Ciro Paoletti
Baltikum… dall’altra parte: l’evacuazione dei Corpi Franchi e dei Russi Bianchi dal Baltico nella relazione militare italiana
Roma, CISM, 2022
Ciro Paoletti
Baltikum… dall’altra parte: l’evacuazione dei Corpi Franchi e dei Russi Bianchi dal Baltico nella relazione militare italiana
Roma, CISM, 2022 1
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Indice Premessa....................................................................................................................................pag. 5 Ringraziamenti..........................................................................................................................pag. 9 Capitolo I Dall’inizio della Grande Guerra al 1919................................................................................pag. 11 Capitolo II Teoria e realtà dei Corpi Franchi…………………………………………………………...pag. 19 Capitolo III La situazione nella primavera ed estate del 1919 secondo il Rapporto Cavallero……….pag. 25 Capitolo IV I Tedeschi e i Russi nei Paesi baltici………………………………………………………...pag. 37 Capitolo V Chi c’era………………………………………………………………………………………pag. 47 Capitolo VI I contatti coi Tedeschi………………………………………………………………………..pag. 55 Capitolo VII L’inizio dell’evacuazione e la travolgente offensiva lettone……………………………….pag. 67 Capitolo VIII Si effettua l’evacuazione……………………………………………………………………..pag. 83 Capitolo IX Le 48 ore del 4 e 5 dicembre....................................................................................................pag. 95 Capitolo X La marcia della Divisione di Ferro………………………………………………………...pag. 101 Capitolo XI Riga, Kaunas, Berlino, Parigi................................................................................................pag. 109 Note bibliografiche………………………………………………………………………….pag. 122 Bibliografia………………………………………………………………………………….pag. 126
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Premessa Questo libro ha due fratelli: quello sulla Lettonia e quello sulla Lituania. Tutti e tre nascono come monografie per i pochi che si interessano all’uno e all’altro dei due Paesi e come risposta ad un equivoco che tiene banco da oltre un secolo: la propaganda tedesca su quanto accadde nel Baltico dopo la Grande Guerra. La storia dell’occupazione tedesca della costa orientale del Baltico in Italia è nota a pochissimi ed è stata pesantemente afflitta da Baltikum, di Dominique Venner, tradotto in Italia nel 1978 e divenuto subito uno dei libri d’obbligo dei giovani d’estrema Destra d’allora e della loro mitologia. Come spesso succede in questi casi, nella mente di moltissimi l’unico libro apparso sull’argomento ha determinato una ricostruzione storica condensata in modo superficiale, lasciando un’impressione d’epica saga dei valorosi Germani, in eroica lotta senza speranza per difendere dalla barbarie comunista e slava quell’avamposto di civiltà tedesca, poi spazzato via dall’oriente del Baltico: una perdita per l’Europa, una fatalità per il mondo, un lutto senza fine. Questo rientrava nei luoghi comuni dell’estrema Destra d’allora, incentrati su una visione a dir poco distorta in positivo del Germanesimo e del Nazismo, fatta sorvolando su non pochi e non trascurabili particolari riguardo a quanto era avvenuto in seguito, per cui quella dei Tedeschi, nel 1919 e dopo, era stata una lotta della civiltà e per la civiltà contro l’orrore e la sommersione dei valori europei. Poiché mi sono sempre occupato più che altro di Settecento, per anni non mi curai del Baltico e del 1919. Intorno al 2010 mi capitò di comprare di non so quale mano – terza, quarta, va a sapere – I Proscritti di Ernst von Salomon, edizione 1943, la prima in Italia. Era chiaramente l’antenato di Baltikum, però non ci si capiva nulla, poiché l’autore narrava tutto dal personalissimo e microscopico punto di vista d’uno che era stato una via mezzo fra un sottufficiale ed un subalterno d’un’unità minore, alla periferia di tutto l’insieme dei Corpi Franchi e oltre a questa visione ristrettissima non andava. Non dava una descrizione complessiva di quanto era successo, per cui tutte le vicende, accuratamente tenute fuori dal contesto generale, divenivano molto oscure per chi le leggeva ed incentrate solo sull’autore stesso e i pochi suoi camerati, dei quali il minimo che si può dire è che non apparissero farina da far ostie. Ovviamente, meno informazioni si davano, più diveniva istintivo credere all’autore ed identificarsi con lui ed i suoi, considerandoli i buoni, i valorosi, nel giusto, che erano stati abbandonati da un governo traditore nelle grinfie dei cattivi, i quali erano tutti gli altri, ma proprio tutti, tutto il mondo coalizzato contro quegli eroici difensori, sempre aggrediti e uccisi da torme di feroci avversari equipaggiati, sostenuti e pagati dagli Inglesi; magari se von Salomon avesse aggiunto che quella era la terra di quei feroci avversari sarebbe stato meglio, però non lo fece. Del resto la sua mentalità mi apparve lampante quando, parecchie pagine dopo, trovai scritto che lui e i suoi camerati, giunti nel ’20 in Alta Slesia – sempre per difendere il Germanesimo dai barbari – si erano trovati d’accordo coi militari inglesi nel definire i soldati di tutti gli altri contingenti alleati d’interposizione “negri bianchi”, letterale. Faceva il paio con quanto aveva raccontato un ufficiale della marina imperiale tedesca, impegnato in un’operazione di pace in Mediterraneo prima della Grande Guerra, il quale ricordava un brindisi cogli ufficiali inglesi, fatto guardando con disprezzo il resto della tavolata composto di “negri bianchi”, che poi erano gli ufficiali delle altre marine europee – specie latine, inclusa la nostra. Ora, dato che al tempo di von Salomon gli Italiani in Alta Slesia c’erano e non erano Inglesi…, Bè, i negri bianchi avevano vinto la guerra e i nobili Freikorps ariani no; “e beccatevi questa!” pensai. Ovviamente von Salomon aveva riempito svariate decine di pagine colla lotta disperata nel Baltico, col sottinteso dolore di dover abbandonare tanti civili germanici e tante terre irrorate e fecondate dal nobile e generoso sangue tedesco… La campana suonava fessa, perciò misi lì, acquisii il dato ed amen. L’anno seguente il Baltico risaltò fuori in tutt’altro modo, col mio coinvolgimento chiesto e richiesto da James Sterling Corum, allora direttore degli studi – all’anglosassone “the Dean, il decano” – del Baltic Defence College, la scuola di guerra delle tre Repubbliche Baltiche: Estonia, 5
Lettonia e Lituania. Alla terza volta che me lo domandava in tre anni, accettai d’andare a parlare al Baltic Military History Workshop, il congresso internazionale annuale del Baltic Defence College a Tartu, in Estonia; ma su che? Mi trovai a studiare da zero un’area di cui non conoscevo nulla. Sapevo del passaggio per Vilna delle truppe italiche nel 1812, oppure – ma non proprio lì, un bel po’ più su – del contingente italiano mandato nel 1919 in Murmania, però lì mi fermavo. All’Archivio dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore Esercito qualcosa c’era: presi tre faldoni relativi al 1919, mi ci immersi rapidamente e fotocopiai tutto, perché allora i documenti, risalenti al 1919-1921, erano ben lungi dall’aver compiuto cent’anni e potevano ancora essere fotocopiati. A casa me li lessi e lentamente mi si dipanò sotto gli occhi la lunga, complicata, sanguinosa storia dell’indipendenza dei tre piccoli Stati baltici, i cui sforzi per la libertà erano stati contrastati in tutti i modi prima dai Bolscevichi e poi dai Tedeschi: era la storia di Baltikum, ma dall’altra parte, vista da noi Italiani e limitata agli ultimi due mesi, che poi erano stati quelli cruciali. Suonava molto più convincente di von Salomon, però aveva bisogno di pazienza ed attenzione perché andava giorno per giorno, dava per scontate parecchie cose e non era facilissima da capire senza approfondimenti ulteriori e, soprattutto, senza una carta geografica sotto gli occhi. Qui venne alla luce un altro ostacolo, non da poco. Quasi ogni località dei Paesi Baltici ha un nome in almeno due lingue e a volte fino a sei. Gli Estoni se la cavano con due o tre – Estone e Tedesco, più talvolta in Russo – ma in Lettonia lo hanno in Tedesco, Russo, Lettone e non di rado pure Lituano, mentre in Lituania, ferme restando le prime due lingue, magari non c’è il Lettone, però è sostituito dal Polacco, oppure ci sono entrambi, per non parlare del Samogitico, spesso incombente come sesta lingua. I documenti italiani e più in generale europei occidentali dell’epoca si rifacevano di solito alla nomenclatura tedesca, ma spesso con dei pasticci di traslitterazioni, trascrizioni onomatopeiche ed errori “de auditu”, per cui i toponimi nei testi originali talvolta – diciamo pure spesso – non avevano molto a che spartire con quelli germanici d’allora, i quali, a loro volta, non c’entrano nulla cogli attuali. Per ridurre le difficoltà e dovendo parlare di Corpi Franchi, ogni toponimo in questo testo è quello tedesco d’allora, con una nota a piè di pagina in cui si riporta la forma attuale e in quale Nazione adesso sia. E’ andata un po’ meglio coi nomi di persona, ma pure lì gli ostacoli non sono stati pochi e una mezza dozzina di nomi restano non identificati. Va poi detto che, pur se filologicamente è sbagliatissimo, ho corretto tutti i refusi e gli errori di grammatica, punteggiatura, od ortografia lasciati nell’originale dai dattilografi – che chiaramente non erano gli autori dei testi – altrimenti ci sarebbero state da mettere tante di quelle note da allungare tutto di venti pagine almeno. C’è infine un avvertimento importante: i tre libri sono organizzati in una maniera assai insolita; hanno praticamente lo stesso testo e la stessa suddivisione cronologica, rispecchiata in un numero di capitoli quasi pari e con gli stessi titoli. Non è uno scadente esercizio di copiatura. L’ho fatto apposta. La trascrizione del testo originale è lunga, faticosissima da leggere e fa cadere subito in una confusione totale chi non è esperto, per cui ho escogitato questo sistema per consentire, a chi lo desideri, di capire cosa succedeva in un certo momento ed in una certa occasione, confrontando rapidamente i tre punti di vista della stessa vicenda colti nello stesso istante. In ognuno dei tre libri la struttura portante è la stessa, con le stesse parole degli altri due; c’è in dettaglio quanto riguarda l’argomento del libro che si sta leggendo ed è riassunto – o non menzionato se non è funzionale al testo – ciò che riguarda gli altri due argomenti. Tornando alla genesi di questo volume, vale la pena di raccontare che una volta a Tartu, sede del Baltic Defence College, mi resi conto di quanto questi documenti fossero interessanti per i Baltici. Non solo riportavano informazioni che a loro mancavano, non ultima quella che c’erano stati degli Italiani – pochi, una decina – nella commissione mandata a sovrintendere all’evacuazione dei Tedeschi dal Baltico, cioè in sostanza a minacciarli di guai grossi se non se ne andavano, e dunque all’indipendenza delle tre Repubbliche, ma, come disse Corum, erano importantissimi, perché eravamo stati gli unici fra tutti a non avere mire sull’area baltica, perciò eravamo stati obiettivi, gli unici obbiettivi in realtà, sottolineò. 6
Dopo partecipai ad altri otto congressi fra Tartu, Tallinn e Vilna, a sei dei quali con relazioni sul periodo in cui ottennero la loro indipendenza, fui cooptato nel comitato scientifico di “Karo Archivas”, la rivista dell’Accademia Militare Lituana e, man mano che il tempo passava, mi rendevo sempre più conto di quanto poco si sapeva in Italia delle tre Repubbliche e di quanto sia stato rilevante quell’apparentemente piccolo apporto che il Regio Esercito diede per la loro indipendenza, un apporto che merita d’essere ricordato; per questo l’ho tratto dagli archivi e pubblicato, qui riguardo ai Corpi Franchi, nel primo nella prospettiva lituana e nel secondo libro in quella lettone. Per noi quell’impegno non è stato molto; per loro si e dev’essere ricordato, così che, la prossima volta, ci si stupisca meno se là compare un Italiano a dire “c’eravamo pure noi.” Infine occorre un’ultima nota, diciamo metodologica: questo libro non è – e sottolineo il non – né intende essere una storia delle guerre d’indipendenza baltiche, né tantomeno la storia dell’evacuazione delle truppe tedesche, russo-tedesche e volontarie dai Paesi Baltici. Altri ne hanno scritto e io qui mi sono limitato a dirne lo strettissimo necessario per inquadrare nel contesto generale gli avvenimenti di cui parlo, pertanto sarà del tutto inutile brontolare che sarebbe stato bello trovarci questo e quello e invece non c’è. Non c’è perché – volutamente – questo libro è semplicemente e puramente il resoconto di quanto, riguardo ai Corpi Franchi, il capo della Missione Italiana nella Commissione Interalleata per l’evacuazione dei Tedeschi dalle Provincie Baltiche vide nei due mesi di novembre e dicembre 1919 e riferì ai suoi superiori nel dicembre del 1919 e nel gennaio del 1920: niente di più niente di meno; e anche così si vedrà che non è poco.
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Ringraziamenti
Desidero ringraziare vivamente il Dottor (PhD) Alessandro Gionfrida dell’Archivio dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore Esercito che mi segnalò per primo la documentazione usata come base di questo lavoro, il colonnello Dr. (Ph.D) Filippo Cappellano capo sezione archivio e poi capo dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore Esercito per avermi permesso la riproduzione integrale dei documenti, il tenente colonnello (Ph.D) James Sterling Corum, senza il cui intervento questi libri non sarebbero mai stati scritti, il generale Michael Esselholt Clemmesen per avermi fornito copia di numerosi documenti di parte britannica, il colonnello (Ph.D) Max Schiavon del Service Historique de l’Armée de Terre per l’aiuto datomi, il professor (Ph.D) Oleg Rudolfovič Airapetov dell’Università Statale di Mosca, senza il cui intervento parecchi ufficiali russi non sarebbero mai stati identificati, il professor (Ph.D) John Gooch per le spiegazioni fornitemi riguardo a certi aspetti del sistema militare britannico, il Dottor Ričardas Dediala per le precisazioni in merito a vari toponimi lituani indicati con un nome tedesco abbastanza poco aderente alla realtà.
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Capitolo I Dall’inizio della Grande Guerra al 1919
Per quanto li riguardava, nel 1914 gli Italiani non avevano nessuna idea delle popolazioni della costa orientale baltica e solo pochissimi ne sapevano vagamente qualcosa; e cent’anni dopo sarebbe stato lo stesso. Se qualcuno aveva sentito menzionare la Lituania, nessuno al di fuori del Vaticano sapeva nulla della Lettonia, salvo alcuni medievisti, che però la conoscevano come Livonia o Curlandia; non se n’era mai sentito parlare in Italia e nessuno conosceva nulla di quel Paese e dei suoi abitanti, che, come gli altri della costa baltica fra la Prussia Orientale, a sud, e il golfo di Finlandia a nord, dai tempi di Pietro il Grande, cioè da due secoli, erano sudditi dello zar di tutte le Russie. Si sapeva vagamente che la Germania estendeva il suo dominio lungo la costa orientale del Baltico, nella Prussia Orientale, ma lì ci si fermava. Non si sapeva, ad esempio, che oltre il confine c’era la Lituania e più a nord la Lettonia, entrambe parti dell’Impero russo. In Lettonia esisteva una minoranza tedesca, più o meno pari al 6% degli abitanti. Più a nord della Lettonia c’era l’Estonia, un tempo danese, poi svedese e dai primi del ‘700 russa. Tedeschi ce n’erano anche lì, ma pochi, meno che in Lettonia e non più del 5% della popolazione, però nell’una e nell’altra costituivano gran parte della classe dirigente e quelle terre avevano una vaga aura germanizzante, per russe che fossero. Nel periodo della Grande Guerra la prima notizia relativa a quell’ampia zona riguardò una massiccia offensiva tedesca ed apparve sulla stampa italiana il 17 luglio 1915.I ma solo dopo la caduta di Kowno – Kaunas – in Lituania, si cominciò a leggere qualche menzione della Lettonia, quando la stampa italiana sottolineò in agosto che da Kaunas i Tedeschi potevano muoversi verso Vilna, cercando di tagliare tra il Narev e il Baltico l’ala russa in quel momento a difesa del settore Dvina-Riga e aggiunse che la caduta di Kaunas avrebbe avuto certamente una grande importanza, Ma, a causa delle tattiche adottate dal Granduca Nicola dopo la sconfitta in Galizia per non rendere irreparabile il disastro russo, l’azione non poteva avere una grande influenza sul risultato finale della guerra. Kaunas era vicina al centro dell’ala destra dell’esercito russo, e un’avanzata su questo lato poteva forzare i Russi a flettere il loro fronte verso est, ma non poteva minacciare di circondare la loro ala destra, come sarebbe successo se i Tedeschi fossero riusciti a progredire su Riga,II come fecero in seguito L’area era adesso sotto controllo germanico e vi sarebbe rimasta fino al 1919. I Tedeschi cominciarono subito a germanizzarla tutta, o almeno a provarci, coll’intenzione di renderla qualcosa di simile alla Prussia Orientale: una vasta zona agricola lavorata da non Tedeschi – Baltici in quel caso e Slavi – più o meno germanizzati, sottoposti a nobili tedeschi od assimilati, come da tempo erano i cosiddetti baroni baltici, benché prestassero quasi tutti servizio nell’amministrazione militare e civile zarista. La lingua corrente per gli affari e l’amministrazione, per le classi alte e quelli desiderosi d’entrarvi, sarebbe stata il Tedesco. La burocrazia doveva essere permeata da Tedeschi pure ai livelli più bassi. l’immigrazione e la permanenza di civili tedeschi sarebbero state favorite. Fu modificato lo scartamento ferroviario, riducendolo da quello russo, più largo, a quello germanico ed europeo, poi venne la pace di Brest-Litovsk e poi ci si rese conto che la guerra poteva andare a finire molto male. Nel corso del 1918 la Germania decise di correre ai ripari. Dopo la Rivoluzione d’Ottobre l’Impero Russo era nel caos e a Berlino premeva mantenere le posizioni sul Baltico, tornando a renderlo un mare quanto più possibile tedesco. Per questo motivo fin dal trattato di Brest-Litovsk si era progettato d’appoggiare la dipendenza – e, dove essa era impossibile, o sconsigliabile, l’indipendenza controllata da lontano – dei Paesi Baltici, intendendo però con questo nome non i tre Stati poi noti come tali in seguito, ma tutte le parti del crollato Impero Russo affacciate sul Baltico, dunque pure la Finlandia e la Polonia. Mentre per quest’ultima si pensava ad un reame polacco 11
apparentemente indipendente, per il quale era necessario accordarsi coll’Austria-Ungheria, proprietaria della Galizia, si previde di riunire tutto il resto in un regno retto da un principe tedesco. Molti degli abitanti residenti nei Paesi Baltici erano fuggiti in Russia e questo facilitò le cose. Appoggiati dall'amministrazione militare germanica, i Tedeschi baltici cominciarono ad organizzare i loro consigli provinciali tra settembre del 1917 e marzo del 1918, quando, l’8 di quel mese, quello di Curlandia – il Kurländische Landesrat – letteralmente il Consiglio territoriale curlandese, proclamò la ricostituzione del ducato di Curlandia e Semigallia – reminiscenza di quello creato nel 1561 dall’ultimo Gran Maestro dell’Ordine Livoniano – e ne offrì la corona a Guglielmo II, il quale però non rispose. Sempre sotto l’egida di Berlino, il 12 aprile fu istituito il Consiglio Territoriale Unito, in cui i consiglieri tedeschi – 35 su 59 – ebbero gioco facile a far approvare una risoluzione con cui si chiedeva la protezione di Guglielmo II. Fu accordata – una sorpresa! – e le Province Baltiche il 22 settembre 1918 furono erette nello stato sovrano del Ducato Baltico Unito, diviso nei sette cantoni di Curlandia, Riga, Latgallia, Livonia Meridionale, Livonia Settentrionale, Ösel ed Estonia, il quale doveva avere come capitale Riga e per sovrano il duca Adolfo Federico del Meclemburgo. Nell’ottobre del 1918 il cancelliere Max di Baden propose di sostituire l’amministrazione civile a quella militare nel Baltico; ma ben presto la piega degli avvenimenti fece svanire il sogno. La Finlandia era caduta in preda ad una durissima guerra civile e risultò impossibile da prendere e, se pure ci si fosse riusciti, troppo lontana da tenere. Per di più gli Hohenzollern a novembre del 1918 dovettero abbandonare il trono germanico, per cui sulla Finlandia, peraltro priva di qualsiasi gruppo etnico tedesco, abitata com’era da Finlandesi, con una minoranza svedese e un po’ di Russi, si mise una croce. Restava la costa orientale del Baltico, la quale presentava alcune possibilità, o almeno così ancora si pensava in certi ambienti a Berlino. In primo luogo c’erano forti contingenti di truppe tedesche: un intero corpo d’armata. In secondo luogo l’area era stata abituata alla presenza germanica dall’autunno del 1915, in terzo luogo vi esistevano dei gruppi di civili tedeschi o assimilati e, soprattutto, tale era l’intera classe dirigente aristocratica: una riedizione baltica degli junker prussiani. In quarto luogo il comandante di quel corpo d’armata, il conte von der Goltz,1 era per l’appunto uno di loro. Benché nato a Züllichau, in Prussia Orientale, la famiglia era baltica e lui aveva studiato all’Università di Dorpat – poi Tartu – in Estonia, ed all’Accademia militare di Riga, prima di passare in Germania. I baroni baltici erano moltissimi in grazia d’una peculiarità locale. Esisteva il maggiorascato, come nel resto d’Europa, e il titolo vero e proprio veniva trasmesso al primogenito, ma si dava quello di barone a tutti i figli maschi, per numerosi che fossero. Di conseguenza una qualsiasi famiglia nobile conservava intatta la proprietà terriera nelle mani del primogenito, ma popolava il mondo con tanti baroni quanti erano i figli maschi. Il gioco si ripeteva ad ogni generazione e, se ognuno di loro aveva dei figli, contribuiva ad ampliare la famiglia e, più in generale, la nobiltà baltica, che perciò era numerosissima, tutt’altro che ricca e dunque costantemente impegnata negli impieghi militari e civili per poter sopravvivere. L’assimilazione alla Germania non era difficile. I nobili baltici, per quanto magari d’origine danese o svedese, non avevano difficoltà a riconoscersi nella cultura tedesca. Il Baltico è un mare piccolo. Coi suoi 377.000 chilometri quadrati è meno d’un sesto del Mediterraneo. Con uno sviluppo costiero di 8.000 chilometri a fronte dei 46.000 del Mediterraneo, da Ovest ad Est è largo 1.600 chilometri contro i 3.700 del Mediterraneo e da nord a sud in media dai poco più di 190 ai 750 fra Gustav Adolf Joachim Rüdiger conte von der Goltz, nato a Züllichau l’8 dicembre 1865, entrò nell’esercito tedesco dopo aver studiato all’università di Dorpat (Tartu) ed all’Accademia di Riga. Colonnello nel 1903, durante la Grande Guerra combatté sul fronte orientale, prima a nord contro i Russi e poi nel sud contro i Serbi. Comandò il corpo di spedizione tedesco – la Divisione del Mar Baltico – contro i Bolscevichi nella Guerra Civile Finlandese nel 1918, prese Helsinki e poi restò in Finlandia fino all’armistizio di novembre. Passato in Lettonia, operò contro i Bolscevichi e gli indipendentisti locali, finché gli ordini di Berlino e la pressione interalleata non lo costrinsero ad obbedire. Ritiratosi in Germania e lasciato il servizio, morì in Baviera nel novembre del 1946. 1
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Helsinki e Danzica, cioè, in termini italiani, da un minimo di 50 chilometri più che da Brindisi a Valona a un massimo pari alla rotta nautica da Genova a Palermo. Questo rende facili gli scambi commerciali e culturali e, essendo quello tedesco il ceppo finanziariamente e numericamente prevalente, nel corso dei secoli si era venuta a creare una certa base comune di stampo germanico, cementata dall’Hansa prima e dalla Riforma poi, a cui tutti potevano fare riferimento. Ovviamente era valida per le classi colte, per le dominanti e per le popolazioni costiere, ma poiché Lettonia, Estonia e Lituania non sembravano addentrarsi molto nell’interno, dal punto di vista tedesco ciò che contava era avere le ricche città portuali di Tallin – allora nota coll’antico nome svedese di Reval – in Estonia, Riga e Libau in Lettonia, Memel in Lituania. Controllate quelle, si controllava tutto. L’abdicazione dell’imperatore Guglielmo e l’armistizio dell’11 novembre 1918 si abbatterono su una Germania debilitata ed affamata, il cui esercito era saldo e indebolito all’ovest, ma saldo e per nulla debole all’est. Mentre la flotta aveva dato abbondanti segni di rivolta, l’esercito era rimasto disciplinato ed affidabile e adesso, nel confuso e fluido periodo seguito all’armistizio, i generali si resero conto, o vollero credere, di costituire l’unica forza veramente organizzata e in grado d’incarnare la continuità della Germania. Indipendentemente da cosa pensassero i vincitori e il nuovo traballante governo democratico insediatosi a Berlino, una parte dei vertici militari tedeschi decise che la sconfitta poteva essere subita, ma non accettata e che bisognava presentarsi alle trattative di pace con in mano quanto più territorio si poteva, specie se, come nel caso baltico, si trattava di terre di fatto ormai di nessuno, su cui stavano stendendo le mani i rivoluzionari bolscevichi, temuti ed odiati da tutti, a partire dagli Alleati anglo-francesi. La Rivoluzione Bolscevica ai primi del 1919 aveva già fatto chiaramente capire cosa potevano aspettarsi tutti quelli che non erano operai e braccianti agricoli: la morte e nemmeno delle più indolori e veloci. Nella primavera del 1919 la situazione del Baltico diventò sempre più importante ed evidente. La stampa italiana riportò, per la primissima volta, notizie degli appena costituiti Stati Baltici e della loro terribile situazione sotto la minaccia bolscevica. Grazie alle comunicazioni da parte degli agenti inviati da quegli Stati al Quartier Generale Supremo Alleato a Parigi, vennero resi noti i rapporti sui massacri compiuti dai Bolscevichi e la permanenza di truppe regolari o volontarie tedesche. Le notizie giunte in Italia dagli Stati Baltici tra il novembre 1918 e il marzo 1919 erano state scarse. La maggior parte riguardavano Estonia e Lettonia. Così, per esempio, la stampa riferì il 27 dicembre che i Bolscevichi avevano raggiunto Mitau e Riga, che centinaia di persone erano state massacrate a Pleskau e che gli abitanti di Riga, Libau e Windau erano in fuga.III Parlò dei massacri scoperti in Estonia, ma quanto accadde dopo non fu riferito in Italia, tranne poche notizie qua e là. I crescenti problemi del Dopoguerra, l’urto con la Francia e la Gran Bretagna per l’Africa e il Medio Oriente, il coinvolgimento nella crisi turca, la questione di Fiume, i problemi sociali nel Paese distrassero gli Italiani dal Baltico e solo una paio di piccole notizie apparvero nel resto dell'anno. Il 15 agosto 1919 i lettori italiani vennero informati da Tallinn che la missione militare britannica guidata dal generale Marsh aveva organizzato “un nuovo Governo russo democratico per le province di Pskov, Novgorod e Pietrogrado.”IV E, come ultima notizia apparsa in quell'anno, una breve corrispondenza, datata da Tallinn il 12 ottobre 1919, diceva che le truppe di Judenič2 avevano Nikolaj Nikolaevič Judenič nacque a Mosca. Entrato al Collegio Militare Aleksandrovskij nel 1879, ne uscì nel 1881 Podporučik, grado pari a sottotenente ed assegnato al Reggimento Lituano della Guardia. Tenente dal 1884, una volta capitano si diplomò all'Accademia dello Stato Maggiore nel 1887 e proseguì la sua carriera nello Stato Maggiore. Colonnello comandante di reggimento nella Guerra Russo-Giapponese del 1904-1905, promosso quartiermastro generale nel 1907 e poi, il 6 dicembre 1912, tenente generale, ebbe il comando del distretto di Kazan nel 1912 e, dal febbraio 1913 quello del Caucaso. Allo scoppio della Grande Guerra attaccò i Turchi e li sconfisse a Sankamis, venendo nominato comandante dell’Armata del Caucaso nel gennaio del 1915. Avanzò in territorio turco fino ad occupare la città di Van, non lontana dal confine persiano, che perse e riprese nei mesi successivi. Batté i Turchi di nuovo nella battaglia di Erzerum nel 1916 e conquistò Trebisonda sulla costa del Mar Nero, respingendo di nuovo i Turchi nella vittoriosa battaglia di Erzincan. Rimosso dal comando in seguito alla Rivoluzione di Febbraio, lasciò l’esercito nell’aprile del 1918 e nell’ottobre dello stesso anno riparò in Finlandia. Passò in Estonia nel 1919 e decise d’intervenire 2
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appena occupato Volossova e Pokoff, che per quanto riguardava gli Italiani potevano tranquillamente essere in Cina o sulla Luna. Che il pubblico non sapesse nulla, non significava lo stesso per il Governo del Re o i suoi militari. La dissoluzione degli imperi sovranazionali austro-ungarico e russo aveva portato ad una confusione enorme, in cui tutte le nazionalità proclamavano la propria indipendenza, cercavano di vedersela riconoscere dai vincitori e d’estendere il controllo dei rispettivi governi fin dove esisteva una loro comunità, non importava quanto isolata. Questo li portava a scontrarsi con altri governi, di entità statali altrettanto nuove e che agivano nello stesso modo. La discriminante era la lingua parlata: là dove risuonava, quella era terra loro. Il guaio era che, a causa della sovranazionalità delle dominazioni precedenti, quasi sempre nel medesimo posto risuonava pure un’altra lingua, se non addirittura due o tre: che fare allora? A chi toccava quell’area? La diatriba nasceva immediata, il contrasto si acuiva subito e il ricorso alle armi seguiva automaticamente. Di conseguenza le forze interalleate erano impegnate nei posti più disparati d’Europa e del Medio Oriente per cercare di mantenere un minimo d’ordine e risolvere le questioni locali nella maniera migliore, benché, spesso, la maniera migliore fosse quella che conveniva di più ai governi di Londra e Parigi e, in subordine, a quelli a loro politicamente accodati, come a Praga, Belgrado ed Atene. A questa regola non sfuggì l’area baltica, dove prestissimo si stesero le reti della Francia e dell’Inghilterra. La situazione del Baltico orientale era caotica. I Russi Bianchi cercavano di riprendere San Pietroburgo e distruggere i Bolscevichi. Questi volevano distruggere i Bianchi ed esportare la rivoluzione, cominciando col riprendere tutte le province del crollato Impero. Gli abitanti di quelle province non volevano assolutamente perdere l’appena trovata indipendenza, né sotto i Bianchi, né sotto i Rossi e resistevano come potevano, barcamenandosi a seconda dei casi fra gli uni e gli altri e fra gli Alleati e i Tedeschi ancora presenti. La costa orientale del Baltico un tempo russa era adesso occupata da tre nuove repubbliche, una sotto l’altra come tre mattoncini: in alto l’Estonia, in mezzo la Lettonia e in basso la Lituania. Ad est avevano la Russia, ad Ovest il mare. I Sovietici avevano aperto le danze assalendo l’Estonia alla fine del 1918. Gli Estoni avevano passato dei brutti momenti, la lotta era stata assai dura, ma per la fine della primavera del 1919 il peggio era passato e avevano raggiunto e superato il confine, quando si era presentato un imprevisto: i Tedeschi li avevano aggrediti. L’attacco nasceva dalla complicata situazione lettone. Nel periodo dell’occupazione tedesca era stato formato a Riga un governo socialdemocratico, sostenuto dai baroni baltici e del tutto asservito a Berlino. Quando, a dicembre del 1918, a seguito dell’armistizio, i Tedeschi si erano ritirati verso la Prussia Orientale, erano arrivati subito i Bolscevichi, che, col sostegno dei reparti dei fucilieri lettoni dell’Armata Rossa, avevano preso Riga il 3 gennaio 1919. Il governo filo-tedesco presieduto da Andrievs Niedra3 era fuggito a Libau,4 la città portuale nel sud del paese mentre il 18 novembre
nella Guerra Civile russa. Nel maggio di quell’anno, raccolte truppe volontarie, lanciò un’offensiva su San Pietroburgo, ma fu respinto. Riconosciuto dal capo del governo bianco, l’ammiraglio Kolciak, come comandante in capo della regione del Nord Ovest, Judenič, aiutato finanziariamente dagli Anglo-Franco-Americani, riorganizzò le forze bianche nel Baltico come Armata Bianca di Nord Ovest, forte di circa 20.000 uomini, coi quali nell’ottobre 1919 lanciò una nuova offensiva verso San Pietroburgo, raggiungendone la periferia il 19 di quel mese. Contenuto da Trotsky, l’attacco non ebbe successo e in novembre Judenič dové ritirarsi in Estonia. L’Armata del Nord Ovest venne allora disarmata e successivamente evacuata dalla flotta inglese. Judenič andò in esilio in Francia e si astenne completamente da qualsiasi ulteriore attività politica. Morì a Saint-Laurent-du-Var, il 5 ottobre 1933. 3 Andrievs Niedra o Andreews Needra, nacque l’8 febbraio 1871 in Lettonia a Gulbene, nota ai Tedeschi col poetico nome di Schwanenburg, il borgo dei cigni. Studiò teologia all’università di Tartu – allora Dorpat – dal 1890, anno in cui pubblicò la sua prima raccolta di poesie, al 1899 e divenne pastore luterano, ottenendo una propria parrocchia nel 1908 a Jaunkalsnava. Dopo aver già fatto apparire i suoi primi racconti storici e folkloristici sul giornale Baltijas Vēstnesis a partire dal 1891, consolidò la sua fama di scrittore e poeta. Oppositore del socialismo, non ebbe difficoltà ad accettare la nomina a capo del governo lettone che collaborò coi Tedeschi dal 1915 al 1918. Dopo la sconfitta della Germania e l’indipendenza lettone, abbandonò la Lettonia per alcuni anni. Rientrò nel 1924, ma fu arrestato, processato per tradimento e condannato all’esilio, che trascorse da pastore d’una parrocchia luterana della Prussia Orientale. Assunse
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se n’era formato un altro, contrario ai Bolscevichi e favorevole all’Intesa, capeggiato da Kārlis Ulmanis.5 Nella primavera del 1919 la controffensiva estone aveva aiutato i Lettoni a liberare Riga il 23 maggio, grazie pure all’aiuto delle truppe tedesche. Queste però avevano voluto reinsediare il filotedesco governo Niedra e, quando i Lettoni si erano opposti, i Tedeschi, la Landeswehr baltica, 6 cioè la milizia territoriale formata da elementi germanici locali,7 e i Russi Bianchi riforniti dai Tedeschi li avevano assaliti, prendendo Riga e costringendo Ulmanis fuggire sulle navi inglesi. L’intervento estone si era allora allargato contro i Tedeschi, i quali erano stati cacciati da Riga, ma non dalla Lettonia, dove il generale von der Goltz manteneva truppe regolari, oltre alla Landeswehr, ai Russi Bianchi ed ai volontari dei vari Freikorps ed era coadiuvato dal governo russo bianco della Russia Occidentale del generale zarista Biskupsi, con la capitale a Mitau, che per i Lettoni era Jelgava, a soli 40 chilometri a sud di Riga. A sua volta Riga rimase costantemente sotto minaccia e dal 5 al 7 novembre fu bombardata dai Russo-Tedeschi, i quali riuscirono a costringere i Lettoni a restare sulla sponda destra della Dvina, la riva su cui sorgeva allora tutto l’abitato. Se la Lettonia stava male, la Lituania stava peggio. Trovandosi fra Riga a nord, la Prussia Orientale a sudovest, la Polonia non precisamente amica a sud e la Russia bolscevica ad est, la Lituania era nella condizione più difficile: doveva tenersi libera dai Bolscevichi e cercare di sbarazzarsi dei Tedeschi, per i quali controllarla era vitale per far affluire dalla Prussia Orientale attraverso di essa i rinforzi ed i rifornimenti per mantenere le posizioni a Riga e riprendere la Lettonia. Insomma, a tutti i Baltici era chiaro che per mantenere l’indipendenza occorreva respingere i Russi, ma per farlo bisognava prima liberarsi dei Tedeschi, i quali non se ne volevano proprio andare. C’era un motivo, un po’ strano ma con una sua logica e nasceva delle idee dell’Oberpräsident – il Presidente regionale – della Prussia Orientale August Winnig. L’allora quarantunenne ed oggi dimenticato Winnig, uno dei dodici figli d’un povero becchino sassone, aveva iniziato la sua vita pubblica molto presto, dandosi poi al giornalismo ed al sindacalismo. Eletto nel 1913 al parlamento regionale d’Amburgo, aveva dato prova di notevoli doti la cittadinanza tedesca e pubblicò le sue memorie, che in Lettonia furono vietate dal presidente Ulmanis dopo il colpo di stato del 1934. Niedra tornò in Lettonia dopo l’occupazione tedesca e morì a Riga il 25 settembre 1942. 4 Liepāja, in Lettonia. 5 Nato il 4 settembre 1877 nei pressi di Bērze in una ricca famiglia di proprietari terrieri, Kārlis Augusts Vilhelms Ulmanis abbandonò la scuola nel 1896. Dopo vari tentativi di studio in Germania e in Svizzera senza ottenere alcun titolo, tornò a casa e si dedicò all’agricoltura, al giornalismo e alla politica. Per le sue prese di posizione a favore della lingua lettone nelle scuole lettoni, la polizia zarista nel 1905 lo arrestò ed incarcerò per sei mesi. Rilasciato, passò in Germania e da là, per evitare le sue pendenze giudiziarie coi Russi, negli Stati Uniti, dove finalmente prese il baccellierato – la laurea triennale – in agraria nel 1909, insegnando poi all’università del Nebraska. Grazie ad un’amnistia, nel 1913 poté tornare a casa, dedicandosi di nuovo all’agricoltura e al giornalismo. Allo scoppio della Guerra Mondiale s’impegnò nell’aiuto ai profughi e al tempo della Rivoluzione Russa sostenne l’indipendenza lettone. Nel 1918 fondò con altri il Consiglio Nazionale Lettone per proclamare l’indipendenza dalla Russia. Fu riconosciuto capo del governo di transizione e il 18 novembre 1918, data dell’indipendenza, divenne Primo ministro del Governo provvisorio. Dopo varie vicissitudini, l’11 agosto 1920 Ulmanis ratificò un trattato di non aggressione coll’URSS e restò al potere fino al giugno del 1921. Negli anni seguenti sedé in Parlamento e fu a lungo al governo, ricoprendo vari incarichi ministeriali. Nel maggio del 1934 fece un colpo di Stato e sciolse il parlamento coll’aiuto dell’esercito, spazzando via le formazioni socialiste e naziste e instaurando una politica nazionalista. Il patto nazi-sovietico del 1939 riportò i Russi in Lettonia. Nel giugno del 1940 Ulmanis fu arrestato dall’NKVD e morì di dissenteria il 20 settembre 1942, durante un trasferimento da un carcere all’altro in Turkmenistan. 6 Mentre la territoriale tedesca si chiamava Landwehr, traducibile con Esercito territoriale, quella baltica si chiamò ufficialmente Landeswehr, cioè, letteralmente “Esercito del territorio.” 7 Secondo un’informazione di fonte britannica del novembre del 1919, la Landeswehr Baltica era composta da circa 2.500 tedeschi delle Provincie Baltiche raggruppatisi per difendersi contro i Bolscevichi. Quando le truppe russe del principe Bermondt-Avalov attaccarono Riga, ai primi di novembre del 1919, essa chiese di non combattere contro i propri connazionali lettoni; perciò restò sul fronte bolscevico e permise così ai Lettoni di sottrarre forze dal contingente che fronteggiava i Bolscevichi per impiegarle contro Bermondt. Nel novembre del 1919 si diceva che volesse unirsi ai Tedeschi, però, sempre secondo gli Inglesi, comprendeva gente politicamente divisa in tre gruppi: filo-tedesco, filolettone e il terzo composto da indecisi, i quali, nell’ultima decade di novembre, sembrava si sarebbero uniti ai filo lettoni, benché nessuno potesse esser certo di quale sarebbe stato il comportamento complessivo della Landeswehr.
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e nel 1917 era stato nominato prima Commissario imperiale per la Prussia Orientale ed Occidentale e poi ministro plenipotenziario per le Province Baltiche. Quando la guerra finì, Winnig, convinto nazionalista tedesco, ebbe un’idea, nata dal fiorire delle nuove entità comparse dovunque in Europa Orientale dalle ceneri degli Imperi russo ed austro-ungarico le quali ambivano a divenire Stati ed avevano una caratteristica in comune: l’Intesa non faceva loro carico d’alcuna responsabilità, colla sola eccezione dell’Ungheria e, se a loro andava così bene, perché non provare a fare qualcosa d’analogo? Sfruttando il già assestato, o tale sembrava, dominio tedesco sulla costa orientale del Baltico e la presenza dei locali governi fantoccio messi in piedi dopo l’occupazione del 1915, Winnig aveva dato vita ad un piano articolato. Aveva cominciato, nella sua veste di Reichskommissär, col firmare, il 26 novembre 1918, la nota poi definita dai Lettoni “Nota Winnig”, con cui riconosceva il governo provvisorio lettone. Non specificò se si trattasse di quello filo-tedesco di Niedra, o dell’altro di Ulmanis; lui chiaramente intendeva il primo, quello con cui aveva trattato, ma entrambe le parti tacquero sul nocciolo dell’equivoco, perché faceva comodo a tutt’e due: Winnig non disse esplicitamente di riferirsi al collaborazionista Governo Niedra; Ulmanis, ben sapendolo, non lo sottolineò, per poter sfruttare il testo della nota come riconoscimento ufficiale tedesco del governo nato dalla sua fazione indipendentista e nazionale Ottenuta pochi giorni dopo, nel gennaio 1919, la conferma della sua permanenza nel Baltico grazie alla nomina a Presidente Superiore della Prussia Orientale da parte del governo socialdemocratico tedesco, Winnig procedé secondo i suoi piani: creare uno stato autonomo nel Baltico comprendente Estonia, Lettonia, Lituania e le due Prussie Orientale ed Occidentale. Doveva essere una sorta di nuova Germania in cui far sopravvivere le strutture e la mentalità di quella crollata coll’armistizio. Supponeva che l’Intesa, sulla falsariga di quanto faceva coi nuovi Stati in via di apparizione in tutta l’Europa centrale ed orientale, sarebbe stata d’accordo, non avrebbe obiettato nulla ad uno Stato Baltico – che non era la Germania che aveva scatenato la guerra – e non l’avrebbe ritenuto responsabile nemmeno per il pagamento dei danni di guerra.V Ovviamente per riuscirci Winnig doveva mantenere il controllo sull’area baltica e per farlo doveva evitare d’allentare la presa, perciò differì il più possibile il ritiro delle truppe tedesche e favorì la formazione dei Corpi Franchi, i Freikorps, ai cui uomini fece promettere terre e proprietà. La sua posizione di Presidente Superiore della Prussia Orientale gli metteva in mano le redini del potere pubblico. L’appartenenza al Partito in quel momento al potere in Germania lo proteggeva dall’essere sconfessato o rimosso. Il piano sulla carta poteva sembrare fattibile, nella realtà non lo era: aveva parecchi punti deboli. C’erano troppi attori politici e centri decisionali i cui interessi collidevano: i Russi Bianchi, come poi si vide, potevano accettare un aiuto, ma non a condizione di pregiudicare il riacquisto dell’integrità territoriale russa; come invece era implicito nella presenza tedesca. I Lettoni, gli Estoni e i Lituani potevano essere disposti a farsi sostenere dai Tedeschi contro i Bolscevichi, però a condizione di non tornare sotto i Russi Bianchi, né passare ad un nuovo padrone altrettanto duro come il costituendo Stato Baltico minacciava d’essere. La popolazione tedesca, calcolando gli abitanti di tutti e tre i nascenti stati, non vi superava il 10%, perciò era ampiamente minoritaria in tutta l’area e di per sé non in grado d’esercitare una sufficiente pressione politica sulle componenti etniche estone, lettone e lituana. I Polacchi non erano disposti a perdere l’accesso al mare che il nuovo Stato avrebbe loro precluso, così come era molto improbabile che a Berlino avrebbero accettato una secessione che minacciava d’innescare la polverizzazione della Germania in tanti Stati indipendenti quanti ne erano esistiti fino alla proclamazione dell’Impero nel 1871. Infine si sottovalutava un aspetto basilare: l’Intesa non voleva più sentir parlare di Tedeschi e appoggiava chiunque desse loro addosso, tranne i Bolscevichi. Per contro il piano piaceva, perché tornava utile, ai baroni baltici ed ai germanofili di tutta l’area. La presenza tedesca era ampiamente giustificata come protezione ed aiuto contro i Bolscevichi, tanto alle popolazioni locali, quanto ai Russi Bianchi di Judenič in attesa di ritentare l’offensiva su San 16
Pietroburgo, perciò, con un po’ di costanza e di fortuna, poteva pure darsi che il piano riuscisse e nascesse il progettato stato baltico, germanico ma non tedesco. La difficoltà era che gli indigeni non ci volevano stare: volevano l’indipendenza; e l’Intesa stava dando loro retta. In questo i Lettoni erano stati estremamente abili e decisi. Poco dopo la Rivoluzione d’Ottobre – ottobre secondo il calendario giuliano, ma novembre per quello gregoriano – il 29 novembre 1917 si era riunito il Consiglio Nazionale Provvisorio Lettone e dopo aver superato mille difficoltà, navigando a vista fra Bolscevichi e Tedeschi, nel luglio 1918 aveva mandato a Londra via Stoccolma come proprio rappresentante un uomo intelligente quanto abile, Zigfrīds Meierovics. 8 Giunto a Londra, l’11 novembre del 1918 Meierovics aveva ottenuto un primo riconoscimento scritto de facto della Lettonia dal ministero degli Esteri britannico e quando, una settimana dopo, il 18 novembre 1918, il nuovo Consiglio del Popolo di Riga aveva dichiarato l’indipendenza, lo aveva nominato ministro degli Esteri e spostato in Francia alla Conferenza di Pace. Meierovics non aveva ottenuto solo un riconoscimento: aveva avuto dall’Inghilterra un sostegno totale, senza il quale il suo Paese non sarebbe mai riuscito a restare indipendente in quei turbinosi e sanguinosi mesi del 1919. Dopo il colpo di stato provocato dai Tedeschi, rifiutò l’offerta di Niedra d’entrare a far parte del nuovo gabinetto e fece bene, perché, quando Ulmanis tornò al potere, lo confermò ministro degli Esteri e lo richiamò a Riga.
Zigfrīds Anna Meierovics nacque il 5 febbraio 1887 a Durbe. Laureatosi nel 1911 nella Facoltà di Commercio del Politecnico di Riga, cominciò ad insegnare e ad interessarsi di politica. Sfollato a Mosca allo scoppio della Grande Guerra, aderì al Comitato Centrale Lettone per i profughi e, oltre ad altre cariche, ebbe pure quella di membro del Comitato organizzatore dei Battaglioni dei Fucilieri Lettoni. Dopo la Rivoluzione di Febbraio tornò a Riga ed iniziò un’intensa attività politica locale. Sfollato di nuovo, stavolta a San Pietroburgo alla fine dell'estate 1917 a causa dell’offensiva tedesca, in settembre partecipò come membro della delegazione lettone al Congresso delle Piccole Nazioni della Repubblica Russa a Kiev e nell’ottobre 1917 fu eletto nel comitato direttivo, di soli sette membri, che si stava preparando per l’istituzione del Consiglio Nazionale. Il Consiglio Nazionale Provvisorio Lettone si riunì per la sua prima sessione il 29 novembre 1917 e all’inizio di luglio del 1918 lo mandò a Londra via Stoccolma come proprio rappresentante. L’11 novembre del 1918 Meierovics ottenne un primo riconoscimento scritto de facto della Lettonia dal ministero degli Esteri britannico. Sette giorni dopo, il 18 novembre 1918, il nuovo Consiglio del Popolo di Riga dichiarò l’indipendenza. Il 19 novembre Meierovics divenne ministro degli Esteri e in tale veste partecipò alla Conferenza di Pace dal gennaio 1919. Dopo il colpo di stato sostenuto dai Tedeschi rifiutò l’offerta di far parte del governo Niedra. Salito al potere Ulmanis, Meierovics fu richiamato a Riga sempre come ministro degli Esteri e il 25 novembre 1919 dichiarò guerra alla Germania. Si dové in gran parte a lui se nell’agosto 1920 la Lettonia concluse il trattato di pace con la Russia, vedendosi riconoscere indipendente, e se fu riconosciuta legalmente indipendente prima da Roma, poi da Parigi e infine da Londra, Tokio e Bruxelles nel 1921. Presidente del Consiglio dei ministri nel giugno del 1921, ministro degli Esteri nel successivo governo, tornò presidente del Consiglio nel 1923-24, poi rimase fuori dal governo seguente e, caduto questo nel dicembre del 1924, riebbe il portafoglio degli Esteri nel gabinetto successivo. Morì in un incidente stradale il 22 agosto 1925. 8
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Capitolo II Teoria e realtà dei Corpi Franchi Prima d’andare avanti sarà bene farsi un’idea dei Corpi Franchi tedeschi e almeno una mezza idea dei Russi Bianchi al loro fianco nel Baltico. La presenza dei militari tedeschi nel Baltico derivava da due diverse correnti di combattenti. La più celebre, l’insieme dei Corpi Franchi, era uno strumento di cui il ministro della guerra del Reich, Noske,9 si era abbondantemente servito fino a quel momento. Nella storia tedesca i Corpi Franchi, come in altri Stati, erano esistiti nel Settecento. Erano delle unità volontarie formate in tempo di guerra e riconosciute dal sovrano, ma non appartenenti all’esercito vero e proprio. Potevano agire inquadrate nelle unità regolari, ma di solito non lo facevano e, quando capitava, avevano comunque un’ampia autonomia tattica. In buona sostanza erano l’equivalente terrestre dei corsari. In Germania c’erano stati al tempo di Federico il Grande, poi erano spariti per una generazione intera. Erano riapparsi all’alba del XIX Secolo per combattere contro Napoleone e questo aveva dato loro un’aureola particolare. Quella contro i Francesi era stata la prima guerra di liberazione nazionale tedesca: era stata marcata dall’eroica, lunga resistenza di Kolberg, in Prussia Orientale, contro le truppe di Napoleone ed aveva visto la campagna del 1813 far fiorire i Corpi Franchi quasi ovunque in Germania. Per un Tedesco di cent’anni dopo, la parola Freikorps significava implicitamente difesa, liberazione, patriottismo; difesa delle case e dei valori nazionali, della Germanicità e del suo spirito, liberazione dalla prepotenza ed invasione straniera, patriottismo come ogni buon Tedesco doveva avere. Il Romanticismo, riscoprendo i valori nazionali, aveva cementato questo patrimonio nelle menti dei Tedeschi e il concetto più immediato che ad un Tedesco del 1918 potesse venire udendo parlare di Freikorps era quello di volontari in lotta per la Patria: fine. I primi Corpi Franchi del dopoguerra erano nati spontaneamente come forma d’autodifesa contro i rivoluzionari bolscevichi; non a caso uno dei primissimi era stato organizzato a Kiel nel novembre del 1918 dal capitano Lauterbach, allora comandante della nave corsara Moewe e che aveva avuto il battesimo del fuoco sull’Emden nel 1914 nell’Oceano Indiano. Quando i marinai della III Squadra Corazzate della Hochseeflotte si erano ammutinati a Cuxhaven il 26 ottobre del 1918, la rivolta si era allargata a macchia d’olio pure grazie allo spostamento delle tre navi ribelli a Kiel; e proprio a Kiel si era iniziato a sparare due giorni dopo: marinai in rivolta contro fanteria. Lauterbach era stato fra quanti avevano reagito, prima radunando alcuni dei suoi marinai della Moewe e poi, accogliendo altri militari, creando nella zona di Amburgo i volontari di Baumfeld. Molti altri avevano fatto lo stesso, perciò in tutta la Germania c’era stata un fioritura di corpi armati. Noske, in gravi difficoltà, si era abbondantemente servito di loro e con successo contro gli Spartachisti comunisti; poi, pacificata la Germania, non aveva avuto difficoltà a vederli partire per il Baltico nella primavera del 1919: più lontano andavano e meglio era e, tutto sommato, se potevano servire come riserva armata e a tenere un pezzo di dominio tedesco, andava benissimo, tanto li si sarebbe potuti sconfessare appena fosse stato conveniente e adesso, in autunno, lo stava diventando. Nato a Brandenburgo sull’Havel il 9 Luglio 1868 da una famiglia d’origine russo-polacca, Gustav Noske cominciò a lavorare come cestaio, si avvicinò al socialismo, divenne sindacalista e, come membro del Partito Socialdemocratico, nel 1906 fu eletto al Parlamento. Marcatamente contrario ai Bolscevichi, una volta nominato ministro della Guerra nel 1919, incoraggiò i Freikorps in funzione antibolscevica e, per mantenere l’ordine, non esitò ad usare l’esercito contro gli Spartachisti. Convinto assertore della legalità e dello Stato democratico, disconobbe gli estremismi dei Corpi Franchi appena si manifestarono. Lasciato il ministero nel 1920, divenne governatore dell’Hannover, ma nel 1933 fu rimosso dai Nazisti, che, dopo averlo emarginato, l’arrestarono nel corso della repressione del colpo di Stato tentato il 20 luglio 1944. Liberato dagli Alleati nel 1945, morì ad Hannover il 30 Novembre 1946. 9
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All’Intesa non era dispiaciuto che nel periodo della massima emergenza, nell’inverno 1918-1919, i Tedeschi più o meno regolari avessero impedito ai Bolscevichi d’impadronirsi stabilmente della costa orientale baltica. Nel primo semestre del 1919 sarebbe stato difficile agli Alleati aggiungere pure il Baltico alla lunga lista di interventi ed occupazioni militari alle quali si erano trovati costretti; ma quando il Trattato di Pace era stato definito e con esso la politica degli Anglo-Francesi, era sorto il dubbio: cosa facevano 50.000 tedeschi, armati ed addestrati, con aerei, autoblindo e cannoni, una forza pari a metà della Reichswehr consentita dal Trattato, tutti là nel Baltico? Ed era partito l’ordine alla Germania: fateli rientrare. Qui era entrata in gioco la seconda componente militare, la corrente più istituzionale. Era composta dalle truppe dell’8ª Armata tedesca, la quale aveva presidiato parte della Russia ed i Paesi Baltici fino all’Armistizio. Ora, l’8ª Armata era stata sciolta e rimessa sul piede di pace, anzi, su qualcosa meno del piede di pace; il suo ultimo comandante era divenuto il comandante territoriale della Prussia Orientale e il VI Corpo d’Armata di Riserva, comandato in febbraio da von der Goltz, adesso era ancora nel Baltico ed agli ordini del generale von Eberhardt; e tutto l’insieme era appoggiato, silenziosamente ma efficacemente, dal comando territoriale di Königsberg, il cui attuale titolare, von Erstorff, dal 17 dicembre 1918 era stato l’ultimo comandante dell’8ª Armata e delle truppe tedesche nel Baltico, cioè in pratica il superiore diretto di von der Goltz. Che ci si doveva aspettare? Che non se ne andassero, e infatti….. Questo atteggiamento delle autorità militari della Prussia Orientale coincideva a perfezione col piano di Winnig e, tenendo ferme le truppe, gli forniva lo strumento per realizzarlo. Caso mai bisognava vedere quanto quello strumento fosse valido e qui si apriva il discorso sui militari dei Corpi Franchi: quanto valevano? Chi erano? A questa domanda non è per niente facile rispondere, perché non esisteva, non esisté mai un prototipo del volontario tedesco nel Baltico e più in generale nei Corpi Franchi: c’era di tutto, veramente di tutto e, se è vero che molti di loro entrarono poi nel Partito Nazista, questo non significa né che l’abbiano fatto tutti, né che fosse valida l’equazione Corpo Franco = Nazista, né, soprattutto, che quanti erano di Destra, cioè conservatori, si riconoscessero nel Nazionalsocialismo, il quale non era un partito di Destra, ma di Sinistra, e divenne di Destra nella mentalità collettiva senza esserlo mai stato, anzi, nonostante fosse e si proclamasse di Sinistra, come del resto il Fascismo in Italia. La propaganda nazista si appropriò subito dei Corpi Franchi, forte del fatto che molti veterani si erano uniti al movimento fin dalla primavera del 1920. Negli Anni Trenta batté molto sul tasto del patriottismo dei Corpi Franchi, della loro risposta all’appello in difesa del Germanesimo e sottolineando il loro spirito di lotta contro la barbarie; ma, a ben vedere, questi non erano i motivi di tutti, anzi: forse erano alcuni dei motivi dei capi e di parecchi gregari, ma certo non erano tutti i loro motivi e non erano tutti i motivi d’ognuno. Quali sono le persone che fanno una cosa per una sola ragione? Nessuno, tutti noi ne abbiamo sempre più d’una: pensateci e ve ne renderete conto. Per i militi dei Corpi Franchi era lo stesso e in questo è utile von Salomon, sia per quanto dice esplicitamente, sia per quanto a volte non si accorge di raccontare. Di quegli uomini vale come perfetta descrizione questo suo passo: “C’erano nel Baltico molte compagnie, corpi ordinari sotto capi sicuri di sé, regolarmente arruolati e che marciavano obbedendo a ordini severi; orde di avventurieri irrequieti che cercavano la guerra, il bottino e il disordine; corpi patriottici che non si rassegnavano alla rovina della patria e venivano a difendere i confini dall’irrompente torrente rosso. C’era anche la Landeswher baltica, reclutata da signori di quella regione decisi a salvare ad ogni costo i loro sette secoli di tradizione, la loro solida, raffinata cultura e il baluardo orientale della signoria tedesca, c’erano battaglioni tedeschi formati di contadini che volevano colonizzare: affamati di terra, la fiutavano, calcolando le 20
risorse che poteva offrire quel suolo aspro. Ma truppe pronte a combattere per l’ordine non ce n’erano. Il gran numero delle parole d’ordine dava a ognuno la certezza che anche a lui fosse riservato un minimo di premio e di speranza, una meta attraente.”VI Insomma, c’erano gli idealisti, c’erano gli spostati, c’erano quelli che non si rassegnavano a rientrare nella vita quotidiana fatta di lavoro monotono e duro e, infine, c’erano i poveri che da civili faticavano da mane a sera e riuscivano a malapena a sopravvivere. Quanti erano questi ultimi in proporzione agli altri? L’ha appena detto von Salomon “C’erano nel Baltico molte compagnie… che marciavano obbedendo a ordini severi; orde di avventurieri irrequieti…. c’erano battaglioni …di contadini che volevano colonizzare”: un’orda può essere grande o piccola, ma una compagnia è più piccola d’un battaglione, di solito ce ne vogliono da quattro a sei per fare un battaglione e se i disciplinati, diciamo pure gli idealisti erano “compagnie”, i contadini erano “battaglioni”, ergo: i contadini erano la maggioranza assoluta. Come mai? Per rispondere prenderò spunto dalla Prussia Orientale, la zona più assimilabile ai Paesi Baltici per storia, natura del terreno, caratteristiche economiche e soprattutto per il profilo dei proprietari terrieri e le estensioni dei loro fondi. Nell’ultimo quarto del XIX secolo la redditività della terra in Prussia Orientale era stata decrescente. Bismarck aveva fatto di tutto per sostenere l’agricoltura, incrementando il credito agrario, creandolo dove non c’era e tenendo alti i dazi sui prodotti esteri, specie sui cereali, per far sopravvivere l’economia agricola prussiana. La situazione, così ingessata, era rimasta quasi in bilico, ma nel corso degli ultimi anni dell’Ottocento l’agricoltura aveva iniziato ad apparire sempre meno conveniente e parecchi proprietari avevano preferito vendere e reinvestire nel mercato finanziario o nell’industria, più redditizia, così come molti braccianti avevano abbandonato le campagne per inurbarsi nei centri industriali. Per contro, nel resto della Germania le condizioni di vita dei ceti più bassi nel corso del secolo erano state tali, che oltre cinque milioni e mezzo di Tedeschi avevano preferito emigrare in Nord America nei cent’anni dal 1820 al 1920, toccando il massimo annuo di 250.000 nel 1882 e senza calcolare quelli andati in America Latina o in Africa. In pratica ai grandi proprietari il latifondo spesso costava più di quanto rendesse, mentre la piccola proprietà era vista dai ceti più poveri come un affrancamento dal bisogno, affrancamento reso impossibile da un ostacolo: la spesa d’acquisto del terreno. Nel 1890 le dimissioni di Bismarck avevano aperto la strada ai sostenitori del libero mercato, cioè agli industriali, i quali avevano ottenuto già dal nuovo cancelliere von Caprivi l’abbattimento dei dazi; e la grande proprietà terriera ne aveva risentito pesantemente. Alla fine della Grande Guerra il latifondo era diventato una fonte di preoccupazioni per i proprietari; questo non significava che non ci si potesse vivere sopra, ma, se lo si poteva cedere a un prezzo conveniente – specie in un periodo di scarsità di contante – e se nel Baltico lo si poteva tenere, o vendere, senza rimetterci la vita per mano dei Bolscevichi, tanto meglio per tutti. Per contro la piccola proprietà poteva consentire alle famiglie più povere una vita migliore, ecco perché la promessa di terre sul Baltico aveva riempito le fila dei Corpi Franchi Vera o falsa che fosse, i militi dei Corpi Franchi sapevano una cosa, che quando, perse Riga e Mitau, le prime truppe lettoni si erano opposte ai Bolscevichi coll’aiuto dei Tedeschi, tenendo una linea precaria all’altezza di Windau, “il governo lettone di Ulmanis, fuggito da Riga a Libau, promise tuttavia ai volontari tedeschi terre da colonizzare, ottanta morgens di terra,10 crediti importanti e un aumento di soldo se avessero riconquistato quelle città.”VII
Il morgen – mattino – la cui traduzione italiana più vicina sarebbe in termini agricoli “mezza giornata”, corrispondeva a circa due terzi d’un Tagwerk – lavoro d’un giorno – ed era adoperato in tutta l’area costiera dal Mare del Nord al Golfo di Finlandia per indicare un’estensione variabile da 0,2 a 2 ettari a seconda del luogo. Nel 1869 la Confederazione della Germania Settentrionale l’aveva fissato ad un quarto di ettaro, cioè a 2.500 metri quadri, ma in 10
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In forza di quella promessa i Corpi Franchi avevano combattuto, in forza di quella promessa avevano ripreso Mitau e Riga, in forza di quella promessa erano venuti nel Baltico i complementi, in forza di quella promessa, senza neanche saperlo, erano stati gli strumenti del Piano Winnig. Ecco perché i vertici della Prussia Orientale e della Germania temevano le conseguenze del mancato adempimento di quella promessa: si rischiava la rivolta e per di più da parte di gente armata, organizzata, numerosa e ormai molto pratica di combattimento. Adesso era venuto il momento di farli tornare indietro; non era un cosa facile e, oltretutto, occorreva capire chi, nella miriade di corpi armati più o meno indipendenti, avrebbe potuto creare delle difficoltà e quali. Il primo era stato Josef Bischoff,11 il comandante della Eiserne Division – la Divisione di Ferro – il quale, secondo von Salomon, il 24 agosto 1919 era comparso sulla banchina della stazione di Mitau e, nell’entusiasmo di tutti, aveva vietato la partenza della prima tradotta che doveva riportare in Germania il 1° Reggimento di Fanteria di Curlandia. Mentre nel corso dell’estate i reparti regolari rientravano in Prussia e in Germania per essere smobilitati, parecchi di quelli volontari seguirono l’esempio di Bischoff, il quale, in cerca d’un’etichetta che regolarizzasse la sua posizione, si mise d’accordo coi Russi Bianchi, o meglio con un russo bianco, il principe Bermondt-Avalov,12 nelle cui truppe inquadrò la sua divisione. Prussia e nel Baltico orientale poteva essere pure di 0,27 ettari, cioè 2.700 metri quadri; sia come sia, ottanta morgens erano almeno 20 ettari, pari cioè ad un podere di buonissime dimensioni 11 Generale dei Corpi Franchi, ma non nell’esercito regolare, Josef Bischoff, nato a Langenbruck in Slesia, allora tedesca, il 14 luglio 1872, non entrò nell’esercito germanico dall’accademia o dalle scuole militari, ma come ufficiale della riserva e assai tardi. Dopo aver frequentato l’università di Breslavia – oggi Wrocław, in Polonia - e grazie ad un successivo corso di studi all’Istituto di lingue orientali di Berlino, servì nell’Africa Sudoccidentale Tedesca e nell’Africa Orientale Tedesca per sette anni e arrivò lentamente al grado di maggiore nel 1913. Scoppiata la Grande Guerra, fu spedito nel Sinai coi reparti a sostegno dei Turchi e comandò un corpo di loro cammellieri. Rientrato in Germania nel 1916, combatté sul fronte orientale e poi su quello occidentale nelle Argonne, guadagnando le croci di ferro di seconda e di prima classe e la suprema decorazione tedesca, il Pour le Mérite. Venendo dalla riserva, non è strano che alla fine della Grande Guerra fosse ancora maggiore. Dopo l’armistizio seguì le indicazioni del colonnello Kumme dell’8ª Armata e, su suo incoraggiamento, organizzò e comandò la Brigata di Ferro, poi Divisione di Ferro nel Baltico. Evacuata la zona baltica, Bischoff, promosso al grado onorifico di tenente colonnello, rimase in contatto cogli ambienti nazionalisti e poi nazisti, che comprendevano parecchi dei suoi subalterni della Divisione di Ferro, ma sostanzialmente si ritirò. Morì a Baden, in Austria, il 12 dicembre 1948. 12 Il principe Pavel Rafailovič Bermondt-Avalov nacque a Tbilisi il 4 marzo 1877 come Pavel Rafailovič Bermondt, aggiungendosi solo dal 1919 il cognome del padre adottivo, il principe georgiano Mikhail Avalishvili, accorciato in Avalov, secondo marito di sua madre. Entrato nei cosacchi della Transbaikalia, passò a quelli dell’Ussuri, coi quali nel 1905 partecipò alla Guerra Russo-Giapponese venendo decorato due volte coll’ordine di San Giorgio di IV e di III classe. Transitato nei lancieri nel 1909, servì nel Caucaso e nel 1914 era capitano. Autore di romanzi a sfondo patriottico e militare, combatté contro i Tedeschi e fu promosso due volte, divenendo tenente colonnello nel 1916. Colonnello dopo la Rivoluzione di Febbraio del 1917, si avvicinò ai settori controrivoluzionari e dopo la Rivoluzione d’Ottobre entrò nell’Armata Bianca. Kornilov lo promosse maggior generale e lo mise a capo dei distretti baltici, dove seppe conquistarsi un ampio seguito fra i Tedeschi locali e la nobiltà. Radunò un esercito di circa 20.000 uomini da impiegare contro i Bolscevichi in coordinamento colle formazioni di von der Goltz, ma la sua attività cessò col ritiro dei Tedeschi alla fine del 1919 e lui riparò in Danimarca. Trasferitosi in Germania nel 1921, si tenne attivamente in contatto coi movimenti monarchici. Arrestato dai Nazisti nel 1936, appena rilasciato emigrò a Belgrado e poi in America, Morì a New York nel 1974. Il 7 dicembre 1919 in un rapporto informativo 248 S/P indirizzato alla Missione Interalleata negli Stati Baltici, il II Buréau francese lo descriveva così: “Bermont (soprannominato principe Avaloff). (Sua madre nata principessa Avaloff, d’una famiglia abbastanza insignificante del Caucaso) Capitano del 4° Reggimento degli Ulani di Kharkov, dopo la rivoluzione ha servito in Ucraina sotto la Rada centrale ucraina, ha preso parte al colpo di stato dell’Atamanno Skoropadski: sotto gli auspici del Maresciallo Eichhorn fu uno dei principali organizzatori dell’armata volontaria del sud (di Voronsje) alla quale prese pure parte il generale Schuligin e la quale finì per via d’uno sbandamento completato dal furto della cassa da parte degli organizzatori; Belmont – non Bermont, Belmont – vi adempiva le funzioni di capo del controspionaggio e dell’ufficio di reclutamento. Dopo la caduta dell’Atamanno fu evacuato in Germania con duemila altri ufficiali nel campo di Salwede da dove ha imbastito i legami coi gruppi russi germanofili di Berlino, coll’appoggio dei quali ha ottenuto i fondi per la sua impresa nel Baltico. Bisogna notare che è un uomo energico, squilibrato ed intossicato sovente dalla morfina.” Il rapporto proseguiva fornendo dei profili di tutti e undici gli ufficiali dello stato maggiore di Bermondt, sottolineando chi fosse alcolizzato ed in qual grado, chi corrotto
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Qui si apre il sipario sulla quarta componente, dopo i Baltici, i Tedeschi ed i Bolscevichi, della guerra del 1918-1919 nel Baltico Orientale: i Russi Bianchi La confusione indotta dalla Guerra Civile aveva lasciato l’Armata Rossa in una posizione centrale e l’Armata Bianca ad attaccarla dai margini: un esercito bianco era in Siberia con Kolciak, un secondo, di Denikin13 e Kornilov, in Ucraina e Crimea ed un terzo in Estonia, agli ordini di Judenič, aiutato finanziariamente dagli Anglo-Franco-Americani. Nell’autunno del ‘19 tutte e tre le armate bianche erano in una crisi profonda e non sembravano capaci d’uscirne. L’Armata Rossa era all’offensiva nel sud; nel nordovest no, ma, dopo il recentissimo fallimento della seconda marcia su Pietrogrado, nemmeno Judenič lo era più: gli mancavano uomini e denaro. Due o trecento chilometri a sud delle posizioni di Judenič, BermondtAvalov aveva creato il proprio Governo della Russia Nord-Occidentale. Dichiarava di volersi opporre ai Bolscevichi, ma non ne aveva più la forza nemmeno lui. A rigore Bermondt, che aveva avuto da Kornilov l’incarico d’occuparsi dei distretti baltici, sarebbe dovuto dipendere da Judenič, il quale da Kolciak, capo supremo dei Bianchi, era stato nominato comandante di tutto il nordovest russo. Logica voleva che, dovendo sgomberare i Paesi Baltici, i Russi di Bermondt andassero a confluire in quelli di Judenič, ma ne valeva la pena? Erano truppe su cui si potesse ancora fare assegnamento? E poi il trasferimento doveva riguardare i soli Russi, non i Tedeschi colla coccarda russa sul berretto venuti con Bischoff. Infine c’era una galassia di gruppi russi grandi e piccoli, che combattevano e sopravvivevano alla meno peggio e si accordavano con questo e con quello, secondo i casi: l’atamanno Petliura in Ucraina, come Virgolič14 e Biskupsi nell’area baltica erano alcuni, ma ce n’erano molti altri. Che piani avevano? A chi rispondevano veramente? A chi, ad esempio, avrebbe obbedito BermondtAvalov quando gli fosse stato ordinato d’andarsene? A Judenič, agli Alleati, o ai Tedeschi ed a quali condizioni? Avrebbe accettato – e valeva pure per gli altri – il reimpiego operativo su un altro teatro? E con chi? Con Judenič da cui ora in teoria già dipendeva gerarchicamente e operativamente? O con Denikin? O addirittura con Kolciak? Più cresceva la distanza a cui mandare
e in vendita al maggior offerente, chi capace di far qualcosa e chi totalmente incapace di concludere nulla. Non mi pare che questo rapporto ci sia nelle carte italiane. La copia che ho letto la devo alla gentilezza del generale danese Michael Hesselholt Clemmesen, il quale l’ha presa a Londra nei National Archives, fondo WO – War Office – 32/5706. 13 Anton Ivanovič Denikin, nato a Włocławek – Vladislavia – in Polonia il 16 dicembre 1872 era figlio d’un ex-servo della gleba divenuto maggiore dell’esercito imperiale. Entratoci nel 1890, uscì dall’Accademia Militare di Kiev nel 1892 come ufficiale d’artiglieria. Partecipò alla Guerra Russo-Giapponese, la finì nel 1905 col grado di colonnello e fu promosso maggior generale nel 1914, poche settimane prima dello scoppio della Grande Guerra. Elevata la sua brigata a divisione nel 1915, nel 1916 si trovò a comandare l’VIII Corpo d’Armata in Romania. La Rivoluzione di Febbraio gli troncò la carriera. Fuggito dopo la Rivoluzione d’Ottobre nel sud della Russia, insieme a Kornilov formò un esercito bianco contro i Bolscevichi. Sconfitto nell’ottobre del 1919, nel 1920 Denikin si spostò in Inghilterra, nel 1926 in Francia e, finita la Seconda Guerra Mondiale, negli Stati Uniti, dove morì, ad Ann Arbor, l’8 agosto 1947. 14 Evgenii Pavlovič Virgolič, nato nel 1883 da famiglia nobile, cominciò il suo servizio come ufficiale di guardia alla frontiera, fu promosso capitano di cavalleria nel 1910 e servì nel controspionaggio dallo scoppio della Grande Guerra fino al 1917. Dopo la Rivoluzione d’Ottobre si unì ai Bianchi e dal giugno del 1919 fece parte del Corpo del Principe di Lieven; poi organizzò un proprio Corpo volontario a Mitau/Jelgava e infine passò a comandare l’unità dell’Esercito Russo Occidentale specializzata nella guerriglia. Nell’autunno del 1919 si riteneva che il corpo da lui comandato nell’Esercito russo-occidentale allineasse 5.000 uomini. Dopo la fine del ciclo operativo nel Baltico emigrò in Germania e se ne persero le tracce. Nel già citato rapporto informativo 248 S/P de 7 dicembre 1919 indirizzato alla Missione Interalleata negli Stati Baltici, il II Buréau francese lo dipingeva così: “Colonnello – il vero grado capitano di gendarmeria) Virgolitch. Comandante del corpo. Nel 1900 è uscito dalla scuola di cavalleria d’Elisawet Grad nel quarto reggimento degli Ulani di Wladimir. Nel 1909 fu nominato capo squadrone di gendarmeria a Varsavia, dove mostrò parecchia crudeltà. Fu condannato a morte dal partito socialista polacco e dové lasciare Varsavia per andare ad installarsi come capo del posto di gendarmeria e Radziwiloff. All’inizio della guerra fu assegnato al servizio di controspionaggio e nel 1916 era capo dell’Ufficio di controspionaggio della 5ª Armata (comandata dal generale Gurko). Si trovò presso l’Atamanno a Kiev da dove fu evacuato a Silwede di dove passò a Mitau avendo ricevuto dei fondi del senatore Bellegarde a Berlino. Attualmente è in vendita. La differenza fra lui e Bermont è che Virgolitch manca di temperamento e che Bermont ne trabocca. Alcolizzato al più alto grado. Senza simpatie politiche manifeste, piuttosto germanofilo. Si venderà al maggior offerente.”
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i Russi, più aumentava il costo dello spostamento e del mantenimento; e chi avrebbe pagato? E chi stava pagando adesso? Mantenere delle truppe è sempre stato un affare costoso: i Governi se lo possono permettere, i privati molto meno. Bermondt se lo sarebbe potuto permettere a condizione d’avere denaro, ma non ne aveva e nessuno gliene dava. Era bello, era grandioso assorbire la Divisione di Ferro, ma come la si pagava? Nel Medioevo la spesa d’un reparto era limitata alle derrate, al foraggio, molto raramente alla manutenzione delle armi, ma nel XX Secolo occorreva comprare tutto, dalle cartucce e i proietti d’artiglieria fino al carburante, per non parlare dei viveri. Trecent’anni prima Wallenstein aveva tenuto in piedi il suo esercito organizzando ufficiosamente uno stato nell’Impero germanico: un intero territorio era stato attentamente amministrato come fonte di risorse per mantenere un esercito non più grande di quello di Bermondt, ma ora? Ora no, non ce n’era il tempo. Non dimentichiamoci che tutti gli avvenimenti di cui parlo qui si svolsero in otto mesi scarsi. I primi Corpi Franchi a sostegno delle truppe tedesche erano giunti nel Baltico nell’aprile del 1919 e gli ultimi ripassarono la frontiera in senso inverso nel dicembre dello stesso anno. In quegli otto mesi gli avvenimenti si susseguivano a gran velocità, e pur a voler organizzare qualcosa a lunga scadenza, si doveva improvvisare per arrivare in fondo al mese, anzi alla settimana, se non alla giornata. E così Bermondt aveva avuto la trovata geniale: aveva stampato carta moneta, le aveva dato corso legale e, con sorpresa di tutti, aveva funzionato e veniva regolarmente cambiata in marchi tedeschi. Bene: e quando non lo fosse stata più?
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Capitolo III La situazione nella primavera ed estate del 1919 secondo il Rapporto Cavallero.
Nella primavera del 1919 il Governo del Re non aveva ancora deciso cosa fare riguardo al Baltico e se e quanto potesse rientrare nei suoi piani del dopoguerra. La diplomazia francese stava facendo, con successo, del suo meglio per mettere all’angolo l’Italia, estromettendola da tutte le parti e non mantenendo nemmeno l’ombra degli impegni presi prima e durante la guerra. La promessa ufficiale di Masaryk al Re d’Italia d’affidare il comando dell’esercito cecoslovacco ad un generale italiano, fatta personalmente a fine novembre del 1918 a Padova, era stata mantenuta così bene da darlo ad un Francese già per marzo del 1919. Come mai? La risposta era a Parigi. I Francesi avevano applicato all’Europa dell’est lo stesso schema da loro seguito in colonia: identificate delle nazionalità piccole ma, secondo loro, forti abbastanza da divenire potenze regionali, avevano iniziato a rafforzarle ulteriormente per farne altrettanti pilastri dell’influenza o del dominio francese. Per questo avevano appoggiato i Cechi, aggregando loro quanti più territori si poteva, senza considerare che, così facendo, alla fine sarebbero stati a malapena il 51% della popolazione della Repubblica Cecoslovacca, creando una bomba a orologeria che sarebbe esplosa a Monaco nel 1938, quando, nella drammatica notte prima della firma, proprio la delegazione francese avrebbe obbligato quella cecoslovacca ad accettare l’ultimatum tedesco e lo smembramento della Repubblica dicendo che la Francia non l’avrebbe aiutata. Per questo i Francesi sostenevano gli Jugoslavi contro la Bulgaria: per dare uno statuto autonomo a un’area così intimamente e profondamente serba – secondo gli Jugoslavi – che, settant’anni dopo esser riusciti ad ottenerla, ne sarebbero stati cacciati brutalmente, vedendola erigersi a Repubblica autonoma di Macedonia. Per questo i Francesi appoggiavano le rivendicazioni greche sull’Albania e in Asia Minore, dove entro 24 mesi avrebbero abbandonato i Greci al disastro della controffensiva turca e dell’eliminazione di tutte le colonie greche esistenti in Anatolia da venticinque secoli, obbligando la Grecia continentale ad accogliere tanti profughi da veder crescere la sua popolazione da quattro a cinque parti, di cui la quinta non sarebbero mai stati in grado di sfamare con la produzione agricola ellenica, ragion per cui, per garantirsi le importazioni di grano, nel 1940 i Greci sarebbero stati costretti ad accettare una serie di ricatti inglesi che li avrebbero coinvolti nella Seconda Guerra Mondiale. Per tutti questi motivi i Francesi negavano all’Italia in Asia Minore il protettorato su Adalia stabilito dall’accordo di San Giovanni di Moriana, sostenevano a spada tratta il nuovo governo jugoslavo contro l’Italia in Dalmazia e contro la Bulgaria in Macedonia, si installavano a Varsavia asserendo che la Polonia doveva la sua indipendenza alla missione francese, ma tacendo sul fatto che nel momento di maggior pericolo, quando i Bolscevichi erano stati sconfitti da Pilsudski alle porte di Varsavia, la missione italiana era restata in città e quella francese era fuggita. Per contro Parigi e Londra stavano facendo di tutto per sfruttare le truppe italiane a spese del Governo del Re ma a sostegno dei propri interessi in Siberia, Ucraina, Murmania e nel Caucaso, cioè in tutti i luoghi in cui la situazione era pericolosa e non presentava facili vie d’uscita. A Roma i grattacapi erano molti e non si sapeva bene da che parte cominciare. C’era la necessità d’asserire il controllo italiano sull’area promessa in Anatolia a rinforzo e protezione del dominio del Dodecaneso e bisognava mandarci un corpo di spedizione. C’era il problema di Fiume e della Dalmazia a cui mirava la Jugoslavia, protetta dalla Francia. C’era la difficoltà delle pretese greche sull’Albania che, se soddisfatte, avrebbero posto sotto un indiretto controllo francese tutta la sponda orientale dell’Adriatico. C’era la recente delusione di Praga con all’orizzonte la necessità di disimpegnare la missione italiana, la quale però non poteva ritirarsi subito senza lasciare del tutto fuori controllo le truppe cecoslovacche, già proiettate contro l’Ungheria e già impegnate contro i 25
Polacchi in Alta Slesia. C’era il sostegno italiano fornito alla Bulgaria, per dare uno statuto autonomo alla Macedonia, idea la cui fondatezza sarebbe apparsa solo dopo settant’anni. C’era un contingente italiano in Murmania dall’estate del 1918 e ce n’era un altro all’estremo opposto del disfatto impero russo, a Vladivostok, mentre gli Anglo-Francesi ne chiedevano un terzo per la Russia meridionale, peraltro già spartita fra loro: a Parigi l’Ucraina e il suo grano, a Londra il Caucaso ed il suo petrolio; peccato solo che fossero stati fatti i conti senza i Russi in generale e i Bolscevichi in particolare. C’erano una squadra navale nel Mar Nero, una missione italiana in giro per la Russia a raccattare ex-prigionieri austro-ungarici di lingua italiana per riportarli a casa e un’altra missione, sempre in Russia, al quartier generale dei Bianchi in Ucraina. C’erano i medici della Regia Marina nella Commissione medica internazionale a controllare i profughi in uscita dal Mar Nero perché non diffondessero malattie infettive. C’era il caos nell’ex Austria-Ungheria ed occorreva sfamare Vienna con treni giornalieri dall’Italia, così come bisognava rifornire la Polonia con treni settimanali; e tutto questo impegnava uomini, risorse e montagne di denaro. Quasi quasi costava più la pace della guerra. La politica estera italiana nella primavera del 1919 non aveva ancora rinunciato a stabilire un’area d’influenza politica nell’Europa Orientale e, per quanto possibile, cercava pure di mantenersi in accordo cogli altri Alleati, compatibilmente coi mezzi finanziari disponibili, sempre più ridotti, e coll’evidente desiderio di Londra e Parigi di estromettere Roma da tutto tranne che dal fornire e pagare truppe per mantenere il dominio interalleato, cioè anglo-francese. A Roma esisteva una mezza idea di stabilire dei rapporti preferenziali colla Polonia, sulla base dell’appena proficuamente avviato scambio commerciale. Di conseguenza il Baltico Orientale non poteva essere dimenticato del tutto, benché al di là della sfera di interessi commerciali italiani, geopoliticamente incentrata sulla zona balcanica e sul Levante. Dunque, un po’ per tenersi tutte le porte aperte, un po’ per sfruttare le eventuali possibilità nell’Europa Orientale, un po’ per gli impegni d’obbligo come Potenza vincitrice, quando venne sul tavolo la questione baltica l’Italia non poté tirarsi indietro e decise di partecipare, benché con un livello di coinvolgimento – e di spese – minimo. Come ho detto prima, a quell’epoca l’aggettivo “Baltico” indicava tutti i territori un tempo russi affacciati su quel mare. C’era un rapporto che ne trattava, a firma del generale di brigata Ugo Cavallero,15 allora membro della Delegazione Italiana di Pace a Parigi e futuro Capo di Stato Maggiore del Regio Esercito. Ugo Cavallero nacque a Casale Monferrato il 20 settembre 1880. Nel 1898 entrò all’Accademia di Modena e ne uscì sottotenente di fanteria nel 1900. Assegnato al 59º Reggimento Fanteria, promosso tenente nel 1903, fu insegnante alla Scuola di tiro di Parma nel 1904. Ammesso alla Scuola di Guerra, ne uscì capocorso e fu trasferito nello Stato Maggiore. In Libia nel 1911 col 34º Reggimento Fanteria, fu promosso capitano nel febbraio 1912 e addetto allo Stato Maggiore della 1ª Divisione, guadagnando una medaglia di bronzo per lo scontro di Sidi Garbà nel 1913. Al rientro in Italia fu assegnato al 1° Alpini. Laureato in matematica e con una buona conoscenza del tedesco, all’entrata dell’Italia nella Grande Guerra fu assegnato all’Ufficio Operazioni del Comando Supremo, venendo promosso maggiore nell’ottobre dello stesso anno. Cavaliere dell’Ordine Militare di Savoia nell’agosto del 1916, tenente colonnello dal 31 maggio 1917, si distinse durante la ritirata di Caporetto, fu promosso colonnello e nominato Capo Ufficio Operazioni del Comando Supremo, divenendo stretto collaboratore del Vicecapo di Stato Maggiore Badoglio. Prese parte attiva alla preparazione dei piani della Battaglia del Solstizio del giugno 1918 e di quella di Vittorio Veneto, per le quali ebbe la croce di ufficiale dell’Ordine Militare di Savoia e la promozione a generale di brigata per meriti eccezionali all’età di soli trentotto anni. Rappresentò l’Italia nel Comitato Interalleato di Versailles e nel 1920 si fece mettere in ausiliaria, entrando nell’industria privata. Vicino al Fascismo, nel maggio 1925 Mussolini lo nominò sottosegretario alla Guerra. Senatore nel 1926, nel 1927 fu promosso generale di divisione. Rimosso dall’incarico nel 1928 per uno scontro pubblico con Badoglio, ebbe il titolo di conte e assunse la presidenza dell’Ansaldo. Coinvolto nel cosiddetto scandalo delle corazze nel 1933, lasciò l’incarico. Fu delegato alla Conferenza sul disarmo di Ginevra. Promosso generale di corpo d’armata nel 1936, nel 1937 fu richiamato in servizio attivo, nominato comandante delle truppe dell'A.O.I. e tenne l’incarico fino alla primavera del 1939. Generale d’Armata nel 1940, ebbe la medaglia d’argento per le operazioni in Africa e fu nominato vicepresidente della Commissione economica e militare per l’applicazione del Patto d’Acciaio Capo di Stato Maggiore Generale dal 5 dicembre 1940 all’inizio del 1943, in sostituzione del dimissionario Badoglio, nell’aprile del 1941 profittò dell’attacco tedesco in Grecia e in Jugoslavia per perseguire gli obiettivi militari italiani sui 15
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Il rapporto era diviso in due parti. La prima riguardava la situazione generale; la seconda l’occupazione tedesca e probabilmente fu proprio per via di questa che, almeno in Italia, l’aggettivo “baltico” iniziò ad essere progressivamente riferito solo alle neonate tre Repubbliche d’Estonia, Lettonia e Lituania. Infatti, non avendo la Polonia e la Finlandia truppe tedesche entro i propri confini ed essendo tutti i problemi relativi solo alle zone in cui ce n’erano, divenne sempre più normale nei discorsi e nei documenti menzionare le due parti in causa semplicemente come i “Tedeschi” e gli “Stati baltici”, o, più sbrigativamente, i “Baltici”, intendendo con questo le terre occupate dai Tedeschi sulla costa orientale baltica, cioè, per l’appunto, Estonia, Lettonia e Lituania. Cavallero apriva la sua panoramica parlando della Finlandia, descriveva le condizioni dell’Estonia e poi arrivava alla Lettonia: era l’unica ad avere la sfortuna d’aver avuto due governi in contrasto, era oppressa dalle iniziative di tre centri decisionali esterni – i Tedeschi, i Russi Bianchi e i Bolscevichi – ma era completamente allineata ad un quarto, potentissimo: gli Inglesi. Grazie a loro, le truppe Lettoni erano state equipaggiate e armate da capo a piedi e, coll’aiuto di quelle Estoni, in luglio avevano battuto i Tedeschi davanti a Riga, obbligandoli a un armistizio. “CLAUSOLE DELL’ARMISTIZIO CONCLUSO FRA ESTONI=LETTONI E TEDESCHI IL MATTINO DEL 3 LUGLIO 1919 ====oooOOOooo==== 1° ) = Cessazione delle ostilità per terra, per mare, per aria al mezzogiorno del 3 Luglio. 2° ) = Ritiro delle truppe tedesche dalla Lettonia al più presto possibile in accordo al Trattato di Pace. Nessuna avanzata sarà effettuata dalle truppe tedesche, salvo che contro i bolscevichi della repubblica soviettista russa, in accordo al trattato di pace.= 3°) = Gli ufficiali e le truppe tedesche abbandoneranno subito Riga e sobborghi, l’evacuazione sarà ultimata per le ore 18 del 5 Luglio, eccezione fatta per gli ufficiali e le truppe necessarie alla sorveglianza e sgombero dei depositi tedeschi. 4° ) = ufficiali alleati si assicureranno che i depositi non contemplati fra i precedenti restino sul posto. 5° ) = La Landwehr lascerà Riga e sobborghi e si ritirerà sulla sinistra della Dvina; l’evacuazione dovrà essere ultimata per le ore 18 del 5 Luglio. 6° ) = Gli Estoni rimangano nelle posizioni occupate alle ore 3 del mattino del 5 Luglio. 7° ) = I tedeschi ristabiliranno le libere comunicazioni stradali ferroviarie e telegrafiche fra Riga e Libau. 8° ) = Una Missione Alleata assicurerà temporaneamente d’accordo col Governo Lettone, l’Amministrazione di Riga. 9° ) = Le disposizioni di dettaglio saranno fissate sotto la direzione della Missione alleata. ====oooOOOooo====”VIII
fronti greco-albanese, jugoslavo-albanese e dalmata. Promosso Maresciallo d’Italia il 1º luglio 1942, fu rimosso alla fine del gennaio 1943 e sostituito dal generale Ambrosio. Fatto arrestare da Badoglio dopo il 25 luglio, fu liberato per iniziativa del Re, ma venne nuovamente arrestato alla fine di agosto e tenuto in carcere. Dopo l’8 settembre fu preso dai Tedeschi e, avendo rifiutato di comandare l’esercito della R.S.I., il 14 settembre a Frascati fu trovato apparentemente suicida per un colpo di pistola alla tempia destra, pur essendo mancino.
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Un mese e mezzo dopo, sua eccellenza Tommaso Tittoni 16 si trovò a dover discutere della Lettonia al Consiglio Supremo degli Alleati e la Sezione Militare della Delegazione Italiana per la Pace gli preparò un promemoria sull’argomento, anch’esso a firma Cavallero. Diceva: “In Lettonia, come è noto, il Generale V. der Goltz che comandava le truppe tedesche d’occupazione (ora quasi completamente evacuate) ha costituito la Landwehr Lettone forte di circa 10000 uomini dei quali però solo circa 2000 sono Lettoni, mentre i rimanenti sono tedeschi già appartenenti alle suddette truppe d’occupazione e passati nella nuova milizia dietro promessa di avere come compenso finale un appezzamento di terreno in Lettonia. Detta milizia è largamente aiutata e equipaggiata dai tedeschi e costituisce una specie di corpo alle dipendenze dei baroni baltici che, come è noto, sono di origine e tendenze tedesche. Il Consiglio supremo degli Alleati nei primi del giugno scorso decise che V der Goltz e le sue truppe di origine tedesca sgombrassero tutti i territori facenti parte, prima della guerra, dell’Impero Russo e in specie la Lettonia; a tal fine e in tal senso il Maresciallo Foch telegrafò il 18 giugno alla commissione interalleata d’armistizio a Spa perché obbligasse il governo tedesco a dare gli ordini opportuni per lo sgombero. Il 9 luglio lo stesso Maresciallo Foch allo scopo di facilitare ed affrettare l’evacuazione della Lettonia proposta dai tedeschi con suo telegramma 3280 autorizzava il Generale Gough17 a entrare in relazioni dirette con il Generale V. der Goltz per regolare tutte le questioni che avrebbero potuto sorgere per lo sgombero. Il 19 luglio ha luogo a metà distanza fra Riga e Mittau una prima riunione fra il Generale Gough e rappresentanti delle missioni interalleate e il Generale V. der Goltz. Quest’ultimo dichiara di non aver ricevuto istruzioni da Berlino per lo sgombero per il quale occorreranno due mesi e mezzo e protesta contro la soppressione degli accordi presi circa la cessione di terre in Curlandia ai soldati tedeschi. Il Maresciallo Foch telegrafa (telegramma n° 3637) alla commissione interalleata d’armistizio a Colonia perché comunicasse al governo tedesco che: 1° ) = Il generale V. der Goltz sia immediatamente richiamato. 2°) = L’evacuazione dei tedeschi dalla Lettonia debba cominciare subito per mare.
Nacque a Roma il 16 novembre 1855, figlio d’un grosso imprenditore agricolo poi costretto a fuggire in Campania con tutta la famiglia per la sua attività patriottica e rientrato a Roma nel 1870. Laureatosi in legge, Tommaso entrò in politica nel gruppo liberal-conservatore, fu eletto alla Camera dei Deputati nel 1886 vi rimase fino al 1897. Prefetto di Perugia dal maggio 1898 al settembre 1900 e poi a Napoli fino al 1903, lasciò l’incarico per assumere il portafoglio degli Esteri dal 1903 al 1905, quando fu presidente del Consiglio per dodici giorni. Ambasciatore a Londra dal febbraio 1906, lasciò il posto già in maggio per tornare ministro degli Esteri nel terzo Governo Giolitti. Lasciato il governo nel 1909, fu nominato ambasciatore a Parigi nell’aprile 1910 e tenne la carica fino al novembre del 1916. Nominato di nuovo ministro degli Esteri nel giugno 1919 nel Governo Nitti, fu capo della Delegazione Italiana alla Conferenza di Pace fino alla caduta del gabinetto nel maggio del 1920. Presidente del Senato dal 1° dicembre 1919 al 1929, nel 1922 appoggiò Mussolini, nel 1929 divenne il primo presidente dell’Accademia d’Italia e dal 1928 membro del Gran Consiglio del Fascismo. Morì a Roma il 7 febbraio 1931. 17 Sir Hubert de la Poer Gough nacque a Gurteen Le Poer, in Irlanda, il 12 agosto 1870 da una famiglia di militari. Figlio, nipote e fratello di generali, uscito dall’Accademia di Sandhurst col grado di sottotenente dei lancieri nel 1889, servì in India e nella guerra boera del 1899. Istruttore allo Staff College dal 1904 al 1906, ebbe il comando del 16° Lancieri in quello stesso anno. Promosso brigadier generale nel 1911, fu messo alla testa della 3ª Brigata di Cavalleria e con essa andò in Francia nel 1914. Promosso, si vide assegnare la 16ª Divisione, poi il I Corpo d’Armata e, nell’ottobre 1916, la 5ª Armata. Travolta dai Tedeschi nella Kaiserschlacht della primavera 1918, l’Armata ripiegò praticamente in rotta e Gough rassegnò le sue dimissioni. A fine guerra fu messo a capo della missione militare alleata negli Stati Baltici e si ritirò dal servizio attivo nel 1922. Morì a Londra il 18 marzo 1963. 16
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3° ) = Le autorità tedesche debbano sottomettere il loro piano di sgombero entro il 15 agosto e terminarlo entro il 30 agosto. 4°) = il materiale di guerra che si trova in Lettonia non può essere trasportato senza autorizzazione del Generale Gough. 5° ) = Sarà proibita l’entrata in Lettonia di nuove forze tedesche Il 2 agosto ha luogo a Olai18un colloquio tra il Generale Gough accompagnato dai rappresentanti delle missioni militari alleate e il generale V. der Goltz allo scopo di fissare il termine per l’evacuazione delle truppe tedesche. V. der Goltz si rifiuta formalmente di obbedire e i “pourparlers”sono rotti. Il 13 agosto il governo tedesco risponde al telegramma del 1° agosto del Maresciallo Foch respingendo quasi totalmente le decisioni del Consiglio Supremo. In seguito a ciò il Maresciallo Foch ha indirizzato al Consiglio Supremo degli Alleati la lettera allegata nella quale dopo aver esaminato punto per punto le risposte tedesche alle ingiunzioni fatte dall’Intesa conclude che la condizione essenziale per una evacuazione rapida e completa sarà ottenuta facendo richiamare immediatamente il Generale V. der Goltz anima della resistenza tedesca all’Intesa. Il Maresciallo stesso però promettendo che ciò non potrà essere ottenuto con le consuete ingiunzioni fatte in nome di un vecchio armistizio le cui disposizioni non possono essere invocate in quanto esso chieda che il Consiglio Supremo faccia subito un passo energico presso il rappresentante tedesco a Versailles. 19 Sembra si possa appoggiare la richiesta del Maresciallo Foch, sebbene l’effetto del “pourparler” appaia piuttosto dubbio. IL BRIGADIERE GENERALE f.to Cavallero”IX Tre mesi dopo le cose erano cambiate di pochissimo e si era ancora molto lontani da una condizione ideale. Gough il 21 luglio aveva riferito a Parigi l’impossibilità “di giungere ad un accordo col Generale von der Goltz, la cui politica d’intrighi e di dilazione non tende che a ritardare al massimo l’esecuzione delle misure d’evacuazione e ad ottenere di mettere la Lettonia in mano alla Germania.”X Aveva suggerito le misure, poi fatte proprie da Foch nel suo telegramma del 1° agosto alla Commissione d’armistizio a Spa e da quello era nato il pessimo esito dell’incontro dell’indomani, 2 agosto, quando von der Goltz aveva rifiutato formalmente di obbedire, sostenuto undici giorni dopo, il 13 agosto, dal suo stesso Governo. Foch allora aveva scritto a Clémenceau, il quale, oltre al Governo francese, presiedeva pure la conferenza di pace, elencando i motivi delle richieste alleate e dei rifiuti tedeschi: von der Goltz era: “l’anima della resistenza alle decisioni dell’Intesa – è lui che ha organizzato il colpo di Stato di Libau, contro il governo Ulmanis, fedele alla causa degli Alleati. Battuto su questo terreno, egli prova a ristabilire la situazione. Tutti i suoi sforzi tendono a mantenersi nel paese almeno fino al raccolto, al fine di spedirlo in Germania, poi d’installarsi definitivamente in Curlandia. 20 18
Olaine, in Lettonia, a sud di Riga. Questo pasticciatissimo periodo sembra voler dire che Foch non ritenesse di potersi valere dell’armistizio precedente per risolvere la situazione e domandasse un energico intervento formale del Consiglio Supremo presso i Tedeschi. 20 Qui l’originale ha una nota in cui è detto “Estratto dal rapporto in data del 13 Agosto, del Colonnello DUPARQUET, (pezzo 4).” 19
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In questo intento: - continua a rinforzarsi (40.000 uomini in Curlandia)21 malgrado il divieto fatto ai tedeschi d’inviare dei nuovi contingenti in Lettonia; - A dispetto degli ordini del suo Governo, incorpora i suoi elementi nel corpo russo Bermont, dopo aver agito nella stessa maniera riguardo al distaccamento del Principe Lievin. 22 - Annuncia pure che favorirà il passaggio di formazioni tedesche intere nelle truppe russe al momento del completamento dell’evacuazione; - Accorda dei congedi di tre anni ai soldati tedeschi desiderosi di stabilirsi nel paese; - allo stesso tempo organizza la propaganda bolscevista a RIGA, al fine di creare dei nuovi pretesti d’intervento; - Infine, nei suoi rapporti col generale Gough elude continuamente la discussione e si rifiuta con insolenza a qualsiasi controllo da parte del mandatario delle Potenze Alleate. Riassumendo, il generale von der Goltz persegue, in Lettonia ed in Curlandia, una politica nettissima d’espansione tedesca, senza dubbio col segreto assentimento del suo Governo. Benché sembri accettare il principio dell’evacuazione, è riuscito a rinforzare i suoi effettivi, a mettere le mani sulle formazioni russe locali e ad ingerirsi negli affari interni del paese, consolidando così la situazione ed il prestigio della Germania in Latvia.”XI Fino a quel momento sembrava essersi parlato solo d’evacuazione per mare. 21
La stima era fatta condensando una nota del generale britannico Malcom del 9 agosto 1919, una del generale francese Dupont da Berlino del 3 agosto, un’informativa dell’addetto militare francese da Stoccolma del 3 agosto ed un estratto non datato avuto dal Servizio di Spionaggio polacco. Dupont aveva scritto d’aver incontrato quel giorno il colonnello russo Pototsckii (erroneamente indicato come generale), il quale, parlando delle Province Baltiche, aveva detto che i Bianchi sarebbero riusciti a vincere solo coi Tedeschi, adoperandoli come “Lanzichenecchi” e non infeudandosi alla Germania. Il giorno avanti, il 2 agosto, Dupont aveva già avvertito della preparazione di guai al confine della Prussia Orientale, perché i soldati della Brigata Greudenz erano entrati a far parte d’un Corpo Franco – forse il distaccamento Kessner – in formazione in Curlandia, firmando un arruolamento coi Russi; mentre un secondo rapporto dell’addetto militare francese da Stoccolma annunciava movimenti di treni da Tilsit e Schawli/Siauliai verso Marienburg e che 10.000 soldati tedeschi a Mitau/Jelgava esigevano le terre promesse loro in Lettonia. 22 Anatol Leonid principe di Lieven nato il 16 novembre 1872 a San Pietroburgo, discendente da una famiglia baltica, si laureò in legge all’Università di San Pietroburgo. Ammesso alla Scuola di Cavalleria, ne uscì sottotenente e servì nella Cavalleria della Guardia dal 1896 al 1908, anno in cui si congedò e tornò in Lettonia, dove la sua famiglia aveva immense proprietà terriere, incentrate su quella di Mežotne, vicino a Bauska. Allo scoppio della Grande Guerra riprese servizio nel suo vecchio reggimento e nel 1917 divenne capitano. Tornò in Lettonia dopo la Rivoluzione d’Ottobre e nel gennaio 1919 cominciò a formare i Fucilieri Volontari di Libau, giovandosi dell’impiego d’una sessantina di ufficiali dell’esercito imperiale. Ben presto, aggregateglisi una compagnia della Landeswehr Baltica ed una compagnia comandata dal capitano Didorov, il suo reparto divenne noto come “Livoniano” e s’impegnò nei combattimenti contro i Bolscevichi. Verificatosi il colpo di stato ordito da von der Goltz, il principe rifiutò di cooperare col governo filotedesco, pur accettando l’incorporazione di fatto dei suoi uomini nella Landeswehr Baltica, con la quale prese parte alle battaglie intorno a Windau/Ventspils e Mitau ed alla liberazione di Riga dai Bolscevichi. Ferito gravemente in maggio e, benché parzialmente invalido per il resto della sua vita, Lieven mantenne il comando dei suoi ormai circa 4.000 uomini, trasformati il 6 giugno in Corpo Volontario Russo, ma noti come Corpo del principe di Lieven, ai quali proibì formalmente di combattere contro gli Estoni. Firmato l’armistizio di Strassenhof/Strazdumuiža fra Estoni e Landeswehr Baltica, Lieven, incorporò gli uomini di Bermondt-Avalov e la brigata del colonnello Virgolič, trasformò il suo Corpo nell’Armata Volontaria della Russia Occidentale e la pose agli ordini di Judenič, il quale gli ordinò di muovere su Narva e poi su Pietroburgo. Bermondt e Virgolič però rifiutarono e restarono in Lettonia, mentre lui si spostava in Estonia per unirsi a Judenič. Fallita l’operazione su Pietroburgo e cessati i tentativi contro i Sovietici, Lieven restò in Lettonia, divenne cittadino lettone, si ritirò nei suoi possedimenti, ma li vide espropriare dalla riforma agraria del 1924, che comunque gli concesse di conservare una tenuta a Mazmežotne, non lontano dal suo vecchio palazzo. Organizzata una ditta di produzione di mattoni, visse là e a Riga fino alla morte, il 3 aprile 1937 a Ķemeri.
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Foch ne aveva trattato al punto b) del suo documento, notando che von der Goltz la dichiarava impossibile, però doveva essere riesaminata dalla Missione Interalleata di Riga per essere regolata sul posto e ciò che importava era che fosse assicurata il più in fretta possibile. Ma, aggiungeva Foch: “A proposito di questa faccenda dell’evacuazione, il Governo tedesco, svelando il piano previsto di colonizzare la Lettonia, ricorda la promessa fatta dal Gabinetto Ulmanis, d’accordare ai volontari tedeschi il diritto di stabilirsi in Lettonia; si erge contro la violazione di questa promessa e declina in anticipo qualsiasi responsabilità a proposito dei pericoli che potrebbero risultarne. Il Governo Lettone ha fatto giustizia di questa pretesa in una lettera firmata dal suo ministro degli affari Esteri, M. Meierevz23 ed indirizzata all’incaricato d’affari tedesco in Lettonia.”XII Per contro i Francesi sapevano quanto fossero ancora deboli i Lettoni. Ai primi d’agosto risultavano avere: 600 partigiani articolati in due compagnie fra Sita e il Lago Luban. 24 Dal lago a Lievenhof 25 c’era il colonnello Ballod26 con 200 ufficiali, 3.000 uomini e due cannoni, spalleggiati da altri 3.000 uomini disarmati.27 Poi, da Lievenhof a Dvinsk, 28 c’erano 2.800 uomini, i quali avevano però solo
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Ovviamente Mejerovics. E’ il Lago Lubāns, in Lettonia. 25 Līvāni, in Lettonia. 26 Si tratta del colonnello Jānis Balodis. Nato a Trikāta il 20 febbraio 1881, figlio d’uno storico ed insegnante, entrò nell’esercito russo nel 1898 e servì dapprima a Kaunas. Frequentò la Scuola Militare di Vilna dal 1900 al 1902. Nominato sottotenente, prese parte alla Guerra Russo-Giapponese dal novembre del 1904 al luglio del 1905 e fu gravemente ferito ad un braccio. Dal 1906 al 1914 fu di guarnigione a Vilna e al principio della Grande Guerra combatté in Prussia Orientale, venendo ferito di nuovo. Ricoverato, il 20 febbraio 1915 fu catturato dai Tedeschi con tutto l’ospedale e passò il resto della guerra in un campo di prigionieri in Slesia. Tornato in Lettonia subito dopo il rilascio, si unì alle prime formazioni armate lettoni e partecipò alla ritirata da Riga del 3 gennaio 1919 di fronte all’offensiva bolscevica. Il 26 febbraio 1919 fu promosso tenente colonnello e il 6 marzo 1919 colonnello comandante tutte le truppe Lettoni in Curlandia. Man mano che nel corso di quella primavera i Russi venivano battuti, Balodis venne a comandare unità sempre più grandi, fino a trovarsi a capo del Gruppo Meridionale delle Forze Armate Lettoni, posizione in cui fu obbligato dalle circostanze a dover accettare un’alleanza coi Tedeschi per potersene far aiutare contro i Bolscevichi ed evitare di restare schiacciato fra gli uni e gli atri. Per questo motivo poté opporsi ai Sovietici colla 1ª Divisione Curlandia combattendoli in Latgallia. Quando Bermondt attaccò di sorpresa Riga nell’autunno del 1919, Balodis fu nominato comandante in capo delle forze lettoni il 16 ottobre 1919 e, dopo la definitiva vittoria sui Bermondiani e sui Tedeschi, fu promosso generale il 23 gennaio 1920. Finita la guerra ed abolita la carica di comandante in capo, Balodis chiese il congedo ed ebbe in dono dallo Stato 100 ettari di terra e una grande casa di campagna. Membro del Partito degli Agricoltori di Kārlis Ulmanis. Balodis fu eletto al Saeima – il Parlamento – nel 1925, ma non si dedicò molto alla politica, pur se, il 7 dicembre 1931, fu nominato ministro della Guerra, carica tenuta fino al 5 aprile 1940. Ebbe fra le altre onorificenze nazionali ed estere, l’ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro. Nella sua qualità di ministro ebbe un ruolo primario nell’organizzazione del colpo di stato di Ulmanis del 15 maggio 1934 e furono loro due a firmare la legge marziale e lo scioglimento del Saeima. Vicepresidente della Lettonia dal 2 marzo 1936 e vice primo ministro dall’11 febbraio 1938, all’arrivo dei Sovietici nel 1940 fu rimosso da tutte le sue cariche per essere poi arrestato il 31 luglio 1940 ed essere deportato a Syrzan con sua moglie. Spostato a Kuibishev nel 1941, fu detenuto senza processo fino al 1952, quando fu condannato a 25 anni di reclusione. Restò nella prigione di Vladimir fino al 1956, quando, morto Stalin da tre anni, fu rilasciato col permesso di tornare in Lettonia. Ebbe per sé e sua moglie un appartamentino a Riga e morì l’8 Agosto 1965 a Riga. Il KGB rimosse la lapide fatta fare da sua moglie. 27 Balodis in quel momento non dipendeva dal governo Ulmanis e tutto sommato nemmeno dal governo Niedra. Quando il 16 aprile 1919 il Battaglione von Manteuffel della Landeswehr Baltica aveva eseguito il colpo di stato di Riga si era insediato un autocostituito Comitato di Sicurezza, il quale, l’indomani, con un manifesto dichiarò d’aver agito per la soppressione del Bolscevismo e il mantenimento della sicurezza, formando un direttorio militare retto da Balodis, comandante le truppe lettoni al fronte (dal quale non si era mosso), e dal Principe di Lieven. 28 In lettone Daugavpils, in tedesco Dünaburg, in Lettonia. 24
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1.100 fucili, 25 mitragliatrici e tre pezzi d’artiglieria. Erano concentrati prevalentemente all’ovest del fronte da Illuxt29 al Lago Sventen,30 dove c’era la giunzione coi Lituani. A Riga i Lettoni avevano 100 ufficiali e 2.700 uomini, con 40 mitragliatrici, sei cannoni e 600 cavalli per fronteggiare i Tedeschi di Mitau con una prima linea sulla Dvina ed una seconda – di resistenza – sul fiume Jugla.31 Questo dispositivo era pure minacciato sul fianco dai Bolscevichi, i quali, benché col morale a terra e senza vettovaglie, avevano dal Lago Luban,32 fino ad ovest di Dvinsk 8.500 uomini, con artiglieria e mitragliatrici Come in tutte le cose, occorreva innanzitutto avere le idee chiare, perciò Roma ordinò alla Missione Italiana in Germania33 di raccogliere informazioni e stendere un rapporto. Per questo nell’autunno del 1919 Cavallero, sempre facente parte della Delegazione Italiana di Pace a Parigi, siglò una relazione di quindici pagine sull’area baltica e la inoltrò a Roma. XIII Riferiva a proposito della Lettonia molte cose in grado di spiegare pure la presenza, l’attività e le condizioni dei Corpi Franchi: “Sotto la dominazione tedesca si era formato a Riga un governo socialista moderato, del tutto ligio al governo di Berlino, sostenuto dai baroni baltici e presieduto dal Sig. Needva, tuttora capo del partito germanofilo lettone, quando, seguendo il ritiro delle truppe tedesche, nel dicembre 1918, i bolscevichi occuparono Riga. Il governo di Needva fuggì a Libau. Frattanto veniva prendendo il sopravvento il partito intesofilo capitanato dal Sig. Ulmanis, il governo di Needva era dichiarato decaduto, e costituito un governo orientato verso l’Intesa con a Capo Ulmanis. Nella primavera 1919 le truppe estoni=lettoni liberarono Riga dai bolscevichi, appoggiate in tale azione dalle truppe tedesche; queste però pretesero di ristabilire in Lettonia il governo di Needva; scoppiarono conflitti seguiti da scontri sanguinosi fra Lettoni da una parte e Tedeschi e Landwehr baltica dall’altra; Ulmanis fu costretto a rifugiarsi a bordo di navi dell’Intesa, mentre Needva tornava ad insediarsi a Libau. L’intervento estone cacciò i tedeschi da Riga, ed Ulmanis poté riprendere le radici 34 del governo, trasportandolo a Riga, la capitale naturale della Lettonia. … Attualmente la Lettonia attraversa un nuovo periodo di crisi dovuto alla permanenza in Curlandia di organizzazioni militari tedesche, che, costituitesi per opera del generale von der Goltz, tentano di sopraffare il governo locale per riportare al potere Needva, mentre l’indipendenza lettone è anche minacciata da forze germano russe del nuovo governo della Russia occidentale, costituitosi a Mitau con a capo il generale russo Biskupsi,35 che la combatte in nome dell’unità russa. In questi ultimi giorni le truppe germano=russe hanno bombardato Riga, mentre le forse lettoni sono state costrette a ritirarsi sulla riva destra della Dvina (vedi schizzo allegato N 2), dove sembra che, Ilūkste, in Lettonia. Lago Svente, in Lettonia. 31 Fiume, adesso nell’area urbana di Riga. 32 Nell’originale Loubau, è il Lago Lubāns, in Lettonia. 33 Aveva sede al n. 36 della Viktoria Strasse a Berlino. 34 Chiaramente “redini”. 35 Vasily Viktorovich Biskupsky, nato il 9 agosto 1878 a Charcov da un’ottima famiglia, uscì nel 1897 dalla scuola di cavalleria di San Pietroburgo e prese parte alla Guerra Russo-Giapponese. Costretto a lasciare il servizio per via del suo matrimonio con una cantante d’operetta, andò a cercare il petrolio in Siberia. Richiamato in servizio per la Grande Guerra, fu promosso e nel maggio del 1917 ebbe il comando della 3ª Divisione di Cavalleria, che tenne fino all’aprile del 1918. Iniziata la Guerra Civile, comandò una divisione di cavalleria sotto gli ordini del generale zarista Skoropadskyj, che si batteva in Ucraina. Passato nella zona baltica, creò il Governo della Russia Occidentale e nel 1919 emigrò in Germania al seguito delle truppe tedesche in ritirata. Legato alla destra tedesca e vicino al Partito Nazista, fu sospettato d’aver trasferito ad Hitler le ricchezze dei Romanov. Cercò, coll’appoggio dei Nazisti, d’abbattere il Comunismo sovietico. Morì il 18 giugno 1945 a Monaco di Baviera. 29 30
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sostenute da forze estoni e dalla flotta dell’Intesa, esse riescano finora a fronteggiare con esito favorevole gli attacchi dei germano=russi. Mentre si rimanda per più dettagliato notizie sull’esercito lettone alla memoria sulla Russia (allegato N. 3), si espone nella parte II^ la situazione di fatto venutasi formando in Lettonia per opera delle forze del generale tedesco Von der Goltz.”XIV Passando a parlare della Lituania, che di fatto era la retrovia delle truppe tedesche e assimilate schierate in Lettonia, il panorama si ampliava. Esistevano delle notizie, ricevute dalla Sezione Francese del Consiglio Supremo di Guerra, datate 6 maggio 1919 e passate alle controparti alleate. In base ad esse, a fine aprile le truppe lituane “attualmente disponibili per il fronte”, constavano di cinque reggimenti di fanteria per un totale di 6.200 uomini, dai quadri insufficienti e i cui ufficiali, provenienti dal servizio russo, insistevano “nell’adozione di formazioni superate.”XV Alcuni militari tedeschi si erano offerti di prendere servizio nelle formazioni lituane, ma “essendo le condizioni poste che ogni tedesco che prenderà parte al servizio nell’armata lituana riceverà un fondo di terreno in Lituania ed otterrà il titolo di cittadino lituano, il governo lituano ha respinto queste condizioni.”XVI Le condizioni del Paese intanto peggioravano: “i viveri divengono sempre più rari, pure nelle campagne, a seguito delle requisizioni tedesche. L’agricoltura non dispone che di pochissimi cavalli, di modo che non è stato possibile seminare tanto quanto si sarebbe voluto. I mezzi di trasporto fan totalmente difetto. La rete ferrata è sempre nelle mani dei Tedeschi e la rete stradale è estremamente cattiva.”XVII Il ministro Noske aveva appena compiuto una visita in Lituania ma, a detta dei vertici della Repubblica, senza farne loro capire il motivo vero: “Il Presidente del consiglio Lituano afferma di non conoscere il vero scopo della visita del Ministro della Guerra tedesco a Kovno. Quest’ultimo nel corso d’un incontro col Signor Slezevicius 36 non avrebbe parlato che dell’eliminazione degli elementi spartachisti dei contingenti tedeschi in Lituania, così come dell’allontanamento delle truppe tedesche che non sono necessarie nel paese.”XVIII Questo non coincideva – per difetto – con quanto gli Italiani erano riusciti a sapere.
Mykolas Sleževičius, nacque a Drembliai il 21 febbraio 1882. Diplomatosi al ginnasio di Mintauja nel 1901, iniziò ad interessarsi di politica come membro del Partito Democratico e partecipò al Congresso Lituano di Vilna nel 1905. Nel 1907 si laureò in legge ad Odessa e nello stesso anno, tramutato il Partito Democratico in Partito Popolare Socialista, ne fu eletto presidente del Comitato Centrale, affiancando un’intensa attività giornalistic a a quella politica. Scoppiata la Grande Guerra, divenne rappresentante speciale del Comitato centrale della Società lituana per il soccorso alle vittime di guerra. Creatosi colla Rivoluzione Russa il Consiglio Supremo Lituano, ne fu il vicepresidente fino al 1918, anno in cui tramutò il Partito Popolare Socialista nel Partito Socialista Democratico Popolare da lui presieduto. Presidente del Consiglio dei ministri dal 26 dicembre del 1918 al 12 marzo del 1919, tornò al governo dopo un mese, presiedendo il IV Gabinetto lituano dal 12 aprile al 7 ottobre 1919. Negli anni seguenti si dedicò prevalentemente al sindacalismo contadino, all’avvocatura ed alle consulenze legali in campo finanziario e commerciale, tornando al governo per sei mesi dal 15 giugno al 17 dicembre del 1926. Morì a Kaunas l’11 novembre 1939. 36
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L’autore del rapporto presumibilmente il tenente colonnello Mario Roatta, 37 commentava poi che il Governo aveva pochissima autorità perché la Lituania era di fatto governata dai Tedeschi, “che la sfruttano in tutti i modi. Questi vivono non solo completamente sul paese, ma inviano grandi quantità di viveri lituani in territorio tedesco. Il paese è ora quasi completamente esaurito.”XIX I Tedeschi erano stati chiamati in odio alla Russia ed a protezione contro il pericolo bolscevico: “Venne allora stipulato un accordo fra il governo lituano e quello tedesco, mediante il quale quest’ultimo s’impegnava a fornire armi al nuovo esercito lituano in formazione, ricevendone in cambio viveri per le truppe tedesche che si trovavano nella regione, e che vi dovevano rimanere fino a che l’esercito lituano non avesse potuto da solo porre serio argine all’eventuale invasione delle truppe bolsceviche. I Tedeschi si affrettarono a costituire delle commissioni per la requisizione dei viveri e cominciarono uno sfruttamento metodico del paese, portandolo così all’esaurimento. Gli invii di armi non ebbero però luogo se non in minima parte. Fino ad ora soltanto 7000 lituani sono armati, mentre se avessero le armi necessarie essi potrebbero formare un esercito di 30 o 40 mila uomini. I Tedeschi, in seguito alla loro politica di sfruttamento, sono detestati. Così pure i Polacchi sono odiati per le loro aspirazioni territoriali sul suolo Lituano.”XX Andandolo a vedere un po’ meglio, l’esercito lituano risultava entusiasta ma ancora debole: 10.000 effettivi parzialmente addestrati, di cui solo 7.000 erano armati, con in più 70 mitragliatrici e 14 cannoni da campagna; e tutti mancavano di scarpe ed uniformi. Le armi erano in pessimo stato ed il rifornimento di munizioni assolutamente insufficiente, perché la Germania dava molto meno del convenuto e con grandi ritardi, in più i soldati tedeschi erano in continua relazione coi Bolscevichi e gli scambi di prigionieri erano frequenti. Il rapporto metteva in chiaro un punto: per mantenere l’indipendenza le tre Repubbliche baltiche dovevano respingere i Russi, ma per farlo dovevano prima liberarsi dei Tedeschi, in autunno ormai rappresentati esclusivamente dai Corpi Franchi, i quali non se ne volevano andare. Occorreva costringerli, ma era possibile? E come? Le Repubbliche erano in grado di riuscirci? Mario Giuseppe Leon Roatta nacque a Modena il 2 febbraio 1887. Entrato all’Accademia Militare di Modena nel 1904, ne uscì nel 1906 col grado di sottotenente, assegnato al 26° Reggimento Fanteria. Tenente nel 1909, fu ammesso alla Scuola di Guerra nel 1911 e nel Corpo di Stato Maggiore nel 1914. Promosso capitano, durante la Grande Guerra combatté sui fronti albanese, francese ed italiano. Maggiore nel 1917, fu promosso tenente colonnello nell’ottobre dello stesso anno. Terminò il conflitto con tre medaglie d’argento al valor militare e la croce di guerra francese. Nel febbraio del 1919 fu mandato a Berlino, membro della commissione per il rimpatrio dei prigionieri russi. Da agosto fece parte della sezione militare della Delegazione italiana alla Conferenza di Pace a Parigi. Addetto militare in Polonia dal 1926 al 1930 con giurisdizione su Lettonia ed Estonia e dal 1929 pure sulla Finlandia, fu nominato aiutante di campo del Re nel 1928. Promosso colonnello nel 1930, comandò l’84° Fanteria fino al 1933. Divenuto generale di brigata, dal 1° gennaio 1934 fu, fino al 1939, a capo del Servizio Informazioni Militari, che riorganizzò a fondo ed estese. Capo della Missione Militare Italiana in Spagna presso Francisco Franco, terminò la Guerra Civile comandando le truppe italiane sul fronte nord ed ebbe l’Ordine Militare di Savoia e la Medalla militar spagnola. Addetto militare a Berlino dal 17 agosto al 10 novembre 1939, fu richiamato e nominato Sottocapo di Stato Maggiore del Regio Esercito, divenendone Capo dal marzo del 1941 al 20 gennaio 1942. Trasferito al comando della 2ª Armata in Jugoslavia, rientrò in Italia nel febbraio del 1943, comandò per tre mesi e mezzo la 6 ª Armata in Sicilia e fu rinominato Capo di Stato Maggiore dell’Esercito. Riparò a Brindisi colla corte ed i vertici militari il 9 settembre del 1943 e fu esonerato dalla carica di Capo di Stato Maggiore il 18 novembre. Messo sotto inchiesta nell’autunno 1944 per la mancata difesa di Roma, fu arrestato nell’ambito dei processi d’epurazione, ma la sera del 4 aprile 1945 fuggì dall’Ospedale militare provvisorio in cui si trovava e sparì. Fu condannato in contumacia all’ergastolo e degradato, ma nel 1948 la Cassazione annullò la sentenza e lui riebbe il grado, si trasferì in Spagna e si dedicò ufficialmente ad attività d’importazione ed esportazione. Tornò in Italia nel 1966 e morì a Roma il 6 gennaio 1968. 37
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Da sole palesemente no; occorreva un intervento dell’Intesa, ma fatto come? In un periodo in cui tutti stavano smobilitando a man salva per cercare di ridurre le astronomiche spese di guerra sostenute fino allora, si poteva mettere in piedi l’ennesimo corpo di spedizione? E quali sarebbero stati i contraccolpi di politica interna nell’annunciare alle rispettive opinioni pubbliche il ricorso alle armi contro i Tedeschi ufficialmente già sconfitti? Ammettendo un intervento, quanti erano i Tedeschi nel Baltico, perché non se ne andavano e come li si poteva smuovere senza ricorrere alle armi? Cavallero rispondeva anche a questo nella seconda parte del suo rapporto.
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Capitolo IV I Tedeschi e i Russi nei Paesi Baltici La situazione militare tedesca nei Paesi Baltici nell’autunno del 1919 era abbastanza complicata, come si vedrà da quanto scrisse Cavallero nella seconda parte del suo rapporto: “E’ noto che al momento della conclusione dell’armistizio colla Germania, notevoli forze tedesche occupavano le provincie occidentali russe, dal mar Baltico al Mar Nero. il trattato di Brest=Litoxski38 prevedeva la costituzione di un principato autonomo delle provincie baltiche, di un regno di Polonia, e riconosceva l’indipendenza dell’Ukraina. La presenza della truppa austro-tedesca doveva preparare e garantire la costituzione di tali minori stati, mettendoli nell’orbita degli Imperi centrali. Ma questo progetto crollò coll’armistizio dell’11 novembre, (vedi allegato 5) che fece obbligo alla Germania di sgomberare i territori russi, su richiesta dell’Intesa. Alla fine del 1918, lo sgombero fu iniziato; ma mentre le truppe tedesche si ritirarono gradatamente dalla Polonia, dalla Volinia e dall’Ukraina, esse rimasero invece nei paesi baltici sotto pretesto di opporsi all’avanzata bolscevica, e evacuarono solamente l’Estonia. In Lettonia ed in Lituania si trovavano truppe del VI corpo tedesco, agli ordini del generale Von der Goltz. Questi svolse colà un’intensa azione politica in favore della Germania, ostacolando la costituzione delle forze locali, cercando in ogni modo di indebolire i governi aventi tendenze intesofile, e soprattutto organizzando, sotto il nome di Landwehr baltica, una milizia di carattere prettamente tedesco. In tale opera il Generale Von der Goltz fu sempre validamente appoggiato dall’elemento tedesco, numeroso specie in Curlandia, e dai baroni baltici, che colà spadroneggiano e che sono pressoché tutti di origine tedesca o almeno legati al governo di Berlino. Per contro l’azione dell’Intesa nelle provincie baltiche fu per lungo tempo incerta, perché poco efficace, così da consentire alla Germania, che prima e durante la guerra , e specialmente nell’ultima fase di questa vi aveva condotto una politica attivissima, di sfruttare a proprio vantaggio la situazione. Nell’aprile 1919, nell’intento di porre argine al bolscevismo dilagante, che sembrava minacciasse seriamente l’Europa centrale, il Consiglio Supremo adottò due ordini di provvedimenti: a) = Sostenere le organizzazioni locali antibolsceviche (rapporto del Comitato di Versailles dell’11 aprile 1919 = allegato N. 6) a tale scopo venne inviata sul posto una commissione interalleata con a capo il generale inglese GOUGH, che ricevette le istruzioni di cui all’allegato N. 7); b) = Tenuto conto che il completo ritiro delle truppe germaniche avrebbe lasciato il paese senza forze organizzate, e perciò facile preda al bolscevismo, ritardare l’evacuazione delle forze tedesche in base alla facoltà fatta dal paragrafo XII dell’armistizio (allegato 5). Il perdurare della perturbazione determinata dalla permanenza dell’elemento tedesco in quelle regioni, e forse più specialmente il destarsi di una nuova tendenza politica inglese verso i paesi baltici, fecero qualche tempo dopo riprendere in esame il problema baltico da parte delle grandi Potenze. Si venne così manifestando un contrasto di tendenze e d’interessi fra Inghilterra e Francia. Già a fine maggio l’Inghilterra, che sembra avere un programma di C’è un evidente errore di battitura con la x al posto della v in Litovsk, ma la terminazione in i, “Litovski” è voluta e, come si vedrà, ripetuta. 38
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espansione commerciale e di penetrazione politica nei Paesi baltici, avrebbe voluto sbarazzare al più presto quelle provincie dall’elemento tedesco che vi rappresenta una salda barriera allo sviluppo della sua influenza: per contro la Francia, che mira a ristabilire un forte stato russo o nell’intento di ostacolare, presumibilmente, l’espansione britannica, si mostra tuttora sfavorevole a ritardare lo sgombero delle truppe tedesche, pur reclamando la sostituzione del Generale Von der Goltz. Portata però la questione in seno al Consiglio Supremo ai primi del giugno scorso, anche la Francia aderiva alla tesi inglese. I rappresentanti militari di Versailles, con rapporto dell’11 giugno, proponevano il completo ritiro delle truppe tedesche (vedi allegato 8). Il Consiglio Supremo il 13 giugno accoglieva tale proposta (allegato N. 9), ed una richiesta in tal senso veniva fatta al governo di Berlino, il quale aderiva almeno in apparenza, dando alle truppe regolari l’ordine di rimpatriare o ordinando la smobilitazione dei reparti. Senonché molti degli elementi smobilitati, anziché rientrare nel proprio paese, rimasero e si incorporarono nelle organizzazioni locali (Landwehr, corpo Koller, corpo del principe di Lieven) aventi carattere del tutto germanofilo, mentre altri uomini continuarono addirittura ad affluire dall’interno della Germania (E’ da ricordare che Von der Goltz aveva promesso alle truppe del VI° Corpo, in compenso del loro servizio, l’assegnazione in Curlandia di terreni da colonizzare). L’attrattiva delle ricompense promesse dai capi, il timore di dover affrontare in Patria maggiori difficoltà di vita, la speranza forse anche da parte degli Ufficiali, di poter creare, almeno nei territori orientali, una situazione politica favorevole alla Germania, hanno reso la maggior parte delle truppe tedesche riluttanti ad abbandonare le provincie baltiche occupate. Frattanto nel giugno stesso, scoppiava, fra Estoni e Lettoni da un lato e le truppe di Von der Goltz dall’altro, il conflitto al quale si è accennato nella parte I^, e che si chiuse col già ricordato armistizio del 3 luglio. La sorveglianza dell’esecuzione di tale armistizio fu deferita alla missione interalleata presieduta dal Generale GOUGH, che già trovasi sul posto. I colloqui avvenuti fra i generali GOUGH e Von der Goltz servirono però soltanto ad assodare che né quest’ultimo, né i reparti da lui dipendenti erano disposti ad abbandonare le regioni baltiche, e le clausole dell’armistizio del 3 luglio concernenti lo sgombero rimasero inadempiute. Continuava intanto la trasformazione delle forze tedesche in milizie apparentemente locali, alle quali si aggiunsero gli ex prigionieri lettoni e lituani, ligi alla causa tedesca o liberati dalla Germania. In seguito ad un nuovo risoluto intervento della conferenza di Parigi (agosto 1919), il governo tedesco richiamò il Generale Von der Goltz, sostituendolo col generale Von Eberhardt.39 Ma il generale Biscof, comandante la divisione di ferro, si mise allora in aperta ribellione e dichiarò che non avrebbe assolutamente obbedito all’ordine di sciogliere la sua divisione: attorno a questa si vennero raccogliendo nuove forze, costituite da volontari tedeschi e chiamate “Legioni volontarie”. 39
Walter von Eberhardt, nacque a Berlino il 7 gennaio 1862. Cadetto nel 1878, maggiore nel 1902, tenente colonnello nel 1909, colonnello nel 1912, ispettore delle truppe aeree nel 1913, nel 1915 ottenne la creazione d’un comando generale d’aeronautica e lo stesso anno fu nominato generale di brigata. Nel 1916 passò a comandare una divisione dell’Esercito Territoriale sul fronte occidentale e il 27 febbraio 1918 fu mandato a sostituire von der Goltz destinato in Finlandia. Il 30 dicembre 1918 assunse il comando del XX Corpo d’Armata nella Prussia Orientale, coll’incarico di difendere la zona di Chelmno, rivendicata dalla Polonia. Obbligato a ritirarsi, Eberhardt il 13 febbraio 1919 sostituì di nuovo von der Goltz, stavolta alla testa del VI Corpo d’Armata nei Paesi Baltici e dal 22 febbraio 1919 aiutò i Lituani a respingere i Bolscevichi. Unitosi ai Russi Bianchi di Bermondt-Avalov nel novembre del 1919 per prendere Riga, fu respinto verso Mitau/Jelgava e, mentre Bermondt si rifugiava in Danimarca, Eberhardt, obbedendo finalmente agli ordini di Berlino imposti dall’Intesa, effettuava l’evacuazione tedesca dai Paesi Baltici dirigendosi in Prussia Orientale e smobilitando i suoi uomini in dicembre. Restato in servizio sotto la Repubblica di Weimar, continuò a curarsi di questioni aeronautiche e morì il 7 gennaio 1944 a Wernigerode, in Germania.
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Ai primi di ottobre un nuovo fatto sopraggiunse ad aggravare le situazione; si costituì cioè a Mitau un governo detto “della Russia occidentale”, avente per capo il Generale BISKUPSKI. Tale governo, che si dice russo, è in realtà di marca quasi esclusivamente tedesca, ed è appoggiato da tutte le diverse organizzazioni germano=volontarie formatesi nei paesi baltici (specialmente dal corpo del colonnello Avaloff BERMONT). Esso pretende di restituire la Russia nella sua integrità e, mentre proclama guerra ai bolscevichi, si rifiuta di riconoscere l’indipendenza degli Estoni, dei Lituani e dei Lettoni. Intanto le forze russo=germaniche del governo di Biskupski hanno attaccato le forze lettoni e circondato Riga, in aperta violazione dell’armistizio del 3 luglio. Frattanto, già alla fine di settembre il Consiglio Supremo aveva fatto conoscere (27 settembre, vedi allegato 9) al governo di Berlino che le potenze alleate ed associate avevano già disposto perché non fosse presa in esame nessuna delle domande tedesche riguardanti i rifornimenti di viveri e materie prime fino a che la situazione nei paesi baltici non fosse regolata, minacciando altresì di ricorrere ad altri provvedimenti più gravi. Alle proteste del governo di Berlino (allegati 11 e 12) il Consiglio Supremo ha ora risposto che gli Alleati ed associati non possono ammettere l’invocata impotenza del governo stesso a ridurre all’obbedienza le truppe tedesche del Baltico e che essi mantengono il principio dell’intera responsabilità del Governo tedesco nell’esecuzione dello sgombero, che quindi le misure coercitive annunciate, sarebbero state integralmente applicate fino a che l’esecuzione non fosse iniziata e proseguita il più celermente possibile (allegato 13) = Il Consiglio Supremo ha però soggiunto di acconsentire ad inviare nei paesi baltici una commissione interalleata per controllare l’operato del governo tedesco. In seguito a ciò, il governo tedesco ha nuovamente dichiarato di aver fatto tutto il possibile per affrettare lo sgombero, ed ha espresso il desiderio che la Commissione interalleata sia inviata sul posto con la massima sollecitudine per rendersi conto della buona fede delle autorità germaniche (allegato 14) Detta Commissione interalleata è composta di un generale francese (NIESSEL), 40 e di quattro membri, rappresentanti le altre potenze alleate ed associate (Generale Marietti41 per l’Italia, generale Turner 42 per l’Inghilterra, generale Chenay43 per 40
Henri Albert Niessel nacque a Parigi il 24 ottobre 1866. Uscito da Saint-Cyr nel 1886 fra i primi del suo corso, scelse d’entrare nei tiratori algerini, coi quali partecipò alle campagne d'Algeria dal 1886 al 1894, poi alla campagna di Tunisia dal 1899 al 1901 ed infine a quella in Marocco nel 1912. Colonnello comandante il 4° Zuavi nel 1914, ferito nel novembre di quell’anno, divenne colonnello brigadiere al principio del 1915 e generale di brigata temporaneo nell’agosto seguente. Messo alla testa d’una divisione e poi d’un corpo d’armata, fu intossicato dai gas tre giorni dopo aver preso il comando. Rimessosi, in grazia della sua conoscenza del russo fu assegnato a comandare la Missione Militare Francese in Russia. Ebbe la conferma del grado di generale a titolo definitivo e poi la promozione, sempre a titolo definitivo, a generale di divisione il 18 aprile 1918. Nominato nel novembre 1919 presidente della Commissione interalleata di controllo dell’evacuazione dei Tedeschi dal Baltico, appena terminato l’incarico ai primi del 1920, fu messo a capo della Missione Militare Francese in Polonia fino al 1922 e dal 1924 al 1926 fu ispettore generale dell’Aeronautica. Lasciato il servizio, morì a Parigi il 26 dicembre 1955. 41 Nato a Torino il 20 ottobre 1871, uscito dalla Regia Accademia d’Artiglieria e Genio col grado di sottotenente d’artiglieria nel 1891, Giovanni Marietti da capitano fece la Scuola di Guerra e passò nello Stato Maggiore. Nel 1915, da tenente colonnello, fu messo a disposizione della Regia Marina ed ebbe il comando del Gruppo Batterie Regia Marina sull’Isonzo. Nel 1916 passò a comandare la difesa terrestre di Venezia e poi fu destinato alla 1ª Armata. Nominato colonnello brigadiere, nel 1917 comandò la Brigata Macerata. Promosso generale di brigata nel 1918, ebbe il comando del Raggruppamento Artiglieria d’Armata della 12ª Armata Francese sul fronte italiano. Terminò la guerra colla croce di cavaliere dell’Ordine Militare di Savoia e fu addetto al Corpo Interalleato d’occupazione a Fiume dal 3 febbraio 1919. Partito per Parigi e poi il Baltico a fine ottobre, al rientro da quella missione fu destinato al Comitato Militare Interalleato a Parigi e poi nominato delegato italiano nella Commissione Militare Permanente della Società delle Nazioni, veste in cui fu consulente ai consigli tenuti a Spa, Londra e Parigi. In Ausiliaria per Riduzione Quadri nel 1923, fu collocato a riposo nel 1931 e morì a Torino nel 1940. Scrisse parecchi articoli su varie riviste militari, nel 1905 un libro intitolato Politica ed armi al Marocco e, dopo il pensionamento, una buona biografia del generale Diaz.
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l’America e maggiore TAKEDA per il Giappone). Le istruzioni concretate dal Consiglio Supremo risultano dagli allegati N. 15 e 16).”XXI Tutto questo era estremamente chiaro. Mancava ancora un elemento: quali erano le forze delle parti in causa e, soprattutto, quanti erano i Tedeschi? Rispondeva un documento di cinque pagine, preciso quanto pochi altri, dal titolo “Notizie sulle truppe tedesche ora operanti in Lituania.” Era fondamentale perché la Lituania era la retrovia d’alimentazione del fronte germanico in Lettonia. Il rapporto era stato preparato da un ufficiale italiano mandato a Kaunas insieme ad altri colleghi alleati nell’ultima settimana d’aprile del 1919 per predisporre il rimpatrio dei prigionieri russi, il quale, già che c’era, aveva saggiamente preso tutte le informazioni possibili sulla situazione militare. Spedito dal tenente colonnello Roatta da Berlino l’8 maggio 1919, protocollato a Roma il 10, il rapporto riguardava le condizioni della Lituania ed era interessantissimo per quanto diceva, cominciando dall’implicita smentita a tutte le dichiarazioni ufficiali germaniche contenuta nella frase d’apertura: “Le truppe tedesche operanti in Lituania sono sotto gli ordini del generale Hindenburg e di von Falkenhein, i quali hanno il loro quartier generale a Insterburg.44”XXII Proseguiva il rapporto, dalla riga seguente: “Sono formazioni di Ostschutzfreiwilligenkorps 45 e di Grenzschutzfreiwilligenkorps.46
Arthur Jervois Turner, nato in India, nella provincia di Agra, il 10 giugno 1878, entrò nell’esercito come sottotenente d’Artiglieria nel dicembre del 1897. Partecipò alla guerra boera dal 1899 al 1900 e fu di nuovo in Sud Africa nel 1902. Dopo un breve periodo in Inghilterra, fu mandato in Africa Occidentale nel 1903-1904. Capitano nel 1905, addetto al Comando delle Forze di Terra ad Aldershot nel 1911, maggiore nel 1914, allo scoppio della Grande Guerra venne mandato in Francia. Promosso due volte, nel 1918 era brigadier generale provvisorio e come tale fu mandato nella Russia nord-occidentale e fece parte della Commissione interalleata, Terminato l’incarico in Russia, servì in India dal 1921 al 1925, prendendo parte alla campagna del Waziristan del 1923. In Egitto dal 1925 al 1929, lasciò il servizio attivo nel 1930 e morì in Inghilterra, a Graffham, l’8 settembre 1952. Abilissimo giocatore di Cricket, è più ricordato per questo che per le sue azioni militari, nonostante gli siano valse parecchie decorazioni e menzioni ufficiali. 43 Sherwood Alfred Cheney, nato nel Connecticut il 24 agosto 1873, fu all’Accademia di West Point dal 15 giugno 1893 all’11 giugno 1897, quando fu nominato aspirante sottotenente del Genio. Dopo un anno a Filadelfia, dall’aprile 1898 fu al Battaglione Genio della Scuola del Genio a Willets Point. Sottotenente il 5 luglio 1898 e tenente dal 26 gennaio 1899, dal novembre di quell’anno partecipò alla Guerra Ispano-Americana nelle Filippine in vari battaglioni Genio dell’VIII Corpo d’Armata fino al rientro negli Stati Uniti nel dicembre del 1901. Capitano dal 23 aprile 1904, fu all’Army War College di Fort Leavenworth nel 1906 e poi allo Stato Maggiore Generale dal 1907 al 1911. Promosso maggiore in quell’anno, fu destinato a San Francisco e tornò nel 1914 a Fort Leavenworth come direttore della Scuola Campale del Genio. Spostato al confine messicano nel luglio del 1916, vi fu promosso tenente colonnello nel maggio del 1917 e con tale grado fu mandato in missione in Inghilterra in giugno e in Francia in luglio. Promosso colonnello provvisorio in agosto, ebbe il comando del 110° Genio e dei Genieri della 35ª Divisione in Francia fino all’aprile 1918. Dopo un breve periodo al Quartier Generale, il 1° ottobre 1918 fu nominato brigadier generale provvisorio e il 17 novembre vice comandante Genio del Corpo di Spedizione Americano. Direttore dei trasporti dell’Esercito dal gennaio 1919 e di quelli di tutte le Forze Americane in Francia da agosto, in novembre fu designato membro della Commissione interalleata nel Baltico fino al marzo 1920. Reintegrato nel suo grado effettivo di tenente colonnello, tornato negli Stati Uniti, dopo un breve periodo a New York, fu promosso colonnello il 1° luglio 1920 e mandato ad un corso all’Army War College dal settembre del 1920 al giugno del 1921. Addetto militare in Cina e Siam dal giugno del 1921 al giugno del 1924, rientrato in Patria comandò la Scuola del Genio fino al marzo 1925, divenendo poi aiutante di campo del presidente Coolidge fino al maggio del 1927. A capo del Distretto del Genio di Boston, il 1° aprile 1932 fu nominato brigadier generale e destinato prima nel Colorado e poi, dal giugno del 1933 al giugno del 1936 a San Francisco. Di nuovo a Boston nel 1937, lasciò il servizio il 31 agosto di quell’anno e morì a Manchester, Connecticut, il 13 marzo 1949. 44 Insterburg in russo si chiama Černjachovsk, in lituano Įsrutis e Wystruć in polacco; è in Prussia Orientale. 45 Corpo franco volontario di sicurezza orientale. 46 Corpo franco volontario di sicurezza confinaria. 42
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Per quanto è stato possibile constatare personalmente e per le informazioni avute, esse sono eccessivamente numerose. In tutta la Lituania non credo vi siano più di 35000 uomini; queste truppe si trovano in minima parte sulla linea del fuoco, la maggior parte di esse è ripartita nei diversi centri abitati. Alle forze Tedesche non sono assegnati settori particolari. Esse combattono intercalate alle forze Lituane. Non vi è però unità di Comando, dipendendo i Tedeschi direttamente da HINDENBURG ed i Lituani dal governo Lituano. I due eserciti sono indipendenti ed agiscono, ciascuno di propria iniziativa. COMANDI: A KOVNO comando di Corpo d’Armata (General Kommando) I) = 2 Brigate di circa 4000 uomini ciascuna – una di queste è staccata a OSITA 2) = 1 Reggimento di Cacciatori staccato a Kieydany. 3) = 12 Battaglioni autonomi della forza di 400 uomini circa ciascuno; ogni Battaglione ha una batteria da campagna 4) = una stazione radiotelegrafica. 5) = Una squadriglia d’aviazione di 12 apparecchi col campo a Mariampol. 6) = Un corpo di gendarmeria militare molto bene organizzato. Inoltre dal Corpo d’Armata dipende: il Comando di Presidio di Kowno (o Kommandantur). La direzione generale delle requisizioni; Il Comando delle ferrovie o comando di linea. Dal Comando di Presidio dipende: 1°) Un Ospedale militare di circa 1000 letti. 2°) una compagnia di ciclisti che serve a reprimere gli eventuali moti spartachisti. Dal Comando generale di requisizione, dipendono 12 Commissioni di requisizione sparse in tutta la regione DISLOCAZIONE: Le truppe sono ripartite nel seguente modo, secondo la divisione in settori sulla Carta allegata: 1° SETTORE = in linea: (4 compagnie di fanteria tedesca del Ostpreussische freiwilligenkorp (distintivo, un cordone di alce al bavero. (1” batteria da campagna su 4 pezzi (da 45”) 1/2 batteria verso la linea (ferroviaria Saul-Baniewier.47 (1” compagnia di mitragliatrici autonoma con 6 armi. (circa 500 uomini) nelle retrovie: una Brigata autonoma tedesca composta per la maggior parte (di elementi della cosidetta Divisione di ferro (La Eiserne Division). Questa (divisione non esiste che di nome. Sono soldati di dati reparti che poi vennero L’unica possibilità è che sia la tratta da Šiauliai verso est a Panevėžys, che in tedesco si chiama Ponewiesch, da cui la trascrizione errata. 47
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(frammischiati agli altri; essi hanno come distintivo sul berretto un teschio. SETTORE 2° = in linea: (4 compagnie di cacciatori della Genz Sch Fr. Korps – stesso (distintivo ma collo verde (alce). E’certamente il settore (1/2 batteria da campagna lungo la ferrovia Pomewies, 48 e 1/2 più importante, com(batteria sulla strada che da Remigolo49 va a Poniewiez.50 prendendo la principa- (1 batteria di 4 pezzi da campagna davanti a Kiedany. 51 le via di comunicazione (10 mitragliatrici, di cui 4 lungo la ferrovia Poniewiez. Il complesso delle forze ammonta a 800 uomini circa. nelle retrovie:
(un reggimento di Cacciatori di 1000 uomini bene (equipaggiato e con tutti i servizi. (Una stazione radiotelegrafica. Un ospedale da (campo.
SETTORE 3° = in linea: (3 battaglioni della Grenzschutzfreiwilligenkorps con molti (elementi della Divisione di ferro: è una compagnia data dal (settore 4, ma che dipende dal comando di Koschedary, 52 di (circa 100 uomini. (2 pezzi da campagna nel settore Scarolisi53 a protezione della ferrovia. complesso forze (4 pezzi da campagna e da trincea lungo la ferrovia nel settore Lewinti54 circa 1600 uomini
nelle retrovie:
(6 pezzi da campagna nel settore Koschedary che è la parte più (delicata della zona. (26 mitragliatrici di cui 6 nel settore Skarolisi. (16 nel settore Lewinti. (10 nel settore Koschedary. (Nelle retrovie circa 10.000 uomini.
SETTORE 4° = in linea: (circa 200 uomini facenti parte di una Brigata staccata (autonoma di volontari (distintivo una corona sul bavero) (1 batteria da campagna per proteggere la linea ferroviaria (Osita.55 (10 mitragliatrici. nelle retrovie: (circa 4000 tedeschi della Brigata staccata autonoma. LA LINEA – non esiste una linea vera e propria, ma si tratta più che altro di uno sbarramento delle vie di comunicazione. Panevėžys, Lituania. Remigola, in Lituania. 50 Si tratta della strada da Poniewiez/ Panevėžys a Remigola. 51 Kėdainia, Lituania. 52 Kaišiadorys, Lituania. 53 Secondo R. Dediala, dovrebbe trattarsi di Skaruliai, non lontano da Jonava, in Lituania. 54 Luogo non identificato. 55 Olita, in Lituania. 48 49
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Le strade, ferrovie ecc. sono tenute da piccoli posti, con mitragliatrici. Dove vi sono cannoni le opere di fortificazione sono più complete. MORALE DELLE TRUPPE – Nelle truppe tedesche non esiste affatto spirito combattivo: esse sono di solito in buone relazioni colle truppe bolsceviche alle quali, talvolta, vendono armi munizioni e viveri. Come si è detto, i tedeschi vivono completamente sulla regione, non solo, ma dei viveri requisiti in Lituania, grandi quantità vengono spediti a Insterburg dove si stanno formando dei grandi depositi. Il morale delle truppe è pessimo: vi sono moltissimi elementi spartachisti, che fanno un’intensa propaganda, e commettono delitti di ogni genere, che restano per la più parte impuniti. Gli ufficiali tedeschi hanno pochissima fiducia nei loro uomini e sono sicuri che, qualora venisse l’ordine di avanzare, il 60% di queste truppe si rifiuterebbe di seguirli. Pare che sia ora intenzione del Comando Supremo di cambiare tutte le truppe della Lituania, sostituendole con truppe più sicure. Sembra anzi che questo movimento sia già cominciato avendo incontrato il giorno 26 [aprile56] sulla linea Schaulen57– Tilsit parecchi trasporti di truppe, complessivamente: circa 3 battaglioni con carreggio ed una squadriglia autocarri, che risultarono provenienti dall’interno e che erano diretti a Schaulen. Più tardi a Königsberg vidi partire per la stessa destinazione reparti del 12° Dragoni facenti parte della G.S.F.K. 58 equipaggiati e vestiti in modo meraviglioso. Mi risulta essere a Tilsit il 1° reggimento Dragoni della guardia. A Königsberg vi è il deposito del 12° del 10° e del 9° reggimento Dragoni, e tutto un gruppo di artiglieria pronto a partire. Il servizio ferroviario di tutta la Prussia Orientale e della fronte è fatto da militari.”XXIII Questo era stato l’ordine di battaglia tedesco in aprile e, se in quel mese era in corso la sostituzione delle inaffidabili unità in linea con altre ritenute sicure, le cose in seguito non erano migliorate. C’erano un altro paio di aspetti strani e nessuno immaginava quali semi di futuri lutti e guerra portassero con sé, pur se, a pensarci bene, non promettevano nulla di buono. In primo luogo il 17 luglio 1919 il ministro Noske aveva diramato un ordine in cui, ricordando che l’Esercito e lo Stato Maggiore dovevano essere ufficialmente smobilitati ed era impossibile “Lasciare la Germania senza esercito in presenza di eserciti che continueranno ad esistere in Francia, Italia, Inghilterra ed America”, invitava l’O.H.L., Oberste Heeresleitung, il Comando Supremo tedesco, a fare delle proposte appropriate, perché: “al fine di costituire delle riserve addestrate alla guerra, bisogna organizzare militarmente le formazioni come la Kriegsferen 59 e Jungendverein,60 così che gli ufficiali, i sottufficiali e i vecchi soldati avranno la possibilità di consacrarsi ad una professione che risponda alle loro capacità e tendenze. Il numero dei disoccupati sarà in questo modo diminuito.”XXIV Si deduce dal fatto che il rapporto a Roma dell’8 maggio accompagnava questi fogli indicati come recentissimi. Nome tedesco di Šiauliai, in Lituania. 58 Acronimo di Grenzschützfreiwilligenkorps, cioè Corpo franco volontario di sicurezza confinaria. 59 Il testo passato dai Francesi presenta qui un chiarissimo errore di traslitterazione, scrivendo Kriegsverein quasi come lo si scriverebbe un Francese sentendolo pronunciare: era l’Associazione dei veterani di guerra. 60 Associazione (nazionale) dei Giovani. 56 57
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Questo pose le radici da cui poi si nutrirono e svilupparono il Nazismo e la Wehrmacht di Hitler. L’altro fatto era altrettanto pericoloso e decisamente sospetto. I Francesi avevano intercettato e passato agli Alleati un messaggio urgente e strettamente confidenziale “per solo uso personale” del comando del VI Corpo d’Armata di Riserva tedesco, con cui il 18 luglio 1919 da Breslavia, 61 visto che l’itinerario dalla Prussia Orientale via Libau alla Russia sarebbe stato presto tagliato, si chiedeva, “conformemente all’ordine del Ministro della Guerra”, d’esaminare in Alta Slesia se sarebbe stato “possibile far passar i trasporti per la Russia attraverso la Polonia.” E cosa dovevano mandare i Tedeschi in Russia? “Si tratta del trasporto di ufficiali, sottufficiali, tecnici ed ingegneri che sono destinati all’Armata Rossa di Russia ed alle fabbriche di munizioni.”XXV A che gioco stavano giocando i Tedeschi? Qualunque fosse, non sembrava leale. Così come stavano, le cose non avevano un buon aspetto. Il 19 agosto 1919 il Consiglio Supremo degli Alleati aveva esaminato ed approvato le richieste di Foch, ma non era successo nulla, perciò ora, in autunno, come credere alle asserzioni ufficiali germaniche? Non si sa se l’Intesa conoscesse il progetto di Winnig. Se si, probabilmente lo considerava chimerico quanto era. Certo è che non se ne parlò nella relazione italiana e non fu mai menzionato, né nei documenti successivi, né nei verbali della Commissione che sovrintese all’evacuazione, così come il suo presidente, Niessel, non vi fece il minimo accenno quando incontrò Winnig a Königsberg in novembre. Ad ogni modo, che l’Intesa lo conoscesse o no, era chiaro che i Tedeschi non avevano nessuna intenzione d’andarsene, anzi: il 22 ottobre il generale Dupont62 aveva avvertito da Berlino che Noske aveva appena ammesso la presenza di 40.000 tedeschi (15.000 a Mitau con von der Goltz e 25.000 con Bermondt) i quali rifiutavano di partire e gli aveva detto che stava pensando d’obbligarceli tagliando loro il rifornimento di carbone.XXVI Questo implicitamente significava che il Governo tedesco conosceva a menadito la situazione baltica, sapeva quanti uomini ci fossero ed era, volendo, in condizione di determinarne le scelte agendo sui rifornimenti. Perché non lo faceva? La risposta sarebbe apparsa nel corso del mese seguente: il Governo socialdemocratico era troppo debole e lo sapeva, così come lo sapevano i suoi oppositori. Era al corrente di tutto, ma non l’ammetteva, sia per non sentirsene chiedere conto, sia per non essere obbligato ad imporsi svelando a tutti la propria debolezza. In una Germania reduce da una guerra perduta, costata cifre enormi e perdite umane altrettanto enormi, ulteriormente accresciute dall’epidemia della Spagnola, in una Germania in cui la rivoluzione bolscevica era esplosa prima che in qualsiasi altro luogo dell’Europa al di fuori della Russia e con tanta violenza da dover essere stroncata a cannonate e armando le milizie popolari in una durissima guerra civile, il Governo socialdemocratico doveva, per sopravvivere e far sopravvivere la Nazione, agire con la massima circospezione e, al caso, con slealtà assoluta, promettendo ciò che sapeva di non poter o non voler mantenere, appoggiandosi a chi era disposto a sostenerlo per via delle promesse avute ed evitando le prove di forza, perché le avrebbe perse. Dal 1945 Wrocław, in Polonia. Charles Joseph Dupont, nato il 30 ottobre 1863 a Nancy, entrò alla Scuola Politecnica nel 1882 e ne uscì sottotenente d’artiglieria nel 1884, passando alla Scuola d’artiglieria. Tenente nel 1886, capitano nel 1893, passò ai servizi segreti, alternandoli coi previsti comandi di reparto fra il 1904 e il 1907. Maggiore nel 1905, divenuto tenente colonnello ritornò al II Bureau e ne fu a capo dal 1913 al 1917, venendovi promosso prima colonnello e poi, il 31 dicembre 1916, generale di brigata. Buon conoscitore della Prussia Orientale. da lui visitata prima della guerra rischiando d’esservi arrestato, fu per questo, alla fine del 1918, nominato capo della missione francese in Polonia e Presidente della Commissione di delimitazione dei confini fra Polonia e Germania. Generale di divisione dal 23 settembre 1919, divenne Alto Commissario della Commissione di delimitazione dei confini del territorio della Città Libera di Danzica. Fu promosso generale di corpo d’armata nel 1921. Lasciò poi il servizio e morì a Parigi il 29 dicembre 1935. 61 62
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Noske questo lo sapeva benissimo. A dicembre del 1918, al culmine della rivolta spartachista, aveva dovuto spostare il suo ufficio in una delle stazioni di Berlino per sfuggire ai combattimenti e la capitale era rimasta isolata. Si era salvato più grazie ai Corpi Franchi che all’esercito e lo sapeva, così come sapeva che adesso li doveva sconfessare e abbandonare. L’unico modo per farlo consisteva nel far sì che apparisse, come in realtà era, per un’imposizione dall’esterno, da parte degli odiati vincitori. In quel modo, forse, il Governo avrebbe evitato d’essere chiamato alla sbarra a render conto del suo operato all’opinione pubblica e, forse, avrebbe retto abbastanza da evitare la prossima tempesta, di cui già correvano le voci ammonitrici: il Putsch di Kapp.
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Capitolo V Chi c’era Fra le molte informazioni mandate da Cavallero ce n’era una, completa quanto si poteva – cioè non molto – sul numero dei Tedeschi, dei Russi e dei Germano-Russi da far uscire dai Paesi Baltici, sulla cui consistenza esisteva solo un prospetto di massima:XXVII
SITUAZIONE DELLE FORZE nei paesi baltici alla seconda metà d’ottobre 1919. (approssimata). """""""" FORZE TEDESCHE E GERMANO RUSSE: """""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""
Divisione di ferro…………………………………………. Div. Riserva della Guardia……………………………… 2^ Brigata Fanteria……………………………………… Corpo Diebitsch63…………………………………..……. (°) Corpo Vyrgolitch….………………………………..….. 6° Corpo di riserva…………………………………..…… 5° Corpo…………………………………………………… Guardia di Mitau……………………………………….… (°) Corpo Bermont……………………………………………..
Secondo informazioni di fonte lituana
Secondo informazioni di fonte estone
15.000 12.000 3.000 3.000 9.000
8.000
12.000 54.000
6.000 4.000 12.000 7.000 1.000 9.000 47.000
N.B. Le informazioni di fonte lituana non fanno cenno delle forze del 5° e 6° Corpo (già von der Goltz) mentre le informazioni di fonte estone non accennano alla presenza della Divisione di Riserva della Guardia del Corpo e del Corpo Diebitsch). (°) = Corpi germano=russi: in cui gli elementi tedeschi sembra siano nella seguente proporzione:
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Karl Heinrich freiherr (libero signore, equivalente a barone) von Diebitsch, nacque a Berlino il 5 dicembre 1865. Uscito dal Corpo dei Cadetti il 18 marzo 1886, iniziò una non brillante carriera in cavalleria venendo assegnato al 16° ussari Imperatore Francesco Giuseppe, dove rimase fino alla promozione a capitano di cavalleria (Rittmeister) il 17 maggio 1902. Passò poi a comandare degli squadroni nei Granatieri a Cavallo e negli Ulani. Maggiore il 27 gennaio 1913, fu promosso tenente colonnello il 22 marzo 1918. Dopo le operazioni nel Baltico non si sa molto di lui, salvo che morì il 23 febbraio 1924. Il suo Freikorps von Diebitsch venne istituito con ordine del 23 marzo 1919 e nacque il 1° aprile 1919 con una forza di 948 uomini, provenienti dalla Territoriale Sassone o arruolati fra i Tedeschi della Curlandia, inquadrati in quattro compagnie di fanteria, una sezione esplorazione, ricognizione ed informazioni e uno squadrone di cacciatori. Nell’estate del 1919 arrivò ad avere 3.000 uomini componenti due battaglioni di fanteria, uno di cacciatori, una sezione d’artiglieria e due squadroni a cavallo. Aveva avuto il battesimo del fuoco nella primavera del 1919 in Lituania. Ufficialmente fu sciolto a Thorn il 18 Dicembre 1919, ma di fatto un nucleo consistente continuò ad esistere almeno fino all’aprile 1920, cioè fin dopo il Putsch di Kapp.
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Corpo Bermont………………………………………….. Corpo Vyrgolitch………………………………………..
Ufficiali In maggioranza tedeschi In maggioranza russi
Truppa 1/3 ted. 1/4 ted.
Si trattava – a tenersi su una via di mezzo – di 50.000 uomini da far uscire e dovevano passare tutti attraverso la Lituania: compito non da poco. Ciò detto, si poteva cominciare a smuoverli, ma a chi sarebbe toccato il lavoro? Come aveva scritto Cavallero, il Consiglio Supremo Interalleato aveva creato una Commissione interalleata per sovrintendere all’evacuazione tedesca dai Paesi Baltici. Le erano state date delle istruzioni, le quali si limitavano a sette articoli abbastanza generici da prevedere tutti i casi, lasciando ampia iniziativa e libertà d’azione al presidente della Commissione, il generale francese Niessel. Dicevano, in francese: “1 = DECISIONE DEL CONSIGLIO SUPREMO La violazione persistente, da parte del governo tedesco e dei Generali tedeschi operanti nelle province Baltiche, delle prescrizioni dell’articolo 12 dell’armistizio dell’11 Novembre 1918 (confermate dall’articolo 433 del Trattato di pace del 26 giugno 1919 colla Germania) ha provocato diverse proteste del Consiglio Supremo ed una risoluzione in data del 10 ottobre che ha deciso la costituzione d’una commissione interalleata per controllare l’evacuazione delle province baltiche da parte delle truppe tedesche. 2 = COMPOSIZIONE DELLA COMMISSIONE INTERALLEATA Il Generale Niessel è designato per esercitare la Presidenza di questa commissione che comprenderà i membri qui di seguito: Rappresentante britannico Rappresentante americano Rappresentante italiano Rappresentante giapponese
: Generale Turner : Brigadier Generale S. A. Cheney : Brigadier Generale Marietti : maggiore di fanteria G. Takeda
3 = CONTROLLO DELL’EVACUAZIONE Il Governo tedesco è tenuto per il solo responsabile dell’esecuzione dell’evacuazione. La Commissione Interalleata ha il potere d’esercitare in tutta libertà d’azione, ovunque lo giudicherà utile, il controllo dell’esecuzione delle misure d’evacuazione ordinate dal governo tedesco. A questo fine la Commissione: a) = prenderà conoscenza presso il governo tedesco a Berlino delle misure da esso stabilite in vista di regolare le condizioni dell’evacuazione.= b) Riceverà comunicazione delle istruzioni d’applicazione date a quest’oggetto dal comando tedesco delle regioni baltiche. c) Indirizzerà, se lo giudica utile, dopo esame sul posto della situazione al governo tedesco ogni proposta di natura [atta] a facilitare, assicurare e sveltire l’esecuzione dell’evacuazione. 48
Il Governo tedesco darà alla Commissione così come ai suoi agenti autorizzazione completa i circolazione in tutti i territori occupati dalle truppe tedesche. 4 = CONDIZIONI DELL’EVACUAZIONE L’esecuzione delle disposizioni dell’articolo 12 dell’armistizio implicano non solamente la ritirata delle unità tedesche costituite che si trovano attualmente nelle province baltiche coi loro Stati Maggiori e i loro servizi, ma ancora il richiamo di tutti i militari tedeschi che, dopo la smobilitazione, hanno preso individualmente o per gruppi servizio nei corpi russi organizzati nelle dette province. I diplomatici così come i funzionari civili tedeschi lasceranno ugualmente le province baltiche, allo stesso tempo delle truppe coll’eccezione di quelli che saranno graditi dai governi di fatto lettone, estone e lituano. Il controllo sarà non solamente sull’esecuzione dei movimenti d’evacuazione, ma ancora sulla verifica del materiale portato via dalle truppe tedesche, in maniera da impedire l’asportazione di qualsiasi materiale e di qualsiasi approvvigionamento che non apparterrà propriamente a queste truppe. 5 = AZIONE DELLA MARINA ALLEATA NEL BALTICO La Commissione si terrà in relazione col comando marittimo interalleato nel Baltico che la informerà sulle operazioni navali intraprese sia per appoggiare la liberazione di Pietrogrado, sia per ostacolare il rifornimento dei bolscevichi per mare conformemente alle decisioni della Conferenza. Essa servirà d’intermediaria fra il Consiglio Supremo e le marine alleate. Le marine alleate forniranno alla Commissione ogni mezzo di trasporto necessario ed assicureranno la trasmissione dei suoi telegrammi. 6 = POTERI DELLA COMMISSIONE Per adempire al proprio compito, la Commissione Alleata disporrà del personale delle missioni militari di tutte le Potenze Alleate ed Associate che operano attualmente in Estonia, Lettonia e Lituania, di maniera da evitare qualsiasi iniziativa isolata o divergenza d’azione. Essa potrà fare appello al personale della missione militare francese in Polonia in caso di bisogno, e d’accordo col generale Henrys/.= La Commissione, d’accordo coi governi baltici di Reval, Riga e Kowno, s’assicurerà la cooperazione delle autorità locale il cui concorso le sarà necessario Il Generale, Presidente della Commissione, fisserà il luogo del suo quartier generale nelle province baltiche. Egli avrà la libera utilizzazione delle linee e stazioni telegrafiche e radiotelegrafiche per le sue comunicazioni. 7 E’ inoltre deciso che la Commissione partirà al più presto possibile e comincerà i lavori che le sono stati affidati, senza attendere le istruzioni politiche che possono essere spedite ulteriormente, dopo la discussione e l’approvazione del Consiglio Supremo.”XXVIII Il 28 ottobre il Consiglio Supremo Interalleato aveva esaminato una bozza riguardante la Commissione da adibire al controllo dell’evacuazione delle province baltiche.XXIX 49
L’indomani la delegazione Italiana a Parigi aveva avvertito Roma che ciascuna Potenza si sarebbe dovuta pagare il proprio personale in quella Commissione, perciò si suggeriva di ridurre il coinvolgimento italiano al “generale Marietti, un solo ufficiale,64 una macchina da scrivere, un’autovettura e i militari di truppa necessari.”XXX Roma aveva accettato e venerdì 31 ottobre 1919 un telegramma, a firma generale Scipioni,65 avvertiva la Missione Italiana a Parigi della partenza quel giorno da Roma del generale Giovanni Marietti. Si sarebbe fermato a Torino il tempo necessario a raccogliere il materiale per la missione e sarebbe giunto a Parigi il lunedì seguente, 3 novembre.XXXI La Missione avvertì il generale Niessel. Il 16 novembre 1919 a Torino il Centro di formazione della Commissione Militare di Controllo in Germania, con sede alla Scuola di Guerra, consegnò alla Missione Baltica, rappresentata dal tenente Luigi Manusardi,66 un’automobile Fiat Landaulet 3 A, una signorile berlina a quattro sportelli parzialmente decappottabile, targa 51777, completa d’accessori e con ulteriori dotazioni di riserva, oltre a quelle ordinarie, per il motore e le gomme, più quattro coperte e quattro pneumatici e una motocicletta Bianchi targa B. 733 coi rispettivi conducenti.XXXII Contemporaneamente Manusardi firmava la ricevuta del “seguente personale e materiale”, cioè un maresciallo e tre soldati forniti dal Deposito del 3° Reggimento Alpini, un brigadiere dei Carabinieri Reali e due Carabinieri forniti dalla Legione di Torino, tutti con un’uniforme nuova, completa d’elmetto, o cappello da carabiniere, un moschetto o una pistola a tamburo, sei razioni di viveri di riserva e 100 franchi a testa; 200 al maresciallo. A questo la generosità del Commissariato aggiungeva: sessanta coperte da casermaggio nuove, altre 100 razioni di viveri a secco, sei pastrani, un cappotto foderato di pelliccia (evidentemente per il maresciallo), altro materiale di vestiario ed una macchina da scrivere.XXXIII Il 3 novembre a Parigi ebbe luogo la prima riunione della Commissione Interalleata per lo sgombero delle province baltiche, la quale includeva cinque missioni nazionali. Ognuna aveva ufficiali, sottufficiali e soldati, ed un capo missione, i quali erano, come sappiamo, un generale di divisione francese, presidente; tre generali di brigata dagli eserciti americano, britannico e italiano e In realtà oltre a Marietti ve ne sarebbero stati due, il tenente Manusardi e il ventottenne tenente dell’11° Bersaglieri Fermo Reverberi, con nove tra sottufficiali e truppa. Nato nel 1891, Reverberi fu posto in congedo per problemi di salute nel 1920. Lasciato l’Esercito col grado di maggiore, dovrebbe essere morto a Milano nel 1969. 65 Scipione Scipioni nacque a Citerna il 18 aprile 1867. Il 2 febbraio 1886 si arruolò come soldato semplice volontario nella Compagnia d’Istruzione del 15º Reggimento Artiglieria con ferma stabilita per i sottufficiali. Promosso caporale e poi sergente, con quel grado fu trasferito al 17º Reggimento Artiglieria il 16 settembre 1887 e vi assunse il 31 marzo 1889 l’incarico di furiere. Ammesso all’Accademia d’Artiglieria, fu nominato sottotenente d’artiglieria nel 1891. Destinato in Colonia, partecipò alla Guerra Italo-Abissina del 1895-96. Capitano, nel 1903 frequentò la Scuola di Guerra e passò nello Stato Maggiore. Cominciata la Prima Guerra Mondiale col grado di tenente colonnello, fu promosso per merito di guerra nel 1916. Messo al comando della Brigata Veneto come colonnello brigadiere, meritò una medaglia d’argento al valor militare sul Piave. Promosso maggiore generale – cioè generale di brigata nell’ordinamento italiano – nel 1918, fu addetto al Comando Supremo ed ebbe la commenda dell’Ordine Militare di Savoia. Nel 1923 divenne generale di divisione e comandò la Divisione Militare di Bologna. L’anno seguente prese il comando delle Scuole Centrali Militari. Generale di Corpo d’Armata dal 3 giugno 1928, fu comandante militare della Sicilia. Nel 1933 andò in ausiliaria e fu nominato Senatore del Regno e direttore del museo di Castel Sant’Angelo. Morì a Roma il 28 ottobre 1940. 66 Nato nel 1891 a Colombier, in Svizzera, Luigi Manusardi, di nobile famiglia lombarda, compiuto l’anno di volontariato nel Reggimento Nizza Cavalleria, venne congedato col grado di sergente il 30 novembre 1911. Nel gennaio 1913 fu nominato sottotenente di complemento e all’entrata in guerra, nel 1915, passò in Servizio Permanente Effettivo e fu trasferito al 20° Reggimento Cavalleggeri Roma, con cui si distinse nel 1916 a Monfalcone, rimanendo gravemente ferito e guadagnando una medaglia di bronzo ed una d’argento. Promosso tenente, passò nei bombardieri nell’ottobre 1917, assumendo il comando della 258ª Batteria Bombarde. Dopo il conflitto fece parte di varie missioni alleate di controllo: a Berlino, Vienna, Budapest e nei Paesi Baltici. Capitano nel 1926, dal 1929 al 1934 fu addetto al Capo di Stato Maggiore del Regio Esercito. Destinato a domanda al Regio Corpo Truppe Coloniali della Cirenaica, vi rimase tre anni al comando del II Gruppo Squadroni Cavalleria Coloniale. Rientrato in Italia nell’aprile 1937, vide accogliere la sua domanda di trasferimento in Africa Orientale. Assunto a Gondar il 20 ottobre 1937 il comando del V Gruppo Squadroni di Cavalleria Coloniale, cadde in combattimento contro i ribelli etiopici il 27 novembre ed ebbe la medaglia d’oro al valor militare alla memoria. 64
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un maggiore giapponese. Tutti avevano sulle spalle almeno una guerra oltre a quella appena finita e tutti, meno il giapponese, una certa pratica in colonia o in missioni all’estero. Contro di loro – è il caso di dirlo – la Germania aveva schierato un trio di brillanti personalità componenti la delegazione tedesca che avrebbe dovuto tenere i contatti colla Commissione e facilitarle le cose. La realtà sarebbe stata assai diversa, specie nei primi tempi, ed avrebbe messo a dura prova la pazienza e l’abilità dei cinque membri interalleati. I Tedeschi erano il vice-ammiraglio – cioè l’ammiraglio di divisione – Hopman, già capo delle forze navali turche nel Mar Nero, 67 il consigliere di legazione von Dirksen, 68 che avrebbe fatto tanta carriera da divenire ambasciatore del III Reich a Tokio e poi a Londra, al posto di Ribbentrop, fino allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale e, infine, un colto e raffinatissimo intellettuale, il conte von Kessler, maggiore von Kessler al momento, che era nato in Francia da madre britannica, per cui parlava perfettamente inglese e francese, conosceva tutti i principali esponenti della cultura mitteleuropea del tempo ed era di casa forse più a Parigi e Londra che a Berlino. 69 La Commissione interalleata tenne la sua prima riunione a Parigi il 3 novembre 1919 per sentire i rappresentanti dei tre Stati Baltici. Il panorama che ne scaturì non era esaltante. I Tedeschi durante l’occupazione avevano ridotto lo scartamento delle ferrovie dal russo all’europeo normale.70 I Baltici erano a terra e chiedevano che i Tedeschi lasciassero loro almeno il materiale corrispondente alle linee ed al traffico d’anteguerra, nonché tutto il necessario al funzionamento. La Commissione fu d’accordo. “Il rappresentante lettone dichiara: di non ammettere che i tedeschi facciano parte del futuro governo; potranno rimanere nel paese solo a condizione di non fare della politica. Afferma che esistono in Germania, e specialmente presso i confini, 16 uffici di reclutamento per le truppe ribelli; è invitato a dare i nomi.”XXXIV
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Albert Julius Emil Hopman, nato ad Olpe il 30 aprile 1865, fu cadetto della Marina imperiale nel 1884. Dopo una lunga pratica di navigazione partecipò alla Guerra dei Boxers nel 1900, poi fu addetto allo Stato Maggiore della Marina e, da capitano di corvetta, fu osservatore presso la Marina Russa in Estremo Oriente durante la Guerra RussoGiapponese. Dopo alcuni comandi nelle acque tedesche e in Sud America, iniziata la Grande Guerra fu promosso contrammiraglio e destinato in Turchia. Viceammiraglio nel 1917, dopo Brest-Litovsk fu mandato in Crimea e Mar Nero. Lasciò il servizio attivo nel 1920 e morì a Berlino il 14 marzo 1942. 68 Eduard Willy Kurt Herbert von Dirksen signore di Gröditzberg, nato a Berlino il 2 aprile 1882, dopo gli studi legali si avvio alla carriera civile. Prese parte alla Grande Guerra e guadagnò la croce di ferro di II classe. Nel 1917 passò in diplomazia e fu destinato in Olanda e poi in Russia. Quando incontrò la Commissione interalleata, era reduce da Kiev, lasciata quello stesso anno. Duramente antipolacco, von Dirksen fu incaricato d’affari a Varsavia dal 1920 al 1921 e console di Germania a Danzica dal 1923 al 1925. Ambasciatore tedesco a Mosca dalla fine del 1928 al 1931, vicinissimo ad Hitler da prima dell’ascesa al potere, nell’ottobre del 1933 fu da lui destinato a reggere l’ambasciata in Giappone, dove rimase fino al 1938, quando successe a Ribbentrop come ambasciatore a Londra e vi rimase fino allo scoppio della guerra, che mise fine alla sua carriera. Ritiratosi a vita privata, morì a Monaco il 19 dicembre 1955. 69 Harry Clemens Ulrich conte von Kessler, nacque a Parigi il 23 maggio 1868 da padre tedesco e madre britannica. Cosmopolita, esperto d’arte, direttore di museo a Weimar dal 1903, amico di molti fra i maggiori esponenti della cultura austro-tedesca, durante la Grande Guerra combatté in artiglieria in Belgio e sul fronte orientale. Nel 1918 fu nominato incaricato d’affari nella cosiddetta Seconda Repubblica di Polonia. Non favorevole al Nazismo, nel 1933 lasciò la Germania. Morì a Lione il 30 Novembre 1937 70 Lo scartamento è la distanza tra le due rotaie d’un binario misurata tra i loro margini interni. Poiché nelle ferrovie minerarie a trazione animale della Gran Bretagna era di quattro piedi e otto pollici e mezzo, pari a 1,435 metri, le locomotive furono progettate con quella distanza tra le ruote e, essendo le inglesi le prime fatte in Europa e vendute inizialmente pure all’estero, i Paesi che le compravano regolavano su di esse la distanza fra le rotaie dei loro binari, per cui lo scartamento minerario inglese divenne quello ferroviario comune, prima in Europa e poi nel resto del mondo, con poche eccezioni come il Portogallo, la Spagna, l’Irlanda e la Russia. Prescindendo dai primi tre, lo scartamento russo, esteso poi alla Finlandia, allora parte dell’Impero zarista, fu di 1,523 metri. Questo complicò per lungo tempo i trasporti ferroviari fra quei Paesi e il resto d’Europa e quando nel 1914 i Tedeschi entrarono nei Paesi Baltici, allora parte dell’Impero russo, trovarono più semplice rifare tutte le poche linee ferroviarie esistenti secondo lo scartamento europeo che continuare a bloccare i treni d’uno scartamento, scaricarli e ricaricarne il carico su quelli dell’altro scartamento.
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Il secondo argomento erano le truppe russe bianche: “Separazione delle truppe russe da quelle tedesche: il delegato americano vorrebbe che si trasportassero prima tutte in Germania e poi si rimandassero in Russia. Non è approvato, ma si decide che la separazione avvenga sul posto.”XXXV Questa faccenda non sarebbe stata da poco. Intanto occorreva far ubbidire i Russi, i quali dipendevano… da chi? Il terzo problema baltico riguardava i latifondi: e questo era un punto importantissimo per la Lettonia, dove ce n’erano più che altrove: “Passaggio della proprietà privata: Se si vuole che i grandi proprietari baltici se ne vadano, è necessario indennizzarli equamente; d’altra parte è necessario che i proprietari si adattino all’espropriazione. Si seguirà questo criterio in tutto il lavoro di persuasione.”XXXVI Il 6 Novembre ci fu al Ministero degli Esteri francese una conferenza con all’ordine del giorno la questione baltica e si decise che la Commissione: non avrebbe fatto da intermediaria fra il Consiglio Supremo interalleato e le marine alleate nel Baltico; non avrebbe avuto in anticipo i crediti chiesti, ottenendoli solo quando ne avrebbe avuto bisogno e, infine, che avrebbe dovuto limitare il più possibile la sua azione politica. Non era promettente. “Riunione della Commissione. Cheney, udita la dichiarazione che non vi sono fondi a disposizione, ritorna sulla proposta di sgomberare le truppe russe in Germania (è la sua fissazione e non se ne vede la ragione) Niessel non è d’accordo, pur ritenendo che si debba chiamare il governo tedesco responsabile per le truppe tedesche, per quelle russo-tedesche e per quelle russe. Inviterà Judenic a preparare e mandare presso Bermond agenti per la scelta degli elementi russi da avviare a Judenic.”XXXVII Niessel chiese al Consiglio Supremo quali mezzi di pressione intendesse eventualmente adoperare e fare esercitare dalla Commissione, ottenendone in risposta che il Consiglio gli dava ampia fiducia però gli ordinava di non intavolare discussioni col Governo tedesco, al quale bisognava soltanto comunicare le disposizioni di Versailles. In Francia questo si chiamava “système d.t.” – débroille toi – in italiano “arrangiati”. Per ridurre le difficoltà, tornava alla ribalta la questione di come sbarazzarsi dei Russi: meno ce n’erano meglio era, perciò Niessel, pur ritenendo il Governo tedesco responsabile tanto per le truppe tedesche, quanto per quelle russo-tedesche e russe, decise di proporre a Judenič di mandare degli agenti a scegliere fra gli uomini di Bermondt-Avalov quelli che poteva assorbire nella propria armata. Partita la Commissione da Parigi il 6 novembre, scattò subito la prima trappola. Comparve in treno il consigliere di Legazione Von Dirksen rappresentate del Ministro degli Esteri del Reich, il quale cercò d’incominciare una discussione. Niessel tagliò corto dichiarandogli che non si discuteva e che non c’erano altro che “ordini da eseguire ed istruzioni da ricevere.”XXXVIII Si sarebbe accorto presto che i Tedeschi avrebbero finto di non sentire le seconde e fatto di tutto per non eseguire i primi.
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Capitolo VI I contatti coi Tedeschi
Giunti a Berlino il 7 novembre, i membri della Commissione incontrarono le loro controparti tedesche l’indomani. Lette e trovate in buona forma le credenziali firmate da Noske e dal ministro degli Esteri Müller,71 vennero presentate le prime domande e richieste di dati. Hopman informò che le truppe che avevano accettato di tornare indietro, avrebbero completato il movimento per il 13 novembre; già: ma le altre, che non avevano accettato ed erano poi quelle che interessavano? L’8 novembre ci fu la prima riunione congiunta. Fin dalle prime battute fu palese che i Tedeschi avrebbero cercato in tutti i modi di non effettuare né la cessione dei materiali, né, soprattutto, il rientro in patria dei loro uomini. Si capì quando Hopman iniziò dicendo che von Eberhardt sarebbe rientrato a Tilsit il 9, cioè il giorno dopo, e col rientro non avrebbe più avuto alcuna responsabilità sulle truppe rimaste nelle Provincie Baltiche. Levare di torno von Eberhardt privandolo di ogni responsabilità significava annullare la catena gerarchica tedesca nel Baltico, cioè rendere del tutto autonome le formazioni tedesche in teatro: chi sarebbe mai riuscito a farle obbedire? Sarebbe stato impossibile ottenere qualcosa da loro senza una snervante trattativa con ciascuna di esse: quanto ci sarebbe voluto? Con quali risultati? Sarebbe stata una situazione impossibile; perciò la Commissione decise di chiedere, cioè d’esigere, che von Eberhardt rimanesse sul posto fino al termine dello sgombero, mentre andavano allontanati dagli Stati Baltici tutti gli agenti e funzionari tedeschi, tranne il personale ferroviario e quello gradito ai Governi locali, come era stato chiesto per telegrafo alla Missione francese Reboul 72 ed alla missione inglese Robinson73 a Kaunas, in Lituania. Nella successiva riunione, l’ammiraglio Hopman presentò alcuni documenti, dai quali sperava che risultasse che il Governo del Reich avesse fatto tutto il possibile.
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Hermann Müller, nato a Mannheim il 18 maggio 1876, lasciò gli studi per lavorare nel commercio. Si diede al giornalismo, s’iscrisse al Partito Socialdemocratico e fu eletto al Landtag – il parlamento regionale – prussiano. Si dedicò prevalentemente all’attività del Partito, che lo impiegò in particolare nei contatti coll’estero. Dopo l’armistizio ricoprì vari incarichi di governo. Fu ministro degli Esteri e in quella veste firmò il trattato di pace. Cancelliere del Reich dal marzo al giugno del 1920, riebbe la carica dal giugno del 1928 al marzo del 1930. Morì a Berlino il 20 marzo 1931. 72 Grazie all’aiuto del colonnello Max Schiavon, che mi ha fornito tutti i dati, posso dire che, in base ad un esame degli incartamenti degli Archivi del Servizio Storico della Difesa francese il colonnello Reboul non si chiamava Constantin contrariamente a quanto scritto da tutti gli autori, ma Célestin-Alexandre. Nato a Tolone il 27 febbraio 1882 entrò all’École Spéciale Militaire di Saint-Cyr il 30 ottobre 1901 e ne uscì sottotenente il 1° ottobre 1903 destinato al 4° Fanteria coloniale e presto servizi nel Tonchino. Tenente dal 1° ottobre 1905, passò al 5° Coloniale nel 1906 e fu distaccato alla Scuola Superiore di Guerra dal 1910 al 1912. Capitano dal 23 giugno 1913, durante la Grande Guerra fu allo Stato Maggiore del I Corpo d’Armata Coloniale, venne citato sei volte all’ordine del giorno e nominato cavaliere della Legion d’Onore. Maggiore a titolo provvisorio nelle truppe marocchine il 16 gennaio 1918 e confermato a titolo definitivo il 19 seguente, divenne capo di stato maggiore della 33ª Divisione di Fanteria. Fu inviato in Lituania il 18 marzo 1919 (in cui il grado di tenente colonnello – così ha spiegato il colonnello Schiavon – doveva essere fittizio come quasi sempre per gli ufficiali francesi impegnati in queste missioni) e, rientrato in Francia lasciò il servizio attivo il 17 febbraio 1921 e si diede al giornalismo a Parigi, scrivendo sul “Temps”. Tenente colonnello della riserva nel 1927 Ufficiale della Legion d’Onore nel 1928 e colonnello della riserva nel 1935, morì a Saint Mandé il 23 ottobre 1954. 73 Henry Rowan Robinson, nacque il 4 maggio 1873. Sottotenente d’artiglieria dal 15 maggio 1892, capitano soprannumerario, riammesso in servizio attivo nel 1910, tenente colonnello nel 1918 e brigadiere temporaneo nel 1919, ebbe il Distinguished Service Order e la croce di guerra francese nel 1918, poi gli ordini del Bagno e dei Santi Michele e Giorgio. Colonnello il 5 maggio 1921, messo a mezza paga pre-congedo il 31 ottobre 1927, lasciò il servizio attivo l’8 dicembre del 1928. Fu promosso nella riserva il 13 giugno 1934 al grado di maggiore generale (generale di divisione negli eserciti anglosassoni). Fu autore di numerosi scritti di politica militare e di argomento strategico, collaborando con molti giornali come esperto di affari militari nazionali ed internazionali, specie in merito alla Guerra d’Etiopia del 193536 ed alla Seconda Guerra Mondiale .
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Le truppe, spiegò, erano convinte d’essere nel Baltico per combattere i Rossi coll’avallo dell’Intesa e temevano, davanti a questo cambio di intenzioni, che la loro partenza avrebbe fatto cadere tutti i sudditi tedeschi preda dei Bolscevichi, dopodiché si dilungò su quella che Marietti definì “la nota tesi del pericolo del dilagare del bolscevismo nelle P.B.” XXXIX Hopman proseguì sostenendo che le risposte a una parte dei quesiti della Commissione risultavano dai documenti, ma di non poter fornire i dati sulle formazioni germano-russe: pareva – ma pareva soltanto – che esistessero la Divisione di Ferro, il Gruppo Plehwe,74 il Corpo Volontario75 e la Legione Tedesca.76 Niessel osservò che non ci si poteva contentare; occorrevano informazioni complete. Riguardo alle truppe chiedeva la dislocazione e gli ordini impartiti; quanto a von Eberhardt, lo affermava pienamente responsabile di tutto. Hopman cercò d’aggirare l’ostacolo: von Eberhardt era stato mandato in tutta fretta a sostituire von der Goltz; aveva agito con grande abnegazione e lodevole iniziativa; ma era giunto nelle Provincie Baltiche dopo il passaggio ai Russi di parte delle truppe germaniche, quindi non lo si poteva chiamare responsabile. Poi, cambiando disinvoltamente argomento, arrivò ai materiali e tentò un colpo mancino: nel Baltico orientale i Tedeschi non avevano “depositi considerevoli di materiali.” Niessel obiettò di credere che i materiali fossero invece in gran quantità, ma differì la questione a dopo. Hopman ne profittò per un altro colpo: il trattato d’armistizio prevedeva la consegna di materiali nei territori occidentali ed in Polonia, non nelle Province Baltiche. Niessel, già indisposto dai numerosi sotterfugi messi in campo in quei pochi primi minuti, rispose secco che per le Province Baltiche provvedevano le istruzioni del Maresciallo Foch. Venendo finalmente all’evacuazione, Hopman osservò, come per caso, la difficoltà d’evacuare le truppe per mare: le poche navi disponibili servivano a trasportare viveri e carbone; portare truppe avrebbe ridotto la quantità di quei beni essenziali e del resto il massimo sforzo avrebbe consentito il 74
Karl Gustav von Plehwe, signore del maniero di Dwarischken a Schirwindt, nato a Memel (Klaipeda) il 30 giugno 1877, iniziò la sua carriera militare come alfiere della fanteria della Guardia Imperiale tedesca nel 1894. Sottotenente nel 1895, preferì passare nella riserva per dedicarsi alle proprietà di famiglia nella Prussia Orientale. Richiamato nel 1914, ebbe una compagnia, poi il comando d’un battaglione, infine del 2° Reggimento di riserva della Guardia. Con esso alla fine della guerra si portò sul confine orientale e, unitolo ai reparti di von der Goltz, lo tramutò nel Gruppo volontario Plehwe, poi passato nelle truppe russo occidentali di Bermondt-Avalov. Plehwe lasciò il servizio attivo nel 1920 col grado di maggiore della riserva e fu eletto al Landtag – il Parlamento territoriale – della Prussia Orientale. Tenente colonnello della riserva nel 1936, colonnello nel 1939, lasciò Dwarischken nel 1941. Morì ad Espelkamp, in Germania, il 27 marzo 1958. 75 Non esiste nel testo originale alcun elemento che permetta di capire di quale corpo volontario si parli, specie considerando che lo erano tutti. Potrebbe essere quello di von Diebitsch, ma è tutto da vedere. 76 La Deutsche Legion – Legione tedesca – era recente, perché nata il 25 agosto 1919 a Mitau dalla II Brigata di Fanteria della 1ª Divisione di riserva della Guardia dell’8ª Armata, impiegando pure uomini della Landeswher Baltica. In origine era stata un’unità della territoriale, il Reggimento Baltenland, al comando del maggiore barone von Huene, ed aveva incluso i Corpi Franchi von Medem, Petersdorff, Khaynach e Jena e la batteria Löwe. Dopo il rifiuto di Bischoff di lasciare il Baltico con la sua Divisione di Ferro, avvenuto il 23 agosto – il 24 secondo von Salomon – 1919, i militi del Baltenland che decisero di rimanere si unirono in una nuova formazione, alla quale aderirono altri volontari, chiamata Legione Tedesca e posta agli ordini del capitano di vascello Paul Siewert, che aveva comandato un reparto di Jaeger nell’Armata Bianca durante la recentissima Guerra Civile Finlandese. La Legione Tedesca al massimo della sua forza pare abbia allineato 10.000 uomini inquadrati nel Reggimento Baltenland, nei Corpi Franchi von Brandis e Stewer, nella Divisione del barone Walter von Medem, nel Gruppo Artiglieria Jena su tre batterie, nel Battaglione d’Assalto del Baden, nel Corpo di Ricognizione austriaco, nel 426° Stormo d’aviazione e nello Stormo da caccia del tenente von Sachsenberg. In realtà la struttura, come sanno gli esperti della materia, non era così semplice, perché ogni singolo Corpo Franco aveva o poteva avere un proprio reparto d’artiglieria e uno di cavalleria e/o delle unità speciali, per cui la Legione nel suo insieme aveva tre squadroni di cavalleria, appartenenti ai corpi franchi Baltenland, von Brandis e von Weickhmann; una batteria e cinque sezioni – “Abteilung” – d’artiglieria, che in realtà non erano tali, ma dei gruppi su due o tre batterie. In sostanza, dato il tipo di reparti da cui era composta, la Legione era un piccolo corpo d’armata, numericamente pari solo a una divisione di fanteria, ma molto ben organizzata, con un treno blindato, un reparto aereo, uno di ricognizione, uno d’assalto ed uno d’autoblindo, più tutti i servizi. C’è una grossa difficoltà quanto alla sua consistenza: secondo il mese considerato, i suoi reparti aumentano o diminuiscono, appaiono e scompaiono e, data la loro vita brevissima e travagliata, la loro frammentazione e la violenza degli scontri a cui parteciparono, occorrerebbe fornirne la forza giorno per giorno, ma anche così non si sarebbe sicuri dei numeri.
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trasporto di 1.000 uomini ogni tre giorni. Poi offrì un primo contentino: poiché alla Commissione i rappresentanti baltici avevano parlato di ben sedici uffici di reclutamento in tutta la Germania, per alimentare i Corpi Franchi del Baltico, Hopman annunciò che il Governo ne aveva avuto notizia – finalmente – ed aveva impartito ordini perché fossero chiusi, facendo arrestare diverse persone. Subito seguì un apparente atto di buona volontà, il quale mascherava – si sarebbe visto poi – l’ennesimo trucco. L’Ammiraglio tornò sull’argomento del trasporto in Germania delle truppe, affermando che sarebbero state dirette ai luoghi di smobilitazione e negò l’esistenza di grandi concentramenti di forze nella Prussia Orientale. Niessel, impassibile, chiese dati precisi. Dov’era il trucco? Nella parola “truppe”: per gli Alleati erano tutti, per i Tedeschi solo i loro regolari, non i Corpi Franchi e non i Russi e per due motivi: ritirando pure quelli, sarebbe venuto a mancare il mezzo più utile a procrastinare la presenza tedesca nelle tre Repubbliche, inoltre, ad includerli nell’evacuazione, i costi di trasporto e mantenimento sarebbero stati più alti. L’indomani le due parti non si incontrarono e la Commissione ne approfittò per esaminare la situazione dei reparti di Bermondt-Avalov e poi parlare coi rappresentanti baltici. Bermondt, scoprirono, avrebbe voluto restare nell’orbita russa, ma era stato circuito dai baroni baltici, i quali erano germanofili e volevano conservare le loro terre. Potevano riuscirci valendosi di lui? Sulla carta forse si. Aveva da 9 a 12.000 uomini con 30 batterie da campagna su quattro pezzi l’una, più altri 20 pezzi da 150 millimetri, cioè un parco d’artiglieria di 140 pezzi, sostenuto da 120 aeroplani. Ora, a parte il fatto che non si sapeva quanti pezzi ed aerei fossero efficienti, c’era più di qualche dubbio sulla sua forza: i suoi soldati scarseggiano di vestiario e di danaro, tanto che lui aveva stampato cartamoneta per circa un miliardo di rubli. Era senza valore legale; ma aveva corso ed era cambiata in marchi dagli ebrei, cosicché i soldati mandavano denaro alle famiglie. Due giorni dopo il generale Marietti incontrò l’ex presidente della Duma russa, il Parlamento zarista, Aleksandr Ivanovič Gučkov 77 ministro della Guerra dopo la Rivoluzione di Febbraio, in giro per le capitali d’Europa per la propaganda in favore della ricostituzione della Russia. “Mi espone il solito miserando stato della Russia. L’Intesa non ha potuto fare sinora molto per salvarla, l’Inghilterra è quella che è stata più attiva, sebbene l’indirizzo seguito sia stato molto incostante; la Francia ha fatto poco. Oggi Kolciak (corpo misto di Siberia) è molto lontano; Denikin nell’inverno non potrà eseguire la progettata marcia su Mosca; non resta quindi che operare nella zona occidentale. Ma qui Yudenic (54.000 uomini) è in condizioni disastrose perché, a malgrado delle promesse, l’Inghilterra non ha mandato nel mese di giugno che pochi materiali su tre soli bastimenti. Il mancato concorso delle forze della Finlandia ha pure contribuito alla mal riuscita dell’attacco su Pietrogrado, Bermond non è in condizioni migliori; invitato a cooperare con Yudenic, ha dichiarato di non poterlo fare, perché non ha che 250 cartucce per fucile e 150 colpi per pezzo. Data questa situazione, Gutschkof ritiene che la migliore soluzione da adottarsi rispetto alle forze tedesche che non vogliono ritornare in Germania, sarebbe di autorizzarle a portarsi a fianco di Yudenic contro i bolscevichi. Aleksandr Ivanovič Gučkov, nato a Mosca il 14 ottobre 1862, di madre francese, bisnipote d’un servo della gleba divenuto un piccolo imprenditore laniero e nipote d’un sindaco di Mosca che aveva sviluppato la piccola industria paterna. Fu fratello d’un altro sindaco di Mosca. Studiò filosofia ed economia all’Università di Mosca, soggiornò cinque anni in Germania e nel 1893 divenne membro del consiglio comunale moscovita, rivestendo altri incarichi amministrativi a Nijni Novogord e per la ferrovia transiberiana. Volontario coi Boeri nella Guerra del Sudafrica del 1899-1901 e coi Macedoni contro i Turchi, prese parte alla Guerra Russo-Giapponese come delegato della Croce Rossa. Tenendosi abbastanza defilato durante la seguente rivoluzione del 1905, fondò poi il Movimento Ottobrista, critico nei confronti della sinistra rivoluzionaria e, dopo un primo insuccesso elettorale nel 1906, fu eletto alla Duma nel 1907. Fondato il Partito Progressista nel 1912, nel 1914 fu un interventista e sostenne la guerra a oltranza. Dopo la Rivoluzione di Febbraio divenne ministro della Guerra, ricevé l’atto d’abdicazione dello zar e la rinuncia al trono dello zarevič. Dopo la presa di potere di Lenin decise d’emigrare. Tentò d’appoggiare i Bianchi, ma in seguito alla loro sconfitta si rassegnò e visse in Germania e poi in Francia, dove morì il 14 febbraio 1936. 77
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Osservo che a questo si oppone l’articolo del trattato di pace, che vieta ai tedeschi di prendere servizio in eserciti stranieri; su questo principio l’Intesa non ammette certo discussioni. Su questo argomento ho discusso coi delegati inglese ed americano. Sono entrambi in massima favorevoli; però la Francia è decisamente contraria. Turner ritiene che quando tutti fossimo d’accordo ed anche i tedeschi accettassero, si potrebbe fare la proposta al C.S. – Osservo che, a parte tutte le altre difficoltà, vi sarebbe sempre quella dei rifornimenti, che, dato l’armamento, dovrebbe essere fatto dai tedeschi. In sostanza tale proposta potrà essere esaminata soltanto quando si vedano vani gli sforzi per fare entrare in Germania le truppe ribelli.”XL Rebus sic stantibus, il valore bellico delle truppe di Bermondt era minimo, checché ne dicessero i Tedeschi, ed esse potevano servire si e no per far loro il favore di continuare ad occupare i Paesi Baltici, dai quali non intendevano andarsene per un altro buon motivo: i viveri; il raccolto del 1919 era stato straordinariamente abbondante nelle province baltiche e loro ne stavano facendo man bassa, specie in Lituania, per mandarlo in Germania. Tornando alla riunione del 9 novembre, rivolgendosi ai rappresentanti degli Stati Baltici, Niessel fece presente che il compito suo e della Commissione non era politico, però era utile che le popolazioni seguissero una politica moderata, per non portare alla disperazione i baroni baltici, i quali avrebbero istigato sempre di più sia i singoli Corpi Franchi sia i Russo-Tedeschi nel loro insieme, rendendo tutto più difficile se non impossibile. I membri della Commissione infatti sapevano, ma si guardavano bene dal dirlo, d’avere i giorni contati: una volta ratificato il Trattato di Pace, non avrebbero più avuto alcun mezzo di pressione militare, perciò dovevano raggiungere il loro scopo prima della fine dell’anno, in due mesi scarsi; ecco perché era così importante ammorbidire il fronte germanico. Non era facile. Nel giro di opinioni che seguì, il rappresentante lituano disse che si era tentato un modus vivendi, ma con poco risultato e non si riuscivano a mandar via i funzionari tedeschi. Gli altri osservarono che dall’Estonia sarebbero partiti, mentre in Lettonia ce n’erano pochi e il Lettone: “Dichiara che il governo non intende distribuire terre ai contadini. I Baroni baltici hanno installato nelle loro terre coloni tedeschi, senza autorizzazione del governo, dislocandoli in punti militarmente importanti ed armandoli.”XLI Il 10 novembre la Commissione fu ricevuta dal ministro Noske. Niessel gli espose quanto doveva. “Noske risponde seccamente, dimostrando in fondo il desiderio di finire questa avventura. Non accetta responsabilità per le truppe che sono al di là dei confini. L’Amm. Hopman avrà pieni poteri per trattare a nome del governo, secondo le decisioni che, nel pomeriggio, verranno prese dal Consiglio dei Ministri. Niessel dichiara che all’indomani tali poteri verranno esaminati e, se di soddisfazione, la C. partirà.”XLII Non sembrava un buon inizio. Ci furono parecchie cose che a quanto pare non furono dette e non si sa se e quanto i membri della Commissione ne fossero al corrente. L’indomani, 11 novembre 1919, primo anniversario della resa della Germania, nuova riunione coi delegati tedeschi e nuove parole mielate per nascondere l’opposizione passiva. Hopman aprì le danze con un lungo preambolo sulla necessità di una pace di giustizia, sostenendo d’avere l’impressione che gli Alleati nutrissero ancora troppe prevenzioni su quanto aveva fatto il Governo tedesco nelle Province Baltiche. Occorreva tener presente – affermò – che il Governo, le autorità e l’esercito tedeschi non erano quali l’Europa credeva in base all’esperienza passata. 58
Dire questo a gente che aveva visto Verdun, l’Aisne, le Somme e il Carso, lasciandoci sopra milioni di morti perché Guglielmo II aveva sostenuto l’Austria nel dichiarare guerra era patetico e non poteva funzionare: non c’era più Guglielmo II, ma i suoi generali ed ammiragli si; ed Hopman era uno di loro: si poteva credere che la sconfitta avesse cambiato in lui e nei suoi colleghi in un solo anno una mentalità formatasi nei cinquanta precedenti? Non furono fatti commenti, nemmeno all’affermazione dell’Ammiraglio, fatta come di sfuggita, che le truppe nella Prussia Orientale fossero assai meno di quanto si credeva, addirittura meno del necessario ai bisogni della frontiera. Il Governo tedesco aveva impartito ordini ai comandi di Königsberg e Kolberg perché aiutassero ed assistessero la Commissione; e questo andava bene. Poi si esaminarono i poteri dei delegati tedeschi – Hopman li aveva pieni verso le autorità civili e militari e, nel caso in cui le autorità locali non avessero potuto o voluto obbedire, aveva facoltà di rivolgersi direttamente al Governo – e si decise di partire. E, ovviamente, venne fuori un altro ostacolo: i posti di controllo per i quali dovevano passare le truppe e i convogli di materiali in ritirata, dimostrando di non portarsi via più di quanto consentito. “Hopman chiede che non vengano stabiliti in territorio tedesco, perché ciò potrebbe produrre reazione da parte della popolazione. Niessel risponde che Hopman poco prima ha dichiarato di non poter assumere la responsabilità della sicurezza, se non su territorio tedesco. Ad ogni modo il controllo è imposto dagli ordini delle Potenze alleate. Hopman ripete che assume la responsabilità per la sicurezza della C., ma non può farlo per i distaccamenti di controllo isolati; bisogna tener conto dello spirito fiero delle popolazioni di confine, che insorgeranno alla comparsa di agenti stranieri. Niessel dichiara che lo stabilire posti di controllo è fuori discussione. D’altra parte il controllo è stato chiesto dallo stesso governo tedesco; fra poco di commissioni di controllo ve ne saranno dappertutto e non manca il tempo per preparare le popolazioni. Neppure è accettabile la richiesta di Hopman che gli agenti di controllo vestano in borghese, perché così sarebbero più facili gli incidenti.”XLIII Finito? Neanche per idea! Tolto un ostacolo, eccone un altro: l’espulsione dai Paesi baltici degli agenti e funzionari tedeschi. Hopman obiettò: “La richiesta di farli partire non è prevista dal trattato di armistizio.”XLIV Niessel ribatté: “E’ inutile insistere perché si chiede l’allontanamento in base al diritto internazionale, che i governi hanno di accettare soltanto le persone gradite. Avverte una volta per tutte che è inutile presentare domande o prospettare questioni giuridiche; la C. ha un compito nettamente definito, che eseguirà.”XLV Terminato pure questo scontro, la Commissione partì in treno per Königsberg. L’antica città anseatica in cui arrivò alle 14 del 12 novembre 1919 aveva allora 260.000 abitanti, era la capitale della provincia di Prussia, comprensiva delle due Prussie orientale ed occidentale e sarebbe stata rasa al suolo prima dai quattro mesi di bombardamenti e combattimenti fra Sovietici e Tedeschi dal gennaio all’aprile 1945, poi dalle demolizioni ordinate da Leonid Bréžnev, alle quali sarebbe scampata a stento quasi solo la cattedrale, ma non il castello. Nel pomeriggio di quel giorno di novembre però Königsberg era ancora una città tedesca, vecchia di secoli, nelle cui vie aveva passeggiato Kant, da dove era partita la riscossa prussiana contro i Francesi nel 1813 e che ignorava che dopo il 1945 di Tedeschi non ne avrebbe ospitati più.
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Poco dopo l’arrivo la Commissione salì al castello dell’Ordine Teutonico per incontrare i vertici militari e civili della provincia: il generale von Estorff,78 già comandante dell’8ª Armata tedesca ed ora del Reichswehr Kommando n. 1, e il signor August Winnig, “alto presidente”, cioè Presidente superiore, per la Prussia Orientale. 79 Le scintille scoccarono subito. Marietti definì Estorff nel suo diario “un rudero manifestamente nelle mani del capo di stato maggiore”, il quale capo di stato maggiore, da lui esattamente inquadrato come un “altro tipo di perfetto prussiano altezzoso, decorato dell’ordine Pour le mérite”, era il maggiore Werner barone von Fritsch, 80 che di lì a meno di vent’anni sarebbe divenuto il comandante della Wehrmacht. Estorff aveva compiuto sessant’anni, ne aveva da vivere altri ventiquattro ed era tutt’altro che un rudere, ma c’erano troppi ingranaggi strani in movimento in quel periodo e, mentre un maggiore si può sacrificare facilmente e recuperare altrettanto facilmente, come in questa vicenda avvenne a von Fritsch, lo stesso non succede ai generali, per cui, specie in quel momento e con quanto c’era in ballo, gli era più conveniente apparire un rudere e tacere. Fece fare tutto a Winnig, il quale, “con tono molto duro, dice di essere stato rappresentante tedesco nell’inverno scorso per arrestare l’avanzata bolscevica, che nel febbraio 19 era giunta a 36 km dal confine. 78
Ludwig Gustav Adolf nobile von Estorff nacque ad Hannover il 24 dicembre 1859. Dopo la Kadettenschule di Berlino iniziò la sua carriera da ufficiale nel 1878. Tenente nel 1887, promosso capitano nel 1893, l’anno dopo fu destinato all’Africa Orientale Tedesca, venendo trasferito nel 1901 in quella Sud Occidentale, dove partecipò alla sanguinosa serie di campagne contro gli Herero. Tornò in Germania col grado di colonnello nel 1911. Generale di brigata nel 1912, nel 1915 ebbe un comando di divisione e nel 1916 fu promosso tenente generale. Combatté sui fronti occidentale e serbo, poi fu destinato al Baltico. L’8 dicembre 1918 ebbe il comando dell’8ª Armata e delle truppe tedesche nel Baltico. Nel febbraio del 1919 fu nominato governatore di Königsberg e comandante del I Comando Territoriale. Coinvolto nel colpo di stato di Kapp, fu messo a disposizione nel 1920. Morì il 5 ottobre 1943 a Uelzen. 79 August Winnig nacque il 31 marzo 1878 a Blankenburg da una famiglia povera. Membro dal 1896 del Partito Socialdemocratico, presto si diede al giornalismo ed al sindacalismo, divenendo nel 1913 il capo dell’associazione sindacale dei lavoratori edili. Membro eletto del Landtag d’Amburgo, nel 1917 fu nominato commissario imperiale per la Prussia Orientale ed Occidentale e ministro plenipotenziario per le province baltiche. In tale veste firmò il 26 novembre 1918 il riconoscimento del Governo provvisorio lettone, ma differì il più possibile il ritiro delle truppe tedesche e favorì l’insediamento dei Corpi Franchi, ai cui uomini promise terre e proprietà, coll’intento di creare uno Stato baltico-germanico. Nominato Presidente Superiore della Prussia Orientale dal Governo tedesco nel gennaio 1919, cercò di creare uno stato autonomo nel Baltico comprendente Estonia, Lettonia, Lituania e le due Prussie Orientale ed Occidentale. Fallito il suo progetto, sostenne il colpo di stato di Kapp del 13 marzo 1920 e per questo fu rimosso dall’incarico ed espulso dall’SDP. Passato ai conservatori, rifiutò di aderire al Partito Nazista, di cui però vide favorevolmente l’avvento al potere nel 1933, pur se con crescenti prese di distanza man mano che il tempo passava. Morì a Bad Nauheim il 3 novembre 1956. 80 Werner Thomas Ludwig, libero signore (equivalente a barone) von Fritsch, nacque a Benrath il 4 agosto 1880. Figlio d’un generale, nel 1898 entrò come cadetto nel 25° Artiglieria da campagna dell’Assia dell’esercito prussiano. Sottotenente il 27 gennaio 1900, nel 1902 fu ammesso alla Scuola d’Artiglieria e Genio e nel 1903 fu nominato aiutante di campo del I Gruppo del suo Reggimento. Fece domanda d’ammissione alla Scuola di Guerra e ne uscì il 20 luglio 1910, addetto in prova allo Stato Maggiore e poi confermatovi stabilmente l’anno successivo. Nella Grande Guerra prestò servizio negli stati maggiori di varie divisioni e corpi d’armata, incluso il VI di Riserva. Ferito alla testa, ebbe le due classi della croce di ferro e la croce di cavaliere dell’Ordine della Casa di Hohenzollern con spade. Terminata la guerra nello stato maggiore del VI Corpo d’Armata di Riserva, Fritsch, ora maggiore, fu accettato nella ridotta Reichswehr del tempo di pace e restò inizialmente alle dipendenze di von Eberhardt nel VI Corpo. Dopo il Baltico comandò un Gruppo del 5° Artiglieria e il 5 febbraio 1923 fu promosso tenente colonnello. Capo di stato maggiore della 1ª Divisione dal 1° aprile 1924, nel 1926 fu nominato capo Ufficio truppe nel Dipartimento dell’Esercito al Ministero della Guerra e il 1° marzo 1927 promosso colonnello. Nel 1928 venne posto al comando del 2° Artiglieria. Il 1° novembre 1930 fu nominato maggior generale e nel 1931 comandò la 1ª Divisione di Cavalleria, poi nel 1932 la 3ª Divisione di Cavalleria e in seguito la III Circoscrizione Militare. Dopo l’avvento di Hitler, von Fritsch, nel gennaio del 1934, fu nominato capo del Comando dell’Esercito dal presidente von Hindenburg, nel giugno 1935 comandante in capo dell’Esercito e il 20 aprile 1936 colonnello generale. Allontanato dai vertici militari con delle accuse false dopo aver manifestato il suo dissenso nei confronti dei piani di guerra di Hitler, fu in seguito riabilitato ma non ebbe più alcun comando da generale. All’inizio della Seconda Guerra Mondiale, essendo comandante titolare del 12° Artiglieria, andò con esso al fronte e il 22 settembre 1939 fu mortalmente ferito in un combattimento nel quartiere Praga di Varsavia. Hitler non partecipò ai suoi funerali di Stato e ai giornali la notizia fu permesso darla su una sola colonna e in seconda pagina.
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Nella sala dove sediamo, ancora nel mese di marzo, siedeva il consiglio dei marinai, che tenevano relazioni dirette coi comunisti lettoni e coi soviet. QUANDO NEL LUGLIO VENNE DAL GOVERNO L’ORDINE DI SGOMBRO DELLE P.B. EGLI PROPOSE LA COSTITUZIONE DI UNA NUOVE FRONTE AL DI LA’ DELLA FRONTIERA. IL GOVERNO NON ACCETTO’, MA CONFERMO’ L’ORDINE DI SGOMBRO. Ha dato l’ordine, sebbene sia convinto che tristi giorni verranno, quando l’ultimo soldato sarà partito. L’Intesa prende su di se la responsabilità davanti alla storia.”XLVI Niessel reagì come si doveva: la responsabilità del Bolscevismo era del governo imperiale tedesco! – disse. Non menzionò nemmeno il fatto che fosse stato il Governo del Kaiser a far arrivare Lenin in Russia nel 1917, scatenando la Rivoluzione d’Ottobre e un caos di cui allora si vedeva il sanguinoso inizio, ma non si immaginava quanti decenni sarebbe durato e quanti milioni di morti sarebbe costato ai Russi e al mondo. Winnig provò a sollevare un altro problema: coi soldati sarebbero tornati i civili tedeschi o di origine tedesca, cioè da 130.000 a 160.000 persone; non aveva dove metterli e, per risolvere queste difficoltà, chiedeva un margine di tempo maggiore. Niessel fu duro quanto occorreva, rispose: “le autorità militari hanno parlato di 30000, i governi locali di qualche centinaio di persone. A malgrado del ricordo cocente dello stato in cui sono state ridotte le popolazioni francesi, assicura che le popolazioni verranno trattate con ogni riguardo ed umanità. WINIG abbandona la seduta.”XLVII Per Winnig tanta decisione da parte alleata significava la rovina definitiva del suo progetto di Stato indipendente. L’unica possibilità rimastagli consisteva nel protrarre tanto a lungo tutte le operazioni di sgombero da giungere all’entrata in vigore del Trattato di Pace colle truppe ancora nelle Repubbliche baltiche, o almeno in una di esse e, come vedremo, ci provò. Uscito Winnig, Niessel mise sotto torchio Estorff e von Fritsch. Domandò come funzionasse la chiusura della frontiera ed ebbe un po’ di risposte, apparentemente soddisfacenti, in realtà, rivelatrici d’una situazione assai allegra e priva di controlli, quasi sicuramente voluta. La frontiera prussiana era guardata dalla Brigata dei Militärische Grenzschützen, comandati dal generale Ehrharst ad Insterburg. Erano 2.000 militari, divisi in due settori tenuti da un insieme di 17 compagnie di forza tra i 60 e gli 80 uomini l’una, le quali intervenivano solo se chiamate dalla Polizia. La Polizia militare, la Feldpolizei, aveva il comando a Königsberg ed era ripartita fra le quattro circoscrizioni di Gumbinnen, Marggraben, Eydtkuhnen e Haydekun. Aveva un aspetto degno di nota: era composta da ufficiali ex-funzionari di polizia ed ufficiali della riserva; sottufficiali agenti di polizia o volontari del luogo e non aveva gregari, per cui era poco efficace. Niessel chiese se quelle forze dovevano impedire anche i movimenti anormali e nei due sensi: si, dovevano. Osservò che la dislocazione era buona per impedire l’entrata, ma non l’uscita. Allora von Fritsch, che, dai documenti pervenutici sembra aver tenuto un’altezzosa lezione con un contegno da cui appariva chiaro che quattro generali alleati, tutti insieme, non valevano un maggiore prussiano, rispose che i confinari non erano in condizioni di impedire l’uscita. La scarsezza dipendeva dall’esiguità delle forze complessive esistenti in Prussia Orientale, che era di quattro brigate, di cui due con effettivi al di sotto del normale più due brigate in via di scioglimento. Raccontò il caso del distaccamento di Rossbach 81 partito per raggiungere le truppe ribelli. Non si poté fermarlo sulla Pregel, disse, perché non era possibile impegnare una lotta fratricida che 81
Il Freikorps Rossbach è, fra i Corpi Franchi, uno di quelli più determinanti, e forse il più determinante, nella nascita e sviluppo del Nazismo. Fu creato a Graudenz dopo la Grande Guerra dal tenente Paul Wilhelm Gerhard Karl Rossbach (nato a Kehrberg il 28 febbraio 1893 e morto ad Amburgo il 30 agosto 1967, considerato tanto nazista che chi ha fatto la relativa voce su Wikipedia ne ha indicato le date di nascita e di morte con le due relative rune, cioé la classica ᛉ, la Z,
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avrebbe condotto alla rivoluzione della Prussia Orientale, cosicché i militi di Rossbach passarono a Tauroggen, in Lituania. Si cercò di influenzarli anche dopo, per mezzo di ufficiali, ma inutilmente. La magistratura, concluse von Fritsch, aveva iniziato un procedimento, ma, pure se lui non lo disse, chiaramente non sarebbe servito a nulla. Niessel, secco, osservò che Estorff si sarebbe dovuto recare dai ribelli, come lui stesso aveva fatto in due occasioni durate la sua carriera e l’incontro si chiuse. Il problema nevralgico era venuto alla luce: la permeabilità del confine. Se non si riusciva a chiuderlo, sarebbe stato inutile far tornare i militari tedeschi e russi in Prussia Orientale, perché avrebbero trovato sempre la strada aperta per rientrare in Lituania. Cosa fare? La Commissione si riunì e decise di cominciare a ridurre lo spazio di manovra dei Tedeschi. Hopman aveva pieni poteri? Li facesse valere. Non gli obbedivano? Aveva i mezzi per imporsi, fino a chiedere sostituzioni, per cui la Commissione decise di mandare una nota alla Delegazione tedesca, intanto per protestare per il contegno scorretto tenuto da von Fritsch, poi per chiedere di modificare il servizio di vigilanza alla frontiera, insufficiente, come del resto aveva riconosciuto lo stesso von Fritsch; ancora, per domandare se erano stati dati ordini per far cessare i bombardamenti di Riga e gli attacchi di Libau 82 e infine per sapere se e contro quali ufficiali fosse stato provveduto per disobbedienza. Poi fu stilato e spedito il primo rapporto a Parigi e l’indomani, 13 novembre, si discusse un punto importante: era o no il caso di far mandare truppe alleate a Memel? Memel era la città più importante della Piccola Lituania, da secoli tedesca ed incorporata nella Prussia Orientale. Secondo il Trattato di Pace, in attesa di deciderne la sorte, doveva essere lasciata dai Tedeschi ed occupata dagli Alleati: non era il caso d’anticipare la mossa? Turner pose la questione per primo, sottolineando che domandare già allora l’invio del contingente d’occupazione era consentito dall’articolo 118 del Trattato di pace. Cheney, più concreto, riteneva opportuno avanzare la richiesta solo quando si fossero avuti dati sufficienti per indicare al Comando Supremo Interalleato il momento e l’entità delle forze necessarie. Marietti in sostanza l’appoggiò, rimarcando come i tre battaglioni previsti fossero pochi per un’azione qualsiasi e, poiché la decisione doveva esser presa dal Consiglio di Versailles, forse sarebbe occorso molto tempo per averli; perciò, alla fine, la Commissione decise di telegrafare a Parigi domandando di tener pronti sei battaglioni e di farle sapere quanto tempo sarebbe passato dal momento della richiesta a quello dell’arrivo. usata dai Nazisti come simbolo della vita e la stessa, capovolta, usata dalle SS per indicare la morte e messa sulle loro tombe al posto della croce), il quale era un ufficiale effettivo, uscito dall’Accademia berlinese di Gross-Lichterfelde nel 1913 col grado di sottotenente nell’8° Fanteria prussiano e che era tenente alla fine del conflitto. Il Freikorps Rossbach aveva inizialmente il nome di Sturmabteilung (abbreviato in S.A., sigla poi ripresa dai Nazisti per le loro squadre) cioé Sezione d’Assalto Rossbach, la consistenza di una compagnia di mitraglieri e seguì il suo capo nel Baltico come forza di sicurezza confinaria. La mitologia del Freikorps dice che fu l’ultimo reparto tedesco a combattere per la difesa del confine e della civiltà germanica nell‘est contro i comunisti lettoni sostenuti dall’Inghilterra, coprendo con gravi perdite l’ordinata ritirata degli ultimi combattenti baltici – cioé Tedeschi nel Baltico – e che in seguito affrontò una marcia di 1.200 chilometri da Thorensberg, cioé Torņakalns, un sobborgo di Riga, per andare a Berlino, però non dice né quante perdite ebbe, né che gli attacchi lituano-lettoni erano stati sospesi per ordine della Commissione Interalleata, nè che 900 di quei 1.200 chilometri furono fatti nell’amica Germania, né, infine, quanti furono coperti in treno. Dopo il rientro in Germania Rossbach partecipò al Putsch di Kapp nel 1920 e, tre anni dopo, a quella che i neonazisti chiamano pudicamente la Marcia sulla Feldherrnhalle del 1923, cioé al tentativo di colpo di stato di Hitler a Monaco il 9 novembre di quell‘anno, dopodiché fuggì in Austria. Nei primissimi Anni ‘20 era stato un alte-Kampfer, un “vecchio combattente”, com’erano definiti i membri del Partito della prima ora, e un nazista così attivo da essere soprannominato “l’Uomo di Hitler a Berlino”, amico di Röhm e di Göring e attivissimo nelle SA coi suoi uomini. Dopo la presa di potere dei Nazisti nel 1933, si ritagliò una vita tranquilla come ispettore nell’ente della sicurezza del volo, passò indenne attraverso la Seconda Guerra Mondiale e la denazificazione e nel dopoguerra si occupò di assicurazioni. Morì ad Amburgo il 30 agosto 1967. Quanto al suo corpo volontario, per farsene un’idea, oltre a dire che seguì il suo capo in praticamente tutto ciò che fece, dal Putsch di Kapp al colpo di stato hitleriano del novembre 1923, basterà far presente che dalle sue ridotte fila uscirono una quindicina di ufficiali generali delle SS e delle SA ed elencare tre dei suoi membri più noti: Martin Bormann, vice di Rudolf Hess e poi, dal 1941, Reichsleiter e segretario amministrativo del Partito Nazista; Kurt Daluege, Oberstgruppenführer delle SS, colonnello generale della Polizia e capo della Ordnungspolizei; Rudolf Höss, comandante del campo di sterminio di Auschwitz. 82 Liepāja, in Lettonia.
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Già che c’erano, mandarono alla Delegazione tedesca un’altra nota, chiedendo sia lo stato di fatto in materia d’aeroplani e sia, basandosi sull’articolo 198 del Trattato di pace, d’impartire ordini per vietarne l’impiego, specialmente per le comunicazioni tra la Germania e le Province Baltiche. Poco dopo, lo stesso giorno, la Commissione incontrò a Tilsit, cioè quasi alla frontiera lituana, la Delegazione tedesca, a cui si erano aggiunti il tenente generale von Eberhardt e vari altri funzionari. Hopman, resosi ormai conto d’aver a che fare con degli ossi duri, specie nel caso di Niessel, cominciò collo spargere olio sulle acque in tempesta e cercò di giustificare von Fritsch, sostenendo che i Tedeschi non comprendevano il francese perciò, quando udivano un tono forte di voce, ritenevano trattarsi di cose offensive e si irrigidivano; di conseguenza pregava i membri della Commissione di tener conto dello stato d’animo degli ufficiali tedeschi e di astenersi da argomenti diversivi, chiaro riferimento ai due casi personali di Niessel fra le truppe ribelli. Venendo all’argomento dell’incontro, Hopman disse che il generale Bischoff, comandante della Eiserne Division, la Divisione di Ferro, aveva risposto d’aver trasmesso l’invito al comando dell’armata russo-occidentale. A proposito delle operazioni su Riga e Libau, l’Ammiraglio si richiamava a quanto era detto nel fascicolo dato a Berlino, cioè in sostanza all’affermazione che “il Governo tedesco aveva fatto quanto poteva.” Ad ogni modo avrebbe – promise – inviato un telegramma a Bermondt per informarlo della ferma decisione dell’Intesa e pregarlo, nell’interesse della Germania, di astenersi da ogni atto pregiudizievole. Con questo si venne a von Eberhardt. Fu praticamente un’inchiesta e fu pure una trappola, stavolta da parte alleata: la Commissione lo fece parlare per esaminarne poi con calma le affermazioni e rivoltargliele contro in futuro, punto per punto, sfruttando ogni appiglio. Eberhardt disse che l’incarico ricevuto era: portare al di qua della frontiera le truppe fedeli; cercare di far tornare quelle tedesche passate ai Russi; sgomberare la popolazione desiderosa di rimpatriare. Questo non era ciò che volevano a Versailles. Non si trattava di cercare di far rientrare in Germania chi lo voleva, ma d’imporre il rientro a tutti i Tedeschi, militari e civili, ed ai loro dipendenti; però per il momento la questione non fu sollevata e si lasciò proseguire von Eberhardt, che aggiunse: “Le truppe fedeli sono tutte ritornate, ad eccezione di ferrovieri rimasti per ordine dell’Intesa. Dalle truppe ribelli ottenni, dal 10 ottobre, data della mia assunzione di comando, che mi seguissero circa 3000. Il 5 novembre, in un colloquio con varie personalità, offersi la seguente soluzione: il governo russo occidentale esprime il desiderio di sottoporsi alla protezione tedesca e le truppe promettono fedeltà. Il 6 novembre Bermond trasmise un telegramma: In nome del governo russo occidentale; le truppe hanno il compito di combattere il bolscevismo; le speranze nell’Intesa sono state illusorie. Ero pronto a marciare quando gli Inglesi di Riga hanno gettato i Lettoni contro di me. Se a questo si volessero ancora aggiungere le misure minacciate, vi sarebbero da attendere le cose peggiori per la causa antibolscevica. Se io ripiegassi, l’anarchia si impadronirebbe delle Province e di altro ancora. Non vi è che da combattere.”XLVIII A parte la chiusa propagandistica colla solita evocazione del caos e della rivoluzione, fin qui tutto andava bene; ma von Eberhardt si era già messo il cappio al collo, raccontando d’aver offerto a Bermondt di prendere sotto la protezione tedesca il governo russo-occidentale in cambio del giuramento di fedeltà da parte delle sue truppe. Lasciandolo continuare, la Commissione lo sentì avanzare alcune proposte:
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garanzia delle basi militari di Riga, Libau e Rejitza; 83 disponibilità della linea Riga = Dünaburg;84 garanzia di tranquilla amministrazione dei territori di queste basi sotto controllo interalleato e partecipazione dei consigli occidentali; piena autonomia della Lettonia; ministero di coalizione senza Ullmanis; 2/3 di Lettoni; disarmo dell’esercito lettone. Sola esistenza di una polizia mantenimento delle formazioni tedesche combattenti nella armata russo occidentale (Eiserne division, deutsche Legion, gruppo Plehwe) garanzia di vettovagliamento, soldo, libertà di ferrovie e del mare.”XLIX
Accettandole, la Commissione avrebbe cristallizzato il dominio tedesco sulla Lettonia e implicitamente pure sulla Lituania, posta com’era fra la Lettonia in mano tedesca a nord e la Prussia Orientale a sud. Niessel, tranquillo, non fece commenti, non era ancora il momento. Accettò copia del telegramma solo come informazione da parte di Hopman e di Eberhardt, poiché – rimarcò – l’Intesa non riconosceva né Bermondt, né Pahlen85 ed osservò pianamente che, quando Bermondt aveva ricevuto dagli Inglesi un tratto di fronte antibolscevico, non solo non c’era andato, ma aveva attaccato i Lettoni e bombardato Riga. Von Eberhardt non raccolse l’osservazione, riprese a parlare e raccontò che, visti così fallire gli sforzi, non gli era rimasto che eseguire l’ordine di ritirarsi e l’aveva fatto, avvertendo il Governo tedesco di preparare il materiale ferroviario per evacuare i civili e lasciando un ufficiale di collegamento a Mitau.86 A suo avviso le forze Russo-Tedesche avevano contro da 6.000 a 10.000 lettoni e in tutto il teatro lettone assommavano a 49.000 tedeschi e 10.000 russi, con 160 cannoni leggeri, da 50 a 60 cannoni pesanti e da 40 a 50 aeroplani. La maggior parte delle forze era schierata contro Riga; ma sarebbero stati poi forniti dati più precisi. Fino all’11 novembre erano rimpatriati in Germania circa 25.000 uomini inquadrati, più altri 5 o 6.000 isolati. Per i movimenti ferroviari c’erano in tutte le Province Baltiche 110 locomotive e circa 1.000 vagoni in movimento; ma nessun parco vagoni. Infine occorreva ricordare che durante la guerra erano stati costruiti parecchi tronchi, per i quali non era da calcolare la dotazione di materiale rotabile. Niessel si disse d’accordo – il che non voleva dir nulla – e, vista la manchevolezza del servizio di vigilanza alla frontiera, chiese a von Eberhardt se non fosse possibile modificare la dislocazione delle truppe che lo controllavano, alleggerendo il tratto corrispondente alla Polonia; ma, sentendosi rispondere di no, ribatté con aria meditabonda che allora sarebbe stata l’esperienza ad indicare le modifiche da apportare. Eberhardt concluse affermando di considerare la propria missione finita. A questo punto nel diario di Marietti, immediatamente di seguito alla dichiarazione di Eberhardt, appare la seguente frase “Ma, dato il principio della responsabilità del governo e del popolo tedesco, l’opinione della commissione è tutt’altra.” Non è chiaro se fu detto apertamente ai Tedeschi o solo scritto da Marietti in seguito, però io propenderei per la seconda ipotesi, perché non c’è traccia di reazione a queste parole da parte di nessuno dei Tedeschi e Marietti riporta solo due altre frasi, la prima di von Eberhardt, il quale ripeté d’aver finito il compito ricevuto dal Governo tedesco e che il contatto della Commissione con Bermondt avrebbe potuto chiarire la situazione; la seconda di Hopman, secondo il quale il mezzo più efficace era quello di parlare con Bermondt e chiese se l’avrebbe potuto tramite la Commissione. Questo, unito al fatto che Niessel specificò di non poter dare risposte quel giorno, perché occorreva l’autorizzazione dei governi, i quali avevano proibito di parlare con Bermondt, e comunque molto dipendeva dalla buona volontà di Bermondt In Lettone Rēzekne, in tedesco Rositten. Daugavpils, in Lettonia. 85 Alexis Friedrich Leonid conte von der Pahlen, di famiglia lettone, nato nel 1874, fu ufficiale di carriera nell’esercito russo, in cui raggiunse il grado di tenente generale. Dopo la Rivoluzione d’Ottobre si unì ai Bianchi. Dal 1918 servì nella Russia nordoccidentale e nei Paesi Baltici al comando di formazioni bianche agli ordini di Judenič. Morì nel 1938. 86 Jelgawa, in Lettonia. 83 84
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stesso, induce a pensare, visto quanto accadde dopo, che la Commissione fosse ben lieta di ciò che aveva sentito e ritenesse d’aver fornito a von Eberhardt ed Hopman abbastanza corda per impiccarsi colle proprie mani. Restava un punto, chiaro a chi era là allora, un po’ meno ai posteri e di grande importanza per capire il seguito della vicenda: come si usciva dai Paesi Baltici verso la Prussia Orientale? L’Impero Russo a suo tempo aveva costruito due diverse linee ferroviarie divergenti. Formavano idealmente un triangolo, orientato però non da nord a sud, ma da nord-est a sud-ovest, col vertice a San Pietroburgo e i due lati uniti da linee trasversali, parallele alla base ideale. La prima linea verticale, il lato più occidentale del triangolo, collegava San Pietroburgo per Riga a Libau, perciò serviva l’Estonia interna e la Lettonia occidentale. La seconda da San Pietroburgo scendeva a Pskov, Dünaburg87 e Vilna, proseguendo poi per Grodno, Bjelostock e Varsavia e serviva la Russia Bianca, la Lettonia interna, la Lituania e la Polonia. Per quanto riguardava il teatro operativo di quell’autunno 1919, ciò che interessava era che le due linee erano collegate da un primo tronco trasversale da nordovest a sudest, cioè dal porto fluviale di Riga per Jacobstadt88 fino a Dünaburg e, più a sud, da un secondo tronco trasversale, da nordovest a sudest, dal porto marittimo di Libau per Schawli89 a Vilna. Il collegamento colla Prussia Orientale era limitato a due linee. Da Königsberg – sotto la base del triangolo ferroviario russo – infatti usciva verso i territori un tempo russi, cioè verso est, una sola linea, che ad Insterburg si divideva in due tratte: una proseguiva ad est, passava da Gumbinnen, varcava la frontiera e raggiungeva prima Kowno e poi Vilna; l’altra da Insterburg girava di 90 gradi a nord e, correndo sul territorio tedesco della Piccola Lituania, piegava verso il mare e raggiungeva Tilsit e Memel. 90 Fra il 1902 ed il 1919 era stato realizzato un terzo tronco intermedio – l’altezza del triangolo ferroviario – che da Tilsit in direzione nord-nordest traversava la Lituania verso la Lettonia e toccava prima Tauroggen, 91 poi Schawli, dopo Mitau e infine Riga; in più erano state collegate Memel e Libau. Il centro di tutto, il crocevia della linea verticale dal nord alla Prussia Orientale con quella orizzontale dal Baltico a Vilna era Schawli: persa quella, perso tutto. Per tornare in Prussia Orientale in treno, i Tedeschi, i Russi e i Corpi Franchi non avevano molta scelta: se erano sulla costa dovevano scendere per la linea da Libau a Memel, ma in tutti gli altri casi usare la Riga–Schawli–Tauroggen–Tilsit, per cui per loro tenere Schawli era vitale, come prenderla lo era per i Lettoni ed i Lituani se volevano imbottigliarli. L’alternativa era il movimento su strada, ma non era delle migliori. Le strade d’allora non erano asfaltate, dunque in un periodo di pioggia reggevano male il passaggio di parecchi mezzi pesanti, come i carri o i pochi autocarri delle salmerie militari dell’epoca, il cui impantanamento era frequente. Anche senza impantanamenti, su strada la velocità sarebbe stata comunque bassa: le truppe affardellate potevano marciare a circa 4 chilometri orari e, poiché la velocità massima d’un convoglio è uguale alla velocità massima del suo componente più lento, questo significava che tutte le colonne avrebbero potuto avanzare a quella velocità e non di più, anzi, considerando il tempo necessario a far colazione, smontare il campo, marciare, fermarsi per il pranzo, ripartire, rimontare il campo la sera, cenare e dormire, era plausibile che i loro spostamenti non eccedessero i 20 chilometri nelle 24 ore e magari meno. Erano ritmi piuttosto lenti – come del resto tutto in un’epoca in cui un merci viaggiava di solito a 20 all’ora e un espresso sugli 80 – e rendevano preferibile l’uso della ferrovia: il treno copriva in un’ora quanto si sarebbe fatto in una giornata di marcia, per cui era meglio far camminare i soldati fino alla ferrovia più vicina e poi imbarcarli sui treni: a parità di tempo se ne spostavano di più e con minor fatica; ma implicava ancora una volta la necessità di mantenere in funzione le ferrovie e di conservare libere ed aperte al traffico Šiauliai in primo luogo e poi Tauragė e le altre stazioni sulla linea di Tilsit; e questo era uno dei problemi principali da risolvere per la Commissione. 87
Daugavpils, in Lettonia Jēkabpils, in Lettonia. 89 Šiauliai, in Lituania. 90 Klaipeda, in Lituania. 91 Tauragė, in Lituania. 88
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Capitolo VII L’inizio dell’evacuazione e la travolgente offensiva lettone
Per agire con efficacia, alla Commissione mancava ancora una cosa: il contatto diretto coi governi delle tre Repubbliche baltiche. Data la situazione del teatro operativo lettone e lituano, non era il caso di rischiare viaggi. Hopman aveva detto apertis verbis di non poter garantire la sicurezza della Commissione oltre il confine tedesco e quella era ad un tempo un’ammissione e una minaccia, per combattere la quale non era ancora venuto il momento. Occorreva mettere a punto alcuni particolari e, soprattutto, era necessario accordarsi coi Lettoni ed i Lituani, i più diretti interessati alla partenza dei Tedeschi e i più delusi dal nulla concluso dalla missione britannica precedente. Al di là della cortesia e del rispetto dovuto loro, la visita ai due governi era dunque importantissima, però difficile da fare. Arrivare a Riga in quel momento era possibile solo per mare, ma l’assenza dalla Prussia Orientale sarebbe stata lunga e sicuramente deleteria: in mancanza della Commissione quanti Tedeschi avrebbero passato ancora il confine verso nord senza opposizione da parte delle autorità militari e civili? Kaunas invece era vicina, si poteva raggiungere in treno, avere tutti i colloqui necessari e rientrare a Tilsit in quarantotto ore. Partirono il 14 novembre e andò benissimo. Alla stazione di Kaunas furono ricevuti dal presidente del consiglio dei ministri Galvanauskas,92 e dal ministro della Guerra; poi incontrarono il presidente della Repubblica Smetona.93 L’indomani ebbero una lunga riunione coi vertici della Repubblica. Qualsiasi argomento trattassero, i Tedeschi c’entravano sempre e, se non erano loro, erano i Russi. 92
Ernestas Galvanauskas, nato a Zizonys il 20 novembre 1882, si diplomò al ginnasio di Mintauja nel 1902. Interessatosi alla politica, fu uno dei fondatori dell’Unione dei Contadini Lituani e aderì al Partito Democratico. Prese parte alla Rivoluzione russa del 1905. Nel 1912 si laureò a Liegi in ingegneria mineraria, aggiungendovi un diploma di perito elettrotecnico nel 1913. Prima della Grande Guerra lavorò in Serbia per un consorzio di banche francesi. Nel 1919 organizzò l’ufficio stampa lituano a Parigi e fece parte della missione lituana al Congresso di Pace. Più volte al governo, fu ministro delle Finanze, del Commercio ed Industria della Lituania nel V Gabinetto lituano dal 10 luglio 1919 al 19 giugno 1920. Da quella data assunse il portafoglio dei Trasporti delle Comunicazioni nel VI Ministero fino al 2 febbraio 1922, quando, nel VII Gabinetto, divenne presidente del Consiglio e ministro degli Esteri, mantenendo entrambe le cariche pure nei successivi due governi fino al 18 giugno 1924. Ambasciatore a Londra dal 1924 al 1927, al rientro in patria fu per un anno presidente del consiglio d’amministrazione del porto di Memel/Klaipeda. Nel 1934 divenne il primo rettore dell’Istituto per il Commercio di Klaipeda e lo rimase fino al 1939, anno in cui tornò al governo in novembre e fino al giugno del 1940, prima come ministro delle Finanze e poi dei Trasporti. Dopo la Seconda Guerra Mondiale e l’invasione sovietica, dal 1946 presiedé il consiglio Esecutivo del Comitato di Liberazione della Lituania. Morì in Francia, ad Aix les Bains, il 24 luglio 1967. 93 Antanas Smetona, nato a Uzulenis il 14 agosto 1874, diplomatosi a San Pietroburgo nel 1897, si laureò in legge nel 1902. Nel frattempo aveva iniziato un’intensa attività irredentista, incentrata sul ritorno alla lingua lituana, il cui uso era severamente vietato dalle autorità russe. Nel 1902 si trasferì a Vilna e cominciò a lavorare in banca. Aderì al Partito dei Democratici di Lituania e si diede anche al giornalismo. Durante la Grande Guerra fu prima vicepresidente e poi presidente del Comitato centrale della Società di Soccorso lituana. Nel 1917 partecipò alla conferenza di Vilnius e fu eletto presidente del Consiglio di Lituania, veste in cui il 16 febbraio 1918 firmò l’atto d’indipendenza della Lituania. Fra il dicembre 1918 e il marzo 1919 risiedé principalmente in Germania e in Scandinavia, cercando appoggi alla causa dell'indipendenza, ottenuta il 4 aprile 1919. Il Consiglio di Stato della Lituania lo nominò primo presidente della Repubblica, ma il 19 aprile 1920 l’assemblea costituente elesse a succedergli Aleksandras Stulginskis. Dal 1921 Smetona si dedicò al giornalismo. Commissario di Memel/Klaipeda da 20 febbraio 1923, si dimise per disaccordi col primo ministro Galvanauskas. Sempre molto attivo in politica e nell’associazionismo patriottico e noto in tutto il Paese, fu uno dei promotori del colpo di stato del 1926, in seguito al quale tornò presidente della Repubblica, sviluppando un regime autoritario che entrò pienamente in vigore a partire dal 1929. Governò fino al 15 giugno 1940, quando i Sovietici occuparono il Paese e lui partì per la Germania. Trovato rifugio in Svizzera, passò in Portogallo, da lì in Brasile e fino negli Stati Uniti, dove morì la notte del 9 gennaio 1944 nell’incendio della propria abitazione a Cleveland, incendio che si sospettò, senza poterlo provare, appiccato da agenti dell’NKVD.
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“15 novembre Riunione col Governo Agenti tedeschi. Esistono 11 agenti di una commissione per la consegna del materiale ferroviario, che nulla fanno; 50 persone diplomatiche, mentre a Berlino i Lettoni 94 non ne hanno che 10; alcuni individui di un bureau de presse, che sono agenti informatori. Si decide che siano fatti partire nella giornata stessa. Il governo manda la lettera ed effettivamente partono quasi tutti. Il territorio compreso tra le due linee ferroviarie Prekuln Bajohren e Schauli Tauroggen,95 che deve essere sgomberato dai Tedeschi, è già diviso in 21 circondari con a capo funzionari da cui dipendono l’amministrazione e la polizia. V’è inoltre la divisione in comuni. Vi è quindi la sicurezza che, partiti i T., il funzionamento sarà garantito. In gennaio avranno luogo le elezioni in base ad una legge votata dalla Duma. Accuse ai Tedeschi: propaganda bolscevica; violenze e saccheggi, di cui presentano una nota. Ferrovie. Presentano i dati, da cui risulta che in mano dei T. sono ancora 440 km. il personale è al completo. Manca assolutamente il carbone e scarseggiano i grassi. Depositi di Schawli.96 Nel giugno scorso vi erano mezzi per circa 30000 uom. per un anno; da allora sono diminuiti per invii a Mitau.97 A un dipresso ve ne saranno 40 vagoni.”L Questo significava che i Tedeschi controllavano quasi completamente la rete ferroviaria lituana, dunque erano in grado d’alimentare il fronte lettone quanto volevano, come avevano fatto nel corso dell’estate, attingendo ai magazzini di Schawli per rifornire le truppe intorno a Mitau. Per di più, quando fosse incominciata, la ritirata tedesca si sarebbe svolta su una rete controllata da loro e dunque pressoché impossibile da sorvegliare dai non Tedeschi: gli Interalleati erano poche decine, i Lettoni erano lontani e i Lituani non più di 10.000, di cui due terzi immobilizzati sui fronti polacco e bolscevico, pur se, nonostante tutto, animati da una gran voglia di battersi. La Commissione consigliò loro di stare tranquilli, ma in guardia, per esser pronti a cadere sulle spalle dei Tedeschi o sui loro magazzini. Poi arrivò un primo segnale: l’accordo fra Bermondt ed Eberhardt, ma cosa implicava? Nel dubbio, si agì con circospezione. “Sottomissione di Bermond ad Eberhard: è annunciata da un telegramma di Hopman. Se ne dà comunicazione a Parigi. Si avvertono i Lettoni a raddoppiare la vigilanza. Invio del rapporto a Parigi.”LI L’indomani, 16 novembre, al rientro in Prussia, la Commissione telegrafò a Parigi, esprimendo l’impressione che il Governo lituano fosse abbastanza organizzato amministrativamente, benché militarmente ancora debole; insomma, l’incontro era andato bene: si poteva collaborare. Il 17 Novembre si seppe che von Eberhardt aveva assunto il comando di tutte le truppe russotedesche ed era sicuro d’esserne obbedito; non riteneva probabile la formazione di bande isolate, ma temeva quella di bande di contadini. Stava preparando la ritirata, costituendo un nuovo fronte RigaMitau e gli era necessario l’aiuto della Commissione per fermare i Lettoni, non permettere ai Lituani di attaccarlo in fianco e trovare accantonamenti lungo il percorso del ripiegamento, che sarebbe stato fatto dai Russi insieme ai Tedeschi.
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Il testo originale dice proprio Lettoni, perciò non si capisce se sia un lapsus per Lituani o se faccia davvero riferimento alla consistenza della missione lettone a Berlino. 95 Rispettivamente Priekule-Kretinga e Šiauliai-Tauragė. 96 Šiauliai, in Lituania. 97 Jelgava, in Lettonia.
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L’imminenza della ritirata poneva di nuovo la questione di Memel. 98 Niessel pensava che se ne dovesse chiedere subito l’occupazione da parte delle truppe alleate per garantire la tranquillità da quella parte, però si decise di soprassedere. Seguì la riunione coi delegati tedeschi. Hopman aprì l’incontro di quel giorno a Tilsit sottolineando come la sottomissione di Bermondt a von Eberhardt avesse mutato completamente la situazione. Von Eberhardt era partito per Schawli 99 per rendersi conto dello stato delle cose ed aveva promesso di fare ogni possibile sforzo per condurre indietro tutte le truppe. Era dunque indispensabile la cooperazione della Commissione. Niessel gli esibì la lettera con cui si chiedeva al Governo lituano di sospendere le ostilità. Hopman parlò allora del problema degli accantonamenti e delle bande armate, contro le quali sarebbe stato presumibilmente necessario l’impiego delle armi, al che Niessel gli rispose che, se le truppe avessero marciato riunite ed inquadrate, non avrebbero corso alcun rischio, il contrario sarebbe stato in caso di piccoli distaccamenti di uomini isolati. Dopo aver toccato alcune questioni minori d’interesse lituano, Hopman, cambiò argomento di nuovo e tornò all’evacuazione, per la quale occorrevano, disse provviste di vettovaglie, vestiario, denaro; misure per il controllo alla frontiera; la sospensione delle ostilità, lo stabilimento d’una linea di demarcazione e provvedimenti per tutelare quanti sarebbero rimasti nel paese e i loro beni. Niessel propose di redigere un proclama alle popolazioni, dicendosi sicuro dei risultati da parte lituana, meno da parte dei Lettoni, perché non erano ancora in contatto con la Commissione. Suggerì che comunque le persone più compromesse lasciassero al più presto il paese, perché non se ne poteva garantire la sicurezza. Hopman rispose che sarebbe stata facilitata la loro partenza, poiché avevano interesse ad andarsene. La situazione in Lettonia era più difficile che in Lituania e c’erano correnti bolsceviche. Aggiunse che sarebbe stato grato se la questione dei baroni baltici nei rapporti con la popolazione fosse stata studiata dalla Commissione. Niessel obiettò che, da parte loro, tanto a Parigi quanto a Berlino i Commissari avevano dato dei consigli ai rappresentanti degli Stati Baltici e ora non potevano fare di più, trattandosi d’una questione politica non di loro competenza. Il problema, sottolineò, era piuttosto agrario che bolscevico. I contadini volevano la terra ed i proprietari avevano interesse a cederla dietro giusto compenso per evitare di vedersela togliere violentemente. Hopman era certo che von Eberhardt avrebbe fatto di tutto per neutralizzare le truppe russe di Bermondt-Avalov, ma gli occorreva sapere: cosa ne avrebbe fatto la Commissione? Niessel rispose: “Sono stati chiesti a Judenic agenti per operare la cernita. Le truppe che verranno inviate a Judenic, non dovranno essere in gruppi superiori di un btgl.”LII E la Landeswehr Baltica? Niessel era convinto: “…che essa operi d’accordo con i Lettoni. Circa le preoccupazioni, che per essa avrebbero le truppe ted. la questione verrà studiata sul posto a Riga.”LIII Al momento non si poteva dire di più, perciò Hopman passò ad illustrare le operazioni sul fronte lettone: “Situazione alle 16 del 16. A destra gruppi isolati, che hanno ordine di concentrarsi verso Bausk, 100dove si cercherà di metterli in ordine. La divisione di ferro è a Mitau 101 e sarà difficile ritirarla a sud senza abbandonare la città. Necessità che i Lettoni non
Klaipėda, Lituania. Šiauliai, in Lituania. 100 Bauska, in Lettonia. 101 Jelgava in Lettonia. 98 99
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oltrepassino la linea che garantisce la ferrovia Mitau=Wingau. 102 Le truppe russe sono in ritirata da Riga su Tukhun.103 NIESSEL. Per accelerare l’evacuazione occorre utilizzare le due ferrovie Mitau=Tilsit104 e Prekuln=Memel.105 Le commissioni di controllo hanno modo di risolvere subito gli incidenti. Mitau e Tukhun dovranno quindi essere tenuti dai t. finché sarà necessario. I nodi di Murawievo106 e di Prekul saranno controllati dai T. e dagli Alleati Dovranno pure venire utilizzate le strade ordinarie ad immediata portata della ferrovia. E’ necessario stabilire una linea, che segni il passaggio dal territorio lettone a quello lituano; per semplicità può esser assunta l’antico confine tra i governi. La sicurezza del fascio stradale Schawli=Tauroggen è data dalla convenzione d’armistizio del 30 ottobre tra Tedeschi e Lituani; si ha così un corridoio libero. Materiale. Dev’essere trasportato solo quello facente parte delle truppe. I depositi avrebbero già dovuto essere sgombrati perché le prima intimazioni dell’Intesa datano dal giugno scorso. Il trattato di pace prevede la distruzione del materiale eccedente una certa quantità. Il trasportare in Germania un materiale, che dovrà poi venir distrutto, rappresenta un cattivo affare. Suggerisce una vantaggiosa combinazione, cedendolo ad eque condizioni ai governi locali. Si toglierebbe così anche un incentivo per questi ad atti offensivi tendenti ad impadronirsene.; HOPMAN. E’ favorevole alla proposta; cosa analoga è stata fatta al tempo dello sgombro della Russia meridionale. Agenti tedeschi. NIESSEL ricorda che debbono lasciare il paese. Controllo. Nelle grandi linee: ufficiali alleati accompagnati da rappresentanti dei governi lettone lituano per sostituire i funzionari tedeschi. Quando sarà possibile penetrare in mezzo alle truppe, si spingeranno innanzi i controlli. Questione monetaria. Bisogna ritirare la falsa moneta di Bermond. HOPMAN avverte di aver già mandato due ufficiali di ammin. per i pagamenti.”LIV La Commissione telegrafò al Governo lituano d’ordinare alle truppe di tenere un contegno molto calmo, non oltrepassare la linea d’armistizio del 30 ottobre senza l’autorizzazione della Commissione e di prepararsi a fornire funzionari per prendere in consegna il territorio. Purtroppo erano stati fatti i conti senza l’oste: i Lettoni. Attaccarono e in pochissimo tempo il 18 novembre misero in crisi il dispositivo tedesco: “Offensiva lettone. Giunge notizia che i T. sono stati fortemente attaccati dai L. si invia un telegramma alle missioni di Riga perché intervengano presso il gov. lettone e perché si rechino sul fronte lettone per impedire gravi collisioni. 18 novembre. Il precedente teleg. è stato sospeso, perché è giunta notizia a Turner che i T. hanno pronunciato un forte attacco su Libau. 107 A Tilsit sono passati 600 feriti Telegramma di Bermond ad Hopman, perché ci sia comunicato. Si decide di comunicare a Hopman ancora una volta che non si riconosce Bermond. Non si possono arrestare i Lettoni fin a quando non si abbiano notizie sicure sulla situazione. Proclama alle popolazioni. se ne rimette copia ai del. ted. per le traduzioni.”LV 102
Forse Windau, oggi Ventspils in Lettonia, sulla costa. In Russia. 104 Da nord a sud, da Jelgava in Lettonia a Tilsit – ora Sovetsk – nella Prussia Orientale, attraverso la Lituania. 105 Da nord a sud, da Priekule in Lettonia a Klaipeda in Lituania. 106 Nome imposto dai Russi dal 1901 al 1918 alla cittadina lituana di Mazheik, ora Mažeikiai, non lontana da Kaunas, in onore del generale Muravev, che aveva schiacciato la rivolta polacca del 1863. 107 Liepāja, in Lettonia. 103
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Le novità seguenti arrivarono da von Eberhardt e davano: “…la situazione immutata. Alla destra ancora combattimenti in ritirata. Il cap. di vascello Sievert, 108 cmdt di un corpo di volontari è caduto. Eberhard ha mandato ordine a Plehve di cessare gli attacchi su Libau.”LVI Il 19 la Commissione interalleata partì alle 10,30 per Memel, ci arrivò in due ore precise 109 e nel pomeriggio incontrò la Delegazione tedesca. La prima questione sul tavolo fu lo sgombero. Ammesso che occorressero due o tre giorni per la preparazione dei trasporti, le prime partenze avrebbero dovuto aver luogo il 21 novembre. Data la distanza di 160 km fra la zona di partenza intorno a Mitau110 e il confine della Prussia Orientale, in dieci giorni il movimento poteva essere compiuto. Tenuto conto degli imprevisti si poteva arrivare a quindici e, insomma, entro venti tutto doveva essere finito. Era necessaria una diminuzione di forze subito, perché, se si fossero ritirate tutte insieme, ne sarebbe nata una concentrazione pericolosa per i Lituani. Infine si era considerato l’impiego delle due linee ferroviarie, però, se tutto restava tranquillo dalla parte di Libau, bastava la linea di Tauroggen111 e così la Prekuln-Memel112 poteva già essere ceduta ai Lituani. Hopman annunciò d’aver avuto l’incarico di far eseguire il rimpatrio al più presto possibile e aggiunse che von Eberhardt si era recato a Mitau per quel motivo e sicuramente solo per quello. Inoltre dai rapporti giunti il giorno prima risultava che i capi in sottordine avevano intenzione di obbedire e lo sgombero sarebbe avvenuto tanto più in fretta, quanto più presto si fossero fermate le ostilità da parte dei Lettoni. Appresolo, Niessel, fu ben lieto di poter far spedire dei telegrammi alle missioni inglese e francese in Lettonia per premere sul governo lettone per la cessazione delle ostilità e, quanto a lui, pensava già all’effetto della notizia che l’evacuazione era incominciata. Per di più i Russi se ne stavano andando e insomma tutto pareva andare per il meglio… pareva, ma pareva soltanto. Il 20 Novembre iniziarono le notizie inattese. Per prima giunse una richiesta di permettere l’invio di truppe regolari germaniche – 400 uomini e due pezzi – fatta dalla Delegazione tedesca per guardare il ponte di Lidowiani113 sulla linea da Schawli114 a Tilsit. Si concesse, a condizione di non far loro portare artiglierie, né mitragliatrici pesanti; di fare tutto, sotto controllo alleato e lituano, contemporaneamente alla partenza di un treno di truppe evacuate e purché entro otto giorni si arrivasse allo sgombero completo della linea Prekuln–Memel. Poi la Delegazione tedesca lamentò che i Lituani continuavano ad attaccare qui e là nella regione Schawli-Radziwilicki,115 per cui c’era il pericolo che i trasporti divenissero impossibili e la ritirata non potesse farsi in ordine. Pareva ci fossero azioni pure da Telze 116 e Rossienie117 contro la zona neutra e la ferrovia e si domandava alla Commissione di compiere i passi necessari presso il Governo Lituano; intanto, per assicurare la protezione del ponte di Lidowiani, una parte del distaccamento Nehbel sarebbe stata portata in avanti. Il capitano di vascello Paul Siewert era il comandante della Legione Tedesca. Di ritorno da un’ispezione alla Brigata Krause a Bausk, fu ucciso da un civile lettone vicino a Zoden il 16 novembre 1919. 109 La distanza fra le due città è di 98 chilometri. 110 Jelgava, in Lettonia. 111 Tauragė in Lituania; la linea ferroviaria è quella da Tilsit a Šiauliai, fra le quali Tauragė è più o meno a mezza strada. 112 Priekule – Klaipeda. 113 Costruito inizialmente in legno dai Tedeschi sulla linea Tilsit-Lidowiani-Radzwilicki, (cioè Tilsit-Lyduvėnai-bivio Šiauliai/Radviliškis) per traversare il Dubysa – in tedesco Dubissa - durante la guerra fra il 1915 e il 1916, il ponte di Lidowiani/Lauksargiai, poi rifatto in muratura e ferro, lungo 770 metri ed alto 40, era considerato uno dei più importanti costruiti su tutti i fronti in tutta la Grande Guerra. Il ponte attuale è lungo 590 metri. Il Dubysa nasce vicino a Schadow/Šiauliai. All’inizio scorre a sud, però proprio a Lyduvėnai/Lidowiani vira a sudest e poi a sudovest. 114 Šiauliai, in Lituania. 115 Šiauliai – Radviliškis. 116 Telšiai, in Lituania. 117 Raseiniai, in Lituania. 108
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Poi arrivò un messaggio dal tenente colonnello francese Reboul, da Kowno: i Tedeschi facevano saccheggi spaventosi e lui chiedeva che Schawli venisse data ai Lituani al più presto e che l’evacuazione fosse fatta usando la linea Prekuln – Memel: richiesta negata, perché occorreva sgombrare quella linea al più presto e non lasciar dilagare il saccheggio. Nel frattempo il Consiglio Supremo da Versailles rispose che, in base al Trattato di pace, non si potevano mandare truppe alleate a Memel prima dell’entrata in vigore del trattato e non si poteva aumentare il numero di battaglioni stabilito: tre erano e tre restavano. Una terza contrarietà arrivò con la notizia che il tenente tedesco Löwenfels, comandante del settore Grenzschütz – sicurezza confinaria – di Memel, avendo saputo che 20 tedeschi erano stati catturati a Rutzau,118 era partito con due mitragliatrici pesanti e 120 uomini ed era tornato con 40 soltanto: dov’erano gli altri? E perché aveva passato la frontiera? Questi tutto sommato erano incidenti plausibili, potevano capitare; ma il 21 apparve una prima stranezza degna di nota. La riunione coi delegati tedeschi quel giorno fu tenuta in treno, durante il viaggio da Tilsit a Tauroggen119 e Niessel la cominciò rimproverandoli perché non avevano ancora fatto la traduzione del famoso bando alle popolazioni per annunciare l’evacuazione. Hopman a questo non fece commenti e, a proposito dell’armistizio coi Lettoni, comunicò: “che la richiesta di Eberhard è stata accolta con scherno dai Lettoni e che gli attacchi continuano. Venuto a conoscenza del telegramma del governo lettone al governo tedesco, ha risposto al governo lettone che il governo tedesco è consenziente.”LVII E Niessel, tranquillo, perché aveva ne aveva già avuto copia grazie alla ritrasmissione dalla stazione radio d’un cacciatorpediniere francese, rilevò che il servizio radiotelegrafico tedesco evidentemente non funzionava bene, poiché il telegramma lettone era del 19. Questa era la stranezza: due giorni per avere un telegramma? La parola passò a von Kessler e di nuovo gli inarrestabili e bellicosissimi Lettoni erano i protagonisti: “Situazione militare VON KESSLER, premesso che alcune comunicazioni sono interrotte, comunica: All’ala destra un attacco lettone su Bauske è stato respinto (secondo fonte lettone i Lettoni si sarebbero impadroniti di Bauske). Combattimenti a Mitau120 e Katarinhof.121 Sckwetau,122 a nord di Mitau, occupato da uno squadrone lettone. Eberhard ha dato ordine che il 21 si cominci lo sgombro di Mitau e che il suo Q.G.123 si trasferisca a Schaulin. 124 Le truppe saranno portate sulla fronte Schawli=Murawievo.125 Alla sinistra i Lettoni avrebbero attaccato Prekuln. 126 NIESSEL nota che solo il controllo interalleato potrà modificare la situazione. Invita a mandare un parlamentare a Libau per ottenere il passaggio degli ufficiali interalleati colà pronti. Non ha visto passare materiale 127 vuoto per andare a prendere le truppe. Era annunciato il rimpatrio di una compagnia ferrovieri ma non si è vista.
L’originale dice Runtzlau, ma è un errore per Rutzau, oggi Rucava, in Lettonia: villaggio di meno di 500 abitanti al confine costiero colla Lituania. 119 Tauragė, in Lituania 120 Jelgava in Lettonia. 121 Katrinas muiža, ora nell’area urbana di Riga. 122 Località non identificata, per cui non si sa il nome attuale. 123 Quartier Generale. 124 Šiauliai, in Lituania. 125 Mažeikiai, in Lituania. 126 Priekule in Lituania. 127 Gergo ferroviario indicante il materiale rotabile, cioè vagoni e locomotive; in questo caso intende dire treni vuoti. 118
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KESSLER La compagnia non è venuta perché impegnata a riparare le interruzioni. Il materiale necessario è già al di là. Dopo discussione si decide di concedere il treno blindato.128”LVIII Arrivati a Tauroggen,129 continuarono la riunione nella casa parrocchiale. Esaminate le notizie dall’Estonia, Lettonia e Finlandia, ne trovarono una relativa ai Russi “NOTIZIE DA HELSINGFORS130 Judenic tratta col governo estone per portare le sue forze in territorio estone; egli sarebbe sostituito da Rodzianko 131 o da Gurko,132 entrambi germanofili; il comando delle forze estoni-russe sarebbe preso da Laitener. 133 Judenic ha destinato il gen. Jawit 134 come eventuale successore del colonnello Bermond. TELEGRAMMA A RIGA. Pregasi invitare governo a non mettere ostacoli a sgombro territorio promesso dai Tedeschi ed inviar dati esatti su situazione militare ed assicurarsi che Judenic mandi agenti per cernita elementi da passargli.”LIX
Non è per niente chiaro di cosa si tratti e non ce n’è altra menzione in tutto il documento. Sia la Divisione di Ferro, sia la Legione Tedesca avevano un treno blindato e si sa che uno dei due era stato impiegato sul fronte di Riga, perciò si può pensare che qui si volesse dire che la Commissione concedesse ai Tedeschi di ritirarlo da Mitau verso sud, però non si sa di quale dei due si tratti. 129 Tauragé, in Lituania. 130 Nome svedese di Helsinki. 131 Alexander Pavlovich Rodzyanko, nato il 26 agosto 1879, figlio d’un proprietario terriero ucraino e nipote del presidente della Duma dal 1911 al 1917, si formò all’Accademia dei Paggi russa, alla Scuola della Cavalleria francese di Saumur ed alla Scuola di Cavalleria del Regio Esercito a Pinerolo. Ufficiale della cavalleria della Guardia, fu nella squadra olimpica russa per gli sport equestri alle Olimpiadi del 1912, anno in cui fu promosso colonnello. Scoppiata la guerra, comandò il 2° Reggimento Cosacchi del Kuban, poi il 1° Cosacchi e il 16° Cosacchi del Don, per tornare alla Cavalleria dell’8 Armata. Dopo aver comandato la Scuola Ufficiali di Cavalleria, nel bimestre giugno-luglio 1917 fu di guarnigione a Riga e nell’ottobre era al comando della 17ª Divisione di Cavalleria a Pskov. Dopo la Rivoluzione d’Ottobre si unì al principe di Lieven a domandare aiuto agli Inglesi senza esito. Nel 1918 iniziò a reclutare volontari anti-bolscevichi a Riga coll’aiuto dei Tedeschi, formando il Corpo del Nord russo-bianco. Nel 1919 Judenič lo volle suo aiutante durante l’offensiva su Pietrogrado e, dopo la ritirata in Estonia, lo mandò a cercare aiuti in Inghilterra. Non ne trovò, ma vi si stabilì e si trasferì poi in America. Morì a New York il 6 maggio 1970. 132 Vasily Iosifovich conte Romeyko-Gurko, nacque a Tsarskoie Selo il 20 maggio1864, figlio del feldmaresciallo Gurko e fratello del futuro parlamentare e membro del consiglio di Stato Vladimir. Uscì dall’Accademia dei Paggi nel 1885 e nel 1892 superò gli esami della Scuola dello Stato Maggiore. Addetto militare nella Repubblica boera del Transvaal al tempo della guerra contro gli Inglesi nel 1899-1901, fu poi destinato come addetto militare a Berlino proprio nel 1901. Durante la Guerra Russo-Giapponese ebbe prima incarichi di stato maggiore e poi il comando d’una Brigata di Cosacchi e dopo, dal 1906 al 1910, la presidenza della commissione d’inchiesta sulla sconfitta del 1905. Nominato comandante della 1ª Divisione di Cavalleria, al principio della Grande Guerra combatté in Prussia Orientale. Capo dello Stato Maggiore del granduca Michele, ebbe poi il comando del VI Corpo d’Armata e, dall’agosto del 1916, quello della 5ª Armata Speciale sul fronte romeno. Comandante del fronte tedesco nel 1917, gli fu tolto l’incarico dal Governo Kerenski. Imprigionato nella fortezza dei Santi Pietro e Paolo, dopo due mesi fu mandato in esilio in Inghilterra. Rifiutò qualsiasi comando delle forze bianche. Si spostò in Italia e morì a Roma l’11 febbraio 1937. 133 Nato a Viiratsi il 12 febbraio 1884, Johan Laidoner entrò nell’esercito russo nel 1901 ed uscì dall’Accademia Militare di Vilna nel 1905 da ufficiale subalterno. Superato, sette anni dopo, il corso all’Accademia Imperiale di San Pietroburgo, arrivò alla Grande Guerra col grado di tenente colonnello, ebbe incarichi di spionaggio e controspionaggio e, promosso colonnello, dal dicembre del 1917 comandò un reggimento di soli estoni. Fino al dicembre del 1918 fece parte della rappresentanza diplomatica estone nell’URSS. Fu richiamato in Patria nel novembre di quell’anno e, col grado di tenente generale, messo a capo delle truppe estoni che si opponevano all’invasione sovietica. Dopo il trattato di pace di Tartu del 2 febbraio 1920, Laidoner si ritirò dal servizio attivo e, tranne un breve richiamo nel 1924-25, si diede agli affari e fu eletto in Parlamento, facendo parte pure della delegazione estone alla Società delle Nazioni. Nel 1934 appoggiò il colpo di stato del primo ministro Päts e riprese servizio come comandante in capo dell’Esercito. Caduta l’Estonia sotto l’occupazione sovietica tra la fine del 1939 e i primi del 1940, Laidoner fu rimosso dall’incarico e messo a riposo in giugno, ma il mese seguente fu deportato dalla NKVD con tutta la famiglia a Penza, dove fu poi arrestato. Rimase in carcere fino alla morte, avvenuta il 13 marzo del 1953 a Vladimir, otto giorni dopo quella di Stalin. 134 Non identificato. 128
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Chiesto ai Lettoni di non ostacolare lo sgombero tedesco, si considerò di nuovo la situazione ferroviaria. La linea risultava tagliata a Schawli e i treni di profughi non potevano passare, perciò vi si inviò la Delegazione tedesca accompagnata dal colonnello francese Dosse.135 Apparve evidente che occorreva fermare i Lettoni: vincevano troppo e troppo in fretta e c’era il rischio d’un disastro tedesco che si tramutasse in una situazione del tutto fuori controllo. E’ degno di nota il fatto che Niessel non fosse d’accordo e, per una volta, Marietti non lo menzionò col cognome, ma, con un giro di parole, come “delegato francese”: “Ordini da mandare ai Lettoni. Tutti i delegati, ad eccezione del francese, giudicano venuto il momento di fare i passi necessari per fermare i Lettoni. il Francese dice che possiamo mandare quanti telegrammi vogliamo, i Lettoni non si fermeranno, data la loro sete di vendetta ed il desiderio di bottino. Ciò è vero, ma è anche vero che se non si fermano i Lettoni, avremo la disgregazione delle forze tedesche e disordini senza fine.”LX Contemporaneamente si spedì un telegramma alle missioni alleate a Kowno,136 perché ancora una volta raccomandassero al Governo lituano di star tranquillo e si decise di fermare i Lettoni, dicendo loro di cessare gli attacchi e di “non oltrepassare la frontiera lituano-lettone stabilita a Parigi.”LXI La mattina del 22 le cose parvero andare un po’ meglio e fu ripresa la discussione sul da farsi coi Lettoni. Marietti intervenne in modo logico: “22 novembre. Si riprende la discussione. Pongo i seguenti quesiti: Ha la commissione la convinzione che i Tedeschi si ritirano veramente? SI. E’ necessario che si ritirino ordinatamente? Si. Se i Lettoni continuano l’inseguimento, è messa in pericolo la ritirata ordinata? Si. Ed allora bisogna fare ogni sforzo per arrestare i Lettoni. Il presidente accede all’idea di mandare il telegramma alle missioni di Riga: I Tedeschi se ne vanno. Fate sospendere gli attacchi e non ostacolare lo sgombro e non oltrepassare la frontiera lituano-lettone stabilita a Parigi. Notizie del mattino. Mitau sgombrata dai Tedeschi, che ripiegano su Schawli. A Buaske137 i Lettoni hanno respinto i Tedeschi. nessuna notizia dalla parte di Tukhun. Le forze ripieganti da Libau hanno raggiunto Prekuln in preda ad orgasmo; parlano di ripiegare verso nord. si telegrafa al controllo di avviarli verso Memel. Richiesta di 600000 marchi al C.S. per vettovagliare i contingenti russi e dare i primi soccorsi alle famiglie.”LXII Seguirono delle spigolature d’argomento lettone e tedesco tali da fornire un quadro degno di nota. La prima la fornì Hopman: un telegramma da lui ricevuto da Schawli diceva: “I Lituani vedono i Lettoni far bottino; riesce difficile impedire che facciano altrettanto.”LXIII Poi la seconda: “Notizie da Riga portate da un ufficiale inglese. Lo scartamento delle ferrovie partenti da Riga è stato parzialmente ridotto a quello russo. bisognerà tenerne conto nelle cessioni dai Tedeschi ai Lettoni.
Edmond Louis Dosse, nato ad Embrun il 3 giugno 1874, fu all’Accademia di Saint Cyr dal 1893 al 1895. Nella Grande Guerra fu sottocapo e poi capo di Stato Maggiore dell’Armée d’Orient a Salonicco e poi dell’Armata d’Ungheria. Messo a capo della missione militare francese nei Paesi Baltici, fu promosso generale di Brigata nel 1925, di Divisione nel 1929, di Corpo d’Armata nel 1931 e d’Armata nel 1936. Morì ad Annecy il 27 aprile 1949. 136 Kaunas, in Lituania. 137 Bauska, in Lettonia. 135
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La scelta dei Russi da mandare a Judenic è cominciata; ne sono stati assegnati circa 400. In tutto i russi non sono più di 5000. I Lettoni non molestano i Russi, ma fanno la festa ai Tedeschi. I Lettoni non hanno intenzione di oltrepassare la frontiera.”LXIV La terza era di nuovo da Šiauliai: i Lettoni, sfondate le linee tedesche, c’erano praticamente arrivati. “Offensiva su Schawli Reboul comunica che, a malgrado delle istruzioni, questa mattina alle 3 i Lettoni hanno iniziato l’offensiva per accerchiare Schawli. Più tardi dà notizia che è stato fatto un grosso bottino. …. Notizie da Prekuln. I Tedeschi sono agitatissimi. Numerosi furti. Popolazione eccitata. Lettoni vicini a Prekul. L’ultimo treno portante tedeschi a Memel partirà questa sera alle 22”LXV Che poteva succedere nel frattempo? Che i Tedeschi provarono a profittarne per tornare: “Oggi il comandante della piazza di Tilsit magg. von Luck è venuto alle ore 15 a chiedere il passaggio di 4 btgl e 2 btr da inoltrare per la protezione della ferrovia. Gli si è risposto negativamente. Alle ore 22 è stato veduto passare alla stazione di Tilsit un treno di truppe diretto oltre frontiera. Intimato il fermo dal controllo, è stato risposto che il treno proseguirebbe ugualmente. E’ ordine del Reichswehrministerium di Berlino.”LXVI Occorreva reagire in fretta, specie perché il Senato americano aveva rifiutato la ratifica del Trattato di pace e ciò significava che per i Tedeschi si riaffacciava qualche speranza d’arrivare alla fine con ancora in mano dei lembi di terra baltica; peggio: a non fermarli, avrebbero ricominciato ad inviare truppe in Lettonia e Lituania e non ne sarebbero uscite più, perciò la Commissione telegrafò di corsa al Consiglio Supremo a Parigi: “Lituani d’accordo con Tedeschi avevano stabilito 31 ottobre lungo ferrovia Schawli – Tauroggen138 zona neutra per permettere evacuazione truppe tedesche fedeli. Commissione prescrisse governo lituano rispettare questa zona durante trasporto rimanenti truppe. Ciò malgrado Lituani hanno attaccato ferrovia su parecchi punti nord e sud Schawli. Intrapreso attacco Schawli. Ammiraglio Hopman con ufficiali alleati sul posto per arrestare azione. Malgrado dichiarazione che non possiamo autorizzare invio nuove truppe oltre frontiera, Reichswehrministerium ordina invio truppa necessaria per protezione ferrovia senza precisare quantità. Un treno passato sera 22. Eberhard possedeva truppe sufficienti per guardare ferrovia. A nostro parere ammiraglio Hopman ed ufficiali alleati sono in condizione di ottenere cessazione ostilità. Domandiamo pressione immediata su governo tedesco per far arrestare invio truppe che può complicare situazione già molto difficile.”LXVII L’indomani si ebbe un quadro della situazione a Schawli. Dosse comunicò che, giunto a Lidowiani, dov’era il ponte sul Dubissa/Dubysa, aveva trovato la ferrovia interrotta a nord per 24 ore. Gli si erano presentati dei parlamentari lituani, ai quali aveva imposto di cessare le ostilità e ripiegare, però aggiungeva Dosse “Nessuna evacuazione constatata”: a che gioco giocavano i Tedeschi? Si cercò di fare un po’ d’ordine: alle proposte del governo di Kowno che si offriva d’assumere il controllo esclusivo dell’area e di disarmare i Tedeschi, si ripose che la prima cosa era inammissibile 138
Šiauliai – Tauragé, tronco tutto in Lituania.
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e la seconda impossibile; il controllo fatto da ufficiali alleati e lituani era sufficiente e, ad insistere, Kowno avrebbe visto mutare, in peggio, il contegno benevolo delle Potenze dell’Intesa. Poi si telegrafò a Berlino d’aver avvertito il Consiglio Supremo e di smetterla d’inviare truppe. Come per magia arrivò la notizia che il treno tedesco visto passare da Tilsit la sera prima non aveva varcato la frontiera. Data la pochissima distanza fra essa e Tilsit, o si era fermato subito fuori della stazione, o era tornato prontamente indietro; però c’era qualche altra cosa che non andava: interrogato in merito ai trasporti da effettuare, il capo del servizio ferroviario di Tilsit aveva risposto di non aver ricevuto alcun ordine di preparazione da von Eberhardt. Come mai? Era evidente che bisognava tenere gli occhi aperti e, per prima cosa, calmare l’intera Lituania centrale ed occidentale, o non se ne sarebbe mai venuti a capo. Occorreva ridurre i movimenti dei Tedeschi a quelli d’evacuazione e ordinare ai Lituani di star fermi del tutto. Intanto si ottenne dalle autorità militari germaniche la sospensione di tutte le licenze alla guarnigione di Memel, il che interruppe un flusso giornaliero di 2 o 300 soldati nei due sensi di marcia. Poi Dosse confermò d’essere riuscito ad imporre un armistizio locale a Schawli e Lidowiani.139 Sulla base di esso si poté ordinare al battaglione lituano di Tauroggen140 d’andarsene e, infine, convocato il Plenipotenziario lituano per Schawli, gli si disse “solennemente” che la Commissione non era per niente soddisfatta del contegno delle truppe lituane. Intanto: “Gruppo Plehve. risulta a 20 km a sud di Prekul, che è sgombro e col solo controllo. Ha fatto grandi requisizioni di viveri, carri e cavalli. La popolazione manca di viveri ed è allarmata per l’arrivo dei Lettoni.”LXVIII Il punto fondamentale, che a Kowno non sapevano, consisteva nel fatto che ogni azione lituana poteva offrire ai Tedeschi, già preoccupati per il pessimo andamento delle operazioni dei loro Corpi Franchi contro i Lettoni, il pretesto per passare la frontiera e, in quel caso, che sarebbe successo alla Lituania? Le minacce indirette fatte telegrafando a Berlino intanto avevano ottenuto un primo risultato. Il comandante della piazza di Tilsit, maggiore von Luck, venne a chiedere alla Commissione di telegrafare a Parigi che le truppe tedesche non erano andate oltre la frontiera. Gli si rispose che non lo si sarebbe fatto finché non le si fossero viste tornare. Andandosene, von Luck dimenticò delle carte e, dal loro contenuto, unito alla sua richiesta precedente, viene da pensare che l’avesse fatto apposta. Scrisse Marietti il giorno stesso: “Da alcune carte dimenticate da von Luck risulta che Hopman ha telegrafato al governo di non mandare truppe. V’è un apprezzamento di von Kessler, da cui risulta che tutto il guaio dipende da iniziativa del capo di st. magg. di Königsberg. Allora, conformemente alle dichiarazioni, si telegrafa al C.S. che il treno non ha oltrepassato la frontiera e che Hopman era contrario a questo invio. I combattimenti sono quasi completamente cessati.”LXIX Che se ne doveva dedurre? Che evidentemente esistevano due linee divergenti: da un lato un gruppo – chiaro a noi posteri ma forse non ai membri della Commissione – coagulatosi intorno alle idee di Winnig, intento ad ostacolare in tutti i modi l’evacuazione dalle Repubbliche Baltiche e il cui attore alla ribalta, ed eventuale vittima sacrificale se le cose si fossero volte al peggio, era von Fritsch; dall’altro il gruppo di quanti o per convinzione, o per disciplina, o per quieto vivere, eseguivano gli ordini del Governo di Berlino; e fra loro c’erano Hopman, von Kessler e ad un livello inferiore, ma funzionalmente importante, von Luck. 139 140
Lyduvėnai, in Lituania. Tauragė, in Lituania.
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In quest’ottica l’aver dimenticato delle carte non era da parte sua una distrazione, ma una mossa fondamentale con fini ben precisi: spiegava alla Commissione – e tramite lei al Consiglio Supremo a Versailles – cosa stava succedendo e chi stava da quale parte. Le ultime notizie furono un misto di buone e cattive; i Lituani obbedivano, i Lettoni no: Notizie/ il btgl lituano di Tauroggen se n’è andato . Il gruppo Plehve è stato attaccato dai Lettoni. A Tilsit regna apprensione per la vista dei feriti, che vedono ritornare e per l’impedimento di lasciare andare truppe in soccorso. Se ne dà la colpa alla commissione e si accusa di favorire l’accerchiamento dei Tedeschi.”LXX Il 24, nonostante Turner avesse telegrafato a Riga di fermarli, i Lettoni continuavano ad avanzare in maniera così travolgente che, stando a von Luck, tutti i Corpi Franchi erano alla sbando e solo la Divisione di Ferro reggeva ancora. “24 novembre Notizia data da von Luck. Sulla fronte lettone continua la pressione. All’infuori della divisione di ferro, non vi è più nulla che tenga. E’ stata interrotta la ferrovia a W di Schavli. I Lettoni tendono a prendere Schavli. Vi sono treni di rifugiati che non possono passare. E’ necessario impedire l’arrivo dei Lettoni a Schavli e, perciò di proporre di cedere Schavli ai Lituani in modo da interporli tra Tedeschi e Lettoni TURNER richiama l’attenzione sugli effetti politici interni, che avrebbe una troppo grande disfatta e sulle responsabilità che ci sarebbero attribuite.”LXXI Niessel non ci credeva molto, però secondo lui sarebbe stato poi difficile impedire alle truppe tedesche di intervenire in Lituania, dunque era necessario usare i Lituani. Cedendo loro Schawli, si sarebbero automaticamente interposti fra i Lettoni ed i Tedeschi e la situazione si sarebbe calmata. Poiché Hopman affermava d’aver chiesto al comando di Königsberg di ritirare il famoso battaglione fermo in treno vicino alla frontiera, si poteva discutere coi Lituani riguardo al loro intervento. “Conferenza con Jukowski141 NIESSEL gli espone la necessità che i Lituani prendano al più presto l’amministrazione del territorio, che le truppe tedesche non si sfascino per
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Non risulta essere mai esistito alcun generale lituano con questo cognome e infatti questo è il nome russo di Silvestras Žukauskas, che in russo era registrato come Silvestre Konstantinovitch Joukovski. Nacque il 31 dicembre 1860 a Poškiečiai-Dovainiškiai, nei pressi di Pakruojis, in una famiglia nobile del governatorarto di Kowno/Kaunas. Entrato in servizio nel 1881, come volontario nel 112° fanteria degli Urali di stanza in Lituania, fu all’Accademia Militare di Vilna nel 1883-1884 e, uscitone sottotenente, nel 1887 venne assegnato al 109° Reggimento Fanteria del Volga e finalmente nel maggio del 1891 fu promosso tenente. Sposatosi nel 1894 con una Tedesca lituana, si convertì al protestantesimo, perché da cattolico gli sarebbero stati preclusi i gradi più alti dell’esercito zarista. Capitano di stato maggiore nel 1896, nel 1904-5 partecipò alla Guerra Russo-Giapponese in Manciuria. Poi prestò servizio nel 131° fanteria Tiraspol nella zona di Kiev, nel 1908 comandò un battaglione e nel 1912 fu promosso colonnello. Cominciò la Grande Guerra al comando d’un reggimento di fanteria. Combatté intorno a Varsavia, fu ferito e poi, trasferito col suo reparto in Lituania e partecipò alle operazioni del 1915 contro l’offensiva germanica che occupò la Lituania, ritirandosi in Lettonia. Generale di divisione nel 1916, fu ferito di nuovo. Dopo la Rivoluzione d’Ottobre tornò in Lituania e il 10 dicembre 1918 fu nominato ministro della Difesa Nazionale, ma a causa di una malattia perse l’incarico. Nominato Capo di Stato Maggiore nel 1919, in aprile cominciò a mobilitare l’esercito lituano e, dopo essere stato per un breve periodo comandante in capo delle Forze Armate, tornò Capo di Stato Maggiore Generale. Sotto la sua guida i Bolscevichi furono sconfitti, permettendo di concentrarsi contro Bermondt Avalov in autunno. Nominato il 26 settembre Generale per gli Affari Speciali sotto il Comandante in Capo delle Forze Armate, fu destinato a tenere i contatti colla Commissione Interalleata per l’evacuazione dei Tedeschi dal Baltico. Riprese il suo posto nel 1920, ma solo fino al 14 giugno, quando passò nella riserva. Rientrato in servizio attivo due mesi dopo, partecipò alla guerra contro i Polacchi. Lasciato di nuovo l’Esercito di campagna nel 1921, fu nominato Generale per gli Affari Speciali sotto il Ministro della Difesa Nazionale, per tornare in seguito di nuovo Comandante in Capo dell’Esercito, fino al definitivo ritiro nel 1928. Avuta in dono dal Governo per i suoi meriti una fattoria a Davalgonys con una tenuta di 55 ettari, visse
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evitare disordini e malcontento nella popolazione, che i Lituani si interpongano tra Tedeschi e Lettoni.”LXXII Nel crollo generale, arrivò una notizia che complicava le cose e metteva un’ipoteca sui piani di reimpiego dei Russi: “Notizie su Judenic. Da fonte inglese: i Russi, che passano alle dipendenze dell’Estonia, vengono disarmati.”LXXIII Nel frattempo giunse notizia che:“I Lettoni sarebbero a 16 km a sud di Mitau” e continuavano ad avanzare quasi senza opposizione. Bisognava fare qualcosa per fermarli: Telegramma a Riga. Felicitazioni per i brillanti risultati conseguiti. La commissione deve far evacuare la Lituania; per questo è necessario che le truppe lituane si sostituiscano alle truppe T. a N ed a S di Schawli. Restare tuttavia vigilanti. Telegramma al col. Dosse, che lo mette al corrente della situazione e gli dà incarico di dare esecuzione alle decisioni insieme al generale Jukovski.”LXXIV Restava l’incognita dell’atteggiamento della Landeswehr Baltica. Benché filo lettone e comandata da un inglese – “Il vero cmdt e il col. ingl. Alexander.142 Temono di essere attaccati dai Lettoni dopo la partenza dei T. ”LXXV – era meglio se non si muoveva; perciò si mandò un messaggio. “Telegramma a Riga, per consigliare alla Landwehr baltica di restare tranquilla, perché attraversare la Lettonia in rivolta equivarrebbe ad esporsi ad un massacro. La Ldwr baltica è composta di Tedeschi delle P.B. (2500 circa). Si formò per difesa contro il bolscevismo. Quando Bermond ha attaccato Riga, essa ha chiesto di non essere mandata a combattere i proprii connazionali; restò sulla fronte bolscevica e rese un sicuro servizio alla causa lettone, permettendo di sottrarre forze per mandarle contro Bermond. Si dice che ora voglia unirsi ai Tedeschi, ma è probabilmente voce di fonte tedesca, tendente a far ritardare il ripiegamento per attenderli. Secondo Turner, nella Ldwr baltica vi sono tre correnti tedesca, lettone ed oscillante, che ora verosimilmente volgerà verso i Lettoni.”LXXVI Le ultime due notizie furono la presa di Tukhun da parte dei Lettoni quasi due giorni prima, il 22 novembre alle 11 di sera, costringendo i Tedeschi a ripiegare verso sud e un telegramma da Riga: sospensione delle ostilità lettoni per 24 ore, salvo riprendere le ostilità se i Tedeschi non avessero mantenuto la parola di sgomberare. Dosse riferì da Schawli:143 5.000 russo-tedeschi ripiegavano da Tukhun verso sud. I circa 10.000 uomini della Divisione di Ferro stavano cercando di raggiungere la ferrovia tra Muravievo e là fino alla morte il 26 novembre 1937. Fu sepolto nel cimitero di Kaunas, che fu distrutto nel periodo sovietico, per cui il luogo della sua sepoltura è ora sconosciuto.. 142 Si tratta di Sir Harold Alexander, terzo figlio del conte di Caledon. Nato a Londra il 10 dicembre 1891, usci dal Royal Military College di Sandhurst nel 1911 nominato sottotenente nelle Guardie Irlandesi, reggimento con cui andò in Francia nel 1914. Nel 1918 ne era tenente colonnello provvisorio e con quel grado fu inviato nel Baltico. Assegnato alla Commissione Alleata in Polonia, ne fu distaccato a comandare la Landeswehr Baltica contro i Bolscevichi in Lettonia, contribuendo alla loro sconfitta e tornò in Inghilterra nel maggio del 1920. Mandato nel 1922 a Costantinopoli e poi a Gibilterra, rientrò in Inghilterra nel 1923 e vi restò fino al 1934, quando fu destinato a comandare una brigata in India. Vi combatté due campagne nella frontiera nord-occidentale, poi, nel 1937, fu nominato aiutante di campo di re Giorgio VI e tornò a Londra nel febbraio del 1938. In Francia alla testa d’una divisione nel 1939, evacuato da Dunkerque nel 1940, fu mandato in Birmania contro i Giapponesi nel 1942. Battuto, si ritirò in India e fu richiamato in patria per essere destinato al Nord Africa. Dopo lo sbarco in Marocco divenne il Comandante Supremo Alleato del Mediterraneo e dopo la guerra fu nominato feldmaresciallo dell’esercito britannico. Investito del titolo di conte di Tunisi, fu ministro della Difesa, Governatore Generale del Canada e Lord Luogotenente di Londra. Morì il 16 giugno 1969. 143 Šiauliai, in Lituania.
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Schawli per salire sui convogli il 1° dicembre. Invece la Legione Tedesca, coi suoi circa 4.000 uomini, per imbarcarsi sui treni il 27 novembre, si ritirava da Bausk144 verso Schawli, nella cui regione c’erano circa 2.500 dispersi, cioè sbandati, di cui ne erano stati fucilati nove; e su tutto incombeva la ripresa dell’offensiva lettone. La Commissione si trovò improvvisamente con troppe cose davanti nello stesso momento. Da un lato il disordine della ritirata dei Corpi Franchi con sbandati, distruzioni e saccheggi; dall’altro le pressioni tedesche per intrufolare truppe in Lituania. A queste faceva da contraltare il malumore del Governo e del Capo di Stato Maggiore della Lituania, i quali ritenevano i Tedeschi salvati dalla Commissione perché aveva vietato d’assalirli. Poi c’erano i Lettoni non del tutto fermi e irritati perché i Tedeschi non avevano ancora rilasciato nemmeno un prigioniero. D’altra parte, a quanto telegrafava da Riga alla Commissione il comandante della squadra inglese nel Baltico, contrammiraglio Cowan, 145 il sospendere le ostilità non era opportuno, poiché i Tedeschi erano ancora in Lettonia. Lo confermava Dosse il 26 novembre: la Deutsche Legion ed il gruppo Brandis,146 forti non di 4.000 ma di 9.000 uomini, benché molto provati, erano ancora in Lettonia, a nord e ad est di Janiski147 e ad una dozzina di chilometri dagli avamposti lettoni. Si stavano muovendo verso sud e contavano d’imbarcarsi sui treni il 29 novembre a Schawli, mentre pareva che von Eberhardt volesse invece trattenerli e caricarli sui convogli alla stazione di Janiski per non ingombrare Schawli. Dosse proponeva come scalo d’imbarco Meskutsi.148 Una tale scelta avrebbe avuto il consenso dei Lettoni e, essendogli riuscito di stabilire l’interposizione dei Lituani tra i Tedeschi ed i Lettoni tra Meiten 149 e Meskutsi, la soluzione appariva buona. Nel frattempo circa 150 tedeschi quella stessa mattina erano scesi da un treno di ritorno ed avevano raggiunto il distaccamento Nehbel. A margine di tutto questo, i treni detti di profughi erano invece pieni di materiale, però Dosse trasmetteva la richiesta dei Tedeschi che sette convogli provenienti da Mitau e contenenti materiali fossero lasciati passare. 144
Bauska, in Lettonia. Sir Walter Henry Cowan, nato a Crickhowell l’11 giugno 1871, entrò nella Royal Navy nel 1884. Guardiamarina in Mediterraneo nel 1886, servì nei mari delle Indie Orientali e dell’Africa Occidentale, prima di tornare in Mediterraneo nel 1898. Comandò una cannoniera sul Nilo nella campagna di Kitchener contro i Dervisci e poi tutta la flottiglia fluviale al tempo dell’incidente di Fascioda coi Francesi. Aiutante di campo di Kitchener e poi di Lord Roberts in Sud Africa nella Guerra Boera, tornò in Inghilterra nel 1902 ed ebbe varie assegnazioni in mare. Capitano di vascello nel 1906, ebbe la corazzata Zealandia nel 1914 e passò poi sulla Princess Royal, con cui fu allo Jütland. Commodoro nel 1917 e contrammiraglio nel 1918, nel gennaio del 1919 fu inviato col suo 1° Gruppo di cacciatorpediniere nel Baltico e meritò l’investitura a baronetto per la sua azione decisa, che aiutò ad impedire la vittoria sovietica sulle repubbliche baltiche e la Finlandia. Comandante della squadra incrociatori da battaglia nel 1921, ammiraglio di divisione nel 1923, ebbe ancora alcuni comandi in patria e nelle Indie occidentali prima della nomina ad ammiraglio di squadra nel 1927 e a primo aiutante navale del re nel 1930. Lasciò il servizio nel 1931. Fattosi richiamare nella Seconda Guerra Mondiale accettando la retrocessione a capitano di vascello, combatté in Africa Settentrionale in mare e a terra e fu catturato dagli Italiani. Scambiato insieme ad altri 800 prigionieri nel 1943, tornò a combattere in Mediterraneo. Lasciato di nuovo il servizio nel 1945, morì il 14 febbraio 1956. 146 Cordt von Brandis, nato a Eimbeckahusen il 4 ottobre, uscito nel 1908 dalla Scuola Militare di Groß-Lichterfelde a Berlino come sottotenente di fanteria, combatté sul fronte francese e fu promosso tenente nel 1915. Capitano, dopo la smobilitazione, ai primi del 1919, organizzò un Freikorps che prese nome da lui, della forza d’un battaglione, su tre compagnie di sicurezza, una di mitragliatrici ed una batteria di obici da 105, giunto a marzo nel teatro operativo baltico ed inquadrato nella Divisione di Ferro. Rientrato in Germania a fine 1919, dopo il fallito Putsch di Kapp lasciò il servizio, amministrò una tenuta, poi, dopo un biennio nell’Arbeitsfront nazista, non condividendo il programma nazionalsocialista emigrò in Africa Orientale nella fattoria del fratello. Maggiore della riserva nel 1939, fu arrestato dagli Inglesi in Africa nel 1940. Passò la guerra in vari campi di prigionia sudafricani e fu rilasciato nel 1947. Morì’11 giugno 1972 a Barendorf, in Germania. 147 Joniškis, in Lettonia. 148 Meškuičiai, in Lituania, sulla linea dalla Lettonia a Šiauliai, a sud di Joniškis e a nord di Šiauliai. 149 Dovrebbe essere l’odierna Misaičiai, in Lituania, poco ad ovest della linea ferroviaria. 145
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Marietti puntualizzò: “E’ accettata la mia proposta che debbono anzitutto passare i treni di personale; quanto al materiale occorre specificare la specie, restando fermo che deve passare il solo materiale militare organico ed il materiale certamente di proprietà privata. Di fatto il controllo dei treni materiali è molto difficile; ne passa di contrabbando con la complicità di tutti i funzionari ted. che si palleggiano la responsabilità e si infischiano di noi.”LXXVII L’indomani, 27 novembre, Dosse riferì di sapere con assoluta certezza che il seguito di von Eberhardt faceva propaganda per ostacolare il lavoro della Commissione ed impedire l’evacuazione. Che fare? L’insieme delle risposte avute da Parigi fino a quel momento indicava poca voglia d’intervenire da parte del Consiglio Supremo, scaricando tutto sui militari alleati sul posto, perciò si giocò d’astuzia e si fecero due telegrammi: uno riservato e l’altro pubblico. Il primo era per il Consiglio Supremo Interalleato “per mettere i punti sugli i.” Fu cifrato e spedito per telegrafo e diceva la verità: “Uno scacco nella questione dell’evacuazione nuocerebbe gravemente al prestigio dell’Intesa. Per momento non si è sicuri del risultato. Cattiva volontà di Eberhard e di Berlino =150 Per ogni buon fine si è preveduta la ripresa delle operazioni lituane e lettoni = Se truppe tedesche passassero la frontiera, è necessaria una seria pressione militare sulla Germania. = Pressione polacca sulla fronte E e S della Prussia, occupazione di Memel da parte della flotta alleata, minaccia della rottura dell’armistizio sulla fronte occidentale. = I T. cercano d’ottenere un’offensiva bolscevica per mostrare la necessità di restare nelle P.B; già constatati rinforzi bolscevichi (3 reggimenti) alla fronte lituana. = Preghiera di agire a Varsavia per ottenere che i Polacchi aiutino i Lituani. Comm. ha bisogno di conoscere intenzioni dell’Intesa sui punti sopra indicati.”LXXVIII Il secondo serviva a fare impressione ai Tedeschi e ai Russi Bianchi e ad ammansire Lettoni e Lituani, perciò fu mandato a tutto il mondo, o quasi, perché fu appositamente trasmesso per radio e in chiaro “a Parigi, Berlino, Riga, Kowno, Hopman, Konigsberg”, così che tutti potessero intercettarlo con facilità. Diceva: “= Eberhard ha dichiarato di essere sicuro delle proprie truppe e che lascierà il materiale, se le ferrovie non verranno guastate = Da fonte sicura si sa che lo stato magg. di Eberhard cerca di sobillare le truppe a non obbedire; nulla venne preparato per i trasporti; treni di profughi sono invece pieni di materiali. = Notizie inesatte sulle condizioni della linea ferroviaria mentre gli ufficiali alleati stavano facendo cessare i combattimenti, hanno condotto il RWK151 di Königsberg a mandare truppe dell’impero. = La com. chiede: esclusione di materiali dai treni di profughi; ritorno a Tilsit del treno di truppe sempre fermo alla frontiera; Janiski 152 rimesso subito ai Lituani; controllo lituano a tutte le stazioni; i dirigenti del movimento di Bermond vengano mandati via per i primi e diretti in Germania; sanzioni contro i colpevoli di atti contro ufficiali alleati. Lettoni e Lituani restano fermi, ma pronti a ricominciare se necessario; la comm. si è impegnata in questo senso e, se fosse necessario, a nome dell’Intesa farebbe riprendere le operazioni; spera di non essere costretta a ciò.”LXXIX Il segno = indica la parola “stop”. Reichswehrkommando. 152 Joniškis. 150 151
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Un primo buon risultato si ebbe quasi subito: i Lettoni dichiararono la sospensione delle ostilità per 48 ore, però a partire dal 25 novembre, cioè da 48 ore prima, perciò quel giorno, 27, si era già al termine e Dosse dové incontrare subito i loro rappresentanti per farlo prolungare. Intanto si seppe che alcuni ufficiali di Judenič erano partiti il 23 da Riga incaricati del trasporto delle truppe russe da Riga a Tallinn;153 tre altri sarebbero venuti in seguito e, poiché era a corto di denaro, Judenič aveva chiesto che i costi fossero addebitati al Governo russo, dopodiché era sparito. Il 28 novembre si ebbe confermata dell’atteggiamento ostile dello stato maggiore di von Eberhardt e si seppe che Plehwe era partito per Königsberg, dove, secondo notizie sicure, si trovava pure von der Goltz “con 40 milioni di marchi per riprendere il movimento con le truppe fatte rientrare.” Si aveva la sensazione della preparazione di “Qualche cosa di non piacevole” e giravano voci d’un colpo di mano su Libau154 da parte di Bermondt, coll’aiuto di Bischoff e della Divisione di Ferro. I generali alleati decisero allora di stendere almeno una bozza di piano: se le operazioni fossero state riprese, occorreva che i comandi lettone e lituano fossero pronti e coordinati. Cheney – del resto l’unico fra tutti a non aver avuto incarichi di comando in prima linea nella guerra appena finita – non credeva opportuno tracciar loro pure gli obbiettivi, ma tutti gli altri si. Marietti sottolineò quanto poteva essere difficile mettere d’accordo i due comandi all’improvviso, nel corso d’un’emergenza; quanto fosse necessario coordinare le operazioni contro i Tedeschi, i quali, oltre ad essere più abili e più forti della massa lituana, erano in posizione centrale, per cui potevano battere i Lituani insieme alle forze venute dall’Impero prendendoli in mezzo e poi volgersi contro i Lettoni. Alla fine però prevalse un atteggiamento di compromesso, una via di mezzo e nel telegramma spedito alle missioni militari in Lituania e Lettonia ci si limitò ad accennare ad una possibile azione di Bermondt su Libau, pur ritenendola poco probabile, perché i Lettoni tenevano saldamente la ferrovia Muravievo-Prekuln155 ed esigevano il disarmo delle truppe che fossero state autorizzate a passare di là. Dosse intanto aveva ottenuto l’arresto della loro offensiva e dai Tedeschi la riapertura della linea per Riga, però senza che alla Commissione fosse ancora possibile passare. Inoltre: “il col. Dosse stabilisce: i Lettoni si fermeranno; manderanno ufficiali nelle comm. di controllo. Janiski è sgombrato dai T. La div di ferro ed i Russi si stanno raccogliendo; movimento compiuto il 1° dicembre. Muravievo sarà sgombra il 5 dicembre.”
Nell’originale Reval, in Estonia. Liepāja, in Lettonia. 155 Mažeikiai-Priekule. 153 154
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Capitolo VIII Si effettua l’evacuazione La mattina del 28 novembre 1919 tutto era più o meno pronto a far cominciare l’evacuazione delle truppe russe e dei Corpi Franchi. Oltre a quelle di cui ci si era preoccupati in precedenza, cosa rimaneva da far partire? Lasciando ferma la Landeswehr Baltica, la componente di cui tener conto era il Gruppo Plehwe, con circa 1.300 uomini, dei quali 800 o 1.000 si erano diretti a Memel; 156 e meno male che non erano stati tutti, perché, appena giunti, avevano “commesso atti d’indisciplina”; per cui gli altri sarebbero stati avviati a Murawievo.157 Intanto, coi Lettoni fermi e convinti ad inserire loro ufficiali nelle commissioni di controllo, la ferrovia di Riga riaperta – benché la Commissione non potesse ancora passare – e Janiski 158 sgomberato dai Tedeschi, mentre la Divisione di Ferro ed i Russi si stavano raccogliendo, si poteva ritenere che tutto il movimento d’evacuazione della zona sarebbe stato compiuto entro il 1° dicembre, lasciando Murawievo del tutto sgombra per il 5. Arrivati a quel punto, i commissari decisero di mettere altra carne al fuoco. Ritenessero o no la cosa capace di risultati concreti, fecero una pesante incursione nel campo disciplinare, non del tutto a torto, chiedendo sanzioni ai capi e agli ufficiali delle truppe tedesche che avevano insultato gli ufficiali alleati in quattro posti di controllo in Lituania e a carico di Plehwe per aver abbandonato i suoi per andare a Königsberg. Che era successo? Il migliaio di uomini del Gruppo Plehwe giunti a Memel erano partiti in ferrovia per Tilsit e l’interno della Germania. La parte più riottosa, però, dopo aver tenuto pessima condotta a Bajohren,159 aveva rifiutato di partire da Memel e devastato il materiale ferroviario. Saputo che si sarebbe attentato alla loro vita, gli ufficiali alleati di controllo si erano ritirati sulla nave francese Ancre, coll’approvazione della Commissione, la quale aveva protestato con Hopman avvertendo che, se necessario, le navi avrebbero aperto il fuoco. Per queste ragioni la Commissione chiese l’immediato arresto di Plehwe e del capitano Schok comandante del battaglione responsabile dei disordini. E’ difficile dire se ci se ne attendesse un risultato concreto – e il futuro avrebbe dimostrato che non ci sarebbe stato – però era un modo per far vedere che non si trascurava nulla e non si passava su nulla. Serviva ad aumentare la pressione sul Governo di Berlino e, tramite quello, giù giù lungo tutta la scala gerarchica, sulle autorità della Prussia Orientale, i comandanti superiori e infine i comandanti sul campo. Ognuno doveva sapere di rischiare qualcosa, così da pensarci bene prima di commettere qualsiasi azione o di farcisi coinvolgere. Hopman – faceva sapere Dosse – diceva di non potersi occupare del materiale che affluiva a Tilsit? Gli si faceva rispondere che spettava a lui dare ordini, dunque si arrangiasse. Domandava di venire a Tilsit per conferire? Si rispondeva che era meglio rimanesse dov’era e mandasse von Kessler. Il 29 novembre Niessel protestò con von Luck perché da parte tedesca si continuavano a cercare scappatoie e a mentire: la ferrovia era stata fatta riaprire ai Lituani per far passare profughi, non materiali tedeschi, perciò la smettessero subito e, già che c’era, von Luck provvedesse ad “assicurare in modo tassativo la sicurezza degli ufficiali di controllo alleati pena le più gravi sanzioni.” Von Luck stava evidentemente cercando di tenersi in bilico fra i due fronti, entrambi per lui pericolosi. La Commissione poteva chiedere la sua testa e, come ho detto prima, essendo quella d’un maggiore era sacrificabile e Berlino l’avrebbe concessa facilmente. D’altra parte, una volta finita l’evacuazione, la Commissione se ne sarebbe andata, lasciandolo alla resa dei conti coi suoi superiori, che potevano fargli molto male. Navigando a vista, adesso presentò a Niessel il resoconto 156
Klaipeda, in Lituania. Mažeikiai, in Lituania. 158 Joniškis, in Lituania. 159 Bajorai, in Lituania. 157
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dei movimenti ferroviari, in cui appariva confermato il passaggio del treno di munizioni fermato alla frontiera due giorni prima a Pogegen.160 Poi arrivò una notizia inattesa: “La Lettonia rompe le relazioni diplomatiche con la Germania; il personale consolare (console Hluck e 25 persone) che trovavasi a Libau è trattenuto dai lettoni a Skuddi161(ferrovia Libau Murwievo) alla frontiera lettone-lituana. La Commissione risponde che, pur non potendo garantire la legazione germanica nei paesi baltici, per umanità farà il possibile per loro facilitare il libero passaggio e prega il generale Turner, che deve partire per Libau, di avvertire i tedeschi di imbarcarsi con lui sulla nave inglese.”LXXX La rottura delle relazioni diplomatiche lettoni colla Germania implicitamente allarmò von Eberhardt: tutte le sue truppe erano in crisi di movimento, l’attivismo della Commissione rendeva impossibile l’entrata in campo di rinforzi dalla Prussia Orientale e dunque occorreva calmare le acque; per farlo bisognava sganciarsi, quanto meno dal contatto coi Lettoni, poi si sarebbe visto. Per questo motivo il 30 si recò a Murawievo162 a persuadere Bischoff e Bermondt a sgomberare. Per la Commissione fu un successo: la Divisione di Ferro se ne andava e con lei si sarebbe dissolta la minaccia più grave sulle due Repubbliche. Da Riga il colonnello francese du Parquet163 telegrafò che le truppe lettoni avevano avuto ordine di portarsi fino alla frontiera lituana e di spingere truppe leggere d’avanguardia oltre la frontiera stessa, mentre si registravano leggere scaramucce. Hopman, allarmatissimo, chiese che la Commissione esigesse dal Governo lituano la protezione degli impiegati ed operai tedeschi lungo le linee ferroviarie fino a sgombero ultimato. Si telefonò a Dosse per dirglielo e se ne ebbe la notizia tanto attesa: il trasporto delle truppe tedesche era cominciato davvero. Se ne ebbe presto conferma: un treno da Schawli164 era passato a Tilsit il 29; poi tre nella notte dal 29 al 30, due dei quali venivano da Schawli e il terzo trasportava i rivoltosi di Memel.165 Un quarto, contenente truppe del Freikorps Weikmann appartenente al Gruppo Plehwe e proveniente pure lui da Memel, era giunto a Tilsit, era stato controllato ed aveva proseguito via Insterburg verso Stettino. I Lituani brontolarono un poco: i Tedeschi dovevano lasciare tutto il materiale bellico, pure quello in dotazione alle truppe. La Commissione rispose che invece potevano portarsi via le dotazioni, perché le trattative riguardavano il rilascio del solo materiale dei depositi, assicurò che il treno con materiale definito dai Lituani “illecito” sarebbe stato fermato e controllato a Wirballen166 e sconsigliò l’invio d’un battaglione lituano, perche, disse, bastavano gli ufficiali di controllo. Quello che non disse era quanto fosse rischiosa la comparsa d’un reparto lituano in mezzo agli irregolari della Divisione di Ferro: sarebbe bastato un niente per far scoppiare uno scontro, in cui la miglior preparazione e il maggior numero dei Tedeschi avrebbe prevalso con chissà quali conseguenze. Intanto la commissione aveva la solita messe giornaliera di seccature: Dosse riferiva d’aver dovuto mettere Eberhardt con le spalle al muro, esigendo risposte nette: si o no, perché il suo contegno, messo in rapporto con le notizie di ciò che si tramava a Königsberg, non era per nulla Pagėgiai, in Lituania. Skuodas, oggi in Lituania, alla frontiera colla Lettonia. 162 Mažeikiai, in Lituania. 163 Emmanuel Joseph Marie du Parquet, nato il 24 settembre 1869 a Chester, in Inghilterra. Ufficiale di fanteria, tenente nel 1907 al 92° fanteria, capitano al 68° e cavaliere della Legion d‘onore nel 1910, ufficiale della Legion d’onore e nel 6° Tiratori algerini nel 1915, finì la Grande Guerra col grado di tenente colonnello sempre del 6° Tiratori e fu capo della Missione Militare Francese nei Paesi Baltici dal 1919 al 1920. Di nuovo a Varsavia nel 1921, una volta rientrato fu promosso colonnello e terminò la carriera nel 1926 comandando il 9° fanteria. Morì a Parigi il 27 marzo 1933. 164 Šiauliai, in Lituania. 165 Klaipeda, in Lituania. 166 Virbalis, in Lituania; sulla linea da Königsberg, via Insterburg, verso est a Kaunas. 160 161
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tranquillizzante; e i generali convennero di telegrafare a Parigi ed al generale Dupont a Berlino per richiamare il Governo tedesco alla necessità di porre fine a quegli strani maneggi. I Lettoni, insoddisfatti dell’operato della Commissione, si lamentavano che i Lituani, senza sacrifici, avessero ottenuto abbondante materiale, perciò avrebbero voluto occupare Murawievo,167 dov’erano i magazzini lasciati dai Tedeschi, il che indusse il generale lituano Žukauskas a mandarci subito una compagnia. Hopman protestava contro la minaccia di far aprire il fuoco dalle navi a Memel a protezione degli ufficiali controllori, sostenendo che la Commissione doveva sgomberare le Provincie Baltiche, non mantenere l’ordine in territorio tedesco. Sentendosi ribattere che era stato fatto secondo il diritto di protezione del proprio personale, passò a protestare perché il controllo era operato pure sulle strade, mentre sarebbe dovuto essere eseguito solo sulle ferrovie: gli si rispose non accettando tale protesta: un modo formale e relativamente cortese di mandarlo al diavolo. L’evacuazione per ferrovia procedeva, ma con parecchi fastidi, contrasti, incidenti, rifiuti di sottostare al controllo e tentativi di contrabbandare armi e materiali. L’opposizione passiva e le menzogne da parte tedesca erano continue. Alle proteste di Hopman contro i rilievi mossigli in merito, la Commissione, come poi riferì Marietti, rispose con un secco richiamo all’ordine: “ricordando la responsabilità diretta di von Luck e del direttore del servizio ferroviario ed esponendo quale è la situazione reale della stazione di Tilsit, dove non si è voluto ammettere il controllo con la scusa del pericolo d’imbottigliamento, mentre da verifiche fatte risulta che ha binari di ricovero per almeno 1000 vagoni.168”LXXXI Il 1° dicembre 1919 fu il giorno in cui le stridenti ruote del meccanismo dell’evacuazione cominciarono finalmente a girare. La giornata non iniziò benissimo: alle nove Dosse avvertì: “Impossibile chiedere arresto comandante Bischoff, perché ciò determinerebbe immediata rivolta. Che la Divisione di Ferro vorrebbe rientrare tutta ammassata ed a piedi dirigendosi su Memel; se dovesse rinunciare a ciò, appena tornata in Prussia, intenderebbe unirsi alle truppe della Reichswehr di Königsberg, di ribellarsi con esse e di marciare su Berlino. Si nota fra le truppe della Divisione un forte spirito imperialistico 169 e di revanche.”LXXXII A quel punto Niessel decise che fosse il caso di chiamare Hopman a parlare colla Commissione e domandò agli altri se non fosse giunto il momento di dare libertà di manovra ai Lituani ed ai Lettoni. Poiché in quel momento mancavano Turner e Cheney, andati in Lettonia il 30, Marietti, Mažeikiai, in Lituania. La lettera protocollo 178 S/P datata da Tilsit 2 dicembre 1919, con cui si comunicò tutto ufficialmente a Hopman e che io non ho trovato nell’Archivio dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore Esercito ed ho avuto dal generale Clemmesen tratta dal londinese NA fondo WO –32/5706, sottolineava che, nonostante le promesse di von Luck di fermarli ad Insterburg, i treni di materiale erano stati fatti procedere fino a Königsberg e, quanto alla stazione di Tilsit, essa aveva “33 binari di stazionamento di oltre 500 metri di lunghezza di cui solamente 10 sono in parte occupati da materiale vuoto; restano quindi 23 binari disponibili che permettono lo stazionamento di 1150 vagoni senza dare alcun fastidio. Occorre aggiungere che il sistema di scambi è d’una rara comodità e permette tutti movimenti di materiale colla più gran facilità” aggiungendo fra parentesi d’essere stato lui stesso a fare la ricognizione e d’essersi convinto che Schwerfeger l’aveva bellamente preso in giro. Niessel rimarcava inoltre che i treni che si sarebbero dovuti fermare a Tilsit comprendevano: un primo gruppo di 20 carri di munizioni, un treno di 44 carri di munizioni e materiali diversi partito per Insterburg il 29 novembre alle 17,15; un treno di 26 carri di munizioni diretto da Pogegen a Königsberg senza fermarsi a Tilsit benché von Luck l’avesse espressamente promesso; due treni dai depositi di munizioni e d’artiglieria della Divisione di Ferro per un totale di 36 carri ed altri carri di materiali, fra cui automobili e almeno 12 cannoni da campagna. 169 Intende dire spirito di devozione all’Impero ed all’imperatore di Germania e di rivincita. 167 168
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rimasto con Takeda, gli rispose che, secondo lui, occorreva attendere il loro ritorno, però era sicuramente il caso d’invitare Hopman e Dosse a venire a Tilsit e, se poteva, pure Žukauskas. La crisi si accentuò quando Niessel, poco dopo, venne a sapere che, ingannando gli ufficiali alleati d’accompagnamento, i Tedeschi avevano fatto proseguire oltre Insterburg due treni rispettivamente di 68 e 26 vagoni carichi di materiali vari ed uno di 35 vagoni con munizioni e materiali provenienti dai depositi di artiglieria e munizioni della Divisione di Ferro, come risultava dagli stessi documenti tedeschi. Era evidente, oltre alla responsabilità delle autorità germaniche in genere,quella personale di von Luck e del rappresentante del ministero degli Esteri tedesco Schwertfeger. 170 Von Luck promise il ritorno dei treni di materiali, ma Niessel, consigliatosi cogli altri, non fidandosi più, ordinò a Dosse d’avvertire Hopman che la Commissione non avrebbe potuto garantire l’immobilità dei Lituani se quei materiali non tornavano ad Insterburg per essere controllati. Dosse avrebbe pure dovuto avvisare Hopman che, se la Divisione di Ferro avesse tentato di partire lungo un itinerario diverso da quello Schawli–Tauroggen,171 la Commissione avrebbe reso ai Lettoni e ai Lituani libertà d’azione, nel qual caso certamente tutta la linea ferroviaria sarebbe caduta nelle loro mani ed il paese si sarebbe sollevato. Nel frattempo Žukauskas insisteva a chiedere che i Tedeschi cedessero tutto il materiale e le armi e restituissero ai Lituani 10.000 cavalli ed altre cose requisite, sostenendo che continuavano a violare i patti e perciò lui aveva intenzione di lasciare Schawli. Gli si ripose di nuovo che i Tedeschi avevano il diritto di portarsi via il materiale in dotazione ai corpi, ma che quello dei depositi sarebbe stato fatto lasciare e si chiese a Dosse di impedirgli di partire, facendogli presente quanto ciò avrebbe nuociuto sia al lavoro della Commissione, sia agli interessi lituani. Contemporaneamente si telegrafò alla Missione Britannica a Riga che era necessario neutralizzare subito la linea ferroviaria Libau–Mitau172 nelle vicinanze di Murawievo,173 ancora occupate dai Germano-Russi, perché il passaggio dei treni sarebbe avvenuto sotto il controllo di ufficiali della Commissione, assistiti da ufficiali lettoni e lituani. Poi si passò alle comunicazioni ad Hopman, lamentando che ancora una volta le autorità militari di Königsberg avevano fatto qualcosa che non dovevano, mandando truppe a Memel; e lo si sapeva per aver trovato a Tilsit furieri d’alloggiamento per uno squadrone Ulani ed un battaglione di fanteria, passato la sera del 1° dicembre. In più c’era la chiamata dell’Einwohnerwehr 174 a preoccupare: quella mattina un ufficiale francese di controllo aveva fermato sul ponte di Tilsit un autocarro tedesco carico di fucili e mitragliatrici. Avvisato di ciò, il comando di Tilsit aveva risposto per telefono che il mezzo era in regola e si poteva lasciarlo proseguire, essendo quelle armi destinate alla Einwohnerwehr che si stava formando nella regione a nord di Memel. Effettivamente, proprio quel giorno, i giornali locali avevano annunciato che il Vehrkreiskommando,175 d’accordo con la suprema autorità della Prussia Dovrebbe trattarsi di Bernhard Heinrich Schwertfeger, nato il 23 settembre 1868 ad Aurich. In servizio nell’Esercito Sassone dal 1888, divenne ufficiale d’artiglieria in quello Prussiano e fu insegnante all’Accademia di Guerra prussiana. Nello Stato Maggiore dal 1910, lasciò il servizio attivo nel 1916 col grado di maggior generale e venne messo a capo d’una sezione del Dipartimento politico del Governo Generale Militare d’Occupazione in Belgio. Dal 1918 passò al Ministero degli Esteri del Reich. Autore – per conto del Ministero degli Esteri – dei Documenti ufficiali sulla storia della politica europea, tentò di dimostrare che la colpa dello scoppio della guerra fosse dei Francesi, del panslavismo russo e della politica d’accerchiamento britannica contro la Germania. Dal 1920 al 1925 cooperò colla commissione parlamentare d’inchiesta sulla sconfitta. Docente di storia della guerra alla Scuola Superiore Tecnica d’Hannover e poi di scienze della difesa a Gottinga, fu candidato del Partito Popolare tedesco nelle elezioni del 1933, ma non fu eletto. Lasciò l’insegnamento nel 1937. Morì il 13 gennaio 1953 a Neckargemünd, in Germania. Un suo omonimo nel 1919 era maggiore e comandava l’8ª Direzione ferroviaria militare. Niessel nella sua corrispondenza faceva indifferentemente menzione dell’uno e dell’altro per cui, se non ne indicava il grado o il rango, diveniva facile l’equivoco. 171 Šiauliai-Tauragė, in Lituania. 172 Liepāja–Jelgava, in Lettonia. 173 Mažeikiai, in Lituania. 174 Letteralmente “Esercito degli abitanti”: era una milizia formata dagli abitanti di una certa zona, in questo caso quella di Memel e della Piccola Lituania. 175 Il comando militare di circoscrizione. 170
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Orientale – cioè il generale Erstorff d’accordo con Winnig – aveva deciso di chiamare alle armi le Einwohnerwehr dei territori prussiani a nord di Memel, impiegandole in rinforzo alla Grenzschütz ed alla polizia per mantenere l’ordine pubblico ed evitare incidenti e saccheggi al ritorno delle truppe dalle Provincie baltiche. Era la prima volta che le Einwohnerwehr venivano chiamate sotto forma militare e sarebbero state sciolte non appena terminato il trasporto delle truppe. Niessel fece notare a von Luck che sarebbe stato il caso d’avvertire la Commissione in anticipo, mosse lo stesso rilievo ad Hopman e spedì un telegramma a Parigi, avvertendo il Consiglio Supremo sia della chiamata della Einwohnerwehr, sia dell’invio del battaglione e dello squadrone da Königsberg a Memel, rimarcando come la situazione attuale di quest’ultima non giustificasse tali misure, le quali, per di più, apparivano inopportune alla vigilia dell’occupazione da parte di contingenti alleati. Per battere sui Tedeschi da entrambi i lati, si telegrafò pure al generale Dupont a Berlino incaricandolo di chiedere a Noske chiarimenti sulle truppe mandate a Memel e dirgli subito quanto si sapeva sulla Divisione di Ferro, sottolineandogli che: “Tanto per sicurezza della Germania quanto per riuscita evacuazione Provincie Baltiche, è necessario che questa Divisione rientri per ferrovia e sia dislocata, al suo ritorno in territorio Germanico fuori della Prussia orientale ed occidentale. Chiede pure schiarimenti sulle truppe mandate a Memel. Viva propaganda esercitata dai tedeschi sui Russi di Bermond e Wirgolitsch cui offre l’invio presso Denikine concentrandoli ad Amburgo Se ne informa il Consiglio Supremo.”LXXXIII Continuavano intanto le seccature nei controlli: un treno con 400 Russi aveva lasciato Schawli, ma l’ufficiale che lo comandava aveva rifiutato il controllo, per cui il convoglio era stato fatto fermare a Gudden176 e la Commissione aveva ordinato a von Luck d’arrestare l’ufficiale, mentre si attendeva la venuta d’un ufficiale lituano per controllare la consegna delle armi. Con questo era finita la mattinata. Il dopopranzo fu inaugurato alle due del pomeriggio da un telegramma di von Eberhardt: l’uso d’una sola linea ferroviaria rendeva estremamente difficile ultimare lo sgombero entro il 13 ed esponeva le ultime truppe ad attacchi, infatti i Lettoni avevano già attaccato e i Lituani si stavano concentrando a Radziwiliski. Ebbe la risposta che poteva attendersi: gli attacchi erano giustificati dalla prolungata permanenza dei Tedeschi in territorio lettone, dovuta alla loro lentezza ed allo sgombero del materiale prima delle truppe, il quale era la ragione principale del ritardo nei trasporti. Quanto all’impazienza dei Lituani, si doveva al fatto che i Tedeschi continuavano ad asportare il materiale che invece avrebbero dovuto consegnar loro. Si doveva procedere innanzi tutto allo sgombero della Divisione di Ferro e von Eberhardt tenesse presente che, se il ritardo da lui frapposto avesse avuto il fine di guadagnare tempo per attendere un possibile attacco dei Bolscevichi, ciò avrebbe portato responsabilità gravissima per l’intero popolo germanico; una minaccia che voleva dire niente e tutto, compresa la possibilità di ripercussioni armate in Renania. Seguirono ulteriori istruzioni a Dosse: per non perdere le garanzie date per iscritto da von Eberhardt alla Commissione tramite Hopman che l’evacuazione sarebbe stata terminata il 13 e interamente per ferrovia, che le truppe avrebbero ubbidito e il materiale non sarebbe stato distrutto, si domandava, cioè si ordinava, che von Eberhardt restasse a Schawli177 fino alla fine dell’evacuazione per sorvegliarla personalmente e si garantiva la sua sicurezza personale, se, beninteso, i Tedeschi eseguivano lealmente le convenzioni stabilite. In sostanza gli si intimava di darsi in ostaggio fino alla fine, viste le numerose prove dell’evidente malafede e reiterata mancanza di parola dei Tedeschi. 176
Gudai, in Lituania. Šiauliai, in Lituania.
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Si completavano le istruzioni dicendo che ufficiali alleati e lituani avrebbero accompagnato gli ultimi treni di truppe tedesche evacuanti per impedire violenze, ma era necessario por termine ad ogni saccheggio e requisizione abusiva, lasciare il materiale intatto e completo, compreso quello ferroviario, tutto; perché la quantità di quello da passare ai Lettoni ed ai Lituani doveva ancora essere fissata. A sera Hopman provò timidamente ad opporsi: senza consenso del Governo – telegrafò – non poteva concedere agli ufficiali lituani il compito di controllo su territorio germanico. Pure a lui arrivò una risposta cortesemente secca: si era dovuto farlo perché i Tedeschi portavano in Germania materiali spettanti ai Lituani; e gli ufficiali lituani erano agenti della Commissione ed appartenenti a Stati alleati, punto. Nonostante questi incidenti, il bilancio non era cattivo: nella giornata erano passati per la stazione di Tilsit diretti a nord 270 vagoni vuoti e fino a quel momento erano rientrati circa 5.000 uomini. L’ammiraglio Cowan telegrafò da Libau comunicando “Espressione sua alta considerazione per Commissione. Qualora aiuto venisse a lui richiesto sarà immediatamente dato.” La Missione interalleata in Lettonia comunicò che il Governo lettone aveva avuto l’ordine dalla Missione inglese di garantire l’occupazione di Skuddi178 e, dalla prima stazione dopo la frontiera sulla linea Prekuln-Murawievo, che un ufficiale lituano era andato a chiedere ai Lettoni il concorso per attaccare un gruppo di 3.000 sbandati concentrati con Bermondt presso Murawievo179 dove si trovavano dei grossi e ben forniti magazzini. Si rispose che una simile operazione avrebbe disturbato l’azione della Commissione e che i Tedeschi avevano già ordine di lasciare tutti i materiali sotto controllo. Infine da Berlino si fece vivo un ufficiale superiore russo: “Colonnello russo Biehrasoff – Berlino Chiede di poter venire a raccogliere a Tilsit i Russi provenienti dai corpi germanici. Risposta: Esso può portarsi a Schawli dove già avviene la cernita sotto controllo alleato fatta da ufficiali di Yudenic. Impossibile costituire a Tilsit un altro punto di concentramento.”LXXXIV Il 2 Dicembre arrivò la risposta di Hopman alla nota del giorno prima: gli ufficiali responsabili degli incidenti sarebbero stati deferiti al tribunale; riguardo invece all’inframmettenza del Comando di Königsberg per l’invio di truppe a Memel, personalmente non poteva far nulla, però avrebbe trasmesso la protesta al Governo. Gli ribatterono molto duramente. Ormai la Commissione, visto il gioco sleale dei Tedeschi, rispondeva loro in modo pesante e, su proposta del generale Cheney, gli si scrisse: “Risulta dalle note mandate precedentemente dal C.S.180 al Governo Tedesco che esso si rimette alla Commissione per alleggerire o togliere le misure prese contro la Germania. La speranza della Commissione di poter fare proposte al C.S. è caduta pel contegno di quasi tutte le Autorità Tedesche. Per conseguenza la Commissione attenderà, prima di fare proposte, non solo la fine dell’evacuazione delle truppe ma l’esaudimento delle domande relative ai materiali ed alla punizione dei colpevoli.”LXXXV Poi si preparò, sempre per Hopman, una nota riguardo ai materiali inviati all’interno della Prussia e che dovevano essere restituiti ai Lituani. 178
Skuodas, in Lituania. Mažeikiai, in Lituania. 180 Consiglio Supremo Interalleato. 179
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Non era tutto: il tenente colonnello Reboul aveva appena telegrafato da Kowno che il Governo lituano non agiva con sufficiente energia contro l’azione bolscevica che si estendeva sempre di più, inoltre i Tedeschi a Schawli181 avevano distribuito centinaia di fucili e migliaia di cartucce ad elementi della popolazione sospetti di bolscevismo, di conseguenza si telegrafò a Dosse, sempre a Šiauliai, di comunicare ad Hopman che, qualora si fossero verificati torbidi nella regione prima della completa evacuazione delle truppe tedesche, ne sarebbe stato considerato responsabile il Governo germanico. Questo, unito al messaggio precedente proposto da Cheney, significava addossare il conto ad Hopman, perché su di lui si sarebbe rivalso il Governo tedesco. Il messaggio risultò tanto più opportuno in quanto alle 18 Dosse riferì di incidenti seri proprio a Schawli, dove il maggiore francese Giraud, durante l’adempimento del suo servizio, era stato percosso e minacciato di morte. Dosse aveva già provveduto con Hopman perché l’incidente fosse regolato, essendo stato identificato l’ufficiale che col suo distaccamento aveva commesso il fatto, per cui si stabilì d’attendere prima di prendere ulteriori decisioni; però era sempre più evidente un fatto: gli irregolari non erano per niente disposti ad andarsene senza fare storie. Ci fu poi, a sera, un secondo incidente: il treno della Commissione a Schawli venne fatto segno a colpi di fucile da parte di sbandati, inoltre Bermondt aveva minacciato di farlo attaccare, per cui Dosse l’aveva fatto spostare alquanto più indietro durante la notte. Nel frattempo si erano avvertite le autorità interalleate a Parigi di altre contrarietà: “due treni di russi comandati rispettivamente dal colonnello Kremenetski 182 e dal Colonnello Potodski183 sono passati da Tilsit. Hanno rifiutato di lasciarsi controllare. Le truppe influenzate da propaganda germanica non vogliono andare con Judenic. Gli ufficiali sono germanofili.”LXXXVI Lo stesso giorno il generale Turner diede ai colleghi della Commissione un quadro realistico quanto deprimente dello sfascio irrimediabile in cui versavano le truppe di Judenič, per cui non c’era da stupirsi che i Russi in corso d’evacuazione non vi volessero essere convogliati. “Turner fornisce dati interessanti di fonte inglese circa situazione e dislocazione dell’Esercito di Judenic: Tale esercito non esiste quasi più, la 3. Divisione Estone ha preso la difesa del fronte bolscevico, che si estende ora lungo tutto il corso del fiume Narwa salvo nel settore a protezione della città di Narwa ove esso si spinge di alcuni chilometri al di là del fiume stesso. Agli elementi estoni sono frammisti gli elementi di Judenic in numero di circa 8.000 dei quali soltanto una quarta parte ha reale efficienza combattiva. Nella città di Narwa, ove sono concentrati tutti i magazzini, i depositi, gli ospedali ed il bottino catturato ai bolscevichi, regna il caos più completo. La massa principale si va concentrando e riorganizzando dietro una linea costituita dalla grande strada che da Jewe184 conduce al lago Peipus.
Šiauliai, in Lituania. Vasilii Ivanovich Kremenetski, nato nel 1880 da nobile famiglia, entrato nell’esercito imperiale, percorse la sua carriera nell’arma di cavalleria fino al grado di colonnello. Scoppiata la Rivoluzione d’Ottobre, si unì ai Bianchi e prestò servizio nell’Armata russa Nordoccidentale, nella quale comandò dapprincipio il 1° Reggimento di Cavalleria e poi il Reggimento Ussari Conte Keller. Dopo la fine della Guerra Civile, emigrò in Germania e morì a Berlino nel 1951. 183 Andrey Vladimirovich Pototsckii, nato nel 1886 da famiglia nobile, entrato nell’esercito russo, raggiunse nel 1916 il grado di colonnello di fanteria. Dopo la Rivoluzione d’Ottobre si unì alle forze Bianche e dal marzo del 1919 comandò la divisione Platunskaia di fucilieri cosacchi nell’Esercito Russo Occidentale. Dal Settembre del 1919 passò nel I Corpo d’Armata del conte Keller. Emigrò in Germania, poi in Romania e morì nella prima metà degli anni ’60. 184 Jõhvi, nell’Estonia nordorientale. 181 182
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Nella zona intermedia fra questa linea e quella del fronte si trovano ancora in via di sgombero circa 10.000 fuggiaschi e 12.000 prigionieri bolsceviki. Data la precaria situazione dei rifornimenti vennero distribuiti alle truppe i viveri alleati ch’erano destinati per Pietrogrado. Questione dei Russi. – Dosse comunica l’intenzione tedesca di raccogliere i russi accettanti di andare con Judenic a Libau o Memel. Dopo udito Generale Turner sulle condizioni di Libau (caserme piene di 12.000 reclute da non mettere a contatto con elementi russi non sicuri); la Commissione scarta la soluzione di Libau. Per Memel è pure contraria, ma decide di soprassedere ed interpellare il C.S. Comunica a Dosse: - Impossibile accettare soluzione concentrare i russi a Memel per mancanza mezzi di trasporto per mare e per impossibilità fornire loro denari. Pertanto i russi aventi intenzione recarsi in Germania siano fatti proseguire per l’interno di essa; sospendete invece trasporto elementi russi che vogliono andare da Judenic, imbarcate a posto loro altri elementi tedeschi. Decideremo poi definitivamente se saranno mandati da Judenic o se chiederemo internamento in Germania. A Parigi il seguente: -Da notizie precise di fonte inglese Reval: 185 L’Esercito russo di Judenic non sarebbe più in grado di tenere il fronte. Fin’ora dei contingenti di Bermond soltanto un reggimento di cavalleria, un battaglione del genio ed una batteria hanno dichiarato di voler raggiungere tale esercito. Estoni e Lettoni non desiderano riceverli poiché non dispongono viveri sufficienti. Colonnello Dosse ha proposto d’accordo colla Delegazione Germanica inviare questi russi a Memel per attendervi imbarco destinazione Reval. Questa soluzione è scartata dalla Commissione che non dispone fondi per assicurare loro mantenimento a Memel e non sa se Intesa vuol fornire tonnellaggio necessario. In conseguenza prescrive a Delegazione Germanica di trattenere sul posto contingenti russi desiderosi di raggiungere Judenitch. Salvo ordine in contrario da parte vostra prima 5 Dicembre sera prescriveremo ritorno ed internamento di questi elementi perché soggiorno in Memel durerebbe certamente parecchie settimane e rischierebbe causare incidenti gravi.”LXXXVII Ciò che più preoccupava era l’atteggiamento della Divisione di Ferro e quanto nascondeva. Giravano brutte voci. Come riferì Marietti: “Da varie notizie certe lo spirito delle truppe della Eiserne Division è tale da destare inquietudini allo stesso Governo di Berlino. Circolano voci di un complotto reazionario. Si fanno i nomi di Hinderburg, Ludendorff e Mackensen. Gruppi di forze germaniche in vari punti della Germania sarebbero concentrati in attesa di una azione concordata. Il movimento per il colpo di Stato avrebbe inizio con agitazioni a Berlino, i gruppi summenzionati e la Eiserne Division marcerebbero su Berlino per ristabilirvi l’ordine e ciò fatto chiamerebbe al potere un Hohenzollern. Dal complesso di questi fatti si spiega perché la Eiserne Division intenda rimanere compatta.”LXXXVIII E’ notevole come queste notizie, tutto sommato assai precise, del colpo di stato poi avvenuto nel marzo del 1920 e noto come Putsch di Kapp fossero già ampiamente diffuse più di tre mesi prima e, 185
Tallinn, capitale dell’Estonia.
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come vedremo, la Commissione ne ebbe ulteriori conferme il 4 Dicembre da Dosse e il 5 da Hopman in persona. Il Putsch fu effettuato da elementi nazionalisti, monarchici ed ultraconservatori i quali, su impulso del sessantaduenne Wolfgang Kapp, alto funzionario di governo della Prussia Orientale, volevano sfruttare lo scontento causato dal Trattato di Versailles per rovesciare la Repubblica, poi detta “di Weimar”, e ristabilire un governo autocratico. Fu attuato proprio dai Corpi Franchi di ritorno dalla Prussia Orientale e dal Baltico e, date le notizie in giro da mesi, tutto si può dire meno che fosse inatteso.186 Il bilancio della giornata rivelò che il totale delle truppe evacuate era salito a circa 700 Ufficiali, 7.000 uomini truppa, 1.400 cavalli e 60 pezzi d’artiglieria, il che non era male. L’indomani, 3 dicembre, l’attenzione dei commissari si concentrò sulla Divisione di Ferro: che stava facendo? Niente, a quanto si sapeva. Alle 9 il primo rapporto trovato sul tavolo era di Dosse, il quale riferiva d’aver protestato con Hopman perché, sebbene von Eberhardt avesse promesso il trasporto di tutte le sue truppe per ferrovia, al controllo di Kurshani187 non era ancora giunto alcun ordine per l’imbarco delle unità della Divisione di Ferro. Per questo aveva avvertito Hopman che i Lettoni erano abbastanza seccati, che lui sarebbe andato l’indomani a Mitau al loro quartier generale per ribadire la necessità di non muoversi, ma che ciò sarebbe accaduto solo se fosse stato subito comunicato che la Eiserne Division saliva sui treni. Cinque ore dopo Dosse telegrafò d’aver rinnovato la sua protesta ad Hopman, perché von Eberhardt sosteneva che le truppe della Divisione di Ferro, raccolte lungo la linea ferroviaria per l’imbarco, si sarebbero dovute spostare a sud – a piedi – per via di attacchi lettoni. Invece da una rapida inchiesta risultava che i pretesi attacchi si limitavano ad un’incruenta occupazione di villaggi già sgombri, per proteggerli dai saccheggi, e che in nessun punto la sicurezza della linea ferroviaria era stata minacciata, perciò, concludeva Dosse, era assurdo invocare simili pretesti per giustificare un ritardo. Fidandosi sempre meno dei Tedeschi, aggiungeva d’aver preteso di conoscere una volta per tutte il piano di trasporto esatto della Eiserne Division, altrimenti si sarebbe visto costretto a considerare terminata la sua missione; il che, implicitamente significava la minaccia che la Commissione avrebbe avvertito Parigi, che avrebbe premuto su Berlino, che avrebbe fatto passare grossi guai ad Hopman e a von Eberhardt. Quest’ultimo però aveva poco da stare allegro; neppure la sua sicurezza era certa: il suo treno al ritorno da Murawievo era stato colpito da una bomba a mano che aveva ferito tre soldati, anche se, per come andarono le cose dopo, forse era diretta non a lui ma al vagone dei commissari interalleati agganciato al suo treno. Dosse elencava pure un bella lista giornaliera: ufficiali russi germanofili, comandanti i treni d’evacuazione, avevano minacciato gli ufficiali alleati di controllo che tentavano di parlare coi soldati. Dovunque nelle stazioni di controllo gli ufficiali alleati erano stati gravemente minacciati; i convogli passavano senza fermarsi ai controlli, ignorando bellamente i segnali d’arresto; due treni importanti contenenti aeroplani avevano lasciato Schawli188 nonostante le sue insistenze e, quando aveva voluto farli accompagnare da ufficiali alleati, questi erano stati minacciati di morte. 186
Appena iniziata la rivolta, Kapp insediò un suo governo a Berlino il 13 marzo 1920. Noske ordinò all'esercito di reprimere il Putsch, ma ne ebbe un rifiuto. Allora il cancelliere del Reich e presidente del Consiglio, il socialdemocratico Bauer, riparò col governo a Dresda ma, constatata l’inaffidabilità del comandante la piazza, si spostò a Stoccarda, da dove chiamò la popolazione allo sciopero generale contro i rivoltosi. L’adesione fu massiccia: la maggioranza assoluta della Nazione e dei funzionari pubblici si schierò col Governo, perciò Kapp già il 17 marzo 1920 fuggì in Svezia, da cui, morente di cancro, tornò solo nel 1922 per morire durante il processo. Nonostante il suo fallimento, il Putsch ebbe conseguenze: fu una delle cause della rivolta della Ruhr di poche settimane dopo, per reprimere la quale il Governo dové ricorrere all’esercito, ed influì sullo spostamento della maggioranza parlamentare verificatosi con le elezioni del giugno di quello stesso anno. 187 Kuršenai, in Lituania. Per meglio rendersi conto di tutta la sceneggiata che seguì da parte tedesca, bisogna pensare che Schawli e Kurshani sono a soli 140 chilometri da Tilsit, cioè a tre ore sui treni di media velocità dell’epoca, che potevano salire a un massimo di sette viaggiando sui più lenti treni merci. In termini italiani si tratta della stessa distanza esistente fra Torino e Milano, su terreno altrettanto pianeggiante e con meno ostacoli. 188 Šiauliai, in Lituania.
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Nel frattempo il Governo lituano chiedeva di poter spingere le sue truppe fino a tre chilometri dalla ferrovia, lungo tutto il percorso, per far cessare i saccheggi. Tutto considerato si telegrafò a Dosse: “Commissione stima utile sorveglianza resti assicurata su Eiserne Division. Giudicate se possibile mantenere controllo a Shawli se rientrerete a Tilsit in seguito a risposta sfavorevole di Eberhardt. In ragione saccheggi commessi da bande e promessa Eiserne Division di partire per ferrovia Commissione stima possibile ed utile diminuire zona riservata per ritiro truppe germaniche. Regolerete con Hopman e Jukowski 189 nuova zona di sicurezza limitata a 5 o 6 Km. da strada ferrata. Truppe tedesche dovranno rimanere in tale zona. Informateci di quanto stabilito e Jukowski informi Kowno e comando Esercito Lituano.”LXXXIX In vista d’un possibile stallo, la Commissione, pur avendola tralasciata, non aveva scartato l’idea di qualche giorno prima d’un’azione militare lettone-lituana contro i Tedeschi per farli andar via ed aveva telegrafato alle missioni di Kaunas e Riga ed a Parigi: “Se necessario riprendere operazioni contro tedeschi converrebbe seguire idea generale seguente. Lituani da soli non possono forzare tedeschi a partire. Concorso lettone è indispensabile. Lettoni attacchino Eiserne Division il cui grosso si trova attualmente fra Kurshani190 e Shawli. Lituani attacchino su Radziwiliski e Shawli appena sarà iniziato attacco lettone. Al tempo stesso i lituani operino interruzioni numerose lungo la linea ferroviaria più a sud possibile per impedire l’accorrere di rinforzi tedeschi. Evitino per ora la distruzione delle principali opere d’arte.191 Sollevare i contadini nella regione compresa tra le due ferrovie. Lettoni concentrati un zona di Libau attacchino su ala sinistra ed alle spalle della Eiserne Division per tagliare la ritirata su Memel e Heidekrug192 e arrestare rinforzi provenienti da tali punti.”XC In serata arrivò la risposta del Consiglio Supremo da Parigi alla proposta di pochi giorni prima d’anticipare l’invio di truppe d’occupazione a Memel ed altre misure coercitive contro Berlino ed era una lavata di testa, per di più coll’acqua fredda: “Si osserva che simili imprese esorbitano dal programma delle istruzioni della Commissione. Consiglio Supremo scarta idea d’un appello alle truppe polacche come pure manifestazione di forza a Memel. Necessario attendere scadenza 13 Dicembre per apprezzare situazione e misure eventuali da prendersi.”XCI E ci si metteva pure Foch, il quale telegrafava che la più sicura garanzia del successo era l’attuazione delle misure che la Commissione prendeva e delle coercizioni da essa fatte coi mezzi di E’, ovviamente, il generale lituano Silvestras Žukauskas. Kuršenai, in Lituania. 191 Le opere d’arte in gergo ferroviario sono le opere in muratura che compongono la linea, come i ponti e le gallerie. 192 Šilutė, in Lituania. 189 190
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cui disponeva. Bello… e se i Tedeschi si rivoltavano e decidevano di resistere? Quanto poteva reggere ancora il bluff mandato avanti fino a quel momento? E arrivò il piccolo miracolo: “Dosse comunica: - Imbarco Eiserne Division promesso: 2 treni partiranno domani.”XCII Il più era fatto! Rimosso l’ostacolo maggiore, rimanevano i minori: che fare dei Russi, tener fermi i Lettoni, calmare i Lituani, sperare che i Tedeschi partendo non facessero disastri: li fecero. Il successivo messaggio di Dosse raccontò che avevano bombardato la stazione elettrica e tutti i depositi già consegnati ai Lituani a Schawli;193 distrutto e saccheggiato nella stazione i vagoni carichi di materiali ancora da consegnare, mentre bande di Tedeschi si preparavano a saccheggiare la città e le autorità germaniche si dichiaravano impotenti a reprimere i disordini. Infine i Tedeschi erano giunti a minacciare i militari lituani, inferiori per numero ed armi, per cui il generale Žukauskas, per evitare di far precipitare la situazione proprio mentre si stava risolvendo, si era ritirato coi suoi. Adesso bisognava tener calmi gli infuriatissimi Lituani e stabilire che fare dei Russi. Poiché pure loro rischiavano aggressioni da parte dei Tedeschi, si annullarono tutte le decisioni precedenti, ordinando di concentrarli a Gudden,194 spiegando a Dosse che quanti di loro avevano accettato di unirsi a Denikin sarebbero stati inoltrati in campi in Germania e si sarebbe raccomandato al generale Malcolm195 a Berlino di farli proseguire in fretta vero gli eserciti di Judenič o Denikin. Poi si mandò un lungo telegramma per calmare i Lituani; funzionò col Governo, un po’ meno col generale Liatukas, ma alla fine tutto andò a posto. Durante la notte dal 3 al 4 dicembre passò da Tilsit un primo treno con aliquote della Eiserne Division e del Freikorps Goldingen196 proveniente da Mitau: “Eiserne Division comincia il 4 Dicembre suo trasporto che avverrà interamente per ferrovia.”XCIII La Divisione di Ferro se ne andava.
Šiauliai, in Lituania. Gudai, in Lituania. 195 Neill Malcolm nacque l’8 ottobre 1869. Lasciato il Royal Military College di Sandhurst, il 20 febbraio 1889 ebbe la prima nomina come sottotenente negli Argyll and Sutherland Highlanders. Tenente il 23 agosto 1893, nel 1896 traversò il Tibet e la Cina settentrionale col capitano Wellby. Partecipò alla campagna del 1897 sulla frontiera nordoccidentale indiana e poi prestò servizio in Uganda, dove fu promosso capitano il 21 dicembre 1898. Combatté nella fanteria montata durante la guerra del Sud Africa del 1899-1901 e fu ferito nella battaglia di Paaderberg nel febbraio 1900. Rientrato in Inghilterra, divenne vice assistente quartiermastro generale al Quartier Generale dell’Esercito nel 1906 e nel 1908 Segretario della sezione storica del Comitato della Difesa Imperiale. Ufficiale di Stato Maggiore nel 1912 dopo aver seguito il corso alla Scuola di Stato Maggiore a Camberwell, prestò servizio di stato maggiore nella British Expeditionary Force in Francia nel 1914, poi nella Mediterranean Expeditionary Force in Egitto e a Gallipoli e infine divenne capo di stato maggiore della 5ª Armata di Gough in Francia. Comandò la 66ª Divisione fanteria dal Dicembre del 1917, la 39ª dal principio del 1918 e più tardi, dopo la sconfitta nella Kaiserschlacht, la 30ª. A capo della Missione Militare Britannica in Germania nel 1919, fu lui, parlando a cena con Ludendorff a Berlino nell’autunno del 1919 e sentendolo affermare che il fronte interno aveva mancato nei confronti dell’esercito al fronte, a chiedere: “Do you mean, General, that you were stabbed in the back?" – volete dire, generale, che siete stati pugnalati nella schiena?” – al che l’altro rispose “Accoltellati alla schiena? Si, è questo, esatto, siamo stati pugnalati alla schiena.” Terminata la missione in Germania nel 1921, gli fu assegnato il comando delle truppe negli Stabilimenti degli Stretti in Malesia, cioè a Kuala Lampur, Penang, Taiping, Seremban e Singapore. Lasciò il servizio nel 1924. Presiedé una compagnia commerciale nel Borneo dal 1924 al 1946 e fu alto commissario per i profughi tedeschi nel 1936-1938. Morì il 21 dicembre 1953. 196 Il Freiwilligen Jägerkorps Goldingen – Corpo franco volontario Cacciatori Goldingen (Goldingen è una cittadina lettone poi nota col nome di Kuldīga) – fu presente nella zona baltica dal novembre del 1918. Era inquadrato nel VI Corpo d’Armata di riserva tedesco e comandato dal capitano della riserva Erich Berding. Allineava un battaglione di fanteria, una compagnia di mitragliatrici e uno squadrone di cavalleria. Fu sciolto nel marzo 1920. 193 194
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Capitolo IX Le 48 ore del 4 e 5 dicembre Le quarantotto ore del 4 e del 5 dicembre marcarono l’acme di tutta la missione. Furono colme di tensione, ma segnarono la svolta definitiva. In primo luogo il 4 mattina arrivò una notizia significativa: il 3 dicembre i baroni baltici residenti a Berlino avevano deciso di pubblicare la dichiarazione della loro separazione dalla Germania. Detto come lo scrisse Marietti, viene spontaneo pensare che la Commissione lo credesse la fine del sostegno della classe dirigente locale ai piani che noi sappiamo di Winnig e quindi la fine di qualsiasi necessità e possibilità politica di mantenere un’occupazione tedesca nel Baltico Orientale, dunque che il fronte politico filo-tedesco là si fosse spezzato.197 La mattina del 4 proseguì colla lettura d’una comunicazione del generale Žukauskas 198 che lamentava che la ritirata dei Tedeschi si svolgesse con violenze e sopraffazioni d’ogni sorta e in forma sempre più grave. Ovviamente chiedeva riparazioni e restituzioni di tutto il materiale asportato e distrutto. Poi arrivò Dosse in persona. Non portava buone notizie. Secondo lui il controllo era ormai illusorio ed inefficace e le minacce sempre maggiori: il vagone su cui si trovava il maggiore francese Giraud era stato staccato dal treno di von Eberhardt, portato lontano dalla stazione e fatto segno al lancio di bombe a mano. Questo però era ancora poco. Dosse poteva confermare le voci correnti sulle gravi intenzioni di colpo di stato da parte della Divisione di Ferro, il che traspariva pure dal modo in cui loro annunciavano di volersi far trasportare per ferrovia, ossia per gruppi organicamente costituiti. Il resto della mattina trascorse occupandosi di cosa fare dei Russi. “Questione dei russi. – Tutti gli elementi del gruppo Bermond in ragione della propaganda germanica fra essi esercitata, non vogliono andare da Judenic ma bensì da Denikine. Sono circa 3.000 uomini. Sono già stati sgombrati con armi e bagaglio, rifiutando lasciarsi controllare dagli ufficiali alleati. Del Gruppo Wirgolitch una parte agli ordini del Colonnello Markow (1° Reggimento Cavalleria, I batteria, I compagnia del genio) desiderano raggiungere Judenic e lasciarsi guidare dall’Intesa; l’altra agli ordini di Wirgolitch è pronta a seguire chi offrirà le migliori condizioni. Ore 14. Compare il generale Javid199 mandato da Judenic per la scelta delle truppe da inviare a lui. La Commissione gli dichiara che non ha mezzi per mantenerli; in attesa della risposta di Parigi si manderanno in campi, diversi da quelli dove sono i russi favorevoli ai tedeschi. I tedeschi hanno promesso ai russi di Bermond di mandarli a Denikine; non lo faranno per due ragioni: non hanno navi e l’Intesa non permetterà che gente di tale specie ed armata giri per il mondo.”XCIV 197
La realtà era molto meno impressionante. Come Niessel dové ammettere due giorni dopo, nel suo telegramma delle 11,45 del 5 dicembre 1919 da Tilsit – in NA, fondo WO –32/5706 – 92664 – la Commissione aveva “ricevuto a firma di 7 notabili baltici (baroni e borghesi) delle dichiarazioni scritte affermanti: 1. che separano la loro causa da quella della Germania- 2. che desiderano partecipare all’organizzazione dei governi lettone e lituano sotto condizione d’essere rimpatriati e che la loro sicurezza al loro ritorno sia garantita. il governo lettone è stato avvertito.” 198 L’originale di Marietti dice che arrivava da Zalkuskas. 199 Julian Antonovich Javid, nato nel 1876 da famiglia nobile e figlio d’un generale, percorse la sua carriera nell’esercito imperiale nell’arma d’artiglieria. Unitosi ai Bianchi dopo la Rivoluzione d’Ottobre, prestò servizio nell’Armata Russa Nordoccidentale, della quale fu nominato rappresentante a Berlino nel dicembre del 1919. Dopo la fine della Guerra Civile emigrò in Finlandia e morì ad Helsinki nel 1964.
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Alle quattro del pomeriggio ci fu la riunione coi delegati tedeschi. Hopman aprì l’incontro partendo dal tema più scottante: la Divisione di Ferro. Il primo treno contenente il comandante, Bischoff, ed un battaglione del 3° Reggimento Fanteria era partito alle 14,30 da Kurshani200 e altri reparti stavano salendo sui treni; il 5, l’indomani, a Schawli201 sarebbe cominciato l’imbarco del Freikorps Peterkoff. Niessel non fece grossi commenti e passò all’aspetto che più gli premeva, necessario a soddisfare almeno le attese dei Lettoni e dei Lituani: il materiale. Consegnò ad Hopman le note dei materiali trasportati in Germania e di quelli distrutti, rilevò che il punto di vista tedesco di regolare la questione dopo ultimati i trasporti non dava alcuna garanzia ai Lituani; sottolineò che la Commissione aveva agito energicamente con loro e coi Lettoni per ottenere che stessero fermi, ai Tedeschi aveva concesso la riparazione della ferrovia per il passaggio dei profughi e come l’aveva vista adoperare? Per pochissimi profughi ed enormi quantità di materiale da guerra. Non c’era nemmeno da parlare dei trucchi messi in atto ad Insterburg, dell’inganno a proposito delle condizioni della stazione di Tilsit, la quale secondo i Tedeschi non era abbastanza grande da consentire i controlli di treni da trenta o quaranta vagoni quando aveva binari sufficienti ad ospitarne mille. E che dire dei materiali distrutti nella zona avanzata e di quelli che si continuavano a portar via? Era necessario cominciare a dare materiali ai Lituani. Tornando alle mancate consegne dei materiali sul posto ed alla loro asportazione, Hopman provò a sdrammatizzare: si, la Delegazione tedesca era convinta delle irregolarità avvenute ma era necessario innanzitutto sgombrare la stazione di Schawli e la linea; i trasporti di materiali non erano stati fatti per toglierli ai Lituani, ma perché le truppe avevano rifiutato di cederli. Il Governo germanico riconosceva la propria responsabilità e avrebbe trattato la questione coi Lituani; però… però, insomma: i Lituani avevano delle pretese esagerate. Comunque lui proponeva la nomina di una commissione interalleata comprendente anche un membro tedesco a Tilsit per il controllo dei materiali. La secca risposta fu che era inutile, perché esisteva già. Bé, allora… però nessun funzionario lituano si era presentato! Niessel plumbeo disse che avrebbe interessato il Governo lituano e fece presente che i Tedeschi si erano impegnati a pagare i danni in denaro. Si – confermò Hopman – ma solo quelli fatti da truppe tedesche, mentre qui c’erano bande di ogni genere. E Niessel, vagamente ironico: ma forse Hopman ricordava che il punto di vista della Commissione era quello di considerare tutte le truppe come tedesche, perciò – secco – chiedeva una risposta per l’indomani circa la cessione ai Lituani dei materiali esistenti ad Insterburg e Tilsit. Poi: che si poteva dire dei cavalli? Le truppe russe erano giunte nei Paesi Baltici senza cavalli e partivano con cavalli, evidentemente rubati; si sarebbe fatto il calcolo in base agli organici e si sarebbe pretesa la restituzione degli eccedenti. Hopman, non sapendo più da che parte voltarsi, cercò di buttarla in lite. Ne seguì uno scontro abbastanza duro che terminò con qualcosa che potevano essere delle scuse reciproche e la riunione finì con un argomento tutto sommato neutro: i Russi. Niessel espose la loro situazione – in sostanza nessuno sapeva cosa farne ed erano un impaccio per tutti – e chiese di togliere tutti i loro ufficiali tedeschi mandandoli subito in Germania, o mettendoli in un campo separato prossimo al mare, probabilmente per poterli imbarcare più in fretta. Hopman rispose che era previsto d’inviarli a Memel, ma propose come alternative Danzica o Swinemünde. Marietti non disse nulla, però annotò: “(Memel, Danzica, Swinemünde sono in territorio da occupare dagli alleati; così questi li avranno sulle braccia.)”XCV L’indomani, 5 dicembre, prima d’incontrare i Tedeschi, si fece il punto della situazione e si mandò un telegramma al Consiglio Supremo per informarlo sulle intenzioni della Divisione di Ferro di spostarsi in parte per via ordinaria – cioè a piedi – e sulle condizioni interne della Germania, delle quali di lì a poco si sarebbe avuta un’ulteriore conferma. 200 201
Kuršenai, in Lituania. Šiauliai, in Lituania.
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Alle dieci cominciò la quotidiana riunione con tutti i delegati germanici. Stavolta gli argomenti andarono in ordine d’importanza crescente. I Russi furono il primo: una commissione comprendente degli ufficiali russi ne avrebbe fatta una cernita alla stazione di Tilsit, avviandoli a diversi destini. Quelli disposti ad andare da Judenič sarebbero stati diretti in un campo di concentramento separato a Danzica e Warnemünde, gli altri a Neisse e intanto il Governo tedesco li avrebbe nutriti e pagati tutti. I treni di munizioni andati a Königsberg ed Insterburg sarebbero stati fatti subito tornare indietro e consegnati a titolo d’indennizzo parziale ai Lituani, per provare loro che si cominciavano a mantenere le promesse. Seguì un’ostinata discussione sulla restituzione dei materiali distrutti e comunque non consegnati e sulla consegna del materiale rotabile. Ad ogni richiesta Hopman rispose che lo si sarebbe potuto fare meglio, o solo, a Berlino e questa insistenza nel volerci far andare la Commissione insospettì Marietti, il quale diede un suggerimento a Niessel. Questi intanto consegnò ad Hopman i rapporti sui vari fatti – dell’ufficiale inglese insultato a Tilsit, del vagone del maggiore Giraud staccato dal treno di von Eberhardt a Schawli e condotto lontano per essere bersagliato da bombe a mano – e infine chiese i motivi che miravano, con simili incidenti, a costringere il controllo alleato a lasciare Schawli. Hopman ovviamente espresse il suo vivo rincrescimento. Era stata aperta un’inchiesta – disse – e lui si sarebbe interessato a farla condurre così da rendere piena soddisfazione. 202 La domanda seguente di Niessel era strettamente e silenziosamente collegata agli incidenti. Non era che la Divisione di Ferro volesse marciare a piedi, per poter saccheggiare il paese fino alla frontiera, magari nascondendo segrete intenzioni? Come mai ci voleva tanto a trasportarla? Hopman rispose che il ritardo dipendeva dall’avanzata dei Lettoni, fatta contrariamente a quanto avevano promesso, la quale, determinando alcuni incidenti sanguinosi, aveva messo in grande agitazione le truppe della Divisione. Lo consideravano un segno premonitore d’un attacco lettone tanto che in alcuni tratti si erano portate più a sud della ferrovia. Niessel rilevò che l’impazienza dei Lettoni era giustificata dal ritardo prolungato dei Tedeschi nell’evacuazione e comunque, finché non era attaccata la ferrovia, ogni scusa era inammissibile ed Hopman doveva costringere von Eberhardt ad eseguire quanto promesso. Avendogli Hopman assicurato che avrebbe fatto tutto ciò che poteva, Niessel passò ai Corpi Franchi. Presentò la loro lista di formazione e pregò la Delegazione tedesca di comunicargli quali e quanti di essi erano rientrati in Germania fino a quel momento e a quale destinazione erano stati avviati. Hopman promise di fornire ragguagli e tornò a chiedere che la Commissione e la Delegazione tedesca si recassero a Berlino per discutere la questione dei materiali e dei Russi. Niessel rispose che, prima di decidere, la Commissione aveva bisogno di discutere la questione e, seguendo il suggerimento di Marietti, domandò se esistevano altri gravi motivi per chiedere ripetutamente di recarsi a Berlino e in quel caso che venissero comunicati soltanto a loro cinque, i capi della Commissione Interalleata. Viste finalmente le carte in tavola, Hopman chiese di ritirarsi un momento con la Delegazione germanica per decidere, poi rientrò e spiegò. Marietti, com’era suo dovere, riferì immediatamente con una lettera riservatissima e personale al generale Bencivenga203 a Berlino, lettera tanto più La lista comprendeva quindici incidenti di varia gravità – senza spargimenti di sangue, alcune volte per caso, e comunque nessuno leggero – proditoriamente provocati fra il 23 novembre ed il 4 dicembre da personale militare tedesco, prevalentemente del Gruppo Plehwe – compreso tre volte lo stesso Plehwe – e della 34ª squadriglia, nei confronti di ufficiali francesi, britannici ed americani. La lista sarebbe stata completata dal sedicesimo ed ultimo l’indomani sera, 6 dicembre, alla stazione di Insterburg. 203 Roberto Bencivenga nacque a Roma il 2 ottobre 1872. Uscito dall’Accademia d’Artiglieria e Genio di Torino, fu tenente nel 13° Artiglieria. Dopo la Scuola di Guerra entrò nel Corpo di Stato Maggiore e da capitano insegnò tattica alla Scuola di Guerra dal 1910. In Libia nel 1911, si distinse particolarmente ad Ain Zara ed ebbe la prima medaglia d’argento al valor militare. Chiamato allo Stato Maggiore dal generale Cadorna nel 1914, nel 1916 fu nominato Capo dell’Ufficio Segreteria del Comando Supremo. Promosso tenente colonnello e poi colonnello, alla fine d’agosto del 1917, per contrasti con Cadorna chiese ed ottenne di lasciare il Comando Supremo. Comandante della Brigata Aosta dopo Caporetto, si distinse al Col della Beretta e poi nella Battaglia del Solstizio del 1918. Alla fine della guerra aveva avuto una seconda medaglia d’argento al valore militare e la nomina a capo della Missione Militare Italiana a Berlino. Alla fine del 1919 lasciò il servizio attivo. Nel 1924 entrò in Parlamento coi Liberali. Contrario al Fascismo, fu radiato dall’Esercito nel 1926 e, condannato a cinque anni di confino, ma rifiutò di chiedere la grazia. Nel 1943 si unì alla 202
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importante in quanto, come Marietti scrisse al suo superiore, Niessel aveva mandato a Parigi solo un rapporto parziale: “Tilsit 5 dicembre 1919 RISERVATISSIMO PERSONALE n. 43
Al generale Roberto Bencivenga, capo della missione militare italiana Berlino.
Trasmetto quanto segue per lettera, approfittando partenza col. franc. Dosse e nel dubbio che telegrafo tedesco non trasmetta o trasmetta con ritardo. Veda V.S. come possa venir d’urgenza informata delegazione Parigi su queste notizie d’ordine delicatissimo e che solo parzialmente vennero da presidente commissione comunicate a Consiglio Supremo. Col. Dosse rimarrà a Berlino due giorni. L’ho pregato di tenere V.S. al corrente degli avvenimenti, che potranno venire a conoscenza di lui. Per i continui e gravi attentati commessi su ufficiali interalleati nelle zone di sgombro e su richiesta della delegazione tedesca, vennero ritirati tutti i posti di controllo e contatto con la divisione di ferro. Nella riunione di stamane, ammiraglio Hopman, rientrato da Shawli, ha chiesto di recarsi a Berlino, unitamente alla commissione interalleata, per trattare col governo tedesco le questioni delle cessioni dei materiali ai Lituani e Lettoni e dello sgombro dei Russi. Non essendo queste ragioni evidentemente così gravi da richiedere la partenza della Commissione, perché Hopman ha pieni poteri e tenuto conto delle notizie pervenute alla commissione da fonte sicura sui temuti moti monarchici nell’interno dell’impero e sul contegno della divisione di ferro, la commissione ha chiesto all’amm. Hopman che, se vi fossero altre ragioni di indole molto grave, ci si poteva riunire in seduta confidenziale. Accettata la proposta, Hopman ha esposto che il governo non intende dare amnistie ai capi delle truppe tedesche ribelli, che egli per facilitare l’evacuazione delle Province baltiche, ha promesso tale amnistia. Le truppe stanno per rientrare in Germania e l’arresto dei capi avrebbe per conseguenza la rivolta di una parte della popolazione tedesca. Di qui la necessità di conferire col governo, non che l’opportunità che vi si recasse pure la commissione. La commissione ha deciso all’unanimità di restare a Tilsit, perché la questione prospettata da Hopman è di ordine interno ed il compito della commissione è soltanto di vegliare allo sgombro delle Province. Mentre la commissione esaminava il problema, Hopman ha mandato a dire in via extra-ufficiale che ragione del suo viaggio era anche la gravissima minaccia creata alla Germania dalla congiura. L’amm. Hopman, preso atto della decisione della commissione di restare, ha deciso di restare pure egli e di inviare a Berlino gli altri due membri della delegazione magg. von Kessler e consigliere di legazione von Dirksen. Ha chiesto che li accompagnassero rappresentanti della commissione; vi si reca il col. Dosse, che è già stato distaccato a Schawli testimonio di tutti i disordini avvenuti ed è al corrente delle notizie sui complotti. Partono oggi. Resistenza, ebbe il comando del Fronte Clandestino di Roma e in seguito una terza medaglia d’argento al valor militare. Rientrò in Parlamento nel 1945 e nel 1948 divenne Senatore. Morì a Roma il 23 ottobre 1949.
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La delegazione tedesca afferma che il primo scaglione della divisione di ferro parte oggi e che tutta la divisione sarà trasportata a Stade (che dev’essere nell’Hannover)_ In realtà nulla della divisione di ferro è ancora passato. Eberhard e Bischof si sono impegnati per iscritto a far partire le truppe in ferrovia, ma informazioni sicure dicono che la divisione di ferro intende rimanere riunita. Anche la composizione del primo scaglione è un tutto organico (1 rgt fanteria, 1 btgl mitragliatrici, 1 sqd cavalleria, colonna munizioni.) Notizie non controllate segnalano uno spostamento verso W di Schawli di parte della divisione. I soldati dicono apertamente di voler marciare per saccheggiare; gli ufficiali sperano di servirsene per il movimento monarchico. Noske avrebbe avuto intenzione di recarsi a parlare alla divisione di ferro, ma gli si è fatto sapere che lo avrebbero preso in ostaggio, La divisione è in perfetto assetto e militarmente disciplinata. Non ha permesso nessun controllo alleato. Non si segnalano nuovi arrivi di truppe dell’impero alla frontiera, ma sembra fondatamente che numerose forze della Reichswehr siano d’accordo con la divisione di ferro per concorrere al movimento rivoluzionario, che non si può, coi dati qui posseduti, dire se avrà carattere piuttosto spartachista che monarchico. 204 Brig. gen. Marietti”XCVI Confermato che sarebbero andati a Berlino von Kessler, von Dirksen e Dosse, nel pomeriggio la Commissione esaminò la questione del materiale rotabile e di riparazione e decise quanto farne consegnare alla Lituania e alla Lettonia. Alle 18 si spedirono due telegrammi, di cui uno a Parigi “per disposizioni riguardo ai russi.” Poi si fece il conto degli evacuati: fino a quel momento erano oltre 14.000 e cioè 1.370 ufficiali, 11.232 uomini validi e 1.779 feriti, con 2.365 cavalli, 64 cannoni, 36 velivoli, 17 automobili e 476 carri. In serata si seppe che la Divisione di Ferro si era mossa compatta verso sud, aveva oltrepassato con tutte le sue truppe la linea ferroviaria fino presso Schawli, non senza prima aver sgomberato verso di essa la maggior parte del proprio materiale e circa 3.000 uomini. Sembrava dirigersi su Tilsit, con obbiettivo probabile Memel, anziché Tilsit come stabilito. Notò Marietti: “Hopman stesso comincia a sentirsi ingannato.”XCVII Poiché non si sapeva cosa ci si poteva attendere dagli uomini di Bischoff, la Commissione stabilì che a Memel per il momento sarebbero rimasti solo gli ufficiali di controllo, avvisandoli di tenersi pronti a ritirarsi sulle navi in caso di pericolo; queste sarebbero dovute restare in porto per comunicare via radio fino a quando non si fossero verificati incidenti, nel qual caso avrebbero dovuto spostarsi a Libau. Venne diffuso un preallarme dappertutto. Si telegrafò a Kaunas per chiedere al Governo Lituano di tenersi pronto, dietro avviso della Commissione, ad occupare la ferrovia per garantire la sicurezza dei trasporti e l’incolumità della linea, ma senza eseguire nessun attacco o movimento in avanti. Un altro telegramma fu mandato a Riga, per avvertire i Lettoni di tenersi pronti ad avanzare se i Lituani l’avessero chiesto e poi telegrammi a Parigi, Berlino e
E’ interessante, ai fini della comprensione della cooperazione fra i vari membri vedere cosa avesse fatto in realtà Niessel. Alle 9,50 del mattino del giorno prima, 4 dicembre, aveva telegrafato direttamente al Ministro della Guerra a Parigi: “La Commissione Interalleata crede di dover trasmettere le informazioni ricevute sull’azione progettata della divisione di ferro, che si ricollegherebbe ad un piano d’insieme destinato a rovesciare il Governo attuale ed a stabilire la loro dittatura militare che rifiuterebbe l’applicazione del Trattato di Pace. Il movimento sarebbe creato da degli elementi spartachisti ed imperialisti riuniti. L’azione comincerebbe per mezzo d’un’agitazione spartachista a Berlino. 3 Gruppi di forza di cui uno sarebbe la divisione di ferro partirebbero dall’Hannover e marcerebbero sulla capitale sotto pretesto di riportare l’ordine. Ludendorff che è venuto a Mitau tre settimane fa sarebbe alla testa del movimento. Von der Golz che è a Königsberg d’accordo col Wehrkreiskommando N. 1 parteciperebbe al movimento . L’azione sotto alto patronato d’Hindenburg sarebbe molto vicina, la data è ancora indeterminata.” Cfr. copia in NA, fondo WO –32/5706, 91810. Da parte sua Turner soltanto il 6 sera avrebbe spedito delle analoghe informazioni in un rapporto più generale al Capo di Stato Maggiore Imperiale generale Wilson a proposito della situazione dell’evacuazione e nei tre Paesi Baltici. 204
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Varsavia, per comunicare quanto avveniva e le disposizioni prese; infine si studiò cosa fare se la Commissione si fosse dovuta allontanare.
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Capitolo X La marcia della Divisione di Ferro
Poiché la marcia della Divisione di Ferro ha occupato ed occupa tanto spazio nella mitologia dei Corpi Franchi, vale sicuramente la pena di parlarne per esteso dal punto di vista della Commissione; si vedrà così quali siano stati i fatti e quanto le tradizioni correnti siano aderenti ad essi. Il 6 dicembre ci fu l’ennesimo sotterfugio tedesco. La mattina si aprì con una lettera con cui Hopman riferiva un rapporto di von Eberhardt, secondo il quale la situazione si era talmente aggravata da impedirgli di promettere l’ulteriore trasporto per ferrovia. L’Eiserne Division – diceva – aveva perduto Wekschny205 e Popeliany.206 Teneva ancora Kurshany207 ed a Schawli erano in corso molti combattimenti con bande, il personale ferroviario era “assai nervoso.” Von Eberhardt riconosceva gli sforzi della Commissione interalleata, la buona volontà dei comandi Lettone e Lituano, ma – proseguiva – vedeva chiaramente che non tenevano più in mano una parte delle loro truppe e così anche le numerose e talora forti bande bolscevizzate. Le truppe lettoni e lituane – continuava – avevano, senza curarsi della sicurezza da loro promessa, iniziato le loro operazioni offensive e, concludeva: “Le ultime truppe ed il personale ferroviario verrebbero abbandonate al nemico se proseguissi nel trasporto per ferrovia. – Io avrei leggermente posto in giuoco la vita dei soldati germanici se io avessi agito diversamente ed ho perciò ordinato che le rimanenti truppe inizino la marcia verso la frontiera germanica. La mia promessa data dunque per il trasporto di tutte le truppe per ferrovia è stata forzata dagli avvenimenti, perché essi venivano a minacciare ogni sicuro ulteriore trasporto.”XCVIII La Commissione si consultò ed iniziò a scrivere. Per primo mandò un telegramma a Kaunas: i Lituani venivano autorizzati ad occupare la ferrovia e le principali opere d’arte. Dovevano però evitare gli scontri e lasciar passare i treni. Poi partì una prima lettera ad Hopman, per avvertirlo che il pretesto invocato da von Eberhardt per ordinare la ritirata a piedi era inesatto – diplomatico modo per accusarlo di mentire – perché non c’erano Lettoni nel paese ed i Lituani erano colle armi al piede ed obbedienti alle disposizioni della Commissione. Questa aveva impartito loro ordini d’occupare la ferrovia al solo fine di proteggerla, pertanto von Eberhardt sarebbe stato ritenuto personalmente responsabile se avesse cercato d’approfittarne per provocare un atto di guerra. Hopman fu destinatario d’una seconda lettera, per portare a conoscenza della Delegazione germanica che la Commissione riteneva personalmente responsabile dei saccheggi commessi e dei violenti attacchi contro gli ufficiali alleati proprio von Eberhardt ed il suo capo di Stato Maggiore von Fritsch, perciò si riservava il diritto di applicar loro gli articoli 228 e 229 del Trattato di pace, che prevedevano la comparsa dei colpevoli davanti ai Tribunali Militari Alleati. Come la precedente, pure questa andava consegnata a mano ad Hopman nel corso della solita riunione giornaliera, prevista per quel pomeriggio. Con questo se n’era andata la mattina. Il pomeriggio si aprì colla notizia che, poiché parvus licebat componere magno – al piccolo era permesso seguire l’esempio del grande – pure il Corpo Brandis si ritirava a piedi. Fra un aggiornamento e l’altro si trovò il tempo per discutere del materiale rotabile per la Lituania e la Lettonia, mentre giungevano pian piano le notizie sulla Divisione di Ferro: le teste di colonna erano giunte a Telshe208 e Korklyani 30 km a ovest di Telshe;209 i furieri d’alloggiamento invece 205
Veksniai, in Lituania. Papilė, in Lituania. 207 Nell’originale Rurshany, probabile errore di battitura: Kuršėnai, in Lituania. 208 Telšiai, in Lituania. 209 Karklènialai, in Lituania. 206
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erano già a Memel. Fino a quel momento uno solo battaglione era passato in treno per Tilsit ed era dubbio se un altro nucleo, annunciato come partente in ferrovia, avrebbe obbedito o si sarebbe mosso a piedi. Von Eberhardt era partito da Schawli ma non si sapeva ancora dove fosse diretto e da tutto l’insieme non si poteva escludere la connivenza delle autorità della Prussia Orientale. Alle quattro del pomeriggio si fece l’incontro colla Delegazione germanica. Hopman chiese che, nell’interesse di tutti, le truppe in ritirata a piedi non fossero attaccate. Niessel gli diede le due lettere preparate al mattino. Riguardo a quella coll’ordine ai Lituani d’occupare la ferrovia evitando ogni scontro, spiegò d’averlo impartito perché, da sicure informazioni avute da un ufficiale francese, risultava che le truppe germaniche tenevano Radzywiliski210 ed avevano già operato delle interruzioni. Aggiunse che, se ne fosse nato qualche penoso incidente, la responsabilità sarebbe stata del Comando tedesco, il quale aveva impedito che fosse esercitato il controllo interalleato. Poi si discusse dei materiali e lì si chiuse l’incontro.211 L’indomani, 7 dicembre, alle 9 la Commissione trovò due lettere di Hopman. La prima annunciava l’arrivo di von Eberhardt a Tilsit, considerava come estremamente pericoloso l’ordine ai Lituani di avanzare per difendere la ferrovia, perché, non essendo ancora terminato il deflusso dei trasporti, le truppe tedesche di protezione alla linea le quali, per difficoltà di comunicazione, non avevano potuto esserne prevenute, avrebbero potuto vedere in quel movimento un attacco, per cui ne sarebbero nati degli scontri; di conseguenza l’Ammiraglio pregava vivamente la Commissione di ritirare quell’ordine e di non permettere ai Lituani d’occupare Schawli212 prima dell’8 dicembre, Pogrysowa213 e Lidowiani214 prima del 10 ed il rimanente della linea ferroviaria prima del 12. Ovviamente la Commissione mantenne l’ordine dato e ribatté che l’intera responsabilità di ogni possibile scontro sarebbe ricaduta su von Eberhardt perché, invece di rimanere indietro a dirigere il rientro delle proprie truppe, le aveva precedute, contrariamente a quanto gli era stato prescritto. L’altra lettera di Hopman comunicava che il Wehrkreiskommando I di Königsberg aveva ordinato d’avviare a Memel i reparti della Eiserne Division e, per conseguenza. quattro dei cinque treni che li portavano, giunti a Tilsit, erano stati fatti ripartire in quella direzione. La Commissione protestò: erano misure del tutto ingiustificate e contrarie alla promessa della Delegazione Germanica e del ministro Noske che le truppe di ritorno dalle Provincie Baltiche sarebbero state inviate all’interno della Germania e sciolte. C’erano da sospettare “strani disegni” da parte delle superiori autorità militari e civili della Prussia Orientale e la Delegazione Germanica era pertanto pregata di segnalare al Governo quanto accadeva, intanto la Commissione avrebbe telegrafato – come fece – la notizia a Parigi. Non si limitò a questo: telegrafò pure a Kowno e Riga invitando il Governo Lituano ad organizzare un’attenta sorveglianza della frontiera fra Tauroggen215 e Memel216 dopo la fine dell’evacuazione, sempre evitando ogni conflitto. Inoltre invitò i due governi a regolare di comune accordo l’eventuale difesa del territorio lituano.
Nell’originale indicato come Rallzywiliski, ora Radviliškis, in Lituania. Poiché il libro si basa sui documenti italiani, ma quanto scrisse Turner (originale in NA, fondo WO –32/5706) ai suoi superiori è interessante, lo riporto qui in nota. Nel già menzionato rapporto a sir Henry Wilson in data 6 dicembre, oltre a parlare del colpo di stato in preparazione, Turner diceva: “Condotta delle truppe tedesche… i Tedeschi dappertutto nell’intera area che hanno occupato hanno commesso su ampia scala rapine saccheggi e distruzioni. Cavalli, vacche, pollame, carretti ed anche mobili sono stati portati via. Nulla è stato lasciato al contadino tranne le poche cose che è stato capace di nascondere. Uomini, donne e bambini sono stati fucilati e maltrattati senza il minimo pretesto. E il caso della storia del Belgio che si ripete nel Baltico. I vari FREI Corps sono i più sregolati, sorpassando la Divisione di Ferro e le Truppe di BERMONDT in violenza. Sono ora bande di tagliagole del peggior tipo – armati fino ai denti e non sopportando alcuna interferenza nelle loro azioni.” 212 Šiauliai, in Lituania. 213 Pakražantis, villaggio allora d’un centinaio di persone, oggi ridotto a 40, in Lituania: venendo da Šiauliai a Tilsit, era la fermata del treno successiva a Kelmės e prima di Tauragė. 214 Lyduvėnai, in Lituania, luogo del ponte sul fiume Dubysa/Dubissa. 215 Tauragė, in Lituania. 216 Klaipeda, in Lituania. 210 211
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Arrivarono altre notizie: truppe regolari tedesche, giunte per ferrovia, si accantonavano a Memel; alle 18 un telegramma da Riga con cui i Lettoni chiedevano di poter disporre della linea LibauMurawievo217 e in serata Dosse riferì che Noske riteneva la missione della Commissione ultimata non appena le truppe avessero evacuato del tutto le Provincie Baltiche e rifiutava ad Hopman i poteri per decidere sulla questione dei materiali, per risolvere la quale proponeva di nominare una Commissione Interalleata a Berlino, con rappresentanti lituani e lettoni. Notizie di un fiduciario dicevano che la Divisione di Ferro avesse rifiutato d’eseguire gli ordini del Governo perché voleva dimostrare al popolo tedesco che c’erano ancora truppe germaniche dotate di disciplina e volontà e, al contempo, sottolineare l’impotenza della Commissione Interalleata. L’8 dicembre si seppe da Hopman che gli ultimi trasporti in ferrovia della Eiserne Division erano partiti da Schawli, mentre il grosso, sempre in marcia, aveva raggiunto la zona Tyrschle– Popeliany.218 La Legione Tedesca era anch’essa partita a piedi il giorno prima, il 7, da Schawli, mentre il Comando del VI Corpo d’Armata di Riserva di von Eberhardt aveva stabilito il suo quartier generale a Bernaiten. 219 Il capitano Beaud della missione francese comunicava d’aver ottenuto dai Tedeschi la riparazione proprio entro l’8 della linea Murawievo-Libau, da loro stessi interrotta, e che sarebbe stata ripristinata pure la tratta Murawievo-Prekuln,220 interrotta a 4 chilometri da Skuddi.221 Nel pomeriggio furono discusse le questioni da trattarsi coi Tedeschi, decidendo d’agire subito riguardo ai materiali da guerra e rotabile ed alle sanzioni; di concretare al più presto in cifre tonde i danni relativi ai cavalli ed alle indennità in denaro per sottoporle al Consiglio Supremo a Parigi, pregandolo d’appoggiarle e di non allentare la morsa sulla Germania prima di vederle risolte. La situazione dell’evacuazione a sera era questa: la ferrovia era stata evacuata fino a 7 chilometri a nord di Lidowiani,222 però la Legione Tedesca aveva fatto saltare a Schawli i depositi di munizioni ed incendiato quelli di viveri e vestiario. L’indomani, 9 dicembre, Dosse, di ritorno da Berlino, riferì sulle conferenze avute coi ministri Noske e Müller. Premise d’aver trovato i generali Dupont, Malcolm e Bencivenga unanimi nel ritenere che il Ministero in carica fosse quanto di meglio si potesse desiderare in quelle condizioni: era il solo in grado di condurre a termine l’esecuzione del Trattato, però doveva continuamente fare concessioni ad entrambi i partiti estremi, assai irrequieti e violenti in quegli ultimi tempi. Gli ambienti alleati e germanici a Berlino concordavano nel ritenere possibile il movimento di restaurazione imperiale, ma che fosse troppo presto per una sua immediata manifestazione, perché non era ancora completamente organizzato; comunque il Governo ne era a conoscenza ed aveva già preso misure opportune. Venendo a parlare dell’incontro con Noske, Dosse raccontò che il Ministro riguardo agli incidenti aveva fatto ampie scuse e promesso di far arrestare i colpevoli. Dell’evacuazione, aveva detto che le truppe sarebbero state mandate oltre l’Oder, ma, dato lo stato d’animo delle popolazioni della Prussia Orientale, impaurite dal pericolo bolscevico, era stato deciso di trattenere sulla frontiera tre battaglioni della Divisione di Ferro fino a quando non fosse stato possibile sostituirli con unità della Reichswehr. Per finire, Dosse esibì il piano di ripartizione in Germania delle truppe evacuate avuto dal Ministro. Piano di dislocazione indica seguenti destinazioni: Eiserne division: Danzig, Stade, Hammerstein223 Liepāja–Mažeikiai. Papilė, in Lituania. 219 Non identificato col nome attuale, però era sede d’una parrocchia luterana nei dintorni di Tilsit. 220 Mažeikiai-Priekule. 221 Skuodas, in Lettonia. 222 Lyduvėnai, in Lituania. 217 218
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Deutsche Legion: Stalsund,224 Swinemünde,225 Oppeln,226 Krekow,227 Stolp,228 Stade Plehwe: Danzig, Stade, Russi: 2/3 Neisse,229 1/3 Altengrabw.230 Feriti, malati: Ohlau,231 Hammerstein. Nel pomeriggio si telegrafarono a Parigi i movimenti della Eiserne Division e si comunicarono i compiti rimasti alla Commissione, cioè far consegnare dai Tedeschi i materiali promessi a Lettonia e Lituania; garantire la cessione alla Lituania di quello da guerra fissato come condizione per consentire il libero passaggio alle truppe germaniche sul suo territorio; far sì che fossero applicate al più presto le sanzioni contro gli ufficiali tedeschi responsabili d’attentati contro gli ufficiali alleati. Nella riunione pomeridiana coi Tedeschi si registrò che fino a quel momento erano rientrati per ferrovia in totale 16.000 uomini e, mentre un reggimento della Divisione di Ferro teneva la frontiera da Heidekrug232 a Bajohren,233 6.000 uomini di essa ne distavano ancora 20 chilometri, contando di doverla aver passata il 13 per essere accantonati a Memel. Invece 5.000 uomini della Legione Tedesca si trovano nella zona di Botoki,234 a 20 chilometri da Tauroggen e si dirigevano su Tilsit, contando di passare il confine probabilmente il 12. La Delegazione germanica dichiarò inoltre che tutti i distaccamenti ed i militari isolati che fossero restati in Lettonia e Lituania dopo il 13 dicembre sarebbero potuti essere considerati come fuorilegge per la Germania; e dunque i Lettoni ed i Lituani avrebbero potuto agire con energia contro di loro, pertanto, una volta completata l’evacuazione, si poteva ritenere finito il compito della Missione. Si proponeva dunque che alla Commissione Interalleata, in procinto d’andare a Berlino a trattare le questioni sui materiali e le indennità, si unissero dei rappresentanti tedeschi e lituani. Quando Hopman tacque, Niessel fece notare che la Commissione avrebbe ritenuto esaurito il suo compito quando, una volta espulse pure le bande che ancora infestavano il territorio lituano, si fosse potuta recare essa stessa sui luoghi a constatare l’entità dei danni e dei saccheggi commessi dalle truppe tedesche in quelle ultime settimane. Poi presentò due note sul materiale rotabile e da guerra da consegnarsi alla Lituania e informò che avrebbe designato gli ufficiali alleati incaricati di recarsi a Berlino, per ottenere dai rappresentanti delle amministrazioni germaniche la rapida consegna di Dal 1945 Czarne, in Polonia – Pomerania – da non confondere coll’Hammerstein renana. In realtà Stralsund, cioè Stralsunda, in Germania, sul Baltico, vicino alla Danimarca. 225 Dal 1945 Świnoujście, in Polonia, sul Baltico, al confine tedesco. 226 Dal 1945 Opole, nella Polonia meridionale, quasi al confine colla Repubblica Ceca. 227 Errore di battitura per Krakow, cioè Cracovia. 228 Dal 1945 Słupsk, in Polonia, non lontana dal Baltico, in Pomerania. 229 Dal 1945 Nysa, nella Polonia meridionale, al confine colla Repubblica Ceca. 230 Altengrabow, nella Germania orientale. 231 Dal 1945 Oława, in Polonia, non troppo lontana dal confine colla Repubblica Ceca. 232 Šilutė, in Lituania. 233 Bajorai, in Lituania. 234 Batakiai, in Lituania. 223 224
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quanto elencato in quelle stesse due note e per trattare col Governo tedesco la consegna di materiale rotabile anche alla Lituania. Niessel aggiunse che la Commissione Interalleata di controllo, comandata dal generale britannico Vincent, avrebbe inviato ufficiali alleati a Wirballen235 e Posheruni236ad assistere alla consegna dei materiali ai Lituani. Infine, in base all’inchiesta da eseguire e previo ordine del Consiglio Supremo, la Commissione Interalleata, dopo il viaggio d’ispezione nei Paesi Baltici, avrebbe precisato il numero dei cavalli e dei bovini, nonché il montante delle indennità tedesche da consegnare ai Governi lettone e lituano. A sera si telegrafarono a Parigi la situazione dell’evacuazione; il fatto che la Germania considerava ormai fuori legge le bande e gli isolati che sarebbero restati nelle Provincie Baltiche dopo la scadenza e la notizia della conseguente libertà d’azione ai Lettoni e Lituani di agire contro di loro. La stessa cosa fu telegrafata a Reboul e Robinson a Kowno, a du Parquet a Riga ed al comandante Humbert sulla nave francese Aisne alla fonda a Memel, aggiungendo però che se, in seguito a circostanze eccezionali, un distaccamento tedesco avesse avuto un motivo valido per essere in ritardo, la Commissione ne avrebbe avvisato i Governi lettone e lituano per evitare malintesi. Il 10 dicembre la situazione apparve tranquilla e la Commissione lavorò solo il pomeriggio. Qui, credo, dati i verbali ed essendo questa l’unica volta in cui la Commissione non lavorò continuativamente, va inserito un fatto non riportato da Marietti, benché abbia dovuto poi menzionarlo di sfuggita in seguito per spiegare uno screzio fra Niessel e i Tedeschi. Lo sappiamo dal telegramma spedito da Niessel al Ministero della Guerra a Parigi la mattina seguente, 11 dicembre, alle 7. Esisteva, inizialmente a Danzica, un piccolo reparto russo, il Distaccamento Markov,237 che aveva solo 24 ufficiali e 157 uomini, il quale era “la sola truppa russa separata dai Tedeschi”XCIX Niessel, che parlava russo, andò a vederlo a Tilsit, accompagnato dal maggiore francese Lévèque, perché la Commissione, come riferì, giudicava assai desiderabile che quello fosse il primo reparto inviato a Denikin, dato che “i buoni sentimenti dei Tedeschi a loro riguardo sono assai dubbi.” C Come si fa di solito, Niessel passò in rassegna il reparto e tenne un discorso, astenendosi però dal riferirne il contenuto nel suo rapporto, ma sottolineando che l’attitudine di quella truppa era stata assai buona e la tenuta corretta: i soldati l’avevano ascoltato con attenzione e gli urrà erano stati “nutriti.” Nel telegramma in cui ne parlava aveva liquidato la cosa in tre righe senza aggiungere altro e nei tre punti seguenti si era dilungato per ben dodici righe ad esporre una difficoltà: i Tedeschi avevano versato venti giorni di paga invece dei due mesi dovuti e, per di più dando metà del soldo giornaliero, per cui pareva opportuno – diceva Niessel – fornire un aiuto a quegli uomini fino alla loro partenza per unirsi a Denikin, versando 1.000 marchi a testa agli ufficiali superiori, 750 ai subalterni, 400 ai sottufficiali e 150 ai soldati, per un totale di 40.000 marchi, che al cambio corrente equivalevano a 10.000 franchi francesi. Conscio di cosa aveva fatto e di quanto stava dicendo, si affrettava ad aggiungere che Marietti, Turner e Takeda erano d’accordo e il solo Cheney riteneva il proprio Governo poco disposto a pagare. Arrivato a questo punto certamente nessun lettore si sarebbe ricordato di chiedersi: che aveva detto ai Russi? Noi lo sappiamo da Marietti e lo vedremo poi: “ha detto che la Germania è sempre il naturale nemico della Russia”; una cosetta da niente! Tornando al pomeriggio del 10, la Commissione decise di recarsi finalmente a Riga per regolare col Governo lettone le questioni che lo riguardavano; nominò la sottocommissione destinata a Berlino e poi le altre quattro destinate alle zone di Libau,238 Telsche,239 Schawli 240 e Mitau,241 le quali avrebbero presentato a Schawli alla Commissione, quando fosse tornata da Riga, un resoconto dei 235
Virbalis, in Lituania. Požerūnai, in Lituania. 237 Nei documenti inglesi è indicato col nome di Martov. 238 Liepāja, in Lettonia. 239 Telšiai, in Lituania. 240 Šiauliai, in Lituania. 241 Jelgava, in Lettonia. 236
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danni, dei delitti, delle esazioni e delle distruzioni commesse dalle truppe germaniche, tale da stabilire le indennità da imporre al Governo tedesco. Della sottocommissione di Telsche faceva parte il tenente italiano Reverberi, col soldato Lovat ed il carabiniere reale Baravalle. L’11 dicembre ci si occupò di nuovo, quasi di sfuggita, della Divisione di Ferro, quando la “Delegazione Germanica comunica che v. Eberhardt pretestando cattivo stato delle strade, che obbliga truppe ad eseguire marcia in condizioni terribili, dichiara difficile compiere sgombro per data stabilita 13 Dicembre e chiede che Commissione, tenendo conto di ciò, trattenga Lituani e Lettoni fino a tutto 15 Dicembre.”CI Ebbe la risposta che si poteva attendere: quelle difficoltà erano state previste e segnalate, perciò adesso von Eberhardt era il solo responsabile dei ritardi e la Commissione manteneva la scadenza dell’evacuazione al 13. Se però fossero state fornite informazioni abbastanza precise, avrebbe fatto il possibile per evitare scontri dei Lituani e Lettoni con distaccamenti isolati. Poi si passò alla solita antologia di notizie grandi e piccole: un soldato francese era stato aggredito e malmenato all’Hotel Preussischer Hof di Tilsit, 242 un treno di Russi di Bermondt che volevano unirsi a Judenič era stato indebitamente trattenuto per essere deviato: “il treno contenente il distaccamento dei russi di Markow che doveva essere diretto su Danzica è stato indebitamente trattenuto a Kirschau per essere invece inviato in Neisse243 ove sono stati concentrati i russi di Bermond e Wirgolitch. L”ufficiale francese di controllo a Posheruni è stato abbandonato dagli ufficiali e soldati di protezione germanici proprio in un momento in cui si richiedeva la loro presenza, poiché la sua vita era minacciata da un ufficiale tedesco comandante un gruppo di isolati che già aveva fatto fucilare tre lituani. Questione dei prigionieri tedeschi. In seguito ad una nota presentatagli dal Capitano Bot, in cui questi promette di fare tutto il possibile, quale rappresentante della Commissione Interalleata, per ottenere la liberazione dei prigionieri tedeschi in Libau qualora i tedeschi facciano altrettanto coi Lettoni il gruppo Plehwe comunica di aver successivamente rilasciato tutti i prigionieri lettoni ch’erano in sue mani dopo aver loro restituito quanto era stato loro preso e dopo aver usato verso di essi trattamento conforme al diritto delle genti. Chiede pertanto [che] la Commissione provveda a sua volta a far rilasciare i prigionieri tedeschi.”CII Come d’abitudine, c’era la comunicazione con cui Hopman esponeva alla Commissione i temi da trattare nell’incontro della giornata; rispondeva a quanto gli era stato detto il pomeriggio precedente sui materiali e, dopo aver confermato d’aver inoltrato il documento della Commissione a Berlino per le decisioni in merito, sollevava una serie di obiezioni praticamente su tutto. Alle 10, durante la riunione giornaliera, le questioni minori vennero liquidate in breve e si concentrò l’attenzione su due aspetti: la Divisione di Ferro e i materiali. La prima, disse l’Ammiraglio, stando alle ultime informazioni sarebbe stata a 35 chilometri dalla frontiera ed insisté per un allungamento dei termini di scadenza. Niessel gli diede la nota di risposta della Commissione e rilevò ancora una volta che tutto si sarebbe potuto evitare se von Eberhardt fosse rimasto in mezzo alle sue truppe a dirigerne di persona la ritirata. Hopman rispose che, essendo nel suo interesse, certo von Eberhardt avrebbe fatto tutto il possibile per rispettare la scadenza del 13; poi chiese l’interessamento della Commissione per far rilasciare al più presto i Tedeschi che tuttora si trovavano in mano ai Lettoni; e Niessel rispose che l’avrebbe fatto non appena i Tedeschi avessero 242
Nel relativo rapporto 292 S/P, telegrafato alle 6 del mattino del 13 dicembre 1919, il cui telegramma d’accompagnamento è in NA, fondo WO –32/5706 – 9209, Niessel lo diceva maltrattato da tre ufficiali tedeschi. 243 Dal 1945 Nysa, in Polonia, non lontano da Wrocław/Breslavia.
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dato un’esauriente risposta circa la sorte di alcuni prigionieri lettoni che a lui constava essere stati condotti in Germania. Riguardo ai materiali, Niessel rilevò la lentezza con cui le autorità germaniche li consegnavano e come un simile ritardo fosse inspiegabile, quando era noto che a Königsberg erano accentrati tutti quelli da consegnare. Hopman lo giustificò con generiche “lentezze burocratiche”, rimarcando come parecchio materiale fosse già stato dato alla Lituania, e che il rimanente lo sarebbe stato appena giunto il rappresentante lituano incaricato di riceverlo. Poiché la stampa locale stava pubblicando parecchi articoli i quali, secondo Niessel, miravano ad eccitare l’opinione pubblica contro la Commissione, Hopman li giustificò dicendoli dovuti al forte timore della popolazione della Prussia Orientale di fronte al pericolo bolscevico, per cui essa avrebbe voluto veder mantenute sulle frontiere quelle stesse truppe che la Commissione faceva evacuare. Ad ogni modo, aggiunse, egli aveva fatto il possibile, tanto che già sulla “Tilsiter Zeitung” di quel giorno era stato pubblicato un articolo di smentita delle notizie più tendenziose. Chiese poi quando la Commissione intendesse partire per la Lettonia e Niessel gli rispose che non sarebbe successo prima d’aver avuto del Governo tedesco una sicura garanzia della soluzione delle questioni pendenti, né prima della fine dell’evacuazione e del principio del trasporto all’interno della Germania delle truppe ancora in Lituania. Alle sei di sera si mandò alla Delegazione tedesca una nota in cui le si diceva di comunicare il 13 alle ore 22, scadenza del termine dell’evacuazione, la dislocazione esatta di tutti gli elementi della Divisione di Ferro e della Legione Tedesca a quel momento, nonché la lista esatta, la dislocazione e gli effettivi dei reparti di quelle due grandi unità che non avessero ancora varcata la frontiera, onde darne un resoconto al Comando Supremo. Il 13 Dicembre 1919 le notizie di Hopman fra le altre cose segnalavano nei pressi di Kichni244 una numerosa banda armata, dotata di mitragliatrici, per cui la Commissione mandò un telegramma al Governo lituano, avvertendolo ed invitandolo a tenere le proprie truppe a protezione della linea ferroviaria fin quando non fosse cessato ogni pericolo d’attacco da parte di bande. Riguardo alla Divisione di Ferro, Hopman fece una mezza marcia indietro, sostenendo che, nella nota inviata il giorno prima, quando aveva menzionato un eventuale ritardo della Divisione, non intendeva chiedere una proroga di due giorni, ma soltanto tenere informata la Commissione, secondo il desiderio espresso dalla medesima, su ogni fatto ed ogni possibilità riguardante il movimento della Divisione stessa e che, inoltre, dichiarando fuori legge i gruppi rimasti oltre frontiera dopo il 13 dicembre, intendeva riferirsi a bande o ad isolati e non ad eventuali reparti regolari della Divisione di Ferro, che per un motivo giustificato fossero in ritardo; pertanto pregava la Commissione di prenderne nota per evitare dolorosi incidenti. Tolte di mezzo un paio di notizie su argomenti diversi, si esaminò la notizia della presenza di gruppi di Russi ancora ad Eydkimneri245 ed a Riga. La Commissione decise non interessarsi dei primi inquantoché non si erano attenuti alle prescrizioni, mentre per i secondi, un migliaio, avrebbe provveduto giungendo a Riga. Nel pomeriggio arrivò la risposta di Hopman sui materiali. Diceva che, dopo l’impegno preso dal suo Governo, tutto il materiale da guerra all’infuori di quello necessario alle unità per l’evacuazione doveva rimanere sul posto e sarebbe stato ceduto gratuitamente. Come sottolineò Marietti, nulla di ciò era avvenuto. Era rimasto in mano ai Lettoni e Lituani quanto avevano preso colle armi o che non aveva potuto essere asportato, pertanto nessuno doveva alcun rimborso ai Tedeschi, ai quali, invece spettava rendere gratis quello portato via contrariamente alla parola data. Alle dieci di sera Hopman comunicò che la Legione Tedesca e aveva varcato la frontiera al completo ed era accantonata sulla destra del fiume fra Plaschken246 Koadjuthen247 e Wilkischken, 248 244
Luogo non identificato. Dovrebbe essere Ķemeri, in Lettonia, prossima alla sponda meridionale del Golfo di Curlandia, non lontana da Memel/Klaipeda. Questo toponimo è composto dal nome del luogo, preceduto dalla parola “Heide” brughiera, per cui il significato è “Brughiera di Ķemeri” che descrive bene la località. Si tratta infatti di bagni di fango termali, in una zona piatta e paludosa vicina al mare, dal 1912 collegata per ferrovia a Mosca oltre che al resto della Lettonia. 246 Plaškiai, in Lituania. 247 Nell’originale Kaodyuliten, che dovrebbe essere ora Katyčiai, in Lituania. 245
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dove aveva messo il comando. Pure la Divisione di Ferro aveva passato la frontiera e, per dare riposo alle truppe, si sarebbe trattenuta alcuni giorni sulla zona di Memel ove aveva dislocato il comando. Qualche debole elemento di retroguardia era rimasto oltre confine presso Wewizzany249 e Wiezaycie.250 L‘ultimo treno germanico col personale ferroviario di Schawli251 aveva lasciato Posheruni252 alle ore 15 del 13. Tutta la linea ferroviaria fino alla frontiera era passata in mano dei Lituani e, anche se un ufficiale francese di controllo segnalava due distaccamenti germanici provenienti da Naumiestis 253 ancora in marcia nei pressi di Ziloncha 254 diretti a Memel attraverso il territorio lituano lungo la frontiera, l’evacuazione era finita. Come si vede, era stata molto meno eroica e combattuta ed assai più controllata e tranquilla di quanto sarebbe stato raccontato in seguito: in realtà era stata una passeggiata preferita ad un viaggio in treno gratis.
Capitolo XI Nell’originale Willkisheken, ora Vilkyškiai, in Lituania. Viešvėnai, in Lituania, non lontano da Telšiai. 250 Vėžaičiai, non lontana dalla linea ferroviaria da Riga a Tilsit, in Lituania. 251 Šiauliai, in Lituania. 252 Požerūnai, in Lituania. 253 Nell’originale Nowenyasto, nome in polacco dell’attuale Žemaičių Naumiestis, in Lituania. 254 Nell’originale Ziloncha, cioè Zelionka, piccolo villaggio nel comune distrettuale di Lazdijai, in Lituania. 248 249
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Riga, Kaunas, Berlino, Parigi
Il 14 dicembre 1919 fu la prima giornata veramente tranquilla. Alle 9 a proposito dei materiali si ebbe la risposta di Hopman, il quale, riguardo agli incidenti a Schawli,255 sosteneva di non poter condividere il punto di vista della Commissione sulla responsabilità diretta di von Eberhardt e del suo Stato Maggiore – il che significava von Fritsch – inquantochè l’inchiesta l’aveva escluso. Faceva notare che von Eberhardt aveva subito fatto pervenire le sue scuse alla Delegazione germanica e, per quanto concerneva l’incidente di Posheruni, dove gli ufficiali alleati erano stati minacciati di morte e la loro scorta tedesca era svanita, affermava che, quando quegli ufficiali avevano lasciato la stazione, v’erano ancora a guardia due ufficiali e sei uomini del distaccamento germanico di protezione. Questo nessuno lo metteva in dubbio, ma, caso mai, viene da dire, non spiegava dove fossero al momento delle minacce: forse dietro l’angolo colle orecchie ben tappate? Alle 11,45 ebbe luogo la solita riunione: erano rientrati pure i distaccamenti annunciati il giorno prima come fuori frontiera, però in territorio lituano c’era ancora la banda armata segnalata presso Kichni,256 mentre pure un’altra, formata da membri del Freikorps Meissel, sembrava trovarsi ancora in Lituania ma non si sapeva dove. Entrambe vennero dichiarate fuori legge dal Governo germanico. Poi si sentì la Delegazione tedesca dirsi concorde circa le sottocommissioni di Berlino, Wirballen e Posheruni e consentire che, oltre ad esse, fosse costituito un organo tecnico centrale di controllo ad Insterburg, capeggiato dal generale Vincent. Verso la fine della riunione la Commissione domandò d’essere informata di tutti gli spostamenti della Divisione di Ferro all’interno della Germania e quando, l’indomani pomeriggio, Hopman chiese il nulla osta per l’invio per mare da Memel a Swinemünde d’una parte delle forze della Divisione per accelerarne il movimento, la Commissione accettò e telegrafò in tal senso a Parigi ed al contrammiraglio Cowan, comandante le forze navali alleate del Baltico, specificando che “Gli imbarchi per ferrovia si inizieranno il giorno 16. A partire da tale data si avranno da 2 a 4 treni al giorno in partenza.”CIII Ma ormai la Divisione di Ferro non era più un problema, 257 lo erano invece i materiali e i Russi. Tralasciamo i primi e vediamo cosi si fece riguardo ai secondi, telegrafando a Tallinn: “Telegramma di Parigi a Governo Estone. Il Consiglio Supremo è venuto a conoscenza della gravissima situazione in cui trovasi armata russa nord-ovest (Judenitch) costretta sotto pressione delle forze nemiche a rifugiarsi in territorio estone, ove minaccia di dissolversi. Le Potenze Alleate ed Associate stanno prendendo provvedimenti onde rimediare a tale situazione ma in attesa che questi siano concretati pregano il Governo Estone a Šiauliai, in Lituania. Luogo non identificato. 257 L’appendice 1 alla Lettera protocollo 25/C71 del 2 gennaio 1920 spedita dal maggior generale – generale di divisione – capo della sezione militare della Delegazione Britannica a Parigi al Direttore dello Spionaggio Militare – War Office a Londra (originale NA, fondo WO –32/5706) diceva: “Dettagli dell’Evacuazione per ferrovia fino al 14: PERSONALE. Ufficiali 1.700, Uomini 15.200, Feriti 1.850, Civili 450. MATERIALE. Cannoni 98 Mitragliatrici 110, Aeroplani 60, Veicoli 1.000, Automobili 38, Cavalli 4.000. Evacuazione per terra (cifre meno esatte) Divisione di Ferro 6.400 Tutti i gradi, 3.000 Cavalli. Deutschers Legion 5.000 Tutti i gradi. Nessun altro dettaglio ancora disponibile. TOTALE PERSONALE 30.000.” I dati venivano dalla lettera – anch’essa in originale in NA, fondo WO –32/5706 – con cui Turner il 15 dicembre 1919 da Tilsit aveva comunicato a lui, alla Missione Britannica a Berlino ed allo S.N.O. Baltic (Supreme Naval Officer Baltic –comandante navale supremo sul posto nel Baltico) a Libau lo stato dell’evacuazione tedesca., 255 256
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prendere fin d’ora tutte le misure necessarie affinché tale esercito non cessi di sussistere come forza ulteriormente passibile di un’azione bellica contro gli eserciti bolsceviki. Il governo Estone è pertanto invitato ad accantonare gli uomini dell’esercito russo nord-ovest su zona salubre ove poter ricostituire le loro forze fisiche depresse, nonché a fornirli dei mezzi necessari (armi, carriaggi, materiale rotabile, munizioni ecc) onde ricomporre il loro organico nonché del quantitativo dei viveri attingendoli per ora dall’esercito estone. 15 dicembre 1919. ore 16 – Partenza della Eiserne Division. Hopman chiede il nulla osta per l’invio per mare da Memel a Swinemünde d’una parte delle forze per accelerare il movimento. La Commissione è favorevole e telegrafa a Parigi ed ammiraglio comandante le forze navali del Baltico perché sia data risposta in tal senso al Governo Tedesco.”CIV Alle 8 del mattino del 16 dicembre la Commissione lasciò Tilsit in treno e in nove ore arrivò a Schawli.258 Lasciatevi le prime tre Sottocommissioni di valutazione dei danni, ripartì alle 9 del 17 dicembre, alle 12 giunse a Mitau e vi lasciò l’ultima sottocommissione, poi ripartì per la capitale della Lettonia, dove arrivò alle 16,00. Gli incontri coi vertici della Repubblica Lettone e con una delegazione estone durarono vari giorni e le cose riguardanti i Tedeschi dei Corpi Franchi ed i Russi furono poche. Li toccò di sfuggita nell’incontro del 18 dicembre il ministro degli Esteri Mejerovics, quando spiegò il punto di vista nazionale sui motivi di quanto era appena accaduto: “La Latvia desidera trattare colla Germania in base ai principi del trattato di Versailles, ma le due volte nelle quali in passato ebbe occasione di intraprendere conversazioni dirette coi tedeschi su tale base per il risarcimento dei danni, essi non solo rifiutarono un accordo in proposito ma non vollero riconoscere la Latvia come parte contraente valida e chiesero il pagamento di tutti i lavori eseguiti nel corso della guerra (ferrovie e fortificazioni). Chiede perciò Commissione intervenga a costringere Germania a rispettare le condizioni del Trattato nella parte che concerne gli stati ex russi e particolarmente il contenuto dei paragrafi 434 e 293. Niessel fa notare che attualmente il trattato non è ancora entrato in vigore, ma che il contenuto di tali articoli è la prova più evidente che l’Intesa non intende abbandonare gli stati sorti dall’impero russo. La Commissione può ora soltanto imporre la riparazione dei danni e saccheggi commessi dai tedeschi nel corso dell’evacuazione, cioè a partire dal 1° Novembre, data in cui essi hanno iniziato lo sgombro, poiché il risarcimento complessivo dei danni di guerra è compito vastissimo che solo sono autorizzate a risolvere le Commissioni di riparazione che verranno inviate dall’Intesa. Fa notare che la Commissione cerca di fare tutti gli sforzi possibili affinché la consegna del materiale rotabile avvenga gratuitamente, ma che al successo delle trattative si oppone, grave ostacolo, l’attuale stato di guerra della Latvia colla Germania. Ministro degli Esteri. La Latvia si è vista costretta a dichiararsi in istato di guerra per il contegno ostinatamente ostile della Germania e per la situazione determinatasi dalla
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Šiauliai, in Lituania.
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dichiarazione del gen. Eberhardt di prendere le truppe di Bermond sotto il suo comando e la sua protezione. Il desiderio della Latvia è di vivere in pace; avvenuto lo sgombro, essa è pronta a trattare sotto l’intermediario della Commissione che spera riuscirà a sormontare le difficoltà che la Germania opporrà. In fatto il gen. Niessel trova modo di mettere in contatto il cons. von Dirksen e il sig. Schneiner, rappresentante della Latvia a Berlino, ora rientrato, Le relazioni con l’Estonia sono pure buone. ….. 19 Dicembre 1919. ore 15 Riunione coi delegati estoni (Ministro degli Esteri Birk 259 Capo di S.M. General Soots). 260 Niessel chiede se il Governo Estone ha l’impressione che esistano in Finlandia agenti tedeschi che svolgono di lì azione dannosa contro gli stati baltici vicini e particolarmente contro l’Estonia, cercando di provocarvi disordini gravi. Delegazione Estone: Non si ha l’impressione che la cosa sia grave, ma tuttavia un’azione in tal senso agenti germanici vanno svolgendo nell’esercito estone per minarne la solidità; però ogni misura è stata presa per sventarne il pericolo e dalla frontiera nessuno può passare senza un severissimo controllo di passaporti. ….. 21 Dicembre 1919. Ore 12 Riunione col Governo Lettone. La città di Riga è stata bombardata anche in passato, ma nei giorni 5, 6 e 7 novembre ha subito i maggiori danni e per pura malvagità. Le cifre date valgono per tutta la Lettonia e sono certamente inferiori alla realtà esse si suddividono come segue: danni privati danni pubblici
milioni “
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Ado Birk nacque nella fattoria di Kulbisaare il 14 novembre 1883. Si diplomò al seminario ortodosso di Riga, studiò all’Accademia teologica di San Pietroburgo e poi studiò legge nelle Università di Tartu nell’anno accademico 1907 1908, San Pietroburgo nel triennio accademico 1908 al 1911 e infine Lipsia nel 1911. Capo dell’ufficio statistico di Tallin dal 1911 al 1912, da quell’anno si diede alla professione legale nello studio di Jan Poska. Nel 1917 fu fatto segretario dell’Assemblea Provinciale Estone e nel 1918 rappresentante dell’Estonia ad Helsinki. Dal 1918 al 1919 fu pure presidente dell’Assemblea Provinciale Estone e del Comitato generale delle elezioni della Costituente, della quale fu vicepresidente, carica a cui unì quella di ministro degli Esteri. Assunta per tre giorni la presidenza del Consiglio dal 28 al 30 luglio 1920, dal 1922 al 1926 fece parte della Missione Estone in Russia. Tornato ministro degli Esteri nel 1925, dedicò in seguito la sua attività alla Chiesa Ortodossa Apostolica Estone da allora e fino alla fine degli anni ’30. All’arrivo dei Sovietici fu arrestato dall’NKVD. Trasferito nel campo di prigionia di Sosva, nel governatorato di Sverdlosk, fu condannato alla pena capitale, ma morì il 2 febbraio 1942, prima dell’esecuzione. 260 Jaan Soots nacque a Küti, fattoria del villaggio di Linna, il 12 Marzo 1880. Volontario nell’esercito russo nel 1900, fu allievo dell’Accademia militare di Vilna dal 1901 al 1904. Promosso sottotenente di fanteria,partecipò alla Guerra Russo-Giapponese in Manciuria e vi fu decorato. Tenente dal 1° novembre 1907, nel 1910 fu ammesso all’Accademia dello Stato Maggiore a San Pietroburgo e l’11 dicembre fu promosso capitano di Stato Maggiore. Scoppiata la Grande Guerra, ebbe vari incarichi sul fronte austriaco, contro i Tedeschi e sulla costa del Mar Nero, ricevendo numerose decorazioni. Tenente colonnello nel 1916, si brevettò pilota osservatore. Venuta la Rivoluzione di Febbraio, il 4 maggio 1917 fu distaccato al Congresso degli Ufficiali di Terra e di Marina tenuto a Mogilev fino al 27 maggio. Dall’autunno del 1917 partecipò attivamente alla costituzione della 1ª Divisone Estone e ne fu capo di stato maggiore e comandante interinale dal 2 dicembre 1917 fino all’arrivo del generale Laidoner. Colonnello dal 3 aprile 1918, l’11 novembre 1918 fu nominato viceministro provvisorio della Guerra e il 24 dicembre Capo di Stato Maggiore Operativo. In connessione al riordino dell’Esercito del 24 gennaio 1919, diventò Capo di Stato Maggiore dell’Esercito e il 17 settembre 1919 fu promosso maggior generale. In aspettativa per attività parlamentare dal 27 marzo 1920, il 25 gennaio 1921, fu nominato ministro della Guerra, ma si dimise il 2 agosto 1923. Riebbe la stessa carica dal 16 dicembre 1924 fino al 4 marzo 1927. Sindaco di Tallinn nell’aprile 1934, lo fu di nuovo dal maggio del 1938 al dicembre del 1939. All’arrivo dei Sovietici, fu arrestato dall’NKVD il 20 settembre 1940. Nel 1941, dopo un lungo interrogatorio a Tallinn, fu trasportato in Russia, dove morì il 6 febbraio 1942, nel campo di lavori forestali di Ussolag.
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per la biblioteca di Mitau261 per altri edifici di Mitau per le comunicazioni e i porti per il demanio forestale per l’agricoltura per depositi vettovaglie Totale
“ “ “ “ “ “ milioni
6 8 32 16 45 4 283
Inoltre la spesa per il mantenimento dell’esercito è valutata in 5 milioni al giorno Il numero dei cavalli che è stato asportato durante l’evacuazione, è valutato a 6 mila. …. Poiché… il paese è stato ormai liberato dall’occupazione tedesca ed i lettoni hanno promesso sicuro concorso di forze qualora i tedeschi intendessero avanzare di nuovo (e per questo una quarta divisione è in formazione a Libau), sembra naturale la richiesta dei lettoni che i lituani raccolgano le loro forze e le impieghino contro i bolsceviki. I lettoni, il cui esercito presenta già oggi notevoli caratteri di solidità a malgrado della scarsezza di mezzi logistici, hanno operato contro i tedeschi con saggio criterio militare. Sebbene le operazioni di Judenitch volgessero in prima sconfitta, non esitarono a sguernire il loro fronte bolscevico, lasciandone quattro soli reggimenti contro trentanove reggimenti bolscevichi presenti ed a raccogliere tutte le loro rimanenti forze (due divisioni) attorno a Riga, donde le lanciarono alla cacciata dei tedeschi. Ora i lettoni intendono riportare le due divisioni sul fronte bolscevico (lasciando a Libau la quarta divisione di reclute) per operare in concorso colle forze estoni alla cacciata dei bolscevichi verso est ma per questo occorre loro di diminuire l’ampiezza della fronte; di qui la richiesta fatta ai lituani. L’indirizzo generale, che estoni e lettoni intendono imprimere alle future operazioni contro i bolscevichi e, sulle linee generali, il seguente: costituire unità composte essenzialmente di soldati appartenenti alle regioni più prossime da conquistare. Il sentimento nazionale russo nelle classi incolte è pressoché inesistente, mentre forte è il sentimento regionale; su di esso si fondano le speranze di imprimere alle truppe lo spirito offensivo, notoriamente scarso nei russi, necessario per queste operazioni. Sotto tale punto di vista i lettoni non vedono malvolentieri gli sforzi della Russia Bianca per costituire essa stessa delle forze antibolsceviche. In linea generale ciò rappresenta un disperdimento di forze non consigliabile. Ma sperano i lettoni che il comando di tali forze venga affidato ad uomini capaci di vedere al di là del problema della Russia Bianca o di quello della restaurazione dell’antico regime. Tutto sta a trovare tali comandanti, perché per quanto riguarda gli ufficiali in sottordine, i russi hanno sufficienti qualità per essere buoni e sicuri esecutori. L’aspirazione generale degli ufficiali russi, e più ancora dei funzionari civili, è il ritorno all’antico regime. Ma di ciò non v’è per il momento da preoccuparsi, purchè i comandanti elevati abbiano vedute corrispondenti ai tempi. Non quindi i lettoni temono un inquadramento di truppe russe con ufficiali russi e neppure un inquadramento delle truppe lettoni purché naturalmente non eccessivo. Ciò che però difetta nell’esercito lettone, come del resto in tutti gli eserciti di nuova formazione, sono i materiali.”CV
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Jelgava, in Lettonia.
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Il 22 dicembre 1919 sera la Commissione lasciò Riga in treno alle 23. Il viaggio fu breve, solo fino a Mitau per constatarvi i danni e poi proseguire verso la Lituania. L’indomani i Commissari ispezionarono la città. “23 Dicembre 1919. Ore 9-10. Visita in Mitau agli edifici danneggiati ed incendiati dai tedeschi del distaccamento Rosbach. Il Castello, costrutto sulle rovine dell’antica rocca dell’ordine teutonico nel 1738 dall’architetto Rastrelli, e abitato da Luigi XVIII dal 1798 al 1801 e dal 1804 al 1807, è stato sistematicamente incendiato; antiche tombe esistenti nei sotterranei sono state violate. Lo stesso dicasi per il museo e per il Ginnasio, contenenti rispettivamente biblioteche di 20.000 e 50.000 volumi, tra cui manoscritti di gran pregio anche italiani. Ore 11.30 partenza, ore 15 arrivo a Shawli262 che ha pure grandemente sofferto dai danni della guerra. Visita ai principali edifici distrutti. Marietti faceva poi alcune considerazioni sulla presenza e le intenzioni dei Russi, o meglio degli eserciti russi, tanto bianchi, che cercavano di farsi prendere al servizio di una o di tutte le tre Repubbliche, quanto rossi e partì dalla situazione in cui versava l’esercito del nordovest “– Esercito di Judenic. – E’ stato battuto ai primi di novembre a sud di Pietrogrado dai bolscevichi e costretto a ripiegare in disordine su Narwa. Il governo estone si è mostrato riluttante ad accogliere nel proprio esercito queste forze, il Consiglio Supremo (vedi diario 14 Dicembre) ha insistito presso il Governo estone perché le forze di Judenic siano riorganizzate. Il Governo estone, che conosce meglio che a Parigi il valore soprattutto morale delle truppe di Judenic, continua a non volerne sapere. Allora Judenic è venuto a Riga per trattare col governo lettone il trasporto del suo esercito in Lettonia e l’incorporazione nell’esercito lettone; egli pone come condizioni: di essere il capo supremo; di avere una base portuale ad una linea ferroviaria a disposizione (quando i lettoni non hanno modo di eseguire i trasporti indispensabili). Egli chiede inoltre di costituire un notevole numero di nuove unità, evidentemente per dare posto ai numerosi generali e colonnelli che sono al suo seguito. Judenic è ripartito ma il governo lettone non ha accettato queste condizioni; se Judenic venisse in territorio lettone non vi sarebbe altra soluzione che alla dipendenza delle autorità lettoni, per quanto ciò possa costare all’orgoglio russo. In realtà queste condizioni sono poste, perché è intimo pensiero di tutti i russi di rimettere i nuovi stati baltici sotto il potere russo e di ricostituire appena possibile l’antico regime, la grande Russia. Essi però non pensano che questi nuovi stati non potranno mai adattarsi ad un ritorno all’antico dopo di aver gustato la libertà e l’indipendenza, anche a costo di diventare i vassalli economici di qualche potenza occidentale. … In Finlandia si va costituendo un esercito russo bianco con capo il generale Juskowski (o nome analogo); anche questo dovrebbe essere trasportato in Lettonia, perché [è] dal
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Le due città distano meno di 90 chilometri l’una dall’altra.
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territorio lettone che deve necessariamente partire per muovere alla liberazione della Russia Bianca. Ma anche qui si presenteranno le stesse difficoltà che per Judenic, perché i Russi sono tutti gli stessi. A complicare la questione pare che anche in Polonia si pensi alla costituzione di forze bianco-russe.”CVI Marietti poi auspicava una riorganizzazione delle forze anti-bolsceviche, ipotzzando una sorta di futura crociata contro i Rossi, alla quale però avrebbe dovuto partecipare pure la Germania. Implicitamente questo significava rimetterla in piedi, riarmarla, renderla di nuovo una minaccia. Intuendolo non ci insisté più di tanto, però evitò di trarre delle conclusioni veramente obbiettive. Le sue annotazioni giornaliere nel mese e mezzo trascorso nel Baltico Orientale erano sufficienti a delineare un quadro negativo: il tentativo russo-bianco era concluso, esaurito. Mancavano gli uomini, mancava la fiducia e mancava sopratutto il denaro. Gran Bretagna e Francia avevano mire ben precise sulla Russia. Il Governo antibolscevico russo l’aveva capito e cercava di evitare di compromettersi, però aveva bisogno del loro aiuto per condurre la guerra civile contro i Comunisti. I Russi Bianchi agli occhi degli Anglo-Francesi apparivano funzionali e dunque degni d’aiuto finché resistevano e si rivelavano capaci di combattere da soli, però non troppo da soli, se no il gioco non valeva più la candela e non lasciava spazio a mercanteggiamenti e ricatti. Insomma: i Bianchi non si fidavano di Londra e Parigi, le quali non ritenevano affidabili i Bianchi; i Baltici diffidavano dei Russi di qualsiasi colore ed erano disposti a mettersi in mano agli Inglesi, pur valendosi dei Russo-Tedeschi contro i Bolscevichi e degli Alleati contro i Tedeschi. Poiché ora i Russo-Tedeschi, comandati da Russi, si stavano dimostrando sempre meno in grado di tenere il campo, non servivano più ai Tedeschi, né ai Baltici, né agli Alleati: era venuto il momento di sbarazzarsene e così sarebbe stato fatto nelle settimane seguenti. Perciò, una volta partiti i Tedeschi dal Baltico Orientale e stabilito che i Russi non servivano più, l’unico problema che restava era dove metterli e a spese di chi. Niessel sapeva per conto proprio che la Francia non li voleva e Turner aveva disposizioni riservate quanto precise in materia. Il viaggio della Commissione a Riga e Kowno chiarì a sufficienza un punto: nemmeno i Baltici li volevano. perciò andavano scaricati ai Tedeschi e così fu fatto. Il viaggio a Berlino doveva servire pure a quello. Ripreso il viaggio, la Commissione arrivò la sera a Kaunas, dove ebbe un’ottima accoglienza, trattò di nuovo colle autorità lituane, chiedendo loro le liste dei danni da rimborsare, dicendo sostanzialmente le medesima cose dette a Riga ed aggiungendo una notizia riguardo ai Corpi Franchi. “Niessel. – Spiega i motivi che hanno indotto la Commissione a seguire la linea di condotta che essa ha tenuto per fare effettuare dai Tedeschi l’evacuazione, che ora è completa. Tuttavia la grave preoccupazione che le truppe rientrate non vogliono sgomberare la piccola Lituania (territorio fra Niemen e frontiera lituana) ha spinto la Commissione ad esigere dal governo germanico ch’esse venissero trasportate al più presto oltre l’Oder il che a tutt’oggi ha avuto realizzazione per 18.000 circa; solo la Eiserne Division e la Deutsche Legion ovverosia un complesso di circa 11.000 uomini sono tuttora in tale zona, ma appena giunta a Berlino la Commissione esigerà il loro immediato sgombro. In quanto alle bande di isolati, che eventualmente potessero ancora trovarsi in paese, il governo lituano agisca contro di essi come contro banditi. Ricorda che i Governi dell’Intesa hanno invitato i paesi baltici ad espellere anche i civili tedeschi nella misura che essi ritengono conveniente, e spera che anche la Lituania seguirà tale linea di condotta.”CVII 114
La sera del 26 dicembre portò un regalo di Natale da Parigi: un telegramma con cui il Consiglio Supremo comunicava di considerare terminato con l’evacuazione il compito affidato alla Commissione, la quale avrebbe ora dovuto provvedere alla consegna del materiale rotabile da parte della Germania: era quasi finita! A mezzanotte la Commissione lasciò Kaunas in treno. L’indomani in Prussia fece i bagagli e il 28 Dicembre giunse in treno a Berlino. Il giorno dopo ascoltò il rapporto del maggiore Jocard a proposito delle trattative sui materiali e sull’evacuazione; andò com’era da aspettarsi: male. Sui primi si era ancora in alto mare “Quanto allo sgombro delle truppe finora non risultano passati che due treni da Insterburg; si pretestano un’epidemia e le feste di Natale.”CVIII C’era stata una questione relativa a Niessel. Era marginale nel contesto generale, un po’ meno nell’ambito delle trattative e comunque sintomatica degli umori del periodo. Marietti la riassume così: “Incidente Niessel. A Tilsit ha pronunciato un’allocuzione alle truppe russe, in cui ha detto che la Germania è sempre il naturale nemico della Russia. La cosa si è risaputa in Germania; pare che l’opinione pubblica si sia eccitata; certo è che il Governo ha fatto chiedere spiegazioni per mezzo di Hopman. Telegramma a Parigi per informare sull’incidente Niessel.”CIX Come se ne uscì? In maniera poco credibile: “Incidente Niessel. – Niessel dichiara che la sua allocuzione alle truppe russe del distaccamento Markow a Tilsit è stata fatta da lui personalmente come militare a militari e non come presidente della Commissione, né come generale francese. Hopman, prende atto di tale dichiarazione e rimane in attesa delle comunicazioni che farà il proprio governo.”CX Se avesse pronunciato quelle parole in borghese e non fosse stato a capo della Commissione, forse gli si sarebbe potuto credere, ma così era davvero difficile da mandar giù; comunque, dopo che Hopman ne ebbe preso atto e detto che l’avrebbe riferito al suo governo, non se ne parlò più. Il giorno seguente, 30 Dicembre, nuovo incontro colla Delegazione germanica. Fu trovato un arrangiamento sulla consegna del materiale rotabile, si discusse ostinatamente su quello da guerra e infine la Delegazione tedesca riferì che il trasporto verso l’interno della Eiserne Division e della Deutsche Legion era iniziato il 27 dicembre, in ragione di tre treni al giorno per la prima e di uno per la seconda, stava continuando regolarmente e sarebbe stato terminato il 4 gennaio per la Legione e il 5 per la Divisione, anche se alcuni soldati stavano tornando alle proprie case ed altri erano rimasti come gruppi di colonizzazione: “Tipico in proposito il caso del tenente Sachsenberg263che ha trattenuto presso di sé uomini dando loro pezzi di terreno per l’intensificazione della coltivazione.”CXI 263
Gotthard Sachsenberg, nacque il 6 dicembre 1891 a Rosslau in una famiglia di costruttori navali. Entrò nella Marina imperiale tedesca come guardiamarina il 1° aprile 1913 e fu assegnato alla scuola navale. Scoppiata la Grande Guerra, nel settembre del 1914 chiese d’entrare nell’aviazione di marina come osservatore, divenendo poi pilota da caccia nell’ottobre del 1915. Abbatté 15 aerei nemici, ebbe numerose decorazioni e, dopo la fine della guerra, combatté in Lettonia, schierandosi al fianco degli indipendentisti di Ulmanis. Nell’ottobre del 1919 lasciò il servizio e fondò in Prussia Orientale la OLA, l’associazione tedesco-orientale delle officine agricole, per facilitare ai militari il passaggio ai mestieri agricoli ed artigianali. Fu pure coinvolto professionalmente nelle attività della ditta di costruzione aeronautiche Junkers e del Norddeutscher Lloyd, grazie al quale poté fondare a Königsberg una compagnia aerea civile: la Lloyd Ostflug Gmbh. Eletto al Reichstag nel 1928, dal 1934 iniziò ad occuparsi del cantiere navale di famiglia ma, essendo
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La sera un telegramma da Parigi avvertì la Commissione che sarebbe potuta rientrare in Francia appena avesse regolato le questioni in quel momento oggetto dei negoziati a Berlino, astenendosi però dal trattare col Governo germanico le riparazioni per i danni in Lituania e Lettonia. L’ultimo dell’anno portò altre notizie preoccupanti sui Corpi Franchi e i Russi: “31 Dicembre 1919. – Informazioni di fonte inglese Tutti gli ufficiali che simpatizzano con Bermond sono internati a Neisse; ciò è indice di un ordine segreto di Bermond che esso ha mandato dopo l’ordine del giorno del generale Romanowski.264 In quest’ordine il Generale Romanowski aveva dichiarato ch’era capo di tutte le truppe russe in Germania e che Bermond era un traditore. Nei diversi campi hanno avuto luogo delle riunioni di ufficiali, nelle quali si è discusso l’affare. La più parte si sono dichiarati favorevoli a Romanowski. Bermond ha allora invitato quelli che gli erano rimasti fedeli a riunirsi a Neisse. A Memel vi sono distaccamenti della Eiserne Division, del corpo Rosbach, della Legion Diebitch che hanno intenzioni di entrare in Lituania per piccoli distaccamenti. Un distaccamento di 100 uomini sotto il comando del tenente Jordan sta per seguirne l’esempio. Queste organizzazioni sono sostenute dai partiti di destra di Königsberg, dai migliori ufficiali della Germania, dagli ufficiali dell’armata dell’ovest, dalla nobiltà del Baltico. Si attende un gran movimento della parte operaia della Sinistra che dovrebbe cominciare il 5 Gennaio. Un movimento si manifesta già a Magdeburg, Kiel, Dresden, Leipzig e Königsberg. A Königsberg gli spartachisti hanno fatto causa comune colla destra; vi si trovano inoltre le migliori truppe della Germania fra le quali elementi coloniali. Questo però non è che preludio di avvenimenti che si attendono per Febbraio. Informazioni avute dai Delegati Lituani. E’ segnalata l’infiltrazione di agitatori germanici in territorio lituano per tentare di scatenarvi un movimento bolscevico e poter dare in tal modo pretesto alla Germania di intervenire nuovamente in Lituania. E’ pure segnalata la penetrazione di alcuni piccoli distaccamenti germanici che ha dato luogo ad alcuni incidenti sù villaggi di frontiera.”CXII Il 3 Gennaio 1920 telegrafarono da Parigi:
intanto giunto al potere il Nazismo, al quale era sempre stato contrario, in quello stesso anno fu arrestato per ordine di Göring e tenuto in un campo di concentramento per varie settimane. Fu liberato, ma privato della capacità legale di dirigere la sua ditta. Il 1° febbraio 1941 fu messo a disposizione della Kriegsmarine come tenente di vascello con incarichi tecnici e d’arsenale. Dopo la fine della guerra, nel 1945, si trasferì nella Germania Ovest e si dedicò a varie attività, fra cui la costruzione di aliscafi. Morì il 23 agosto 1961 a Brema. 264 Ivan Pavlovich Romanovsky, nato a Luhansk il 28 aprile 1877, entrò alla Scuola d’Artiglieria Kostantinovsky nel 1897 e all’Accademia di Stato Maggiore Nicola nel 1903. Assegnato alla 2ª Divisione di fanteria della Guardia, partecipò alla Guerra Russo-Giapponese servendo nel quartier generale del XVIII Corpo d’Armata fino al 1906. Fece due anni in Turkestan e nel 1909 passò allo Stato Maggiore Generale russo. Capo di stato maggiore della 25ª Divisione, fu promosso colonnello e messo al comando del 206° Fanteria. Capo di stato maggiore del XIII Corpo d’Armata dal giugno all’ottobre del 1916, fu in seguito quartiermastro generale della 10ª Armata e poi capo di stato maggiore dell’8ª agli ordini di Kornilov e lo seguì quando divenne comandante supremo russo dopo la Rivoluzione di Febbraio. Dopo la Rivoluzione d’Ottobre Romanovski seguì Kornilov nella regione di Rostov e si unì all’Armata Bianca fin dal dicembre del 1917. Capo di Stato Maggiore dell’Armata Bianca, nel 1919 fu promosso tenente generale. Nel marzo 1920 si spostò con tutta l’Armata da Novorossisk alla Crimea e dopo il crollo si rifugiò in Turchia. Fu ucciso nella sala da biliardo dell’ambasciata russa di Costantinopoli il 17 aprile 1920 da un ex-ufficiale bianco, che lo considerava l’artefice di tutte le sconfitte subite dai Bianchi.
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“Il Consiglio Supremo delle Potenze Alleate ed associate esprime la sua completa soddisfazione per il modo ammirevole col quale la Commissione ha portato a termine il compito particolarmente difficile e delicato che gli era stato affidato per le Provincie Baltiche come per i risultati interamente favorevoli che ha ottenuto”CXIII Anche il Maresciallo Foch si associò alle felicitazioni: una bella soddisfazione. Il giorno dopo, i negoziati sulle cessioni andarono avanti. I Tedeschi alla fine si arresero, accettarono tutte le condizioni e comunicarono che “il trasporto della Eiserne Division e della Deutsche Legion sarà terminato entro il 6 gennaio.”CXIV La Commissione prese atto di tutte le dichiarazioni, rispondendo di non voler lasciare Berlino finché non avesse ricevuto dal generale Vicent la conferma delle prime consegne e l’assicurazione che non vi fosse alcun dubbio sulle successive. Spedito il solito rapporto telegrafico a Parigi, si mandò un telegramma pure a Vincent per pregarlo di avvertire subito appena fossero giunti a Wirballen265 i primi materiali destinati alla Lituania Il giorno dopo, 5 gennaio 1920, Niessel ebbe udienza dal cancelliere del Reich Bauer 266 e in seguito la raccontò alla Commissione. Secondo la sua impressione, Bauer, più delle autorità locali con cui fino a quel momento loro erano stati in contatto, aveva sentimenti conciliativi e desiderava raggiungere una soluzione definitiva della questione di cui la Commissione era incaricata, però era ostacolato da tutte le autorità militari e tecniche, le quali approfittavano delle loro particolari competenze per opporsi o creare ritardi. Si era mostrato soddisfatto d’apprendere le lagnanze dei Commissari contro le autorità della Prussia Orientale, che avevano mentito costantemente, tenendolo all’oscuro. Aveva ringraziato la Commissione per il ritiro delle truppe germano-russe, asserendo che il Governo germanico da solo non sarebbe mai riuscito ad ottenerlo a causa degli ostacoli creati dalle autorità militari e per i riguardi dovuti all’opinione pubblica. Aveva sancito quanto era stato stabilito per la cessione dei materiali alla Lituania e, in linea in massima, alla Lettonia, con la quale – aveva anticipato a Niessel – riteneva che, dopo il Consiglio dei Ministri di quello stesso giorno, sarebbero probabilmente state riprese le relazioni diplomatiche. Infine aveva presentato le sue più ampie scuse per gli incidenti accaduti agli ufficiali di controllo, promettendo di interessarsi personalmente ai provvedimenti in corso contro i colpevoli. Il 6 gennaio mattina la Delegazione germanica consegnò la nota firmata concernente il testo approvato nella seduta di due giorni prima. Poiché non si fidavano per niente, i commissari lo rilessero attentamente e si accorsero che i Tedeschi, nella traduzione nella loro lingua, avevano alterato il testo francese, il quale era a sua volta la traduzione del testo tedesco presentato in precedenza dalla Delegazione ed approvato il 4 gennaio dalla Commissione, e l’avevano modificato così da far “risultare che, una volta avvenuta la consegna dei materiali ferroviari e da guerra, sarebbe cessato per la Lituania ogni ulteriore diritto a riparazioni di sorta.”CXV 265
Virbalis, in Lituania. Gustav Adolf Bauer nacque a Darkehmen nella Prussia Orientale il 6 gennaio 1870. Di modesta famiglia, non andò oltre la licenza elementare e nel 1888, per malattia, gli fu amputata una gamba. Lavorò come impiegato nel rinomato studio legale Friedmann e ne fu capo ufficio dal 1893 al 1895, quando fondò l’Associazione centrale degli impiegati d'ufficio tedeschi, che diresse fino alla fusione, nel 1908, coll’Associazione degli amministratori dell'assicurazione sanitaria. La sua attività sindacale gli fece perdere il lavoro fin dal 1902 e, dopo circa un anno in proprio come oste, nel 1903 divenne capo a tempo pieno della Segreteria Centrale dei Lavoratori e dal 1908 al 1918 fu secondo presidente della Commissione Generale dei Sindacati tedeschi . Nel frattempo era stato eletto al Reichstag nel 1912 nelle file dei Socialdemocratici. Nell’ottobre del 1918 il nuovo Cancelliere dell’Impero, principe Max di Baden, lo nominò ministro del Lavoro e tale rimase dal febbraio 1919 nel successivo governo di Scheidemann, al quale successe il 20 giugno 1919 come Cancelliere dell’Impero. Nel corso del suo mandato da cancelliere statalizzò le ferrovie, intraprese una profonda riforma fiscale e fece firmare e ratificare il Trattato di Versailles. Si dimise dopo il Putsch di Kapp nel marzo 1920, ma nel governo seguente ebbe il ministero del Tesoro e dal 1° maggio pure quello dei Trasporti, che tenne fino al 25 giugno 1920. Restò fuori dal governo per circa un anno e ci rientrò, ancora come ministro del Tesoro e vicecancelliere dell’Impero, il 10 maggio del 1921, restando in carica fino a novembre del 1922, poi lasciò l’attività parlamentare. Dopo l’avvento del Nazismo, nel maggio del 1933, fu arrestato per reati fiscali, ma l’accusa non poté essere provata, perciò fu rilasciato. Morì a Berlino il 16 settembre 1944. 266
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Contemporaneamente i Tedeschi presentarono un’altra nota in cui, fra le altre cose, si diceva che, appena le lagnanze contro i generali von Estorff e von Eberhardt fossero state in possesso del ministero della Reichswehr, le indagini sarebbero state condotte rapidamente e fatti conoscere alla Commissione i risultati, in base ai quali sarebbero state prese le conseguenti misure e fatte le opportune comunicazioni di sanzione; e chiunque avesse un minimo d’esperienza militare capiva benissimo che sarebbe finito tutto in niente. Per chiudere, il Consiglio dei Ministri aveva stabilito che il materiale per la Lituania e la Lettonia venisse rapidamente consegnato per la metà di gennaio, con la prima aliquota il 12, a meno che non capitassero scioperi. Irritati per la malafede evidente nella traduzione falsata e per il nulla che ci si poteva aspettare in merito alle sanzioni disciplinari, i membri della Commissione consegnarono ai Tedeschi un’ultima nota in cui si davano le quantità, materiale per materiale, di tutto quanto doveva essere consegnato e si rendeva impossibile qualsiasi deroga. L’evacuazione invece non era ancora terminata e i Tedeschi – dicevano loro – si erano pure persi Bischoff: “Trasporto Eiserne Division. Il maggiore v. Bischoff è stato chiamato a Berlino e ricevette ordini per il trasporto delle sue truppe nei luoghi ove dovrà aver luogo il loro scioglimento; il maggiore ebbe ordine in proposito di rientrare immediatamente nella Prussia Orientale. Pare però che sia rimasto a Berlino ma non lo si è ancora potuto trovare. Seguono le indicazioni circa i reparti, le località ed i giorni relativi ai trasporti. Circa 26.000 uomini sono stati inviati nelle varie località loro destinate e 4.000 sono rimasti in Prussia Orientale. In complesso il trasporto dovrebbe essere terminato il giorno 7. Il comando del VI° corpo d’Armata (Eberhardt) sarà il giorno 9 a Stade.”CXVI Il 7 gennaio, arrivò una lettera con cui il cancelliere Bauer annunciava che, nella seduta del giorno prima, il Consiglio dei Ministri aveva stabilito di dare gratuitamente alla Lettonia 22 locomotive e 266 vagoni ed avrebbe avuto cura di far proseguire le consegne del materiale alla Lituania ed alla Lettonia il più rapidamente possibile, anche nel caso che nel frattempo fosse ratificato il Trattato di Pace. Ovviamente, nel suo miglior stile, nel pomeriggio la Delegazione germanica sostenne di non poter dare tutto il materiale prima del 15 febbraio. Lo stesso interprete s’intromise a perorare a favore della dilazione, elencando le minacce di sciopero, l’ostruzionismo di tutti i funzionari, la necessità di non togliere il materiale dalla Prussia Orientale per non generare malumori….. Niessel stava per cedere, ma Cheney e Marietti si opposero decisamente. Si discusse a lungo ed alla fine si stabilì di modificare leggermente la nota: il materiale doveva essere, di massima, consegnato per due terzi entro il 15 gennaio e per il restante terzo entro il 15 febbraio. Si telegrafò il rapporto giornaliero a Parigi, chiedendo, su proposta di Marietti, l’autorizzazione di comunicare al Governo tedesco che non sarebbero state tolte le misure repressive fino a che le promesse fatte non fossero state mantenute completamente. L’8 gennaio la Commissione discusse a lungo la situazione: la malafede tedesca era evidente, come era evidente l’incapacità del Governo di farsi ubbidire, il che gettava grosse ombre sull’applicazione del Trattato di Pace. Per il momento si mandò una nota al cancelliere Bauer per metterlo al corrente di tutti i fatti in base ai quali la Commissione esigeva ad ogni costo l’esecuzione delle sanzioni chieste per i colpevoli, citando date, prove e circostanze dettagliate. Il 9 gennaio Vincent avvertì dell’arrivo ad Insterburg d’un treno, uno solo, composto da un vagone munizioni e 30 vagoni vuoti per la consegna e del fatto d’essere stato informato dai Tedeschi che non l’avrebbero iniziata fino a quando i Lituani non avessero liberato i primi prigionieri tedeschi: un altro intoppo. 118
Si ricorse ai telegrammi: a Parigi per aggiornare il Consiglio Supremo; alle missioni francesi ed inglesi a Kaunas e Riga perché informassero i due Governi che quello tedesco aveva firmato l’impegno formale della consegna di tutto il materiale ferroviario e da guerra richiesto e per invitarli a consegnare i prigionieri in due o tre scaglioni a misura che fossero andate avanti le consegne. Per fortuna almeno l’evacuazione era finita: “Trasporto truppe Eiserne Division E’ terminato il giorno 7. Solo minime frazioni sono rimaste ancora in Prussia Orientale, ma saranno anch’esse fatte sgombrare al più presto.”CXVII Il 10 gennaio 1920 alle 16,15 il Trattato di Pace fu ratificato a Parigi, comportando la fine del blocco del Baltico e, per la Commissione, la perdita di qualsiasi strumento di pressione. I quattro giorni seguenti passarono seguendo le vicissitudini della consegna dei materiali e il 15 gennaio 1920 ci fu l’ultimo incontro coi Tedeschi. Hopman malato – non si sa se veramente o diplomaticamente per non salutare i suoi avversari – fu sostituito dal sottosegretario di Stato Albert,267 uomo di grande abilità ed esperienza. “Egli dichiara che il governo tedesco ha tenuto ad inviare un sottosegretario per dimostrare quale importanza dia alla soluzione dei problemi in questione. E’ incaricato di dichiarare al nome del governo [che ]: Subito dopo l’intervista di Niessel col cancelliere, questi ha dato gli ordini per la consegna dei materiali; quello ferroviario è stato diretto verso la frontiera ed è in diverse località….. Prende impegno che tutto il materiale sarà consegnato. Per le sanzioni, ripete le dichiarazioni già fatte dal cancelliere, che questi procederà con tutta l’insistenza necessaria contro i colpevoli; alla nota scritta non è stato risposto perché si sapeva che avrebbe avuto luogo la riunione odierna, ma è disposto a farlo; il generale Reinhard 268 è mandato in Prussia orientale per l’inchiesta, sulle cui risultanze verranno stabiliti i provvedimenti; inoltre il governo ha deciso di accentrare tutti i procedimenti al tribunale di Berlino. Finora alcuni colpevoli sono stati sospesi dalle loro funzioni, e due arrestati, perché ciò venne reso possibile dalla proclamazione dello stato d’assedio, nessuno dei colpevoli verrà ammesso nella Reichswehr; il generale Eberhard è stato richiamato ed è stato sciolto il 6° Corpo d’armata; lo stesso dicasi per Heinrich Friedrich Albert, nato il 12 Febbraio 1874 a Magdeburgo, secondo figlio d’un banchiere, dopo gli studi in legge a Monaco, Lipsia e Jena, una volta laureato, entrò nell’amministrazione dell’Interno. Prima della Grande Guerra soggiornò a lungo per servizio negli Stati Uniti e in Belgio. Nel 1914 fu nominato consigliere segreto imperiale ed addetto commerciale tedesco negli Stati Uniti. Rientrato in Germania dopo la dichiarazione di guerra americana, occupò alcuni posti di responsabilità nell’amministrazione centrale come amministratore fiduciario dei beni degli Stati ostili in Germania. Nel 1918 divenne presidente dell’ufficio imperiale per la dismissione e smaltimento dei materiali militari e poi fu nominato sottosegretario e capo della Cancelleria dell’Impero, cioè sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Ministro nel governo Cuno, dopo il 1923 si specializzò come consulente commerciale e finanziario, esperto di affari statunitensi. Divenne nel 1924 consulente della Ford. Fu per un anno e mezzo dal 1926 al 1927 direttore generale della compagnia di navigazione Norddeutscher Lloyd mantenendo i suoi incarichi alla Ford, fino ad essere nominato presidente del consiglio di sorveglianza della Ford stessa in Germania nel 1937. Morì a Wiesbaden il 1° Novembre 1960. 268 Walther Reinhardt nacque a Stoccarda il 24 marzo 1872. Sottotenente dei granatieri nel 1891, fu promosso tenente nel 1892 e capitano di stato maggiore nel 1904. Addetto allo stato maggiore del XIII Corpo d’Armata dal 1912 al 1915, ne divenne capo di stato maggiore e poi, nel 1916, promosso maggiore, fu nominato capo di stato maggiore dell’11ª Armata in Macedonia. In Francia nel 1917 col grado di colonnello, prestò servizio nella 7ª Armata. Nel 1918 fu direttore della smobilitazione al Ministero della Guerra prussiano, divenendo poi l’ultimo ministro della Guerra della Prussia nel 1919, con diritto di presenza, ma non di voto, nel Governo del Reich. Date le condizioni del Trattato di Versailles, Reinhardt fu tra quanti appoggiarono il piano Winnig, proponendo d’erigere la Prussia Orientale a Stato indipendente nell’area germanica e sempre sottoposto alla Germania Dopo la firma del Trattato di Versailles, fu uno degli artefici principali del cambiamento tedesco in campo militare e nell’estate del 1919 divenne il nuovo comandante in capo della Reichswehr, mantenendo un atteggiamento molto collaborativo col Governo, ma incontrando una certa opposizione da parte dei generali, fra i quali von Seeckt e Luttwitz. Dimessosi dopo il Putsch di Kapp, comandò la V Circoscrizione Territoriale dal 1920 al 1924 col grado di generale di corpo d’armata. Morì a Berlino l’8 agosto 1930. 267
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il Maggiore von Fritsch, 269 per il generale Estorf nessuna decisione venne presa perché la commissione non ha formulato accuse precise. Questa non è la soluzione definitiva, ma sta ad indicare buona volontà. A nome del governo esprime ringraziamenti alla commissione; aggiunge pure i ringraziamenti a nome di Hopman. Spera che la commissione partirà con l’impressione che il governo ha avuto ed ha volontà di mantenere le promesse fatte. Niessel – Ringrazia per la evidente buona volontà del cancelliere e di Albert; è lieto di avere alcune notizie sulle sanzioni; …. Per le sanzioni chiede la risposta scritta. Lo scioglimento del 6° corpo è una sanzione illusoria; la chiamata di Eberhard a Berlino è assai più efficace; la mancanza di parola del generale intacca l’onore del corpo degli ufficiali tedeschi; quanto ad Estorf, si sa che egli si copre con l’ordine del ministero della difesa; è questo un affare interno, nel quale siamo entrati per la missione ricevuta; se il governo ha dato tali ordini, è perché le autorità della Prussia orientale hanno fornito informazioni false. Tuttavia partiamo per Parigi, con una impressione meno sfavorevole; continueremo a funzionare fino a nuovo ordine, e a ricevere notizie dal generale Vincent e dal generale Nollet,270 incaricato di vigilare l’esecuzione delle promesse. Albert – conviene in gran parte su quanto ha detto Niessel; i rapporti provenienti dalla Prussia erano così contraddittorii, che ci si domandava se le autorità non avessero perduto l’orientamento; bisogna ad ogni modo riconoscere la buona volontà del generale Estorf, perché è proprio lui che ha proposto la cessione gratuita del materiale. Come rappresentante del governo spera che la giustizia proverà che non vi sono colpe gravi. Non è avvenuta cessione alla Lettonia, perché questa non ha ancora nominato il plenipotenziario. Niessel: osserva che la convenzione stabilisce la cessione, indipendentemente dalla questione dei rapporti diplomatici.”CXVIII Dopo tanta gentilezza, i due gruppi si separarono definitivamente. L’indomani la Commissione andò a salutare Bauer e poi partì per Parigi. Arrivò il 18. Il 20 ebbe un telegramma con cui Vincent annunciava la consegna di altro materiale da guerra e rotabile e, quando il 3 Febbraio 1920 fu ricevuta dalla Conferenza degli Ambasciatori, subentrata al Consiglio Supremo dopo la ratifica del Trattato di Pace, poté riferire che risultava effettuata la consegna di quasi tutto il materiale di guerra, dei due terzi di quello ferroviario e, poiché il termine scadeva il 15 febbraio, si aveva la concreta speranza che entro quella data tutto sarebbe stato consegnato. Il Putsch di Kapp mandò all’aria qualsiasi provvedimento preso o da prendere, basta vedere come andò a von Fritsch, che, secondo queste dichiarazioni di Albert del 15 gennaio 1919, non doveva essere ammesso nella nuova Reichswehr, della quale vent’anni dopo era colonnello generale e capo di Stato Maggiore. 270 Charles Marie Édouard Nollet, nacque a Marsiglia il 28 gennaio 1865 e, uscito dal Politecnico nel 1886 col grado di sottotenente, fu assegnato al 13° Artiglieria. Tenente nel 1889. Capitano nel 1892, professore alla Scuola Superiore di Guerra, maggiore al 21° Artiglieria nel 1903 e cavaliere della Legion d’Onore nel 1904, fu promosso tenente colonnello nel 1908, colonnello il 26 settembre 1911 e nel 1914 divenne comandante militare del Palazzo del Senato. Allo scoppio della Grande Guerra fu promosso generale di brigata e nell’estate del 1915 comandò la 129ª Divisione di Fanteria, lasciandola per la 66ª nel dicembre di quell’anno. Generale di divisione a titolo provvisorio il 12 maggio 1916, fu messo alla testa del XII Corpo d’Armata nei combattimenti di Verdun e dell’Aisne, divenendo generale di divisione effettivo il 18 maggio 1917. L’11 febbraio 1919 prese il comando del I Corpo d’Armata e dal 14 settembre dello stesso anno presiedé la Commissione Militare Interalleata di Controllo in Germania per verificare il disarmo tedesco e l’esecuzione di tutti gli articoli di carattere militare del Trattato di Versailles. Membro del Consiglio Superiore di Guerra dall’11 ottobre 1921, fu ministro della Guerra dal 14 giugno 1924 al 10 aprile 1925. Gran Cancelliere della Legion d’Onore dal 7 gennaio 1934 al 12 novembre 1940, morì a Clermont Ferrand il 28 gennaio 1941. 269
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Parlando a nome di tutti, Niessel richiamò l’attenzione della Conferenza su alcuni punti importantissimi, fra i quali quelli relativi ai Baltici erano: la necessità di far aver loro le indennità in denaro ed in bestiame; la loro debolezza se fossero stati abbandonati a se stessi; i rapporti difficili tra Lituania e Polonia. Invece non disse una parola riguardo ai Corpi Franchi e ai Russi, benché fossero stati proprio loro il motivo dell’invio della Commissione nel Baltico. Come sempre accade ai piccoli, i militi dei Corpi Franchi e i soldati russi furono la massa di manovra adoperata da chi era in alto per i propri fini e da tutta questa storia non ebbero alcun vantaggio. Dopo il Baltico ognuno continuò la sua vita e la sua storia e molti contribuirono a quella europea dei successivi venticinque anni in maniera più o meno incisiva, quasi sempre negativa per loro stessi e per gli altri. E’ impossibile dire cosa sarebbe successo se le cose fossero andate diversamente. Sappiamo come andarono, non come sarebbero potute andare e da quanto sappiamo emerge una sola certezza: i militi dei Corpi Franchi e delle unità russe furono sconfitti tre volte: dalla Grande Guerra, dall’evacuazione dal Baltico e dalla vita negli anni seguenti. Furono fra i più sfortunati della loro generazione. Le loro vite non contavano nulla per chi li aveva manovrati e i loro sacrifici non portarono a niente. Le promesse a cui avevano creduto non furono mantenute. Le speranze che avevano nutrito si dissolsero come nebbia al sole e a loro, a quasi tutti loro, non rimase altro che proseguire la lotta per la sopravvivenza quotidiana, in un’Europa Centrale in cui era sempre più arduo vivere. Forse, se a Parigi quell’audizione – che fu l’ultimo atto della Commissione, mai formalmente sciolta e semplicemente dimenticata – fosse stata ascoltata, se fosse stata ricordata, forse le sofferenze e le delusioni di quegli uomini non sarebbero state vane e vent’anni dopo le cose sarebbero andate un po’ meglio, forse.
Note bibliografiche “I Tedeschi accennano all’attacco del saliente polacco da nord”, su “Corriere della Sera”, anno XL, n. 196, 15 luglio 1915, pag. 1. II Commento sulla caduta di Kaunas su “il Giornale d’Italia”, Roma, 19 agosto 1915. III Corrispondenza da Stoccolma del 27 dicembre 1918, ripresa dalla stampa francese. IV Diario della Settimana, su “L’Illustrazione Italiana”, anno XLVI, n. 35, 24 agosto 1919, pag. 207 I
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Cfr. SCHATTKOWSKY, Ralph, “Separatism in the Eastern Provinces of the German Reich at the End of the First World War”, su “Journal of Contemporary History”, vol. (anno) 29, n. 2, Aprile, 1994. VI VON SALOMON, Ernst, I proscritti, Torino, Einaudi, 1943, pag. 67. VII Ibidem. VIII CAVALLERO, Ugo, Promemoria per S.E. Tittoni sul n.° 2 dell’Ordine del giorno per la seduta del consiglio Supremo degli Alleati del 19 corrente. “SGOMBERO DELLA LETTONIA (NOTA DEL MARESCIALLO FOCH), Parigi, 19 agosto 1919, N° 12177 SP di prot, in AUSSME, E 8 - Registro Commissione Interalleata di Parigi, Raccoglitore n. 101, sottofascicolo 5 – Sgombero della Lettonia, Allegato N. 1. IX Idem. X Le Maréchal Commandant en chef les Armées Alliées à monsieur le Président du conseil, Président de la Conference de Paix, a firma Foch, Parigi, agosto 1919, copia per il Segretariato Italiano della Conferenza di Pace, aggiunto come all. 1 al Promemoria per S.E. Tittoni sul n° 2 dell’Ordine del giorno per la seduta del Consiglio Supremo degli Alleati del 19 corrente, cit., pag. 1. XI Le Maréchal Commandant en chef, cit., pag. 2. XII Idem., pag. 4. XIII CAVALLERO, Ugo, Situazione politica militare nei Paesi Baltici (Finlandia = Estonia = Lettonia = Lituania), Roma, Archivio Ufficio Storico Stato Maggiore Esercito (ora in poi AUSSME), Fondo E 8 – Registro Commissione Interalleata di Parigi, Raccoglitore n. 99; sottofascicolo 4 – Situazione politica militare degli Stati Baltici – 1919. Il rapporto non ha data, perciò non è facile capire quando sia stato redatto, però, grazie alle informazioni che contiene, deve risalire alla prima settimana di novembre del 1919, perché parla del bombardamento di Riga come d’un fatto recente, menziona le truppe lettoni come ancora presenti sulla destra della Dvina e definisce la missione Niessel come appena costituita. Era in origine un memorandum per la Delegazione italiana al Quartier Generale Interalleato a Parigi e per lo Stato Maggiore del Regio Esercito a Roma. XIV CAVALLERO, Ugo, Situazione politica militare nei Paesi Baltici (Finlandia = Estonia = Lettonia = Lituania),in AUSSME, E 8 - Registro Commissione Interalleata di Parigi, Raccoglitore n. 99; sottofascicolo 4 – Situazione politica militare degli Stati Baltici – 1919, C) = Lettonia, pagg. 6-8. XV Conseil Supérieur de Guerre, Section Française, RESUME DES REINSEIGNEMENTS parvenus à la SECTION FRANCAISE LE 6 MAI 1919 - SECRET, parte Reinsegnements sur l’armée Lithuanienne, Versailles, 6 maggio 1919, in AUSSME, Fondo E 8 - Registro Commissione Interalleata di Parigi, Raccoglitore n. 101; sottofascicolo 2, A) Lituania: materiale da guerra. XVI Conseil Supérieur de Guerre, Section Française, RESUME DES REINSEIGNEMENTS cit., parte Demande de la part d’Allemands d’engagements dans l’Armée Lithuanienne, Versailles, 6 maggio 1919, in AUSSME, Fondo E 8 - Registro Commissione Interalleata di Parigi, Raccoglitore n. 101; sottofascicolo 2, A) Lituania: materiale da guerra. XVII Conseil Supérieur de Guerre, Section Française, RESUME DES REINSEIGNEMENTS cit., parte Lithuanie – situation économique, Versailles, 6 maggio 1919, in AUSSME, Fondo E 8 - Registro Commissione Interalleata di Parigi, Raccoglitore n. 101; sottofascicolo 2, A) Lituania: materiale da guerra. XVIII Conseil Supérieur de Guerre, Section Française, RESUME DES REINSEIGNEMENTS cit., parte But du voyage du ministre de la guerre allemand à Kovno, Versailles, 6 maggio 1919, in AUSSME, Fondo E 8 - Registro Commissione Interalleata di Parigi, Raccoglitore n. 101; sottofascicolo 2, A) Lituania: materiale da guerra. XIX Idem. XX Notizie generali sulla Lituania, allegato alla Relazione sulla situazione militare attuale in Lituania, a firma tenente colonnello Roatta, trasmesso dalla Missione Militare in Germania al Comando Supremo Interalleato a Parigi tramite la Delegazione Italiana alla conferenza di Pace, al Comando Supremo del Regio Esercito ad Abano e, per conoscenza, a S.E. il Ministro degli Affari Esteri con prot. 103 dell’8 maggio 1919, in AUSSME, Fondo E 8 - Registro Commissione Interalleata di Parigi, Raccoglitore n. 101; sottofascicolo 1 – Lituania: notizie militari e politiche. XXI CAVALLERO, Ugo, Situazione politica militare nei Paesi Baltici (Finlandia = Estonia = Lettonia = Lituania), in AUSSME, E 8 - Registro Commissione Interalleata di Parigi, Raccoglitore n. 99; sottofascicolo 4 – Situazione politica militare degli Stati Baltici – 1919, Parte II ^, VICENDE E STATO DI FATTO DELL’OCCUPAZIONE TEDESCA NEI PAESI BALTICI, pagg. 9-14. XXII Notizie sulle truppe tedesche ora operanti in Lituania, allegato alla Relazione sulla situazione militare attuale in Lituania, a firma tenente colonnello Roatta, trasmesso dalla Missione Militare in Germania al Comando Supremo Interalleato a Parigi tramite la Delegazione Italiana alla conferenza di Pace, al Comando Supremo del Regio Esercito ad Abano e, per conoscenza, a S.E. il Ministro degli Affari Esteri con prot. 103 dell’8 maggio 1919, in AUSSME, Fondo E 8 - Registro Commissione Interalleata di Parigi, Raccoglitore n. 101; sottofascicolo 1 – Lituania: notizie militari e politiche. XXIII Notizie sulle truppe tedesche ora operanti in Lituania, cit. XXIV Reichswehrminister, Section 8/2961 IW, Berlino 17 luglio 1919, “urgente - strettamente confidenziale e solo per uso personale” in AUSSME, Fondo E 8 - Registro Commissione Interalleata di Parigi, Raccoglitore n. 101 – Stati Baltici, busta 10 Armistizio sul fronte estone. V
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VI Corps General Kommando. Section id 5099/19, Breslau 18 luglio 1919, “urgente - strettamente confidenziale e solo per uso personale” in AUSSME, Fondo E 8 - Registro Commissione Interalleata di Parigi, Raccoglitore n. 101 – Stati Baltici, busta 10 Armistizio sul fronte estone. XXVI AUSSME, Fondo E 8 - Registro Commissione Interalleata di Parigi, Raccoglitore n. 98 – Stati Baltici, busta 7 Il generale Niessel – Commissione interalleata delle provincie baltiche - 1919-1921; sottofascicolo 7 – stati baltici e commissione interalleata – varie – Segretariato italiano della conferenza, 21 ottobre 1919. XXVII CAVALLERO, Ugo, Situazione politica militare nei Paesi Baltici (Finlandia = Estonia = Lettonia = Lituania),in AUSSME, E 8 - Registro Commissione Interalleata di Parigi, Raccoglitore n. 99; sottofascicolo 4 – Situazione politica militare degli Stati Baltici – 1919, Allegato 2 SITUAZIONE DELLE FORZE nei paesi baltici alla seconda metà d’ottobre 1919.(approssimata). Parte II ^, VICENDE E STATO DI FATTO DELL’OCCUPAZIONE TEDESCA NEI PAESI BALTICI, pagg. 9-14. XXVIII AUSSME, Fondo E 8 - Registro Commissione Interalleata di Parigi, Raccoglitore n. 98 – Stati Baltici, busta 4, Il generale Niessel – Commissione interalleata delle provincie baltiche - 1919-1921; Risoluzione presa dal Consiglio Supremo degli Alleati nella seduta del 30 ottobre 1919 – H.D. 79 (IV); non è stato trovato l’articolo 7, che qui appare prendendolo dal testo delle istruzioni contenuto in Papers Relating to the Foreign Relations of the United States – The Paris Peace Conference 1919, volume VIII, Washington, Government Printing Office, 1946, pag. 963. XXIX AUSSME, Fondo E 8 - Registro Commissione Interalleata di Parigi, Raccoglitore n. 98 – Stati Baltici, busta 4 Il generale Niessel – Commissione interalleata delle provincie baltiche - 1919-1921; Risoluzione presa dal Consiglio Supremo degli Alleati nella seduta del 28 ottobre 1919 – H.D. 77 (i) XXX AUSSME, Fondo E 8 - Registro Commissione Interalleata di Parigi, Raccoglitore n. 98 – Stati Baltici, busta 7 Il generale Niessel – Commissione interalleata delle provincie baltiche - 1919-1921; sottofascicolo 7 – stati baltici e commissione interalleata – varie – Delegazione italiana per la pace – sezione militare, Telegramma da Parigi del 29 ottobre 1919 al ministero della guerra divisione SM e per conoscenza a Comando Supremo Reparto Operazioni. XXXI Telegramma 4633 del generale Scipioni alla Missione italiana alla Conferenza di Pace, Roma 31 ottobre 1919, in AUSSME, Fondo E 8 - Registro Commissione Interalleata di Parigi, Raccoglitore n. 99 – Stati Baltici, generale di brigata MARIETTI, Giovanni, Commissione interalleata – diario della delegazione italiana – novembre 1919 – marzo 1920. XXXII Verbale di consegna del 16 novembre 1919, in AUSSME, Fondo E 8 - Registro Commissione Interalleata di Parigi, Raccoglitore n. 99 – Stati Baltici, Commissione interalleata – diario della delegazione italiana – novembre 1919 – marzo 1920. XXXIII Altro verbale di consegna del 16 novembre 1919, in AUSSME, Fondo E 8 - Registro Commissione Interalleata di Parigi, Raccoglitore n. 99 – Stati Baltici, Commissione interalleata – diario della delegazione italiana – novembre 1919 – marzo 1920. XXXIV MARIETTI, Diario della Delegazione italiana, in AUSSME, Fondo E 8 - Registro Commissione Interalleata di Parigi, Raccoglitore n. 99 – Stati Baltici, Commissione interalleata – diario della delegazione italiana – novembre 1919 – marzo 1920, pag. 1 XXXV Ibidem. XXXVI Ivi. XXXVII Idem, pag. 2. XXXVIII Idem, pag. 3. XXXIX Idem, pag. 1. XL Idem, pag. 11. XLI Idem, pag. 7. XLII Idem, pag. 8. XLIII Idem, pagg. 9-10. XLIV Idem, pag. 10. XLV Ibidem. XLVI Ivi. XLVII Ivi. XLVIII Idem, pagg. 16-17. XLIX Idem,pag. 17. L Idem, pag. 20. LI Idem, pagg. 18-20. LII Ibidem. LIII Ivi. LIV Idem, pagg. 23-25. LV Idem, pag. 24. LVI Ibidem. LVII Idem, pag. 30. LVIII Ibidem. XXV
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LIX
Ivi. Ivi. LXI Ivi. LXII Ivi. LXIII Idem, pagg. 32-33. LXIV Idem, pag. 33. LXV Ibidem LXVI Ivi LXVII Ivi. LXVIII Ivi. LXIX Idem, pagg. 35-36. LXX Idem, pag. 36. LXXI Ibidem. LXXII Idem, pagg. 36-37. LXXIII Idem, pag. 37. LXXIV Ibidem. LXXV Idem, pag. 45. LXXVI Idem, pagg. 37-38. LXXVII Idem, pag. 42. LXXVIII Idem pag. 43. LXXIX Idem pagg. 43-44. LXXX Idem, pag. 47. LXXXI Idem, pag. 50. LXXXII Idem, pag. 51. LXXXIII Idem, pag. 53. LXXXIV Idem, pag. 57. LXXXV Idem, pag. 58. LXXXVI Idem, pag. 60. LXXXVII Idem, pagg. 60-62. LXXXVIII Idem, pag. 59. LXXXIX Idem, pag. 66 XC Idem, pagg. 66-67. XCI Idem, pag. 67. XCII Ibidem. XCIII Idem, pag. 68. XCIV Idem, pagg. 70-71. XCV Idem, pag. 74. XCVI Marietti al generale Bencivenga, Tilsit 5 dicembre 1919, prot. 45, riservato e personale, rip, in MARIETTI, Diario, cit., pagg. 79-80. XCVII Idem, pag. 81. XCVIII Idem, pag. 83 XCIX Niessel al Ministero della Guerra, da Tilsit, ore 7 dell’11 dicembre 1919, copia in NA, fondo WO –32/5706 – 91810, punto 1. C Niessel al Ministero della Guerra, da Tilsit, ore 7 dell’11 dicembre 1919, copia in NA, fondo WO –32/5706 – 91810, punto 3. CI Idem, pag. 98. CII Idem, pagg. 98-99. CIII Idem, pag. 115. CIV Idem, pagg. 113-115. CV Idem, pagg. 132-139. CVI Idem, pagg. 143-146. CVII Idem, pag. 149. CVIII Idem, pag. 152. CIX Idem, pagg. 152-153. CX Idem, pag. 153. CXI Idem, pag. 157. CXII Idem, pagg. 157-158. CXIII Idem, pag. 160. CXIV Ibidem. CXV Idem, pag. 165. LX
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CXVI
Idem, pag. 163. Idem, pag. 173. CXVIII Idem pagg. 180-183. CXVII
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