Cesare Pettorelli Lalatta
L'OCCASIONE PERDUTA Carzano 1917
MURSIA
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/2 mia madre Agnese Finzi mantovana e dello stesso ceppo del grande patriota Giuseppe.
Felix qui potuit rerum cognoscere causas.
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PREJVfESSA
A cinquant'anni dall'episodio bellico, faccia riapparire, sotto altro titolo, Il sogno di Carzano. Il libro era stato stampato nel 1926, a Trieste: ma, per accordi con l'editore Cappelli, che si era assunto il com pita delta sua rilegatura e di;f]-usione, doveva essere spedito, in fogli di stampa, a Bologna. Qui, in maniera del tutto inattesa, giunse il sequestro di polizia. L'ordine era pervenuto da Roma, e la magistratura, subito interpellata e interessata, non ne sapeva nulla di nulla. Sicché f edizione, in parte rilegata in parte no, giacque sotto sigillo nei sotterranei della prefettura petroniana ( eccettuato un esiguo numero di copie, che mi premurai d'inviare - una volta che riuscii a salvarle - ad alcuni dei maggiori « protagonisti» della nostra vittoria sugl'Imperi Centrali), finché, durante un bombardamento alleato dell'ultima guerra, non andò completamente distrutta. Caduto il fascismo e caduti gl'impegni impostimi dal mio richiamo in guerra, sono stato a lungo indeciso se ristampare o meno questa testimonianza. Poi, mi sono deciso a farlo, superando ogni residua incertezza, perché mi è sembrato che sull'argomento si sia voluto stendere un falsamente pietoso velo di silenzio e perché la verità - per quanto spiacevole - va sempre detta. Nelle pur ottime storie generali della Grande Guerra del compianto Valori e del Faldella, gli accenni a Carzano non possono - nell'economia d'una ricostruzione 7
a vasto respiro - per forza risultare esaurienti: ecco uno dei motivi per cui illuminare in misura adeguata il lettore m'è sembrato, con questo romanzo vero ( cui ho solamente apportato qualche modifica formale), un preciso dovere storiografico da assolvere. Cadorna emerge nell'episodio come il p~rsonaggio-chiave, in quanto egli, il comandante supremo, accettò con entusiasmo il piano nel suo sviluppo strategico, dimostrando di avere completa fiducia nella sua riuscita, e preparò anche, con la consueta larghezza di vedute, i mezzi necessari per l'attuazione. Però, come spesso accade, per fatalità, non solo non volle invadere nello studio dei particolari i compiti degli esecutori operativi del piano, ma non intervenne neppure, quando si era ancora in tempo, per correggere disposizioni in assoluta discordanza con le finalità e gli obbiettivi meno immediati dell'azione. È, quindi, nell'interesse della storia, quella vera, che ristampo oggi il libro distrutto: perché, tolti pochi italiani, e tutti del nostro Servizio Informazioni, gli attori di quell'episodio sono da anni scomparsi e, di conseguenza, tutta la documentazione annessa vuole unicamente conservare il suo proprio valore storico, non di polemica spicciola.
C. P. L. Roma, 2 giugno 196 7.
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I. GLI ANTEFATTI
Il bollettino ufficiale austroungarico del 19 settembre 1917 annunciava: « Presso il gruppo d'armate del feldmaresciallo barone von Conrad un contrattacco sferrato per la riconquista di un tratto di fronte momentaneamente ceduto al nemico presso Carzano ebbe successo completo: furono fatti prigionieri sei ufficiali ed oltre trecento uomini ». Il bollettino ufficiale italiano del giorno successivo, dopo aver dato, come al solito, una specie di sommaria situazione di tutto il fronte, completava: « In direzione di Carzano (Valsugana) un nostro reparto riusciva a spingersi oltre le linee nemiche del torrente Maso e a catturarvi circa duecento prigionieri ». Il piccolo episodio, che tale volle apparire con le due versioni, passò inosservato. Il comando austriaco per lo spavento non ancora scomparso, quello italiano per la grave delusione patita, entrambi per quel senso di pudore, anche militare, che fa qualche volta occultare o dare versioni blande ad episodi che potrebbero avere nel Paese ripercussioni morali fortissime, dopo essersi quasi tastati a vicenda, preferirono dare allo stesso fatto d'armi poca importanza. Né alcuna indiscrezione né alcun commento apparve per lungo periodo di mesi: lo sbigottimento degli austriaci era stato troppo forte perché essi osassero fare anche del sarcasmo, e Caporetto troppo dolorosa9
mente travolgente perché gl'italiani, me compreso, trovassero il tempo per iniziare discussioni mentre il nemico continuava ad incalzare con prepotente baldanza. Il comando austriaco, però, appunto per aver tremato, non dimenticava, e, pur nell'ebbrezza di Caporetto, non disdegnava occuparsi di Carzano: inchieste militari si susseguirono a inchieste, e dell'episodio si occupò, prima, il Consiglio di Difesa Nazionale, poi, in una seduta segreta e una pubblica, la Camera dei Deputati. La stampa, con i pochi elementi che giunsero indirettamente in suo possesso, iniziò allora una serie di polemiche. Il ministro imperiale della Difesa, rispondendo il 5 maggio 1918 - quasi otto mesi dopo lo svolgersi dell'episodio - a una interpellanza presentata alla Camera di Vienna sul tradimento di Carzano, dopo aver riferito tutti gli elementi a sua conoscenza - non completamente esaurienti e ben lungi dall'essere esatti -, concluse ripetendo le parole dei generali austriaci a commento dell'inchiesta militare: Doversi cioè il Paese rallegrare per aver potuto superare, senza letali conseguenze per l'Impero, il grosso pericolo che lo aveva minacciato, la cui gravità, basata sul piu abbietto tradimento, era tale da sgomentare.
E il noto critico militare Fabius, nella « Neue Freie Presse» del 7 maggio 1918, illustrando le parole del ministro· imperiale ed esaminando la situazione militare generale d'allora, alla luce di altri dettagli omessi nella risposta del ministro, ebbe a scrivere: IO
La paralisi della nostra difesa nel settore di Carzano o:ffri agli italiani una rara chance di grande successo. Questo fu proprio offerto agli italiani sul vassoio, e ciò nonostante l'impresa falU non in piccola parte per la dappocaggine del comando italiano, giacché gli italiani stipandosi su un unico passaggio persero un tempo prezioso, e dimenticando di trasportare con sé pontoni e tavole, per passare sollecitamente il Maso, mezzi d; altronde non assolutamente necessari perché il Maso poteva essere attraversato tranquillamente data la poca acqua, non seppero conquistare di sorpresa punti strategicamente vitali. Profittando della sorpresa e dell'oscurità della notte essi avrebbero potuto colpirci, avanzando anche solo nella valle, in modo particolarmente sensibile. È sorprendente che della brigata italiana, che era in riserva, nulla si sia sentito. Sembra che qualche cosa non sia andato liscio. Sono evidentemente mancati l'accordo e i contatti fra il gruppo avanzato d'assalto, che ha adempiuto bene ai suoi compiti, e la brigata di riserva. Risolutezza ed energia hanno senza dubbio fatto difetto. Forse gli scaglioni retrostanti hanno avanzato con esitazione... Per questo l'operazione è andata a rotoli.
Apprendiamo, però, con orrore che la cospirazione ha durato settimane, che sui prigionieri furono ritrovate riproduzioni fotografiche e topografiche di tutte le nostre posizioni, e che esse erano esatte in tutti i dettagli, che le nostre truppe vennero perfidamente frodate dei loro piu efficaci mezzi di difesa, che lavori di difesa nostri furono appositamente ritardati, fruII
strati. Una grande sciagura ci ha sfiorati; da essa dobbiamo imparare. Ma né i generali austriaci che fecero l'inchiesta né il ministro imperiale della Difesa, né i vari critici militari conobbero con esattezza tutti gli elementi - persone e mezzi - che dovevano partecipare all'impresa: quali parole avrebbero essi usato se avessero saputo che in riserva, dietro la sola brigata che essi considerarono, vi erano altri quarantamila uomini e che altre armate italiane erano pronte a muoversi al primo cenno? Per i brividi di maggiore angoscia, essi, a pericolo scomparso, avrebbero saputo trovare sarcasmi feroci per deridere la nostra dabbenaggine; e in una guerra perduta, il silenzio sdegnoso, anche a danno della verità, sarebbe stato per noi un dovere patriottico assoluto. Ma, grazie al valore e alla resistenza dei nostri soldati, l'Impero degli Absburgo è crollato per sempre. Noi possiamo quindi oggi parlare, dobbiamo anzi farlo. Lo dobbiamo, anzitutto, per un doveroso riconoscimento ai pochi nobilissimi precursori che, figli d'un'altra razza, chiamati « abbietti traditori » dagli austriaci, ci aiutarono eroicamente nell'opera oscura e pericolosa, sfidando la forca, e che ora soltanto, nel loro Paese, le masse applaudono. Lo dobbiamo, perché adesso, vinta la guerra, non è male ricordare, pur senza inutili jattanze, alle popolazioni degli Stati successori dell'Austria, non sempre abbastanza memori, ogni passo della terribile strada della libertà, dove l'Italia camminò con loro fedelmente, dando il suo valido sicuro appoggio, senza il quale non avrebbero mai potuto raggiunger~ la meta agognata; e perché è nostro sacrosanto diritto rammentare a chi gioisce in conseguenza dei nostri sacrifici passati, da quale somma di sacrifici siano state 12
distrutte le basi del mostruoso edificio che pesava su loro e li schiacciava. Dobbiamo parlare, infine, perché le verità son sempre salutari; ed è bene, anche se un'ombra possa essere proiettata su qualche capo militare, il sapere com'è possibile che avvengano certi terribili errori. Perché Carzano fu e resterà sempre, checché possano aver scritto storici affrettati, un terribile errore. Bello come un sogno, Carzano avrebbe potuto e dovuto essere la « Caporetto austriaca » con il vantaggio, per parte militare, dell'anticipo, e con risparmio, per parte dell'Italia, di tanto dolore. Non fu, invece, che un episodio quasi insignificante nell'economia generale della Grande Guerra. Nostalgico sospiro di coloro che, italiani o non, lo prepararono, con cosi minuziose cure e con tanto ardore di passione patriottica, esso non può ormai ricordarsi che come un sogno; quello che il lettore può interpretare come un capitolo di romanzo e che, al contrario, fu vita vera di guerra, vissuta fra l'una e l'altra linea di battaglia, fra l'uno e l'altro esercito.
Comunque, prima di raccontare della congiura di Carzano, sarà bene esporre brevemente una considerazione di carattere generale, collegata in fondo all'obbiettivo principe della nostra entrata in guerra: ripagare in moneta sonante i tedeschi per tutte le invasioni da loro effettuate attraverso le Alpi, e raggiungere, quindi, di sorpresa e con le minori perdite possibili il passo del Brennero. Delle innumerevoli calate di sovrani tedeschi, ben sessantasei, infatti, erano avveI3
nute per il Brennero e seguendo il corso dell'IsarcoAdige, che rappresentava la linea principale o « ideale » di invasione; le altre erano avvenute dalla secondaria linea Pusteria. Raggiunte l'indipendenza e la sovranità nazionale, l'Alto Adige e il Trentino - questo cuneo insinuantesi per centottanta chilometri fra la pianura lombarda e quella veneta - restava per l'Italia insieme il ricordo delle prepotenze passate e il simbolo di un dominio che poteva ancora tornare ad opprimerci, perché l'eventualità d'un'altra guerra rientrava fra i possibili sviluppi della politi.ca postrisorgimentale. Di conseguenza, gli studi dello Stato Maggiore insistevano sulla necessità dell'eliminazione - prima di puntare alla conquista di Trieste e della Venezia Giulia - di tale cuneo, neutralizzando le imponenti fortificazioni erette dall' Austria attorno e avanti a Trento e invadendo l'Alto Adige dallo Stelvio, dal Tonale e dal Cadore. Cadorna, assurto alla suprema carica di capo di Stato Maggiore, proprio poco prima che l'Italia dichiarasse guerra all'Austria, non senti questa necessità strategica, e con vedute nettamente contrarie a quelle del suo predecessore, Alberto Pollio, decise che l'esercito non dovesse muoversi dallo Stelvio e dal Cadore per eliminare il saliente d'invasione nemico, ma si dirigesse con le sue principali forze su Trieste. E cosf, il 15 maggio 1915, l'armata del Trentino, la l", ricevette l'ordine di schierare i suoi due corpi d'armata dallo Stelvio al Cordevole, con il compito essenziale di impedire una eventuale invasione nemica, e, secondariamente, di cercare di migliorare, nei limiti del possibile, l'infelice schieramento senza esporsi a gravi rischi. Un eventuale cedimento della 1' armata, obbligata a sviJuppare la sua difesa su un fronte di trecentottanta 14
chilometri, avrebbe rappresentato una tragedia per l'Italia, giacché il resto del nostro esercito, in movimento verso l'Isonzo, sarebbe stato preso alle spalle; per fortuna, tale pericolo era per il momento scongiurato, in quanto già dal marzo 1915 le forze austroungariche, unitamente a quelle germaniche, erano state costrette ad impegnare sul fronte russo ben quattro armate, da Pelikov sulla Pilitza al passo Uschok nei Carpazi, mentre una quinta era già in marcia verso il Dniestr. Roberto Brusati, comandante della armata, decise, a questo punto, di approfittare della situazione. E, rinforzati i due piloni estremi - passo dello Stelvio, Valcamonica e testata del Cordevole -, fece iniziare dal centro del grande arco convesso tutta una serie di operazioni tendenti a smussare il saliente e a ridurre l'estensione dello schieramento difensivo. Occupati il Pasubio e il monte Santo, spinse avanti la linea di resistenza anche nel settore della Valsugana con l'occupazione di cima della Caldiera, di Ospedaletti in fondovalle, di cimon Rava, di Forcella Magna, di cima d'Alba, giungendo, poi, nell'agosto 1915, sino a Bagni Sella, Armentera, Borgo, Telve, monte Salubio. Complessivamente, il fronte difensivo veniva ridotto a poco piu di duecento chilometri. Tali posizioni resteranno in mani nostre fino al giugno 1916: la Strafexpedition, 1 sviluppata dagli austriaci fra la val Lagarina e la Valsugana, con centro d'attacco verso gli Altipiani, obbli-
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' Letteralmente: « spedizione punitiva». Si tratta - com'è noto della grande offensiva organizzata dal capo di Stato Maggiore dell'esercito imperiale, Franz Conrad von Hotzendorff, nella primavera del '16, con l'ambiziosissimo obbiettivo di « mettere per sempre fuori causa» l'Italia, tagliando in due lo schieramento cadorniano e chiudendo in un'enorme sacca le nostre truppe del settore giulio.
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gò l'esercito italiano a ricederle, dopo strenua e disperata difesa. Ed è nel settore della Valsugana, organizzato subito a difesa contro di noi, che si svolge, nel 1917, l'episodio di Carzano.
GiĂ nell'ottobre del 1915, la possibilitĂ di incrinare la resistenza morale degli austroungarici si era, in modo concreto, prospettata al Servizio Informazioni dell'armata: su ottantaquattro prigionieri catturati in un'azione contro monte Palane, piu di sessanta erano cechi e moravi; e tutti, pur interrogati separatamente e successivamente isolati, si mostravano felici di aver potuto sfuggire alla sorveglianza dei tedeschi, sempre pronti a tergo a colpirli con le mitragliatrici, qualora si fossero accorti di cedimenti o ammutinamenti. Si consideravano nostri fratelli. Altri prigionieri erano stati catturati o si erano presentati spontaneamente agli avamposti italiani, sfuggendo al controllo di reparti appositi, e, pertanto, con non lieve rischio personale; e tutti o quasi - ed era questo un fenomeno molto interessante - si dichiaravano non soltanto solidali con la nostra causa e disposti a collaborare contro gli oppressori imperiali, ma, venendo a noi, avevano cercato di portarci utili informazioni (tipo e disposizione degli apprestamenti difensivi, schieramento delle loro artiglierie e delle loro fanterie, ecc.). Allora, senza che ce ne fosse pervenuto un ordine preciso, di nostra iniziativa, cominciammo a fare stampare manifestini da gettarsi per mezzo degli aerei sulle linee e sulle retrovie nemiche. Il loro contenuto, nelle 16
varie lingue, non variava: «
VENITE DA NOI, VI ACCO-
GLIEREMO DA FRATELLI. LA NOSTRA GUERRA È ANCHE LA VOSTRA. NOI COMBATTIAMO ANCHE PER LA LIBERAZIONE DI TUTTI VOI DALtA TIRANNIA DELLA MONARCHIA ABSBURGICA ». Va, in ogni caso, precisato
che i disertori e i prigionieri erano relativamente pochi, anche se la nostra propaganda si faceva sempre piu intensa, per divenire martellante dopo la fallita offensiva austriaca del maggio 1916 . La grande tradizione militare, la ferrea disciplina, l'alto valore professionale della maggior parte degli ufficiali, l'abile dosaggio con il quale venivano frammischiati, nelle grandi unità, gli elementi dei vari ceppi linguistici, tutti sotto il controllo e il predominio di quello tedesco, tenevano ancora orgogliosamente in piedi l'esercito absburgico. Che, bon gré mal gré, continuava a battersi con un coraggio veramente ammirevole.
Carzano è una graziosa borgata circondata da vigneti e lambita da boschi, che scendono folti dal versante meridionale del Salubio. Situato sulla sinistra del Brenta e sulla destra del torrente Maso, giace a due chilometri dalla confluenza di questi due corsi d'acqua ed a metà circa del grande arco disegnato dal Brenta (il fiume limita, nella sua ansa, l'altopiano dei Sette Comuni). Proprio in detto settore di guerra, era schierato, nel maggio 1917, il XVIII corpo d'armata (generale Etna) su due divisioni: la 51' (generale Di Giorgio) dal Civeron a Strigno, la 15" (generale Del Bono) da Strigno a cimon Rava. Fronteggiava lo schieramento italiano la sola 1s· divisione austriaca (generale
Scholz) su due brigate: la CLXXXI (generale VidalÊ) e la I da montagna (colonnello Teus), disseminate con i loro battaglioni - dieci in totale - dal fondo Valsugana al Cauriol, ottimamente sorrette, però, da un massiccio complesso d'artiglierie e da diversi ordini di reticolati. Carzano, con il posto avanzato di Castellare, e Castelnovo erano i due paesi nemici piU v1c1n1 alle linee, nello schieramento fronte est a cavallo del Brenta.
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II. IL PLICO SEGRETO
Nella notte illune del 12 luglio 1917, un uomo, nonostante l'attenta vigilanza delle sentinelle, riusciva a passare inosservato la vastissima fascia dei reticolati italiani, e, proprio quando cominciava la notte e l'oscurità era piu intensa, penetrava tra le linee italiane del fondo della Valsugana, nei pressi di una piccola altura, indicata come quota 546, a nord ovest di Strigno. Egli sostava dinanzi alla piccola baracca dove aveva il suo ricovero l'ufficiale italiano, casualmente sulla porta, e con l'aria piu serena che si possa immaginare, come se l'essere piombato inaspettatamente sin li fosse stata la cosa piu naturale di questo mondo, chiedeva mantenendosi in attitudine di rispetto militare, mano destra cioè al fez, di essere portato « in grosse Eile' a grosso comando». L'ufficiale, che non aveva potuto trattenere il grido di « capoposto, presto », il capoposto, subito accorso, ed alcuni soldati messi in allarme, circondavano l'austriaco, e non ancora rimessisi dalla sorpresa, guardavano con meraviglia e diffidenza: come diavolo aveva potuto varcare inosservato la linea dei reticolati e delle vedette, e piombare cosi di sorpresa, nientemeno che alla baracchetta del comando avamposti? - Certo è una spia - mormora un fonte. - No, un disertore - sussurra un altro. - Non vedi, è disarmato. 1
In gran fretta.
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- E se fosse un messaggero di pace? - dice il caporale. L'ufficiale, un giovane sottotenente ancora pivellino e proprio al suo primo episodio di guerra, impone il silenzio, e cerca fra le sue fresche reminiscenze di scuola quei pochi vocaboli tedeschi che gli permettano di procedere a un interrogatorio sommario. Fatica sprecata: non riescono ad intendersi. L'altro, un biondo graduato ceco, non fa che ripetere << grosse Bile, grosso comando, io parlamentario ». Il campanello del telefono da campo squilla: il giovane ufficiale, ancora tutto eccitato per questa avventura, la prima, chiede istruzioni al suo comandante di compagnia. - È giunto in linea (eh!, la piccola bugietta per evitare grane!) un graduato austriaco che ha con sé un plico e non fa che ripetere: « Io essere parlamentario )>. Che cosa debbo farne? - Che tipo è? - domanda il capitano. - È un bel ragazzo, molto rispettoso, ha un viso sincero, - risponde il sottotenente. - È solo? - Si, solo. - Non vuole assolutamente dare il plico a lei? - Ho tentato di prenderlo, ma ha opposto resistenza. Pare debba consègnarlo solo ad un comando superiore. - Allora lo faccia accompagnare qui, al comando di settore, - conclude il capitano. E aggiunge subito: - Occhio, però, alle sorprese; non si sa mai, mi raccomando. Cosi bendato, scortato da soldati che nel buio della notte seguono ogni suo gesto temendo un tradimento, 20
il sergente dell'esercito austroungarico Mleinek, ceco di nascita e di sentimenti, viene condotto, seguendo stretti e tortuosi camminamenti, :fino al comando di settore. Anche qui egli ripete le poche stereotipe parole imparate a memoria: « Io essere parlamentario », né sa aggiungere altro. Che cosa fare? La serena quiete del settore - passavano ore ed ore senza udire un colpo di fucile, giornate intiere senza che il cannone tonasse, settimane senza che si vedesse un nemico - è turbata; la notte stessa, forse, possono nascere complicazioni. Meglio, dunque, che il messaggio raggiunga gli alti comandi. E, cosi, sempre bendato, prima a piedi lungo camminamenti e strade coperte, rese ancor piu buie da sipari e quinte di canne innalzate regolarmente per impedire al nemico il controllo del movimento delle truppe italiane, poi su una carretta da battaglione, infine su un camion, il Mleinek viene.inviato al comando di divisione, a Pieve Tesino, giungendovi sull'albeggiare. Qui, sarà decisa la sua sorte. Il plico « riservatissimo e urgentissimo » è sempre sul suo cuore: le ferme ma cortesi richieste - inutile sarebbe stato usare violenza - non sono riuscite a farlo venir meno ai precisi e tassativi ordini ricevuti dal suo comandante. Il plico, consegnato dal Mleinek all'ufficiale di servizio del comando, viene subito portato al capo di Stato Maggiore della divisione, maggiore Cerruti, ed aperto. Contiene gli schizzi topografici dettagliati della sistemazione difensiva di tutto un tratto di prima linea austriaca, dal fondo di Valsugana, presso Castel2I
novo, a Caverna, e la descrizione di ciò che sarebbe possibile tentare contro il fronte austriaco. Vi è inoltre annesso un biglietto, scritto in tedesco, che dice: Unisco piano nostra difesa. Sono pronto aiutarvi. Se accettate tirate a mezzogiorno preciso di un giorno qualsiasi due colpi con granate da 152 contro campanile Carzano. Confermate appena annotta, con segnale luminoso da monte Levre. Ciò vorrà dire che un mio sottufficiale dovrà venire stessa notte ore 24 prendere accordi vostri avamposti Strigno. Rimandate subito sottufficiale. PAOLINO.
Gli ufficiali del comando, addetti alle operazioni, subito chiamati, esaminano gli schizzi topografici ed il biglietto. Con estremo scetticismo. - Questo « Paolino » in fondo, non chiede nulla - dice un capitano, quasi in risposta al sorriso scettico degli altri. - Invia, anzi, dei dati che cosi, sommariamente, corrispondono a quanto già si sa sul nemico. - Forse, proprio durante un nostro eventuale colpo di mano, egli vorrà farci cadere in un agguato - soggiunge un altro. - E a che scopo allora destare la nostra diffidenza? - ribatte il primo. Interviene rapido ed energico, come sempre, il coraggioso maggiore Cerruti. Si mandi tutto all'Ufficio Informazioni d'armata; esso è l'unico organo adatto e competente per analizzare e valorizzare bene tutti gli elementi che ci invia « Paolino ». E si riaccompagni questo sottufficiale alle prime linee, ·con l'ordine di farlo uscire a notte fatta 22
dalla linea dei nostri avamposti, rimettendolo in libertà; non ha visto nulla, male non ce ne può fare. Sicché il plico, nuovamente sigillato, prende la via di Vicenza, dove ha sede il comando degli informatori d'armata, mentre Mleinek, nuovamente bendato, rifà la strada che lo riporterà da « Paolino », il suo comandante di battaglione, ch'egli non ha voluto contribuire a far meglio individuare.
* * * -
È permesso signor maggiore? -
domanda il
tenente Artom. - Avanti. - Ci sono due interessanti fonogrammi nem1c1 intercettati proprio stanotte dalla nostra stazione telefonica « Fede )> che ha la presa sul fondo Valsugana. Sono entrambi diretti al comando della CLXXXI brigata austriaca, e non sono cifrati che in parte. Uno è firmato dal tenente Knott, che sappiamo essere il comandante la 4• compagnia del V battaglione bosniaco e dice: « Gli italiani hanno assalito, disperso quarta pattuglia a Spera, manca un uomo». L'altro è trasmesso con il cifrario semplice ed è firmato da un Oberleutnant Pivko, che non sappiamo che cosa comandi. Esso dice: « Quarta pattuglia Spera ritornata al completo. Ultimo uomo fece ritorno mezzanotte. Segue rapporto con importanti informazioni sul nemico». , Non potei trattenere un moto di sorpresa. La notte prima, uno degli ufficiali informatori del settore Valsugana, il tenente Arese, aveva segnalato che un parlamentario aveva portato un plico a Strigno,
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plico già avviato ma non ancora giunto al comando d'armata; ed ora il nemico telefonava « segue rapporto con importanti informazioni sul nemico ». Ma che diavolo di pasticcio era questo? Mi attaccai al telefono. Per due ore non feci che chiedere comunicazioni urgenti, precedenza assoluta su tutti, mettendomi in contatto con gli informatori di linea, con gli osservatori, con i vari comandi di quel settore: tutti non facevano che rispondere che nulla di nuovo turbava il solito ritmo di guerra. Bisognava attendere con calma quanto il comando di divisione doveva aver già inviato: ormai non poteva trattarsi che di poche ore.
* * * Il motociclista addetto al settore della Valsugana giunse nelle prime ore della mattina del 15 luglio, con il plico inviato dal comando della 15· divisione. Ma prima di lui, era già giunta sino a me l'eco dell'enorme curiosità suscitata fra gli ufficiali e la truppa del settore dall'insolita comparsa di un parlamentario - ché la trincea era anch'essa, specie nei momenti di calma, un corridoio pei pettegolezzi - ed era già maturata in me la decisione di contenere il piu possibile l'episodio, al fine di evitare che se ne discorresse un po' troppo. Chiusomi in ufficio, apersi io stesso il plico per studiare attentamente tutto quanto esso conteneva. Non vi potevano essere dubbi, i particolari esposti completavano con esattezza meticolosa tutti i dati che per altre vie erano già a nostra conoscenza; traspariva anzi nel compilatore quella preoccupazione dell'esat-
tezza che formava una delle caratteristiche distintive del temperamento degli ufficiali nemici. Dunque, che cosa fare? Comunicare subito tutto il contenuto agli ufficiali da me dipendenti? Una lunga riflessione mi convinse non esserne ancora il momento, la partita meritava che in un primo tempo essa fosse giocata da me solo. Certo le intercettazioni telefoniche di pochi giorni prima, e proprio nella notte successiva a quella in cui era giunto il parlamentario, lasciavano temere un tranello. Ma a quale scopo allora i dati inviati erano tutti cosi esatti? Perché su ciò non vi era dubbio, il nostro complesso servizio informazioni aveva ormai basi troppo solide ed io ero troppo conscio di quanto avevo saputo creare per supporre che una pura coincidenza mi facesse ·comunicare dal nemico gli stessi dati che io, con i tanti organi dipendenti, avevo accumulato, dettaglio per dettaglio, in tanti mesi di intenso e paziente lavoro. Chiusi tutti gli schizzi nel mio cassetto e chiamai al telefono il tenente Arese, del settore Valsugana: bisognava vedere questo « Paolino » in faccia, sentire chi era, di dove veniva, perché agiva cosL E il rischio? Non mi preoccupava affatto. Anche un'eventuale imboscata aveva le sue attrattive e rientrava negli incerti del mestiere. - Lei, Arese, - dissi all'interessato che mi parlava da Arsiè, dove aveva sede il comando del corpo d'armata italiano, - si metta in comunicazione con la nostra batteria da 152 di Tizzon, e a mezzogiorno preciso faccia tirare due colpi a granata ai piedi del campanile di Carzano; mi raccomando, due colpi soli. E
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appena annotta faccia alzare da monte Levre tre racchette. Ha capito? - Si. - E allora domani, dall'alba in poi, mi attenda a Pieve Tesino assieme all'ufficiale informatore della divisione, il tenente Mattei. Ho bisogno di dar loro ordini speciali.
III. IL PRIMO COLLOQUIO CON PIVKO
- Sergente Mleinek? Un'ombra accovacciata pochi passi fuori del reticolato italiano si rialza e, nel diffuso chiarore lunare, quell'uomo, rigido nella posizione d'attenti, con la mano destra alzata sino all'orlo del fez, fa subito sul mio animo l'impressione di un cane fedele pronto ad ogni sacrificio pur di servire devotamente il padrone. - Sergente Mleinek, - ripeto io parlando in tedesco, mentr• precedendolo gli faccio segno di accovacciarsi, - se in « Paolino », il suo comandante di battaglione, il coraggio e la lealtà assoluta son pari alla mia buona fede, gli dica che io, il maggiore capo dell'Ufficio Informazioni d'armata, lo attendo fra un'ora alla cappelletta di Spera, a metà strada fra le nostre linee. Gli dica che deve venir solo. Io sarò già là. Precisi bene che se non fosse solo o io avessi il minimo dubbio che si prepara un'imboscata, aprirei immediatamente il fuoco. Se sarà solo avanzi pure tranquillamente e a una ventina di metri dalla cappelletta pronunci come parola d'ordine « Inzif ». Se lo noti. lo gli risponderò con « Paolino », dopo di che potrà avanzare. Egli non deve temere da parte mia nulla, ne do la mia parola d'onore. Mi ha capito bene? Il sergente Mleinek, che non si è mosso dalla rigida posizione del saluto, risponde con un energico « ja »: i suoi intelligenti occhi d'acciaio hanno alla luce lunare
che ora lo investe in pieno, un lampo, che a me pare di assoluta sincerità. E notata la parola d'ordine, fatto un rapido dietrofront, scompare, invisibile nelle macchie, con la stessa agilità di un gatto selvatico; non uno stormire di fronde rompe l'alto silenzio della notte. - Lei, tenente, - dissi rivolgendomi all'ufficiale comandante degli avamposti, che lontano pochi passi aveva assistito, senza nulla sentire, al nostro conciliabolo - si assicuri personalmente che i plotoni di guardia, a destra e a sinistra, non mandino uomini in ricognizione. Dia ordine tassativo di aprire bene gli occhi e di prepararsi a fronteggiare qualsiasi attacco, non si faccia però fuoco se non contro nemici . che siano già addossati ai reticolati. Io esco solo. Sono armato. Non rientrerò probabilmente cheC}all'alba, se dovessi rientrare prima, a venti metri dai reticolati mi farò riconoscere con la parola d'ordine di questa notte. Se dovessi cadere in un agguato nemico farò il possibile per sparare un colpo. Questo vorrà dire« state attenti », ripeto però che nessun uomo, per nessun motivo, deve uscire dalle nostre linee. Io, solo, troverò bene il modo di cavarmela. Mi raccomando. Strinsi la mano al giovane ufficiale rifiutando la sua calorosa offerta di accompagnarmi, mi assicurai che pistola e lampadina 'elettrica funzionassero bene e con animo tranquillo varcai i nostri reticolati.
Il cuore ha un sussulto. Vicino, un leggerissimo rumore e la cadenza lenta, appena percettibile, di un passo in salita mi danno la sensazione che qualcuno
si avvicini, non però per la strada sulla quale io, per istinto, attendo. Ma ciò dura un istante. - «Paolino», - mormoro, carezzando con moto nervoso la fondina della mia rivoltella agganciata sotto la tunica. - « Inzif ». E un secondo dopo un uomo aitante nella persona, reso ancor piu alto da un fez mastodontico che gli copre la testa, si drizza quasi ai miei piedi spuntando da una siepe che occulta un piccolo sentiero che dalla valle sale su, ripido. - Siete solo? - Solo, come avete ordinato. Gli stendo con gesto naturale la mano, non so, ho subito la sensazione che egli non sia un nemico. - Mi chiamo Pivko, comando interinalmente il V battaglione bosniaco, sono di sentimenti irredentistici, - precisa, stringendo con forza la mia mano sono ai vostri ordini. - Sono il maggiore « Inzif », capo dell'Ufficio Informazioni d'armata, - rispondo io. - Leggendo il vostro biglietto, analizzando le notizie unite agli schizzi che ci avete mandato, ho avuto l'impressione che abbiate detto la verità. È per questo che sono venuto. Sediamoci qui dietro questa ondulazione del terreno, nessuno dei miei ci disturberà. Posso contare altrettanto sui vostri? - Come su me stesso. Il nostro dialogo si svolge rapido, serrato; io voglio sapere, egli vuole vincere la mia diffidenza. - Siete ufficiale di carriera? - No, sono della riserva. Ho combattuto accanitamente contro di voi quando non sapevo, quando non
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analizzavo il perché della vostra guerra, quando credevo che, sconfiggendovi, si salvasse, non solo l'impero, ma anche la libèrtà delle nostre razze. Ho guadagnato, sul campo, molte decorazioni al valore, eccole qui sul mio petto. - Avete famiglia? - Si, ho moglie e quattro figli. Prima della guerra facevo il professore di diritto e di filosofia nelle scuole di Maribor. Dove siete nato? Nella Stiria. Allora siete austriaco. No, sono slavo, lo sono per sentimenti e per educazione. - Avete riflettuto al passo che fate? - Non sono piu un ragazzo, ho trent'anni. Ho ponderato bene tutto. So a che cosa mi espongo, a che cosa espongo la mia famiglia agendo cosL Ma il desiderio è piu forte di me. Sentirei di avvilirmi continuando a servire l'imperatore e continuando a lottare per consolidare l'impero; una voce intima mi dice che non è con loro ma con voi che la nostra stirpe troverà la sua redenzione. - Perché la vostra passata assoluta devozione si è tramutata in odio? - Perché? Perché una nuova voce, quella della redenzione, grida in me l'odio, ed è voce della patria: sino a ieri non era mai penetrata nell'intimo della mia anima, oggi essa mi incita ad agire. Io ero professore, un devoto, un servo umilissimo dell'impero. Credevo che la mia patria e l'impero fossero la stessa cosa, credevo che i miei connazionali non fossero oppressi e soggiogati. Che cosa importava a me, in passato, di tutte le lotte del regno dei serbi, quando credevo che
l'impero d'Austria fosse un conglomerato necessario, quando vedevo il benessere materiale di tutti? Oggi no, oggi io capisco, oggi io sento che nulla di comune vi è fra noi slavi ed i tedeschi, e che i beni materiali non valgono la libertà vera, quella di essere congiunti, e, non nemici, con i propri fratelli. È un'anima nuova che parla, non solo in me ma in molti slavi, ed è una necessità nuova che ci pervade; l'impero, cosf come è adesso, non può né deve continuare ad esistere. Voi non sapete come si comportano verso di noi austriaci e ungheresi. Noi siamo i servi, la carne da macello. Ed io che ho sempre avuto alle mie dipendenze soldati cechi o serbi, ho compreso solo ora, un po' tardi è vero, ma sempre in tempo, tutto l'odio di questa gente per i padroni, e questo odio lo faccio mio, lo moltiplico, lo centuplico, perché comprendo che non si potrà ottenere la nostra liberazione senza il loro sfacelo. - Quanti ufficiali la pensano come voi nel battaglione? - Quattro certamente, potrei rispondere di loro come di me stesso. - E uomini di truppa? - Pochi, quelli sulla cui devozione posso assolutamente contare. Non si può parlare di queste cose con i soldati, si potrebbe sempre essere traditi. La massima parte di ]oro sono bosniaci, gente buona ma primitiva, qualche volta feroce. Che cosa volete che essi comprendano delle nostre tragedie? Sono cani devoti, vanno dove li si comanda. Mi vogliono bene, mi sanno valoroso, ecco tutto; forse, però, mi ucciderebbero se sospettassero ch'io voglia tradire il loro imperatore. Vi sono anche dei serbi, su que1li posso contare anche senza aver mai parlato loro. Sono pa-
trioti fanatici, odiano l'impero con la tipica caparbietà della loro razza. Se avessero la sensazione netta che anch'io la penso come loro, indubbiamente si schiererebbero con me. - Perché ci avete inviato quegli schizzi e quelle poche notizie sulle truppe che occupano le vostre posizioni? · - Per darvi modo di compiere un colpo di mano o una operazione offensiva. Disertare da solo, senza fare del male all'impero, è troppo poco, danneggerei solo la mia famiglia senza raggiungere un risultato positivo. Cosi, potreste, invece, preparare qualcosa che vi tornerebbe veramente utile. Rimasi parecchi minuti in silenzio. Tutti i dubbi erano svaniti, il mio intimo mi diceva in modo inequivocabile che potevo confidare in quell'uomo come in uno qualunque dei miei ufficiali. E nel silenzio profondo, mentre le mie pupille cercavano nell'oscurità di incontrarsi con quelle di Pivko, ingrandite da un paio di occhiali che non smorzavano però il lampo d'acciaio che vibrava sotto di essi, tutto un grande piano maturava con fulminea rapidità nel mio cervello. Perché non sfruttare la fortunata occasione? Perché non stabilire un vero e proprio servizio informazioni, valendomi di Pivko e dei suoi già in casa nemica? Perché non analizzare, servendomi di loro, vita e spostamenti delle truppe, arrivo o partenza di artiglierie, gioie e angosce delle popolazioni? Perché non far ingrossare il gruppo degli aderenti, allargare la congiura, spingerla giu giu sino al cuore dell'esercito e se possibile anche dell'impero? Ebbi un tremito involontario e mi parve quasi che
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Il 1917 è l'anno piu critico del conflitto. I belligeranti sono al limite delle forze. Qualcuno, scremato, già sta uscendo di scena. <~ Quando l'armisti7.io?  , sembra chiedersi questo prigioniero germanico appena uscito dall'inferno della guerra di posizione.
L'orrore clelfa battaglia è uguale cl,1ppertutto. Dappertutto t rincee sc<.m· volte, fango, assalti all'arma bianca, distruzione, morte. A Verdun, sLùla Somme (dove, tra le file britanniche, è stata scattata la foto ), sul Cnrso, continua l' « inutile strage » di masse sempre maggiori di combattenti.
dal profondo dell'anima mia madre mi gridasse: « Osa. Per la patria tutto deve osarsi ». Erano state le sue parole prima ch'io partissi per la guerra e le aveva pronunciate poggiando le sue mani sulla mia testa, mentre i suoi occhi di povera cieca, che già avevano veduto, parevano cercare le mie pupille quasi per attingervi la certezza che un giorno avrei saputo obbedirle. Perché non osare? Accesi per un momento la lampadina elettrica, gettando sul viso di Pivko un fascio di luce rossastra: ancora in silenzio, mentre egli affrontava serenamente il mio esame, fissai i miei occhi nei suoi. - Sentite, Pivko; voglio credervi, vi credo, ho ed avrò fiducia in voi. Ma ho un posto pieno di responsabilità, non basta che vi creda io, bisogna ch'io trovi il modo che vi credano anche i miei superiori. Ciò che offrite è molto ma è anche poco. Bisogna che offriate tutto, assieme potremo fare veramente molto male all'impero. E voi avrete la gioia grande di contribuire alla nostra vittoria, alla vostra redenzione. Avete famiglia, mi avete detto, io comprendo che non solo rischiate la vostra vita, ma anche quella dei vostri figli. Avete riflettuto, mi avete detto, sta bene, e allora bisogna rischiare per qualche cosa di grande, di utile: intelligenza, coraggio, energia, sangue freddo non vi mancano; lo vedo. Volete diventare mio collaboratore nel servizio informazioni? Vi sentite la forza di adattarvi a compiere e far compiere tutto un servizio di spionaggio nelle vostre linee? Se si, se io potrò avere tutti i dati, tutti gli elementi di giudizio che mi occorrono, io mi impegno di ottenere, dal Comando Supremo italiano, tutto quanto sarà necessario per un gran colpo. Ne saremo gli artefici in completa comunione di spirito. - Accetto - rispose con calore Pivko. 33
- Ebbene, incominciamo - aggiunsi. - C'incontreremo spesso, sulla base di un segnale di richiamo che stabiliremo di comune accordo, senza testimoni, senza che ci sia la possibilità di qualsiasi tradimento, di qualsiasi indiscrezione. Voi avete due compiti precisi, entrambi pericolosi, ma non difficili. Primo, dovete cercare con tatto e con grande prudenza di aumentare il numero dei vostri seguaci scegliendoli non solo nel vostro battaglione, ma anche in quelli vicini, anche a tergo, fra gli ufficiali d'artiglieria o fra quelli addetti a comandi. Secondo, dovete riunire tutti i dati che mi saranno necessari per poter precisare con esattezza le truppe dislocate in tutto questo settore della Valsugana. Ordini dei vostri comandi, carte topografiche vostre con gli appostamenti difensivi, indicazioni precise sulle stazioni telegrafiche, telefoniche, teleferiche, ubicazioni dei magazzini. Tutto mi sarà preziosissimo. Ve la sentite di potere svolgere un lavoro del genere? - Senza dubbio - rispose Pivko. - Allora state attento. Per voi, come per i vostri, la parola di riconoscimento sarà « Inzif ». Lavorate per ora solo fra cechi e serbi, fidandomi anch'io degli elementi di queste due nazionalità. Se voi non poteste venire, inviate qui, a questo posto, Mleinek; gli appuntamenti saranno fìssati' sempre a mezzanotte. Se non potrà venire lui, mandate uno dei vostri che conosca la nostra parola. Io risponderò sempre « Paolino ». Ci incontreremo fra cinque giorni, la notte del 26. Se avete bisogno di mezzi, non avete che da chiedermeli. Vi fornirò tutto quanto potrà occorrervi. In caso di novità urgenti, fate disertare uno dei vostri compagni piu fidati, ordinandogli di non parlare se non davanti a me, dopo che avrò pronunciato la parola d'ordine 34
« Paolino ». Se questo non fosse possibile, disponete che si spari da Castellare, in direzione di Strigno, tre raffiche di mitraglia, una alle 12, l'altra alle 12,30 e la terza cinque minuti dopo. Questo segnale vorrà dire che la notte stessa voi vorrete parlarmi; io disporrò per l'osservazione e potete essere sicuro che a mezzanotte sarò qui ad attendervi. Nei prossimi incontri, preciseremo altri particolari: ora albeggia ed è meglio separarci. Restiamo d'accordo per la mezzanotte del 26? - Perfettamente. Ci stringemmo lungamente la mano, guardandoci bene negli occhi. Pivko ebbe come un moto istintivo; rialzando fieramente la testa egli distaccò i suoi occhi dai miei per guardare su, verso il cielo. - Se un Dio c'è, egli deve sapere ch'io agisco oggi non come un volgare traditore, ma come un uomo che sa di offrire tutto per la redenzione della propria patria. Le nostre mani, ancora congiunte, ebbero una nuova stretta: Pivko si buttò, correndo per il pendio che bruscamente scende su Castellare, mentre io, volta la schiena alla Panarotta, il cui profilo cominciava a delinearsi sull'orizzonte, mi avviai celermente verso le nostre prime linee. Una gioia intima ed intensa gridava nel mio cuore tutto il suo diritto alla luce.
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IV. IL SOGNO SI DELINEA
La lieve brezza mattutina, resa frizzante dalla velocità dell'auto che correva rapidamente sulla strada che da Pieve Tesino porta a Bassano e a Vicenza, accarezzava con insolita violenza il mio viso, e il corpo tutto, fremente per la speranza nuova, godeva con gioia quel massaggio di aria, trovandovi ristoro per le ore di sonno perduto. Sulla destra, gl'imponenti baluardi degli Altipiani sfolgoravano già tutti dei primi raggi di sole; a sinistra, l'ubertosa pianura veneta; ancora avvolta nel grigiore mattutino, lasciava diradare lentamente tutta la nebbia leggera che l'avvolgeva come in un enorme manto: a lenti rintocchi, i campanili sparsi qua e là e tutti innalzantisi in eleganti linee verso il cielo, suonavano l'uno dopo l'altro, l'Ave Maria. Molti mesi erano trascorsi dai giorni terribili del '16, quando pareva che gli austriaci potessero scendere a fare scempio di tµtto ciò che di piu dolce offriva la nostra terra, ma il nodo che ci aveva allora stretto la gola non poteva ancora sciogliersi, perché essi erano pur sempre là, a pochi passi, dalle alte cime sin giu, nell'intimo di casa nostra. L'auto si tuffava a fantastica velocità in quel monte di nebbiolina, e Grigno, Cismon del Grappa, Bassano passavano con la rapidità del lampo dinanzi ai miei occhi, che parevano guardare tutto ma che fissi come
erano in un unico pensiero, non vedevano ormai piu nulla di tutta la magnificenza che li circondava. Un universo di sogni e di realtà turbinava nel cervello: fortificazioni, linee di comunicazione, centri nemici, linee d'arroccamento, teleferiche, campi cli concentramento per prigionieri, batterie, stazioni intercettatrici, danzavano una danza infernale nella mia mente, accoppiandosi, distaccandosi, inseguendosi. Quando, quando Pivko e i suoi mi avrebbero dato la possibilità d'un controllo esatto su tutto il prezioso materiale informativo che la pazienza e l'intelligenza dei miei impareggiabili collaboratori avevano accumulato, per mio e per altrui profitto, nelle caselle dell'Ufficio Informazioni? Quando, quando avrei potuto convincermi e convincere, costatare e far costatare, che Pivko e i suoi, collaboratori fedeli e intelligenti dell'ora della buona fortuna, dicevano il vero e operavano seriamente? La Lancia si arrestò dolcemente: si era già dinanzi al palazzo dei conti Thiene, il gioiello palladiano, sede dell'Ufficio Informazioni d'armata, a Vicenza. Varcai la soglia quasi trasognato, recandomi come in trance sino al mio ufficio: ivi giunto, appoggiai istintivamente il capo sullo splendido camino di Alessandro Vittoria che ne formava il piu bell'ornamento, con l'immensa testa di Ciclope dall'occhio in fronte e dalla fauce spalancata, dove le antiche famiglie patrizie accendevano il fuoco nei mesi invernali.
* * * Proprio di fronte al camino, su un piano inclinato, s1 trovava il plastico delle nostre linee avanzate; mi 37
piegai a guardarlo, prima distrattamente, poi vinto da un'emozione crescente. Fu proprio in quel momento, ne ho netto il ricordo, che mi vidi balenare confusamente dinanzi il sogno che doveva poi assorbire per mesi la mia vita. « Un colpo di mano», avevo detto con Pivko. Seguendo con gli occhi il rilievo, pensavo: « Seguire la Valsugana, rotta la prima linea nemica, sarebbe facile. Si giunge all' Armentera, proprio sopra il paese di Borgo, si prosegue per Novaledo, Levico, Calceranica, Mattarello, lasciandosi cosi alle spalle tutta la zona fortificata degli Altipiani. Si, ma si tratta, riuscito il colpo, di trovarsi chiusi in un enorme budello, con truppe nemiche sugli Altipiani e nel campo trincerato di Trento, e nella impossibilità di sboccare nella valle Lagarina o di risalire le muraglie che fiancheggiano a sinistra e a destra. Ma perché far questo solo? Se Pivko confermasse le nostre informazioni che mi parlano d'un Trentino debolmente difeso, perché non combinare con quesr>azione un'altra, che permetta di sorprendere anche da tergo le truppe dislocate nel campo trincerato di Trento? Avendo intelligenze e appoggio nel campo nemico, come Pivko me li promette, agendo in mezzo al terrore della sorpresa, la cosa, pur difficile, non era assolutamente impossibile ». E allora? Allora. ~. Lo confesso, Io splendore della prospettiva che mi si apriva dinanzi, l'idea di vedere le nostre truppe lanciate alla conquista di Trento, il pensiero dell'importanza che il fatto avrebbe assunto in faccia al mondo, tutto ciò mi provocò una specie di stordimento. Alzai il capo dal plastico come qualcuno che ha troppo fissato il sole. << Andiamo! Non pensiamo a cose troppo belle -
mi dissi, scuotendomi. genti ».
Occupiamoci delle cose ur-
Lei, tenente Gui, 1 - dissi chiamando nel mio ufficio il valoroso ufficiale, - raddoppi le stazioni intercettatrici della Valsugana e ne impianti nuove il piu vicino possibile al nemico, e precisamente nei pressi di Agnedo, di Strigno, di Sorgente. Bisogna assolutamente trovare il modo di seguire la vita di tutti i singoli reparti austriaci: può darsi che nel settore di Trento affluiscano nuove truppe nemiche ed io voglio, anche attraverso minimi indizi, averne immediatamente conferma. - Tu, Scotoni, - soggiunsi, rivolgendomi all'impagabile capitano trentino, che unitamente al tenente Fiorio, pure trentino, consumava energie e vista nello studio delle fotografi.e fatte dagli aeroplani e nel comparare queste con le notizie fornite dai disertori e dai prigionieri, - analizza con la maggior cura possibile tutto il fondo della Valsugana. Ordina, prendendo gli accordi con il maggiore Costanzi, il comandante delle squadriglie da ricognizione di Villa Vicentina, nuove fotografie, e fissati un punto di partenza preciso. Il maggiore Costanzi ti faciliterà in tutto, è uno di quei magnifici soldati che comprendono le necessità a volo e che non dicono mai di no, anche di fronte al rischio maggiore. - Tu, poi, Prato, - soggiunsi ancora rivolgendomi al tenente, pure trentino, che dirigeva la sezione 1
È
Vittorio Gui, il celebre direttore d'orchestra e music6logo.
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informativa sulle artiglierie nemiche, ma che prima che noi si entrasse in guerra con l'Austria aveva svolto, dalla Svizzera, un lavoro di informatore intelligente e audace, - prepara una carta delle artiglierie austriache aggiornata esattamente a tutt'oggi. Va' al comando artiglieria d'armata e di corpo d'armata, parla con i tenenti Amman e Majno, scendi se necessario a quelli di divisione, fatti dare i loro dati, confrontali con i nostri. Dai ordine a tutti gli osservatori speciali di essere ancora piu diligenti nel registrare le vampe di partenza e i punti di caduta dei proiettili nemici. Fai dare gli stessi ordini agli osservatori d'artiglieria; da oggi tutti i dati affluiscano all'ufficio giornalmente. Ordina anche agli osservatori speciali antiaerei di seguire con estrema attenzione la rotta e le eventuali fumate degli aeroplani nemici. - E tu, Soragna, - conclusi rivolgendomi al capitano addetto in modo speciale all'interrogatorio prigionieri, ma che era anche il vice capo dell'Ufficio e piu che il collaboratore, il preparatore di tutti i lavori piu importanti, - ordina ai centri d'informazione di corpo d'armata e di divisione di interrogare con la massima diligenza i prigionieri, di tenere presenti le segnalazioni degli osservatori di fanteria, di controllare i diari d'osservazione dei palloni frenati e i dati degl'intercettatori radiotelegrafici e telefonici: ogni minimo dettaglio deve essère raccolto e comunicato. Pare - soggiunsi come spiegazione per tutti - stia maturandosi un'offensiva sull'Isonzo: è necessario quindi che ogni alleggerimento austriaco sul nostro fronte od ogni minimo cambiamento siano subito segnalati. I miei amici - all'Ufficio Informazioni dell'armata, non avevo inferiori, ma collaboratori intelligenti la cui dedizione ¡ e il cui spirito di sacrificio toccavano assai
spesso i vertici dell'eroismo - accettarono con entusiasmo gl'incarichi loro assegnati: troppo spesso avevano condiviso le ansie delle nostre battaglie quotidiane per non intuire che raccomandazioni e ordini cosi precisi erano senza dubbio indizio di necessitĂ assoluta. Li salutai rimontando subito in macchina: bisognava che nello stesso momento tutto il complesso ingranaggio dell'Ufficio Informazioni d'armata risentisse della stessa spinta che per istinto davo ali'organismo centrale.
Su tutto il fronte della 1â&#x20AC;˘ armata, l'indomita armata che stendeva saldamente le sue truppe dallo Stelvio alla Valsugana, regnava una calma assoluta. Calma di guerra, naturalmente, rotta qua e lĂ da piccole azioni di pattuglie, da tiri normali di artiglieria, e intercalata, tanto per tenere esercitati i nervi dei buoni fanti, da raffiche furiose, intense di mitragliatrice. In ValsUgana, nel settore che ora attirava maggiormente la mia attenzione, l'osservatorio speciale di monte Levre, le squadriglie aeroplani per ricognizioni fotografiche e le stazioni intercettatrici, i tre piu delicati organi sensori del servizio informazioni, non avevano segnalato, in tutto il periodo dal 21 al 26 luglio, nulla che alterasse la situazione generale: qui, piu che altrove, pareva che il nemico ci tenesse a farci costatare che stava bello tranquillo. Eppure, appunto forse per questa maggiore calma, non mi sentivo affatto sicuro e un grave dubbio, con4I
seguenza logica del maturarsi del senso di responsabilità, oscurava a tratti il solito sereno ottimismo. Una domanda si ripeteva con insistenza esasperante nel mio cervello: « Sei certo che Pivko non ti tiri un brutto scherzo? ». Attendevo il giorno e l'ora del secondo appuntamento con un senso di sgomento e di gioia insieme. · Non mi preoccupava l'eventuale pericolo, mi preoccupavano le possibilità che Pivko potesse tentare di giocarmi o non volesse o non sapesse lavorare secondo le direttive che gli avevo dato. Lui solo era l'arbitro della situazione, bisognava rischiare ancora e, pur sorvegliandolo bene, convincersi della sua assoluta lealtà e aver fede in lui.
Varcando quella notte i nostri reticolati, per riaffrontare l'incerto, il cuore mi batteva violentemente: ansia e curiosità mi stringevano alla gola, togliendomi quasi il respiro. - Chi va là? - sentii gridarmi a pochi passi dalla cappelletta di Spera da una voce che pareva venisse dal fondo della valle. Chi va là? - ' risposi. - « Paolino ». « Inzif ». Mi sentii alleggerire, Pivko manteneva lealmente la promessa fatta. Ma, mentre mi avvicinavo fiducioso verso il sentiero che saliva da Castellare, tendendo la mano, delle ombre si profilarono nettamente ai fianchi e a tergo di Pivko. Quadrata e tozza quella di destra, esile e piccina 42
quella di sinistra, entrambe - dopo il primo movimento di scatto - rigide nella posizione di saluto, quelle e le altre ombre, tutte sormontate da enormi fez che la luna proiettava, ingigantendole, mi diedero per un attimo l'impressione, terribile, di essere caduto in trappola. Mi arrestai scombussolato, sentii un brivido scorrermi lungo la schiena. Ma fu un attimo. - Le ho portato dei miei ufficiali, - disse in tono piu naturale Pivko; - desideravano vederla, conoscerla. Non si sa mai, potrebbe sopraggiungere qualche complicazione, in tal caso lei potrebbe fidarsi di loro come di me. Sono cechi. Saranno i due vicecomandanti della compagnia « Libertà o morte » che stiamo segretamente formando per aderire al suo desiderio. Respirai. - Primo tenente Irsa, comandante la compagnia mitraglieri della brigata dislocata alla difesa del Maso - disse quello tozzo, irrigidendosi sull'attenti nel presentarsi. - Tenente Szeleny, comandante le mitragliatrici del battaglione - fece il secondo. Strinsi loro la mano, ebbi in risposta una stretta ferrea, da farmi male. - Volevamo conoscerla, - disse lrsa, - volevamo assicurarla che anche in noi, come in tutti quelli che potremo scegliere in seguito, troverà dei collaboratori devoti e fedeli. Da oggi lei sarà il nostro capo, tutti gli ordini che riceveremo da lei saranno eseguiti. Sentii intimamente tutta la sincerità di queste semplici parole: gli occhi di lrsa, come quelli di Szeleny, brillavano della fede entusiastica dei neofiti. Noi due dobbiamo però subito rientrare - ri43
prese Irsa. - Non si sa mai. Una lunga assenza, se giungesse qualche telefonata dal comando di zona, potrebbe insospettire. Il valoroso comandante di battaglione è fuori in ricognizione - soggiunse indicando con un sorriso espressivo Pivko. - Di lui nessuno sospetta, ma non possono essere in ricognizione i comandanti delle mitragliatrici. Noi, in modo speciale, come cechi, siamo tenuti d'occhio. Il comando, sa, è un po' diffidente; dobbiamo essere molto prudenti. - Rientrino, rientrino subito - risposi io. Grazie di essere venuti, grazie per l'offerta. Ormai che ho cominciato, conoscerò volentieri, purché sia possibile, anche gli altri. È meglio: non è vero, dottor Pivko? - Farò il possibile. Irsa e Szeleny sparirono nell'ombra, il fido Mleinek e un altro sottufficiale, portati appunto per dare verosimiglianza alla finta ricognizione, si allontanarono mettendosi in posizione di ascolto. Ci coricammo dietro quota 501, bisognava sfuggire alle eventuali sorprese del riflettore austriaco di monte Civeron, che proprio quella notte, certo a tutela della pattuglia ufficiali uscita in ricognizione, frugava con insistenza tutto il fondo della Valsugana, battendo anche la strada che da Strigno porta alla cappelletta di Spera. - Non preoccupiamoci del riflettore disse Pivko. - Fatta la solita ispezione, dormirà. Sapete perché ho annunciato al mio comando che uscivo in pattuglia? Perché ogni ricognizione merita premio ed io aspiro -ad ottenere con piu frequenza permessi per recarmi nelle retrovie: potrò cosi adempiere bene al vostro desiderio di avere notizie anche sulle zone re-
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trostanti al nostro fronte, e potrò anche allacciare, ne sono certo, relazioni sicure. - Siete di una previdenza straordinaria - risposi con calore. - Ecco intanto ciò che ho potuto raccogliere riprese Pivko, porgendomi una busta voluminosa. Vi sono gli ultimi ordini d'armata, e la dislocazione delle truppe e delle artiglierie di questo settore. Non è molto, ma non è facile, lo riconoscerete anche voi; quest'altra volta, spero, potrò raccogliere materiale informativo piu abbondante. Non basta, anziché in quattro siamo ora in nove, ho tra i miei anche un ufficiale aviatore di Pergine, pure lui boemo. - A gonfie vele allora - soggiunsi. - Ma ora ascoltatemi attentamente. Sapere tutto della Valsugana non mi basta. È necessario che io possa avere il quadro esatto di tutte le truppe dislocate nel Trentino, dalla val Lagarina alla Valsugana, su su sino a Trento, sino a Bolzano. Dovete procurarmi carte topografiche aggiornate, bisogna che mi precisiate dove sono le centrali telegrafiche, telefoniche, di tutto questo settore, e se è possibile di quello degli Altipiani. Dovete anche cercare di sapere in che condizioni si trovino i forti che sbarrano la Valsugana e quelli della piazza trincerata di Trento, se armati o no, con quali cannoni, con quale guarnigione. Non deve poi esservi impossibile di far effettuare ricognizioni da parte di vostri fidati; siete in casa vostra, potete sempre trovare una scusa per inviare vostri ufficiali o sottufficiali dietro le linee a far visita ad altri ufficiali, parenti o amici. - Impossibile no, ma difficile, dato il severo controllo che vi è nelle retrovie - interruppe Pivko. Ad ogni modo, cercherò di farlo. - E poi ancora - ripresi io. - Dovete preci45
sarmi la sede dei comandi, la condizione delle stazioni ferroviarie, il loro movimento notturno, se ci sono prigionieri di guerra italiani o russi nella zona, e in quale località sono precisamente dislocati, quante sono le squadriglie di aeroplani divise per specialità. È troppo? - Beh, vi accontenterò - rispose calmo Pivko. - Ci vorrà solo del tempo. - Non importa, saremo compensati per l'attesa. Però - ripresi di nuovo, - non basta. Bisogna che stabiliamo già da questa notte tutti i segnali necessari per tenerci in contatto, per comunicarci ogni novità, per essere pronti ad ogni eventualità. È sospetto se durante la notte sparate razzi? - No. - Allora sentite. Io ho stabilito tutta una rete cli osservatori speciali pronti a segnalarmi sempre tutto quello che si fa da voi. Se voi vorrete parlarmi sparate da Carzano, alle 24, verticalmente, tre razzi verdi; un quarto d'ora dopo, lateralmente, due bianchi, un altro quarto d'ora piu tardi, ancora verticalmente, altri due verdi. Ciò vorrà dire che la notte successiva, alle 24, o voi o uno dei vostri verranno al solito posto per comunicazioni. Se aveste complicazioni speciali o comunicazioni urgenti, fate stendere alle 14 della biancheria sulla piazzetta' di Carzano, proprio davanti al campanile, come se fosse li per essere sciorinata. Il mio posto di Tizzon la vedrà, abbiamo già controllato; ciò vorrà dire che la notte stessa, alle 24, verrà un vostro messo con un plico. A conferma, alle 16 ,precise sparerete una raffica di mitragliatrice da Castellare, ripetendola alle 16, 14 e alle 16,20 · in modo che, se per caso, per ragioni affatto particolari, non avessimo ·notato il primo segnale, ci accorgeremmo
senz'altro del secondo. Se potrete mettervi d'accordo con l'aviatore, utilizzatelo. Egli passi sul nostro territorio a quota altissima, scarichi le bombe in aperta campagna come se sbagliasse bersaglio. Faccia le sue segnalazioni sul cielo tra Thiene e Vicenza: una fumata bianca signifìca nulla di nuovo; due, vuol dire che sono arrivate nuove truppe nel Trentino; una rossastra sta ad indicare che si prepara un'offensiva contro di noi. Ripeta le fumate sull'itinerario di ritorno. Io le farò attentamente seguire, ma nessuno potrà avere sospetti né ci saranno indiscrezioni, tanto piu che i vostri aviatori hanno l'abitudine di effettuare fumate. In casi di assoluta urgenza sia già stabilito che uno dei vostri fidati diserti; non parli però che con me e dopo la solita parola. - Va benissimo - confermò Pivko. - Ed ora anche un po' di politica - ripresi io. - Desidero conoscere l'intimo del vostro animo . Che cosa pensate voi slavi delle dichiarazioni che Korosec e Krek presentarono in maggio alla Camera austriaca, appoggiandole con migliaia di fume di croati e sloveni? Il testo è tutto favorevole all'autonomia degli jugoslavi sotto lo scettro degli Absburgo. - Le conosco, - rispose Pivko, - ma io non appartengo a tale partito. - Già, ma la dichiarazione riguarda tutto il popolo jugoslavo - ripresi io, volendo frugare sino in fondo l'anima di Pivko. - Essa è firmata anche da gente non del partito di Korosec, molti nazionalisti per esempio. · · - Questi mentono per necessità, - scattò Pivko, - agiscono in un modo e pensano in un altro. Con gli Absburgo è inutile parlare di indipendenza: per ragioni tattiche e per evitare persecuzioni, oltre che
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per rendere piu rapido il movimento cli assimilazione delle nuove idee, diventa necessario parlare di indipendenza sotto la dinastia degli Absburgo. Nonostante si tratti cli cosa priva di contenuto: quando la nostra gente sarà fuori dei confini austriaci sentirete che non parlerà piu di Absburgo.1 - E Corfu allora? - domandai io. Pivko ignorava vi fosse un convegno Pasic-Trumbic a Corfu: gli consegnai una copia del « Corriere » e una del « Popolo d'Italia », con traduzioni, perché potesse leggersele con calma e gli spiegai l'accordo concluso fra l'avvocato cli Spalato, in nome dei croatosloveni, e il presidente serbo. - L'unificazione dei serbo-croati è desiderata anche da noi nazionalisti, - rispose Pivko. - Non possiamo quindi che accettare con gioia il patto cli Corfu.2 - In quel patto non si tiene però conto dell'Italia, - soggiunsi ancora,·- e non possiamo certo essere entrati in guerra solo per la vostra unificazione. 1 La risposta di Pivko, anche considerata a posteriori, è storicamente ineccepibile. Le « dichiarazioni » dei sacerdoti cattolici e deputati sloveni Anton Korosec e Janez Krek, presentate al Reichsrat il 30 maggio 1917, costituivano un mero espediente tattico, in quanto l'affermazione politica delle nazionalità slave oppresse - si tenga presente che la rivoluzione bolscevica doveva ancora manifestare il suo carattere totalmente eversivo - era possibile solo in un contesto federalistico e almeno nella forma lealmente monarchico. Le «dichiarazioni», infatti, propugnavano l'unione di tutti gli sloveni, serbi e croati in uno « Stato indipendente e democratico, libero dalla dominazione di ogni Paese straniero, sotto lo scettro della dinastia d'Absburgo e Lorena». 2 Com'è noto, l'accordo o patto di Corfu (ivi s'era rifugiato il governo di Belgrado in seguito all'invasione della Serbia da parte degl'Imperi Centrali), siglato il 20 luglio 1917 dal presidente del Consiglio serbo Nikola Pasic e dal presidente del Comitato jugoslavo in esilio Ante Trumbic, rappresentò un compromesso tra i programmi panserbi e l'unitarismo jugoslavo: il futuro Stato balcanico avrebbe avuto la denominazione ufficiale di « Regno dei Serbi, Croati e Sloveni» sotto la dinastia dei Karageorgevic. Contro di esso, naturalmente protestò subito il leader cattolico Korosec.
Prima dell'offensiva Kerensk ij in Galizia, si tenta di rianima re il cosiddetto fronte interno. Ecco, a Pietroburgo, una manifesriizione di ciechi d i guerra che chiede ÂŤ la guerra fino alla vittoria completaÂť .
La Romania, un altro membro dell'Intesa che esce mornernaneamente di scena, dopo le batoste subite. Re Ferdinando ( qui , in auto a colloquio con il figlio primogeniw Carlo) deve ,1bbandonare la capitale sotto l'inrnlzare della fulminea avanzata germanica.
Neppure l'entrata in guerra degli Stati Uniti accanto · agli Alleati rappresenta una svolta decisiva per le operazioni belliche. Anzi, chiuse le ostilità sul fronte orientale, torneranno a ripetersi i giorni d'angoscia della Marna: Ludendorff vorrà vincere ad ogni costo la «corsa al mare}>.
- Que,sto è giusto, - disse Pivko, - ma anche le nazionalità hanno i loro diritti. - Già - risposi io. - Questo è terreno sul quale noi due difficilmente si potrebbe raggiungere l'accordo. Meglio dunque lavorare nel campo militare, ove non vi è dubbio, vogliamo raggiungere la stessa mèta: la distruzione dell'impero. Questa è necessaria a noi italiani e sarà anche utile per la liberazione del vostro popolo: quanto ai pochi slavi che hanno traboccato di qua dal confine geografico italiano, che io considero al Nevoso e al Bisniak, si troverà certamente una soluzione amichevole. Ma prima liberi, anche nell'interesse vostro . Pivko restò un po' in silenzio: indubbiamente le mie parole chiarivano ben nettamente alcune sue idee. - È molto tardi - riprese dopo un momento, mettendo nella tasca interna i due giornali e qualche po' di tabacco che gli avevo portato, sapendo che di là ne avevano gran scarsità. - Quando credete che ci si possa rivedere? - Dipende da voi, dal lavoro informativo che potete compiere. Voi stesso potete farmi le segnalazioni appena avrete materiale utile. Tuttavia, stabiliamo come limite massimo per un nuovo incontro il 3 agosto. Vi va? - Sta bene. Una preghiera ancora - soggiunse Pivko mentre mi stringeva la mano - non venga piu con l'auto sino a Strigno. Nella quiete delle nostre notti il rombo del motore è sentito sino al Ceolino e al Civeron. Potrebbero insospettirsi o supporre la visita di qualche pezzo grosso alle prime linee. Nel primo caso, ci danneggeremmo, nel secondo, potrebbe giungerle qualche pillola di saluto. Ha ragione - risposi ridendo. - Lo eviterò,
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venivo in auto smo alle pnme linee per guadagnare tempo. Ci separammo con un caldo arrivederci. Albeggiava quasi e lontano, il monte Levre - che io guardavo come punto di orientamento per rientrare nelle nostre linee - aveva già spento il suo occhio vigile, incaricato di scrutare durante tutta la notte il settore nemico. « Finzione di doppio giuoco o doppio giuoco reale? - rimuginavo nel mio cervello mentre a gran passi, dimenticando quasi 1a guerra, camminavo verso i nostri reticolati. - Pivko è indubbiamente in buona fede, - mi rispondevo, - ed io lo utilizzerò per la parte militare. Ma gli altri? » L'idea che l'impero dovesse assolutamente essere sfasciato era sempre stata il perno di tutti i miei ragionamenti, di tutte le mie azioni, ma la pensavano cosf i nostri dirigenti, i nostri alleati? Radcliff, l'intelligente generale britannico, responsabile effettivo del servizio informazioni in Italia, si era una volta lasciato sfuggire che il Patto di Londra, ora che il problema jugoslavo si affacciava alla ribalta, doveva essere riveduto (a nostro danno naturalmente, era sottinteso!). Quali erano in effetti i disegni politici della Gran Bretagna? E l'America, dove la propaganda slava era cosi intensa? Perché sulla Francia non avevo dubbi, essa ci sarebbe stata contro, in ogni caso. Ed era bene valorizzare, cosi come avrei voluto tentare poi io, gli slavi, o non sarebbe invece stato piu utile per la nostra causa sfruttarli solo per il successo in campo -militare e lasciarli poi discutere tra loro, pro o contro il distacco dall'impero, pro o contro l'imperialismo'?
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- Chi va là? - gridò una sentinella. - Sono io, sono io - urlai, scosso anche dal tono energico. - Parola d'ordine? Rabbrividii, non la ricordavo piu: quel robusto ragazzone avrebbe anche potuto far fuoco. Con tutta ragione. - Chiamate il tenente Sacconaghi - risposi. C'è la solita pattuglia ufficiale che rientra. Benedetta politica, pure la parola d'ordine mi aveva fatto dimenticare. Ma tutto andò liscio; pochi minuti dopo ripartivo a piena velocità verso le retrovie. E all'aria fresca anche le preoccupazioni svanirono. « Io cerco di far aumentare le crepe, - conclusi, altri dia il colpo decisivo per il crollo ».
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V. ALL'UFFICIO INFORMAZIONI
27 luglio. Non ho avuto la pazienza di percorrere in auto tutta la strada sino a Vicenza. Il pacco con i documenti di Pivko non mi dava pace. Ho preferito sostare ad Arsiè, il grazioso paesello che ospita il comando del XVIII corpo d'armata, dove il simpatico colonnello Bessone fa sempre riservare una stanzetta per me. Quale emozione nell'aprire la busta! E quale gioia nel costatare, dopo il primo esame sommario di tutti i preziosi documenti, che anche le nostre informazioni precedenti, somma di tutto il lavorio del delicato organismo di cui ho l'orgoglio d'essere a capo, erano esatte! Non ho dormito tutta la notte. Ma che cosa m'importa del sonno ? Chi può sentirne il bisogno in questi frangenti? Sono passati otto giorni; e l'idea che, balenata in modo ancora confuso dinanzi al plastico di palazzo Thiene, mi era sembrata troppo bella per essere effettuabile, si è venuta a poco a poco precisando in modo quasi ossessivo. No, non si tratta di fantasticherie, di sogni assurdi; la cosa non è facile, lo vedo, ma è piu che possibile. E allora non è dovere assoluto tentare? Il nemico specula sulle influenze deleterie esercitate fra noi dai partiti estremi; non è dovere - poiché si può - parare questi suoi armeggi subdoli, ma tutt'altro che innocui, con un bel colpo improvviso, che rialzi il nostro morale, al fronte e all'interno, ed anche
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verso gli Alleati? Arrivare a Trento cli sorpresa ... Bisogna, bisogna tentare. Ancora un paio di giorni; poi deciderò il da farsi. Intanto, domino i miei nervi, continuando a lavorare. Perché nulla è piu interessante di un servizio come il nostro che ci obbliga a vivere, contemporaneamente, due vite: quella delle truppe e quella dei comandi: l'una fra i soldati che soffrono e muoiono, l'altra fra coloro che della guerra non debbono considerare che i risultati; l'una fra i sacrifici entusiastici, l'altra fra il duro lavoro sulle carte e il freddo ragionamento. Quante sono le notti che noi passiamo cosi fra gli avamposti, senza nemmeno che al comando lo suppongano? Il fronte dell'armata è smisurato, e ovunque, verso il nemico, ci sono tentacoli nostri; stazioni intercettatrici, osservatori d'artiglieria e di fanteria, nuclei speciali di contatto. L'ossessione della notizia sul nemico ci prende, s'impossessa cli noi. Il dovere dell'esempio, del controllo piu scrupoloso ci spinge di continuo ad agire: come si potrebbe sottrarvisi? E cosi tra sofferenze e momenti di tranquillità, tra egoismi e slanci generosi, tra eroismi e debolezze, tra esaltazioni e improvvisi scoramenti passiamo le ore e i giorni a costruire il nostro mosaico, sorretti da una forza sola: la fede nella vittoria. Ma questa fede è data a tutti noi dall'ammirazione che suscita il nostro superbo fante: da essa, da essa sola, proviene tutta l'energia che continua a sorreggerci. Che cosa contano i nostri sacrifici, quando essi, gli umili, sanno dare con tanta abnegazione la vita? Quan53
do essi sopportano, sempre sorridendo, tutto il tragico disagio di questa guerra? Cari piccoli grandi fanti, quale orgoglio di razza voi rinnovate in me!
28 luglio. I due Roneo1 dell'ufficio hanno svolto un lavoro infernale, ma la dislocazione delle truppe nemiche, dall'Alto Adige aIIa Valsugana, è pronta, e parte oggi stesso, diramata a tutti i comandi sino a quelli di reggimento inclusi, per mezzo dei nostri mo· tociclisti. Pivko è stato davvero meraviglioso: con quale intelligenza e con quale zelo sa lavorare! Non solo mi ha precisato, nei minimi dettagli, tutte le truppe che compongono la sua divisione, la 1s·, comandata dal generale Vidalé, ma anche quelle che compongono le divisioni laterali e quelle che dipendono dal comando della fortezza di Trento. Tutto sommato, dallo Stelvio al Montalon (sulle Alpi di Fassa) noi abbiamo ben poco di fronte: è ciò che supponevo, ma che ora so con certezza. 29 luglio. II generale Pecari Giraldi, il nostro comandante d'armata, mi ha fatto chiamare: il tono di sicurezza del bollettino settimanale di informazioni sul nemico e i dati cosi precisi che esso conteneva non gli sono sfuggiti. Gli ho raccontato come e da chi avevo ricevuto dati cosi precisi e gli ho esposto anche quali erano le mie intenzioni per il futuro: la sua . meraviglia e la sua incredulità hanno ceduto a mano a mano il campo alla piu viva soddisfazione. Il buon 1 Apparecchi meccanici per le riproduzioni celeri di circolari e di schizzi. Erano molto usati nei comandi.
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colonnello Clerici,1 che assisteva, mi ha detto un « bravo » cosi di cuore e cosi affettuoso che ne sono rimasto commosso. Mi sono permesso di pregarli del piu assoluto riserbo anche con gli altri comandi: c'è di mezzo, oltre che la pelle mia e di Pivko, la possibilità di mandare tutto a monte. 30 luglio. Ho ispezionato le nostre stazioni intercettatrici interne, quelle che ho fatto impiantare ai forti San Procolo e San Felice, in Verona, in cui concentriamo tutti i prigionieri e i disertori provenienti dal fronte dell'armata. Chi immagina, anche tra i nostri comandanti di grado piu elevato, che si sia divenuti cosi abili e si sia arrivati a un tale punto di perfezione nel riuscire a raccogliere notizie? Che lavori di torchio e quanti tradimenti involontari! Poveri ufficiali austriaci, mi fanno davvero pena. Specie quando dichiarano con tanta dignit~ che per dovere d'onore non possono dir nulla. E hanno ragione, essi non debbono parlare con noi, basta che parlino tra loro! Lo scrivo per te, Roberto, che un giorno, forse, leggerai le Memorie di tuo padre: impara a essere prudente, sempre. Perché se le spremiture, come io le chiamo scherzosamente, danno soddisfazioni a me e gioie alla patria nostra, esse costano lacrime ad altri uomini, dolori ad altre madri, mortificazioni ad altre patrie: io servo la mia, in piena scienza e coscienza, essi, i prigionieri, tradiscono, senza nemmeno saperlo, la loro. ' Parlo del generale Ambrogio Clerici, primo aiutante di campo, nel '17, di S.A.R. il principe ereditario, e che per quasi tutta la guerra, meno il tempo trascorso al comando diretto di truppe, fu prima sotto· capo, poi capo di Stato Maggiore alla 1• armata.
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A quante transazioni ci obbliga questa guerra! 1
31 luglio. Sono rimasto due ore sul pallone frenato che costituisce l'osservatorio speciale di una delle nostre divisioni. Che noia, un vero mal di mare! 1 I prigionieri, appena tradotti al forte San Procolo, venivano subito avviati a gruppi nella camera per gl'interrogatori. Era questa una grande stanza, ad una parete della quale era sospeso un grande plastico in rilievo con tutto il fronte nemico che ci interessava: plotoni, compagnie, battaglioni, reggimenti, comandi vari, batterie d'artiglieria, teleferiche, centrali telefoniche, ccc. vi erano indicati con tante bandierine di vari colori. Dietro le bandierine erano scritti i nomi dei comandanti austriaci. Era naturale che i prigionieri, da noi selezionati a seconda delle segnalazioni telefoniche che ci giungevano dai nostri centri avanzati che li avevano già sottoposti ad un primo sommario interrogatorio, superato il primo momento di sorpresa o diffidenza, cominciassero ad esaminare il plastico e a fare tutti i commenti relativi. « Toh, portano in linea il 1° bosniaco mentre è già partito», diceva uno. « Guarda, mettono come comandante il generale... mentre lo ha già sostituito il... », soggiungeva un altro. E chi piu sapeva piu commentava, talvolta non senza spirito mordace, sarcasmo, rabbia. Speciali orecchi di Dionisio, tutti facenti capo a speciali squadre di intercettatori, ottimi conoscitori delle varie lingue parlate nell'esercito nemico, raccoglievano naturalmente ogni parola, ogni co=ento. Ma non bastava. Un gruppo di elementi di particolare fiducia, formato da ex soldati dell'impero provenienti dai gruppi etnici dissidenti, era sempre tenuto sottomano e mescolato fra i prigionieri, come se fossero stati catturati proprio in quei giorni e provenissero da altro tratto del fronte. La commedia risultava spesso perfetta. Anche questi elementi di fiducia, che per l'occasione cònservavano divisa e gradi originari, erano stracciati e sporchi come gli altri. La conseguenza era logica. I « nostri » uomini cominciavano a raccontare le loro avventure, gli ordini ricevuti, quali truppe avevano vicino, dietro ... E i ,prigionieri, per quel bisogno naturale che ognuno aveva di raccontare le proprie disgrazie, li seguivano sulla stessa strada. Ma in guerra fidarsi era bene e diffidare doveroso. Ed ecco che anche queste conversazioni che succedevano in un secondo tempo e duravano giornate intere - perché 1a spremitura fosse completa in rutti i campi - erano controllate con apparecchi intercettatori ben dissimulati: altre squadre intercettatrici raccoglievano tutto ciò che potevano sentire. Naturalmente, rapporti, appunti e notizie degli intercettatori affluivano alla sezione speciale dell'Ufficio Informazioni, che sceglieva, controllava, metteva a ra_ffronto, vagliava, ·chiedendo, se del caso, altri dati, altre delucidazioni, altri supplementi di interrogatorio. Dal forte San Procolo i prigionieri venivano trasferiti a gruppi al forte San Felice: li il « lavoro » si ripeteva con gli stessi metodi, ma con altro personale ed altri scopi. La vita intera del prigioniero era cosi
E tutto per vedere passare una carretta e otto uomini. Ma ogni goccia è utile, e questo controllo continuo su tutto il nostro fronte, ripetuto ogni giorno, sommato nelle settimane e nei mesi, contribuisce anch'esso al risultato poderoso che otteniamo. Poveri e bravi figlioli, con quale diligenza tengono in ordine il diario e con che scrupolo segnano ora e minuto, in cui vedono passare anche un solo soldato! Alla stazione di Trento, stanotte, sono state viste molte vampe, quasi il doppio del solito. Indubbiamente, forte movimento di locomotive. Partenza o arrivo di truppe? Sentiremo da Pivko.
1° agosto. All'alba, stormo di aeroplani nemici su Vicenza. Nessuna bomba. L'aviatore di mezzo ha fatto una fumata bianca; che sia già quello di Pivko in funzione? La nostra squadriglia da ricognizione di Villaverla (Vicenza) .ha fatto delle magnifiche fotografie della val Lagarina e di tutta la zona attorno a Trento: il capitano Zoboli, valoroso e intelligente comandante, è veramente prezioso. Voglio partecipare ad una sua ricognizione sino alla sella di San Lugano: mi piace la calma di questo bell'ufficiale. Pivko ha fatto segnalare che ufficiali elevati dovevano recarsi ad ispezionare la sua prima linea: ligio analizzata e con la sua la vita della Nazione nemica. E quando, dopo dieci-quindici giorni di sosta, i prigionieri erano stati « spremuti » per benino, essi venivano avviati ai campi di concentramento dell'interno per lasciare il posto ad altri; ai primi gruppi ne subentravano altri ed il « lavoro » continuava... E cosi con pazienza da certosini, notizia per notizia, itinerario per itinerario, soldato per soldato... lentamente ma sicuramente il grande mosaico si completava. Nulla di ciò che il prigioniero potesse aver visto o saputo sfuggiva agli organi dell'I.T.O. (Informazioni Truppe Operanti), e tutti e nessuno erano i delatori.
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all'accordo precedentemente stabilito ho fatto effettuare un vivace tiro di sbarramento su Castelnovo e su Telve: i generali nemici non si muoveranno piu, non è posto per ispezioni questo, fa troppo caldo. I controlli non sono desiderati, qui. 2 agosto. Il tenente Arese, mio ufficiale informatore addetto al settore Valsugana, telefona per avvertirmi che Carzano ha fatto i segnali speciali tipo B (per lui avevo suddiviso i segnali in vari tipi, onde potesse ben istruire il personale speciale ai suoi ordini). Pivko mi attende. Porterò con me Arese. È un tipo calmo, sereno, riservato. Non è male che lo orienti completamente, mi sarà utile in seguito. E se necessario potrà sostituire nell'osservazione di prima linea il tenente Sacconaghi, il valoroso lombardo, aiutante maggiore del reggimento in linea, che sempre mi attende a Strigno per darmi le novità prima che io esca per i soliti incontri.
VI. AL COMANDO SUPREMO
3 agosto. Pivko, sempre puntualissimo, oltre che portare tutti i dati che gli ho chiesto, è venuto all'appuntamento con altri due ufficiali, i tenenti Kohoutek e Martinec, con l'aspirante Pajger e con il sergente Cacic: una pattuglia al completo. I neofiti, secondo quanto mi dice Pivko, sono ventitré - anche l'aviatore è del numero -, ed un complesso di piccole segnalazioni inviate da individui che lavorano sparsi nelle retrovie lascia supporre che il loro numero sarà presto di gran lunga maggiore. Il viavai della stazione di Trento è sotto controllo (vi sono in stazione elementi ormai devoti a Pivko che segnalano ogni partenza od arrivo); le comunicazioni dirette con i campi di prigionieri russi e con i nuclei di lavoratori italiani (tratti da prigionieri) addossati agli Altipiani, sono stabilite. Anche con il comando dell'l 1" armata austriaca siamo in contatto diretto (tramite un sergente addetto alla segreteria): nulla dunque dei grandi movimenti o delle disposizioni importanti emanati dal comando nemico dovrebbe ormai sfuggirci. Domani debbo trovare il modo di parlare direttamente con Cadorna. Ormai, con tutte le informazioni che mi ha fornito P ivko, il piano dell'azione che vorrei tentare per giungere di sorpresa a Trento si delinea ben nettamente nella mia mente. L'azione sarà tutt'altro che facile, lo riconosco, ma 59
mai piu, durante tutta la guerra, potrà, penso, presentarsi occasione piu fortunata. 1 Bisogna avere il coraggio non solo di pepetrare nella Valsugana,· percorrendola con truppe ardite fino al suo incontro con la val Lagarina, risalendo poi da questa sin su a Trento; ma anche di sorprendere da tergo, risalendo per Pergine e Civezzano, tutte le truppe destinate alla difesa del campo trincerato di Trento: sorprese e attaccate da tutte le parti, strette da ogni lato, tagliate fuori del resto del Trentino, anche queste truppe, colte dalla sorpresa e dal panico, dovranno in breve tempo essere travolte insieme con altre. Bisogna ancora che altre truppe scelte possano, dopo aver occupato di sorpresa alcune cime importanti delle Alpi di Fassa, traboccare nell'altro versante spingendosi sino ad occupare la sella di San Lugano e i paesi di Egna e Ora in val Lagarina: tagliata in tal modo l'unica grande arteria del Trentino - la strada di fondovalle dell' Adige -, isolato tutto un vasto territorio, penetrati di sorpresa alle spalle di tutta l'organizzazione difensiva permanente, costruita dagli austriaci con tanti anni di intenso lavoro, quale loro comandante saprà evitare 1 Dopo il mio colloquio del 29 luglio con il comandante l'armata, il generale Pecori Giraldi, avevo avuto occasione di discutere di tutto questo speciale servizio d'infonnazioni con il colonnello Clerici, l'impa. reggiabile nostro sottocapo di Stato Maggiore, l'uomo che non conosceva né riposi né soste ed era sempre pronto, giorno e notte, senza mai perdere serenità e prontezza di decisjone, ad ogni evenienza. Ma il colonnello Clerici, che pur mi era sempre stato benevolo protettore, e sempre, con larghezza di vedute, aveva permesso che organizzassi il mio servizio come meglio ritenessi, nulla poteva fare in questo caso specifico, ia quanto la Valsugana era territorio di competenza della 6" armata, il cui comando interinale era tenuto dal generale Etna. Pecori Giraldi, pur avendo per i compiti strategici completa giurisdizione anche in Valsugana, non volle certo intervenire direttamente presso il generalissimo, sapendo egli che io, ogni sabato, avevo contatti diretti con i piu elevati esponenti del-Comando Supremo e che, pertanto, potevano riuscirmi non indispensabili intermediari, anche se autorevoli.
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un disastro? Perché ai rinforzi, se ne avranno disponibili, mancherà e il modo e il tempo di intervenire: non è né comodo né facile trasportare celermente truppe e artiglierie dall'Isonzo a Bolzano, dovendo seguire la sola val Pusteria. E le truppe chiuse nei forti austriaci avranno, forse, le capacità di recupero di resistere a lungo, attaccate di fronte e sapendo che noi si sarà già vicino a Bolzano? Eh via, bisogna assolutamente esporre tutto direttamente al generalissimo,1 non si può, non si deve piu attendere. 4 agosto. In compagnia del tenente colonnello Tullio Marchetti, degli alpini, responsabile dei servizi di controspionaggio per la zona trentina, ho fatto una volata da Udine, dopo la solita seduta settimanale. Fuori della guerra, ma pur collegato con il fronte attraverso una speciale rete telefonica e telegrafica, quasi sperduto tra i monti, circondato di verde, di quiete e di ombre, il generalissimo, certo stanco, cerca in una villa isolata a Lorenzago di Cadore un po' di quel riposo, che pur non distogliendolo dalle occupazioni piu importanti del comando, gli permetta di ritemprarsi. La visione dei. nostri monti, in questa loro completa serenità, è superba, e nulla fa meglio allo spirito 1 Il Comando Supremo era come un enorme alveare in cui tutto era accolto scetticamente e non tutto, checché ne pensassero gli adepti, era tenuto veramente segreto. L'idea che tutto il mio lavoro potesse essere considerato con indifferenza mi urtava; l'idea che il mio segreto potesse essere divulgato - non per cattiveria, ma per deficienza di mentalità informativa - mi turbava. Era perciò assolutamente necessario infrangere i soliti vincoli disciplinari e trovare il modo, al disopra di tutte le gerarchie, di parlare direttamente con il generalissimo, tanto piu che, in guerra da due a!Uli e a capo di un servizio cosf delicato, non avevo ancora mai potuto, per un complesso di circostanze, parlare a viso a viso con chi aveva la suprema responsabilità operativa.
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per prepararsi adeguatamente ai giorni, gravi di emozioni e di responsabilità, che tutto lascia prevedere prossimi. Il segretario particolare di Cadorna, il colonnello Bencivenga, mi ha trattenuto: il generalissimo non deve essere, in questi giorni, disturbato. Marchetti ha, però, potuto passare per pochi minuti (benedetta gerarchia!). Evidentemente, secondo Bencivenga, due disturbano ma uno no. Ho pregato, allora, Marchetti di caldeggiare anche il mio progetto. Bisogna che il capo cominci a conoscere e valutare taluni particolari tecnico-tattici. Il colonnello Bencivenga, al quale mentre attendo il ritorno di Marchetti espongo con cura il mio disegno, mi ascolta con scetticismo: la sua natura esuberante attraversa un momento di spleen, pare. - Anche in Valsugana, - dice egli, - ci sono reticolati su reticolati, e quando i nostri soldati vi urteranno contro non potranno piu proseguire. E poi l'offensiva della Bainsizza è in preparazione e non si può sospendere (e chi lo pretendeva?). Meglio, dunque, continuare a sfruttare questi eccezionali informatori per il. solo servizio di spionaggio. A nulla valgono tutte le mie obiezioni - che altro è sviluppare una normale offensiva, sia pure con larghissimi mezzi, ed altro è compiere un'ardita azione di sorpresa sicuri di essere aiutati nel campo nemico-. Egli è certissimo che anche il capo sarà del suo parere. 1 ' Ammesso che fosse assolutamente necessario dar corso all'offensiva sulla Bainsizza - cosa che io mi permisi mettere in dubbio dati i precedenti risultati e dato che il pugnale « trentino» pareva sempre H pronto per ficcarsi nella nostra schiena -, io pensavo che tale offensiva, ormai attesa dal nemico, fosse favorevole per svolgere una poderosa manovra per linee interne, impegnando prima fortemente il nemico sulla Bainsizza per sorprenderlo poi, con azione inaspettata e travolgente, dalla
Marchetti, uscito nel frattempo dalla breve conferenza con il generalissimo, lo conferma: inutile ogni altra insistenza. Come proseguire, in questa situazione? Partito con un entusiasmo da crociato, sono nentrato deluso, avvilito, abbacchiato.
5 ap.,osto. La notte è trascorsa in bianco. Il mancato colloquio con il generalissimo ha messo a dura prova i miei nervi. Stamane ho chiamato a rapporto i miei collaboratori fidati, gli amici, i fratelli cli tutte le mie ansie, cli tutte le mie preoccupazioni: Soragna, Scotoni, Prato, Fiorio; il fior fiore degli ufficiali dell'Ufficio centrale. Ho raccontato loro tutto, il mio primo incontro con Pivko, le notti trascorse assieme, l'origine vera di tante precise e preziose notizie che avevo sempre dato come provenienti da informatori. Li ho pregati di assistermi con il loro intelligente aiuto per permettermi di raggiungere quel risultato positivo che ad ogni costo deve essere raggiunto, ma la cui attuazione è, purtroppo, ancora difficilissima e lontana. Valsugana. Quale importanza potevano avere infatti, nella massa delle truppe che avremmo impegnato sulla Bainsizza, quei trenta o quaranta battaglioni scelti che io ritenevo pili che sufficienti per dare, dopo la prima fase della Bainsizza, il colpo in Trentino? Né certo avevamo bisogno di una quantità di artiglierie tale da alterare la potenzialità dell'armata destinata ad agire sulla Bainsizza: per l'azione della Valsugana bastavano delle autobatterie e delle automitragliatrici; per tenere la linea trentina, eventualmente anche quella piu avanzata, bastavano le artiglierie della l', 4' e 6· armata che disponevano ancora, complessivamente, di piu di duemila bocche da fuoco di vario calibro. Poi, a successo delineato, era facile provvedere: non si era già sperimentato, nel giugno 1916, il valore di un attacco improvviso su Gorizia? E il risultato morale sulle nostre truppe, ormai scosse e stanche, di fronte ad un'occupazione di zona nemica era proprio un fattore da trascurarsi? E le ripercussioni dell'azione di fronte agli Alleati, anch'essi, specie i francesi, cosi gravemente in crisi? Ma ogni ragionamento fu quel giorno inutile.
Soragna mi ha guardato con quel suo sguardo cli diplomatico nato, che nella sua apparente freddezza pare non dica nulla, e che invece, per me che sono abituato a penetrarlo, esprime tutta la gioia dell'uomo che sa di poter finalmente dare, per una buona causa, il contributo della sua acutissima intelligenza. Scotoni, il montanaro piu caparbiamente tenace delle sue rocce, ha lasciato cadere l'inseparabile pipetta e mi ha guardato cosi, trattenendo quasi il respiro e promettendomi, con quel suo sguardo buono, il suo pieno appoggio; Fiorio è arrossito dalla gioia e m'ha quasi giurato, con i suoi occhi dolci, che ancor piu li logorerà sullo studio delle fotografie; Prato, l'artigliere, freddo e duro nel lavoro come l'acciaio, esplosivo nella gioia, ha finito con l'abbracciarmi. Cari e buoni amici, quante, quante volte ricorderò tutto il vostro enorme lavoro, tutti i vostri sacrifici, tutti i vostri continui, ininterrotti atti cli dedizione a questa nostra causa santa! E la vostra modestia e la vostra fede non illumineranno, fra anni ed anni, le lunghe serate della mia vecchiaia? Quanto mi hanno fatto bene le vostre parole oggi e quanto mi è cara la vostra fraterna stretta di mano. Lavoreremo, lotteremo ancora. E vinceremo, lo sento. 6 agosto. L'appello alla collaborazione dei miei ufficiali mi ha fatto bene: l'energica volontà cli lavorare e cli spuntarla su tutte le difficoltà ha ripreso il sopravvento: riuscirò dovesse costarmi la vita. Gli osservatori aerei1 hanno segnalato delle fu1 Ogni armata, allo scopo di prevenire in tempo l'avvicinarsi di aeroplani nemici, aveva tutta una rete di osservatori antiaerei dislocati sulle principali alture, torri, campanili, ecc. Il servizio informazioni ne usu-
Lo scacchiere italiano presenta lo stesso tipo cli lotta che ad Occidente. Inriere divisioni si svenano per la conquista di qualche cencinaio di metri di terreno, di alture insignificanti, di localicĂ totalmente ignote.
Mentre sull'Isonzo si succedono gli attacchi dei nostri, nel settore della Valsugana << nulla di nuovo da segnalare Âť . Dopo la Strafexpedition della primavera del ' 16, il cannone cace o quasi, qui; pochi sono i mor ri e i feriti.
Strigno (Valsugana) incendiato durante ĂŹ durissimi combattimenti del maggio-giugno 1916.
Veduta di Carzano , con in primo piano il greto del torrente Maso e sullo sfondo il monte Salubio. Avrebbe dovuto costituire la ÂŤportaÂť per farci conquistare il Trentino.
mate fatte da un aeroplano nemico: nessuna novità, pare. 7 agosto. Oggi giornata calma. Il colonnello Clerici mi ha chiamato nel suo ufficio per essere orientato in tutti i particolari sui miei rapporti con Pivko. Anch'egli continua a mostrarsi entusiasta del mio progetto, vuole anzi, quando suonerà l'ora, partecipare direttamente all'azione. Magari! È di buona razza, generoso, e conosce il terreno meravigliosamente bene. Sono sicuro che ha volontà e fegato per arrivare al Brennero. 8 agosto. Le nostre stazioni intercettatrici degli Altipiani continuano a captare ordini austriaci per partenze di truppe: il comando nemico sta dunque prendendo con energia tutte le disposizioni necessarie per parare la nostra nuova offensiva sull'Isonzo. I nostri osservatori terrestri, invece, segnalano nulla cli nuovo: è chiaro che le truppe nemiche vengono ritirate dal fronte e spostate solo di notte. Anche le nostre squadriglie da ricognizione non fruiva per la parte che lo interessava. Cosf, io avevo ordinato che ogni osservatorio compilasse ogni ventiquattr'ore un bollettino, ad uso esclusivo nostro, in cui dovevano essere riportati « località o zona dalla quale si levavano gli apparecchi nemici, ora della levata, numeco di essi, tipo, itinerario percorso, numero delle bombe gettate, eventuali fumate, presunta zona di atterraggio, ora di atterraggio >>. Le stazioni radiotelegrafiche avevano l'ordine di intercettare e trasmettere giornalmente, a noi, eventuali segnalazioni radio degli aeroplani nemici: comunicazioni urgenti del nemico dovevano essere ripetute alla speciale se-tione del mio ufficio, o telefonicamente o telegraficamente, anche se esse erano cifrate (la speciale sezione crittografica cercava d'effettuarne la decifrazione). Ciò permetteva di seguire giornalmente l'attività aerea nemica, ricavandone anche, ogni dato periodo di tempo, una carta itineraria assai interessante perché quasi sempre rivelatrice di intenzioni o progetti nemici. Dati i numerosi osservatori antiaerei, sparsi naturalmente in tutto il territorio dell'armata e data l'organizzazione perfettamente strutturata di tutto il servizio di informazioni, quasi nulla di ciò che il nemico segnalava dal cielo o da terra poteva sfuggirci.
portano novità: le fotografie aeree sono scipite come non mai; nessun nuovo apprestamento nemico, nessuna strada nuova, nessun nuovo deposito di muniz1on1. In val Lagarina il mio bravo Potsky è riuscito a stabilire contatti con i Kaiser;ager; le conversazioni amichevoli notturne, presso i reticolati, si susseguono ininterrotte. Che salti fuori un tipo Pivko pure in questo settore? Sarebbe interessantissimo.
9 agosto. Un bravo intercettatore, il caporal maggiore Bucovaz, è rimasto ferito od ucciso presso i reticolati nemici, in val Posina. Il tenente Selvini, comandante della stazione intercettatori, è rientrato dalla solita operazione notturna senza di lui. Rogna marcia: non mi piace si abbandonino cosi i nostri valorosi. 1O agosto. Sono uscito io stesso di pattuglia, ho preso con me Selvini e altri tre intercettatori della stazione « Cuneo ». Erano le 14, contavo sull'inevitabile pisolìno delle sentinelle. Ci siamo spinti strisciando sul terreno sino sotto i reticolati, tanto da udire i nemici parlare rumeno. Il povero Bucovaz, morto, ·era ancora H; forse, non l'hanno visto, forse, per ordine superiore, lo hanno lasdato morire cosi, tra gli strazi. Lentamente lo abbiamo tirato a noi, poi, su una barella improvvisata, . sempre marciando carponi, ci siamo avviati verso le nostre linee. Solo allora gli austriaci si sono svegliati: che musica di mitragliatrici e fucileria! Ma siamo· rientrati tutti sani e salvi, il povero
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Bucovaz con noi: gli concederemo onorata sepoltura. Il colonnello comandante il reggimento in linea non pareva troppo soddisfatto, i suoi occhi scettici sembravano rimproverare quest'azione, che essi - non ci voleva molto a capirlo - definivano una guasconata. Povero colonnello amante della tranquillità, tu non sai che cosa voglia dire, di fronte a subalterni che svolgono un lavoro quasi indipendente, senza controlli asfissianti, guadagnarsi il prestigio di capo che non abbandona mai i propri commilitoni anche a rischio della pelle. Domani, tutti i miei intercettatori sapranno, e nessuno, nessuno capisci, oserà mai piu abbandonare un compagno nei pasticci. Perché anche con · il tenente Selvini, che pure è un valoroso, sono stato tassativo: - Oggi sono uscito io, per farle vedere che, quando si vuole, i propri soldati si trovano sempre; domani, lei, se non si sente la forza di riportare tutti i suoi uomini, faccia a meno di uscire e mi chieda di essere esonerato dallo speciale servizio. - No, no, non succederà piu, - ha risposto Selvini, ed i suoi occhi bruni hanno avuto lampi d'orgoglio che erano tutta una promessa. Rientrato in sede, verso le 22, ricevo una telefonata urgente dalla linea. Pivko segnala che il preannunciato attacco degli austriaci contro Fontanelle e Samone avrà luogo stanotte alle 24; i nostri comandi interessati sono già stati avvertiti. Addio riposo, meglio andare sul posto per vedere come viene respinto l'attacco nemico. 11 agosto. Si era precedentemente d'accordo con Pivko, per impedire controlli di suoi superiori alle difese piu avanzate, che tutte le volte che il mio posto
speciale di Tizzon (tenuto da miei informatori) vede alzarsi un segnale speciale da Carzano, esso deve richiedere ad alcune batterie italiane un breve ma violento fuoco di sbarramento davanti a Telve e a Castelnovo. Già il 1° agosto, noi abbiamo salutato cosi il generale austriaco Vidalé, facendogli passare immediatamente il desiderio di ispezionate la prima linea; oggi il segnale speciale si è ripetuto. Chi sarà stato l'importuno? Noi abbiamo fatto il nostro dovere, Pivko riderà. Ho mandato fuori, in val Posina, proprio nel tratto in cui ho sentito parlare rumeno, due disertori di questo ceppo linguistico. Li ho incaricati di cercare contatti con i loro connazionali per dir loro che essi saranno accolti come fratelli e ben trattati. Riusciranno, torneranno in buona compagnia? Anche Potsky continua il suo lavoro, è un diavolo quel ragazzo, va e viene tra le due linee come fosse a casa sua. Novy e Dolezel, i due uomini di origine ceca che da piu lunga data « lavorano >> con me, gli insostituibili raccoglitori di notizie sull'artiglieria austriaca (arma dalla quale provengono), mi hanno fatto sapere che se ho bisogno possono passare anche loro la prima linea, rivestendo la vecchia uniforme. Ho accettato. Li utilizzerò in seguito. L'attacco di stanotte contro Fontanelle e Samone è stato respinto con la sola azione di artiglieria. Peccato. Non era questa la mia intenzione; io volevo si catturassero un po' di prigionieri. Ma, forse, meglio cosi, almeno -n on abbiamo avuto perdite. Sentirò da Pivko i commenti fatti ai comandi austriaci. Saranno furibondi per ·Ja mancata sorpresa.
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12 agosto. Ho lavorato tutto il giorno in ufficio,
ero :fisicamente stanco, e avevo bisogno cli restare seduto qualche ora. Il capitano Stoppani mi telefona cli essersi messo d'accordo con il colonnello Cabiati, capo di Stato Maggiore del generale Montuori, comandante il XX corpo d'armata, per riorganizzare tutto il nostro servizio, seguendo le mie ultime istruzioni. Anche Delaiti, del V corpo d'armata, vuole parlarmi. Ecco, io avrei bisogno di altri dieci ufficiali come Stoppani e Delaiti; non manca loro nulla. Lunga discussione con Prato: anche tutta l'organizzazione degli osservatori speciali per l'artiglieria verrà modificata. La guerra ha continue esigenze. 13 agosto. Mezz'ora sospeso in teleferica sull'abisso del Pasubio. E si che mi avevano assicurato che funzionano superbamente bene. Non bisognerebbe mai aver fretta; si dovrebbe percorrere sempre la via che fanno tutti. Ma ora che è passata la ricordo con piacere, e in fondo un po' d'aria fresca lassu, tra l'ombra cupa degli abissi e il candore delle cime ancora tutte coperte di neve, mi ha fatto bene. Dopo avere passato la notte negli avamposti, ospite del valoroso battaglione di alpini che difende la cima del Pasubio, sono sceso a piedi; volevo vedere i magnifici lavori difensivi e stradali allestiti da reparti del genio. - Signor tenente, signor tenente! - mi sono sentito urlare da un individuo nero nero, facente parte di un gruppo cli zappatori. Era nientemeno che un mio ex caporale mitragliere della guerra di Libia: per lui, anche da maggiore, sono sempre il tenente. L'ho quasi
abbracciato, peccato non sappia lingue straniere, lo prenderei volentieri con me. Ma no, povero figliolo, ha moglie e cinque figli, meglio resti a dirigere una squadra di zappatori.
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VII. BIANCHERIA SOTTO IL CAMPANILE
14 agosto. Questa mattina, aeroplani nemici hanno effettuato uno dei soliti voli di ricognizione sulla pianura vicentina. Il velivolo di coda del gruppo, passando su Vicenza, ha lasciato dietro di sé sei fumate color terra in due serie di tre per tre. Alìe 13, l'osservatorio speciale di Tizzon avverte che a Carzano, un'ora prima, proprio sotto il campanile, è stata distesa della biancheria, e che non molto tempo dopo mitragliatrici austriache, appostate presso Castellare, hanno sventagliato alcune serie di raffiche a intervalli prima di quattordici, poi di sei minuti. Non vi posson essere dubbi, Pivko deve avere novità importanti da comunicare. A mezzanotte, sarò dunque da lui in Valsugana. Sono dieci giorni che non lo vedo e non sarà male se la mia fede si ritemprerà nella sua. Bisogna vincere assolutamente tutte le diffidenze, abbattere tutti gli ostacoli.
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Contrariamente al solito, Pivko mi aveva già preceduto, ed impaziente, certo, di parlarmi, si era spinto sino alla linea avanzata dei nostri avamposti ove il tenente Sacconaghi, sempre all'erta,Jo aveva ricevuto. Erano con Pivko due nuovi ufficiali: i tenenti 7I
Secileky e Veselko, e tre graduati: Lenz, Velimir e Jiranek; questi però, discretamente, erano rimasti appostati a una certa distanza dai nostri reticolati.1 - Novità importantissime cominciò subito Pivko appena potemmo, dopo le presentazioni e le poche parole scambiate con i suoi amici, appartarci in una piccola insenatura del terreno subito fuori dei nostri reticolati. - È per questo che l'ho chiamata. 2 Ho potuto avere copia esatta di una circolare segreta emanata dal mio comando d'armata, ma proveniente dal Comando Supremo austriaco, che dovrà essere comunicata ai nostri ufficiali solo domani e commentata alle truppe solo fra tre giorni, il 17 agosto: ho voluto che anche lei l'avesse contemporaneamente. Vi sono dati molto importanti, ma quello che piu interessa il comando italiano, ed è quanto mi comunica da Trento chi mi ha procurato la circolare, è che vi è un chiaro accenno a tutto il lavorio che viene svolto da nostri agenti segreti fra l'elemento estremista italiano, specie nei vostri grandi centri. Il Comando Supremo austriaco, che segue con estremo interesse tutte le numerose diserzioni di vostri soldati all'interno, e il grave disagio m.orale diffuso in Italia, nutre grandi speranze. Si dice, anzi, che esso abbia insistito ptesso la Corte per ottenere l'intetvento di alte autorità ecclesiastiche, 1 Per quanto tutto si svolgesse con le maggiori precauzioni, era naturale che alcuni ufficiali del reggimento in linea dovessero coadiuvarmi al fine di evitare, durante i lunghi colloqui, incidenti spiacevoli (sorprese nemiche o incontri con nostre pattuglie). Ad onore di questi ufficiali e dei soldati ivi di guardia, e specie per merito del tenente Sacconaghi, tutto fu organizzato in modo da conservare una discrezione veramente ammirevole. Aggiungo, però, che per doverosa prudenza, ed in guerra quando si è a capo del servizio informazioni la diffidenza è un dovere, io avevo dato ordine a Pivko di fare riaccompagnare alle nostre linee o di far tacere in quafonque modo gli eventuali nostri disertori nel settore: per fortuna, in tutto quel periodo, ·non ve ne furono. 2 Cfr. Appendice, pag. 178 sgg.
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perché lascino credere si voglia concludere una pace separata. Anche in Francia, risulta al nostro Comando, la demoralizzazione è giunta al culmine. Il Comando Supremo austriaco ha concentrato da Tolmino al mare, per la difesa, trenta divisioni e piu di tremila bocche da fuoco. Il Trentino si vuota, continuano a partire truppe e artiglierie, tolte un po' dappertutto; vi do qui l'elenco dettagliato delle partenze. Anche molti dei generali meglio quotati partono; vi segnalo in un foglietto i nomi. Vi unisco anche copia di ordini emanati dal nostro comando per altre operazioni particolari, da eseguire su questo fronte per tenere impegnate le vostre truppe e darvi l'impressione che si voglia attaccare seriamente; a tempo opportuno, vi avvertirò ancora del giorno e dell'ora in cui le operazioni offensive avranno inizio.1 Stroncatele sul nascere con semplici tiri di sbarramento. Non voglio che per mia colpa diretta possano essere uccisi dei soldati, innocenti, dell'esercito cui appartengo ancora. Non potrei sopportarlo. Continuate la vostra propaganda separatista. I manifestjni che fate gettare per mezzo dei vostri aeroplani, sono - a dispetto di tutte le proibizioni letti e commentati, e hanno sulle varie nazionalità un 1 Gli attacchi preannunciati ebbero effettivamente luogo, e Pivko, con le solite segnalazioni speciali, provvide ad informarci del giorno, ora e località. Il primo di tali attacchi fu tencato contro le nostre posizioni est del Civeron, in direzione di Villa Anna, e venne respinto, con 1a cattura anche di alcuni prigionieri. Il secondo fu svolto contro la barricata di Villa Agnedo, in fondo Valsugana, ma nonostante le nostre artiglierie e le nostre truppe fossero state regolarmente preavvisate, pure riusci agli arditi nemici di penetrare di sorpresa nel nostro posto avanzato, catturando tutti o quasi i difensori. Per fortuna, i nostri prigionieri interrogati, dissero sf d'essere stati avvertiti del colpo di mano che doveva tentarsi dagli austriaci, ma di non averci creduto, perché sempre i disertori portano di tali notizie, senza che poi ciò che viene preannunciato si realizzi. Il comando austriaco non sospettò nulla, fu solo dopo Carzano che anche questi episodi saltarono a galla. Altri colpi di mano vennero tentati dal nemico sugli Altipiani, ma furono tutti sventati.
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enorme effetto morale: nell'interno della monarchia, i cechi agiscono ormai nello stesso senso separatista, con tutte le loro forze. E non avrei altro. Eccovi i documenti: non ho potuto fare di piu sinora. Pivko aveva parlato, senza che io osassi interromperlo, tutto d'un fiato: a me, nell'ascoltarlo, mancava quasi il respiro. Noncurante dei pericoli immensi cui andava incontro, sorretto solo dalla fede nei destini della propria nazionalità ora oppressa, egli, che ogni giorno rischiava per la redenzione del suo popolo parecchie volte la forca, era H seduto tranquillo dinanzi a me, fiducioso nelle mie prime promesse, e per quanto in noi del servizio informazioni la guerra fosse scuola di astuzia e di egoistica diffidenza, pure io sentivo, chiaro come non mai, che non avevo piu il diritto di abusare oltre del suo tenace lavoro senza ottenere che almeno i suoi sforzi fossero coronati da successo. - Pivko, - risposi dopo un momento di esitazione, necessario per riprendere l'assoluto dominio dei miei nervi, - un giorno la vostra patria redenta vi ricorderà con orgoglio. Vi ringrazio per tutto quanto mi avete detto e mi avete portato. Sono notizie preziose piu dell'oro. Ma, ditemi, è aumentato molto il numero dei fedeli? - Siamo ora in cinquantadue - mi rispose. Penso, anzi, che sia divenuto troppo pericoloso allargarne il numero; non si sa mai, un traditore potrebbe infiltrarsi tra le nostre file. Soltanto i piu fidati conoscono il petché delle varie ricognizioni che affido loro;1 1 Gli incaricati di Pivko eseguivano continue ricognizioni nelle retrovie austriache, fotografando o eseguendo schizzi sommari delle località occupate òa truppe austriache, delle organizzazioni difensive, ecc. Precisavano anche, il numero, all'incirca, di soldati, cannoni e mitragliatrici messi a difesa delle località di maggior interesse per noi.
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gli altri credono, per ora, che io lavori per un comitato ceco. Dei cinquantadue, ventotto sono sparsi fra reparti qui in prima linea o nelle immediate retrovie - ve ne sono anche sette appartenenti all'artiglieria -, gli altri sono sparsi piu indietro, un po' dappertutto: a tempo opportuno, vi darò ulteriori particolari. Penso che tutti ci saranno necessari se la vostra operazione offensiva, come mi lasciate sperare, verrà fatta in grande stile. Ma, a proposito, quando credete che il vostro comando la attuerà? - È ancora un po' presto - risposi io. - Non credo che la nostra offensiva sul fronte giulio, tanto attesa dal vostro comando, venga attuata [Pivko mi perdoni questa bugia di allora, sapevo l'offensiva imminente ma era mio dovere diffidare sino all'inverosimile]. Però anche nel dubbio che ciò possa avvenire, è certo che il comando italiano non può ancora prendere una determinazione decisiva per quanto riguarda questo settore. Poi, ci mancano ancora alcuni dati, dirò cosi topografi.ci; le vostre carte e le ricognizioni delle mie squadriglie aeree non riescono a chiarire tutto. Dovete, perciò, far individuare la strada che da Telve di sopra porta al monte Salubio e il Salubio stesso; la strada che da Levico porta al monte Panarotta, e per il Laiton, la Portella, la Valcava scende poi a Palu; la strada che lungo la val Calamento e per forcella Cadine scende a Melina per risalire poi alla sella di San Lugano; la strada d'arroccamento Caldonazzo-Mattarello; di tutte io debbo conoscere eventuali ostacoli di carattere militare, loro percorribilità con automezzi pesanti, nuclei di difesa diretta. Il compito, come vedete, è tutt'altro che facile, lo so, ma confido nella prudenza vostra e dei vostri uomini. Sta bene - rispose semplicemente e con calma 75
Pivko. - Vi procurerò tutti i dati che mi chiedete. Ma dopo? - Dopo agiremo - risposi. - Fra dieci giorni, il 25 notte, potremo ritrovarci, se credete: penso che in tale notte si potranno già prendere gli accordi di carattere operativo. Se dovessimo trovarci prima o dopo tale data, fate i soliti segnali. State bene attento alle vostre truppe, comunicatemi eventuali altri alleggerimenti: in caso urgente, inviate un vostro messo di fiducia al solito posto di prima linea. Vi sarà sempre un « mio » uomo pronto ad attenderlo. - È quasi mattino - mormorò il tenente Sedleky, avvicinandosi a noi. - È pericoloso restare fuori piu a lungo. Lo guardammo meravigliati, le ore trascorse assieme erano parse pochi minuti. - Allora buongiorno, Pivko, - dissi sorridendo, - rientriamo in famiglia, prima però fatemi conoscere anche gli altri congiurati. Ci aveva raggiunti, mentre si parlava, anche il tenente Irsa, il quale ci avverti che erano appostate nelle vicinanze tre pattuglie, tutte composte di congiurati che volevano conoscermi. Unitamente a Pivko, li raggiunsi e, dopo averli visti in viso uno per uno, mi congedai da loro. '
VIII. NEGLI AVAMPOSTI AUSTRIACI
I colpi regolari degli zoccoli dei nostri cavalli avevano, nel silenzio della notte, rimbombi cupi che parevano ingigantire nella profondità _della valle. Lontano, i riflettori austriaci di monte Civeron e dell' Armentera illuminavano a sciabolate la cavalcata, quasi potessero intuirla, ed il passaggio della Valsugana, intravisto cosi, ora tra i riflessi scialbi, ora tra gli sprazzi di luce violenta, acquistava un aspetto selvaggiamente caratteristico come mai non m'era riuscito di notarlo durante rapide corse in auto. Da Pradellan, piccola borgata diroccata, rosa dal fuoco e dalle granate austriache, le curve si succedevano alle curve, i saliscendi della strada si susseguivano frequenti, le ombre cupe s'alternavano ai tratti illuminati, senza che mai apparisse il guado sul quale dovevamo passare; il torrente impetuoso faceva però sentire sempre piu vicino il suo brontolio sordo, rotto ogni tanto dagli schianti prodotti dai blocchi di pietra che frangevano la corrente violenta. - Sarà pericoloso il passaggio - aveva detto la sentinella a Pieve Tesino, arrestando con una lanterna rossa la corsa dei nostri cavalli, e ricordandoci che si doveva cambiare il mezzo di locomozione. - Anche oggi due uomini sono rimasti travolti. Ma, involontariamente, il mio labbro aveva abbozzato un sorriso ironico e l'occhio era corso al gruppo
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dei tre cavalli, pronti, sellati, proprio al margine della strada. Perché dubitare della solita buona stella? Il trotto procedeva serrato - bisognava giungere in tempo all'appuntamento! - mentre l'occhio spaziava da cimon Rava, che con lo sciogliersi delle sue nevi era all'origine di tutte le complicazioni, a cima della Caldiera, tutt'e due piu intuite che intraviste, per fissarsi sulla massa compatta delle Alpi di Fassa, lontane lontane, perdute quasi nel cielo compatto di ombre e di nuvole. Un boato improvviso, ad una ventina di metri davanti a noi ed un immediato arresto dei cavalli mi richiamarono alla realtà: il Chiepina, gonfio di furore, spumante di rabbia, precipitava nel suo letto di sassi portando con sé tutto quanto gli ingombrava il cammino. Anche il ponte era sparito. Purtroppo. Scendemmo di sella. Ci avvicinammo con cautela, accendendo le nostre lanterne cieche. Giu, nel letto del torrente, al disotto del livello stradale, era tutto un brusio di gente che lavorava; i nostri valorosi pontieri, metà su una riva, metà sull'altra, distanti fra loro dieciquindici metri, stavano gettando le campate per un nuovo passaggio. - Come fare a passare anche con i cavalli? domandai ad un uomo che nel buio mi pareva l'ufficiale. - Ah no, è impossibile fino a domattina; l'impetuosità del torrente comincia appena ora a diminuire - mi rispose. - Ma io debbo passare - soggiunsi facendomi riconoscere - ho bisogno di arrivare alle prime linee . . Nostri uomini sono pure di là che lavorano. Dovemmo adattarci ai consigli dell'ufficiale. A piedi scalzi, aggrappandoci ad una corda che, nonostante fosse :fissata à due solidi pali, pareva dovesse cedere
ad ogni momento per abbandonarsi alla furia del torrente violato, si riusd a passare. I dieci metri furono, però, piu che sufficienti per imperlare di sudore le nostre fronti di pontieri inesperti e per farci uscire, dopo pochi minuti di lotta tremenda, bagnati fradici, tremanti dal freddo e ... dalla paura. - Eh, signor maggiore, - disse sorridendo il pontiere che mi aveva sostenuto nella non facile traversata, - può davvero dire d'essersela cavata bene; per un momento ho proprio creduto che si dovesse arrivare giu a Strigno per la via piu breve. Risi per la battuta. Ma amaro. Freddo? Paura?
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Le biciclette dei pontieri, aiutandoci a reagire al bagno forzato, ci avevano portato celermente alla piazza di Strigno. Quasi di corsa, raggiungemmo di qui gli avamposti. Cavallo, bagno e pedale avevano fatto sparire la stanchezza delle due notti trascorse sull'altopiano della Bainsizza: la gioia di poter giungere con solo mezz'ora di ritardo all'appuntamento, serviva da eccitante. - Perché, Pivko, - gli dissi mezzo ridendo appena lo incontrai, - avete fatto i segnali per l'incontro proprio stamane? Per negarmi la gioia di un po' di riposo, per obbligarmi a subire la prova dell'acqua prima di quella del fuoco? E gli raccontai, ormai definitivamente di buon umore, tutta la mia avventura, ricordando però allora, con vero dispiacere, che il pacco dei buoni sigari e
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sigarette - mio costante regalo per i congiurati - era :6.nito nel Chiepina. Pivko non sorrise nemmeno - non sorrideva mai lui - e con una serietà, che in quel momento mi apparve quasi comica, disse che era veramente spiacente di avermi disturbato, ma che lo aveva fatto per consegnarmi alcuni dati molto importanti per il nostro progetto, dati che giudicava pericoloso tenere piu oltre presso di sé, e per invitarmi a visitare quella stessa notte Castellare - la loro posizione avanzata -, poiché aveva potuto disporre tutto in modo da evitare qualsiasi sgradita complicazione. Capiva, però, purtroppo, d'avere scelto male. - Vengo subito con voi, - risposi, riprendendo il tono serio delle solite conversazioni. - Datemi i documenti, li consegnerò al mio ufficiale in linea. Prendo un cappotto, chiamo il tenente Arese, l'ufficiale informatore del settore che ci accompagnerà. Avverto che starò assente ... Quanto? Un paio d'ore ... E che nessuna nostra pattuglia esca nel frattempo! Cinque minuti dopo, preceduti da Pivko, fiancheggiati da due sottufficiali bosniaci - altri due della pattuglia di Pivko erano rimasti alla cappelletta ad attendervi il nostro ritorno - si marciava verso Castellare. « Ardire » diventava quella notte la conseguenza logica di « ordire ». *
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Le due linee di difesa avanzata, l'austriaca e la nostra, scendendo entrambe dai bordi rocciosi di passo dell' Agnella, tra cima della Caldiera e cima Undici, in cui si allacciavano alla parte di fronte detta degli 80
Ricoveri austrounganc1 a ridosso degli argini del Maso, tra Castelnovo e Scurelle.
Tipi di prigionieri nemici. Anche dai prigionieri appartenenti alle nazionalitĂ oppresse dall'Impero absburgico provenivano i volontari che intendevano rendersi utili - a costo della vita - alla causa ::inritedesca.
Il maggiore Ljudevik Pivko, sloveno, che mise a disposizione del Lalatta il piano particolareggiato per la « sorpresa », purtroppo fallita. Pivko, poi, passò nelle nostre file (la foto lo mostra, infatti, in uniforme italiana), partecipando valorosamente anche ad azioni di guerra con la brigata « Regina ».
Il generale Franz Conrad von Hotzendorff, comandante del gruppo d'armate del Tirolo, passa in rassegna il reparto bosniaco di Pivko.
Altipiani, correvano parallele dall'alto del monte sino in fondo alla valle del Brenta. Le due linee, ora quasi a contatto l'una dell'altra ed ora distanziate, ora dominanti ed ora dominate, lasciavano tra loro, in quasi tutti i tratti, delle zone neutre, e nel tratto piano del fondo· Valsugana, là dove il Brenta è obbligato dal digradare delle alture che lo rinserrano a fare una grande curva con la convessità a nord, tali zone tendevano a divenire sempre piu vaste, forse per l'istintivo bisogno comune ad ogni combattente di rendersi vicendevolmente, quando non assolutamente necessario ai fìni per i quali si combatte, la vita meno aspra. E cosi Spera, già occupata da noi, era stata abbandonata, ritirando la linea degli avamposti sino ad una posizione un po' piu riparata, e Scurelle, già occupata dagli austriaci, aveva subito la stessa sorte, ché anche loro avevano sentito il bisogno di sottrarre le loro truppe avanzate alle salve di talune nostre batterie. Ne era, pertanto, risultata, proprio in quel settore, tutta una sistemazione difensiva affatto speciale. Quantunque la vera linea di difesa austriaca fosse dietro il torrente Maso, ossia sulla sua riva destra, da Castelnovo per Carzano in su verso nord, era rimasto quale loro posto avanzato, che pareva quasi volersi incuneare nelle nostre linee, il piccolo borgo di Castellare, formato da poche case costruite sul pendio della collinetta che da Spera, abbandonata da noi, digradava verso Scurelle abbandonata dagli austriaci. A Castellare, situata in tal modo a mezza costa, si poteva accedere e da Spera, dislocata piu in alto, e da Scurelle, situata piu in basso; ma, mentre il viottolo che scendeva da Spera portava all'ingresso est di Castellare, obbligando quindi a traversare i reticolati che gli 81
austriaci avevano costruito appunto di fronte a noi, il viottolo che seguendo un bordo roccioso montava da Scurelle portava invece alringresso ovest e quindi a piè pari dentro e a tergo della posizione nemica. Gli austriaci avevano trasformato Castellare in « località organizzata a difesa » e tenendovi un plotone di fanti, una sezione di artiglieri con un cannoncino da trincea, una sezione di mitraglieri (con quattro mitragliatrici), ne avevano costituito quasi il perno di tutta la piccola testa di ponte che posta di qua dal Maso, su per Scurelle, Castellare, Palua, Ghisi, Mentrate, Caverna, doveva servire ad evitare un nostro eventuale attacco di sorpresa contro la loro vera linea difensiva, quella - come s'è visto - dietro il torrente Maso. I riflettori del Levre e dell' Armentera, l'italiano e l'austriaco, si sbizzarrivano nella solita ricerca notturna lungo le prime linee, permettendoci di seguire con visione netta le spiegazioni che Pivko mormorava come in un soffio, quando forte della quasi diuturna esperienza, ci guidava nella ripida discesa; a poche decine di metri da noi, resi piu sensibili dalla posizione dominan'te, i passi delle sentinelle austriache si susseguivano con monotona regolarità. - Attenzione, qui c'è il reticolato percorso da corrente elettrica - mormorò Pivko. - Ho ordinato che non vi sia immessa la corrente sino a mia segnalazione telefonica, ma non è prudente toccarlo, non si sa mai. Passate di qui, verso sinistra, camminate dietro di me, in direzione di quella sigaretta accesa: è il tenente Irsa che sta fumando in attesa della nostra visita. Il mio sangue ebbe involontariamente un tuffo. Chi va là? - gridò una sentinella in tedesco.
- Pattuglia d'ispezione - rispose Pivko - il comandante del battaglione. - Alto là, parola d'ordine. Entrammo dopo aver esaurite le formalità comuni a tutti gli eserciti. Nonostante avessi il bavero alzato, in modo da occultare le mostrine, nonostante il buio, mi pareva che gli occhi della sentinella frugassero attraverso il cappotto per scorgervi l'uniforme italiana. Anche il berretto, l'enorme berretto da campo, grigio e non certo riconoscibile al buio, mi pesava come una cappa di piombo. - Non dubitate - sussurrò Pivko, che parve leggermi negli occhi - il posto di guardia è tutto formato da « nostri ». Le formalità son adempiute solo per non insospettire qualche involontario, lontano testimone. Respirai, stringendo cordialmente la mano che Irsa, sorridente, mi tendeva. - Ecco, questa è la casa degli zappatori, cominciò Pivko, - la cosiddetta casa gialla. Quella sulla destra, H dietro, è la casa degli artiglieri; quell'altra, presso 1a vasca, è la casa dei mitraglieri. Anche quando i nostri riflettori passano sopra il villaggio, la casa resta nel buio. Là potranno essere riuniti tutti i prigionieri che voi catturerete. È anche sp.iziosa, dentro ci staranno tutti. Qui, in questa casupola, continuò ancora, accompagnandomi, - potrete impiantare la stazione telefonica da campo per le immediate urgenti comunicazioni con Strigno; sarà necessaria per accelerare l'operazione di sorpresa. Seguendo questa stradicciuola a sinistra, si giunge alla cartiera di Scurelle. Salendo ancora a destra si va a Palua e a Ghisi: in entrambe le direzioni dovranno irradiarsi
subito le vostre truppe scelte, per poter sorprendere con la massima celerità gli avamposti, impadronirsi della prima linea e allargare i varchi nei reticolati. Continuando questa strada si scende al ponte di Carzano, lo si raggiunge in cinque minuti. Li accumulerò, senza dar nell'occhio, il legname necessario per una passerella sussidiaria al ponte: si agevolerà il passaggio delle prime truppe. Voi dovrete pensare per le altre. Le rive del Maso sono però poco alte, l'acqua poco profonda, e, volendo, non sarà difficile il guado: ad ogni modo il ponticello che c'è è solido, e lo allargherò in modo che le vostre truppe possano percorrerlo anche per quattro. In un paio d'ore, vi potranno transitare sopra tutti gli uomini che si renderanno necessari per la prima fase. Venite con me. Vedete come si presenta la sponda destra del Maso? Su quella spianata, a sinistra del ponte, potranno a mano a mano ammassarsi i vostri soldati, saranno al riparo da eventuali tiri di artiglieria austriaca e non potranno essere visti dagli osservatori, né dell'Armentera né del Ceolino. Inoltre, come ben capite, l'artiglieria austriaca, se dovesse sospettare, tirerà piu avanti, su Strigno, non certo qui; l'importante è di passare presto, con le prime colonne: avvenuta la sorpresa, Dio solo sa che cosa succederà. Vedete quella massa scura laggiu? È il Ceolino. Sullà sinistra quei pochi lumini? È Borgo, Le spiegazioni continuarono sino a quando si poté entrare a Carzano, nella sede del suo comando. Guardai la sfera luminosa del mio orologio: le 3. Sarebbe stato pericoloso restare piu a lungo. Risalendo alla cappelletta di Spera e stringendo a lungo la mano di Pivko, sentii di ringraziarlo con un fervore nuovo nella voçe: la visita aveva ritemprato le mie energie per la
fase decisiva e conclusiva, che speravo ormai imminente. Era il 26 agosto, mattina. Restammo d'accordo che ci saremmo rincontrati, salvo imprevisti, dopo dieci giorni. La lunga sosta doveva servire ad entrambi per completare tutti gli studi necessari prima di prendere gli accordi definitivi.
* * * Le discussioni con i comandi interessat1 s1 seguivano ininterrotte. Sennonché, purtroppo, se il mio lavoro era, per tutto quanto aveva attinenza con la parte informativa, assai apprezzato, non altrettanto sembrava essere stato « centrato » nelle formidabili implicanze d'ordine non solo tattico ma strategico. La 1" armata, poderoso organismo difensivo, stendeva i suoi tentacoli dal passo dello Stelvio alla Valsugana. Ma come sulla sinistra, dallo Stelvio al lago di Garda, il III corpo d'armata godeva di una certa indipendenza, cosi a destra, proprio a cavallo della Valsugana e dove gli austriaci nel '16 avevano tentato di · scendere, un gruppo speciale comandato dal generale Etna, pur non disponendo di completa autonomia operativa, veniva anch'esso considerato, sotto molti aspetti, come una armata a sé (la 6' per l'esattezza). La mia « giurisdizione », come servizio informazioni, si stendeva lungo tutto questo enorme fronte, e ne derivava che, per tutta la parte informativa, avevo continui contatti diretti sia con il generale Etna, comandante interinale la 6° armata sia con il generale Fenoglio, suo capo di Stato Maggiore. Ma il generale Etna non riusd a capire mai, non per incapacità, ma per
diffidenza, che un pugnale come quello che io stavo affilando, non poteva servire per lacerare un involucro, con conseguente occupazione di un piccolo settore e cattura di poche centinaia o migliaia di prigionieri, ma doveva essere utilizzato per mirare direttamente, una volta provocata una disfatta nel Trentino, al cuore dell'impero. E Fenoglio, molto intelligente, ma per natura scettico, anche se mi segui in tutte le esposizioni, non parve voler dare, per l'attuazione delle mie speranze, tutta quella fede che da lui, ufficiale cosi completo e pronto, avrebbe certo contribuito al successo.
Comandavano le due divisioni in linea, nella Valsugana, sulla sinistra, il generale Di Giorgio, uomo di vedute larghissime e di energia a tutta prova; sulla destra, proprio nel settore di mia pertinenza, il generale Del Buono, non un genio annibalico, ma testa quadra di buon militare. Mio confidente, mio consolatore, quasi, il generale Antonino Di Giorgio. Con entusiasmo, egli viveva tutti i miei sogni, tutte le mie speranze; con passione, presentiva il disastro che sarebbe derivato all'impero da una nostra azione di sorpresa; con gioia, egli salutava il grande risultato che ne sarebbe potuto venire all'esercito, all'Italia. Ma il Di Giorgio, uomo di indubbio vĂ lore, di grande ascendente, di pratica guerresca autentica, era li in Valsugana, se non per riposarsi, come un dimenticato, nĂŠ nulla sembrava potesse contribuire a toglierlo dalla quasi oscuritĂ in cui pareva l'avessero voluto forzatamente cacciare; anch'egli, come tante altre magnifiche
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figure che io conobbi in guerra, sembrava destinato a non poter brillare di quella luce pura che le sue qualitĂ indiscutibili (e gli avvenimenti successivi, quelli inerenti alla coraggiosa difesa ad est del Piave, appena avvenuta la rotta di Caporetto, lo provarono) avrebbero meritato. 1
' Fu solo nel colloquio che ebbi con Cadorna il 29 ottobre 1917, a Treviso, quando il generalissimo stava impartendo le disposizioni per la resistenza sul Piave, che io potei prendere la palla al balzo e dirgli che era un vero peccato, in frangenti cosi gravi, lasciare un generale del valore del Di Giorgio inutilizzato in un comando d'ordinaria amministrazione, come quello che egli aveva in Valsugana. In tale occasione, me presente, Cadorna dettò al colonnello Gazzera l'ordine che destinava il Di Giorgio a un settore importantissimo sul Piave. Naturalmente, appena rientrato alla mia armata, telefonai'. al Di Giorgio che subito si mostrò grato ed entusiasta per la decisione del capo. Non si era mostrata certo una decisione azzardata!
IX. DA CADORNA, FINALMENTE!
Dal 26 agosto al 4 settembre, Pivko svolse un lavoro superbo. Telve, Borgo, Torcegno, Ronchi, Roncegno, MĂ rter e tutti i paeselli costellanti la Valsugana o le pendici dei monti che la rinserrano, furono setacciati casa per casa. Novaledo, Levico, Pergine, Caldonazzo, Civezzano, Mattarello, Trento, furono esaminati sommariamente; Lavis, Egna, Cavalese, Bolzano - centri importanti come serbatoi di truppe - furono posti sotto controllo permanente; strade, fortificazioni: percorse, controllate, riportate diligentemente su carte topografiche. Nulla pareva ormai sfuggire alla poderosa organizzazione interna, e quantunque fosse riuscito impossibile, per non destare sospetti, conoscere ogni particolare, ormai tutti i dati forniti erano piu che sufficienti per un giudizio di merito. A suo tempo, telegrafi e telefoni non avrebbero potuto funzionare; la corrente elettrica non sarebbe stata immessa nei reticolati; le principali stazioni di teleferiche ed i principali depositi di munizioni sarebbero saltati in aria; i prigionieri russi - numerosissimi - ed italiani - tenuti dagli austriaci contrariamente alle norme di guerra, proprio in vicinanza delle prime linee, per adibirli a lavori di fortificazione - avrebbero contribuito a gettare lo scompiglio nelle retrovie nemiche; l'unico forte armato della piazzaforte di Trento e i 88
forti di sbarramento di Caldonazzo, non sarebbero stati in grado di entrare in azione. Come e meglio si sarebbe potuto preparare la nostra sorpresa? Non mancava ormai che cercare di convincere Cadorna e completare l'organizzazione italiana; non potevo indugiare oltre. 1 Il 4 mattina, appena lasciato Pivko e dopo essere rimasto con lui d'accordo che la notte stessa sarei ritornato a Spera, filavo in auto verso il Comando Supremo a Udine: a tutti i costi, avrei parlato con Cadorna. Varcai la soglia della palazzina in cui aveva sede la segreteria particolare di Cadorna, alle 9 di mattina: venni subito introdotto dal segretario, colonnello Gabba,. giacché il precedente, colonnello Bencivenga, aveva dovuto lasciare il posto per un incidente personale. Fui accolto con cortese famigliarità. Il nuovo segretario mi si palesò anch'egli, attraverso la discussione che intavolammo, per un uomo di valore: la comprensione che egli mostrava di avere della guerra si staccava completamente da quella di certi ufficiali di S. M., addetti per un tempo francamente eccessivo a comandi operativi. A lui esposi, senza reticenze, il mio lavoro; espressi tutta la mia fiducia e sviluppai il mio piano: alla fine, sentii che, anche allo scettico Comando Supremo, qualcuno riusciva finalmente a comprendermi. Mi trattenne con sé a lungo, mi disse che il capo era già stato sommariamente orientato sul mio lavoro, mi promise che avrebbe regolato le cose in modo che, 1 Naturalmente, avevo contatti quasi giornalieri con il generale Pecori Giralcli, il comandante della 1• armata. E fu proprio Pecori Giraldi, che non potendo agire personalmente, mi consigliò cli tentare ogni strada pur di parlare direttamente con Cadorna.
nella stessa mattinata, Cadorna potesse dedicarmi un'ora. Mi augurò, poi, ch'io sapessi trovare, anche parlando con il capo, la stessa calda parola di convinzione che aveva subito fatto di lui un mio buon alleato.
* * * - Signor maggiore, Sua Eccellenza la attende. Finalmente! Vareai la soglia della severa stanza di lavoro del padrone delle sorti d'Italia, a testa alta, nella piena coscienza di giocare la piu grossa di tutte le mie partite di guerra; ma con la fede anche piu assoluta che questa mia battaglia, come tante altre, sarebbe stata vinta. Mi irrigidii nella posizione di attenti. I miei occhi cercarono subito serenamente i suoi, le mie pupille si fissarono con energia nelle sue; neppure un'ombra di quella soggezione militare che pure è tanto istintiva. Cadorna, il rigido comandante, organizzatore effettivo dell'esercito; Cadorna, l'uomo che con una tenacia indomita, ignota quasi alla nostra razza, aveva cercato di temprare alla durissima lotta le truppe e la Nazione intiera; Cadorna, il generalissimo contro il quale tanto spesso s'imprecava per il dispendio di vite umane nei continui attacchi frontali ai reticolati nemici, dimenticando che non certo lui poteva improvvisare mezzi e artiglierie quando altri, ben piu responsabili, non avevano saputo provvedere a tempo; Cadorna, il , capo dello Stato Maggiore, era ora lf, di fronte a me, pronto ad ascoltarmi. Come doloroso riusciva nel mio intimo il contrasto fra guarito avevo la subitanea sensazione che Egli
potesse fare e quanto invece avevo sovente veduto attuare in suo nome! Un senso naturale di grande rispetto penetrava tutto il mio spirito nel prolungarsi del silenzio del capo; quella testa bianca, quella fronte aperta, quel profilo energico, quegli occhi profondi, spiravano, tutt'insieme, una impressione di dirittura morale, di fede, di virilità, di tenacia, che parevano quasi, nel loro blocco granitico, voler calmare tutti i miei tormenti, sciogliere tutti i miei dubbi, e le intime domande che mi avevano cosi a lungo assillato. « Aspetta a far tuoi i giudizi altrui mi diceva tutto il suo contegno, - tu non sai quali enormi difficoltà io ho dovuto superare. » Gli occhi buoni, che pur nella loro vivacità lasciavano trasparire la stanchezza del lavoro estenuante e della responsabilità immane, ebbero un sorriso quasi paterno, dolce: la sua mano destra si staccò dal dorso, ove trovavasi incrociata colla sinistra in una posizione che parevagli naturale, per stendersi verso di me, con energia. - Si accomodi, mi racconti tutto; quello che so, quello che dovrei sapere, quello che non so ancora. Parlai, dissi di tutto il mio lavoro, dei risultati già ottenuti, e insistei perché Egli, quale capo, non rinunciasse ad una cosi formidabile fortuna. Le sue obbiezioni furono brevi, le sue domande secche. Volle che gli facessi vedere tutto quanto avevo potuto raccogliere di materiale informativo nel settore trentino, volle che gli analizzassi sommariamente le forze nemiche occupanti gli Altipiani, la Valsugana, le Alpi di Fassa, sin su al passo di Rolle. Non una parola di dubbio sui miei collaboratori, non un'obbiezione sul mio lavoro. E dopo la mia calorosa esposizione attentamente seguita, due domande sole, precise: 9r
- Che cosa ritiene, lei, che si possa tentare? Affronterebbe per primo il rischio dell'impresa? - Se affronterei il rischio? Ma con gioia, con riconoscenza, Eccellenza, nulla mi inorgoglirebbe di piu che essere esecutore diretto dell'azione che unitamente a Pivko vengo preparando. Che cosa si potrebbe tentare? Pivko è disposto a facilitare in tutti i modi l'entrata delle nostre truppe nella zona austriaca. Superati i primi ostacoli, e il superarli sarà facilissimo, noi, aperta di sorpresa una larga breccia, potremo, approfittando della confusione, far cedere tutto il fronte difensivo e penetrare rapidamente su su, sin nel cuore del Trentino, occupando Trento e Bolzano. Ecco. D'accordo con Pivko, penetrerò con nuclei sceltissimi prima in Casteilare, poi in Carzano, senza destare allarmi fra Ie truppe austriache. Telegrafi e telefoni con i comandi arretrati saranno tagliati, la corrente elettrica dei reticolati sarà tolta, le artiglierie austriache non spareranno. Ad ogni modo, noi conosceremo con esattezza tutte le postazioni delle artiglierie austriache, il loro munizionamento, le zone ove hanno ordine di eseguire tiri di sbarramento. Pivko me Io ha promesso. Potremo cosf eventualmente controbatterle. 1 Occupata Carzano, e con la strada d'accesso libera, mentre nostri nuclei, prendendo a tergo Scurelle e Castelnovo sulla sinistra, Caverna sulla destra, potranno tenere saldamente tutto quel tratto del Maso, altre truppe potranno ' Pochi giorni prima dell'operazione Pivko consegnò, infatti, una carta topografica esatta nella quale erano segnate, con precisione matematica, tutte le artiglierie austriache in posizione, la zona o le zone ove esse dovevano eseguire i tiri di sbarramento, il munizionamento di cui disponevano. Tale documento preziosissimo io feci subito riprodurre e consegnai in centinaia di copie al maggiore di Stato Maggiore Berti perché fosse distribuito, prima dell'azione, ai nostri ufficiali d'artiglieria e ai comandi interessati.
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occupare rapidamente Telve e il Ceolino, Borgo, il Civeron e Olle, il Salubio. Vostra Eccellenza comprende che cosa può nascere. Se, come deve accadere, questa prima fase riuscirà di sorpresa, sarà un'inezia proseguire. Che colonne celeri dirigano arditamente su Trento, i cui forti sono disarmati o taceranno, e puntino lungo la Valsugana per Levico e Pergine da un lato; per Caldonazzo, Vigolo Vattaro, Valsorda dall'altro. La 1· armata, schierata dal Garda alla Valsugana, terrà impegnate frontalmente le truppe sugli Altipiani, e contemporaneamente depositi di munizioni e teleferiche austriaci salteranno e prigionieri russi e italiani, ammucchiati nei campi di concentramento si ribelleranno. Altre colonne celeri occupino il monte della Panarotta, completamente disarmato, contrariamente a ciò che si è sempre creduto; ed altre ancora, servendosi di tutti i dati esatti, carte, fotografie che ci ha fornito Pivko, e sapendo che dietro alle prime linee vi è vuoto assoluto, puntino, scendendo per la val Cava e la val Cadino, sulla sella di San Lugano e sul paese di Ora, tagliando la val cl' Adige. La 4• armata schierata contro le Alpi di Fassa, impegnerà le poche truppe che ha di fronte, preparandosi a irrompere dal passo del Rolle, e Vostra Eccellenza comprenderà che noi potremo ottenere in brevissimo tempo quello per il quale lottiamo da anrii. Con quale ripercussione sul fronte giulio, dal quale gli austriaci non avranno il tempo di accorrere, si può immaginare. Con quale ripercussione morale sulle nostre truppe, specie nella situazione generale attuale, è facile pensare. Non le pare, Eccellenza? Cadorna non rispose: il suo viso s'era fatto impenetrabile. Si vedeva, però, che i suoi occhi esprimevano, e chiaramente, approvazione. 93
- Torni il mattino del giorno 7 con il generale Etna e con i] suo capo di Stato Maggiore generale Fenoglio; mantenga, intanto, i contatti e continui a lavorare. Studierò la cosa. Mi lasci tutta la documentazione che ha con sÊ. Tornai ad irrigidirmi sull'attenti, cercando di vincere il desiderio di gridare al sole, alto sull'orizzonte, tutta la mia gioia. L'istinto mi diceva nettamente che la prima battaglia era vinta e che la vittoria, la grande e sconvolgente vittoria, non poteva ormai essere troppo lontana.
,~ * * A Verona, ma di volo, - dissi all'autista, montando in auto, mentre la testa mi turbinava ancora per tutto il grandioso sogno e mentre la mano destra serbava tuttora l'impronta calda della tenace stretta del capo. - A Verona! Tutta una fantasmagoria di colori, di campanili, di ricordi storici, passava con la celerità del lampo dinanzi a me. Il cervello cercava un po' di riposo, e invece gli occhi giravano irrequieti ora da un lato ora dall'altro della strada, quasi per cercare nella gloria dei nostri secoli passati alimento per le aspre battaglie future. Codroipo, dalla cui superba villa Manin, Napo- ¡ leone aveva ceduto all'Austria quasi tutto il territorio della Repubblica di Venezia, Codroipo, l'antica Quadruvium romana, pareva, nella rapida traversata, ricordarmi le invasioni che avevano funestato quelle terre; Pordenone, ]a Portus Naonis, con il suo alto campa94
nile a minareto ottagonale; Conegliano, con la sua casa gotica del re di Cipro, con la sua torre quasi distesa nelle acque limpide del Monticano, passavano in un trionfo di sole dinanzi ai miei occhi attoniti su tutte quelle meraviglie; e H, su quei pendii di poggi morenici, tra un contrasto acceso di verde cupo e di giallo oro, io sentivo distendersi a poco a poco i miei nervi e provavo nella velocità la gioia dell'uomo che ha la impressione di correre versq la vita. - Facciamo colazione a Treviso? - mormorò lo chauffeur, con l'onesta intenzione di ricordarmi certe impellenti necessità. - Si, se sei stanco, in cinque minuti, alla lettera, non piu. - Ci vuole acqua anche per il motore: in dieci minuti mangio, gli dò da bere e si può ripartire. Guardai con tenerezza il mio impareggiabile Gatti: che bravo figliolo! E che artista anche, fermarsi proprio presso il Palazzo dei Trecento! La fedele di Venezia restò però presto alle nostre spalle, ché nonostante il calore quasi torrido la macchina aveva ripreso la sua corsa folle: in lontananza le alte torri ed il castello di Castelfranco parevano già aprire le loro immense braccia d'ombra, quasi per arrestarci. Villa Revedin, dove il condottiero austriaco principe di Rohan era stato catturato con tutti i suoi dal generale francese Saint-Cyr; la torre Malta, in Cittadella, che Ezzelino aveva trasformato in tristo luogo di morte per i suoi nemici; la Villa Dolce, in Galliera Veneta, dimora di Maria Anna d'Austria: passarono come il lampo in tutto un trionfo di luci e cli colori. Vicenza, grandiosa in tutti quei suoi palazzi o gotici o lombardeschi o palladiani, Vicenza, la patriottica, appariva già dinanzi a noi. 95
- Ci fermiamo al comando? - chiese Gatti. - No, a Verona, e di volo, non è possibile ora. E via ancora, via sempre, come ogni giorno, in quella continua corsa rabbiosa, in cui ogni minuto guadagnato diveniva per me un grande contributo alla vittoria finale. La fiera città ghibellina scaligera, sede di imperatori e di re; la città chiamata chiave d'Italia, perché H tre grandi vie - la Gallica, la Postumia, la Claudia Augusta - si incrociano; la città di tutte le architetture, di tutti i colori; la città delle chiese magnifiche e degli sfondi suggestivi; la città della mia breve vita d'amore, perché a villa Francescatti avevo trascorso i pochi mesi di sposo felice, subito interrotti dal desiderato cataclisma che traeva l'Italia in guerra; Verona, meta forzata di tante mie volate, perché li venivano concentrati tutti i prigionieri catturati nel territorio dell'armata, si apriva finalmente dinanzi a me. Il portone del forte San Procolo, avanzo di dominazioni che non sarebbero mai piu tornate, si spalancò per lasciare entrare la mia Lancia, già segnalata di lontano e nota a tutte le sentinelle: la macchina, arrestandosi, parve come percorsa da un tremito per il terribile sforzo. - Il sergente Baradello, subito - dissi al capi. tano Germano, che comandava il forte e che mi si era precipitato incontro. - Tu, Gatti, mangia e fai benzina, si riparte fra mezz'ora. Baradello venne a presentarsi di corsa, il suo occhio di « fedelissimo » brillava di curiosità. - Prigionieri importanti, signor maggiore? - No, niente prigionieri - risposi sorridendo qualcosa di meglio. Vieni in ufficio. Lo feci sedere di fronte a me, in piena luce, quasi
a volergli scrutare ancora il fondo dell'anima, che pur sapevo tanto devota. - Ascolta, Baradello, - dissi appoggiandogli una mano sulla spalla, - apri bene le orecchie: ho bisogno di tutto il tuo spirito di sacrificio e di tutta la tua buona volontà. Dovrai, poi, essere esecutore diligente e segreto, ne va della mia e della tua vita. Oggi, affido a te un incarico delicatissimo e te lo affido perché ti so serio, fedele sino alla morte, perché ti considero già, per l'intelligenza con cui sempre lavori, come uno dei miei migliori collaboratori. Nemmeno una parola, con nessuno, io stesso avvertirò il capitano Germano che ti conceda la piu ampia libertà e che non ti domandi nulla. 1 Conto di potere imbastire tra breve un'offensiva, per la quale mi occorre avere a disposizione diretta un gruppo di uomini assolutamente fidati e che sappiano parlare le lingue del nemico. Quando, in che settore faremo l'operazione, per oggi non conta; bisogna che gli uomini in otto giorni siano completamente preparati. Diramerò stasera un ordine telegrafico a tutte le nostre stazioni intercettatrici telefoniche e a certi nostri posti avanzati speciali, affinché domani facciano convergere qui al forte San Procolo, in riposo, tutti gli individui ch'io segnalo direttamente, cioè i migliori interpreti e intercettatori, un'ottantina circa. 1 Mentre il capitano Germano era il comandante del forte per la parte disciplinare, il sergente Baradello, conoscitore di ben sette lingue, effettivo al reparto informatori d'armata, orientato su tutto il nostro speciale servizio, era il responsabile per tutta la parte notizie. L'apparente contrasto gerarchico in realtà non esisteva; ognuno, nell'ambito delle rispettive funzioni, adempiva scrupolosamente ai propri doveri. E la guerra mi aveva insegnato a scegliere gli uomini là dove essi si trovavano, senza badare al loro grado militare; io avevo bisogno di soldati coraggiosi, di fede e di carattere, e non potevo certo sottilizzare sul modo di impiegarli in relazione al grado che momentaneamente rivestivano. Insomma, badavo piu alla sostanza che alle forme!
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Tutti costoro, una volta entrati, non devono piu uscire dal forte, te ne rendo responsabile. Non farò fare nemmeno spostamenti di prigionieri; i nuovi li farò affluire al forte San Felice. Tu stesso controllerai personalmente e gli interpreti e gli intercettatori. E li istruirai - servendoti dei nostri uomini di fiducia, Novy, Siemens, Nicolich, Marousciark - sul modo come le pattuglie austriache si scambiano 1a parola e la controparola, sul modo come avanzano. Ad essi insegnerai anche, cosi come fosse per sport, il modo di catturare un uomo senza che possa gridare: useranno uno straccio che supporremo imbevuto di cloroformio. Non basta. Chiamerai il sottufficiale russo e gli domanderai se gli piacerebbe rifare la stessa strada che ha già fatto per venire da noi: dovrebbe mettersi a contatto con i compagni che ha lasciato di là. Spero accetti. Riunirai gli altri trenta fuggitivi russi che sono qui, inquadrandoli regolarmente e dirai loro che il loro governo li farà combattere al fronte italiano, come hanno chiesto, e che è, quindi, necessario comincino a conoscere il nostro fucile. Li armerai adeguatamente e li preparerai all'idea di rientrare tra pochi giorni in linea proprio nel settore della Valsugana, di dove sono fuggiti tutti. Fra otto giorni può darsi abbia bisogno di tutti voi, ma verrò io stesso a parlare alla truppa prima di farla partire. <Sonosco tutti i nostri uomini e sono sicuro che mi risponderanno con entusiasmo. Ripeto: è necessario il segreto, è necessario che nulla del perché di questa preparazione trapeli fuori del forte; una sola indiscrezione, una piccola imprudenza . potrebbero costare la vita a me e rovinare ogni nostro tentativo. Hai capito bene tutto? - Non dubiti, signor maggiore, fra otto giorni gli uomini saranno bell'e pronti. In quanto ai russi,
poi, è tale il loro odio per i maltrattamenti subiti dagli austriaci, che agiranno come demoni. - Sta bene, se dovrò darti altre istruzioni e non potessi venire, manderò a prenderti, non voglio usare il telefono. Prepara anche i tuoi due fratelli, siete tutti e tre valorosi ed io ho bisogno di gente fidata e di fegato. - A rivederci!
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X. PREPARATIVI FEBBRILI. AL CONSIGLIO DI GUERRA
- Halt! W er da?' Allibii. Dove diavolo mi ero cacciato? A Verona, appena uscito dal forte San Procolo, avevo dato ordine a Gatti di portarsi al nostro ufficio in Vicenza e di qui, dopo una brevissima conversazione con i capitani $cotoni e Soragna, eravamo partiti a rotta di collo nuovamente per la linea. Ma era tardi, ed anziché percorrere con l'auto il solito itinerario Vicenza, Bassano, Cismon, Grigno, Castel Tesino, Pieve Tesino, Bieno, Strigno, a Grigno avevo ritenuto opportuno continuare per il fondò Valsugana sino ad Agnedo, per poi raggiungere dalla sinistra, anziché dalla destra, Strigno, guadagnando in tal modo tempo. La strada era, però, tutta buche ed ostacoli, sicché io, lasciando l'auto ad una curva, m'ero gettato di corsa su per la salita, verso Spera, il cui campanile, mezzo diroccato ma sempre visibile allo scialbo chiarore lunare, mi serviva da P\lnto di riferimento. - Halt! W er da? - intimò per la seconda volta, dopo pochi secondi di attesa, la stessa voce energica. - Offiziers Drahtinspektionpatrouille!2 - risposi il piu possibilmente calmo, trattenendo con la pressione della mano sinistra le violente palpitazioni del cuore. 1
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Alt! Chi va là? Pattuglia ufficiale d'ispezione ai reticolati.
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Feldruf ?1 Tarvis. Stichwort ?2 Theodor. Gut, weiter.3 E poche parole vennero scambiate in tedesco, mentre in cuor mio benedicevo Pivko, il quale per prudenza aveva sempre voluto comunicarmi, ogni cinque giorni e a mano a mano che le comunicavano a lui, parola e controparola, le due battute magiche che servivano per entrare, senza suscitare diffidenza, attraverso i reticolati. L'altra pattuglia d'ispezione era già passata da mezz'ora. Ero maledettamente in ritardo. Ma ciò che per me, in quel momento, risultava piu interessante era il fatto che il mio interlocutore parlava con un simpatico accento viennese; sopra pensiero, dunque, appena uscito dai nostri reticolati, avevo infilato il sentiero di sinistra anziché quello di destra, ed ero venuto a sbattere contro l'estremo posto di guardia dei Deutschmeister (il 4° reggimento). Salutai la sentinella con la maggiore cordialità compatibile con le mie nuove funzioni di ispettore e, non senza aver ben raccomandato: « Acht, bevor schiessen.' »,4 mi gettai tra i cespugli ed i vigneti, badando di orientarmi tra Spera e Quota 501, entrambi ben visibili nell'aumentato chiarore lunare. Dal Civeron un cortese riflettore austriaco parve volermi aiutare; piu volte, obbligandomi a immobi' Parola d'ordine? Controparola? Bene, proseguite. ' Attenzione, prima di sparare! 2
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lità assoluta, esso spazzò con la sua lama accecante il terreno ch'io dovevo percorrere. - Scusatemi, Pivko, se sono in ritardo - dissi mentre lo raggiungevo da tergo inaspettatamente, mi sono gettato per sbaglio a sinistra e a momenti finivo nelle mani dei Deutschmeister. - Novità? - mi chiese luj, mentre con le mani sotto il cappottino cercava estrarre dalla tasca interna il solito pacco di documenti. - Sf, una e molto importante. Oggi, finalmente, posso dirvi che tutto il nostro lavoro non è stato fatto invano, e che ritengo, anzi sono sicuro, che entro quindici o venti giorni avremo la conclusione. - Affrettate, affrettate - soggiunse Pivko non vorrei avessimo complicazioni. Si dice che l'imperatore venga a Trento. Non si sa mai, ciò potrebbe preludere a cambiamenti. Temo anche, dilazionando troppo, si possa verificare qualche delazione, non da parte dei miei, ma da parte di altri che osservino anche involontariamente tutto il continuo va e vieni dalle nostre linee alle retrovie e da noi a voi. Io ed i miei siamo tutti assai prudenti, ma capirete, non si sta mai abbastanza attenti. Vi raccomando dunque, concludete il piu presto possibile. - Avete ragione, Pivko, vi prometto che riuscirò entro pochi giorni a cÒncludere. Sarebbe, oltretutto, ora. . - Vi ringrazio. Eccovi, intanto, le carte topografiche delle nostre retrovie completamente aggiornate; eccovi il piano per l'attacco,1 cosi come lo farei io. 1 Il piano per l'attacco presentato dal Pivko è riportato, tradotto, in Appendice {pag. 199 sgg.). Anche se eccessivo nel voler fissare un po' troppo teoricamènte ore e minuti nei quali le singole colonne avrebbero dovuto agire, ché l'attuazione pratica di un piano d'attacco è sempre su-
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Padroni voi, si capisce, di modificarlo, purché manteniate le occupazioni delle località nell'ordine cronologico scelto da me e scelto cosi per la conoscenza che ho dell'ambiente, della psicologia delle varie truppe, delle eventuali resistenze. Dal dispositivo per i tiri di sbarramento delle nostre artiglierie,1 vedrete che, una volta entrati in Carzano, il piu è fatto. Qui, ci sono le solite parole d'ordine, alcune direttive del comando d'armata, tutte le disposizioni per la circolazione nelle retrovie austriache. Ritengo che ogni dato ci sarà utile. E qui ancora tutto il lavoro di minuto controllo dei miei uomini, paese per paese, casa per casa: voi sapete cosi tutto di noi. Nemmeno il nostro comando di divisione conosce tali particolari. Guardate che vicino al ponticello del Maso, prima di Carzano, io sto facendo accumulare legname adducendo il pretesto di eventuali riparazioni; a tempo opportuno, cioè appena occupato .Carzano, potrete raddoppiare il ponte, facendovi passare altre truppe. Vi avverto anche che il ponte, nella sua portata attuale, sopporta benissimo il scettibile di grandi spostamenti dovuti al fattore caso, esso è, tuttavia, di una chiarezza e di un rigore veramente esemplari. Io stesso, presentandolo al generalissimo e al comandante incaricato di svolgere la prima fase dell'azione, insistei perché - pur portando le modificazioni ritenute necessarie in relazione alle speciali esigenze delle nostre truppe - venisse applicato quasi integralmente: prima approfondire la breccia, poi allargarla. ' Il dispositivo per i tiri di sbarramento delle artiglierie austriache, per tutto il settore Valsugana, fu da me consegnato in originale, come ho già detto, al maggiore Berti, capo di Stato Maggiore della divisione speciale Zincone, incaricata di preparare e svolgere rutto il primo tempo dell'azione. ln esso, Io schieramento dell'artiglieria austriaca risultava matematicamente precisato; come precisati erano i settori di tiro di sbarramento, interdizione, annientamento. Su tale base l'azione della nostra artig!i'eria, divenuta cosi completamente veggente, avrebbe dovuto, se necessario, essere perfetta; di conseguenza, il comando italiano poteva calcolare dove far sostare, assolutamente al sicuro, le nostre colonne. Inoltre, eravamo al corrente di quale scarsa capacità di resistenza - e per munizionamento e per il tipo antiquato e per il numero dei pezzi - aveva l'ardglieda austriaca che ci fronteggiava.
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peso di artiglierie leggere; comunque, per prudenza, lo farò rinforzare. Anche a Castelnovo il tenente Irsa farà accumulare delle travi: le vostre artiglierie pesanti potranno passare il Maso su quel ponte, che da controllo tecnico da noi effettuato, è riparabile in poche ore. Né basta. Ogni notte, arriva a Màrter un trenino, trasportando viveri. Forse 1a notte dell'operazione potremo far mettere come macchinista e come personale di guardia nostra gente: il treno potrà, spero, tornare indietro carico di vostri arditi. - Pivko, Pivko, siete un collaboratore ideale sussurrai con voce veramente commossa - piu e meglio non potrei pretendere. Una sola domanda ancora. I vostri ufficiali e soldati potrebbero fare materialmente da guida alle mie colonne? Io assegnerei ad ogni colonna degli interpreti: eviteremmo ogni possibile complicazione, perché a notte buia non si sa mai che cosa può accadere. - Già previsto, - rispose con aria di trionfo Pivko, - potrò mettere a vostra disposizione una trentina di uomini, ufficiali e non, che serviranno esclusivamente da guide. - Bene. Io farò preparare l'operazione sulla vostra traccia. Per quest'altro appuntamento precisatemi le guide e la lingua che parlano in modo che io possa distribuire opportunamente gli interpreti. Ci rivedremo il 10 notte, vi va? - D'accordo. - E per il 1O, portatemi il maggior numero possibile di ufficiali e sottufficiali vostri, desidero conoscerli e parlar loro prima dell'azione. Se non potranno venir loro, fate in modo che possa venire io a Carzano. -. Sarà fatto. - E la vostra famiglia, Pivko? Oggi, non sanno
1. 2. 3. 4.
Panarom1 Armentern Veitjoch
Cosi~ Fon rnnel J;t
5. F rawon 6. Lciro n 7. l~oncegno 8. Quota 696
9. Mome Co)a . 1o. Cima di Cave 11. s~sso Rosso
12. Borgo 13. Torcegno
14. Telve di S,oprn
15. Tclve di S01to 16. Castdnovo 17. Cm:zano
18. Cima Cista
25. Casccllarc
19. S:1lubio 20. Val CalamcntO 21 . Valpiana
32. Torrcn1c Maso 33. Villa
22. Val. Campclk 23. Scurelle
24. Spera
36. Camminnment i fr;l Strigno e Spera (seguici th11J;1 trup pa) 37. Strada fra Srrigno e Spera (r;u.:lla che aurehbc dol'ufo <¡sscrc seg11 itaj
26. 27. 28. 29.
Sarno.ne
Strigno i\!onte Cima Tombolìn dì Caldcnnvc::
30. Cima Ravctrn 31. Cirnon Rav,1 34. Ivano 35. l\gncdo
nulla, ma domani il vostro comando saprà certamente. E da voi non si perdona, anche i figli e la moglie pagano le idealità dei padri. - Ho già scritto che riparino a Praga, in Boemia sono al sicuro dalle vendette imperiali. Mia moglie è donna forte, e pur sapendo che cosa sto preparando, mi ha sempre sorretto con la sua fede. Spero che riuscirà a salvarsi. Ma se ciò non fosse ... Dio sa che non sono proprio i miei figli ch'io voglio sacrificare. Ci stringemmo fortemente la mano. Dinanzi alla fede di quell'uomo, già martire senza saperlo, io mi sentii piccino: per la prima volta mi distaccai da lui, sentendo che un nodo alla gola mi impediva di salutarlo con l'abituale spirito scherzoso. E nel buio, della notte, mentre il nostro riflettore di monte Levre che controbatteva nella solita lotta quello austriaco del Civeron, lasciava scorgere lassu, in alto, come una luminosa via di martirio, io sentii scorrere lungo le mie guance, sfogo naturale di un attimo di viva profonda emozione, delle lacrime, delle autentiche lacrime. Anch'io avevo a casa una moglie che amavo e dei fìgli che erano tutto il mio orgoglio e anch'io, marito e padre come lui, sentivo in quel giorno piu che mai la grande generosità patriottica, che sorreggeva colui che l'impero avrebbe bollato come traditore infame e sentivo anche tutta la grandezza del sacrificio .che egli, con la fermezza e la serenità dei forti, sapeva affrontare per una Nazione ancora di là da nascere.
* * ,., Signori, -
cominciò tranquillamente Cadorna, 105
dopo averci fatto cenno di sedere attorno ad un lungo tavolo coperto di un tappeto verde, e mentre l'occhio pacato si posava ora sull'uno ed ora sull'altro degli ufficiali, - lo scopo di questa riunione è da loro conosciuto: in sostanza, dobbiamo esaminare tutto un piano d'azione contro gli austriaci, visto che il maggiore qui presente può, per un complesso di circostanze che ora è inutile riferire e che d'altronde a loro sono già note, offrirci probabilità di riuscita tutt'altro che disprezzabili. L'azione potrà venire divisa in due grandi tempi: nel primo, agirà Sua Eccellenza Etna,1 con le truppe che ha a sua disposizione; nel secondo, se riuscito il primo, agiranno altri mezzi ed altre truppe. Per sommi capi, il maggiore Lalatta ci esponga, quindi, la situazione e ci dica cosa si potrebbe tentare secondo lui. Dopo, Sua Eccellenza Etna darà lettura dell'ordine d'operazione che ha già preparato attenendosi alle mie direttive. Era là prima volta che io, modesto ufficiale di fanteria, mi vedevo assurto agli onori di un consiglio di guerra, che tale poteva considerarsi infatti, in quel momento, lo staff che circondava il capo. Cadorna, Porro, Etna, Fenoglio (che rivestiva le funzioni di capo di Stato Maggiore d'armata), Gabba, tutti in attesa che parlassi, concentrarono i loro sguardi su di me: tuttavia, posso dirlo in perfetta coscienza, non vi fu in me né incertezza né senso d'imbarazzo. Per la lotta, per la bella lotta (un'eco delle letture dannunziane come non poteva essere in me?), mi sentivo completamente sereno cosi come ai primi colpi di 1 «Purtroppo», pensai istintivamente: nei vari colloqui con lui, avevo sempre avuto l'impressione che non riuscisse a concepire un'azione a l~rgo raggio, con visione strategica adeguata.
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cannone avevo semp:re ritrovato m me la calma, la profonda calma del soldato. - Io non so - cominciai - se loro sono .convinti come me della fedeltà assoluta di quelli che da tempo considero miei collaboratori. Ebbene, su questi collaboratori posso garantire come di me stesso. Gli elementi informativi che, d'altronde, essi mi hanno fornito sino ad oggi, tutti elementi controllati e risultati esatti anche per altre vie, hanno avuto modo di dissolvere ogni scetticismo: se ciò non bastasse, aggiungerò che nelle ultime due recenti operazioni tentate da truppe della 1s· divisione austriaca in Valsugana, una a Colalba, dove agf contro di noi il I battaglione del 63 fanteria e l'altra alla stazione di Agnedo, dove entrarono in azione contro di noi pattuglie d'assalto, le segnalazioni di questi ufficiali irredentisti furono cosf precise, perentorie, tempestive, da convincere anche il piu diffidente degli scettici. Tramite questi « miei » ufficiali, il cui capo è il dottor Pivko, un ardente ceco che ha giurato morte all'impero [non osai allora dire che era panslavo perché se il movimento ceco cominciava ad essere seguito benevolmente, quello jugoslavo poteva ovviamente destare sospetti], io ho potuto, Eccellenze, ricostruire con esattezza le forze a noi contrapposte sia sugli Altipiani sia in Valsugana sia sulla dorsale delle Alpi di Fassa; ho potuto precisare le truppe dislocate nelle retrovie, l'armamento della piazzaforte di Trento, tutte le guarnigioni del Trentino, su su sino a Bolzano e a Vipiteno; la vita stessa dell'impero, le enormi difficoltà morali e materiali che esso deve superare per tenere ancora in piedi il suo poderoso organismo bellico hanno assunto risalto e contorni estremamente ben definiti. Gli ordini di servizio dell'll • armata austriaca, gli 107
spostamenti di truppe dal Trentino all'Isonzo sono stati da me in parte comunicati: non totalmente, perché avremmo potuto provocare involontarie indiscrezioni. Tutto, in tali informazioni, comprova la serietà di Pivko e dei suoi, la debolezza austriaca nel Trentino, la facilità per noi di sorprenderli e annientarli. Di piu non avrei potuto pretendere; tutto o quasi quanto può occorrerci ci è ormai noto. Continuare in questo gioco incerto senza concludere, renderebbe, secondo me, inutile molta parte di questo enorme lavoro, pur ammettendo che per ogni eventualità, anche per quella disgraziatissima che il battaglione comandato dal Pivko dovesse spostarsi, io ho già provveduto, stabilendo altri posti di contatto e sugli Altipiani e sulle alture ad est della val Lagarina; e pur ammettendo che ad un servizio informazioni è sempre di grande utilit~ analizzare, su dati di fatto e su documenti, la vita tutta del nemico. Io proporrei, . quindi: « a) di svolgere una operazione offensiva in grande stile tenendo conto del piano di Pivko che presento; « b) di attuarla con il maggior numero possibile di truppe scelte1 e di artiglierie, al fine di assicurarci le maggiori chances possibili per un successo in grande stile; « e) di attuarla il piu presto possibile; « d) se deciso affermativamente, di prepararla nel massimo segreto, orientando, però, bene comandi e truppe che dovranno agire. « Ho accennato nel colloquio che Sua Eccellenza Cadorna volle concedermi che cosa secondo me si può 1 Parlando di « truppe scelte », alludevo agli arditi e a quelle che, pr~a della Strafexpedition, avevano combattuto in quelle zone.
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ottenere. È certo che, rotta di sorpresa la linea nemica e penetrati nel cuore del Trentino, i risultati possono essere davvero grandiosi, tanto piu che, in un primo tempo, potrebbero concorrere le truppe del fondo Valsugana, poi quelle degli Altipiani e della val Lagarina - 1· armata -, infine quelle delle Alpi di Fassa 4 • armata. Ora, conosciamo con grande precisione lo schieramento delle artiglierie e delle fanterie nemiche in tutto il Trentino. Pivko ci fornisce tutte le notizie possibili per il settore destinato ad essere sorpreso, mettendoci a disposizione anche, eccole o Signori, le carte originali austriache aggiornate a tutto luglio, delle condizioni di armamento · e di quelle stradali, degli impianti teleferici, delle reti di collegamento. Che piu? Pivko ci segnala dove sono dislocate le riserve, dove accantonate, come divise, e ci assicura, da diligenti ricognizioni fatte sul posto, che la piazzaforte di Trento è tale solo di nome ma non di fatto, poiché i cannoni utilizzabili sono tutti sugli Altipiani ["Hanno fatto come noi", interruppe lCadorna]. Ci dice, inoltre, Pivko che i forti di sbarramento di S. Biagio e di T enna non sono in efficienza e che potranno essere sorpresi, usando di connivenze, e che la Panarotta è disarmata, che il Salubio ha pochi uomini di presidio, Palu solo un plotone, che la strada che scende in val Cadine è camionabile. Che cosa si può tentare? Sferrare un attacco di sorpresa, occupare tutte le posizioni che Pivko indica, in modo da tenere ben solidamente aperta la breccia ed in modo da costituire come una vasta testa di ponte bene appoggiata alle alture che verranno occupate, lanciare truppe veloci - ciclisti e reparti autotrasportati - sostenendole con autobatterie sul fondo Valsugana e facendole puntare su Levico, Pergine, Trento da una parte, su Levico, Caldonazzo, ro9
Vigolo-Vattaro, Mattarello, Trento dall'altra. E poi lanciare altre truppe, pure su camion con automitragliatrici e autobatterie, nella val Calamento e nella val Cadino sin alla sella di San Lugano per tagliare il cordone ombelicale che rifornisce il Trentino. I compagni di Pivko ci aiuteranno, i prigionieri russi, preparati, si ribelleranno, lo stesso faranno i nostri italiani prigionieri, concentrati per lavori un po' dappertutto e che saranno avvertiti dalla mia squadra speciale. Il resto si vedrà. Io, per mio conto, mentre farò partecipare all'operazione molto del mio personale, il piu scelto, pratico della lingua e delle posizioni nemiche, potrei in un primo tempo partecipare all'azione di rottura della linea nemica, che sono sicuro riuscirà senza colpo ferire, ed in un secondo tempo guidare la colonna celere che marcerà su Trento. Pivko, che verrebbe con me, darebbe elementi fidatissimi per l'altra colonna, che troverà meno ostacoli nella direzione destinatale della sella di San Lugano. Questo il progetto a grandi linee. A loro disposizione per ogni ulteriore chiarimento.» Nessuno aveva interrotto la mia esposizione: Cadorna e Porro avevano, anzi, dato, nel corso di essa, la loro approvazione con cenni del capo. - Sta bene, - disse dopo un breve silenzio Cadorna, scambiando con il generale Porro un'occhiata che mi lasciava indovinare che essi avevano già discusso insieme sull'argomento, - in linea di massima, siamo d'accordo. Ci legga ora Sua Eccellenza Etna il suo ordine d'operazione in relazione alla prima parte . dell'operazione. Ricordo che ebbi subito un'amara delusione: dai voli strategici precipitavo nella realtà piu dura e vi precipitavò attraverso disposizioni stereotipe, niente IIO
affatto intonate alla straordinaria combinazione che fortunate circostanze ci offrivano e non certo all'altezza di quanto, agendo con ardimento e fiducia, si sarebbe potuto ottenere. Il generale Etna era forse di natura troppo prudente, e certo il suo capo di Stato Maggiore, generale Fenoglio, aveva avuto la sua influenza per quel naturale scetticismo di freddo artigliere: ma, come era possibile preordinare un'azione simile, tutta audacia e sorpresa, preoccupandosi sino dai primi passi del posto in cui dovevano arrestarsi le truppe, del come avrebbero potuto rafforzarsi, di come sarebbero affluiti i viveri di riserva e le munizioni? 1 Sembrava che il Trentino fosse divenuto un deserto senza risorse e senza strade! Perché o la sorpresa riusciva, e con essa il nemico sarebbe stato sbaragliato, abbandonando di conseguenza nella fuga (come purtroppo accadde a noi un mese dopo) viveri e cannoni, o essa si sarebbe risolta in un'azione offensiva d'ordinarissima amministrazione. Ma nel primo caso, quello per il quale tutto veniva preordinato, perché far portare alle truppe ingombri dannosi? Inutili le mie obbiezioni: restò fissato che anche tutta la truppa « scelta » destinata alla prima fase di irruzione dovesse portare con sé zaino, coperta da campo, tenda, tre giornate di viveri, dotazione doppia di cartucce, attrezzi, ecc.: tutto un bagaglio ingombrante che avrebbe rappresentato ostacolo tutt'altro che lieve al celere svolgimento dell'azione. Dopo aver presentato tutte le accezioni possibili, interrotto da Cadorna che disse testualmente: « Lei pensi agli austriaci, perché alle nostre truppe ci penserà Sua Eccellenza 1 Seppi in seguito da Gabba che Etna, senza forse che Cadorna ci avesse fatto caso, aveva sempre parlato di « un colpo di mano nella conca di Borgo».
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Etna », mi chiusi in un filosofico silenzio. Ciò che mi premeva era che l'operazione si facesse. Sapevo ormai per esperienza che gli avvenimenti modificano sempre tutte le predisposizioni dei comandi, e sin da quel momento pensai che, essendo io alla testa anche delle prime truppe « scelte », avrei ben trovato il modo di farle manovrare celermente, appena vinti e superati i primi intoppi, appena cioè occupati Carzano e un tratto di linea lungo il Maso.
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XL ALLA VIGILIA DELL'AZIONE. IL SALUTO DI CADORNA
7 settembre, notte. Non c'è dubbio, fra tutti 1 generali, con i quali ho da fare in questi giorni, Cadorna è il piu giovane per energia, per concezioni, per prontezza decisionale. Però, dopo la discussione di oggi, io, al suo posto, decidendo di fare l'operazione, avrei trovato il modo di affidarla ad un altro. Etna, che tutti dicono essere un bravo generale, non ha il temperamento adatto per le offensive, tanto meno poi per le audacie: l'ordine di operazioni che egli ha letto lo prova. Chi sarà il generale scelto a comandare la divisione destinata all'azione di sorpresa? Speriamo sia in gamba. Sia uno che osi. Ecco, io vorrei Di Giorgio, mi piace come soldato, mi piace come generale. E con lui, il mio buon colonnello Clerici, tutto nervi e tutto fuoco, e il generale Andrea Graziani, il padrone della Valsugana,1 e Zoppi e Viora, i due generali dei reparti di arditi. Con loro si potrebbe arrivare al Brennero: chi li fermerebbe? 8 settembre. Chi è questo signor generale Zin-
cane? Non ne ho mai sentito parlare, mi hanno detto che era prima capo di Stato Maggiore al corpo d'armata con Etna. Ma io ho bisogno di soldati, non di 1 Era uno dei comandanti che avevano agito nel settore prima che dovessimo, nel 1916, abbandonarlo.
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strateghi da tavolino, e questo Zincone, a quanto mi dicono, anche se è altogallonato, non ha mai comandato direttamente truppe in azioni offensive. Come saprà dirigere un attacco notturno? Pare che il maggiore Berti sarà il suo capo di Stato Maggiore. Deogratias: almeno uno dei due pare uomo pratico, ed io spero nell'intelligenza di questo ufficiale. Ma perché poi Zincane? Non è egli comandante di una brigata? E perché affidano a lui la divisione, togliendone il comando al generale Quaglia? E non c'è allora Di Giorgio, il valoroso generale Di Giorgio, che comanda già la divisione del fondo Valsugana e potrebbe eventualmente estendere il suo comando anche nel settore di Carzano? Mah! 1 Su un altro tratto del fronte ho iniziato un nuovo sistema di conversazione, colloquiamo per mezzo delle mitragliatrici. Buon Morse, anche cosi ci sei utile! Ta-ta-ta-ta linea, ta-ta punto, ci si parla magnificamente! Abbiamo discusso, sperduti in una malga sotto forcella Brentana. Nessuno penserebbe che li si prepara la conquista di Trento. 9 settembre. Oggi prima riunione. Ho « studiato » 1 Non per volere fare della troppo facile critica, ma certo non si esagera affermando che il governo degli uomini costituiva uno dei punti piu deboli dell'azione cadorniana. Anche nell'episodio di Carzano, come purtroppo si vedrà, quale terribile smentita ebbe il generalissimo dalla prova dei fatti! Ebbe a scrivermi, in proposito, il citato Di Giorgio (uno dei nostri migliori generali in senso assoluto, come riveleranno, oltre al Piave, il Grappa e il Montello), in una sua lettera datata 29 agosto 1931: « Era naturale che negli uffici del Comando Supremo, troppo occupati nell'intrigo, mancasse la sensibilità necessaria per interpretare le notizie che forniva l'Ufficio Informazioni, e per costruire pel capo, obbiettivamente, le situazioni. Colpa del generale Cadorna, e sua deficienza caratteristica, il non accorgersi da quale razza di gente era circondato. Piu che il comandante conta alla guerra - piu che mai ora - il comando » [I corsivi sono nell'originale].
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per la prima volta il generale Attilio Zincone. Quel suo aspetto di soldatone, di grosso bersagliere, potrebbe ispirare fiducia, ma a parlargli, a discutere un po' con lui, si vede subito l'ufficiale da scartoffie non abbastanza pronto agli urti inattesi della realtà. È indubbiamente intelligente, ma manca in lui la stoffa del comandante. Anche altri, parlando confidenzialmente con me, riconoscono che non è l'uomo che fa per noi, non avendo egli nessuna pratica effettiva di truppe. Ho fornito a Berti tutti gli elementi necessari perché possa preparare l'azione e l'avanzata. Si deve pensare a tutto ciò che occorre ai nostri, e io non ne ho il tempo, dovendo già coordinare i vari elementi fornitimi da Pivko, controllarli, passarli al vaglio piu severo. Berti è pieno d'entusiasmo; speriamo convinca in pieno questo Zincone. Le sei ore di lavoro intenso con lui mi compensano cli tutte le preoccupazioni. Riusciremo. Ma le truppe « scelte » chi le prepara? Perché la notte sarà senza luna, e un'operazione notturna, pur avendo sottomano delle guide, non è facile: bisogna anzitutto che truppe e comandanti abbiano il fegato sano e siano addestrati a tale tipo cli guerra. Sceglieranno almeno truppe già pratiche del terreno? Io l'ho detto e ripetuto. Dovrebbero farlo, quantunque Zincone, lo vedo, ha la fissazione di voler mettere in evidenza la sua brigata, che da mesi e m~si, da quando è in questo settore pacifico, non sa piu nemmeno come sia fatta la guerra .
.1 O settembre. Altra giornata di lavoro intenso. Il capitano Scotoni ha preparato le carte, Soragna e Prato tutta la dislocazione nemica, sia come fanterie IIJ
sia come artiglierie; Fiorio non stacca piu il naso dalle fotografi.e delle · squadriglie speciali di ricognizione. Nessuna novità dagli intercettatori in linea: i soliti ordini, i soliti discorsi convenzionali. Nulla dalle segnalazioni radiotelegrafiche. Vita e movimenti normali su tutto il fronte nemico: anche gli osservatori d'artiglieria e fanteria lo confermano. Ho fatto una corsa a Verona. Baradello lavora con intelligenza: i « nostri » elementi sono già preparati. Con Zincane e Berti tre ore di seduta alla solita malga; bisogna ch'io mandi a Milano a comprare scarpe di gomma, bussoline, lampadine multicolori: l'intendenza non ha nulla. Il capo del servizio farmaceutico d'armata, tenente prof. Cerruti, mi ha preparato sessanta bottigliette di cloroformio; forse, senza dirmelo, ha pensato ch'io prepari una grassazione in grande stile. Ho le ossa rotte per tutte queste corse in auto, ma non posso concedermi il lusso di essere stanco. Questa notte, alle 24, il solito incontro con Pivko. Pare ci siano state due diserzioni dei nostri nel fondo Valsugana, non ho ancora conferma, ma tremo. Pivko ha, però, l'ordine assoluto di interrogare egli stesso eventuali · nostri disertori, e piuttosto che vedersi tradito eseguirà quanto ho stabilito, meglio far fuori un tizio pericoloso che sacrificare inutilmente centinaia di valorosi. 11 settembre. Non è piu concesso dormire. Ma resisterò. Eppure non mi sento stanco, la conversazione con Pivko e i suoi mi serve da nutrimento morale, quasi da riposo. Mi attendevano in dodici, stanotte. Ho tenuto loro una specie di gran rapporto; 116
sono tutti frementi nell'attesa. Altri particolari, altri schizzi, altri documenti; bisogna tradurre, bisogna riprodurre, c'è lavoro per i miei a iosa. Rientrato, ho raggiunto Zincone e Berti: dovevano orientarmi sulle loro predisposizioni. Poi, una volata a Bassano, da Fenoglio. 12 settembre. Sono stato da Cadorna stamane. Nel modo piu disciplinato possibile, ho cercato di fargli capire che Zincone non è il comandante adatto: non ci sente. Eppure sono stato esplicito e trovo strano m'abbia risposto che non può fabbricare i generali per me. Gli ho nominato Di Giorgio, Graziani. Inutile. (E pensare che ce ne sono tanti ottimi!) Mi ha detto d'aver predisposto tutto e ch'io continui solo a lavorare serenamente per completare le notizie sul campo nemico. Nel pomeriggio, ricognizione con Berti e seduta con Zincone: scena tragica, mi sono veramente arrabbiato. Pare che l'òperazione sia fatta per la sua gloria; di Pivko si fida e non si :fida, le truppe destinate alla prima irruzione saranno gli arditi della sua divisione (reparto in formazione, che non ha mai co"mbattuto!), seguirà un battaglione di bersaglieri che riceverà cosi il suo battesimo del fuoco, e poi verranno i due reggimenti della sua brigata. Sono queste le truppe « scelte »? ! ? E perché non i nostri alpini in testa? Beh, il piu è che le truppe marcino avanti; appena completato il primo salto ci penserò io a prendere la mano. Inoltre, quel che non mi andava era porre il comando nel casermone di Strigno. Non bastavano per un'azione di audace sorpresa i ripari naturali? No, vuole proprio il comando cosi arretrato e al coperto. II7
Sicché nessun suo ufficiale sarà alla cappelletta di Spera, per controllare l'arrivo regolare delle truppe , prima che siano affidate alle guide e al mio personale. Incredibile! · Baradello mi ha telefonato; tutto è pronto. Il tenente Arese, dal suo posto speciale di Tizzon, avverte che Carzano ha fatto segnali: Pivko vuol ancora vedermi. Che ci siano complicazioni? Anche stanotte non si può dormire, pazienza. Mi riposerò poi a Levico o a Trento, nella camera del feldmaresciallo Scheuschensti.ihl, il comandante dell'armata austriaca che ci è di fronte.
13 settembre. Come ho tremato stanotte! Pivko è impagabile, il mondo potrebbe crollargli addosso senza che egli perda la sua serenità. Un certo Urban, cuoco alla mensa, li ha traditi, c'è stata un'inchiesta al cQmando della 1s· divisione. Pivko aveva tutto predisposto per un'eventuale rivolta, ha potuto però cavarsela, perché il giudice istruttore, capitano Klima, ha fini to col non capire nulla e ha trattato l'Urban da mattoide. Un bel rischio! Ma, mentre ciò avveniva, il giorno 11, una delegazione con alla testa Pivko è stata inviata a Trento per rendere omaggio all'imperatore Carlo, giunto nel Trentino apposta per accentuare la grande azione dimostrativa che si svolge al fine di ingannarci sulle loro intenzioni. E Pivko ha ricevuto i complimenti per le sue audaci ricognizioni proprio dall'imperatore Carlo. « Mi dispiace - gli ha detto - che proprio su uno · dei miei piu valorosi comandanti si sia voluto gettare un'ombra. Mi saluti i miei bravi bosniaci. » - Io e i miei congiurati - ha soggiunto Pivko dopo il racconto - saremmo pronti a catturare anche
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l'imperatore. Ma potrebbe questa azione esservi utile? Di fronte a tanta decisione non so piu che cosa davvero rispondere. 14 settembre, sera. Giornata terribilmente dura. Nostri aviatori hanno gettato bombe sulla stazione di Trento: non ho fatto sapere che c'era l'imperatore, volevo solo gli portassero un saluto elegante e un po' di guerra-guerra. Berti ha quasi terminato il suo lavoro: in linea generale è applicato il programma di Pivko. Zincane vuole, invece, prima allargare la breccia, poi approfondirla. Verranno in nostro aiuto alcune batterie, il minimo indispensabile, non bisogna dare nell'occhio. Il capitano Iacoe del Servizio chimico mi ha consegnato l'acquavite con l'oppio (dieci fiaschi): servirà per i bosniaci che non fanno parte della congiura. Anche le cinquanta cartine con sonnifero da mettere nel rancio delle truppe di prima linea son pronte; né i bosniaci né i Deutschmeister debbono venire inutilmente eliminati. Aeroplani da ricognizione segnalano tutte le retrovie del Trentino tranquille. Alla stazione di Trento nulla d'insolito, cosi com'è confermato dai nostri intercettatori. Scotoni prima, Prato e Fiorio poi, sono venuti da me a protestare: è vero che sono irredenti ma non vogliono essere esclusi dall'operazione. Scotoni ha soggiunto fieramente che, egli quando si è arruolato, lo ha fatto per far la vera guerra e non per studiare solamente fotografie. Ho promesso, commosso, che verranno tutti: anche il giovane tenente Artom, anche Zancolò, il devoto segretario; Toja, il dattilografo; II9
Zerman, l'interprete di rumeno. Nessuno vuol restare a casa. E sia. Il generale Clerici freme per non poter partecipare direttamente, peccato davvero. Pecori Giraldi ha voluto essere orientato su ogni particolare. Ormai tutti i grandi comandi sanno, bisogna agire prima che le indiscrezioni dilaghino.
15 settembre. Stamane sono stato al forte San Procolo a Verona. Ho riunito tutti gli intercettatori, ho spiegato loro che cosa mi attendo dalla loro intelligente collaborazione. Tutti visi felici, poveri ragazzi. I facenti funzione da pattuglie austriache saranno perfetti, anche i cloroformizzatoti non scherzeranno. Ho poi riunito i russi, anch'essi vengono con entu· siasmo. Baradello ha lavorato con grande coscienziosità. Tutto è pronto. Naturalmente, ho mantenuto il divieto per ogni uscita; ancora per pochi giorni, tutti prigionieri. È piu prudente. Tutti gli schizzi delle località nemiche, sedi dei comandi minori, sono stati riprodotti. Li consegno a Berti per le nostre truppe. Nel pomeriggio, il solito posto di controllo avverte che vi sono novità, non però urgenti. Faccio rispondere che alle 22 sarò alla cappelletta di Spera. Dove, infatti, sono; subito raggiunto da Pivko. - Vi sono novità urgenti - dice, mentre mi consegna una busta con dei documenti. - Pare che fra qualche giorno il mio battaglione, del quale ha assunto il comando il maggiore ingegnere Lakom, debba lasciare questo fronte. Forse, sarà tutta la 18° divisione che dovrà spostarsi. Come vi ho già detto, è in preparazione contro di voi, sul fronte dell'Isonzo e I20
nella zona di Tolmino, la colossale offensiva strategica progettata da mesi; si dice con certezza che parteciperanno anche parecchie divisioni germaniche, quattro o piu. Non è, quindi, improbabile che comincino gli spostamenti anche dal mio settore; i bosniaci sono valorosi e quando sono in preparazione grandi offensive essi partecipano sempre. Intanto, qualche reparto germanico, un battaglione con musica, arriverà domani a Trento: si dice preceda I'Alpenkorps bavarese, ma io credo abbia piu che altro un compito dimostrativo, propagandistico, poiché la musica che li ha preceduti gira di paese in paese. Non si può, quindi, attendere oltre, dovreste agire. So di altre nostre batterie che hanno ricevuto il preavviso di partenza, senza che vi sia stato alcun accenno ad eventuali sostituzioni; il momento è, insomma, piu che mai favorevole. Nella busta, vi è un elenco della dotazione di proiettili che hanno ora le batterie rimaste. Vedrete, una miseria, anche volendo potranno fare ben poco. I miei ufficiali si erano avvicinati alla cappelletta. Li presentai a Pivko, e Scotoni ne approfittò per chiedere anche, a quelli austriaci che figuravano in pattuglia con il loro comandante, altri particolari di carattere topografico, specie per salire alle batterie di Telve e a quelle del Civeron. Io ero in disparte, pensieroso. - Sta bene, - dissi a Pivko, chiamandolo presso cli me, - convengo sulla necessità cli agire subito. Sarà per domani notte o per dopodomani. Alle 15 in punto di domani o dopodomani, farò sparare tre granate, consecutive, dietro Castellare, ripetendole alle 16,15 (sincronizziamo i nostri orologi). Con la conferma dei soliti tiri di mitragliatrice, ciò vorrà dire che la stessa sera, alle 22, inizieremo. Per tale ora, le vostre guide dovranno tenersi pronte e attenderci I2I
nei luoghi fissati. Conto su voi e sui vostri per l'attuazione completa del progetto che abbiamo stabilito. Io, passando per Castellare, marcerò in testa alla colonna che si dirigerà su Carzano; voi mi attenderete al vostro posto di comando e potrete, cosf., sino all'ultimo, provvedere ad ogni minima complicazione. Mi raccomando, non dimenticate di far interrompere la corrente elettrica nei reticolati, di avvertire nelle immediate retrovie che usciranno vostre pattuglie (in tal modo, non si desteranno sospetti per eventuali piccoli rumori o spari isolati), di far tagliare tutte le vostre linee telegrafiche e telefoniche, con i comandi di seconda linea. E che alle 3 saltino la centrale elettrica e le stazioni delle teleferiche già designate. - Non dubitate - rispose Pivko. - Tutto è già predisposto e tutto sarà attuato in ogni minimo particolare. Ma i vostri siano avvertiti che, se anche dovesse verificarsi qualche piccolo allarme o dovesse partire qualche colpo non c'è da preoccuparsi: le vostre truppe debbono passare il Maso il piu speditamente possibile, al fine di superare di slancio gli sbarramenti creati dalle nostre artiglierie. Ripeto, grandi sorprese non potranno esserci. - Sta bene, Pivko, ho fatto portare sino ai nostri avamposti i fiaschi di grappa con il narcotico: sono dosi innocue e serviranno a far dormire gli uomini per tre, quattro ore. - Grazie, non oso portarli con la mia pattuglia; se ritornassimo nelle linee con un bagaglio del genere, dopo quanto è successo, potrebbero nascere complicaz1om. - Rientrate tranquillo, Pivko, è già tardi, siamo assieme da tre ore. Fra un'ora, quando sarò sicuro che voi sarete già con i vostri in Castellare, noi stessi por!22
teremo questi fiaschi alla chiesa di Spera sotto il campanile; H potrete far ritirare con calma un fiasco alla volta, e, con essi, il pacco del narcotico. - Grazie, non avrei altro allora. Che la fortuna ci assista, io attenderò il vostro segnale. - Buona notte, Pivko, conto su voi e sui vostri. Noi non sgarreremo. Ci stringemmo lungamente la mano, e alla mia stretta si associarono Soragna, Prato, Scotoni, Artom e gli amici di Pivko. Nella notte buia l'ombra di Pivko e dei suoi quattro ufficiali che s'allontanavano, mentre a destra e sinistra sorgevano altre ombre di bosniaci fedeli che circondavano come in un cerchio il loro capo, parve quasi ingigantire; poi, lentamente, mentre i passi leggeri si disperdevano come soffi, anche le ombre svanirono, confondendosi nel buio della vallata.
Moschetti a tracolla e un fiasco in ogni mano - dissi io appena rientrati nelle nostre linee. - Niente paura, non possono esservi sorprese, è necessario che i fiaschi arrivino tutti sani e salvi sino alla chiesa. Artom e Sacconaghi ci attenderanno qui. Era una scena d'operetta od era tragedia? Era realtà od era sogno? Soragna, il marchese, l'ufficiale di cavalleria che mai in vita sua aveva sognato di dover un giorno varcare dei reticolati con funzioni di umile fante addetto al trasporto di bevande per il nemico; Prato, il barone e signore di Segonzano, artigliere, irredento, destinato eventualmente alla forca; Arese, di nobile
famiglia lombarda, artigliere, aristocratico dall' « r » moscia, ma ottimo figliolo e ottimo soldato; Fiorio, barone, professore di fisica, tenente del genio, irredento anch'egli; Scotoni, l'alpino, il fiero trentino amico di Battisti, aspro nell'odio all'Austria come duro nel carattere, erano proprio li con me, in pattuglia, carichi di grappa e di oppio, sorridenti e, allo stesso tempo, preoccupati. Non vi era dubbio, una spedizione di alcoolizzatori partiva lancia in resta contro il nemico: bella figura se una qualsiasi pattuglia ignota a Pivko e proveniente da altre truppe nemiche dislocate a destra o sinistra ci avesse colto in flagrante! La forca per tutti. Come piu provetto e piu allenato a tali meditazioni notturne io procedevo di punta, la cavalleria guardava sulla sinistra, verso il fondo valle, l'artiglieria a destra e a tergo, mentre il genio - oh! i gas adissianti! - chiudeva la marcia: come avremmo potuto proteggerci con piu acume? « Crac-crac » si udf improvvisamente: fiaschi e uomini a terra e moschetto puntato furono la risposta. - Nulla, qualche ramo rotto dal vento, - mormorai io. - Avanti. E la marcia riprese piu guardinga, c'era come odore di battaglia nell'aria. Il riflettore del Civeron si arrestò su di noi: - Alt, fermi come piante, - sibilai ancora. Un po' di sosta, poi si riprese. A qualche centinaio di metri, appariva il campanile diroccato: come pesavano quei benedetti fiaschi e quant'era ancora lontano il campanile! Altra presa di riflettore, altra immobilità. - L'hanno proprio con noi - mormorai - ma è meglio; quando il riflettore lavora vuol dire che non I24
ci sono pattuglie austriache fuori; non avremo sgradite sorprese. Si continuò la marcia, si giunse. Finalmente! ¡ E dopo aver messi in bell'ordine i fiaschi e averli protetti con pietre dagli involontari rovesciamenti dei topi che ci correvano spaventati tra le gambe, si riprese con cuore leggero il ritorno: ogni preoccupazione era scomparsa ed i frizzi, dimentichi quasi della guerra, sbocciavano spontanei sul nostro labbro.
* * * Mentre i collaboratori avevano continuato il viaggio per la sede del comando d'armata in Vicenza, io m'ero precipitato a Bassano, dal generale Fenoglio, per renderlo subito edotto della nuova piccola complicazione. Era ben informato Pivko? Non sarebbe stato il battaglione bavarese subito seguito da altri? Il sole s'era alzato, ma il comando era ancora tutto immerso nel sonno; solo l'ufficiale di servizio vegliava. - I.I generale Fenoglio - domandai, varcando la porta dell'anticamera. - Dorme, signor maggiore, si è coricato tardi stanotte - mi rispose l'ufficiale. - Lo faccia svegliare subito, ho comunicazioni urgenti, personali; gli faccia dire che arrivo ora dalla prima linea. Mi gettai su una poltrona. Tutte le notti insonni, tutte le corse in auto, tutte le ore passate con il naso su carte topografiche o con le orecchie ad apparecchi telefonici od intercettatori, parevano addensarsi di colpo sul mio cervello: gli occhi non riuscivano quasi piu a rimanere aperti. Ma fu un attimo, il generale I2J
Fenoglio, sempre cortese, sempre sorridente, entrava già in ufficio. - Generale, una piccola o grande complicazione - dissi, senza che potessi nascondere completamente il disappunto che già da qualche ora mi tormentava. - Pivko, mentre, da un lato, continua a segnalare partenze di truppe e artiglierie per il fronte dell'Isonzo, dove gli austriaci preparano una grande offensiva contro di noi, dall'altro, mi segnala che a Trento è giunto un battaglione germanico che potrebbe essere l'avanguardia di altri. Anche il suo battaglione pare stia per ricevere l'ordine di partenza. Bisogna decidersi, pertanto. - Che cosa ne pensa lei? - mi domandò Fenoglio. - Ha altre informazioni che confermino l'arrivo di nuove truppe? - No, nulla, non ritengo possa essere un movimento importante perché se cosi fosse avrei già avuto qualche segnalazione dai nostri informatori della Svizzera1 o del Tirolo. - E allora avverta di tutto Sua Eccellenza Cadorna, mentre io ne informo il generale Etna. Farò il possibile perché si sia pronti ad agire entro uno o due giorni. Berti era frattanto accorso, lo salutai, orientandolo per sommi capi. Bisognava continuare la corsa sino ad 1 Facevano la spola tra il fronte e la Svizzera tre valorosi volontari irredenti, i professori Grandi, Granello, Ramponi, tutt'e tre trentini. Sempre, in ogni circostanza, avevano saputo informare a tempo di ogni forte movimento austriaco interessante il Trentino, e tra noi, della 1° armata, essi erano sempre stati considerati come i controllori di tutto il . servizio spionaggio sui movimenti di afflusso e deflusso dal Trentino. A noi era noto, d'altronde, che già agli inizi della guerra l'Alpenkorps tedesco aveva svolto funzioni dimostrative e non c'era da meravigliarsi se ora, di fronte al forte alleggerimento di truppe e artiglierie austriache, proprio in Trentino, esso riprendesse la sua tecnica diversiva, spostando ogni giorno un suo battaglione, magari anche con musica!
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Udine, affinché anche il capo potesse conoscere questo particolare e potesse valutarlo in tutta la sua importanza.
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Buoni nervi non mentono - dissi sorridendo al buon Gatti, che giunto alla porta del villino in cui alloggiava il capo, aveva arrestato l'auto per venire personalmente a svegliarmi. - Ho dormito per tutta la strada. Ma tu devi essere stanco, povero :figliolo: resto qui due ore, fatti dare qualcosa da mangiare e dormi, dobbiamo poi tornare a Vicenza. Mi spolverai, mi lavai con una spugna il viso e varcai a passo leggero la soglia dell'Olimpo, avendo, però, cura di ritemprarmi prima con un ottimo caffè offertami dal capit:mo medico Casali. - Domandi al colonnello Gabba se Sua Eccellenza può ricevermi subito - dissi all'ufficiale di servizio. - Avrei bisogno di ripartire presto. Non dovetti attendere che pochi momenti: Io stesso Gabba mi introdusse subito da Cadorna. Il colloquio fu breve, non era certo Cadorna l'uomo che potesse cambiare decisione per il preannunciato arrivo di qualche battaglione. - La cosa piu importante - concluse il capo è che lei mi segnali l'eventualità che questo battaglione bosniaco possa essere spostato. Occorre agire. Il generale Etna mi ha assicurato che tutte le truppe destinate alla prima fase sono disponibili e le ha già sottomano. Basta dare il via. In quanto, poi, alle truppe che debbono prendere parte alla seconda fase dell'offensiva, la piu importante, io ho già tutto predisposto r27
ed ho avuto conferma degli effettuati concentramenti. 1 E speriamo vada tutto bene - soggiunse con la sua solita calma. - Lei, Gabba, - rivolgendosi al suo segretario ·_ dia disposizioni perché sia pronto il nostro treno; se le cose andranno, ci muoveremo subito anche noi, non prima però che sia riuscito il primo balzo. Cadorna volle gentilmente restassi a colazione con lui, e durante tutto il pasto continuò a intrattenersi con me, informandosi su miile particolari. - Arrivederci a Trento - mi disse sottovoce l'amico tenente colonnello Cavallero, pure addetto alla segreteria del Comando Supremo, nel salutarmi prima della partenza - e ... in bocca al lupo. - Buona fortuna - fecero eco gli altri. Il capo mi strinse energicamente la mano senza nessun accenno: i suoi occhi incontrandosi con i miei brillavano però d'una speranza tutta ardore e fede. - Che Iddio mi assista - mormorai io quasi involontariamente montando in auto.
1 Va ricordato che dietro la divisione incaricata della prima fase della sorpresa erano state dislocate a immediato rinforzo la brigata « Trapani », comandata dal generale Assum, e una forte colonna con due divisioni al completo. Oltre a queste truppe, Cadorna aveva concenttato piu a tergo, fuori di ogni occhio indiscreto, battaglioni di bersaglieri ciclisti, colonne di autobatterie, di automitragliatrici, di camion per il trasporto truppe, il tutto sparso nella conca di Tesino e in quelle di Arsiè e di Seren. Quel giorno stesso, seppi dal colonnello Clerici, della t• armata, e dal colonnello Vigevano, della 4', che i due comandanti d'armata avevano avuto l'ordine di tenersi pronti per un'eventuale, improvvisa azione a nostro sostegno.
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XII. PERCHÉ IL RISULTATO APPARIVA SICURO
Nell'ordine diramato dal comando dell'll. armata austriaca 1'8 agosto, ordine pervenuto nelle mie mani lo stesso giorno (13 agosto), in cui giungeva al CO· mando della 18. divisione austriaca dislocata in V al. sugana, erano indicate con estrema precisione tutte le truppe che operavano nel Trentino contro di noi, dallo Stelvio alla cima Cauriol. Da tale data molte erano le truppe e le artiglierie partite per l'Isonzo (una ventina di battaglioni e un trenta batterie) - e Pivko ce le aveva diligentemente segnalate, mentre sull'Isonzo ne era stato controllato l'arrivo -; pochis· sime le nuove giunte. Il Comando Supremo italiano, pertanto, si sentiva a.ssolutamente sicuro; quanto venivo sostenendo era sempre confermato o dai fatti o da documenti inop· pugnabili. Cosf, mentre noi sapevamo quale era l'e.ffet· tivo schieramento austriaco, dallo Stelvio sino al Cauriol (Alpi di Fassa) - due gruppi speciali dallo Stelvio all'Adige, due corpi d'armata alleggeriti, il III e il XIV sugli Altipiani, una sola divisione, la 18", del fondo Valsugana al Cauriol, con la sola riserva di un reggimento di fanteria (il 64°), di un battaglione d'assalto e di poche truppe incaricate della difesa di Trento - noi si aveva, per fronteggiarlo, ben sette corpi d'armata completi, tutti sostenuti da ottime artiglierie e tutti con quadri e truppe perfettamente a posto. I29
Era, sf, vero che Pivko ci aveva segnalato come giunto a Trento un battaglione germanico, facente parte di una divisione da montagna, e che di conseguenza altri battaglioni potevano essere dislocati anche a semplice scopo dimostrativo nell'Alto Trentino, ma ciò non diminuiva il forte squilibrio fra le forze nostre e quelle austriache, squilibrio reso ancor piu sensibile dal fatto che mentre noi si conosceva alla perfezione la consistenza delle truppe nemiche, queste, a quanto ci risultava, ben poco potevano sapere di noi. Che piu? Nel campo nemico, noi si aveva un centinaio di elementi sceltissimi, tutti disposti alla collaborazione piu completa - perché, per loro, « tradire » significava riscattarsi - e tali elementi sapevamo scaglionati dalle prime linee sino nel cuore di Trento, là dove aveva sede il comando d'armata tenuto dal maresciallo Scheuschenstiihl; il nemico, invece, non solo non si attendeva sorprese ma svolgeva tranquillo la sua ridotta e abituale manovra di mascheratura - afflusso momentaneo di poche truppe germaniche in Trentino -, preparando quella massiccia offensiva che doveva poi iniziarsi contro il nostro schieramento giulio. Inoltre, prigionieri di nazionalità russa e italiana, martorizzati in estenuanti lavori proprio dietro le prime linee austriache, erano pronti a ribellarsi al primo cenno, ed essi, quasi padroni delle teleferiche, delle ferrovie, avrebbero ben saputo, sotto l'esperta direzione degli elementi ch'io vi avrei immesso subito, . essere di nostro grande aiuto per creare disordini e spargere il panico nelle file avversarie. Condizioni piu propizie per un'azione di sorpresa non avremmo potuto desiderare: osare, veramente I30
osare, voleva dire, in una situazione generale simile, cagionare al nemico una rotta disastrosa. Tutte le truppe italiane del settore trentino, secondo quanto mi avevano assicurato alla segreteria di Cadorna, erano pronte a muoversi al primo cenno; bastava aprire la breccia, penetrarvi violentemente, spingersi energicamente avanti in modo da dare a chi combatteva di fronte l'impressione del tradimento, della sorpresa, dell'audacia e a chi restava tagliato sui fianchi o a tergo quella dell'isolamento. Il colpo di maglio doveva essere potente: rotto il fronte, e penetrati e dilagati all'interno, la vittoria, la grande vittoria, sarebbe stata a portata di mano. Sicura. Ma quali le truppe destinate a fungere da maglio e da punta di diamante? Non dimentichiamo che il fronte scelto per l'azione era quello che si stendeva dal Civeron al Salubio, fronte tutto tenuto da una sola divisione da montagna austriaca, la 1s·, composta di soli dieci battaglioni; fronte tutto analizzato, anche nei particolari i piu minuti; fronte tutto fotografato, casa per casa, borgo per borgo, sia nelle prime linee sia nelle retrovie. Contro questa divisione austriaca erano schierate prima del1' azione - lo si è già accennato - due nostre divisioni, quella di Di Giorgio, la 5r, dal Civeron al sud di Strigno; quella di Quaglia, la 15", da Strigno al cimon Rava. Però, mentre la divisione Di Giorgio, durante il primo tempo dell'azione, avrebbe dovuto limitarsi ad attendere, per irrompere poi da Castelnovo appena questa località fosse stata occupata da tergo, la 15", passata per non so quale armeggio al comando interinale del generale Zincane, doveva trasformarsi, con una parte delle sue truppe, in prima divisione operante: quella, cioè, destinata ad irrompere e dilagare 131
nella breccia che pochi nuclei scelti le avrebbero aperto. Dietro tale divisione,' rinforzata subito a tergo da una brigata di fanteria (la « Trapani », comandata da Assum), un'altra poderosa colonna composta da ben due divisioni al completo (comandate una dal generale Coffari e l'altra dal generale Viora) avrebbe dovuto aumentare di potenza l'ariete e contribuire alla presa di possesso di tutto un vasto settore nemico. Maglio poderoso, dunque, quantunque maneggiato per il primo colpo dalla volontà di un comandante che non sembrava possedere né la capacità né l'energia necessarie; ma anche terribilmente delicato, perché il peso contava piu della tempra: le truppe, infatti, destinate al primo urto non erano le piu idonee, quando, al contrario, con un po' di buona volontà, non sarebbe stato impossibile riunire per l'azione parte degli arditi abituati ad operare meravigliosamente bene sull'Isonzo e parte delle truppe, che già nel 1916, al comando di nostri valorosi comandanti, si erano battute là dove . ora il nemico aveva organizzato le sue difese. Pivko aveva presentato sin dal 1O settembre un suo piano per l'operazione; questo, tradotto da me, era stato consegnato per lo studio a Zincane e a Berti e dato per conoscenza al Comando Supremo e al generale Etna. Pretendere che il nostro comando si attenesse rigidamente al piano di Pivko, fatto con profonda conoscenza del terreno e delle forze che lo difendevano, ma con mentalità affatto diversa dalla nostra, sarebbe stato pretendere troppo: chiedere però 1 La divisione operante Zincane venne composta da due reggimenti (135° fanteria, tenente colonnello Chiericoni; 136° fanteria, tenente colonnello Balbinot), <la bersaglieri (colonnello Pace), da due battaglioni di alpini e da forti nuclei di arditi, artiglieria e genio.
che nelle linee generali esso fosse rispettato sarebbe stata cosa abbastanza logica. Tutti i comandanti delle truppe italiane avevano copia delle carte nemiche, dell'itinerario da seguire; tutti avevano schizzi precisissimi sui quali erano segnati i posti dei piu piccoli nuclei nemici, le postazioni delle mitragliatrici, dei cannoni, le case in cui erano ricoverate le riserve, la forza che le componeva, se vi erano uomini di sentinella o no; tutti conoscevano parola e controparola del nemico per quella notte, dove si trovavano le stazioni telefoniche e telegrafiche - qualora avessero funzionato-, dove dormivano i vari comandanti. Il comando italiano era, cioè, in possesso del completo schieramento delle artiglierie austriache, sapeva in quale zona esse avrebbero fatto convergere il fuoco di sbarramento, era perfettamente al corrente del munizionamento per ogni pezzo: bastava mettere intelligenti osservatori per giungere, contando i colpi e le vampe in partenza, ad analizzare l'eventuale tiro nemico sino al suo esaurirsi;¡ bastava ricordare il misero schieramento austriaco, come quantità e come qualità di pezzi, per sentirci arcisicuri di poter avere celermente, se necessario, il piu assoluto sopravvento; bastava, infine, ricordare che mai, in un primo tempo, i comandi austriaci avrebbero potuto rendersi conto del come fosse avvenuta una cosi improvvisa rottura del loro fronte, per avere la certezza che sorpresa, sfiducia, panico, sarebbero stati i nostri grandi alleati. E chi avrebbe potuto trattenere il soldato italiano, cosi facile all'entusiasmo, una volta che il combattimento fosse stato portato di colpo fuori dei reticolati che da quasi tre anni lo imbavagliavano, fuori delle trincee e dei camminamenti che da altrettanto tempo 1 33
lo martirizzavano? Effettuata la sorpresa, ben poco poteva essere opposto all'ardire dei nostri. Non certo l'unico battaglione d'assalto disponibile o i pochi battaglioni di marcia tedeschi che potevano forse giungere a Trento, battaglioni facilmente attaccabili alle spalle, non certo i forti di Tenna e di San Biagio o giu, verso Trento, di Civezzano, Povo, Calizio, tutti disarmati, tutti senza truppe di presidio sufficienti. In piu, la strada che per Selve, val Calamento, forcella Cadino, porta per Castello alla sella di San Lugano era tutta percorribile con autocarri e tutta completamente sgombra di truppa, come libera e sgombra eta la strada che per Calceranica (lago di Caldonazzo) porta a Mattarello: chi avrebbe potuto arrestare i nostri? Chi avrebbe evitato l' ÂŤ insacco Âť di tutte le truppe austriache degli Altipiani, da Calliano (val Lagarina) a Borgo (Valsugana), una volta ch'esse fossero state prese tra due fuochi? Chi, in campo austriaco, avrebbe potuto e saputo dominare una situazione cosi ÂŤ diabolicamente Âť architettata, situazione che faceva si che noi si sorgesse da ogni lato, sempre inaspettati, che centrali elettriche e teleferiche divenissero inutilizzabili, che prigionieri fino a ieri sottomessi si ribellassero?
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XIII. IL PRINCIPIO DELL'AZIONE. TUTTO BENE!
Le 18 di sera del 17 settembre trovarono me e tutti gli ufficiali e sottufficiali dell'Ufficio Informazioni d'armata che avrebbero dovuto partecipare all'azione riuniti a Bieno: un pasto frugale éra stato preparato per noi. Sotto le finestre si riunivano, intanto, i camion giunti da Verona al comando del tenente Artom e del sergente Baradello: italiani, russi, informatori di nostra fiducia, erano tutti di umore lieto, nonostante le dodici ore di sballottamento, e si mostravano fiduciosi nel pieno successo dell'azione. L'oscurità si faceva sempre piu fitta e con l'oscurità tutto un mondo di fantasmi pareva sorgere dalla terra: strade e campi brulicavano di armati, che andavano e venivano in un caos indefinibile. - Per carità, - dissi al capitano Scotoni che mi stava vicino, - riuniamo subito tutti i nostri specialisti, voglio dir loro due parole ed avviarli senz'altro per il casermone di Strigno alla cappelletta di Spera. Temo che in questa confusione mi restino bloccati. E scesi con lui. - Ragazzi, - dissi loro, chiamandomeli intorno, - so di poter contare sulla vostra devozione, sul vostro coraggio, sul vostro patriottismo. Ognuno di voi conosce i compiti particolari che gli sono affidati, basta aver pazienza e rimanere calmi, e la riuscita è sicura. Posso contare su di voi? Cento mani si alzarono. r35
- Ricordate: le guide austriache sono assolutamente fidate, le ho preparate io come ho fatto preparare voi. Non abbiate, quindi, mai un momento di dubbio. E se vi fossero incertezze spingete avanti: io non posso essere dappertutto ma voi sapete che saprò essere dove ci sarà piu pericolo e maggiore bisogno. Andate e buona fortuna! Mi vedrete alla cappelletta di Spera a mano a mano che passerete. Ci rincontreremo, poi, piu innanzi, a Carzano, di dove passeranno tutte le colonne. Baradello tradusse le mie parole ai russi: il loro comandante venne a dirmi subito che potevo contare anche su di loro come sui miei. Risalii a prendere un boccone: a tutti gli ufficiali - solo Artom mancava perchÊ ripartito con gli intercettatori - ripetei particolareggiatamente i vari compiti che assegnavo loro in relazione alle colonne che essi avrebbero dovuto attendere con me, parte a Strigno, parte a Spera. Scoccavano le 20: era prudente mettersi in marcia verso Strigno per non giungere in ritardo. Sulla strada che da Pieve Tesino per Bieno porta a Strigno, una colonna di nostri soldati, con gli zaini carichi e i tascapane gonfi, marciava rumorosamente: tutte quelle coperte da campo arrotolate, tutti quei paletti sporgenti, tutto quel peso enorme proprio sulle spalle di quei piccoli fanti dava, a chi li osservava, l'impressione non troppo strana di truppe destinate non ad un'azione offensiva di sorpresa, ma di poveri territoriali che stessero cambiando di sede, e come se ciò non bastasse e come se essi non ingombrassero già con i loro pesanti fardelli tutta la strada, un'altra colonna, con salmerie cariche di marmitte e di botticelle,
marciava in senso inverso, dopo essere partita dalle trincee avanzate, per eseguire, come fosse cosa normale, il solito ritmico tran-tran del cambio di truppe di linea. Un dispetto della sorte o la stupida imprevidenza di chi avrebbe dovuto preoccuparsi di mantenere sgombra la strada di accesso? - Strano, - osservai io, rabbioso, rivolgendomi al tenente Prato, mentre si penava non poco per cercare di sorpassare chi ci precedeva nella colonna, non potevano preordinare le cose in modo da evitare questo stupido ingombro? Come Dio volle si giunse a Strigno: suonavano le 22. Due ore erano occorse per percorrere poco piu di tre chilometri! Incredibile, assurdo! - Un piccolo contrattempo - mi disse il sergente Baradello, correndomi incontro: - proprio da stasera gli austriaci hanno adottato l'orario invernale e cosi tutte le guide hanno gli orologi avanti rispetto ai nostri: per loro sono giĂ le 23. - Per fortuna il buio non va con gli orologi, risposi, asciugandomi il sudore, - rimedieremo, ad ogni modo, con lo svolgere tutte le operazioni il piu celermente possibile. E dopo essermi presentato a Zincone che mi attendeva nel casermone di Strigno, sede scelta come posto di comando, e dopo avergli fatto presente, senza che egli mostrasse meraviglia, l'enorme ingorgo che si stava producendo sulla strada d'accesso sino al punto di lancio delle colonne, nonchĂŠ la necessitĂ assoluta di rimediarvi prima che venisse ostacolata la marcia delle altre colonne che dovevano a.ffiuire, presi di corsa la grande strada che conduceva alla cappelletta di Spera, 1 37
dove già mi attendevano tutti i miei uomini, russi com1 presi, e le guide di Pivko.
* * * La colonna 1 ( trenta uomini, una pattuglia di miei intercettatori, due interpreti miei e il tenente Re del mio Ufficio Informazioni) si mosse alle 22,15 da Strigno, dirigendosi su Scurelle e di qui, prima lungo il vigneto presso la cappella di S. Valentino, poi lungo il bordo roccioso ad ovest cli Castellare, si portò al posto avanzato. La accompagnava la guida N. 1;2 lo stesso Pivko l'attese sul bordo roccioso, portando con sé la guida N. 20 che in quella sera aveva funzione di comandante dei tre piccoli posti austriaci di Castellare, Palua e Quota 525. Non un riflettore austriaco acceso, non una stella in cielo: buio e silenzio ovunque. Munita di scarpe di gomma e di lampadine cieche, la baionetta stretta fra i denti, la truppa si era inoltrata silenziosa, marciando in fila indiana. - Molto adagio, - aveva sussurrato Pivko venendoci incontro, - i bosniaci hanno bevuto la grappa già due ore fa e qualcuno potrebbe risvegliarsi: bisogna essere prudenti, specie a sinistra, dove ci sono i mitraglieri. « Crac! » si senti nel mezzo della colonna, come se un uomo fosse caduto. ' Quando si accenna a «guide», si intendono quelle date da Pivko. Naturalmente, le convecsazioni fra noi e le guide erano sempce in lingua tedesca. 2 I nomi corrispondenti alle singole guide sono riportati per esteso nel documento IX dell'Appendice (pagg. 199-216).
- Non è nulla, assicurarono in coda alla colonna, - un uomo ha inciampato in un filo ed è cascato battendo il fucile contro la roccia. La casa gialla occhieggiava con la sua lanterna rivolta verso i nostri; la colonna, già giunta al passaggio lasciato aperto nel reticolato, stava per urtare contro il cavo che portava la corrente elettrica ad alta tensione. - Niente paura - disse Pivko - la corrente è tolta. Mentre cattureremo gli elementi del presidio al completo, i vostri zappatori taglieranno il cavo. È prudente farlo, quantunque il soldato addetto alla centrale elettrica sia uno dei nostri e sia stato avvertito che è per questa sera. Tutto il plotone era senza attrezzi, un solo soldato aveva una pinza tagliafìli. Provò a lavorare con quella, mentre la truppa proseguiva. In silenzio, come tanti ladri, gli uomini penetrarono, attraverso 16 stretto passaggio, in Castellare: non una reazione, non un colpo di fucile : in un quarto d'ora tutto il presidio era catturato e rinchiuso, ancora sotto gli effetti del narcotico, nella casa degli zappatori. Subito gl'intercettatori sostituirono il posto di guardia di estrema destra, proprio nel punto in cui le truppe di Castellare si congiungevano con quelle di altri reparti. - Il segnale, presto - disse Pivko - sono già le 24 (per noi erano le 23) e siamo in ritardo. Due lampadine elettriche accoppiate vennero mes. se dal tenente Re sulla finestra della casa gialla rivolta verso il fronte italiano: la seconda colonna poteva avanzare. - Allargate le aperture nei reticolati affinché la marcia degli altri non subisca ritardi, e sparate due colpi di fucile austriaco in aria a conferma del segnale r 39
per le mie guide di Spera - disse ancora Pivko - io precedo il maggiore a Carzano. Un cannone, otto mitragliatrici, quaranta uomini formavano il primo trofeo di guerra, senza che per parte nostra ci fosse un ferito: la partita si iniziava bene.
*
* ·*
mi disse il tenente Irsa, raggiungendomi alla cappelletta e salutando rigidamente. - Finalmente ci siamo, signor maggiore. Anche le guide numeri 4, 6, 8 e 17 sono qui ai suoi ordini: siamo tutti segnalati come una pattuglia uscita in ricognizione e siamo, cosi, sicuri che i riflettori di Borgo e di Castel S. Pietro non illumineranno Spera e che l'artiglieria non farà fuoco. - Nulla di speciale, tenente Irsa? - Nulla. Le linee telefoniche austriache sono ancora in funzione; verranno tagliate appena lei giungerà a Carzano. Cosi si guadagna tempo. Pivko la attende al comando di battaglione in Carzano ed egli stesso è al telefono, e può, rispondendo ai vari comandi, parare quella qualsiasi complicazione che potesse nascere nei primi momenti. Szeleny è a Castellare: proprio in questo momento abbiamo sentito i due colpi di fucile austriaco che annunciano che il posto è già occupato dai vostri e tutto è in ordine. - Siamo un po' in ritardo, - ripresi io, - sono già le 23. Spingerò ad ogni modo le colonne italiane: -
« Como-Cadorna >> 1
-
1 Era questa la parola d'ordine stabilita fra noi e i «congiurati» per l'operazione di quella notte.
il piu è quasi fatto, visto che abbiamo già superato il posto avanzato senza provocare allarmi. - Pronti gli interpreti per le colonne 2 e 3, domandai rivolgendomi ai nostri, - pronti gl'intercettatori? - Pronti tutti mi risposero i miei ufficiali Prato e Oss-Mazzorana, che fungevano da interpreti per queste colonne ed erano destinati a marciare in testa unitamente alle guide e ai miei intercettatori. - Tu, Novy, e lei, Nicolich, - dissi ai due miei uomini di fiducia, dei quali uno era stato graduato, l'altro allievo ufficiale dell'esercito austroungarico, mentre mi passavano vicino con il gruppo degl'intercettatori, - mi raccomando., soprattutto sangue freddo. Le pattuglie dei Deutschmeister e dei Pioniere non debbono assolutamente accorgersi della sostituzione dei posti di guardia, rispondete a tempo alla parola senza lasciarli avvicinare. Ma se questo fosse impossibile, nemmeno un momento di esitazione, ognuno di voi si scelga l'avversario e gli getti subito sulla bocca il tampone di cloroformio: nemmeno un grido si deve sentire. Al tenente Prato dissi: - Ricordate i segnali nella nostra direzione, non appena la linea è tutta occupata. Le due colonne, prima la 2 comandata dal tenente Boccacci, poi la 3 comandata da un sottotenente, sfilarono silenziosamente davanti a me in fila indiana: nel buio, quegli uomini carichi, a stretto contatto l'uno dell'altro, sembravano come un'enorme biscia che strisciasse nell'oscurità. - Io vado un po' con questa colonna, - dissi al sergente Zancolò, che mi ero preso da staffetta, voglio assicurarmi personalmente che avanzi, senza 141
che i suoi uomini perdano contatto tra loro. Appena giunge la colonna 4, è strano anzi non si veda ancora, avviala con le guide e con il nostro personale per questo sentiero verso Castellare. Io torno subito e posso rincontrarla. A grandi passi, fiancheggiando gli uomini - si marciava attraverso i vigneti - , raggiunsi la testa della colonna, e fu fortuna, in quanto il sottotenente, persi a causa del buio i collegamenti con gli uomini che lo precedevano (guide e intercettatori erano tutti in testa alla colonna 2 giacché l'itinerario era comune sino a Castellare), non sapeva piu per dove proseguire: era finito proprio dinanzi ai reticolati. - Benedetto figliolo, - dissi io, - avevo pur raccomandato di marciare tenendosi a contatto di gomi ti! Venga con me, presto, e passi la voce agli uomini di tenersi. Lentamente, fiancheggiando i reticolati, con le due lampadine della casa gialla di Castellare che mi servivano da orientamento, li accompagnai verso l'apertura: uomini della colonna 1 lavoravano già febbrilmente, adoprando attrezzi austriaci trovati sul posto, per a1Iargarla. Feci un rapido giro: tutto era in ordine, per cui affidato il sottotenente con la sua colonna alle guide austriache, ripresi di corsa la strada per la cappelletta di Spera. - E la colonna 4? - domandai a Zancolò. - Non ancora giunta. Lo strano è che la strada verso Strigno è libera. Ancora di corsa con Zancolò e Baradello alle calcagna. Finalmente, dopo cinque minuti, incontrammo la testa della colonna: l'ufficiale marciava lentamente, guardando a destra e sinistra come per orientarsi.
- Non conosce questo settore? - domandai. Non è mai venuto in pattuglia qui? - No, mai. Non potei reprimere un movimento di stizza. Proprio tutti pivelli dovevano mettere ai comandi piu delicati? - Lei doveva essere alla cappelletta di Spera alle 23,30 - dissi all'ufficiale - e sono le 0,15. Bisogna che si affretti. Sono almeno immediatamente dietro gli altri? - Sf, ci seguono. - Allora marcio in testa con lei. Andiamo. La colonna era destinata a raggiungere Scurelle da Castellare, per arrivare cosi alle spalle delle posizioni austriache: a Spera la lasciai, ordinando a Baradello di accompagnarla unitamente alla guida N. 14, già li ad attenderla. - Tu, Baradello, torna poi subito qui ad avvertirmi quando sono tutti a posto - soggiunsi. E la colonna 5? Mio Dio, pareva che il narcotico l'avessero preso gl'italiani anziché gli austriaci: nessuno compariva! Come il cielo volle, quand'erano passati altri venti minuti, comparvero i bersaglieri della colonna 5, quella destinata a marciare direttamente su Carzano e ad occupare le posizioni a sud, lungo il Maso. - - Presto, - dissi al maggiore che la comandava (credo Ramerino), - la strada è fatta, non ci sono pericoli: qui ci sono le guide, gl'interpreti e le pattuglie speciali. Andate avanti, io vi raggiungerò per la strada giacché in Carzano voglio entrare anch'io. Ci sono i telefonisti in coda?
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SL
La colonna, un battaglione, sfilò lentamente: come 1 43
sembravano pesanti, lenti e impacciati quei bersaglieri con i loro zaini affardellati, quasi andassero a preparare il campo per le grandi manovre! - Telefonisti, avete i pali? - domandai alla squadra del genio che marciava in coda. - Quali pali? - Ma come, diavolo, volete impiantare una linea telefonica di notte? Gettando il filo a terra perché tutti vi inciampino contro e si rompano il collo? - Ma nessuno ce l'ha detto - rispose il sergente. - Siamo senza. - Allora, rimedi come può, e si tenga con il filo addossato alle siepi. Una prima stazione la metta H, alla chiesa di Spera, e la congiunga subito con Strigno: da Castellare a Carzano usi dei pali austriaci. Cominciavo ad essere seccato: non si vedeva nemmeno l'ombra di un ufficiale del comando ed era proprio li, alla cappelletta di Spera, il punto dal quale tutte le colonne avrebbero dovuto iniziare la loro vera azione. E, poi, perché questo ritardo nell'avanzata delle singole colonne, mentre si era ancora in territorio nostro? - Voi russi restate H coricati e attendete i miei ordini - dissi al loro comandante. - Io stesso vi farò avanzare unitamente al gruppo degli ex prigionieri nostri quando passerà di qui la colonna 8. Tu vieni subito, con la colonna 6, a Carzano - dissi al soldato Graziani. - Unisci ad essa i nostri interpreti e intercettatori. Tenente Cesareni, si metta subito in testa alla 7, appena giunge, e con le guide numeri 9, 12 e 14 la accompagni senz'altro, passando per Castellare, dietro Scurelle. Lei, tenente Artom, attenda la 8: si porti poi, .Per Spera, a Palua e a Carzano: obbiettivo della colonna sono le batterie di Telve. Si affidi r44
alle guide numeri 7 e 10, praticissime: prima di giungere a Carzano,· troverà anche le guide numeri 3 e 17 con i tenenti Scotoni e Mattei. Mi porto al comando di battaglione austriaco, proprio all'ingresso di Carzano: una lampada rossa indicnerà, davanti alla baracchetta, la sede ove attende Pivko. Là sarò anch'io. E scesi di corsa. Al ponte sul Maso incontrai il tenente Scotoni, tornava insieme con la guida N. 17, dopo aver accompagnato la colonna 5 sino all'ingresso di Carzano. Poco dopo, ecco il tenente Mattei con la guida N. 3. - Tutto bene? - domandai ai due valorosi collaboratori. - Tutto alla perfezione - risposero. - Andiamo incontro alla colonna 8. Accelerai la marcia: con quale emozione rientravo finalmente in Carzano! · Allo sbarramento delle prime case vidi un gruppo dei nostri con alcuni ufficiali di Pivko. Mi avvicinai. - Sei tu, Ramorino? - Si - mi rispose il maggiore dei bersaglieri, sul cui viso però, al tremolio della lanterna cieca, leggevo che la fiducia nelle guide non era ancora completa, - siamo anche a posto. Tutto è andato bene, qualche ferito accidentale, ma null'altro. - Villa Buffa, la casa degli zappatori, la strada degli ebrei, le baracche a nord di Carzano, sono già presidiate dai vostri che io stesso ho accompagnato completò Pivko che giungeva in quel momento. Un nucleo di arditi bersaglieri sta già spingendosi verso T elve, al fine di cercare di catturarvi le batterie. - Molti prigionieri? - Piu di duecento, e ancora intontiti, - rispose Ramorino - sono già riuniti nella chiesa. 1 45
- Sarà bene li facciate sgombrare appena possibile su Castellare, in modo da non ingombrare la strada che devono percorrere i nostri che vengono da Strigno - soggiunsi. Ad un tratto, mi prese un improvviso terrore, e , dissi a Pivko: - Come stiamo con i vostri telefoni? - Tutti tagliati - mi rispose - ancora mezz'ora fa, però, abbiamo telefonato al comando di settore che tutto è tranquillo. - E quanto uomini avete avviato, Pivko, su Telve? - Dodici, - mi rispose, - con le tre guide numeri 7, 10 e 17. Tanto là dormono tutti. - Troppo pochi. Ti prego, Ramorino, - dissi, rivolgendomi al maggiore, - fai subito rinforzare quel nucleo con un plotone di bersaglieri. Adempiranno cosi loro al compito della colonna 6 e guadagneremo un po' di tempo. Qui, ormai, non possono piu esserci complicazioni. - Senz'altro - rispose Ramorino. - E delle guide posso proprio fidarmi? - Come di me stesso - risposi, sorridendo. Te le garantisco assolutamente, sono mesi che ci hanno dato prova della loro fedeltà. E sono tutte in gamba. Ad ogni modo, con questo plotone di ·rinforzo mande il caporale Baradello: parla il tedesco, è anche lui bersagliere, conosce la parola e la controparola, come pure la natura del terreno.
XIV. IL CROLLO DEL SOGNO
Il sibilo di una granata austriaca passò sopra di noi, poi un secondo, un terzo. - Tirano su Strigno o su Tomaselli, - disse Pivko, - avranno sentito rumore o visto un po' di movimento. Guardai l'orologio, erano le 2. Il riflettore austriaco del Civeron, accesosi subito, frugava il fondo della Valsugana e si portava poi da Agnedo al monte Levre, a Strigno, senza però mai sostare su un punto preciso; il riflettorista, anch'esso dei nostri, faceva bene la sua parte. - E le altre colonne che non vengono - sottolineai io, nervoso. - Quanto tempo prezioso perduto! Attesi ancora qualche minuto, e mentre Telve faceva il segnale prestabilito per indicare che era stata occupata, pregai Ramerino di mandare un bersagliere indietro alla ricerca delle colonne. Nulla. Arrabbiatissimo, dissi ancora a Ramorino: - Ă&#x2C6; terribilmente tardi. Vado io stesso incontro ai nostri: questo ritardo ci rovina ... Tu fai mettere presto a posto i telefoni... Torno subito. E via di corsa, seguito dai sergenti Zancolò e Valente. Arrivai al ponte sul Maso: il deserto. La sentineIIa lasciata da Ramorino per collegamento mi disse che nessuno era passato di li. Il bombardamento austriaco s'era fatto un po' r47
piu vivace, ma pareva battere sempre la zona di Strigno-Tomaselli; indubbiamente, gli austriaci, non ricevendo segnalazioni e supponendo qualche attacco, stavano sviluppando un limitato fuoco di sbarramento. - Ma dove diavolo si sono cacciati? - dissi ai miei. - Via, marciamo a cento metri d'intervallo l'uno dall'altro, tenendoci collegati a voce. Può darsi che abbiano fatto appiattare la truppa fra i vigneti e non avanzino per questo insignificante tiro d'artiglieria, che poi non interessa nemmeno questa zona. Marciammo venti buoni minuti. Nulla, nulla. Giungemmo disperati alla cappelletta di Spera. I russi, sdraiati tranquillamente, attendevano da un lato, gli italiani fuggiti dai campi di prigionia austroungarici e gli intercettatori destinati alle colonne, dal1'altro. - Scotoni, Mattei, Artom! - gridai ad alta voce, cercando i tre ufficiali. - I tenenti Scotoni e Mattei sono andati per la strada verso Strigno a cercare i nostri, - mi disse il sergente Cametti; - il tenente Artom ha accompagnato a Spera la colonna 7, ma tornerà subito. Ma non sono passate le altre colonne? - Nossignore. - Ma come, non sono piu arrivate altre nostre truppe? - Nessuno. Lo strano è che la strada è anche tutta deserta; pare che siano ancora tutti a Strigno. Mi sentii gelare il sangue. - Impossibile - feci. E via di corsa, affannosamente, seguito sempre dai miei fedeli; ogni passo verso le nostre linee rassomigliava ad un'eternità . Forse, l'artiglieria nemica tirava
ancora, certamente i riflettori austriaci erano accesi, ma io non vedevo piu nulla, non sentivo piu nulla: il cuore solo mi martellava terribilmente e pareva dovesse uscirmi dal petto. - Ma dove si sono cacciati, mio Dio, - urlavo rabbiosamente, accelerando la corsa, - dove sono finiti? Non era una strada quella, era un deserto. Solo qua e là qualche borraccia, tascapane, paletto, attestavano il passaggio delle truppe delle prime colonne, quelle che erano affluite con me, percorrendo la strada. Poi anche questi piccoli indizi di passaggio cessavano: nulla, nulla, nulla. Mi sentivo scoppiare, ma continuavo a correre, bisognava giungere fino alle truppe, scuoterle, trascinarle avanti. Il campanile di Strigno, mozzato dai continui esercizi di tiro deil'artiglieria austriaca, appariva già nella luce notturna: e ancora nulla. Il silenzio era rotto soltanto dal sibilo di qualche colpo delle artiglierie austriache incrociantesi con quello delle italiane: lunghe tregue davano, però, a chi non sapesse, l'impressione di uno di quei soliti, incruenti duelli notturni. La strada che noi si stava percorrendo di corsa non era battuta dagli artiglieri austriaci i cui tiri parevano concentrarsi su Strigno e Tomaselli: perchÊ, dunque, le truppe non marciavano avanti sottraendosi cosi anche al tiro d'artiglieria? Giunsi finalmente, quasi senza fiato, sulla soglia della cantina del casermone di Strigno, in cui aveva sede il comando tenuto dal generale Zincane. Ebbi un gesto involontario di stizza, diamine, ma era quella la sede per un comando di azione ardita? Il vasto 1 49
camerone era tutto pieno di fumo di sigari e sigarette; tre o quattro tavoli sgangherati, sui quali facevano bella mostra di sé carte topografiche illuminate da candele fumose, ne formavano l'ammobiliamento. Zincone stava discutendo con gli ufficiali del suo Stato Maggiore che gli stavano intorno. Di che cosa potevano discutere quegli ufficiali che non avevano visto nulla, che pareva non sapessero nulla? - Signor generale, - dissi senza tanti preamboli, - Carzano e Telve sono occupate da due ore e tutto il presidio è già stato catturato, ma nessun soldato, nemmeno uno, è arrivato a Carzano, dopo quelli della colonna 6. Lungo tutta la strada percorsa fin qui, non ho incontrato nessuno, nessuno. Io non capisco piu nulla, la strada è deserta, soldati non se ne vedono. E guardai fissamente negli occhi quell'uomo: un sentimento piu forte della mia volontà pareva dovesse far esplodere tutta la rabbia che avevo dentro. - Ma le colonne sono state tutte avviate, rispose lo Zincone, che dal tono con cui mi rispose mi parve nervoso sf, ma non in condizioni di non capire quanto succedeva intorno a lui, - ora solleciteremo il movimento. - Le colonne avviate? Ma sulla strada non c'è nessuno. - Sono passate per' i camminamenti. - Ma quali camminamenti? - Quelli avanti a Quota 546, per Dio m1 rispose seccato e sgarbatamente. Per la seconda volta, mi sentii tutto gelare. Spesso, tornando da Pivko, quando i primi albori già illuminavano la strada, avevo percorso quei camminamenti e .sapevo per esperienza diretta come fossero stretti e difficili al transito. Con quali criteri pote-
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vano aver pensato di avviare per di H le truppe, con zaino completamente carico, allorché a mala pena vi passava un uomo alla volta, ed essendo per di piu a disposizione una strada comodissima, coperta alla vista dall'alberatura che la fiancheggiava a sinistra, portante direttamente da Strigno a Spera e permettente che i soldati vi marciassero incolonnati per quattro? E, poi, non avevano pensato che, nel camminamento, l'allungamento delle colonne sarebbe stato fatale alla riuscita dell'impresa? Bastava la sosta di un uomo, di un uomo solo, ad arrestare tutta una colonna e ad ingorgare quelle successive. Guardai ancora in viso, vincendo la mia rabbia, colui che aveva avuto l'onore di essere stato prescelto quale comandante delle truppe di assalto; non potevo parlare, tanto erano forti in me la collera e il dolore. Comparve in quel momento il colonnello Chiericoni, comandante della colonna 1O... che avrebbe già dovuto trovarsi oltre Carzano. - Melia - disse a lui lo Zincane, e si riferiva al maggiore del 136°, comandante la colonna 9 - ha dilagato a destra, verso Caverna, lei avanzi con la sua colonna e dilaghi a sinistra. E subito dopo: - Faccia presto e si getti allo sbaraglio. « Melia ha dilagato verso Caverna? dissi fra me e me. - Ma quello sogna; come poteva dilagare senza passare per la cappelletta di Spera? ». Non vi era tempo da perdere; bisognava con decisione riguadagnare quello perduto. E parlai in tale senso, subito, al colonnello Chiericoni, avvertendolo che purché facesse presto ero disposto a fare io stesso da guida alla sua colonna: mille uomini ancora, erano piu che sufficienti per forzare la situazione. La colonna IJI
Chiericoni era però ferma dietro il costone Tomaselli: aveva dovuto tornare là per ordine di Zincane, appena l'artiglieria austriaca aveva tirato qualche colpo verso Strigno. - Ma è impazzito! - esclamai io. - Non sarebbe stato meglio far serrare su Spera, dove gli austriaci non si sognano nemmeno di sparare? Mi rivolsi a Chiericoni: - Quanto tempo ci vuole perché il tuo reggimento sia qui? - Un quarto d'ora almeno, vado a prenderlo e torno di corsa - rispose. - Va bene, fai piu presto che puoi. Io ti precedo alla cappelletta di Spera. Li lascerò una guida che ti porti a Carzano. Torno là per rendermi conto della situazione delle colonne che non ho incontrate e che Zincane dice d'aver avviato regolarmente. Sarann0 ingorgate dentro i camminamenti e dietro la collinetta di Quota 546. Cercherò di trascinarle fuori.
* * * Uno scialbo chiarore si diffondeva tenue tenue sulla vallata. Non era giorno ancora ma già cominciavano a dissiparsi le cupe ombre della notte. La strada Strigno-Spera che stavo percorrendo, tornando, non era ancora battuta dal tiro dell'artiglieria. Essa appariva, invece, accanirsi sullo sbocco del camminamento di Quota 546 e da questo sino alla cappelletta di Spera e al paese omonimo. « Tiro di sbarramento tipo A », pensai tra me e me, ricordando il piano dei tiri di sbarramento che Pivko mi aveva consegnato e che io avevo rimesso al 152
nostro comando, perché preparasse i tiri di controbatteria. « Si vede che il nemico non sospetta ancora che Carzano è occupata ed avendo le linee telefoniche interrotte si attiene automaticamente a quanto è prescritto: se facciamo presto siamo ancora in tempo. » Ad un certo punto, allo sbocco del camminamento (perché, poi, nessuno mi aveva fatto notare la sua presenza quando un'ora prima vi ero passato davanti di corsa con i miei uomini?), vidi un piccolo gruppo di soldati. Erano quelli della colonna 9, non ancora uscita da quello stramaledetto budello. - Il comandante? - domandai ai primi. - È qui a pochi passi. Raggiunsi il tenente colonnello Balbinot, il comandante del 136° fanteria. La tua truppa? È ferma nel camminamento. Ma perché? Abbiamo ricevuto ordine cosi, dal generale Zineone. Ora c'è ordine di riavanzare presto, l'azione, non so perché sospesa, riprende. Ti porto io l'ordine di Zincone. - Sta bene. Faccio serrare la truppa sulla testa e in pochi minuti sono a Carzano. - Fate presto mi raccomando. Ripresi la mia corsa. Spera era ingombra di soldati di tutte le armi. A destra e sinistra della strada, non si vedevano se non uomini sdraiati. - Di che reparto siete voialtri? Di che colonna? Chi mi disse essere della colonna 7, chi della 8: alcuni ufficiali che incontrai poco dopo mi raccontarono d'aver perso il contatto con chi li precedeva e di 1 53
essere rimasti privi di comandante, senza sapere che cosa fare e dove andare. Arrabbiarsi? Perfettamente inutile. - Riuniscano tutti gli uomini. Vedono quel campanile? .È quello di Carzano già occupata dai nostri. Vedono quella strada? La seguano, si giunge a Carzano senza potere sbagliare. Tu, Menegassi (un mio caporale maggiore intercettatore), marcia in testa, e tu, Argentoni (altro graduato), in coda. Fuoco sul primo che resta indietro: avanti di corsa tutti. Gli ufficiali, tutti giovanissimi, non sembravano molto entusiasti; si piegarono, però, senz'altro a un ordine cosf energico. Si avvicinava, intanto, la colonna Balbinot, la 9: erano le 5 del mattino ed essa avrebbe dovuto giungere alla cappelletta alle 1,30 di notte. - Scendi per Castellare a Carzano, - dissi al tenente colonnello, - là troverai le guide. Io precedo di corsa. L'artiglieria nemica del Civeron batteva la colonna in marcia. Tuttavia, il fuoco dei pochi cannoni non era, né poteva essere, tanto intenso da impedire il movimento o cosf efficace da produrre perdite sensibili. Volavo, mi pareva di non poter piu giungere a Carzano e a Telve, per rialzare il morale ai valorosi che vi erano entrati per primi e che senza dubbio erano giu di corda per il mancato e promesso arrivo degli altri. Presso Castellare incontrai Pivko, che vi era disceso; il suo viso esprimeva, insieme, stupore e disperazione. - Coraggio, si rimedia - dissi io. - Trasformeremo l'azione di sorpresa in azione di violenza: abbiamo tante truppe dietro e ce ne sono cosi poche davanti! Eppoi, chissà~ forse di là hanno già annusato il vento cattivo e sono in rotta, non si sa mai. 154
Pivko non rispose. Accigliato, abbattuto, stanco, tutto avvolto in un grande impermeabile color caki sembrava del tutto assente, fisso in un unico pensiero. I suoi occhi vagavano dal Civeron al Salubio, dal Salubio alla Panarotta e parevano spingersi su su verso la vallata, sino a Pergine, sino a Trento. « Che cosa sarà di tutti i miei amici che sono là - parevano dire i suoi occhi. - Che cosa sarà di tutti noi? » Contro il ponte sul Maso battevano furiosamente delle pallottole: una mitragliatrice austriaca, rabbiosa, sembrava aver trovato il modo, da qualche anfrattuosità sotto Caverna, di battere d'infilata il ponte al :fine d'impedire ai nostri di accorrere su Carzano. « Il maggiore Melia ha dilagato su Caverna » mi risuonò amara e beffarda la voce di Zincone. « O come ti sbagli » pareva rispondere sarcasticamente la mitragliatrice. - Avremo qualche perdita ma porteremo lo stesso le colonne di là - ripresi io. - Non sarà certo una mitragliatrice quella che potrà arrestarci. - Signor maggiore, - mi urlò di dietro un portaordini, - alt, ritirata! Alt, ritirata? Era pazzo quel soldato! Gli corsi incontro, urlando. Quell'imbecille poteva far nascere il panico. - Il generale Zincane ordina di sospendere l'azione e ritirarsi, - mi ripeté la staffetta, - devo recare l'ordine scritto anche a quelli di Carzano. Mi volsi verso Pivko che mi aveva seguito. Era impietrito. Il suo lavoro, il mio lavoro; il suo sacrificio, il mio sacrificio; il suo rischio, il mio rischio erano divenute
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bazzecole; il sogno tutto, di fronte alla rude realtĂ di un'incomprensibile incapacitĂ di comandanti, svamva come una nube trasportata dal vento.
* * * Lungo la strada che da Castellare sale verso Strigno, una colonna di prigionieri, i bosniaci del battaglione Pivko, marciava lentamente verso le nostre linee. Quel lento fluttuare di fez, contro i quali parevano accanirsi radi colpi della artiglieria austriaca, aveva un non so che di funebre: sembravano i funerali del sogno infranto. - Poveri ragazzi, - disse Pivko, - non per questo io li ho sacrificati. Mi volsi di scatto verso di lui. - Attendetemi qui e riunite tutte le vostre guide, corro al nostro comando. Forse, potrò ancora rimediare. Una rabbia incontenibile s'era impossessata di me. Come potevano interrompere l'azione, ora che la porta era aperta ed un nostro battaglione era in Carzano e altre truppe a Telve? Come potevano interromperla quando si sapeva che l'artiglieria austriaca, poca e vecchia, aveva i colpi contati? Come potevano interromperla quando si conosceva tutto delle posizioni nemiche? Non ricordavano che dietro a noi, oltre a quella disgraziata divisione Zincone, vi erano tante e tante magnifiche truppe tutte piu che pronte a balzare avanti? Raggiunsi ancora Zincone. Mi vidi accolto freddamente. - Se non ¡ci fossero stati quegli ... - disse indi-
candomi alcune guide cli Pivko ferme sulla piazzetta di Strigno. - Non si sarebbe fatto nulla e sarebbe stato meglio. Mi sentii prudere le mani, voltai la schiena, avvicinandomi al maggiore Berti, senza rispondere parola. - Ma perché sospendere, - domandai a lui, quando un'azione cli forza potrebbe ancora riuscire ottimamente? - Ordine del generale Etna, con il quale ha parlato telefonicamente Zincane · - rispose Berti, il cui viso mi pareva contraddistinto dalla stessa espressione d'angoscia che segnava il mio. - Dicono d'essere soddisfatti di ciò ch'è stato finora ottenuto. - Cosa?!? - Come vedi, sL Non c'è piu nulla da fare. Reagire ancora? Lo tentai. Corsi al telefono e chiesi comunicazione urgente con il generale Etna: sentivo d'aver in me la forza per poterlo smuovere. Attesi invano piu di venti minuti: la linea funzionava male e non era possibile comunicare con il comando d'armata. Caddi affranto su una sedia e piansi. Tutto lo sforzo di quegli ultimi mesi, tutte le fatiche, tutte le notti perdute si abbatterono come di schianto sulla mia tenace volontà: la partita era perduta, il sogno svanito. Appena rimessomi raggiunsi la piazzetta: giungeva in quel momento, portato da altri due intercettatori, un mio guardafili: il soldato Corso. Esangue, disteso sulla barella, con la morte già negli occhi, egli mi sorrise: « Peccato - mormorò - ero cosi felice d'essere venuto ». E gli occhi gli si richiusero per sempre. Trattenni a stento i singhiozzi: tutti i miei intercettatori, a capo scoperto, si raccolsero silenziosamente attorno. 157
Il nostro bel sogno è crollato - dissi facendomi forza: - ma non è intaccata la certezza nella vittoria finale. Torniamo alla diuturna fatica, sono i nostri fanti morti che ce lo comandano. Sia pace e gloria al valoroso caduto. - E Io baciai in fronte. Superato quel (comprensibile) momento di debolezza, il pensiero tornò subito, quasi ossessivo, ai nostri bersaglieri abbandonati a Telve e a Carzano. Vi erano giunti senza trovare ostacoli, guidati da uomini che io avevo detto fidatissimi: che cosa dovevano avere pensato di noi, che li avevamo lasciati soli, senza piu le guide subito allontanatesi per altri compiti? È vero, con l'aiuto dei « congiurati » avevano potuto sistemare a difesa tutta la località, ma io mi ero allontanato, dopo avere rassicurato il maggiore Giovanni Ramorino' del mio immediato ritorno e del sopraggiungere di altre colonne. Quando non avranno visto nessuno, che cosa avranno pensato? Che li avevo portati in un tranello? Che li avevo, addirittura, traditi? Mi sentivo soffocare. Avevo la gola serrata da un groppo. E la tragedia maggiore era che non potevo fare nulla contro un ritardo assurdo, contro ordini sballati quanto categorici, e senza soldati sottomano per cercare di rimediare alla disastrosa situazione. Soli, ero stato costretto a lasciarli quei bersaglieri, senza avere pensato che avrei dovuto indicare loro altre vie per sottrarsi al nemico, se attaccati; soli, senza conoscenza del terreno, con munizioni limitate e per nulla orientati su un'imprevedibile reazione nemica; soli, con il vago ricordo di quella strada d'accesso percorsa al buio e con l'aiuto di guide, e che, ora, anche volendo, non avrebbero piu saputo riper' Comandante del LXXII battaglione bersaglieri, cadde da prode nel combattimento. A Carzano, una lapide lo ricorda nel cimitero.
correre. Perché il comandante, anziché ordinare « alt, ritirata », non aveva detto « tenete duro, verremo in vostro aiuto ad ogni costo »? Lui conosceva con esattezza le posizioni e le forze nemiche, lui era pienamente in grado di far aprire un fuoco violentissimo di interdizione attorno a Carzano, per bloccare ogni velleità austriaca di intervento contro i nostri magnifici bersaglieri: non avevamo, forse, artiglierie e munizioni in abbondanza, non sapevamo dove erano dislocati con esattezza quei loro rinforzi che potevano intervenire? Troppo tardi, per tutto.
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XV. IL CRUDO RISVEGLIO
La piazzetta di Strigno formicolava di soldati nostri che affluivano da tutte le direzioni, e quantunque il sole fosse ormai ben alto sull'orizzonte, pareva che tutta quella gente, ufficiali compresi, uscisse dall'incubo pauroso di una notte infernale. L'artiglieria austriaca batteva ancora, ora Strigno, ora Tomaselli, ora Carzano, ma con colpi radi, con il sibilo delle poche granate, le ultime di depositi che noi avevamo analizzato diligentissimamente. Il mio occhio · stanco, con ancora nelle pupille i riflessi della morte del povero Corso, vagava inquieto lungo le pareti del casermone di Strigno, in cui venivano a mano a mano radunandosi Pivko e tutti i suoi valorosi collaboratori; e tutte quelle facce, che l'angoscia ancor piu della fatica rendeva quasi spettrali, grondavano cosi desolata amarezza da stringere il cuore in uno spasimo dolorosissimo. Nonostante il tiro nemico, nonostante gli osservatori nemici potessero ora vederci, nessuno, né comandanti né soldati italiani, pareva si muovesse o agisse con la preoccupazione d'un sovrastante, immediato pericolo; e questa sicurezza di tutti, quantunque logica e naturale, ma tanto in contrasto con le incertezze della notte, rendeva ancor piu tragica la mia amarezza perché assumeva le forme d'una tragica irrisione ali' angoscia mia e dei miei. · - Che Pi~ko e tutte le sue guide montino subito sui camion insieme con nostri intercettatori e raggiunr6o
Pe r q ues te s trade in d irezione d i Tre mo ,1nebbero dov uto p,1ssnre le colonne mo toriu::ire delle truppe a rracrnnri italia ne, una volta che fosse mila su pcr:lta e aggir:ll,l ]::i prima linea Hvversaria c he a rcrnversava b la Valsugana ne.I.la Slla la rghezza.
Contingenti di bersaglieri ciclisti e pezzi au totrainati erano pronti a passare per la breccia di Carzano. J\ila, disgraziatamente, il .loro inrerven to no n si rese necessario.
gano il forte San Procolo a Verona - ordinai al capitano Oss-Mazzorana, che si avvicinava per chiedermi istruzioni. - Anche tutti voialtri siete in libertĂ e potete rientrare direttamente alla vostra sede. Apparve in quel momento, sulla porta del casermone, il generale Zincone accompagnato dal maggiore Berti. - Rechiamoci a fare una ricognizione ai posti avanzati, - disse il generale, rivolgendosi a Berti, bisogna prendere tutte le disposizioni per la ritirata e il cambio delle truppe. Mi aggregai per istinto, senza aprire bocca: forse, speravo - ma ero pazzo a pensarlo -, vedendo finalmente da vicino la situazione, che egli avrebbe ripreso l'azione. Qualche rado colpo di artiglieria si udiva ancora. Seguivo in silenzio la pattuglia, ascoltavo con rabbia repressa le poche osservazioni del comandante, rimanendo sempre in piedi e non accorgendomi neppure del pericolo: che cos'era la vita e che cosa contava la morte ora che tutto il castello cli speranze e di fede pareva crollato, e per sempre? Il giro di ispezione, molto sommario, ebbe termine senza che il desiderato ordine di ripresa venisse comunque discusso: sulla piazza di Strigno ci attendeva anzi il generale Assum che aveva ricevuto ordine di sostituire, con i due reggimenti ai suoi ordini, quelli di Zincone, al fĂŹne cli concedere a questi di riordinarsi e di riposarsi. Che cosa fare? La piazza si era tutta spopolata ed anche i miei, meno i pochi fedeli che sempre mi seguivano, si erano giĂ avviati verso la sede solita. Pare siano rimasti dispersi il tenente Artom e r6I
il tenente Arese1 - mi disse il mio bravo Toja, avvicinandomisi - nessuno sa dire nulla di loro. Lo ascoltai trasognato. Artom avrebbe dovuto agire con la colonna 8, e visto che questa non era entrata in azione io non comprendevo come egli potesse essere scomparso; Arese, poi, che era di collegamento, l'avevo perso di vista sino da Carzano. - Faccia lei tutte le ricerche, - dissi al sottotenente Mattei, che avevo chiamato vicino per informarmi sullo stato della ferita da lui riportata ad una mano - e mi mandi notizie all'armata; io debbo rientrare.
* . ,...,. - Ha visto, signor maggiore che la nostra artiglieria ha, un quarto d'ora fa, sparato su Carzano venne a dirmi correndo il sergente Zancolò, mentre il binocolo che egli mi offriva, gli tremava ancora neJle mani per l'emozione. - Perché? - intèrruppi, volgendomi di scatto e afferrando il binocolo. - Mah - riprese Zancolò, - hanno visto agitarsi dei drappi bianchi e pensando che i bersaglieri asseragliati in Carzano volessero arrendersi , non so perché, han cominciato a tirare sul paese. Anche il nostro caporale Pino, qui presente, ha visto benissimo. Abbassai gli occhi umiliato: poveri bersaglieri che avevano atteso invano per ore ed ore i rinforzi che avrebbero dovuto giungere di H a pochi minuti, anche 1 Il tenente Artom venne effettivamente ferito e catturato dagli austriaci nel corso dell'azione ( cfr. Appendice, pagg. 260-269 ); il tenente Arese rientrò, invece, incolume.
l'umiliazione di un tiro italiano troppo corto e che aveva tutta l'apparenza di un tiro di repressione, doveva essere loro inflitta dopo l'angoscia della vana attesa e il dolore dell'abbandono! 1 - A Pieve Tesino, al comando d'armata - dissi all'autista, montando in macchina. - Voi tutti rientrate, - soggiunsi per gli altri, - anche i prigionieri vengano avviati direttamente a Verona. E buttandomi in un angolo della macchina, chiusi gli occhi: dolore, vergogna, amarezza parevano aver incupito l'intiera vallata.
1 Da una recente pubblicazione, opera di un ex comandante di un battaglione di Standschiitzen austriaci, risulta a chiare lettere che i nostri bersaglieri sostennero con grande valore un duro combattimento anche a Telve. Le truppe di Telve ripiegarono poi su Carzano, di dove erano state distaccate, e l'attacco concentrico contro Carzano iniziò solo alle 8 del mattino, quando gli austriaci, potendo finalmente comprendere che cosa era successo, credettero possibile circondare gl'italiani per rigettarli oltre il Maso. (Cfr. A. VON MoRL, Standschiitzen verteidigen Tirol, Universitatsverlag Wagner, Innsbruck, 1958, pagg. 327-335).
XVI. CON CADORNA, DOPO. L'INCHIESTA
- Mi racconti come è andata, mi diceva Cadorna la sera del 19 settembre, mentre con le braccia unite dietro la schiena, nella sua ben nota posizione abituale, passeggiava su e giu dinanzi alla palazzina del comando in Udine, - bisogna che io sappia. - Come è andata, Eccellenza? - rispondevo io, forzandomi di trattenere le lacrime. - Non so, so solo che dopo le colonne 5 e 6, nessun soldato è giunto piu in Carzano e che tutto, tutto è crollato, sia perché qualche comandante non aveva fiducia in quell'azione strategica sia perché con soli cinquecento uomrn1 10 non potevo conquistare il T rentino. - Ma lei era già a Carzano? - Sf, Eccellenza, e nuclei nostri si erano già spinti sino a Telve, e dal segnale trasmesso risultava che avevano anche catturato la batteria. Tutti i reticolati erano ormai superati, nessuna difesa passiva poteva ormai piu arrestarci. E nemmeno con la porta aperta sono avanzati? No, Eccellenza. E le guide? Hanno fatto tutte il loro dovere, come avevano giurato. Dodici, il comandante compreso, hanno potuto passare da noi, due sono morte eroicamente, alcune sono rimaste ferite. Di tutte le altre non ho notizie. Certo, saranno rimaste fino all'ultimo ad attendere che tornassi in Carzano, con i nostri, e visto che nessun
rinforzo od aiuto è piu giunto avranno dovuto tentare di rientrare nei ranghi austriaci per non essere scoperte. Dio solo sa se potranno cavarsela. Tenterò, ad ogni modo, di riprendere i contatti - completai, mentre singhiozzi mal repressi rendevano la mia voce sempre piu rauca. - Si faccia coraggio, - soggiunse Cadorna appoggiando benevolmente e con aria paterna la sua mano sulla mia spalia, - non bisogna abbattersi. La guerra è cosi: quando si crede di aver predisposto tutto vi è sempre qualcuno o qualcosa che rovina ogni nostro piano.
*
* *
« Sua Eccellenza il generale d'armata di Robilant attende V.S. oggi alle 16 in Belluno » diceva un fonogramma recapitatomi la mattina del 22 settembre. Naturalmente, vi andai e dal colonnello Gariboldi, capo dell'ufficio operazioni, e dal colonnello Vigevano, mio collega alle Informazioni per la 4• armata, seppi che la chiamata era dovuta all'inchiesta che il generale di Robilant, per ordine di Cadorna, svolgeva su tutta la preparazione e azione di Carzano. Interrogato, nel pomeriggio, dal generale, risposi il piu serenamente che mi fu possibile a tutte le minuziose domande rivoltemi: nel congedarmi, il generale di Robilant espresse con poche parole anche il suo rammarico che un'operazione che presentava cosi tante possibilità di successo fosse miseramente fallita. E il risultato dell'inchiesta? I generali Etna e Zincone vennero esonerati dai loro comandi, e con loro, vittime innocenti, due o tre
comandanti di reggimento rei soltanto di aver eseguito l'ordine di sostare cosi come l'avevano ricevuto. Anche la 6" armata, come tale, venne sciolta e i comandi e le truppe già in essa inquadrati vennero ripassati alla 1' armata, alle dipendenze dirette (e cosi ci fossero state sempre!) del generale Pecori Giraldi.
Bisogna assolutamente ritentare l'azione - mi diceva Cadorna il mattino del 27 settembre, dopo avere letto la relazione a conclusione dell'inchiesta presentatagli dal generale di Robilant - bisogna che lei riesca a ristabilire dei contatti con alcuni dei suoi vecchi elementi rimasti di là. Eppoi le sue ex guide conoscono il terreno meravigliosamente bene, ed hanno mostrato d'aver coraggio; potranno, quindi, unitamente a tutto il suo personale speciale, essere nuovamente utilizzate. - Ma, Eccellenza - rispondevo io - tentare si può tutto, ma, purtroppo, per quanto Pivko mi ·garantisca di essere capace di rientrare di sorpresa in Carzano, attraverso il famoso bordo roccioso, io credo che il grande successo, anche se ammaestrati dalla dolorosa esperienza passata, potrà ben difficilmente arriderci. - Non si sa mai - riprendeva S.E. Cadorna bisogna ritentare. Ella si prepari e prepari tutto. Io invio a Feltre due delle piu belle divisioni, quella Zoppi e quella Viora: si presenti ai due generali e prenda tutti gli accordi con loro. Quando saréte pronti avvertitemi: bisogna agire presto. - Sarà fatto, Eccellenza, - conclusi salutandolo rispettosamente, mentre dominavo il sentimento di
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stizza che contro la mia volontà poteva manifestarsi in osservazioni inopportune. - Entro breve tempo si potrà nuovamente agire. E via di nuovo verso Verona, al forte San Procolo, da Pivko e tutti i suoi: con che animo avrebbero accettato questo desiderio che era poi un ordine tassativo del capo? Ma Pivko e i suoi erano soldati di buona tempra, e interpellati con una certa apprensione da me, accettarono con vero entusiasmo di ricominciare da zero: quel giorno stesso, anzi, Pivko iniziò con puntiglio il nuovo lavoro di preparazione fra i suoi, assicurandomi nuovamente che egli' garantiva di poter rientrare di sorpresa in Carzano e che bastava che i nostri, al suo segnale, si precipitassero poi impetuosamente nei varchi. - E alle spalle - obbiettai io - siamo sicuri che non siano giunte proprio in questi giorni altre truppe germaniche di rinforzo? - Questa notte stessa due nostri potrebbero tentare di ripassare di là - soggiunse Pivko. - Non sarà difficile verificare se vi sono cambiamenti. - E chi potrei inviare? - . domandai. - Dolezel e Martinec - rispose Pivko. - Un vecchio rotto ad ogni esperienza bellica, il primo; un aspirante ufficiale, il secondo, che ha disertato pochi giorni fa e di cui garantisco in pieno. - Sta bene, fra mezz'ora partiranno con me in auto. E via ancora verso il comando d'armata prima, verso le liriee avanzate poi: nel mio animo nessun entusiasmo piu, ma un religioso senso del dovere. Chissà, il buon Dio poteva essere benigno ora che io non avevo piu fede.
Dolezel e Martinec rientrati laceri e stanchi morti dopo due giorni, uno dalla Valpiana, l'altro dagli Altipiani, confermavano, attraverso le conversazioni avute con militari cechi, che ben poche truppe erano dislocate in tutto il Trentino: il comando austriaco continuava a portar truppe sull'Isonzo. Tuttavia, se le truppe austriache rimaste erano sempre poche, la sorveglianza e la diffidenza erano invece molte: nessuna traccia dei vecchi amici, non solo, ma la sensazione netta che il comando austriaco avesse scoperto tutto il retroscena di Carzano, perché ovunque, fra le truppe, si parlava di tradimento, e i cechi erano guardati come cani rabbiosi. Le notizie erano ad ogni modo, ai nostri fini, buone; tanto valeva tentare dunque, e ben sollecitamente, la nuova sorpresa. Sennonché, i generali Zoppi e Viora, con i quali in Feltre avevo già ripetutamente conferito, ricevettero improvvisamente l'ordine di spostarsi con tutte le loro truppe verso l'Udinese: la seconda operazione su Carzano era definitivamente sospesa anche perché le voci e i prodromi di una poderosa offensiva sull'Isonzo aumentavano ogni giorno - cosa, del resto, confermata pure dai « nostri » due uomini rientrati nelle linee. Pivko e i suoi erano impazienti di cimentarsi in nuove imprese, pur di essere utili alla grande causa; se anche Carzano non si ripeteva essi potevano essere impiegati sul fronte trentino, unendosi al mio personale speciale, ed essere utilizzati o come intercettatori o come pattuglie di contatto con il nemico. E fu cosi. che il mattino del 7 ottobre 1917 un nuovo corpo speciale andava a rinforzare i quadri orgar68
nici della 1¡ armata e avviato su camion, vestito dell'uniforme italiana, con sul bavero della giubba i colori della bandiera ceca1 e nello zaino la vecchia divisa austriaca, direttamente alle prime linee italiane. La forca attendeva molti di questi ardenti patrioti, destinati ad essere pattuglie di contatto e a penetrare di notte, se necessario ai fini della propaganda o delle informazioni, nelle vecchie file dell'esercito austriaco per ricercarvi compagni di fede o informatori fedeli. Ma la forca non spaventava certo uomini di tale tempra. Comandava il nuovo reparto misto il dottor Pivko, vestito da capitano, ed erano al suo lato, frammischiati in proporzione eguale ai suoi migliori, anche molti degli intercettatori, che a Carzano avevano imparato ad ammirarlo: tra di loro, naturalmente, tutt'e tre i valorosi fratelli Baradello. Quanti morirono o valorosamente in combattimento o dispersi nei piu diversi e pericolosi incarichi? Molti, troppi forse.
' I colori della bandiera ceca erano il bianco e il rosso e siccome la nostra brigata ÂŤ SassariÂť, la valorosissima, aveva le mostrine a strisce di tali colori, per istinto li feci applicare al reparto misto ceco-italiano.
'
APPENDICE
I.
ORDINE EMANATO DAL COMANDO AUSTRIACO PER UN ATTACCO CONTRO FONTANELLE*
Questo documento, che sta a dimostrare come il nemico preparasse le sue piccole azioni di sorpresa contro di noi, fu emanato dall'interessato Comando austriaco il 1° agosto e giunse in nostre mani la notte del 2 agosto. A parte la eccezionale celerità di trasmissione, esso ha importanza, perché l'azione qui accuratamente preordinata ebbe poi luogo il 10 agosto notte, cosi come prestabilita, ed alcune ore prima del suo inizio Pivko poté, mediante i soliti segnali, avvertircene; e perché ci rivela, in ogni particolare, il metodo d'attacco usato dal nemico, le forze che esso impegnava per i suoi colpi di mano, gli obbiettivi che esso si riprometteva di raggiungere. COMANDO
DEL GRUP PO DI COMBATTIMENTO DI CAVERNA
N. 31/7 Posta da campo 223 - 1• agosto 1917 Lo ricevono: Le compagnie 13', 16. e 4"/IV. Compagnia mitragliatrici 4• /IV. Sezione lanciabombe. Plotone tecnico di fanteria autonomo IV/ 4•. Compagnia di riserva dei tiratori Austria Superiore. * Con il nome di Fontanelle gli austriaci indicavano un gruppo di case diroccate a nord di Spera. 1 73
Plotone zappatori VII/ 4,. Sottotenente dr. Neuhser. Alfiere Prohaska. Tenente Celebrini, sottotenente Ernst. E per conoscenza: Al battaglione di fanteria I/51°. 1° Comando artiglieria. Compagnia mitragliatrici r /LI. 181° Comando artiglieria. Per visione: Al Comando 1• Brigata da montagna. Istruzioni dettagliate
Per l'azione del ... 1917. A) Compito e disposizioni. Le azioni ordinate dal 1° Comando di brigata da montagna con N. di op. 719/5, contro le posizioni nemiche poste avanti alla testa di ponte, hanno lo scopo di attaccare improvvisamente i posti di guardia nemici, sloggiarli, circondarne i difensori, predare i materiali di guerra, ed assolto il compito rientrare nelle linee. Per eseguire questo compito saranno formati quattro gruppi di attacco corrispondenti ai quattro posti di guardia nemici. I gruppo ( 15• compagnia) . Comandante: capitano di cavalleria Schram; sostituto: sottotenente della riserva Laub. Tre pattuglie d'assalto. Totale trentaquattro uomini. Uscendo dalle rovine di Fontanelle, attacca in direzione del posto di guardia italiano. Eseguito il colpo e sopraffatto il corpo di guardia, chiude un tratto del camminamento verso il punto d'appoggio 692, mentre il grosso percorre il camminamento ripulendolo dai 1 74
nemici, fino alla depressione di Spera ossia all'abbattuta, quindi si ritira. II gruppo ( 16° compagnia). Comandante: tenente della riserva Krommer; sostituto: sottotenente della riserva Raschka. Tre pattuglie d'assalto. Totale trenta. . . se1 uomm1. Uscendo dalla casa B, supera il reticolato antistante al posto di guardia, ne scaccia i difensori, chiude il camminamento che si dirige verso nord-est nel punto segnato con X, percorre il camminamento ripulendolo dai nemici fino alla casa C, quindi ritorna. III gruppo (14" compagnia). Comandante: tenente Altenburger; sostituto: sottotenente Haftel, comandante del plotone d'assalto, e l'alfiere della riserva Herzog. Tre pattuglie d'assalto. Totale quarantasei uomini . . Uscendo dalla casa D, si dirige lungo la fÏla di alberi verso la posizione principale del camminamento del posto di guardia italiano, chiude la parte del camminamento che si dirige verso nord con una pattuglia; con la seconda pattuglia percorre la posizione principale, ripulendola dai nemici, fino alla postazione di mitragliatrici; cerca di impadronirsi delle mitragliatrici e dei serventi e di mettere in fuga i difensori della postazione. La terza pattuglia attacca il posto di guardia e percorre il camminamento, ripulendolo dai nemici, fino al punto X. Quindi rientra. IV gruppo (13" compagnia). Comandante: tenente Scheichelbaur; sostituto: cadetto della riserva Klinger. Due pattuglie d'assalto della compagnia. Totale trentaquattro uomini. Luogo d'uscita identico a quello della 14" compagnia presso la casa D, quindi, passando per la casa F, nel camminamento anteriore. Chiude questo cammina1 75
mento verso sud e lo percorre, ripulendolo dai nemici verso il nord. Raggiunto il muro che conduce verso ovest, una pattuglia chiude il camminamento sull)orlo del bosco, mentre il grosso, seguendo il muro, attacca il posto di guardia nemico alle spalle) e, dopo averlo sopraffatto, rientra. B) Disposizioni circa l'esecuzione. Uscita dalla linea dei posti di guardia: ore 2,30. Alle ore 4, preparazione per l'attacco. Tutti i quattro gruppi eseguano l'attacco contemporaneamente. Il segnale d)attacco stabilito è l'apertura di fuoco di tutte le mitragliatrici, lanciabombe ed artiglieria poste all'ala sinistra della testa di ponte, con fuoco di shrapnel dietro la linea Quote 793 e 784 valle di Spera, fuoco di granate sullo sbocco E del camminamento che viene dal punto d'appoggio italiano 692. Appena eseguita l'azione e rientrati nei propri reticolati, i comandanti dei gruppi annunciano il loro ritorno ed il risultato, e danno il segnale di cessare il fuoco con il lancio all'indietro di due razzi verdi.
C) Posto di comando del comandante di battaglione. Presso il posto di guardia della 16" compagnia. L'ufficiale di collegamento, sottotenente Ernst, costruisce in quella localitĂ una doppia linea telefonica. D) Equipaggiamento.
Le pattuglie d'assalto ed i gruppi: elmi, fucili, pugnali, maschere antigas (nella tasca apposita), tascapane, borraccia, due sacchi a terra per ogni uomo, una lampadina elettrica a luce rossa per ciascuno. I comandanti e loro sostituti, una pistola a ripeti-
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Facciata d'una lettera (inizialm . sciallo Cadorna all'Aurore do ente sies~ dal segre~arro) spedira dal marenon ancora posta sotto seq'uestroo advelr rl1cevu10 copia della prima edizione: , e vo urne. '
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Il retro della medesima lettera cadorniana. Vi si può leggere chiaramente: « L'accetto che il fiasco di Carzano provocò la maggior / uria che io ho preso durante la guerra ».
zione in luogo del fucile. Per ogni pattuglia un piccone, un rampone, due pale. I portaferiti equipaggiati secondo gli ordini del medico capo. E) Munizioni.
Per ogni fucile quaranta cartucce, per ogni pistola trentadue cartucce. Gli uomini delle pattuglie d'assalto con tre bombe a manico, e dodici bombe a tubo. Uomini dei gruppi sei bombe a mano con tubo. Pattuglie di punta portano quattro cartocci piccoli e due grossi di ecrasite; ogni uomo quattro bombe a tubo. F) Vettovagliamento.
Si omette. G) Servizio sanitario.
Si omette. H) Misure di sicurezza. La 14' compagnia rinforza il posto di guardia di
Quota 705. Le truppe che occupano la trincea debbono essere pronte dalle ore 20. Alla prima oscuritĂ le pattuglie della compagnia strisciano sul terreno antistante alla linea, occupano le case A, B, D e adiacenze, disponendosi in schieramento di sicurezza sino all' arrivo delle pattuglie d'assalto, quindi rientrano. La mezza compagnia tiratori ÂŤ Alta Austria Âť, destinata quale rinforzo alla testa di ponte, occupa all'imbrunire la propria posizione. Al momento del lancio dei razzi verdi, tutti debbono essere ai propri posti per rintuzzare un eventuale contrattacco nemico. Quando tutti sono rientrati deve essere subito innestata la corrente elettrica nei reticolati. Capitano GRUNER 177
II.
LA SITUAZIONE DEI PAESI DELL'INTESA SECONDO GLI AUSTROUNGARICI
Il documento tutto, per il suo eccezionale valore storico, merita di essere letto attentamente. Come si può costatare, raffrontando le date e il commento fatto dal comandante l'armata, generale Scheuschenstuhl, nel diramarlo, esso, a dispetto di tutte le precauzioni prese, giungeva nelle mani del Comando Supremo italiano ( Cadorna ne ricevette una prima traduzione il 15 agosto) quasi contemporaneamente ai comandi di corpo d'armata austriaci. Da quest'«istruzione» risulta in modo inoppugnabile che il « nonnulla » che « può bastare per scatenare delle forze tali da portarci di colpo al conseguimento dei nostri scopi » era, per il Comando Supremo austriaco e in relazione al fronte italiano, una eventuale defezione delle truppe italiane, conseguenza, questa, di tutto l'enorme lavorio svolto da agenti segreti austriaci in contatto strettissimo con elementi sovversivi italiani incaricati di seminare tra le popolazioni e tra le truppe quel senso di stanchezza e di ribellione che già serpeggiava nelle masse e minava tutti gli eserciti. Risulta, altresi, che le truppe austriae 4', dallo che schierate contro le armate italiane Stelvio alle Alpi di Fassa, erano, pure tenuto conto delle riserve, davvero ben povera cosa! Per cui, mi sia concesso di correggere - non per amore di pote~ mica postuma, ma della verità - il giudizio formulato dal compianto Aldo Valori nella sua giustamente fa-
r
mosa Guerra italo-austriaca. Cioè, che una nostra grande azione di sorpresa nel Trentino sarebbe stata « pazzesca »: solamente da un difetto d'informazione ( conoscendo l'assoluta buona fede del Valori) poteva derivare una conclusione del genere. REGIO ESERCITO UFFICIO INFORMAZIONI
l'
6" ARMATA Si da con il presente notiziario la traduzione integrale di un ordine del giorno emanato dal Comando Supremo dell'esercito austriaco il 2 agosto corr. anno e diramato alle truppe del Trentino. Il documento, riservatissimo, tratta del morale degli ufficiali e delle truppe in relazione agli scopi e alla durata della guerra. È allegato l'ordine di trasmissione del comando 11' armata che ci dà, cosi, conferma ufficiale di tutte le truppe austriache dislocate contro di noi. E
Testo del documento N. 43503 op. Riservatissima Gran Quartier Generale, il 2 agosto 1917 Oggetto: Stanchezza della guerra. Ognuno comprende facilmente che, dopo tre anni di guerra, ogni ufficiale ed ogni soldato desideri sempre piu la pace. Questo comprensibile desiderio deve essere, però, dalla volontà di perdurare fermamente nella lotta, contenuto entro limiti che, in base a osservazioni da me direttamente fatte al fronte, intendo qui indicare. Se io mi rivolgo in quest'occasione con tutta franchezza agli ufficiali di tutti i gradi, è perché riconosco che il Corpo degli ufficiali - ora piu che mai - forma la spina dorsale ferrea dell'esercito ed ha una influenza incalcolabile sul modo di pensare della truppa. 1 79
Faccio presente, innanzi tutto, il fatto che presso non pochi membri dell'esercito si è formata l'opinione che noi abbiamo già da tempo raggiunto gli scopi della guerra e che, ciò nonostante, continuiamo a combattere senza obbiettivi, proprio per nulla. Quest'opinione, che paralizza ogni azione di forza, è stata, in certo modo, avvalorata da diversi avvenimenti politici registratisi nella Monarchia e nell'alleato Impero germanico, e soprattutto dalla discussione sugli scopi della guerra. S'è formata la credenza che dipendesse unicamente da noi, con un po' di arrendevolezza, di ottenere una pace accettabile. A queste idee si può solo ribattere che coloro che le esprimono sono caduti - come molti concittadini dell'interno del Paese nelle reti delle affermazioni menzognere dei nostri nem1c1. Certo: noi abbiamo raggiunto i nostri scopi di guerra; mentre invece i nemici all'ovest ed a sud-ovest sono ancora piu lontani dai loro. I nostri Sovrani hanno già lo scorso dicembre teso la mano ai nemici; il nostro Governo qualche mese piu tardi fece dichiarazioni che non avrebbero potuto essere piu misurate e piu inclini alla pace, e l'Impero germanico segui l'esempio sia per bocca dei suoi deputati che per quella del Cancelliere dell'Impero, facendo ponti d'oro al nemico. Soltanto i nostri successi poterono evitare che i nostri passi, sia pubblici sia segreti, non fossero considerati come segni di debolezza. Ma tutto inutile! I nemici non accettarono neppure d'intavolare trattative preliminari. Anzi, allorché la rivoluzione russa sembrò preparare il terreno per un'intesa, e 1~ proposte degli Imperi Centrali offrivano al popolo russo tutto quanto esso tentava di raggiun-
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gere con le sue agitazioni interne, gli Alleati e gli Stati Uniti lavorarono tanto e con ogni mezzo sinché scomparve ogni possibilità di pace. Con questa guerra i dirigenti dell'Intesa hanno giocato tutto sopra una carta. Per la loro politica una pace d'accomodamento - fosse anche utilissima per la salvezza dei loro popoli - sarebbe una grave e disastrosa sconfitta. Ciò è confermato da innumerevoli discorsi, da innumerevoli documenti sia pubblici che segreti. La pace che noi potremmo oggi ottenere dai nostri avversari sarebbe soltanto disonorante, indegna di noi. Gli accordi nemici, che assicurano all'Italia traditrice il Tirolo meridionale, Trieste e le coste adriatiche, e alla Romania quasi tutto il territorio ungherese fino al Tibisco, gli accordi che, insomma, debbono decidere la distruzione della Monarchia, hanno ancora, nelle Cancellerie di Londra, Parigi e Roma, la stessa forza di un anno fa. Con ciò non è detto che tali accordi scritti non possano, anche domani, diventare pezzi di carta di nessun valore. Noi dobbiamo, intanto, dichiararci soddisfatti delle notizie che ci pervengono dai Paesi nemici. In Francia, vi è un profondo, diffuso malcontento, che non è soffocato se non dalle speranze sull'aiuto americano; l'esito della guerra sottomarina ha sorpassato ogni aspettativa sia contro l'Italia sia contro la Gran Bretagna. Un nonnulla può bastare per scatenare delle forze tali da portarci di colpo al conseguimento dei nostri scopi. Intanto, però, né noi né il nostro Governo né i nostri alleati potrebbero fare maggiori passi per la pace di quelli finora tentati. La lotta che ha combatr 8r
tuto la truppa - sotto la guida dei suoi valorosi e provati ufficiali - viene continuata oggi come tre anni fa: essa è lotta per l' esistenza della Monarchia! Che ogni ufficiale tenga sempre presente ciò e lo inculchi nei propri uomini. Se l'ufficiale non vuole mettere in giuoco tutti i risultati finora ottenuti con il sangue di innumerevoli migliaia di bravi compagni, deve sempre ricordare quanto abbiamo detto sopra. L'alto attaccamento del nostro Imperatore e Re ai propri doveri regali, l'amore per i suoi popoli sono pegno per ogni combattente: Egli non lascerà parlare il cannone un giorno di piu di quanto lo richiedano il bene e l'onore della Patria. Nel frattempo bisogna, però, tendere tutte le nostre forze per conseguire la vittoria usando tutta la necessaria durezza verso noi stessi e tutta l'influenza di cui disponiamo sui nostri compagni. Distribuito secondo la lista B meno il n. IX, deve essere portato a conoscenza di tutti gli ufficiali. firmato VON ARZ
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lMPERIAL-REGIO COMANDO 11" ARMATA N. 1928 op. Riservatissima Da aprirsi personalmente dai Comandanti I. e R. Posta da campo 511, l'8 agosto 1917
L'ordine del Comando Supremo N. 43503 op., viene distribuito integralmente. Deve essere fatto conoscere a tutti gli ufficiali. Gli ufficiali dovranno, il giorno 17 agosto, spiegare a tutte le truppe gli scopi r82
della nostra guerra, sul tema « Conservazione della potenza della Monarchia ». Per evitare che quest'ordine pervenga in mano ad estranei, dopo presa visione, deve essere ritirato; il 64° reggimento fanteria, il battaglione d'assalto ed il comando di fortezza lo invieranno al comando d'armata; tutti gli altri comandi dovranno distruggerlo. Debbono essere cancellate le iscrizioni che si trovano in certe località e che rivelano il desiderio di pace delle truppe. Deve essere spiegato agli uomini che noi, solo per mezzo del combattimento, possiamo ottenere la vittoria e con questa raggiungere una pace onorevole, che sia garante della continuità dell'esistenza della Monarchia. Lo ricevono il III corpo d'armata, XIV corpo d'armata, 1s· divisione di fanteria, gruppo Adige, Rayon III, ispettorato delle formazioni di marcia, sezioni alloggiamenti, battaglione d'assalto, comando della fortezza di Trento, 64° reggimento fanteria. firmato ScHEUSCHENSTUHL
III.
RUSSIA E ROMANIA STANNO USCENDO DI SCENA
Dalle notizie qui riportate si ricava un interessante quadro generale della guerra, cosi com' essa era vista dai nostri mortali nemici. Russia e Romania vengono considerate definitivamente spacciate ( come difatti avvenne); mentre, per quel che ci riguarda direttamente e specificamente - circa lo svolgimento delle azioni belliche -, è data ulteriore conferma del disegno austriaco di rafforzare il fronte dell'Isonzo a scapito di quello trentino. REGIO ESERCITO UFFICIO INFORMAZIONI
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17 agosto 1917
Informatore ottimo, le cui notizie giungono fino al 10 corrente mese, comunica: 1) Negli alti ambienti militari austriaci, si parla molto di pace e si fa grande assegnamento su proposte avanzate da alti personaggi.* Si dice che gli Alleati dell'Intesa, ancor piu che gli austro-tedeschi, sono stanchi e che se l'Intesa dispone e disporrà di grandi risorse, gli spiriti sono però depressi ed i popoli moralmente esausti. Persona altolocata (il generale Scheuschenstiihl, comandante dell'll • armata), parlando con ufficiale espresse il proprio parere dicendo * Si allude. ai tentativi di papa Benedetto XV per porre fine ali'« inutile strage».
che la Russia e la Romania entro due mesi saranno da considerarsi completamente fuori causa, che la Francia non è in condizioni che di opporre una resistenza passiva, che l'Italia, se dispone ancora abbondantemente di mezzi e di uomini, è dominata da tale malessere morale, specie nel Paese, da non essere piu in condizioni di resistere ad una guerra prolungata. L'America non la si vuole ancora considerare come parte in causa. L'unica, ritenuta sempre forte, è la Gran Bretagna, contro la quale è sempre maggiore l'odio della Germania ufficiale. 2) Nessuno in Germania ammette che possa essere ceduta alla Francia l'Alsazia-Lorena come nessuno negli alti ambienti austriaci ammette che all'Italia possano essere cedute Trieste, l'Istria e la costa dalmata. L'ipotesi che alla fine della guerra l'Austria venga smembrata è considerata come assurda negli ambienti dirigenti. Nei popoli soggetti - specie elementi intellettuali cechi e sloveni - vi è invece l'assoluta certezza che le Potenze dell'Intesa arrivino a tale soluzione; ad ogni modo, in tutti i circoli delle nazionalità dissenzienti, viene detto chiaramente che se l'Intesa non provvederà lo faranno gli interessati stessi il giorno in cui a servizio militare finito potranno riunirsi. Cechi e sloveni si sentono ora intimamente legati nell'attesa della soluzione che accontenti entrambi i popoli; non ancora i serbo-croati fra i quali i dissidi di partito sono sempre forti. Le società segrete sono ora in piena fioritura: il governo le tiene d'occhio,' ma il movimento è bene organizzato, le spiate rarissime e difficili quindi i provvedimenti repressivi. L'odio verso la Germania è manifestato apertamente dal popolo, il contegno invece dei dirigenti, pur lasciando capire che essa è la causa di tutto, è assai riservato e prudente.
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3) La grande offensiva italiana sul fronte giulio è attesa. Gli ambienti militari affettano, però, di non temerla. Sono state riunite enormi masse di munizioni e portate sul fronte tutte le riserve di artiglieria disponibili. Negli ambienti del Trentino, si dice che l'Austria ha pronte, da Tolmino al mare, trenta divisioni e tremila bocche da fuoco. Dal Trentino, ultimamente, vennero tolte altre truppe; è accertato che è stato inviato sul fronte giulio tutto il 57° fanteria, che sono in corso trasporti di artiglieria presa dagli altipiani di Lavarone e Folgaria e che sta per partire il 22° Feldjager. Il comando dell'll" armata ha ricevuto ordine di tener pronte una o due brigate, formate con elementi scelti sottratti dalle varie unità, rimpiazzandoli con le compagnie di marcia pronte nelle retrovie. Il generale Scholz, comandante la 18" divisione, è passato a disposizione del Comando Supremo austriaco, il generale Vidalé, comandante la CLXXXI brigata, ha assunto il comando della 1s· divisione e il colonnello di S. M. Guenther, capo di S. M. del XIV corpo d'armata, ha assunto il comando della CLXXXI brigata. 4) Il comando della 90" divisione di fanteria, alle dipendenze del generale Goiginger, risiede al Karrerseehotel.
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IV.
SI PREPARA CAPORETTO
Pervengono ai nostri comandi le prime notizie su quella che sarà la poderosa offensiva austro-tedesca dell'ottobre 1917, che ci farà disastrosamente arretrare fino al Piave. Ritorna l'eterna, angosciosa domanda: perché non si seppe - da chi poteva - evitare la disfatta di Caporetto? REGIO ESERCITO UFFICIO INFORMAZIONI
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27 agosto 1917 Informatore ottimo comunica le seguenti notizie che giungono sino al 25 c.m. 1) L'offensiva austro-tedesca al fronte russo-romeno non ha potuto svilupparsi completamente per la grande deficienza di quadrupedi e di altri mezzi di trasporto. AIIa data 15 agosto, correva negli ambienti ufficiali trentini la voce che l'offensiva non avrebbe avuto ulteriori sviluppi. 2) Negli ambienti trentini, non si è ancora fatta sentire la ripercussione della nostra grande offensiva sul fronte giulio. Fra ufficiali, anche superiori, veniva però espresso il concetto che se questa volta le operazioni dovessero riuscire completamente vittoriose per noi, non potranno mancare né una potente controffensiva strategica né l'intervento di tutte le truppe ed artiglierie germaniche disponibili. La Galizia non vale il litorale, viene ripetuto da molti ufficiali, e lo
smacco di sospendere completamente l'offensiva sul fronte russo-romeno - sospensione cui non può tener dietro una forte reazione nemica, date le particolari condizioni di quegli eserciti - sarebbe piu che compensato dalla ripresa del territorio perduto. Non vi è, però, ancora alcun sintomo positivo di eventuale intervento germanico. Nessuno parla di controffensiva strategica nel Trentino, la cui ipotesi viene senz'altro scartata per le enormi difficoltà di terreno e stagione che incontrerebbe. 3) Le condizioni economiche dell'Austria peggiorano di giorno in giorno e il governo sente che non può porvi rimedio, pure sfruttando con la maggior abilità possibile i territori occupati sul fronte russo. I prezzi dei generi alimentari sono alle stelle e il moto inflazionistico è galoppante. L'esasperazione della povera gente sta toccando vertici altissimi e l'informatore asserisce che se il governo non saprà escogitare rimedi, non è improbabile che possano scoppiare veri disordini. Anche il trattamento delle truppe è ora assai scadente. 4) Dal Trentino, in questi ultimi giorni, non son piu stati tolti artiglierie e reparti organici di truppe. Tutti i reparti di marcia che si trovavano nelle retrovie e non ancora a diretta disposizione dei comandi di reggimento o battaglione, ricevettero il 22 agosto l'ordine di concentrarsi a Trento per partire per il nord. Complessivamente, vennero riuniti a Trento e fatti partire seimila uomini. Oltre a questo movimento, già effettuato, tutti i comandi di reggi. mento ricevettero ordine di tenere pronti per farli partire al primo cenno telegrafico dai trecento ai quattrocento uomini con i relativi quadri (due-tre compagnie per reggimento, data la forza attuale). Nessun 188
preavviso di partenze di artiglierie. Le licenze non sono state sospese. È stato emanato dal comando d' armata l'ordine di continuare a fare piccoli colpi di mano per accertare eventuali partenze di truppe italiane. Lo stesso comando ha ordinato di far muovere molto le truppe al fine di dare ai comandi italiani l'impressione dell'arrivo di nuove unità. 5) La partenza del 22° Feldjéiger che doveva effettuarsi il 15 agosto è stata sospesa. L'informatore accenna invece alla partenza del XXIII battaglione proveniente dagli Altipiani e visto in transito a Trento il 22 agosto. 6) Viene confermato che nella prima decade di agosto sono partiti per l'Isonzo: la 1• batteria del 28° reggimento artiglieria da montagna, la 4' batteria del 9° id., la batteria obici del 1° id., la batteria l"/6° cannoni da 150, un pezzo della mortai da 305.
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V.
PROPAGANDA NAZIONALISTA NELLE FILE AUSTRIACHE
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5 settembre 1917 L'ordine di servizio qui riportato ed emanato dal comando della 18' divisione ci conferma quanto era già stato segnalato da altre fonti. La propaganda nazionalista, per quanto marcata da accesi contrasti interni, si è fatta intensa nelle file dell'esercito absburgico. Il movimento - da ciò che si può comprendere dall'attività di quello ceco, il piu esteso - non è, però, di massima antidinastico: secondo buone fonti, esso vorrebbe tendere alla costituzione di tanti Stati autonomi uniti poi in federazione con parità di diritti. Testo del documento In busta chiusa!
Abw. N. 20/8 Posta da campo ... addi 20 agosto 1917 Oggetto: Propaganda ceca. Da aprirsi personalmente dai comandan_ti. Al comando militare di T emesvar è pervenuta una cartolina postale indirizzata alle truppe ceche di un · corpo di riserva, del seguente tenore: « Compagni d'arme cechi! Inviate subito, in nome del vostro ,reggimento, l'adesione alla proclamazione di stato della lega ceca, all'indirizzo Rudolf Bechyne, I90
deputato, Vienna, Parlamento, dove sono pure da inoltrarsi i reclami. Nel tempo stesso propugnate a buon diritto e con tutta la necessaria energia l'immediato ritiro dei reggimenti boemi dal territorio ungherese, ove dovemmo soffrire tante iniquità e sfruttamenti d'ordine economico. « Scuotetevi! Non esitate! Viva la pace ed il nostro Imperatore Carlo! « Arrivederci! Arrivederci nella nuova Patria! Da noi venne già spedita. Sia portata a conoscenza da soldati cechi a tutti i reggimenti cechi ». Le corrispondenze da campo in arrivo per militari di nazionalità ceca siano sottoposte a rigorosa censura. Ai comandanti di formazioni e stabilimenti, presso i quali sono inquadrate truppe di nazionalità ceca, sia dato ordine di svolgere ininterrotta, rigorosissima attenzione su macchinazioni di tal genere e di dare immediatamente avviso di casi eventualmente appurati. Ordino che a questa propaganda ostile allo Stato sia rivolta la massima attenzione. Viene portata a conoscenza confìdenziale e per i provvedimenti del caso di tutti i comandanti sino a quello di battaglione, ai comandi d'artiglieria, comandi treno, comandi colonne munizioni della 18" divisione. Generale VIDALÉ
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SESSAl'lTANOVE BATTAGLIONI DAL TRENTINO
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TOLTI
ARMATA
6 settembre 1917 Informatore sicurissimo comunica le seguenti notizie che coprono tutto il 5 corrente: a) Dall'inizio della offensiva italiana sono partiti dal Trentino per il fronte giulio sessantanove battaglioni (moltissimi dei quali, una quarantina circa, di marcia). Viene confermato che il 14" reggimento, su tre battaglioni, transitò il 26 agosto da Trento per l'Isonzo, che il 50" fanteria, completo, transitò il 26 agosto da Franzenfeste, * per l'Isonzo, che elementi del 25· fanteria transitarono il 28 agosto da Trento per l'Isonzo, che il III battaglione/37" fanteria il 28 agosto era concentrato in Trento pronto per partire, che otto o dieci battaglioni di marcia di reggimenti in zona (oltre alla segnalazione fatta con Bollettino precedente N. 6 cat. L) vennero concentrati per via ordinaria il 29 agosto nella zona di Mezzolombardo e fatti partire per il fronte giulio. Il 3 settembre il comando militare di stazione di Trento ricevette ordine di preparare i trasporti di dieci battaglioni complessivi. Non consta se il movimento sia realmente tutto avvenuto. Per un battaglione venne revocato l'ordine il 4 notte (la notizia è confermata da ufficiale disertore.) Non è * Fortezza.
segnalato forte movimento di artiglierie, parecchie batterie vennero però tolte da vari punti del fronte e portate nelle retrovie. L'informatore non sa precisare se per essere concentrate sugli Altipiani (preannunciato colpo di mano su Asiago?) o per mlZlare per via ordinaria uno spostamento da completarsi in un secondo tempo per ferrovia. b) Atti di sabotaggio e incendi dolosi si verificano ora di frequente nell'impero. e) Il generale di cavalleria principe SchonburgHartenstein ha lasciato il comando del XIV corpo, sul nostro fronte, ed è partito per assumere un comando di corpo d'armata nel settore isontino. Molti altri ufficiali superiori che l'informatore non sa precisare sono pure partiti per l'Isonzo. d) Notizie molto attendibili date da ufficiali rientrati dalla licenza confermano che vi è un fortissimo movimento di tradotte provenienti da altre zone d'operazioni e trasportanti truppe sempre verso il fronte giulio. Nostri informatori segnalano pure che contingenti austriaci sono diretti al Brennero, ma che, superato il passo, vengono avviati per la val Pusteria a Dobbiaco. Probabilmente, è in atto una grande manovra dimostrativa per ingannarci, a coronamento, del resto, delle altre azioni dimostrative già da noi segnalate il 27 agosto.
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VII. FANTERIE ED ARTIGLIERIE NEMICHE IN MOVIMENTO
Il lettore comprenderà da solo quale grande importanza avessero tutte le segnalazioni qui elencate e i documenti qui preannunciati. Era tutta la vita del nemico, in ogni suo minimo e intimo ingranaggio, che ci si rivelava! REGIO ESERCITO
l' E 6• ARMATA Riservato al Comando Supremo Segreteria Capo - Uff. Inf. - Uff. Oper. Ai comandi d'armata: l' e 6" 8 settembre 1917
U FFICIO INFORMAZIONI
1) Da noto informatore viene precisato che nella seconda quindicina di agosto sono partite dal Trentino, dirette al fronte giulio, le seguenti truppe austriache: 3 battaglioni del 57° fanteria 3 » » 64° » 3 » » 50° » 2 » » 36° Schutzen 3 » » 25° » 3 » » 14° fanteria 1 battaglione » 3° Schutzen 1 » » 23° Feldjager 1 » » 3 7° fanteria oltre naturalmente alle truppe segnalate con precedente notiziario. ~ tali reparti organici si devono aggiungere i battaglioni di marcia che avrebbero dovuto restare in r94
riserva e che invece sono stati tutti spostati sull'Isonzo. Lo stesso informatore segnala pure che il fronte trentino, in questa seconda quindicina, è stato alleggerito di novantaquattro pezzi, di cui quarantacinque di piccolo calibro, quarantatré di medio e sei di grosso. Sono in corso altri spostamenti di artiglierie. Anche la 15· compagnia aviatori è tornata sul fronte giulio. 2) L'ufficio è in possesso di un documento ufficiale austriaco di data recentissima dal quale risulta che il nemico sta trasformando le compagnie di fanteria. Esse vengono riordinate su tre plotoni di fanti (centocinquanta uomini) e su una sezione mitragliatrici (quattro armi leggere e trentacinque uomini). Appena tradotto verrà inviato. 3) L'ufficio ha pure ricevuto una voluminosa documentazione, in cui sono precisate tutte le norme emanate nell'agosto dal Comando Supremo austriaco per regolare e controllare l'intiero movimento nelle sue prime linee e retrovie. Appena tradotto e riprodotto verrà inviato. 4) L'ufficio è pure in possesso dell'ordine N. 11 O del comando dell' 11' armata austriaca, di data recentissima, nel quale sono precisate tutte le norme per il rimaneggiamento delle razioni viveri alle truppe di prima e seconda linea. Appena tradotto, s'invierà copia. 5) Risulta da informazioni precise che il comando artiglieria della CLXXXI brigata ha la sua sede a Castel Telvana. Da esso dipendono: il I gruppo, « sotto Caldiera », con complessivi diciotto pezzi; il II gruppo, « Civeron », con complessivi quattordici pezzi; il III gruppo, « Castel Telvana », con complessivi quattordici pezzi; il IV gruppo, « San Pietro », con complessivi ventiquattro pezzi. Per tutti, si sono potute r95
precisare le zone dei loro tiri di sbarramento. Dalle vampe, nei loro tiri di inquadramento, i nostri osservatori speciali hanno potuto precisare la posizione di quasi tutti i loro pezzi.
VIII.
DISLOCAZIONE DELLE TRUPPE NEMICHE DAL MONT ALON ALLO STELVIO
Ecco il sommario del bollettino d) informazioni per la prima metà del settembre )17; un bollettino, come si vede, oltremodo indicativo, che avrebbe dovuto servire ad orientare, in misura notevole, i nostri vari comandi in quel periodo delicatissimo delle operazioni belliche. Non lo abbiamo riportato integralmente, ma, per chiarezza e completezza, forniamo, a latere, talune notizie circostanziate sull'entità delle singole formazioni nemiche. Premesso che si trattava per il 50% di truppe territoriali, quindi poco efficienti, quest'era il numero dei battaglioni che le componeva: 6. e 22· divisione sette ciascuna, il gruppo T onezza due, il gruppo Scboner due e mezzo, l'8' divisione dieci) il gruppo Adige dieci, il gruppo fortezza di Riva dodici) il gruppo Adamello quattro) t 89• divisione dodici. Per quanto concerneva la l 8° divisione ( quella che specificatamente ci riguarda), essa era basata su due brigate: la CLXXXI) con cinque battaglioni schierati dal Civeron a Caverna; e la I da montagna con cinque battaglioni in linea da Caverna a Valpiana. I battaglioni che costituivano la CLXXXI brigata ( quella contro la quale doveva svolgersi la nostra azione di sorpresa) erano i seguenti: il IV battaglione del 4° reggimento fanteria a difesa del settore compreso fra Civerna e Osteria Pontarso; il V battaglione (comandato da Pivko) del 1° reggimento bosniaco, che copriva il tratto di fronte Scurelle-Caverna (nel cui mezzo era,
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appunto, Carzano, cartina posta nei « Alta Austria» I battaglione del II battaglione del
come si può facilmente vedere sulla risguardi); il battaglione tiratori nella zona Scurelle-Castelnovo; il 59° fanteria a malga Civeron; il 4° fanteria a ovest di Caverna.
REGIO ESERCITO UFFICIO INFORMAZIONI
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15 settembre 1917
Si dà segnalazione delle forze regio-imperiali che ci fronteggiano nei settori di competenza delle nostre due armate: dal Montalon al passo dell'Agnella: 18' divisione (autonoma); dal passo dell' Agnella al monte Zebio: 6. divisione (III corpo d'armata); dal monte Zebio al monte Tonezza: 22· divisione (III corpo d'armata); dal monte Tonezza alla val Cucca: gruppo Tonezza (XIV corpo d'armata); dalla val Cucca al monte Testo: gruppo Schoner (XIV corpo d'armata); dal monte Testo ai Sogli Bianchi: s· divisione Kaiserjéiger (XIV corpo d'armata); dalla Vallarsa alla val di Gresta: gruppo Adige (autonomo); dal Garda allo Stelvio: gruppo fortezza di Riva (III Rayon); gruppo Adamello (III Rayon); 39• divisione (III Rayon); Trento: riserve, alle dipendenze del comando fortezza di Trento ( sette battaglioni territoriali); riserva generale: alle dipendenze del comando d'armata austriaco (un battaglione d'assalto a Levico; due o tre battaglioni germanici a Trento).
IX. PIANO PER L'AZIONE DI SORPRESA SU CARZANO
Anche un profano che esamini con calma .il piano preparato da Pivko e dallo scrivente non potrà non notare ( come certamente avrà già fatto nel corso della nostra ricostruzione): a) che, in un primo tempo, le truppe italiane erano destinate a penetrare di sorpresa, attraverso un corridoio strettissimo, sino a Carzano, per costituire il primo cuneo nelle carni nemiche e per poi spingersi di qui fino a T elve e batterie adiacenti, impedendo sul nascere un'eventuale reazione di fuoco; b) che, in un secondo tempo, il corridoio d'ingresso veniva leggermente allargato ( sempre, però, mantenendo la nostra azione sul solo tratto di fronte del battaglione di Pivko, in cui si doveva distribuire il narcotico e si contava, senza cercare contatti con altre truppe, di poter agire a colpo sicuro) e che a tale allargamento nel corridoio seguiva un massiccio intervento di truppe - dal Civeron al Salubio - sostenuto da collaterali e ardite incursioni di ciclisti verso Novaledo e Levico; e) che, in un terzo tempo, l'ampiezza della breccia veniva estesa, prima a sud poi a nord, in modo da permettere alle truppe italiane di usufruire della strada del fondo Valsugana per gettarsi energicamente, con i mezzi pitt celeri, a completare nel campo strategico la riuscita sorpresa tattica. Il primo tempo, nonostante contrattempi inevita1 99
bili, fu avviato ben felicemente: truppe italiane giunsero fino a T elve. Se le truppe fossero state ben dirette e anziché ingolfarsi - lo abbiamo visto - nei camminamenti della collinetta fra Strigno e Spera fossero sboccate almeno su Spera, non vi sarebbe stato dubbio: anche il secondo e terzo tempo avrebbero potuto compiersi con eguale fortuna, e la seconda fase, la strategica, ricca in sé di grandiosi sviluppi, avrebbe potuto far battere il cuore di tutti gl'italiani. La strada del fondo Valsugana sarebbe stata libera e l'occupazione di Trento, la patria del martire Battisti, a portata di mano. AZIONI DI DETTAGLIO IN ORDINE CRONOLOGICO
Primo tempo
Primo obbiettivo: Castellare. Forza necessaria: 30-40 uomini. Guide numeri 1, 2 e 20. L'obbiettivo deve essere raggiunto al massimo alle ore 22,30. La guida N. 1 (sergente Mleinek) va a prendere la colonna 1, che si troverà alle 21,3 O presso la chiesa di Scurelle. La marcia di questa colonna - i cui componenti calzeranno scarpe di gomma - deve essere eseguita con la massima cautela. Partendo dalla chiesa di Scurelle, passerà attraverso il vigneto presso la cappella di S. Valentino e sul bordo roccioso ad ovest di Castellare. Su detto bordo roccioso attendono la guida N. 2 (Pivko) e la guida N. 20 (tenente Seclleky), che quella sera comanderà i tre posti di guardia di Castellare, Palua e Quota 525. Queste tre guide (1, 2 e 20) assumono la direzione della colonna italiana: 200
a) guida N. 1 con sei uomini occupa la stazione telefonica ed un appostamento per mitragliatrici; b) guide numeri 2 e 20 occupano, con il resto degli uomini, la casa con le mitragliatrici, la piazzola del cannone da trincea, le vicinanze della « casa gialla » e finalmente i posti a nord-est di detta casa. (Tutto questo è prescritto dettagliatamente per il caso che il sonnifero non abbia fatto il suo effetto. Se il sonnifero ha invece agito, le guide numeri 1, 2 e 20 saranno avvertite, e il comandante della colonna italiana agirà di consegt1enza con maggiore celerità e sicurezza.) I prigionieri, se svegli, siano riuniti nella casa delle mitragliatrici a mano a mano che vengono catturati. Per la sorveglianza sono sufficienti sei uomini. Se addormentati, basta legarli saldamente. La guida N. 20 segnalerà che Castellare è libera con due fucilate (sparate con fucile austriaco). La colonna 2 giunta, intanto, con la sua testa all'altezza della cappella di _S. Valentino, presso la quale deve arrestarsi, riprenderà il suo movimento su Castellare non appena avuta conferma del segnale (invece di due colpi di fucile, si potrà inviare un uomo oppure fare due fìschi - evitare, in ogni caso, segnali luminosi). Trenta uomini della colonna 1 renderanno percorribili (aiutati dalle guide numeri 1 e 20) le strade verso Spera e Scurelle, rimanendo poi di presidio a Castellare; gli altri si metteranno dietro la colonna 2 per prendere in consegna i prigionieri dei posti di guardia che verranno catturati dalla colonna :medesima, e portarli a Castellare nello stesso posto dove sono stati concentrati i pnm1. Alle colonne 2, 3, 4, ecc. saranno mandate per le ore 21,30 nel posto già fissato dal maggiore « Inzif » (cappella a sud-est di Spera) le guide numeri 3 (ten. 20I
Szeleny), 4 (serg. Wacha), 6 (sold. Jiranek), 8 (asp. Omelka) e 17 (ten. Martinec). Il comando austriaco di settore verrà avvertito dell'uscita di queste guide (segnalandole come pattuglie) e di conseguenza verrà dato ordine di non eseguire nel settore tiri di artiglieria di sbarramento. Cosi, i riflettori di Borgo e Castel S. Pietro non illumineranno molto Spera. Questa pattuglia guide si farà riconoscere per mezzo della parola d'ordine :fissata dal maggiore.
* * * Secondo obbiettivo: Quota 525 di Palua. Forza necessaria: 30-40 uomini. Guide numeri 3 e 4. Vobbiettivo deve essere raggiunto per le ore 24. Le guide numeri 3 e 4 si occuperanno della colonna 2 e cominceranno con essa il movimento, percorrendo la via già stabilita con il maggiore « Inzif » a sud di Spera. La colonna non può essere scoperta, tuttavia il movimento deve essere eseguito con prudenza. Presso la posizione prefissata a sud-ovest di Spera la colonna 2 si arresterà e attenderà il segnale da Castellare: dopo di che, essa supererà immediatamente i reticolati austriaci (i varchi saranno già stati praticati) e si avvierà rapidamente, passando per Castellare, a Quota 525 di Palua. Le guide numeri 1 e 20, che hanno svolto il loro compito in Castellare, si metteranno alla testa della colonna 2, assumendone la direzione, mentre le guide numeri 3 e 4 sosteranno a Castellare in attesa delle altre colonne, che seguono a brevissima . distanza la marcia della colonna 2. Contro Quota 525 (diciotto fucili) la colonna 2 avanza dispo202
sta come segue: venti uomini con la guida N. 1 dalla trincea avanzata al posto di guardia in trincea ed al buco; venti uomini con la guida N. 20 dalla trincea posteriore al rifugio - per aggirare il posto di guardia di Quota 525. Se il narcotico ha fatto effetto, procedere sollecitamente. Occupata Quota 525, fare il segnale (lungo fischio e colpo di fucile austriaco). Catturato l'ultimo posto di guardia austriaco, quello a contatto con il IV battaglione del 4° fanteria, dovrà essere sostituito da uno italiano (uomini particolarmente addestrati, del maggiore « lnzif » ), che conoscerà parola e controparola austriache: questa pattuglia catturerà eventuali piccoli contingenti di collegamento provenienti dal suddetto 4° fanteria. I prigionieri austriaci siano condotti direttamente a Spera o Castellare. Gli uomini della colonna 2, non impiegati, restino come nucleo di difesa presso Quota 525 e come guardia fiancheggiante per le colonne che passeranno di li dirette a Ghisi. (Fra Ghisi e Quota 525 non vi è mai servizio di collegamento).
Terzo obbiettivo: Carzano. Forza necessaria: 280-350 uomini. Guide numeri 3, 4, 6, 8 e 17. A Carzano, attenderanno le guide numeri 5, 7, 11 e 16. L'obbiettivo deve essere raggiunto per le ore 2. Le guide numeri 6, 8 e 17 attenderanno la colonna 3 alla cappelletta di Spera e la guideranno fino a Castellare. Qui, le guide numeri 1, 3 e 4 si congiungeranno alla colonna, assumendone la direzione. Da Castellare fino al ponte sul Maso non vi sono posti 203
di guardia. La guardia sul ponte è composta di tre uomini. La guardia sulla strada, prima della chiesa di Carzano, è stata tolta. L'azione si svolgerà su tre obbiettivi particolari, in modo da circondare completamente l'abitato. a) Obbiettivo Nord. Guide numeri 1 e 6 (cinquanta uomini). Prima della chiesa di Carzano, le guide numeri 1 e 6 piegheranno a destra con cinquanta uomini, occupando la linea, i rifugi, le caverne ad est e a nord-est della chiesa. b) Obbiettivo Villaggio di Carzano. Il resto della colonna 3 può giungere indisturbata fino alla chiesa di Carzano. Qui l'attenderanno le guide numeri 5 (serg. Malcanek), 7 (aspir. Tandler), 11 (aspir. Orak) e 16 (serg .... ). Ecco l'ordine d'azione: 1. - guida N. 7 occupa con venti uomini la casa degli zappatori (o pionieri); 2. - guida N. 16 occupa con quindici-venti uomini la Villa Buffa; 3. - guide numeri 5 e 17 occupano con trenta-quaranta uomini il vicolo degli Ebrei e successivamente occupano con altri trenta uomini il fronte nord e si congiungono con la colonna precedente, che ha occupato caverne e rifugi ad est e a nord-est della chiesa; 4. · guida N. 11 occupa con venticinque uomini il posto di medicazione e le baracche a nord di Carzano. e) Obbiettivo Posizione a sud della Chiesa. Guide numeri 3 e 8 (cinquanta uomini seguiti da altri cento di rincalzo). La posizione a sud della chiesa sarà occupata sotto la sorveglianza della guida N. 3 e di « Paolino », insieme con la guida N. 8. I rifugi e i posti per mitragliatrici debbono essere occupati l'uno dopo l'altro, avanzando lentamente. IBtimata l'occupazione di Carzano, impiantare nella casa degli zappatori già nota al maggiore « Inzif » la stazione telefonica e 204
sede provvisoria del comando avanzato italiano. La casa degli zappatori sarà anche, come prestabilito, il punto di affluenza delle guide e di tutto il personale fidato, il quale potrà sempre farsi riconoscere mediante la parola e la controparola fissate dal maggiore.
* * * Quarto obbiettivo: Scurelle. Forza necessaria: 50 uomini. Guida N. 14. La colonna italiana è attesa dalla guida N. 14 (ten. Irsa) a Castellare e s'incamminerà subito, appena sfilata la colonna 3, verso Scurelle. Catturerà successivamente i posti di guardia che proteggono l'esterno del paese (Scurelle è sgombra), trascura i pochi uomini messi a difesa della parte sud dello stesso (non sentono nulla, perché sono presso il torrente Maso che rumoreggia) e apre i reticolati da Scurelle verso Villa e Strigno in modo da permettere il libero passaggio sulle strade Strigno-Scurelle e Strigno-Villa. I retico. lati, normalmente elettrizzati, non saranno percorsi dalla corrente. Quando l'obbiettivo di Scurelle sarà raggiunto, si sparerà un colpo di fucile austriaco o si effettuerà apposito segnale mediante razzo bianco. La colonna 4 rimarrà a presidiare la zona tra la fabbrica di carta e il Maso. Eventuali pattuglie di collegamento ( due uomini per volta) provenienti dal vicino posto di guardia a sud saranno subito catturate dagli uomini appositamente addestrati del maggiore « Inzif ».
* * * Quinto obbiettivo: comando V battaglione. 205
Forza necessaria: 20 uomini, 25 di rincalzo. Guida N. 7. La guida N. 7 si metterà alla testa di questa colonna alla chiesa di Carzano, e marciando a ritmo sostenuto, dovrà raggiungere e sorprendere il comando del V battaglione bosniaco, in 10-15 minuti. Il centralino telefonico non funzionerà, le linee verso Borgo e Campestrini saranno state tagliate. I venti uomini, assegnati a questa colonna, dovranno essere scaglionati per il servizio di sicurezza della strada Carzano-Telve e cattureranno, eventualmente, salmerie e carriaggi che vi transitassero. Tutta la colonna italiana resterà di presidio alle baracche occupate con i prigionieri riuniti nella stanza del colonnello austriaco.
* * * Sesto obbiettivo: T elve e batterie. Forza necessaria: 150 uomini. Guide numeri 3, 7, 10 e 17. Guiderà l'azione su Telve la guida N. 10 (ten. Mastalka), che aspetterà la colonna italiana presso la cappella est di Telve (o se possibile presso la chiesa di Carzano). Con la colonna italiana marceranno da Carzano le guide numeri 3 e 17; alla cappella ad est di Telve vi si aggregherà la guida N. 7. Nella località di Telve si trovano, dal giorno 6 settembre, ventiquattro uomini di guardia (un posto) e relative riserve, appartenenti alla 4• compagnia del V. Le tre guide assumeranno ciascuna la direzione di un drappello di cinquanta uomini, dividendosi il compito come segue: a) batteria all'uscita est di Telve: guida N. 7 (btr. 3/28, i pezzi da montagna); b) batteria 6/7 a Telve: 206
guida N. 10 (4 pezzi da montagna); c) batteria 4 e da 149 mm.: guida N. 17 (4 pezzi da posizione, calibro 9 e 4 pezzi da 149). (Gli ufficiali hanno riconosciuto i loro obbiettivi 1'8 settembre e sono perfettamente orientati. Vennero fatte prove per regolarsi nei passaggi. Massima decisione nelle truppe italiane. Gli artiglieri, sorpresi, non potranno difendersi.) Secondo tempo
Settimo obbiettivo: allargamento occupazione di Carzano verso nord. Forza necessaria: 60 uomini. Guida N. 12. La colonna italiana riceverà la sua guida N. 12 ( ten. Hopp), se è possibile a Castellare (presso la fontana, vicino alla « casa gialla »); se no, presso la chiesa di Carzano. Essa si metterà subito dietro le altre colonne e comincerà il piu presto possibile il proprio compito, cioè occuperà dapprima le due baracche e le trincee poste a tergo della caverna 1 (sezione cannoncini di fanteria), poi la sezione cannoncini italiani a sud-ovest di Quota 146. * * * Ottavo obbiettivo: allargamento occupazione di Carzano verso sud. Forza necessaria: 200 uomini. Guide numeri 9 e 14. La colonna italiana riceverà la guida N. 9 (aspirante Cada), alla cappelletta di Spera e la guida N. 14 alla chiesa di Carzano. Piegando da Carzano verso 207
Castelnovo, catturerà da tergò e a mano a mano tutti i posti di guardia a sud di Scurelle, aprendo poi subito il passaggio sulla strada Scurelle-Castelnovo. Appena questo sarà aperto potrà cominciare l'arrivo di truppa italiana da Scurelle verso Castelnovo. *
* *
Nono obbiettivo: Borgo. Forza necessaria: 600 uomini. Guide numeri 2, 3, 5 e 17. La colonna italiana riceverà le guide numeri 2, 3 e 5 a Carzano. La guida N. 17 aspetterà la colonna al cimitero, presso l'uscita est di Telve. La colonna italiana seguirà l'itinerario Carzano, prime case: a) senza guida: cinquanta uomini come copertura del fianco destro, da Telve alle Fratte, per le pendici di S. Pietro; poi giu all'uscita est di Borgo affinché nessuna delle batterie sfugga sulla dorsale di S. Pietro; b) guida N. 17: centocinquanta uomini (eventualmente di piu) prederanno, circondandole completamente, le baracche e le batterie a destra della strada lungo il Ceggio (presso Telve) sulla strada Telve-Borgo; e) guida N. 3: duecento uomini (o meno) occuperanno baracche e batterie lungo il Ceggio, a sinistra della strada per Borgo (a sud). Il gruppo e) appoggerà il compito del gruppo b) (guida N. 17). In seguito, quando la colonna sopravveniente avrà occupato Borgo, la colonna e) manda dall'uscita ovest di Borgo stesso un distaccamento contro Quota 575 sud-ovest di S. Pietro. Intanto, duecento uomini occuperanno Borgo.
208
* * * Decimo obbiettivo: Piagaro. Forza necessaria: 500 uomini. Guida N. 3. La colonna italiana marcerà in coda, ma a stretto contatto con la precedente. Appena occupata Borgo, essa attraverserà il paese, uscirà per la strada est, insieme con la guida N. 3. Dopo aver sopraffatto la compagnia lavoratori (disarmata), farà prigioniero il comando della CLXXXI brigata, s'attesterà sul dosso S. Giorgio, invierà due pattuglie verso l'Armentera, e un distaccamento piu forte si spingerà piu in alto nella val Maggio. Una parte della colonna, trecento uomini, si spingerà sino alla località Al Prà e alla stazione teleferica presso Biselenga.
* * * Undicesimo obbiettivo: Roncegno. Forza necessaria: 510 uomini. Guide numeri 17 e 43. La colonna italiana seguirà a stretto contatto la colonna precedente: a) centosessanta uomini verranno diretti su Villa Hippoliti (comp. elettricisti), situata a circa trecento metri a nord-ovest dall'uscita di Borgo; b) cinquanta uomini occuperanno la Villa Argentina (a mezza strada tra Quota 400 di Madonna di Onea e Quota S. Luca); c) trecento uomini marceranno rapidamente su Roncegno. (La guida N. 17 ha riconosciuto la sua meta il 9 settembre.)
* * * Dodicesimo obbiettivo: T orcegno-Castel Telvana. Forza .necessaria: 550 uomini. Guide numeri 7 e 16. La colonna italiana troverĂ la sua prima guida (N. 16) presso la chiesa di Carzano e la sua seconda guida (N. 7) all'uscita est di Telve. Appena incontrata la guida N. 7, la colonna si divide: a) trecento uomini, insieme con la guida N. 7, marceranno su Telve-Torcegno (direzione est); passeranno il Ceggio a nord del dosso S. Pietro e sorprenderanno ad una ad una tutte le baracche lungo la serpentina presso il costone nordovest del dosso S. Pietro; b) duecentocinquanta uomini, insieme con la guida N. 16, supereranno il Ceggio presso Telve e tenendosi al costone S. Pietro (direzione sud-ovest), occuperanno in Castel Telvana il comando dell'artiglieria della CLXXXI brigata e di li volgeranno verso nord, impadronendosi degli alloggiamenti degli uomini e degli ufficiali, del posto di medicazione e del deposito munizioni. La colonna a) dovrebbe giungere per prima sul dosso. Nei pressi di S. Pietro le due colonne a) e b) debbono congiungersi. (Le guide numeri 7 e 16 hanno riconosciuto il giorno 8 settembre le loro mete e sono informate con esattezza.) * * *
Tredicesimo obbiettivo: Salubio. Forza necessaria: 1.000 uomini. Guida N. 23. La colonna italiana riceverĂ la propria guida, la 2IO
N. 23, al luogo di adunata ad est di Spera. Detta guida rimarrà stabilmente con la colonna che marcerà celermente su Telve, Parise, Campestrini, Pregasi, Canai, Ronchi, Facchini, Montebello, catturando o sgombrando a mano a mano i pochi ostacoli: a) da Telve si distaccheranno ottanta uomini al fine di occupare Castelalto e catturarvi la batteria di artiglieria 6 /VII che vi è di presidio (diciotto austriaci) e altri trenta uomini per occupare il gomito della strada Quota 587 a nord di Telve; b) in Parise (vuota) resterà una squadra ( dieci italiani di guardia); e) in Campestrini resteranno cento uomini di guardia (vi si cattureranno le salmerie del battaglione del 51° reggimento); d) in Pregasi resteranno duecento uomini con il compito di catturare da tergo il personale di due batterie (sessanta uomini) in riserva in seconda linea; e) in Canai resteranno cinquanta uomini (vi sono solo alcuni ussari, posto di comunicazione); f) in Ronchi resteranno quaranta uomini (è vuoto, forse pochi conducenti); g) in Facchini (vuoto) venti uomini; h) in Montebello (vuoto) venti uomini; quindici uomini saranno spinti verso Roncegno per fare da pattuglia di collegamento. In totale, verranno impiegati circa seicento uomini. Gli altri quattrocento uomini risaliranno da Campestrini verso il Salubio (ora senza truppa). Vi conduce una buona strada. (La guida N. 23 ha visitato il 9 settembre tutto l'itinerario ed è anche salita sul Salubio; non vi è alcun pericolo di sorprese.) Terzo tempo
Quattordicesimo obbiettivo: allargamento breccia a sud e occupazione di Castelnovo. Forza necessaria: 930 uomini. 2II
Guide numeri 13, 15, 21 e 25. La colonna italiana, muovendo da Carzano lungo
il Maso, si spingerà a sud sino all'argine della ferrovia, in quest'ordine: a) il primo nucleo (trecento uomini) occuperà le trincee del Maso; b) il secondo nucleo (cento uomini) occuperà il ponte fra Castelnovo e Villa-Agnedo (strada ordinaria); e) il terzo nucleo (ottanta uomini) - guida N. 13 (tenente Mader) occuperà da tergo il tratto fra la strada ordinaria e la ferrovia: procedendo da sinistra a destra, si opererà la cattura dei posti di guardia della 2· compagnia del V bosniaco e degli Schutzen « Alta Austria » {la parola d'ordine è conosciuta), in modo da sgombrare tutto il terreno a est del Maso e tra questo e le linee italiane; d) il quarto nucleo (centocinquanta uomini) - guida N. 21 (tenente Krajnik) - marcerà da Carzano per Quota 413, ed eliminato il comando del Kampfgruppe in paese, oltrepasserà la strada e la ferrovia, portandosi rapidamente alla batteria da 80 a sud di Castelnovo, accerchiandola e catturandola; e) il quinto nucleo (trecento uomini) - guida N. 25 (tenente Tandler) - seguirà il quarto, oltrepasserà Castelnovo, quindi si dirigerà ad est per la stradicciuola a sud della ferrovia (presso la chiesa di Castelnovo troverà anche la guida N. 15: tenente Nemecek). Dal giorno 8 del corrente mese lavorano sulla posizione nel settore ferrovia Brenta, durante la notte, circa centoventi lavoratori. Non vengono eseguiti lavori sotto la pioggia. I lavoratori sono forniti dal presidio del settore Kampfgruppe Castelnovo (2· e 3• compagnia del V bosniaco e degli Schutzen « Alta Austria » ). È stato terminato il nuovo ponte sul Brenta subito dietro la posizione. Le guide numeri 15 e 25 faranno catturare i posti 2I2
di guardia e occupare il nuovo ponte sul Brenta. Potranno, in tal modo, aprirsi varchi nei reticolati e la strada verso la stazione di Villa-Agnedo; le truppe di questo nucleo verranno di conseguenza in contatto con le altre truppe italiane schierate sul fronte ovest. Stabilire segnali per evitare equivoci. Tutti i reticolati saranno privi di corrente elettrica. Il riattamento della strada Barricata-Castelnovo potrà essere effettuato liberamente, cosf pure il gittamento di ponti sul Maso per il passaggio delle grosse artiglierie (è stato accumulato legname e materiale vario presso la strada, per facilitare la costruzione di passerelle; il Maso è, d'altronde, in questa stagione, guadabile). Cercare di stabilire il piu presto possibile i coliegamenti con Olle, Borgo, Telve.
* * * Quindicesimo obbiettivo: allargamento breccia a nord. Forza necessaria: 830 uomini. Guide numeri 1, 20 e 27. La colonna italiana, percorrendo l'itinerario SperaCastellare-Carzano, si getterà su Caverna, alle spalle delle posizioni nemiche. Troverà le guide numeri 1 e 20 a Spera, la N. 27 (sold. Lachvicka) a Carzano. Caverna può essere occupata con cento uomini. Poi, si rispetterà l'ordine d'azione seguente: a) un primo nucleo (di cento uomini): metà con la guida N. 27 dalla parte orientale alla stazione della teleferica; metà con la guida N. 1 al burrone di Caverna, dove sono il comando del battaglione IV/ 4° ( e anche del relativo gruppo d'artiglieria), il centralino telefonico, il plo213
tone di riserva (trenta uomini); b) un secondo nucleo di quattrocento uomini - e guide numeri 1 e 27 muoverà sulla strada di Favera, che fino a Pontarso potrà essere occupata senza destare allarme; le truppe del 51° reggimento fanteria nemico, in avamposti, resteranno cosi isolate fra le due linee italiane, e sul far del giorno non potranno che arrendersi; c) un terzo nucleo di trecento uomini - guida N. 20 - si distaccherà dai nuclei che lo precedono poco dopo Castellare e, passando dal ponte a nord di Carzano, punterà prima su Ghisi, chiudendo tutte le afiluenze dal nord verso Carzano, poi su Mentrate. Eventuali reazioni sul fianco destro italiano per parte di truppe del 51• fanteria, situate in posizioni d'infilata, saranno, in tal modo, evitate.
Sedicesimo obbiettivo: salda occupazione del Civeron. Forza necessaria: 500 uomini. Guide numeri 22 e 26. Le truppe agenti per il decimo obbiettivo hanno, precedentemente, da Carzano per Borgo e Olle, occupato malga Civeron. Queste truppe, destinate alla salda occupazione di monte Civeron e a eventuali minacce verso la val Coalba e cima Caldiera, dovranno ora estendersi: a) verso Villa Salus, Quota 620 e Quota 748, con duecento uomini e la guida N. 22; l'aspirante Pajger (sulla collina a sud di Villa Salus vi è una batteria, le baracche sono vuote, Villa Salus pure); b) sulla seconda strada verso est (quaranta uomini); c) sulla terza strada verso est (cento uomini); d) sulla quarta strada verso est (presso S. Margherita) cento214
sessanta uomini, con la guida N. 26. Castelnovo e Villa-Agnedo potranno mandare anche truppe sul Civeron, in modo che la dorsale della cima Undici-cima Caldiera sia, in attesa degli avvenimenti successivi, isolata alle spalle.
* *
*
Per una documentazione completa, va specificato
f elenco degl' interpreti e delle guide nei loro abbinamenti durante l'operazione: caporale magg. Guido Menegazzi con la guida N . 1 ( serg. Mleinek); ten. Umberto Re con la guida N. 2 ( Pivko); sottoten. Giacomo Mattei con la guida N. 3 ( ten. Szeleny); sold. Giuseppe Bernardi con la guida N. 4 ( serg. W acha); serg. Milziade Belli con la guida N. 5 ( serg. Malcanek); aspir. Matteo Nikolich (slavo) con la guida N. 6 ( sold. Jiranek); sold. Riccardo Graziani con la guida N. 7 ( aspir. T andler); sold. Mario Penso con la guida N. 8 ( aspir. Omelka); serg. Umberto Cametti con la guida N. 9 ( aspir. Cada); ten. Giulio Artom con la guida N. 1 O ( ten. Mastalka); sold. Giovanni Toscan con la guida N. 11 (aspir. Orak); serg. Giovanni Valente con la guida N. 12 ( ten. Hopp); sold. Erminio Polloni con la guida N. 13 ( ten. Mader); ten. Alessandro Cesareni con la guida N. 14 ( ten. Irsa); ten. Giovanni Delaiti con la guida N. 15 ( ten. Nemecek); capor. Giovanni Hoffer con la guida N. 16 ( serg. . .. ) ; ten. Mario Scotoni con la guida N. 17 ( ten. Martinec); sold. Angelo Lorenzini con la guida N. 18 ( ten. Kohoutek); capor. Giuseppe Pannella con la guida N. 19 ( sold.... ) ; sold. Ferdinando Baradello con la guida N. 20 ( ten. Sedleky); ten. Vittorio Sel2I5
vini con la guida N. 21 ( ten. Krajnik); caporale magg. Beltrame con la guida N. 22 ( aspir. Pajger); capor. Giovanni Pannella con la guida N. 23 ( serg. Stransky); capor. Battista Gelmi con la guida N. 24 ( serg. ... ) ; capor. Osvaldo AlfarĂŠ con la guida N. 25 ( ten. T andler); sold. Alfredo Santi con la guida N. 26 ( ten. ...) ; capor. Ferruccio Argentoni con la guida N. 2 7 ( sold. Lachvicka); sold. Zugliani con la guida N. 28 (serg .... ). A tutti questi interpreti bisogna naturalmente aggiungere parecchi nostri ufficiali ( ricordo i capitani Soragna e Oss-Mazzurana e i tenenti Prato, Fiorio ed Arese) tenuti a mia diretta disposizione per le inevitabili complicazioni che comporta sempre un combattimento, e l'intiero nucleo di sottufficiali e soldati dell'I.T.0. destinato a sostituire, in parte, le guide e, in parte, a fungere da elementi di collegamento ÂŤ volante Âť tra me e le varie colonne in marcia.
216
X.
LE DISPOSIZIONI EMANATE DAL COMANDANTE ITALIANO INCARICATO DELLA ESECUZIONE DELLA SORPRESA SU CARZANO*
Chi esamini anche sommariamente le disposizioni emanate dal comandante italiano, rileva subito che l'ordine cronologico delle operazioni, cosi come proposto da Pivko e dall'autore di queste righe non viene completamente rispettato tanto che la colonna 9, prima ancora che sia approfondita la ferita nella carne nemica, ha il compito di occupare Caverna e la 1 O il torrente Maso sino al Brenta, quasi fosse necessario prima allargare bene la breccia e poi, provocati gli inevitabili allarmi, giacché si urtava con truppe di altri reparti, approfondire la pugnalata. V a da sé che il complesso delle disposizioni emanate non tengono nel dovuto conto il fattore sorpresa ( e il conseguente panico seminantesi tra le file nemiche), ma si aggrappano al pezzetto di terreno da occuparsi quasi che l'operazione non potesse assolutamente avere un seguito. E le truppe - per scendere ai particolari tecnici - non erano certo attrezzate per un'operazione ardita, ma caricate in misura assurda di zaini e coperte, quasi che avanti, nell'eventualità di un proseguimento dell'azione, dovessero trovare non un paese ricco di magazzini e risorse bensi una landa deserta, inospitale, priva di strade, nella quale non fosse nemmeno possibile far giungere dalle retrovie i rifornimenti necessari. Per di piu, non mi passò mai neppure per l'anticamera del cer* Dati riassuntivi. Si omettono i numeri delle guide (corrispondenti, peral tro, a quelli indicati nel documento precedente). 217
vello - e fu questo un mio grave errore, se cosf. lo si può chiamare! - che il responsabile operativo di una azione offensiva potesse sognarsi di incanalare (lo abbiamo già fatto rilevare), facendoli anche accompagnare da ufficiali-guide, diecimila uomini per un camminamento largo sessanta centimetri, il camminamento che da Strigno, dentro a Quota 546, saliva a Spera, quando... una bellissima strada larga tre metri, e coperta, saliva dalla stessa Strigno alla cappelletta di Spera. CoLÒNNE
1, 2, 3 E 4
Appuntamenti con le guide ed ore di partenza: col. 1 - Q. 386 della strada Scurelle-Villa, ore 22,30, parte subito; » 2 - cappeila sud-est di Spera, ore 23, parte quando vede il segnale della colonna 1; >> 3 - cappeila. sud-est di Spera, parte in coda alla colonna 2; » 4 - cappella sud-est di Spera, ore 23 ,3 O, parte in coda alla colonna 3. Compiti delle colonne: col. 1 - cattura presidio Castellare; » 2 - cattura posti di guardia di Qq. 473 e 525; » 3 - presidiare Palua; » 4 - occupazione di Scurelle. Itinerari delle colonne: col. 1 - Q. 386, chiesa Scurelle, sentiero speciale per il vigneto S. Valentino, bordo roccioso ovest Castellare; » 2 - cappella sud-est di Spera, Castellare, Qq. 473 e 525; 218
col. 3 - Strigno, stellare, » 4 - Strigno, stellare,
cappella sud-est di Spera, CaQ. 473, Palua; cappella sud-est di Spera, CaScurelle.
COLONNE 5
E
6
Compiti delle colonne: col. 5 - occupazione di Carzano e posizioni a sud lungo il Maso; » 6 - cattura del comando di battaglione fra Carzano e Telve. Itinerari delle colonne: col. 5 - Strigno, cappella sud-est di Spera, Castellare ( « casa gialla »), quadrivio D, ponte sul Maso, Carzano; » 6 - segue la colonna 5 fìno alla chiesa di Carzano, prosegue per il comando di battaglione verso Telve. Appuntamenti con le guide ed ora di partenza: col. 5 - cappelletta sud-est di Spera, ore 24 circa; » 6 - chiesa di Carzano, parte dalla cappella sud-est di Spera in coda alla colonna 5. Dislocazione delle forze di occupazione di Carzano: 1 compagnia a Carzano; 1 compagnia al fronte sud all'estremità della nostra occupazione sul Maso. 3 posti di guardia nella trincea lungo il Maso. Il comandante del battaglione marcia con la colonna 5. Passato il ponte sul Maso, procede con il primo nucleo della detta colonna (quello destinato all'occupazione della linea di difesa del fronte est). 2 19
Giunto a Carzano si stabilisce nella casa detta dei pionieri (o zappatori). Dispone immediatamente per l'ultimazione della linea telefonica Strigno-Spera-Castellare-Carzano, che i genieri in coda alla colonna saranno venuti stendendo durante la marcia. La linea deve essere del tutto indipendente da quella di Castellare. La stazione terminale sarà posta nella casa dei pionieri. Disporrà di un centralino a quattro linee. Altro posto telefonico è a Castellare, alla « casa gialla }>, indicato da una lanterna ad occhio di bove sulla soglia della porta. Sorveglia l'andamento delle singole occupazioni e la raccolta dei prigionieri. A suo tempo, dispone per l'inoltro verso Scurelle, e di qui verso Strigno, in piccoli gruppi, dei prigionieri fatti dalla propria colonna e di quelli che affluiranno a Carzano nella prosecuzione dell'azione. COLONNE
7 E 8
Compiti delle colonne: col. 7 - linea Maso fino alla strada Scurelle-Castelnovo; » 8 - Telve e batterie vicine. Itinerari delle colonne: col. 7 - Strigno, cappella sud-est di Spera, Castellare, Carzano, strada lungo il ciglione del Maso; » 8 - Strigno, cappella sud-est di Spera, Carzano, Telve. Appuntamenti con le guide ed ore di partenza: col. 7 - cappella sud-est di Spera, ore 0,45, parte subito; » 8 - cappella est di Telve, ore 1 (parte da 220
cappella sud-est di Spera in coda alla colonna 7). Posizioni da occupare: col. 7 - linea del Maso e quella del ciglione con cinque plotoni; » 8 - Telve con due plotoni. Il rimanente degli uomini sarà impiegato per lo sgombro dei prigionieri e per aiutare gli artiglieri nei loro compiti. Il comandante del battaglione muove con la colonna 7 al giungere della colonna 8 e proseguirà con essa per Telve. Si stabilisce a Telve in prossimità della chiesa, dando comunicazioni della località prescelta. Dà le disposizioni per l'occupazione dei punti da mantenere ed eventualmente difendere. Dispone subito per l'ultimazione della linea telefonica completamente indipendente fra Strigno e Telve, che i genieri in coda alla colonna 8 saranno venuti stendendo durante la marcia. La stazione terminale sarà indicata con una lanterna ad occhio di bove sulla soglia. COLONNA
9*
Appuntamento con le guide ed ora di partenza: cappella sud-est di Spera, ore 1,4 5. Compito: occupazione di Caverna. Itinerario: cappella sud-est di Spera, Castellare, Carzano, Caverna. * Comandante: tenente colonnello Balbinot. 22I
Guide che servono alla colonna: (si omettono). Obbiettivi della colonna: (si omettono, perché gli stessi indicati da Pivko ). Dislocazione delle forze di occupazione: la 1• compagnia occupa la posizione cli Favera; la 2· ritorna a Caverna, dove resta in riserva con la 3• e con quella arditi. COLONNA
10
*
Appuntamento con le guide ed ora di partenza: chiesa cli Carzano, parte ore 2,15 da cappelletta sud-est cli Spera. Compito: occupazione del Maso fino al Brenta. Itinerario: Strigno, Spera, Castellare, Carzano. Guide che servono alla colonna: (si omettono). Obbiettivi della colonna: (si omettono, perché gli stessi indicati da Pivko ). Distribuzione delle forze di occupazione: due compagnie tengono l'argine del Maso; una compagnia mantiene la posizione strada Scurelle-Castelnovo; una compagnia occupa i ponti sul Brenta; due compagnie tengono Castelnovo. * Comandante: tenente colonnello Chiericone. 222
11
COLONNA
¡k
Appuntamento con le guide ed ora di partenza: Carzano, partenza ore 3,15 da Q. 375 di Scurelle; la colonna si divide in sei nuclei a Telve. Compito: occupazione del Ceolino e di Borgo. Itinerario: Strigno, Scurelle, Carzano, Telve. Guide che servono alla colonna: (si omettono). Obbiettivi della colonna: (si omettono, perchĂŠ gli stessi indicati da Pivko ). Distribuzione delle forze di occupazione: un battaglione tiene la stretta di Borgo; un battaglione tiene la stretta di Telve; una compagnia rimane in riserva. COLONNA
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¡H
Appuntamento con le guide ed ora di partenza: _ Carzano, ore 4,15. Compito: occupazione Castelnovo e zona ovest. Itinerario: Carzano, riva ovest del Maso, strada Maso-Castelnovo. Guide che servono alla colonna: (si omettono). *
Comandante: colonnello Cacace.
** Comandante: maggiore Scarpa.
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Obbiettivi della colonna: (si omettono, perché gli stessi indicati da Pivko ). Distribuzione delle forze di occupazione: (come fissato da Pivko). O RDINI COMUNI PER T UTTE LE COLONNE
1. Era fissato che le truppe muovessero dai loro accantonamenti alle 17, senza, però, precisare come e in che luogo dovessero incolonnarsi e che il tenente di M. T. Cristo/ori, ufficiale a disposizione del comando, si sarebbe trovato allo sbocco occidentale dell'abitato di Pieve Tesino per regolare l'incolonnamento. 2. Da Pieve Tesino fino alla cappelletta di Spera le truppe dovevano marciare incolonnate sulla strada Pieve T esino-Pradellan-Tomaselli-caserma austriaca di Strigno-Spera. 3. Ogni colonna avrebbe avuto un ufficiale-guida fornito dal comando, sino alla cappelletta di Spera: qui, avrebbe trovato le guide dell'Ufficio Informazioni. 4. Era ptevista una sosta nella località Bettega per attendere l'ora di partenza verso il punto di lancio (la cappelletta di Spera). 5. Era fissata per ogni colonna l'ora in cui avrebbe dovuto muoversi dal punto di lancio. 6. Era stabilito con grande meticolosità ( ! ) l' affardellamento della truppa: bombe a mano, pugnali, esplosivi, coperte da campo, tenda, dotazione di cartucce, tre giornate di viveri di riserva e una razione di pane. SEGNALI LUMINOSI PER LA FANTERIA
1. Pistole Very, stelle rosse o razzi a tre luci rosse: richiesta intervento artiglieria. 224
2. Pistole Very, stelle bianche o razzi a tre luci bianche: spostare il tiro dell'artiglieria, perchĂŠ colpisce le nostre truppe. 3. Pistole Yery, stelle verdi o razzi a tre luci verdi: cessare il tiro di artiglieria. 4. Si ricorda che il razzo o le stelle devono essere lanciati dal lato verso il quale occorre spostare il tiro. SEGNALI RISERVATI AL SOLO COMANDANTE L'OPERAZIONE, CHE PARTIRANNO SOLTANTO DAL MONTE LEVRE 1. Tre gruppi di due razzi tricolori a intervallo di un minuto fra ogni gruppo. Le truppe devono rientrare nelle linee di partenza (movimento lento e metodico). 2. Lo stesso segnale ripetuto piu volte. Accelerare il movimento di ritirata, pur mantenendolo ordinato. AVVERTENZE. Questi segnali luminosi saranno usati soltanto quando il nemico dimostri in modo indubbio di essersi accorto della nostra azione e non sia piu possibile proseguire l'azione di sorpresa. DI GIORNO. Il segnale alle truppe di rientrare nelle linee di partenza sarĂ dato mediante grandi fumate nere dal Levre.
225
XI.
RELAZIONE PRESENTATA AL COMANDO SUPREMO E AL COMANDO DELLA 1° ARMATA SULLA PARTE SVOLTA DALL'UFFICIO INFORMAZIONI NELLA SORPRESA DI CARZANO*
AL COMANDO SUPREMO AL COMANDO DELLA
SEGRETERIA CAPO S. M. UFFICIO CAPO$. M.
1° ARMATA -
24 settembre 1917 Oggetto: Relazione sull'azione svolta da ufficiali, graduati e soldati dipendenti dall'Ufficio Informazioni 1° e C armata nell'azione del 17 corrente in Valsugana. Scopo dell'azione che doveva essere svolta dalle truppe alle dipendenze dirette del generale Zincane
Sorprendere frontalmente, con l'aiuto di guide, il V battaglione bosniaco dislocato fra Scurelle e Caverna; sorprendere, sempre con l'aiuto di guide, il IV battaglione del 4° fanteria dislocato fra Caverna e Pontarso, la compagnia Schutzen « Alta Austria » dislocata fra Scurelle e il Brenta, le batterie di artiglieria dislocate sul Ceggia, le truppe e le batterie dislocate sul Civeron e nei paeselli di fondovalle. Aprire numerosi varchi nei reticolati della prima linea, al fine di * Il fatto che chi ha steso questa relazione sia pure l'autore del presente volume non vieta di far notare al lettore - a tanti anni di distanza e per puro senso di obbiettività storica - che rivelazioni e docume~ti successivi, anche di parte nemica, hanno in tutto e per tutto confermato l'esattezza d'un resoconto buttato giu a pochi giorni dalla fallita azione, quando amarezza e risentimenti avrebbero potuto, in qualche comprensibile misura, influire sulla redazione del testo medesimo.
permettere al comando del XVIII corpo d'armata di sfruttare con altre truppe i risultati della sorpresa. Organizzazione dell'azione Per il compito spettante alle guide e agl'interpreti, tale organizzazione venne assunta dal sottoscritto. D'accordo con ufficiali nemici con cui era in relazione, venne formato un nucleo di ventotto guide - ufficiali e sottufficiali cechi, serbi e sloveni - impegnato a guidare le nostre colonne ai vari obbiettivi: ad ogni guida furono assegnati uno o due interpreti italiani ufficiali o non - usufruendo, previa autorizzazione del capo di S. M. dell'armata, colonnello Clerici - del personale del reparto informazioni della 1â&#x20AC;˘ armata. Prima dell'azione, il sottoscritto conobbe e parlò a varie riprese alla massima parte delle guide; preparò anche in tempo gl'interpreti, riunendo a tal uopo al forte San Procolo di Verona parte del personale delle intercettazioni. Con le guide venne stabilito: a) che venissero interrotti, nella notte stessa dell'azione, tutti i collegamenti telefonici fra i vari comandi austriaci e le truppe di prima linea; b) che fosse tolta la corrente elettrica dai reticolati; e) che fosse avvertito il comando austriaco di settore che pattuglie uscivano in ricognizione e che doveva evitarsi il tiro di sbarramento e l'illuminazione del terreno immediatamente antistante alle linee; d) che venisse addormentata con mezzi forniti dal sottoscritto la maggior parte delle truppe del battaglione bosniaco e che il narcotico fosse anche distribuito ai Deutschmeister e alle truppe d'artiglieria sul Ceggio. L'ufficiale austriaco dirigente forni, inoltre, tutte le informazioni necessarie per far si che il nostro co227
mando, orientandosi sulle immediate e sulle grandi retrovie sia per quanto riguardava lo stato delle fortificazioni sia per le condizioni stradali, potesse di conseguenza stabilire il quantitativo di truppe occorrenti e gli scopi da raggiungere.
Persona/.e dell'ufficio che partecipò all'azione Dodici ufficiali, quattro sottufficiali, quattordici graduati, ventisei uomini di truppa, tutti ottimi interpreti di varie lingue, tutti pieni di entusiasmo, coraggiosissimi, bene orientati, bene istruiti sui vari compiti da svolgere, parteciparono all'azione. Intervennero anche volontariamente due cechi di provatissima fede antiabsburgica, venti graduati e soldati russi formanti un drappello speciale da lanciarsi nelle retrovie austriache ( tutti conoscitori della zona), trenta italiani ex prigionieri in Valsugana, fuggitivi. Gl'interpreti dovevano consentire ai comandanti delle varie colonne di capire perfettamente le indicazioni delle guide austriache, di diffondere fiducia sul1'esito dell'azione, di ingannare il nemico usando la sua lingua e la parola e controparola della notte; i collaboratori cechi dovevano funzionare da capi-pattuglia nei due punti estremi della breccia, i piu delicati, ingannando o catturandovi le eventuali pattuglie di collegamento che senza dubbio sarebbero state mandate dai reparti austriaci laterali; i russi e gl'italiani fuggitivi, infine, dovevano fomentare la rivolta, non appena le nostre colonne fossero avanzate, nei vari campi di concentramento prigionieri, ad essi noti per avervi soggiornato.
22 8
Assegnazioni guide e interpreti
Le colonne d'attacco stabilite dal comando italiano furono dodici. Non fu possibile assegnare a ogni colonna, sin dall'inizio, tutte le guide austriache necessarie; rimasi, perciò, d'accordo con il nostro comando che le colonne avrebbero trovato le loro guide o alla cappella di San Valentino (sud di Spera), punto di incolonnamento, o a Castellare o a Carzano, e che io stesso, sotto la mia personale responsabilità , avrei provveduto - o direttamente o per mezzo di personale di assoluta fiducia - all'assegnazione delle stesse. Disposi, tuttavia, che gl'interpreti italiani attendessero le colonne per mettervisi alla testa alla cappella San Valentino. Le colonne italiane dovevano susseguirsi ininterrottamente, a cominciare dalla 2 {la 1 entrava a Castellare per altra strada), che per le ore 22,30 doveva essere attestata in attesa del segnale prestabilito alla sunnominata cappella di San Valentino. Alla colonna 1 erano assegnate tre guide austriache e tre interpreti italiani; alla 2 due guide austriache, due interpreti italiani, un collaboratore ceco e tre interpreti italiani per costituire il cuneo all'estremo nord; alla 3 una guida austriaca e due interpreti; alla 4 una guida austriaca, due interpreti, un collaboratore e tre interpreti italiani per costituire il cuneo all'estremo sud; alla 5 tredici guide austriache e tredici interpreti italiani; alla 6 una guida austriaca e due interpreti italiani; alla 7 tre guide austriache e tre interpreti; alla 8 quattro guide austriache e quattro interpreti; alla 9 tre guide e tre interpreti; alla 10 sei guide e sei interpreti, alla 11 una guida e tre interpreti e alla 12 due guide e quattro interpreti. 229
Il tenente Scotoni aveva l'incarico, restando alla cappella San Valentino, di curare il regolare assegnamento delle guide e interpreti fino alla colonna 5; il tenente Artom fino all'8; il tenente Delaiti fino alla 10; il cap. magg. Beltrame fino alla 12. Il capitano Soragna ed il sottotenente Prato erano a mia diretta disposizione per compiti speciali (primo contatto con le guide, avviamento prime colonne), i rimanenti graduati e uomini non impiegati in qualità d'interpreti erano al mio seguito ed a mia disposizione e come personale di riserva per sostituire interpreti e come organi di collegamento con le varie colonne. Svolgimento dell'azione Nonostante piccoli inevitabili inconvenienti (sbandamento nelle truppe, allungamento nelle colonne, allarmi da parte nemica presto soffocati, colpi sparati dai nostri soldati a dispetto del divieto di far fuoco, ecc.), l'azione può considerarsi come svoltasi regolarmente sino alla colonna 6 compresa, sia per l'energico mio intervento in molti casi sia per la validissima cooperazione datami dagli ufficiali dell'Ufficio e dagli interpreti sia, soprattutto, per il fedelissimo, intelligente, coraggioso servizio delle guide assegnate alle varie colonne. La colonna 1, penetrando dalla posizione indicata dalle guide, adempi brillantemente e con minimo allarme al suo compito (occupazione di Castellare e cattura del presidio). La colonna 2, quantunque con un po'¡ di ritardo e un po' di allarme, adempi pure bene al suo compito (occupazfone delle trincee a nord di Castellare).
La colonna 3 catturò le guardie di Quote 4 73 e 525 di Palua, e vi si sostitui senza troppo allarme. La colonna 4 occupò Scurelle, catturandovi le guardie (i nostri uomini si spararono tra di sé, ma l'allarme fu presto domato). · La colonna 5 occupò la testa di ponte di Carzano, catturandovi tutto il presidio. Alle ore 2, il sottoscritto, che aveva provveduto sommariamente a che le prime colonne facessero proseguire sollecitamente la 5 per riguadagnare tempo, prima ancora che il compito della 3 e della 4 fosse terminato, entrava con il LXXII battaglione bersaglieri in Carzano, e, seguendo le indicazioni delle guide, si assicurava che il paese fosse occupato in modo sicuro dai nostri, e che le trincee a nord e a sud della località e la strada ad ovest costituissero una salda testa di ponte. Il piccolo allarme da noi suscitato veniva domato con energia e, dopo mezz'ora, circa duecentotrenta prigionieri e sette od otto mitragliatrici erano riuniti nella chiesa di Carzano (i prigionieri dovevano essere poi avviati, per la strada di Castellare, alle nostre linee). Vedendo che la colonna 6 aveva perso i collegamenti ed era in ritardo pregai il maggiore Ramorino della colonna 5 di dare i trenta uomini fronte ovest alla guida N. 7 per sopprimere o catturare il comando di battaglione sito nella cappelletta ad est di Telve: dietro mia assicurazione che avrei subito sostituito con uomini della colonna 6 (cosa che poi f ed fare) i partenti, il maggiore Ramorino aderf ed io potei cosi avviare i sostituenti la colonna 6 al loro obbiettivo. Riunii dopo tutte le guide occorrenti per le azioni successive ed in attesa della colonna 7 (la 6 era giunta ed era stata subito impiegata, parte come riserva, parte
in sostituzione dei partiti) le orientai e le incoraggiai a svolgere con piena coscienza quanto ancora rimaneva da fare. Alle 2 ,3 O richiesi al maggiore Ramorino: 1) se avesse ristabilito i collegamenti con la colonna 7; 2) se avesse avvertito il comando dell'avvenuta e riuscita azione; 3) se fosse impiantato il telefono. Ebbi risposta negativa per tutt'e tre le domande: lo pregai di informare subito con un biglietto il comando, di sollecitare i telefonisti, di far ricercare la colonna 7. (La strada da Carzano a Castellare è ottima, la luce naturale sufficiente, la passerella sul Maso comodissima, il torrente guadabile.) Per mio conto, sentito che alcuni prigionieri riuniti nella chiesa sparavano colpi di rivoltella in aria vi entrai per intimare loro la consegna delle armi e il massimo silenzio, altrimenti avrei fatto aprire il fuoco dall'ingresso con le mitragliatrici. L'intimazione ebbe effetto salutare. Alla stessa ora (2 ,3 O), l'artiglieria austriaca cominciava a sparare i suoi primi colpi su Spera. Attesi ancora un po', ma visto che la colonna 7 non arrivava e che i portaordini non sapevano darne notizia, avvertii il maggiore Ramerino che ne andavo personalmente alla ricerca: presi con me sei o sette uomini, lasciando però sul posto le guide e il tenente Cesareni dell'Ufficio Informazioni. Al ponte sul Maso, persi qualche minuto, perchÊ avendolo trovato senza sorveglianza, mandai a richiedere otto uomini e vi stabilii un posto di guardia: altri uomini di collegamento lasciai lungo il tragitto dal ponte a Castellare. Nessun tiro nemico ci disturbò durante questo percorso. Non trovando ancora la colonna 7, percorsi i vigneti e il 'b oschetto fra Castellare e la strada Strigno2.32
Spera: inutilmente, eccettuati pochi dispersi e gli uomini da me lasciati dall'inizio dell'azione per il collegamento delle varie colonne, non incontrai anima viva e non riuscii a sapere dove si trovavano la 7 e le altre colonne. Erano le 4 circa. Percorsi, allora, tutta la strada cappelletta San Valentino-Strigno: ma anche qui non incontrai nessuno. Andai cosi :fino al comando di brigata (cantina del casermone di Strigno), dove giunto, orientai il generale Zincane sulla situazione, lamentando contemporaneamente il mancato arrivo delle altre colonne. Il generale mi disse d'averle¡ avviate tutte per il camminamento. Io confermai il mancato arrivo e assicurai che dopo la colonna 6, non ne erano piu giunte, non solo, ma che la strada cappelletta San ValentinoStrigno era assolutamente sgombra di truppe. Il tenente colonnello Chiericone giunto nel frattempo (credo comandasse la colonna 1 O) informò che i suoi uomini si trovavano al riparo nel bosco ad est di Strigno: all'ordine del generale di procedere senz'altro con me, il ten. col. obbiettò essergli necessari almeno venti minuti per riunire e giungere con i battaglioni. L'avvertii, pertanto, che riprocedevo sollecitamente per la cappelletta San Valentino-Castellare-Carzano, che avrei nel frattempo spinto avanti le altre colonne, forse in attesa nei camminamenti, e che alla cappelletta avrei fatto trovare una guida, affinchÊ senza altri intoppi le colonne potessero susseguirsi con la massima celerità . Percorrendo la strada Strigno-San Valentino, trovai il tenente colonnello Balbinot al bivio esistente seicento metri prima della cappella: a mia richiesta, egli riferf che tutti i suoi uomini erano dietro di lui nel cammi2 33
namento. Lo avvertii dell'ordine di proseguire immediatamente per Carzano (erano circa le 5) e lo precedetti nella speranza di trovare e spingere innanzi altre colonne. Giunto di nuovo alla cappelletta di San Valentino, vidi, essendovi un po' di luce, che tra le rovine di Spera erano riuniti degli uomini: vi corsi, domandando di quale colonna fossero. Mi dissero della 7. Cercai il comandante, non c'era; trovai solo alcuni sottotenenti, che non seppero dirmi nulla. Ordinai loro di scendere a Castellare e dirigersi su Carzano; anzi, mostrai sul terreno gli obbiettivi perché non si smarrissero. Essi iniziarono la discesa, ma a metà strada si arrestarono. Scesi, intervenni direttamente, orientando nuovamente gli ufficiali e accompagnando la colonna fino a Castellare. L'artiglieria nemica, specie quella del Civeron, ci batteva, ma il suo fuoco non era né cosf intenso da impedire il movimento né cosf efficace da produrci forti perdite. Davanti a Castellare, mentre cercavo di seguire un piccolo movimento offensivo nemico delineantesi verso Ghisi e tendente a battere d'infilata con due o tre mitragliatrici il ponte sul Maso, venni raggiunto dalla colonna del tenente colonnello Balbinot e un portaordini riferi che era stato emanato l'ordine di ritirata. Incredulo e sgomento, mandai uno dei miei uomini per verificare la notizia, ma un capitano del 135° fanteria, dalla cappelletta di San Valentìno, mi confermò l'ordine. Risalii allora sulla strada Spera-Strigno e rientrai al comando. Perdite o feriti nel personale dipendente
Il tenente Artom e l'intercettatore Santi risultano dispersi, probabilmente uccisi. Il soldato Corso (guar234
dafĂŹli), ferito gravemente, mod in mia presenza sulla strada Spera-Strigno e venne poi sepolto nel cimitero di Bieno. Il sergente Baradello ed i soldati Rossi, Galbiati, Zugliani e Zuffa rimasero feriti. Il sottotenente Mattei fu morsicato, non gravemente, da un austriaco. Il sottoscritto segnala (negli allegati) il contegno valoroso tenuto da alcuni dipendenti. Crede anche suo dovere far presente, al fine di mettere nel dovuto rilievo la parte assuntasi dall'Ufficio Informazioni nell'operazione, che: a) le guide hanno adempiuto lealmente e in molti casi con entusiasmo e coraggio ammirevoli la parte assuntasi; b) esse versarono alle proprie truppe il narcotico, ma che l'effetto di questo fu un po' neutralizzato dall'anticipo dell'ora legale austriaca, rispetto alla nostra, attuata, a insaputa di tutti, la notte del 16 (il narcotico aveva effetto per tre-quattro ore ogni dose); e) tutte le linee telefoniche nemiche furono interrotte dalle guide (cosa questa che si potĂŠ costatare oltre che per loro asserzione anche per il disorientamento in cui era caduto il comando nemico durante tutta la sua debole azione di difesa); d) la prima parte del compito dell'Ufficio fu assolta completamente come dimostrarono la presa di possesso di Carzano avvenuta alle 2 quasi senza perdite (due morti e pochi feriti fino a tale ora, in tutto il complesso dell'azione) e quella di Telve; e) l'azione mori per mancato afflusso di colonne e decisione negativa del nostro comando, ma non per reazione nemica tale da alterare le informazioni date circa le forze e le artiglierie nemiche che ci stavano di fronte.
235
Come dati cronologici, il sottoscritto aggiunge che sino alle ore 2 ,3 O l'artiglieria nemica non apri il fuoco e che a tale ora essa lo apri solo su Spera e adiacenze, ma non sulla zona fra Castellare e Carzano, che solo alle 5,30 l'artiglieria nemica cominciò a tirare qualche colpo su Castellare, che :fino alle 6,30 del mattino nessun colpo dell'artiglieria nemica è giunto su Carzano. F.to: magg. PETTORELLI LALATTA
XII.
RELAZIONE . DEL COMANDANTE DEL 135• FANTERIA
AL COMANDO DELLA BRIGATA «CAMPANIA»
Zona di guerra, 2 7 settembre 1917 ' Oggetto: Fatto d'armi del 17-18 settembre 1917 N. 1326 pr. Op. Ris. (Copia)
Secondo gli ordini ricevuti dal comando della 15' divisione, il II e III battaglione del 135° Regg. Fanteria, con tutti i loro elementi - meno le compagnie mitragliatrìci - e con le sezioni pistole mitragliatrici del I battaglione, due plotoni del battaglione d'assalto della IV brigata bersaglieri, un drappello di trenta uomini d'artiglieria ed una squadra di otto uomini della 33• compagnia del genio telegrafisti (provvisti di materiale telefonico) dovevano costituire la colonna 1O d'assalto, agli ordini del sottoscritto, con il compito di eseguire un colpo di mano di sorpresa contro le linee nemiche, sul rovescio della linea Carzano-Castelnovo, irrompendo per Carzano, dopo che questa località fosse stata occupata da altri reparti. Il I battaglione completo fu destinato a tenere la linea arretrata di forcella Tesino; le compagnie mitragliatrici del II e III battaglione (1187" e 1198.) furono destinate a rinforzare la linea di Bieno, schierandosi presso Lasta, tutti in attesa di essere chiamati a concorrere nell'azione, se questa avesse avuto sviluppo oltre il Maso. 2 37
La colonna iniziò il movimento dalla conca Tesino alle ore 17; alle 23, si trovò raccolta presso la località Bettega, dove sostò in attesa di essere chiamata ad incolonnarsi dietro le altre per portarsi su Spera, donde alle 2,15 avrebbe dovuto iniziare la sua azione, puntando su Carzano, e successivamente, piegando a sud, effettuare il dilagamento alle spalle della linea austriaca del Maso fino a Castelnovo. Alle 0,30 la colonna ebbe ordine di muoversi e giunse alle 1,30 al casermone di Strigno. Ivi un ufficiale incaricato dell'incolonnamento la fece fermare in attesa che fosse sfilata la colonna 9 (un battaglione del 136°), che doveva precedere a Spera ed oltre la colonna 10. D urante l'attesa, si notarono alcuni radi colpi a shrapnels nemici su Spera e costone a nord di Strigno. Contemporaneamente fasci di proiettori nemici si fissarono sulla zona e piu particolarmente sul punto di sbocco delle colonne dirette a Spera. Il comandante delle truppe di operazione ordinò di sospendere il movimento. La 5" compagnia, che era in testa alla colonna, aveva nel frattempo imboccato il camminamento che conduce a Spera, seguendo immediatamente la colonna 9. Le fu comunicato l'ordine di fermarsi . II rimanente della colonna fu fatto retrocedere fino dietro il costone Tomaselli, al riparo del tiro di artiglieria nemico, che cominciava a battere con qualche colpo anche la conca del casermone di Strigno. Il breve ripiegamento fu compiuto senz'incidenti. Il tiro di artiglieria nemico si fece, nel frattempo, molto intenso, come intensa divenne l'azione dei riflettori. La zona ad occidente del costone Burlon, Q. 546 e la regione Spera-Castellare erano violentemente battute. Qualche colpo cadeva sul rovescio del
suddetto costone. Le nostre artiglierie ebbero ordine di aprire il fuoco contro le avversarie. Alle ore 5 circa, il comandante delle truppe di operazione comunicò personalmente al comandante del reggimento l'ordine di riprendere il movimento sospeso, essendo giunta notizia che la colonna 9 aveva raggiunto il suo obbiettivo, oltrepassando Carzano e dilagando a nord, verso Caverna. La 6. compagnia, che precedeva la colonna 10, venne chiamata sollecitamente e disincolonnata dietro la 5, che già era sboccata verso Spera. Seguirono a breve distanza la 7 e successivamente i reparti del III battaglione. Quando stava per incolonnarsi la 7" compagnia, il comandante del reggimento ricevette l'ordine di sospendere il movimento, essendo stato deciso dai comandi superiori di cessare l'azione e di fare ripiegare le colonne già lanciate contro la linea nemica del Maso. I reparti del reggimento non ancora sfilati ripiegarono dietro il costone di Tomaselli, al riparo, in attesa di ordini. Anche guesto secondo ripiegamento si esegui senza inconvenienti. Il comando del reggimento restò a Q. 546 in attesa del ripiegamento della _5• e 6" compagnia, alle quali fu mandato ordine di retrocedere fino a raggiungere gli altri reparti del reggimento. Esse, però, si erano già impegnate nel combattimento con la colonna 9, e soltanto due plotoni della 6' riuscirono a disimpegnarsi ed a ripiegare. La 5• compagnia e gli altri due plotoni della 6" passati agli ordini del comando del 136° reggimento, mantennero il contatto con il nemico, proteggendo la ritirata degli altri reparti piu avanzati e sostenendo un vivo combattimento sotto intensissimo fuoco cli artiglieria e di mitragliatrici. La situazione rimase immutata fìno alle ore 9. 2 39
A quest'ora il comandante delle truppe di operazione ordinò al comandante del reggimento di occupare con i reparti non impegnati la linea Q. 79 5, Burlon e Q. 546, a rinforzo dei reparti del 149° fanteria che la presidiavano, per costituirvi una solida barriera contro eventuali contrattacchi nemici e per proteggere la ritirata dei reparti impegnati verso il Maso. Il movimento ordinato si compi celermente, dapprima con due plotoni della 6. compagnia e con la 7', che erano piu sottomano, poscia con tutto il III battaglione e con gli altri elementi già costituenti la colonna 10. Il comando del reggimento si portò poco a sud di Q. 680 (Burlon) dietro la selletta di P aterni. La 6. compagnia con il comando e due plotoni si portò al caposaldo di Q. 795 sud; la si schierò a sud, al caposaldo del Burlon. Il 2° reparto zappatori appena giunto (ore 1O) fu mandato ad occupare la selletta ad occidente di Case Paterni; il III battaglione, che arrivò dopo, si schierò tra la selletta di Paterni e Q. 546. Alle ore 12, il comandante della brigata « Trapani », che aveva assunto il comando della linea, chiamò presso di sé, al casermone di Strigno, il comandante del reggimento, al quale dette ordine di assumere il comando del sottosettore Frattoni, Q. 795, stabilendosi presso quest'ultima località. I reparti del reggimento furono disposti nelle seguenti posizioni: 3· e 4• sez. pistole mitragliatrici a Frattoni Medio; 1• e 2~ sez. pistole mitragliatrici e 2° reparto zappatori a Q. 795, presso il comando del reggimento; 6" compagnia con due plotoni a Burlon; 7' a sud di Burlon, lungo il costone di Samone; III battaglione, con i suoi elementi, lungo lo stesso costone fino a Q. 546, collegandosi a destra con la 7' compagnia.
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Alle ore 17, tutti i reparti rientrarono alle nostre linee al casermone di Strigno, dove da apposito incaricato del comando di reggimento, ebbero ordine di raccogliersi e riordinarsi sulla linea di Bieno, presso Lasta, lungo la quale erano schierate le compagnie mitragliatrici del II e III battaglione. In questa dislocazione, il reggimento rimase per tutta la giornata e durante la notte, spingendo pattuglie verso il Maso per raccogliere feriti e dispersi. Furono seppelliti da una pattuglia appositamente inviata, di cui fece parte il cappellano del reggimento, quattro cadaveri di bersaglieri a Spera. Il mattino successivo, per ordine del comando della brigata ÂŤ Trapani Âť, il comando del reggimento e tutti i reparti, meno la 9â&#x20AC;˘ e 10¡ compagnia e quattro sezioni pistole mitragliatrici, che rimasero sul posto, si ritirarono nei loro accantonamenti in conca Tesino. I reparti rimasti sulla linea di osservazione furono fatti ripiegare nella notte successiva. Perdite della giornata: un morto, 20 feriti, 2 dispersi (che si ritengono morti); tutti di truppa. Il comandante del reggimento CHIERICONE
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XIII.
DAL DIARIO DEL COMANDANTE LA COLONNA 10
Il diario di uno dei comandanti di colonna rappresenta la diretta e insostituibile testimonianza di chi ebbe a partecipare al fatto d'arme in funzione non subalterna. Il movimento di avanzata - come risulta dal documento - avrebbe dovuto essere accelerato per giungere il piu presto possibile nella zona in cui si sapeva di certo che il nemico non aveva preparato alcun tiro, allorché caddero i primi colpi di cannone su Strigno. Invece, fu dato l'ordine di fermarsi e di retrocedere! Poi, mancò ai responsabili operativi, in una misura che ha dell'incredibile, la comprensione d'un fattore essenziale per la riuscita d'una « sorpresa» del genere: il pit't assoluto rispetto dei tempi preventivamente stabiliti e concordati ( non dimentichiamo mai che noi si conoscevano alla perfezione l' entità e la disposizione delle truppe delle batterie nemiche).
Il progetto dell'operazione contro Carzano e la linea austriaca del Maso fu comunicato ai comandanti delle colonne in una riunione indetta dal generale Zincane, comandante interinale della 15· divisione, sul monte Levre, il mattino del 16 settembre. Fino a questo momento si sapeva che la brigata « Campania » sarebbe prossimamente partita per altro fronte. Ciò risultava da comunicazioni ufficiali scritte, in una
delle quali, la sera del 15, si diceva che la destinazione della brigata si sarebbe fatta nota in ferrovia. In verità, però, da parecchi indizi palesi, era stato facile arguire che la voce diffusa non serviva che a nascondere i preparativi di un'azione offensiva che si andava maturando. Nella riunione sul monte Levre, cui partecipai, fu specialmente fatta una descrizione del terreno e fu indicato nelle linee generali il piano dell'azione. Una nuova riunione fu tenuta la sera del 16, al comando della 15· divisione a Castel Tesino e ad essa intervennero i comandanti di battaglione e di compagnia che avrebbero preso parte all'operazione. Furono in questa riunione piu ampiamente spiegati i particolari dell'azione e furono distribuiti ordini, schizzi e carte ai comandanti delle colonne. Gli ordini riguardavano, però, esclusivamente l'azione delle colonne dal punto donde tutte avrebbero dovuto iniziare la loro azione autonoma ossia dalla cappelletta ad ovest di Spera. Era fissata l'ora in cui ciascuna colonna avrebbe dovuto muovere da questo punto; per la 10 erano stabilite le 2,15. Fino alla cappelletta tutte le colonne avrebbero marciato incolonnate sulla strada Pieve Tesino, Pradellan, Tomaselli, caserma austriaca di Strigno, Spera. Sopra una carta (ingrandimento di quella austriaca al 7 5. 000) era segnato l'itinerario che ciascuna colonna avrebbe dovuto percorrere fino a Spera ed oltre. Da Spera a Carzano l'itinerario era comune per tutte le colonne che avrebbero dovuto passare il Maso. Ad ogni colonna sarebbe stato assegnato un ufficiale-guida fìno Rlla cappelletta di Spera. Era prevista una sosta nella località Bettega per attendere l'ora di partenza verso il punto di lancio (la cappelletta, appunto). 243
Nella riunione stessa, fu dato ordine di non far parola alla truppa della progettata operazione fìno al pomeriggio del 17. Fu pure prescritto di prelevare il mattino successivo i mezzi sussidiari e i materiali occorrenti (bombe, pugnali, esplosivi, viveri di riserva, pinze, lampadine elettriche, funicelle, catenelle, ecc.). Fu pure prescritto l'affardellamento della truppa: coperta da campo, tenda, dotazione di cartucce, bombe a mano, tre giornate di viveri di riserva con una razione di pane. In pratica, questo affardellamento si dimostrò impacciante specialmente per passare nei camminamenti e molti furono, mi fu detto, i militari che se ne liberarono. Il mattino del 17, fu tenuta un'altra riunione al comando della 15" divisione, durante la quale fu letto l'ordine d'operazione del comando della 6" armata, furono assegnate le guide alle colonne, fu stabilito che queste dovessero muovere dai rispettivi accantonamenti alle ore 17. Non fu dato alcun altro ordine relativo all'incolonnamento delle truppe ( divise in quattordici colonne ed ascendenti ad una forza complessiva non molto superiore ai diecimila uomini): tanto che io stesso, pensando che tale incolonnamento, lasciato alla iniziativa dei comandanti delle colonne con la sola indicazione dell'ora di partenza dagli alloggiamenti in conca Tesino, dovesse inevitàbilmente produrre incontri, incagli, ritardi nella marcia, complicata da una sosta, con ammassamento, a Bettega, chiesi che fossero fissati un punto ed un'ora di incolonnamento e che questo fosse regolato da apposito incaricato. La mia domanda ebbe accoglimento soltanto parziale, giacché rimase immutata l'ora comune di partenza da località diverse ma poco lontane e con un ordine iniziale di successione delle colonne n~n corrispondente né all'ordine numerico di 2
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esse né al posto che ciascuna avrebbe dovuto prendere nell'intiera colonna. Accadde cosi che alle 17 circa tutti mossero dagli accantonamenti e che allo sbocco orientale dell'abitato di Pieve Tesino, dove si trovò un ufficiale per regolare l'incolonnamento (il tenente di milizia territoriale di cavalleria Cristofori, ufficiale a disposizione del comando della brigata « Campania » ), le teste di alcune colonne si affacciarono contemporaneamente e senza alcun riguardo al numero progressivo delle medesime ed al loro ordine di successione nella marcia. Non so bene quel che avvenne in questo frangente, perché non mi trovai presente. So che io mi presentai con la testa della mia colonna pochi minuti dopo le ore 17 (provenivo da Pieve Tesino) e vi fui fermato in attesa del mio turno. Le strade che dalla conca Tesino facevano capo alla forcella omonima erano tutte ingombre di truppe; al punto di incolonnamento suddetto mi si disse che erano sfilate regolarmente le prime quattro colonne, le piu piccole, perché in tutto ammontavano a poco piu di duecento uomini, essendo formate soltanto da una compagnia d'assalto. La 5, mi fu detto, non si trovò pronta a seguire la 4, e fu attesa. Doveva giungere se non erro, da monte di Mezza. Causa del ritardo di alcune colonne (quelle che provenivano da accantonamenti piu lontani) fu il ritardo con il quale vennero distribuiti i mezzi sussidiari ed il materiale che si ebbe ordine di prelevare per l'operazione che, mandato a ritirare il mattino del 17 alle ore 9, non giunse agli accantonamenti che verso le ore 15. Ciò obbligò a compiere una distribuzione affrettata ai reparti ed agli individui e causò un certo ritardo nella partenza di alcune colonne. Né tutto il materiale si poté avere, perché non ve n'era disponibile. Ricordo che io avevo chiesto delle cartucce di gelatina 245
per far saltare, quando fosse stato necessario, i pezzi della batteria di Castelnovo, che avrei dovuto catturare (mi era stato perciò assegnato un drappello d'artiglieria), e mi furono mandati, all'ultimo momento, dei pacchi di polvere nera. Ebbi solamente in marcia otto apparecchi telefonici per pattuglia, che mi erano stati assegnati. Mi furono distribuite venti lampadine elettriche di cui molte con le pile scariche. Chiesi delle pinze isolanti e dei guantoni di gomma, per tagliare il reticolato elettrizzato, che avrei dovuto trovare lungo il trincerone del Maso, nel caso che in questo, come era stato considerato possibile, fosse stata immessa la corrente, ed ebbi poche pinze col manico di legno. Dopo la colonna 5, che fu fatta sfilare con ritardo, appena si presentò al punto di incolonnamento, e mentre tutte le altre affluivano ed attendevano, sfilarono la 7, 1'8 e la 9, e, quindi, venne il turno della mia, che era cosi formata: due battaglioni di fanteria, due reparti zappatori, sei sezioni pistole mitragliatrici, tre sezioni lanciabombe (senza armi), mezza compagnia d'assalto della IV brigata bersaglieri (cento uomini), un drappello di artiglieria (trenta uomini), un drappello del genio (venti uomini); totale: piu di milleseicento uomm1. Avevo sostato al punto·di incolonnamento per oltre un'ora. La marcia fu lentissima per gli ingombri che si incontrarono lungo la via e che erano prodotti dal riflusso di colonne di autocarri, automobili, carri, salmerie, truppe, che ritornavano dalle linee avanzate nella conca Tesino. Incrociammo persino le compagnie del battaglione complementare della brigata « Campania », che due giorni innanzi era stato mandato ad oçcupare la linea arretrata di Bieno e che fu 1'itirato, non so perché, in quella sera e nella stessa
ora in cui si compiva il movimento inverso delle quattordici colonne. Tutti gli ordinari rifornimenti delle truppe di prima linea, che si svolgevano per consuetudine dall'imbrunire, nel corso della notte, si effettuarono quella sera, come di consueto, e non ne fu né ritardata l'ora né mutato l'itinerario. Tutto questo movimento intenso e contemporaneo di flusso e di riflusso rese la marcia lentissima. Invero, la mia colonna giunse a Bettega, dove doveva sostare e dove era preveduto il suo arrivo non dopo le ore 20, verso le ore 22,30, impiegando piu di cinque ore per percorrere sette od otto chilometri. A Bettega si doveva aspettare l'ordine di riprendere la marcia. Ma conveniva sgombrare la strada, per far posto alle colonne successive. L'ufficiale-guida indicò un prato a sinistra della strada, in cui la colonna 1O avrebbe dovuto ammassarsi, dietro 1'8 (le colonne dispari erano ammassate sulla destra, le pari alla sinistra): come era stato stabilito in una precedente ricognizione eseguita dagli ufficiali-guide. Per far uscire dalla strada sollecitamente tutta la colonna, non era stato scelto un passaggio preesistente né erano state preparate una o piu rampe apposite; e dal livello della strada a quello del prato vi era un salto di un paio di metri, celato da una robusta siepe. Si trovò, H per H, un punto ove la siepe era meno :fitta, vi si aprirono due o tre passaggi e gli uomini furono fatti scendere nel prato scivolando, saltando, cadendo, sollecitati, spinti dagli ufficiali in tutti i modi, pur che facessero presto, per far libero il passo alle altre colonne. Nel prato si dovette procedere al riordinamento dei reparti, che in questa operazione affrettata, ostacolata dall'oscurità, si erano frammischiati. Per tutto ciò si impiegò oltre un'ora. 2 47
Alle 24 circa giunse l'avviso alla colonna 8 di rimettersi in marcia; poco dopo, giunse uguale ordine alla 9 e alla 10. Per uscire dal prato ed incolonnarsi sulla strada si dovette aspettare che la strada fosse lasciata sgombra dalla 9, che, ammassata sulla destra, poco piu indietro della 1O, aveva occupata la via. E questa, a sua volta, per la stessa ragione, ebbe ad attendere che fosse partita 1'8. L'operazione di trarre i reparti dal prato e riformarli sulla strada, attraverso i pochi, angusti e malagevoli passaggi, dovendosi evitare che si ripetessero i frammischiamenti, che qualcheduno rimanesse addormentato o nascosto nel prato, che qualche malintenzionato approfittasse dell'oscurità e dell'agglomeramento per distaccarsi dal suo teparto, fu laboriosa e difficile. Eppure, mercé l'attività, l'attenzione, la disciplina di tutti, fu compiuta regolarmente in brevissimo tempo, e la colonna si rimise in marcia verso il casermone di Strigno, dove io giunsi con la testa verso le ore 1,30, presentandomi al generale Zincone. Ne ebbi lode per la puntualità, il silenzio e l'ordine con cui la mia colonna si era presentata. E nonostante io sentissi che era appena in tempo per trovarsi, procedendo celermente, al punto stabilito (la cappelletta di Spera) all'ora che era stata fissata per iniziare la sua azione autonoma (ore 2,15), e, quindi, premessi perché mi si lasciasse proseguire, lo stesso Zincone mi disse che non mi preoccupassi, in quanto non aveva ancora finito di sfìlare la colonna 9. Infatti, la coda di questa era - sulla strada presso il casermone e si avviava lentamente verso due passerelle costruite sul rio di Samone, proprio all'altezza della caserma austriaca, per le quali si imboccava una mulattiera che conduceva a Quota 546,
scavalcava il costone a nord.ovest di Strigno e immet· teva in un camminamento adducente verso Spera. Seppi allora che per giungere al punto di partenza (la nota cappelletta ad ovest di Spera), la colonna avrebbe dovuto sfilare tutta per un camminamento lungo qualche centinaio di metri e compresi che non era pitZ possibile che io mi vi trovassi alle ore 2,15. Ma io non potevo mutare quello stato di cose, pur sapendo che a Spera si poteva giungere per altra corno· da via. Il generale Zincane, comandante dell'opera· zione, che l'aveva lungamente studiata e preordinata, era li presente ed era al corrente di tutto. L'ufficialeguida assegnatomi aveva eseguito in precedenza una ricognizione del terreno e della strada da percorrere ed egli conosceva quella per la quale avrebbe dovuto condurmi fino alla cappelletta menzionata. Tutte le altre colonne, che avevano comune itinerario con la mia fino a Spera e Carzano, erano passate per lo stesso punto e per la stessa via. Sulla carta che mi era stata distribuita era segnata precisamente quella via come itinerario che io dovevo seguire. Ancora: alle passerelle vi era il tenente Cristofori, quello stesso che aveva regolato l'incolonnamento a Pieve, il quale regolava l'incolonnamento anche li, a Strigno, sotto gli occhi del generale Zincane, ed avviava le colonne per le passerelle, con ordine di far sfilare i reparti per uno ( mentre sulle passerelle si poteva passare como· damente per quattro e cioè per due su ciascuna di esse). Infine: il calcolo del tempo necessario per lo sfilamento di tutte le quattordici colonne, ossia di circa diecimila uomini, per il camminamento, ammesso che tutto fosse andato liscio come l'olio, non ero io che dovevo farlo. E questo calcolo del tempo non poteva non dare come risultato la matematica certezza, pur 2
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facendo tutte le ipotesi piu favorevoli, della impossibilità di far passare tanta gente per un camminamento nel limitatissimo tempo previsto ed assegnato. Tanto è vero che dalle 22 alle 2 non era passato che, tutto al piu, un terzo della forza che doveva passare e i due terzi, che erano ancora indietro, non avevano davanti a loro, per raggiungere i loro obbiettivi innanzi giorno, che poche altre ore. Era dunque naturale il ritenere che di H si dovesse passare per ragioni che non ci erano note, ma imprescindibili, ed a me quindi non restava che il dovere di eseguire gli ordini e tacere. La mia colonna, frattanto, si era serrata sulla testa, addensandosi verso la caserma austriaca, nel tratto di strada dalla caserma a Tomaselli. Quando fu sfilata tutta la 9, si iniziò il passaggio attraverso le passerelle della 5• compagnia, che era in testa alla 1O. Noto qui che io, per ordine scritto ricevuto (l'ordine di operazione, che non posso allegare, perché tutti gli ordini distribuitici ci furono ritirati da apposito incaricato durante la marcia, al borgo di Pradellan), dovevo marciare con il II battaglione della colonna. Tuttavia, per regolare personalmente la marcia ed accelerarla, mi ero portato alla testa del I battaglione, ossia alla testa della colonna 10: con essa giunsi al casermone. Mi riservavo di prendere il mio posto da Spera in poi, quando la colonna avrebbe iniziato la sua azione autonoma, per dirigersi sugli obbiettivi assegnatile. Mentre la 5• compagnia seguiva il passaggio del rio di Samone, cominciarono i riflettori nemici a puntarsi su Spera o Quota 546, e si notarono i primi colpi di shrapnel su Spera, e qua e là su tutto il costone dal Burlon a Strigno. Non so precisare che ora fosse, perché non guardai l'orologio. Ma, dall'attesa fatta, 250
desumo che non dovessero essere lontane le ore 2,30. Io continuai, senza mutare una linea, l'operazione dell'incolonnamento. Ma quando non era ancora sfilata tutta la 5• compagnia, fui mandato a chiamare dal generale Zincane, il quale mi ordinò di arrestare il movimento e di non far attraversare il terreno ai reparti che erano al di qua. Comunicai l'ordine alle truppe, facendo, però, di mia iniziativa, completare il passaggio a tutta la 5• compagnia, che aveva ancora due squadre sulla sinistra del torrente per non rompere i legami organici dei singoli reparti. Rimanemmo in attesa di ordini, mentre il fuoco di artiglieria si faceva alquanto intenso. Io mi trovavo a pochi passi dal casermone, dov'era il generale ZincoJ1e, il quale, poco dopo, mi disse di mettere al riparo la colonna dietro il costone di T omaselli. Ordinai che le truppe da me dipendenti serrassero sulla coda, sgombrando il tratto di strada dal casermone a Tomaselli, nel quale si erano addensate e dove erano esposte ai colpi lunghi diretti sul costone di Burlon. Personalmente rimasi, con lo Stato Maggiore di reggimento, presso la caserma austriaca, per essere pronto a ricevere ordini, da un momento all'altro, dal comandante dell'operazione. Giunsero, in quel frattempo, i primi gruppi di prigionieri ed i primi feriti. Il mio capitano medico, in mancanza di un posto di medicazione al casermone, li ricevette, medicò quelli che ne avevano bisogno e li avviò alla sezione di sanità collocata a Tomaselli. Durante quella sosta, il generale Zincane, vedendomi, mi confermò di rimanere in attesa di ordini, che si riservava di dare quando si fosse reso conto di quanto accadeva verso il Maso. Mi disse poi testualmente di « tenermi a contatto con il reggimento ». 251
In conseguenza di quest'ordine, mi recai alla testa della mia colonna, mentre qualche colpo di artiglieria cadeva proprio sulla strada, presso il casermone, da poco sgombrata dalle mie truppe. La colonna 1O aveva retroceduto con la testa di un paio di centinaia di metri e non aveva potuto portarsi fin dietro il costone di Tomaselii, come era stato ordinato, perché incalzata a tergo dalla 11 , comandata dal colonnello Cacace, del 20° reggimento bersaglieri. Recatomi in coda, comunicai al predetto colonnello l'ordine che aveva avuto e Io pregai di far serrare anche la sua colonna sulla coda, per fate un po' di piu posto alla mia. Questo arretramento, che si ripercosse anche sulla colonna 12 (un battaglione del 136° fanteria, credo, comandato dal maggiore Scarpa), produsse quel tanto di spazio che occorreva, perché la testa della mia colonna venisse a trovarsi dietro le prime case di Tomaselli. Io mi portai alla testa di essa e rimasi in attesa. Di H a poco, un carabiniere venne a chiamarmi personalmente per ordine del generale Zincone. Strada facendo, un vicebrigadière, sempre dei carabinieri, venne a sollecitarmi. Giunsi al casermone di corsa. Il generale Zincone mi domandò subito dove ero stato. Risposi che ero stato presso la mia colonna dietro al costone di Tomaselli, dove e come mi aveva ordinato. Ed egli mi soggiunse che aveva mandato due carabinieri a chiamarmi e che aveva poi anche mandato il tenente Cristofori per trovarmi. « Già », disse, « quello è l'uomo che risolve tutte le situazioni! ». Per la verità debbo dire che io non vidi affatto in quella occasione il tenente Cristofori e che vidi, invece, uno dopo l'altro, i due carabinieri mandati a chiamarmi. Dopo questo breve dialogo, il generale Zincone, senza mostrarsi eccessivamente impaziente (almeno questa fu la mia 252
impressione), mi disse testualmente: « Melia (il comandante del battaglione del 136°, che costituiva la colonna 9) ha dilagato a destra, verso Caverna (è stabilito, invece, che ciò non avvenne),· lei vada e dilaghi a sinistra ». E subito dopo: « vada e si getti allo sbaraglio.' » . Fu convenuto che il maggiore Lalatta dell'Ufficio Informazioni della l" e 6" armata, che era venuto in quel momento al casermone per conferire con il generale Zincone e che doveva tornare verso Carzano, mi avrebbe fatto da guida. Io feci osservare che mi occorrevano quindici o venti minuti per andare a prendere la colonna e riaccompagnarla al punto di incolonnamento, e fu stabilito che il maggfore Lalatta mi avrebbe atteso. Mandai subito un ufficiale dello S. M. del reggimento a prendere, intanto, la 6" compagnia, che era in testa, e ricondurla al casermone, comunicando agli altri reparti l'ordine di seguire con tutta celerità il movimento. Mi diressi anch'io verso Tomaselli e prima di giungervi incontrai la 6. compagnia che a passo affrettato scendeva. Con questa ritornai, in meno di quindici minuti, al casermone e quivi il tenente Cristofori avviò la truppa verso le passerelle. Il maggiore Lalatta mi avverti che avrebbe seguito la strada che attraversa l'abitato di Strigno e si sarebbe messo alla testa della 5• compagnia, già sfilata, allo sbocco del camminamento verso Spera. Si riprese il passaggio del torrente: il tenente Cristofori pretendeva che la truppa sfilasse sulle passerelle per uno; intervenni per fargli intendere l'opportunità di lasciar sfilare anche per 5, ciò essendo possibile, per molte ragioni. E precisamente: la convenienza di lasciar libera la strada a tergo alle altre colonne che ritenevo mi seguissero; il vantaggio di addos2 53
sare le compagnie contro il versante orientale del costone di Quota 546, dove sarebbero state meno in vista e meno esposte al tiro (cominciavano i primi albori); infine la speranza che la pressione da tergo accelerasse la marcia per la mulattiera e il camminamento suddetto dei reparti che vi si erano incolonnati agendo come spinta per superare piu presto la strada. Egli mi obbiettò che il generale Zincone aveva cosi prescritto perché il movimento si eseguisse con ordine e silenzio, ma io osservai che la situazione era mutata; che occorreva far presto e feci passare celermente sulla destra del torrente tutta la colonna. Io passai alla testa del II battaglione. I reparti si raggrupparono sul declivio lungo la mulattiera in attesa di potersi incolonnare. Tutto ciò che era avvenuto aveva dato origine da parte mia ad alcune ri.Bessioni. Mentre io sentivo la necessità di accelerare la marcia per uscire prima che si facesse giorno dalla situazione pericolosa, pensando che mi dovevano seguire altre quattro colonne, mentre il fuoco d'artiglieria nemico aveva aumentato d'intensità e di precisione; e mentre tale necessità l'intuivo e l'avevo letta nel viso del maggiore Lalatta, che era venuto appositamente dal Maso a chiedere ragione del mancato afflusso delle colonne, dopo la 6, ed a sollecitarne l'invio; io mi trovavo di fronte (mi pareva) ad una tendenza, da parte di chi dirigeva l'operazione, che mi sembrava caratterizzata da lentezza. Quando si era creduto di riprendere il movimento, rimasto per piu ore sospeso, facendo avanzare la colonna 10, non si era mandato a questa l'ordine di portarsi avanti, ordine che, comunicato al primo ufficiale che si fosse trovato, anche se non a me personalmente, avrebbe indubbiamente prodotto l'effetto che la truppa si 2 54
sarebbe intanto riordinata e i primi reparti avrebbero ripreso la marcia, in attesa che io, in qualunque punto della colonna mi fossi trovato, fossi reso informato dell'ordine e ne avessi confermata e curata l'esecuzione rapida, portandomi lo stesso alla testa dai reparti. Mi si era, invece, mandato a cercare e chiamare, facendomi andare da Tomaselli al casermone; quivi mi si era dato l'ordine, per la cui esecuzione occorreva che io tornassi indietro, e mandassi apposita persona, a prendere la truppa e ricondurla avanti, con evidente perdita di tempo, certo con ritardo prevedibile di piu di mezz'ora nell'attuazione dell'ordine medesimo. Sul torrente, che potevo far passare in pochi minuti all'intiera colonna, si tendeva a farmi sostare per un tempo maggiore, sfilando per uno. Le colonne successive non avevano seguito il movimento della 10, perché dietro di me non era apparsa, né vidi mai, la colonna 11, del colonnello Cacace. Al casermone non mi si era lasciata facoltà di scegliere la via piu celere e piit comoda, che era quella seguita dal maggiore Lalatta, che io, se me ne fosse stata lasciata l'iniziativa, avrei prescelto per avviarvi la mia truppa fino a Spera, sapendo, perché molti miei ufficiali la conoscevano, come fosse piu comoda, piu larga e piu sicura, dato che non era ancora giorno chiaro ed il nemico si accaniva a tirare sullo sbocco del camminamento. Al contrario, mi si avviò verso la mulattiera di Quota 546, senza la possibilità di mutare l'itinerario, in modo che mi fu vietata qualsiasi libertà di movimento dal dovere imprescindibile di eseguire senza discussione gli ordini del comandante dell'operazione, che egli stesso, presente, o per mezzo dei suoi aiutanti, mi comunicava. Mentre mi si ordinava di gettarmi allo sbaraglio, non si provvedeva a farmi sgombrare il cammino, di2 55
sponendo che le colonne che mi avevano preceduto si gettassero anche esse su Carzano, allo sbaraglio, prima della mia. Infine, mentre era già difficile il passaggio di tanta truppa per il noto camminamento in quella situazione, che esigeva la massima rapidità, per lo stesso camminamento rifiuivano i feriti, i prigionieri e le loro scorte, in quantità ormai cosi rilevante che l'ingorgo era inevitabile, e, piu che l'ingorgo, il ristagno e l'arresto assoluto di qualunque movimento verso il Maso. Da Quota 546 in giu la mulattiera ed il camminamento erano cosf intasati, che non un uomo poteva piu passarvi. Invero, la 6° compagnia della mia colonna, che si era incamminata per raggiungere la 5", incolonnata nella prima fase dell'azione, ne aveva subito raggiunta la coda ed aveva dovuto sostare. Il maggiore Lalatta sa e potrà dire perché l'intasamento avvenne. Io ne darò la spiegazione quale mi fu riferita e mi risulta. Quando il generale Zincone decise di arrestare il movimento della colonna 1O e me ne dette l'ordine, comunicò, parrebbe, lo stesso ordine alle colonne già sfilate. Difatti al maggiore Lalatta, a Carzano, dopo la colonna 6 non giunsero altri reparti. Fu per questo ch'egli si recò al casermone di Strigno, per rendersi conto di tale arresto. Lungo le strade che percorse (Castellare-Strigno-Casermone), non incontrò un soldato, né poteva incontrarne, perché per quella strada non fu fatto passare nessuno. Quando fu dato l'ordine di riprendere il movimento, lo stesso ordine dovette essere comunicato alle altre colonne, alle quali giunse senz'altro con ritardo, date la maggiore distanza e la strada difficile che la staffetta ebbe da percorrere (il noto camminamento) sotto il tiro dell'artiglieria; di modo che quando il primo re-
parto della mia colonna riprese la marcia urtò contro la coda dei precedenti reparti ancora fermi. Il maggiore Lalatta, tornando dal casermone a Castellare, trovò a Spera, fermo, il tenente colonnello Balbinot, che era alla testa della colonna 9 (un battaglione del 136"), mentre il resto della colonna era scaglionato da Spera indietro, fino nel camminamento. Seguiva la 5• compagnia del 135• (colonna 10), che con la coda non oltrepassava la Quota 546. E contro essa urtò la 6" compagnia. Il predetto maggiore Lalatta cercò le colonne 7 ed 8, che non aveva incontrato tra la 6 e la 9. Si portò, perciò, verso Spera e vi trovò alcuni bersaglieri, che, interrogati, dissero di appartenere alla colonna 7. Chiese perché fossero fermi, e gli fu risposto che la colonna aveva avuto ordine di fe,-marsi. Dunque: fino a Carzano erano giunte le prime sei colonne; la 7 e 1'8 erano ferme, per ordine ricevuto, a Spera; la 9 era incolonnata e ferma a Spera, a Quota 546. Della 10, una compagnia era accodata alla 9, mentre tutti gli altri reparti erano stati fermati sulla sinistra del rio di Samone. Tutto ciò non riguarda l'azione della colonna 10, ma ho dovuto narrarlo, in quanto chiarisce le cause degli intoppi che io trovai e spiega le ragioni per le quali la mia colonna non fu impiegata. Spiega, cioè, che tutto questo avvenne perché cosi si volle con ordini precisi che mi furono dati indipendentemente dalla mia volontà, anzi contro quelli che erano i miei desideri. Per ultimare la narrazione mi resta da aggiungere che quando avevo incolonnato la C compagnia e cercavo di spingerla avanti per poi incolonnare il resto del battaglione, fui mandato a chiamare dal generale Zincane, per mezzo del capitano Soragna, dell'Ufficio 2 57
Informazioni della l' e 6" armata. Era già alba chiara. Il generale Zincane mi disse che S.E. il comandante del corpo d'armata, contento dei risultati ottenuti, aveva ordinato di sospendere l'operazione; che perciò riconducessi la mia colonna dietro il costone T omaselli, eseguendo il movimento a scaglioni, di corsa, che cercassi di disimpegnare e ritirassi i reparti eventualmente impegnati. Eseguii l'ordine con tutte le mie compagnie, meno la 5· e 6", che nel frattempo si erano gettate verso Spera. Della 6. fu facile far ripiegare gli ultimi due plotoni. La 5• e i due altri plotoni della 6 erano distesi avanti a Spera, verso Castellare, con il battaglione del 136° ed erano passati agli ordini del tenente colonnello Balbinot, che pure aveva ricevuto l'ordine di disimpegnarsi e di rientrare nelle nostre linee. Il fuoco intenso di artiglieria e di mitragliatrici non permetteva ormai che un ripiegamento a gruppi, per ridurre le perdite, ed i suddetti reparti della mia colonna lo eseguirono nel pomeriggio e da ultimi, dopo aver protetto quello di tutti i reparti impegnati. Poiché la 5• compagnia ed i due plotoni della 6. non avrebbero potuto disimpegnarsi immediatamente, mi recai dal generale Zincane per riferirgli la situazione della mia colonna. In quel momento, egli era assente, essendosi recato, insieme con il tenente colonnello di S.M. Berti, verso Strigno, per la strada bassa. Al casermone trovai il maggiore Versé, del comando della 15· divisione, il quale mi riferf che pochi istanti prima aveva ricevuto comunicazione telefonica da monte Levre che davanti a Carzano si vedevano gruppi di bersaglieri che sventolavano i fazzoletti in segno di resa. In assenza del ge[lerale Zincane, aveva suggerito di tirare con ,pezzi da campagna su Carzano per impedire che quei 2
gruppi passassero al nemico e mi chiedeva se, come piu anziano dei presenti, confermassi o meno quel1'ordine. Il tiro celere su Carzano era già cominciato ed io non ebbi neppure il tempo di prendere in esame la situazione che fu annunciato il ritorno del comandante delle truppe. Non so come egli abbia poi deciso in merito, perchÊ prima di ogni altra cosa dette a me l'ordine di portarmi con i reparti della colonna disponibili sul costone Burlon, Quota 546, per rinforzare i reparti del 149° fanteria, che difendevano quella linea di osservazione. Io mi allontanai per dare esecuzione a questo ordine.
F.to:
CHIERICONE
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XIV.
STRALCIO DELLA RELAZIONE PRESENTATA DAL TENENTE ARTOM (DISPERSO NELL'AZIONE CONTRO CARZANO PERCHÉ RIMASTO FERITO E FATTO PRIGIONIERO) AL SUO RITORNO IN PATRIA ALLA COMMISSIONE PER L'INTERROGATORIO PRIGIONIERI
Da quanto riferisce il tenente Artom risulta con evidenza che le truppe delle colonne 7 ed 8 da me e dai miei cercate inutilmente sulla stradetta della cappelletta di Spera-Castellare si erano spinte erroneamente, seguendo altra via, un po' pizt avanti, giungendo sino al paesello di Spera. Però, il piccolo inconveniente era stato rimediato, giacché una guida ceca, facendo attraversare alla 7, subito seguita dalla colonna 8, due ordini di reticolati e intrnducendo subito le truppe italiane, sia pure per via diversa da quella prefissata, nei posti di guardia austriaci dislocati fra Sorgente e Caverna ( a nord di Carzano), le aveva portate ugualmente alt'obbiettivo loro fissato pur allargandosi un po' troppo verso nord. Il che, anche suscitando allarmi, non avrebbe mai potuto essere causa di insuccesso, qualora altre colonne, come previsto, fossero giunte e avessero continuato a traboccare in territorio nemico. Ma. purtroppo, gli ufficiali e le truppe di tali colonne non erano affatto preparati per un'azione notturna, che avrebbe richiesto soprattutto energia esecutiva e ottimi collegamenti. Sento anche il dovere, dati i precedenti di questo ottimo e valoroso ufficiale, di esprimergli cosz, pubblicamente, tutto il mio plauso per il magnifico contegno tenuto e durante l'azione e durante il primo doloroso periodo di prigionia. 260
Fui condotto dal maggiore Lalatta sulla strada che da Strigno va a Spera, dove mi venne ordinato di attendere l'arrivo della mia colonna. Sfilarono le prime colonne, e verso le 24 credo, si sentirono sul fondovalle degli scoppi di bombe a mano e delle fucilate e qualche colpo di cannone. Poi, il bombardamento nemico incominciò piu violento su Strigno, sulla strada in cui mi trovavo. Finalmente giunse molto distaccata la colonna 8 composta da un reparto (credo una compagnia) del 7° reggimento bersaglieri ciclisti, comandata da un capitano, al quale mi presentai come interprete. Continuai con il capitano la strada fino alla cappelletta di Spera, dove avrebbe dovuto trovarsi la guida austriaca. Dato il bombardamento che causava perdite, e non vedendo la guida, proseguimmo la strada fino al paese di Spera. Tra le rovine di esso regnava la confusione: altre colonne di bersaglieri erano ferme; davanti a noi vi erano pure artiglieri da montagna che non procedevano, insomma molta truppa, senza una vera direttiva e sbandata dal bombardamento. Finalmente sento chiamare in tedesco:  Un interprete! . Mi dirigo verso un'ombra che sbucava da un sentiero laterale alla strada sulla quale eravamo incolonnati. Era un ufficiale ceco il quale mi disse essere la guida della colonna 7, ma di non trovare piu l'interprete, e di avere piu avanti la colonna ferma ed essere necessario scendere con altri uomini. Riferisco ogni cosa al capitano che comandava la mia colonna, pregandolo di voler seguire con la colonna la guida austriaca. Egli s'oppose a ciò, dicendomi di aver l'ordine di seguire la colonna che lo precedeva e di non poterlo mutare. Intanto, l'ufficiale austriaco mi sollecitava a volerlo seguire alla colonna ch'era in testa,
perché non riusciva a farsi comprendere dal comandante. Vista la poca volontà del capitano a procedere e non potendolo obbligare, lasciai la colonna che se ne stava ferma ed inoperosa, e seguendo l'ufficiale austriaco, attraversando per scorciatoie due ordini di reticolati in punti · dove non erano ancora stati operati varchi, raggiunsi la testa di una colonna comandata pure da un capitano e composta da una compagnia del 7° reggimento bersaglieri ciclisti. La colonna era ridotta ad una trentina di uomini, perché a quanto mi riferf il capitano gli altri avevano perso il collegamento e già aveva inviato ufficiali e graduati per ritrovarli. Continuai la strada attraverso un bosco scendendo in fondovalle, raccomandando, dietro avviso della guida austriaca, di fare il massimo silenzio, essendo a noi sovrastanti le trincee nemiche. Ritornai poi indietro a raccogliere altri soldati che ricondussi alla colonna, raggiungendo cosf il numero di circa cinquanta uomini. Io seguivo da vicino l'ufficiale austriaco; dietro di me erano un saldate :lel genio e un guardafili che avevo condotto con me da Verona e che funzionava da portaordini; poi veniva la colonna. D'un tratto, la guida austriaca si ferma, grida una parola d'ordine, gli vien risposto dall'altra parte (da un posto di guardia austriaco), la guida mi sussurra di correre avanti; io, seguito dalla stessa guida, certo di essere pure coadiuvato dalla colonna il cui comandante era dietro di noi, entro per primo nel posto di guardia nemico, dirigendomi contro una vedetta per disarmarla. In quello stesso momento, però, odo un grido dietro di me (l'ufficiale ceco era stato baionettata ed ucciso) e vengo colpito da una mazzata alla testa, che mi rompe l'elmetto, e mi manda a cadere privo di sensi in una piccola trincea o camminamento. Quando rinvengo, mi 1
trovo circondato da austriaci, i quali già mi avevano disarmato, sento sopra di me fucilate e colpi di mitragliatrici, e vedo che da una trincea soprastante al posto di guardia sono lanciati dei razzi. Io speravo ancora che una pronta irruzione da parte della colonna mi avesse liberato, tanto piu che gli austriaci (Deutschmeister) erano titubanti e stavano per ritirarsi dal posto di guardia, ma nessuno venne e fui condotto dagli austriaci ad un comando di compagnia, quindi ad un comando di battaglione, dove un dottore mi applicò degli impacchi alla tempia che mi si era gonfiata. Giunsi poi al comando di reggimento nella località credo nominata « Caverna ». Eran quasi le 4 del mattino. Poche ore dopo incominciarono a giungere prigionieri italiani, da Carzano, quasi tutti dei bersaglieri, ed alcuni della brigata « Campania ». Alle ore 10 fummo accompagnati a Telve, donde proseguimmo per Borgo, qui fermandoci alcune ore. Poco distante da Roncegno, fummo caricati su carri bestiame e trasportati a Trento, dove giungemmo la notte del 19 settembre 1917. Ricordo di avere visto a Telve un reparto d'assalto tedesco, ed altre truppe tedesche che sfilavano per Borgo. A Trento fui alloggiato la notte del 19 in un camerone del castello di Trento. Con me era il sottotenente Pope della IV brigata bersaglieri. Era stato catturato nel paese di Carzano. Il mattino dopo, giunsero il capitano Pampuri del T reggimento bersaglieri, battaglione ciclisti, il quale era comandante della colonna, alla quale fungevo da interprete quando fui catturato, con altri quattro ufficiali. Tutti erano stati catturati a Carzano. Rimanemmo alcuni giorni a Trento senza essere interrogati, poi un mattino {il 23 settembre) tutti gli altri ufficiali partirono ed io solo fui trattenuto. Rimasi tutto il giorno
senza sapere il perché di questo speciale trattamento, finché l'indomani mattina, fui chiamato davanti ad un capitano e a due cadetti ed interrogato sulle mie generalità, sul come ero stato catturato e perché mi trovavo nell'azione, mentre nessun reparto del mio reggimento era presente. Alla mia risposta evasiva, mi disse che era per me inutile tacere, perché i soldati avevano parlato, dicendo che io appartenevo all'Ufficio Informazioni. (Noto che le tessere non mi furono sequestrate perché da me nascoste fra la suola delle scarpe.) Quindi, dovevo essere a conoscenza del modo con cui venne ordita l'azione e guale era il mio compito, ecc. Rifiutandomi di rispondere, il capitano mi minacciò di farmi rinchiudere in cella, dicendomi: « Con lei le cose sono poco chiare e ben sa che a Trento non si scherza! ... ». Mi fece poi allontanare e non vidi piu nessuno .fino al mattino dopo, verso le ore 1O, ora in cui vennero nel camerone dove mi trovavo, alcuni ufficiali superiori ed un borghese. Poche ore dopo, il capitano che mi aveva interrogato il giorno prima entrò accompagnato da due sentinelle con baionetta inastata e mi disse, prima in tedesco, poi in italiano: « In nome della legge, io la dichiaro in arresto ». Io risi e chiesi il perché di questo arresto dal momento ch'io credevo di esser già prigioniero. Il capitano mi rispose che da quel momento non ero piu prigioniero di guerra ma carcerato comune, che altre spiegazioni le avrei avute dal giudice istruttore; mi ordinò di seguire le sentinelle, che mi condussero in una lurida cella che riceveva la luce da una :finestra con rete e grata, ammobiliata da un tavolaccio, da un secchio d'acqua ed uno per le immondizie e basta. Da quella m'era vietato di uscire ed io vedevo solo i miei guardiani una volta al mat-
tino, una a mezzogiorno ed una alla sera. Passò cosf una settimana senza che nulla mi fosse riferito sul perché di tale reclusione. Infine fui un giorno tratto dalla cella, condotto in un cortile e fotografato. Poi due borghesi vennero a vedermi. Dopo molte proteste, venne un ufficiale giudice, il quale mi disse essere io imputato di alto tradimento per avere gettato dalla :finestra del castello di Trento un proclama e per altre ragioni d'indole militare riguardanti la mia cattura, la cui pratica era in mano ad un altro ufficiale istruttore. Mi disse di non aver reticenze, di dire solo e tutta la verità poiché il reato era, a base del loro codice, punibile con la morte. Mi avverti che da quel momento non ero piu considerato un prigioniero di guerra. Io negai di avere lanciato qualsiasi proclama dalla finestra del castello; ma rufficiale mi disse che il perito calligrafo, confrontato il proclama con alcune cartoline, da me scritte alla mia famiglia, aveva riscontrato la calligrafia identica. Mi era bensì'. noto che il tenente Bitossi aveva lanciato poco prima di partire un foglio entro un portamonete ad alcune signorine che passeggiavano sotto il castello e che il portamonete era caduto per disgrazia di qua dal muro di cinta, in un cortiletto chiuso, ma non volevo svelare chi era l'autore e mi limitavo a negare d'aver scritto un proclama asserendo di non saper chi l'avesse scritto e lanciato. A quelle tre signorine che ogni giorno venivano al castello noi avevamo lanciati altri biglietti in pezzi di pane, giacché esse cercavano di corrispondere con noi ed arditamente e con grave loro rischio si soffermavano davanti al castello, facendo cenni e parlandoci a voce alta. Anzi, una di esse il giorno 20 settembre
si tolse il cappello e ci fece vedere un nastro tricolore che aveva dentro il cappello stesso. Fui interrogato quel giorno stesso da un altro ufficiale, il quale mi ricordò ch'io ero imputato di alto tradimento e chiese ch'io svelassi come era stato ordito il tradimento, i nomi degli ufficiali cechi che io conoscevo, che compiti avevo nell'azione ecc. ecc. Al mio rifiuto di rispondere a simili domande, ch'io dissi non si dovevano neppure rivolgere ad un ufficiale, fui nuovamente minacciato di piu severo trattamento e fui ricondotto in cella dove fu vietato di portarmi qualsiasi cosa da mangiare che non fosse il rancio e mi fu vietato di comprare delle sigarette. Con tale sistema, con interrogatori saltuari e dopo esser stato fotografato altre volte ancora, fui trattenuto in cella dal 23 settembre 1917 al 1• novembre, giorno in cui di punto in bianco mi si disse che ero libero, cioè ritornavo ad essere prigioniero di guerra, poiché l'autore del proclama aveva confessato. Fui inviato a Mauthausen, donde partii il 12 per Plan in Boemia, in cui rimasi sino alla fine di f ebbraio, epoca nella quale fui inviato a Vienna per essere nuovamente interrogato sull'azione di Carzano. Subii un interrogatorio uguale ai tanti già fattimi a Trento; mi fu presentata una fotografia di ufficiali cechi tra i quali secondo il giudice, io dovevo giudicare quali io avevo visto e conosciuto. Fui interrogato sul modo in cui fu possibile avere le carte topografiche che furono trovate ad ufficiali italiani caduti a Carzano. Dopo due giorni di permanenza a Vienna fui rimandato a Pian, donde fuggii con gli ufficiali del campo e con la truppa appena si ebbe sentore della definitiva rotta austriaca.
EPISODIO GENTILE A TRENTO, LA PATRIOTTICA
Giunsi a Trento la notte del 19 settembre 1917, reduce dall'azione di Carzano e prigioniero degli austriaci. Fui condotto al castello ed alloggiato in un camerone sito al piano superiore, dalle finestre del quale potevo vedere la piazzetta sottostante ed il viale che va verso la stazione. Il mattino dopo, giunsero altri quattro ufficiali pure catturati nella suddetta azione. Passai in quel camerone cinque lunghi giorni demoralizzato della cattiva riuscita dell'azione iniziata da noi con tanto slancio ed organizzata in modo meraviglioso. Unico nostro svago era quello di affacciarci alla finestra, ed osservare i rari passanti, le lunghe colonne di prigionieri russi che andavano o tornavano dai lavori ed osservare qualche raro velivolo nostro, che libero volava sul bel cielo di Trento sfiorandone quasi la robusta cinta montana. Questo solo potevo allora fare a Trento, dove pochi giorni prima credevo poter giungere fra i primi insieme con le nostre truppe.' Nessuno rivolgeva gli occhi a noi affacciati alle finestre del castello; solo tre signorine che giornalmente venivano al castello ci scorsero e ci salutarono dalla strada per cenni e a voce. Una di queste ÂŤ ardite Âť a lungo si fermava sulla scaletta d'ingresso del castello, entro il cortile che si trova tra il muro di cinta ed il fabbricato e cercava di mettersi in corrispondenza con noi, facendo segni di compassione ed indicando con la mano la direzione donde noi eravamo giunti. Il giorno 20 settembre, esse piu a lungo si fermarono attorno al castello, ed una di esse, giunta all'altezza delle nostre fĂŹnestre, si tolse il cappello mostrandoci un nastro tricolore nascosto dentro di esso. Non
avendo altro modo per poter ringraziare queste coraggiose signorine, si scrisse un biglietto che fu racchiuso entro un tozzo di pane lanciato loro dalla finestra. Una delle ragazze, introdottasi furtivamente entro il cortile del castello, riusd a raccoglierlo portandolo seco. La sera, scorgemmo le ragazze che per lunghe ore si attardavano attorno al castello, facendo a noi segnali di scendere e di fuggire. Ma eravamo rinchiusi e fuori delJa porta stava un picchetto di soldati. Allora cantammo, nel silenzio della notte del 20 settembre, inni popolari e patriottici, fino a che anche il canto ci fu vietato dalla guardia austriaca. Il giorno 23 sera, avuto sentore di dover partire per il campo di concentramento, un ufficiale dei bersaglieri scrisse un piu lungo biglietto, inneggiando alla liberazione di Trento, eccitando la popolazione alla rivolta, promettendo vendetta a Battisti e minacciando , infine, che la stessa corda che aveva ucciso i nostri martiri avrebbe saldato il conto con il direttore e redattore del << Risveglio Austriaco , giacchÊ a noi, per somma ironia, era stata inviata qualche copia di quell'infame foglio. Si attese la venuta delle nostre coraggiose amiche ed il biglietto racchiuso in un portamonete fu lanciato, ma in luogo di cadere di là dal muro di cinta, rimase in un cortiletto chiuso, nel quale erano situate baracche di soldati austriaci. Erano commoventi i tentativi fatti dalla signorina per riuscire ad entrare nel recinto, ma non fu possibile! Gli altri ufficiali partirono, io solo rimasi a Trento. Il biglietto fu rinvenuto da un soldato austriaco, che fedelmente lo consegnò ai superiori. Io fui imputato d'averlo scritto, e per questo fatto ed altre ragioni d'indole militare, processato e per due mesi rinchiuso
in una cella del castello. L'ufficiale dei bersaglieri che aveva scritto il biglietto fu pure processato e condannato a cinque anni di carcere. Scontò la pena (fino ali'armistizio) nelle carceri di Vienna.
XV.
L'EPISODIO DI CARZANO VISTO DA UN DISERTORE CECO
REGIO ESERCITO UFFICIO INFORMAZIONI
6'
ARMATA
Si è presentato sul nostro fronte, in val Bella, un disertore di nazionalità ceca, il sergente Antonio Stransky, che solo dopo essere venuto a contatto diretto con l'Ufficio si è fatto riconoscere per la guida N. 23. Questa guida, nel1a notte del 17 settembre 1917, nell'operazione preparata dall'Ufficio Informazioni in val Sugana, doveva attendere a Novaledo la colonna automobilistica italiana destinata a irrompere a LevicoTrento. Dati i precedenti servizi della guida, la sua deposizione è da ritenersi esattissima e in tutto conforme al vero. È interessante seguire quanto avvenne nel campo nemico, perché quanto la guida espone conferma che da una piccola breccia possono originare gravi disastri, se la sorpresa è bene sviluppata. VERBALE DELL'INTERROGATORIO
Ero la guida N. 23 ed aspettai fino alle 2 di notte al posto fissatomi. Fino alla mezzanotte regnò nelle posizioni all'intorno calma completa, che venne poi rotta all'improvviso da alcuni colpi di fucile sparati da un posto avanzato fra Carzano e Spera. Subentrò, però, presto la calma di prima e per due ore non vi fu piu alcun rumore. Ero persuaso che l'azione non era stata intrapresa e volevo già tornare per Borgo a Nova-
ledo, dove in quella notte prestavo servizio nel panificio, quando verso le 2,30 cominciò a sparare l'artiglieria austriaca del Civeron e di S. Pietro. Giunsi a Borgo alla 2,30 di notte e vi trovai una grande confusione. Giungevano allora da Telve e da Castelnovo a passo di corsa gruppi di soldati fuggenti, e, contemporaneamente, entrava semisvestito e coperto da un pastrano il maggiore Lakom, comandante del settore Castelnovo, che allarmò subito il posto di gendarmeria. Sperando che gl'italiani giungessero mi fermai ad osservare quel disordine e quella confusione, che il maggiore aumentava, gridando: « Alles auf, alles auf, der Feind ist eingebrochen! » (Tutti ·su, tutti su, il nemico irrompe!). Egli avrebbe voluto formare con la truppa dei vari treni un reparto per la difesa, nessuno però gli diede ascolto e tutti scapparono verso Màrter e Levico. I gendarmi entrarono di casa in casa, dove erano accantonati i soldati e gli animali del treno, svegliando e ordinando che tutti fuggissero via. Il comando della stazione di Borgo scappò pure per direzione sconosciuta. La strada Borgo-Màrter era piena di soldati, carri e cavalli e artiglieria leggera che s'allontanavano di corsa dal fronte di Ceggio e di Castelnovo. Il comando della CLXXXI brigata fuggi da Piagare per Màrter verso il nord e persino il comando della 18· divisione (come sentii poi dire) fuggi quella notte da Roncegno a Levico o forse piu a nord. Sparirono pure tutti gli ufficiali delle compagnie che si trovavano a Telve e Borgo: chi si rifugiò a S. Pietro e chi a Canai, mentre molti si fecero vivi solamente il giorno dopo l'azione. I treni delle varie compagnie e reparti dislocati nelle vicinanze di Borgo ed in prima linea si confusero gli uni con gli altri, di modo che passarono tre
o quattro giorni prima che ritornassero alle rispettive compagnie. Fino al 20 settembre fu impossibile al comando austriaco di conoscere le perdite, poiché ogni giorno continuavano a giungere alle compagnie degli sbandati. Come ebbi poi a sentire, tutta la truppa delle borgate e dei paesi della Valsugana, alle ore 5 del mattino del 18 settembre, era in istato d'allarme. Da Telve tutti erano fuggiti, persino le due batterie piazzate davanti e di dietro al paese. Un cuciniere della mensa ufficiali si nascose all'arrivo delle pattuglie italiane, non essendo riuscito a fuggire. Le pattuglie italiane perquisirono tutto il paese e ritornarono con alcuni prigionieri a Carzano. Le posizioni presso il Maso, fra Carzano e la ferrovia, vennero abbandonate da quasi tutta la truppa, ad eccezione di alcuni mitraglieri, senza che si fosse registrato alcun attacco da parte degl'italiani. Questi pochi rimasti in prima linea, nonostante la fuga degli altri, la confusione e il disordine, vennero encomiati ed additati alle altre truppe quali eroi. Fra la ferrovia ed il Brenta rimase in posizione una compagnia, le altre si ritirarono su Castelnovo, quivi aspettando l'ordine di ulteriore ripiegamento. La truppa sul Civeron fu pure in allarme, alcuni fuggirono, ma la massima parte restò, aspettando l'ordine di ritirarsi e preparandosi àlla partenza.
Arrivo di rinforzi. Il primo rinforzo sopravvenuto fu il battaglione d'assalto di Levico (l'unica truppa colà di riserva) che alle ore 5 del mattino passava a marcia forzata per Novaledo .. Una compagnia di marcia che trovavasi a Caverna occupò la strada tra Caverna e Telve verso
sud. Il terrapieno della ferrovia presso Castelnovo venne occupato dal plotone di riserva della 3• compagnia V/ 1° BH. che trovavasi a Castelnovo e dal plotone tecnico (zappatori) del battaglione Tiratori Austria Superiore. Alle 8 antimeridiane giunse col treno a Novaledo, proveniente da Pergine, un battaglione germanico e prima di mezzogiorno arrivarono a Màrter altri due treni di germanici provenienti da Trento. Uno di questi treni aveva attaccate quattro locomotive e conteneva almeno due battaglioni e alcuni pezzi d'artiglieria. Questa truppa germanica non prese però parte al contrattacco, ma rimase per due giorni a Màrter per poi ritornare al luogo di partenza. (Venne cosf messa in allarme tutta la truppa nemica del settore, giacché ci era noto non esservi truppe E.no a nord di Trento.) Contrattacco.
Il maggiore Lakom, verso le 7 del mattino, formò un plotone, diede il comando del medesimo al tenente Krajnik. (direttore della mensa ufficiali) e al sottotenente Czitary, aiutante di battaglione, incaricandoli di occupare la sponda destra del Ceggio. Il plotone del tenente Krajnik avanzò, il mattino, ed occupò Telve. Con i soldati addetti alle salmerie del IV/ 4° e 102°, a Màrter venne formato un altro plotone sotto il comando di un sottotenente per la difesa di Màrter stesso. Alle 9, incominciò il contrattacco al quale presero parte: il plotone del tenente Krajnik da Telve, parte del battaglione d'assalto da Borgo, la compagnia di riserva (IV/ 4°) da Caverna e le pattuglie d'assalto della l°, 2' e 3" compagnia da Castelnovo. Queste pat-
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tuglie d'assalto avanzarono verso le posizioni della 1' e 2· compagnia del V bosniaco, nelle quali, però, non trovarono alcun italiano. Le mitragliatrici rimaste nelle posizioni della 1' compagnia avevano già aperto il fuoco sul ponte di Carzano. Venne accertato che gl'italiani avevano occupato solamente il paese di Carzano. Dopo l'azione.
Una compagnia del battaglione d'assalto di Levico occupò poi le posizioni di Carzano prima occupate dalla 4' compagnia del V bosniaco, pochi essendo i superstiti di essa. Si aspettava ancora la continuazione dell'azione ed intesi dire che presso Pergine, Levico e Trento erano arrivate truppe di rinforzo. Il secondo giorno dopo l'azione, venne a Telve un capitano giudice che incominciò ad interrogare ad uno ad uno i soldati. I suoi interrogatori non ebbero, tuttavia, alcun successo e alla domanda se gli ufficiali del V battaglione bosniaco, potevano aver avuto relazione col nemico, tutti risposero, lodandoli, che ciò non era possibile. Ma uno ebbe a dire che il comandante P. aveva consigliato la truppa, quando gl'italiani occuparono Carzano, ad arrendersi o ritirarsi in tutta fret ta, affermazione che non si riusd a provare. L'inchiesta, aperta subito e condotta personalmente dal generale Vidalé, richiamato nel fratte mpo telegraficamente dalla licenza, prese di mira naturalmente in modo speciale l'elemento ceco del battaglione, quale maggiormente sospetto di possibili relazioni con gl'italiani. Tutti i cechi furono, a tale scopo, allontanati dal battaglione e posti sotto inchiesta. Questa, nonostante venissero usati tutti i mezzi, tra i quali il frammischiamento tra i soldati cechi di spie travestite e l'uso di 2
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cani poliziotti, non portò ad alcun risultato. Io stesso fui spesse volte interrogato, e ricordo in proposito che, avendo dovuto comparire davanti ad un capitano istruttore, trovai ivi anche un ufficiale addetto di nazionalità slovena, il quale mi chiamò a parte e mi disse: « Se sai qualche cosa, fai meglio a farti tagliare la lingua piuttosto che parlare ». Fummo quindi concentrati a Trento nella caserma Madruzzo, in ben trentacinque in una stretta cameretta. Anche qui continuarono le minacce e le vessazioni di ogni genere. Fummo, quindi, inviati a Cavedine e riuniti in un plotone speciale, per il quale tutti gli esercizi piu faticosi non erano mai abbastanza. Subimmo, qui, nuovi interrogatori da parte di un capitano, giudice militare, ed oltre a ciò, ogni tanto, a gruppi da tre a sei, venivamo mandati al Tribunale di guerra di Trento. Finalmente terminata l'inchiesta, dopo essere stati mandati erroneamente al V bosniaco, fummo assegnati alla I brigata Kaiserjèiger e ripartiti nel 2° reggimento Kaiserièiger, alcuni per compagnia. Io fui assegnato alla 15" compagnia. Anche qui ci conoscevano per sospetti di tradimento e ci maltrattavano. Disertai non appena giunsi al fronte. * * *
Altro prigioniero del V bosniaco, il soldato Marek Giovanni, che non faceva parte dell'azione preparata dall'Ufficio Informazioni, ma che ebbe a subirla, conferma la parte esposta dal primo, per quanto concerne la prima linea; inoltre, dalla sua deposizione risulta ancora che il contrattacco ordinato dal comando austriaco per respingere gl'italiani da Carzano venne effet275
tuato da un plotone di riserva della 3• compagnia (venticinque uomini), che attaccò da Castelnovo verso Carzano, da un plotone di riserva della 4• compagnia, che si trovava a Telve (venti uomini), dalla truppa del treno (Campestrini) e da una parte del battaglione d'assalto, che contrattaccarono da Telve verso Carzano. Una compagnia di marcia, infine, del 4° Deutschmeister, arrivata di fresco, attaccò da Caverna verso Carzano, occupando da sola quest'ultima località. Egli riferisce anche che alcuni ufficiali del battaglione bosniaco, che si trovavano a Trento (facevano parte de!Ia « congiura » ), furono subito sospettati dal comando austriaco e benché nulla si potesse provare contro di loro, venne tuttavia dato l'ordine che fossero ripartiti tra 1• e 2° reggimento Kaiserjager. Uno di loro, che assunse un comando di compagnia in uno di questi reggimenti, non poté avere alcun subalterno di nazionalità ceca.
XVI.
IL COMBATTIMENTO DI CARZANO NELLA VERSIONE DEL COMANDO AUSTRIACO
Si traduce qui letteralmente la Relazione emanata con ordine di operazione n. 2189 dall'Imperiale e Regio Comando dell'll" armata e riguardante l'episodio bellico del 18 settembre 1917 sul fronte della Valsugaf!a. Va detto subito che mancano gli elementi probativi per stabilire se il numero dei prigionieri corrisponda a quello indicato dal comando austroungarico; è certo, ad ogni modo, che delle nostre colonne 5 e 6 - quelle abbandonate in Carzano - ben pochi rientrarono alle linee italiane. Ma, questa indubbiamente valorosa difesa austriaca, questo affannoso accorrere di pattuglie, di squadre, di mezzi plotoni - in tutto circa trecento fucili - ha per me che scrivo queste note un triste sapore di angosciosa tragedìa. Il nemico fu sorpreso, non vi è dubbio, esso stesso ammette che alle ore 2 di notte, senza colpo ferire, i bersaglieri avevano già occupato Carzano e che, un'ora dopo, truppe italiane penetravano in T elve, mentre altre nostre pattuglie si spingevano sino alle batterie del Ceggia ( catturandovi i pochi artiglieri intontiti dal narcotico) . Che cosa poteva piu arrestare la marcia degl'italiani che si erano ormai aperta una larga breccia, che avevano superato i vari ordini di reticolati, che si trovavano per la prima volta, da quasi tre anni, a poter camminare, anzi correre, senza intoppi, senza reticolati, senza fortezze nemiche di fronte? Forse, i trecento uomini raggranellati un po' 277
dappertutto? I sessanta cannoni di ogni calibro con non piu di duecento colpi per pezzo? Il battaglione d'assalto in riserva a Levico o i due o tre battaglioni di cacciatori bavaresi, quasi appena scesi dal treno e non ancora orientati? Perché tutte le risorse austriache erano li, non vi era altro. Interessante, dal punto di vista militare, analizzare nei particolari lo schieramento difensivo austriaco su tutta questa zona, visto che rotta la crosta, dietro vi era il vuoto quasi assoluto. Dal monte Pasubio al passo dell'Agnella due divisioni scheletriche, la 6° e la 22'; dal passo dell' Agnella a Valpiana, su un fronte di 1O km circa, una divisione sola, la 18°, quella V idalé, quella contro la quale, appunto, urtammo compiendo l'azione di Carzano. Questa divisione si componeva, come detto, di due brigate, una, la CLXXXI, comandata dal colonnello Guenste, schierata con· i suoi cinque battaglioni dal Civeron, sotto il passo dell'Agnella, a Caverna; l'altra, la da montagna, comandata dal colonnello T eus, schierata con altri cinque battaglioni da Caverna a Valpiana. Potevano questi miseri dieci battaglioni arrestare, anche se non presi dal panico, il dilagamento delle truppe italiane? Indubbiamente no, specie se si considera che il dilagare avveniva alle spalle. Ma anche i d(eci battaglioni, come risultava dalle positive informazioni di Pivko, erano tutt'altro che in efficienza: a parte il fatto che la forza media di essi si aggirava sui 400 uomini, vi era ancora il dato positivo che tre di essi, i piu efficienti (X/ 59°, I/ 63°, XXII Jager), avevano mandato quasi tutti i loro elementi validi sull'Isonzo, sostituendoli, in linea, con pochi nuclei di truppe territoriali. E l'artiglieria? Pivko ci aveva dato come presenti, complessivamente, sessantotto pezzi dai calibri piu diversi e quasi tutti di
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vecchio modello, e questa relazione ufficiale parla di cinquantasei pezzi come facenti fuoco. Gli altri dodici, e lo sapevamo, erano quelli disseminati su su, sino a Valpiana. Una miseria assoluta, miseria che giustificava - seguendo un metodo ormai sempre attuato - l'arrivo di quelle poche riserve germaniche destinate esclusivamente, mentre tutte le forze disponibili dell'impero andavano concentrandosi sull'Isonzo, a tenere alto il morale dei pochi austriaci rimasti nel Trentino e a gettare fumo negli occhi ad eventuali nostri informatori. Viene confermato che lo scompiglio era già penetrato sino a T elve, Borgo e... senza dubbio, anche se non accennato nella relazione ufficiale, sino alle località piu arretrate e sino agli alti comandi. La colonna bersaglieri, che occupò Carzano e spinse dietro mio ordine, in attesa delle colonne successive e per guadagnar tempo, truppe sino a T elve, fece bene il suo dovere, e se avesse ricevuto rinforzi anziché il tiro delle artiglierie italiane - tiro ordinato alla leggera alle 8 di mattina perché qualcuno vide sventolare su Carzano un drappo bianco, tiro ingiusto e assurdo, che indubbiamente causò perdite e scoraggiò chi aveva combattuto valorosamente tutta la notte -, avrebbe certo trovato il modo di tenere la posizione di Carzano sino a situazione generale chiarita e almeno sino a quando il comando non avesse deciso, visto che le forze che fronteggiavano erano pur sempre minime, di perseguire con energia gli scopi iniziali. La colonna, poi, preceduta dal « mio » tenente. Artom, che erroneamente dilagò troppo a destra, non urtò in fondo che contro una pattuglia di cinque austriaci; quindi, se egli e l'ufficiale ceco di guida fossero stati seguiti dagli altri, non solo l'Artom non sarebbe stato catturato, ma altre truppe nostre avrebbero potuto penetrare, quasi senza 2 79
colpo ferire, essendo esse in grado di usare la parola d'ordine nemica, nei pressi delle difese austriache di Caverna, allargando cosi, e ben sensibilmente, la breccia nella linea nemica. Sicché, data la situazione generatasi nel campo austriaco, sarebbe bastato giungessero in Carzano e proseguissero poi per T elve e Borgo altre poche truppe italiane, anche senza pùJ distinzione di colonne, e la rotta austriaca, di fronte all'energica irruzione, avrebbe avuto reale inizio. Il Maso, una volta occupata Carzano, non era piu considerato, nemmeno dagli austriaci, un ostacolo alla nostra avanzata: su di esso non avrebbe potuto nemmeno essere abbozzata una linea di difesa, tanto piu che un'organica reazione nemica ebbe inizio solo verso le 8 di 1nattina, ossia sei ore dopo che avevamo occupato Carzano e - terribile ironia! - che essa si affermò con quelle pochissime truppe che il documento ci precisa: ti-ecento uomini in tutto! Ma potevano i nostri bersaglieri capire quante poche truppe avevano di fronte? Impossibile. E cosi, dopo avere resistito impavidi, non restò loro che una soluzione: l'assalto alla baionetta. E la bandiera bianca, forse piu intuita che vista da qualcuno dei nostri,* era senz'altro l'angoscioso grido d'aiuto di chi, pri1na dell'estremo sacrificio, chiedeva sacrosantamente d'essere soccorso dai propri compagni. È ad onore di questi nostri magnifici fanti piumati, sacrificati inutilmente, che noi vogliamo chiudere questa nota introduttiva,· è ricordando i loro ufficiali ( maggiore Ram orino, capitani Buffagni, Bazzoli, Pampuri), caduti anch'essi eroicamente ma pei- nulla, che noi ci chiniamo riverenti.
* Cfr. pagg. 162-163. 280
OSSERVAZIONI DEL COMANDANTE IL GRUPPO D'ARMATE FELDMARESCIALLO CONRAD
Il combattimento di Carzano del 18 settembre 191 7 ci prova con evidenza che anche forze relativamente deboli possono ottenere un brillante successo pure contro un nemico piu forte e che agisce di sorpresa, sempre che siano guidate con energia e determinazione e sempre che i subalterni tutti sappiano agire con coraggio e fermezza. Lascio diffondere la relazione presentatami dal comando dell' 11 • armata perché tutte le truppe ne abbiano conoscenza ed esempio. Sono sicuro che anche tutti gli altri comandanti e le altre truppe agiranno, in casi analoghi, con la stessa energia e sapranno ottener.e indubbiamente lo stesso successo. CONRAD LA SITUAZIONE AL
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SETTEMBRE
I Nel settore di combattimento, la linea principale di difesa e quella avanzata sono ben costruite e munite di fitti reticolati nonché di reticolati ad alta tensione. Il bacino del Maso è un considerevole ostacolo; lungo la linea fluviale corrono solidi argini, dell'altezza di 4-5 metri. Per oltrepassarli, è assolutamente necessario possedere mezzi tecnici adeguati. Il passaggio del Maso è soltanto possibile sui ponti situati a seicento passi a nord-ovest della chiesa di Carzano, ad ovest di questa chiesa ed infine a sud-est di Scurelle. Il terreno di battaglia è caratterizzato da una
lunga teoria di vigneti disposti a terrazze, che s'innalzano gradatamente; in piu punti si elevano gruppi di case. Causa, quindi, questi dislivelli di terreno, il campo di osservazione è pessimo. La notte dal 17 al 18 settembre era una notte di plenilunio; il cielo era tutto coperto da grossi nuvoloni: l'osservazione fu possibile solo verso le ore 6 del 18 settembre. Poco prima dell'l del 18 settembre la pattuglia estrema degli avamposti dell'ala destra del IV battaglione del 4• fanteria costatò che mancava il contatto con gli avamposti del V battaglione del 1° bosniaco. Poco dopo, una pattuglia pure del 4• fanteria avvistò nella posizione degli avamposti del V battaglione bosniaco una pattuglia nemica che portava berretti austriaci. Il capitano Schram, comandante della 15' compagnia del 4° fanteria diede allora l'allarme alla parte meridionale deUa testa di ponte . di Mentrate, rinforzò le sue truppe, informò della cosa il suo comando: ciò accadeva all'l,20. Il comandante del IV battaglione del 4• fanteria, colonnello Natiesta, dispose subito per riunire le riserve presenti, e cioè la compagnia StandschiUzen Reute con centoquattro fucili, la pattuglia d'assalto del 4° fanteria, comandante tenente Kurz con dodici uomini, poi tutti i lavoratori ausiliari, i cuochi e gli ammalati. Circa alla stessa ora, un fante avvertiva il sottotenente Knott del plotone dislocato all'ala sinistra della 4• compagnia del V bosniaco che il nemico aveva sopraffatto gli avamposti di Castellare. Il sottotenente Knott avverti subito la linea principale di resistenza, inviò delle pattuglie ad esplorare e fece rapporto dell'accaduto al comando di battaglione. Il comandante del V battaglione bosniaco maggiore Lakom, appena avvertito, ordinava di mettere in azione i ri-
flettori e chiedeva alle batterie di prepararsi per aprire il fuoco nel settore Scurelle-Castellare. Queste batterie iniziarono il fuoco cli sbarramento alle ore 1,45, appena il sottotenente Knott annunciò di non aver piu notizia delle pattuglie inviate verso il nemico e del comandante della 4" compagnia del V bosniaco, che, recatosi verso gli avamposti assieme a due ufficiali subalterni, vi era probabilmente stato catturato. Il maggiore dette l'ordine di allarme anche ai plotoni cli riserva cli Telve e di Castelnovo, inviandoli su Carzano. Il fuoco d'artiglieria venne subito aperto con otto cannoni. Però, alle 2,20, già cinquantasei cannoni erano in azione. Piu tardi, se ne aggiunse qualche altro. Alle 2,10, il sottotenente Knott annunciava che il nemico era già penetrato a Carzano. Poco dopo, questo valoroso e calmo ufficiale, assieme ai suoi soldati del III e IV plotone della 4• compagnia del V bosniaco (circa trenta uomini con due mitragliatrici) si vide circondato dal nemico, che si avvicinava con grandi forze da tre parti. Il sottotenente Knott e la sua schiera di eroi si difesero valorosamente. Il maggiore Lakom ordinava, frattanto, di dare la corrente elettrica ai reticolati, di prendere tutte le forze disponibili dalla 1", 2· e 3· compagnia del V bosniaco e d'inviare la 2· compagnia dei Tiratori « Alta Austria » verso Carzano. Ordinò pure a tutte le ordinanze, attendenti, telefonisti, osservatori d'artiglieria cli armarsi: con queste poche e deboli forze fissò il posto di comando a circa cinquecento passi ad est di Carzano, mettendolo in condizione di opporre una certa resistenza. Il furiere ebbe ordine cli portare i documenti segreti a Borgo. Il maggiore Lakom comunicò subito tutto l'avvenuto al comando della CLXXXI brigata ed avverti il colonnello Natiesta che il nemico
era già penetrato a Carzano; poco dopo, infatti, tutte le comunicazioni telefoniche con il comando del battaglione e con i comandi superiori venivano tagliate dal nemico. Alle 2,15, dopo la notizia della presa di Carzano, dopo aver udito le scariche di fucileria e di mitraglia provenienti da Carzano, il colonnello Natiesta dava ordine alle sue riserve di entrare in azione. Dette le seguenti disposizioni: tenente dei tiratori Haid, recarsi subito con mezza compagnia da Telve verso Carzano; capitano Gri.iner, IV battaglione, 4• compagnia, con l'altra mezza compagnia Reute II, e quattro pattuglie d'arditi (le quali, però, dovevano essere ancora riunite giacché tutte via in esplorazione), recarsi subito dalla parte meridionale della testa di ponte di Mentrate verso Carzano; tenente Kurz, con la sua pattuglia di arditi (dodici uomini), tenere i con tatti tra il tenente Raid e il capitano Griiner da Caverna a Carzano. Intanto, il comandante della CLXXXI brigata, colonnello Guenste, ricevuto l'avviso del maggiore Lakom, prendeva alle ore 2,30 le seguenti disposizioni: mettere in marcia verso l'ingresso ovest di Borgo, facendola partire da malga Civeron, la riserva della brigata (metà della 9• compagnia del 59° fanteria: cinquantanove fucili e una sezione mitragliatrici al comando del sottotenente W agner); far concentrare il fuoco d'artiglieria su Carzano, orientare i comandi di truppe dislocate a sud del Brenta dei fatti avvenuti a Carzano; ordinare al plotone del V battaglione bosniaco (ventiquattro fucili) in riserva a Telve di iniziare un contrattacco su Carzano. Il maggiore Guertler, comandante dei Tiratori« Alta Austria », riceveva pure l'ordine di attaccare Carzano
da sud con le forze disponibili eh' erano a Castelnovo (un plotone del V bosniaco e un plotone di Tiratori « Alta Austria », circa sessanta fucili). Il colonnello Teus, comandante della brigata da montagna, sulla base delle informazioni avute dal colonnello Natiesta, ordinava alle riserve della I brigata (riserve composte da tre quarti della 1" compagnia del 51° fanteria, al comando del tenente Schmaus e dislocata presso Favera, a nord di Caverna) sin dalle 2,30 di marciare subito con due plotoni (cento fucili) su Caverna e di mettersi a disposizione del colonnello Natiesta, mentre uno dei plotoni doveva rimanere a Favera. Avvisava pure tutti i settori dell'avvenuto, dando l'ordine di vegliare attentamente. Nel frattempo, dalle 2,30 alle 3, il comando della 18• divisione di fanteria, generale Vidalé e capo di Stato Maggiore Kalicki, dava le seguenti disposizioni: a) dirigere le riserve della I brigata da montagna (tre q~arti della 1· compagnia/51°) verso Caverna a disposizione del colonnello Natiesta; b) effettuare il contrattacco della testa di ponte di Mentrate su Carzano, con tutte le riserve disponibili. Il battaglione d'assalto della 11• armata, dislocato a Levico e comandato dal capitano Prokosch, venne avvisato che gli si inviavano sei camion da Màrter, per trasportare una compagnia di questi arditi a Borgo e che a Levico un treno veniva preparato per portare la 3" compagnia a Borgo. Il capitano Brier, comandante della stazione di Levico, preparò questo treno in venticinque minuti. Il comando dell'll" armata acconsentiva ed approvava tutte le disposizioni prese dai sottocomandanti e metteva a disposizione del comandò della 18' divisione il II battaglione Cacciatori
Bavaresi, che si trovava a Levico e che doveva esser trasportato sul campo per ferro via (ore 3 ,3 O). Tutti i comandi, i minori come i maggiori, avevano raccolto le poche forze a loro disposizione per tener testa con successo all'attacco nemico. Viste la meravigliosa rapidità e la forza potente con le quali si svolgeva l'assalto italiano, specie nel primo momento critico fu fortuna che tutti, dai comandanti di pattuglia su su sino ai comandanti di battaglione, agissero prontamente e con sana iniziativa. Efficace contributo alla battaglia fu pure portato dal valore e dall'aggressività delle piccole forze disponibili fin dal primo momento. Nessuno sapeva spiegarsi come il nemico avesse potuto invadere le posizioni ch'erano molto bene costruite e fornite di ostacoli percorsi da corrente elettrica. Tanto piu che l'attacco si era svolto silenziosamente e con celerità inaudita. Purtroppo, si costatò piu tardi che il successo del nemico si doveva al tradimento di alcuni ufficiali e soldati del V battaglione del 1° bosniaco. Per non diminuire l'onore ed il valore di questo eroico e tante volte distinto battaglione, è dovere rilevare che coloro i quali avevano compiuto quel gesto assolutamente indegno per dei soldati, erano tutti di altra nazionalità e di altri corpi d'armata e in forza solo da poco al battaglione. Per illustrare meglio' le susseguenti fasi della battaglia, e per far risaltare il grande valore di quei pochi valorosi che hanno arrestato l'attacco nemico, diamo un resoconto dello svolgimento e dello scopo dell'attacco, ricostruendolo anche mediante le ammissioni di alcuni prigionieri. Alcuni ufficiali assieme a sottufficiali del V battaglione bosniaco avevano già da settimane preso contatto con il nemico, fornendolo di tutti i pianf con le posizioni delle mitragliatrici, bat-
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terie, località dei comandi, delle riserve e cosi via. Una cosa certo indegna e mai riscontrata nella storia dell'l t · armata. Gl'italiani approfittarono di questa buona occasione per imbastire un attacco in grande stile e con grandi obbiettivi. In tutta fretta, furono trasportati, per mezzo di automobili e ferrovie, alcuni battaglioni di bersaglieri ciclisti in Valsugana. Cosi erano a disposizione per il primo assalto circa cinque battaglioni, mentre rimaneva quale riserva presso Castel e Pieve Tesino la brigata « Trapani ». Le forze delle truppe per l'attacco erano perfettamente dislocate nella zona ove doveva svolgersi l'assalto, giacché, da piani poi ritrovati, la linea di attacco doveva raggiungere: le foci del Maso, Castelnovo, Borgo, il colle di S. Pietro, Martinei e Caverna. L'assalto italiano doveva svolgersi nel modo seguente. Gli ufficiali ed i sottufficiali disertori furono inquadrati come guide dei reparti italiani per condurli attraverso la linea degli avamposti e nella linea principale. I traditori avevano pure ubriacato, nella notte del 17 settembre, gli avamposti di Castellare e Palua, e, cosi, non venne messa in azione la corrente elettrica nei reticolati, poi il deposito di munizioni per mitragliatrici dislocato nei pressi della posizione principale di Carzano fu quasi vuotato. L'ordine dato alcuni giorni prima dal colonnello brigadiere Guenste di costruire a ovest del ponte di Carzano una torre rinforzata venne intenzionalmente non eseguito. Per approfittare in pieno della collaborazione dei congiurati traditori e per prendere le posizioni nemiche di sorpresa, le truppe italiane ricevettero l'ordine di avanzare senza far fuoco: perciò, gl'italiani avanzarono con le normali scorte di munizioni (le truppe del genio con cinquantaquattro
cartucce). Per completare tutte queste precauziom 1 disertori precedevano le truppe d'assalto ita.liane, ordinando alle vedette austriache di Castellare, di Palua ed alla guardia del ponte di Carzano di arrendersi perché tutto era perduto. In tal modo, il nemico riusci a penetrare in Carzano attraverso gli avamposti e passando per il ponte sul Maso, senza trovare la ·minima resistenza. Avvenne pure che, nel primo momento, soltanto minime forze furono di fronte ad un nemico che disponeva di duemilacentocinquanta fucili e di dodici mitragliatrici. G~azie al valore ed al sangue freddo dei comandanti, queste minime forze resistettero al nemico fino al sopraggiungere dei rinforzi inviati dai comandi supenon. Perciò, gli episodi della battaglia si possono dividere in due ben distinte parti: 1) l'arresto dell'attacco con le poche forze disponibili per l'iniziativa personale dei comandanti di battaglione del settore attaccato; 2) il contrattacco, secondo gli ordini impartiti dai comandi superiori.
II Il primo reparto che affrontava il nemico era, come già detto, la picèola schiera eroica del sottote· nente Knott, che, con i suoi trenta fucili e con due mitragliatrici, resisteva, nel piccolo bosco di castagni sito a nord-est di Carzano. Il sottotenente resistette pure durante l'attacco nemico alla boscaglia. Va a lui il merito principale di aver per primo arrestato il nemico a nord di Carzano. Nella direzione est (cinquecento passi ad est di Carzano) erano di fronte al nemico, in p1:incipio, soltanto le deboli forze del mag-
giore Lakom. Il nemico ben presto le respinse. Avvenne alle ore 2,3 0. Dopo aver preso con sé tutti i piani e la corrispondenza privata, il maggiore Lakom si ritirava, fuori delle strade, a Telve. I suoi dipendenti, che seguivano per la strada principale di T elve, furono fatti prigionieri. Il plotone di riserva che venne mandato verso il nemico, al contatto con questi, fu disperso. A Telve, il maggiore Lakom inquadrava venti sperduti e li mandava, sotto il comando del tenente Krajnik, verso il ponte sul Ceggio di Telve, per assicurare l'artiglieria posta ad est del Ceggio stesso. Q uando il maggiore Lakom si persuase che nessuno dei dispersi si poteva piu presentare, e, quando seppe che il nemico penetrava già da sud-est a T elve, si recò a Borgo con la speranza di poter ricavare dalla compagnia tecnica e dalla sussistenza dei rinforzi. La truppa trovata a Borgo (in principio, circa sessanta fucili, che aumentarono piu tardi di poco), già inquadrata dal colonnello Guenste, fu mandata dal maggiore ad occupare la sponda settentrionale di Borgo. Queste disposizioni furono prese in seguito all'avanzata di alcune pattuglie nemiche sino al fiume Ceggio ( ore 4 del mattino). Rimaneva, pertanto, al nemico la via aperta da est, molto pericolosa, per le batterie del Ceggio. L'ala settentrionale nemica, che cercava di estendersi verso ponente, era ora ripetutamente colpita dai contrattacchi comandati di propria iniziativa dal colonnello Natiesta, e che partivano dalla testa di ponte di Mentrate. Se questi attacchi non potevano perforare la linea, avevano però sorpreso, ed arrestato nella sua avanzata, il nemico, grazie alla rapidità con la quale furono diretti. Il capitano Griiner, che doveva attaccare Carzano da nord-est con mezza compagnia R eute II (quarantotto fucili), avanzava dalla testa di
ponte di Mentrate, alle ore 3, attraverso la conca sita a nord di Carzano. Su questo ponte erano stati collocati cinque uomini di guardia. Questa pattuglia fu attaccata da una pattuglia nemica, forte di venticinque uomini, che tentava un colpo di sorpresa usando la nostra parola d'ordine. Nel susseguente scontro, la nostra pattuglia abbatteva l'ufficiale, faceva due prigionieri e respingeva dopo breve mischia il nemico.,., Avanzando su Carzano, il capitano Gruner urtava con la sua mezza compagnia contro forti nuclei nemici; e, mentre tentava di penetrare a Carzano, dovette ritirarsi verso nord, ca~sa il nutritissimo fuoco di fucileria. Durante questo scontro, vennero catturati dal nemico il tenente Bischof e otto tiratori, i quali, però, piu tardi riuscirono a fuggire. Il capitano Griiner raccoglieva i dispersi Standschutzen, e, per ordine del colonnello Natiesta, occupava con essi la seconda linea a sud di Carzano (ore 4). Il tenente Raid, che si mise in marcia alle ore 2,30 con la mezza compagnia Standschutzen II (cinquantasei fucili), per attaccare Carzano da nord-ovest, s'incontrò improvvisamente, a ponente di Carzano, con il nemico in forze e fu costretto a ritirarsi verso Telve. L'artiglieria, ch'era fortemente minacciata dal nemico, ha saputo valorosamente difendersi da sola, con sangue freddo. Si difesero specialmente con grande valore le due batterie site ad ovest ed a sud di T elve. Il tenente Zajak, il sottotenente Simon ed il sottotenente Wiesielowski della batteria da montagna 3/28, portarono i pezzi d'artiglieria in nuove posizioni, piu ¡avanzate, dalle quali poterono fare fuoco direttamente * Si allude qui chiaramente al tenente italiano Artom, tramortito da un colpo di mazza e catturato. Vedi documento alle pagg. 260-269.
sul nemico che avanzava; come pure su Carzano. Con i dispersi che giungevano ivi, assieme ad alcuni uomini delle batterie, fu organizzata la difesa di Telve. A questa difesa si univa pure il tenente Raid, dopo esser stato costretto a ritirarsi verso Telve. I suoi uomini occuparono, in prolungamento della linea, il camposanto di Telve. Il tenente Cviljusac, della batteria da montagna 3 / 1, con il fuoco diretto dei pezzi, messi fuori dei ripari, arrestava il nemico nella sua avanzata ed organizzava con i suoi bravi cannonieri, assieme ad alcuni dispersi, la difesa della batteria stessa. A sud di Carzano era il sottotenente Hochsteter, comandante di un plotone del V battaglione bosniaco, il quale, dopo avere sparato l'intiera e scarsa riserva di munizioni, senza alcun ordine, marciava con cinque uomini (due ungheresi, due ruteni ed un tedesco) su un fronte di cinquanta passi verso il nemico, che ritenendo lo seguissero forze rilevanti, fu costretto ad arrestarsi ed a prendere posizione. Il tenente, da solo, fece prigionieri tre uomini ch'erano la testa di una pattuglia d'arditi e, benché ferito, per piu di un~ora tenne testa all'avanzata nemica, fino all'arrivo dei rinforzi. Le quattro pattuglie d'arditi del battaglione IV/ 4°, al comando dell'alfiere Thomas, inquadrate ad est del Maso, alle 3,1.5, ebbero l'ordine di avanzare assieme al capitano Griiner su Carzano; causa la forte fucileria nemica, poterono avanzare soltanto lentamente. Dopo l'annuncio, portato da una pattuglia, che Carzano era fortemente occupata, l'alfiere Thomas si decise ad arrestare la sua marcia e rimase perciò in contatto con la 15· compagnia del 4° fanteria. Questa compagnia (comandata dal capitano Schram) ·si trovava nella parte settentrionale della testa di ponte di Mentrate ed era poco attaccata dal nemico, il quale,
però, la molestava con un intenso fuoco d'artiglieria. Alle 2,45, riusciva a pattuglie di questa compagnia di catturare un aspirante ufficiale, un tenente italiano e due uomini, intenti a stabilire una linea telefonica verso Carzano e cercanti d'ingannare le truppe, gridando loro « Deutschmeister » e la parola d'ordine. Piu tardi, sempre questa compagnia, aveva avuto grande successo con il suo fuoco di mitragliatrici e di fucili su Palua, Castellare e Scurelle. Il comandante dirigeva pure questo fuoco, efficacissimo, sulle riserve nemiche, che avanzavano sotto i fasci di luce dei riflettori, oltre il ponte di Carzano, occupato dal nemico. Tutti i suddetti punti erano sotto il fuoco intenso delle nostre batterie. Tale fuoco ostacolava molto le riserve del nemico, che s'era già spinto oltre Carzano. Da queste circostanze, registratesi sino alle ore 3,30, si sviluppa la situazione descritta qui di seguito.
III Il nemico cannoneggiava, nel frattempo, con calibri di ogni specie il settore malga Civeron e le zone ad est; come pure la parte meridionale della testa di ponte di Mentrate; a parte gli avvenimenti di Carzano, il silenzio regnava ovunque. Piu tardi, un forte fuoco di sbarramento si' concentrava nel settore ad est del fìume Ceggio. Ecco quanto era accaduto alle truppe ch'erano molto indietro e che si trovavano in marcia su Carzano. Il tenente Kurz, il quale iniziava la sua marcia da Caverna su Carzano alle 2,50, con il compito di tenersi in contatto con il capitano Griiner e con il tenente Haid, urtava ben presto contro pattuglie, delle quali egli ignorava completamente la provenienza,
giacché esse non rispondevano ai suoi richiami. Cosi egli guadagnava lentamente terreno. Il tenente Schmaus, comandante della 1' compagnia del 51° fanteria, che si trovava a Favera, dopo aver udito il rumore di battaglia, proveniente da Carzano, aveva già dato l'allarme alla sua compagnia alle ore 2,15. Dietro ordine del comando della I brigata, egli marciava alle ore 2,30 con due reparti (cento fucili) verso il colonnello Natiesta su Caverna, dove giungeva già alle ore 3 del mattino. I vi riceveva dal colonnello Natiesta l'ordine di marciare su Carzano, di tener il collegamento tra il capitano Griiner ed il tenente Haid ed infine di attaccare e occupare Carzano da nord. Aveva a sua disposizione la pattuglia d'arditi del tenente Kurz. Alle 3, 1O, lo Schmaus abbandonava Caverna per portarsi su Carzano. Raggiungeva alle 3 ,20, nei pressi della testa di ponte di Mentrate, la pattuglia del tenente Kurz ed inviava questa sul pendio del Maso per la sicurezza del fianco sinistro, verso Carzano. Inquadrava i suoi plotoni per l'attacco ed iniziava, alle ore 3,30, dal ponte 591, l'assalto su Carzano. Le pattuglie inviate per il collegamento non potevano adempiere il loro compito. A sud di Carzano erano in procinto di avanzare verso nord: il gruppo del maggiore Guertler, comandante dei Tiratori « Alta Austria », con il sottotenente Loffier (un plotone del V bosniaco ed un plotone Tiratori « Alta Austria », in tutto sessanta fucili); ad est di questi il maggiore Lakom con il tenente Kimla, il quale era stato preso dal fronte e messo a nord con un plotone del V bosniaco (trenta fucili); piu ad est ancora una pattuglia di arditi, dei Tiratori « Alta Austria ». Le riserve della brigata, e precisamente mezza compagnia (cinquanta fucili) erano in marcia su Borgo, 2 93
dove giungevano alle 4,10. Qui, il colonnello Guenste le affidava al comando del maggiore Lakom con il compito di attaccare Carzano, avanzando per ambedue i lati della strada Borgo-Telve. Con la situazione delle ore 3,30 l'attacco italiano era al culmine. Le brillanti ed intrepide continue operazioni della nostra artiglieria ( cinquantasei pezzi), assieme a duecentoquattordici fucili, quattro mitragliatrici, due cannoni di fanteria, sono bastate a frenare il nemico, tanto che egli desistette dall'avanzare. Nella notte buia, il nemico deve esser stato perplesso e meravigliato di sentirsi attaccato da tutte le parti, giacchÊ, data l'oscurità , il nemico non poteva costatare h pochezza numerica delle forze che gli erano di fronte. Mediante l'attacco concentrato di tutti quei reparti che si trovavano ancora indietro, o ch'erano in procint0 di avanzare, s'inizia la seconda parte del combattimen° to: il contrattacco sino al totale sgombro della breccia per parte del nemico.
IV Il tenente Schmaus giungeva alle 5,30 con la mezza compagnia l"/51° (cento fucili) sul pianoro sito trecento passi a nord di Carzano. La pattuglia d'arditi del tenente Kurz era 'scaglionata indietro a sinistra. Nonostante i massimi sforzi, il collegamento fra la mezza compagnia Standschutzen del capitano Griiner e il tenente Haid non aveva potuto ancora essere raggiunto. Quando le pattuglie di ricognizione annunziarono che Carzano era stata abbandonata dal nemico, il tenente Schmaus, quantunque per mezzo delle sole sue forze, avanzava subito su Carzano ed alle 6 del mattino penetrava nel margine settentrionale del paese 2
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ormai debolmente difeso dal nemico. Causa il forte fuoco di cannoni e di mitragliatrici proveniente dalla testa di ponte di Mentrate, il nemico molto probabilmente fu costretto a cercare rifugi sicuri. Dopo aver avuto un rinforzo di circa sedici uomini del V battaglione bosniaco, i quali avevano subito seguito il nemico che si ritirava da Telve su Carzano, il tenente Schmaus attaccava nuovamente nella direzione della chiesa di Carzano. Esaurita la breve resistenza, gl'itaIiani si ritiravano sino alla chiesa di Carzano, incalzati dal tenente Schmaus, il quale però, a cento passi a nord di questa chiesa, fu costretto a fermarsi, causa un micidiale fuoco di fanteria e di granate a mano. Il tenente Schmaus decise allora di attendere ulteriori rinforzi prima di attaccare nuovamente il nemico. I rinforzi, che giunsero, erano composti come segue: a) Sottotenente Barboloviciu del I battaglione del 51° fanteria con un plotone d'arditi (ventitrÊ fucili) e due mitragliatrici. Il plotone d'arditi era stato "instradato dal comando della I brigata da montagna e messo a disposizione del colonnello Natiesta, il quale, assieme al plotone di mitraglieri del suo settore, lo inviava presso il tenente Schmaus, dove giungeva alle ore 6,30. Un assalto contro la chiesa, comandato dal sottotenente Barboloviciu con il plotone d'arditi, iniziato alle ore 7 di mattina, venne respinto dagl'italiani, che con un violento contrattacco ci infl,issero anche forti perdite. b) Circa un plotone del V battaglione bosniaco ed alcuni franchi tiratori della compagnia Reutte (totale circa trenta uomini), i quali, dopo aver respinto tutti gli assalti del nemico su Telve, lo inseguirono sino a Carzano. Durante questo inseguimento, venne ferito il tenente Haid. c) La mezza compagnia del V battaglione del 59° 2 95
fanteria (cinquantotto fucili), la quale, alle 6 del mattino, oltrepassava il Ceggio a sud di Telve, e su ordine del maggiore Lakom, attaccava il margine sud-ovest di Carzano. Trovando, però, questo margine fortemente occupato, era costretta a ritirarsi verso la parte nordovest di Carzano. La mezza compagnia giungeva alle 7,30. Al posto del sottotenente Wagner, ch'era stato ferito, prendeva il comando della compagnia l'alfiere Peer. Le truppe del maggiore Guertler, che avanzavano da sud, avevano, assieme al tenente Kimla (circa un plotone del V bosniaco: trenta fucili) ed al sottotenente LofBer (un plotone Tiratori « Alta Austria » ed un plotone bosniaci: sessanta fucili), respinto il nemico sino alle ultime case a sud di Carzano. Il maggiore Guertler, con la pattuglia d'arditi dei Tiratori « Alta Austria », aveva personalmente preso parte a far sgombrare la posizione principale dal nemico. L'attacco concentrico su Carzano venne iniziato alle ore 7 di mattina nel seguente modo: 1. Da nord ad ovest. Il tenente Schmaus cosi inquadrava il suo gruppo per l'assalto alla chiesa di Carzano: a) sotto il suo comando, metà della compagnia 1'/51° (ottanta fucili) ed una mitragliatrice dd battaglione I/1°, direttamente da nord; b) alfiere Pèer con la mezza compagnia 10·;59• (cinquantotto fucili) ed una mitragliatrice del battaglione I/ 1°, dalla parte nord-ovest di Carzano; e) sottotenente Barboloviciu con un plotone d'arditi e circa venti uomini del V bosniaco dalla direzione ovest. Direzione per tutti: la chiesa di .Carzano. 2. Da sud. Il magg1ore Lakom si trovava dopo le 7 del mat-
tino al margine meridionale di Carzano. Visto che a sud di Carzano la battaglia era già da parecchio tempo iniziata, e che causa il fuoco di quattro pistole mitragliatrici nemiche, come pure per quello di una mitragliatrice, era escluso di iniziare l'assalto su Carzano con le forze a sua disposizione, egli si recava personalmente a prendere dei rinforzi dal settore meridionale H accanto (trenta uomini). Nel frattempo, giungevano altri due plotoni del V bosniaco con cinquanta fucili, provenienti dal settore est di Castelnovo. Questi due plotoni furono messi in azione ad ovest del gruppo del maggiore Guertler. L'attacco concentrico, attuato alle 8,30, venne validamente e con successo preceduto dal fuoco dell'artiglieria della 18" divisione (tenente colonnello Ritter von Romer e tenente colonnello Rosmanitu) e sostenuto poi dal fuoco di fanteria e dalle mitragliatrici, proveniente dalla testa di ponte di Mentrate nonché da quello del sottotenente Knott, comandante il plotone mitraglieri, dislocato a nord del ponte di Scurelle. L'attacco, che i nostri coraggiosi ufficiali guidarono personalmente, ebbe un clamoroso successo: dopo bre1,e resistenza, il nemico venne respinto. In tale assalto, il sottotenente Loffier dei Tiratori « Alta Austria » trovava la morte. A mano a mano che si intensificava il tiro della nostra artiglieria contro il settore ad est <li Carzano, maggiori si facevano il disordine e la confusione sul fronte nemico. Ogni tentativo degl'italiani di riattraversare il Maso fu sventato dal forte fuoco d'infilata effettuato sul ponte stesso da alcune pattuglie del IV battaglione del 4° fanteria. A tale tiro d'infilata contribui pure validamente la mitragliatrice del V battaglione bosniaco che si trovava presso il ponte di Scurelle: al nemico non rimase altro che arrendersi. 2
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Le cospicue forze italiane, che si trovavano già dal mattino in ritirata dal Maso su Palua, Castellare, Scurelle, furono molestate con successo dall'ottimo fuoco delle mitragliatrici dislocate alla testa di ponte di Mentrate, dal fuoco d'artiglieria e da quello proveniente dalle posizioni riconquistate a sud di Carzano. Il' nemico evitò i nostri reticolati ad alta tensione elettrica, ritirandosi attraverso le piccole brecce trovantisi nei medesimi. Il nemico ebbe notevoli perdite e ben presto la sua ritirata si trasformò in fuga precipitosa senza ordine né disciplina.
V Quantunque le riserve sopraggiunte non avessero occasione di entrare in combattimento pure è interessante sapere la loro posizione di attesa, tanto piu che poteva darsi che non si potesse respingere il nemico cosi in fretta, nonostante l'ottima azione di coordinamento dei sottocomandanti e il generoso e prezioso contributo delle nostre valorose truppe e della brava artiglieria, rendendo, pertanto, necessario il loro intervento per collaborare ad un eventuale attacco in grande stile. Il comando della 1s· divisione di fanteria aveva messo a disposizione del comando della CLXXXI brigata, il battaglione d'assalto dell'armata; il colonnello Guenste inviava la 4• compagnia di detto battaglione (tenente dott. Wieser), giunta per mezzo di automobili alle ore 6 al margine est di Borgo, verso Telve, ed avviava a Borgo, in cui giunsero alle 8,10, le altre tre compagnie. Il comando, la l' e la 2' compagnia dovevano poi portarsi, quali riserve della brigata, nel bosco ad ovest di Telve di Sopra; la 3· compagnia do-
veva recarsi a Castelnovo, e la compagnia mitraglieri, che giungeva a Borgo verso mezzogiorno, in rinforzo della 1• e 2· compagnia. Il II battaglione cacciatori bavaresi, giunto alle ore 8,45 per ferrovia a Màrter, suddivise le sue truppe come segue: una compagnia, la 2", marciò a sud del Brenta su Borgo; il comando, la 1", 3• e 4• compagnia vennero avviate, attraverso Roncegno, nel settore sudest di Torcegno. Il comandante, maggiore Bauerschmied, precedette le truppe e con un'auto fornitagli dal comando della 13· divisione fanteria, si portò presso il comando della CLXXXI brigata per orientarsi personalmente. Egli giungeva a destinazione alle 7 ,52. Il comando della I brigata da montagna aveva messo ancora a disposizione del colonnello Natiesta il III plotone della 1' compagnia del 51° fanteria. Il Natiesta aveva inviato questo plotone dal tenente Schmaus, dove giungeva quando il nemico era già liquidato. Inoltre, il comando della I brigata da montagna aveva diretto metà della 4• compagnia del 1° reggimento fanteria da Rottegojo a Favera, giungendovi alle 6; ed infine venne inquadrata e messa in allarme, sino alle ore 6,30, nei pressi di Rottegojo, una compagnia combinata con elementi misti del 51°. L'altro battaglione germanico, il I battaglione cacciatori bavaresi, che, alle 7 ,45, era stato dal comando d'armata messo a disposizione del comando della 18' divisione di fanteria, giungeva per ferrovia alle ore 10 a Màrter, accampandovisi. Il comandante del battaglione si portava anch'esso presso il comando della 18" divisione. Come già detto, l'intervento di queste riserve non fu piu necessario. Furono soltanto prese, per lo sgombro totale e per la rioccupazione della linea degli avam-
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posti e dei posti di guardia presso Castellare e Palua, la 4¡ compagnia e due pattuglie del II battaglione bavarese. Questa azione, iniziata la sera del 18 settembre, riusd senza resistenza; il tenente dott. Wieser venne, tuttavia, gravemente ferito. Una debole reazione tentata dal nemico alle foci del Maso, verso le 6, venne annientata e respinta dalla nostra artiglieria intervenuta sollecitamente. Dopo le 9, il nemico si limitò ad azioni a fuoco sulle nostre posizioni del Maso, su Carzano e sulla testa di ponte di Mentrate, ma senza alcun successo. Dalle ore 10 alle 10,30 tentò pure un debole assalto alla testa di ponte di Mentrate, anch'esso rimasto senza esito positivo. Grazie all'azione energica, ben meditata, pronta di tutti i comandanti, grazie alla logica e naturale iniziativa di ognuno e al valore eroico delle relativamente deboli truppe, composte da militari di tutte le province della nostra Monarchia - in tutto trecentocinquanta fucili e sette mitragliatrici, - grazie, infine, all'aiuto prezioso dell'artiglieria, l'inatteso attacco nemico, ch'era stato operato con circa cinque battaglioni (duemilacentocinquanta fucili circa e dodici mitragliatrici), venne respinto e trasformato in una sconfitta clamorosa. Le nostre perdite, nella battaglia, furono le seguenti. Caduti: 1 ufficiale e 32 uomini; feriti: 5 ufficiali e 91 uomini; dispersi: 4 ufficiali e 183 uomini; totale: 10 ufficiali e 306 uomini, piu circa 180 fucili ed 1 mitragliatrice russa. Gl'italiani perdettero, invece, 17 ufficiali e 896 uomini, oltre a 2 mitragliatrici, 560 fucili ed una grande quantità di materiale tecnico. Le perdite italiane sono cosi suddivise: caduti e sepolti: 4 ufficiali e 360 uomini; feriti e fatti prigionieri: 5 ufficiali e 132 uo300
mini; fatti prigionieri incolumi: 8 ufficiali e 404 uomini. Vennero consumate, da tutte le truppe della 1s¡ divisione partecipanti all'azione, le seguenti munizioni: artiglieria: 7 .023 colpi, in media 120 colpi per pezzo;* mitragliatrici: 95.000 colpi; fanteria: 200.000 colpi. Il grande successo del nostro contrattacco, condotto con forze cosf deboli, si deve: a) alla prontezza con cui tutti i piccoli reparti si informarono l'un l'altro di quanto accadeva sul fronte; b) alle rapide decisioni e al rapido invio di rapporti; c) alla rapida illuminazione del terreno, mettendo in funzione tutti i riflettori disponibili; d) al ben eseguito fuoco di sbarramento sia con l'artiglieria sia con le mitragliatrici; e) all'energica e valorosa resistenza di piccoli reparti, e alla resistenza eroica di quei reparti trovatisi nei pressi del settore nel quale il nemico era penetrato, e, che pur circondati, seppero resistere; f) al fatto che le riserve deboli come quantitativo di forza, ma guidate da comandanti arditi e decisi a tutto, svilupparono i loro attacchi specie sui fianchi del nemico. L'iniziativa di tutti i sottocomandanti, dal capopattuglia in su, per agevolare tutte le disposizioni e precauzioni prese dai comandanti superiori; l'ottima conoscenza del terreno della battaglia; la prontezza nell'allarme; l'eroica resistenza delle batterie vicine all'attacco nemico e la continuazione del loro fuoco; le ottime decisioni prese da tutti i comandanti superiori attuate prontamente ed energicamente; l'intenso lavoro d'assieme delle artiglierie sempre in segnalazione reciproca delle nuove situazioni e posizioni; il * Avevano in tutto 200 colpi pet pezzo. 301
superiore valore delle nostre truppe su quelle del nemico per audacia, spirito aggres·sivo, forza di volontà di vincere, furono tutte cause che contribuirono al}'enorme successo. Concludendo, da questo combattimento apprendiamo che è necessaria la presenza di piccole riserve bene istruite per poter passare, anche se momentaneamen te sopraffatti, al contrattacco. Le truppe siano, perciò, sottoposte a continue manovre, al fine di mantenerle esercitate al lavoro d'assieme che la guerra richiede; ed a queste manovre partecipino artiglieri, fanti, mitraglieri, addetti ai riflettori. Feldmaresciallo ScHEUSCHENSTHUL
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INDICE
'
7
PREMESSA
I. II. III. IV.
V. VI. VII. VIII. IX. X. -
XI.
-
XII. XIII. XIV. XV. XVI.
-
Gli antefatti Il plico segreto Il primo colloquio con Pivko Il sogno si delinea All'Ufficio Informazioni Al Comando Supremo . Bianchetia sotto il campanile Negli avamposti austriaci Da Cadoma, final mente! Preparativi febbrili. Al Consiglio di guerra Alla vigilia dell'azione. Il saluto di Cadorna PerchĂŠ il risultato appariva sicuro Il principio dell'azione. Tutto bene! Il crollo del sogno Il crudo risveglio . Con Cadorna, dopo. L'inchiesta
9 19 27 36
52 59 71
77 88 100 113 129 135 147
160 164
APPENDICE
I. II.
- Ordine emanato dal comando austriaco per un attacco contro Fontanelle . - La situazione dei Paesi dell'Intesa secondo gli austroungarici
17.3
178
II I.
- Russia e Romania stanno uscendo di scena I V. - Si prepara Caporetto V. - Propaganda nazionalista nelle file ausfriache VI . - Sessantanove battaglioni tolti dal Trentino VII. - Fanterie ed artiglierie nemiche in movimento VIII. - D islocazione delle truppe nemiche dal Montalon allo Stelvio I X. - Piano per l'azione di sorpresa su Carzano X. - Le disposizioni emanate dal comandante italiano incaricato della esecuzione della sorpresa su Carzano Xl. - Relazione presentata al Comando Supremo e al comando della l' armata sulla parte svolta dall'Ufficio I nformazioni nella sorpresa di Carzano X I I. - Relazione del comandante del 13 5• fanteria XIII. - Dal diario del comandante la colonna 10 XIV. - Stralcio della relazione presentata dal tenente Artom ( disperso nell'azione contro Carzano perché rimasto ferito e fatto progioniero) al suo ritorno in patria alla commissione per l'interrogatorio prigionieri X V. - L'episodio di Carzano visto da un disertore ceco XV I. ·· Il combattimento di Carzano nella versione del comando austriaco
184 187 190 192 194 197 199 21 7
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