data 5 aprile 1919, e prot. 79915, in data 7 aprile 1919, del C.S. alla Delegazione per la pace a Parigi, f.ri Badoglio.
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delle varie tendenze deil'opinione pubblica e sembra mirare a portare avanti comunque il suo programma di smobilitazione, anche a scapito della politica di interventi all'estero, come dimostra la richiesta da lui rivolta a Orlando e Sonnino, in una riunione parigina del 4 giugno, di ridurre i contingenti di truppa fuori d'Italia (41). Su di lui convergono in particolare le richieste delle autorità politiche per la difesa dell'ordine pubblico e quelle dello stesso Comando Supremo, che cerca di farsi cedere quanti più uomini può. Data la nuova situazione, si provvede anche a rinforzare l'occupazione della Dalmazia inviandovi in aprile, oltre a qualche migliaio di complementi, il comando del I Corpo d 'Armata, quello della 66" Divisione, che si stabilisce a Zara, e la Brigata « Bari » (139° e 140° reggimento fanteria). Il Corpo d'Armata della Dalmazia, comandato dal generale Montanari, viene posto alle dirette dipendenze del Comando Supremo, creando così un certo dualismo nella dipendenza delle truppe in Dalmazia, fino ad allora agli ordini esclusivi del Governatore ammiraglio Milio. Nello stesso periodo si provvede anche a richiamare dalla Libia la 1" Divisione d'assalto, -ritenuta superflua in colonia dopo l'accordo, destinato peraltro ad una breve durata, stipulato il 14 apri!e con i principali esponenti della popolazione tripolina. Il 2 1 aprile il generale Badoglio dirama alle Armate interessate un telegramma che vale la pena di riportare testualmente: « S. E. il Presidente del Consiglio ritiene si possa fondatamente prevedere che dato presente atteggiamento jugoslavo qualunque possa essere decisione conferenza pace circa nostri interessi si manifested una ribellione lungo la linea di armistizio e specialmente in Dalmazia. In previsione di tale eventualità e data imminenza decisione congresso siano di urgenza àdottate le misure preventive di cui fu oggetto al foglio di questo comando n. 5175 op. del 26 marzo. Contemporaneamente sia intensificato servizio informazione e esercitata massima vigilanza su tutta la linea armistizio. Si eviti di destare allarmi e dare appigli e pretesti reazioni da parte avversario >> (42). Lo stesso giorno Badoglio aveva tenuto ad Abano una riunione con i capi di stato maggiore della 3a e dell '8" Armata (43). Il Sotto(41) Cfr. CAVIGLI A E.: « D iario ». Rema, 1952, pag. 181. (42) AUSSME, DS 3a Armata. Telegramma prot. 18904, in data 2r aprile 19r9. (43) AUSSME, DS 3" Armata. Sotto la data del 22 aprile 1919 è allegato un sunto redatto dal colonnello Guzzoni, capo dell'Ufficio operazioni del C.S.
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capo di Stato Maggiore riferì che le n otizie giunte da Parigi tramite il generale Diaz riguardavano anche « reazioni improvvise del nemico contro centri importanti » e che si era provveduto a rafforzare immediatamente la Dalmazia. Per far fronte alle nuove esigenze nonostante i recenti rientri in Paese, quattro Divisioni, 10\ 15\ 23• e 31•, saranno messe a disposizione della 3" Armata insieme al 1° gruppo battaglioni bersaglieri ciclisti e ad aliquote di artiglieria. L '8" Armata, che cederà tre Divisioni alla 33, riceverà la 6oa Divisione e un Raggruppamento alpini. Anche a limitati attacchi jugoslavi occorrerà rispondere con azioni m assicce che· dalle Alpi Giulie si spingerebbero, allargandosi a ventaglio, verso Celje, verso e oJ tre Lubiana, verso Zag2bria, verso Karlovac e verso Ogulin. Al tempo stesso Badoglio fa propria la raccomandazione di Sonnino, che sembra tenere in questo periodo un atteggiamento diverso e più cauto rispetto ad Orlando, tendente ad evitare atti che possano essere interpretati come provocazioni. Al piano esposto da Badoglio saranno apportate modifiche in maggio e in giugno, ma esso sarà tenuto permanentemente presente. Quale poteva essere l'intendimento del Governo che era alla base di queste disposizioni, chiaramente sproporzion2te alla effettiva situazione e alle forze contrapposte? Quali gli obiettivi politici della eventuale azione all'interno della Carniola e della Croazia, che avrebbe suscitato una decisa reazione contraria degli alleati, quando a prezzo di una rottura meno drastica con questi, e delle relative conseguenze economiche, era possibile continuare semplicemente ad occupare tutti i territori in nostro possesso, che corrispondevano alle rivendicazioni massime dell'Italia, vale a dire il confine del Patto di Londra più Fiume ? D 'altro canto se ci fosse stata veramente l'intenzione di giungere ad un conflitto con gl i jugoslavi sarebbe stato assurdo concretare proprio in quel periodo gli sbarchi in Anatolia e dare il vi? alla spedizione in Transcaucasia. Si trattava probabilmente, invece, di un'azione psicologica svol~ mediante i preparativi di una prova di forza che avrebbe dovuto far cadere le opposizioni alleata e jugoslava e giungere così ad un accordo. Tale tesi potrebbe trovare una conferma nella pressione militare non cruenta che, come si vedrà meglio in un successivo capitolo, si intendeva esercitare nello stesso periodo sulle truppe serbe in Albania (44). L 'effetto che se ne voleva trarre era sicu ramente rivolto anche a quella parte dell'opi(.H) Cfr. più avanti, pag. 93 e scg.
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nione pubblica italiana che incitava il Governo ad una maggiore durezza nella sua azione. Si riallaccia a questo periodo, pieno di vociferazioni e di atteggiamenti velleitari (45), l'episodio tuttora oscuro del complotto nazionalista cui avrebbero partecipato anche alti ufficiali della 3°' Armata. Le voci che ne parlarono allora, in un clima ricco di sospetti e di risentimenti, non meriterebbero oggi seria considerazione, ma la merita indubbiamente una rapida nota del maresciallo Caviglia, scritta nel suo diario vent'anni dopo, che dà la cosa per avvenuta (46), così come la merita la conferma che ne dà lo stesso autore nel suo libro sulla questione fiumana (47). Lo stato di allarme che riguardava essenzialmente la 3" Armata e il mantenere sotto pressione comandi e truppe in vista di un improbabile attacco e di una iniziativa che non si intendeva prendere, potrebbero essere interpretati, con ipotesi non troppo fantasiosa, anche come espedienti del Comando Supremo per tenere sotto controllo la situazione senza ricorrere a mezzi drastici. E ' forse collegata a questa particolare contingenza la presenza in Venezia Giulia e in Dalmazia del generale Carlo Caneva, il più anziano dei generali d'Esercito in servizio e perciò in condizione di assumere il comando di tutte le truppe nella regione. La permanenza di Caneva nella zona, dopo un viaggio a Fiume motivato con la presenza in città del generale francese Humbert, più anziano di Grazioli, si protrasse dal 19 maggio alla fine di giugno, anche quando era caduto il motivo iniziale. Contro gli allarmismi, cui non mancava qualche giustificazione, che potevano recare turbam ento tra le truppe si rivolge una circolare riservatissima di Diaz, diramata fino ai comandi di reggimento ai primi di maggio (48). La circolare condanna coloro che deprimono « lo spirito delle truppe e del Paese col prospettare lo spauracchio di una nuova guerra » che viene nettamente esclusa, fidando nell'appoggio degli altri Paesi dell'Intesa e degli Stati Uniti alle rivendicazioni italiane, « essendo assurdo pensare che la nostra giusta causa possa essere trascurata o non riconosciuta dai nostri alleati » . (45) Cfr., fra gli altri, DE FELICE R.: << Mussolini il rivoluzionario ». Torino, 1965, pag. 527 e seg. (46) CAVIGLIA : << Diario ,,, cit., pag. 184. (47) CAVIGLIA: « li conflitto di Fiume i>, cit., pag. 69 e seg. (48) AVSSME, racc. circ. 12. Prot. 4051, in data 5 maggio 1919, del C.S. - Ufficio stampa e propaganda.
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Non mancano espressioni assai dure nei confronti degli jugoslavi, considerati successori degli austriaci, ma la circolare conclude invitando i comandi ad intervenire affinché le truppe « pur continuando, in conformità dei doveri che loro incombono, a lodevolmente disinteressarsi da ogni passionale manifestazione sappiano come per il passato discernere e disprezzare le malefiche sobillazioni )> . Pochi giorni dopo una nuova circolare di Caviglia vieta severamente agli ufficiali di partecipare a manifestazioni politiche. Il ritorno a Parigi della Delegazione italiana, avvenuto il 6 maggio, apporta una certa diminuzione della tensione polemica e nei giorni seguenti cominciano a profilarsi soluzioni di compromesso per il confine orientale. Alla fine di maggio la forza dell'Esercito mobilitato, così come è segnalata dal Comando Supremo al Ministero (49), risulta leggermente aumentata in Italia e in Dalmazia, ma notevolmente diminuita in Albania e nei Balcani. Al 15 maggio, secondo una particolareggiata tabella del Comando Supremo (50), la forza dell'Esercito mobilitato veniva valutata, dopo il congedamento della classe 1887, in 1.03,0.500 uomini . La loro suddivisione fra i vari scacchieri era la seguente : Italia . Dalmazia Piazze marittime F rancia (51) Albania Macedonia (52) Asia Minore Palestina
878.000 24.000 14-000 10.000 54.000 40.000 I0.000 500
Inoltre, nelle colonie e nei possedimenti erano stanz1at1 circa 76.000 uomini, di cui 53.000 in Tripolitania, 18.000 in Cirenaica, I .ooo in Eritrea e Somalia e 4.000 nel Dodecaneso.
Va notato che quasi il venti per cento degli uomini mobilitati era lontano dall'Italia, una dispersione senza precedenti dall'inizio del conflitto. Nella stessa tabella i dati riguardanti le truppe in Paese sono esposti con la solita, larghissima approssimazione. La cifra di par(49) AUSSME, racc. SP 51. Prot. 88580, in data 10 giugno 1919, f.ta Ago. (50) AUSSME, racc. CSVU 172. Tabella datata 9 g iugno 1919. (51) In realtà nella Germania renana. (52) Anche questa indicazione è evidentemente imprecisa.
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tenza è costituita, ancora una volta, dalla forza a ruolo, pari a 670 mila uomini, ma di questa solo un terzo, cioè 225.000 uomini, viene considerato disponibile per i servizi territoriali e di ordine pubblico. Il Ministero della Guerra r iteneva questo livello di forza, dato il momento, il minimo indispensabile. I dati esposti vanno tenuti presenti quando si voglia valutare l'effettivo onere degli impegni militari all'estero di cui si parlerà nei capitoli successivi. Essi fanno considerare quanto sia difficile la situazione in cui viene a trovarsi l'Esercito nell'ultimo periodo del Governo Orlando.
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L'ULTIMO PERIODO DEL GOVERNO ORLANDO.
L'INTERVENTO
IN
CARINZIA.
Verso la fine di maggio comincia a farsi strada l'eventualità di un ulteriore intervento militare. Già dalla fine delle ostilità il nuovo Regno serbo - croato - sloveno e lo Stato austro - tedesco, come allora veniva denominata la Repubblica austriaca, si contendevano la conca di Klagenfurt e le vicine zone della Carinzia, abitate anche da popolazioni slovene in minoranza rispetto a quelle tedesche. Si era costituito a Klagenfurt un Governo provvisorio carinziano, collegato con quello di Vienna, che disponeva di truppe improvvisate con i resti dell'Esercito imperiale austro - ungarico. Queste truppe trovavano difficoltà a contrastare la spinta verso il nord esercitata, con reparti quasi altrettanto improvvisati, dai serbo - jugoslavi. Ripresi in aprile i combattimenti, delegati carinziam s1 presentano più volte ai nostri comandi per chiedere l'intervento delle truppe italiane, ma le richieste vengono. fatte cadere. Altrettanto avviene per quelle analoghe che provengono da un'altra regione dell'Austria, il Vorarlberg, che temeva invece una invasione proveniente dalla Baviera, controllata da un Governo rivoluzionario. Il Comando Supremo italiano seguiva attentamente la situazione, non soltanto per il concomitante stato di tensione con gli jugoslavi, ma anche perché nella zona passa la più diretta comunicazione ferroviaria fra l'Italia e Vienna. Nei primi giorni di maggio un intervento del generale Segre, della Commissione di armistizio di Vienna, viene chiesto dagli austriaci e riesce a stabilizzare la situazione militare in Carinzia. Ma il Governo di Vienna si rivolge contemporaneamente anche al
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Ministro Sonnino che chiede al Comando Supremo di « considerare la possibilità » di occupare il tratto minacciato della ferrovia, aggiungendo che « dal punto di vista politico tale azione mi sembra indispensabile » (53). Il presidente Orlando con un suo telegramma espone il proprio accordo con il collega degli Esteri e conclude, con una punta di machiavellismo, che « nel caso si dovrebbe dare notizia agli alleati quasi contemporaneamente all'azione » (54). Il generale Diaz risponde lo stesso giorno ad entrambi scrivendo che, considerato il ristabilimento della situazione ottenuto da Segre, non ritiene opportuno un intervento sulla ferrovia. Con accortezza aggiunge che, in tale eventualità, si dovrebbero far rientrare in zona di guerra quattro delle Brigate trasferite in Paese poche settimane prima. Altrimenti, le truppe destinate in Carinzia sarebbero state distolte « a pregiudizio eventuale azione verso Jugoslavia >> (55). Messo di fronte ad una scelta di questo genere, Orlando è costretto a limitarsi a prendere atto scrivendo che « non è questo certamente il momento più propizio per diminuire le truppe all'interno del paese » (56). Questo scambio di telegrammi è tipico dello stato dei rapporti fra le autorità civili e i capi militari. Le prime chiedono tutto e vorrebbero intervenire ovunque senza badare alle possibilità reali e alle conseguenze delle iniziative sull'equilibrio dell'organismo militare. I secondi giocano d'astuzia. Non rifiutano, ma chiedono quattro Brigate allorché due erano più che sufficienti e toccano il Presidente del Consiglio nel punto che in quel momento doveva essere più sensibile, l'ordine pubblico. Il 22 maggio il delegato in Carinzia del Ministero degli Esteri austriaco, Hoffinger, ripete la richiesta di intervento tramite il comando della 57" Divisione, che era a Tarvisio. Badoglio telegrafa subito a Parigi, dove nel frattempo era tornata la Delegazione italiana, riproponendo la richiesta delle quattro Brigate e facendo presente che una eventuale occupazione in Carinzia risponderebbe unicamente a necessità di ordine politico, senza comportare alcun vantaggio militare. (53) AUSSME, racc. CSVU 54. Prot. 1oo6, in data 3 maggio 1919, del Ministero degli Esteri al C.S., f.to Sonnino. (54) AUSSME, racc. CSVU 54. Prot. 3748, in data 3 maggio 1919, della Presidenza del Consiglio al C.S., f.to Orlando. (55) AUSSME, racc. CSVU 54. Prot. 19275, in data 3 maggio 1919. (56) AUSSME, racc. CSVU 54. Telegramma 376o, in data 3 maggio 1919 (non aprile come erroneamente scritto).
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Otto giorni dopo il generale Badoglio torna a telegrafare a Parigi segnalando ulteriori pressanti richieste carinziane. Precisa però che « nostre truppe hanno ordine non intervenire assolutamente né compiere alcun atto di ostilità fino a quando non intervengono superiori decisioni » (57). In quegli stessi giorni il generale Diaz era a strettissimo contatto con Orlando, insieme al quale esaminava e discuteva le condizioni della pace con l'Austria. Irremovibile sul confine nord, « il possesso del Brennero è condizione essenziale della nostra sicurezza militare» (58), Diaz non respinge l'idea di uno Stato fiumano indipendente (59). Segnala però i pericoli che possono derjvare al nostro possesso di Trieste e dell'Istria da un confine che venga portato, sia pure di poco, ad ovest della ferrovia Fiume - San Pietro del Carso (Pivka) - Lubiana. Chiede infine che il confine passi lungo la linea di armistizio nella regione a nord del costituendo Stato fiumano e che la testata della valle della Sava ed il « triangolo» di Assling (Jesenice) siano almeno smilitarizzati (60). Mentre i tentativi per giungere a soluzioni di compromesso riguardo ai confini orientali continuano senza successo, la questione della Carinzia si riacutizza. Le truppe austriache ripiegano sulla riva sinistra della Drava e s1 teme per la fine di maggio l'occupazione serbo - croato - slovena della città di Klagenfurt. Il governo carinziano si rifugia a Spittal. L'ordine nel capoluogo della Carinzia è mantenuto dal generale Segre che si avvale di una ventina di carabinieri provenienti da Vienna. All'alba del 6 giugno Klagenfurt è occupata dagli jugoslavi ed i combattimenti continuano fino a pochi chilometri da Villach. Il giorno II, in una riunione a Parigi fra Orlando, Diaz e il colonnello Pariani, viene decisa l'occupazione della ferrovia Tarvisio- Villach - Feldkirchen - Sankt Veit. 11 telegramma a Badoglio, predisposto da Diaz e approvato da Orlando, dice che « presi accordi con il Presidente del Consiglio >> l'indomani 12 debbono iniziarsi le operazioni << per la sicurezza del (57) AUSSME, racc. CSVU 20 . Telegramma 4174, in data 30 maggio 1919, a Orlando e Diaz. (58) AUSSME, DS Sez. it. comitato militare interalleato Versailles. Prot. 6471, in data 17 maggio 1919, f.to Diaz, a Orlando, Sonnino e C.S. (59) Cfr. MALAGODr: op. cit., pag. 693. (60) AUSSME, DS sez. it. comitato militare interalleato Versailles. Prot. 7655, in data 2 giugno 1919.
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funzionamento della ferrovia ». In caso di incontro con truppe jugoslave deve essere loro notificato il mandato ricevuto, evitando lo scontro ma procedendo con fermezza (61). Nel dare l'ordine esecutivo, che riguarda la 57" Divisione del XXII Corpo d'Armata, il generzle Badoglio aggiunge di sua iniziativa la notizia, che Diaz provvederà a smentire qualche giorno dopo, che l'operazione avviene << d'accordo col Consiglio dei quattro >> e raccomanda ai reparti impegnati di astenersi da ingerenze politiche (62). Il movimento dei reparti avviene regolarmente, parte in ferrovia e parte con quattrocento autocarri messi a disposizione per l'occasione. Vi partecipano la Brigata « Pisa» (29° e 30° fanteria), la Brigata « Mantova» (113° e 114° fanteria) e rXI battaglione bersaglieri ciclisti. Alle 18 del 12 giugno l'operazione era già stata completata senza contrasti. Qualche giorno dopo gli jugoslavi inizieranno un graduale ripiegamento verso sud. Se i rapporti con g li alleati sono migliorati, come provano la mancanza di reazioni all'intervento unilaterale in Carinzia e il rinnovo della richiesta di una eventuale partecipazione italiana ad azioni militari contro la Germania attraverso la Baviera (63), la situazione a Fiume non migliora. I rapporti nella città si fanno sempre più tesi e il generaJe Grazioli, che pur vede i danni che derivano dagli atteggiamenti estremistici pilotati dagli ambienti nazionalisti di Trieste, è favorevole all'armamento di un battaglione di volontari fiumani che, data la situazione, non potrebbe non divenire il punto di raccolta degli elementi più agitati e spregiudicati. Nonostante l'appoggio dato alla proposta dal comando della 3• Armata, Badoglio blocca l'iniziativa che tuttavia, qualche tempo dopo, troverà ugualmente modo di attuarsi. Il 19 giugno avviene un fatto che avrà conseguenze rilevantissime anche nel campo della politica militare, la caduta del Governo Orlando. Lo stesso giorno, forse per mantenere un impegno preso (61) AUSSME, DS sez. it. comitato militare interalleato Versailles sotto la data dell' n giugno 1919. (62) AUSSME, DS 4" Armata. Telegramma 20072, in e.lata 1 r g iugno 191 9, del C.S., f.to Badoglio. (63) AUSSME, DS sez. it. comitato militare interalleato Versailles. Sotto la data del 16 giugno risulta che, in una riunione interalleata, Foch riprese la sua vecchia idea di marciare su Berlino e \Veimar se la Germania non avesse accettato le condizioni di pace. In questa occasione, dichiarò di disporre sul Reno di 1& Divisioni francesi, 10 britanniche, 5 americane e 6 belghe. L 'Italia avrebbe messo a disposizione, con una certa riluttanza, quattro Divisioni.
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in precedenza, il Ministro Caviglia ordina il congedamento della classe 1888. Alcuni giorni prima, dal canto suo, il Comando Supremo aveva disposto lo scioglimento del XXVII Corpo d'Armata e della 27"' e 51à Divisione.
4.
L 'occuPAZIONE IN A LBANIA E IN MoNTENEGRO NELLA suA FASE DI ESPANSIONE.
Le truppe italiane erano in A lbania dalla fine del dicembre 1914, quando fu decisa l'occupazione di Valona (Vlone) a seguito del crollo della nuova entità statale sorta dopo le guerre balcaniche. L'entrata in guerra dell'Italia e la sconfitta dell'Esercito serbo, che si era ritirato verso il mare Adriatico anche attraverso l'Albania centro - settentrionale, avevano portato le nostre forze, accresciute gradualmente fino a formare un Corpo d'Armata, il XVI, a diretto contatto con i reparti austro - ungarici giunti in prossimità della Baia di Valona. Verso est, dopo che l'Intesa aveva aperto il nuovo fronte in Macedonia, si era stabilito un collegamento con l'ala sinistra dell'Armée franraise d'Orient che era a Koritza (Korçe) (64). L 'armistizio con la Bulgaria del 29 settembre 1918 e la conseguente ritirata austro - ungarica avevano consentito una rapida e poco contrastata avanzata delle nostre truppe verso Durazzo, A lessio (Lesh) e Scutari, estesa verso l'interno del Paese fino a raggiungere T irana ed Elbasani. Alla fine delle ostilità con l'Austria - Ungheria, dipendeva dal generale Settimio Piacentini, di recente nominato comandante delle Forze italiane nei Balcani con giurisdizione, piuttosto teorica, anche sulla 35" D ivisione che era inquad rata nell'Armée d'Orient, il XVI Corpo d 'Armata, comandato dal generale Giacinto Ferrero, con le Divisioni 13.. (Brigate « Palermo » e « Barletta»), 36.. (Brigate « Tanaro >> e « Savona ») e 38.. (Brigate « Verona » e « Puglie >> ). Agli ordini diretti di Piacentini erano la IX Brigata di cavalleria con i reggimenti «Cavalleggieri di Catania >> (22°), << Cavalleg(64) Le vicende politico - militari dell'occupazione italiana in Albania dal al 1920 sono ampiamente trattate in MO NTANARI M. : « Le truppe italiane in Albania >> . Roma, Ufficio Storico SME, 1978. Una attenta ricostruzione degli stessi avvenimenti sotto un profilo essenzialmente politico - diplomatico si può vedere in PASTORELLI P. : « L'Albania nella politica estera italiana. 1914 - 1920 >>. Napoli, 1970. 1 9 14
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gieri di Palermo » (30°) e « CavaJleggieri Umberto I » (23°), il 10" reggimento bersaglieri, la XXI I I Brigata di marcia, le Brigate di milizia territoriale I e XIX, un raggruppamento di artiglieria da posizione e reparti minori delle altre armi e dei servizi. Si è già visto nella prima parte di questo lavoro come le Brigate « Savona » e « Barletta » fossero sottratte all'Albania per partecipare all'occupazione della spond a orien tale dell'Adriatico. A partire dal 6 novembre le truppe in Albania furono ripartite in due zone, a nord e a sud del Fiume Shkumbi. A settentrione la responsabilità delle operazioni era del XVI Corpo d'Armata, che aveva a disposizione la 13à e la 36" Divisione, entrambe come si è visto dimezzate, e la IX Brigata di cavalleria, mentre le restanti unità e il comando del territorio dell'Albania meridionale facevano capo direttamente al generale Piacentini. Sul piano politico, il Governo italiano, dopo diversi cambiamenti di orient2mento, aveva fatto conoscere al comando di Valona di essere favorevole ad uno Stato albanese unificato sotto la protezione italiana, ma senza mirare « ad occupare stabilmen te territori albanesi ». Pertanto, l'occupazione militare non doveva assumere « carattere coloniale » (65). Questo atteggiamento, prontamente recepito dai comandi militari, ci aveva procurato il favore dei notabili e delle popolazioni che temevano di cadere sotto il dominio serbo o greco ed era in sintonia con il proclama rivolto agli albanesi dal generale Ferrero nel giugno del 1917. Il problema di politica internazionale che per primo si presentò subito dopo l'armistizio fu il regime dell'occupazione del Montenegro e di Scutari. Quest'ultima località, insieme a Koritza in possesso dei francesi, rappresenta l'eccezione rispetto all 'occupazione di tutta l 'Albania compresa nei confini del 1913, riservata all'Italia da un accordo fra le potenze dell'Intesa. Per Scutari era in fatti prevista una occupazione interalleata. Una rapida conquista del Montenegro, in funzione antiserba, stava molto a cuore al Ministro Sonnino che raccomandava di porre sotto il nostro controllo almeno la zona occidentale del Paese, in attesa di un accordo con il comandante delle Armate alleate m Oriente, generale Franchet d'Esperey, per definire le rispettive responsabi lità, accordo che però tardava a realizzarsi.
data
(65) AUSSME, DS Comando forze italiane nei Balcani. Prot. 12 ottobre 1 918, di Sonnino al XVI C. d·A.
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La decisione venne da Parigi, ove erano riun1t1 1 capi politici dell'Intesa. Essa prevedeva, in forma piuttosto imprecisa, l'occupazione mista interalleata del Montenegro, delle Bocche di Cattaro e di Scutari. Anche se Sonnino pensava che il termine « occupazione interalleata >> non comprendesse i serbi (66), fu possibile escludere questi ultimi, grazie ad un intervento di Franchet, solo da Scutari. I più importanti presidi italiani in Montenegro, affidati al 68° reggimento fanteria « Palermo))' erano quelli di Dulcigno (Ulcinj), Virpazar e Antìvari (Bar), dove si era spinto anche un battaglione del 137° fanteria « Barletta >> proveniente da Càttaro. L'intenzione di Piacentini, sollecitato in tal senso da Sonnino, di occupare anche Cettigne (Cetinje) e il Monte Lovcen fu bloccata da una perentoria intimazione di Franchet, pervenuta il r4 novembre. Per rafforzare la presenza italiana nella zona nevralgica intorno al Lago di Scutari, il XXXV Battaglione bersaglieri fu tolto al 10° reggimento, che era nella zona di Argirocastro (Gjinokaster ), e inviato in tutta fretta in quella città insieme ad una compagnia del genio per costituire la componente italiana della occupazione interalleata. Erano a Scutari o vi sarebbero presto giunti anche un battaglione francese di cacciatori e un battaglione britannico di fanteria. Nonostante l'interessamento costante di Sonnino per il Montenegro, in quel periodo agitato da una cruenta lotta fra i sostenitori del vecchio Regno indipendente e quelli del nuovo Stato jugoslavo, ed i continui contrasti con i comandanti francesi dei presidi interalleati (67), la principale preoccupazione per i nostri comandi e per il Ministero degli Esteri era costituita dall'estensione e dal consolidamento dell'occupazione del territorio albanese. Si trattava in particolare di porre sotto controllo italiano la metà orientale ed interna dell'Albania, fino ai confini stabiliti dalla Conferenza di Londra nel 1913, secondo un diritto riconosciuto anche dal Franchet al momento dell'armistizio (68). Le province interne albanesi, dopo la ritirata degli austro - ungarici, erano state occu(66) AUSSME, DS Com. forze it. nei Balcani. Telegramma prot. 1339, in data 9 novembre 1918, di Sonnino a Piacentini. (67) Benché le truppe francesi fossero ovunque in minoranza, Franchet era riuscito a preporre ai comandi di Càtta ro, del Montenegro e di Scutari generali francesi. (68) AUSSME, DS Com. forze it. Balcani. Telegramma prot. 56016, in data 24 novembre 1918, d i Badoglio a Piacentini: telegramma prot. 351, in data 25 novembre 1918 di P iacentini al Ministero degli Esteri.
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pate da reparti serbi e da irregolari locali ad essi collegati e posti sotto l'influenza di Essad pascià Toptani, un notabile divenuto ostile all'Italia. Le forze italiane in Albania erano però in condizioni estremamente difficili. La malaria decimava, specialmente lungo la costa, i reparti che già per molti mesi erano stati esposti al morbo durante la permanenza nella zona di Valona. Le vie di comunicazione quasi non esistevano e rendevano necessario il rifornimento con salmerie delle unità che si erano faticosamen te spinte verso l'interno, in regioni prive di ogni risorsa, con la conseguenza di una diffusa denutrizione di uomini e quadrupedi. Il percorso delle lente colonne di rifornimento era spesso in terrotto dagli assalti di bande armate che si appostavano per depredarle. Con gli effettivi fortemente ridotti dalla partenza di due Brigale verso le coste e le isole adriatiche, dall'esigenza di assicurare con almeno un reggimento di fanteria il Montenegro, con i congedamenti delle classi più anziane che incidevano particolarmente sulle Brigate di milizia territoriale cui era affidata, alla pari con le altre, parte dell'occupazione, il generale Piacentini si trovava in una difficile condizione. Però egli riuscì con una ferma presa di posizione ad evitare il trasferimento della Brigata « Verona» in Libia, già disposto dal Comando Supremo il 24 novembre insieme a quello del comando della 38a Divisione, che fu invece costretto a lasciar partire unitamente ai reparti divisionali minori per un complesso di circa ottocento uomini . Soltanto ai primi di dicembre Piacentini riceverà dal Sottosegretario agli Esteri Borsarelli l'assicurazione che le truppe in Albania non dovranno subire ulteriori riduzioni di for ze (69). E' forse questa l'occasione per sottolineare come il generale Piacentini si trovasse a ricevere ordini, oltre che dal Comando Supremo, dal Ministero della Guerra e da quello degli Esteri e, in certe occasioni, anche dallo Stato Maggiore della Marina. Questa situazione, unita ad una frequente differenza di opinioni fra lui e il generale Ferrero, più vicino alle truppe e portato perciò a sentirne in modo più acuto problemi e difficoltà, viene affrontata dal Piacentini con grande calma e con notevolissima abilità. Differenze di orientamento sussistevano ancora tra il Ministero degli Esteri, orientato in questo periodo a favore dell'unità e della (6y) AUSSME, DS Com. forze it. Balcani. Telegramma proc. 18858, in data 3 dicembre 1918.
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indipendenza condizionata dell'Albania, e il Comando Supremo che sembra fermo, a proposito di Valona, alle clausole del Patto di Londra che prevedevano la « piena sovranità >> italiana sulla città, sul porto e su un hinterland che veniva fatto giungere a nord fino alla regione del Malacastra (Mallacaster), ad est fino a Berati e Klisura e verso sud sulla costa fino oltre Porto Palermo (Porte e Palermos) (70). Nel mese di gennaio si formava a Durazzo un governo provvisorio albanese, visto con gualche diffidenza da Sonnino che temeva le reazioni degli alleati. Le condizioni dell'occupazione sono sempre difficili, anche per il diffondersi in tutto il territorio degli attacchi di bande armate, in parte politicizzate in senso essadista. In Italia si comincia a fare qualche cosa per l'invio di complementi, pur se si assiste a questo proposito ad un continuo scarico di responsabilità fra Comando Supremo e Ministero della Guerra. L'apertura della Conferenza della pace a Parigi e il sempre più vivo contrasto con il Governo serbo - croato - sloveno per la questione adriatica, riportano in primo piano l'occupazione dell'Albania orientale, vista ora anche come strumento per esercitare una pressione su Belgrado. ~ur con qualche contraddizione, come l'ordine di non sostituire automezzi e quadrupedi rinviati dall 'Albania perché inefficienti e il ritiro in febbraio di due comandi di reggimento di cavalleria con quattro gruppi squadroni, si provvide al rafforzamento delle nostre truppe con l'invio di alcune migliaia di complementi e, in marzo, della Brigata « Trapani» (149° e 150° fanteri a). Quest'ultimo rinforzo, destinato a Durazzo per sostenere l'ampliamento dell'occupazione verso l'alta valle del Drin, fu per metà dirottato su Valona da Piacentini, preoccupato per la grave falcidia degli effettivi dei reparti dell'Albania meridionale. Alla fine di marzo il Ministero degli Esteri stabilisce di dare corso all'occupazione della parte più interna dell'Albania, intimando in precedenza alle truppe del Regno serbo - croato - sloveno di ritirarsi al di là dei confini stabiliti nel 1913. Nel trasmettere le disposizioni del Ministero a Piacentini, più cautamente Badogìio stabilisce che l'intimazione va data ai singoli presidi, man mano che si disponga di forze sufficienti per sostituirli (71). (70) Si può vedere in MoNTANARI : op. cit., pag. 332, la lettera di D iaz al Ministero degli Esteri, in data 7 dicembre 1918. Per le diverse idee di Sonn ino si può confrontare P ASTORELLI: op. cic., pag. 67. (71) AUSSME, DS Com. forze it. Balcani. T elegramma prcc. 5420, in data 30 marzo 1919, di Badoglio a Piacentini.
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Il comandante delle truppe in Albania risponde obiettando che le truppe serbe, così vengono abitualmente chiamate a Valona quelle jugoslave, non si ritireranno se non costrette. Chiede che gli sia perciò chiarito se si dovrà agire con la forza o se ci si potrà limitare ad affiancare ai presidi jugoslavi quelli italiani. Quest'ultima opportunità offerta al Comando Supremo è un'ulteriore prova dell'abilità di temporeggiatore del generale Piacentini, che indica una scappatoia per aderire ai desideri di Sonnino in modo più adeguato alle ridotte forze di cui può disporre. Proprio in questo periodo, mentre il Comando Supremo valutava le truppe d'Albania in circa 65.000 uomini, il generale Ferrero aveva segnalato che la forza utilizzabile della Brigata << Palermo >> si era ridotta a millesettecento uomini e quella della « T anaro » a millecento. Nonostante ciò, i comandi in Albania conùnciarono a predisporre l'operazione che deve portare i loro reparti sulla riva sinistra del Drin e sul limite occidentale della conca di Dibra (Peshkopi), primo passo verso la totale occupazione della valle e della conca. Alla metà di aprile, il Ministero degli Esteri dopo essere vanamente intervenuto sul Governo francese perché facesse ordinare lo sgombero degli jugoslavi, che negavano addirittura la presenza di loro truppe in Albania, aderisce alla proposta di collocare presidi italiani accanto a quelli serbi, oppure in località ove questi ultimi non siano ancora stanziati (72). Il generale Ferrero continua ad essere pessimista, o più probabilmente realista, riguardo alla possibilità di un felice esito dell'operazione progettata, anche perché le bande essadiste divengono sempre più attive, spingendosi nella valle del fiume Mat, e i distaccamenti serbi sembrano quasi sempre ostili ai nostri tentativi di presa di contatto. Spronato da Piacentini, che non vuole opporsi alle pressioni che giungono dall'Italia, Ferrero continua a preparare i piani e le h uppe, nonostante un ordine di rientro in Paese che il Comando Supremo gli invia il 17 aprile, ma che viene annullato due giorni dopo da un contrordine del Ministro della Guerra. L'ordine di operazioni predisposto da Ferrero, e approvato dal suo superiore diretto, prevede l'avanzata del 67° fanteria fino al(72) AUSSME, DS XVI C. d'A. Telegramma prot. 6461, in data 15 aprile 1919, di Badoglio a Piacentini. Badoglio riporta per esteso il telegramma di Sonnino al C.S.
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l'alta valle del Pani, un affluente del Mat, e di qui alla riva sm1stra del Drin. Contemporaneamente la Brigata « Tanaro », con i suoi scarni reggimenti, deve attraversare la regione montuosa del Matije per giungere in prossimità della conca di Dibra. I reparti italiani dovranno affiancarsi ai presidi serbi, ma affronteranno con la forza gli essadisti con i quali venissero a contatto. Il 150° reggimento fanteria della « Trapani » assicurerà come meglio potrà le retrovie nella vasta zona fra Durazzo, Alessio e Tirana. La realtà del terreno e dei rapporti di forze ha però le sue testarde esigenze. Alla .fine di maggio il movimento non si è ancora iniziato. Il Ministero degli Esteri sollecita nuovamente l'avvio della marcia verso est e il Comando Supremo, che si rende meglio conto della effettiva situazione, ritiene possibile per ora soltanto una « limitata occupazione ». Il generale Piacentini dispone perciò che il movimento sia ridotto ad una sola direttrice. Finalmente, il 3 giugno il generale De Negri, comandante della « Palermo )), riceve l'ordine di inoltrarsi lungo la valle del Pani con il 67° fanteria rinforzato da un battaglione del 71° reggimento della Brigata « Puglie >> e da uno del 150° fanteria « Trapani >> . I fiumi in piena e in qualche località la reazione a fuoco dei serbi rallentano il movimento. A metà giugno il Comando Supremo riceve notizie, probabilmente artificiose, di preparativi offensivi jugoslavi contro il XVI Corpo d 'Armata. Il generale Diaz telegrafa a Piacentini che occorre assolutamente evitare le ripercussioni politiche che certamente avrebbero eventuali insuccessi e subordina il proseguimen to dell'operazione all'invio di rinforzi (73). Di fronte a queste considerazioni, il comando di Valona sospende immediatamente ogni movimento. Alcuni importanti capi locali, fra i quali Hassan bey Pristina e Ahmed bey Mati Zogolli, il futuro re Zog, che si erano compromessi con l'Italia in vista della nostra prossima avanzata, incitarono i nostri comandanti a proseguire l'operazione. Fu necessario invitarli autorevolmente a restare tranquilli e a non prendere iniziative pericolose. Così, le incer tezze dovute al divario fra mezzi disponibili e obiettivi assegnati cominciano a provocare il distacco di quella parte della popolazione albanese che era disposta a collaborare con gli ita(73) AUSSME, DS XVI C. <l'A. Telegramma prot. 5661, in data 2 0 g iugno 1919, del C.S. al Com. Truppe Albania. La data del telegramma è quella del giorno successivo alla caduta del Gabinetto Orlando - Sonnino.
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liani. H a inizio una fase di crescenti difficoltà politiche e m ilitari, rese sempre più gravi dalle contraddizioni in cui si dibatte il Governo di Roma. Tale fase è destinata ad aver termine soltanto con i drammatici avvenimenti dell'es tate del 1920.
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LE TRUPPE ITALIANE NELL'EuROPA ORIENTALE.
L'intervento militare italiano nei Balcani ebbe m1Z10 nel 1916 con l'arrivo a Salonicco, a partire dall'II agosto, delle truppe della 35• Divisione che, al comando del generale Carlo Petitti di Roreto, provenivano dal fronte degli Altipiani. La costituzione di un nostro corpo di spedizione, favorita anche dal generale Cadorna, mirava a stabilire più stretti rapporti di collaborazione con gli eserciti alleati che erano tutti presenti, compreso un contingente russo, sul fronte stabilito fra Epiro, Macedonia e Tracia contro le truppe delle Potenze centrali e dei loro alleati (74). La 35• Divisione comprendeva inizialmente le Brigate << Cagliari » (63° e 64° fanteria) e « Sicilia » (61° e 62° fanteria), il 2° raggruppamento di artiglieria da montagna su quattro batterie, il XXIII battaglione genio zappatori e reparti minori. Successivamente, anche per corrispondere alle richieste dei Paesi alleati, furono inviate le Brigate « Spezia » (125° e 126° fanteria) e « Ivrea » (161° e 162° fanteria), altri reparti di artiglieria, in p arte armati con materiale francese, un gruppo squadroni dei « Cavalleggieri di Lodi » (15°), uno dei « Cavalleggieri di Lucca >> (16°), il XXXV reparto d'assalto, il XXI gruppo aeroplani e forti aliquote dei servizi. Con una forza di quasi 40.000 uomini ed una notevole autonomia logistica, la Divisione, alimentata dal!' Intendenza Albania e Macedonia attraverso il porto di Taranto, aveva la consistenza di un Corpo d'Armata, salvo che per l'artiglieria rimasta piuttosto debole in proporzione alle altre armi combattenti. Al momento dell'armistizio la 35" Divisione, comandata ora dal generale Ernesto Mornbelli, dopo essere stata impiegata in Macedonia su un fronte rimasto a lungo statico, era impegnata nella marcia che le truppe alleate d'Oriente, agli ordini del generale Franchet d 'Esperey, stavano compiendo verso la Serbia, l'Ungheria e (74) I concetti politici e strategici che sottendevano l'invio delle tru ppe italiane a Salonicco sono delineati in C.;.noRNA L.: « Altre pagine sulla grande guerra ». Milano, 1925, pag. 185 e seg.
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la Bulgaria. L'avanzata era la conseguenza dell'offensiva lanciata il 15 settembre e della successiva resa della Bulgaria che aveva costretto germanici, austro - ungarici e turchi ad una rapida ritirata. Le forze dell'Intesa sul fronte balcanico comprendevano anche, nell'autunno 1918, sei Divisioni francesi, una britannica, una greca e due piccole Armate serbe, costituite con i superstiti dell'esercito sconfitto nel 1915. Una Divisione francese ed una britannica stavano raggiungendo, dopo la firma dell'armistizio di Mudros con la Turchia, la zona degli Stretti. Sia per le difficoltà procurate da un'avanzata di centinaia di chilometri in una regione povera di vie di comunicazione, sia a causa della nessuna cura del comandante in capo alleato per mantenere unita la Divisione italiana, questa si trovava schierata con le Brigate « Cagliari » e « Ivrea » nella Bulgaria occidentale, la « Spezia )> a Prilep in Macedonia, mentre la base logistica avanzata era ancora a Monastir (Bitola) e la Brigata « Sicilia)> nella zona di Salonicco. Il generale Franchet, nell'intento di controllare meglio i movimenti delle sue unità, che avvenivano in uno spazio sempre più vasto e con occupazione sempre più ampia del territorio, aveva scisso le forze alleate in due Armate. Una conservava l'antico nome di Armata d'Oriente. Ad essa apparteneva la Divisione italiana insieme a quattro francesi, di cui tre coloniali, e alle unità serbe e greche. L'altra, denominata Armata del Danubio, era di forza più limitata. Anch'egli impreparato ad un crollo così repentino degli eserciti nemici, il generale Franchet dirama ordini diversi e contraddittori che si inseguono a brevi intervalli. Dopo il loro concentramento intorno a Sofia, la « Cagliari >> e l' « Ivrea >> sembrano dapprima destinate entrambe ad occupare la sponda destra del Danubio nella regione di confine fra Serbia e Bulgaria. Successivamente, con il mutare delle situazioni e degli intendimenti del comando alleato, soltanto la Brigata « Ivrea>> fu inviata nel nord della Bulgaria per occupare con piccoli distaccamenti la zona fra Vidin, Lom e Vraca. Il comando della Divisione con la Brigata « Cagliari>> e reparti minori rimase nella regione fra Sofia, che divenne la sede stabile del generale Mombelli, e Kjustendil, mentre la « Spezia >) ricevette ordine di spostarsi verso Salonicco dove, come si è visto, era già la « Sicilia ». Sembra opportuno notare che una distanza di oltre 350 chilometri separava i distaccamenti lungo il Danubio dalle truppe dislo7. - Gallinari
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cate a Salonicco, dove era la principale base di rifornimento. Questa situazione rendeva estremamente difficile l'opera del comandante della 35" Divisione, che giustamente ne dispose l'articolazione in gruppi di Brigata dotati di larga autonomia operativa. L'azione del generale Mombelli era complicata anche dalle sue molteplici dipendenze: dal Comando superiore delle truppe italiane nei Balcani di Valona, costituito nella speranza rivelatasi poi vana di stabilire una più stretta cooperazione fra le unità in Albania e quelle in Macedonia, dal Comando Supremo di Abano, dal comando delle forze alleate in Oriente e, infine, per circa la metà dei suoi reparti, dal comando delle truppe alleate in Bulgaria, tenuto dal generale francese Chrétien nonostante diversi tentativi di far valere la circostanza che la maggior parte delle truppe di occupazione in quel Paese era italiana. Poiché i collegamenti con Valona potevano avvenire solo a mezzo di aeroplani e perciò precariamente, il Comando Supremo italiano era in diretto contatto telegrafico col generale Mombelli. L'espressione « diretto contatto » va però intesa considerando che un telegramma urgente poteva impiegare anche quattro giorni per giungere fino a Sofia. E' evidente, pur nel frequente succedersi di ordini contrastanti fra loro, che la tendenza fondamentale della politica di Franchet consisteva nello spostamento delle truppe italiane verso nord e verso est in modo da evitare il contatto con il territorio serbo ed il collegamento con le nostre truppe in Albania, rendendo vani gli sforzi faticosi compiuti da queste ultime per aprire strade che da Valona e Santi Quaranta (Sarande) consentissero di rifornire la 35.. Divisione. Anche per questi motivi, l'atteggiamento di Mombelli, quale risulta dalla sua corrispondenza con il Comando Supremo, diviene sempre più antifrancese, cosa che del resto sembra capitasse quasi sempre ai generali italiani che si trovavano in quel periodo a dover tenere rapporti con i comandi francesi. La propensione al decentramento delle truppe italiane, così evidente in Franchet che quando poteva si comportava allo stesso modo anche nei confronti dei britannici, era tuttavia favorita dagli ordini provenienti dal Comando Supremo, assai probabilmente ispirati dal Ministero degli Esteri che mirava ad assicurare una presenza militare dell'Italia in ogni Paese dell'Europa orientale secondo l'antica politica del « mostrare la bandiera » . A metà dicembre, il Comando Supremo avrebbe desider ato, seguendo evidentemente un criterio più politico che militare, che le
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quattro Brigate della 35" Divisione fossero stanziate una in Bulgaria, una in Ungheria, una in Turchia ed una, aderendo a recenti richieste del generale Franchet, in Romania e nella Russia meridionale (più propriamente in Bessarabia e in Ucraina) ove stava per iniziarsi un intervento militare dell'Intesa (75). Si sarebbe così provocato un vero spezzettamento della 35" Divisione che, pur forte allora di circa 28.000 uomini presenti, avrebbe perduto ogni peso militare autonomo con detrimento anche dell'effettiva influenza politica. Più realisticamente, il generale Mombelli rispose con la proposta di concentrare le Brigate « Cagliari » e « Ivrea » in Bulgaria, inviando la Brigata « Sicilia » in Turchia e la « Spezia >> in Romania e in Russia. Pochi giorni dopo Franchet utilizzerà anche una aliquota della « Sicilia >> per l'occupazione della Bulgaria, ordinando lo spostamento di tre battaglioni del 6i fanteria a Filippopoli (Plovdiv), a Burgas e ad Adrianopoli (Edirne) in Tracia. Si noti che le tre città sono lontane fra loro non meno di centocinquanta chilometri. Venne poi un tentativo, fallito per la decisa resistenza del generale Orlando Freri, in quel periodo comandante interinale della 35" Divisione, di spostare il suo comando e una intera Brigata nel Banato, regione allora accanitamente contesa fra Ungheria, Romania e Regno serbo - croato - sloveno. Il nostro Ministero degli Esteri chiese con particolare insistenza, fra dicembre 1918 e gennaio 1919, che unità italiane partecipassero all'occupazione di Costantinopoli. Occorsero ripetute pressioni sul governo francese e, alla fine, una decisione della Conferenza della pace riunita a Parigi perché un battaglione italiano, il II del 62° fanteria, potesse entrare nella città il 7 febbraio 1919. Per effetto dei movimenti che si sono già visti, l'occupazione della Bulgaria era affidata nei primi mesi del 1919 prevalentemente alle truppe italiane, cui si erano affiancati soltanto due battaglioni francesi ad organici ridotti. Solamente a partire dall'aprile la 26" Divisione britannica presidierà per un breve periodo la Dobrugia, regione bulgara rivendicata dalla Romania. Il generale Mombelli era assai preoccupato per le gravissime responsabilità che incombevano sui reparti della « Cagliari», della « Ivrea >> e del 61° fanteria e sugli squadroni dei cavalleggieri di « Lodi >> e di « Lucca », chiamati a controllare un vasto Paese, con un esercito ancora parzial0
(75) A USSME, DS 35" Divisione. Telegramma del C.S., in data 16 dicembre 1918, f.to Badoglio.
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mente mobilitato, che poteva reagire con la forza alle dure condizioni di pace che si stavano preparando a Parigi. In aprile le voci di movimenti insurrezionali si moltiplicano e Mombem, sempre più alJarmato, giunge a chiedere a Franchet di ordinare lo sPostamento delle truppe italiane verso i confini, in modo da poter convergere in caso di necessità sul centro del Paese, con l'ausilio di altre unità alleate. Il generale francese non aderisce alla proposta ma, fortunatamente, l'eventualità temuta non si verificherà. L'allontanarsi della fine della guerra non migliora la situazione logistica della 35.. Divisione, soprattutto a causa della scarsità di navi mercantili per i trasporti da Taranto a Salonicco, ma anche per i continui spostamenti dei reparti. Delle incombenti difficoltà materiali, che spesso provocavano una diminuzione di quel prestigio politico - militare che era in ultima analisi il solo scopo della presenza di unità italiane nell'Europa orientale, è sintomo la richiesta inviata dal generale MombelJ i al Comando Supremo volta ad ottenere 30.000 giubbe nuove per vestire in modo adeguato i suoi soldati. Altro fatto increscioso era l'addensarsi a Salonicco, in precari accantonamenti, di oltre seimila militari italiani congedati o inviati in licenza, che non potevano imbarcarsi per l'Italia a causa della mancanza di navi. Col passare del tempo non si riducono le esigenze di impiego della 35a Divisione, che dal 1° aprile ha assunto la denominazione di « Corpo di spedizione italiano in Oriente » rescindendo il legame gerarchico, mai divenuto effettivo, con il comando del generale Piacentini a Valona. Fra l'altro, è necessario sostituire con la Brigata « Ivrea » la Divisione britannica che sta per lasciare, dopo una breve permanenza, la Dobrugia. In quello stesso mese di aprile, pur chiedendo al Ministero della Guerra quattromila complementi da inviare a Salonicco, il Comando Supremo cominciava a pensare al ritiro del Corpo di spedizione (76) e il generale Mombelli sembra essere sostanzialmente d'accordo. In maggio, prima ancora che si prendessero decisioni politiche sull'avvenire dell'intervento militare italiano nell'Europa orientale, il Comando Supremo stabilisce cbe coloro che dai Balcani vengono in licenza in Italia non facciano poi ritorno ai propri reparti. Per ef-
(76) AUSSME, DS 35a Divisione. Telegramma 7174, in data 26 aprile 1919, di Badoglio a Mombelli e telegramma d i risposta.
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fetto di questa e di altre cause, la forza presente del Corpo di spedizione va gradualmente scemando, fino a raggiungere a metà giugno i ventimila uomini. Il generale Mombelli viene perciò autorizzato a sciogliere la Brigata « Ivrea », la meno anziana delle quattro, sostituendola in Dobrugia con .la « Spezia », che è ancora a Salonicco. Il trasporto deve essere effettuato via mare con navi francesi, per il momento non disponibili. Quando le navi saranno pronte, resteranno inutilizzate perché a fine maggio si era deciso di sciogliere anche la Brigata « Spezia ». Poiché il comando delle Armate alleate non è in gr ado di fornire il cambio alla « Ivrea )), lo scioglimento di questa ultima Brigata deve essere sospeso. Il Ministero degli Esteri, che nella primavera 1919 stava concentrando la propria attenzione sulla partecipazione italiana alla suddivisione dell'Impero ottomano, faceva pressioni perché nostri reparti occupassero la Tracia. Franchet, sempre d'accordo sullo spostamento verso est delle nostre truppe, ordina che la Brigata << Cagliari » , lasciati a Sofia e a Burgas due battaglioni del 64° fanteria. si trasferisca fra Alessandropoli (Dede Agaç) e Xanthi, in una zona dove è già una parte della Brigata « Sicilia ». Tuttavia, con una lettera del 7 giugno (77) il Presidente del consiglio Orlando preannuncia a Clemenceau l'intenzione italiana di ritirare le truppe dai Balcani, salvo un reggimento che dovrà restare a Costantinopoli. Il ritiro è motivato con la riduzione della forza complessiva dell'Esercito e con i nuovi impegni che deriveranno dalla prevista sostituzione delle truppe britanniche in Transcaucasia. La decisione definitiva per il rientro del Corpo di spedizione viene presa a Parigi l'u giugno, in una riunione cui partecipa anche Diaz. E' questo il primo ed unico disimpegno militare deciso dal Governo Orlando. Mentre si apprestavano le operazioni per il ritorno in patria del Corpo di spedizione, previsto attraverso i porti di Varna, Burgas e Alessandropoli, si cerca di stabilire quante e quali truppe debbano rimanere in Oriente. Il Ministero degli Esteri vorrebbe che due battaglioni rimanessero a Costantinopoli ed uno fosse lasciato a disposizione di Franchet. Invece il generale Mombelli preferirebbe che le truppe italiane fossero presenti, con un battaglione in ogni città, a Costantinopoli, a Sofia ed a Salonicco. D al canto suo il Mi-
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nistro Caviglia (78) vorrebbe lasciare in Oriente un piccolo Corpo di spedizione composto del 62° fanteria, di un gruppo squadroni di cavalleria, due batterie da montagna, una compagnia del genio e aliquote dei servizi « nella considerazione che tale contingente possa in avvenire concorrere alla nostra espansione in Asia Minore» . Gli risponde qualche giorno dopo il generale Badoglio esprimendo parere contrario, anche perché in tal caso occorrerebbe interpellare di nuovo la Conferenza di Parigi. Mutato in quei giorni il Governo italiano, il nuovo Ministro, adempiendo alle decisioni prese in Comitato di Guerra l'u luglio, sollecita il Comando Supremo perché sia presto completato il rientro della 35" Divisione (79), salvo il comando del 62° fanteria, un battaglione dello stesso reggimento e una compagnia di carabinieri, che debbono costituire la rappresentanza italiana nell'occupazione interalleata di Costantinopoli. Il Ministro si opporrà alla richiesta del Comando Supremo di lasciare in Tracia un altro battaglione del 62°. Nel frattempo, il Comitato militare interalleato di Versailles decideva una più consistente occupazione della Bulgaria da attuarsi con l'invio da parte di ciascuna delle tre Potenze interessate di una divisione di ottomila uomini (80). Il rappresentante italiano generale CavaLlero oppose che l'Italia non avrebbe potuto dare più di un battaglione. La partecipazione italiana, decisa aderendo ad una richiesta rinnovata il mese successivo da Clemenceau, si ridurrà ad un contingente simbolico rappresentato dalla ro" compagnia del 62° fanteria che si stanzierà in settembre a Feredjik. Nel corso del mese di luglio le nostre truppe, ridotte ormai a circa diciassettemila uomini, rientrano in Italia a bordo di dodici navi mercantili e di qualche unità da guerra. Il comando del Corpo di spedizione viene ufficialmente sciolto a partire dal 1° agosto. Dopo tre anni esatti, si concludeva così la vicenda della partecipazione italiana alla guerra nella penisola balcanica, senza che i sacrifici delle nostre truppe avessero trovato un compenso adeguato m termini di influenza politica. (78) AUSSME, racc. CSVU 59. Telegramma prot. 9174, in data 24 giugno 1919, del Ministero al C.S. Si tratta di uno deg li ultimi atti di governo del Ministro Caviglia, ma la data, salvo un ritardo di trasmissione, deve considerarsi errata. (79) AUSSME, racc. CSVU 59. Prot. 10333, in data 1.,1 luglio 1919. (80) AUSSME, racc. CSVU 59. Lettera deUa Sez. it. del comit. milit. interalleato, in data 12 luglio 1919, f.ta Cavallero.
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LA MANCATA SPEDIZIONE IN T RANSCAUCASlA.
Gli accordi italo - franco - britannici stabiliti nel 1917 a San Giovanni di Moriana (Saint-Jean-de-Maurienne), sviluppando le stipulazioni del Patto di Londra del 26 aprile 1915, assicuravano all'Italia una congrua partecipazione allo smembramento dell'Impero ottomano. Questo si trovò però alla fine delle ostilità occupato quasi esclusivamente dalle truppe britanniche comandate dai generali Milne e Allenby. Il Governo italiano, dopo che gli inglesi e i francesi avevano denunciato gli accordi p recedenti, chiese con un intervento pronunziato il 30 gennaio 1919 alla Conferenza della pace una più equi librata ripartizione delle occupazioni, in attesa di una soluzione definitiva per l'insieme dei territori ottomani (81). Anche l'Esercito britannico avrebbe visto con favore una riduzione del proprio impegno in Asia Minore, una regione che assorbiva circa 700.000 uomini, con dodici Divisioni e mezza di fanteria e cinque di cavalleria. Altre due Divisioni, con circa trentamila uomini, occupavano la regione del Caucaso immediatamente a nord del confine turco, fra il Mar Nero e il Mar Caspio. La possibilità di un parziale disimpegno era vista dal premier britannico David Lloyd George soltanto nel senso di una ripartizione di compiti con la Francia, cui spettavano in base agli accordi la Siria e la Cilicia, e con la Grecia, che in quel periodo era considerata una pedina del gioco politico inglese. Incaricati di fornire indicazioni in proposito, i quattro rappresentanti militari presso il Consiglio Supremo di guerra, generali Belin per la Francia, SackviJle - West per la Gran Bretagna, Bliss per gli Stati Uniti e Nicolis di Robilant per l'Italia, avevano presentato il 5 febbraio un piano di ripartizione che però non aveva ottenuto l'approvazione del nostro rappresentante. Il piano suddivideva il territorio già ottomano in quattro zone, aggiungendovi con sottile ma scoperto artificio una quinta, la Transcaucasia, che con l'Impero ottomano nulla aveva a che fare. Il generale Robilant avrebbe voluto che la zona di occupazione italiana corrispondesse alle regioni (81) Le notizie riguardanti gli aspetti politico - diplomatici di questa vicenda sono in gran parte tratte dall'ampia ricostruzione che ne ha fatto P ETRrCIOLI M. in: « L'occupazione italiana del Caucaso: " Un ingrato servizio " da rendere a Londra >>. Milano, 19'72. Per gli accordi sul Medio Oriente si può vedere ToscANO M.: « Gli accordi di San Giovanni di Moriana ». Milano, 1936.
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lungo la costa sud - occidentale dell'Anatolia che ci erano state promesse a San Giovanni di Moriana, corrispondenti ai vilayet di Smirne e di Konya, quest'ultimo con l'importante porto di Adalia (Antalya). In realtà, nella proposta di spartizione veniva riservata all'occupazione italiana, da effettuarsi con un battaglione, soltanto la città di Konya. Il prestigio italiano doveva venir soddisfatto dall 'occupazione della Transcaucasia, già appartenente alla Russia e dopo la rivoluzione suddivisa in piccole repubbliche indipendenti. Nello stesso tempo Gran Bretagna e Francia si attribuivano l'occupazione, rispettivamente, della Palestina e Mesopotamia e della Siria e Cilicia (82). Le ulteriori vicende riguardanti le nostre occupazioni in Anatolia verranno esaminate in un successivo capitolo di questo lavoro. Mette ora conto di seguire succintamente, sotto il profilo militare, la genesi e lo sviluppo della strana questione transcaucasica. Allettato dalla prospettiva dello sfruttamento delle ricchezze minerarie della regione, soprattutto carbone e petrolio, Orlando aderì a metà marzo all'offerta di Lloyd George di sostituire le truppe britanniche nel presidio della Georgia e dell' Azerbajdzan , due delle quattro repubbliche caucasiche. Due giorni dopo la comunicazione ufficiale alla Gran Bretagna della nostra adesione, si tenne a Parigi il 24 marzo un incontro fra i capi di stato maggiore dei due Paesi, Diaz e Wilson, per definire la questione sotto il profilo militare (83). Si ha l'impressione che il generale britannico si sia comportato più lealmente che Lloyd George nei confronti degli italiani, cui non nascose le difficoltà dell'impresa, dovute anche alla prevedibile ostilità della popolazione. Comunque Wilson assicurò che per l'operazione di trasporto, da svolgersi entro tre o quattro mesi, sarebbero state messe a disposizione alcune navi britanniche, ma non volle impegnarsi nei riguardi dei rifornimenti successivi. E' da ricordare che in quel periodo l'Italia non poteva disporre di navi mercantili per ulteriori operazioni oltremare ed anche i trasporti a beneficio dei corpi di spedizione già esistenti, come si è già visto, erano assai caren ti.
(82) Cfr. PETR1c10L1: op. cit., pag. 31. (83) AUSSME, DS Sez. it. coroit. milit. interalleato Versailles. Appunto sotto la data del 24 marzo 1919, confermato nella sostanza da quanto pubblicato da PET1uc1ou: op. cit., pag. 63.
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Questo doveva essere di per sé un motivo per respingere le offerte del premier britannico, che era impossibile non considerare interessate. D 'intesa con i comandi britannici, fu deciso l'invio preliminare di una missione militare per lo studio in loco della situazione. Fu incaricato di dirigere i diciotto ufficiali destinati a comporla il colonnello Melchiade Gabba, posto alle dirette dipendenze della Delegazione italiana per la pace. Il 14 aprile il generale Diaz diede a Gabba precise direttive, che in qualche modo però prefiguravano le risposte che il Governo italiano si attendeva (84). Mentre si svolgeva la missione del colonnello Gabba, che era partito da Taranto il 28 aprile, il Comando Supremo cominciò a raccogliere nella zona a sud del Lago di Garda i reparti destinati alla spedizione. Il XII Corpo d'Armata, posto agli ordini del generale Donato Pennella, che aveva il colonnello Asinari di Bernezzo come capo di stato maggiore, venne rinforzato con diverse unità. Fra la fine di aprile e i primi giorni di maggio viene messo a disposizione il comando della 75" Divisione, con il VI Raggruppamento alpini e il 9° raggruppamento artiglieria da montagna. Le Brigate « Firenze » (127° e 128° fanter.ia) e « Roma >> (79° e 80° fanteria), quest'ultima da poco inviata a Milano in servizio di ordine pubblico e fatta sollecitamente rientrare, compongono insieme al 29° reggimento artiglieria da campagna la 22" Divisione. La Brigata « Calabria » (59° e 60° fanteria) viene assegnata, ai primi di maggio, alla 75" Divisione che è così anch'essa completa. Nel corso dello stesso mese, i militari delle classi più anziane del 1893 vengono sostituiti con elementi più giovani fatti giungere sia da altre unità mobilitate, sia dalla zona territoriale. Vengono inoltre man mano completati i servizi e assegnati vari reparti di truppe suppletive. Fra questi un gruppo di quattro batterie di cannoni pesanti campali da 105 mm a traino meccanico, la 29"' compagnia pontieri, la II" e 14" squad~iglia autoblindomitragliatrici e una squadriglia di aerei da ricogniz10ne. Al momento del suo pieno approntamento, ai primi di giugno, il XII Corpo d'Armata contava circa 32.000 uomini, 5.500 quadrupedi, 66 bocche da fuoco e 170 automezzi, un complesso di tutto rispetto anche per la cura posta nel .completare le. dotazioni di materiale, sia di armamento, sia di equipaggiamento. (84) AUSSME, DS Sez. it. comit. milit. interalleato Versailles.
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Tuttavia, mentre si attendeva che giungesse la relazione del colonnello Gabba, non erano mancate nell'ambiente militare per· plessità e timori circa l'esito della spedizione sul piano tecnico come su quello politico. Anche se può in parte attribuirsi al senno di poi quanto detto in un promemoria del 18 agosto 1919 (85) circa i rischi che si correvano allontanando dall'Italia truppe numerose e ben equipaggiate e la preferenza che sarebbe stato opportuno dare ad una penetrazione commerciale garantita da milizie locali controllate da ufficiali italiani, ri chi e preferenza che il generale Cavallero avrebbe fatto presenti ai suoi superiori politici e militari fin dall'inizio della vicenda, resta il fatto che Diaz definì l'operazione, in tempi non sospetti, « un ingrato servizio ,, (86) e che ancora a fine maggio Badoglio parlava di « eventuale spedizione ,,. Questo non impedì che, prima del rientro a Parigi di Gabba, ma forse a seguito di una sua segnalazione telegrafica, alcuni uffi. ciali del Comando Supremo raggiungessero il 2 giugno il generale Donato Pennella « latori di comunicazioni riservate » per rivelargli i piani della spedizione, fino ad allora tenuta gelosamente segreta, forse anche al Ministro della Guerra (87). In concomitanza col rientro a Parigi del colonnello Gabba, il Ministro della Guerra viene convocato a Parigi, dove già era Diaz, per discutere in una riunione da tenersi il 5 giugno la sped izione in Transcaucasia. Nel suo « Diario » Caviglia scriverà, dopo quasi venti anni, di essersi dichiarato decisamente contrario ai progetti che gli venivano esposti da Orlando e Sonnino, rendendosi implicita· mente interprete della netta avversione che gli aveva manifestato a questo riguardo, pochi giorni prima, Vittorio Emanuele III (88). Caviglia scrive anche che Gabba si dichiarò d'accordo con lui, ma questo non sembra potersi dedurre dalla relazione scritta da quest'ultimo che è conservata nell'Archivio del Ministero degli Esteri e che la Petricioli largamente riassume nella sua opera già citata. Comunque fosse, Comando Supremo, Ministero della Guerra e Ministero della Marina ricevettero l'ordine di dar corso alla spe· (85) AUSSME, DS Sez. it. comit. milit. interalleato Versailles. (86) In un telegramma indirizzato a Sonnino il 6 maggio 1919 . PETRJ · c1ou: op. cit., pag. 47 n. (87) AUSSME, DS XII C. <l'A., sotto la data del 2 giugno 1919. (88) CAV I GLIA E.: « Diario >J , cit., pag. 182. Vittorio Emanuele III aveva già manifestato la sua contrarietà a Orlando, che probabilmente da allora non lo informò né tempestivamente né completamente sugli sviluppi della situazione. Cfr. PET&rc10L1 : op. cit., pag. 36 e seg.
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dizione a partire dal 20 giugno. Nonostante il rifiuto inglese di mettere a disposizione le navi promesse dal generale Wilson, fatto conoscere da Lloyd George il 17 giugno, la decisione fu confermata e venne chiesto il reperimento di navi italiane sufficienti ad imbarcare l'intero corpo di spedizione per un viaggio che si prevedeva dovesse durare almeno undici giorni. Sonnino informò subito il Comando Supremo della nuova situazione, sollecitando comunque la spedizione, visto che un ritardo che impedisse alle truppe italiane di giungere in Transcaucasia prima che i britannici lasciassero la regione « sarebbe per noi di evidente pregiudizio e potrebbe produrre la necessità di (una) difficile operazione militare » (89). Evidentemente Sonnino non arretrava nemmeno di fronte all'eventualità di una presa di possesso di viva forza. La caduta del gabinetto Orlando portò alla decisione, presa il 27 giugno in Comitato di guerra, di sospendere l'operazione benché Diaz avesse dichiarato che i reparti erano pronti. Il nuovo Presidente del Consiglio, Francesco Saverio Nitti, definì l'impresa, scrivendone molti anni dopo con qualche inesattezza di fatto, « il più grave pericolo che abbia corso l'Italia nei nostri tempi ,, (90). Anche se è evidente l'esagerazione, il progetto promosso da Orlando era assolutamente privo di senso politico, ed anche di buon senso. Va perciò considerata assai fortunata per l'Italia e soprattutto per l'Esercito la serie di circostanze che ne impedì la realizzazione. T occò a Cavallero di comunicare al generale britannico Thwaites, con una certa reticenza, che la spedizione era stata sospesa per mancanza di mezzi di trasporto. Soltanto dopo che un accordo fra il nuovo Ministro degli Esteri Tommaso Tittoni e il Presidente greco Venizelos aveva politicamente garantito la nostra presenza in Anatolia, sia pure rid ucendone le dimensioni, viene ufficialmente comunicata il 30 luglio agli alleati la definitiva rinunzia ad una impresa che, fin dall'inizio, era stata assurdamente connessa alle vicende della spartizione dell'Impero ottomano. Intanto, il 15 luglio, il XII Corpo d'Armata era stato sciolto e le sue Divisioni suddivise fra la r• e la 4" Armata.
(89) AUSSME, racc. CSVU 314. Telegramma prot. 736, in data 17 giugno 1919, di Sonnino al C.S. (9<>) Nrrn F.: « Rivelazioni. Dramatis personae ». Napoli, 1948, pag. 528.
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L'ESERCITO ITALIANO NEL PRIMO DOPOGUERRA
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SBARCHI TN ANATOLIA.
Si è già accennato, nel capitolo precedente, alle aspettative italiane di poter ottenere una qualche forma di controllo sulle regioni del dissolto Impero ottomano che si affacciano sul Mare Egeo e sul Mediterraneo Orientale e più precisamente sulle coste sud - occidentali della Penisola Anatolica. Si è visto anche come queste aspirazioni, confortate oltre che dal Patto di Londra del 1915 dalle promesse fatte dagli alleati al convegno di San Giovanni di Moriana, venissero ostacolate dalla Gran Bretagna in conseguenza della politica favorevole alla Grecia adottata in seguito da essa. Il Governo italiano non intendeva tuttavia rinunciare ad ottenere la supremazia almeno sull'entroterra di Adalia, una regione che si supponeva molto ricca. Fin dal dicembre 1918, il nostro Ministero degli Esteri aveva chiesto l'occupazione di alcuni porti sulla costa meridionale del1'Anatolia. Si trattava di Adalia, Macri (Fethiye) e Marmaritza (Marmaris). In quel periodo, era stanziato nei possedimenti italiani dell'Egeo, oltre ad un Corpo di occupazione comandato dal generale Vittorio Elia, un Corpo di spedizione, al comando del generale Mario Riveri, destinato a rafforzare il piccolo contingente che era già in Palestina al comando del tenente colonnello Gustavo Pesenti. Dopo la rinunzia alla spedizione in Palestina e in Siria, da cui prendeva nome, il Corpo Riveri, composto da truppe metropolitane e da otto compagnie libiche, fu destinato a compiere lo sbarco sulla terraferma anatolica che doveva avvenire nei primissimi giorni del 1919. Il grosso, formato dal 4° reggimento fanteria speciale su due battaglioni e dal XXXI battaglione bersaglieri, era orientato su Adalia. Due piccoli gruppi, formati ciascuno da due compagnie del 34° reggimento fanteria bis, dovevano sbarcare nelle altre località citate. Ci fu un ritardo di qualche giorno dovuto alle cattive condizioni del mare. Successivamente, quando l'operazione sarebbe stata realizzabile, l'ordine di sbarco fu annullato per motivi che non è stato possibile accertare (91). Nel mese di marzo, mentre maturavano gli accordi italo - britannici per l'invio di un nostro reparto a Konya, ove si sarebbe posto agli ordini del generale Milne che aveva sede a Costantinopoli, (91) Le notizie che precedono sono tratte dal DS del Corpo di occupa· zione dell'Egeo, conservato in AUSSME.
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il Governo italiano si ripropose, nel quadro della politica espansionistica allora adottata, il problema degli sbarchi in Anatolia. La prima notizia di questa decisione si trova in un telegramma inviato dal Ministro Caviglia al Corpo di occupazione dell'Egeo, che da lui dipendeva, e al Comando Supremo con l'avviso che erano in corso disposizioni per sbarchi ad Adalia e a Marmaritza e che in relazione a ciò il comando del generale Riveri doveva intendersi sciolto (~F)· Negli stessi giorni, il 1° gruppo battaglioni bersaglieri ciclisti è concentrato a Trieste, insieme ad un gruppo di artiglieria da montagna e ad un ospedaletto da campo someggiato, per tenersi pronto a partire entro quarantotto ore. Lo sbarco ad Adalia avvenne però soltanto il 2 aprile ad opera dei marinai della corazzata « Regina Elena >>, sostituiti il giorno successivo dai bersaglieri del XXXI battaglione. La comunicazione dello sbarco, fatta ai r appresentanti militari alleati dal generale Cavallero, provocò vivaci reazioni che non incisero però sull'accordo per l'occupazione di Kenya stabilito fra Diaz e il generale Wilson il 30 marzo. Contemporaneamente allo sbarco, la 33• Divisione ricevette l'ordine di spostarsi a Trieste con le sue Brigate, lasciando dove era il gruppo di obici pesanti campali che aveva in organico. Negli stessi giorni la Brigata « Sassari» fu però trasferita a Torino in servizio ·d i ordine pubblico e la Divisione restò con la sola Brigata « Livorno » (33° e 34° fanteria). Qualche giorno dopo le fu aggregato il IV battaglione bersaglieri ciclisti, proveniente dal 1° gruppo, destinato ora alla 3• Armata. Il 6 aprile la Brigata « Campania » ebbe disposizione di approntare nell'ambito del 136° reggimento fanteria uno speciale battaglione formato da quattro compagnie fucilieri, due mitraglieri e piccole aliquote del genio e dei servizi, facilmente sdoppiabile in ·d ue piccoli battaglioni. Partito da Genova col piroscafo « Taormina », il battaglione giunse a Konya in ferrovia il 25 aprile, dopo essere sbarcato in un piccolo porto del Mar di Marmara. Dopo diversi rinvii, il primo scaglione del Corpo di spedizione per l'Anatolia parte da T rieste il 26 aprile con il piroscafo « Pala(92) AUSSME, racc. CSVU 155. Telegramma prot. 14798, in data 2 marzo 1919, del Ministero della Guerra :21 C.S. e al Corpo occupazione Egeo, f.to Caviglia.
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sciano». La 3f Divisione, al comando del generale Battistoni, era così formata: Brigata « Livorno », IV battaglione bersaglieri ciclisti, XL gruppo di artiglieria da montagna, LIT battaglione genio zappatori, reparti minori e aliquote dei servizi. La forza totale giungeva a quasi quindicimila uomini. Doveva essere conservato il più assoluto segreto sulla destinazione dei reparti. A tal fine veniva diffusa fra le truppe la notizia che esse dovevano raggiungere Konya. Il trasferimento in Asia avverrà in tre scaglioni entro giugno e comprenderà anche il II gruppo squadroni del reggimento « Cavalleggieri di Roma » (20°). Era previsto che an che la Brigata cc Calabria», allora a Torino, partisse per rinforzare il Corpo di spedizione, ma successivamente si rinunziò a questo progetto. Il generale Battistoni giunge il 15 aprile a Rodi senza che gli siano stati chiariti gli aspetti politici della spedizione, tanto che qualche giorno dopo chiede al Comando Supremo se l'operazione è fatta per conto degli alleati o contro di essi. Da Roma Caviglia gli ordina di consultarsi segretamente con Carlo Sforza, Alto Commissario italiano a Costantinopoli, prima di intraprendere gli sbarchi (93). Da parte sua il Comando Supremo stabilisce che lo sbarco, in un primo tempo limitato a Scalanova (Kusadasi), deve avvenire appena giunga notizia di uno sbarco greco a Smirne. Intanto, per controllare la situazione, navi da guerra italiane stazioneranno in permanenza nei porti a sud della linea segnata da 37° 30' di latitudine. Soltanto verso la fine di aprile Battistoni viene informato dal Ministero degli Esteri, tramite il Comando Supremo, che sui nostri sbarchi non c'è l'accordo degli alleati. I primi sbarchi, con forze non superiori alla compagnia, avvengono il ro maggio a Kuluk (Giilliik), Bodrum (Halikarnassos), Macri e Marmaritza. Non ci sono reazioni da parte delle truppe turche che restano sul posto, così come avverrà il 15 maggio al momento dello sbarco a Scalanova del 34° fanteria, avvenuto in concomitanza della presa di possesso di Smirne da parte della r• Divisione greca, favorita dal comando britannico. Pesanti reazioni, proprio dopo lo sbarco a Scalanova, si avranno a Parigi, dove le delegazioni delle altre Potenze alleate indirizzeranno all'Italia una dura nota di protesta (94). (93) AUSSME, DS Corpo spedizione. Telegramma prot. 18~8, in data 24 aprile 1919. (94) ALDROVANDI M,\RESCOTTI : op. cit., pagg. 360 e 364-
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Le truppe del Corpo di spedizione, dopo un periodo di attesa a Lero, vengono suddivise in varia misura fra le teste di sbarco. Presidi vengono spinti all'interno, evitando anche a costo di qualche ripiegamento diretti contatti con i greci. Le teste di sbarco, sparse su un arco di qualche centinaio di chilometri, dalla foce del Piccolo Meandro al Golfo di Adalia, non giungeranno mai a collegarsi. Tuttavia, completata entro il mese di giugno l'occupazione di tutto il territorio previsto, le truppe italiane controllano, oltre alle località costiere già indicate, numerosi centri dell'interno. I più importanti fra questi sono Milas, dove si stabilisce il comando della « Livorno ll, Mugla, Sokia (Soke) e Burdur, mentre i nostri avamposti sono in prossimità della città di Aydin. L'operazione in Anatolia è la più lontana fra quelle effettivamente realizzate dall'Esercito nel periodo preso in esame da questo lavoro. La sua esecuzione, ineccepibile sotto il profilo tecnico, restò senza validi risultati politici, come meglio si vedrà in uno dei successivi capitoli. Essa è un ulteriore sintomo dell'attivismo non sempre ben ponderato della politica estera italiana nel primo semestre del 1919, causa ed effetto al tempo stesso dì un crescente nervosismo all'interno del Paese. Tutto questo semestre, agitato da spinte molteplici e contrastanti, vede un rapporto sempre più inadeguato fra i compiti affidati all'Esercito e la forza a sua disposizione. Non va infatti dimenticato che la parte dell'Esercito disponibile come strumento militare della politica estera era stata indebolita negli stessi mesi dal congedamento di quattro classi e da molte facilitazioni a favore di militari che si trovavano in particolari situazioni di famiglia o di studio. Anche queste facilitazioni si concretavano in una notevole riduzione degli uomini mobilitati e lasciavano strascichi negativi sul morale di chi restava in zona di guerra od oltremare. Uno strumento militare indebolito da molte cause materiali o morali viene in tal modo sottoposto a continue tensioni che finiranno col metterne a dura prova la fibra.
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PARTE TERZA
8. - Gallinari
I I I. « DALLO STATO DI GUERRA ALLO STATO DI PACE >> (r)
I.
LA
POLITICA MILITARE DEL PRIMO GovERNO
NITTI.
Il nuovo Governo costituito verso la fine di giugno da Francesco Saverio Nitti, del quale faceva parte come Ministro della Guerra, dopo aver superato qualche titubanza (2), il generale Alberico Albricci, fino allora comandante del XXVIII Corpo d' Armata, si presentava al Paese sotto l'insegna del risanamento finanziario ed economico e della moderazione in politica estera. Fin dai discorsi di investitura tenuti alla Camera e al Senato il 9 luglio, il nuovo Presidente pose un particolare accento sull'esigenza di affrettare la smobilitazione per ridurre le spese conseguenti alla guerra, che negli ultimi mesi sembravano essersi addirittura accresciute rispetto al periodo bellico. In questa occasione egli assicurò che « la smobilitazione procederà il più presto che sia possibile, data la situazione internazionale e le condizioni dell'ordine pubblico>>(3). Anche il nuovo Ministro della Guerra, intervenendo qualche giorno dopo alla Camera nel dibattito sulle dichiarazioni del Governo, rinnovò le assicurazioni dicendo che la smobilitazione si sarebbe compiuta « il più rapidamente possibile » (4). Albricci, dopo aver segnalato all'attenzione del Paese l'opera che l'Esercito aveva compiuto e compiva per la ricostruzione delle terre liberate, espose in rapida sintesi un consuntivo
(1) E' questa l'espressione usata da N itti nelle dichiarazioni del Governo pronunciate in Parlamento il 9 luglio 1919. Le stesse parole furono usate da Bonomi nella relazione che accompagnava il R.D. 20 aprile 1920, n. 451. (2) La prima lista dei nuovi ministri, pubblicata il 23 giugno, portava 11 nome dell'ammiraglio Sechi come ministro ad interim della Guerra. Solo il giorno successivo fu emanato il decreto con la nomina di Albricci. (3) Atti parlamentari, Camera, XXIV legislatura, discussioni. Tornata del 9 luglio 1919, pag. 19058. (4) Atti parlamentari, Camera, XXIV legislatura, discussioni. Tornata del 13 luglio 1919, pag. 19222.
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della smobilitazione già effettuata. Successivamente al congedamento della classe 18 9, in corso in quei giorni, il totale degli smobilitati sarebbe giunto a 78.135 ufficiali e 2.205.000 uomini di truppa. Le unità sciolte fino allora erano pari a quattro Armate, undici Corpi d 'Armata, 23 Divisioni e 319 fra reggimenti e reparti minori. Per chiarire come intende esercitare i propri poteri a proposito della ulteriore smobilitazione dell'Esercito, il Minjstro si esprime con queste parole : « Io non debbo distruggere questa macchina poderosa; io devo accuratamente, sebbene rapidamente, scomporla man mano che essa avrà assolto il suo compito verso la Patria, e fare in modo che l'organo vitale di essa continui a compiere le sue funzioni » e aggiunge: « Io debbo soprattutto vegliare a che intatti rimangano lo spirito e la disciplina » (5). Sono ben noti, e risultano confermati nelle pagine che precedono, gli stretti e cord iali rapporti di collaborazione che si erano stabiliti fra il Presidente Orlando e il generale Diaz, specie nel corso della lunga permanenza a Parigi durante la Conferenza della pace. L'ascesa di Nitti, che nei primi giorni apparve a molti un capovolgimento della situazione politica, destò probabilmente qualche preoccupazione fra gli esponenti del Comando Supremo, anche perché lo statista lucano non faceva mistero del suo desiderio di giungere ad una rapida smobilitazione e ad una drastica riduzione delle spese militari. D'altro canto, egli non riusciva a nascondere una certa sospettosità nei confronti degli alti esponenti dell 'Esercito, come ebbe a testimoniare anche a distanza di molti anni (6). Prova di queste preoccupazioni è la ricerca da parte di Diaz e Badoglio di contatti ufficiosi con gli ambienti politici vicini al nuovo Governo. Ferruccio Parri, già ufficiale addetto al Comando Supremo e incaricato in quei giorni di un sondaggio in tal senso, ha reso di recente una testimonianza in proposito (7). Passato un primo momento di incertezza, la collaborazione dei due vertici dell'Esercito (a partire dalla nomina di Albricci è possibile considerare uguali per influenza e impartanza Comando Supremo e Ministero della Guerra) fu assicurata al Governo nel modo più pieno. La lealtà dei capi più alti dell'Esercito verso il Governo Nitri e le istituzioni che legittimamente esprimevano la volontà del (5) Atti parlamentari, Camera, XXIV legislatura, discussioni. T orna ta del 13 luglio 1919, pag. 19224. (6) N rTn : op. cit., pag. 532 e seg. (7) R ocHAT G.: ,< L 'Esercito italiano da Vittorio Veneto a Mussolini », cit., pag. 44.
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Paese fu assoluta, nonostante la violentissima polemica giornalistica che investì le Forze Armate a seguito della pubblicazione, voluta da Nitti, della relazione della Commissione di inchiesta sulle vicende militari dell'ottobre e novembre 1917 (8). I rapporti di cooperazione fra Governo, Ministero e Comando Supremo furono certamente facilitati dal trasferimento di quest'ultimo da Abano a Roma, avvenuto ai primi di agosto. In questa occasione il Comando Supremo assunse una struttura che prefigurava la sua riconversione in Stato Maggiore dell'Esercito. L'articolazione era in due soli reparti. Al Reparto Operazioni facevano capo gli uffici Operazioni, Addestramento, Esteri (studi politici e addetti militari), Informazioni, Storico. Il Reparto Ordinamento e Servizi raccoglieva gli uffici Mobilitazione, Reclutamento, Servizi e Trasporti. La dirigenza dell'Esercito accettò la rapida smobilitazione dell'estate 1919, che creava ai comandi gravissimi problemi ordinativi, logistici ed anche morali, senza opposizioni o remore. Principale cura del Comando Supremo fu la ricerca di soluzioni equilibrate che salvaguardassero la compagine dell'Esercito mobilitato, sottoposto ad una rapida caduta della forza effettiva e in particolare ad una fortissima riduzione del numero degli ufficiali. Furono necessari continui aggiustamenti e spostamenti che riguardarono essenzialmente, dopo lo scioglimento della 4" e della 13, la struttura dell'W Armata di cui, dopo la secessione fiumana e l'allontanamento del generale N icolis di Robilant, lo stesso generale Badoglio assumerà il comando a partire dal 21 settembre. Come si è già accennato, fra i primi atti del nuovo Ministro fu il congedamento della classe 1889 a partire dal 12 luglio (9). Le operazioni relative dovevano concludersi entro il giorno 22. Il 7 luglio, in occasione del decimo congedamento di ufficiali, veniva stabilito che, oltre ai limitati casi di provvedimenti d'autorità riguardanti gli elementi dichiarati insostituibili o in servizio di prima nomina o sottoposti a procedimento penale, non sarebbero stati più consentiti trattenimenti in servizio a domanda. Altri massicci congedamenti seguirono nell'estate 1919 in successione assai rapida. Il collocamento in libertà degli ufficiali se(8) Sull'atteggiamento politico del generale Badoglio in questo periodo, sostanzialmente concorde con quello del generale D iaz, può vedersi il rapido disegno tracciato in P1 E RI P., R ocHAT G .: <( Badoglio ». Torino, 1974, pag. 466 e seg. (9) Decreto ministeriale 2 luglio 1919.
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guiva ormai dì pari passo il congedo delle classi di truppa. A partire dal 5 agosto fu congedata la classe 1890 (10), dal 21 agosto la classe 1891 (n) e poi, con ritmo esattamente settimanale, le classi 1892, 1893 e 1894 (12). L'Esercito mobilitato, che contava a metà luglio, dopo il congedo della classe 1889, 32.303 ufficiali e 859.810 uomini di truppa (13), ne subì un forte contraccolpo, attutito tuttavia dai numerosi avvicinamenti alle famiglie disposti in precedenza a favore dei militari più anziani e dalla sostituzione nei reparti rientrati in Paese dei militari delle classi più giovani con altri più vicini al congedamento. Si era in tal modo ottenuto un aumento del peso relativo fra le truppe mobilitate delle classi destinate ad essere congedate per ultime. Il colonnello Guzzoni, capo dell'Ufficio Operazioni del Comando Supremo, in un promemoria del 5 luglio (14), quando era ormai stabilito il congedo della classe 1889 e previsto quello della classe successiva, proponeva lo scioglimento di una Armata, la 4"', di quattro Corpi d'Armata e di sei Divisioni. Dovevano essere poste a disposizione del Ministero, debitamente depurate dei militari più giovani, dieci Brigate di fanteria e i reggimenti, raggruppamenti e gruppi di artiglieria delle grandi unità disciolte. Era anche proposto lo scioglimento in zona di guerra della Brigata « Lucca », della I Brigata bersaglieri e dell'VIII Raggruppamento alpini. Per quanto riguardava le minori unità, le proposte di Guzzoni divenivano ordine il giorno seguente (15). Dieci Brigate di fanteria e cinque reggimenti cli artiglieria da campagna sarebbero tornati in Paese con quadri ridotti per aumentare la disponibilità di ufficiali in zona di guerra : compagnie e batterie sarebbero partite con un solo subalterno. Veniva contemporaneamente ordinato lo scioglimento di dieci gruppi pesanti campali, di quattro di artiglieria da montagna, di sei raggruppamenti di artiglieria cl' assedio e di numerosi reparti delle varie specialità del genio. Tutti i militari di truppa che rientravano (10) D .M. 28 luglio 1919. (u) D.M. 9 agosto 1919. (12) Decreti ministeriali 16 agosto, 20 agosto e 28 agosto 19r9. (13) AUSSME, Ds Ufficio O.M. del C.S. Prot. 3832, in data rr luglio 1919, del C.S. alla Sez. Mii. della Delegazione per la pace, f.to Badoglio. (14) AUSSME, racc. CSVU 155. (15) AUSSME, racc. CSVU 155. Prot. 93816, in data 2 luglio 1919, del
C.S. Uff. 0 .M.
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dovevano appartenere a classi più anziane del 1893. Il Ministero autorizzava i comandi dei Corpi d'Armata territoriali a sciogliere le Brigate formate a suo tempo con ex prigionieri di guerra nel numero necessario per tenere le restanti ad un sufficiente livello di forza (16). Il nuovo Governo, come si vedrà anche in seguito, aveva rinunciato ad ulteriori spedizioni oltremare ed anzi sollecitava il rientro di molte delle unità dislocate fuori d 'Italia. Ad un minore impegno militare al di là dei confini corrispondeva però una accresciuta domanda di interventi all'interno. A seguito delle manifestazioni antigovernative di Roma, delle prime notizie sul progettato sciopero generale internazionale e dei moti di piazza contro il carovita che scoppiavano in vari centri del Paese, la prima preoccupazione di Nitti e dei suoi ministri er a divenuto l'ordine pubblico, minacciato da molte parti. Agli inizi di luglio, urgenti richieste di Brigate di fanteria si sovrappongono ai rientri progettati dal Comando Supremo rendendoli meno sistematici e spesso impedendo le previste sostituzioni di singoli militari e di unità. Prima dello sciopero generale internazionale, in effetti limitato all'Italia, del 20 e 21 luglio, furono fatte rientrare d'urgenza le Brigate « Pistoia >>, « Siena >> , « Perugia », « Forlì », « Toscana », « Cremona », «Emilia », « Modena », « Pisa », « Mantova », <, Friuli >>, « Venezia >> e « Genova », tre più del previsto. In compenso, gli scioglimenti di grandi unità furono di poco al di sotto del programma: tre Corpi d'Armata, VIII, XII e XXIII, e cinque Divisioni, ro•, 15", 31", 57" e 58\ in certi casi gli uni e le altre diversi da quelli elencati da Guzzoni. Le Armate sciolte furono invece tre: la e con ordine del 1" luglio, la 3"' e la 4• con ordini del 14 luglio. Un movimento in senso inverso a quello delle tredici Brigate fu compiuto dalla r• Divisione d'assalto che al ritorno dalla Tripolitania si era dislocata, alle dipendenze della 1° Armata, fra Cremona, Guastalla e Reggio Emilia. Per ordine del Comando Supremo, assai probabilmente ispirato dal Governo, fu trasferita subito dopo la fine dello sciopero nella zona fra Aidùssina e Postumia, nei pressi della linea di armistizio. Questo provvedimento, motivato dalle stesse preoccupazioni sul probabile comportamento degli arditi a (16) AUSSME, racc. circ. 12. Prot. 9280, in data 28 giugno 191 9, del Ministero Div. S.M., f.ta A lbricci.
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suo tempo espresse dal generale Grazioli, porterà notevoli conseguenze nel corso della crisi del settembre successivo. A proposito dello sciopero generale, va notato che in zona di guerra non furono presi provvedimenti preventivi diversi da quelli adottati nel resto d'Italia. Del resto, le due giornate passarono senza che si verificassero incidenti di qualche entità. Il timore però fu vivissimo, anche perché si pensava da parte di molti che lo sciopero avrebbe avuto carattere insurrezionale. Si pensi che i reggimenti di artiglieria che in quei giorni stavano rientrando in Paese ebbero l'ordine di portare al seguito il munizionamento per i pezzi. Con l'accelerarsi del ritmo dei congedamenti, fu necessario ricorrere ad un nuovo massiccio scioglimento di Grandi Unità. Fra agosto e settembre furono sciolti sette Corpi d'Armata: III, V, X, XI, XIV, XVI e XVIII, e ben sedici Divisioni: 5\ 9"', 12\ rf , 21"', 22"', 23", 25\ 26"', 32", 37"', 48", 54", 55\ 6i .. e 75\ Si deve però tener presente che tre comandi di Corpo d'Armata semplicemente si trasformarono nei comandi delle zone di Trento, Gorizia e Trieste, mentre cinque comandi di Divisione diedero vita ai comandi di settore di Trento, Bolzano, Tarvisio, Gorizia e Trieste (17). Secondo un accordo fra Comando Supremo e Ministero della Guerra, i comandi di zona e di settore dovevano prefigurare altrettanti comandi territoriali, rispettivamente di Corpo d 'Armata e di Divisione. Ai vertici dell'Esercito prevaleva infatti fin dall'inizio del 1919 l'idea che a seguito della conquista di nuove province il numero dei Corpi d'Armata previsti dall'organico di pace dovesse passare dai dodici prebellici a quindici. Il Ministero, sollecitato dalle autorità politiche, continuava a premere sul Comando Supremo affinché, contemporaneamente alla smobilitazione, si disponesse un travaso di forze a beneficio della zona territoriale, ove l'onere di garantire l'ordine pubblico continuava a gravare in gran parte sull'Esercito, nonostante il rafforzamento dei carabinieri, portati ad un organico di 60.000 uomini (18). e l'istituzione della Regia Guardia per la pubblica sicurezza, avvenuta il 2 ottobre 1919. Come sempre in passato, questa incombenza era considerata pesante e dannosa dalle gerarchie militari. Lo stesso Ministro Albricci ebbe a dichiarare in Senato che « una delle (sue) (17) Probabilmente, se Fiume fosse stata annessa all'Italia sarebbe stata la sede del secondo settore della Zona Trieste. (18) R.D. 2 ottobre 1919, n. 1802 . L'arma veniva strutturata in sette gruppi di legioni e 19 legioni. Era anche prevista la costituzione di battaglioni mobili.
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più gravi preoccupazioni (era) quella di limitare e regolare l'impiego delle truppe in ordine pubblico », che egli riteneva « una delle insidie più gravi alla istruzione e alla disciplina delle truppe » ( 19). Che nell'estate 1919 le preoccupazioni per l'ordine pubblico fossero preminenti è dimostrato dalla distribuzione geografica delle trentacinque Brigate di fanteria che alla data del 20 agosto erano a disposizione dei comandi dei Corpi d'Armata territoriali (20). E' opportuno notare in via preliminare che nove di tali Brigate, insieme a tre reggimenti isolati, 244°, 249° e 267° fanteria, rappresentavano ciò che restava delle diciannove ricostituite con gli ex prigionieri di guerra delle classi dal 1885 al 1894. Erano perciò unità che sarebbero rimaste quasi completamente svuotate dopo i congedameoti dell'estate 1919. Inoltre, la loro efficienza era compromessa dalla suddivisione in molti piccoli distaccamenti. Le ventisei Brigate efficienti, fatte rientrare in epoche diverse, sono in gran parte concentrate nelle grandi città e nelle loro immediate vicinanze. A Roma notiamo le Brigate « Cuneo », « Pisa » e « Sassari »; a Milano le Brigate « Parma », « Marche », « Emilia )) e « Campania»; a Torino le Brigate « Brescia », « Siena» e « Calabria »; a Napoli e dintorni le Brigate « Forlì >) e « Reggio)> . Le altre quattordici Brigate erano così distribuite: « Modena » e (( Salerno » in Liguria; « Pistoia », « Sicilia » e « Messina » in Emilia; « Cremona)> e « Venezia » in Toscana; (< Alpi» in Umbria ; « Toscana » nelle Puglie; « Cagliari » in Campania; « Napoli » e « Perugia » in Sicilia; « Mantova » fra Lombardia e Veneto occidentale; la <( Friuli », infine, era disseminata lungo la costa adriatica da Bologna a Foggia. Nelle maggiori città erano anche stanziate cinque compagnie di motomitraglieri e otto squadriglie di au tobl indomi tragliatrici. Nonostante la presenza in zona territoriale di così ingenti forze, continuavano le pressioni per far ritornare all 'interno del Paese le non molte unità rimaste in zona di guerra. Ai primi di settembre fu disposto il rientro delle brigate « Re », « Liguria >), « Roma », « Abruzzi», « Basilicata ,,, « Umbria », <(Catania ,, (21) e « Ma-
(19) Atti parlamentari, Senaco, XXIV legislatura, discussioni. Tornata del 25 luglio 1919, pag. 5091. (20) AUSSME. Dislocazione delle truppe e dei servizi in zona territoriale e nelle colonie al 20 agosto 1919. Pubblicazione riservatissima del Ministero della Guerra. (21) Salvo il 145° fanteria destinato alla Piazza marittima di Pola.
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cerata », che si aggiungevano alle Brigate « Aosta », « Novara » e « Udine » rientrate da qualche giorno in occasione di uno sciopero agricolo. Dopo lo scioglimento della 1" Armata, disposto con ordine dell'n settembre, e il passaggio alle dirette dipendenze del Ministero della Zona Trento e della 6.. Divisione, rimasta nel Tirolo settentrionale, 1'8" Armata comprende quasi tutte le truppe ancora dipendenti dal Comando Supremo. Al 13 settembre la forza effettiva dell'Armata risultava di 7179 ufficiali e di 200. 165 uomini di truppa. Un minor impegno dell'Esercito mobilitato negli affari civili e politici, ma non la rinuncia a fornire un massiccio concorso di uomini e di mezzi alla ripresa delle terre liberate, derivò, a partire dal 1° agosto, dalla istituzione a T rento e a Trieste di Governatorati civili, dipendenù dalla Presidenza del Consiglio dei ministri . Primi titolari di tali uffici furono, rispettivamente, il senatore Credaro e l'onorevole Ciuffelli. All'inizio di settembre si stabilì che l'S· Armata assumesse la formazione che si riporta qui sotto, seguendo Ja dislocazione dei Corpi d'Armata da nord a sud lungo la linea di armistizio. Gli avvenimenti di Fiume portarono a diversi spostamenti di unità che modificarono nei particolari l'assetto previsto, senza però mutarne sostanzialmente i caratteri quantitativi : XXII Corpo d'Armata: Divisione (Brigate « Piemonte » e « T reviso ») 52a Divisione (I e II Raggruppamento alpini) 60&
XXVIII Corpo d'Armata : 56" Divisione (Brigate « Ravenna » e « Como ») 53" Divisione (Brigate « Lombardia » e « Padova ») XXVI Corpo d'Armata: 45" Divisione (Brigate « Granatieri >> e V bersaglieri) 1a Divisione d'assalto (I Raggruppamento d'assalto) Zona Trieste : Settore Trieste (Brigate <{ Catanzaro » e « Casale »)
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Zona Gorizia : Settore Gorizia (Brigate « Bologna » e « Ferrara ») Settore Tarvisio (Brigate « Firenze >> e « Piacenza ») Occupazione di Fiume : (Brigate « Sesia >> e « Regina ») Piazza marittima di Pola: (Brigata « Pinerolo >>).
2.
RIPERCUSSIONI DELLA SITUAZIONE INTERNAZIONALE.
Il mantenimento di un notevole complesso di forze mobili, in qualche modo parallelo a quello delle zone e dei settori, che avevano compiti spiccatamente statici, era l'effetto del persistente timore di uno scontro con lo Stato serbo - croato - sloveno, un fantasma che incombeva, e incomberà per decenni, sull'Esercito italiano, condizionandone strutture e orien tamenti. Si è già visto nella seconda parte di questo volume come allarmi provenienti da molte direzioni tenessero in guardia il Comando Supremo durante la primavera del 1919. Voci allarmistiche continuarono a pervenire in luglio circa un attacco che sarebbe stato lanciato da est in concomitanza con lo sciopero generale. Questa volta le informazioni provenivano dall'ufficiale di collegamento carinziano presso il comando del XXII Corpo d'Armata e si rivelarono in seguito completamente infond ate: i movimenti di truppe osservati consistevano in normali avvicendamenti di piccoli reparti. Comunque, il Comando Supremo predispose un piano di reazione controffensiva a breve raggio con puntate dell'XI Corpo d'Armata su Krainburg (Kranj) e del XXVIII su Lubiana. 11 Comando Supremo se crede, e crederà, troppo facilmente a voci interessate a destare allarme, teme anche cpe il nervosismo possa prendere la mano ai comandi dipendenti. Ritiene perciò necessario ribadire anche in questa occasione che « ogni azione nostra è subordinata a palese, sicura e decisa offesa che contro le truppe sia effettuata da reparti serbo - croato - sloveni. E pertanto mentre le armate dovranno tenersi pronte all'azione si asterranno da qualsiasi azione offensiva senza esplicito ordine di questo Comando >> (22). (22) AUSSME, DS 3" Armata. Prot. 21098, in data J8 luglio 1919, del C.S. alla 3" Armata, f.to Diaz.
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Cessato l'allarme, restano designate per « eventuali azioni » le Divisioni 52\ 533, 56.. e r• d 'assalto. L 'idea era di svincolare queste unità dai normali ser vizi territoriali e di presidio per tenerle alla mano come punte di lancia, m a in realtà alcune di esse fu rono impiegate anche per la sorveglianza della linea di armistizio. In settembre, le notizie allarmistiche si fanno più insistenti. Probabilmente esse erano messe in circolazione da elementi simpatizzanti per l'impresa di D'Annunzio, al fine di deviare o rende:e più problematiche azioni di forza contro Fiume. Tali voci provengono anche da Pola e da Vienna. Diaz vorrebbe che le forze mobili fossero portate a otto o dieci Divisioni, pari a 120 battaglioni. Badoglio ritiene 1'8" Armata già sufficientemente robusta, anche perché valuta più realisticamente i battaglioni serbo - croati - sloveni stanziati nella parte occidentale del nuovo Regno in circa sessanta, per la metà almeno gravitanti sull a Carinzia. Il 20 settembre si tiene a Roma una riunione con Nitti, Diaz e Albricci proprio per parlare del (< pericolo jugoslavo ». itti però telegrafa a Badoglio affinché eviti in ogni modo incidenti, visto che (< un conflitto con la Jugoslavia comprometterebbe irrimediabilmente nostre trattative internazionali » (23). Qualche giorno dopo Diaz invia a Trieste il generale Scipioni, divenuto il numero due del Comando Supremo, per raccomandare a Badoglio di non prendere, <( come sempre è stato nostro comune pensiero », iniziative che possano essere considerate provocatorie dagli jugoslavi (24). T uttavia, Badoglio emana il 23 settembre un bando contro coloro che intendessero appoggiare azioni provenienti da oltre la linea di armistizio. Due giorni dopo, Comando Supremo e 8.. Armata concordano sull'opportunità di assicurare in un primo tempo la disponibilità di nove Divisioni e in seguito di un'altra Armata su sette Divisioni . Il comando sarebbe stato conservato a Badoglio, sempre previdente in simili questioni, con l'istituzione, allora senza precedenti in Italia, di un Gruppo di Armate. Vengono intanto ricostituite tre Divisioni, che prendono i num eri distintivi di 7i, 78" e 79\ Fanno parte di esse, nell'ordine, le Brigate « Bologna », « Firenze», (( Valtellina », V bersaglieri e << Bergamo » ed il IV Raggruppamento alpini, unità in maggior (23) BAoocuo P. : « Rivelazioni su Fiume ». Roma, 1946, pag. 169. Telegr. 26o76, in data 20 settembre 1919. (24) BAoocuo : op. cit., pag. 179. Lettera s.n., in data 24 settembre 1919, f.ta Diaz.
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parte già inserite nell'8• Armata. Per il completamento delle nuove Divisioni vengono chiesti n.ooo complementi. L'eventuale mobilitazione di una seconda Armata avrebbe reso necessario il rich iamo in servizio di una classe (25). Assai probabilmente, qualche notizia di questi preparativi era trapelata in Paese. Infatti, il deputato socialista Filippo Turati interpellò il 18 settembre il Ministro della Guerra per sapere se fosse vero che il Governo aveva richiamato alle armi due classi e sospeso la smobilitazione. Albricci smentì recisamente, ma è facile r ilevare una pausa nei congedamenti dopo la metà di settembre ove si osservi che successivamente al congedamento della classe 1894, ultimo di quelli a ciclo ·settimanale, deciso il 28 agosto ed effettuato circa quindici giorni dopo, fu necessario attendere il 30 ottobre perché iniziassero le operazioni riguardanti la classe 1895. E' probabilmente per avere le truppe mobili più raccolte, nei confronti sia di azioni jugoslave, sia di minacce provenienti da Fiume, che prima Robilant e poi Badoglio propongono lo sgombero della Carinzia, prendendo a motivo alcuni incidenti avvenuti fra nostri soldati e cittadini del luogo. Il 5 ottobre, quando il rientro era appena terminato, il Governo ordinò il ripristino dell'occupazione, temendo che alle truppe italiane subentrassero quelle jugoslave. Il comando dell '8" Armata ottiene che all'operazione pari:ecipi la sola Brigata « Piemonte >>, rinforzata dal III gruppo del 30° artiglieria. Mentre Diaz avrebbe preferito una occupazione estesa come la precedente fino a Sankt Veit, Badoglio concentra le truppe nella zona di Villach. Il 1° novembre 1919 il « Notiziario politico - militare >> pubblicato dall'Ufficio I dello Stato Maggiore dell'8• Armata, sempre puntualmente e compiutamente informato delle cose jugoslave, scriverà che il Regno serbo - croato - sloveno aveva attraversato dal 13 settembre al 17 ottobre una gravissima crisi politica a causa delle dimissioni del governo presieduto da Davidovié. Se questa era una chiara smentita agli allarmi delle settimane precedenti, non si può dimenticare che essi trovavano invece conforto in una violenta campagna antitaliana della stampa jugoslava e nel costante atteggiamento aggressivo nei confronti dell'Austria. Soltanto verso la fine di novembre Diaz e Badoglio esclusero ogni imminente pericolo proveniente da est. Diaz, in una lettera
(25) AUSSME, DS 8" Armata, settembre e ottobre 1919.
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a Nitti, dichiara infondate le « voci allarmistiche » di settembre e giudica sufficiente un'Armata di manovra su sei Divisioni. Questa forza non doveva esere ulteriormente diminuita, a meno che « il Governo non crede di potersi assumere la responsabilità di escludere assolutamente la possibilità di conflitto con gli S. H. S. » (26). Nonostante i nuovi tentativi del Ministro Tittoni, la questione del confine orientale era tuttora aperta. Particolare importanza ebbe la partecipazione del Comando Supremo alla formulazione di varie ipotesi di compromesso per la soluzione del problema. Non c'era più la presenza quasi costante di Diaz a Parigi, come era avvenuto all'epoca del Governo Orlando, ma il collegamento permanente con la Delegazione italiana è ottimamente tenuto, con la collaborazione del colonnello Pariani, dal generale Cavallero, sempre assai informato sugli sviluppi della situazione diplomatica. L 'argomento è tuttavia ritenuto così importante per le inevitabili conseguenze militari che lo stesso generale Diaz interviene più volte direttamente. Si è visto che già nell'ultimo periodo del Governo Orlando - Sonnino ci si andava orientando verso l'istituzione di uno Stato fiumano indipendente, inserito fra l'Italia e il Regno serbo - croato - sloveno. Poiché però il nuovo Stato avrebbe avuto una popolazione in grande maggioranza slava, la p0ssibilità che esso entrasse nell'orbita jugoslava non poteva essere scartata. La questione del confine conservava perciò intatta la sua importanza militare. Se esso fosse passato troppo vicino a Trieste e Gorizia avrebbe reso difficilmente difendibili queste città, impedendo al tempo stesso di esercitare una pressione riequilibratrice verso la conca di Lubiana. Queste conseguenze furono subito fatte presenti da Diaz a Tittoni (27). Il generale segnalava anche quale sarebbe stato, da un punto di vista strettamente militare, il confine ideale. Era quello che, lasciando all'Italia le località di Idria, Longatico (Logatec), Postumia e Zirknitz (Cerknica), toccava le rive del Quarnero dopo essere passato ad oriente del Monte Nevoso. Come si vede la linea è abbastanza vicina a quella che sarà tracciata con il trattato di Rapallo. Le alture che dominano da occidente la ferrovia LongaticoPostumia - San Pietro - Fiume, a circa 25 chilometri da Trieste, rappresentavano un minimo irrinunciabile. Diaz riteneva necessario (26) AUSSME, DS ga Armata. Prot. 5036, in data 17 novembre 1919, del C.S. al Presidente del Consiglio, f.to Diaz. (27) AUSSME, DS Sez. ir. Comit. Mii. Interalleato Versailles. Prot. 10500, in data 11 luglio 1919, del C.S. a Tittoni e Nitti, f.ta Diaz.
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anche il controllo italiano sul « triangolo di Assling » per eliminare ogni interferenza jugoslava sulla ferrovia Trieste - Klagenfurt. Come in passato, Diaz non desiderava intervenire sulla questione della Dalmazia, ripetendo che si trattava di un « problema essenzialmente interessante la Marina >>. Nel novembre 1919 la possibilità di un accordo con gli jugoslavi sembra riprendere quota. Alla base del compromesso c'è sempre l'istituzione dello Stato cuscinetto fiumano. Cavallero, probabilmente ispirato da Diaz, presenta a Tittoni un promemoria nettamente contrario allo Stato fiumano , che sembrava in precedenza tacitamente accettato dal vertice militare. In particolare, Cavallero pone in risalto gli svantaggi che deriverebbero all'Italia dalla creazione di una fascia smilitarizzata che giungesse ad intaccare anche le difese di Pola (28). Dalle trattative avvenute dopo la sostituzione di Tittoni con Vittorio Scialoja, condotte quasi sempre personalmente da Nitti, sembra tuttavia emergere l'inevitabilità di portare il confine orientale d'Italia a metà strada fra Trieste e la linea di armistizio, senza lasciare quel margine di sicurezza che era ritenuto necessario dal Comando Supremo per la difesa della città. Per quanto riguarda gli impegni all'estero, l'estate del 1919 vede il ritorno della Brigata mista << Alpi >> dal Palatinato, dove era stata trasferita dopo il rientro in Italia del grosso del II Corpo d' Armata, e dei piccoli Corpi di spedizione da Murmansk e dalla Palestina (29). L'occupazione dell'Alto Inn viene ridotta in novembre, per decisione del Comitato di guerra, alla sola Brigata « Granatieri », rinforzata da aliquote delle altre armi e dei servizi. Restavano, con forza ridotta a meno di 50. 000 uomini, le truppe in Albania. La presenza militare in Libia è molto ridimensionata. Rimangono sulla costa africana 1'8r" Divisione, con le Brigate « Teramo » e « Bergamo », quest'ultima pronta per il rientro, il 18° bersaglieri, sei gruppi di artiglieria, l'LXXXV battaglione zappatori e ventisette battaglioni autonomi di fanteria fra metropolitani e coloniali. (28) AUSSME, racc. CSVU 247. Promemoria Cavallero in data 2 novembre 1919. (29) Al momento del rientro, quest'ultimo era comandato dal ten. col. Pesenti e costituito da due compagnie bersaglieri, una compagnia cacciatori, una compagnia speciale, una compagnia carabinieri, un reparto carabinieri a cavallo e aliquote del genio, della sanità e della sussistenza.
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L'occupazione della Dalmazia proseguiva senza gravi problemi militari. Sciolti in settembre, come si è visto, il I Corpo d'Armata e la 66" Divisione, restava la 24", con le Brigate « Savona » e « Gaeta » e il 138° fanteria « Barletta », comandata dal generale Viora. In autunno, gli effettivi superavano di poco i 15.000 uomini. La « Gaeta », rinforzata con gli uomini provenienti dalla disciolta Brigata « Taranto », presidiava la zona fra Sebenico, Drnis e Knin. La « Savona », raccolti gli uomini della « Bari », era fra Zara, Obrovac e Scardona, mentre il 138° fanteria presidiava le Isole Curzolane. L'impresa di D 'Annunzio, di cui si parlerà più ampiamente in seguito, ha particolari ripercussioni in Dalmazia, sia per motivi geografici, sia per l'atteggiamento incerto dell'ammiraglio Millo. Suggestionati dalle notizie provenienti da Fiume, quattro ufficiali del 264° fanteria organizzarono una incursione su Traù, occupata dagli jugoslavi. Con pochi autocarri e gli uomini del piccolo presidio di Pergomet, essi giunsero nel porto dalmata all'alba del 24 settembre. Dopo aver disarmato senza incontrare resistenza una trentina di soldati serbi, presero possesso della città e organizzarono una effimera occupazione che durò fino a mezzogiorno, quando bastò l'arrivo di forze navali inviate dal comando di Sebenico per indurre i promotori della spedizione a rientrare nelle linee italiane. In ottobre, il Comando Supremo predispone i piani per un eventuale abbandono di Sebenico nel caso che la Conferenza di Parigi non assegni all'Italia l'intera D almazia. Al fine di evitare possibili disobbedienze da parte di unità largamente influenzate dal la propaganda dannunziana, iJ Comando Supremo e il Ministero progettano la sostituzione della Brigata « Gaeta» con un'altra proveniente dalla Zona Trento, che era ritenuta una riserva di truppe di sicura fedeltà. Sarebbero stati inviati in Dalmazia soltanto militari delle classi prossime al congedo e perciò presumibilmente alieni da ogni avventura che potesse ritardare il ritorno alle loro case. L a « Savona » sarebbe rimasta a Zara, città di cui si riteneva certa I' assegnazione all'Italia (.30). A proposito dell'eventuale sgombero della Dalmazia, l'ammiraglio Milio segnala che i presidi dell 'interno potrebbero venire ritirati senza incidenti , ma questi sarebbero probabili per l'evacuazione (30) AUSSME, DS S• Armata. Prot. 3953, in data 22 ottobre 1919, del C.S. a Badoglio, f.to Scipioni.
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di Sebenico, sicuri e gravi nel caso che si dovesse abbandonare Zara. Potrebbero avvenire sbarchi di truppe fiumane e in tale eventualità egli non potrebbe garantire la disciplina dei suoi dipendenti. Si ha da questa lettera l'impressione che Millo volesse farsi considerare quasi un prigioniero di D'Annunzio e giustificare così certi suoi atteggiamenti non molto lineari (31). La previsione di una ritirata dalla Dalmazia a seguito di un accordo di compromesso non si realizzò. D'Annunzio tuttavia organizzò per il 14 novembre una spedizione navale su Zara che non fu contrastata. Anzi, in questa occasione l'ammiraglio Milio assunse pubblicamente impegni che non gli competevano e diede il proprio consenso alla permanenza in Dalmazia del battaglione di volontari .fiumani che aveva accompagnato D'Annunzio. Questi ed altri atteggiamenti di Millo portarono a contrasti col generale Viora, che riuscì a riaffermare la propria dipendenza dal Comando Supremo. Alla spedizione in Anatolia il Governo Nitti teneva in modo particolare, forse perché, come dirà il Ministro Tittoni, « nell'Asia Minore il Paese spera trovare un compenso per le delusioni provate nella soluzione delle altre questioni » (32). Quella in Anatolia è la sola occupazione che sia ancora in espansione, come dimostra l'occupazione di Port W athy (Kas ), di fronte all'isola di Castelrosso (Castellorizo), e la costituzione di altri presidi all'interno. Unico rientro dall'Anatolia fu, in ottobre, quello del IV battaglione bersaglieri ciclisti. Si era intanto acutizzato il conflitto fra greci e turchi, al quale le truppe italiane si mantenevano estranee. La neutralità era però resa difficile dall'aggressività dei greci, che in diverse occasioni apriròno il fuoco sui nostri reparti, e dai tentativi italiani di proteggere le minoranze dalle stragi e dalle persecuzioni . Le disposizioni date in proposito dal Ministero degli Esteri erano però giudicate dal generale Battistoni « vaghe, evasive e di impossibile applicazione >> (33). L'n luglio il Comitato di guerra decise di affidare al generale Luigi Bongiovanni il comando sia delle truppe nelle isole dell'Egeo, comprese le forze navali, sia di quelle in Anatolia, ponendolo alle dirette dipendenze · del Comando Supremo. Il giorno 24 Bongio(31) AUSSME, DS 8" Armata. Prot. 186, in data 20 ottobre t919, del Govern. Dalmazia al Presidente del Consiglio, f.to Milio. (32) Atti parlamentari, Camera, XXIV legislatura, discussioni. Tornata del 27 settembre 191 9, pag. 21307. (33) AUSSME, DS Corpo Sped. Mediterraneo Or. Prot. 1566, in data n luglio 1919, al C.S., f.to Battistoni.
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vanni assume il comando del Corpo di spedizione nel Mediterraneo Orientale, ma il 16 agosto viene convocato a Roma per fornire consulenza alla Delegazione italiana per la pace. In realtà, egli era fra i generali da collocare a disposizione a seguito delle risultanze dell a Commissione d'inchiesta sugli avvenimenti dell 'autunno r9r7 e non poté più tornare a Rodi . Il comando venne affidato interinalmente al generale Porta. L'accordo Tittoni - Venizelos aveva portato alla definizione di una linea di demarcazione fra italiani e greci che raggiungeva il mare nei pressi di Efeso, ma non riuscì ad eli minare del tutto gli incidenti. Nel frattempo restavano assai gravi i problemi politici interni e le preoccupazioni per l'ordine pubblico, anche in vista delle elezioni per la Camera previste per il 16 novembre. Pur se condivideva queste preoccupazioni, Albricci non volle o non potette rinunziare al congedamento della classe 1895, atteso da lungo tempo e deciso con decreto del 13 ottobre, che doveva avere applicazione solo alla fine del m ese. Con altro decreto, veniva lo stesso giorno richiamato alle armi il primo quadrimestre della classe 1900, limitatamente ai militari di 1" categoria. Questo provvedimento portò un miglioramento nell'Esercito del territorio, ma quello mobilitato non ne ebbe incrementi di forza , perché l'assegnazione delle reclute non fu estesa, salvo speciali autorizzazioni ministeriali, alle unità dislocate oltremare o appartenenti all'8" Armata. Questa, sempre sottoposta all'onere dei servizi territoriali in una zona difficile, della vigilanza lungo la linea di armistizio e del blocco di Fiume, è indebolita dai congedamenti e minata dalla propaganda dannunziana che continua a trovare adepti, specie fra gli ufficiali più giovani, sui quali Badoglio afferma che non si può fare, in determinate evenienze politiche, pieno affidamento (34). Tuttavia, poco prima delle elezioni politiche altre forze vennero sottratte ali' Armata mobilitata. Il Governo chiese il rientro di tre Brigate, la metà di quanto Diaz aveva preveduto in un primo momento. Il comando dell'8A Armata mise subito a disposizione le Brigate « Valtellina » e « Treviso», che contavano circa tremila uomini ciascuna, e la I a Divisione d'assalto, ridotta ad appena quattromila effettivi e sulla cui disciplina si nutrivano forti apprensioni. (34) AUSSME, DS 8" Armata. Prot. 5787, in data 24 ottobre 1919, al C.S., f.to Badoglio.
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Il Ministro della Guerra, a nome del Presidente del Consiglio, pregò vivamente di « trattenere zona armistizio Divisione assalto perché attuale movimento (sic) politico esige che truppa ottima come impiego sia tenuta lontana ardenti contese ora esistenti » (35). Fu necessario mandare in Paese, sempre a titolo provvisorio, la Brigata « Ravenna », seguita a breve distanza dalla V bersaglieri. Come conseguenza Badoglio mise a punto un progetto di trasformazione della Divisione d'assalto. Questa andava ricostituita con un Raggruppamento d'assalto, che doveva comprendere un gruppo di tre reparti arditi, X, XX e XXII, considerati i più sicuri, e il 1° reggimento bersaglieri, e con il IV Raggruppamento alpini. Sciolti gli altri tre reparti d'assalto superstiti, la Divisione sarebbe risultata composta per oltre tre quarti da alpini e bersaglieri. Subito dopo le elezioni, prevedendo una ripresa della smobilitazione, Diaz dispone che 1'8"' Armata torni, per la parte mobile, a sei Divisioni. Albricci ha fatto comprendere che le sole riserve di uomini rimaste, il secondo e terzo quadrimestre del 1900, verranno utilizzate in zona territoriale e che perciò le truppe mobilitate non potranno più contare sull'invio di complementi, il cui fabbisogno veniva valutato, probabilmente in eccesso, in oltre 40.000 uomini. Fu così disposto lo scioglimento delle Divisioni 56•, 78~ e 79.., rimaste ormai quasi prive di fanteria. L'8 dicembre il Ministro Albricci ordina al generale Badoglio di rientrare a Roma per assumere le funzioni di Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, rimaste vacanti dopo la nomina di Diaz a Ispettore generale dell'Esercito, una carica istituita con il nuovo ordinamento approvato qualche giorno prima. Badoglio avrebbe dovuto passare rapidamente le consegne al generale Caviglia, chiamato a succedergli. L'assunzione del comando da parte di quest'ultimo, a causa del perdurare dell'illusoria speranza di una pronta e pacifica soluzione del problema fiumano e del desiderio di Badoglio di esserne l'artefice, avverrà però solo il 21 dicembre. Dopo il congedamento della classe 1896, disposto il 22 novembre, e il previsto congedamento dei militari di 2,. e 3" categoria delle tre classi successive, le sole rimaste alle armi al completo, la forza dell'8a Armata si sarebbe dovuta ridurre, secondo le valutazioni del momento, a circa 96.000 uomini, di cui soltanto 67.000 combattenti. Caviglia, appena assunto il comando, si trova di fronte (35) AUSSME, DS s~ Armata. Telegr. 44235 / 33, in data 2 novembre 1919, del Ministero all'8• Armata, f.to Albricci.
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ITALIANO NEL PRIMO
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alla decisione del Consiglio dei Ministri di sciogliere l'Arm ata di manovra e di ridurre a quattro le Divisioni mobilitate. Qualche giorno dopo è egli stesso a preporre al Ministero ulteriori riduzioni organiche (36). Le Brigate territorial izzate verrebbero assegnate due alla Zona Gorizia e quattro alla Zona Trieste, mentre la 52a e la 77" Divisione costituirebbero il rinforzo delle due zone. Alle dirette dipendenze del comando d 'Armata, che Caviglia propone di trasformare in Comando generale delle R. Truppe in Venezia Giulia, resterebbe la Brigata « Piemonte » in Carinzia e una Brigata di riserva costituita dal r bersaglieri e dal reggimento d'assalto. L'Esercito mobilitato verrebbe così ridotto a due Divisioni e dodici Brigate. · Il Ministro approva di massima la proposta di Caviglia, ordina il rientro delle Brigate « Firenze », « Padova », « Piacenza >> e « Sesia » e scioglie 1'8"' Armata a partire dal 1° gennaio 1920. Il Comando Generale delle R. Truppe in Venezia Giulia dipenderà direttamente dal Ministero (37). Albricci non si limitò ad operare nel campo della smobilitazione e della riduzione dell'Esercito. Oltre a far giungere a conclusione, d 'intesa con il Comando Supremo, gli studi che porteranno in novembre al primo ordinamento provvisorio del dopoguerra, egli adottò diversi provvedimenti rivolti soltanto alle unità in zona territoriale, in quanto quelle mobilitate continuavano a far capo, anche per questioni di ordinamento, al Comando Supremo. Fra questi lo snellimento dei servizi territoriali e di caserma, per far fronte alla carenza di forza disponibile, e l'organico provvisorio per i reggimenti di fanteria, granatieri e bersaglieri, identico a quello prebellico salvo un maggior peso dei reparti mitraglieri, portati ad una compagnia per battaglione secondo lo schema adottato durante la guerra (38). Altro provvedimento organico di rilievo, ma destinato a breve vita, fu la trasformazione dei reggimenti di cavalleria, ormai tutti salvo uno in zona territoriale, in complessi formati da squadroni montati e squadroni ciclisti. Si trattava pro0
(36) AUSSME, DS 3a Armata. Prot. 7274, in data 27 dicembre 19r9, al Ministero e al C.S., f.to Caviglia. (37) AUSSME, DS 8" Armata. Prot. 49866, in data 30 dicembre 1919, del Ministero all'8" Armata, f.to Albricci. (38) AUSSME, racc. circ. 12. Circ. ministeriale 13080, in data 27 agosto 1919, f.ta Albricci. I reggimenti sono su tre battaglioni, ciascuno di tre compagnie fucilieri, una compagnia mitraglieri e un plotone zappatori. Sole armi rimaste in dotazicne fucili e mitragliatrici pesanti.
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DALLO STATO DI GUERRA ALLO STATO DI PACE»
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babilmente di un espediente per ridurre le spese per la cavalleria senza ridurre il numero d<.:i reggimenti (39). Anche i reggimenti di artiglieria da campagna rientrati in Paese, ormai ventuno sui trenta previsti, ricevono un nuovo ordinamento pluric2libro che fa già largo affidamento sui materiali di preda bellica (40). Altre disposizioni hanno carattere generale, come il miglioramento del trattamento economico degli ufficiali e dei sottufficiali, l'aumento della « cinquina » del soldato da lire 0,50 a lire 2,50 e l'arricchimento della razione viveri della truppa che nei mesi precedenti, a causa della sua insufficienza non più giustificabile con lo stato di guerra, aveva dato luogo a malumori ed anche a qualche protesta (41). Una decisione di Albricci destinata a restare è l'istituzione della carica di Ispettore generale della fanteria, che si affianca a quelli delle altre armi combattenti ed è la premessa per la costituzione del Consiglio degli ispettori. La carica è affidata ad Emanuele Filiberto duca d 'Aosta, che sarà così in qualche modo risarcito della perdita del comando di Armata. Per motivi di carattere dinastico, la sede dell'ìspettorato generale della fanteria fu fissata a Firenze, così come, per le stesse ragioni, la sede dell'Ispettore generale della cavalleria, Vittorio Emanuele conte di T orino, era a Milano. La vita intellettuale del! 'Esercito trova nella ripresa della pubblicazione della « Nuova rivista di fanteria » e nella fondazione della « Rassegna dell'Esercito italiano », entrambe affidate al generale Barbarich, le occasioni per la rielaborazione teorica dell'esperienza della guerra. Infine l'aeronautica, cedute al Ministero dei Trasporti le incombenze prettamente civili, viene posta alle dipendenze, sempre con l'eccezione dei reparti ancora mobilitati, di un Comando superiore. Ad esso è preposto il generale De Siebert, già comandante superiore di aeronautica al Comando Supremo. Il nuovo organismo ebbe una
(39) A USSME, racc. circ. 12. Circ. mm. n500, m data r" agosto 1919, Lta Albricci. (40) AUSSME, racc. circ. 12. Circ. min. 14400, in data 15 settembre 1919, f.ta Albricci. (41) La nuova razione venne stabilita in : 8oo g di pane, 200 g di carne congelata, 200 g di pasta o riso, 40 g di formaggio, 150 g di patate O?pure So g di legumi secchi, più condimenti, caffè e zucchero. Cfr. AUSSME, DS 8" Armata. 20 novembre 19r9.
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struttura di tipo ministeriale e compiti che si estendevano al campo tecnico - amministrativo. Si è voluto accennare alle principali innovazioni introdotte nell'Esercito prima che venisse approvato il nuovo ordinamento, del quale si parlerà più diffusamente in seguito, per sottolineare il dinamismo e lo spirito di iniziativa che caratterizzò fin dai primi mesi l'amministrazione Albricci. La forza effettiva dell'Esercito era valutata, al 25 dicembre 1919, dopo il congedo della classe 1896 e il richiamo del primo e del secondo quadrimestre della classe 1900, come si è visto limitato alla 1.. categoria, in 490.000 uomini. Di questi 266.000 erano in zona territoriale e 224.000 mobilitati, suddivisi secondo la tabella che segue. Va sempre considerato che la forza presente corrisponde a circa 1'8o% di quella effettiva (42) : 8" Armata Dalmazia Albania Alto lnn Fiume Mediterraneo Orientale Colonie . Germania Orientale . N uove province .
130.000 I I .000 33.000 4.000
9.000 9.000 12.500 5.200 10.000 (43).
Come le altre situazioni numeriche riportate in precedenza, anche questa ha valore soltanto indicativo, per la difformità dei criteri di calcolo e per i diversi tipi di forza presi in considerazione. Ad esempio, l'ultima rilevazione della forza effettu ata dal Comando Supremo al 27 dicembre 1919 (44) dava per la Dalmazia una forza di truppa presente di 12.293 uomini ed una forza effettiva di 14.760 uomini. Per 1'8" Armata i valori indicati sono rispettivamente 129.881 e 161.948. Pochi giorni prima era stato pubblicato, a cura del Comando Supremo, l'ultimo fascicolo dei « Dati sull'Esercito operante », con (42) AUSSME, racc. CSVU 172. Promemoria al Ministro in data 25 dicembre 1919. (43) Probabilmence si fa riferimento al Trentino e alrAlco Adige. (44) A USSME, Ufficio del Capo di S.M., situazione della forza, nella serie dei DS.
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notlZle riferite al 1° dicembre (45). E' un documento assai importante perché ci fornisce un quadro completo delle strutture dell'Esercito, comprese le unità stanziate nella zona territoriale. Il rapporto di forza è ormai definitivamente mutato a favore di queste ultime. Tuttavia le truppe in Venezia Giulia, tre Corpi d'Armata con otto Divisioni e diciassette Brigate, rappresentano ancora un notevolissimo complesso di forze. La soluzione della questione fiumana e di quella dei confini orientali consentirebbe, secondo il citato promemoria del 25 dicembre 1919, recuperi di uomini valutati rispettivamente in 50.000 e in 80.000 unità. In tal modo le guarnigioni in prossimità del confine orientale potrebbero ridursi a circa 50.000 uomini, corrispondenti alle truppe delle zone e dei settori. Sono ancora all'estero, in Dalmazia, Albania, Anatolia e Alto Inn, tre Divisioni con dieci Brigate, mentre tre Brigate mobilitate, ma dipendenti dal Ministero, si trovano nel Trentino e in Alto Adige. In zona territoriale si trovano quaranta Brigate di fanteria, un Raggruppamento alpini, otto reggimenti bersaglieri, ventinove reggimenti di cavalleria, due terzi dell'artiglieria e del genio. Il livello organico delle truppe nel territorio è, come si vede, abbastanza vicino a quello prebellico e sul piano della forza effettiva superiore ad esso. Se si raffronta il numero delle Brigate di fanteria presenti in Paese alla fine del 1919 con le trentacinque di agosto, si deve tener conto che nel frattempo si sono sciolte altre sette Brigate formate con ex prigionieri di guerra, come si è già visto nettamente deficitarie di effettivi. Il raffronto corretto va fatto perciò non fra quaranta e trentacinque, ma fra quaranta e ventisei. Per meglio valutare le trasformazioni accennate e per disegnare con maggior precisione l'organizzazione dell'Esercito al momento dell'entrata in vigore dell'ordinamento provvisorio Albricci, si riportano nelle tabelle seguenti le più importanti unità che componevano i tre blocchi di forze: truppe dell'8" Armata in Venezia Giulia, truppe all'estero e oltremare, truppe nella zona territoriale.
8" Armata Corpi d'Armata: XXII, XXVI, XXVIII. Divisioni: 52", 53", 56", 60\ 71, 78", 793,
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(45) AUSSME, nella serie dei DS, posiz. 105/ S.
d'assalto.
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Brigate di fanteria : « Bergamo », « Bologna », « Firenze », « Sesia », « Pinerolo », « Padova », « Como », « Piacenza », « Casale », « Catanzaro », « Regina », « Ferrara >i, V bersaglieri (46). Raggruppamenti alpini: I, II, IV. Raggruppamenti d'assalto : I. Reggimenti di cavalleria: « Piemonte reale » (2'> ). Reggimenti di artiglieria da campagna: 3°, 6°, 7°, 15°, 17°, 25°, 300, 340· Inoltre, 8 raggruppamenti di artiglieria pesante campale, più 8 gruppi, un raggruppamento da montagna, più 9 gruppi, un raggruppamento d'assedio, uno controaerei e un reggimento di artiglieria autoportata. L'aviazione dell'8" Armata è costituita da 7 squad riglie da bombardamento, 4 da caccia, 6 da ricognizione e 5 da osservazione.
Fuori d'Italia
Dalmazia: 24"' Divisione con le Brigate « Savona ii e « Gaeta », il 138° fanteria « Barletta >> e due gruppi da montagna (alle dipendenze del Comando Supremo). Carinzia: Brigata « Piemonte >> (dipendente dall '8" Armata). Albania: Divisioni 34" e 36•, Brigate « Puglie », « Verona », « Palermo ))' « Tanaro », VI Raggruppamento alpini , 10° reggimento bersaglieri, 26° artiglieria da campagna, un gruppo aeroplani. Alto Inn: Brigata « Granatieri >> . Anatolia: Brigata « Livorno >> . Tripolitania: Brigata « Teramo », 18° reggimento bersaglieri .
In Italia
Zona Trento : Brigate « Acqui>> e « Chieti », VII Raggruppamento alpini, 9° e 29° reggimento artiglieria da campagna, tre raggruppamenti da montagna e uno di artiglieria pesante campale.
(46) Dipendono dall'S" Armata anche la Brigata « P iemonte », in Carin zia, e le Brigate « T reviso ii, « Valtellina », << Ancona >> e « Ravenna >i, << temporaneamente i> rientrate in zona territoriale.
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Zona territoriale: Brigate di fa1:teria « Re », « Aosta », « Cuneo >>, « Brescia », « Cremona », « Pisa », « Siena », « Pistoia », « Modena », « Forlì», « Reggio », « Parma», « Alpi », « Umbria >>, « Marche » , « Abruzzi », « Calabria », « Sicilia », « Cagliari », « Napoli », « Toscana >) , « Roma », « Torino », « Venezia », « Friuli », « Basilicata », « Messina», « Udine », « Emilia>>*. « Macerata », « Perugia », « Campania », « Sassari », « Arezzo>>**, << Avellino»**, « Ravenna», « Treviso», « Valtellina», « Ancona » (le ultime quattro organicamente dipendenti dall '8" Armata); 8 reggi menti bersaglieri; 29 reggimenti di cavalleria; 34 reggimenti di artiglieria da campagna (in parte si stanno trasformando in reggimenti pesanti campali).
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Sarà sciolta il 9 dicembre 1919. Queste Brigate, sciolte in un primo tempo, furono ricostituite all'inizio di dicembre con i richiamati della classe 1900.
Il Consiglio dei Ministri, riunito il 26 dicembre alla presenza del generale Badoglio, decideva una ulteriore riduzione delle unità mobilitate. In Venezia Giulia dovevano restare quattro Divisioni « efficienti >> ( come si è visto, le disposizioni del Ministero della Guerra andarono anche al di là), dando alla riduzione l'apparente carattere di una trasformazione per poter continuare a trattare la questione dei confini da posizioni di forza. Il presidio della Valle dell'Inn doveva venir ritir_ato (cosa che avverrà invece diversi mesi dopo, per ora ci si limiterà a far rientrare il 1° granatieri). In Albania doveva esser disposta la ritirata verso i presidi della costa, lasciando una forza non superiore ai 10.000 uomini. Nulla doveva cambiare in Anatolia, mentre dovevano continuare i rimpatri dalla Libia. Le economie di uomini che si sarebbero realizzate avrebbero consentito di decidere il congedamento dei mili tari di 2• e 3• cateria delle classi 1897, 1898 e 1899 (47). A sottolineare anche formalmente il ritorno alla normalità, che si riteneva orma1 assai vicino, a partire dal 1° gennaio 1920 il Comando Supremo viene sciolto. Le sue residue funzion i, salvo il diretto controllo delle truppe mobilitate, vengono affidate allo Stato Maggiore dell'Esercito. (47) Le notizie sulle decisioni del Consiglio de i Ministri risultano da una annotazione manoscritta sul promemoria citato alla nota 42 a pag. 134. Dal prcmemoria risulta una posizione contraria al congedamento dei militari d i 2 3 categoria.
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LA SECESSIONE FIUMANA.
Nell'estate 1919 la situazione dell'ordine pubblico a Fiume era continuamente peggiorata. La città, venuta a trovarsi al centro della polemica politica e dell'azione internazionale italiane, quasi che il suo destino fosse il problema più grave del dopoguerra, subiva le conseguenze di questa sua particolare condizione. Dopo mesi e mesi di tensione, ad una certa stanchezza della popolazione italiana di Fiume faceva riscontro il formarsi, spesso sotto l'influenza degli ambienti estremisti di Trieste, di gruppi nazionalisti decisi a ricorrere anche ad azioni violente pur di assicurare l'annessione di Fiume all'Italia. Il comando interalleato di Fiume, e in particolare il generale Grazioli, non potevano restare estranei all'atmosfera surriscaldata in cui viveva una parte della popolazione fiumana. Lo stesso Grazioli, temendo di perdere il controllo della situazione, chiese al Governatorato di Trieste di intervenire sugli esponenti nazionalisti affinché rinunciassero a soffiare sul fuoco dell'agitazione. A Fiume, la presenza dei contingenti alleati, dopo la partenza in febbraio del reparto americano, si era ridotta ad un battaglione britannico, uno indocinese dell'Esercito francese e un distaccamento serbo- croato - sloveno, questi ultimi addetti alla custodia di ingenti quantità di materiali depositati nella zona portuale. Come si è già visto, francesi e serbi non dipendevano dal comando di Grazioli, ma dall'Armée d'Orient. La supposizione, non del tutto errata, che britannici e francesi, questi in particolare, favorissero la causa jugoslava portava gli elementi più oltranzisti della maggioranza italiana della città a frequenti tafferugli con militari isolati, nei quali talvolta furono coinvolti anche ufficiali e soldati italiani, presenti a Fiume in forte numero, circa 13.000 uomini in luglio. Gli incidenti avvenuti il 6 luglio furono particolarmente gravi, non soltanto perché causarono la morte di nove soldati francesi, ma soprattutto perché ag]i episodi più cruenti parteciparono militari italiani, in prevalenza marinai dell'incrociatore « San Marco » sbarcati .in servizio di ord.ine pubblico (48). Sempre più insistenti provenivano dagli ambienti della Conferenza della pace le voci su una soluzione della questione fiumana (48) Per i particolari sugli incidenti avvenuti a Fiume si può vedere la relazione della Ccmmissione interalleata d'inchiesta, pubblicata in CAVIGLIA : « Il conflitto di Fiume >> , cit., pag. 108 e seg.
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nettamente sfavorevole alle tesi italiane. Le preoccupazioni del Governo e del Comando Supremo derivavano anche dal crescente flusso di agitatori estremisti da varie città d'Italia verso Fiume, che vanamente si cercava di arrestare (49), e dalla possibilità che nel caso di un ritiro delle truppe italiane queste fossero coinvolte in incidenti dalla popolazione fiumana, con la quale avevano stretto forti vincoli affettivi. Si temeva in particolare per la Brigata « Granatieri >> e per il III gruppo artiglieria da montagna, da lungo tempo stanziati nella città. Il generale Diaz si rivolse perciò al comando dell'8" Armata, dal quale dipendeva direttamente la guarnigione interalleata di Fiume, chiedendo di preparare gradualmente l'animo dei reparti a soluzioni sgradite e, se lo riteneva opportuno, di proporre la sostituzione delle unità che non dessero affidamento di cc sicura obbedienza » (50). Nello stesso senso si era espresso Diaz nel corso di una riunione tenuta ad Abbazia, presenti il duca d'Aosta, Robilant e Grazioli, verso la fine del mese di luglio (5r). La Commissione interalleata di inchiesta sugli incidenti avvenuti a Fiume, formata da quattro generali, l'americano Summeral, il francese Naulin, il britannico Watts e l'italiano Nicolis di Robilant, aveva concluso i suoi lavori il 9 agosto presentando una relazione che si esprimeva in modo piuttosto severo nei riguardi del comando di Fiume, accusato di non aver preso provvedimenti né per evitare gli incidenti, né per punire i responsabili. La Commissione proponeva di ridurre le truppe presenti a Fiume e Susak a non più di un battaglione per ciascun Paese, compresa l'Italia, di trasferire altrove il battaglione coloniale francese e i reparti italiani che avevano partecipato agli incidenti e di limitare la presenza militare italiana ad est della linea di armistizio ad una sola Brigata di fanteria, nella quale andava compreso il battaglione da lasciare in città. Gli ambienti nazionalisti ed anche una parte di quelli militari non perdonarono al generale Robilant di aver sottoscritto questa (49) AUSSME, relazione del generale Pecori - Giraldi sugli avvenimenti di Fiume e documenti allegati (d'ora in poi: rei. Pecori - Gìraldi). Prot. 5005 / 3, in data 30 luglio 1919, del C.S. all'8"' Armata. Salvo diversa indicazione, anche le altre notizie sulla secessione fiumana sono tratte da questa relazione. (50) AUSSME, DS 8.. Armata. Prot. 539, in data 12 agosto 1919, del C.S. all'83 Armata, f.ta Diaz. (51) AUSSME, rel. Pecori - Giraldi. Deposizione Robilant.
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relazione. Fu facile all'interessato rispondere, come fece in Senato qualche mese dopo, che una mancanza di obiettività da parte sua non sarebbe servita ad altro che a portare gli altri membri su posizioni oltranziste, che avrebbero ottenuto la maggioranza, con la conseguenza di avere una relazione ancora più dura nei confronti degli italiani. Il generale Robilant, nel ritrasmettere a Grazioli la lettera di Diaz ultimamente citata, metteva a disposizione per il cambio della guarnigione di Fiume la Brigata « Regina ))' stanziata fra Castelnuovo (Podgrad) e Laurana. La risposta del generale Grazioli era favorevole alla sostituzione della « Regina >> alla « Granatieri », non perché sospettasse « che all'interno della valorosa Brigata vi siano soggetti così poco disciplinati », ma perché la popolazione era ormai affezionata a quell'unità e questo avrebbe potuto far nascere incidenti al momento di un eventuale abbandono di Fiume. Graziali era favorevole anche all'immediata partenza del III gruppo da montagna e alla sostituzione, non richiesta, dei reparti del genio (52). Il giorno 19, col consenso del Comando Supremo, fu diramato l'ordine esecutivo che doveva avere effetto dal 25 agosto. La Brigata « Granatieri » sarebbe passata alle dipendenze del XXVI Corpo d'Armata, in sos tituzione delle Brigate « Abruzzi » e « Basilicata » che rientravano in Paese, e il III gruppo da montagna trasferito a Castelnuovo. La sostituzione e la riduzione dei reparti stanziati a Fiume vengono sollecitate due giorni dopo anche da un telegramma di Diaz, spedito a seguito di un incontro con Nitti (53), che aveva fatto nominare il generale Pittaluga comandante della Divisione mobilitata di Fiume (54). Graziali continua a prevedere che avverranno incidenti al momento della partenza della « Granatieri >> e chiede ora che i movimenti siano limitati a questa Brigata. Anche se il ragionamento sembra incoerente, Robilant aderisce alla proposta, pur preavvisando che quanto prima la Brigata « Sesia », anche essa di stanza a Fiume, sarà ritirata senza sostituzione. La partenza dei granatieri avvenne, fra commosse manifestazioni della popolazione ma senza incidenti, nei giorni 25 e 27 agosto. (52) AUSSME, rel. Pecori · G iraìdi. Prot. r5954, in data 17 agosto 1919, del comando di Fiume a quello dell'8" Armata, f.ta Graziali. (53) ALATRI P. : « Nitti, D 'Annunzio e la questione ad riatica» . Milano, 1959, pag. 144. (54) AUSSME, rel. Pecori · G iraldi. Prot. rn6, in data 21 agosto 1919. del C.S. all'8" Armata, f.to Diaz.
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La posizione del generale G razioli a Fiume era divenuta difficile per gli stretti legami stabiliti con determinati ambienti cittadini e per la contrarietà che gli dimostravano i comandanti alleati. Il 30 agosto egli, anche per suggerimento di Robilant, è richiamato a Roma. La partenza avviene, quasi clandestinamente, il giorno dopo. Il suo posto è, di fatto, preso dal generale Pittaluga, che aveva ricevuto personalmente da N itti direttive precise. Gli erano stati raccomandati riserbo e imparzialità nei confronti della popolazione e cordialità nei rapporti con gli alleati (55) : erano queste disposizioni ben diverse da quelle che aveva avuto in passato dal Governo il generale Grazioli. La fiducia di Nitti in Pittaluga fu riconfermata con un telegramma del 6 settembre che gli dava praticamente pieni poteri per evitare ogni incidente che potesse compromettere la situazione (56). Il 9 settembre il Comando Supremo, cui erano pervenute analoghe disposizioni del Governo, ordina che il presidio della zona di Fiume sia d'urgenza ridotto alla sola Brigata << Regina », con un battaglione in città e gli altri lungo la linea di contatto, e ad uno squadrone del « Piemonte reale » (57). Questi provvedimenti corrispondevano esattamente alle decisioni della Conferenza della pace, che aveva integralmente accolto le proposte della Commissione di inchiesta. Fra queste c'era l'istituzione di una Commissione militare mteralleata che avrebbe sostituito Grazioli nelle sue attribuzioni politico - militari. Membro italiano della Commissione sarebbe stato il generale Pittaluga. Nel ritrasmettere gli ordini del Comando Supremo, Robilant aggiungeva che le truppe che lasciavano Fiume dovevano stanziarsi ad ovest della linea di armistizio, ma ad una sola tappa dalla città (58). Tale ultima disposizione, che forse va vista anch'essa in un'ottica falsata dall'ipotesi dell'attacco jugoslavo, rimase tuttavia senza influenza sugli avvenimenti del giorno 12, perché anche se gli ordini dati il ro settembre avessero comportato un maggiore allontanamento da Fiume questo non poteva evidentemente eccedere,
(55) AUSSME, rei. Pecori - Giraldi. Deposizione Pittaluga. (56) AUSSME, rei. Pecori - Giraldi. Prot. 4764, in data 6 settembre 1919, f.to 1m. (57) AUSSME, rei. Pecori - Giraldi. Prot. 2069, in data 9 settembre 1919, del C.S. all'8 ' Armata, f.to Badoglio. (58) AUSSME, rei. Pecori - Giraldi. Prot. 4080, in data 10 settembre 1919, dell'8a Armata al comando di Fiume, f.to Robilant.
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L'ESERCITO
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nel caso limite, due tappe di marcia. La partenza dei reparti dalla città avvenne comunque senza dar luogo ai temuti incidenti. Il cambiamento di atteggiamento del Governo italiano, così come risulta dalle disposizioni date a Pittaluga, comportava un diverso orientamento dell'azione politica dei comandi militari a Fiume. Di qui l'opportunità di ampi avvicendamenti di ufficiali e di reparti. Questi avevano vissuto mesi di grande entusiasmo e di larga popolarità fra la cittadinanza. Era perciò inevitabile che lasciassero con rammarico un ambiente così gratificante, ma nessuno prevedeva gravi turbamenti nella disciplina. Non era possibile però pensare che la propaganda nazionalista, favorita dall'alto per un lungo per iodo, non avesse lasciato tracce nelle menti dei militari di ogni grado. In quegli stessi giorni lo scioglimento di unità era particolarmente intenso ed ancora in corso il susseguente assestamento, con frequenti mutamenti di sede e di dipendenza gerarchica che avevano scosso la compattezza di tutte le truppe in zona di guerra. In particolare, il XXVI Corpo d'Armata, il più vicino a Fiume, aveva visto sciogliere due Divisioni e partire due Brigate, la « Aosta » per la Sicilia e la « Regina >l per la zona di Fiume. Fu necessario dislocare sul tratto più orientale della linea di armistizio le scarne unità del 2 ° e del 3° gruppo d'assalto. La « Sesia » era ferma fra Volosca, Castua e Mattuglie, mentre la « Granatieri l> si era spostata più ad ovest, fra Monfalcone e Nabresina. In una situazione così fluida fu facile il successo della congiura nata in un gruppo di ufficiali del 2 ° granatieri, poi estesa a Gabriele D'Annunzio ed ai capi del battaglione volontari fiumani. Furono centocinquanta di questi ultimi, comandati dal capitano Host- Venturi, a muoversi per primi nella notte sul 12 settembre uscendo da Fiume verso ovest per incontrare la colonna dannunziana diretta verso la città. Nelle primissime ore dello stesso giorno una ventina di ufficiali e circa duecento uomini di truppa appartenenti al I e al III battaglione del 2 ° granatieri partono da Ronchi e èla Monfalcone agli ordini del maggiore Reina. Alla testa della colonna si pone D'Annunzio. Molti dei granatieri dichiararono, dopo essere volontariamente rientrati al loro reggimento, di aver ritenuto di obbedire ad ordini legittimi dei loro ufficiali. La partenza avviene con ventidue autocarri sottratti con l'inganno durante la notte all'autoreparto di Palmanova, dopo il rifiuto del CO· mandante del distaccamento automobilistico di Ronchi.
cc DALLO STATO DI GUERRA ALLO STATO DI PACE >J
Al passaggìo della colonna per Castelnuovo si uniscono ad essa cinque ufficiali e trenta militari di truppa della 4a squadriglia autoblindomitragliatrici con cinque mezzi, a Castua raggiunge gli insorti il tenente colonnello Repetto, comandante del 3° gruppo d'assalto. Il suo esempio è subito seguito da quasi tutto l'VIII reparto d'assalto, con alla testa il maggiore Nunziante, con otto ufficiali e 250 arditi, e dalla 2 ° compagnia del XXll reparto, schierata allo sbarramento di Cantrida. Il 3° gruppo d'assalto era giunto nella zona da pochi giorni, ma qualche contatto con Fiume era stato già stabilito dall'VIII reparto, che sarà il più compatto nella secessione. Da Mattuglie, evidentemente avvisati da qualcuno dei promotori della congiura, confluirono su Fiume anche otto ufficiali e circa 250 soldati del I battaglione del 202° fanteria « Sesia », che aveva lasciato la città solo due giorni prima. Il II battaglione seguirà a poche ore di distanza. Un altro reparto che era stato a lungo a Fiume, la 7"' batteria del III gruppo da montagna, si mosse da Prem con due ufficiali e una ventina di soldati e giunse in città diverse ore prima di D'Annunzio. Anche centocinquanta bersaglieri ciclisti dell'VIII battaglione si avviarono verso Fiume. Altri gruppi di militari che intendevano partecipare all'impresa vennero fatti rientrare da decisi interventi di alcuni ufficiali superiori. Così avvenne per una quarantina di ufficiali e soldati del XIII reparto d'assalto, convocati a Fiume da Host- Venturi e fatti ritornare alla base di partenza dal generale Ferrari, comandante della 45• Divisione, che li aveva casualmente incontrati. Altrettanto avvenne per il 6° artiglieria da campagna che, raggiunto nella notte tra il 12 e il 13 settembre sulla strada di Fiume dal suo comandante colonnello Mancini, invertì senza opporre resistenza la direzione di marcia (59). Nella giornata del 12 giunsero a Fiume in totale circa sessanta ufficiali e mille fra sottufficiali, graduati e soldati. Ad essi si unirono gli uomini del XXVIII gruppo obici pesanti campali, che non aveva ancora lasciato la città, e qualche centinaio di marinai . Si presentarono inoltre alla spicciolata al comando di D'Annunzio diversi ufficiali di altri reparti, in gran parte già congedati. Al diffondersi fra i comandi della Venezia Giulia delle notizie sul movimento della colonna dannunziana, prima ancora che vengano disposti interventi di reparti per isolare o contrastare la secessione, si assiste ad un ingiustificato spostamento di generali e di uf(59) AUSSME, rel. Pecori · Giraldi, pag. 105.
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DOPOGUERRA
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ficiali superiori. Il generale Gandolfo, comandante del XXVI Corpo d'Armata, cerca di intercettare l'autocolonna di D'Annunzio per convincerlo a desistere dall 'impresa, ma giunge quando questi è già passato. Il suo comando nel corso della giornata ordinerà ai comandanti dei reparti maggiormente toccati dalla secessione di raggiungere i propri dipendenti per indurli al rientro. Si recano a Fiume con lo stesso scopo anche i generali Zoppi e De Gaspari della Ia Divisione d'assalto e il colonnello Berti comandante interinale della « Sesia >> . Lo stesso generale Ferrari si sposta in continuazione per cercare di bloccare gli uomini in marcia verso Fiume. L'iniziativa dà, come si è visto, qualche frutto, ma accresce enormemente la confusione, provocando in città l'impressione che i secessionisti siano seguiti da un gran numero di ufficiali generali e superiori . Altra fonte di equivoci, mai del tutto scomparsa in seguito, fu. ronc quegli ufficiali che « seguivano » il proprio reparto per assicurarne la disciplina. Il generale Pittaluga, ricevuta verso le 10 la notizia del movimento su Fiume, si recò al posto di blocco di Cantrida per arrestarlo senza far uso della forza. Dell'avanzarsi della colonna di D'Annunzio e del suo tentativo diede alle 10,30 notizia telegrafica a N itti (60). Naturalmente non riuscì nell'intento e, in pratica, accompagnò i capi della secessione fino al centro della città, ponendosi così anch'egli in una situazione poco chiara. Alle 12, 50, con un altro telegramma a N itti, il generale Pittaluga non poteva far altro che dare notizia dell'ingresso di D' Annunzio e dei suoi uomini, avvenuto alle II,45· Aggiungeva, dando prova di un certo ottimismo: (< Continuo a tenere comando e confido dominare situazione » (61 ). Sembra che il comando dell'8a Armata, che aveva sede ad Udine, abbia ricevuto la prima notizia del movimento solo verso le r r dal colonnello Vercellino, capo di Stato Maggiore del XXVI Corpo d'Armata. La cosa può apparire strana, ma dovrebbe trovare spiegazione in un rigido rispetto della « via gerarchica ». Anziché telegrafare da Monfalcone a Udine, il comando della Brigata (( Granatieri » avrebbe informato il proprio comando di Divisione e questo il comando di Corpo d'Armata che era ad Abbazia. (60) AUSSME, rei. Pecori - Giraldi. Telegr. 16792, in data
12
settembre
1919. (61) AUSSME, rei. Pecori · Giraldi. Telegr. 16791, m data r2 settembre 19r9. Stranamente, questo secondo telegramma ha u n numero di protocollo che precede quello del primo.
« DALLO
STATO 0I GUERRA ALLO STATO DI PACE ))
Subito dopo comincia la trasmissione da parte di Robilant di una serie di telegrammi. Il primo, diretto al Comando Supremo e al Ministero della Guerra, dà sommarie informazioni sugli avvenimenti (62). Con il successivo si dà incarico al generale Gandolfo di « intavolare trattative )) con D'Annunzio per indurlo a rinunziare all'impresa. In caso diverso, dovrà agire con la forza, avvalendosi delle due nuove Brigate che gli saranno inviate, per arrestare i capi e prendere prigioniere le truppe che hanno defezionato (63). Nel primo pomeriggio vengono dati gli ordini di movimento alla V Brigata bersaglieri, che dalla zona a nord di Gorizia dovrà spostarsi in treno, all'alba del 13, verso Mattuglie, e alla Brigata « Lombardia l>, di stanza fra Planina e Postumia e che secondo le indicazioni del generale Gandolfo doveva essere considerata assolutamente sicura, perché si trasferisca in autocarro verso la stessa località (64). Col passare delle ore Robilant ha la giusta sensazione di un peggioramento della situazione. Telegrafa perciò a Diaz e ad Albricci che ritiene « necessario agire con massima energia >), affidando il comando delle truppe a Gandolfo. Se sarà necessario si recherà personalmente a Fiume (65). Nel telegramma che invia a Nitti alle ore 15,30 Robilant espone un suo stato d'animo, che forse ha impedito più rapide e drastiche decisioni, circa un'eventuale connivenza del Governo con D'Annunzio. Ecco le sue parole : « Avvenimenti prendono aspetto grave et tale da compromettere nostra situazione internazionale. Prego dirmi se Governo ne est edotto et segretamente li appoggia, in caso contrario chiederò mezzi et agirò con massima energia » (66). Quest'ultimo telegramma si incrocia con l'altro di Nitti, inviato alle 18,50, che lo invita a « provvedere col più estremo rigore >) (67).
(62) AUSSME, DS 3a. Armata. Prot. 4158, in data 12 settembre 19r9, f.to Robilant. (63) AUSSME, DS 8" Armata. Prot. 4L6I, in data 12 settembre 1919, f.to Robilant. (64) AUSSME, rel. Pecori - Giraldi. Prot. 4157 e 4159, in data 12 settembre 1919, dell '8a. Armata a XXVIII e XXVI C. d'A., f.ti Breganze. Per gli intendimenti di Robilant, si veda telegr. 4183, in data 12 settembre 1919, riportato in VALERI N.: << Da Giolitti a Mussolini l>. Firenze, 1956, pag. 69. (65) AUSSME, rei. Pecari - Giraldi. Prot. 4163, in data 12 settembre 1919, al C.S. e al Ministero, f.to Robilant. (66) AUSSME, DS 3a. Armata. Prot. 4164, in data 12 settembre 1919, al Presidente N itti, f.to Robilant. (67) VALER!: op. cit., pagg. 70 e 71. 10. -
Gallinari
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L'ESERciTO ITAL IANO
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PRIMO DOPOGUERRA
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Verso sera il generale Pittaluga ha perduto il suo ottimismo. Egli segnala, forse sotto l'impressione dell'arrivo a Fiume del II battaglione del 202° fanteria e dell'VIII battaglione ciclisti, che le truppe di D'Annunzio sono giunte a 2600 uomini, cifra per il momento esagerata. Poiché non può far fronte alla situazione con le truppe della « Regina )), ridotta a milleduecento uomini, rassegna le proprie dimissioni (68). Il giorno dopo, verso le 13, Pittaluga riuscirà a lasciare la città, ove aveva passato le ultime ore più da prigioniero che da comandante. A proposito della Brigata « Regina >J, è stato successivamente rivelato che il suo comandante, generale Castelli, che anche in seguito terrà un comportamento molto ambiguo, avrebbe sciolto, proprio il 12 settembre, i suoi dipendenti dal giuramento di fedeltà (69). Sempre convinto che fosse meglio intervenire, magari in ritardo, ma con truppe ritenute sicure perché non contagiate dalla propaganda fiumana, Robilant dispone l'avvicinamento a Fiume delle Brigate « Firenze >J, « Bologna », « Ferrara » e « Piacenza » (70). Nel contempo, affida al generale Paolini, comandante del XXVIII Corpo d'Armata, una prima inchiesta sugli avvenimenti della giornata. Invia poi a Nitti un rapporto in cui le cause della secessione vengono lucidamente enunciate. A molti anni di distanza e dopo tante ricerche storiche, l'analisi fatta a caldo da Robilant è ancora pienamente accettabile. Ecco l'elenco di cause da lui trasmesso : mancata sorveglianza sulle mosse di D'Annunzio, dimostrazioni popolari a Fiume in occasione della partenza dei granatieri promosse dallo stesso generale Grazioli, assegnazione della Brigata « Granatieri )) al Corpo d'Armata più vicino a Fiume, indisciplina dei reparti arditi, troppa precipitazione nel ritiro delle truppe, prima ancora che fosse costituita la Commissione militare interalleata. Da questa serie di cause, che egli sapeva ben note al Governo e al Comando Supremo, aveva tratto la convinzione che il movimento dannunziano rientrasse in un piano favorito dall'alto (71). Il 13 settembre, nelle prime ore del mattino, Robilant si trasferì non già a Fiume, dove la notizia del suo arrivo, benché tenuta segreta, era stata già trasmessa da qualche agente dannunziano, ma (68) AUSSME, rel. Pecori - Giraldi. Prot. 16797, in data 12 settembre 1919, f.to Pittaluga. (69) AUSSME, rel. Pecori - Giraldi. Avvenimenti del 19 settembre. (70) AUSSME, rel. Pecori - Giraldi . Prot. 4184, in data 12 settembre 1919, deir8• Armata alla Deleg. T rasp. (71) VALER! : op. cit., pag. 71 e seg.
« DALLO STATO DI GUERRA 1\LLO STATO DI PACE »
più opportunamente ad Abbazia. Di qui diede ordine di bloccare completamente la città, predisponendo anche interruzioni stradali e ferroviarie. Lo raggiungeva intanto un nuovo telegramma di Nitti che gli intimava: << voglia ad ogni costo arrestare delittuoso movimento. La dignità e la salvezza d'Italia esigono ogni energia )) . Pochi minuti prima il Presidente del Consiglio aveva inviato un telegramma di tono analogo ai comandanti dei Corpi d'Armata territoriali (72). Nella stessa mattinata del 13 si tenne a Palazzo Braschi, allora sede della Presidenza del Consiglio, una riunione cui parteciparono Nitti, Albricci e Badoglio. Quest'ultimo fu inviato d 'urgenza a Fiume, ma si fermò in realtà a Trieste, con l'incarico di Commissario straordinario militare per la Venezia Giulia ed autorità su tutti i comandi militari della regione (73). A Fiume, intanto, era fallito nelle prime ore del mattino il tentativo di far partire la corazzata « Dante Alighieri >>, che aveva ricevuto l'ordine di abbandonare il porto, come aveva fatto il giorno precedente, ma ad equipaggio incompleto, la « Emanuele Filiberto». Alcuni arditi e una parte dell'equipaggio si erano opposti agli ordini del comandante. Altrettanto era avvenuto per le siluranti in porto, « Nullo ))' « Abba )) e « Mirabello )) . Nei mesi successivi queste navi non furono mai considerate agli ordini di D' Annunzio, benché si preferisse non mettere alla prova la fedeltà degli equipaggi disponendo la loro partenza. Esse rimasero nel porto di Fiume fino alla conclusione della vicenda. Nella giornata del 13 settembre avvenne anche un fatto che influenzò sicuramente, insieme alla notizia dell'imminente arrivo di Badoglio, il comportamento di Robilant. Il II battaglione del 73° fanteria « Lombardia>>, considerato « sicuro))' passò a Fiume nel corso del suo trasferimento da Postumia verso sud. Il battaglione rientrò il giorno stesso nelle linee per ordine di D'Annunzio, forse preoccupato per motivi logistici e disciplinari dalla presenza di troppi uomini. Questa defezione significava che anche le truppe stanziate lontano da Fiume potevano essere insidiate dalla propaganda dannunziana. Tale constatazione limiterà la libertà di iniziativa di Robilant e altrettanto avverrà per Badoglio che giungerà subito a convincersi della impossibilità di utilizzare reparti dell'Esercito in funzione antifìumana, se non nella forma passiva del man(72) ALATRI: op. cit., pag. 203 e seg. B ADOGLIO : op. cit., pag. 17 e seg.
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tenimento del blocco. Perde così valore anche la disposizione data dal Comando Supremo circa la sostituzione dei reparti meno fidati con altri provenienti dal Trentino (74). Robilant deve limitarsi a dare un contributo alla chiarezza ordinando a tutte le truppe rimaste fedeli di sgombrare Fiume ed a costituire con le Brigate <e Firenze » e cc Bologna » una Divisione provvisoria, comandata dal generale D e Angelis. In serata avviene ad Abbazia un incontro con i comandanti alleati, gli ammiragli Hope, britannico, e Andrews, americano, il maggiore francese Gaillard e il tenente colonnello britannico Peck, che Robilant cerca di mdurre ad una sollecita partenza. La riunione resta senza esito immediato, anche perché gli ufficiali alleati sospettavano un accordo fra Nitti e D'Annunzio per espellerli da Fiume. Badoglio, che ·ha ricevuto la mattina del 14 da Nitti l'ovvio ordine di restare a Trieste, conferma le disposizioni date da Robilant e sottolinea l'esigenza di evitare spargimenti di sangue. La situazione sembra quasi stabilizzarsi in una generale incertezza. Continua il flusso verso Fiume di militari isolati provenienti ·sia dalla Venezia Giulia, sia dall'interno del Paese, spesso ufficiali congedati che indossano ancora la divisa. Contemporaneamente inizia il riflusso verso le linee regolari di militari che si sono trovati coinvolti nell'impresa soltanto per aver seguito i propri ufficiali, o magari i propri dipendenti. Il generale Badoglio non nasconde al Governo la gravità della situazione e non manca di mettere in rilievo l'inopportunità di ricorrere ad azioni di forza. Fatto un riepilogo dei reparti passati con D'Annunzio, egli fornisce particolari sul blocco degli accessi alla città. Le difficoltà di collegamento con i comandi marittimi gli impediscono di comunicare se il blocco è stato completato dalla parte del mare. Sottolinea poi il favore dell'opinione pubblica della Venezia Giuli a per l'impresa e, con parole crude ma efficaci, precisa lo stato d'animo dei reparti, anche di quelli più lontani da Fiume. Esso è tale da rendere pericoloso dare ordini per uno scontro con i fiumani, ordini che potrebbero provocare il crollo di ogni legame disciplinare. L'alternativa che viene lasciata intravedere è quella della pazienza e dell'attesa (75). (74) AUSSME, DS 8a Armata. Prot. 2264, in daca 13 settembre 1919, del C.S. alla 1 a e 83 Armata, f.to Scipioni. (75) B ADOGLIO : op. cit., pag. 157 e seg. Prot. r42, in data 15 settembre 1919, di Badoglio a Nicti, Albricci, Diaz e Cittadini.
<< DALLO STATO D1 G UERRA ALLO STATO DI PACE »
Le nette prese di posizione di Robilant, forse un po' velleitarie, si sono ormai tramutate nella politica morbida ed elastica di Badoglio, che Nitti accetta pienamente. Si è già visto in un precedente capitolo come la possibilità di uno scontro con gli jugoslavi fosse usata quale arma psicologica da entrambe le parti. Essa servì a trattenere Robilant dall'agire contro Fiume ed ora comincia ad essere usata da Badoglio per tenere a freno i reparti più irrequieti (76). Si perfeziona intanto lo schieramento intorno a Fiume. La Brigata « Regina >l resta a presidiare Susak e la linea di contatto con il Regno serbo - croato - sloveno sulla sinistra del Récina. La 45"' e la 77" Divisione, già Divisione provvisoria, con le Brigate << Lombardia ll, « Pavia l>, « Bologna l> e « Firenze l>, tengono la linea di blocco verso ovest, stanziandosi il più possibile lontano dalla città per ridurre gli effetti della propaganda fiumana. La V· bersaglieri resta in seconda linea. La r" Divisione d'assalto, considerata di scarso affidamento benché il suo contributo alla secessione non fosse proporzionalmente superiore a quello delle altre unità, e la Brigata « Sesia », ritenuta la più fiumanizzata fra le Brigate di fanteria, vengono spostate verso nord. La « Granatieri » viene trasferita a Gorizia. Di lì verrà successivamente trasportata a Innsbruck in seguito ad un ordine del Ministro Albricci (77). Nei giorni seguenti la situazione restò stazionaria. Alle defezioni in gruppo o isolate di militari dei reparti dislocati lungo la linea di blocco si accompagnano frequenti rientri, come quello di parte dei ciclisti dell'VIII battaglione, che erano stati fra i primi a seguire D'Annunzio. Tuttavia, la forza a disposizione di questi andava aumentando ed era valutata a fine mese dal comando de11'8• Armata in circa 5000 uomini di cui 285 ufficiali. In seguito verranno espressi fondati dubbi sull'esattezza di questa valutazione. Il generale Badoglio non vedeva di buon occhio la presenza in Venezia Giulia di Robilant, cui aveva ingiunto al suo arrivo di lasciare Abbazia per Udine. Fin dal 19 settembre veniva chiesto al Governo il .richiamo del comandante dell'8" Armata con un telegramma nel quale Badoglio esprimeva gravi, e in gran parte non
(76) BADOGLIO: op. cit., pag. 177. T elegramma .in data 27 settembre 1919, di Badoglio a Nitti, Albricci, Diaz e Cittadini. (77) AUSSME, DS 8• Armata. Telegr. 41244, in data 24 settembre 1919, del Ministero all'8A Armata, f.to Albricci.
L'ESERCITO ITALIANO
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giustificati, giudizi sul collega. Su questa base Nitti dispose che a partire dal giorno 21 Badoglio assumesse anche il comando del1'8"' Armata, mentre Robilant veniva fatto rientrare a Roma (78). Particolarmente preoccupante, per le conseguenze che poteva avere, fu il passaggio dalla parte di D'Annunzio di molti aerei militari. Nonostante l'ordine dato da Robilant di togliere i magneti a tutti i motori, a fine settembre erano giunti a Fiume almeno nove aeroplani, alcuni provenienti da Bolzano. Badoglio, che pure ha in qualche modo contribuito a creare l'atmosfera di cui si lamenta, telegrafa a Nitti: « Da profondo conoscitore dell'Esercito ritengo che il prolungarsi di questa situazione sia esiziale alla sua compattezza» (79). Spinge perciò verso una soluzione basata su una dichiarazione unilaterale di annessione all'Italia della città contesa. Conduce intanto trattative con D'Annunzio che, con alti e bassi, si trascinano senza esito, mentre continua lo stillicidio delle defezioni. In ottobre, oltre ad episodi gravi come il passaggio a D' Annunzio del III battaglione del 9° fanteria « Regina », di due battaglioni della V Brigata bersaglieri e della i squadriglia autoblindomitragliatrici, si hanno frequenti colpi di mano organizzati dai fiumani contro depositi di materiali dell'Esercito. L'episodio di maggior rilievo è lo sbarco a Grado di una quarantina di arditi con lo scopo di impadronirsi di una batteria pesante campale. La pronta difesa delle truppe locali portò al fallimento dell'iniziativa e alla cattura degli incursori. Avvenimenti salienti furono in novembre la defezione del colonnello Sani, comandante del 40° fanteria « Bologna », rimasta senza conseguenze fra i suoi dipendenti, e il passaggio a Fiume di due compagnie del battaglione alpini « Morbegno », attuato con l'inganno, ma seguito dalla scelta di restare con D' Annunzio fatta dai militari. Alla fine del mese, quando sembrava che stessero per giungere in porto le trattative per lo sgombero dei dannunziani, venivano date disposizioni per l'occupazione della città. Vi avrebbe provveduto la 77"' Divisione, che non si sarebbe opposta a coloro che abbandonavano Fiume, anzi ne avrebbe facilitato il movimento. Nel contempo, la 78" Divisione, le truppe del Settore Trieste e la Brigata « Ferrara » avrebbero sbarrato, ad una notevole distanza dalla linea di (78) ALATRI: op. cit., pag. 227. (79) B.wocuo : op. cit., lettera del 27 settembre 1919 a Diaz e Cittadini.
itti, Albricci,
« DALLO STATO DI GUERRA ALLO STATO DI PACE »
blocco, le strade verso l'interno del Paese, provvedendo al disarmo delle truppe fiumane e al loro trasferimento sotto scorta a Trieste. Per partecipare all'eventuale operazione venivano spostati il 0 I gruppo alpini e la Brigata « Pinerolo » (80). In una segnalazione al Comando Supremo di pochi giorni prima, Badoglio aveva rilevato una diminuzione dell'entusiasmo e della simpatia per l'impresa di D'Annunzio, senza però escludere che anche in futuro potessero avvenire sbandamenti, specie fra le truppe dei reparti d'assalto (81). Sintomo del calo di entusiasmo è anche il fatto che i militari passati a Fiume chiedessero di tornare a casa man mano che le loro classi venivano congedate. L'accordo per lo sgombero, cui vanamente si credette fino a metà dicembre, non si realizzò. Fu questo un grave scacco per il generale Badoglio, che se ne era fatto promotore e sostenitore. Dopo la presa del comando da parte di Caviglia, grazie ad una maggiore fermezza e determinazione da parte delle autorità militari, il livello disciplinare delle truppe in Venezia Giulia migliorò lentamente ma con continuità. Nello stesso tempo crescevano fra i dannunzianj la stanchezza e i contrasti interni.
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L'EsERCITO ITALIANO NEL 1920.
Nei primi mesi del nuovo anno la difficile situazione finanziaria dello Stato pesa in modo assai rilevante sulla politica militare. La spesa mensile per l'Esercito aveva subito rispetto all'estate precedente una forte riduzione, passando dagli 846 milioni del luglio 1919 ai 363 di dicembre, per oscillare nei mesi seguenti intorno a questa ultima cifra (82). Soltanto due terzi di tale somma corrispondevano però a vere e proprie spese militari, mentre il rimanente era da attribuire agli strascichi del conflitto. Tuttavia, non era facile stabilire una netta divisione fra le due gestioni che coesistevano nel bilancio della Guerra. Le polemiche politiche finivano per puntare su questa cifra complessiva che veniva pressoché unanimemente giudicata eccessiva. (80) AUSSME, DS 8" Armata. Prot. 3000, m data 24 novembre 1919, della Zona Trieste, f.ta Sailer. (81) AUSSME, DS 8" Armata. Prot. 6608, m data 22 novembre 1919, dell'8" Armata al C.S., f.ta Badoglio. (82) Atti parlamentari, Senato, XXV legislatura, discussioni. Tornata del 1° aprile 1920, pag. 734, intervento Bonomi.
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Il Presidente del Consiglio insisteva sulla necessità di ridurre ulteriormente le spese militari, costringendo il Ministero della Guerra a continue valutazioni del costo delle occupazioni ancora in atto e dei risparmi che sì sarebbero realizzati con altri congedamenti (83). La questione finanziaria divenne infine un serio motivo di attrito fra Nìtti e Albricci. Al centro del contrasto venne a porsi il costo dell'attuazione del nuovo ordinamento, di cui forse non erano state in un primo tempo attentamente valutate le implicazioni economiche. Gli interventi di alcuni parlamentari, fra questi Giolitti alla Camera e Robilant al Senato, avevano sottolineato il grave onere finanziario che l'ordinamento Albricci avrebbe comportato. Nitti, sempre attento a dichiarazioni di questo genere, scrive il 3 gennaio ad Albricci facendo una sintesi non troppo precisa delle critiche emerse ed invita il Ministro a sospendere l'applicazione del decreto sul nuovo ordinamento, salvo per quella parte che può agevolare una rapida smobilitazione. L'attesa della conversione in legge da parte del Parlamento poteva essere impiegata per apportare modifiche che procurassero economie (84). Va subito detto che l'invito di Nitti non aveva fondamento concreto. L'ordinamento Albricci era infatti in gran parte attuato e d'altra parte le effettive dimensioni dell'Esercito restavano ancora più ampie di quelle che esso -prevedeva. La risposta di Albricci (85) è molto ferma. Rivendica la razionalità del nuovo ordinamento e, ricordato che esso era stato approvato dal Governo nel suo insieme e senza che altri ministri avànzassero opposizioni, pone il problema della impossibilità per lui di continuare a far parte di un Governo che sconfessasse un provvedimento cui ha legato il proprio nome e la propria credibilità politica. La questione restò in un primo tempo senza seguito e così Albricci poté completare la nuova struttura dell'Esercito con altre disposizioni di dettaglio. Il rimpasto ministeriale del marzo 1920 fornì però a Nitti l'occasione per sostituire Albricci con un personaggio non militare. Il 14 marzo Ivanoe Bonomi, socialista riformista, era il nuovo Ministro della Guerra. Egli si mise subito al lavoro, con la cooperazione (83) Cfr. RocHAT G. : « Alcuni dati sulle occupazioni militari adriatiche durante il Governo Nicti JJ . Il Risorgimento, a. XVIII, n. r, febbraio 15)66. (84) RocttAT: « L 'Esercito italiano da Vittorio Veneto a Mussolini >J, cit., pag. 159 e seg. (85) Ibidem, pag. 161 e seg.
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degli organi tecmc1, per predisporre un ordinamento più economico, che sarà approvato con decreto reale nell'aprile successivo (86). Al momento del cambiamento di ministro l'Esercito aveva una struttura superiore sia a quella prebellica sia a quella prevista dall'ordinamento Albricci per quanto riguardava la fanteria. Contro 54 Brigate e 108 reggimenti previsti dal R. D. 21 novembre 1919, erano in servizio 55 Brigate e n7 reggimenti. Inoltre, contro nove reggimenti alpini previsti esistevano undici gruppi alpini, mentre restavano ancora costituiti sei reparti d'assalto, una specialità ignorata dal nuovo ordinamento. Le altre armi e specialità corrispondevano già ai livelli stabiliti. L'ordinamento Bonomi, che non presentava differenze concettuali rispetto al precedente, realizzava le economie più sostanziali con la trasformazione di un battaglione di ciascun reggimento di fanteria in battaglione quadro. Le classi alle armi nel marzo 1920 erano quattro, contro le due del periodo prebellico, ed il contingente totale era perciò pari a circa quattro volte quello che il sistema della ferma breve, auspicato anche ufficialmente, avrebbe consentito di tenere contemporaneamente in servizio. Erano alle armi i militari di 1" categoria delle classi 1897, 1898, 1899 e dei due primi quadrimestri del 1900, per un totale di circa 460.000 uomini. Ancora di una certa entità erano gli impegni militari fuori dei confini, riguardanti cinque Brigate e tre reggimenti di fanteria, un reggimento di bersaglieri e due gruppi alpini. All'interno del Paese erano quaranta Brigate di fanteria, con una dislocazione più eg.uilibrata di quella osservata in precedenza e che sembra corrispondere alle normali esigenze del tempo di pace (87). La Venezia Giulia, della quale si parlerà in seguito con maggiori particolari, disponeva di dieci Brigate e di un certo numero di reggimenti isolati delle varie specialità della fanteria. Oltre alle quarantotto Brigate già costituite prima del conflitto mondiale, risultano esistenti nel marzo del 1920 le Brigate « Udine », « Treviso », « Piacenza », « Catanzaro», « Sassari», « Liguria », « Avellino », « Arezzo » e « Gaeta ». La situazione politica interna, tutt'altro che migliorata, comportava non soltanto gli oneri del servizio dì ordine pubblico, ma anche una atmosfera favorevole ad episodi di violenza di cui fu(86) Una analisi comparativa dell'ordinamento Bonomi verrà effettuata nella quarta parte di questo volume. (87) AUSSME. Dislocazione delle truppe al 15 marzo 19 2 0 .
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rono in certi casi vittime militari isolati. La campagna antimilitarista dell'estate precedente si era attenuata sulla stampa, ma aveva evidentemente lasciato postumi non indifferenti in determinati ambienti. Il nuovo Ministro cercò di rassicurare i suoi dipendenti con una circolare che riconfermava il rispetto del Paese per l'Esercito e chiedeva ai comandi misure che valessero a garantire la salvaguardia personale dei militari di ogni grado. In qualche modo collegata a questa situazione è la persistente tendenza di molti ufficiali di complemento ad indossare la divisa, anche per partecipare a manifestazioni politiche. Sarà necessario modificare un articolo del regolamento di disciplina per poter vietare drasticamente il ripetersi di questo uso. L'ordinamento Bonomi porterà, con effetto quasi immediato, una importante conseguenza al vertice militare. Abolita la funzione di Ispettore generale dell'Esercito, Armando Diaz perde la posizione di preminenza che, pur senza esercitare precisi poteri, aveva fino allora mantenuto. Contemporaneamente, l'abolizione degli Ispettorati generali d'arma toglie compiti importanti ad alcuni generali di grande prestigio. Da questi provvedimenti deriva un maggior spicco per la carica di Capo di Stato Maggiore. Il generale Badoglio diviene perciò, agli ordini diretti del Ministro civile, la prima personalità dell'Esercito. Questa situazione, che non mancava di suscitare qualche malumore tra i più alti gradi militari, fu di breve durata perché alcuni mesi dopo si avrà una nuova riforma del vertice militare che porterà ad una sorta di direzione collegiale, t~le da ridurre di parecchio l'importanza della carica di Capo di Stato Maggiore. Nei primi mesi del 1920, con l'eclissi di Diaz iniziata verosimilmente ancor prima dell'abolizione della carica da lui rivestita, il generale Badoglio acquisì una crescente influenza anche nei confronti della politica estera, sempre polarizzata sul problema del confine orientale. Il Capo di Stato Maggiore si inserisce nella questione esprimendo al Ministro della Guerra la propria opinione a proposito della linea di frontiera sulla quale sembra concretarsi un nuovo tentativo di compromesso. Secondo Badoglio la parte centrale di questa linea « non ha valore difensivo » e compromette anche il collegamento operativo dell'Istria con il rimanente territorio nazionale. Nel caso che il confine in discussione venisse accettato, occorrerà rafforzarlo, anche con strade e ferrovie, nel tratto più debole e predisporre una difesa della penisola istriana appoggiata ai Monti della Vena e assicurata da unità capaci di sollecita mobilitazione col con-
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corso di complementi provenienti via mare. Badoglio propone perciò che uno dei nuovi Corpi d'Armata territoriali abbia sede a Pola con una Divisione in Istria e una a Trieste (88). Forse su suggerimento dello stesso Albricci, sei giorni dopo Badoglio si rivolge diréttamente a Nitti lamentando di conoscere la linea di confine di cui si parla soltanto per le indicazioni che ne danno i giornali. Ritiene che essa sarebbe pericolosamente vicina a Trieste e Gorizia. Occorrerebbe perciò assicurare all'Italia almeno la Selva di Piro (Hrusica) e il Monte Re (Plesa). Inoltre, nel suo tratto più meridionale il confine dovrebbe passare a non più di due chilometri dalla ferrovia San Pietro - Mattuglie, al fine di neutralizzarne l'impiego militare da parte jugoslava (89). Lo stesso giorno, telegrafando a Cavallero che riteneva non lo tenesse sufficientemente informato, Badoglio precisa ancor meglio i suoi concetti. Più che ad una difesa statica del tratto di confine vicino a Gorizia, sembra che egli miri ad assicurarsi fra l'altopiano di Vojsko, la Selva di Piro e la Sella di Prevallo un bastione dal quale sia possibile reagire contro.ffensivamente verso est e sud - est (90). Nei giorni successivi i termini della trattativa mutano ancora. In cambio della sovranità italiana sul corpus separatum di Fiume doveva ora essere ceduta la parte orientale dell'Istria, con Volosca e Abbazia. E' Nitti che tramite Cavallero chiede il parere di Badoglio. Questi riponde sostenendo che il confine deve essere portato a duecento metri dalla ferrovia Fiume - Lubiana, di cui fa parte il tratto San Pietro - Mattuglie, e sottolineando l'esigenza di acquisire il dominio da tre direzioni della conca di Idria (91 ). Badoglio, col solito realismo, traeva subito le conseguenze militari dal nuovo accordo di compromesso che sembrava già raggiunto, mentre invece era destinato a fallire come i precedenti. Con una certa durezza di tono, egli si rivolge al Ministro Albricci e lo informa che la frontiera che ormai sembra stabilita è « assai infelice >> e scrive che « in tali condizioni (ritiene) che non si possa acconsentire alla riduzione di un Corpo d'Armata >> rispetto ai quindici del(88) AUSSME, racc. CSVU 247. Prot. 333, SMRE al Ministero, f.ta Badoglio. (89) AUSSME, racc. CSVU 247. Prot. 399, SMRE a Nitri, f.ta Badoglio. (90) AUSSME, racc. CSVU 247. Prot. 398, SMRE a Cavallero, f.to Badoglio. (9r) AUSSME, racc. CSVU 247. Prot. 583, SMRE a Cavallero, a Londra, f.to Badoglio.
in data 3 febbraio 1920, deUo in data 9 febbraio 1920, dello in data 9 febbraio r920, dello in data 21 febbraio 1920, dello
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l'ordinamento provvisorio. Uno dei nuovi Corpi d'Armata, con caratteristiche speciali riguardanti la struttura e la mobilitazione, doveva essere stanziato in Istria. Un altro a Udine con una Divisione a Gorizia e un'altra a Ravenna, dove avrebbe costituito una base di mobilitazione. Il terzo dei nuovi Corpi d' Arniata doveva aver sede a Padova, con giurisdizione anche sulla Carnia e il Cadore. Per il con.fine nord era sufficiente l'ampliamento del Corpo d'Armata di Verona. A Bolzano, anziché una Divisione, sarebbe stata stanziata una Brigata alpina. Il progetto di Badoglio considera perciò relativamente sicure le provenienze da nord e concentra l'attenzione e le misure difensive sul con.fine orientale. La lettera si conclude con una dichiarazione assai ferma, sintomo forse di una certa insofferenza nei confronti di Albricci : <e Debbo pertanto insistere affinché fin quando la medesima (situazione) non venga mutata in meglio, sia accolto integralmente il programma che ho esposto» (92). Non è da escludere che la fermezza di Badoglio abbia reso più netta l'opposizione di Albricci alle riduzioni che si volevano apportare all'ordinamento dell'Esercito e in tal modo indirettamente contribuito alla sua sostituzione con Bonomi. Tuttavia, già da qualche giorno era stata predisposta una circolare che modificava l'ordinamento del novembre 1919, riducendo a quattordici i Corpi d'Armata, secondo uno schema corrispondente a quello esposto da Badoglio, salvo il mantenimento in Venezia Giulia e Friuli di un solo Corpo d'Armata (93). Dal tono della ricordata lettera di Badoglio sembra potersi dedurre che questi conoscesse solo approssimativamente il contenuto della circolare. Non risulta invece alcuna opposizione di Badoglio al varo dell'ordinamento Bonomi che trovava il suo punto di maggiore innovazione nella riduzione a dieci del numero dei Corpi d 'Armata, pur senza diminuire il numero complessivo delle Divisioni. L'applicazione dell'ordinamento Bonomi, anche esso dichiarato ufficialmente provvisorio in vista di una sistemazione definitiva da attuarsi entro la fine del 1920, procedette a rilento, forse per una minore carica di dinamismo del Ministro rispetto al predecessore, ma certamente come conseguenza di un nuovo cambiamento di titolare al Ministero di Via XX Settembre. Nell'ultimo gabinetto Nitti, (92) AUSSME, racc. CSVU 247. Prot. 59r, in data 25 febbraio 1920, dello SMRE al Ministero, f.to Badoglio. (93) AUSSME, racc. circ. 13. Circ. min. 3000, in data 16 febbraio 1920, f.ta Albricci.
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formato il 21 maggio e destinato a brevissima vjta, Giulio Rodinò, deputato del Partito popolare, sostituisce Bonomi. Nel corso della gestione Rodinò cominciano a funzionare, in base a progétti preparati in precedenza, le Scuole centrali militari, una per fanteria e cavalleria, una per l'artiglieria ed una per il genio. Loro compiti sono l'aggiornamento della preparazione degli uf.ficiali e la sperimentazione tattica. Il generale Grazioli è nominato Direttore superiore delle scuole militari, con giurisdizione estesa agli istituti di reclutamento. Altro provvedimento approvato dal Ministro Rodinò fu la definizione delle circoscrizioni dei comandi territoriali, in attuazione dell'ordinamento Bonomi. Di lì a poco, il 15 giugno, con il ritorno di Giolitti a capo del Governo, Ivanoe Bonomi è nuovamente Ministro della Guerra. Nel discorso di presentazione al Parlamento, il nuovo Presidente del Consiglio dice che l'ordinamento definitivo da dare all'Esercito è essenzialmente un mezzo per ridurre le spese e conclude con l'accenno di rito all'istituzione della « nazione armata », da attuarsi in tempi e modi non definiti (94). La maggiore stabilità del nuovo Governo portò ad alcune iniziative riguardanti la politica militare. Principale fra queste la costituzione, avvenuta il 25 luglio, di una Commissione parlamentare incaricata di fornire pareri per l'ordinamento definitivo dell'Esercito. La Commissione era composta dai senatori Carlo Caneva, Antonio Cefaly, Carlo Ferraris, Domenico Grandi, Francesco Mazza, Guido Mazzoni, Raffaele Perla, che venne nominato presidente, Vittorio Rolandi Ricci, Giuseppe Salvago Raggi, Vittorio Zupelli e dai deputati Agostino Berenini, Augusto Ciuffelli, Gaspare Colosimo, Pio Donati, Luigi Federzoni, Luigi Gasparotto, Cesare Nava, Edoardo Pantano, Giulio Rodinò, Claudio Treves e Filippo Turati. Insediata dopo pochi giorni, la Commissione tenne nel .corso dell'anno ben poche sedute ed ebbe modo di occuparsi in concreto soltanto della riforma del vertice militare, realizzata peraltro nel 1921 (95). Non vanno trascurati in questo periodo gli impegni oltremare in Dalmazia e in Anatolia, che si sommano a quello riguardante l'Albania, ormai giunto ad una svolta decisiva. Il presidio della Dal(94) Atti parlamentari, Senato, XXV leg islatura, discussioni. Tornata del 24 giugno 1920, pag. 874. (95) Per l'attività della Commissione si può vedere RocHAT : « L'Esercito italiano da Vittorio Veneto a Mussolini », cit., pag. 244 e seg.
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mazia continuava ad essere affidato alla 24" Divisione. Benché questa avesse assorbito i militari delle classi più giovani provenienti da due Brigate disciolte, il suo fabbisogno di complementi era valutato all'inizio del 19 20 in sei o settemila uomini, dei quali oltre cinquemila furono effettivamente inviati in febbraio. Con successivi invii, anche di un iutiero reggimento bersaglieri, il 5<>, giunto a Sebenico ai primi di agosto con i battaglioni VIII, XII e XXIV, si riuscì a mantenere le forze di occupazione in Dalmazia ad un livello superiore ai diecimila uomini. La situazione politico - militare in questa regione, rimasta sostanzialmente tranquilla per tutto il 1919, cominciò a deteriorarsi. Fu necessario adottare misure di sicurezza, come la scorta armata ai treni, e non mancarono allarmi nei presidi dei maggiori centri. Più difficili erano le condizioni dell'ordine pubblico nelle isole, occupate dal 138° fanteria « Barletta », ove non mancarono attacchi armati contro sentinelle e presidi isolati. Le truppe furono costrette a muoversi con precauzione ed a circolare permanentemente armate. Altro onere per l'Esercito derivava dagli impegni internazionali assunti per garantire la tranquillità nelle zone soggette a plebiscito, in base al trattato di Versailles, ai confini fra Germania e Polonia e fra questa e la Cecoslovacchia. Il nucleo più importante di forze e il servizio più lungo e gravoso riguardarono l'Alta Slesia, ove era in corso una vera e propria guerriglia fra polacchi e tedeschi. Il presidio di Oppeln (Opole) e di quattro località minori, affidato all'Esercito italiano, fu assicurato inizialmente dal 135° reggimento fanteria « Campania », su quattro battaglioni, con un gruppo di artiglieria autoportato ed aliquote delle altre armi e dei servizi. Si trattava di un complesso di circa 2500 uomini, rinforzato l'anno successivo, dopo l'insurrezione organizzata dai polacchi, da due battaglioni del 32° fanteria « Siena », un battaglione della Brigata « Granatieri >> ed uno della « Sicilia >> . Coinvolti in veri e propri episodi bellici e fatti segno ad attentati cruenti, i reparti italiani subirono dal febbraio 1920 all'estate del 1922, quando avvenne il rientro, la perdita di oltre venti caduti e di circa cinquanta feriti. Occupazioni più brevi e tranquille si ebbero in Prussia Orientale ad Allenstein (Olsztyn) e Marienwerder (Kwidzyn) dal febbraio all'agosto con l'impiego rispettivamente del IV battaglione del 38n fanteria « Ravenna )> e del XLIX battaglione bersaglieri. Il battaglione alpini « Monte Baldo >> fu invece inviato nello stesso periodo a presidiare la regione di Teschen (Tesin, Cieszyn), contesa fra Po-
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Ionia e Cecoslovacchia (96). L'occupazione italiana dell'Alto Inn, affidata ultimamente al 2 ° reggimento granatieri, ebbe termine in luglio dopo la ratifica del trattato di Saint - Germain. In Anatolia continua la presenza militare italiana, anche se le sue prospettive politiche si fanno sempre più incerte. La guerriglia fra greci e turchi tende a trasformarsi in guerra aperta, anche per il rafforzarsi intorno a Mustafà Kemal degli elementi nazionalisti. Il Ministro Scialoja, in febbraio, chiede che il presidio di Konya stabilisca ottimi rapporti con il movimento nazionalista turco, ma evidentemente questa politica trova un limite nei programmi, largamente noti, di espansione italiana sulla costa anatolica dell'Egeo. Gli stessi turchi vedevano con favore l'occupazione italiana, ma soltanto come temporaneo espediente in funzione antigreca. I militari greci in Anatolia erano però più di centomila, mentre gli italiani erano ridotti in marzo a meno di cinquemila uomini. Per economizzare le forze, soggette all'erosione dei congedamenti e delle cattive condizioni sanitarie causate dall'infierire della malaria, Bonomi ordina il ripiegamento del presidio di Konya, sceso ormai a 340 uomini, su Costantinopoli. Subito dopo, accogliendo la proposta del comandante delJe truppe, generale Porta, viene decisa l'abolizione di una ventina di presidi minori e il concentramento su tre località costiere: Scalanova, Kuluk e Adalia. Anche i presidi avanzati nella valle del Meandro vengono evacuati. Il 1° maggio le forze italiane risultano ridotte a poco più di duemila uomini. Il presidio dei centri costieri e delle isole del Dodecaneso è affidato a quattro esili battaglioni di fanteria, tre del 34° reggimento ed uno del 33°, col concorso di una compagnia mitragliatrici dei bersaglieri, del 5° squadrone dei « Cavalleggieri Roma », di due batterie da montagna e due compagnie del genio. Nonostante l'esiguità delle forze impiegate, Scialoja sostiene che la politica italiana in Anatolia non è mutata e che la riduzione dell'impegno militare è dovuta soltanto a motivi di economia (97). Questo evidente contrasto fra i risultati che si vorrebbero ottenere e i mezzi che si vogliono o si possono impiegare si somma all'incongruità di una impostazione politica che prevede l'adesione completa alla politica fìlogreca dell'Intesa e allo stesso tempo lo stabilirsi di rapporti di simpatia con i nazionalisti turchi impegnati nella lotta contro i greci. (96) Le notizie sulle occupazioni delle zone soggette a plebiscito sono tratte da documenti e appunti contenuti in AUSSME, racc. SP u5. (97) AUSSME, DS Corpo Sped. Mediterraneo Orient. Prot. 5013, in data 3 maggio 1920, del Ministero Affari Esteri, f.to Scialoja.
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Nonostante queste irrisolte contraddizioni, il Comitato di guerra ordina in giugno il ripristino dei presidi nella valle del Meandro. In agosto il comando delle forze in Anatolìa e in Egeo, ridotte ormai a tre soli battaglioni di fanter ia, è assunto dal colonnello Fusoni. L'occupazione durerà fino al maggio 1922 quando a seguito delle vicende del conflitto greco - turco i presidi verranno ritirati a Rodi. Il III battaglione del 62° fanteria « Sicilia », rinforzato con gli uomini provenienti da Konya, costituì a Costantinopoli il 313° reggimento fanteria su due battaglioni e continuò a partecipare all'occup azione alleata della città che si protrasse per alcuni anni. Sembrò per qualche tempo che l'intervento italiano in Turchia dovesse assumere proporzioni maggiori. La conferenza ioteraJleata di Londra aveva deciso, nel febbraio 1920, una più massiccia occupazione della ex capitale ottomana. Richiesto dagli alleati un ampliamento della partecipazione italiana al controllo della regione degli Stretti, venne costituito un Comando generale delle regie truppe in Oriente, cui in aprile fu preposto il generale Albricci, dal quale sarebbero dipese anche le unità in Anatolia. Venne anche ordinato l'approntamento di un Corpo di spedizione formato da un comando di Divisione, affidato al generale Ernesto De Marchi, dalla Brigata « Piacenza », i cui due reggimenti si sarebbero affiancati al 313° già sul posto, e da aliquote del genio e dei servizi, in totale quasi diecimila uomini. I reparti destinati alla spedizione furono concentrati nelle Puglie, pronti ad imbarcarsi nel porto di Taranto, ma la partenza subì diversi rinvii. L'urgente trasferimento della « Piacenza » a Valona, avvenuto in giugno, privò il Corpo di spedizione del suo nucleo di forza. Ai primi di agosto, Bonomi propose al Presidente del Consiglio l'abbandono del progetto. Giolitti aderì prontamente. Ugualmente, non ebbe attuazione un'altra decisione della conferenza di Londra che interessava l'Esercito italiano. Si tratta dell'invio a Batum, sulle coste del Caucaso, di un nostro battaglione che doveva partecipare, insieme a contingenti francesi e britannici, all'occupazione di quel porto. Fu costituito nelle Puglie il reparto designato, il IV battaglione del 9° fanteria « Regina », forte di circa seicento uomini, ma a metà maggio il Governo italiano rinunziò alla spedizione. Il battaglione, in considerazione dell'elevato livello di efficienza raggiunto, fu trasferito ad Oriolo Romano, ove divenne il primo reparto dimostrativo della nuova Scuola centrale di fanteria.
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Congedata, nonostante qualche resistenza di taluni uffici del Ministero della Guerra, la classe 1897 e chiamato il terzo quadrimestre del 1900, l'Esercito si trovava a metà del 1920 a poter disporre dì tre classi di leva, con un contingente complessivo valutabile ìn circa 390.000 uomini. Per raggiungere questo rìsultato fu necessario, con regio decreto del 3 maggio, sospendere nei confronti delle classi allora alle armi la riduzione della ferma ad otto mesi, che pure era uno degli elementi caratteristici dell'ordinamento Bonomi, Con il decreto ricordato veniva consentito, anche in tempo di pace, il trattenimento alle armi senza alcun limite dei militari in servizio di leva. Si dovrebbe supporre che da agosto in poi, eliminato totalmente l'onere per l'occupazione dell'Albania, si verificasse una esuberanza dì effettivi rispetto ad un ordinamento che prevedeva per il tempo di pace un fabbisogno totale per le unità di fanteria, comprese le varie specialità, di poco più di centomìla uomini (98). Invece, si ha la sensazione che i comandi constatassero un deficit di forza, tanto che nell'estate fu richiamata alle armi per pochi mesi la 2 a catego ria del 1900, che certamente non aveva bisogno di addestramento, per assicurare con i suoi 30.000 uomini la saldatura fra il congedo del primo quadrimestre del 1898, deciso in agosto, e la chiamata leggermente anticipata della prima e della seconda categoria della classe 1901, avvenuta in ottobre contemporaneamente al congedo dei rimanenti scaglioni del 1898. A novembre fu congedato il primo quadrimestre del 1899, mentre i militari appartenenti ai successivi entravano nel loro quarto anno di servizio. A fine d'anno si avevano alle armi due terzi di una classe il 1899, una classe intiera, il 1900, e una classe comprensiva di Ta e 2 categoria, il 1901, co,n una forza totale valutabile, con tutta l'approssimazione che questi calcoli comportano, in 380.000 uomini in servizio di leva, più naturalmente i volontari e i raffermati. Siamo ad oltre il doppio della forza bilanciata prevista dall'ordinamento Bonomi, che aveva avuto ormai quasi completa attuazione nel la parte riduttiva, salvo una Brigata e alcuni battaglioni di fanteria e otto reggimenti bersaglieri, che risultavano ancora esistenti al dì fuori dell'organico. Anche l'esigenza di concentrare forze in Venezìa Giulia, del resto già risolta nell'ambito del nuovo ordinamento, era venuta (9il) ACS, carte cembre
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1° aiutante, filza f.ta Bonomi.
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meno dopo il trattato di Rapalio che dava ali' Ita!ia un confine orientale che rappresentava il pieno accoglimento delle ipotesi di massima sicurezza formulate dallo Stato Maggiore. Già in agosto, quando si profilava la possibilità di una soluzione su nuove basi del dissidio italo - jugoslavo, il generale Badoglio, pur riconoscendo le buone caratteristiche tattiche della linea Monte Maggiore, Monti della Vena, Monte Re, Selva di Piro, Tarnova, Vojsko, segnalava a Bonomi la superiorità strategica della linea del Patto di Londra (99). Nelle trattative condotte con la delegazione jugoslava a Santa Margherita Ligure, ebbe parte di rilievo, insieme al Ministro degli Esteri Sforza, lvanoe Bonomi. Egli aveva fatto preparare dall'Istituto Geografico Militare un grande plastico raffigurante le regioni contese con l'indicazione della linea di confine che l'Italia, per motivi essenzialmen te strategici, richiedeva (100). Per questa rivendicazione Bonomi aveva il pieno consenso di Giolitti e di Sforza, tanto che era stato già deciso che, in caso di fallimento delle trattative, si sarebbe attuata l'annessione dei territori giuliani entro la linea di armistizio, lasciando disponibili per ulteriori accordi solo la Dalmazia e le isole adriatiche (101 ). Come è noto, non ci fu bisogno di questa soluzione unilaterale del problema. Il nuovo confine stabilito a Rapallo comportava l'abbandono da parte italiana sulle Alpi Giulie soltanto della conca di Longatico e della zona di Cerknica. Io Dalmazia veniva invece lasciata all'Italia solamente la città di Zara, che dopo il ritiro delle truppe della 24• Divisione verrà presidiata dal 157° fanteria « Liguria ». Un grave problema, legislativo ed umano al tempo stesso, era costituito dalla necessaria riduzione del numero degli ufficiali in servizio, avvenuta fino allora a rilento e col ricorso a diversi espedienti. Col regio decreto n. 453 del 20 aprile 1920, firmato contemporaneamente a quelli sul nuovo ordinamento e sulle modifiche al reclutamento, si cercava di risolvere una questione che dava luogo ad insistenti p0lemiche. Le nuove norme consentivano collocamenti temporanei in aspettativa, una più ampia applicazione della posizione ausiliaria speciale, con indennità speciali sommate alle pen(99) AUSSME, racc. CSVU 247. Prot. 7140, in data 23 agosto 1920, dello SMRE al Ministero, f.ta Badoglio. (roo)BoNOMI I.: « La politica italiana dopo Vittorio Veneto ». Torino, ' 1953, pag. 151 e seg. (101) G1ourr1 G.: « Memorie della mia vita ». 3a cd., Milano, 1945, pag. 58o.
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sioni, e infine ì'utilizzazione neEe funzioni del grado inferiore degli ufficiali rimasti in eccedenza agli organici. La grande cerimonia militare del 4 novembre 1920 a Roma, con la partecipazione delle bandiere e dei labari, istituiti per l'occa5ione, di tutti i reggimenti che avevano combattuto la grande guerra, può forse simboleggiare la fine di un periodo eccezionale che, iniziato nel 1915, si era prolungato per l'Esercito ben oltre la fine delle ostilità.
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DECLINO E LA FINE DELL'OCCUPAZIONE IN ALBANIA.
Le prime decisioni del Governo Nitti riguardo all'Albania furono prese in una riunione del Comitato di guerra tenuta il 13 luglio 1919, presenti Albricci e Diaz. Pochi giorni prima il Presidente del Consiglio aveva chiamato a Roma il generale Piacentini, affinché fornisse notizie di prima mano sulla situazione. Nella riunione si stabilì di lasciare immutata l'occupazione in attesa delle decisioni della Conferenza della pace. Tuttavia le valutazioni finanziarie che il nuovo Governo veniva facendo per ogni occupazione oltremare, dando luogo a calcoli difficili e di dubbia attendibilità (102), portavano Nitti a ritenere « una follia >> (103) il mantenere in Albania più di quarantamila uomini, con un costo annuo di circa trecento milioni. Va perciò considerata poco più che rituale la decisione del Comitato di guerra di inviare complementi « nei limiti del possibile ». Il Ministro degli Esteri Tittoni non aveva fatto precise scelte in merito alla politica albanese dell'Italia e cominciava a divenire evidente la sua tendenza a considerare l'Albania come merce di scambio per la soluzione di altri problemi territoriali che stavano più a cuore. L'accordo fra Tittoni e il Presidente greco Venizelos, firmato il 29 luglio, cedeva alla Grecia Koritza e Argirocastro in cambio del riconoscimento della nostra occupazione in Anatolia. Allo stesso tempo l'occupazione del Montenegro e dell'Albania nordorientale era considerata un valido strumento di pressione su Belgrado per una soluzione favorevole all'Italia della questione adriatica. Anche qui si profilò la possibilità di una cessione al Regno serbo - croato - sloveno della valle del Drin e della città di Scutari. (102) Cfr. quelli relativi alla Dalmazia in RocHAT : occupazioni, ecc. )), cit. (103) P ASTORELLI: op. cit., pag . 134.
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Le notizie di queste trattative, che giungevano in Albania con grande rapidità, creavano sospetti a nostro riguardo e rendevano poco credibile la propaganda italiana basata sulla difesa dell'unità del Paese. La notizia della prevista cessione alla Grecia delle province meridionali fu la causa iniziale di quel conflitto con la popolazione a sud dello Shkumbi che verrà aggravandosi sempre più fino a giungere nell'agosto 1920 alle estreme conseguenze. Fino allora e per tutto il 1919 l'occupazione dell'Albania, nonostante la crescente rarefazione dei presidi, era rimasta piuttosto tranquilla, se si eccettuavano gli attacchi contro le nostre colonne di rifornimenti mossi quasi sempre soltanto dal desiderio di far bottino dei materiali trasportati. La temuta rivolta essadista era stata ridotta a fenomeno di scarso rilievo con mezzi politici indiretti. Ulteriore motivo di ostilità albanese nei confronti dell'Italia fu la richiesta, avanzata ai primi di agosto alla Conferenza di Parigi , di un nostro mandato su un'Albania i cui confini venivano considerati ancora !}On definiti. Chiedere per l'Albania, un Paese del quale era stata riconosciuta fin dal 1913 l'indipendenza e dove restava ancora viva l'eco del proclama del giugno 1917 che faceva dell'Italia lo Stato mallevadore dell'unità e della libertà albanesi, una situazione giuridica quasi coloniale, analoga a quella che si stava stabilendo per le colonie germaniche e per i possedimenti ottomani, era indubbiamente un grave errore. Infatti, entro la fine del 1919 il prestigio del Governo provvisorio di Durazzo, palesemente anche se senza entusiasmo sostenuto dagli italiani, andò sempre più scemando, mentre cresceva la diffidenza dei notabili e delle popolazioni nei confronti della nostra politica e perciò delle nostre Forze Armate. Le conseguenze sul pizno militare non potevano tardare a manifestarsi. Intanto, per effetto dei congedamenti e dell'infierire della malaria nelle zone costiere e meridionali, la consistenza dei reparti italiani in Albania si faceva sempre più ridotta. Sciolto ai primi di settembre il comando del XVI Corpo d 'Armata, che era divenuto causa di inutili complicazioni nell'esercizio del comando da parte di Piacentini, il Ministero della Guerra, che dall'inizio del mese aveva assunto il diretto controllo delle truppe in Albania, decise lo scioglimento anche della Brigata « Trapani ))' al fine di rafforzare le altre unità. Poiché Tittoni insisteva per un più forte presidio del Montenegro e dell'Albania settentrionale, in evidente funzione .amijugoslava, il comando di Valona era riuscito con una certa faci lità ad
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ottenere in agosto l'invio del VI Raggruppamento alpini, comandato dal generale Orlando Freri. Si trattava di una unità abbastanza robusta, di livello organico corrispondente a quello di una Brigata, formata su due gruppi, il 2 ° e il 14°, ai quali appartenevano, rispettivamente, i battaglioni « Dronero >), « Saluzzo >), « In tra » e i battaglioni « Feltre ,,, << Fenestrelle » e « Borgo San Dalmazzo >). Un limitato vantaggio il Comando Truppe d'Albania lo ebbe dalla evacuazione da Càttaro della Brigata « Barletta >>, priva come si è visto del 138° fanteria. L'occupazione in quella regione, come del resto in Montenegro, aveva fra i principali suoi scopi la neutralizzazione degli effetti politici della presenza militare francese, che a sua volta mirava a ridurre la pressione italiana sugli jugoslavi. La reciproca consapevolezza del carattere antagonistico delle due occupazioni aveva portato a frequenti contrasti fra il generale Chiodi , comandante della « Barletta l>, e il generale Tahon, comandante delle truppe francesi. Le richieste di sostituzione dei comand anti erano venute da ambedue le parti, ma sempre senza esito. L'abbandono della base navale da parte dei francesi , avvenuto il 1° agosto, indusse Piacentini a proporre la partenza da Càttaro anche delle truppe italiane. La proposta, nonostante il parere contrario della Sezione italiana del Comitato militare interalleato di Versailles (104), fu accolta e il 137° fanteria, forte di circa 1200 uomini, venne ritirato il 5 ottobre e utilizzato per l'occupazione dell' Albania centrale, fra Tirana ed Elbasani. N onostante l'apporto del VI Raggruppamento alpini e poi del 137° fanteria, il livello degli effettivi restava insufficiente, anche perché la frammentazione in piccoli presidi sconsigliava quegli scioglimenti di unità che avrebbero potuto dare una consistenza maggiore ai reparti residui. La forza delle compagnie di fanteria oscillava in settembre tra venti e quaranta uomini, quella degli squadroni era di trenta uomini e di cinquanta, compresi i conducenti, quella delle batterie da m ontagna. Il fabbisogno di complementi era valutato in oltre ottomila uomini (105). In ottobre, mentre veniva decisa a Roma la partenza per l' Alb~nia della Brigata « Udine >J (95° e 96° fanteria), che era stanziata nelle Puglie, fu necessario sciogliere la Brigata « Tanaro» e molte unità minori delle varie armi. (104) AUSSME, DS Sez. It. Com. Militare Interalleato Versailles. Appunto in data 12 settembre 1919. (105) AUSSME, DS Com. T r. Albania. Prot. 3414, in data 21 settembre 1919, del C.T.A. al Ministero, f.to Garruccio.
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Nello stesso mese si può rilevare un aumento di interesse del Governo per l'occupazione dell'Albania. E' proprio il Ministro Tittoni che chiede ad Albricci un rinforzo delle truppe (106), provocando una risposta che richiama alla necessità di nette e precise decisioni ed alla conseguente assunzione di responsabilità da parte del!'autorità politica (107). Altro sintomo di rinnovata attenzione alle possibilità politiche offerte dall'Albania è l'istituzione a Durazzo di un ufficio I.T.O. , vanamente contrastata da Piacentini. L'ufficio, la cui attività informativa è proiettata verso nord, viene affidato al maggiore Emilio Canevari, che con il falso nome di Paolo Rainich impianta un a impresa di autotrasporti che fornisce la copertura. Il Ministro Albricci conferma però la propria contrarietà ad inviare complementi, vist-0 che il presidio dell'Albania dovrà essere ridotto entro limiti modesti appena !a situazione consentirà di rimpatriare « buona parte >> del corpo di occupazione. Non trae però dal suo rifiuto le necessarie conseguenze, ordinando lo scioglimento di altre unità. Sembra quasi voler lasciare al generale Piacentini la responsabilità di ridurre il numero dei reparti in seguito alla progressiva consunzione della loro forza ( 108). Idee analoghe, anche se espresse in modo più preciso, sono esposte da Diaz, sollecitato dal Ministero a prendere decisioni in merito al tipo di occupazione che deve essere stabilito. Egli suggerisce lo scioglimento di una Brigata e lo spostamento di truppe dal sud al nord. E' evidente quanto pesi sugli orientamenti del Comando Supremo la situazione nella Venezia Giulia, tanto da prevedere una ritirata verso la costa in caso di attacco jugoslavo (109). La situazione politica comincia a peggiorare invece nell'Albania meridionale. Argirocastro e la stessa Valona divengono i centri di un movimento nazionalista che trae alimento dal supposto favore italiano verso le rivendicazioni greche. Il generale Piacentini, più sensibile agli avvenimenti politici nel sud, che conosce meglio e può seguire da vicino, segnala che un accordo con la Grecia sui confini meridionali albanesi, in realtà già stipulato e a lui non reso (106) AUSSME, DS C.T.A. Prot. 36o2, in data 21 ottobre 1919, del Ministero Affari Esteri, f.to Tittoni. (107) AUSSME, DS C.T.A. Prot. 17328, in data 27 ottobre 1919, del Ministero della Guerra al Ministero degli Esteri, f.ta Albricci. (108) AUSSME, DS C.T.A. Prot. 15178, in data 26 settembre 1919, del Ministero della Guerra, f.to Albricci. (109) AUSSME, DS C.T.A. Prot. 3262. in data 4 ottobre 19l9, del C.S. al Ministero della Guerra, f.ta Diaz.
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noto, porterebbe alla perdita di qualsiasi influenza italiana sulla popolazione albanese. Non è possibile non riconoscere al generale Piacentini una notevole preparazione sulla situazione sociale e politica dell'Albania ed una sicura intuizione dei pericoli che ne potevano derivare. Lo dimostra l'ampia relazione da lui indirizzata in novembre ai Ministeri della Guerra e degli Esteri e al Comando Supremo (no). Ancora una volta Piacentini deve ripetere un discorso che non viene raccolto, quello della dipendenza delle soluzioni militari dalle decisioni politiche. Segue una analisi delle prospettive politiche nelle zone a nord e a sud dello Shkumbi, inficiata però da un eccessivo ottimismo circa le ripercussioni nella zona meridionale di un indebolimento dell'occupazione e di atteggiamenti italiani lesivi per la integrità dell'Albania, di cui invece pienamente valuta le conseguenze negative nelle regioni del nord. Rilevata la scarsa rappresentatività del Governo provvisorio di Durazzo, giudizio che sarebbe stato confermato dagh avvenimenti delle settimane seguenti, Piacentini ritiene necessarie per l'occupazione dell'Albania compresa nei confini del 1913 due Divisioni di fanteria ad organici completi, più la Brigata « Udine >> e il 10° bersaglieri. Se l'occupazione dovesse essere limitata alla costa, sarebbe sufficiente una Divisione su tre Brigate, due delle quali destinate al campo trincerato di Valona. Analogamente, l'occupazione di Valona potrebbe essere assicurata da una forza equivalente a una Divisione. Va rilevato come questi progetti non prendano mai in considerazione la possibilità di una insurrezione generale contro gli italiani. Il Ministro Albricci risponde dopo ben quindici giorni alla re-· !azione di Piacentini (rn). Dice di ritenere prossima la soluzione del problema albanese, ma non fa previsioni precise a questo proposito e soprattutto non dà indicazioni sulla scelta fra le tre occupazioni alternative descritte da Piacentini. Conferma l'invio della « Udine », già deciso da oltre un mese, e preannuncia il ritiro della Brigata « Palermo ». Dopo questa deludente risposta, le preoccupazioni di Piacentini non possono non crescere, anche per il timore di un intervento dei greci. A questi era stato riconsegnato il territorio del cosiddetto (no) AUSSME, DS C.T.A. Prot. 9688, in data II novembre 1919. Il promemoria è riportato integralmente in MoNTANARr : op. cit., pag. 323 e seg. (rn) AUSSME, DS C.T.A. Prot. 18818, in data 26 novembre 1919, del Ministero della Guerra, f.to Albricci.
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triangolo epirota », occupato dagli italiani durante la guerra per garantire il collegamento stradale fra Santi Quaranta e Koritza. Inoltre, l'istituzione a Durazzo di un Alto Commissariato italiano, con l'incarico di trattare tutti i problemi politici e amministrativi e di tenere i contatti con il Governo albanese, non era ta1e da piacere al comandante delle truppe, che fino ad allora aveva svolto anche le fonzioni di autorità politica. Ancor meno piacevole deve essere stata la nomina ad Alto Commissario del colonnello Vincenzi e successivamente del colonnello Castoldi. Il nucleo concreto della politica albanese dell'Italia alla fine del 1919 ci è reso noto dalle parole di un telegramma di Nitti al nuovo Ministro degli Esteri Vittorio Scialoja (112). Ecco il compito che gli veniva assegnato: « liquidare presto la questione dei confi ni dell'Albania e ritirare il nostro corpo di spedizione riducendolo al minimo, altrimenti la voragine finanziaria non sarà più contenibile ». Sembra perciò che il compito delle truppe d'Albania si limitasse ad ottenere con la loro presenza la definizione di confini purchessia per il Paese. In queste condizioni sarebbe stato più opportuno rinunciare ad una qualsiasi occupazione. Poste queste premesse, era evidente che la poli tica militare dovesse orientarsi verso una diminuzione dell'impegno, con relativi conteggi delle economie e dei recuperi di uomini , senza badare troppo alle conseguenze e ai risultati politici, comunque troppo costosi se paragonati ai sacrifici compiuti. Alla fine di dicembre si poteva così già prevedere che riducendo l'occupazione al perimetro del campo tri ncerato di Valona si sarebbero potuti recuperare 23.000 dei 33.000 uomini che a quella data erano ancora in Albania (II3). Il Ministro, mentre continua a non scegliere, o a non poter scegliere, fra i diversi tipi di occupazione suggeriti da Piacentini e a non dare indicazioni di politica gener:de, chiede che si incrementi lo scioglimento di comandi, enti e reparti giudicati superflui. Vorrebbe un presidio ridotto a tre Brigate di fanteria, più il V I Raggruppamento alpini. Esclude di poter inviare rinforzi e informa infine che il Governo intende ridurre l'occupazione alla costa e .:Ile più importanti località dell'interno, compito per il quale erano ri«
(112) P ASTORE LLI: op. cit., pag. 191. Telcgr. 5347, in data re dicembre 1919. {n3) AUSSME, racc. CSVU 172. Promemoria al Ministro della Guerra, in data 25 dicembre 1919.
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tenute sufficienti le due Divisioni già sul posto, con gli effettivi attuali (114). Va notato a proposito di questo telegramma che l'occupazione ridotta voluta dal Governo era già in atto a seguito dell'abolizione di molti presidi minori nell'interno e che la sua data è di qualche giorno successiva a quella del promemoria citato in precedenza, che dava già per scontata la ritirata sul campo trincerato di Valona. Da ultimo, anche questo è indice di grave disinformazione, Albricci chiede di sviluppare le milizie e la gendarmeria albanesi, quando quest'ultima era già praticamente sfuggita al controllo italiano. Il generale Piacentini risponde elencando i comandi territoriali sciolti e proponendo il rientro della Brigata « Palermo >l e dei gruppi di obici pesanti campali, ridotti ormai ad una forza presente di trenta uomini, ma opponendosi a quello del 10° bersaglieri, che ha un compito troppo importante nell'Albania meridionale. Fa infine presente l'esiguità degli effettivi delle milizie albanesi, ridotti ormai a circa seicento uomini (n5). Nel mese di gennaio si riunì a Lushnje un congresso nazionale albanese sul quale in nessun modo l'Italia riuscì ad esercitare influenza. F ra contrasti e incertezze, fu dichiarato decaduto il Governo provvisorio di Durazzo. L'atteggiamen to del comando di Valona verso la riunione, che si era subito posta in opposizione all'organismo governativo con il quale si sviluppavano rapporti ufficiali di collaborazione, fu diffidente ma tollerante. L'assemblea di Lushnje nominò diversi organi costituzionali ed un Governo, nel quale era primo ministro Suleiman bey Delvino, che pose la sua sede a Tirana. La gendarmeria albanese si mise prontamente agli ordini del nuovo potere e ne costituì la forza principale, decisiva anche per assicu:are la collaborazione degli essadisti ancora abbastanza numerosi. Intanto, gi unta la Brigata « Udine», era possibile rilevare la « Palermo >> dal presidio del Montenegro, che venne affidato al 96° fanteria. L'altro reggimento della Brigata si stanziò fra Alessio e Scutari, dove diede il cambio al XXXV battaglione bersaglieri che poté così trasferirsi di nuovo nella zona di Himara - Santi Quaranta, all'estremo sud.
(u4) AUSSME, DS C.T.A. Prot. 19787, in data 29 dicembre 1919, del Ministro al C.T.A., f.to Albricci. (u5) AUSSME, DS C.T.A. Prot. 93, in data 7 gennaio 1920.
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La tempesta comincia ad addensarsi sulle truppe italiane d 'Alb.1nia. Piacentini non ne percepisce ancora tutta l'intensità, ma la sente arrivare. Già aveva segnalato al Ministero degli Esteri che il pericolo rappresentato per l'integrità dell'Albania dal forte schieramento di truppe greche in Epiro si traduceva in una crescente ostilità verso l'Italia, sospettata di aver venduto gli albanesi meridionali alla Grecia. Una lettera successiva parla chiaramente di un concreto pericolo di insurrezione generale degli albanesi nel caso che n on venissero assicurate l'unità e l'indipendenza di tutto il Paese, Valona compresa (116). Qualche giorno dopo, a seguito delle notizie provenienti da Parigi e della crescente insofferenza albanese, Piacentini non fa più previsioni, ma constata : « Questo comando ritiene del tutto compromessa influenza italiana in Albania ». Aggiunge la richiesta di essere esonerato dall'incarico (II7). Le forze ai suoi ordini sono ormai ridotte a 18.018 presenti, di cui poco più di un terzo combattenti validi (u8). In queste condizioni, solo un cambiamento politico che faccia riacquistare all'Italia la simpatia o almeno l'indifferenza degli albanesi, ormai generalmente ostili, può risolvere la situazione. L'arretramento sui quattro porti di San Giovanni di Medua, Durazzo, Valona e Santi Quaranta potrebbe ora essere evitato soltanto con l'invio dall'Italia di altre due Brigate (119). Le risposte che giungono da Roma sono alquanto confuse. Si parla del concentramento nei m aggiori presidi, come se fosse cosa ancora da farsi , ma viene chiesto il mantenimento dell'occupazione di tutta l'Albania meridionale. Piacentini cerca di esercitare una mediazione fra i governi di Durazzo e di Tirana, in qualche modo adeguandosi agli ordini di N itti di non prendere posizione né per l'uno, né per l'altro. L a situazione è tale da indurre al ritiro in Valona di tutti gli ufficiali dei carabinieri preposti alla gendarmeria albanese.
(u6) AUSSME, DS C.T.A. Prot. 379, in data 2 0 gennaio 1920, del C.T.A. ai Ministeri degli Esteri e deJJa Guerra ed allo SMRE, f.to Piacentini. (u7) AUSSME, DS C.T.A. Prot. 504, in data 26 gennaio 1920, del C.T.A . ai Ministeri deg li Esteri e della Guerra ed allo SMRE, f.to Piacentini. (118) AUSSME, DS C.T.A. Prot. 617, in data 29 gennaio 1920, del C.T.A. al Min isLero della Guerra, f.to Piacentini. (u9) AUSSME, DS C.T.A. Prot. 706, in data 2 febbraio 1920, del C.T.A. ai Ministeri della Guerra e degli Esteri ed allo SMRE, f.to Piacentini.
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Una relativa calma si ha in marzo, anche perché a Parigi non si erano prese decisioni e tutto sembrava rinviato. L'interesse francese verso l'Albania si attenua. Dopo lo sgombero di Cattaro e del Montenegro, anche il presidio di Scutari, ridotto a circa ottanta uomini, ma sempre al comando del generale de Fourtou, rientra a Costantinopoli. Il battaglione tunisino che .era a Koritza verrà ritirato in maggio. I pochi soldati britannici che erano rimasti a Scutari con il generale Philips lasciano la città in aprile. Il Governo di Tirana fa conoscere a Piacentini il proprio interesse all'occupazione italiana dell'Albania settentrionale, evidentemente per tenere in rispetto eventuali infiltrazioni jugoslave. Sembra invece che al nostro Ministero degli Esteri ci si auguri una avanzata dei serbo - croato - sloveni, che ci darebbe un'arma diplomatica nei confronti degli alleati per la soluzione della questione adriatica. Piacentini, al contrario, segnala a Roma che ha dato ordine di opporsi ad eventuali avanzate « serbe » ovunque i rapporti di forza lo consentano. Nitti gli risponde chiedendo di evitare in qualunque modo l'uso delle armi, dato che un conflitto sarebbe nocivo agli interessi italiani Si esclude comunque un attacco « serbo » (120). Il comando di Valona si limita a disporre che sia effettuata soltanto la diretta difesa dei presidi eventualmente attaccati. Il Ministro Bonomi si allinea sulle posizioni del Presidente del Consiglio, ma entrambi non si assumono la responsabilità di dare disposizioni riguardanti la sorte dell'occupazione in Albania. Bonomi telegrafa che « est assolutamente necessario evitare ogni possibile causa conflitto fra truppe nostre et serbe a Scutari ». A Scutari, come si è visto, non ci sono cc serbi », ma se giungesse loro notizia di questo atteggiamento italiano potrebbero forse decidere di andarci. All'inizio di aprile lo schema dell'occupazione italiana in Albania è basato a nord sulla r3"' Divisione, ridotta alla Brigata « Udine », per metà in Montenegro, al VI Raggruppamento alpini su sei battaglioni, a tre battaglioni di manovra costituiti con personale proveniente da reparti disciolti o rientrati e a due gruppi di artiglìeria da montagna, il XL e il XLI. A sud, la 36" Divisione può contare su quel che resta delle Brigate << Puglie >> e << Verona », sui tre battaglioni del 10° bersaglieri e su un gruppo da montagna, il LIV. N on possiamo dimenticare che dietro queste denominazioni (120) AUSSME, DS C.T.A. Prot. 163, in data stero degli Esteri al C.T.A., f.to Sforza.
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di reparti stanno effettivi estremamente scarni, ormai abbastanza vicini in totale ai diecimila uomini che erano ritenuti necessari per la difesa del solo campo trincerato di Valona. Il 6 aprile si riunisce nuovamente il Comitato di guerra per discutere la situazione in Albania. Bonomi propone il riconoscimento del Governo di T irana e la ritirata alla costa. Invece il Comitato nomina un nuovo Alto Commissario, il colonnello Castoldi, e subordina la decisione sulla ritirata all'esito dei suoi contatti con gli esponenti di Tirana. Viene infine ribadito che tutti i rapporti politici italo- albanesi debbono passare attraverso l'Alto Commissario e che l'amministrazione di Valona deve esere completamente separata da quella del resto dell'Albania (121). Proprio dopo i primi contatti fra Castoldi e Delvino hanno inizio gli incidenti fra popolazione albanese e truppe italiane. Il comando di Piacen tini, che già in febbraio aveva predisposto e diramato i piani per la ritirata sui quattro porti principali, programma ora l'abbandono di tutta l'Albania, salvo la zona di Valona, da effettuarsi gradualmente in tre fasi. Ad operazioni ultimate, resteranno in questa località la Brigata « Udine », un gruppo di artiglieria da montagna e le aliquote dei servizi ritenute indispensabili. Dopo una crisi dovuta ai contrasti con gli essadisti, il Governo di Tirana continua ad affermarsi, grazie in particolare all'apporto della gendarmeria che sta divenendo, specie nel sud, il nucleo di coagulo della latente insurrezione antitaliana. Il contegno sempre più ostile della gendarmeria, che attribuisce al sacrificio dell 'unità e dell'indipendenza albanesi, induce Piacentini a sollecitare a metà aprile il Governo perché conceda l'autorizzazione per il ripiegamento. Passano altri giorni di attesa, utilizzati per lo sgombero dei malati e dei non molti materiali trasportabili. Il 26 aprile il Ministero degli Esteri, a nome del Presidente del Consiglio, ordina e addirittura sollecita la ritirata (122). Nello stesso dispaccio viene chiesto il mantenimento dell'occupazione del Montenegro e di Scutari. Il giorno dopo, Bonomi fa conoscere la sua adesione all'ordine di N itti. I piani di evacuazione già predisposti iniziano ad avere attuazione il 1° maggio. Il ripieg2mento avviene in ordine e senza incidenti, salvo un attacco al III battagl ione del 95° fanteria sferrato a Kalmeti, nella (121) PASTORELLI: op. cit., pag. 333· (122) AUSSME, DS C.T.A. Prot. 289, m data 26 aprile 1920, del Ministero degli Esteri, f.to Sforza.
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parte settentrionale del Paese. Il IO maggio l'operazione può considerarsi ultimata. Nella zona di San Giovanni di Medua sono il 95° fanteria, il 14° gruppo alpini e il L gruppo di artiglieria da montagna; a Durazzo il 2° gruppo alpini e il XLI da montagna. La Brigata « Puglie » è a Tepeleni e Delvino, considerati avamposti del campo trincerato, la « Verona » nella zona intorno a Valona, il 10° bersaglieri lungo la costa meridionale fino a Himara e Porto Palermo. Forse per timore che la ntuata possa continuare per inerzia, Bonomi telegrafa che ulteriori ripiegamenti possono avvenire solo per ordine del Governo ( 123). A partire dal 17 maggio, irregolari albanesi capeggiati da gendarmi insorgono nella zona di Tepeleni. Benché prevedesse da tempo tale possibilità, il generale Piacentini sembra sorpreso da questo avvenimento. Fa subito dirottare la nave << Berenice)> che stava trasportando da Durazzo a Bari i battaglioni alpini « Dronero » e « Saluzzo », dopo che altri reparti del VI Raggruppamento erano già rientrati in Italia, e fa sbarcare a Valona i quattrocento uomini che li componevano. La stessa sorte subisce il battaglione « Intra ». La decisione provoca un più che comprensibile malcontento tra gli alpini, tanto che qualche loro ufficiale dubita della opportunità di impiegare i reparti. In realtà, nei combattimenti dei giorni successivi, il << Dronero >) e il « Saluzzo >> si comportarono ottimamente. Una richiesta di Piacentini al Ministero per l'invio a Valona di un'altra Brigata non viene per il momento accolta. Il Comando Truppe Albania può contare intorno a Valona su tre reggimenti di fanteria, 1'85°, 1'86° e il 72°, o meglio su quel che ne rimane, poiché contano complessivamente ottocento uomini, e su una batteria da montagna. Va notato però che questi reparti disponevano di ben 34 sezioni di mitragliatrici che avrebbero potuto, se utilizzate con accortezza, dare una certa sicurezza nei confronti di 1500 insorti privi di armi automatiche. Sulla costa meridionale, il 71° fanteria e il 10° bersaglieri contavano settecento uomini e sedici sezioni mitragliatrici, mentre circa duecento uomini della cc Puglie » erano a Tepeleni, pressoché isolati. Il generale Piacentini continua a chiedere aiuti al Ministero, ora anche aerei e autoblindo, ma è contrario a seguirne le indicazioni riguardanti l'abbandono di Himara e di Santi Quaranta. Ormai egli si sta orientando per l'alternativa fra una occupazione ve(123) AUSSME, DS C.T.A. Prot. 9390, in data 13 maggio 1920.
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ramente forte e l'abbandono totale dell'Albania, alternativa cne sembra oggi la più razionale, ma comportava decisioni che a Roma nessuno si sentiva di prendere. Poco prima di lasciare l'incarico 21 successore, Bonomi dispone per l'invio a Valona di due aerei da bombardamento Caproni da 450 H P. Fino allora l'aeronautica non aveva trovato in Albania quell'impiego che la n atura del terreno e la scarsità di vie di comunicazione avrebbero dovuto suggerire.:. Il nuovo Ministro, Giulio Rodinò, appena iniziato il suo brevissimo mandato, autorizza l'avvio della seconda fase del piano di ripiegamento, vale a dire l'abbandono dei porti centro - settentrionali, il trasporto della Brigata << Udine » a Valona e il rientro in Italia del 10° bersaglieri, del 71° e dell'85° fanteria e di altre unità minori (124). Uniche varianti sono il mantenimento di una base protetta a San Giovanni di Medua per il rifornimento del presidio di Scutari, che viene rinforzato con una sezione di artiglieria da monta~na,. e un distaccamento a Durazzo, ove ha sede l'Alto Commissario. Gli ordini conseguenti, diramati lo stesso giorno, portano alla frantumazione della « Udine », la Brigata sulla quale si contava per l'occupazione permanente di Valona. Il comando viene posto a San Giovanni di Medua, dove sono stanziati il III battaglione del 96° fanteria e due compagnie mitragliatrici. Il I e il lI battaglione di questo reggimento restano nei presidi montenegrini, mentre il 95° ha il I battaglione a Scutari, il II a Valon a e il III a Durazzo. A Valona si fa ogni sforzo per concentrare i reparti che sono ridotti ad effettivi talmente esigui da impedirne il proficuo impiego. Le Brigate « Puglie » e « Verona » vengono ridotte ad un battaglione ciascuna, altrettanto viene disposto per il 10° bersaglieri. I ere battaglioni costituiscono un gruppo di manovra agli ordini del comando dell'86° fanteria. Il 2° gruppo alpini è tenuto in riserva in attesa di essere rimpatriato appena possibile. Le milizie albanesi, che erano rimaste a Delvino, si pongono agli ordini del Governo di Tirana e gli ufficiali italiani che le comandavano sono costretti a tornare a Valona. Forse anche per questa ultima delusione, d atagli da uomini che avevano valorosamente combattuto per l'Italia e sui quali egli contava per affermare una (124) AUSSME, DS C.T.A. Prot. rno50, in data 26 maggio 1920, del Ministero della Guerra al C.T.A., f.to Rodinò.
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stabile influenza italiana su un'Albania indipendente, Piacentini si accorge che la situazione diviene « sempre più torbida». Frattanto si era costituito un Comitato di difesa nazionale della regione di Valona che, in collegamento con il Governo di Tirana, dava agli insorti un indirizzo politico. Il 4 giugno, il Comitato di guerra tratta nuovamente la questione albanese, ma in modo inadeguato alla gravità della situazione politico - militare. Si pensa ancora di occupare con la sola Brigata « Udine » il campo trincerato di Valona, Scutari, San Giovanni di Medua e perfino Santi Quaranta, come se la popolazione e il Governo albanesi fossero amici o indifferenti nei nostri riguardi e non sulla via dell'insurrezione (125). Il 6 giugno viene dato da Roma l'ordine di sgombrare il Montenegro per recuperare i due battaglioni che erano ad Antivari, Dulcigno e Virpazar. Piacentini chiede aiuti in continuazione, anche alla Marina che aveva fatto rientrare l'incrociatore « San Giorgio», fino allora stazionario nella baia di Valona. Lo stesso giorno il campo trincerato viene assalito da cinque o seimila armati. Alcuni presidi esterni sono sopraffatti. A seguito di questi avvenimenti il Governo sembra prendere finalmente coscienza della gravità della situazione. Ordina il trasporto a Valona della Brigata « Piacenza » ( r II e II2° fanteria), che è nelle Puglie, di tre battaglioni del reggimento d'assalto e ·della 15a squadriglia autoblindomitragliatrici, che sono in Friuli. Rodinò ordina lo sgombero di Santi Quaranta. Intanto, l'rr giugno l'unico aereo disponibile accerta che i distaccamenti avanzati di T epeleni e di Dasciai sono stati sopraffatti, così come è avvenuto, dopo accanita e fermissima resistenza, di quelli di Giorni e di quota II5. Anche il piccolo presidio di Passo Logorà, tenuto dal XXXV battaglione bersaglieri, è distrutto. I pochi superstiti vengono tutti fucilati. · Un certo sollievo è dato ai difensori dall'arrivo della « Piacenza >> , che dispone però complessivamente di millecinquecento uomini, dei due battaglioni dal Montenegro e dell'incrociatore « San Marco ». La partenza del reggimento d 'assalto da Trieste dà luogo a gravi scontri con gruppi di estremisti, ma è accertato che fra i dimostranti contro la partenza sono anche una sessantina di arditi. 0
(125) AUSSME, DS C.T.A. Prot. 10691, m data 4 giugno 1920, del Ministero della Guerra al C.T.A., f.to Rodinò.
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Un po' in tutta Italia si svolgono manifestazioni socialiste contro l'occupazione dell'Albania. Il Ministro degli Esteri ha un soprassalto di energia e sospende le trattative fra Castoldi e gli esponenti di Tirana finché dura l'insurrezione. Scialoja telegrafa: « Ciò che ora importa è il ristabilimento della situazione e l'esemplare punizione dei ribelli» . La base navale di Valona, ove al moménto del bisogno sono così poche navi, è considerata dal Ministro degli Esteri « nostro essenziale interesse adriatico, cui pertanto deve subordinarsi la nostra politica albanese e non viceversa » (126). Il generale Piacentini ha ormai chiara l'idea di aver contro non soltanto qualche migliaio di insorti, ma tutta l'Albania. Davanti al perimetro difensivo di Valona, lungo circa venti chilometri, il numero degli armati cresce sempre, mentre il suo comando dispone soltanto di quasi tremila combattenti. Rodinò, disposto ora anche allo sgombero di Scutari, cui è sempre contrario Sforza, ritiene a metà giugno che la situazione si sia stabilizzata. Chiede a Piacentini quali mezzi consideri necessari « per azione offensiva che ristabilisca nostra supremazia» (127) e dispone la partenza per Valona, poi annullata, del 1° gruppo alpini. Il 16 giugno giungono a Valona i 1700 uomini del reggimento d'assalto, battaglioni IX, XX e XXII, agli ordini del generale De Gaspari, e la 15" squadriglia autoblindo. Sembra ora possibile una sia pur limitata azione offensiva. All'alba del 19 viene effettuata una ricognizione in forze con gli arditi e gli alpini, ma l'impresa non va troppo bene e dopo un successo iniziale occorre ordinare la ritirata. Gli alpini, nei quali si era avuta scarsa .fiducia, si comportano in combattimento meglio degli altri reparti. Al Gabinetto Nitti succede quello Giolitti. Ivanoe Bonomi torna Ministro della Guerra. Telegrafa subito a Piacentini che il Governo intende che « sia garantito ad ogni costo il possesso di Valona et che debba essere ripristinato il nostro prestigio militare mediante una vigorosa azione militare tendente ad imporre la cessazione delle ostilità e la resa dei prigionieri » (128). Scrive anche che ritiene eccessivo un perimetro di venti chilometri e che occorre procedere al (126) ALATRI: op. cit., pag. 476. Prot. 493, in data r2 giugno 1920, di Scialoja a Castoldi. (1 27) AUSSME, DS C.T.A. Proc. 11460, in data 14 giugno 1920, del Ministero della Guerra al C.T.A., f.to Rodinò. (128) AUSSME, DS C.T.A. Prot. u 756, in data 19 giugno 1920, del Ministero della Guerra al C.T .A., f.to Bonomi. Questo telegramma smentisce quel che è affermato da G1ou TT1: op. cit., pag. 569.
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riordinamento delle unità presenti e far rientrare in Italia il personale non necessario. Con l'avvicinarsi dell'estate, la malaria, endemica lungo le coste albanesi, sale verso il suo massimo stagionale. Già a giugno solo 230 uomini del 2 ° gruppo alpini sono ancora validi. Nei giorni seguenti si avranno quotidianamente più di cento ricoveri in ospedale per stato febbrile acuto, mentre sono colpiti dal male con varia intensità due terzi degli uomini presenti. In queste condizioni, per tenere a numero i settemila presenti a Valona occorrono mille complementi ogni quindici giorni. Il progetto di Piacentini prevede la costituzione di quattro reggimenti provvisori di novecento uomini ciascuno, da tenere due in linea e due a riposo. Il reggimento d'assalto costituirebbe la massa di manovra centrale. L'artiglieria sarebbe rappresentata da cinque batterie da montagna. Intanto, la difesa di Valona, sotto la responsabilità del generale Emanuele Pugliese, comandante della 36" Divisione, è suddivisa in due settori, uno a nord affidato al colonnello brigadiere Tellini e uno a sud agli ordini del generale De Luca. Nonostante questa sistemazione del fronte difensivo, che dà un po' di respiro e tiene in rispetto per un certo tempo gli assalitori, Piacentini non si fa illusioni riguardo alla possibilità di azioni offensive, molto onerose e capaci anche di procurare complicazioni internazionali. La soluzione del problema è un'altra, ed è proprio un militare a doverla suggerire ai politici di Roma : « noi non potremo conservare e migliorare la nostra posizione sulla sponda orientale adriatica se non agiremo in pieno accordo col popolo albanese » (129). In Italia l'opposizione contro l'invio di nuove truppe in Albania diveniva sempre più violenta e minacciosa. Si proclamavano scioperi ferroviari per impedire i movimenti dei reparti e si svolgeva fra le truppe una propaganda che spesso diveniva istigazione all'insubordinazione. Si ·ebbero così, oltre a quelli di Trieste, gravi episodi di ribellione. Ad Ancona, nella caserma dell' II bersaglieri, il 26 giugno, e nel porto di Brindisi a bordo di un piroscafo che trasportava da Trieste a Valona un reparto di arditi, tre giorni dopo, si verificarono vere e proprie insurrezioni, anche se limitate per numero di partecipanti. 0
(129) AUSSME, DS C.T.A. Prot. 4052, in data 20 g iugno 1920, del C.T.A. al Ministero della Guerra, f.to Piacentini. 12. - Gallinari
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In Parlamento, il Governo fu indotto a dare assicurazione che non sarebbero stati mandati in Albania ulteriori rinforzi, pur senza decidere lo sgombero. Si trattava di una condanna a lenta morte per l'occupazione di Valona che, privata di rinforzi, sarebbe stata eliminata dalla malaria prima ancora che dagli insorti. Era la decisione peggiore che si potesse prendere in quel momento. A fine giugno anche lo Stato Maggiore dell'Esercito, fino ad allora tenutosi estraneo ai rapporti fra comando di Valona e Ministero, telegrafa annunziando che sono stati messi a disposizione altri mezzi aerei, sei Caproni, otto SVA e due dirigibili che faranno base a Valona o a Brindisi. Con scarso senso della situazione politico - militare, ed anche delle caratteristiche tattiche dello scontro con un avversario rado e sfuggente quale erano le bande di insorti, il Capo di Stato Maggiore chiede a Piacentini se ritiene opportuno l'uso di gas asfissianti (130). Piacentini risponde rifiutando, ma chiede altri aerei, rendendosi conto troppo tardi della grande utilità dell'aeronautica nelle condizioni in cui si trovavano gli italiani in Albania. I bombardamenti aerei su centri abitati, cui è ora favorevole Piacentini, incontrano però l'opposizione prima di Castoldi e poi di Bonomi. Il 1° luglio giunge a Valona il barone Aliotti, ministro plenipotenziario, incaricato di .concludere un accordo con il Governo di T irana. Piacentini ha avuto notizia ufficiale della decisione di sospendere l'invio di complementi soltanto indirettamente dal generale Santini, capo dell'Intendenza A. M. di Taranto, quando già i giornali ne parlano da qualche tempo. Ne muove implicito rimprovero al Ministro, cui dichiara di non poter più garantire il possesso di Valona. Conclude con amarezza: « Questo Comando non crede aggiungere altro ma est facile comprendere come il suo stato d'animo non sia quale dovrebbe essere, tenuto anche conto delle menzogne e delle insinuazioni che hanno imperversato nella stampa e che non hanno trovato risposta aut smentita efficace in chi solo aveva il diritto di farlo » (131). Bonomi risponde che « situazione Paese non consente per ora invio chiesti rinforzi» ed aggiunge parole che vorrebbero essere di conforto e di incoraggiamento. Il 6 luglio il Ministro telegrafa di nuovo. « Tentativi invio rinforzi provocherebbero sciopero generale et dimostrazioni popolari con (130) AUSSME, DS C.T.A. Prot. 3132, in data 25 giugno 1920, dello SMRE al C.T.A., f.to Badoglio. (131) AUSSME, DS C.T.A. Prot. 4280, in data 2 luglio 1920, del C.T.A. al Ministero della Guerra, f.to Piacentini.
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grave nocumento stessa compagine Esercito italiano che occorre non mettere a dura prova » (132). Promette l'invio di ufficiali, che a Valona sono invece troppi, circa cinquecento per settemila uomini in totale, e di volontari, che si vanno raccogliendo in varie città. Informa che Aliotti è incaricato di trattare una tregua. In caso di insuccesso, sarà opportuno studiare un piano di reimbarco, conservando le penisole che cingono la baia e l'isolotto di Saseno. Spera tuttavia che l'operazione possa essere ancora risparmiata. Anche San Giovanni di Medua viene evacuata, lasciando praticamente isolato il presidio di Scutari che Piacentini vorrebbe sgomberare, ma che invece resterà indisturbato, unica presenza militare italiana in Albania, ancora per molti mesi. Qualche aiuto era giunto nel frattempo a Valona. Tra questi il 264° fanteria « Gaeta » dalla Dalmazia ed una compagnia di volontari reclutati a Palermo, che non dà però buona prova e viene subito rimpatriata. Un migliaio di uomini di quel corpo di occupazione dovrebbe giungere da Rodi. Il 23 luglio i combattimenti riprendono con una battaglia fra Kanina e Babitza che dura otto ore. Gli insorti schierano anche qualche pezzo di artiglieria. Finalmente, il 3 agosto il Ministero della Guerra dà notizia dell'imminente firma di un accordo che prevede l'evacuazione di Valona. Poche ore prima il plenipotenziario italiano, che è ora il conte Manzoni, aveva già informato Piacentini della stipulazione dell'accordo. Gli insorti che accampavano intorno a Valona lo sapevano dalla sera precedente. Non resta ormai che organizzare il reimbarco degli uomini e di quei materiali che è possibile trasportare. Entro la fine di agosto le truppe d'Albania avevano fatto ritorno in Italia. Ancora una volta l'Esercito aveva portato il peso più grave di una politica che non sapeva né volere, né rinunciare.
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LE
TRUPPE
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FIUME.
Agli inizi del 1920 le truppe dipendenti dal Comando Generale della Venezia Giulia continuano a ridursi per effetto dei parziali congedamenti di classi e per il ritorno in Paese di altre unità, come le Brigate « Ancona », « Firenze », << Padova », « Piacenza », « Sesia ». Vengono sciolti i comandi dei Corpi d'Armata XXII, XXVI (132) AUSSME, DS C.T.A. Prot. 13815, in data 6 luglio 1920, f.to Bonomi.
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e XXVIII e delle Divisioni 53", 60°', 78" e r" d 'assalto. Restano mobilitate le Divisioni 45" e 77", cui è affidato il blocco di Fiume. Il comando della 52" Divisione viene lasciato a disposizione per essere trasformato in comando del nuovo Settore di Udine. Rientrano anche due reggimenti di artiglieria da campagna, dodici gruppi da montagna e dieci pesanti campali, due batterie controaerei, tre battaglioni zappatori e sei compagnie telegrafisti. In complesso, i rientri riguardano circa 12.000 uomini. L'organizzazione delle truppe della Venezia Giulia era nel mese di gennaio 1920 quella che risulta dall'elenco seguente :
In Carinzia: Brigata « Piemonte », 1" squadriglia autoblindomitragliatrici, VI gruppo da montagna. Nel Friuli orientale in riserva: Raggruppamento d'assalto (1° bersaglieri, 1° gruppo d'assalto, XI battaglione ciclisti, 15"' squadriglia autoblindomitragliatrici), 14° e 21° raggruppamento artiglieria pesante campale, VII battaglione zappatori, III battaglione pontieri. Zona Gorizia: Settore Tarvisio (I e II Raggruppamento alpini, 10·' raggruppamento artiglieria da montagna, VIII gruppo da montagna, XI battaglione zappatori, 103" compagnia telegrafisti); Settore Gorizia (Brigate « Como» e « Bergamo» , 7° reggi mento artiglieria da campagna, XC battaglione zappatori, 125" compagnia telegrafisti); V e IX gruppo obici pesanti campali; 16" squadriglia autoblindomitragliatrici. Zona Trieste: Settore Trieste (Brigate « Casale » e « Catanzaro », 6° artiglieria da campagna, LXIII battaglione zappatori, 138" compagnia telegrafisti); 45.. Divisione (Brigate « Regina >> e « Lombardia », 17° artiglieria da campagna, XLII gruppo obici pesanti campali, LXXX battaglione zappatori, 145" compagnia telegrafisti); 77"" Divisione (Brigate « Bologna » e « Ferrara », 5" squadriglia autoblindomitragliatrici, 34° artiglieria da campagna, VI gruppo obici pesanti campali, LVIII battaglione zappatori, 33" compagnia telegrafisti);
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16° raggruppamento artiglieria pesante campale; 4 e t' squadriglia autoblindomitragliatrici; LIII gruppo da montagna; 145° reggimento fanteria « Catania »; 5° reggimento bersaglieri. 3
Con la costituzione del Settore di Udine, poteva poco dopo attuarsi anche in Venezia Giulia il nuovo ordinamento dell'Esercito, che prevedeva tre Corpi d'Armata in più rispetto alla struttura prebellica, nati dalla trasformazione delle Zone di Trento, Trieste e Gorizia, ciascuno su due Divisioni nate da altrettanti Settori. La situazione intorno a Fiume era abbastanza tranquilla, ma continuava a verificarsi qualche colpo di mano dei legionari dannunziani contro depositi militari. Proseguiva lo stillicidio dei passaggi a Fiume di singoli militari o di piccoli gruppi , ma erano ormai abbastanza numerosi anche i rientri. In genere, quando ad essi non potevano essere rivolti addebiti di competenza dei tribunali, i militari provenienti da Fiume erano avviati nel territorio della Zona Trento, ove venivano sottoposti a speciale vigilanza. Nel mese di gennaio il Ministro della Guerra torna a segnalare a Caviglia, Millo e Piacentini il pericolo di attacchi jugoslavi. Il comandante della Venezia Giulia risponde che « non crede probabile >> una tale evenienza, salvo in caso di ulteriore peggioramento della situazione interna (133). Due giorni dopo Caviglia fa conoscere ai comandi dipendenti il suo concetto di azione in questa eventualità, pur premettendo che ritiene improbabile un attacco, a causa delle difficoltà interne jugoslave. Le reazioni avverrebbero a livello di Zona o di Settore e, per la nostra povertà di mezzi, non potrebbero puntare al di là della linea Klagenfurt - Krainburg (Kranj)- Lubiana - Gottschee - Fuzine - Del. Obiettivo delle reazioni potevano essere pegni territoriali o rapide e brevi incursioni (134). In seguito, Caviglia scriverà della sua propensione per rapidissimi raid di rappresaglia affidati alla Brigata di riserva (135). Nonostante lo scioglimento di molti reparti e il recupero di personale e mezzi da quelli che rientrano, le truppe della Venezia (133) AUSSME, DS Com. Gen. Truppe Ven. Giulia. Prot. 1510, in data 21 gennaio 1920, f.to Albricci, e risposta di Caviglia, stessa data, prot. 7877. (134) AUSSME, DS C.C.T.V.G. Prot. 7934, in data 23 gennaio 1920, f.to Caviglia. (135) CAv1cuA : « Il conflitto di F iume », cit., pag. 183.
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Giulia sono molto lontane da una perfetta efficienza. I sei gruppi pesanti campali hanno bisogno, per rendere mobile un terzo soltanto delle loro batterie, dell'invio di sessanta autocarri pesanti. Dei 151 aerei in servizio, ripartiti in quindici squadriglie, potrebbero prendere il volo, soprattutto per mancanza di piloti, soltanto 32 caccia, 5 bombardieri pesanti, IO leggeri e 20 ricognitori, cioè meno della metà (136). Tuttavia, Caviglia si oppone ad una ulteriore riduzione dei reparti che consentirebbe una concentrazione di uomini e di mezzi. Gli autocarri rimasti disponibili non consentono il trasporto contemporaneo di più di un reggimento di fanteria. Non è migliore la situazione dei reparti nelle immediate retrovie. Quando sarà necessario inviare nella penisola istriana, che diveniva sempre più inquieta, qualche unità di cavalleria, il reggimento « Genova », di stanza a Pordenone, non potrà fornire più di uno squadrone. Sarà necessario spostare da Santa Maria Capua Vetere un gruppo squadroni dei « Cavalleggieri Umberto I» . . L'atmosfera sostanzialmente pacifica del blocco di Fiume, un blocco che non esclude l'invio di viveri e di altri materiali alla popolazione e agli stessi reparti dannunziani, è turbata dal grave episodio del rapimento del generale Nigra, comandante della 45a Divisione, particolarmente inviso ai legionari fiumani a causa del suo serio impegno per il rispetto della disciplina, posto a confronto col più molle atteggiamento del generale Castelli, comandante della « Regin a >> (137). Nella notte sul 27 gennaio i fiumani, informati da un loro agente nel comando di Trieste del rientro di Nigra alla sua sede di Susak, tesero un agguato in un tratto di strada poco vigilato a nord di Fiume. Furono necessarie trattative e minacce di inasprimento del blocco per ottenere, il 9 febbraio, la liberazione del generale. Caviglia dovette adoperarsi per calmare gli animi dei suoi dipendenti, desiderosi di immediate rappresaglie. Un suo proclamaJ che pure invocava la pazienza, si concludeva con queste parole: « Voi sapete che io parlo poco, ma che mantengo le promesse : ebbene metteremo a posto tutto » (138). (136) AUSSME, DS C.G.T.V.G. Prot. 8595, rn data 12 febbraio 1920, al Ministero della Guerra, f.to Caviglia. (137) AUSSME, racc. CSVU 58. Prot. 9408, in data 3 marzo 1920, al Ministero della Guerra, f.ta Caviglia. Nella lettera si elogia il fermo atteggiamento di N igra. (138) AUSSME, DS C.G.T.V.G., a!Ja data dell'8 febbraio 1920.
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A metà febbraio, il previsto rientro in zona territoriale della Brigata « Regina», che costituiva a Susak e nella valle del Récina un cuscinetto fra Fiume e il territorio del Regno serbo - croato - sloveno, diede luogo a qualche preoccupazione, poiché l'unità era considerata particolarmente ricettiva alla propaganda dannunziana. Il movimento si svolse invece in perfetto ordine, senza defezioni o incidenti. La cattura da parte dei legionari di una maona rimorchiata carica di militari del I battaglione del 9° fanteria e di altri reparti, che si spostavano via mare da Martinscizza a Volosca, si risolse in una conferma della solidità e della fedeltà della Brigata. Costretti con la forza a sbarcare nel porto di Fiume e sollecitati in vari modi a restare con D'Annunzio, gli ufficiali e i soldati, salvo pochissimi, insistettero per raggiungere il proprio reggimento ed i fiumani dovettero, alla fine, assecondarli. Di questa differenza fra l'effettiva realtà e la cattiva fama che circondava la « Regina >>, Caviglia mosse duro rimprovero al generale Castelli e al generale Sailer, comandante della Zona Trieste, accusandoli di aver coperto con l'asserita mancanza di fiducia in quella unità la loro incertezza e la loro deficiente azione di comando (139). Come conseguenza, il generale Sailer fu sostituito nel comando dal generale Giacinto Ferrero. Una recrudescenza di defezioni si verificò invece nella Brigata « Bergamo », da poco inserita nella linea del blocco. Forse anche per questo motivo, il Ministero stabilì che i militari di ritorno da Fiume, anziché nel Trentino, dovessero d'ora in poi essere avviati sotto scorta in Sardegna. In marzo il Ministero chiede a Caviglia una riduzione di forza di trentamila uomini, sui 106.000 effettivi, cui il comandante della Venezia Giulia cerca ·di opporsi nella misura del possibile. Come conclusione, anche a seguito del congedamento parziale della classe 1897, quasi tutte le Brigate vengono portate a quattro battaglioni più due quadro. Furono anche sciolte tutte le compagnie mitragliatrici di Brigata. Quelle di battaglione vennero ridotte a due sole sezioni. Vennero anche abolite le sezioni pistole mitragliatrici. Anche tre battaglioni alpini vennero sciolti o ridotti a battaglione quadro. La riserva di artiglieria fu portata a due soli gruppi autopor-
(139) AUSSME, DS C.G.T.V.G. Prot. 9517, in data 8 marzo 1920, al Ministero e prot. 9204, in data 28 febbraio 1920, al gen. Sailer, entrambe f.te Caviglia.
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tati. Un lieve aumento di forza derivò dallo scioglimento di alcuni reparti arditi territoriali dai quali vennero tratti complementi per il reggimento d'assalto, nuova denominazione del 1° gruppo d'assalto. I complementi vennero riuniti in un nuovo battaglione che prese il numero distintivo di IX. Motivi di opportunità portarono in aprile allo scioglimento del comando della 77" Divisione. Nonostante tutte queste riduzioni, Caviglia può valutare il rapporto di forza con gli jugoslavi in sette a quattro per la fanteria e uno ad uno per l'artiglieria. La situazione in Venezia Giulia destava qualche preoccupazione aggiuntiva per la opposizione al dominio italiano che veniva accentuan dosi nellé zone abitate in prevalenza da sloveni o da croati, specie in Istria, ove la situazione era particolarmente inquietante a Pola. In Friuli non mancarono anche incidenti fra arditi e socialisti. Forse incoraggiati proprio dalle nostre difficoltà interne, i legionari fiumani ripresero le loro incursioni. Particolarmente rilevante per le sue conseguenze fu il sequestro di 46 cavalli del VI gruppo obici pesanti campali avvenuto nella notte sul 19 aprile a Cava Preluca, nella zona di Volosca. L'episodio diede luogo ad un contrasto, assai più duro di quello seguito al rapimento del generale _Nigra, che portò anche all'interruzione della linea ferroviaria e di quelle telefoniche per Fiume. I fiumani furono alla fine costretti a restituire i cavalli e le comunicazioni con la città vennero ripristinate. L'applicazione dell'ordinamento Bonomi portò in Venezia Giulia all'istituzione del 5° Corpo d'Armata, con sede a Trieste, e delle Divisioni di fanteria 10" (Trieste), II" (Gorizia) e 12" (Pola). Anche la Divisione di cavalleria, territorializzata con sede a Udine, venne posta alle dipendenze del Comando Generale della Venezia Giulia. Essa aveva però nella giurisdizione di questo un solo reggimento, i « Cavalleggieri di Monferrato» (13°). La regione di Tarvisio, pur restando sotto il controllo del Comando Generale, fu assegnata alla 3" Divisione alpina di Treviso, dipendente dal Corpo d 'Armata di Bologna. Quando in giugno giunse dal Ministero l'ordine di inviare a Valona il Raggruppamento d 'assalto, in realtà si intendeva far riferimento al reggimento d'assalto, Caviglia clùese l'autorizzazione di far par6re la Brigata « Bergamo », da lui considerata « poco fida riguardo Fiume », come testimoniava il gran numero di defezioni verificatosi nelle sue file, e suggerì di far partire l'unità dal porto
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di Venezia, ritenuta città più tranquilla, anziché da Trieste (140). Contemporaneamente inviò un altro telegramma al Presidente Nitti per spiegargli i motivi per i quali intendeva trattenere in Venezia Giulia il reggimento d'assalto. Concludeva con la previsione che la notizia della partenza per Valona avrebbe provocato defezioni fra gli arditi. Come si è visto, le sue preoccupazioni erano almeno parzialmente fondate (141). Meno fondata si dimostrò l'opinione di Caviglia che i dissensi interni alla popolazione e alle truppe fiumane sarebbero giunti ad un punto tale da determinare la fine dell 'impresa. In aprile egli pensava che un provvedimento di clemenza nei confronti dei militari passati a Fiume sarebbe stato sufficiente per indurre quasi tutti al rientro. Tuttavia, in una lettera a Nitti e Bonomi (142) non riteneva possibile, se non si voleva pregiudicare la futura disciplina dell'Esercito, una assoluzione generale. La proposta di Caviglia era a metà strada fra la severità e il perdono. Prevedeva il collocamento nelle categorie in congedo degli ufficiali in S. A. P. e il congedamento senza premio degli ufficiali di complemento e della truppa, salvo l'invio in Albania o in colonia per coloro che non avessero ultimato il servizio di leva. Un accurato esame delle posizioni individuali avrebbe consentito di deferire ai tribunali militari o civili i presunti responsabili di reati. E' perciò evidente che per Caviglia il solo abbandono del proprio reparto per passare a Fiume non doveva essere considerato reato. Le unità che si erano schierate in massa con D'Annunzio dovevano però essere sciolte immediatamente. Bonomi, dopo un periodo piuttosto lungo di riflessione, rispose aderendo alla proposta di Caviglia ed autorizzandolo a condurre su quelle basi trattative segrete ( 143). Il frutto di questi contatti sotterranei, che spesso puntavano sulla fedeltà alla monarchia degli ufficiali, messa alla prova dal prevalere intorno a D'Annunzio di uomini di tendenza repubblicana, non furono molto abbondanti, anche se ormai i rientri da Fiume di elementi isolati superavano le defezioni. (r40) AUSSME, DS C.G.T.V.G . Prot. 1837, in data 7 giugno 1920, al Ministero, f.to Caviglia. (r41) AUSSME, DS C.G.T.V.G. Prot. 1838, in data 7 giugno 1920, f.to Caviglia. (142) AUSSME, racc. CSVU 58. Prot. 10618, in data . 8 aprile 1920. (143) AUSSME, racc. CSVU 58. Prot. 8045, in data 19 aprile 1920.
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Unico rientro in massa fu quello organizzato ai primi di maggio dal capitano dei carabinieri Rocco Vadalà, già fervente dannunziano e in seguito passato progressivamente su posizioni di dissenso. Seguirono Vadalà nell'esodo cinque ufficiali e 127 militari di truppa dei carabinjeri, praticamente tutti quelli rimasti a Fiume, sette ufficiali e 143 uomini di truppa già appartenenti alla Brigata « Fi, renze >> e un limitato numero di ufficiali e soldati di altri reparti. Autorizzata dopo alcune tergiversazioni da D'Annunzio, l'uscita da Fiume fu contrastata dai legionari che attaccarono la piccola colonna causando due morti. Caviglia colse l'occasione per chiedere e ottenere, sempre al fine di incoraggiare ulteriori abbandoni della città, · che i militari usciti col capitano Vadalà fossero inviati ai rispettivi centri di mobilitazione e non in Sardegna. L'estate del 1920 non fu tranquilla per le truppe della Venezia Giulia. Dopo i gravi incidenti avvenuti a Trieste al momento della partenza per l'Albania del reggimento d'assalto, episodi simili, anche se non cruenti, si ebbero a Cervignano quando il I battaglione del 23° fanteria « Como » ebbe l'ordine di spostarsi, insieme agli altri reparti della Brigata, a Trieste, dove era previsto l'imbarco per Porto Corsini a seguito di una richiesta di rinforzi avanzata per motivi di ordine pubblico dal Corpo d'Armata di Bologna. Il movimento via mare mirava ad evitare possibili scioperi di ferrovieri, ma fu interpretato come un inganno per dissimulare una partenza per l'Albania. Di qui una protesta collettiva conclusasi senza gravi conseguenze. Oltre alle agitazioni socialiste, con incidenti particolarmente gravi e sanguinosi a Trieste, si verificò nei mesi estivi una recrudescenza di tentativi di sabotaggio e di furti contro i depositi di munizioni, spesso attribuiti ad elementi fi.lojugoslavi. Anche sulla linea di armistizio furono frequenti gli scontri con piccoli reparti dell'Esercito serbo - croato - sloveno. Caviglia, pur continuando ad escludere l'eventualità di un conflitto (144), predispone un rafforzamento dell'occupazione della linea avvalendosi del sollecito ritorno della Brigata « Como » e dell'assegnazione della « Sassari ». Fa parte di questo quadro anche un accordo di collaborazione difensiva stipulato in luglio fra il generale Ferrario, comandante della 45., Divisione, e il generale Ceccherini del comando delle truppe fiumane.
(144) AUSSME, DS C.G.T.V.G. Prot. 13283, m data 7 luglio 1920, al C. d 'A. di Trieste, f.to Caviglia.
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Il Ministro Bonomi, preoccupato per la situazione della Venezia Giulia nonostante il tranquillo ottimismo sempre manifestato da Caviglia, invia in luglio cinque battaglioni provenienti da diversi reggimenti bersaglieri (XVIII / 3°, XXIV / 5°, X / 7°, XII / 8° e XXXIII / r 1°) che con i comandi del 5° e del 7° reggimento consentirono di costituire successivamente una Brigata provvisoria ( 145). L'ottimismo di Caviglia, che giunge a considerare superfluo quest'ultimo rinforzo, è basato sulla tendenza al miglioramento della situazione interna e sulla riduzione delle forze jugoslave in prossimità della linea di armistizio (146). Tale atteggiamento del generale sembra talvolta un po' artificioso e forse mirava ad evitare una sua sostituzione dopo il cambiamento di governo. Poco dopo egli infatti torna a chiedere al Ministero (147) circa 1200 complementi di artiglieria, segnalando di poter contare in tutta la Venezia Giulia soltanto su sei batterie da montagna, tre someggiate, nove da campagna e quattro autoportate. Le altre erano per scarsità di personale al disotto di un livello di pur minima efficienza. Ottimistiche o non che fossero le dichiarazioni di Caviglia, la situazione militare al confine orientale costituiva la maggiore preoccupazione del Ministero della Guerra. I battaglioni che, conclusi i plebisciti, rientrano dalla Prussia Orientale sono stanziati a Udine. Anche le truppe rese disponibili dallo sgombero dell'Albania vennero in gran parte avviate a Trieste. Ad accrescere i timori giunsero anche le notizie di un possibile attacco jugoslavo che durante l'estate il Foreign Office fece pervenire al Governo italiano (148). Il plebiscito nella zona contesa della Carinzia, effettuato il ro ottobre, dà la vittoria ai fautori dell'Austria. Malgrado un tentativo jugoslavo di soluzione militare, subito fatto rientrare mediante le pressioni diplomatiche di vari Paesi, si pongono le premesse per il ritorno in Italia della Brigata « Piemonte )>, che avverrà il 30 novembre. Il blocco di Fiume continuava senza gravi incidenti, ma proseguiva a ritmo ridotto il passaggio dalla parte dei dannunziani di
(145) Il comando del 7° reggimento, con battaglioni XII, XVIIT e COStitUÌ l'IJO reggimeOtO. (146) AUSSME, DS C.G.T.V.G. Prot. 13521 , in data 19 luglio 1920, a Giolitti e Bonomi, f.to Caviglia. (147) AUSSME, DS C.G.T.V.G. Prot. 13544, in data 20 lugiio 192 0, f.ta Caviglia. (148) Grourr1: op. cit., pag. 572.
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militari isolati. Il 12 novembre viene stipulato il trattato di Rapallo, che assicura all'Italia un confine orientale assai vicino alla linea di armistizio, salvo qualche limitata cessione di territorio. Le esigenze più volte manifestate dai vertici militari per la sicurezza di Trieste e dell'Istria trovano così pieno riconoscimento. Come si è visto, contemporaneamente l'Italia rinunciava alla Dalmazia ad eccezione della città di Zara, mentre il corpus separatum di Fiume diveniva Stato indipendente con una forte maggioranza italiana. Il comando di Fiume reagì alla notizia dell'accordo ordinando l'occupazione della zona del Monte Luban. La Brigata « Lombardia >> , che è nella parte orientale della valle del Récina, perde così ogni collegamento terrestre con le altre truppe della 45 Divisione. Nonostante le intimazioni del Comando Generale e un incontro a Cantrida fra Caviglia e D'Annunzio, i fiumani non recedono dall'occupazione, anzi riaffermano la loro volontà di resistenza e intensificano la campagna di proselitismo verso le truppe dislocate lungo la linea di blocco, ottenendo ancora qualche successo. Alla fine di novembre il generale Ceccherini, che era stato l'anello di collegamento fra i comandi dell'Esercito e quello di Fiume, abbandona l'impresa dannunziana e rientra in Italia con qualche altro ufficiale. La necessità di porre termine, in concomitanza con la ratifica del trattato di Rapallo, alla anomala situazione di Fiume è sempre più sentita e cadono le ultime illusioni sulla possibilità di una soluzione spontanea. Si iniziano i preparativi per un'azione di forza che si spera possa essere non cruenta. Il piano predisposto dal generale Ferrario e approvato dal comandante del Corpo d 'Armata di Trieste, generale Ferrere, prevede diverse fasi, intervallate fra loro per dare la possibilità al comando fiumano di recedere dalla resistenza. Dopo l'intimazione alle truppe e alle navi dannunziane di lasciare la città, dovrebbe essere instaurato per terra e per mare un blocco effettivo e totale. Quindi occupazione della linea Guardia Grande - Luban - Grobnico per serrare Fiume da nord e ripristinare il collegamento fra le due ali del blocco. Intanto, viene fatto affluire nelle vicinanze di Fiume un reggimento provvisorio di carabinieri, composto dai battaglioni mobili « Roma I », « Milano » e « Napoli I )) , ed i battaglioni alpini « Aosta », « Vestone » e « Edolo », inquadrati successivamente nel 50 gruppo. 3
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- - -- - - - - -- - - - -- - - - -- - -- -- -- 189 L'ordine di operazioni numero r della 45" Divisione (149), premesso che viene stabilito il blocco assoluto di f jume per mare e per terra « nella lusinga che possano evitarsi ulteriori operazioni ne,cessarie a raggiungere lo scopo di disarmare e costringere alla sottomissione le truppe ribelli », stabilisce la costituzione di tre settori. Il settore di Susak (Brigata « Lombardia » e un gruppo da montagna), lasciati sulla linea di contatto con gli jugoslavi solo pochi osservatori, dovrà occupare Grobnico; il settore di Castua (23° fanteria « Como », tre battaglioni alpini, un battaglione carabinieri, tre gruppi da campagna) lascerà sulla linea di armistizio una sola compagnia e assicurerà il blocco ad ovest del Récìna fino al mare; il settore di Abbazia (40° fanteria « Bologna », un battaglione carabinieri, due gruppi pesanti campali) assicurerà una seconda linea da Mattuglie alla costa orientale dell'Istria. In riserva rimarranno il 24° fanteria « Como )), un battaglione di carabinieri e quattro squadriglie di autoblindo. Il generale Ferrario conclude il suo ordine di operazioni r accomandando « nessuna transigenza e nessun arretramento. Per ora (e speriamo occorra mai) nessuna aggressività ll . Mentre si intensificano i rientri da Fiume, la propaganda dannunziana ottiene i suoi ultimi successi. Tra il 6 e il 7 dicembre defezionano i cacciatorpediniere « Bronzetti ll ed « Espero » e la torpediniera « 68 P. N. >l, addetti al blocco navale che è agli ordini dell'ammiraglio Diego Simonetti. Qualche giorno dopo passano a Fiume tre autoblindo della r" squadriglia. Visto che il blocco non provocava la soluzione sperata e giunto il 16 dicembre l'ordine del Governo di risolvere definitivamente la questione di Fiume, si comincia a pensare alle operazioni per l'occupazione della città, che si" vorrebbe affidare ai battaglioni mobili dei carabinieri con l'eventuale concorso della Brigata « Lombardia >> (150). Secondo Bonomi (151), egli avrebbe dato ordini soltanto per un blocco più severo. La decisione di compiere l'irruzione nella città sarebbe stata presa dai comandi militari locali. Non sembr a verosimile quanto Bonomi scrive, specie se si tengono presenti i r ipetuti (149) AUSSME, DS 45a Divisione. Prot. 4496, in data 28 novembre 1920, f.to Ferrario. D 'ora in poi gli avvenimenti verranno ricostruiti soltanto sulla base del DS della 45" Divisione, in quanto non è stato possibile reperire il DS del C.G.T.V.G. per i mesi di novembre e dicembre 1920. (150) AUSSME, DS 45" Divisione. Prot. 106, in data 17 dicembre 1920, a Caviglia, f.to Ferrario. ( 15 t) Bo NOMI: op. cit., pag. 153 e seg.
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sforzi dei comandi per evitare uno scontro armato. Sembra più probabile che il Governo abbia lasciato al comando militare la scelta delle modalità più opportune per raggiungere il risultato dell'espulsione dei dannunziani (152). L'operazione era ancora valutata di scarso impegno, tanto che alla metà di dicembre viene stabilito che le Brigate « Como >> e « Bologna » lascino nella zona di Fiume un battaglione di formazione ciascuna, rientrando in Paese con le truppe rimanenti. Va però notato che giungono contemporaneamente i battaglioni alpini << Saluzzo », << Dronero » e « Fenestrelle », che formano con quelli già sul posto il II Raggruppamento alpini provvisorio, al comando del generale Pezzana. Le modifiche subite improvvisamente dall'organico della 45"' Divisione richiedono un nuovo ordine di operazioni che viene diramato il 20 dicembre (r53). Questa volta è precisata anche una quarta fase, la penetrazione in città, affidata ai tre battaglioni di carabinieri. Si spera che l'ingresso possa avvenire su richiesta della popolazione, a seguito del prevalere del partito autonomista capeggiato dallo Zanella. E' previsto che l'operazione avvenga « più che è possibile senza far fuoco, ma rispondendo col fuoco ad ogni azione che potesse costare la vita ad un nostro soldato obbediente». Anche un battaglione mobile della Regia Guardia per la pubblica sicurezza, proveniente da Roma, è messo a disposizione del generale Ferrario, ma sembra che questi preferisca non farlo partecipare direttamente alle operazioni. Tuttavia, le truppe regolari non avevano ancora raggiunto la prevalenza numerica su quelle dannunziane. L'avvio delle prime due fasi dell'operazione contro Fiume avviene il 20 e il 21 dicembre. Nel pomeriggio del 22, in un incontro tra Ferrero e Ferrario ad Abbazia, viene deciso, naturalmente in piena sintonia con le idee di Caviglia che sembra ora preferire di restare fra le quinte, l'inizio della terza fase per le ore 5 del 24. Si tratta del recupero del collegamento con la « Lombardia » mediante l'occupazione della parte settentrionale del corpus separatum. Proprio il giorno precedente quello previsto per lo svolgimento della terza fase, il grosso delle Brigate « Como >> e « Bologna >> ed il IV gruppo obici pesanti campali partono rispettivamente per Gorizia, Napoli e Pola. Alle 16 dello stesso 23 dicembre i dannunziani, (152) CAVIGLIA : « Il conflitto di Fiume», cit., pag. 240. (153) AUSSME, DS 45" Divisione. Prot. 4643, in data 20 dicembre rgzo, f.to Ferrario.
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sempre bene informati, sgombrap._o improvvisamente il campo di aviazione di Grobnico e la linea avanzata verso nord da loro occupata il 13 novembre. Questo fatto imprevisto fa probabilmente nascere nei comandanti delle truppe l'idea che terza e quarta fase possano coincidere nella giornata del 24 dicembre. Secondo il resoconto di Caviglia (154), sarebbe derivata invece dalla dichiarazione dell'ammiraglio Simonetti di dover sospendere il blocco navale la sera del 24 per far riposare gli equipaggi. In base agli ordini del generale Ferrero ( 155), le operazioni più strettamente militari, come il superamento di viva forza degli sbarramenti dannunziani, debbono essere affidate ai reparti di fanteria ,e di alpini, mentre i battaglioni di carabinieri dovranno intervenire solo per « operazioni strettamente di polizia ». Il generale Ferrere preannuncia per il giorno seguente l'intervento in linea, sin qui non previsto, delle Brigate « Piemonte » e « Pinerolo >) . Gli ordini sono però tutt'altro che precisi. Si spera che l'intervento della corazzata << Andrea Doria », che dovrebbe in mattinata attaccare la forza navale fiumana, sia il segnale di una ribellione in città capace di aprire la via alle truppe regolari. In caso diverso, l'azione di forza dovrà essere rinviata al mattino del 25 dicembre. Gli avvenimenti si svolsero in modo diverso e portarono anziché ad un rinvio ad una accelerazione dei tempi previsti. Il mattino del 24 dicembre, raggiunte senza contrasti le posizioni previste per la terza fase, si pensa ancora che l'intervento dei cannoni della « Doria » possa essere decisivo. Ferrario ordina alle ore 9,30 che ai tiri della nave faccia immediatamente seguito l'irruzione in città (156) e sollecita via radio l'intervento delle forze navali. L'ammiraglio Simonetti non prende però alcuna iniziativa. Alle reiterate richieste di Ferrario, fatte a nome del generale Caviglia alle 11 e alle 12,10, Simonetti risponde: « occuperò porto appena truppe regolari occupano città» (157). Risulta chiara la riluttanza dell'ammiraglio a prendere la grave decisione del bombardamento e il suo desiderio che sia l'Esercito ad aprire le ostilità. Poco
(154) C AVIGLIA: « Il conflitto di Fiume », cit., pag. 267. (155) AUSSME, DS 45"' Divisione. Proc. 159, in data 23 dicembre 1920, del gen. Ferrero alla 45"' Divisione. (156) AUSSME, DS 45a Divisione. Fonogr. 46.98, in data 24 d icembre 1920, f.to Ferrario. (157) AUSSME, DS 45• Divisione. Radio 12 , in data 24 dicembre 1920, ore 14.
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dopo egli preciserà a Caviglia : « Miei ordini e mie responsabilità impongono rispondere soltanto ad atti ostili fatti da stesse unità irregolari » ( 158). A questo punto Caviglia si convince che l'onere della prima mossa deve ricadere sull'Esercito. Scriverà poi: « Io avevo la convinzione che sarebbe stata decisiva l'azione delle navi, ma che per esse fosse necessario l'esempio dell'Esercito » (159). Alle 14, Ferrario emana gli ordini per l'azione di forza contro le difese della città (160). Con effetto immediato, tutte le truppe in linea debbono avanzare verso Fiume sopraffacendo chiunque cerchi di ostacolare la loro azione. Questa deve svolgersi sfruttando tutte le possibilità senza tener conto delle disposizioni date in precedenza,. trascurando se necessario i collegamenti laterali. Si tratta, come si vede, di un alquanto informe attacco frontale in massa. I comandanti di settore, generali Pezzana e Faccini, hanno facoltà di scegliere, secondo le circostanze, « il sistema irruento o il sistema metodico ». Gli ordini dati sembrano dettati dall'urgenza di concludere subito, comunque e ad ogni costo la dolorosa vicenda. Alle 16,30, perciò verso l'imbrunire visto che siamo in dicembre, il generale Ferrero ordina di « sospingere le operazioni » e sembra ancora convinto della possibilità di entrare in città in serata. Verso le 20 i progressi fatti dalle truppe regolari non appaiono notevoli. A causa della mancanza di collegamenti efficienti, Ferrario non è a conoscenza nemmeno dell'avanzata di due o tre chilometri effettuata nella parte occidentale della linea, a Drenova, a Skuranja e nella zona del porto petrolifero. Le perdite fin qui subite dalle truppe della 45a Divisione ammontano a quattro morti e ventotto feriti. Fra questi è il maggiore Gambara, comandante del battaglione « Edolo ». Visti gli scarsi successi conseguiti, il generale Ferrere dà disposizioni più severe. « Malgrado gli ordini perentori del comandante la 45., Divisione, l'avanzata ulteriore su Fiume non ha avuto luogo. Ricordo che il Governo e il Paese attendono da noi la soluzione .fiuman a. Non possiamo noi soldati proseguire altrimenti che con le armi, certo non per discorsi o per via di parlamentari. D omattina 25 corrente alle ore 6,30 tutti devono avanzare risolutamente fin dentro Fiume. Ivi il comandante della (158) AUSSME, DS 45• Divisione. Radio 13, in data 24 dicembre 1920. (159) CAV IGLIA: « Il conflitto di Fiume >J, cit., pag. 268. (160) AUSSME, DS 45 3 Divisione. Ordini di operazioni 5 e 5 bis, in data 24 dicembre 1920.
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45" Divisione darà disposizioni. Io sarò domattina alle ore 6,30 a Podbreg » (161). Le difficoltà derivano anche dal non essere riusciti a stabilire fin dall'inizio delle operazioni una superiorità numerica rispetto ai 4.400 uomini agli ordini di D'Annunzio. Caviglia valuta infatti a circa tremila uomini la forza delle truppe intorno a Fiume il 24 dicembre (162). Si aggiungano il cambio recentissimo delle unità in linea e una certa approssimazione del coordinamento tattico fra i settori, effetto sia della deficiente rete di collegamenti, sia della improvvisa svolta imposta all'azione. 11 generale Ferrario trasmette immediatamente l'ordine ricevuto ai comandi dipendenti. Di suo aggiunge la logica disposizione di schierare le artiglierie nel corso della notte e quella, piuttosto limitativa visto l'ambiente operativo, di evitare « l'entrata di truppe nel groviglio delle case senza speciali condizioni favorevoli >>, che non vengono tuttavia precisate. Circa un'ora dopo, aggiunge che tutti gli ufficiali della divisione dovranno trovarsi l'indomani sulla linea più avanzata e che l'artiglieria dovrà aprire il fuoco al primo colpo di fucile dei dannunziani (163). Alle 22,30 perviene però dal generale Ferrero l'ordine di sospendere le operazioni. Egli comunica che « il Governo del Re plaude al contegno delle truppe esprimendo loro tutta la riconoscenza della Nazione >l, ma che esso « desidera che nel giorno di Natale le truppe facciano riposo sulle posizioni raggiunte » (164). La giornata del 25 è punteggiata da tiri di artiglieria e di armi automatiche da parte dei fiuman i. L'ordine di attacco viene rinnovato per le 6 del giorno successivo. Dalle prime ore del 26 anche i reparti della Brigata « Pinerolo » sono in linea nel nuovo settore di Drenava. Nella prima parte della mattinata le truppe regolari, tenacemente contrastate dai dannunziani, compiono progressi, specialmente nel settore tenuto dagli alpini. Si combatte casa per casa. Verso le II il battaglione « Vestone » cade però in un agguato e molti suoi uomini vengono catturati.
AUSSME, DS 45• Divisione. Fonogramma s.n., in data 24 dicemL"ora di trasmissione può essere stabilita intorno alle 20. ( 162) CAVIGLIA : « Il conflitto di F iume >>, cir., pag. 266. (163) AUSSME, DS 45" Divisione. Prot. 4708, in data 24 d icembre 1920, ore 2 1, f.to Ferrarlo. (164) AUSSME, D S 45• Divisione. Fonogramma 179, in data 24 dicembre 1920, ore 22,30, f.to Ferrero. ( 161)
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L'artiglieria pesante campale, ai diretti ordini del generale Ferrario, apre il fuoco sul porto, forse con la speranza di trascinare nell'azione anche la « Daria )), che è tornata ad incrociare in rada. N el primo pomeriggio i combattimenti sono sempre assai duri. E' necessario far intervenire in linea la Brigata « Piemonte >> e i battaglioni di formazione delle Brigate « Como » e « Bologna » . L'artiglieria riceve l'ordine di dirigere il fuoco sul centro della città. Dopo ripetute richieste di intervento trasmesse a nome del generale Caviglia all'ammiraglio Simonetti, alle 15,30 i pezzi da 152 millimetri della « Daria » aprono il fuoco sul palazzo del comando di D 'Annunzio. Nella tarda serata l'attacco non ha però ancora ottenuto risultati decisivi. Occorre predisporre una azione più metodica per i giorni seguenti, .fidando anche sul previsto arrivo di rinforzi, rappresentati dal battaglione mobile dei carabinieri « Alessandria», dal 5° bersaglieri, dai battaglioni alpini « Ceva » e « Levanna » e da altre due batterie pesanti campali. La giornata del 27 è caratterizzata dal riordinamento delle forze regolari e da tiri di artiglieria sul palazzo del comando e sulle caserme fiumane. 11 28 mattina il sindaco della città Riccardo Gigante e · il capitan o Host - Venturi chiedono una tregua che non viene accordata, pur se è dato l'ordine unilaterale di sospendere il fuoco di artiglieria fino alle 14. Nel nuovo ordine di operazioni (165), il generale Ferrero constata il raggiungimento della superiorità numerica e di una notevole disponi bilità di artiglierie ed esprime l'intendimento di attaccare a fondo. In prima linea debbono essere schierati fanteria e alpini, mentre carabinieri e regie guardie saranno di rincalzo. L'azione decisiva, prevista per le ore 12 del 31 dicembre, deve essere metodicamente preparata. Avrà inizio con finte lungo la costa per stabilire poi il cen tro di gravità nella zona im mediatamente a nord di Fiume. Occorrerà anche tenersi pronti ad impedire tentativi di sortita verso Castua. In sintesi, si adottano ora quelle misure che avrebbero dovuto esser prese fin dall'inizio dell'operazione. La conclusione cruenta della vicenda fu fortunatamente evitata. La notizia delle dimissioni di D 'Annunzio induce ad ulteriori sospensioni unilaterali del bombardamento. Le successive trattative assicurano ai fiumani, salvo coloro che si siano resi responsabili di defezione negli ultimi giorni o di reati specifici, la possibilità di lasciare liberamente la città entro cinque giorni. Viene autorizzata la (165) AUSSME, DS 45" Divisione. Prot. 212, in data 28 d icembre 1920, del C. d'A. di Trieste, f.to Ferrero.
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costituzione di due battaglioni di milizia formati esclusivamente con cittadini di Fiume. Anche nel corso dei contatti e delle sospensioni del fuoco, non mancano da parte fiumana attacchi e sparatorie. Le trattative si concludono il 31 dicembre. Nei primi giorni del 1921 le navi e i militari dannunziani escono gradualmente dalla città. La più grave crisi che avesse colpito l'Esercito italiano è così terminata. l combattimenti necessari per giungere alla sua conclusione, che il generale Caviglia chiamò « dolorosa espiazione », costarono ai reparti regolari 25 morti e 139 feriti. Appena inferiori furono le perdite dei dannunziani (166). Nei mesi seguenti l'Esercito sarà chiamato dalle autorità dello Stato fiumano a mantenere l'ordine in città. La sua presenza a Fiume continuerà poi fino all'annessione di Fiume all'Italia.
(166)
CAVIGLIA:
« Il conflitto
di Fiume », cit., pag.
280
e seg.
PARTE QUARTA
IV. TRA IL VECCHIO E
I.
IL NUOV O
LE PRIME TRASFORMAZIONI ORGANICHE E L'ORDINAMENTO ALBRICCI.
L 'Esercito prebellico, con uno stanziamento sul bilancio ordinario che risultò per l'esercizio 1914 - 1915 di lire 335.205.292,50, poteva mantenere alle armi una forza bilanciata di 14.027 ufficiali e 275.000 fra sottufficiali e uomini di truppa. I militari di leva di 1a categoria prestavano servizio per ventiquattro mesi, mentre quelli di 2 • categoria potevano essere chiamati per un massimo di sei mesi. Con questa disponibilità di uomini veniva alimentata una struttura che traeva origine dall'ordinamento proposto dal Ministro generale Paolo Spingardi d'intesa con il Capo di Stato Maggiore generale Alberto Po\lio ed approvato con la legge 17 luglio 1910, n. 515. Elementi principali di questo ordinamento erano 12 Corpi d'Armata e 25 Divisioni territoriali, 96 reggimenti fra fanteria di linea e granatieri riuniti in 48 Brigate, 8 reggimenti alpini, 12 reggimenti bersaglieri e 29 reggimenti di cavalleria. L 'artiglieria contava 36 reggimenti da campagna, 2 da montagna, 2 pesanti campali, 1 reggimento a cavallo e 10 reggimenti da fortezza. Il genio era ordinato su 6 reggimenti, più un battaglione specialisti. Questo ordinamento di pace, considerato insufficiente dallo stesso generale Pollio, che riteneva indispensabile un aumento della forza bilanciata almeno fino a 300.000 uomini, era costretto « a vivere una vita stentata con depressione del morale dei quadri e sciupìo del denaro pubblico » (1). Il rapporto fra unità e uomini era tale che, per ammissione della stessa fonte, le compagnie di fanteria riuscivano a portare all'istruzione giornaliera appena una quindicina di soldati. Identica era la situazione delle altre armi. Si trattava di un esercito sottoalimentato sia in termini numerici, sia in termini finanziari, con conseguenze che inevitabilmente s1 ripercuotevano anche sull'armamento e sull'equipaggiamento. (1) « L"Esercico italiano nella grande guerra (1915 - 1918) ». Voi. I. Le forze belligeranti. Roma, 1927, pag. 75.
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Questo organismo conobbe un primo ampliamento nel periodo precedente l'entrata in guerra, quando fu portato a quattordici Corpi d'Annata, trentacinque Divisioni di fanteria, una di bersaglieri e quattro di cavalleria. Negli anni di guerra furono realizzati ulteriori ampliamenti che toccarono il massimo nell'ottobre 1917. Alla fine delle ostilità l'Esercito contava complessivamente, come si è già visto, ventiquattro Corpi d'Armata e sessantuno Divisioni, comprese le quattro di cavalleria. L'idea prevalente al vertice dell'Esercito subito dopo la fine del conflitto era che l'Italia dovesse semplicemente adeguare le sue forze all'ingrandimento del territorio nazionale, portando i Corpi d'Armata territoriali a 15 e le Divisioni di fanteria a trenta. Il primo documento che comprova questo atteggiamento è un promemoria al Ministro della Guerra predisposto il 7 febbraio 1919 dall'Ufficio Smobilitazione e Ordinamento Regio Esercito, da poco costituito (2). Esso dice testualmente che « giova basarsi sulla supposizione che il nostro Esercito possa e debba, a pace conclusa, conservare la fisionomia e le proporzioni che aveva prima della guerra, con organizzazioni, beninteso, integrate dei mezzi (personali e materiali) che l'esperienza di guerra ha dimostrato indispensabili all 'efficacia di ciascuna arma combattente» . Subito dopo viene sottolineata la prevista costituzione di tre nuovi Corpi d'Armata, rispettivamente per il Trentino, la Venezia Giulia e la Dalmazia. Sembra doversi dedurne che la struttura prebellica fosse considerata valida, salvo un ampliamento delle grandi unità territoriali e un aggiornamento non precisato del!'armamento dei reparti. Non si fa cenno né al numero, né alla struttura delle Divisioni, divenute ormai l'unità di misura della potenza degli eserciti e, con la complessità raggiunta durante la guerra, la pedina fondamentale dell'azione strategica. La vecchia polemica italiana sul numero dei Corpi d'Armata, che aveva in passato polarizzato l'attenzione assai più degli altri elementi della struttura militare, continua a restare nelle menti. Lo stesso Ministro Caviglia riteneva che suo compito fosse « smobilitare l'Esercito e riportarlo nelle stesse condizioni di organizzazione in cui si trovava prima della guerra >> (3). In un documento dello stesso mese di febbraio, che purtroppo non è stato possibile rintracciare, riassunto però e confermato in (2) AUSSME, racc. CSVU 172. (3) CwrGLJA: « Il conflitto di Fiume ,,, cit., pag. 65.
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una successiva lettera (4), il Comando Supremo aveva tracciato le prime linee della futura struttura dell'Esercito di pace. Base di questa dovevano essere trenta Divisioni, cinque più dell'anteguerra, in grado di sdoppiarsi rapidamente al momento del bisogno per costituirne sessanta, il massimo consentito dalla potenzialità demografica italiana. L'accento era giustamen te posto sulla celerità della mobilitazione, considerata elemento centrale per la valutazione dell'efficienza di un esercito di pace, come aveva ampiamente dimostrato l'esperienza del conflitto appena terminato. Il generale Diaz riteneva però che l'intelaiatura prevista potesse essere alimentata con una forza bilanciata di soli 175.000 uomini, inferiore perciò a quella prebellica, corrispondente ad un servizio di leva di otto mesi compiuto dall'intera classe di leva, senza le eccezioni previste per i militari di 2 ,. e 3" categoria. Il gettito del contingente era valutato, con criterio prudenziale rispetto ai livelli che si sa~e~bero effettivamente raggiunti negli anni successivi, in 250.000 uomm1. Condizioni per attuare il nuovo sistema di reclutamento erano l'istruzione premilitare, di cui non si precisavano responsabilità e modalità, e il concentrarsi di tutta l'attività del! 'Esercito nell'addestramento delle reclute, senza che queste venissero distolte dall'istruzione per compiere servizi di ordine pubblico. Altra premessa sottolineata era l'adeguamento, per quantità e qualità, dei quadri istruttori. Secondo il progetto, la crescita delle unità di base non sarebbe stata proporzionale a quella dei comandi. La fanteria, inserendo nelle Divisioni i dodici reggimenti bersaglieri, avrebbe chiesto un aumento di soli dodici reggimenti. Mescolando un po ' confusamente criteri .finanziari e criteri organico - funzionali, il Comando Supremo precisava che alle maggiori spese per i nuovi reggimenti si poteva far fronte con la trasformazione in fanfare delle novantasei musiche reggimentali. Altro argomento riguardo al quale i criteri finanziari sembrano prevalere su quelli org2nici e tattici (5) è l'ordinamento della cavalleria. I reggimenti di quest'arma dovevano essere ridotti da trenta a diciotto e la forza cavalli ridotta a metà in ciascuno di (4) « L'Esercito italiano fra la 1" e la 2 " guerra mondiale >> . Ufficio Sto· ;ico SME, Roma, 1954, pag. 212 e seg. Prot. 3885, in data 24 luglio 1919, del Comando Supremo al Ministero della Guerra, f.ta Diaz. (5) Sarebbe interessante conoscere se gli argomenti finanz iari fossero già considerati nella lettera di febbraio o inseriti nella successiva come conseguenza del clima instaurato dal Governo Nini.
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essi. N ulla si diceva della struttura che avrebbe acquisito il reggi· mento, vale a dire se anche la forza in uomini doveva essere ridotta alla metà o se uno dei due gruppi squadroni doveva essere appie· dato, oppure trasformato in reparto ciclisti. Molto simile era il ragionamento riguardante l'artiglieria da campagna e pesante campale. I trentotto reggimenti ippotrainati del 1914 vengono ridotti a trenta, uno per ogni Divisione di fante· ria. Trasformando gli altri al traino meccanico sarebbe stato possi· bile, a parità di spesa, ottenerne un numero maggiore. Stranamente, i reggimenti di artiglieria pesante campale a traino meccanico sa· rebbero dovuti restare in tempo di pace senza trattori, con evidente svantaggio per l'addestramento del personale e per la rapidità della mobilitazione. Si ha l'impressione che le economie sulla forza bilanciata e in altri campi dovessero servire a compensare le maggiori spese per « l'allargamento del quadro generale dell'esercito >> che sembrava stare particolarmente a cuore al Comando Supremo. La realizza. zione del progetto esaminato avrebbe certamente procurato lo stesso, se non un più grave, depauperamento in uomini dei reparti che aveva colpito l'Esercito prebellico, rendendo asfittica proprio quella attività addestrativa che nella nuova struttura si voleva giustamente incrementare. Salvo la modifica all'ordinamento delle artiglierie divisionali con l'opportuno inserimento di un gruppo di obici pesanti campali da 149 mm, di cui si è già fatto cenno, le altre innovazioni apportate in attesa della definizione della struttura provvisoria dell'Eser· cito sembrano orientate verso un ritorno agli ordinamenti prebel· lici, con l'eliminazione di molti degli elementi di modernizzazione che erano frutto dell'esperienza della guerra. Per restare nel campo delle artiglierie, va notata la precedenza data negli scioglimenti di unità ai gruppi pesanti campali a traino meccanico, teorizzata dal generale Badoglio con la considerazione che « gruppi cannoni et obici pesanti campali traino animate, per complesso caratteristiche tattiche (et per tipo di materiali, nei rÌ· guardi degli obici) sono preferibili ai gruppi traino automecca· nico >> (6). Eliminati rapidamente i gruppi di autocannoni da 102 mm, che a qualità balistiche inadeguate univano possibilità tat· tiche non sempre giustamente apprezzate, la motorizzazione del· (6) AUSSME, racc. circ. 52. Telegramma prot. 63630, in data 24 febbraio 1919, del C.S. - Uff. O.M., f.to Badoglio.
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l'artiglieria sembrava orientata prevalentemente verso le batterie autoportate. Nell'ultima fase del conflitto due reggimenti da campagna, il 61° e il 62°, erano stati armati con batterie trasportate su autocarri opportunamente modificati per rendere possibile il rapido carico e scarico dei pezzi. La scarsità di acqua nella zona carsica in prossimità della linea di armistizio consigliava d i sostituire per quanto possibile i quadrupedi con gli automezzi. Furono perciò accelerati gli esperimenti per giungere all'autotrasporto alternativo di tutte le artiglierie campali e da montagna. Nonostante ciò, i due reggimenti autoportati furono presto sciolti e sostituiti nel marzo 1919 da un reggimento campale misto autoportato, con due gruppi cannoni da 75/9rr, uno di obici da 149/ 914, uno di cannoni da 105 mm. Il quinto gruppo sarebbe stato armato con obici Ansaldo da 105 mm, se questi fossero stati adottati, oppure con obici da 100 mm di preda bellica. Le batterie di bombarde, inquadrate nell'arma di artiglieria, dapprima in gran parte ridotte al solo personale, salvo quelle divisionali da 58 B, furono nell'agosto 1919 totalmente e definitivamente abolite. Per concludere l'argomento artiglieria, va detto che fu presto apprezzata l'ottima qualità degli obici Skoda di preda bellica da 75 e da 100 mm, prevedendone la distribuzione ai reggimenti. La fanteria subì fin dal giugno 1919 l'eliminazione delle sezioni lanciafiamme reggimentali e, in ottobre, delle sezioni lanciabombe Stokes da 76 mm, un materiale molto simile ai futuri mortai da 81, di cui erano dotati quasi tutti i reggimenti. Delle armi della fanteria adottate durante la guerr a si salvarono momentaneamente soltanto i cannoncini da 37 mm, dei quali era prevista l'utilizzazione contro i nidi di mitragliatrici, le pistole mitragliatrici PIAT Revelli e le mitragliatrici leggere SIA. Un sintomo delle idee del Ministro Albricci a proposito della fanteria si ha con l'ordinamento da lui stabilito, nell'agosto 1919, limitatemente ai reggimenti rientrati in zona territoriale. Questi dovevano venir costituiti su tre battaglioni di tre compagnie fucilieri ed una mitraglieri. Erano aboliti le compagnie mitragliatrici di Brigata, le sezioni lanciafiamme, Stokes e pistole mitragliatrici, i reparti cannoncini e le salmerie (7).
(7) AUSSME, racc. circ. 12. Prot. r3080, in data 27 agosto 1919, del M inistero della Guerra - Div. S.M., f.ta Albricci.
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L'ordinamento della cavalleria, un'arma sulle cui possibilità di utilizzazione la guerra aveva fatto sorgere forti dubbi, accresciuti dalla ridotta importanza strategica che con i nuovi confini sulle Alpi Giulie avrebbe assunto la pianura veneto - friu lana, terreno di elezione per il suo impiego, conobbe subito dopo la fine del conflitto una dinamica molto accentuata. L'arma aveva ottenuto fin dall'aprile 1919, con disposizione del Ministero, un nuovo ordinamento territoriale provvisorio (8), basato su tre Divisioni e otto Brigate, due delle quali, la 7" e 1'8\ autonome. A differenza di quello prebellico, l'ordinamento raccoglieva in Grandi Unità speciali tutti i reggimenti dell'arma, salvo i pochissimi ancora mobilitati. Con una circolare ministeriale del 1° agosto (9) veniva apportata alla struttura dei singoli reggimenti una modifica radicale. Dei cinque squadroni dell'ordinamento prebellico, soltanto due conservavano le caratteristiche tradizionali. Un terzo veniva trasformato in squadrone mitraglieri a cavallo e gli altri due dovevano essere sostituiti da altrettanti squadroni ciclisti. Ogni reggimento veniva così ad essere articolato su un gruppo squadroni a cavallo e un gruppo squadroni ciclisti. La cooperazione fra cavalieri e ciclisti, già prevista nelle « N orme generali per l'impiego delle grandi unità di guerra » del r910, era destinata a conoscere negli anni '20 e '30 una certa fortuna in molti eserciti europei, dando luogo a diverse soluzioni organiche. Si fu però più solleciti nella parte demolitiva della riforma, dalla quale ci si aspettava un vantaggio economico, forse il movente principale della riforma, che in quella ricostruttiva. Gli squadroni ciclisti, per i quali si aspettava probabilmente l'apporto di personale proveniente dai bersaglieri, non ebbero mai pratica attuaLione. Mancò in tal modo ogni possibilità di esperimento del nuovo organismo reggimentale. Per l'influsso contrapposto dei limiti finanziari e della tendenza all'ampia intelaiatura, le soluzioni da dare al problema del nuovo ordinamento dell'Esercito furono esaminate prevalentemente sotto il profilo quantitativo, senza concedere il giusto spazio alle inno-
(8) AUSSME, racc. CSVU 272. Circ. 5110, in data 17 aprile 1919, f.ta Caviglia. (9) AUSSME, racc. circ. 12. Circ. 11500, in data 1° agosto 1919, f.ta Albricci.
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vazioni che avevano diretto rapporto con le tattiche sperimentate durante la guerra. Problemi di questo genere sarebbero stati affrontati soltanto in seguito. In un appunto senza data che è stato possibile reperire (10), sembra non soltanto di poter leggere la prima bozza del successivo ordinamento Albricci, in dimensioni però leggermente più ampie, ma anche di scoprirne i principi ispiratori. La struttura che viene tratteggiata fa riferimento ad una ferma di dodici mesi e ad un contingente annuo di 230.000 uomini, ma viene considerata « relativamente indipendente » dalla lunghezza della ferma e dalla forza bilanciata. Il collegamento fra l'intelaiatura assai vasta, capace di passare alle dimensioni di guerra con un semplice sdoppiamento, e le possibilità finanziarie obiettive sarebbe stato fornito dalla fluidità del numero delle unità minori, come le compagnie e le batterie. Un grande esercito di quadri, perciò, variamente riempito di effettivi a seconda della situazione finanziaria e della capacità demografica. Soltanto alla luce di questi principi ispiratori il successivo ordinamento Albricci assume una sua coerenza. Nell'appunto, che suggerisce anche un ritorno alla variazione della forza effettiva nel corso dell'anno, con un minimo di 122.000 uomini ed un massimo di 255.000, si trovano due interessanti annotazioni circa il reclutamento. Ci si pone per la prima volta il problema degli alloglotti, che dovrebbero essere destinati ad armi diverse dalla fanteria, (( più a contatto col nemico e per la quale il governo degli uomini è molto più difficile l>. Il nuovo sistema di reclutamento dovrebbe essere su base nazionale come in passato, con mobilitazione regionale ed invio dei complementi a reparti mobilitati in altre regioni. T2le sistema di reclutamento andrebbe esteso agli alpini, facendo così perdere ad essi una delle caratteristiche più spiccate. Nel modo previsto, in guerra ogni unità avrà due componenti nazionali, uomini di leva e complementi, ed una regionale, data dagli uomini inseriti al momento della mobilitazione. Il meccanismo di quest'ultima era basato sul passaggio a tre reggimenti delle Brigate di fanteria, che divenivano il nucleo di altrettante Divisioni, e sullo sdoppiamento delle altre armi, in modo da raggiungere un complesso di un milione di combattenti e di
(w) AUSSME, racc. SP 93/ 1, che raccoglie carte cedute dalla famiglia Albricci.
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150.000 addetti ai servizi ed alle retrovie. Con tale sistema, che sarà comune agli ordinamenti Albricci e Bonomi, le Grandi U nità fondamentali sarebbero divenute in guerra molto diverse da quelle di pace, nelle quali avviene l'addestramento dei quadri e dei comandi, con conseguenze sicuramente negative. Nella relazione ministeriale che accompagnava lo schema definitivo di decreto riguardante il nuovo ordinamento, si sottolineava il carattere provvisorio di esso e lo si metteva in relazione con la smobilitazione ancora in corso e con i provvedimenti in preparazione riguardanti il reclutamento e il servizio di leva. Per quest'ultimo si prevedeva una ferma normale di dodici mesi, riducibile ad otto per la quasi totalità del contingente e ad un periodo ancora più breve per coloro che si trovassero in particolari condizioni di famiglia. Era però presupposta l'effettiva generalizzazione del servizio di leva. N ella sua stesura definitiva, approvata con regio decreto 21 novembre 1919, n. 2143, l'ordinamento Albricci prevedeva, rispetto al 1914, un incremento di unità che veniva riducendosi man mano che si scendeva dalle maggiori alle minori. I Corpi d'Armata passano da dodici a quindici (25'1/~ in più), le Divisioni di fanteria da venticinque a trenta (20% in più), le Brigate di fanteria da 48 a 60, ma l'aumento è per una metà soltanto apparente, perché dovuto alla riunione in Brigate fin dal tempo di pace dei dodici reggimenti bersaglieri, cui non si riconosce alcuna differenziazione di impiego rispetto alla fanteria. Soltanto i primi due reggimenti della specialità conservano un battaglione ciclisti. L'effettiva crescita della fanteria è perciò di sei Brigate (12,50% in più). Le truppe alpine crescono di un reggimento, il 9°, ma in termini di battaglioni passano soltanto da 26 a 27. Vengono costituite fin dal tempo di pace quattro Brigate alpine. La cavalleria subisce una forte riduzione, passando a due Divisioni, sei Brigate e 16 reggimenti su quattro squadroni. Viene fatta cadere, prima ancora di averla sperimentata, l'innovazione rappresentata dagli squadroni ciclisti e dagli squadroni mitraglieri. Per non abbandonare immediatamente le tradizioni dei reggimenti con numero distintivo dal 17° al 30°, i gruppi squadroni a cavallo di questi ultimi vengono abbinati, conservando denominazioni e mostrine precedenti, a quelli dei reggi menti numerati da 3° a 16°, costituendone il secondo gruppo. Il « Nizza cavalleria » (1°) e il « Pie-
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monte reale cavalleria » (2°) costituiscono il loro secondo gruppo con elementi provenienti dagli squadroni mitraglieri (II). Pochi giorni dopo, queste disposizioni venivano modificate nel senso che veniva fatto sopravvivere il reggimento « Cavalleggieri Guide >i (19°), sciogliendo al suo posto il reggimento « Cavalleggieri Foggia» (u Le Divisioni di cavalleria si formavano la prima su tre Brigate e la seconda su due. La VI Brigata resterà autonoma e sarà stanziata nelle guarnigioni dell'Italia centro - meridionale. L'artiglieria ottiene un forte incremento nella specialità pesante campale, tredici reggimenti in più, compensata sul piano finanziario dallo scioglimento di sei reggimenti da campagna e dall'adozione del traino meccanico anche per le 28 batterie dei due reggimenti prebellici. Le altre specialità restano sostanzialmente sui vecchi livelli, salvo l'artiglieria controaerei, che viene organizzata su tre depositi - scuola e quindici gruppi, e la definitiva istituzione del reggimento autoportato già esistente. E' da notare però che i reggimenti da campagna, scesi a trenta, passano a dodici batterie. Il genio vede un notevole incremento, anche se non in proporzione all'importanza raggiunta durante la guerra, con la formazione di un reggimento radiotelegrafisti e di un reggimento specialisti e con l'ordinamento su 15 battaglioni zappatori e 15 telegrafisti, oltre ai reggimenti speciali (minatori, pontieri e ferrovieri) già esistenti. Deve però essere sottolineato che in tempo di pace le Divisioni tornano ad essere composte soltanto di due Brigate di fanteria e di un reggimento da campagna, mentre le aliquote di artiglieria pesante campale, del genio e dei servizi tornano ad essere accentrate nei Corpi d'Armata, che dispongono ora anche di un comando di Brigata di artiglieria e di un comando genio. Elementi innovativi sono l'istituzione di un gruppo carri armati, con carri d'assalto, per il momento soltanto tre, e autoblindomitragliatrici, e di un Corpo aeronautico su tre r aggruppamenti, uno per ciascuna specialità, caccia, bombardamento, ricognizione, seguendo evidentemente un criterio più tecnico - disciplinare che tattico. Viene infine istituito, a fianco di un ormai anacronistico Corpo del treno, il Corpo automobilisti, con una direzione centrale ed un centro automobilistico per ciascun Corpo d'Armata. 0
).
(n) AUSSME, racc. circ. 13. Ci_rc. min. 19000, in data r 0 dicembre 1919, f.ta Albricci, e circ. Isp. Gen. Cavalleria 1600, in data 9 dicembre 1919, f.ta V . E. d 'Aosta.
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Il quadro degli organi collegiali prevedeva il funzionamento, oltre alla preesistente Commissione suprema per la difesa dello Stato, di un Consiglio degli ispettori generali, istituito con separato ma contemporaneo decreto, di cui faceva parte anche il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito. Un sintetico giudizio politico sull'ordinamento da lui proposto, il Ministro Albricci lo diede nel corso di un dibattito al Senato (12) affermando che esso forniva una base sia per la smobilitazione, sia per le trasformazioni che l'esperienza bellica avrebbe suggerito. A questo ragionamento, in parte contraddittorio, aggiungeva l'assicurazione che la nuova struttura militare, benché più ampia della precedente, sarebbe risultata meno costosa. Già qualche tempo prima dell'approvazione del regio decreto n. 2143, si era dato inizio alla sistemazione organica, nel quadro del nuovo ordinamento, delle varie armi e specialità. Essa proseguirà con grande rapidità nei mesi successivi. L'artiglieria da campagna, denominata per un brevissimo periodo artiglieria leggera, vede l'introduzione nella sua generalità delle modifiche organiche già predisposte per i reggimenti rientrati in zona territoriale (13). Il reggimento di artiglieria divisionale diviene grazie a questa riforma non più una semplice somma di batterie, ma un complesso che consente di combinare nell'impiego le caratteristiche balistiche e tattiche di diversi materiali. La nuova organizzazione, che resterà sostanzialmente immutata per moltissimi anni, prevede due gruppi da 75 mm modello 19u orientati a favore delle due Brigate, un gruppo obici Skoda da 100 mm di preda bellica, che costituisce la massa di manovra, armato di un materiale che per le sue caratteristiche balistiche era ritenuto capace di sostituire anche l'azione delle bombarde, ed infine un gruppo someggiato con pezzi da 65 mm, materiale del quale è prevista la sostituzione con l'obice da 75 mm di preda bellica. Compiti di quest'ultimo gruppo sono l'accompagnamento e l'azione in zone montuose. Ogni gruppo ha tre batterie, di cui una quadro. L'organico previsto per il reggimento è di 54 ufficiali, 61 sottufficiali, 767 uomini di truppa e 560 quadrupedi. Dalla trasformazione di altrettanti reggimenti da campagna, derivano i tredici nuovi reggimenti pesanti campali, che si aggiun(12) Atti parl., Senato, XXV legisl., discuss., tornata del 29 dicembre 1919, pag. 233 e seg. (13) ACS, carte I n aiutante, filza 308. Circ. min. 700, in data 10 gennaio 1920, f.ta Albricci.
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gono ai due prebellici. Ogni reggimento avrà due gruppi di cannoni da 105 mm e due di obici da 149 mm, ogni gruppo due batterie effettive ed una quadro. L'autoparco assegnato al reggimento è però sufficiente soltanto per il movimento di un massimo di quattro batterie. Il reggimento autoportato mantiene la composita struttura che si è già vista. I reggimenti pesanti campali conservano provvisoriamente il numero distintivo dei reggimenti da campagna da cui derivano (14). L'esperienza dimostrerà che i reggimenti pesanti campali resteranno organismi esclusivamente addestrativi e amministrativi. Sul piano tattico sarà necessario, al momento dell'impiego, tornare ai raggruppamenti. L'artiglieria controaerei ha i suoi tre depositi - scuola a Genova, Ravenna e Roma, con un complesso di 14 gruppi (15). Ogni gruppo è composto di due batterie autocampali e di una da posizione. Ai depositi - scuola viene affidato anche il compito di mobilitare in caso di guerra le unità c. a. per la difesa del territorio. I dieci reggimenti prebellici di artiglieria da fortezza danno vita a sei reggimenti di artig]jeria pesante e a quattro da costa, con numerazione separata da 1° a 6° e da 1° a 4° ( 16). I sei reggimenti pesanti sono distribuiti nelle regioni site lungo l'arco alpino, salvo il 3° che ha sede a Roma. Più che di reggimenti si trattava di parchi, visto che venivano assegnati ad essi materiali per la formazione di ben 17 gruppi, al 3° addirittura per 18, di calibro diverso, di cui soltanto quattro effettivi. I gruppi sono tutti su tre batterie di quattro o due pezzi. Il materiale è costituito da obici da 305 mm, mortai da 260 e da 210 mm, obici e cannoni da 152 mm e cannoni da 149 mm (17). Anche l'artiglieria pesante era molto lontana da una sufficiente mobilità. La sua consistenza complessiva, 309 batterie, era pari ad oltre nove volte quella del parco d'assedio col quale l'Esercito era entrato in guerra. Compito principale dell'artiglieria da costa era la protezione delle basi navali. I suoi quattro reggimenti avevano sede a Taranto, La Spezia, Venezia e Messina, con distaccamenti a difesa delle basi minori. Oltre alle batterie da posizione, ciascun reggimento disponeva di un gruppo mobile di quattro batterie di cannoni da 149 mm. (14) AUSSME, racc. circ. 13. Circ. min. 18200, in data 20 novembre 1919, f.ta Albricci. (15) L'ordinamento venne stabilito in data 26 febbraio 1920, quando era g ià scontata la riduzione dei Corpi d'Armata a quattordici. (16) AUSSME, racc. circ. 13. Circ. min. 8oo, del 13 gennaio 1920, f.ta Albricci. (17) AUSSME, racc. circ. 13. Circ. min. in data 26 febbra io 1920. 14. - Gallinari
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Nel febbraio 1920 lo Stato Maggiore dell'Esercito costituì una Commissione speciale per il riordinamento dell'artiglieria, al fine di esaminare i problemi tecnici connessi al rinnovamento dei materiali. Ne facevano parte i generali Badoglio, Dallolio, Grazioli, Clavarino, Cortese e Garrone. Nella prima fase dei suoi lavori, la Commissione decise l'adozione dell'obice Skoda da 149 mm, che verrà poi denominato 149 / 13, e si orientò verso la sostituzione del cannone da 149 ad affusto rigido con un materiale di uguale calibro tipo Krupp, oppure con un cannone tipo Skoda da 152 mm. Fu anche presa in esame l'opportunità di adottare un obice da 210 mm con circa 16 chilometri di gittata (18). L'arma del genio aveva conosciuto durante il conflitto un grande ampliamento ed una accentuata diversificazione di compiti e di mezzi tecnici. Si trattava ora di non disperdere esperienze e strumenti, pur rispettando la tradizionale organizzazione territoriale dell'arma. Escluso fin dall'inizio un rapporto permanente in tempo di pace con le altre armi nell'ambito della Divisione, l'Ispettorato generale del genio propose nel settembre 1919 un preciso schema di ordinamento dell'arma (19). Lo schema comprendeva sia l'organizzazione di pace, sia quella di guerra, con un rapporto quantitativo fra le due strutture da uno a tre. In tempo di pace, ogni Corpo d'Armata doveva avere un comando genio, una direzione lavori, un battaglione zappatori su quattro compagnie, un battaglione telegrafisti su due compagnie, un battaglione minatori su due compagnie. Anziché istituire in ogni Corpo d'Armata un reggimento misto del genio, si preferiva riunire i battaglioni in reggimenti omogenei, tre di zappatori, due di minatori e due di telegrafisti. Restavano separati, naturalmente, anche i reggimenti delle altre specialità : uno di pontieri, uno di lagunari, uno di ferrovieri, uno di radiotelegrafisti ed uno di specialisti, con un battaglione fotoelettricisti, uno teleferisti - motoristi, una compagnia F. G., su due plotoni lanciafiamme, due lanciagas ed uno meteorologisti. In tempo di guerra, oltre ad una imprecisata espansione del numero dei battaglioni dei reggimenti speciali, era previsto un ritorno all'organizzazione sperimentata nell'ultimo periodo del conflitto, (18) MoNTÙ C.: « Storia dell'artiglieria italiana ». Voi. XV, Roma, 1953, pag. 28. (19) ACS, carte 1 ° aiutante, filza 309. Prot. 157, in data 16 settembre r919, f.ta Marieni.
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con un battaglione zappatori ed una compagnia telegrafisti per ogni Divisione, più un battaglione minatori ed uno telegrafisti per ogni Corpo d'Armata. Le Armate avrebbero avuto in proprio un battaglione telegrafisti ed uno pontieri. 11 Comando Supremo ridusse le dimensioni del progetto eliminando i reggimenti zappatori, minatori e telegrafisti, di dubbia utilità tattica e addestrativa come unità organiche, e unificando in un solo battaglione per ciascun Corpo d 'Armata territoriale le compagnie zappatori, minatori e telegrafisti. L'ordinamento attuato seguì una via intermedia. I Corpi d'Armata avevano un battaglione zappatori ed uno telegrafisti, entrambi su due sole compagnie. I minatori venivano raccolti in un solo reggimento su cinque battaglioni. Altrettanto avveniva per pontieri e lagunari. A fianco del vecchio reggimento ferrovieri, venivano costituiti i nuovi reggimenti radiotelegrafisti e specialisti. Ripristinati e aumentati a cinque i comandi designati d 'Armata, con sedi a Torino, Milano, Bologna, Firenze e Napoli e compiti ispettivi limitati all'addestramento ed alla mobilitazione, venivano predeterminati i Corpi d 'Armata che ne sarebbero dipesi in guerra. Salvo quelli di Napoli e di Firenze, con giurisdizione rispettivamente sull'Italia meridionale e Sicilia e sull'Italia centrale, le dipendenze dagli altri erano stabilite in base ai piani ed alle linee di radunata. Contrariamente a quel che verrà da taluni affermato, l'ordinamento Albricci ha avuto, come si è cercato di dimostrare, quasi completa attuazione prima delle dimissioni del suo proponente. La riduzione di un Corpo d'Armata, avvenuta in febbraio come concessione alle richieste di economie, non ne intaccò la sostanza (20). L'elemento di debolezza dell'ordinamento Albricci, cioè la mancanza di considerazione per la forza bilanciata, prevista in soli 2rn.ooo uomini, veniva momentaneamente neutralizzato dalla presenza alle armi delle classi trattenute in servizio, con un complesso di uomini che tendeva a diminuire, ma restava sempre molto al disopra del livello di forza indicato. 2.
L'oRDINAMENTo BoNoM1.
Dalle parole con le quali Nitti, nel presentare il suo secondo Governo al Parlamento, accenna alla politica militare, non risul(20) AUSSME, racc. circ. r3. Circ. min. 3000, in data 16 febbraio f.ta Albricci.
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tano cambiamenti di orientamento. La ricerca di « un assetto provvisorio che sarà il punto di arrivo della smobilitazione e il punto di partenza del futuro ordinamento >) corrisponde esattamente agli scopi proclamati da Albricci. La promessa che l'ordinamento allevierà gli oneri del bilancio statale e preparerà « l'armamento di tutto il popolo valido», non aggiunge nulla a quanto era stato già ripetutamente detto (21). Anche il Ministro, nel corso del dibattito parlamentare, sottolinea il carattere provvisorio dell'ordinamento che intende proporre. Le sue parole danno più un'idea dell'orientamento generale del Governo che di un preciso programma di politica militare. Egli dice che l'obiettivo da raggiungere è « una democrazia italiana pacifica e laboriosa, in cui l'Esercito sia lo strumento saldo del suo diritto e della sua difesa ,> (22). La relazione del Ministro che accompagna il decreto 20 aprile 1920, n. 45r, è fortemente influenzata dal problema della smobilitazione, tuttora irrisolto. L'ordinamento che si propone, la cui provvisorietà è ripetutamente dichiarata, deve consentire di concludere la smobilitazione e deve rappresentare un ponte per attendere in sicurezza « la soluzione definitiva dei problemi della difesa nazionale », per la quale c'è un formale e preciso impegno a provvedere entro l'anno 1920. Tale impegno fu, come è noto, completamente disatteso. Il ritorno ad ordinamenti e proporzioni simili a quelli prebellici è giusùficato dalla constatazione che « l'Esercito si è mosso da quegli ordinamenti per muovere alla vittoria ed è logico che vi ritorni». Nessun cenno è riservato alla notevolissima evoluzione dell'Esercito fra l'inizio e la fine della guerra e sembra normale prendere come modello l'ordinamento del 1915 e non quello, ben diverso, del 1918. E' soltanto per motivi finanziari che dall'ordinamento di novembre, che ampliava l'Esercito, si è passati all'attuale, che lo tiene « notevolmente al disotto » del li vello prebellico. Anche la riduzione della ferma e la generalizzazione del servizio di leva, previste dal contemporaneo regio decreto n. 452, non sembrano influenzare la struttura dell'Esercito, nonostante la nuova fis10nom1a che deve necessariamente assumere l'addestramento delle reclute. (21) Atti pari., Senato, XXV legisl., discuss., tornata del pag. 482. (22) Atti pari., Senato, XXV legisl., discuss., tornata del pag. 736.
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L'elemento più appariscente del nuovo ordinamento è la riduzione dei Corpi d'Armata da r4 a 10, ma la riduzione effettiva riguarda quasi esclusivamente i comandi territoriali di Corpo d 'Armata, allora del resto ben lontani dalle dimensioni che avrebbero in seguito assunto con l'ampliamento dei compiti bur ocratici. Infatti, i reggimenti di artiglieria pesante campale, che rappresentavano gli elementi suppletivi più rilevanti, restano quattordici, con l'assegnazione di quattro di essi alle Armate da costituire in tempo di guerra. Modifiche più sostanziali si hanno in altri campi, anzitutto con la riduzione a quadro di un battaglione in ciascun reggimento di fanteria e bersaglieri. Questo provvedimento, disposto fin dal 30 marzo, prima ancora dell'approvazione del nuovo ordinamento (23), consentirebbe di ridurre ad otto mesi la durata deJla ferma , decisa per soddisfare le attese della pubblica opinione e dei diretti interessati, sui quali <e si è già troppo radicata la promessa di ferme brevi >> e di diminuire la forza bilanciata a 175.000 uomini. In effetti, poiché la ferma ridotta non venne mai attuata, il provvedimento servì a rendere più numerosi gli effettivi delle unità di base, con sicuro miglioramento della loro coesione. Altra riduzione effettiva di organico e di spesa si ha con l'inserimento in tre Divisioni ternarie, anch'esse territorializzate, dei reggimenti alpini e dei reggimenti di artiglieria da montagna. E' possibile in tal modo diminuire a ventisette le Divisioni di fanteria, pur lasciando a trenta il numero complessivo delle grandi unità di livello divisiona.le, come era nell'ordinamento Albricci. Per evitare lo scioglimento di altre quattro Brigate di fanteria, che vista la riluttanza ad abolire le unità prebelliche avrebbe colpito quelle decorate di medaglia d 'oro, si preferì ridurre da dodici a quattro i reggimenti bersaglieri, riunendoli in due Brigate. In realtà i reggimenti bersaglieri continuarono ad essere dodici e questa parte dell'ordinamento non venne applicata. Vennero invece gradualmente sciolte le Brigate cc Udine », « Treviso », « Piacenza », « Catanzaro » e « Gaeta ». Per la fanteria nel suo complesso si può dire che l'ordinamento Bonomi lasciava praticamente intatto il livello generale prebellico dei reggimenti. Nell'ordinamento Spingardi essi erano: 2 granatieri, 94 fanteria di linea, r2 bersaglieri, 8 alpini, in totale n6, men(23) AUSSME, DS C.T.V.G. Circ. min. 7000, in data 30 marzo 1920, f.ta Bonomi.
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tre in quello Bonomi erano: 2 granatieri, I02 fanteria di linea, 4 bersaglieri, 9 alpini, in totale u7. Si ottenevano cinque Divisioni in più grazie all'inserimento in esse di truppe in passato considerate suppletive. Si è già notato che l'aumento di un reggimento alpini comporta un solo battaglione in più rispetto ai 26 prebellici. La cavalleria subì invece una ulteriore riduzione passando ad una sola Divisione, con quattro Brigate ternarie, di cui due autonome, e dodici reggimenti, su tre squadroni effettivi ed uno quadro. In termini di squadroni effettivi si scendeva dai centocinquanta prebellici a soli trentasei. Per attuare il nuovo ordinamento, che prevedeva quattro reggimenti di lancieri e otto di cavalleggieri, ognuno con un organico di 27 ufficiali e 572 fra sottufficiali e uomini di truppa (24), fu necessario sciogliere i reggimenti << Lancieri di Milano » (7°), « Lancieri di Montebello » (8°), « Cavalleggieri di Lodi>> (15°) e « Cavalleggieri di Lucca» (r6°). Per effetto dell'ordinamento Bonomi, l'artiglieria perse tre reggimenti da campagna, il reggimento a cavallo (25) e quattro gruppi controaerei . La costituzione delle batterie c. a. da posizione, che ogni gruppo aveva in organico, viene rinviata a quando « saranno disponibili gli occorrenti materiali » (26). Un provvedimento molto discutibile, dovuto probabilmente ad un male inteso spirito di simmetria rispetto alla fanteria, fu la sostituzione delle batterie quadro nei gruppi con gruppi quadro in tutti i reggimenti di artiglieria d a campagna (27). In una unità pluricalibro, quale ormai era divenuto il reggimento da campagna, la trasformazione di un gruppo effettivo in gruppo quadro non avrà mancato di procurare squilibrio. I reggimenti di artiglieria pesante e da costa ebbero anche essi un nuovo ordinamento interno, naturalmente « provvisorio ». La formazione era però assai incoerente, a meno di non voler considerare i reggimenti enti puramente addestrativi. Ognuno dei quattro gruppi di ogni reggimento era su quattro batterie, di cui una quadro, una di solo personale e le altre due armate una di cannoni da 149 mm ed una di mortai da 2IO mm. I mezzi di traino erano (24) ACS, carte 1° aiutante, filza 308. Circ. min. 10000, in data 20 maggio 1920, f.ta Bonomi. (25) TI solo gruppo a cavallo rimasto viene inserito nel reggimento autoportato con circ. min. r2340, in data 28 giugno y920. (26) ACS, carte 1° aiutante, filza 308. Circ. min. 9950, in data 20 maggio 1920, f.ta Bonomi. (27) AUSSME, DS C.T.V.G . Circ. min. 7000, in data 30 marzo 1920, f.ta Bonomi.
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sufficienti per una sola batteria. Inoltre, esclusivamente per l'addestramento del personale, ogni reggimento disponeva di una specie di campionario del restante materiale in servizio. Per i sei reggimenti pesanti veniva stabilito un organico complessivo di 354 ufficiali, 366 sottufficiali, 5472 artiglieri e 372 automobilisti. I quattro reggimenti da costa erano formati anch'essi su quattro gruppi di due batterie effettive ed una quadro, tutte da posizione. Organici complessivi: 252 ufficiali, 196 sottufficiali, 3520 uomini di truppa, oltre ad un certo numero di impiegati civili (28). La breve amministrazione Rodinò non ha portato interruzione nella graduale attuazione del nuovo ordinamento. In quel periodo fu riordinato il genio dei Corpi d'Armata su dieci battaglioni zappatori e dieci battaglioni telegrafisti, tutti su tre compagnie. Facevano parte del battaglione telegrafisti anche una sezione colombofili ed una sezione fotoelettricisti (29). Benché avesse acquisito col nuovo ordinamento il ruolo di arma, l'aeronautica manteneva l'organizzazione stabilita da Albricci su tre raggruppamenti, più un gruppo dirigibilisti e un gruppo aerostieri. Si è già fatto cenno delle caratteristiche di tale organizzazione, ma all'interno di essa la realtà è assai più modesta di quanto appare. I raggruppamenti da caccia e da ricognizione hanno tre gruppi ciascuno, con dieci e dodici squadriglie rispettivamente, mentre il raggruppamento da bombardamento era ridotto ad un solo gruppo di tre squadriglie (30). Veniva mantenuto il corpo automobilistico, riducendone i reparti in proporzione ai Corpi d'Armata. Abolito il corpo del treno, dieci reggimenti di artiglieria da campagna venivano dotati di un gruppo treno. La nuova organizzazione dell'Esercito presupponeva che il Corpo d'Armata, dotato di truppe di supporto e di servizi fin dal tempo di pace, fosse la Grande Unità intorno alla quale doveva attuarsi la mobilitazione e il passaggio all'ordinamento di guerra, prevedendo ancora una volta la trasformazione delle Brigate di fanteria in nuclei di Divisioni ternarie. La nuova circoscrizione territoriale fu stabilita fra maggio e gmgno, con l'abolizione del comando designato d'Armata di Mi(28) ACS, carte 1° aiutante, filza 308. Circ. min. 15130, in data 20 agosto 1920. (29) ACS, carte r0 aiutante, filza 308. Circ. min. 10700, in data 2 giug no 1920, f.ta Rodinò. (30) AUSSME, Dislocazione dei corpi alla data del 1° ottobre r92r.
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lano e dei comandi di Corpo d'Armata di Alessandria, G enova, Padova e Ancona. La Divisione di Cagliari passò a far parte del Corpo d'Armata di Palermo. Altri provvedimenti furono attuati con ritardo, come la costituzione delle due Brigate bersaglieri, avvenuta solo in agosto. Esse avevano sede a Torino e a Roma e comprendevano, rispettivamente, i reggimenti 4° e 9°, 2° e 3°. Aboliti gli ispettorati generali dell'Esercito e d'arma e sciolto il Consiglio degli ispettori, restano i due generali di Divisione per l'artiglieria e per il genio, che ne raccolgono parzialmente l'eredità. Una innovazione destinata a durare è la nuova denominazione dei generali, basata sulle funzioni di comando : si hanno così per la prima volta nell'Esercito italiano i generali di Corpo d'Armata, di Divisione e di Brigata. In un documento politico che può essere considerato frutto di un'esperienza ministeriale ormai abbastanza lunga, il discorso pronunziato il 31 luglio 1920 in occasione dell'insediamento della Commissione parlamentare consultiva, significativamente pubblicato sul « Giornale militare ufficiale», Bonomi mostra di aver compreso la vera funzione dell'Esercito in tempo di pace. Oltre a svolgere il compito di addestrare le classi di leva e di aggiornare e tenere in allenamento quadri e comandi, suo dovere principale è formare la base di partenza per il rapido passaggio all'ordinamento di guerra, di dimensioni pari a tre o quattro volte quelle dell'ordinamento di pace. Questa funzione, insieme al progresso degli strumenti tecnici, deve ormai condizionare la vita e l'azione dell'Esercito. Queste considerazioni costituiscono la premessa concettuale per avviare l' Italia << ad un tipo di organizzazione militare consono ai tempi, proporzionato alle forze economiche, radicato negli istituti e nelle abitudini popolari ». T uttavia l'ordinamento Bonomi era molto lontano da queste nuove esigenze, ormai avvertite con sufficiente lucidità, né il Ministro fece nulla, nemmeno sollecitando i lavori della Commissione parlamentare, perché ci si avviasse verso la nuova organizzazione di cui pure sen tiva la necessità.
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EsERc1-ro
FUTURO.
Le idee di una nuova politica militare che circolavano negli ambienti parlamentari più attenti a questi problemi emergono con sufficiente chiarezza in un documento dovuto a Luigi Gasparotto, un
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deputato abbastanza vicino a Bonomi, che infatti lo farà nominare Ministro della Guerra nel Governo da lui formato nel 1921. L'ampia relazione sul bilancio della Guerra per il 1919 - 1920, presentata il 5 maggio 1920 alla Camera dei deputati (31 ), va al di là dell'occasione contingente, per cercare di individuare le linee di futuro sviluppo dell'organismo militare. E' interessante notare come Gasparotto rilevi l'enorme divario fra gli ordinamenti prebellici e l'Esercito vittorioso del 1918, che considera il prim o esempio in Italia di nazione armata, non tanto per l'amplissimo reclutamento, e meno ancora per le modalità di questo, quanto per l'atmosfera che lo circondava. Secondo Gasparotto occorreva innanzi tutto « assicurare alla nuova organizzazione un ambiente di consenso e di simpatia popolare ». A tal fine, « bisogna cercare di togliere alla nuova organizzazione tutto ciò che è maggiormente inviso al Paese, urtante coi bisogni e cogli interessi della povera gente », vale a dire le lunghe ferme e i privilegi di alcune categorie. Gasparotto passa poi dalle premesse sociali a quelle organizzati ve e addestrative, partendo dalla esigenza di una istruzione fisica premilitare obbligatoria da attuarsi nella scuola, fin dalle elementari, e fuori di essa. Dalla semplice preparazione fisica si deve poi passare alla fase delfistruzione militare - tattica, da realizzare in grandi masse e senza esclusioni dall'obbligo. Infine, frequenti richiami di quindici o trenta giorni per altre istruzioni collettive serviranno a tenere allenati i militari in congedo e aggiornate le strutture per la mobilitazione. La copertura alle frontiere sarebbe normalmente assicurata dal1' Arma dei carabinieri e dalla Regia Guardia per la pubblica sicurezza, oltre che da « elementi tecnici permanenti ». Per quanto riguarda la ferma, Gasparotto non si pronuncia in modo esplicito. Un accenno ad una classe di 400.000 uomini, allora molto superiore alla realtà, ed alla presenza sotto le armi di 200.000 reclute fa pensare ad una durata di circa sei mesi. Una ferma più lunga è prevista per i diplomati delle scuole medie superiori, destinati a fornire gli ufficiali, e per la cavalleria, che dovrebbe restare sotto le armi per diciotto mesi. Gli ufficiali in servizio permanente, cui spetta la funzione di istruttori, dovrebbero essere tratti da quelli di complemento. Le dimensioni dell'organismo militare sarebbero al vertice alquanto ridotte, con dieci Corpi d'Armata e ventuno Divisioni, ma (31) Atti pari., Camera, XXV legisl., stamp. 19. Riportato anche in GATTI A. : « Tre anni di vita militare itaJiana » . Milano, 1924, pag . 315 e seg .
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i reggimenti di fanteria non dovrebbero scendere al di sotto dei novanta, con otto reggimenti di cavalleria e ventuno di artiglieria. Anche se le premesse politico - dottrinarie prevalgono sugli orientamenti tecnici, quello di Gasparotto, per la sede in cui viene presentato e la personalità del proponente, sembra i1 più compiuto progetto di organizzazione militare che in quegli anni sia venuto da esponenti della classe politica non direttamente impegnati in compiti di governo. Dato il carattere di questo lavoro, ci si astiene da una rassegna dei numerosi progetti dati alle stampe in quegli anni di vivace dibattito sulla politica militare da vari scrittori, in gran parte ufficiali in congedo (32). Ci si limita perciò ad alcuni documenti ufficiosi trasmessi alla Commissione parlamentare nel corso del 1920, che dovrebbero rappresentare idee largamente condivise nei più alti ambienti dell'Esercito. Di uno di essi, un fascicolo a stampa dello Stabilimento poligrafico per l'amministrazione della guerra, datato 1920, è indicato l'autore nel tenente colonnello di S. M. Mario Berti (33). Secondo questo studio, che dovrebbe rappresentare la sintesi di un testo più particolareggiato, il nuovo Esercito permanente dovrà essere piccolo, con la ferma più breve possibile e abbastanza flessibile perché la sua efficienza non risenta troppo delle variazioni delle disponibilità finanziarie. Questo organismo dovrà consentire di raggiungere in guerra la forza di ottanta Divisioni ternarie, normalmente su nove battaglioni di fanteria, partendo da sessantanove nuclei di mobilitazione, di cui nove alpini, riducibili eventualmente a cinquantadue, di cui dodici alpini. La preparazione premilitare trova coronamento nelle scuole medie superiÒri. Negli ultimi due o tre anni di scuola, le autorità militari assumono la direzione di tale istruzione fino allora affidata alle autorità scolastiche. Calcolato un gettito totale annuo di diplomati pari a 40.000 giovani, se ne dovevano scegliere da dieci a dodicimila per frequentare un corso prettamente militare di tre mesi in luglio, agosto e settembre. Gli allievi idonei saranno nominati sottotenenti e, alla chiamata della loro classe, tenuti a compiere cinque mesi e mezzo di servizio di prima nomina. Il gettito corrisponderebbe ad un fabbisogno in guerra di 200.000 ufficiali di com(:32) Un ampio panorama critico di questa pubblicistica si può vedere in RocHAT: << L'Esercito italiano da Vittorio Veneto a Mussolini », cit. (33) AUSSME, racc. OM 292.
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plemento. Gli ufficiali di carriera e i sottufficiali sono, rispettivamente, da venti a venticinquemila e da quindici a ventimila. L'istruzione premilitare di massa deve cominciare nelle scuole inferiori, inserita nei corsi di ginnastica, per passare poi, col crescere dell'età, sotto il diretto controllo delle autorità militari, utilizzando un certo numero di reggimenti come nuclei per l'istruzione dei giovani fra i diciassette ed i venti anni. I giovani saranno chiamati a frequentare presso questi nuclei circa cinquanta lezioni . Sarà sufficiente la presenza ad almeno quaranta di esse e il superamento di una prova finale di idoneità per ottenere un brevetto che darà diritto ad una riduzione della ferma da undici a sei mesi. In ogni caso, otto o dieci mesi vengono ritenuti sufficienti per istruire le reclute di fa nteria e per « avere alle armi sempre forza sufficiente per parare un attacco improvviso dei nemici di dentro e di fuori ». Per gli automobilisti la ferma necessaria sarebbe stata di quindici mesi, mentre per la cavalleria e l'aviazione si sarebbe provveduto con l'arruolamento di volontari. La forza bilanciata sufficiente era valutata in 175.000 uomini di leva e 29.000 volontari, compresi i sottufficiali, reclutati nella misura di u.500 uomini ogni anno. Considerato che i sottufficiali non dovevano essere più di ventimila, sembra prevista anche per la maggior parte di essi una ferma relativamente breve. In tempi normali i nuclei divisionali, denominati Brigate, sarebbero stati costituiti da un reggimento di fanteria, su tre battaglioni e quindici compagnie, e da un reggin1ento di artiglieria, su tre gruppi e sei batterie, di cui quattro leggere e due pesanti. Al momento della mobilitazione, ogni battaglione ne generava altri due per formare un reggimento agli ordini del comandante del battaglione permanente. Analogamente, ogni gruppo di artiglieria darebbe vita ad un reggimento su due gruppi di tre batterie. Il reggimento di artiglieria pesante passerebbe al livello ordinativo superiore, mentre i tre reggimenti di fanteria e i due reggimenti di artiglieria leggera sorti dallo stesso nucleo formerebbero la Brigata, con a capo l'ufficiale che comandava il reggimento permanente di fa nteria. Tre Brigate formerebbero una delle venti Divisioni previste. E' evidente che le denominazioni delle Grandi Unità in tempo di gu:~ra sono scalate di un posto rispetto ai tradizionali livelli orgamc1. Per le truppe alpine i criteri di mobilitazione sono concettualmente identici, ma le unità risultano più leggere in quanto il nucleo iniziale, costituito da un reggimento alpini e da un gruppo di
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quattro batterie da montagna, si limita a sdoppiarsi, dando luogo ad una Brigata ternaria su tre raggruppamenti misti di due battaglioni e due batterie. Le Brigate alpine così costituite verrebbero organicamente assegnate a Divisioni di fanteria. Per la copertura mobile sono costituite tre Brigate celeri, ciascuna composta di tre reggimenti di cavalleria su un totale di dodici squadroni, un reggimento ciclisti su due battaglioni e un gruppo di artiglieria autoportata su due batterie. Poiché la cavalleria è formata esclusivamente da volontari, questa parte dell'Esercito, destinata ad interventi immediati, sarebbe permanentemente ad un buon livello di forza e di efficienza e subirebbe al momento della mobilitazione solo una limitata espansione delle sue componenti. In sintesi, l'Esercito di pace sarebbe composto di otto Corpi di Armata, venti Divisioni, sessanta Brigate di fanteria, eventualmente riducibili a quaranta, nove alpine e tre celeri , pronte a trasformarsi, senza mutamenti nei comandi e nelle denominazioni, in unità di livello superiore. A questa ingegnosa articolazione del passaggio dall 'esercito di pace a quello mobilitato, che presuppone una perfetta organizzazione della base logistica della mobilitazione, come i magazzini e i trasporti, il tenente colonnello Berti aggiunge una strutturazione sufficientemente precisa dell' esercito permanente. Le compagnie di fanteria, alpini e bersaglieri, in totale 1056, avrebbero una forza totale di 125.000 uomini ed una sufficiente forza unitaria. Le unità di artiglieria, che oltre a quelle che si sono citate comprendono quattro parchi d'assedio, tre reggimenti da costa, cinque nuclei controaerei e otto nuclei di carri d'assalto, avrebbero 50.000 uomini suddivisi in 542 batterie. Il genio, formato da undici reggimenti pionieri, dieci battaglioni telegrafonici , un reggimento radiotelegrafisti, un reggimento pontieri e lagunari ed uno ferrovieri, ha una forza di 16.000 uomini, mentre alla cavalleria sono sufficienti quattromila volontari. Non è indicata la forza assegnata ai sessanta nuclei permanenti di istruzione premilitare, né si fa cenno alla struttura dell'aeronautica e dei servizi. Anche nella sua simmetria troppo schematica, il progetto Berti, che presenta qualche analogia con il sistema di mobilitazione adottato in seguito dalla Reichswehr, ha il suo pregio nella capacità di inserire in una visione unica l'esercito di pace e quello mobilitato, riservando la giusta attenzione al dislivello di forza e di numero di unità che ormai necessariamente li separa. Il punto debole del progetto è nell'esiguità delle forze di copertura che debbono garantire in caso di guerra improvvisa lo svolgersi di una mobilitazione che
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priva momentaneamente tutto l'esercito di qualsiasi capacità operativa. La spesa annua prevista per un organismo militare di questo tipo è di 1.045 milioni, contro i r.700 milioni occorrenti per l'ordinamento Bonomi. Un altro progetto, meno preciso nei particolari di quello Berti, cui però fa esplicito e positivo riferimento, è contenuto in una relazione riservata a stampa, pure del r920, senza indicazione dell'autore, né dell'ufficio da cui trae origine (34). Basato su una ferma di sei mesi ed un contingente di 240.000 uomini, la proposta, che si riferisce ad un « tipo di nazione annata protetta adattato alle condizioni italiane », assicura un nucleo permanente di copertura costituito da sei Divisioni ternarie di fanteria e da una Divisione celere, con una forza minima di 80.000 uomini. I reparti si formerebbero con le reclute, attraverso due mesi di addestramento, presso i centri di istruzione. Poi al completo, compresi gli ufficiali, passerebbero alle unità di copertura. La forza bilanciata necessaria, compresi 30.000 volontari permanenti, è di r50.ooo uomm1. I 54 centri di istruzione si trasformerebbero in caso di guerra in altrettanti centri di mobilitazione, costituendo ciascuno tre reggimenti, in modo da formare, in aggiunta alle forze di copertura, 54 Divisioni di fanteria, due di bersaglieri e sei Brigate alpine. Questo progetto, che si dice ispirato al modello svizzero, presuppone una forza di 30.000 militari di truppa a lunga ferma, di cui ro.ooo specialisti e gli altri graduati istruttori. I quadri sono in doppia serie rispetto alle unità di copertura e continuamente si alternano al comando. Inoltre è previsto il mantenimento in servizio permanente di tutti gli ufficiali necessari per il comando delle unità maggiori, fino al reggimento incluso, in caso di mobilitazione, nonché un terzo dei comandanti di battaglione e un quinto di quelli di compagnia, non necessariamente del grado adeguato. Gli ufficiali di complemento saranno richiamati di frequente ed i più idonei progrediranno nella carriera di pari passo con gli ufficiali in servizio permanente di uguale anzianità. Un centro di istruzione avrà in organico, compreso il battaglione in corso di addestramento, trentadue ufficiali. Mentre la copertura è assicurata, secondo questo progetto, da un notevole nucleo di forze sommariamente istruite, la debolezza (34) A USSME, racc. OM 292. Titolo della pubblicazione: della leva in relazione ai vari tipi di ordinamento ».
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del sistema sembra risiedere nei nuclei di mobilitazione, normalmente con forza che oscilla da zero a un battaglione, chiamati al momento del bisogno a dar vita a ben tre reggimenti. Sembra in stretto collegamento con il precedente il progetto « Circa una nazione armata tipo italiano», compilato nel 1920 per la Commissione parlamentare, dì cui è stato possibile reperire una bozza (35). Anche questo prevede un nucleo permanente di copertura di 80.000 uomini, articolato in sei Divisioni ternarie, e la mobilitazione in tempo di guerra di sessanta Divisioni. Presupposti una forza bilanciata di 175.000 uomini, dato base per tutti i progetti esaminati, e un contingente di circa 250.000 reclute, sarebbe possibile una ferma di otto mesi per 210.000 e di tre mesi per 40.000 uomini. Al funzionamento di questo sistema sono necessari 25.000 volontari permanenti. Il documento sostiene che alla ferma di otto mesi era favorevole anche il Capo di Stato Maggiore dell'epoca, cioè il generale Badoglio. E' interessante l'affermazione che l'Esercito permanente non rappresenta più l'intelaiatura di quello mobilitato, ma semplicemente la classe in corso di istruzione. Il meccanismo di mobilitazione è però più tradizionale e messo a punto con approssimazione. La Brigata prevista per il tempo di pace dall'ordinamento Bonomi, con i suoi quattro battaglioni effettivi e 1ue quadro, deve costituire alla mobilitazione i nove battaglioni di una Divisione ternaria, in cui l'elemento di forza è rappresentato ora dai richiamati, più istruiti dei militari di leva, specie se i primi sono stati soggetti a richiami per addestramento. I progetti di cui si è cercato di delineare rapidamente le caratteristiche rappresentano il risultato dello sforzo di immaginazione compiuto nell'ambito delle strutture dirigenti dell'Esercito per mettere a disposizione del Paese un organismo militare relativamente piccolo e poco costoso, ma capace di fornire un sufficiente livello di sicurezza e di trasformarsi rapidamente nell'esercito di massa che aveva vinto la guerra. Il .fervore di studi riformatori che contraddistinse il periodo esaminato in questo lavoro restò tuttavia senza esiti concreti. La ristrutturazione dell'ordinamento militare che ci si era impegnati a compiere entro la fine del 1920 non ebbe nemmeno un inizio di attuazione e la vita dell'Esercito continuò ancora a lungo a svolgersi secondo i canoni tradizionali. (35) AUSSME, racc. SP 92/3.
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LE VICENDE DEL BATTAGLIONE DI FANTERIA.
Nell'ultimo periodo del conflitto, era ormai convinzione comune che il battaglione fosse divenuto l'unità tattica fondamentale della fanteria. Il problema era di dotarlo delle armi necessarie per consentirgli la massima autosufficienza nel corso dell'azione, quando si attenuava o veniva meno la cooperazione dell'artiglieria e delle bombarde e la stessa forza d'urto si stemperava. C'era anche da sostenere il confronto diretto con il battaglione austro - ungarico che, pur se logorato negli effettivi, aveva il suo punto di forza in ben 36 armi automatiche. Il battaglione italiano, ridotto nel corso della guerra a tre compagnie fucilieri, ciascuna dotata di una sezione di due pistole mitragliatrici, comprendeva anche una compagnia mitragliatrici di sei od otto armi. Il totale delle armi automatiche giungeva al massimo a quattordici, ma erano state da poco introdotte nelle compagnie fucilieri di alcune Brigate le mitragliatrici leggere SIA ed i moschetti automatici. Negli ultimi mesi di guerra si stavano distribuendo ai battaglioni, in sostituzione dei lanciatorpedini Bettica, sezioni di quattro lanciabombe Stokes da 76 mm. Era poi normale il rinforzo del battaglione con armi pesanti a disposizione dei comandi di reggimento, di Brigata e di Divisione. Questi ultimi due comandi disponevano, rispettivamente, di due e di quattro compagnie mitragliatrici. Dal comando di reggimento dipendevano direttamente, in linea teorica poiché le dotazioni effettive erano in relazione alle disponibilità di materiale e di personale addestrato, una sezione lanciafiamme su dodici apparecchi e un reparto di cannoncini da 37 mm su quattro armi. Sul piano organico, va infine considerata la presenza nel battaglione di fanteria di un reparto zappatori e nel reggimento di un plotone d'assalto. I battaglioni alpini, mancando il reggimento come unità tattica, comprendevano nel loro ambito tutte le armi pesanti che si sono citate. Nel settembre 1918 il sottocapo di Stato Maggiore dell'Esercito dava alla 9"' Armata, presso la quale era stato costituito con gli allievi caporali un reparto sperimentale, indicazioni riguardanti la struttura da dare al battaglione di fanteria di nuovo tipo (36). Si era ormai compreso il valore offensivo del fuoco delle armi auto(36) AUSSME, racc. OM 227. Prot. 32555, in data 12 settembre 1918, f.ta Badoglio.
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matiche leggere, mentre alle mitragliatrici pesanti veniva riservato un compito di accompagnamento. Si riteneva perciò opportuno che le compagnie disponessero in proprio di armi automatiche portatili inserite nei plotoni, ciascuno dei quali doveva essere dotato di una mitragliatrice SIA e di una squadra moschettieri con due moschetti automatici. Con il decentramento organico delle armi pesanti reggimentali, il battaglione avrebbe potuto disporre di dieci mitragliatrici pesanti nella compagnia roitraglieri, di due cannoncini da 37, quattro lanciabombe e quattro lanciafiamme nella compagnia mista e di nove mitragliatrici leggere e diciotto moschetti mitragliatori nelle altre tre compagnie, superando di misura, con 37 armi automatiche in totale, senza contare i moschetti automatici, il battaglione austro - ungarico. Il complesso sarebbe risultato notevolmente robusto e capace di condurre con ampia autonomia una azione offensiva, purché fosse risolto il problema del rapido trasporto delle armi pesanti e del relativo munizionamento. Gli esperimenti presso il battaglione tipo debbono essersi discostati dalle direttive di Badoglio, se poco più di un mese dopo, da un promemoria del maggiore Fabris (37), risulta che le armi pesanti sono state, sempre a titolo sperimentale, ulteriormente decentrate. Il battaglione risultava composto di una compagnia mitragliatrici su otto armi e di tre compagnie miste. Ognuna di queste contava un plotone con dieci moschetti automatici, un plotone con sei mitragliatrici leggere, un plotone lanciabombe e una sezione lancia.fiamme. La compagni a risultava così molto complessa e appesantita, con una punta d'assalto troppo limitata, ma il battaglione con le sue 56 armi automatiche era molto più potente, una « potenza data dal fuoco anziché dalla baionetta e dalla massa uomo », come efficacemente sintetizzava il maggiore F abris. Subito dopo l'armistizio, il battaglione tipo degli allievi caporali fu sciolto. Perché si possa disporre di un reparto sperimentale occorrerà attendere l'istituzione della Scuola centrale di fanteria. Lo sviluppo degli studi e dei progetti tuttavia non si arresta. Nel febbraio 1919 l'Ufficio operazioni del Comando Supremo fa il punto sull'esperienza tratta dalle ultime fasi della guerra in materia di armi della fanteria (38). Anche gli esperimenti fatti con il batta(37) AUSSME, racc. CSVU 274. Promemoria in data 21 ottobre 1918, f.to Fabris. (38) AUSSME, racc. circ. 12. Prot. 93, in data 8 febbraio 1919, del C.S. Uff. Op., f.ta Diaz.
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glione tipo vengono tenuti presenti. Scarsi sono gli accenni alle questioni di organica, salvo la forza del battaglione, prevista sui mille uomini, e la preferenza per la Divisione ternaria, ma tutte le armi della fanteria vengono vagliate in relazione alla loro capacità di favorirne l'azione, soprattutto nello spazio al di là del limite di efficacia delle artiglierie divisionali. La sola condanna senza appello riguarda il lanciabombe Stokes, del quale vengono criticate essenzialmente le caratteristiche tecnico - balistiche e si prevede l'utilizzazione soltanto come arma da posizione, una specie di nuova bom barda. Tali idee erano in assoluto contrasto con il sicuro e approfondito giudizio positivo dato sull'arma in più occasioni dal generale Sachero, Ispettore dei bombardieri (39). Anche il lanciafiamme è sacrificato senza esitazioni sull'altare della guerra di movimento. Il cannoncino da 37 è invece valutato assai positivamente per la sua utilità nell'azione contro le postazioni di mitragliatrici. Se ne ritiene possibile l'impiego anche contro le fanterie e i carri armati. Altrettanto positivo è il giudizio sulla mitragliatrice pesante, collaudata da un'esperienza lunga quanto la guerra mondiale. Molto apprezzata è anche la mi tragliatrice leggera SIA, della quale si auspicano modifiche che ne rendano l'impiego più simile a quello dell'arma pesante. Il moschetto automatico, che derivava sia nella versione Revelli, sia in quella Ansaldo, dalla pistola mitragliatrice binata già ampiamente sperimentata in battaglia, riceve invece un giudizio incerto, che peserà a lungo su questo tipo di arma. Il fucile a ripetizione ordinaria, il ben noto m odello '91, è considerato arma dotata di potenza eccessiva rispetto alle concrete possibilità di impiego e se ne auspica implicitamente la sostituzione con un'arma balisticamente meno potente e più leggera. Anche la bomba da fuci le, che con l'abolizione degli Stokes resta la sola arma a t1aiettoria curva della fanteria, riceve più l'auspicio di un possibile miglioramento che un effettivo apprezzamento. La relazione conclude con un lungo paragrafo dedicato all'esigenza di poter disporre di un cannone di circa 70 mm di calibro, capace di seguire ovunque la fanteria, eventualmente scomposto in più carichi, e di effettuare il tiro di accompagnamento a puntamento (39) MoNTÙ C.: « Storia dell'artiglieria italiana ». Vol. XIV, Roma, 1951, pag. 606. Relazione Sachero al Ministero della Guerra, in data 2 d icembre 1918. Si può anche vedere : AUSSME, racc. OM 263, promemoria in data 5 ottobre 1918, dello stesso gen. Sachero. 15. - Gallinari
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diretto. Nessun accenno è fatto a questo proposito al pezzo da montagna da 65 mm, che verrà ritenuto qualche anno dopo una soluzione adeguata del problema. Un successivo riesame della questione delle armi di fanteria (40) porta a conclusioni meno concrete. Si auspica l'unificazione in una sola arma del peso di circa dieci chilogrammi delle mitragliatrici leggera e pesante, senza però far cenno a materiali in corso di definizione. L'esigenza del tiro curvo, scartata la bomba da fucile, viene rinviata ad una trasformazione del cannoncino da 37 che, grazie ad un apposito sottoaffusto, si potrebbe tramutare in un piccolo mortaio. Il moschetto automatico, che dovrebbe avere un congegno di sparo analogo a quello della mitragliatrice per facilitare l'addestramento, non viene scartato, ma viene posta in risalto l'insufficienza dei modelli adottati senza rinviare a studi precisi in argomento. Sembra quasi che da una impostazione estremamente problematica della questione si voglia implicitamente trarre la conferma del primato del vecchio fucile. Nei mesi successivi la relazione preparata dalla « Commissione di revisione del battaglione tipo >) è sottoposta al vaglio di vari uffici (41). Sembra ormai acquisita l'adozione .del moschetto automatico e i tre plotoni della compagnia sono ora articolati in due squadre, comprendenti un nucleo moschetti automatici e un nucleo mitragliatrice leggera. Il battaglione, la cui forza numerica è alquanto ridotta, è ripartito in tre compagnie armi leggere, con diciotto mitragliatrici leggere, e una compagnia armi pesanti, con cannoncini e mitragliatrici FIAT. Su quest'ultima soluzione non c'è accordo. Secondo la Scuola di Illasi, incaricata degli esperimenti, i quattro cannoncini dovrebbero costituire una compagnia a sé. Per la Commissione essi dovrebbero essere soltanto tre, riuniti in un plotone della compagnia mista. Per il Comando Supremo dovrebbero rimanere quattro, riuniti in due plotoni della compagnia armi pesanti, che conta anche tre plotoni mitragliatrici con sei armi complessivamente. Il battaglione, sempre secondo il Comando Supremo, dovrebbe essere completato da una quinta compagnia, con un plotone misto, uno zappatori e uno collegamenti. Non si sono rintracciati documenti sugli studi successivi, ma risulta che a febbraio del 1920 la struttura del nuovo battaglione (40) AUSSME, DS 3" Armata. Prot. 539, in data 28 maggio 1919, del C.S., f.ta Badoglio. (41) ACS, carte 1° aiutante, filza 309. Prot. 997, in data II settembre 1919, del C.S. • Uff. Add., f.ta Badoglio.
TRA IL VECCHIO E IL NUOVO
22 7
viene considerata ormai definita (4-2). La squadra è l'unità elementare di combattimento, armata di una mitragliatrice leggera, ma non articolata in nuclei. Secondo il nuovo schema, oltre a tre compagnie armi leggere, il battaglione dispone di una compagnia armi pesanti con quattro cannoncini e sei mitragliatrici, il cui impiego avviene normalmente mediante decentramento alle altre compagnie. Lo schema logistico prevede che ogni comandante sia responsabilizzato per i propri rifornimenti. Sembra che le idee iniziali favorevoli ad un battaglione robusto e potente si siano alquanto stemperate. Le armi automatiche sono ora, tra leggere e pesanti, ventiquattro. La mancata adozione del moschetto automatico, che pure continua ad essere visto in lontana prospettiva, rende piuttosto limitata la potenza di fuoco. Il problema del tiro curvo, nonostante la riconfermata fiducia nelle bombe da fucile, resta sostanzialmente irrisolto. Alla fine del 1920, però, le nuove tabelle graduali numeriche (43) sembrano voler far tornare il battaglione di fanteria alla struttura che aveva nella prima fase della guerra. Le compagnie base si chiamano di nuovo compagnie fucilieri e sono su tre plotoni di tre squadre. Il battaglione ha una compagnia mitragliatrici pesanti carreggiate, su sei armi, e un reparto zappatori . Ogni altra arma pesante è scomparsa e non ne sono previsti reparti reggimentali o di Brigata. Dopo tanti studi ed esperimenti su soluzioni avanzate e valide, si è tornati al modello del 1916, a suo tempo resuscitato dal Ministro Albricci per le truppe del territorio, con un battaglione povero di armi automatiche e assolutamente privo di armi a tiro curvo.
5·
CoNCLUSIONE.
La vicenda dei progetti riguardanti il « nuovo >> battaglione di fanteria, che si è potuta ricostruire grazie ad una relativa abbondanza di documenti, ha in qualche modo valore di esempio. Essa testimonia come, almeno nel campo dell'organica e degli armamenti, l'esperienza della grande guerra si sia andata rapidamente dissolvendo. (42) AUSSME, racc. circ. 13. Proc. 169, i11 data 5 febbraio 1920, dello S.M.R.E., f.ta Badoglio. (43) ACS, carte 1° aiutante, filza 308. Circ. min. 206oo, in data 20 dicembre 1920, f.ta Bonomi.
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L'ESERCITO
ITALI ANO
NEL
PRIMO DOPOGUERRA
19c8 • I 920
Più che i limiti finanziari, l'incomprensione delle nov1ta me· versibili che il conflitto appena terminato aveva apportato all'arte della guerra sembra indurre i vertici militari italiani a teorizzare ed attuare un ritorno all'antico, quasi che la lunga e terribile prova che l'Esercito aveva sostenuto vittoriosamente, ma a prezzo di tanti sacrifici non tutti necessari, fosse una parentesi da richiudere al più presto. Il battaglione di fanteria viene gradualmente spogliato, come si è visto, di tutte quelle armi automatiche e d 'accompagnamento che erano state inserite nel suo organico e in quello del reggimento nel corso del conflitto, aggiungendosi alla mitragliatrice pesante, che sia pure in minor proporzione era già presente all'epoca del· l'intervento in guerra. Ci vorranno molti anni prima che la fante· ria italiana torni ad essere dotata di armi a tiro curvo e di armi automatiche leggere analoghe a quelle che dopo l'armistizio ven· gono radiate con eccessiva facilità. I materiali d'artiglieria sembrano i soli a veder consolidate le innovazioni apportate durante la guerra, ma a ben considerare si tratta di modifiche più quantitative che qualitative. Infatti, lo svi· luppo numerico delle batterie pesanti campali, che viene conservato dopo il ritorno alle condizioni di pace, riguarda materiali già adot· tati prima della guerra o ad essi assai simili. L'unico elemento di effettiva novità è rappresentato dal giusto apprezzamento delle qua· lità tattiche e balistiche dei materiali di preda bellica da 149, 100 e 75 millimetri. Scompaiono invece rapidamente, senza sostituzione alcuna, gli autocannoni da 102 mm e l'autotrasporto dei pezzi da campagna viene confinato in limiti assai ristretti. I on vale a modificare la fisionomia generale dell'Esercito nero· meno il grande patrimonio di automezzi accumulato durante la guerra. In larghissima parte esso viene fatto deperire a causa della mancanza di una efficiente organizzazione di recupero e ripara· zione e perfino di una attenta custodia dei materiali. Sorte molto simile subisce anche l'ingente quantità cli materiale aeronautico che l'industria italiana era riuscita a produrre nell'ultimo periodo della guerra, mentre viene arrestata sul nascere la costruzione di mezzi corazzati, già avviata con larghezza. Si è data la prova che il vertice militare non h a ostacolato una rapida smobilitazione, almeno finché non si profilarono per l'Eser· cito impegni superiori a quelli previsti per il tempo di pace. Tuttavia, c'è stata sempre da parte di esso una vigile attenzione alle vicende della forza numerica.
TRA
Il.. VECCHIO E
IL NUOVO
E ' mancata invece la volontà di far fronte alla forte riduzione degli uomini alle armi , che il Paese chiedeva e la dirigenza militare accettava, con un più intenso ricorso ai materiali bellici moderni , del resto già disponibili e sperimentati. Complementare a questa tendenza dell'ambiente militare, fu la decisione dell 'autorità civile a favore di una rapidissima e totale distruzione della notevole capacità produttiva conseguita dall'industria italiana nel campo degli armamenti. Contemporaneamente, la dottrina abbandona con fastid io le esperienze offensive e difensive della guerra di posizione per teorizzare una guerra di movimento che avrebbe potuto trovare le proprie basi soltanto in una più ricca e moderna panoplia di materiali mili tari. Si apre così un drammatico divario, destinato a crescere fino agli anni della second a guerra mondiale , fra i compiti che si vogliono assegnare all'Esercito e la sua effettiva consistenza. La scelta a favore di un Esercito per tanti aspetti più simile a quello del 1915 che a quello del 1918, avvenuta negli anni del primo dopoguerra, peserà in modo allora impensabile sugli avvenimenti futuri.
ALLEGATI
.
ORDINAMENTO ALBRICCI (r. d. 21 novembre 1919, n. 2143) * CAPO
I
GENERA LIT À Art.
I
Il R. Esercito è ord inato in 15 corpi d'armata territoriali, 30 divisioni di fanteria e 2 di cavalleria, e comprende i seguenti elementi, che sono permanentemente mantenuti in servizio : a) Stato maggiore deU"esercito e comandi di grandi unità; b) Arma dei Carabinieri reali; e) Arma di Fanteria ; d) Arma di Cavalleria; e) Arma di Artiglieria: f) Arma del Genio; g) Corpo aero nautico; h) Distretti militari; ,) Corpo invalidi e veterani; k) Corpo automobilistico: l) Corpo del treno; m) Corpo sanitario militare; n) Corpo di commissariato militare; o) Corpo di amministrazione; p) Corpo veterinario militare: q) Scuole, istituti e stabilimenti vari; r) Tribunale supremo di guerra e marina e tribunali militari; s) Reparti di punizione e stabilimenti militari di pena. In tempo di pace i quadri dei suddetti elementi sono normalmente costituiti da ufficiali in servizio permanente, il cui numero è determinato dalle tabelle appresso indicate per ciascuno d i essi. Presso il Ministero della G uerra, comandi, uffici ed in missioni all'estero sono comandati in servizio di stato maggiore ufficiali dal grado d i colonnello a quello di capitano. Essi sono compresi nella tabella di cui all'articolo 58. Per quanto riguarda la giustizia militare, rimane in vigore il D . L. n. 457 dell' , r aprile 1918. Oltre ai sopra detti elementi permanentemente mantenuti in servizio, fanno parte del R. Esercito unità delle diverse armi e corpi che, di massima, vengono costituite alratto della mobilitazione ovvero per brevi periodi di istruzione o per ragion i di ord ine interno. !I numero e .la costituzione d i dette uni tà è stabilito per decreto reale.
• Giornale Militare Ufficiale, 19r9, disp. 73".
2
34
L'ESERCITO
ITALIANO NEL
PRIMO
Art.
DOPOGUERRA
1918 • 1920
2
I militari deU-esercito comprendono: a) Ufficiali; b) Sottufficiali; e) Truppa.
A) Ufficiali La progressione dei gradi degli ufficiali è la seguente: UFFICIALI GENERALI
Generale d 'Esercito; Tenente Generale (eventualmente Ten. Generale medico); Maggior Generale, Magg. Generale medico, Magg. Generale commissario; Brigadiere Generale, Brig. Generale medico, Brig. Generale commissario. UFFICIALI SUPERIORI
Colonnello; Col. medico, Col. commissario, Col. d·amministrazione, Col. veterinario; Tenente Colonnello; Ten. Col. medico, Ten. Col. commissario, Ten. Col. d'amministrazione, Ten. Col. veterinario; Maggiore; Magg. medico, Magg. commissario, Magg. delle sussistenze, Magg. di amministrazione, Magg. veterinario. GFFlClALI IKFERIORI
Capitano; Capir. medico, Capir. commissario, Capit. delle sussistenze, Capir. d 'amministrazione, Capit. veterinario; Tenente; Ten. medico, Ten. commissario (1), Ten. delle sussistenze, Ten. d 'amministrazione, Ten. veterinario; Sonotenente; Sonoten. medico (1), Sottoten. commissario (1), Sottotenente delle sussistenze, Sottoten. d'amministrazione, Sottoten. veterinario ( 1); Maestro direttore di banda; Aspirante medico ed aspirante dentista ( 1 ). Gli ufficiali del corpo sanitario militare, del corpo dì commissariato militare, del corpo d'amministrazione, del corpo veterinario militare, ed i mae· stri direttori d i banda hanno grado effettivo con diritti ed obblighi pari a quelli degli altri ufficiali dell'esercito, e ne portano i distintivi. Però essi percorrono altrenante carriere distinte, e non possono mai, qualunque sia il loro grado, in caso di mancanza dì militari di altri corpi ed armi, farne le veci: eccezione fatta per gli Ufficiali d'amministrazione dei Depositi, i quali, in mancanza d i ufficiali di grado superiore o uguale al proprio, possono assumere il temporaneo comando dei Depositi.
( r) Solo per ufficial i in congedo.
ORDINAMENTO
ALBRICCI
2 35
B) Sottufficiali La progressione dei gradi dei sottufficiali è la seguente: Maresciallo (maggiore, capo, ordinario), Maresciallo d 'alloggio dei carabinieri reali (maggiore, capo, ordinario); Sergente maggiore, brigadiere dei carabinieri reali; Sergente, vice brigadiere dei carabinieri reali.
C) Truppa La progressione dei gradi di truppa è la seguente: Caporal maggiore, appuntato dei carabinieri reali; Caporale, carabiniere; Appuntato, soldato, allievo carabiniere. Tanto nei gradi degli ufficiali quanto in quelli dei sottuflìciali e deHa truppa, le vacanze nei gradi superiori possono essere compensate da corrispondenti eccedenze nei gradi inferiori.
CAPO
Il
COMANDI, REPARTI E SERVIZI 0
STATO MAGGIORE DELL ESERCITO E COMANDI DI GRANDI UN ITÀ
Art. 3 Fanno parte dello stato maggiore dell'Esercito: a) 11 Capo di stato maggiore dell'Esercito, il quale, in tempo di pace, sotto la dipendenza del Ministro della Guerra, ha l'alta direzione degli studi per la preparazione della guerra; b) Il Sottocapo di Stato Maggiore dell'Esercito, il quale coadiuva il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito e lo sostituisce in caso di assenza; e) I cinque ufficiali generali designati per l'eventuale comando di una armata in guerra; d) L'Ispettore generale dell'Esercito e gli ispettori generali delle armi di fanteria, cavalleria, artiglieria e genio; e) I 15 comandanti di corpo d'armata territoriale; /) J 30 comandanti di divisione di fanteria e i 2 comandanti di divisione di cavalleria; g) Il Presidente del Tribunale Supremo di Guerra e Marina; h) Gli ufficiali generali di arma combattente non compresi negli articoli seguenti. Sono inoltre istituiti i seguenti alti consessi militari, la cui composizione è determinata per decreto reale: a) La Commissione suprema per la difesa dello Stato, per risolvere, in tempo di pace, le più importanti questioni concernenti la preparazione della difesa nazionale; b) Il Consiglio degli Ispettori, per dar parere su alcune questioni riguardanti l'Esercito.
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0
L ESERCITO
ITALIANO
NEL P RIMO l)O POG UERRA
1918 - 1920
A rt. 4 In complesso gli ufficiali generali, esclusi quelli indicati negli articoli seguenti, relativi alle varie arm i e corpi, non supereranno la cifra di:
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Generali d 'esercito; (le nom ine a tale grado possono aver luogo solo per ufficiali generali che abbiano comandato un'armata in tempo di guerra): Tenenti generali ; Maggiori generali e brigadieri generali
T otale 76 N .8 . - ~ on sono compresi ,n questa tabella Guerra, come : Ministro , Sonosegrcrario di Stato, S<'rvizi e,tranei all"cscrcito. Se un ufficiale gcncr31c viene a cessare dalla di Stato, mentre è completo l'organico dello stato ,opraonumero lino alla prima vaca nza ch e si fad competere. CA RABI N I ERI
gli ufficiali addeni al Min i,tcro dell a d ireLtori generali, e qucll i add cni a carica di :\linistro o di Sottosegretario maggiore generale. potrà rimanere in nel g r.ido e nella carie:, che gli pu,)
REA LI
Art. 5
I carabin ieri reali comprendono: a) li Comando generale delrarma; b) 7 Comandi di gruppo di legioni; e) 22 legioni; d) , Scuola allievi ufficiali carabinieri; e) 1 Scuola allievi sottuffic iali carabin ieri. A rt. 6 L'organico degli ufficiali e.lei carabinieri reali ~ il seguente (2): Tenente generale Comandante generale dcll"Arma ; r Maggior Generale comandante in 2~; Maggior Generale o Brigadiere Generale addetto; 7 Maggiori Generali o Brigadieri Generali comandanti di di gruppo di legioni; 31 Colonnelli; 9() T enenti colonnelli ; 127 Maggiori; 379 Capitani; 724 T enenti e sottotenenti; Maestro direttore di banda T otale 1362 (2) Non sono compresi nel la presente: 1abella g li ufficiali addetti al scn 1z10 negl i arsenali marittimi, e quelli che ~ono portati nel quadro orga nico del R. Corpo di Truppe Colonial i. Il numero degli ufficiali, eccettu ati i colonnell i e i tenenti colonn elli, pub c,'<:re ,•ari ato con legge di bi lancio, in relazione ai bisogni della ,icurezz:i pubblica.
ORDI:-iAM.EXTO
ALBRICCI
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FANTERI A
Art. 7
La fanteria comprende: a) r Ispettorato generale dell'Arma: b) 30 Comandi di divisione di fanteria; e) r Comando di brigata granatieri; d) 53 Comandi di brigata di fanteria di linea; e) 6 Comandi di brigata bersaglieri; f) 4 Comandi di brigata alpini; g) 2 Reggimenti granatieri; h) rn6 Reggimenti fanteria di linea ; ,) 12 Reggimenti bersaglieri: l) 9 Reggimenti alpini; m) 1 Gruppo di carri armati. Ciascun reggimento di granatieri, di fanteria di linea e di bersaglieri si compone di I Comando, 3 battaglioni e 1 deposito. I primi 2 reggimenti bersaglieri hanno inoltre un battaglione ciclisti. Ciascun reggimento cli alpini si compone di 1 Comando, 2 a 4 battaglioni e I deposito; in totale si hanno 27 battaglioni. Il gruppo carri armati si compone di un reparto cli carri d'assalto, un reparto autoblindomitragliatrici e un deposito. Art. 8 L'organico degli ufficiali di fanteria è il seguente (3): 64 Brigadieri Generali; 130 Colonnelli: 276 Tenenti colonnelli; 509 Maggiori: 2159 Capitani; 3687 Tenenti e sottotenenti (4): rn8 Maestri direttori di banda Totale 6933 CAVALLERIA
Art. 9 La cavalleria comprende: a) 1 Ispettorato generale dell'arma; b) 2 Comandi di divisione di cavaJJcria; (J) Non sono comprc,i nella presente tabella gl i ufficiali che wno portati nel quadro organico del R. Corpo di Truppe Coloniali e quelli che coprono posizioni assegnate ad ufficiali fuori quadro. (-1) Fino alla concorrcnz:1 di un quarto potranno c.,~re wstituiti da ufficiali di com· plemcnto.
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L'ESERCITO
ITALIANO
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PRIMO
DOPOGUERRA
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e) 6 Comandi di brigata di cavalleria; d) 16 Reggimenti di cavalleria; e) Depositi di allevamento cavalli per cavalleria cui sono addetti squadroni di rimonta; I) 4 Squadroni palafrenieri. Ogni reggimento di cavalleria si compone di 1 comando, 2 gruppi di squadroni e I deposito. Ogni deposito di allevamento cavalli si compone di una direzione militare e di un personale civile. Il numero dei depositi di allevamento cavalli, quello degli squadroni <li rimonta e il loro organico saranno stabiliti per decreto reale. Art.
10
L'organico degli ufficiali <li cavalleria è il seguente (5) : 6 Brigadieri generali; 17 Colonnelli; 22 Tenenti colonnelli; 36 Maggiori; 137 Capitani; 264 Tenenti e sottotenenti (6) Totale
4
2
ARTI GLI ERI A
Art.
II
L'artiglieria comprende: a) 1 Ispettorato generale delrarma; b) 1 Ispettorato delle costruzioni d'artiglieria; e) 15 Comandi di brigata di artiglieria di Corpo d'Armata; d) 30 Reggimenti di artiglieria da campagna (a traino animale); e) 15 Reggimenti di artiglieria campali pesanti (a traino meccanico) ; I) 1 Reggimento di artiglieria autoportato; g) 1 Reggimento artiglieria a cavallo; h) 3 Reggimenti artiglieria da montagna; i) 6 Reggimenti artiglieria pesante; /) 4 Reggimenti artiglieria da costa; m) 3 Depositi scuola antiaerei; 11) 1 Reparto palafrenieri; o) 1 Direzione delle esperienze; p) 15 Direzioni di artiglieria; con sottodirezioni e sezioni staccate il cui numero è stabilito per decreto reale in relazione alle esigenze del servizio; (~) on sono compresi nella presente tabella gli ufticiali che sono portati nel quadro organico del R. Corpo di Truppe Coloniali e quelli che coprono posizioni assegnate ad ufficiali fuori qu3dro. (6) Fino alla concorrenza di un quarto potranno essere sostituiti d.1 ufficiali di com· plemcnto.
ORDI NAMENTO ALBRICCI
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q) Stabilimenti di artiglieria: r) Depositi di allevamento cavalJi per artiglieria, cui sono addetti reparti di rimonta; il numero dei depositi e dei reparti è stabilito per decreto reale. I reggimenti di artiglieria da campagna, campali pesanti, pesanti e da costa si compongono di I Comando, di 4 gruppi e di un deposito. li reggimento autoportato si compone di I Comando, 5 gruppi e r deposito. Il reggimento artiglieria a cavallo si compone di , Comando, di 2 gruppi e di 1 deposito. I reggimenti di artiglieria da montagna si compongono di un Comando, di 3 gruppi e di un deposito. I depositi scuola antiaerei si compongono di I Comando e 5 reparti. Al servizio tecnico di artiglieria sono permanentemente adibiti ufficiali generali ed ufficiali dell'arma costituenti un ruolo speciale. Sono assegnati definitivamente a tale ruolo gli ufficiali che abbiano seguito con ottimi risultati il corso superiore tecnico di artiglieria e prestato lodevolmente il servizio tecnico presso gli stabilimenti dell'Arma. Le varie cariche sono conferite per ordine di ruolo. Quando per ragioni di speciale competenza, nella nomina ad una carica superiore occorra non seguire l'ordine d 'iscrizione nei quadri d'avanzamento, la nomina sarà fatta per incarico. Possono essere destinati al serv izio tecnico, continuando ad appartenere al ruolo combattente dell'arma di artiglieria, alcuni ufficiali aggregati, per coprire vacanze degli ufficiali tecnici nel ruolo. In via eccezionale possono essere destinati agli stabilimenti com e comandati, anche ufficiali di altre armi, specialisti e notoriamente competenti in determinate applicazioni tecniche. Questi ultimi non saranno computati nel ruolo tecnico. Gli stabilimenti di artiglieria sono i seguenti: fabbriche d'armi; arsenali di costruzione: laboratori pirotecnici; laboratori di precisione: polverifici; officine di costruzione. Il numero di questi stabilimenti è determinato per decreto reale. Art.
12
L'organico degli ufficiali di artiglieria (ruolo combattente) è il seguente (7) : 2 Magg. Generali o Brigadieri Generali addetti all'Ispettorato generale d "artiglieria; 15 Maggiori general i o Brigadieri generali comandanti di brigata di artiglieria di corpo d'Armata; 81 Colonnelli; (7) Non ~no compresi nelk1 pre..cnre tabella gli ufficiali che wno ponati nel quadro organico del R. Corpo di Trupp<: Coloniali e quel li che coprono posizioni assegnate ad ufficiali fuori quadro.
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L.ESERCITO
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127 Tenenti colonnell i; 238 Maggiori; 1080 Capitani; 1836 Tenenti e sottotenenti (8) Totale 3379 Art. 13 L'organico degli ufficiali del ruolo tecnico d i artiglieria è il seguente: Generale Ispettore delle costruzioni d 'artiglieria (Ten. Generale o Magg. Generale); 1 Generale addetto (Magg. Generale o Brigadiere Generale); 6 Direttori principali delle costruzioni d'artiglieria (Brigadieri Generali, Colonnelli o Ten. Colonnelli); ro D irettori di costruzioni di artiglieria (Colonnelli, Ten. Colonnelli o Maggiori); 6o Addetti alle costruzioni d'artiglieria (Ten. Colonnelli, Magg iori, Capitani o Tenenti) Totale
78 GENIO
Art. 14 li genio militare è ordinato nel modo seguente: a) 1 Ispettorato generale dell'arma; b) 15 Comandi del genio di corpo d 'armata: e) 15 Battaglioni di zappatori; d) 1 Reggi mento minatori; e) 15 Battaglioni telegrafisti; /) J Reggimento radiotelegrafisti; g) 1 Reggimento pontieri e lagunari; h) r Reggimento specialisti; i) 1 Reggimento ferrovieri; f) 15 Direzioni del genio, con sottodirezioni e uffici forti ficazioni il cui numero è stabilito per decreto reale in relazione alle esigenze del servizio; m) 1 Officina di costruzione. I reggimenti minatori e radiotelegrafìsti sono costituiti da 1 Comando, 5 Battaglioni e un deposito. I reggimenti ferrov ieri, specialisti, e pontieri - lagunari sono costituiti da un Comando, 4 battaglioni e un deposito. 1 battaglioni zappatori e telegrafisti hanno ognuno un deposito.
(8) Fino alla concorrenza di un quarto potranno essere sostituiti da ufficiali di com· plemenco.
ORDIN AMENTO ALBRICC I
Art. 15 L'organico degli ufficiali del Genio è il seguente (9): Maggior Generale addetto all'Ispettorato generale del Genio; 8 Maggiori Generali o Brigadieri Generali comandanti del Genio di Corpo d'Armata; 7 Colonnelli comandanti del Genio di Corpo d 'Armata; 21 Colonnell i; 45 Tenenti colonnelli; 68 Maggiori; 367 Capitani; 520 Tenenti e sottotenenti (10) T otale 1037 CORPO AERONAUTICO
Art. 16
li Corpo Aeronautico comprende : 1 Ispettorato dì aeronautica; r Raggruppamento aeroplani da caccia; r Raggruppamento aeroplani da bombardamento; Raggruppamento aeroplani da ricognizione; 2 Gruppi Aerostieri; 1 Gruppo dirigibilisti; 1 Comando scuole ; 1 Direzione dei servizi di armamento. Art. 17 Al Corpo aeronautico sono temporaneamente comandati ufficiali delle vane armi, numericamente indicati nella seguente tabella : Magg. generale o brigadiere generale ispettore dell'Aeronautica ; 7 Colonnelli ; 32 Tenenti colonnelli o maggiori; 61 Capitani; 289 Tenenti e sottotenenti Totale 390 Gli ufficiali suddetti sono anche compresi nella tabella dì cui all'art. 58.
(9) Non ,ono compresi nella presente tabella g li ufficiali che sono portati nel quadro organico del R. Corpo di Tru ppe Coloniali e quell i che coprono posizioni assegnate ad ufficiali fuori quad ro. ( 10) F ino :dia concorren za di u n quarto potran no essere sostitu iti da ufficiali di complemento .
16. - Gallinari
24 '.:
L'ESERCITO lTALIJ\l'W
NEL
PRIMO
DOPOGUERRA
1918 • 1920
DisTltETTI MILITARI
Art. 18 I distretti militari sono 130. Ad essi sono assegnati ufficiali delle varie armi numericamente indicati nella seguente tabella: 80 Colonnelli; 80 Tenenti colonnelli; roo Maggiori; 130 Capitani; 260 Subalterni Totale 6so I suddetti ufficiali sono anche compresi nella tabella di cui all'art. 58. CORPO INVALIDI E VETERANI
Art.
19
Il corpo invalidi e veterani si compone di un comando e di due compagnie. L'organico degli ufficiali del Corpo invalidi e veterani è il seguente: Tenente colonnello o maggiore; 2 Capitani; 7 Tenenti e sottotenenti Totale
10 CORPO AUTOMOBILISTICO
Art.
20
Il corpo automobilistico provvede ai servizi a utomobilistici di carattere generale, esclusi quelli inerenti al servizio particolare delle varie armi e corpi. Esso è costituito da: I Direzione centrale automobilistica, che provvede ai rifornimenti ed alle riparaz10m; 15 Centri automobilistici. Art.
2I
L'organico degli ufficiali del corpo automobilistico è il seguente : 1 Colonnello; 10 Tenenti colonnelli; ro Maggiori; 73 Capitani; 1 27 Subalterni Totale
221
I suddetti ufficiali sono anche compresi nella tabella di cui all'art. 58.
ORDl:\AMENTO
ALBRICCI
CO RPO DEL TRENO
Art.
22
Il Corpo del treno provvede ai servizi di traino, con trazione animale, di carattere generale, esclusi quelli inerenti a] servizio particolare delle varie . . armi e corpi. Esso è costituito da 15 gruppi treno ai quali sono assegnati ufficiali delle armi di cavalleria, artiglieria e genio numericamente indicati nella seguente tabella: 8 Tenenti colonnelli; 7 Maggiori; 15 Capitani; 15 Subalterni Totale 45 I suddetti ufficiali sono anche compresi nella tabella di cui all'art. 58. CoRPO
SA:-,IITARJO ~IILITARE
Art.
23
Il corpo sanitario militare consta di: Ispettorato di sanità militare; 15 Direzioni di sanità militare ; Direzioni di ospedali militari principali e succursali; Ufficiali medici; 15 Compagnie di sanità; 1 Farmacia centrale militare. Il numero delle direzioni di ospedali militari è stabilito per decreto reale. Gli ufficiali medici attendono al servizio sanitario dell'esercito sia presso i corpi cui sono addetti, sia negli ospedali militari, sia nelle sezioni di sanità e negli ospedali da campo. Le compagnie di sanità sono istituite per attendere al servizio degli ospedali militari e di sanità militare in campagna. La loro forza numerica in tempo di pace è adeguata al bisogno del servizio degli ospedali militari, tenuto pure conto dei bisogni per il servizio di sanità in campagna. Sono comandati da ufficiali medici sotto l'aurorità dell'ufficiale medico direttore dell'ospedale militare esistente nella sede rispettiva. Art. 24 L'organico degli ufficiali del corpo sanitario militare è il seguente (11): Tenente Generale o Maggior Generale ispettore capo di sanità; 3 Brigadieri Generali addetti all'Ispettorato di sanità o ad incarichi speciali; ( 11) :-:on sono compre~, nella prc~mc tabella gl i uffici ali che wnn portati nel quadro org3nico del R. Cor po di Truppe Coloniali .
244
L'ESERCITO
ITALIANO
KEL
PRIMO DOPOGUERRt\
1918 • 1920
32 48 128 393
Colonnelli; Tenenti colonnelli; Maggiori; Capitani; 376 Tenenti e sottotenenti (12) Totale
981 CORPO DI COMMISSARIATO MILITARE
Art . 25
Il corpo di commissariato militare comprende: Ispettorato dei servizi di commissariato; 15 Direzioni di commissariato; Ufficiali commissari; Ufficiali di sussistenza; 15 Compagnie di sussistenza; Stabilimenti di commissariato. Gli ufficiali del corpo di commissariato sono tratti, da quelli delle armi di fanteria, cavalleria, artiglieria, genio e del corpo contabile i quali soddisfacciano alle condizioni che saranno determinate dal regolamento. Le compagnie di sussistenza sono istituite per attendere al servizio dei panifici ed in parte a quello dei viveri in tempo di pace, ed a quello delle sussistenze militari in campagna. La loro forza numerica in tempo di pace è adeguata ai bisogni del servizio ed a quello che si calcola occorrere per il servizio di campagna. Sono comandate da ufficiali di sussistenza, sotto l'autorità delrufficiale commissario direttore, là ove hanno la loro stanza. Gli stabilimenti di commissariato sono: molini e panifici; stabilimenti per la produzione di gallette e carne in conserva; magazzini di distribuzione viveri ; magazzini di casermaggio; laboratori vari. I magazzini centrali militari forniscono robe per il vestiario e l'equipaggiamento militare ai corpi, ai distretti, agli ospedali militari e agli stabilimenti vari dell'esercito. Il numero di questi magazzini è determinato per decreto reale. Art. 26 L'organico degli ufficiali del corpo di commissariato militare è il seguente ( 13) : Maggior Generale ispettore di commissariato; 1 Brigadiere Generale addetto all'Ispettorato di comm issariato; (12) In parte possono essere ~osriruiti tb ufficia li med ici di compkmcnto . (13) Non sono compresi gli ufficiali portati nel quadro organico del R. Corpo di Truppe Coloniali.
ORDINAMENTO ALBRJCCI
16 19 50 176 Totale
Colonnelli; Tenenti colonnelli; Maggiori; Capitani
263
L'organico degli ufficiali di sussistenza è il seguente (13 bis): 4 Tenenti colonnelli ; 1r Maggiori; 129 Capitani; 156 Subaltern i ( r4) Totale
300 CORPO D I A~IMINISTRAZIONE
Art, 27
Il Corpo di ammm1strazione è composto di ufficiali di amministrazione per la tenuta dei conti presso i corpi, istituti e stabilimenti. Art. 28 L 'organico degli ufficiali del corpo di amministrazione è il seguente: 3 Colonnelli; 19 Tenenti colonnelli; 68 Maggiori ; 378 Capitani; 496 Subalterni (15) Totale
964 CORPO VETERINARIO
Art. 29 Gli ufficiali veterinari attendono al servizio zooiatrico. Essi sono addetti ai comandi di grandi unità, ai corpi e reparti di truppe a cavallo, agli stabilimenti di allevamento quadrupedi e rimonta, ed alle scuole nelle q uali viene impartita l'istruzione a cavallo. Art. 30 L'organico degli ufficiali del corpo veterinario militare è il seguente (16) : I Colonnello; (13 bis) Non sono compresi gl i uffir.iali ponati nel qt,adro organico del Truppe Colonial i. (q) In pan e potranno essere sostituiti da ufficiali di sussistenza di (15) In pa n e potranno essere sostituiti da ufficiali di ~Jnm inistrazione d i (r6) Non Sùno compresi gl i ufficia li portati nel quadro organico del Truppe Coloniali.
R. Corpo di complemento . complemento . R. Cor po di
2 46
L' ESERCITO
ITALIANO
NEL
PR IMO DOPOGUERRA
r9r8 - 1920
6 Tenenti Colonnelli; 18 Maggiori; 70 Capitani; 109 Tenenti (17) Totale
204 CAPO
III
SCUOLE, STABILIMENTI E REPARTI VARI SCUOLE MILITARI
Art. 31
Le scuole militari del Regno comprendono: Collegi militari. Mirano a preparare i giovani alla ammissione alle scuole di reclutamento o al consegu imento del la nomina ad ufficiale di complemento. Scuole di reclutamento. Provvedono al reclutamento degli ufficiali e dei sottufficiali delle varie ar mi e corpi. Scuole di applicazione Sono destinate al completamento della istruzione professionale degli allievi provenienti dalle scuole di reclutamento. Scuole centrali. Sono istituite per l'addestramento pratico degli ufficiali nelrimpiego tattico e tecnico dei vari mezzi di cui la rispettiva arma dispone e ad armon izzarlo con l'impiego delle altre armi. Corso superiore tecnico d'artiglieria. E' costituito dal complesso dei corsi speciali scientifici e di applicazione presso istituti civili e militari e dei corsi teorico - pratici presso stabilimenti industriali civili e mi litari destinati ad elevare la coltura tecnica degli uffic iali di artiglieria ed a prepararli ai servizi tecnici dell'arma. Istituti superiori di cultura m ilitare. Sono istituiti allo scopo di favorire l'elevamento della coltura professionale degli ufficiali d i determinati gradi. Scuola centrale di educazione fisica. E' istituita per formare istruttori di educazione fis ica. (17) In parte pot ranno essere sostituiti da ufficiali ,•ercrinari di co1npkmen10 .
0RO!NAMEN1'0
ALBRICCI
Il numero e l'ordinamento delle varie scuole sono stabiliti per decreto reale. Il personale di governo delle varie scuole è tratto dai militari delle varie armi dell'esercito. 11 personale insegnante è in parte composto di militari appartenenti all'esercito ed in parte di professori e maestri civili di cui ai seguenti articoli 44 e 45. Art. 32 L'organico del personale delle scuole militari è il seguente: 5 Generali ccmandanti di Scuole militari; 22 Colonnelli; 59 Tenenti colonnelli; 103 Maggiori; 224 Capitani; 29'/ Subalterni Totale 710 [ suddetti ufficiali sono anche compresi nella tabella di cui all'art. 58. UFFICIO Dl l'ERSO'.'IALI VARI
Art. 33 L'ufficio d'amministrazione di personali militaci vari attende all'amministrazione di tutti i personali dipendenti dall'amministrazione della guerra che non hanno consiglio di amministrazione proprio, e nello stesso tempo è l'intermediario delle varie amministrazioni militari per operazione di conto corrente. li personale di questo ufficio è fornito dal corpo di amministrazione. IsnT UTO CEOCRAFICO MILITARE
Art. 34 L'Istituto geografico provvede al servizio cartografico, geodetico e topografico dell'Esercito. Dall'Istituto geografico d ipendono pure i servizi fotografico e telefotografico dell'Esercito dei quali provvede altresì alla mobilitazione. Art. 35 L'organico del personale militare dell'Istituto Geografico è il seguente: r Maggior Generale o Brigadiere Generale direttore; r Colonnello vice direttore; 5 Capitani; Tenente colonnello o Maggiore d'amministrazione; Capitano d'amministrazione; 2 Tenenti o sottotenenti d'amministrazione.
Il personale stesso è compreso in quello indicato negli articoli 4, 28 e 58. Il personale civile è composto degli elementi di cui ai seguenti articoli 42
e 43· TR 1BUNALE SUPREMO DI GUERRJ\ E MARI NA E TRIBUNALI
MILITARI
Art. 36
La giusnz1a militare in tempo di pace è amministrata da: tribunale supremo di g uerra e marina;
15 tribunali militari. Al fun zionamento di detti tribunali provvede il personale della giustizia militare. REPARTI D I P UN IZIONE E STABI L IMENTI MILITARI
OI
PENA
Art. 37
reparti di punizione comprendono: comando; 4 compagnie di disciplina; carcere militare; 1 reclusorio militare. Gli ufficiali addetti a tali reparti, sono scelti fra quelli d i q ualsiasi arma in attività, ed idonei a tale servizio, i q uali ne facciano volontaria domanda. Quando non fossero sufficienti le domande dei riconosciuti idonei per coprire i posti vacanti è facoltà del Ministro della guerra di sostituirli con ufficiali di qualsiasi arma da richiamarsi dalla posizione in servizio ausiliario. Art. 38 Gli ufficiali organicamente assegnati ai reparti di punizione sono determinati dalla seguente tabella: Colon nello; Tenente colonnello; Maggiore; 9 Capitani; 31 Tenenti e sottotenenti Totale
43
C IRCOSCR IZ IONE TERRITORIALE MILITARE Art. 39 Hanno giurisdizione territoriale i Coma ndi di Corpo d'Armata, le D irezioni di artiglieria, le Direzioni del genio, i Distretti mil itari, le Direzioni di sanità e di commissariato ed i tribunali militari. La relativa circoscrizione è stabilita per decreto reale.
ORDINAMENTO ALBRICCI
CAPO
V
COMMISSARI MILITARI PER LE FERROVIE Art. 40
li Ministero della Guerra ha facoltà di destinare ufficiali superiori quali commissari militari per le ferrovie del Regno. Le attribuzioni e il numero di q uesti commissa ri sono stabiliti per decreto reale previo accordo dei ministeri della guerra e dei trasporti. CAJ•O
VI
PERSONALI VAR I DIPEN D E. T I DALL'AMMI N ISTR AZ IONE DELLA GUERRA Art. 41 A i servizi accessori dell'ese rcito provvedono i seguenti personali: a) ingegneri geografi e topografi dell 'Istituto geografico militare; b) professori e maestri civili delle scuole militari; e) farmacisti m ilitari; d) ragionieri geometri del genio; e) ragionieri d 'artiglieria; /) ca pi tecnici d'artiglieria e del genio; g) disegnatori tecnici; h) a pplicati delle amm inistrazion i militari dipendenti; ,) ufficiali d'ordine dei magazzini m ilitari ; /) assistenti del genio. Questi vari personali seguono altrettante carriere disti nte. Coloro fra i suddetti impiegati che coprono uffici estranei all'a mministrazione militare non sono compresi nelle tabelle della presente legge. Gli impiegati dipendenti dall'amm inistrazione della g uerra non sono sog· getti alla disciplina militare ed alla legge penale militare in tem po di pace. In tem po di g uerra, invece, sono sottoposti a lla giurisdizione m ilitare, nei termini stabili ti dal Codice penale per l'Esercito. A q uesti impiegati sono applicabili quan to alle posizioni d i d isponibilità e aspettativa e q uanto alle pensioni, le leggi relative agli impiegati civili dello Stato. I NGEGNERI
GEOGRA FI
E
TOPOGRAFI
DEL L'ISTIT U'l'O GEOG RAFI CO
~llL lTARE
A rt. 42 Il personale tecnico dell'istituto geografico milita re è costituito da ingeg neri geografi e da topografi, che si distinguono in: l >IGECNERI GEOGRAF I
Geodeta capo; Ingegneri geografi principali; Ingegneri geografi.
2 50
L'ESERC I TO
ITALIANO
NEL
PRIMO
DOPOCUERRA
1918 • 1920
ToPocRAFx Primo topografo; Topografi capi; Topografi principali e topografi. Art. 43
Il numero del predecco personale è determinato dalla seguente tabdla: Geodeta capo; 2 Ingegneri geografi principali; Ingegnere geografo principale o ingegnere geografo: 2 Tngegneri geografi; 1 Primo topografo; 16 Topografi capi: 87 Topografi principali e topografi Totale
no PROFESSOR( E MAESTRI
CIVILI
XELLE SCUOLE ~IILITARI
Art, 44 Professori e Maestri civili nelle scuole militari si distinguono m: Professori titolari ed aggiunti di leccere e scienze; Professori titolari ed aggiunti di d isegno; Maestri e maestri aggiunti di scherma e ginnastica. In luogo di professori civili di ruolo, è fatta facoltà al M inistero della Guerra di assumere in servizio tem poraneo insegnan ti delle scuole medie e superiori governative; verrà ad essi corrisposta una retribuzione da stabilirsi caso per caso. Al posto dei maestri civili di scherma e ginnastica possono essere destinati, verificandosi le relative vacanze, sottufficiali forniti dei titoli d i abilitazione per detti insegnamenti. Art. 45 Il numero dei predetti seguente tabella ( 18): 52 Professori 8 Professori 45 Maestri e T otale
professori e maestri civili sono determ inati dalla titolari ed aggiunti di lettere e scienze : titolari ed aggiunti d i d isegno: maestri aggiunti di scherma e ginnastica
105
N.B. • Non sono compresi i profe,sor, e i maestri civili soh;1nto i11cnricu1i dell'in,cgnamcnto, per i guaii vengono stanziati appositi fondi in bilancio.
(18) Il numero dei profr"ori e mac,tri civili potr,1 essere va riato in numero delle ,cuolc.
relazio ne al
ORDINAMENTO
AL,BRICCI
f ARMACISTl MILITARI
Art. 46
Il personale farmaceutico militare si compone di: un chimico farmacista ispettore; un chimico farmacista direttore; farmac isti capi; farmac isti. Art. 47 ll numero del predetto personale è determinato dalla presente tabella (19): 1 Chimico farmacista ispettore; I Chimico farmacista direttore; 39 Farmacisti capi; 71 Farmacisti Totale
1 12
R AGI ONIERI GEOMETRI DEL GENIO
Art. 48 T ragionieri geometri del genio si distinguono in: ragioniere geometra superiore; ragionieri geometri capi ; ragionieri geometri. Essi sono im piegati presso i comandi, le d irezioni e gli stabilimenti del genio.
Art. 49 Il numero dei predetti ragionieri è determinato dalla seguente tabella (20): Ragioniere geometra superiore; 29 Ragionieri geometri capi; 190 Ragionieri geometri Totale
220 0
R AGIONIERI D ARTIGLIERI A
Art.
50
ragionieri d'artiglieria si distinguono in: ragionieri capi; ragionien. (19) Non sono compresi i fa rmacisti che so no portati nel quadro organico del R. ·Corpo di Tru ppe Colonial i e l]uelli fuori ru olo. (20) Non sono compresi i ragionieri geometri del gen io che sono portati nel quadro -0rganico del R. Corpo di Truppe Colonial i, quelli fuori ruolo e quell i a d isposizione del M inistero della :Vfarina.
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L'ESERC ITO
lTJ\LIAl'iO
NEL
Essi sono impiegaci presso artiglieria.
l'RIMO
DOPOGUERRA
1918 - 1920
comandi, le direzioni e gli stabilimenti di Art. 51
11 nu mero dei predetti ragionieri è determinato dalla seguente tabella (21): 24 Ragionieri capi; 140 Ragionieri Totale
r64
CAPI TECNIC I D'ARTIGLIERIA E DEL GENIO
Art. 52 capi tecnici d'artiglieria e del genio si distinguono m: capi tecnici capi; primi capi tecnici ; capi tecnici. Essi sono impiegati negli stabilimenti e presso le direzioni d'artiglieria e del genio, sia propriamente come capi officina, sia come controllori. Art. 53
li numero dei predetti capi tecnici è determinato dalla seg uente bella (22) : 15 Capi tecnici capi; 40 Primi capi tecnici; 98 Capi tecnici Totale
l :l-
153 D ISEGNATORI TECN I CI
Art. 54 disegnatori si distinguono in: disegnatori tecn 1c1 capi; disegnatori tecnici.
(21) J\'on sono compresi i ragion ieri d'artiglieri a che sono portati nel quadro organico del R. Corpo di T ruppe Coloniali e <1uclli fuori ruolo. (22) Non sono compresi i capitecnici d 'artiglieri a e del genio che sono portati nel quadro organico del R. Corpo di Truppe Colon ia li. quel li fuori ruolo e quelli a disposizione dei Mini steri dell a Marina e degli Affari E,1eri.
ORDINAME:>iTO ALBRI CC I
2 53
Art. 55 [I numero dei suddetti d isegnatori tecnici è determi nato dalla seguente tabe!Ja (23) : 38 Disegnatori tecnici capi; 82 Disegnatori tecnici Totale
120
APPLICATI DELLE AMMI NISTRAZIONI ~llLITARl D IPENDENT I,
UFFICIALI o ·oRmNE
DEI ~!ACAZZINI MI LITARI E ASSISTENTI DEL CEN IO
Art. 56 Gli applicati delle amministrazioni militari dipendenti, gli ufficiali d'ordine dei magazzini militari e gli assistenti del genio non hanno gradazione d 'impiego bensì di stipendio, come è determinato dalla legge che stabiJisce 1 loro assegni. Art. 57
Il numero dei predetti personali è determinato dalla seguente tabella (24): 1989 Applicati delle amministrazioni d ipendenti; 463 Ufficiali d'ordine dei magazzini militari; 304 Assistenti del genio T otale 2756 Art. 58 Sono collocati fuo ri quadro gli ufficiali d i ogni grado che per essere assegnati a serv iz i militari speciali (come quelli di cui agli articoli 1, 17, 18, 21, 22 e 32) indipendentemente dall'arma o corpo cui ap partengono, non possono essere determ inatamente compresi nei quadri dei singoli corpi e delle singole armi. Il numero degli ufficiali fuori quadro è indicato, per ogni grado, dalla tabella seguente: 264 Colonnelli; 275 Tenenti colonnelli; 351 Maggiori; 944 Capitani; 934 Subalterni Totale 2768 Gli ufficial i di qualunque grado addetti al Ministero della Guerra o ad uffici estranei all'Esercito non sono compresi nelle tabelle sopra riportate.
Il Ministro -
ALBRlCCl
(23) Non sono compresi i disegnatori tecnici che sono portati nel quadro organico del R. Corpo di Tru ppe Colon iali e quelli fuori ruolo . (24) Non sono compresi gl i applicati, gli uf ficiali d·ordine e gl i assistenti che sono portati nel quadro organico del R. Corpo d i Truppe Coloniali e i posti occupati dai sot· tufficiali in servizio sedentario.
ALLEGATO 2
ORDIN AMENTO BONOMI (r. d.
20
aprile
r920, n. 451) *
RELAZIO E A SUA MAESTA" IL RE Maestà!
Conclusa con la vittoria la nostra grande guerra, ridotte di numero le unità deU·esercito, congedate molte classi di cittadini alle armi, diminuito il numero degli ufficiali di complemento, urge ora compiere interamente l'opera già forte mente avviata della smobilitazione. Senonché siamo giun ti al pumo in cui non è più possibile sfrondare e ridurre senza aver prima fissati gli ordinamenti nuovi, ossia la meta a cui arrivare. Lo stabilire quindi l'ordinamento che l'esercito deve immediatamente avere, in q uesto passaggio dallo stato di guerra allo stato di pace, è necessità imprescindibile e urgente. N é basta. Per procedere nel congedo delle classi che hanno già a lungo servito il paese, con alto spirito di disciplina e di abnegazione, è indispensabile avere pronti gli strumenti che consentano il reclutamento delle classi nuove, nelle quali si è già troppo radicata la promessa di ferme brevi per essere oggi possibi le e conveniente ritardarne ancora l'applicazione. Per queste ragioni, il ricorso ai decreti da convertirsi in legge è pienamente giustificato. Il paese reclama che la smobilitazione proceda con ritmo accelerato, le condizioni della finanza pubblica lo reclamano egualmente. Giova, dunque, che il Governo abbia nelle mani, senza ulteriore indugio, gli strumenti necessari per trarre prontamente, dal vasto organismo militare creato da!Ja guerra, un esercito organicamente costrutto, giustamente equilibrato nelle sue parti, e tale da dare al paese la tranquillità e la sicurezza indispensabili per preparare, con il concorso e con il rnto del Parlamento, la soluzione definitiva dei problemi della difesa nazionale. L 'ordinamento che si stabilisce col primo dei decreti, che si sottopone alla fuma della Maestà Vostra, vuole soprattutto significare un ritorno dell'esercito ad ordinamenti e a proporzioni prossimi a quelli del periodo anteriore alla guerra. Un concetto logico ci è stato di guida. L'esercito è uscito da quegli ordinamenti per muovere alla viuoria ; è giusto che oggi, conseguita la vittoria, vi ritorni, senza profonde innovazioni che, né abbiamo avuto tempo di predisporre, né abbiamo diritto di anticipare sul ,·oto del Parlamento. el novembre dell'anno scorso, parve al Governo potesse darsi all'esercito un 'organizzazione e una misura più adeguate all'i ngrandito territorio nazionale. Ma in questi mesi, un più approfondito esame del costo attuale dell'esercito in relazione alle condizioni generali della finanza, ci hanno per· suasi essere necessità assoluta non superare le proporzioni del periodo anteriore alla guerra, ma anzi di rimanervi notevolmente al disotto. L'ordinamento, infatti, che si stabilisce col primo dei decreti· legge, non riproduce immutato quello del periodo anteriore alla guerra, ma vi reca mo• Giornale M ilitare Ufficiale,
1920,
disp.
20a.
ORDINAMENTO
BONOMI
dificazioni e riduzioni che sono state suggerite ai tecnici dell'esercito dalle esperienze belliche, dal progresso degli studi militari e dalle condizioni generali del paese, delle quali l'esercito, come tutti gli altri organismi dello Stato, deve sentire assiduamente l'influsso. Così, ad esempio, si sono ridotti i reggimenti dei bersaglieri, pur conservandone a sufficienza perché la trad izionale imagine rimanga cara alla patria, e si sono aumentati di altrettanto i reggimenti di fanter ia in modo da mantenere in vita le quattro gloriose brigate decorate d i medaglia d'oro al valore. Così, m entre si sono aumentati di un reggimento gli alpini, si è ridotta di molto la cavalleria che, per la natura dei nuovi confi ni, avrà in avvenire un còmpito più limitato, e si è elevata ad arma combattente l'aeronautica che ha resi notevoli servizi nella guerra. La formazione ternaria, adottata nel nuovo ordinamento, ha permesso di ridurre da dodici, qua nti erano prima della guerra, a d ieci i corpi di armata territoriali, ciascuno dei quali sarà costituito da tre d ivisioni. Da ciò deriverà una sensibile economia, giacché si ridurrà del pari il numero degli organ i presso ogni corpo d'armata, il quale, con vantaggio dell'addestramento e della mobilitazione, sarà dotato, a differenza di quanto avveniva in passato, di tutti gli elementi che organicamente gli spettano, siano essi dirigenti e di studio, siano truppe speciali e servizi. Ciò, non solo evita l' isolamento da nnoso in cui vivevano le armi tecniche, e va a profitto della reciproca conoscenza e dell'affiatamento fra esse e 1a fanteria, ma completa l'addestramento dei quadri e dei comandi e permette inoltre un vantaggioso decentramento d i m olte attri· buzioni dagli enti centrali ai comandi di corpo d'armata. L'organizzazione di questi ultimi è ora tale da consentire che la brigata di fanteria di pace possa divenire rapidamente divisione d i guerra, completandosi con nuove unità, create per sdoppiamento, sia di fanteria, sia delle armi speciali e servizi, già affiatati con essa in modo permanente nel tempo di pace. Le grandi unità di fanteria sono state costituite in guisa da poter agire assai più efficacemente nei terreni montuosi, che formano ora tutta la nostra zona di fron tiera, dotandole anche di artiglieria someggiata. Si sono raggruppate in modo più organico le truppe speciali da montagna, sostituendo agli antichi gruppi alpini, delle divisioni costituite ciascuna da tre reggimenti alpini ed uno di artiglieria da montagna. La dim inuzione delle armi a cavallo, più costose delle altre e richiedenti un più lungo addestramento, ha consentito sensibili economie ed ha permesso la forte riduzione della ferma . Si è invece dato il massimo sviluppo a tutto ciò che consente di utilizzare prontamente le energie della vita civile, prima fra tutte la trazione meccanica, adottata anche per le artiglierie pesanti. Si sono agevolate le relazioni fra cittadini ed enti militari modificando l'organizzazione dei distretti, meglio distribuiti ed ordinati in modo da evitare gli inconvenienti tanto lamentati, specialmente durante la smobilitazione. Non solo si è tolto ciò che poteva giudicarsi superfluo negli alti comandi e nelle funzioni ispettive; non solo si sono r idotti, nonostante l'aumento del territorio e della popolazione i corpi di armata da dodici, quali erano prima della guerra, a dieci, ma tutto l'ordinamento dell'esercito si è inspirato al concetto di ottenere il maggior rendimento col dispendio minore. Prima della guerra, si avevano 29 comandi di divisione, di cui 25 di fanteria e 4 di cavalleria; inoltre, come truppe suppletive, si avevano 12 reggi-
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L.ESERC[TO
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PRIMO
DOPOGUERRA
1918• 1920
menti bersaglieri, corrispondenti a 3 divisioni. Si sono ora ridotti i comandi di divisione a 27 di fanteria ed uno di cavalleria. I reggimenti di fa nteria e bersaglieri rimangono ccmplessivamente 108, come erano prima della guerra, ridotti però a due soli battaglioni effettivi invece di tre; il terzo, semplice battaglione q uadro, si costituirà normalmente in occasione dei richiami di classe. Si contemperano così le esigenze dell'addestramento e della mobilitazione con quelle del bilancio. Inoltre si aboliscono tutte le 96 musiche. Telle truppe alpine, si trasforma l'antico comando di gruppo in comando di divisione; però l'aumento delle unità si riduce in tutto ad un solo batta· glione. L 'artiglieria campale aveva, prima della guerra, 39 reggimenti, tutti a trazione animale; ora ne avrà 27 a trazione animale e 15 a trazione meccanica, assai più economica. Rima ngono invariati i reggimenti da montagna e da fortezza. Il genio ha avuto un leggero aumento, ma, in compenso, la cavalleria, che era l'arma più costosa, si riduce da 30 reggimenti su 5 squadroni a 12 reggimenti su 4 squadroni, passando cioè da 150 a 48 squadroni. A ltre notevoli diminuzioni di spesa derivera nno dalla riduzione dei tribunali militari che da 25 (13 territoriali e 12 speciali) di prima della guerra passano a dieci, e dalla riduzione sensibilissima degli stabilimenti di ogni specie. Abbandonato l'antico criterio che l'esercito debba provvedere, con mezzi esclusivamente militari, alle proprie esigenze, si farà largo ricorso all'industria civile, come è avven uto durante la guerra. A tal fine, presso le autorità centrali e presso gli organi tecnici di ogni comando di corpo d'armata, vi saranno appositi enti incaricati d i tenere il contatto col paese per l'utilizzazione sempre più completa delle risorse nazionali. In complesso, benché siano aumentate la superficie e la popolazione dello Stato e si sia creata la nuova arma aeronautica, nel nuovo ordinamento, i quadri, i quadrupedi - oggi assai costosi - la forza bilanciata sono notevolmente inferiori a quelli di prima della guerra. Gli ufficiali generali, che prima della guerra erano 172, si ridurranno a 157, gli altri ufficiali che erano 15.103 si ridurranno a 13.564, i quadrupedi che erano 49 mila si ridurranno a 33 mila, la forza bilanciata che era di 225 mila uomini si ridurrà a 175 m ila. Il passaggio dallo stato di guerra a quello di pace impone inderogabilmente il problema dei quadri. La guerra, con l'accrescimento delle unità, e con le conseguenti rapide promozioni, ha creato q uadri esuberanti negli uffi. ciali generali, negli ufficiali superiori, e nei capitani. Occorre, dunque, sfollare questi quadri per ricondurli nelle proporzioni fissate dal nuovo ordinamento. Questa operazione, indubbiamente dolorosa, giacché si tratta di un largo esodo dall'esercito di ufficiali che hanno tutti ben meritato della patria, era stata regolata da provvedimenti con valore legislativo emanaci nel novembre dell'anno scorso. Senonché le dure necessità della finan za han no imposto di rivedere quei provvedi menti, e il secondo dei decreti - legge, che si sottopone alla firma della Maestà Vostra, si propone appunto di contemperare le esigenze del bilancio con la gratitudine che il paese deve a questi fattori della nostra vittoria. Il nuovo provvedimento, pur conservando la struttura dei precedenti, mira a fare ai combattenti di qualunque grado un trattamento più favorevole di quello fatto ai non combattenti, obbedendo così ad un sentimento di giusti-
ORDINAMENTO
BONO~tl
zia che è v1v1ssm10 nel paese. Nel collocamento in posizione ausiliaria speciale degli ufficiali si darà la precedenza alle loro domande, poi si ricorrerà al criterio dell'età, facendo eccezione per quegli uflìciali che il Ministro della guerra, previo parere delle competenti commissioni, riterrà utile conservare all'esercito. Jn tal modo sarà possibile procedere subito all'esodo di quasi 5900 uffi. ciali di cui 3700 ufficiali generali e superiori e 2200 capitani, pur dopo averne utilizzato un cerco numero nell'impiego del grado inferiore. Tutti costoro, obbedendo oggi ad un'imperiosa necessità con alto sentimento di abnegazione, dimostreranno ancora una volta la loro devozione alla Patria. L'ordinamento dato all'esercito, rappresentando, pur nel suo carattere di provvisorietà e di transizione, un sicuro avviamento, nel campo organico, all'ideale della Nazione armata, rendeva indispensabile attuare sùbito talune riforme sostanziali nella vigente legge sul recluramento, al fine di introdurre ferme brevi corrispondenti alle esigenze dell'ambiente rinnovato. Il terzo dei decreti, che si sottopone alla fuma della Maestà Vostra, attua appunto la ferma di otto mesi per la grandissima maggioranza dei cittadini, e la ferma di tre mesi per i cittadini in particolari condizioni, fra cui notevole quella di avere un fratello consanguineo morto o mutilato in guerra. Naturalmente le esigenze tecniche del trapasso dall'antico sistema al nuovo, renderanno necessario un lieve prolungamento di queste ferme nel tempo immediatamente prossimo, ma il provvedimento che oggi si attua ci consente di affermare che l'esercito permanente diviene una vera scuola militare de!Ja nazione in pace, ed un'armonica ossatura, che può accogliere ed inquadrare prontamente tutte le forze nazionali, in caso di guerra. La nuova legge di reclutamento, che è in perfetta armonia con l'ordinamento dell'esercito, è infatti ispirata ai criteri larghissimi ai quali mira la Nazione armata: estensione, a tutti i cittadini, dell'obbligo di servire la Patria, con la completa abolizione di ogni privilegio. Ciascuno deve contribuire alla difesa nazionale in ragione delle sue stesse attitudin i: tutti i validi come combattenti; i meno validi come sedentari; i p iù colti come quadri; tutti gli altri ripartiti fra le varie armi, in guisa da sfruttare nel miglior modo le cognizioni da essi apprese nel mestiere esercitato nella vita civile. I cittadini saranno tutti inscritti in un unico ruolo realizzando così tutte le semplificazioni amministrative consentite dalla categoria unica. Fra i valid i, il consiglio di leva riconoscerà quelli che, provando di trovarsi nelle condizioni prescritte dalla nuova legge - e che sono sostanzialmente quelle che davano fin qui diritto alla terza categoria - saranno ammessi alla riduzione della ferma a tre mesi. Certamente queste ferme brevi, come esigono che si curi intensamente la preparazione militare nella scuola e fuori della scuola, così esigono un 'istruz ione più accurata ed intensa da parte degli organi dell'esercito, specialmente per la formazione di quei quadri di complemento la cui decisiva importanza si è luminosamente dimostrata nella nostra guerra vittoriosa. Ed infatti, col nuovo ordinamento, mentre ai corpi di truppa si lascia il compito di istruire le reclute, si cura in modo speciale l'addestramento dei quadri di complemento (ufficiali e sottufficiali) che costituiscono un elemento essenziale di forza dell'esercito. Si sono pertanto istituite, nelle principali guarnigioni, scuole allievi ufficiali e sottufficiali di complemento, direttamente vigilate e curate
17. - Gallinari
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DOPOG UERRA
1918 - 1920
dagli alti comandi, nelle quali si darà ai giovani la coltura militare necessaria per renderli idonei a ben guidare la truppa e ad acquistare su di essa quell'ascendente morale, che è l'essenza necessaria della disciplina. Ripartite fra le varie regioni, queste scuole avranno con quelle civili, incaricate dell'istruzione premilitare, uno scambio di sentimenti e di ausilio, che le legherà con vincoli di affettuosa cooperazione, avvicinando sempre maggiormente Esercito e Paese. Tutto questo, se rappresenta un notevole sforzo di innovazione e un chiaro indirizzo per l'opera futura, non vuol essere ancora quell'ordinamento definitivo dell'esercito, del quale i risultati della conflagrazione mondiale hanno po· sti i termini, e l'aspettativa dei popoli ha tracciate le linee. L 'Italia, prima in tutte le opere di ordinata rinnovazione e di saggia democratizzazione, intende risolvere, con la ponderazione necessaria e con l'esame di elementi che oggi sono ancora malcerti, questo grande problema. li Governo della Maestà Vostra prende impegno, col quarto articolo ciel primo dei tre decreti, di presentare entro l'anno corrente i disegni di legge per l'ordinamento definitivo dell'esercito, per il reclutamento delle truppe, per la preparazione militare nella scuola e fuori della scuola e per quanto occorra alla riforma degli organismi preposti alla difesa nazionale. Il Governo intende però, con la nomina di speciali Commissioni indicate nel decreto stesso, di richiamare intorno a quest'opera le energie più alte e fattive del Parlamento. Non opera solitaria, dunque, di ministri e di organi militari, ma collaborazione ampia e feconda di parlamentari, i quali, dal contatto coi tecnici, dal sussidio degli esperti, dal vaglio delle molte opinioni, dalla conoscenza degli studi indefessi, avranno occasione di riconoscere che l'Esercito vuol vivere della vita de!Ja nazione, di cui è lo strumento più saldo per la difesa della sua esistenza e del suo diritto. li Ministro della Guerra lvANOE BoNOMt
Art.
1
Nel passaggio dallo stato di guerra allo stato di pace il R. Esercito ritorna all'ordinamento del periodo anteriore alla guerra, con tutte quelle riduzioni e modificazioni che sono stabilite nei capi e negli articoli seguenti . E' abrogato il R. decreto 21 novembre 1919, n . 2143, ed è abrogata altresì ogni altra disposizione incompatibile col presente decreto. Art.
2
Lo scompartimento delle varie unita in minori reparti ed il numero dei reparti stessi, degli istituti, stabilimenti ed enti vari non specificatamente indicati saranno stabiliti d'ordine Nostro, con disposizioni del Ministro della Guerra. Art. 3 Con successivo Nostro decreto, su proposta del Ministro della Guerra, sentito il Consiglio dei Ministri, sarà stabilita la nuova circoscrizione militare territoriale, in relazione alle riduzioni nel numero delle grandi unità del R. Esercito apportate dal presente decreto.
ORD INAME:-JTO
BONOMI
2
59
Art. 4 Entro l'anno 1920 il Ministro della Guerra presenterà al Parlamento i disegni di legge per !"ordinamento definitivo del R. Esercito, per il reclutamento delle truppe, per la preparazione militare nella scuola e fuori della scuola, e per quanto occorra alla riform a degli istituti preposti alla difesa nazionale. Con decreto reale, su proposta del Ministro della Guerra, saranno nominate commissioni di parlamentari per coadiuvare iJ Ministro nella preparazione dei predetti disegni di legge, nella raccolta e nell'esame dei dati tecnici forn iti dagli esperti, nella valutazione degli elementi sociali, politici e finanziari connessi alla organizzazione del Paese per la difesa nazionale.
C\l'o l GE
E RA LITA Art. 5
li R. Esercito è ordinato in 10 corpi d'a rmata territoriali, e comprende seguenti elementi, che sono permanentemente mantenuti in servizio:
1
a) Stato maggiore del R. Esercito e coma ndi di grandi unità; b) Arma dei Carabinieri reali; e) Arma di Fa nteria; d) Arma di Cavalleria; e) Arma di Artiglieria; /) Arma del Genio; g) Arma aeronautica ; h) Distretti militari; i) Corpo invalidi e veterani; k) Corpo automobilistico; /) Corpo sanitario militare; m) Corpo di commissariato militare; n) Corpo di amministrazione; o) Corpo veterinario militare; p) Scuole, istituti e stabilimenti vari; q) Tribunale supremo di guerra e marina e tribunali militari ; r) Reparti di punizione e stabilimenti m ilitari di pena. In tempo dì pace i quadri dei suddetti elementi sono normalmente costituiti da ufficiali in serviz io permanente, il cui numero è determinato dalle tabelle appresso indicate per ciascuno di essi. Presso il Ministero della Guerra, comandi, uffic i ed in missioni alrestero sono comandati in servizio di stato maggiore ufficiali dal grado di colonnello a q uello di capitano. Detti uffi. ciali sono collocati fuori quadro. Oltre ai sopra detti elementi permanentemente mantenuti in servizio, fanno parte del R. Esercito unità delle diverse armi e corpi che, d i massima, ven· gono costituite all'atto della mobilitazione ovvero per brevi periodi di istruzione o per ragioni di ordine interno. li numero e la costituzione di dette unità sono stabiliti per decreto reale.
260
1,·ESERCITO
)IEL
ITALIAKO
PRIMO
DOPOGUERRA
1918 • 1920
Art. 6 I militari del R. Esercico comprendono: a) Ufficiali: b) Sottufficiali: c) Truppa.
A) Ufficiali La progressione dei gradi degli ufficiali è la seguente: UFFICI ALI GE:-IERALI
a) Per gli ufficiali generali dello Stato Maggio1·e del R. Esercito e delle vane armi combattenti: Generale d"Esercito; Generale di Corpo d'Armata: Generale di Divisione; Generale di Brigata. Le denominazioni di Generale di Corpo d'Armata, di Divisione e di Brigata saranno assunte rispettivamente dagli attuali: Tenenti generali aventi rango di Comandante d i Corpo d'Armata; Tenenti generali e Maggiori generali aventi rango di Comandante di Divisione; Maggiori generali e Brigadieri generali aventi rango di Comandante di Brigata.
b) Per gli ufficiali generali dei Corpi dì Sanità e di commissariato : Maggior generale medico; Brigadiere generale medico: Brigadiere generale commissario. UFF ICIAI.[ SUPERI ORI
Colonnello: Tenente Colonnello: Maggiore. UFFICIALI I NFERI ORI
Capitano; Tenente: Sottotenente. Gli ufficiali del corpo sanitario militare, del corpo di commissariato militare, del corpo d'amministrazione, del corpo veterinario militare, hanno grado effettivo con diritti ed obblighi pari a quelli degli altri ufficiali dell'esercito, e ne portano i distintivi Però essi percorrono altrettante carriere distinte, e non possono mai, qualunque sia il loro grado, in caso di mancanza di militari di altri corpi ed armi, farne le veci.
B)
Sottufficiali
La progressione dei gradi dei sottufficiali è la seguente: Maresciallo (maggiore, capo, ordinario), Maresciallo d"alloggio dei carabinieri reali (maggiore, capo, ordinario);
ORDINAMENTO
BONOMI
Sergente maggiore, brigadiere dei carabinieri reali; Sergente, vice brigadiere dei ca rabinieri reali.
C) Truppa La progressione dei gradi di tru ppa è la seguente : Caporal maggiore, appuntato dei carabinieri reali; Caporale, carabiniere; Appuntato, soldato, allievo carabiniere. Tanto nei gradi degli ufficiali quanto in quelli dei sottufficiali e della truppa, le vacanze nei gradi superiori possono essere comoensate da corrispondenti eccedenze nei gradi inferiori.
CAPO
II
COMANDI, REPARTI E SERVIZI STATO MAGGIORE DEL R. ESERCITO E COMAND I DI GRANO! U KITÀ
Art. 7 Fanno parte dello Stato Maggiore del R. Esercito : a) Il Capo di Stato Maggiore del R. Esercito, il quale, in tempo di pace, sotto la dipendenza del Ministro della Guerra, ha l'alta direzione degli studi per la preparazione della guerra; b) Il Sottocapo di Stato Maggiore del R. Esercito, il quale coadiuva il Capo di Stato Maggiore del R. Esercito e lo sostituisce in caso di assenza o impedimento; e) I quattro ufficiali generali designati per l'eventuale comando di un'Armata in guerra; d) Il 1° Aiutante di Campo di S. M. il Re; e) Il Presidente del Tribunale Supremo d i Guerra e Marina; f) T ro Comandanti di Corpo d 'Armata territoriale; g) Il D irettore Superiore delle Scuole; !.) Il Comandante generale dell'Arma dei Carabinieri reali; i) L'Ispettore generale del Corpo della R. Guardia di finanza; l) Il Comandante generale del Corpo della R. Guardia per la pubblica sicurezza; m) I 27 Comandanti di Divisione di fanteria, i 3 Comandanti di Divisione alpina, il Comandante di Divisione di cavalleria, il generale di Divisione di artiglieria ed il generale di Divisione del genio a disposizione per ispezioni; n) Gli ufficiali generali di Arma combattente non compresi negli articoli seguenti.
262
L'ESERCITO
ITALIANO
NEL
PRIMO
DOPOGUERRA
1918 - 1920
Art. 8 In complesso gli ufficiali generali, esclusi quelli indicati negli articoli seguenti, relativi alle varie armi e corpi, sono: Generali d'Esercito (le nomine a tale grado possono aver ) luogo solo per ufficiali generali che abbiano comandato 22 l un'Armata in tempo di guerra); f Generali di Corpo d'Armata; 43 Generali di Divisione e Generali d i Brigata Totale
65
N.B . - Non sono compresi in questa tabdla il Min istro della Guerra, il Sottosegre tario di Stato, i Generali d'Esercito no n aven ti carica effettiva nel R. Esercito, gli ufficiali genera li addetti al Mini stero della Guerr a e quell i addetti a servizi estranei al R. Esercito. Se un ufficiale generale vicnr a cessare dalla carica di Ministro o d i Sottosegreta rio di Stato, mentre è completo l'organico degli ufficiali generali, potrà rimanere 10 soprannumero fi no alla prima vacanza che si farà nel grado e nella carica che gli possono competere. CARABINIER I
REALI
Art. 9 I carabinieri reali comprendono : a) Il Comando generale deI1' Anna; b) 7 Comandi d i gruppo di legioni; e) 1 legione di allievi carabinieri; d) 21 legioni territoriali; e) 1 Scuola allievi uffìciali carabinieri; f) I Scuola allievi sottuffìcial i carabin ieri. Art.
10
L'organico degli ufficiali dei carabinieri reali è il seguente (r) : Generale d i Divisione comandante in 2"; Generale d i Brigata addetto; 7 Generali di Brigata comanda nti di gru ppo d i legioni ; 31 Colonnelli; 90 Tenenti colonnelli; 127 Maggiori; 359 Capitani; 674 Tenenti e sottotenenti; Maestro direttore di banda Totale
1291
( r) Non sono compresi nella presente tabella gli ufficiali addetti al servizio negl i arsenali marittimi , q uell i che sono portati nel quad ro organico del R. Corpo di Truppe Colonia li, e quel li che sono addetti a servizi vari estranei ali 'Eserci to . . li numero degli ufficiali, eccettuati i colonnelli e i tenenti colonnelli, può essere variato con legge d i bilancio, in relazione ai bisogni del la sicu rezza pubbl ica.
ORDINAMENTO
BONOMI
FANTERI A
Art. rr La fan teria comprende : a) 27 Comandi di Divisione di fanter ia; b) 3 Comandi di Divisione alpina; e) 1 Comando d i Brigata granatieri; d) 51 Comandi di Brigata di fanteria di linea: e) 2 Comandi di Brigata bersaglieri; /) 2 Reggimenti granatieri; g) 102 Reggimen ti fanter ia di linea; h) 4 Reggimenti bersaglieri; 1) 9 Reggimenti alpini; /) 1 Gruppo di carri armati. Ciascun reggimento di granatieri, di fanteria di linea e di bersaglieri si compone di I Comando, 3 battaglioni e r deposito. D ei tre battaglion i, nor· malmente due sono effettivi ed uno quadro. Ciascun reggimento di alpini si compone di r Comando, 2 a 4 battaglioni e 1 deposito; in totale si hanno 27 battaglioni. Il g ruppo carri armati si compone di un reparto di carri d'assalto, un reparto autoblindomitragliatrici e un deposito. Art.
12
L'organico degli ufficiali di fanter ia è il seguente (2) : 54 Generali di Brigata; 200 Colonnell i; 2<fi T enenti colonnelli; 409 Maggiori; 1797 Capitan i; 2829 T enenti e sottotenenti (3) Totale 5585 CAVALLERI A
Art. 13 La cavalleria comprende: a) r Comando di D ivisione di cavalleria; b) 4 Comandi di Brigata di cavalleria; e) 12 Reggimenti di cavalleria; d) 4 Squadroni palafrenieri. Ogni reggimento di cavalleria si compone di r comando, squadroni e I deposito.
2
gruppi di
(2) Non sono compresi nella presente tabell a gli ufficiali che sono portati nel quadro o rga nico del F.. Corpo di Truppe Coloniali e quelli che copro no posizioni assegnate ad ufficial i fuori q uad ro . G) Fino alla concorrenza di un guano potranno essere sostitui ti da ufficiali di complemento .
264
L'ESERC ITO
TTAL! A:SO
NEL- PRIMO
D01'0GUERRA
1918 - 1920
Art. 14 L'organico degli uflìciali di cavalleria è il seguente (4): 4 Generali di Brigata; 16 Colonnelli; 21 Tenenti colonnelli; 29 Maggiori; 135 Capitani; 21 4 Tenenti e sottotenenti (5) Totale
419 ARTIGLIERIA
Art. 15 L 'artiglieria comprende: a) r Ispettorato delle costruzioni d'artiglieria ; b) 10 Comandi di artiglieria di Corpo d 'Armata; e) 27 Reggimenti di artiglieria da campagna (a traino animale); d) 14 Reggimenti di artiglieria pesanti campali (a traino meccanico); e) 1 Reggimento di artiglieria autoportato; f) 3 Reggimenti artiglieria da montagna; g) 6 Reggimenti artiglieria pesante; h) 4 Reggimenti artiglieria da costa; i) 3 Depositi scuola controaerei; /) 1 Reparto palafrenieri; m) 1 Direzione delle esperienze; n) 10 Direzioni di artiglieria; con sezioni staccate il cui numero è stabil ito per decreto reale in relazione alle esigenze del servizio ; o) Stabilimenti di artiglieria. reggi menti di artiglieria da campagna, pesanti campali, pesanti e da costa si compongono di r Comando, di 4 gruppi e d i un deposito. Il reggimento autoportato si compone di 1 Comando, 5 gruppi e I deposito. Un reggimento ha in più un gruppo di artiglieria a cavallo. 10 reggimenti da campagna hanno in più un gruppo treno. I reggimenti dì artiglieria da montagna si compongono di un Comando, di 3 gruppi e di un deposito. I depositi scuola controaereì si compongono dì 1 Comando e di 3 o 4 gruppi. Al servizio tecnico di artigl ieria sono permanentemente adibiti ufficiali generali ed ufficiaìi dell'arma costituenti un ruolo speciale. Sono assegnati definitivamente a tale ruolo gli ufficiali che abbiano seguito con ottim i risultati il corso superiore tecnico di artiglieria e prestato lodevolmente servizio tecnico presso gli stabilimenti dell'Arma. (4) Non sono compresi nella presente tabella gli ufficiali che: sono portati nel qu3dro organico del R. Corpo di Truppe Colonial i e quelli che coprono posizioni assegnate ad ufficiali fuori quadro . (5) Fino alla concorrenza di un quarto potrann o essere sosti tuiti da ufficiali d i com plemento.
ORClNAMEJSTO
BONOMI
Le varie cariche sono conferite per o rdine di ruolo. Quando per ragioni di speciale competenza, nella nomina ad una carica superiore occorra non seguire l'o rdine d·iscrizione nei quadri d'avanzamento, la nomina sarà fatta per incarico. Possono essere destinati al servizio tecnico, continuando ad appartenere al ruolo combattente dell'arma di artiglieria, alcuni ufficial i aggregati, per coprire vacanze degli ufficiali tecnici nel ruolo. In via eccezionale possono essere desti nati agli stabilimenti come comandati, anche ufficiali di altre armi, specialisti e notoriamente competenti in determinate applicazio ni tecniche. Questi ultimi non saranno computati nel ruolo tecnico. Gli stabilimenti di artiglieria sono i seguenti: fabbriche d'armi; arsenali di costruzione; laboratori pirotecnici ; laboratori di precisione; polverifici. Il numero di q uesti stabilimenti è determi nato per decreto reale. Art. 16 L 'organico degli ufficiali d i artiglieria (ruolo combattente) è il seg uente (6) : IO Generali di Divisione o di Brigata comandanti di a rtigl ieria di Corpo d'Armata; II O Colonnelli; r69 Tenenti colonnelli; 231 Maggiori ; u 50 Capitani; 1698 Tenenti e sottotenenti (7) Totale 3368 A rt. 17 L'organ ico degli ufficiali del ruolo tecnico di artiglieria è il seguente: Generale Ispettore delle costruzioni d'artiglieria (Generale di Divisione o di Brigata); 2 Generali addetti (Generali di Brigata); 9 Direttori delle costruzioni d'a rtiglieria (Colonnelli o T enenti Colonnelli); 66 Addetti alle costruzioni d'artiglieria (Ten. Colonnelli, Maggiori, Capitan i o Tenenti) Totale
78
(6) Non sono compresi nella presente tabell a gli ufficiali che sono por tati nel quadro organico del R. Corpo di Truppe Coloni al i e quelli che coprono posizioni assegnate ad ufficiali fuori quadro. (7) Fino alla concorrenza di un quarto potranno essere sostituiti da uffici ali d i com· plemenro.
266
L'ESERCITO
ITALIANO
NEL PRIMO DOPOGUERRA
1918 - 1920
GENIO
Art. 18 Il genio militare comprende : a) IO Comandi del genio di Corpo d'Armata; b) I O Battaglioni zappatori; e) I Reggimento minatori; d) 10 Battaglioni telegrafisti; e) 1 Reggimento radiotelegrafisti; /) 1 Reggimento pontieri e lagunari: g) 1 Reggimento ferrovieri; h) ro Direzioni del genio, con sottodirezioni il cui numero è stabilito per decreto reale in relazione alle esigenze del serviz io; 1) Stabilimenti del genio, reggimenti minatori e radiotelegrafisti sono costituiti ciascuno da I Comando, 5 battaglioni e un deposito. I reggimenti ferrovieri e pontieri - lagunari sono costituiti ciascuno da un Comando, 2 o 3 battaglioni e r deposito. T battaglioni zappatori e telegrafisti hanno in ciascun Corpo d'Armata un deposito comune alle due specialità. Gli stabilimenti del genio sono i seguenti : Istituto centrale d i rad ioteleg rafia ed elettrotecn ica; Officina radiotelegrafica ed elettrotecnica: Laboratorio pirotecnico e d i studi chimici; Officina di costruzione. Art. 19 L'organico degli ufficiali del Genio è il seguente (8) : 5 Generali di D ivisione o di Brigata comandanti del Gen io di Corpo d 'Armata; 27 Colonnelli; 41 T enenti colonnelli; 67 Maggiori; 268 Capitani; 392 Tenenti e sottotenenti (9) T otale
800
(8) Non sono compresi oelb presente tabella gli ufficial i che sono portati nel quadro organico del R. Corpo di Truppe Coloni ali e quelli che coprono posizioni assegnate ad ufficiali fuori quadro . (9) Fino alb concorren;w d i un quarto potrnnno essere sostituiti da ufficiali di complemento.
ORDINAMENTO
llONOMI
ARMA AERONAUTICA
Art.
20
L'Arma aeronautica comprende: Comando superiore d i aeronautica; Ccmandi di Aeronautica (aerostieri - dirigibilisti ed aviatori); Raggruppamento aeroplani da caccia; Raggruppamento aeroplani da bombardamento; Raggruppamento aeroplani da ricogniu one; Gruppo Aerostieri; r Gruppo dirigibilisti; Comando scuole; Direzione dei servizi di armamento; Servizio fotografico.
2
Art.
21
All'Arma aeronautica sono temporaneamente comandati uffic iali delle varie armi, numericamente indicati nella seguente tabella:
8 36 64
299 Totale
Generale d i Divisione o di Brigata comandante superiore dell'Aeronaurica; Colonnelli; Tenenti colonnelli e maggiori; Capitani; Tenenti e sottotenenti
408
Gli ufficiali suddetti sono collocati fuori quadro nelle armi rispettive.
DISTRETTI MILITARI
Art.
22
I distretti m ilitari sono 106. Ad essi sono assegnati ufficiali delle varie arm i numericamente indicati nella seguente tabella: Colonnelli; Tenenti colonnelli e maggiori ; 318 Capitani; 2 12 Subalterni 106 106
Totale
742
I suddetti ufficial i sono compresi nelle tabelle indicanti gli organici delle armi di fanteria, cavalleria, artiglieria e genio di cui agli articoli 12, 14, r6 e 19.
2
6$
L'ESERCITO
ITALIANO
NEL PRl~O
DOPOGUERRA
1918 • 1920
CORPO INVALI.DI E VETERA1'l
Art. 23 I] Corpo invalidi e veterani si compone di un comando e di due compagnie. L'organico degli ufficiali del Corpo invalidi e veterani è il seguente : Tenente colonnello o maggiore; 2 Capitani; 7 Tenenti e sottotenenti
Totale
10
CORPO AUTOMOBILI STI CO
Art. 24
Il Corpo auto mobilistico provvede ai servizi automobilistici di carattere generale, esclusi quelli inerenti al servizio particolare delle varie armi e corpi. Esso è costituito da : D irezione centrale automobilistica; 10 Centri automobilistici. Art. 25
Al Corpo automobilistico sono temporaneamente comandati ufficiali delle va rie armi numericamente indicati dalla seguente tabella: Colonnello; 7 Tenenti colonnelli; 11 Maggiori; 48 Capitani; 122 Subalterni Totale
189
I suddetti ufficiali sono collocati fuor i quadro nelle armi rispettive.
CORPO SANITARI O MILITARE
Art. 26
Il Corpo sanitario m ilitare consta di: 10 Direzioni di sanità militare; Ospedali militari principali e succursali ed infermerie presidiarie; Ufficiali medici; 10 Compagnie di sanità; r Farmacia centrale m ilitare.
ORDINAMENTO
BONOMI
Il numero degli ospedali m ilitari e delle infermerie presidiarie è stabilito per decreto reale. Gli ufficiali medici attendono al servizio san itario del R. Esercito sia presso i corpi cui sono addetti, sia negli ospedali militari e nelle infermerie, sia nelle sezioni di sanità e negli ospedali da campo. Le compagnie di sanità sono isti tuite per attendere al servizio degli ospedali militari e di sanità milita re in campagna. Sono comandate da ufficiali medici sotto l'autorità dell'ufficiale medico direttore dell'ospedale militare esistente nella sede rispettiva . Art. 27 L 'organico degli ufficiali del Corpo sanitario militare è il seguente (ro):
3 17 48 97 314 340
Totale
Maggior Generale o Brigadiere Generale a disposizione per ispezioni; Brigad ieri Generali; Colonnelli; Tenenti colonnelli; Maggiori; Capitani; Tenenti e sottotenenti (n)
820 CORPO Dl COMMISSARIATO :VULlTI\R.E
Art. 28 Il Corpo di commissariato militare comprende: Direzioni di commissariato; Ufficiali commissari; Ufficiali di sussistenza; Compagnie d i sussistenza; Stabilimenti di commissariato. Gli ufficiali del Corpo di commissariato sono tratti da quelli delle armi di fanteria, cavalleria, artiglieria, genio e del Corpo d'amministrazione i quali soddisfino alle condizioni che saranno determ inate dal regolamento. Le compagnie di sussistenza sono istituite per attendere al servizio dei pan ifici ed in parte a quello dei viveri in tempo di pace, ed a quello delle sussistenze militar i in campagna. Sono comandate da ufficiali d i sussistenza, sotto l'autorità dell'ufficiale commissario d irettore. Gli stabilimenti di commissariato sono stabiliti per decreto reale.
(10) Non sono compresi nella prese nte lahell,, gli ufficiali che sono portaci nel quadro o rganico del R. Cor po di Truppe Coloniali. ( , •) In parie possono essere sostitu iti da ufficiali medici d i complemento .
270
L' ESERCITO
ITALI ANO N EL PR IMO
DOPOGUERRA
1918- r920
Art. 29
L 'organ ico degli ufficiali del Corpo di commissariato militare è il seguente (12) : Brigadiere Generale a d isposiz ione per ispezioni (13); 10 Colonnelli; 18 T enenti colonnelli; 45 Maggiori; 124 Capitani T otale
198
L'organico degli uffìciali di sussistenza è il seguente (12) : 3 Tenenti colonnelli; 7 Maggiori; 79 Capitani; 124 Subalterni (14) Totale
213 CORPO DI AMMI NISTRAZIONE
Art. 30
11 Corpo di amministrazione è composto di ufficiali di amministrazione per la tenuta dei conti presso i corpi, istituti e stabilimenti. Art. 31 L'organico degli ufficiali del Corpo di amministrazione è il seguente : 2 Colonnelli; 25 Tenenti colonnelli; 47 Maggiori; 340 Capitani; 450 Subalterni (15) T otale
864 CORPO VETERINARIO
Art. 32 Gli ufficiali veterinari attendono al serv1z 10 zooiatrico. Essi sono addetti ai comandi di grandi unità, ai corpi e reparti di truppe a cavallo, agli stabilimenti di allevamento quadrupedi e rimonta, ed alle scuole nelle g uaii viene impartita l'istruzione a cavallo. ( 12) Non sono com presi gli ufficia li porta ti nel quadro organico del R. Corpo di
Truppe Coloniali. (13) li grado di Tenente Generale commi,sario ,ar:, mantenuto ,olo per l'attuale Tenente Genera le. (14) In parte potranno t·s,erc sostituit i ei a u fficiali di sussistenza di complemento. (1;) In pane potranno essere sosti tui ti eia ufficiali di ammi ni strazione di complemento.
OROINA~!E NTO
BONOMI
271
Art. 33 L'organico degli ufficiali del Corpo veterinario militare è il seguente (16): r r Tenenti colonnelli; 18 Maggiori; 65 Capitani; 74 Tenenti (17) Totale
168 CAPO
III
SCUOLE, ST ABILIMENT l E REPARTI VARI S CUOLE MILITARI
Art. 34 Le scuole militari del reg no comprendono:
Collegi m ilitari Mirano a preparare i giovani all'amm issione alle scuole di reclutamento o al conseguimento della nomina ad ufficiale di complemento.
Scuole di reclutamento Provvedono al reclutamento degli ufficiali e dei sottufficiali (gli uni e gl i altri sia effettivi che di complemento) delle varie armi e corpi.
Scuole di applicazione Sono destinate al completamento della istruzione professionale degli allievi provenienti dalle scuole d i reclutamento.
Scuole centrali So no istituite per l'addestramento pratico dei quadri nell'impiego tattico e tecnico dei vari mezzi di cui la rispettiva a rma d ispone e ad armonizzarlo con l'impiego delle altre armi.
Co1·so superiore tecnico d'artiglieria E' costituito da l complesso dei corsi speciali scientifici e di applicazione presso istit uti civili e militari e dei corsi teorico - pratici presso stabilimenti industriali civili e mil itari destinati ad elevare la colrura tecnica degli ufficia li d i artigl ieria ed a prepararli ai servizi tecnici dell'arma . (16) Non ,ono compresi gli ufticiali portati nel quadro organico del R. Corpo di Truppe Coloniali. (17) In parte potrunn 'J es;ere wstituiti da uf ficil li veterinari di complemento .
2 72
L' ESERCITO
ITALIANO
NEL PRIMO
DOPOGUERRA
1918 -
1920
Istituti superiori di cultura militare Sono istituiti allo scopo di favorire l'elevamento della coltura professionale degli ufficiali di determinati gradi.
Scuola centrale di educazione fisica
E' istituita per formare istruttori di educazione fisica. li n umero e l'ord inamento delle varie scuole sono stabiliti per decreto rea le. Ad esse è preposta una D irezione Superiore. Il personale di governo delle varie scuole è tratto dai militari delle varie armi dell'esercito. ]I personale insegnante e in parte composto di militari appartenenti all'Esercito ed in parte di professori e maestri civili d i cui ai seguenti articoli. Art. 35 Alle scuole militari sono temporaneamente comandati ufficiali delle vane armi n umericamente indicati dalla seguente tabella:
5
39 64 88 240
36o Totale
Generale di Corpo d'Armata d irettore superiore delle Scuole; Generali d i Divisione o di Brigata comandanti d i Scuole m ilitari; Colonnelli ; Tenenti colonnelli; Maggiori ; Capitani; Subalterni
797
1 suddetti ufficiali sono compresi nelle tabelle indicanti gl i organici dello Stato Maggiore del R. Esercito e delle arm i di fanteria, cavalleria, artiglieria e genio di cui agli ar ticoli 8, 10, 12, 14, 16 e 19.
UF FI CIO D I A~MI N JSTRAZIONE DI P ERSONALI MI LITAR I VARI
Art. 36 L' ufficio d"ammin istrazione d i personali m il itari vari attende all"amministrazione di tutti i personali dipendenti dall'amministrazione della guerra che non hanno consiglio di amministrazione proprio, e nello stesso tempo è l'intermediario delle varie amministrazioni militari per operazioni di conto corrente. Il personale di questo ufficio è fornito dal Corpo di am m inistrazione.
ORDlKAMENTO
B0 K0Ml
2 73
ISTITUTO GEOGRAFICO MILITARE
Art. 37 L 'Istituto geografico provvede al servizio cartografico, geodetico e topografico dell'Esercito.
Art. 38 L'organico del personale militare dell'Istituto Geografico è il seguente: 1 Generale di D ivisione o di Brigata direttore; r Colonnello vice direttore; 5 Capitani; 1 Tenente Colonnello o Maggiore d'amministrazione; t Capitano d 'amministrazione; 2 Tenenti o sottotenenti d'amministrazione. Il personale stesso è compreso in quello indicato negli articoli 8, 31 e 65. Il personale civile è composto degli elementi di cui ai seguenti articoli 47 e
48. TRIBUNALE SUPREMO Dl GUERRA E MARINA E TRI BUNALI MILITAR[
Art. 39 La giustizia militare in tempo di pace è amm101strata dal Tribunale supremo di guerra e marina e da tanti Tribunali militari quanti sono i Corpi d'Armata. DEPOSITI DI ALLEVAMEKTO CAVALLI
Art.
40
I depositi di allevamento cavalli per cavalleria e artiglieria provvedono al rifornimento dei quadrupedi. Ogni deposito di allevamento cavalli si compone di una direzione militare e di personale inferiore civile. Ai depositi di allevamento cavalli sono addetti squadroni di rimonta. Il numero dei depositi di allevamento cavalli e degli squadroni di rimonta ed il loro organico sono stabiliti per decreto reale.
Art. 41 Ai deposit i di allevamento cavalli sono temporaneamente comandati ufficiali delle armi di cavalleria e artiglieria, numericamente indicati dalla seguente tabella: 3 Colonnelli; 5 Tenenti colonnelli o Maggiori; 2 Capitani Totale
ro
Detti ufficiali sono collocati fuori quadro nelle armi rispettive.
18. - Gallinari
274
L'ESERCITO
ITALIANO NEL PRIMO !>OPOGUERRA
1918 • 1920
REPARTI DI PUNIZIONE E STABILIMENTI MILITARI DI PENA
Art. 42 I reparti di punizione comprendono: Comando; 4 compagnie di disciplina; carcere militare; 1 reclusorio militare. Gli ufficiali addetti a tali reparti, sono scelti fra quelli di qualsiasi arma in attività ed idonei a tale servizio, i quali ne facciano volontaria domanda. Quando non fossero sufficienti le domande dei riconosciuti idonei per coprire i posti vacanti è facoltà del Ministro della guerra di sostituirli con ufficiali di qualsiasi arma da richiamarsi dalla posizione in servizio ausiliario. Art. 43 Gli ufficiali organicamente assegnati ai reparti di pun1z10ne sono determinati dalla seguente tabella : Colonnello; r Tenente colonnello; r Maggiore; 9 Capitani; 3t Tenenti e sottotenenti Totale
43
Detti ufficiali sono collocati fuori quadro nelle rispettive armi. CAPO
IV
CIRCOSCRIZIONE TERRITORIALE MILITARE Art. 44 Hanno giurisdizione territoriale i Comandi di Corpo d'Armata, le Direzioni di artiglieria, le Direzioni del genio, i Distretti militari, le Direzioni d i Sanità e di commissariato ed i tribunali militari. CAPO
V
COMMISSARI MILITARI PER LE FERROVIE Art. 45 Il Ministero della Guerra ha facoltà di destinare ufficiali superiori quali commissari militari per le ferrovie del Regno. Le attribuzioni e il numero di questi commissari sono stabiliti per decreto reale previo accordo fra i Ministeri della guerra e dei lavori pubblici.
ORDINA~fENTO
CAPO
B0:-.i0}II
2
75
VI
PERSONALI V ARI DIPENDENTI DALL'AMMINISTRAZIONE DELLA GUERRA
Ai servizi accessori del R. Esercito provvedono i seguenti personali: a) ingegneri geografi e topografi dell'Istituto geografico militare; b) personale tecnico del genio; e) professori e maestri civili delle scuole militari; d) farmacisti militari; e) ragionieri geometri del genio; /) ragionieri d'artiglieria; g) capi tecnici d'artiglieria e del genio; h) disegnatori tecnici; i) applicati delle amministrazioni militari dipendenti; l) ufficiali d'ordine dei magazzini militari; m) assistenti del genio; n) agenti e sotto agenti dei depositi di allevamento cavalli. Questi vari personali seguono altrettante carriere distinte. Coloro fra i suddetti impiegati che coprono uffici estranei all'amministrazione militare non sono compresi nelle tabelle della presente legge. Gli impiegati dipendenti dall'amministrazione della guerra non sono soggetti alla disciplina militare ed alla legge penale militare in tempo di pace. In tempo di guerra, invece, sono sottoposti alla giurisdizione militare, nei termini stabiliti dal Codice penale per l'Esercito. A questi impiegati sono applicabili quanto alle posizioni di disponibilità e aspettativa e quanto alle pensioni, le leggi relative agli impiegati civili dello Stato. INGEGNERI GEOGRAFI
E TOPOGRAFI
DELL'ISTITUTO GEOGill\FICO MILll"ARE
Art. 47 Il personale tecnico dell'Istituto geografico militare è costituito da ingegneri geografi e da topografi, che si distinguono in: I NGEGNERI GEOGRAFI
Geodeta capo; Ingegneri geografi principali; Ingegneri geografi. TorocRAFI
Primo topografo; Topografi capi; Topografi principali e topografi.
276
L.ESERCITO
ITALIANO
NEL
PRIMO
DOPOGUERRA
r918- 1920
Art. 48
li numero del predetto personale è determinato dalla seguente tabella: r Geodeta capo; 2 Ingegneri geografi principali; 1 Ingegnere geografo principale o ingegnere geografo; 2 Ingegneri geografi; 1 Primo topografo; r6 Topografi capi; 87 Topografi principali e topografi Totale
oo PERSONALE TEC::-IICO DEL GENIO
Art. 49
Il personale tecnico del genio comprende: 1 Direttore tecnico dell'Istituto centrale di radiotelegrafia ed elettrotecnica; Ingegneri elettricisti addetti ali' officina radiotelegrafica ed elettrotecnica del genio; Dottori in chimica addetti al laboratorio pirotecnico e di studi chim1c1 del genio. Art. 50 Il numero del predetto personale è determinato dalla seguente tabella: I Direttore tecnico dell'Istituto centrale di radiotelegrafia ed elettrotecnica; 2 Ingegneri elettricisti; 2 Dottori in chimica Totale
5 PROFESSORI E MAESTRI
CIVILI
NELLE SCUOLE ~UL!TARI
Art. 51 I professori e maestri civili nelle scuole militari si distinguono 111: professori titolari ed aggiunti di lettere e scienze; professori titolari ed aggiunti di disegno; maestri e maestri aggiunti di scherma e ginnastica. In luogo di professori civili di ruolo, è fatta facoltà al Ministero della Guerra di assumere in servizio temporaneo insegnanti delle scuole medie e superiori governative; verrà ad essi corrisposta una retribuzione da stabilirsi caso per caso. Al posto dei maestri civili di scherma e ginnastica possono essere destinati, verificandosi le relative vacanze, sottufficiali forniti dei titoli di abilitazione per detti insegnamenti.
ORDINA~IE:-STO
BONO~!
277
Art. 52 TI numero dei predetti professori e maestri civili è determinato dalla seguente tabella (r8):
52 Professori titolari ed aggiunti di lettere e scienze; 8 Professori titolari ed aggiunti di disegno; 45 Maestri e maestri aggiunti di scherma e ginnastica Totale
rn5
N.B. · Non sono compresi i professori e i maestri civili soltan to incaricati dcll'inse· gnamento, per i quali vengono sta nz iati appositi fondi in bilancio.
f AR.\fACISTI
MILITARI
Art. 53
Il personale farmaceutico militare si compone di: un chimico farmacista ispettore; un chimico farmacista direttore; farmacisti capi; farmacisti. Art. 54
Il numero del predetto personale è determinato dalla presente tabella (19): Chimico farmacista ispettore; Chimico farmacista direttore; 25 Farmacisti capi; 65 Farmacisti l
I
Totale
92 R AG I ONIERI GEO~El'Rl DEL GENIO
Art. 55 I ragionieri geometri del genio si distinguono in: ragioniere geometra superiore; ragionieri geometri capi; ragionieri geometri.
( 1 8) Il numero dei professori e maestri ci vii i potrà essere variato m relazione al numero delle scuole. (19) Non sono compresi i farmacisti che sono portati nel quad ro organico del R. Corpo di Truppe Colonial i e quell i fuori ruolo.
278
L'ESERCITO
ITALIANO
Nl'.L
PRIMO
))OPOG UERM
1918 -
I9ZO
Art. 56
Il numero dei predetti ragionieri è determinato dalla seguente tabella (20): r Rag ioniere geometra superiore; 28 Ragionieri geometri capi; 155 Ragionieri geometri
RAGIONIERI D'ARTIGLIER IA
Art. 57
I ragionieri d'artiglieria si distinguono ragionieri capi; ragionieri.
10:
Art. 58
Il numero dei predetti ragionieri è determ inaco dalla seguente tabella ( 21): 24 Ragionieri capi; Ragionieri
122
Totale
146 C API TECNICI D ' ARTIGLIERIA E DEL GENIO
Art. 59
I capi tecnici d 'artiglieria e del genio si distinguono m: capi tecnici capi; primi capi tecnici; capi tecnici. Art. 6o Il numero dei predetti capi tecnici è determinato dalla seguente tabella (22) : 15 Capi tecnici capi; 40 Primi capi tecnici; 62 Capi tecnici Totale
II7
(20) Non sono compresi i ragionjeri geometri del genio che sono portati nel quadro organico del R. Corpo di Truppe Coloniali, quelli fuori ruolo e quelli a d isposizione del Ministero della Marina. (21) Non sono compresi i ragionieri d'artiglieria che sono portati nel quadro organico del R. Corpo di Truppe Coloniali e quelli fuori ruolo. (22) Non sono compresi i capi tecnici d'artiglieria e del genjo che sono portaci nel quadro organico del R. Corpo dj Truppe Coloniali, quelli fuori ruolo e quelli a disposizione dei Ministeri della Marina e degli Affari Esteri.
ORDIKAMENTO
BONOMI
2
79
DISEGNATORI TECNICI
Art. 61 I disegnatori tecnici si distinguono in: disegnatori tecnici capi; disegnatori tecnici. Art. 62
Il nulnero dei suddetti disegnatori tecnici è determinato dalla seguente tabella (23): 36 Disegnatori tecnici capi; 75 Disegnatori tecnici Totale
III
APPLICATI DELLE AMMINISTRAZIONI MILITAR( DIPENDENTI, UFFICIALI D' ORDINE DEI MAGAZZINI MILITARI E ASSISTENTI DEL GENIO
Art. 63
Gli applicati delle amministrazioni militari dipendenti, gli ufficiali d'ordine dei magazzini militari e gli assistenti del genio non hanno gradazione d'impiego bensì di stipendio, come è determinato dalla legge che stabilisce i loro assegni.
Il numero dei predetti personali è determinato dalla seguente tabella (24):
1707 Applicati delle amministrazioni dipendenti; 402 Ufficiali d'ordine dei magazzini militari; 210 Assistenti del genio Totale 2319 Art.
6s
Oltre gli ufficiali di cui agli articoli 21, 25, 41 e 43 sono collocati fuori quadro i seguenti ufficiali, che per essere assegnati a serviz i militari speciali indipendentemente dall'Arma o Corpo cui appartengono, non possono essere
(23) Non sono compresi i disegnatori tecnici che sono portati nel quad ro organico del R. Corpo di Tnippe Coloniali e quelli fuori ruolo. (24) Non sono compresi gli applicati, gli ufficiali d 'ordine e gli assistenti che sono portati nel quadro organico del R. Corpo di Truppe Coloniali e i posti occupati dai sot· tu fficiali in servizio seden tario.
280
L'ESERCITO
ITALIANO
KEL
PRIMO
DOPOGUE RRA
r9r8 - 1920
determinatamente compresi ne1 quadri dei singoli Corpi e delle singole Armi : 47 Colonnelli; 101 Tenenti colonnelli; rr5 Maggiori; 205 Capitani; 5 Subalterni Totale
473
In tal i ufficiali sono compresi: gli ufficiali in serv 1z10 d i Stato Maggiore, gli ufficiali addetti alle Case Militari di S. M. il Re e dei RR. Principi, e quelli a disposizione del Ministero della guerra per incarichi speciali. Gli ufficiali di qualunque grado addetti al Ministero della Guerra o ad uffici estranei al R. Esercito non sono compresi nelle tabelle sopra riportate. Non sono pari.menti compresi gli ufficiali della giustizia militare per quali rimane in vigore il D . L. II aprile 1918, n. 457.
1
Sarà provveduto con provvedimento a parte al riordinamento della giustizia militare. Ordiniamo che il presente decreto munito del sigillo dello Stato, sia inserto nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e farlo osservare. Dato a Roma, addì
20
aprile
1920.
VITTORIO EMANUELE
L. LuzzATTI -
I. Bo:-io}!J
INDICI
INDICE DEI NOMI DI PERSONA (*)
Accinni F ra ncesco, 8. Albricci Alberico, u5, n6, 120, 124, 130, 131, 132, 133, 134, r45, 147, 149, 152, 15".;, 156, 160, 163, 166, 167, 169, 199, 203, 205, 206, 208, 2Il, 213, 215, 227. Alessi Rino, 55, 56, 65. Aliotti Carlo Alberto, 178, 179. Allenby Edmund, 103. Andrews, ammiraglio USA, 148. Asinari di Bernezzo Vittorio, 105. Asinari di San Marzano Enrico, 33, 34· Badoglio Pietro, 8, 30, 55, 56, 65, 67, 78, 80, 81, 82, 86, 87, 88, 93, 102, 106, u6, 124, 125, 130, 131, 137, 147, 148, 149, 150, 151, 154, 155, 156, 162, 202, 210, 222, 224. Barbarich Eugenio, 133. Battistoni Giuseppe, n o, 129. Belin, gen. francese, 103. Berenini Agostino, 157. Berti Giorgio, 144. Berti Mario, 218, 220, 22r. Bissolati Bergamaschi Leonida, 63. Bliss, gen. USA, 103. Bollati Ambrogio, 56, 57, 58. Bongiovanni Luigi, 68, 129. Bonomi Ivanoe, 152, 154, 156, 157, 159, 16o, 16!, 162, 171, 172, 173, 174, 176, 178, 184, 185, 187, 189, 206, 21I, 212, 214, 216, 217, 22T, 222. Boriani Giuseppe, 76. Boroevié von Bojna Svetozar, 21. Borsarelli di Rifreddo Luigi, 92.
(*) Non sono compresi
Cadorna Luigi, 96. Cagni Umberto, u, 39. Camerana Vittorio, 16. Canbet, ammiraglio fra ncese, 32. Caneva Carlo, 83, 157. Canevari Emilio, 166. Carlo I d'Asburgo, 7, 27. Castelli Riccardo, 146, 182, 183. Castoldi Fortunato, 168, 172, 176, 178. Cattaneo Giovanni, 17. Cavallero Ugo, 64, 80, 102, 106, 107, 109, 126, 127, 155. Cavan (Lambart Frederick R.; lord Cavan), 10, 20. Caviglia Enrico, 10, 15, 23, 62, 63, 6s, 68, 70, 71, 72, 76, 80, 84, 89, 102, ro6, 109, no, 131, 132, 151, 181, 182, 183, 184, 185, 186, 187, 188, 190, 191, 192, 193, 194, 195, 200. Ceccherini Sante, 186, 188. Cefaly Antonio, 157. Chiodi Errico, 165. Chrétien, gen. francese, 9B. CiuffeUi Augusto, 122, 157. Clavarino Alfeo, 210. Clemenceau Georges, 101, 102. Colosimo Gaspare, 157. Cortese Giuseppe, 210. Credaro Luigi, 122.
Dallolio Alfredo, 210. D 'Annunzio Gabriele, 124, 128, 129, 142, 143, 144, 145, 146, 147, 148, 149, 150, 151, 183, 185, 186, 188, 1 93, 1 94· Davidovié Ljubomir, 125.
nomi citati nelle note.
284
L' ESERCITO
ITALIANO
1'EL
PRIMO DOPOGUERRA
De Albertis Vittorio, 16. De Angelis Edoardo, 148. De Fourtou, gen. francese, 171. De Gaspari Oreste, 144, 176. De Luca Giuseppe, 177. Delvino Suleiman bey, 169, 172. De Marchi Ernesto, 16o. De Negri Giovan Battista, 95. De Siebert Amodeo, 68, 133. Diaz Armando, 12, 13, 15, 16, 21, 29, 38, 39, 45, 46, 62, 64, 65, 77, 78, 80, 81, 83, 86, 87, 88, 95, 101, 104, 105, l06, 107, 109, II6, 124, 125, 126, 127, 130, 131, 139, 140, 145, 154, r63, 166, 201. Donati Pio, 157. Duca d'Aosta (v. Emanuele F iliberto di Savoia - Aosta). Elia Vittorio, 108. Emanuele F iliberto d i Savoia - Aosta, 10, 22, 133, 139. Essad, pascià Toptani, 92.
1918 · 1920
Giolitti Giovanni, 152, 157, 160, 162, 176. Gramantieri Pietro, 63. Gran di Domenico, 157. Graziani Jean - César, 10. G razioli Francesco Saverio, 34, 35, 46, 67, 69, 70, 73, 78, 83, 88, 120, 138, 139, r 40, r 4r, 146, 157, 2ro. Guzzoni Alfredo, J r8, 119. Haig Douglas, 64. Hennoque, gen. francese, 77. H offinger, diplomatico austriaco, 86. Hope, ammiraglio britannico, 148. Hortis Attilio, 21. Host - Venturi Giovanni, r42, 143, 1 94. Humbert, gen. francese, 83. Kemal, Mustafà (poi Atatiirk), 159. Krafft von Dellmensingen Konrad, 17. Lloyd George David, 103, 104, 107.
Fabris Gino, 224. Faccini Cesare, 192. F ederzoni Luigi, 157. Ferrari Giuseppe Carmine, 143, 144. Ferrario Carlo Antonio, 186, 188, 189, 190, 191, 192, 193, 194. Ferraris Carlo, 157. Ferrero Giacinto, 31, 89, 90, 92, 94, 183, 188, 190, 191, 192, 193, 194. Foch Ferdinand, 12, 13, 35, 36, 64, 80. Franchet d'Esperey Louis • Félix, 34, 90, 91, g6, 97, g8, 99, 100, TOI. Freri Orlando, 99, 165. Fusoni Giorgio, 160. Gabba Melchiade, 105, 106. Gaillard, magg. francese, 148. Gambara Gastone, 192. Gandolfo Asclepia, 144, 145. Garrone Renzo, 210. Gasparotto Luigi, r57, 216, 217, 218. Gazzera Pietro, 8. Giardino Gaetano, 10, 44. Gigante Riccardo, 194.
Mancini Ugo, 143. Manzoni Gaetano, 179. Maravigna Pietro, 8. Marchetti Tullio, 8. Mati Zogolli, Ahmed bey, 95. Mazza F rancesco, 157. Mazzoni G uido, 157. Milio Enrico, 27, 29, 30, 32, 38, 81, 128, 129, 181. Milne, gen. britannico, 103, 108. Mittelhauser, gen. francese, 77. Mombelli Ernesto, g6, 97, 98, 99, 100, 101. Montanari Umberto, 8r. Montuori Luca, 10, 23. Morrone Paolo, 10, 20, 21, 22. Naulin, gen. francese, 139. Nava Cesare, 157. Nicolis di Robilant Mario, 13, 35, 68, 103, II7, 125, 139, 140, 141, 145, 146, 147, 148, 149, 150, 152. N igra Arturo, 182, 184.
INDICE DEI NO~il
Nitti Francesco Saverio, 62, u6, 117, u9, 124, 126, 140, 141, 1 44, 1 45, 146, 149, 150, 152, 155, r56, 170, 171, 172, 176, 185, Nunziante Giuseppe, 143·
107, 127, 147, 163, 211.
115, 129, 148, 168,
Orlando Vittorio Emanuele, 12, 13, 30, 61, 62, 64, 76, 77, 80, 8r, 82, 85, 86, 87, 88, 101, 104, 106, 107, II6, 126. Pantano Edoardo, 157. Paolini Giuseppe, 146. Pariani Alberto, 8, 87, 126. Parri Ferruccio, 116. Peck, ten. col. britannico, 148. Pecori - Giraldi Guglielmo, 10, 16, 17, 18, 22, 38. Pellé, gen. francese, 76. Pennella Donato, 105, ro6. Perla Raffaele, 157. Pershing John J., 64, 65. Pesenti Gustavo, ro8. Petitti di Roreto Carlo, 38, 96. Petricioli Marta, 106. Pezzana Gerolamo, 190, 192. Pflanzer - Baltin Karl, 32. Philips, gen. britannico, r71. Piacentini Settimio, 29, 30, 89, 90, 9r, 92, 93, 94, 95, 100, 163, 164, 165, 166, 167, 168, 169, 170, 171, 172, 173, 175, 176, 177, 178, 179, 181. Piccione Luigi, 75, 76, 77. Pirzio Biroli Alessandro, 70. Pittaluga Vittorio Emanuele, 140, 141, 142, r44, 146. Pollio Alberto, 199. Porta Achille, 130, 159. Pristina, Hassan bey, 95. Pugliese Emanuele, 177. Rainer William, 33. Rainich Paolo (v. Canevari Emilio). Reina Carlo, 142. Repetto Raffaele, 143. Riveri Mario, 108, 109.
or PERSONA
Robilant (v. Nicolis di Robilant Mario). Rodinò Giulio, 157, 174, 175, 176, 215. Rolandi Ricci Vittorio, 157· Rossi Vittorio, 76. Rota Alfredo, 62. Sachero Giacinto, 225. Sackville - West, gen. britannico, 103. Sailer Emilio, 183. Salvago Raggi Giuseppe, 157. Sani Mario, 150. Santini Ruggero, 178. Scialoja Vittorio, 127, 159, r68, 176. Scip ioni Scipione, 8, 124. Sogre Roberto, 85, 86, 87. Sforza Carlo, no, 162, 176. Sifola Alberto, 74. Simonetti Diego, 189, 191, 194. Sonnino Giorgio Sidney, 64, 77, 81, 82, 86, 90, 91, 93, 94, ro6, 107, 126. Spingardi Paolo, 199, 213. Summeral Charles, 139. Tahon, gen. francese, 165. Tassoni Giulio Cesare, 10,15, 22. Tellini Enrico, 177. Thaon di Revel Paolo, 29, 77. Thwaites, gen. britannico, 107. Tiscornia Luigi, 31. Tittoni Tommaso, 107, 126, 127, 129, 130, 163, 164, 166. Tranié, gen. francese, 34, 35. Treves Claudio, 157. Turati Filippo, 125, 157. Vadalà Rocco, 186. Venizelos Eleuterios, 107, 130, 163. Vercellino Mario, 144. Vicini Antonio, 63. Vincenzi Bartolomeo, 168. Viora Giuseppe, 128, 129. Vittorio Emanuele di Savoia - Aosta, 1 33· Vittorio Emanuele III di Savoia, 106.
286
L 'ESERCITO
lTALl!\.NO
NEL
\Vatts, gen . britannico, 139. W eygand Max ime, 64. Wilson Henry, 104, 106, 109. Wilson Thomas \.Voodrow, 36, 64.
PRl:\10
DOPOGUE RRA
1918 - 1920
Zanella Riccardo, 190. Zoppi Ottavio, 144. Zuccari Luigi, 40 . Zupelli Vittorio, 13, 44, 45, 51, 57, 62, 1 57·
INDICE GENERALE Presentazione
Pag.
3
PARTE P RIMA
DOPO VILLA GIUSTI I.
2. 3. 4· 5.
Le clausole militari dell'armistizio Sul fronte italiano subito dopo il 4 novembre L'occupazione della Dalmazia, delle isole adriatiche e di Fiume I problemi dei territori liberati e il ritorno dei p rigionieri . I primi passi della smobilitazione
Pag.
7
))
IO
))
26 36
))
»
4r
P ,1.RTE SECONl)A
I POSTUMI DELLA GUERRA r. L'Esercito italiano all'inizio del 1919 . Pag. L'agitata primavera del i9r9 )) 3· L'ultimo periodo del Governo Orlando. L'intervento in Carinzia )) 4· L'occupazione in Albania e in Montenegro nella sua fase di espansione )) 5. Le truppe italiane nell'Europa orientale )) 6. La mancata spedizione in Transcaucasia )) 7. Gli sbarchi in Anatolia )) 2.
PARTE TERZA
« DALLO STATO DI GUERRA ALLO STATO DI PACE »
1. 2.
3. 4. 5. 6. 7.
La politica militare del primo Governo Nitti Ripercussioni della situazione internazionale Gli impegni militari verso la fine del .1919 . L1 secessione fiumana L'Esercito italiano nel 1920 . Il declino e la fine dell'occupazione in Albania Le truppe in Venezia Giulia e il blocco di Fiume
Pag. ))
u5 123
))
128
))
138
))
151
))
163
))
1 79
288
L'ESE°RCITO ITALIANO
1'"1':L PRIMO
l)OPOG UERRA
1918 - 1920
PARTE Q UARTA
TRA IL VECCHIO E IL NUOVO
I.
2. 3· 4· 5·
Le prime trasformazioni organiche e l'ordinamento Albricci L'ordinamento Bonomi Progetti per un esercito futuro Le vicende del battaglione di fanteria Conclusione
Pag. )) ))
)) ))
Allegati
))
Indice dei nomi di persona
))
Terminato di stampare nel giugno 1980 in Roma presso la Tipografia Regionale
199 2II 216 223 227
1.
SCHIERAMENTO DELL' ESERCITO ITALIANO SUBITO DOPO L'ARMISTIZIO (novembre 1918)
2. DISLOCAZIONE DEL CORPO DI SPEDIZIONE NEL MEDITERRANEO ORIENTALE (ANATOLIA) (fine settembre 1919)
3. IPOTESI DI CONFINE ORIENTALE 1918 - 1920
4. LA ZONA DI VALONA
-
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LA ZONA DI VALONA
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