L'OPERAZIONE BRITANNICA "TIGER"

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L’OPERAZIONE BRITANNICA “TIGER”

5 – 13 Maggio 1941

IL PASSAGGIO DI UN CONVOGLIO DALLA GRAN BRETAGNA AD

ALESSANDRIA CON CARRI ARMATI E AEREI DA CACCIA PER IL FRONTE LIBICO-EGIZIANO

FRANCESCO MATTESINI

Portaerei Ark Royal - Disegno di Edward Tufnell in World War II Database

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GENNAIO 2020
ROMA

GENESI DELL’ OPERAZIONI TIGER

Il 21 aprile 1941 la Flotta britannica del Mediterraneo (Mediterranean Fleet), salpata da Alessandria, effettuò il bombardamento del porto di Tripoli con le tre corazzate Warspite, Valiant e Barham e l’incrociatore Gloucester, mentre la portaerei Formidable, mantenendosi al largo, forniva il sostegno aereo. Non vi fu da parte della Marina e dell’Aviazione italiana e tedesca, alcuna reazione. Lo stesso giorno a Londra, il Comitato di Difesa britannico esaminava un messaggio del Comandante in Capo del Medio Oriente, generale Archibald Percival Wavell, spedito il giorno avanti, che lamentava l’inferiorità delle sue forze, soprattutto in mezzi corazzati, rispetto a quelli che disponevano gli italiani e i tedeschi nel fronte della Cirenaica. Pertanto egli chiedeva “carri armati per riequipaggiare la sua 7a Divisione corazzata, e per controbattere le forze corazzate tedesche” . 1

Il Primo Ministro Winston Churchill aveva preso visione di tale messaggio fin dal giorno 20 aprile, e allarmato dal fatto che il generale Wavell prevedeva che la situazione, già preoccupante per l’attacco del generale Erwin Rommell alla piazzaforte di Tobruk, sarebbe ancora peggiorata alla fine del mese con l’arrivo in Libia della 15a Divisione corazzata tedesca, inviata dalla Germania per rinforzare l’Afrika Korps. Per cui Wavell aveva specificato: “se si voleva fronteggiare un tale grande incremento del potenziale bellico nemico occorrevano urgentemente nuovi carri armati”. 2 Ne conseguì, che Churchill propose immediatamente di inviare in Egitto un convoglio trasportante carri armati, facendolo passare per la via più breve, ossia attraverso il Mediterraneo, dallo Stretto di Gibilterra al porto di Alessandria.

E ciò avvenne con un promemoria inviato quello stesso 20 aprile ai Capi di Stato Maggiore Imperiale, in cui il Primo Ministro britannico scrisse:3

L’unico modo possibile per raggiungere questo grande obiettivo è l’invio di navi veloci cariche di velivoli della sezione rapida del convoglio W.S.7 attraverso il Mediterraneo. Il telegramma del generale Wavell dimostra che occorrono macchine, non uomini. Si deve accettare il rischio di perdere gli automezzi, o una parte di essi. Anche se solo una metà riuscirà a passare, la situazione sarebbe ristabilita. I cinque trasporti carichi di automezzi hanno a bordo duecentonovantacinque carri armati, tutti appartenenti tranne quattordici al tipo I … L’Ammiragliato ed il Ministero dell’Aviazione ideeranno e prepareranno oggi un piano per far passare questo convoglio vitale attraverso il Mediterraneo. Naturalmente dobbiamo accettare il rischio di non attenderci nessuna garanzia. Per allora, Malta dovrebbe essere rafforzata. I cacciatorpediniere di Mountbatten [cinque unità della 5a Flottiglia

11 Archibald Wavel, Relazione in Supplement to The London Gazette dell’11 Giugno 1946.

22 Donald Macintyre, La Battaglia del Mediterraneo (dall’inglese The Battle for the Mediterranean, Sansoni, Firenze, 1965, p. 74.

3 Winston Churchill, La Seconda Guerra Mondiale, volume 3°, Mondadori, Milano, p.218. 122318.916.

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inviata dal Regno Unito al comando del capitano di vascello Louis Mountbatten] ed altri rinforzi navali dovrebbero essere giunti nell’isola …”.

Sulla base delle direttive impartite dal Primo Ministro britannico, vennero pertanto immediatamente formulati i piani per l’operazione, alla quale fu dato il nome convenzionale di Tiger (Tigre). Essa consisteva nel far partire dalla Gran Bretagna un convoglio, denominato WS.8A (Winston Specials 8), costituito da quattordici navi veloci, nove delle quali, grandi trasporti truppe, dirette a Bombey e Suez, e le altre cinque, da carico, deviate a mezzanotte del il 5-6 maggio in Atlantico verso lo Stretto di Gibilterra, dirette ad Alessandria. Si trattava del Clan Campbell, Clan Chattan, Clan Lamont, Empire Song e New Zealand Star.

Avendo a bordo complessivamente 295 carri armati (185 Matilda II, 15 Crusader A.13, 67 Crusader A.15, 28 leggeri VIC) 180 veicoli e 53 aerei da caccia Hurricane smontati e imballati in casse, quei cinque piroscafi, con velocità da 15 nodi, dovevano seguire la rotta suggerita da Churchill, che avrebbe fatto risparmiare, in un momento di estrema urgenza, ben quaranta giorni di navigazione rispetto alla rotta del Capo di Buona Speranza, con periplo dell’Africa, attuando con ciò il primo transito del Mediterraneo da quando in gennaio la Luftwaffe, con il 10° Corpo Aereo (X Fliegerkorps), aveva cominciato gli attacchi alle navi britanniche partendo dagli aeroporti della Sicilia.

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Il Clan Lamont, uno dei cinque piroscafi del convoglio dell’operazione Tiger.

Nel frattempo altri 240 carri armati (180 Matilda, 32 Cruiser e 28 leggeri), erano stati sistemati sulle navi mercantili del convoglio WS.7, che salpò per l’Egitto da Clyde il 24 aprile, per poi arrivare a Suez il 6 maggio, proprio mentre era entrato nel Mediterraneo nella notte il convoglio M.W.8 /(sigla assunta dopo il distacco dalle altre navi del convoglio WS.8/A) con gli altri 295 carri. Il 22 aprile Churchill aveva telegrafato a Wavell informandolo che sarebbero arrivati in Egitto ben sei battaglioni di Tank, convinto che avrebbero cambiato in modo favorevole le condizioni del fronte al confine con la Cirenaica.

Era difficile stabilire, con il X Fliegerkorps che disponeva ora di 400 aerei da combattimento, quali ora fossero i rischi a cui le navi del convoglio WS.8 sarebbero andate incontro a quattro mesi di distanza dal danneggiamento della portaerei Illustrious dall’affondamento dell’incrociatore Southampton e dal danneggiamento del gemello Gloucester, conseguito, nei giorni 10 e 11 gennaio, dai bombardieri in picchiata Ju.87 del I./St.G.1 e del II./St.G.2 e degli Ju.87 italiani del 96° Gruppo tuffatori. 4 Ma anche il prudente ammiraglio Andrew Browne Cunningham, Comandante della Mediterranean Fleet, convenne che bisognava affrontare il nemico per una necessità tanto urgente.

Da parte sua l’Ammiragliato britannico espresse gravi dubbi circa il successo di un simile tentativo. E di tale parere furono anche i Capi di Stato Maggiore Imperiale delle forze armate che, pessimisticamente, ritennero non fossero molte le possibilità di far passare senza danni le navi da trasporto attraverso il Mediterraneo, esposte come sarebbero state all’attacco dei bombardieri in picchiata tedeschi Junker 87 e Junker 88. Tuttavia una volta che la coraggiosa decisione fu presa l’ammiraglio Dudley Pound, Primo Lord del Mare, schierandosi apertamente con il Primo Ministro, decise di fornire al convoglio WS.8 la massima forza navale di copertura e colse subito l’occasione di inviare sostanziali rinforzi alla Mediterranean Fleet e anche qualche aiuto supplementare a Malta.5

Fu pertanto disposto dall’Ammiragliato che l’operazione Tiger si svolgesse secondo lo schema già seguito nel gennaio 1941 per l’operazione Essex, giovandosi del contemporaneo movimento delle due squadre navali di Gibilterra e di Alessandria: la Forza H del voce ammiraglio John Sonerville, e la Mediterranean Fleet dell’ammiraglio della flotta A.B. Cunningham. L’intera complessa operazione ebbe la denominazione di MD.4.

La flotta del Mediterraneo si concentrò nella sua base principale di Alessandria il 4 maggio per disporre di almeno tre giorni di tempo per riassettare le navi dopo l’intenso impiego sopportato per portare le truppe e i rifornimenti in

4 Mattesini Francesco, L’attività aerea italo-tedesca nel Mediterraneo, Il contributo del“X Fliegerkorps” Gennaio-Maggio 1941, Seconda edizione riveduta e ampliata, Aeronautica Militare Ufficio Storico, Roma, 2003, p. 374-375. Il libro, di grosso formato, consta di 687 pagine ed un vero diario sull’attività della Luftwaffe, realizzata su documenti tedeschi, ma soprattutto italiani, sullo scambio di corrispondenza di Superaereo. Sono particolarmente importanti i bollettini originali giornalieri del X Fliegerkorps, in lingua tedesca, dove ogni azioni, anche una semplice ricognizione, è descritta con il numero di velivoli dei reparti di appartenenza.

5 Ibidem, p. 1243-1244.

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Grecia, dove l’attacco tedesco partendo dalla Bulgaria era iniziato il 6 aprile, e poi, quando ogni possibilità di resistenza del britannici e dei greci fu spezzata, nell’opera di evacuazione verso Creta e l’Egitto che si concluse alla fine del mese. Pertanto, l’ammiraglio Cunningham, approfittando dell’occasione che si offriva alla sua flotta con l’operazione Tiger decise che, oltre ad andare prelevare il convoglio WS.8 a ovest di Malta come pianificato dall’Ammiragliato, di realizzare il rifornimento di Malta con due convogli, uno lento e l’altro veloce, diretti alla Valletta con circa 40.000 tonnellate di rifornimenti, carburante e merci varie. Inoltre decise che forze leggere di incrociatori e cacciatorpediniere avrebbero bombardato il porto di Bengasi, principale scalo per i rifornimenti in arrivo dall’Italia per il fronte della Cirenaica, sia nella rotta di andata che in quella di ritorno. Nel primo tratto della navigazione in Atlantico verso Gibilterra fu stabilito di far accompagnare il convoglio WS.8 (lo ricordiamo era la sigla assunta dopo la separazione del convoglio W.S.8/A diretto a Suez) da un gruppo di unità navali destinate a rinforzare la Mediterranean Fleet. A tale gruppo, denominato Forza F e costituito dalla nave da battaglia rimodernata Queen Elizabeth, dagli incrociatori della 15a Divisione Naiad e Fiji e dai tre cacciatorpediniere Harvester, Havelock e Hesperus, si sarebbe poi aggiunto dopo il passaggio per lo Stretto di Gibilterra l’incrociatore Gloucester e i cacciatorpediniere Kashmir e Kipling arrivati il 4 maggio a Gibilterra dalla Valletta (Malta). Comandante della Forza F e della 15a Divisione Incrociatori, a bordo del Naiad, era il contrammiraglio Edward Leigh Stuart King.

Il sostegno al convoglio WS.8, i cui piroscafi avevano ricevuto un rinforzato armamento contraereo, sistemando in coperta cannoni a tiro rapido Bofors da 40 mm destinati in Egitto, sarebbe stato assunto dalla Forza B (nucleo della Forza H), che disponeva dell’incrociatore da battaglia Renown (vice ammiraglio Somerville), della portaerei Ark Royal, dell’incrociatore Sheffield : e nove cacciatorpediniere: Faulknor Foresight, Fury, Forester, Fortuna, Fearless, La Forza B, come fatto per il passato ogni qualvolta era stato necessario fare passare navi o convogli per il Mediterraneo occidentale diretti a Malta, in Grecia e Alessandria, era destinata a tornare indietro appena arrivata all’entrata occidentale del Canale di Sicilia, nella zona del banco di Skerki, situato a nord di Biserta, con la scorta dei tre cacciatorpediniere Harvester, Havelock e Hesperus.

Nel frattempo il convoglio WS.8 dell’operazione Tiger e il gruppo navale di rinforzo del contrammiraglio King, dovevano proseguire la navigazione nella notte accompagnati da sei dei nove cacciatorpediniere della Forza H: Faulknor Foresight, Fury, Forester, Fortuna e Fearless. Questi sei cacciatorpediniere dell’8a Flottiglia, avrebbero esercitato il compito di scorta al convoglio fino al mattino dell’indomani, allorquando nei pressi di Malta sarebbe stato dato loro il cambio da altrettanti cacciatorpediniere della Mediterranean Fleet. Quindi, entrati nel porto di Malta per rifornirsi, le sei unità dell’8a Flottiglia sarebbero ripartite per raggiungere la Forza H

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che li avrebbe attesi a ponente di Algeri, fuori dal raggio d’azione dei velivoli offesivi italiani della Sardegna.6

La protezione aerea del convoglio WS.8 sarebbe stata assunta nel Mediterraneo centrale dalle forze aeree di Malta, che il 3 maggio furono rinforzate, su disposizioni del Comandante della Royal Air Force (RAF), maresciallo dell’aria Charles Portal, con quindici caccia bimotori a lungo raggio Bristol Beaufighter del 252° Squadron del Coastal Command (Comando costiero) fatti arrivare in volo sull’isola direttamente dal Regno Unito, con scalo a Gibilterra.7

La corazzata Queen Elizabeh, della classe “Warspite”, veterana della prima guerra mondiale nella sua definitiva configurazione durante la seconda guerra mondiale. Era armata con otto cannoni da 381 mm, ed era stata destinata nel corso dell’operazione Tiger a scortare il convoglio WS.8 e rinforzare la Mediterranean Fleet.

6 Historical Section Admiralty, Mediterranean, Volume I (declassificato), London, 1952, p. 24-25.

7 I.S.O. Playfair, The Mediterranean and Middle East, Volume II, HMSO, London, 1954, p. 118.

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Sopra, l’incrociatore Naiad della classe “Dido”, armato con dieci cannoni ad alta elevazione, particolarmente adatti al tiro contraereo, Sotto l’incrociatori Fiji della classe “Crown Colony”, armato con dodici cannoni da 152 mm. Entrambi gli incrociatori, come la corazzata Queen Elizabeth, entrambi facevano parte della Forza F, destinata a portare a destinazione il convoglio WS.8, e rinforzare la Mediterranean Fleet.

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Fu stabilito, ed era una novità, che questi nuovi formidabili caccia, con pilota e navigatore (entrati in servizio il 27 luglio 1940, armati pesantemente con quattro cannoncini Hispano II da 20 mm e una mitragliatrice Browning da 7,7 mm), avrebbero tenuto sotto controllo il convoglio Tiger fino ad oriente di Malta; zona in cui il compito della vigilanza aerea sarebbe stato rilevato dai velivoli da caccia

Fulmar della portaerei Formidable, con la quale era il grosso della Mediterranean Fleet costituito dalle corazzate Warspite (nave di bandiera dell’ammiraglio Cunningham), Barham e Valiant, dagli incrociatori Ajax, Orion e Perth, dal posamine veloce Abdiel e dai dodici cacciatorpediniere della 14a e 7a Flottiglia Griffin, Havock, Hotspur, Imperial, Jaguar, Jervis, Juno, Kandhar, Kingston, Napier e Nizam. Con questa squadra, denominata Forza A, fu destinata a procedere anche la nave ausiliaria Breconshire, che oltre a trasportare un carico di combustibili e munizioni per la guarnigione di Malta, doveva rifornire i cacciatorpediniere.

Quanto ai convogli destinati a raggiungere il porto maltese della Valletta da oriente, il primo (MW.7/B) fu costituito dalle due petroliere Hoegh Hood e Snennor, ed ebbe assegnati quale scorta gli incrociatori contraerei Carlisle e Coventry, i tre cacciatorpediniere Decoy, Defender e Greyhound, la corvetta Gloxinia e il dragamine Swona. Il secondo convoglio (MW.7/A) venne a disporre dei quattro piroscafi veloci Amerika, Settler, Thermopylae e Talabot, protetti dagli incrociatori Dido e Phoebe, dall’incrociatore contraereo Calcutta e dai quattro cacciatorpediniere Hereward, Hero, Ilex e Isis. Fu anche disposto che gli incrociatori assegnati ai due convogli per Malta avrebbero poi rinforzato la protezione antiaerea del convoglio Tiger quando sarebbe transitato a occidente dell’Isola.

In definitiva, per attuare tutta questa serie di vitali movimenti, concernenti la scorta di dodici navi mercantili, la Royal Navy fu costretta a schierare un poderoso complesso di unità militari, costituito da quattro corazzate, un incrociatore da battaglia, due portaerei, nove incrociatori, tre incrociatori contraerei, trentaquattro cacciatorpediniere e alcune unità leggere e ausiliarie.

Il convoglio WS.8/A, (WS era la sigla dei convogli truppe Winston Specials), le cui navi mercantili e i trasporti militari veloci erano diretti dalla Gran Bretagna nel Medio Oriente, a Suez), si componeva di quattordici navi mercantili, delle quali Clan Campbell, Clan Chattan, Clan Lamont, Empire Song e New Zealand Star, con velocità di quindici nodi, diretti ad Alessandria transitando per il Mediterraneo. Le altre nove navi del convoglio, Strathaird (commodoro), Dominion Monarch (vice commodoro), Highland Chieftain, Aronda, Empress of Asia, Reina del Pacifico, Sobieski, Empress of Russia, Abbekerk e Pretoria Castle, dovevano proseguire la navigazione verso Bombay e Suez, circumnavigando l’Africa.

L’intero convoglio, scortato da cacciatorpediniere, prese il mare il 26 aprile 1941, dall’Estuario del Clyde (Glasgow), nella Scozia sud-occidentale, transitò con rotta nord nel Mare d’Irlanda per poi superare il Canale del Nord, tra la Scozia e l’estremità settentrionale dell’Irlanda. Entrato in Atlantico, si spinse molto a occidente per tenersi lontano dalla minaccia degli aerei tedeschi in Francia. Il distacco tra la sezione diretta a Freetown, per poi proseguire per l’Oceano Indiano, e la sezione diretta a Gibilterra avvenne il 2 maggio, e da questo momento assunsero la

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scorta del convoglio l’incrociatore da battaglia Renown, nave ammiraglia della Forza H, l’incrociatore Naiad, e i cacciatorpediniere Harvester, Havelock e Hesperus, che poi proseguirono per Gibilterra, dove il comandante del Najad, capitano di vascello Marcel Harcout Attwood Kelsey, arrivato il giorno 5, fece un rapporto sulle condizioni del piroscafo Clan Campbell che durante la navigazione in Atlantico aveva riportato alcune gravi avarie. La nave, che sembrava dovesse restare a Gibilterra, fu ritenuto che potesse proseguire nella sua navigazione per Alessandria. Un’altra unità destinata a rinforzare la Mediterranean Fleet, la corazzata Queen Elizabeth, partita da Freetown (Sierra Leone) era arrivata a Gibilterra il 30 aprile, per poi salpare il 4 maggio, assieme ai cacciatorpediniere Foresight, Fortune, Fearles e Velox per ricongiungersi, alle 00.00 del 5 al convoglio Tiger in Atlantico, ad ovest dello Stretto. 8 Il giorno precedente era arrivato a Gibilterra l’incrociatore Fiji staccatosi dal convoglio SL.72, partito da Freetwon e diretto a Liverpool. Il 5 maggio, dopo il rientro della Renown, arrivarono a Gibilterra provenienti da Malta l’incrociatore Gloucester e i cacciatorpediniere Kashmir e Kipling, che avevano diretto per Gibilterra dopo che erano rimasti fuori del porto della Valletta, minato dagli aerei tedeschi della Squadriglia 2./KG.4 del X Fliegerkorps, che il 2 maggio causarono l’affondamento del cacciatorpediniere Jersey. Vediamo di seguito come si svolsero i fatti.

Assieme al Kelly, Kaskmir, Kipling, Kelvin e Jackal, il Jersey faceva parte della 5a Flottiglia Cacciatorpediniere che, proveniente dalla Gran Bretagna al comando del capitano di vascello Lord Louis Mountbatten, era stata distaccata a Malta il 28 aprile 1941, per operare sulle rotte delle navi italiane dirette in Libia . Il Jersey, assieme ad altre tre unità della sua flottiglia (Kelly, Jackal e Kelvin), salpò dal porto di La Valletta, per una ricerca notturna di un grosso convoglio italiano, partito da Augusta il 30 aprile. Il convoglio, diretto a Tripoli, era costituito dai piroscafi tedeschi Marburg, Kibfels, Reichenfels, e dai piroscafi italiani Birmania e Rialto, ed era scortato dai cacciatorpediniere Fulmine e Euro, e dalle torpediniere Orione, Catore e Procione, e protetto dagli incrociatori Trieste, Bolzano e Eugenio di Savoia, e dai cacciatorpediniere Ascari, Carabiniere e Gioberti.

La ricerca notturna del convoglio italiano, iniziata la sera del 1° maggio e a cui parteciparono, con le unità della 5a Flottiglia, anche l’incrociatore Gloucester e i cacciatorpediniere Kashmir e Kipling, non dette esito, perché, nel corso nella notte fu ricevuto l’ordine, dal Comando della Mediterranean Fleet, di non impegnarsi con una forza nemica palesemente superiore, sia potenzialmente che per numero di unità.

Conseguentemente fu invertita la rotta ed il Jersey (capitano di corvetta Anthony Frank Burnell-Nugent), rientrando alla base, alle ore 07.09 del 2 maggio finì su una delle mine magnetiche, lanciate precedentemente nel Grand Harbour da cinque aerei tedeschi He 111 della 2a e 5a Squadriglia del 4° Stormo da

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8 The Somerville papers (edito da Michael Simpson), Scolars Press, London, 1996, p. 259.

Bombardamento (2. e 5./KG. 4). Si determinò una fortissima esplosione a centro nave, sotto lo scafo, e il cacciatorpediniere, che nella linea di fila era l’ultima nave della 5a Flottiglia, fu quasi diviso in due tronconi Affondò immediatamente, con la perdita di trentasei uomini dell’equipaggio, compresi due ufficiali, proprio all’imboccatura del Grand Harbour che rimase così bloccato per un certo tempo da quel relitto, del quale restarono emergenti soltanto le estremità prodiera e poppiera. Dal momento che il Jersey ostruiva il canale di accesso a La Valletta, e vi era l’impossibilità di recuperarlo, fu poi deciso di farlo saltare con cariche esplosive, che lo demolirono sul posto. Nel frattempo, l’ostruzione del canale di accesso alla Valletta costrinse il vice ammiraglio di Malta, Wilbraham Tennyson Randle Ford, ad ordinare all’incrociatore Gloucester e i cacciatorpediniere Kashmir e Kipling, che nell’ordine di navigazione seguivano il Jersey, ed erano rimasti fuori dal porto, di portarsi a Gibilterra, allo scopo di rinforzare la scorta dell’importante convoglio dell’operazione Tiger.

Mentre le tre navi dirigevano con rotta ovest, nel pomeriggio del 2 maggio furono segnalate in due occasioni, presso l’Isola di Gozo, da aerei dell’Asse ma le condizioni atmosferiche sfavorevoli impedirono l’intervento degli aerosiluranti italiani della 278a Squadriglia dislocati a Pantelleria, Avvistate ancora alle 08.25 dell’indomani da velivoli del X Fliegerkorps, a 60 miglia a sud di Capo Spartivento Sardo, mentre procedevano ad occidente a grande velocità, i cacciatorpediniere britannici furono tenuti continuamente sotto controllo da ricognitori italiani della Sardegna, e poi attaccati, senza esito, da venti bombardieri S.79 del 32° Stormo, e successivamente avvicinate da tre aerosiluranti S.79 della 278a Squadriglia, decollati da Pantelleria, i cui equipaggi furono scoraggiati di portarsi al lancio dei siluri dall’intenso fuoco contraereo sviluppato dal Gloucester, Kashmir e Kipling. Dopo di che le tre navi poterono proseguire la navigazione senza altre avventure arrivando a Gibilterra, dove il Gloucester fu subito immesso nel bacino n. 3 per riparare i danni causati dalla mina e da un precedente bombardamento tedesco alla Valletta.9

9 Mattesini Francesco, L’attività aerea italo-tedesca nel Mediterraneo, Il contributo del“Fliegerkorps” Gennaio-Maggio 1941, Seconda edizione riveduta e ampliata, Aeronautica Militare Ufficio Storico, Roma, 2003, p. 338-339.

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Aerosilurante italiano della 278a Squadriglia Autonoma della Sicilia.

L’incrociatore britannico Gloucester in navigazione nel Gran Harbour di Malta diretto alla Valletta. Immagine di anteguerra.

Il cacciatorpediniere britannico Kipling della 5a Flottiglia che il 3 maggio arrivo a Gibilterra proveniente da Malta assieme al gemello Kashmir e all’incrociatore Gloucester.

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La partenza da Gibilterra della Forza B e l’entrata in Mediterraneo del convoglio MW.8 scortato dalla Forza F

Alle 08.50 del 5 maggio, i cacciatorpediniere Kashmir e Kipling ripresero il mare per un rastrello antisom, precedendo l’uscita dell’incrociatore da battaglia Renown, salpato da Gibilterra in formazione con la portaerei Ark Royal, gli incrociatori Fiji e Sheffield, e il cacciatorpediniere Wrestler. Successivamente, il Kashmir e Kipling e si aggiunsero entrambi alla formazione, denominata Forza B, che superata Punta Europa alle 10.20, diresse verso ovest per ricongiungersi alle 17.00 con il gruppo della Queen Elizabeth (Forza F) e i piroscafi del convoglio WS.8, in lat.36°16’N, long. 78°44’W.

Alle 22.00 l’incrociatore Najad, nave di bandiera dell’ammiraglio King, salpato da Gibilterra alle 13.20, raggiunse il convoglio e la Forza F e l’ammiraglio King ne prese il comando. Poi, il 6 maggio, sopraggiunsero i cacciatorpediniere Faulknor, Forester, Fury, Havelock, Hesperus e Harvester, salpati da Gibilterra alle 03.30, seguiti alle 04.20 dall’incrociatore Gloucester, uscito dal bacino dopo le riparazioni temporanee.10

L’incrociatore da battaglia Renown la nave ammiraglia della Forza H, armata con sei cannoni da 381 mm. Nell’operazione Tiger la Forza H assunse la denominazione di Forza B.

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10 Ibidem. P. 259-260.

Durante quella notte tra il 5 e il 6 maggio il convoglio WS.8, le cui navi mercantili mantenevano una velocità di 14 nodi, assieme alle unità di scorta della Forza F passò a luci oscurate lo Stretto di Gibilterra, e a questo punto l’intera forza navale dell’operazione Tiger era in movimento verso levante.

Su questo passaggio dello Stretto di Gibilterra lo storico britannico Ian Cameron ha scritto:11

La notte sembrava essere tranquilla: con un cielo coperto, scarsa visibilità e tramonto lunare alle 3 del mattino. Vicino alla Rocca, le navi si strinsero strettamente insieme ed entrarono nello stretto alle 3.30 - L'ora più buia della notte. All'inizio sulle navi pensarono che stavano per scivolare attraverso lo Stretto inosservati, ma all'ultimo momento si imbatterono in una flotta di pescherecci, all'estremità orientale del canale; ed essendo quella una magnifica occasione per le spie dell’Asse Somerville non poteva fare altro che mantenere la rotta e sperare per il meglio.

Durante la giornata del 6 con il convoglio e la Forza F che procedevano verso est, la Forza B del vice ammiraglio Somerville, sul Renawn, si mantenne a 10 miglia più a sud. A mezzanotte del 6-7 maggio il Renown era a circa 70 miglia a sud di Maiorca e a 150 miglia a est-nordest del convoglio e della Forza F che lo scortava a corta distanza.

Al mattino del 7, con le prime luci del giorno e una visibilità ridotta a una profondità di 3 - 4 miglia, furono messe in atto le tattiche evasive per ingannare gli aerei da ricognizione italiani e tedeschi. Alle 05.00 decollo un velivolo Swordfish fornito di radar di scoperta navale ASV, che si spinse per 140 miglia verso le coste meridionali della Sardegna alla ricerca della flotta italiana. Non avendo il suo velivolo fatto avvistamento, il vice ammiraglio Somerville si senti rassicurato da quel tipo di minaccia, e si preoccupò soltanto degli immancabili attacchi aerei.

Alle 11.15 fu intercettato un segnale nemico che indusse il vice ammiraglio Soimerville a credere che il convoglio era stato scoperto.

Durante la giornata la Forza B, dopo aver effettuato una puntata a nord, si è mantenuta in una posizione a circa 40 miglia più avanti del convoglio, per essere in posizione adatta ad accorrere in caso di bisogno. Nello stesso tempo, il cacciatorpediniere Velx lasciò la scorta del convoglio WS.8 per rientrare a Gibilterra.

Alle 19.30 un aereo non identificato fu segnalato in avvicinamento al convoglio da prora, e dall’Ark Royal (capitano di vascello Loben Maund) decollarono tre caccia Fulmar per andare a controllare ed eventualmente intercettarlo. Ma fu constatato che si trattava di due idrovolanti Sunderland della RAF, in trasferimento da Malta a Gibilterra.

Il mattino dell’8 maggio la Forza B, che si era portata a una distanza di 10 miglia a sud del convoglio e della Forza F, prese posizione per proteggere da vicino le navi da trasporto, in modo da costituire uno schieramento in cui le navi da battaglia

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11 Ian Cameron, Wing of the morning, Hodder & Stoughton, London 1962, p. 75.

Queen Elizabeth e Renown e la portaerei Ark Royal si disponessero a poppa delle due colonne parallele dei piroscafi, che avevano gli incrociatori Naiad, Fiji, Gloucester e Sheffield e i tredici cacciatorpediniere schierati a prora e sui fianchi. Si attuava in tal modo, per la prima volta in Mediterraneo per scortare un convoglio britannico, una formazione compatta, particolarmente adatta a fronteggiare eventuali minacce di aerei e di sommergibili, e furono anche organizzati i pattugliamenti aerei di vigilanza. Alle 0430, molto prima dell'alba, due Swordfish si trovavano allineati sul ponte di volo dell'Ark Royal, e con le prime luci del giorno, alle 05.00, decollo il velivolo 4H dell’820° Squadron per un pattugliamento da svolgere davanti al convoglio. Fu poi la volta a decollare, alle 08.30, di una sezione di Fulmar, con piloti il capitano di corvetta J.S. Douglas e il sottufficiale R.T. Leggott, mentre un’altra sezione restava sul ponte pronta a partire in caso di necessità. L’Ark Royal disponeva in tutto di diciotto Fulmar degli Squadron 807° (capitano di corvetta James Sholto Douglas) e 808° (tenente di vascello Rupert Tillard), dei quali però soltanto dodici erano efficienti, motivo per cui si doveva risparmiare quei caccia per il momento del bisogno.

Aprile 1941. Le tre grandi navi della Forza H di Gibilterra in navigazione nel Mediterraneo occidentale. Nell’ordine dal basso l’incrociatore da battaglia Renown, la portaerei Ark Royal e l’incrociatore Sheffield. Provvedevano alla scorta otto cacciatorpediniere della 8a Flottiglia tipo “F”.

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12 I.S.O. Playfair, The Mediterranean and Middle East, cit., p. 97.

Tutto ciò servì ad assicurare al convoglio una certa sicurezza, ed il passaggio verso il Canale di Sicilia si svolse in effetti senza danni, anche perché, come vedremo, gli attacchi aerei dell’asse, con partenza dagli aeroporti della Sardegna e della Sicilia, a causa del tempo cattivo si svolsero in modo molto ridotto rispetto a quello che i britannici si aspettavano.

Nel frattempo, i convogli per Malta, quello lento MW.7/B e quello veloce MW.7/A, avevano lasciato Alessandria, rispettivamente nel pomeriggio del 5 maggio e il mattino del giorno seguente, e favoriti da una tempesta di sabbia proveniente dal deserto egiziano, diressero verso occidente precedendo di poco la forza di protezione che ugualmente prese il mare nelle prime ore del 6. Nondimeno la speranza che i movimenti navali britannici passassero inosservati andò delusa.

L’avvistamento dei convogli britannici e le contromisure delle forze dell’Asse

La notizia della partenza da Gibilterra della Forza H, avvenuta il mattino del 6 maggio, fu portata lo stesso giorno a conoscenza dei Comandi dell’Asse dagli osservatori stanziati in posti di osservazione lungo le coste dello Stretto, sulle rive della Spagna e del Marocco spagnolo. Nello stesso tempo un nutrito scambio di traffico radio-telegrafico fra i vari comandi britannici, in particolare la diramazione di messaggi operativi urgenti indirizzati dall’Ammiragliato al Comando della Forza H e della Mediterranean Fleet, aveva fatto capire che era in corso un’importantissima operazione collegata, presumibilmente, per proteggere il transito di un grosso convoglio entrato in Mediterraneo proveniente dall’Atlantico. In seguito a ciò, con la sensazione che fosse proprio in corso un’importante operazione navale, “Diretta nelle linee generali dall’Ammiragliato di Londra”, italiani e tedeschi, ricevuti gli ordini operativi dai loro comandi, intensificarono la ricognizione aerea nel Mediterraneo occidentale ed orientale.13

Il passaggio, a luci oscurate, delle navi del convoglio per lo Stretto di Gibilterra fu anch’esso segnalato dagli informatori dell’Asse nella notte tra il 5 il 6 maggio, e successivamente nel Mediterrabneo orientale i ricognitori avvistarono le unità della Mediterranean Fleet, facendo comprendere a Roma che era in atto una duplice operazione nemica che riguardava i due bacini del Mediterraneo. Immediatamente scatto lo stato di allarme e Superaereo, l’organo operativo dello Stato Maggiore della Regia Aeronautica, oltre a disporre per l’aumento delle ricognizioni aeree, trasferì dall’Egeo in Cirenaica, nella zona di Bengasi, la 279a SquadrigliaAerosiluranti, con sei velivoli S.79. Restò a Rodi la 281a Squadriglia del capitano Carlo Emanuele Buscaglia, e furono tenuti pronti ad intervenire anche reparti da bombardamento.

Nello stesso tempo, Supermarina sospese il traffico da e per la Libia, e da e per la Sardegna. Le forze aeree della Sardegna furono messe in stato di allarme assieme

13 Archivio Stato Maggiore Aeronautica Ufficio Storico (da ora in poi ASMAUS), fondo GAM 7, Messaggio IS/154 di Maristat, cartella n. 131.

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alle unità navali in Sicilia, a cui fu ordinato di tenersi pronte a muovere in un’ora. A tutte le altre forze navali, a Palermo, Messina, Napoli e Taranto, fu ordinato di tenersi pronte a muovere in tre ore.

Il mattino dell’8 maggio ebbero inizio le ricognizioni alla ricerca delle navi nemiche. I primi tre ricognitori S.79 del 32° Stormo Bombardamento Terrestre dell’Aeronautica della Sardegna decollarono da Decimomannu tra le 08.10 e le 08.50 per spingersi a sud-ovest, verso la costa africana. Due furono costretti a rientrare per le avverse condizioni atmosferiche, e il terzo, della 50a Squadriglia, rientrò alle 12.55 senza aver fatto avvistamenti.

Alle 10.45, un velivolo Cant.Z.506 della 146a Squadriglia dell’Aviazione Ausiliaria della Marina (Ricognizione Marittima) della Sardegna, decollato da Elmas (Cagliari) trasmetteva il primo messaggio di avvistamento della Forza H, localizzata in lat. 37°35’N, long. 07°25’E, corrispondente a nord-ovest di Cap de Fe, segnalando: una nave portaerei, due navi da battaglia, incrociatori e caccia imprecisati, dieci piroscafi da 3.000 a 5.000 tonnellate, rotta della formazione 90°. Segnalò inoltre che i piroscafi erano al centro della formazione, che le nubi sono a circa 500 metri di quota e che la visibilità variava da 1.000 a 500 metri.14

Successivamente un trimotore S.79 della 49a Squadriglia del 32° Stormo Bombardieri decollato da Decimomannu, inviato a tenere il contatto con la formazione navale nemica, ne confermò la presenza alle 13.45 in lat. 38°N, long. 9°E, trasmettendo, che comprendeva una portaerei, due navi da battaglia, sei incrociatori, quindici cacciatorpediniere e dieci piroscafi, sempre con rotta 90°.

Ma poi il velivolo, che aveva per pilota e capo equipaggio il capitano Armando Boetto, comandante della 49a Squadriglia, conosciuto come uno dei più preparati elementi di 32° Stormo, e che assieme al suo equipaggio si era offerto volontario per la rischiosa missione, non dette più sue notizie, essendo stato intercettato e abbattuto da un caccia Fulmar dell’808° Squadron dell’Ark Royal. Al capitano Boetto fu concessa la Medaglia d’Oro alla memoria, e oggi il 32° Stormo porta il suo nome.15

Dopo la segnalazione del convoglio da parte dell’S.79, fu confermato che nell’intero Mediterraneo occidentale le condizioni atmosferiche e di visibilità erano pessime. Nubi frequenti e basse ed eccettuata foschia avevano già reso difficile il

14 Secondo il rapporto di volo dell’Arc Royal, un aereo sarebbe stato percepito dai radar alle 08.55, e una sezione di Fulmar, in quel momento in volo, furono subito diretti contro l’intruso e lo costrinsero ad allontanarsi, ma non prima che avesse trasmesso l’avvistamento del convoglio. Ciò non è confermato nei documenti italiani e tedeschi.

15 ASMAUS, Diario Storico Aeronautica della Sardegna 1941. * La versione che l’S.79 del capitano Boetto era stato attaccato dopo le ore 17.00 da quattro Fulmare dell’807° Squadron, che era stato colpito dal velivolo del tenente di vascello G.N. Hallett (che a sua volta colpito fu costretto ad ammarare), e poi finito, facendolo esplodere in aria, dai caccia dei tenenti di vascello Gardner e Firth, non è convincente, perché significherebbe che dopo la prima segnalazione delle 13.45 l’S.79 sarebbe rimasto nella zona del convoglio, senza mai trasmettere o rispondere alle chiamate, per almeno tre ore e mezzo. Occorre dire che i Fulmar del l’807° Squadron avevano sostituito da poco tempo gli anziani e scarsamente efficienti Skuas dell’800° Squadron, che fino a quel momento avevano operato sulla portaerei Ark Royal come caccia e cacciabombardieri.

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compito dei ricognitori, molto dei quali erano stati costretti a rientrare anzitempo. Pertanto, ritenendo che aerei in quota non avrebbero potuto localizzare gli obiettivi navali, il Comandante dell’Aeronautica della Sardegna, generale Ottorino Vespignani, decise inizialmente di fare a meno dell’impiego dei velivoli da bombardamento, e di inviare contro la Forza H, con decollo da Elmas, soltanto i disponibili cinque aerosiluranti S.79 della 280a Squadriglia, scortati da quindici biplani Cr.42 del 3° Gruppo Caccia di base a Monserrato. Ma in seguito, avendo ricevuto dal ricognitore del capitano Boetto non rientrato alla base la conferma della posizione della formazione navale nemica, fu deciso di tentare l’impiego a bassa quota di quattordici S.79 del 32° Stormo Bombardieri, accompagnati da diciassette Cr.42 del 3° Gruppo Caccia, che furono seguiti da un'altra formazione di sei S.79 del 28° Gruppo dell’8° Stormo Bombardieri, anch’essi protetti da quattro caccia Cr.42 del 3° Gruppo.16

Un aerosilurante S. 79 della 280a Squadriglia in volo nel Mediterraneo diretto alla ricerca delle navi nemiche ripreso da un velivolo della stessa squadriglia.

16 L’8 maggio erano disponibili in Sardegna i seguenti velivoli: 6 S.79 del 28° Gruppo Bombardamento, 32 S.79 del 32° e 8° Stormo Bombardieri, 13 Cant.Z.1007 bis del 16° Stormo Bombardieri, 5 S.79 della 280a Squadriglia Aerosiluranti, 32 Cr.42 del 3° Gruppo Caccia, e 15 idrovolanti (9 Cant.Z.501 e 6 Cant.Z.506) della Ricognizione Marittima.

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L’intervento degli aerei offensivi della Sardegna ebbe inizio con il decollo da Elmas dei cinque aerosiluranti S.79 della 280a Squadriglia al comando del capitano Dante Magagnoli, e con partenza da Decimomannu di venti bombardieri S.79 dell’8° e 32° Stormo, scortati da ventuno Cr. 42 del 3° Gruppo Caccia.

I bombardieri S.79 del 32° Stormo, che avrebbero dovuto seguire per coordinare l’azione a breve intervallo di tempo, erano inizialmente armati con quattro bombe da 250 chili, ma considerando, per le condizioni del tempo che presentavano nubi a volte bassissime, che i velivoli non disponevano sufficienti ritardi di scoppio per l’impiego di bombe di maggior calibro a bassa quota, il personale dello Stormo dovette provvedere alla sostituzione delle bombe da 250 chili con dieci bombe da 100 chili per velivolo. Ciò avvenne in quaranta minuti sotto una fitta pioggia. Per lasciare, nelle sfavorevoli condizioni atmosferiche, maggiore possibilità di manovra i primi quattordici S.79 del 32° Stormo decollarono e presero la rotta d’attacco ripartiti in pattuglie isolate che si susseguirono a brevi intervalli. Diciassette Cr.42 del 3° Gruppo Caccia, anch’essi suddivisi in più pattuglie, decollando da Monserrato, assicurarono la protezione a ciascuna formazione di bombardieri.17

Nonostante il persistere delle avverse condizioni del tempo le varie ondate d’attacco italiane dell’Aeronautica della Sardegna, che avevano ricevuto da

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Bombardieri S.79 del 28° Gruppo dell’8° Stormo in volo sulla Sardegna. 17 Giuseppe Santoro, L’Aeronautica Italiana nella Seconda Guerra Mondiale , Volume Primo, Edizioni Esse, Milano-Roma 1950, p. 508.

Superaereo, l’ordine di scegliere per bersaglio i piroscafi, raggiunsero regolarmente il convoglio britannico.

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Caccia Cr.42 del 3° Gruppo Caccia sull’aeroporto di Monserrato in rullaggio per il decollo.

I primi ad avvistare le navi nemiche, alle 12.42, e ad andare all’attacco furono gli aerosiluranti della 280a Squadriglia, che volavano in formazione in un pattuglia di tre velivoli, e gli altri due velivoli in coppia affiancata, e protetti sui fianchi e di poppa dai quindici caccia Cr.42 del 3° Gruppo. Dirigendo verso il nemico, gli S.79 avevano assunto rotta 190°, tenendosi a bassa quota, anche di 10 metri sul livello del mare, a causa delle nubi basse, cortine di pioggia e banchi di nebbia. Entrata in una zona di nubi più alte, la navigazione proseguì alla quota di 200-300 metri, e alle 12.40 furono avvistate le prime unità nemiche sulla dritta alla distanza di 30.000 metri. Manovrando in modo di attaccare da sud la formazione nemica, allo scopo di effettuare la sorpresa sul nemico con provenienza dalla costa africana, alle 12.48 gli aerosiluranti, che erano scesi di quota, si allargarono e diressero a volo radente contro l’obiettivo più ambito, la portaerei Ark Royal, per poi alzarsi nuovamente quando le navi nemiche cominciarono a sparare con le loro artiglierie sollevando nel mare, davanti ai velivoli, alte colonne d’acqua.18

I velivoli dell’ondata d’attacco erano stati segnalati a 32 miglia di distanza dal radar dell’incrociatore Sheffield (capitano di vascello Charles Arthur Aiskew Larcon), e la notizia fu trasmessa all’Ark Royal che non possedeva ancora quell’importante strumento di scoperta, e neppure un ufficiale addetto alla direzione dei caccia. Per cui le notizie di avvistamento venivano scambiate tra nave e nave. Due sezioni ciascuna di due caccia Fulmar dell’807° Squadron furono fatte decollare dalla portaerei e si aggiunsero ai quattro Fulmar dell’808° Squadron che si trovavano in volo. Quindi gli otto caccia manovrarono per attaccare i velivoli italiani che si stavano avvicinando.

18 ASMAUS, “Comando 280a Squadriglia – Relazione attacco aerosiluranti alla formazione navale nemica nel mare di La Galite alle ore 12.50 dello 8-5-41”.

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La cabina di pilotaggio e la postazione del mitragliere dorsale di un velivolo S.79.

Il decollo di un caccia Fulmar dal ponte di volo della portaerei Ark Royal. durante una missione in Mediterraneo occidentale della Forza H di Gibilterra. Sullo sfondo l’incrociatore da battaglia Renown.

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L’incrociatore Sheffield della Forza H di Gibilterra.

I cinque aerosiluranti S.79 della 280a Squadriglia nell’attaccare le navi furono accolti da un formidabile sbarramento di fuoco, che colpì il velivolo del sottotenente Franco Cappa, precipitato in mare dopo che un colpo di cannone, ritenuto sparato dal cacciatorpediniere Faulknor (capitano di vascello Antony Fane de Salis), gli aveva spezzato un ala.

Nel frattempo, i Fulmar dell’808° Squadron erano stati subito impegnati dalla scorta di Cr.42 del 3° Gruppo Caccia, che non permisero ai Fulmar britannici di contrastare gli S.79 mentre si portavano al lancio dei loro siluri. Tuttavia il velivolo del sottotenente Marino Marini, dopo aver sganciato il siluro contro un cacciatorpediniere, fu attaccato da un Fulmar dell’808° Squadron e riportò danni gravi che lo costrinsero ad ammarare nei pressi dell’Isola Galite. L’equipaggio si salvò su un battelli raggiungendo la costa dell’Isola, per poi essere trasportato a Biserta da un idrovolante francese. Invece non si salvò nessun membro dell’equipaggio del sottotenente Franco Cappa: maresciallo Pilota Lamberto Giovagnoli, 1º aviere marconista Michele Scafa, aviere scelto motorista Antonio Flamini e 1º aviere armiere Antonio Luciani.

8 maggio 1941. L’attacco degli aerosiluranti S. 79 della 280a Squadriglia al convoglio dell’operazione “Tiger”, ripreso da un’unità britannica. A sinistra manovra la portaerei Ark Royal a destra l’incrociatore da battaglia Renown.

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Un aerosilurante S. 79, ripreso sotto il tiro dall’incrociatore Sheffield, dirige verso le navi del convoglio, mentre un altro S. 79, quello del tenente Cappa, colpito precipita in mare.

L’aerosilurante S.79 del tenente Cappa finito in mare dopo essere stato colpito dalle artiglierie del cacciatorpediniere Faulknor. Anche questa foto è stata scattata l’8 maggio dall’incrociatore Sheffield.

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Il sottotenente pilota Franco Cappa, Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria. Un S. 79 della 280a Squadriglia ripreso da un’unità navale britannica nella fase di disimpegno dopo aver sganciato il siluro.

I piloti degli aerosiluranti sostennero di aver colpito al centro ben tre grossi incrociatori, uno da 10.000 tonnellate del tipo “Cumberland” con il capitano Amedeo Mojoli, un altro del tipo “Southampton”, visto sbandare, con il capitano Dante Magagnoli, il terzo di tipo imprecisato, inizialmente ritenuto del tipo “Cairo”, con il tenente Ugo Rivoli.19

Nonostante non vi fossero stati danni per le navi britanniche, l’emozione e la preoccupazione non mancarono. La Renown (capitano di vascello Rhoderick Robert McGrigor) era stata la prima nave ad aprire il fuoco sugli aerosiluranti con i suoi cannoni contraerei da 114 mm, ma poco dopo all’improvviso fu vista la scia di un siluro in avvicinamento che improvvisamente cambiò rotta ad angolo retto dirigendo direttamente sull’incrociatore da battaglia. Fortunatamente, il siluro era al termine della sua corsa e rallento fino a fermarsi, affondando a soli 10 metri dallo scafo della Renown, e ciò tranquillizzo l’allarmato comandante McGregor, il vice ammiraglio Somerville e gli altri ufficiali sul ponte di comando.20 Anche sulla portaerei Ark Royal si ebbero momenti di ansia, poiché la portaerei dovette manovrare per schivare quattro siluri, due per ogni fianco.

8 maggio 1941, In questa foto e nelle due successive le sequenze dell’attacco riprese dai fotografi degli aerosiluranti. Nell’immagine un S. 79 della 280a Squadriglia dirige a bassa quota verso il convoglio britannico ancora in lontananza, mentre sopra di lui scoppiano le granate d’artiglieria del tiro di sbarramento delle navi.

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19 ASMAUS, Diario Storico Aeronautica della Sardegna 1941. 20 Richard Woodman, Malta Convoy 1940 – 1943, John Murray, London 2000, p. 169-170.

L’attacco al convoglio britannico degli aerosiluranti italiani della Sardegna riprese da distanza ravvicinata da uno degli S. 79 a distanza ravvicinata dalle unità di scorta.

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Nella relazione del Comandante della 280a Squadriglia, capitano Amedeo Mojoli riguardo alla reazione dei caccia e delle artiglierie delle navi britanniche, si legge:21

Nella fase di avvicinamento e di attacco silurante è stata avvistata alta a nord delle navi la formazione di caccia nemici, che vari componenti degli equipaggi hanno stimato in numero di 30 circa [sic]. Immediatamente le nostre squadriglie di scorta li hanno impegnati in combattimento … appena eseguito il lancio, nella fase di disimpegno, gli aerosiluranti sono attaccati da due pattuglie di Hurricane che rompono la formazione per inseguire gli aerosiluranti nella fase di allontanamento.…

Alla distanza di metri 8000 un incrociatore [era il Renown] avvista la formazione aerosilurante e apre immediatamente il fuoco con cannoni navali (colonne d’acqua). Rapidamente tutte le altre unità inquadrano la nostra formazione con cannoni navali e contraerei. Il fuoco è intenso e ben diretto. A 4000 metri dalla linea degli incrociatori tutte le mitragliere aprono il fuoco. In questa fase gli aerei siluranti si trovano a quota metri 200 – 150. Intenso e rapidissimo il fuoco della portaerei. Il fuoco continua e anche nella fase di allontanamento. Il tiro navale ha inseguito gli Aerei con i grossi calibri fino a 25-30.000 metri.22

Le formazioni dei bombardieri S.79 del 32° Stormo cominciarono ad arrivare sull’obiettivo alle 15.20 dopo che si era concluso l’attacco degli aerosiluranti. I quattordici velivoli della prima formazione, sorvolando il convoglio in pattuglie separate, eseguirono lo sgancio delle bombe a bassa quota a causa delle pessime condizioni atmosferiche, e si trovarono maggiormente esposti all’attacco dei caccia e al fuoco contraereo delle navi, apparso particolarmente violento. Nell’allontanarsi, dopo lo sgancio delle bombe, effettuato da un altezza tra gli 800 e i 1.100 metri (un velivolo dell’ultima pattuglia sganciò sulla portaerei Ark Royal, il cui ponte appariva ingombro di velivoli, da un altezza di 300 metri), i piloti presero quota per nascondersi nei banchi nuvolosi. Anche i caccia di scorta Cr.42 del 3° Gruppo, dovendo volare per oltre 100 miglia dalla base, procedettero verso l’obiettivo mantenendosi a pochi metri dalla superficie del mare, per poi al momento dell’attacco dei bombardieri impegnarsi in modo lodevole e con aggressività per la loro protezione, sfruttando la loro grande manovrabilità, come riferirono ammirati gli equipaggi dei velivoli da bombardamento, e gli stessi britannici che considerarono i Cr.42 “formidabili avversari” . 23 Il Fulmar era più veloce del Cr.42 fino alla quota di

21ASMAUS, “Comando 280a Squadriglia – Relazione attacco aerosiluranti alla formazione navale nemica nel mare di La Galite alle ore 12.50 dello 8-5-41”.

22 Al rapporto del capitano Mojoli il comandante dell’Aeronautica della Sicilia, generale Vestinani, apprezzando l’azione compiuta dagli aerosiluranti della 280a Squadriglia a scritto: “c’è da ritenere che vi sia esagerazione la dove si parla della reazione navale, che secondo le sue dichiarazioni avrebbe inseguito gli aerei con i grossi calibri sino a 25-30.000 metri”.

23 Ian Cameron, Wing of the morning, cit., p. 79.

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10.000 piedi, ma poiché il caccia italiano era molto più manovrabile, ai piloti dei Furmar era stata data la consegna di cercare di non impegnare i Cr.42.

La seconda formazione, di cinque S.79 del 28° Gruppo dell’8° Stormo Bombardieri attaccò alle 16.40, in un momento in cui le condizioni del tempo erano peggiorate rendendo lo sgancio delle bombe poco preciso. Ciononostante gli equipaggi ritennero di aver colpito un piroscafo. I quattro caccia di scorta Cr.42 che dovevano proteggere gli S.79 nella navigazione tra le nubi basse avevano perduto il contatto, ma raggiunsero ugualmente la zona in cui si trovava il convoglio nemico, restandovi dieci minuti senza però aver avvistato alcun aereo, nazionale o britannico.24

Conclusa la serie degli attacchi alle 17.00 e rientrati alle basi, gli equipaggi degli S.79 riferirono di aver piazzato molti colpi a segno sulle navi prese di mira, e sostennero di aver abbattuto ben tredici velivoli avversari (ritenuti 8 Defiant e 5 Hurricane, due dei quali dai mitraglieri degli aerosiluranti), e sette probabili. In realtà conseguirono l’abbattimento di due soli caccia Fulmar. Di essi fu abbattuto, da un Cr.42 del 3° Gruppo Caccia, il velivolo del comandante dell’808° Squadron, tenente di vascello Rupert Tillard, il cui ufficiale osservatore, sottotenente di vascello Mark Fownes Somerville, nipote del Comandante della Forza H, restò ucciso.

Il sottotenente di vascello osservatore Mark Fownes Somerville, nipote del Comandante della Forza H ammiraglio James Somerville, il cui aereo, con pilota il tenente di vascello Rupert Tillard, fu abbattuto da un Cr.42 del 3° Gruppo Caccia.

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24 Giuseppe Santoro, L’Aeronautica Italiana nella Seconda Guerra Mondiale , Volume Primo, Edizioni Esse, Milano-Roma 1950, p. 509.

Il secondo Fulmar, dell’807° Squadron, fu costretto ad ammarare dopo aver attaccato un bombardiere S.79, essendo stato colpito al motore dai mitraglieri italiani. Altri tre Fulmar furono colpiti dai Cr.42, e di essi gravi danni riportarono i velivoli dei tenenti di vascello pilota G.C. McE. Guthrie e E.W.T. Taylor entrambi dell’808° Squadron. Al modesto successo corrispose da parte italiana la perdita di quattro velivoli, due aerosilurante S.79 della 280a Squadriglia, uno abbattuto dal fuoco contraereo delle navi e l’altro dai caccia; un bombardiere S.79 della 228a Squadriglia del 32° Stormo, con primo pilota il sottotenente Michele Fonseca, abbattuto dai Fulmar dell’808° Squadron; e un caccia Cr.42 della 153a Squadriglia del 3° Gruppo, con pilota il sergente Giuseppe Zani. Quest’ultimo dopo aver attaccato e colpito l’aereo del tenente di vascello Taylor, ferendo ad una gamba l’osservatore L.G.I. Howard, che colpito da un proiettile esplosivo ebbe frantumati tibia e perone, nel sopravanzare il Fulmar fu colpito da una raffica e precipitò in mare, mentre il velivolo britannico riuscì a tornare sull’Ark Royal, dove Howard fu ricoverato nell’ospedale della portaerei.25

Secondo la relazione del vice ammiraglio Somerville, l’attacco sarebbe stato più modesto di quanto descritto nella documentazione italiana. Alle 13.45 dell’8 maggio, otto aerei (i cinque aerosiluranti S.79), furono avvistati avvicinarsi molto bassi dirigendo a prua e a dritta della flotta; uno dei quali fu abbattuto, probabilmente dal fuoco contraereo.

Il primo attacco di bombardieri ad alta quota si sviluppò alle 16.22, da parte di tre S.79 che si avvicinarono da poppa ad una quota di circa 5.000 piedi (1.524 metri), cioè appena sotto il livello delle nuvole. Uno dei velivoli pur colpito dal fuoco delle navi, riuscì a sganciare le sue bombe, ma subito dopo precipitò andando a cadere a poppa della flotta. Gli altri due sganciarono dodici bombe vicino alla portaerei Ark Royal e poi fuggirono entrando nelle nuvole Fu ritenuto che probabilmente entrambi i velivoli erano stati colpiti dal fuoco concentrato degli aerei da caccia e della contraerea delle navi. Intervennero, infatti, quattro Fulmar dell’807° Squadron, uno di quali colpito al motore mentre attaccava un S.79 fu costretto ad ammarare. Il pilota, tenente di vascello G.N. Hallett e il suo navigatore sottotenente di vascello A.J. Johnson furono salvati mezz’ora dopo dal cacciatorpediniere Foresight (capitano di fregata Jocelin Stuart Cambridge Salter). 26

Dieci minuti più tardi, un velivolo isolato si avvicinò da poppa alla flotta e avendo incontrato un forte sbarramento contraereo, sganciò le sue bombe lontano in mare prima di invertire la rotta e allontanarsi. Alle 17.10 un altro velivolo S.79 della 228a Squadriglia del 32° Stormo, con primo pilota il sottotenente Fonseca fu abbattuto in fiamme di prora alla flotta da due caccia Fulmar pilotati dai tenenti di vascello A.T.J. Kindersley e R.C. Hay. Secondo il vice ammiraglio Somerville il successo era da attribuirsi ad Hay.

25 L’episodio dell’attacco degli aerosiluranti è riportato dall’Autore nel recente libro Luci e ombre degli Aerosiluranti italiani e tedeschi nel Mediterraneo, Ristampa Edizioni, Città Ducale, Rieti, agosto 2019, p. 61-62.

26 C. Shores, B Cull, N. Malizia, Malta: The Hurricane years 1940-41, Grub Street, London, 1987, p. 200-201.

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Venti minuti dopo altri S.79 attaccarono la flotta da sud e da nord. Due velivoli lasciarono la formazione sotto il fuoco di sbarramento delle unità navali, e in un “cattivo attacco” le bombe caddero vicino allo schermo dei cacciatorpediniere. Un altro simile attacco da parte di tre S.79 ebbe luogo alle 18.00, ma ancora una volta la bombe caddero vicino alle unità dello schermo senza fare danni.27

Secondo Woodman, la portaerei Ark Royal ebbe una salva di bombe a cavallo, così vicino che l’acqua del mare sollevata dalle esplosioni si riverso sul ponte di volo. Anche la corazzata Queen Elizabeth centrata da una salva di bombe fu vista dalle altre navi scomparire tra altissime colonne d’acqua, per poi riapparire completamente illesa.28

Sull’attività dei caccia della portaerei Ark Royal il vice ammiraglio Somerville sostenne che a previsione per un'adeguata protezionistica di caccia per la flotta era un problema difficile da risolvere con il numero limitato di caccia disponibili. I velivoli ritornavano sulla portaerei in vari momenti con danni a con cedimento del carrello, e ogni occasione d’intervento veniva colta ogni volta che lo schermo dei radar si schiariva, atterrando sulla portaerei per il rifornimento di carburante e il riarmo dei Fulmar, a volte singolarmente e a volte due contemporaneamente. Vi erano occasioni in cui non c'erano più di due caccia in aria , ma ogni volta che in attacco pareva essere imminente, veniva inviato in volo ogni caccia in grado di rendersi utile dopo la manutenzione.

27 The Somerville papers, cit., p. 260-261.

28 Richard Woodman, Malta Convoy 1940 – 1943, cit., p. 170.

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Bombardiere S.79 della 228a Squadriglia in volo sopra l’aeroporto di Decimomannu.

Operazione Tiger, 8 maggio 1941. La portaerei Ark Royal reagisce con le artiglierie da 114 mm all’attacco dei bombardieri S. 79 del 32° Stormo dell’Aeronautica della Sardegna

Il biplano Fiat Cr.42, era armato con sole due mitragliatrici da 12,7 mm, mentre il Fulmar ne aveva otto da 7,7 mm. La migliore caratteristica del Cr.42 era la straordinaria manovrabilità.

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In effetti, in ogni occasione, i piloti dei caccia delle portaerei britanniche inseguivano gli aerei offensivi italiani e tedeschi entro il cerchio di fuoco dei cannoni e delle mitragliere delle navi, e in più occasioni, come nel corso dell’operazione Halberd (27 settembre 1941) e Pedestal (11-12 agosto 1942) alcuni furono abbattuti dal fuoco amico.

Gli attacchi dell’Aviazione italiana e tedesca della Sicilia e il superamento del Canale di Sicilia del convoglio Tiger

L’attività di ricognizione dell’Aeronautica della Sicilia aveva avuto inizio alle 06.30 dell’8 maggio con la partenza di quattro bombardieri S.79 in due coppie, la prima delle quali, della 58a Squadriglia del 32° Gruppo (10° Stormo) al comando del tenente colonnello Marcucci, dirigendosi ad occidente avvistò soltanto alcuni velieri nelle vicinanze delle coste Tunisine e un velivolo trimotore dalla nazionalità non identificata. La seconda coppia dovettero rientrare senza aver compiuto l’intero settore di ricognizione, a causa delle avverse condizioni atmosferiche, senza aver fatto alcun avvistamento. Lo stesso accadde per un'altra copia di bombardieri S.79 della 194a Squadriglia (tenente Pozzolini) del 90° Gruppo (30° Stormo), decollata alle 07.25 e rientrata alle 10.20.

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Due bombardieri S.79 della 193a Squadriglia dell’87° Gruppo del 30° Stormo in volo sopra Sciacca (Sicilia)

Poi, finalmente, alle 16.32, due S.79 della 192a Squadriglia dell’87° Gruppo del 30° Stormo, decollati alle 14.15 da Sciacca al comando del tenente Cesari, avvistarono, in posizione lat. 37°50’N, long. 09°50’E, una formazione navale comprendente due navi da battaglia, sei incrociatori da 10.000 tonnellate, sei cacciatorpediniere, con rotta est (90°). Con condizioni di cielo coperto quasi interamente dalle nubi basse, per la difficoltà di individuare l’esatta composizione della formazione nemica, nonostante una vivacissima reazione contraerea, i piloti dei due S.79 “ritornarono più volte nella zona per stabilire la giusta entità delle forze navali avvistate”, per poi rientrare alla base alle 18.00.29

Alle 14.25 erano partiti da Trapani due ricognitori Ju.88 del 1° Gruppo Ricognizione Strategica del X Fliegerkorps, spingendosi ad ovest della Sicilia tra la Sardegna e la costa settentrionale dell’Algeria. Alle ore 13.20, essi individuarono, in lat. 37°05’N, long. 11°28’E, due sommergibili con rotta est che sorvolati si immersero. Poi, alle 15.55 avvistarono, in lat. 37°45’N, long. 09°30’E, le navi del convoglio Tiger, segnalando la presenza di due corazzate e di quindici unità tra incrociatori, cacciatorpediniere e piroscafi, con rotta 90° a velocità media.

In seguito a questo avvistamento, alle 17.40, per ordine del Comandante del X Fliegerkorps, generale Hans Ferdinand Geisler, decollarono dall’aeroporto di Trapani ventuno bombardieri in picchiata Ju.87 del 1° Gruppo del 1° Stormo Stuka (I./St.G.1), scortati da sei caccia a lungo raggio Bf.110 della 9a Squadriglia del 3° Gruppo del 26° Stormo Distruttori (III./ZG.26), e guidati da altri due Bf.110 della Squadriglia Comando del 1° Stormo Stuka (Stab./St.G.1).

La formazione degli Ju.87 del I./St.G.1, al comando del maggiore Werner Hozzel, raggiunse la Forza H a circa 200 chilometri ad ovest della Sicilia con la scorta ridotta, poiché uno dei sei caccia Bf.110 era dovuto rientrare subito dopo il decollo per un guasto ad un motore. I ventuno Ju.87 e i restanti sette Bf.110 furono comunque preannunciati dal radar dell’incrociatore Sheffield ad una distanza di circa 70 miglia dal convoglio. Ciò dette ai britannici il tempo di rinforzare l’ombrello protettivo, costituito al momento da quattro Fulmar dell’808° Squadron, mantenuti in crociera a 15 miglia dal convoglio, con altri tre caccia dello stesso tipo, ma appartenenti all’807° Squadron, che erano stati tenuti pronti al decollo sul ponte di volo dell’Ark Royal.

I sette Fulmar, che dopo i combattimenti sostenuti con i velivoli italiane dell’Aeronautica Sardegna erano i soli caccia rimasti efficienti sulla portaerei, rispetto ai dodici efficienti che essa possedeva alla partenza da Gibilterra, agganciarono in combattimento gli Ju.87 del I./St.G.1 a 20 miglia dal convoglio. Ciò avvenne prima che gli stessi velivoli tedeschi, ai quali era stato dato l’ordine di attaccare la nave portaerei, fossero stati in grado di avvistare le unità della Forza H, che erano coperte alla vista degli equipaggi da un ampio strato di nubi.

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29 ASMAUS, Diario Storico del Comando dell’Aeronautica della Sicilia 1941.

Caccia Fulmar dell’808° Squadron FAA della portaerei Ark Royal.

Ripartiti in tre sezioni, i caccia britannici si gettarono sugli aerei tedeschi con grande determinazione. E mentre tre Fulmar dell’808° Squadron impegnavano la scorta dei Bf.110 della 9./ZG.26, gli altri quattro dirigevano la loro azione sugli Ju.87. Di questi ultimi ben diciotto furono attaccati e di essi otto vennero più o meno colpiti da proiettili di mitragliere da 7.7 millimetri (i Fulmar ne avevano otto sulle ali), mentre un Bf.110 dello Stab./St.G.1 fu danneggiato dal tiro navale. Dopo questa calorosa accoglienza, nel corso della quale anche tre Fulmar riportarono leggeri danni per la reazione dei mitraglieri tedeschi e per il combattimento con i Bf.110, i cui piloti sostennero di aver abbattuto tre Hurricane, due dei quali con il capitano Fritz Steinberger, gli Ju.87 si ritirarono senza aver potuto avvistare le navi nemiche che costituivano il loro obiettivo.

Nondimeno, poiché la distanza per tornare alla loro base fu giudicata eccessiva, soltanto quattro Ju.87 atterrarono regolarmente a Trapani. Gli altri diciassette preferirono dirottare sulla Sardegna, raggiungendo alle 20.00 il più vicino aeroporto di Elmas, che era anche una base di appoggio per il X Fliegerkorps. Vi fu fra gli otto Ju.87 colpiti da proiettili un solo velivolo gravemente danneggiato, e tra gli equipaggi si lamentarono due feriti, un ufficiale e un aviere. Due Bf.110, gravemente danneggiati, dovettero atterrare senza carrello sull’aeroporto di Trapani. 30

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30 ASMAUS, fondo DCHg 65, cartella n. 12; C. Shores, B Cull, N. Malizia, Malta: The Hurricane years 1940-41, cit., p. 202.

Lo sgancio in picchiata da un Ju.87 delle bombe, una da 250 chili e quattro da 50 chili.

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Caccia pesante “Distruttore” Messerschmitt Bf.110 (3U+BT) della Squadriglia 9./ZG.26 in Mediterraneo nel 1941. Sotto le ali ha i serbatoi supplementari per aumentare il raggio d’azione.

Secondo la relazione del vice ammiraglio Somerville, i piloti dei caccia Fulmar dell’Ark Royal stimarono che avessero partecipato all’attacco tre formazioni di aerei tedeschi, comprendenti sedici Ju.87, dodici Ju.88 (assolutamente inesistenti) e sei Bf.110, due dei quali furono ottimisticamente considerati abbattuti dal comandante dell’807° Squadron capitano di corvetta James Sholto Douglas. Dei sette Fulmar che avevano attaccato la formazione degli Ju.87 quattro erano stati colpiti, e di essi uno dell’807° Squadron, con pilota il tenente di vascello R.E. Gardner, colpito al radiatore fu costretto ad effettuare un atterraggio forzato sul ponte di volo dell’Ark Royal. A questo punto, sui diciotto Fulmar con cui la portaerei era partita da Gibilterra, dei dodici efficienti ne restavano disponibili soltanto tre.

Durante l’attacco, a causa di un guasto, da un impianto binato di cannoni (P3) da 114 mm del Renown, partirono all’indietro due proiettili che, esplodendo su un altro complesso (P2) di cannoni dello stesso calibro allineato al primo, causarono tra l’equipaggio sei morti e ventisei feriti, di cui cinque gravi.31 Al rientro nell’unità a Gibilterra, gli agenti del servizio informazione segnalarono a Roma che l’incrociatore da battaglia era stato colpito da una bomba o da un siluro, e costretto ad entrare subito in bacino. Risultava che due torrette contraeree situate a prua erano completamente distrutte, vi era uno squarcio sul fianco sinistro, ma non grave, ed erano stati sbarcati tre morti e quindici feriti.32

31 The Somerville papers, cit., p. 261.

32 ASMAUS, S.I.A., Notizie di fonte informativa sui risultati delle azioni dei giorni 8-10 maggio.

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La disposizione di allineamento dei moderni cannoni contraerei da 114 mm dell’incrociatore da battaglia Renown, che nell’immagine a vicino il cacciatorpediniere di scorta Calpe ed è seguito da una corazzata tipo “Nelson”. I due proiettili sparati accidentalmente per un guasto dal complesso P.3 andarono a colpire la torretta del complesso P.2, che furono entrambi distrutti. I cannoni da 114 mm, sistemati anche la nave portaerei Ark Royal e sulle portaerei classe “Illustrious”, sono stati considerati i miglior pezzi antiaerei usati della Royal Navy nella seconda guerra mondiale.

Nel tardo pomeriggio, alle 18.15, per ordine del Comandante dell’Aeronautica della Sicilia generale Renato Mazzucco, e basandosi sugli avvistamenti degli S.79 della 192a Squadriglia, alle ore 16.32, decollarono da Pantelleria quattro aerosiluranti S.79 della 278a Squadriglia; la prima squadriglia entrata in servizio nella Regia Aeronautica, e che nel corso del 1940 aveva messo a segno quattro siluri su tre grossi incrociatori della Mediterranean Fleet, uno ciascuno sul Kent e sul Liverpool e due sul Berwick; costringendoli a lasciare Alessandria per lunghi lavori di riparazione. I quattro aerosiluranti, erano guidati dal tenente Mario Spezzaferri, che aveva per gregari i tenenti Mario La Quercia, Carlo Coppello e Guido Robone. Quest’ultimo, considerato il miglior pilota della Squadriglia, che assieme al tenente Carlo Emanuele Buscaglia aveva silurato l’incrociatore Kent e quale secondo pilota del capitano Massimiliano Erasi l’incrociatore Liverpool, durante il percorso verso il nemico perse il contatto con la formazione e rientrò alla base con il siluro. I restanti tre S.79 continuarono nella rotta scortati da quattordici caccia Cr.42 del 1° Stormo, e intorno alle ore 19.00 avvistarono le navi nemiche.

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Guido Robone al centro foto tra i tenenti Riccardo Vaccari (a sinistra) e A. Petrucco. La foto è dell’agosto 1942 quando Robone era pilota di velivoli speciali Re. 2001. Il giorno 12 del mese, durante il contrasto alla grande operazione britannica “Pedestal”, Robone e Vaccari attaccarono a volo radente la portaerei britannica Victorious e la colpirono con due bombe da 630 chili che però, per ritardo nell’esplosione della spoletta causato dalla bassa quota di sgancio, finirono in mare prima di esplodere, causando alla nave soltanto scarsi danni al ponte di volo e allo scafo.

Durante l’attacco, che si svolse sotto una violenta reazione contraerea, anche con tiro di sbarramento dei cannoni di medio calibro, il Renown dovette manovrare per schivare un siluro lanciato dal tenente Copello dalla distanza di 1.500 metri, mentre altri due siluri, sganciati dai tenenti Spezzaferri e La Quercia, passarono su scie parallele a meno di 10 metri dal fianco dell’Ark Royal che era stata attaccata con decisione dagli S.79, con sgancio dei siluri alla distanza del 1.200 metri. Ciò portò al convincimento, da parte degli equipaggi che attaccarono la portaerei, di averla colpita con due siluri a prua. Fu osservata un’alta colonna d’acqua sollevarsi sul fianco della nave a circa un quarto dalla prora. Alle 20.30 i tre S.79 rientrarono alla base danneggiati, due dei quali seriamente, dalla contraerea delle navi.33

Il vice ammiraglio Somerville ritenne che nel corso dei combattimenti della giornata la difesa del convoglio WS.8 avesse abbattuto sette aerei nemici (quattro i cannoni contraerei e tre dai caccia), due probabilmente abbattuti e almeno tre

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ASMAUS, Diario Storico del Comando dell’Aeronautica della Sicilia 1941.

danneggiati. Nessuna perdita per bombe o siluri alle navi, mentre l’Ark Royal perse nel pomeriggio due Fulmar, uno dei quali con i due uomini dell’equipaggio.34

Il complesso navale britannico raggiunse al crepuscolo dell’8 maggio l’entrata del Canale di Skerki, il banco sabbioso esistente a nord di Biserta.

A questo punto, alle ore 20.15, la Forza B, con l’incrociatore da battaglia Renown, la portaerei Ark Royal e l’incrociatore Sheffield e i cacciatorpediniere Harvester, Havelock e Hesperus invertì la rotta verso occidente, lasciando alle navi della Forza F il compito di proteggere il convoglio, sempre costituito dai piroscafi Clan Campbell, Clan Chattan, Clan Lamont, Empire Song e New Zealand Star, durante il passaggio notturno del Canale di Sicilia.

Il Clan Campbel uno dei cinque piroscafi del convoglio WS.8 partito da Clyde e diretto ad Alessandria con carri armati e aerei da caccia Hurricane.

Occorre ricordare che la Forza F del contrammiraglio King era costituita dalla corazzata Queen Elizabeth, dagli incrociatori Naiad, Fiji e Gloucester e dai cacciatorpediniere Kipling e Kashmir, ai quali si aggiunsero come rinforzo, per il solo transito del Canale di Sicilia, i sei cacciatorpediniere dell’8a Flottiglia Faulknor (capitano di fregata Antony Fane de Sales) Foresight, Fury, Forester, Fortuna e Fearless che, prima di rientrare a Gibilterra, dovevano fare scalo a Malta per rifornirsi, per poi partire subito e raggiungere le unità maggiori della Forza H, rimaste in attesa del loro ritorno a sudovest della Sardegna.

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The Somerville papers, cit., p. 261. The Somerville papers, cit., p. 261.

I britannici si aspettavano il maggior pericolo per il convoglio WS.8 durante la notte, sia da parte degli sbarramenti minati e sia per il fatto che la vivida luce della luna favoriva anche gli attacchi da parte di aerosiluranti, di Mas e di sommergibili nelle zone non minate. Pertanto, allo scopo di fornire alla navi mercantili il maggiore appoggio, le grandi unità della Forza F del contrammiraglio King, assieme ai cacciatorpediniere, si disposero intorno al convoglio.

La suddivisione delle forze navali britanniche non passò inosservata a un ricognitore Ju.88 tedesco del 1° Gruppo Ricognizione Strategica, che decollato da Catania alle 14.55 per spingersi ad ovest della Sicilia, alle 20.20, in posizione lat. 37°40’N, long. 10°45’E, avvistò una nave da battaglia, una portaerei, un incrociatore con rotta ovest. Era la Forza B dell’ammiraglio Somerville, avvistata dopo l’inversione di rotta. L’equipaggio dello Ju.88, tornato alla base di Trapani, riferì che quella formazione si era separata da un'altra che proseguiva con rotta est, e composta da quattro piroscafi, due incrociatori, otto dieci cacciatorpediniere. Era il convoglio WS.8 con la Forza B, nella quale, a causa dell’oscurità, non fu rilevata la presenza della corazzata Queen Elizabeth.

Queste informazioni furono portate a conoscenza di Superaereo dall’Ufficio di Collegamento della Regia Aeronautica presso il X Fliegerkorps, comandato dal tenente colonnello Helmuth Seidl, e immediatamente, alle 00.05, furono diramate a Supermarina e al Comando Supremo.35 Informazioni più precise arrivarono 07.30,

35 Nominato colonnello e Comandante del 36° Stormo Aerosiluranti Seidl decedette il 27 settembre 1941 e per l’abbattimento del suo S.84 verificatosi (come scoperto dall’Autore di questo saggio e riportato in un suo Saggio sull’Operazione Halberd (Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare, dicembre 1990), subito dopo che aveva colpito con il suo siluro la

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Il Fauklnor, nave comando dell’8a Flottiglia Cacciatorpediniere della Forza H.

per un avvistamento dello ore 03.40, che riportava a 14 miglia a nord di Pantelleria una nave da battaglia, cinque incrociatori, dieci piroscafi, cacciatorpediniere imprecisati, rotta 125°, velocità 16 miglia.

Nel frattempo, veniva confermata la presenza delle forze navali nemiche provenienti da levante, da un avvistamento delle ore 06.45 da parte di uno Ju.88 del 1° Gruppo Ricognizione Strategica del X Fliegerkorps, che riportava una portaerei e forze considerevoli imprecisate con rotta 165° a 45 miglia a ponente di Malta. Ciò significava che le due formazioni britanniche stavano per riunirsi. Ma erano nel frattempo accaduti fatti importanti.

Alle 19.52 due S.79 della 195a Squadriglia al comando del capitano Paris, decollati per ricognizione, avevano avvistato in lat. 37°45’N, long. 10°18’E il complesso navale nemico che procedeva con rotta 150° alla velocità di 20 nodi. In seguito a questo avvistamento, alle 22.40 decollò da Pantelleria l’S.79 del tenente Guido Robone, che avvistò il nemico alla mezzanotte. Presa esatta cognizione della composizione e del moto della formazione navale, Robone puntò decisamente su un incrociatore da battaglia tipo “Renown” individuato alla vivida luce della luna, e alle 00.02 del 9 maggio sganciò il siluro ed ebbe l’impressione che avesse raggiunto l’obiettivo scoppiando verso prora. Tuttavia non si trattava del Renown ma della corazzata Queen Elizabeth (capitano di vascello Claud Barrington Barry), che per la sua mole appariva come la nave di maggiore importanza, e che con la pronta manovra riuscì ad evitare di pochissimo il siluro sganciato dal solitario S.79 della 278a Squadriglia.36

Poco dopo, mentre le navi britanniche del convoglio WAS.8 e della Forza F doppiavano silenziosamente Capo Bon, all’estremità nord orientale della Tunisia, una mina dello sbarramento italiano “S 11” esplose sul divergente (paramine) del piroscafo New Zealand Star, di 10.941 tsl, che riportò danni di lieve entità. Per la stessa causa non fu invece altrettanto fortunato il piroscafo Empire Song, di 9.228 tsl, che tre minuti più tardi ebbe lo scafo squarciato in rapida successione da due esplosioni subacquee nelle sue vicinanze. Si trattava di mine magnetiche tedesche, che erano state posate tra il 20 e il 24 aprile 1941 a nord di Capo Bon dagli incrociatori italiani della 7a Divisione Navale Eugenio di Savoia, Raimondo Montecuccoli, Duca d’Aosta e Muzio Attendolo, e dai cacciatorpediniere Nicoloso De Recco e Emanuele Pessagno. In seguito all’esplosione, l’Empire Song prese fuoco in una stiva dove si trovavano munizioni e, all’ordine “abbandonate la nave”, l’equipaggio e il personale militare dell’8° Reggimento Tank scese sulle scialuppe di salvataggio, per poi essere raccolto dai cacciatorpediniere Foresight e Fortune, prima che il piroscafo affondasse saltando in aria.

Erano le 04.00 del mattino del 9 maggio, e l’Empire Song si inabissò con il suo prezioso carico costituito da quarantasei carri armati, alcuni autocarri e dieci caccia Hurricane, il che rappresentava una grave perdita, trattandosi di un quinto dei mezzi

corazzata Nelson. Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria, a Seidl è oggi intitolato il 36° Stormo di Gioia del Colle (Puglia).

36 Ibidem.

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corazzati e degli aerei trasportati dal convoglio dell’operazione Tiger. Tra l’equipaggio dell’Empire Song vi furono quindici morti. I centotrenta superstiti, furono portati a Malta dal cacciatorpediniere Foresight (capitano di fregata Jocelin Stuart Cambridge Salter).

Il Foresight che raccolse i naufraghi del piroscafo Empire Song sbarcandoli alla Valletta. Fu affondato il 12 agosto 1942 dagli aerosiluranti S.79 italiani del 132° Gruppo.

Da parte italiana non vi era alcuna sorveglianza nella zona di transito delle navi britanniche, poiché le avverse condizioni del mare impedirono l’impiego dei Mas e delle torpediniere della Sicilia e di Tripoli.37

I movimenti navali britannici nel Mediterraneo centro-orientale. Il primo bombardamento di Bengasi

Mentre nel Mediterraneo occidentale si svolgevano gli avvenimenti descritti, nel Mediterraneo centro orientale le unità navali dell’ammiraglio Cunningham, salpate da Alessandria il mattino del 6 maggio, si stavano avvicinando a Malta, senza

37 L’8 maggio Il Comandante Superiore della Regia Marina in Libia (Marilibia), ammiraglio Pellegrino Matteucci, con il fono segreto a mano 67537 aveva ordinato alle torpediniere Partenope, Pleiadi, Polluce, Montanari, Sirtori, Cassiopea e Pegaso di accendere le macchine e di tenersi pronte a muovere in un’ora.

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essere state disturbate dal nemico e in quasi assoluta tranquillità. Il tempo fosco esistente nella zona rese la Mediterranean Fleet un obiettivo assai sfuggente per i ricognitori italiani e tedeschi, dell’Aeronautica dell’Egeo e del X Fliegerkorps, che durante tutta la giornata del 7 maggio non riuscirono ad avvistare le unità navali britanniche.

Alle 11.30 l’ammiraglio Cunningham ricevette dal sommergibile Triumph (capitano di corvetta Wilfrid John Wentwprth Woods) la notizia della presenza di un convoglio di tre navi italiane, avvistato alle 14.30 del giorno precedente, 6 maggio, con rotta levante e velocità 8 nodi a 250 miglia da Bengasi, e non perse l’occasione per cercare di fare danni al nemico.

L’incrociatore Ajax (capitano di vascello Edward Desmond Bewley McCarty e i cacciatorpediniere Hotspur, Havock e Imperial, ricevettero l’ordine di staccarsi dal grosso della Flotta per ricercare il convoglio e attuare la prima fase dell’operazione M.D.6, che consisteva nel bombardamento notturno del porto di Bengasi. Le navi si allontanarono alla velocità di 22 nodi che poi ridussero a 15 nodi quando alle ore 01.00 dell’8 si trovavano in posizione di tiro davanti a Bengasi, che si trovava sotto un attacco aereo da parte di bombardieri della RAF.

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L’incrociatore Ajax, della classe “Neptune”, era armato con otto cannoni da 152 mm, ed era famoso per il combattimento del Rio della Plata, il 13 dicembre 1939 contro la corazzata tascabile tedesca Graf Spee.

Il bombardamento navale, iniziato alle 01.00, quando l’Ajax si trovava a 7.500 yard (6.400 metri) per 120° dall’entrata del porto, mentre i tre cacciatorpediniere cominciarono a sparare alla distanza di 5.000 yards (4.572 metri) per 260° dall’entrata del porto. Il tiro, che fu cessato alle 01.20, si svolse regolarmente ma con risultati assai modesti, perché “malgrado la luna e l’aiuto di proietti illuminanti, le unità incontrarono difficoltà ad individuare i bersagli nel porto”.38 Inoltre fu rilevato dal comandante MaCarty che “Bengasi non era un bersaglio facile, dato che il naviglio mercantile lungo il frangiflutti esterno era protetto sul lato del molo dal mare e anche la polvere aveva contribuito alla difficoltà di localizzare i bersagli”.39 Tuttavia le quattro unità britanniche, mentre si ritiravano verso sud, ebbero la ventura d’incontrare e attaccare con il cannone, a 20 miglia a sudest di Bengasi, due navi italiane cariche di munizioni e altri generi, sorprese in navigazione fuori dal porto. La motonave Capitano Cecchi, bananiera di 2.321 tsl, affondò, mentre il piroscafo Tenace, di 1.142 tsl, poté essere portata in secco senza perdite, ma non poté essere recuperato.40

La motonave Capitano Cecchi.

Come stabilito dalle istruzioni, alle ore 17.00 dell’indomani, 8 maggio, le navi del comandante McCarty si ricongiunsero alla flotta a 200 miglia a sud-est di Malta.

38 Donald Macintyre, La Battaglia del Mediterraneo, cit., p. 77.

39 I.S.O. Playfair, The Mediterranean and Middle East, cit., p. 118.

40 Aldo Cocchia, La difesa del traffico con l’Africa Settentrionale, Ufficio Storico della Marina Militare (da ora in poi USMM), Roma, 1958, p. 137; Historical Section Admiralty, Mediterranean, Volume I, cit., p. 98.

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Nel frattempo, malgrado la persistente scarsa visibilità e la pioggia che cadeva ad intermittenza, l’ammiraglio Cunningham aveva dovuto constatare di essere tenuto sotto controllo dai ricognitori dell’Asse. Il primo avvistamento delle sue navi si verifico tra le 06.28 e le 06.45 quando due ricognitori italiani S.79 della 194a Squadriglia del 90° Gruppo del 30° Stormo Bombardamento, al comando del tenente Pozzolini, avvistarono prima due incrociatori con rotta est, e poi una formazione navale composta da molte unità tra cui un portaerei, che invece dirigeva ad ovest a velocità imprecisata.41

Poco dopo, alle 06.58, uno Ju.88D del 1° Gruppo Ricognizione Strategica (Squadriglie 1.(F)/121 e 2.(F)/123), partito alle 06.12 con altri due velivoli del medesimo reparto per esplorare la zona di mare a sud della Sicilia e ad est fino alla Sirte confermò la presenza della Mediterranean Fleet a 135 miglia a nord di Bengasi, segnalando una nave da battaglia, tre incrociatori e quindici unità imprecisate con rotta 110°; e successivamente, alle 07.20, avvistò un secondo gruppo comprendente una portaerei, due incrociatori, due cacciatorpediniere e sei piroscafi a 80 miglia a nord di Cotra, sulla costa della Cirenaica a 40 miglia a nord est di Bengasi. Gli avvistamenti dei ricognitori italiani e tedeschi si susseguirono poi nel corso della giornata dell’8, e alle 16.20 i due gruppi di navi furono avvistati riuniti, con rotta 290° a 155 miglia per 325° da Bengasi .

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Ricognitore Junker Ju.88D della 2.(F)/123. 41 ASMAUS, Diario Storico del Comando dell’Aeronautica della Sicilia 1941.

Nel frattempo, con le prime ore di luce di quell’8 maggio, i caccia Fulmar della portaerei Formidable (capitano di vascello Arthur William La Touche Bisset) furono frequentemente impegnati in combattimenti aerei, ed ottennero un grosso risultato contro una formazione di bombardieri tedeschi che si trasferivano dalla Cirenaica in Sicilia.

L’azione si svolse al mattino, e vide protagonisti i Fulmar dell’803° Squadron, comandato dal tenente di vascello J.M. Bruen, che intercettarono a nord di Bengasi una formazione mista di diciassette He.111 del 2° Gruppo del 26° Stormo Bombardamento (II./KG.26) e della 2a Squadriglia del 2° Gruppo del 2° Stormo Bombardamento (2./KG.4), rientranti a Comiso da Derna, ove avevano fatto scalo per da una missione di minamento all’entrata settentrionale del Canale di Suez, effettuata durante la notte. L’attacco dei Fulmar determino l’abbattimento di ben quattro bombardieri del II./KG.26, due dei quali della 6a Squadriglia (tenente Willi Kleinknecht e maresciallo Hermann Pfeill), uno della 4a (tenente Eberhard Stüwe) ed uno della 5a Squadriglia (tenente MaxVoigt). Le perdite umane furono aggravate dal fatto che i velivoli abbattuti trasportavano membri dell’equipaggio di un altro He.111 dello stesso gruppo, che si era incidentato a Derna.

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La nave portaerei Foirmidable. Sul ponte di volo velivoli Swordfish impiegati come aerosiluranti, bombardieri, ricognitori e velivoli antisommergibili.

Successivamente, due caccia dell’806° Squadron della Formidable, con piloti i tenenti di vascello R.S. Henley e P.D.J. Sparke, attaccarono uno dei sette Ju.88D del 1° Gruppo Ricognizione Strategica, che erano stati inviati durante la giornata dell’8 maggio a controllare il tratto di mare a sud-ovest della Sicilia. Il velivolo tedesco, appartenente alla Squadriglia 2.(F)/123 e con pilota il sottotenente Eduard Gessler, fu efficacemente mitragliato dai Fulmar e con due uomini dell’equipaggio feriti fu costretto ad atterrare a Benina (19 chilometri ad est di Bengasi), invece che a Catania. Anche i ricognitori italiani, che dovevano avvistare e possibilmente pedinare le navi nemiche avvistate, non furono esenti da perdite, poiché un Cant.Z.1007 bis della 172a Squadriglia Ricognizione Strategica, con pilota e capo equipaggio il tenente Dell’Antonio, decollato da Rodi per controllare la situazione esistente nel porto di Alessandria, fu danneggiato da un caccia britannico Tomahawks. I due piloti, che ritennero di essere stati attaccati da tre Hurricane, riuscirono a riportare alla base il trimotore, ma non poterono impedirne la completa distruzione, determinata dall’atterraggio senza carrello su una ghiaiosa spiaggia al di fuori del perimetro del campo di volo da Gadurra.

L’Aeronautica dell’Egeo si prese comunque una certa rivincita nel pomeriggio dello stesso giorno 8. Tre S.79 della 281a Squadriglia, comandati dal Capitano Carlo Emanuele Buscaglia, durante una ricognizione offensiva sulla rotta Tobruk – Caso, avvistarono e attaccarono il convoglio AN 30, comprendente quattro navi mercantili e cinque unità di scorta, partito da Porto Said e diretto a Suda con rifornimenti militari, colpendo con un siluro la motonave britannica Rawnsley, di 4.998 tsl. Poiché il Capitano Buscaglia riferì di aver attaccato e colpito un incrociatore da 7.000 tonnellate, e questo esclude potesse trattarsi della Rawnsley, il piroscafo fu certamente colpito da uno degli altri due piloti suoi gregari, i tenenti Pietro Greco e Carlo Faggioni, che, esageratamente, sostennero di aver silurato ciascuno un piroscafo di 15.000 tonnellate.

Nonostante i gravi danni riportati, la Rawnsley poté proseguire la navigazione alla velocità di 8 nodi, e trainata dal trawler Grimsby (capitano di fregata Kenneth Jufge D’Arcye) e scortata dal cacciatorpediniere australiano Waterhen capitano di corvetta James Hamilton Swain) fu diretta verso la baia di Makryallo. Ma a causa del cattivo tempo la motonave fu portata a incagliare nella Baia di Hieropetra, sulle coste meridionali di Creta, dove venne poi incendiata e distrutta nella notte sul 12 maggio da aerei da bombardamento tedeschi dell’8° Fliegerkorps (generale Wolfram Freiherr von Richthofen) che, dopo la resa della Grecia, si erano installati sugli aeroporti ellenici.42

Sebbene il tempo cattivo favorisse le navi britanniche nei confronti dell’attività aerea dell’Asse, tuttavia anche le operazioni di volo della Formidable furono rese difficili dalle avverse condizioni atmosferiche, e si determinarono delle perdite. Due velivoli Albacore dell’826° Squadron, che rientravano da una missione di ricognizione, non riuscirono a trovare la portaerei. Esaurito il carburante furono

42 Esattamente riportato dall’Autore nel recente libro Luci e ombre degli Aerosiluranti italiani e tedeschi nel Mediterraneo, Ristampa Edizioni,

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Città Ducale, Rieti, agosto 2019, p. 59-60.

costretti ad effettuare l’ammaraggio, e di essi fu possibile recuperare un solo equipaggio di tre uomini.

La motonave Rawnsley, che dopo essere stata colpita l’8 maggio da un siluro dagli S. 79 della 281a Squadriglia Aerosiluranti, portata ad incagliare sulle coste di Creta vi fu distrutta il giorno 12 in un bombardamento della Luftwaffe.

Il ricongiungimento del convoglio Tiger con la Mediterranean Fleet e la navigazione verso Alessandria.

Durante ala giornata dell’8 maggio la Forza A dell’ammiraglio Cunningham, con le corazzate Warspite, Valiant, Barham, la portaerei Formidable e i loro cacciatorpediniere di scorta, si era tenuta vicino al convoglio MW.7/A per poi a notte dirigere a sud, raggiungendo una posizione situata a 120 miglia a sud di Malta, mentre gli incrociatori della 15a Divisione Dido e Phoebe si tenevano più a nord per tenersi vicino alla nave ausiliaria Breconshire che, staccatasi dalla flotta da battaglia, dirigeva per Malta scortata dai tre cacciatorpediniere Havock, Hotspur e Imperial. Sempre alle 08.00 del 9 la Forza F, con il convoglio WS.8 dell’operazione Tiger, superato il Canale di Sicilia, si trovavano a circa 90 miglia ad ovest di Malta.

Nelle ore successive, come pianificato, il convoglio WS.8, fu regolarmente raggiunto dagli incrociatori Dido e dal Phoebe, dall’armamento contraereo di dieci cannoni da 133 mm ad alta elevazione, e dai tre incrociatori contraerei Carlisle,

48

Coventry e Calcutta che, armati con otto cannoni da 102 mm, avevano scortato fino al tramonto dell’8 il convoglio lento MW.7B e il veloce MW.7°.

Ad incrementare questo formidabile schieramento di navi contraeree intorno al convoglio MW.8, alle 15.15 arrivarono, a circa 40 miglia a sud di Malta, anche tre cacciatorpediniere della 5a Squadriglia; il Kelly (capitano di vascello Louis Mountbatten), Jackal e Kelvin, salpati dalla Valletta dopo l’opera di sminamento, e che proseguirono la navigazione con la Flotta. Dopo di che i piroscafi del convoglio WS.8 e della la Forza F si incontrarono alle 15.15 con le unità pesanti della Mediterranean Fleet a circa 50 miglia a sud di Malta, ed insieme continuarono la navigazione per raggiungere Alessandria.43

Nello stesso tempo un buon sistema di comunicazioni fu stabilito con i bimotori Beaufighter del 252° Squadron (maggiore Robert Gordon Yaxley), equipaggiati con l’apparato di riconoscimento I.F.F., arrivati dagli aeroporti maltesi per assumere la protezione dell’importante convoglio fino al limite della loro autonomia. Ma sebbene sugli schermi radar delle navi di scorta apparissero frequentemente sagome di aerei nemici (riconosciuti con gli I.F.F.), i caccia a lungo raggio del Coastal Command della RAF e i caccia Fulmar della Formidable non ebbero grosse occasioni per intervenire, poiché vi erano nella zona in cui transitava il

49
Secondo da sinistra il capitano di vascello Louis Mountbatten sul cacciatorpediniere della 5a Squadriglia Kelvin:
43
Historical Section Admiralty, Mediterranean, cit., p. 90.

convoglio grandi strati di nebbia e la visibilità ridotta a 2 miglia.44 Ciò rese ancora più difficile il compito dei ricognitori italiani e tedeschi, inviati in volo ad iniziare dall’alba del 9 maggio per avvistare le navi nemiche e mantenerne il contatto. In tale attività di controllo, il X Fliegerkorps impiegò nella giornata diciassette Ju.88, dei quali quattordici del 1° Gruppo Ricognizione Strategica, due del gruppo bombardamento III./KG.30 ed uno del gruppo bombardamento II./LG.1. Inoltre, tre He.111 della 6a Squadriglia Aerosiluranti del II./KG.26 furono incaricati di svolgere una ricognizione armata con siluri, che però non ebbe alcun esito per mancato avvistamento delle navi nemiche.

I velivoli tedeschi dovettero fare i conti con la caccia britannica che volava al di sopra degli strati nuvolosi, e di tale attività dell’avversario ne fecero le spese due Ju.88D del 1° Gruppo Ricognizione Strategica. Il primo, della Squadriglia 1.(F)/121, che effettuava una ricognizione a sud della Sicilia, attaccato alle 09.05 da un Fulmar dell’806° Squadron della Formidable, pilotato dal tenente di vascello R.S. Henley, e colpito ad un motore, alle 10.00 dovette effettuare un atterraggio forzato a nord di Tripoli. L’altro, della Squadriglia 2.(F)/123, con pilota il sottotenente Conrad Heyde, mantenne il contatto dalle ore 07.35 alle ore 10.30 con una formazione navale segnalata comprendere una nave da battaglia, tre incrociatori pesanti, uno leggero, tre cacciatorpediniere , cinque torpediniere e tre grosse navi mercantili. Poi non dette più suo notizie, essendo stata attaccato e costretto all’ammaraggio, tra Lampedusa e Malta, da un Beaufighter del 252° Squadron pilotato dal sottotenente J.C. Davidson, che si manteneva nei pressi del convoglio Tiger.

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Caccia bimotore Bristol Beaufighter del 252° Squadron della RAF nel 1940. 44 I.S.O. Playfair, The Mediterranean and Middle East, cit.

Nonostante la posizione del complesso navale britannico fosse nota ai Comandi aerei dell’Asse per i frequenti avvistamenti dei ricognitori, le persistenti avverse condizioni atmosferiche impedirono la partenza di parecchie squadriglie da bombardamento e di aerosiluranti tenute in allarme sugli aeroporti della Sicilia. Soltanto due formazioni di bombardieri in picchiata, una tedesca e l’altra italiana, poterono essere inviate in volo nella mattinata. Ma di esse la seconda formazione, decollata alle 10.35 e costituita da otto Ju.87 della 239a Squadriglia Tuffatori (che al comando del capitano Giuseppe Cenni si trovava a Comiso dal 7 maggio in attesa di trasferirsi in Libia), a causa del tempo sfavorevole non riuscì a rintracciare le navi britanniche e rientrò alla base assieme alla scorta, inizialmente comprendente trentacinque caccia del 1° Stormo, venti Cr.42 e quindici Mc.200; questi ultimi, però, erano rientrati dopo quaranta minuti dalla partenza avendo perduto il contatto con i bombardieri.

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Ricognitore Junker Ju.88D della 1.(F)/121 in Sicilia. Bombardieri in picchiata Ju.87 italiani della 239a Squadriglia. Da www.EAF51.org.

La formazione offensiva tedesca, costituita da tredici Ju.87 del II./St.G.1 (capitano Robert-Georg von Malapert-Neufville), riuscì invece a scoprire il convoglio a 10 miglia a sud di Malta, e lo attaccò in picchiata alle 09.50, con un’azione resa difficile dalle nubi basse, a 50 metri d’altezza, e dal contrasto esercitato da alcuni caccia Hurricane della Squadriglia (Flight) B del 261° Squadron della RAF decollati da Malta. Gli equipaggi germanici riferirono di aver piazzato bombe vicino alla fiancata di un cacciatorpediniere e di aver affondato con colpi diretti un sommergibile. In realtà nessuna unità britannica, tra quelle di scorta al convoglio ebbe danni. Invece avarie superficiali riportò il sommergibile Utmost (capitano di corvetta Richard Douglas Cayley) che, rientrando alla base da una missione di dieci giorni svolta nel Golfo di Hammamet, alle 09.41 fu inquadrato da non meno di sedici bombe sganciate da quattro Stuka, e riportò danni minori.45 Occorre dire che ogni velivolo del tipo Ju.87B era in grado di portare una bomba da 500 o 1.000 chili, oppure la combinazione di una bomba da 250 chili e quattro da 50 chili.

45 Due sommergibili italiani, il Ruggero Settimo e il Santorre Santarosa, si trovavano in zona di agguato a levante di Malta. Ma di essi soltanto il primo, al comando del capitano di corvetta Mario Spano, attaccò a 70 miglia dall’isola un gruppo navale costituito da quattro unità leggere poco dopo la mezzanotte del 9 maggio. Purtroppo i siluri lanciati fallirono il bersaglio.

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Un velivolo da bombardamento S.79 “Sparviero” scorto da caccia Mc.200 “Saetta”

Ju.87 R2 del II./St.G.1 in un aeroporto italiano nella primavera del 1941.

Ventidue caccia Bf.109 della Squadriglia 7./JG.26 e del Gruppo III./JG.27 avrebbero dovuto proteggere gli Ju.87 del II./St.G.1. Ma a causa delle condizioni del tempo furono costretti ad interrompere la missione. I bombardieri in picchiata vennero pertanto a trovarsi sull’obiettivo senza alcun appoggio, e poiché dagli aeroporti di Malta erano decollati dodici caccia (due Fulmar, cinque Hurricane e cinque Beaufighter), uno degli Ju.87 della 9 Squadriglia con capo equipaggio il tenente pilota Ulrich Heinz, fu facilmente abbattuto ad est dell’isola da due Hurricane del 261° Squadron, pilotati dal capitano Charles Laubscher e dal sergente Peter Jordan. Il pilota e il mitragliere dello Stuka decedettero. Al rientro dalla missione, un altro Ju.87 della 4a Squadriglia, che era stato colpito da una sezione di Hurricane del 261° Squadron, con piloti il tenente Hamish Hamilton e il sergente Len Davies, atterrò in emergenza a Comiso, e restò gravemente danneggiato al 70%.46

Il bersaglio degli Ju.87 del II./St.G.1 fu costituito da uno dei due convogli che dirigevano verso il porto della Valletta provenienti da Alessandria, il lento MW.7B e il veloce MW.7A. Entrambi entrarono nel Grand Harbour verso mezzogiorno del 9 maggio, per poi andare alle banchine di scarico, nel corso della mattinata. Il cacciatorpediniere Forester (capitano di corvetta Edward Bernard Tancock) andò invece a sbarcare personale militare a Kalafrana, dove vi era la base degli idrovolanti dell’Aviazione della Marina (FAA).

La navigazione dei due convogli, salpati da Alessandria il 5 e il 6 maggio diretti a Malta, si era svolta tranquilla, tranne il fatto che una delle unità di scorta, il cacciatorpediniere Defender (capitano di corvetta Gilbert Lescombe Farnfield), dell’MW.7B, per disturbi alle macchine dovette invertire la rotta per Alessandria. Assieme ai due convogli arrivò anche la nave ausiliaria Breconshire che si era

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46 Brian Cull e Frederick Galea, Hurricane over Malta. Giugno 1940-Aprile 1942, Grub Street, London, 2001, p. 97.

staccata dalla Flotta scortata dai cacciatorpediniere Havock, Hotspur e Imperial, per poi rifornire a Kalafrana le unità di scorta impegnate nell’operazione Tiger che ne avevano bisogno.

Dell’arrivo dei convogli il vice ammiraglio di Malta informò l’ammiraglio Cunningham alle ore 14.00. Come era stato proposto, “L’ammiraglio Ford riferì che entrambi i convogli erano riusciti ad entrare in porto, essendo stato sgombrato il passaggio con un’operazione di sminamento per mezzo di bombe di profondità e col dragaggio della rotta in testa al convoglio”. 47 Ad aprire un canale sicuro, tra le mine magnetiche posate dagli aerei tedeschi all’entrata del porto, avevano provveduto la corvette Gloxinia e il dragamine Swona, che precedendo i piroscafi, avevano sganciato bombe di profondità nel tenere sgombro il passaggio, aperto dalle unità di Malta. Ciò avevano permesso la partenza dal Grand Harbour, per raggiungere il convoglio dell’operazione Tiger, dei tre cacciatorpediniere della 5a Flottiglia

Non vi furono altri grossi episodi di attività aerea, se non il fatto che dopo l’avvistamento, alle 15.05, di un complesso navale comprendente una portaerei, due navi da battaglia, quattro incrociatori, cinque cacciatorpediniere e quattro grossi piroscafi in lat. 35°25’N, long. 14°38’E, da parte di due ricognitori S.79 della 193° Squadriglia (guidati dal tenente colonnello Mario Giuliano, Comandante dell’87° Gruppo del 30° Stormo Bombardieri) si verificò l’attacco di due Beaufigter del 252° Squadron, scambiati per Blenheim dagli equipaggi italiani che vedevano quel tipo di

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Ju.87 R2 dello Stab./St.G.1 scortato da un caccia italiano Fiat G.50 del 155° Gruppo.
47 I.S.O. Playfair, The Mediterranean and Middle East, cit.

velivolo per la prima volta. Gli S.79 risposero al fuoco, e non riportarono alcun danno.48

A iniziare dall’alba del 10 maggio i ricognitori italiani e tedeschi furono nuovamente impegnati per la ricerca delle navi britanniche nella zona di mare a sudest della Sicilia. Da parte della Luftwaffe tale compito fu svolto dal 1° Stormo Speriementale (LG.1), che impiegò quattro Ju.88 del II./LG.1, due Ju.88 dell’11a Squadriglia del IV./LG.1 (Gruppo di Addestramento dell’LG.1) decollati dalla Sicilia, e da due Ju.88 della 8a Squadriglia del III./LG.1 del Fliegerführer Afrika (Comando Aereo dell’Africa), che a Derna erano a disposizione del generale Rommel per l’appoggio al fronte terrestre. Il fatto che non partecipassero alle missioni gli Ju.88D del 1° Gruppo Ricognizione Strategica, con le sue squadriglie 1.(F)/121 e 2.(F)/123, dipendeva dal fatto che quel reparto specializzato nelle esplorazioni marittime era assai provato, e fu impegnato quel giorno 10 soltanto in quattro missioni per la ricerca dei superstiti dei due suoi velivoli che erano stati abbattuti il mattino del 9 a sud di Malta.

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La corazzata Barham durante un rifornimento nella Baia di Suda. Assieme alle gemelle Warspite e Valiant e alla portaerei Formidable faceva parte della forza da battaglia (Forza A) della Mediterranean Fleet.
48
ASMAUS, Diario Storico del Comando dell’Aeronautica della Sicilia 1941.

Vicino ad un velivolo Ju.88 bombe tedesche da 1.000 chili, in un aeroporto italiano della Sicilia sede di reparti del X Fliegerkorps nel 1941.

Durante l’appoggio all’operazione di salvataggio, effettuata con successo da due idrovolanti Do.24 della 6a Squadriglia Soccorso con base a Siracusa, che furono scortati da tre caccia Bf.110 del III./ZG.26, uno degli Ju.88 fu attaccato alle 11.30 da un Beaufighter del 252° Squadron e rientrò alla base alle 13.20 volando due ore con un solo motore, il sinistro, e con il radiotelegrafista leggermente ferito. L’equipaggio riferì che quel tipo di caccia, visto per la prima volta, era molto più veloce dello Ju.88. Un altro Beaufighter, con pilota il capitano John Joseph Lowe e navigatore il sergente maggiore John Henry Tranter, decollato con altri due velivoli del 252° Squadron tra le 11.35 e le 11.50 per ricercare, inutilmente, velivoli da trasporto tedeschi Ju.52 di passaggio dall’Italia alla Libia, non rientro a Malta, e non si conosce il motivo della sua perdita, forse dovuta al fuoco di ritorno di un aereo che aveva attaccato.49

La scarsa visibilità mantenendosi anche nella giornata del 10 maggio permise ai ricognitori della Luftwaffe di localizzare le navi britanniche dirette ad oriente, a nord di Bengasi. Ma nonostante le accurate informazioni trasmesse da quattro Ju.88 del II./LG.1 che essendo decollati da Catania tra le 11.05 e le 12.10 diretti a sud della Sicilia avvistarono tra le ore 14.00 e le ore 14.46 tre formazioni di unità navali con

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49 C. Shores, B Cull, N. Malizia, Malta: The Hurricane years 1940-41, cit., p. 205.

una nave portaerei e cinque piroscafi, e che poi a causa della distanza furono costretti ad atterrare a Benina, nelle restanti ore di luce non si verificò alcun attacco. Il Comandante del II./LG.1, capitano Gerhard Kollewe, alle 16.15 fece patire due Ju.88 per ricercare il nemico, ed altri due alle 17.40 per attaccarlo. Ma questi ultimi dovettero sospendere l’azione e rientrare alla base per guasti meccanici. Presero invece contatto e mantennero il contatto con le navi nemiche i primi due Ju.88.

Ju.88 del II./LG.1 in un aeroporto italiano nel 1941.

In base alle loro segnalazioni, dopo le 17.00 il Comando del X Fliegerkorps (a Taormina) si decise ad inviare volo diciotto velivoli offensivi, dei quali soltanto otto Ju.88 del III./KG.30 (maggiore Arved Crüger) raggiunsero a nord della Cirenaica il gruppo navale principale della Mediterranean Fleet e, approfittando della calma piatta e del chiarore della luna piena, l’attaccarono in picchiata e in volo orizzontale in un periodo di tempo che si prolungò per sedici minuti, ad iniziare dalle 20.55. In questo lasso di tempo, dopo che erano stati presi parecchi contatti radar preannuncianti l’attacco, la reazione delle quattro corazzate Warspite, Valiant, Barham, Queen Elizabeth (tutte della classe “Warspite”) e della portaerei Formidable fu così “spaventosa”, come scrisse l’ammiraglio Cunningham, da non permettere agli Junker di effettuare una mira accurata. I velivoli tedeschi, infatti, sganciarono trentadue bombe mina da 250 chili ma, sebbene alcuni cacciatorpediniere della scorta fossero stati inquadrati nessuna di esse arrivo a segno sull’obiettivo. Nel rientrare alla base uno degli Ju.88 si danneggio nel corso dell’atterraggio.

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Degli altri dieci velivoli tedeschi inviati ad attaccare le navi britanniche, tre Ju.88 del III./KG.30 e due Ju.88 del II./LG.1 furono costretti a rientrare a Catania anzitempo per noie meccaniche, mentre invece cinque aerosiluranti He.111 della 6./KG.26, decollati alle 17.22 e tutti rientrati alle 01.33, non riuscirono a rintracciare il nemico a causa dell’oscurità.

.

Sul tempo degli attacchi aerei tedeschi, le relazioni britanniche sono in disaccordo poiché si ritenne che l’incursione degli otto Ju.88 del III./KG.30, iniziata verso le 21.00, fosse durata ben un’ora e mezzo, e non soltanto sedici minuti, con gli attaccanti che cercarono di venire dal lato opposto alla luna, venendo respinti dal violentissimo fuoco di sbarramento delle batterie antiaeree. Anche il convoglio MW.8 fu attaccato senza successo, e per distogliere da esso l’attenzione del nemico, l’ammiraglio Cunningham dispose le unità della flotta controluce e poi invertì la rotta verso nord, sperando che gli aerei nemici lo inseguissero. 50 A questo punto è pensabile che le navi britanniche avessero continuato a sparare anche quando gli aerei tedeschi non erano più sul loro cielo; oppure che, con gli equipaggi allarmati, le navi sparassero nella direzione in cui i radar stavano rilevando gli altri velivoli delle

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Ju.88 A4 della 7a Squadriglia – 3° Gruppo – 30° Stormo Bombardamento del X Fliegerkorps a Gerbini nella primavera del 1941. Sullo sfondo il Monte Etna innevato
50
I.S.O. Playfair, The Mediterranean and Middle East, Volume II, cit.

formazioni del III./KG.30, II./LG.1 e 6./KG.26 che in mezzo a banchi di nebbia le stavano cercando inutilmente.

Fu poi localizzata dai velivoli del Fliegerführer Afrika (il Comando Aereo dell’Africa comandato dal generale Stefan Fröhlich) la 5a Flottiglia Cacciatorpediniere del capitano di vascello Louis Mountbatten, le cui cinque unità Kelly, Kelvin, Kashmir, Kipling, Jaguar erano state destinate ad effettuare la seconda fase dell’operazione M.D.6 contro il porto di Bengasi. Ma a differenza di quanto scrisse nel suo rapporto Mountbatten, ossia che un mercantile agli ormeggi presso il frangi flutto settentrionale fu duramente danneggiato, il bombardamento navale, trasformandosi in azione dimostrativa con il dispendio di 866 proiettili da 120 mm, non causò alcun danno ad installazioni portuali o a persone, tranne la morte di un civile libico e il ferimento di altri due. Però, il bombardamento, durato appena pochi minuti, servì a far scattare l’allarme per l’intervento di una formazione di Ju.87 del 2° Gruppo del 1° Stormo Stuka che costituita da un velivolo della Squadriglia Comando (Stab.II./St.G.1) e da quattro velivoli della 5a Squadriglia (5./St.G.1), al comando del tenente Joachim Rieger, era stata distaccata fin dal giorno 8 maggio a Benina per un eventuale attacco contro unità navali.

Autunno 1941. Da sinistra il generale della Luftwaffe Stefan Fröhlich (Fliegerführer Afrika) stringe la mano al generale Erwin Rommel (Comandante del Panzergruppe Afrika), presenti un ufficiale italiano non identificato e il generale Alfred Gause, Capo di Stato Maggiore del Panzergruppe Afrika.

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Presentatasi l’occasione alla prima luce dei proiettili illuminanti delle navi, i cinque bombardieri tedeschi decollarono ed effettuarono un attacco notturno in picchiata, svolto alla luce della luna, contro i cacciatorpediniere della 5a Flottiglia che, per nascondersi alla vista dei piloti aggressori, si occultarono con cortine di fumo, che però non fu possibile disperdere del tutto. In questo genere di attacco notturno, che secondo i britannici era la prima volta che accadeva nel Mediterraneo, nessuno dei cacciatorpediniere fu colpito. Ciononostante gli Ju.87 del II./St.G.1 dimostrarono nell’occasione di essere equipaggiati con uomini di grande coraggio, poiché le loro picchiate, concluse sganciando bombe da 1.000 chili, furono effettuate da quote assai basse. Ciò avvenne contro bersagli che reagivano vivacemente con tutte le armi ma che, secondo il comandante Mountbatten, soltanto quando scorgevano gli aerei che aprivano il fuoco con le mitragliatrici, dopo essere venuti giù in picchiata. Dopo l’attacco il comandante della 5a Flottiglia decise di rinunciare ad una puntata in direzione sud e di rientrare a Malta.51

Tre cacciatorpediniere della 5a Flottiglia in navigazione ripresi dal Kipling. Da sinistra il caposquadriglia Kelly (capitano di vascello Lord Louis Mountbatten), seguito dal Kashmir.

Rientrando alla base, a causa della nebbia alta, quattro Ju.87 della 5./St.G.1 dovettero atterrare fuori campo, ed uno dei velivoli s’incendiò. Il tenente Riege riferì che al primo attacco dei suoi aerei tre cacciatorpediniere nemici erano stati centrati da

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51 Ibidem.

una bomba da 1.000 chili, e che non vi era stata alcuna reazione da parte delle unità nemiche.

Nelle due immagini Ju.87 del II./St.G.1 nel 1941.

Altre azioni predisposte dal Comando del Fliegerführer Afrika per quella stessa sera, contro le navi britanniche transitanti con rotta nord ad oriente della Cirenaica, non furono rese possibili a causa del tempo che continuava ad essere pessimo con estesi banchi nuvolosi ad anche nebbia. Condizioni, che già avevano reso impossibile l’intervento degli aerei del X Fliegerkorps sugli stessi obiettivi nel corso della giornata. Inoltre, una formazione di Ju.87, già approntata per l’impiego, all’ultimo

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momento non poté decollare, essendo venuta a mancare la benzina ai velivoli da caccia assegnati alla scorta.

Il Comando del Fliegerführer Afrika tentò ancora di conseguire un qualche risultato organizzando l’indomani, 11 maggio, un’azione con sette Ju.88 del III./LG.1 (capitano Bernhard Nietsch) al quale fu fornita una scorta costituita da otto Bf.110 del III./ZG.26 e da sette Cr.42 italiani della 5a Squadra Aerea della Libia. Ma i velivoli tedeschi pur raggiungendo verso le 10.40 la zona in cui si trovavano le navi nemiche non riuscirono, per la pessima visibilità, a trovare un varco per poterle attaccare. Inoltre una sezione di caccia Fulmar dell’806° Squadron della Formidable, con piloti il tenente di vascello R.S. Henley e il sottotenente di vascello P.D. Sparke, intercettarono due Ju.88 e li attaccarono mitragliandoli da distanza ravvicinata. Uno dei bimotori del III./LG.1 fu danneggiato da Henley ma poté allontanarsi, l’altro della 7a Squadriglia, con pilota il sergente maggiore Otto Engel, fu abbattuto da Sparke il quale tuttavia, essendosi spinto troppo vicino al suo bersaglio, fu da questi colpito con una raffica di mitragliera e, con il radiotelegrafista ucciso, precipitò in mare assieme alla sua vittima.

Da parte italiana un Cant.Z.1007 bis del 50° Gruppo Bombardieri avvistò alle 16.00 una formazione di quindici navi di tipo imprecisato in lat. 35°30’N, long.

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Bombardiere Ju.88 del III./LG.1

25°15’E, a mezza strada tra Creta e la coste estrema orientale della Cirenaica. Tali navi, che procedevano con rotta leggermente a sud-est, erano senza dubbio quelle dell’ammiraglio Cunningham. Tuttavia, a dimostrazione ancora una volta di limitata efficienza, da parte della Regia Aeronautica, non si verificò alcun tentativo di attacco, poiché gli aerei dell’Egeo, tenuti pronti all’intervento, non furono in grado di decollare per i più svariati motivi.

Infatti, il comandante del 41° Gruppo Bombardieri, tenente colonnello Ettore Muti, che arrivato a Rodi con il suo reparto dalla Puglia il 5 maggio disponeva di undici S.84 efficienti su dodici in carico, e il comandante del 50° Gruppo Bombardieri, maggiore pilota Amelio Novelli, ridotto a disporre di soli quattro Cant.Z.1007 bis efficienti su undici in carico, riferirono al generale Ulisse Longo, Comandante dell’Aeronautica dell’Egeo, di non poter assolutamente partire. Muti, ex Segretario del Partito Fascista, giudicò che le sfavorevoli condizioni del tempo non avrebbero permesso il decollo dei velivoli a pieno carico. Novelli giustificò il mancato decollo per mancanza di addestramento degli equipaggi e di apparati per il volo notturno.

Da parte britannica quel 10 maggio andò perduto un caccia Fulmar dell’806° Squadron, con pilota il tenente di vascello E.W.T. Toucbourne o operatore il tenente C.H. Thomson, caduto in mare durante il decollo dalla portaerei Formidable

Il rientro a Gibilterra dei cacciatorpediniere della Forza H che avevano scortato il convoglio dell’operazione Tiger fino a Malta

A differenza di quanto accaduto nel Mediterraneo centro-orientale, gli avvenimenti andarono meglio nel bacino occidentale, ove l’attività della ricognizione aerea italiana della Sardegna permise di scoprire il mattino del 10 maggio i cinque cacciatorpediniere della 8a Flottiglia della Forza H, Faulknor, Fury, Forester, Fortune e Fearless. Queste unità, al comando del capitano di fregata Antony Fane de Salis sul Faulknor, dopo essersi riforniti a Marsa Scirocco dalla nave ausiliaria Breconshire, alle 20.00 del 9 avevano lasciato le acque di Malta per rientrare a Gibilterra. Con loro era partito anche il Foresight (capitano di fregata Jocelin Stuart Cambridge Salter)

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Ju.88 della 1.(F)/121 con il colore desertico.

che però poco dopo era stato costretto a tornare a Malta per riparare un cuscinetto principale del pignone.

Ripresi dal Faulknor quattro cacciatorpediniere della sua 8a Flottiglia procedono con mare mosso sollevando vistosissime onde di prua. Notare sul Faulknor l’antenna quadrangolare dell’apparato radar tipo 291.

Nel corso della stessa giornata, il vice ammiraglio Somerville con le sue unità della Forza B, comprendente l’incrociatore da battaglia Renown, la portaerei Ark Royal, l’incrociatore Sheffield e i cacciatorpediniere Harvester, Havelock e Hesperus, nel dirigere ad occidente aveva inviato un caccia Fulmar, decollato dall’Ark Royal, ad effettuare una ricognizione su Orano. Sorvolando la Baia di Mers-el-Kebir, la base della Flotta francese, l’equipaggio del Fulmar avvistò l’incrociatore da battaglia Dunkerque e altre unità minori e ausiliarie, mentre ad Orano furono individuati tre cacciatorpediniere, uno dei quali di grosso tonnellaggio, e circa sei o sette sommergibili.52

Il primo avvistamento dei cinque cacciatorpediniere della 8a Flottiglia, che nella notte avevano superato il Canale di Sicilia, si verificò alle 09.10 del 10 maggio ad ovest dell’Isola Galite, ad opera di un idrovolante Cant.Z.506 della 287a Squadriglia della Ricognizione Marittima della Sardegna, decollato da Elmas. E nelle

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52 The Somerville papers, cit., p. 262.

ore successive il Comando dell’Aeronautica della Sardegna inviò all’attacco ventuno velivoli S.79, dei quali quindici del 32° Stormo Bombardieri, cinque del 28° Gruppo dell’8° Stormo Bombardieri, ed uno della 280a Squadriglia Aerosiluranti. Ma, a causa delle persistenti condizioni atmosferiche favorevoli, soltanto i quindici velivoli del 32° Stormo (Gruppi 38° e 89°) arrivarono regolarmente sull’obiettivo.

La partenza degli S.79 da Decimomannu, si svolse in tre formazioni con condizioni atmosferiche avverse, forte vento e da sud-ovest e densi piovaschi, che costrinsero i velivoli a deviare di rotta continuamente rendendo difficile la ricerca degli obiettivi, che si prolungo per circa due ore, in attesa che le condizioni di visibilità migliorassero prima di arrivare allo sgancio delle bombe.

I primi ad attaccare furono i cinque S.79 della 50a Squadriglia del 38° Gruppo che, decollati alle 10.50, nella ricerca del nemico avevano manovrato in base alle informazioni trasmesse da un ricognitore inviato nella zona dal Comando dell’Aeronautica della Sardegna. Dopo una laboriosa rotta di avvicinamento per i piovaschi che costrinsero i comandanti dei piloti a variare continuamente la rotta e la quota di navigazione, alle 13.25 i cacciatorpediniere dell’8a Flottiglia furono raggiunti a nord di Capo Bougaroni. Ma prima di sganciare le bombe da 2.600 metri di quota, gli S.79 furono costretti a ripetere più passaggi a causa delle rapide manovre delle unità britanniche. Gli equipaggi degli S.79 ritennero di aver colpito un incrociatore, visto fermarsi, con una o due bombe da 100 chili.

La seconda formazione di dieci S. 79 delle Squadriglie 228a e 229a dell’89° Gruppo, al comando del tenente colonnello Antonio Fadda, decollò da Decimomannu alle 13.25, per poi raggiungere la posizione d’attacco dopo lunghe ricerche, guidate dalle trasmissioni del ricognitore. Lo sgancio avvenne alle 15.45 dalla quota di 2.200 metri e dagli equipaggi fu ritenuto di aver colpito un incrociatore al quale si accostarono i cacciatorpediniere. In effetti, nel corso di questo secondo attacco, il cacciatorpediniere Fortune (capitano di fregata Jocelin Stuart Cambridge Salter) fu centrato da cinque bombe da 100 chili, tutte cadute vicino allo scafo, le cui concussioni causarono danni alla poppa e alla sala macchine dell’unità, con conseguente rapida diminuzione della velocità a 8 nodi.

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66
Squadriglia di bombardieri S.79 in volo sul mare alla ricerca di navi nemiche.

Nelle due immagini, il cacciatorpediniere britannico Fortune che fu danneggiato dai bombardieri S.79 del 32° Stormo dell’Aeronautica della Sardegna.

La terza formazione di cinque S.79 del 28° Gruppo dell’8° Stormo Bombardieri, per un guasto all’unico radiogoniometro del comandante della formazione, non poté sfruttare la guida del ricognitore “radiofaro” e rientro alla base senza aver avvistato le navi da attaccare.

Infine, alle 16.25 decollo un aerosilurante S.79 della 280a Squadriglia, l’unico rimasto disponibile, al comando del tenente Mario Spezzaferri. Dopo lunghe ricerca, il velivolo trovò i cacciatorpediniere nemici, ma la forte reazione contraerea costrinse il pilota ad allontanarsi, per tentare di avvicinarsi da altra posizione, non riuscendovi per le cattive condizioni di visibilità che impediscono all’equipaggio di riavvisare le navi. Si trattenne nella zona fino al limite dell’autonomia, prima di riprendere la rotta per rientrare ad Elmas.53

Pur gravemente danneggiato a poppa a sinistra, il cacciatorpediniere Fortune poté ugualmente continuare nella sua navigazione verso occidente aumentando la velocità da 8 a 10 nodi e, senza aver bisogno del traino da parte del rimorchiatore St. Day uscito da Gibilterra. Scortato dall’incrociatore Sheffield e dai cacciatorpediniere

Harvester e Hesperus, che si erano staccati dalla Forza B del vice ammiraglio

Somerville, il Fortune raggiunse la base alle 20.40 del 12 maggio per poi entrare per le riparazioni nel bacino n. 3. Era stato preceduto dall’entrata a Gibilterra della Forza B, che avendo atteso il rientro dei suoi cacciatorpediniere dell’8a Flottiglia si era 53

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ASMAUS, Diario Storico del Comando Aeronautica della Sicilia 1941.

mantenuta per due giorni in posizione di attesa ad ovest della Sardegna, al limite del raggio d’azione dei velivoli italiani. La Forza B, comprendente il Renown, l’Ark Royal, e i cacciatorpediniere Havelok, Wrestler Faulkner, Forester, Fury, Fearles aveva raggiunto il porto di Gibilterra alle 18.15.

Anche l’attività bellica dell’Aeronautica della Sardegna fu funestata da un grave incidente verificatosi nell’aeroporto di Decimomannu. Durante il decollo due S.79 della 49a Squadriglia del 38° Gruppo del 32° Stormo Bombardieri entrarono in collisione e, incendiandosi, andarono completamente distrutti, causando la morte di nove dei dodici membri degli equipaggi, inclusi tre ufficiali pilota: tenenti Giuseppe Massobrio e Armando Domeniconi e il sottotenente Vincenzo Figus.54

Tornando al X Fliegerkorps, occorre dire che nella stessa giornata del 10 maggio esso svolse con i suoi caccia Bf.109F della formidabile Squadriglia 7./JG.26, comandata dall’eccezionale asso tenente Joachim Müncheberg, due missioni di caccia libera nel cielo di Malta. Vi parteciparono otto velivoli che, dopo essere entrati in combattimento con una decina di caccia Hurricane del 261° Squadron, si abbassarono sull’idroscalo di Marsa Scirocco per mitragliare, incendiare e distruggere un idrovolante Sunderland del 10° Squadron australiano, appena arrivato da Gibilterra con un carico di pezzi di ricambio e di munizioni per i caccia Beaufighter del 252° Squadron. Un compito che il 10° Squadron, per assicurare gli indispensabili rifornimenti ai Beaufighter di Malta e del Medio Oriente, realizzò tra il 27 aprile e il 25 maggio con sei Sunderland. Di essi però, oltre a quello distrutto dai Bf.109 della 7./JG.26 il 10 maggio, ve ne fu altro che fu gravemente danneggiato.

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54 Ibidem..
Caccia Hurricane del 261° Squadron della RAF nell’aeroporto maltese di Luqa nel 1941.

Nelle due immagini il tenente Joachim Müncheberg comandante della 6./JG.27 al rientro da una vittoriosa missione. Sopra il suo caccia Bf.104F.

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Idrovolante Sunderland in fiamme a Kalafrana (Malta) dopo essere stato mitragliato dai caccia tedeschi Bf.109F della Squadriglia 7./JG.26.

Da parte britannica, per assicurare un’efficace protezione all’operazione Tiger, era stato impartito al Comando delle forze aeree di Malta l’ordine di organizzare attacchi sugli aeroporti della Sicilia, e di provvedere alle scorte navali. Fu pertanto concordato di suddividere i due compiti tra i bombardieri Blenheim del 21° Squadron e i Beaufighter del 252° Squadron della RAF. Questi ultimi avrebbero dovuto rimanere a Malta soltanto il tempo necessario per proteggere il passaggio del convoglio Tiger, ma poiché i Blenheim non poterono alzarsi a causa della congestione di aerei presenti sui tre limitati aeroporti dell’isola (Luqa, Ta Kali, Al Far), per attaccare le basi siciliane si rese necessario ripiegare sui Beaufighter.

Fu però soltanto al crepuscolo del 10 maggio che nove Beaufighter del 252° Squadron, svincolati dai compiti delle scorte navali assunto dai caccia Fulmar della portaerei Formidable, poterono essere inviati a mitragliare a volo radente gli aeroporti di Catania e Gerbini, ove causarono la distruzione al suolo di un bombardiere He.111 del II./KG.26, due velivoli da trasporto Ju.52 (uno dei quali del servizio sanitario) e due caccia Cr.42. Inoltre, danneggiarono in modo live altri dieci velivoli tedeschi (cinque He.111, due Ju.88, uno Ju.87 e due Bf.110), e tre italiani (due caccia Mc.200 e un aereo da collegamento Ca.133). Restarono uccisi nell’attacco, che non era stato segnalato dalla Difesa Territoriale (DICAT), cinque

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soldati italiani e due tedeschi, e feriti cinque soldati e tre operai italiani,e un aviere tedesco.55

I MOVIMNENTI DELLE OPERAZIONI “TIGER” e “MD.4” (da Storia Illustrata, Novembre 2013)

L’epilogo dell’Operazione Tiger e il mancato intervento della Regia Marina

Il 12 maggio 1941 il convoglio Tiger raggiunse la sua destinazione nel porto di Alessandria ove scaricò 238 carri armati (135 Matilda II, 82 Crusader, 21 Mk.VIC) e 43 caccia Hurricane. Ciò costituì indubbiamente un notevole successo, pagato contro ogni più ottimistica previsione, in termini accettabili, poiché furono portati a destinazione la maggior parte dei mezzi attesi dal generale Wavell per tenere il passo nella guerra del deserto contro i tedeschi, che rispetto agli italiani, con i loro M.13, avevano i carri migliori con il tipo III e IV. Ora, con lo sbarco dei mezzi dai piroscafi del convoglio Tiger, italiani e tedeschi dovevano fronteggiare, oltre ai lenti carri per fanteria Matilda da 26 tonnellate, i nuovi competitivi carri veloci Crusader da 19 tonnellate.

Tuttavia il generale Wavell non fu del tutto soddisfatto dei mezzi corazzati che gli erano stati inviati, perché nella sua relazione sulle operazioni in Africa settentrionale, egli scrisse:56 55 Ibidem. 56 Archibald Wavel, Relazione in Supplement to

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The London Gazette dell’11 Giugno 1946.

Sopra, Carro armato appoggio fanteria Matilda da 26 tonnellate, armato con cannone da 40 mm. Sotto il Crusarer I, di 19 tonnellate, anch’esso armato con cannone da 40 mm. Era però molto più veloce del Matilda, come desiderava il generale Wavell.

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Tutto era stato disposto per dotare questi carri del necessario equipaggiamento per l’impiego nel deserto e per poterli usare nel più breve tempo possibile. Ma la maggior parte di questi carri erano del tipo “I” [Natilda Mk II] e dato il loro limitato raggio d’azione e la loro scarsa velocità erano poco adatti per essere impiegati contro i veloci carri tedeschi [tipo III e IV], nei vasti spazi aperti del deserto occidentale. … A questo punto il problema era di stabilire se questi carri avrebbero potuto essere impiegati prima che arrivassero in linea i rinforzi tedeschi. Dapprima si era sperato di poter scaricare ed approntare i carri per la fine del mese di maggio; questo calcolo doveva poi rivelarsi ottimistico.

Fu invece pienamente soddisfatto dell’esito dell’operazione Tiger, e dell’arrivo della maggior parte dei carri, il Primo Ministro Winston Churchill, che lo stesso giorno aveva telegrafato al generale Wavell chiedendogli di adoperarsi affinché il prezioso carico del convoglio raggiungesse le truppe il più presto possibile. Scrisse nella sua opera memorialistica:57

Nell’immagine ripresa sul transatlantico Queen Mary in viaggio per gli Stati Uniti nel maggio 1943, Winston Churchill, che ha alla sua destra il generale Archibald Wavell e l’ammiraglio James

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Somerville. 57 Winston Churchill, La Seconda Guerra Mondiale, Volume III, cit., p. 1248.

Naturalmente io desideravo ripetere il brillante successo del “Tiger” …

Ritenni che il mio giudizio sui pericoli non insuperabili della traversata del Mediterraneo fosse stato finalmente giustificato. I miei amici della Marina, viceversa affermarono, che avevamo fruito di un colpo di fortuna e di condizioni meteorologiche quali non potevano ripetersi mai più. Certamente l’Ammiragliato non desiderava lasciarsi trascinare in una serie di operazioni così arrischiate, ed io urtai in resistenze che giudicai molto serie.

Indubbiamente l’opposizione più polemica ai progetti del Primo Ministro britannico fu espressa dall’ammiraglio Cunningham il quale, ragionando con molto realismo, ha lasciato scritto nel suo citato volume autobiografico quanto segue:58

L’Ammiragliato c’inviò un messaggio di congratulazioni per il felice arrivo del convoglio “Tiger”, che veniva considerato una “memorabile impresa”. Noi però non ci complimentammo affatto con noi stessi, poiché sapevamo benissimo che il successo dell’operazione doveva venire attribuito al tempo fosco e nuvoloso che, in quella stagione, non aveva precedenti nel Mediterraneo. Per fortuna, la apparente facilità con la quale il convoglio attraversò il Mediterraneo da un capo all’altro originò in patria molte conclusioni sbagliate, e ritengo che più di una persona abbia pensato che noi esagerassimo i pericoli e le difficoltà per far passare i convogli o effettuare altre operazioni sotto l’azione di contrasto della Luftwaffe. Prima che trascorresse molto tempo la triste verità sarebbe dolorosamente apparsa chiara a coloro che erano in patria.

Le delusioni in Italia

Mentre da parte britannica non erano risparmiati elogi alla Royal Navy per come erano state condotte le operazioni nel Mediterraneo, nel campo dell’Asse, e in particolare in Italia, vi fu ancora una volta molto da recriminare per il mancato intervento della Regia Marina.

E’ scritto infatti in una relazione di Superaereo, compilata in quei giorni per analizzare il comportamento dell’Arma aerea italiana nei primi dodici mesi di guerra quanto segue:59

L’ideale sarebbe stato raggiunto se la nostra Marina fosse stata, come si è sempre previsto, idonea a sbarrare realmente il Canale di Sicilia … Le nostre forze navali sono nelle condizioni ideali per poter operare. Esse possono imporre la battaglia nel Canale di Sicilia come e quando vogliono, avendo a loro vantaggio

58 A.B. Cunningham, L’odissea di un marinaio (dall’inglese A sailor odyssey), Garzanti, Milano, 1952. 223-224.

59 Francesco Mattesini, L’attività aerea italo-tedesca nel Mediterraneo, Il contributo del X Fliegerkorps” Gennaio-Maggio 1941, Seconda edizione, cit., p. 374-375.

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oltre che la scelta del momento anche quella di poter precludere all’avversario ogni via di ritirata. Una flotta battuta nel Canale di Sicilia non può trovare scampo che verso occidente, dove può essere inseguita da unità veloci, non certo verso Malta dove il passo può essere sbarrato.

Con un piano di operazioni ispirate a questo concetto, il bacino Mediterraneo sarebbe diviso nettamente in due e ciò arrecherebbe un grave contraccolpo alla potenza navale britannica che, costretta a mantenere una flotta nel Mediterraneo Occidentale, si troverebbe in grande imbarazzo per mantenere l’una o l’altra in completa efficienza.60

Fu proprio nel corso dell’operazione Tiger che alla Marina italiana si offri l’occasione per attuare il modello d’intervento accennato nella relazione di Superaereo, se non altro per dimostrare che essa era ancora attiva e temibile dopo il disastro di Matapan del precedente 28 marzo. Ma Supermarina, facendo sempre i prudenti calcoli della relatività delle forze avversarie e quindi ragionando sui pericoli a cui sarebbero andate incontro le proprie navi, ancora una volta non seppe approfittare delle favorevoli condizioni offerte dalla posizione strategica e giustificò il proprio discutibile operato affermando che l’intervento navale era stato reso impossibile dal fatto che le navi britanniche erano state avvistate dalla ricognizione aerea troppo tardi.

La verità era, e possiamo affermarlo con tutta onestà, che negli ambienti della Regia Marina si era venuto a creare un vero clima di terrore al solo pensiero di doversi nuovamente misurare, dopo l’episodio di Matapan, con le navi britanniche, soprattutto in un combattimento notturno. E questo non solo perché il nemico possedeva il radar, poi ingiustamente reclamizzato oltre misura per giustificare ogni mancato intervento navale e ogni sconfitta navale italiana, ma anche perché vi era la consapevolezza reale che fra le due marine avversarie esisteva un vero abisso nel campo dell’addestramento, essendo rimasto quello italiano ancorato agli schemi della prima guerra mondiale e condizionato dalla situazione meteorologica.61

Tutto ciò aggiungendosi alle “gravi conseguenze dello scontro di Matapan”, che tra l’altro dimostrò appieno anche le gravi lacune esistenti nel campo della collaborazione con l’Aviazione, finì, come ha scritto l’ammiraglio Angelo Iachino

60 Nei “Concetti generali di operazione da parte nostra”, fissati da Supermarina il 19 agosto 1939 con il Documento DI.NA. n. 1 (Disposizioni Navali n. 1), era stato previsto, in caso di “guerra di logoramento” contro la coalizione franco-britannica, di adottare un atteggiamento difensivo ad occidente e ad oriente, ed atteggiamento “offensivo o controffensivo al centro”, imperniando la manovra sul dispositivo del Canale di Sicilia. Tale concetto era stato poi ribadito da Mussolini nelle “Direttive strategiche” emanate l’11 luglio 1940, dopo la resa della Francia, con lettera n. 1239/Op. dello Stato Maggiore Generale (Comando Supremo). Cfr., Francesco Mattesini, Corrispondenza e direttive tecnico-operative di Supermarina, Volume primo – I Tomo, Ufficio Storico della Marina Militare, Roma 2000, Doc. n. 145, p. 481-482.

61 Francesco Mattesini, Lo scontro di Capo Bon (13 dicembre 1941), Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare, Roma, Settembre 1991, p. 51-145. Vedi anche il recente saggio dell’Autore Il giallo di Capo Bon. I retroscena inediti di un cumulo di errori, Dicembre 2019, nel sito Academia Edu.

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all’epoca Comandante della Squadra Navale italiana, per influenzare l’attività delle forze navali, “anche quando le circostanze apparivano per noi non del tutto sfavorevoli”.62

Avvenne così, che dopo aver evitato di dare il minimo disturbo alle operazioni di evacuazione britannica dalla Grecia, nell’ultima settimana di aprile, le forze navali italiane evitarono di intercettare il grande convoglio dell’operazione Tiger; e questo sebbene le notizie degli osservatori a Gibilterra e lungo le rive dello Stretto, e le intercettazioni radio-telegrafiche ne avessero preannunciato per tempo il movimento verso il Mediterraneo centrale. Fu infatti solo al mattino dell’8 maggio, con un ritardo di due giorni, che Supermarina, avendo ricevuto conferma dall’aviazione sui movimenti del nemico, decise di effettuare alcune misure di carattere difensivo. Ciò fu fatto nel corso della giornata disponendo la sospensione del traffico marittimo con la Libia, allertando le difese in Sardegna e in Sicilia, e mettendo in allarme le forze navali principali, alle quali furono impartite le seguenti disposizioni:63

- Approntamento in un’ora del gruppo di unità dislocate a Palermo costituito da quattro incrociatori della 8a e 4a Divisione Navale (Duca degli Abruzzi, Giuseppe Garibaldi, Giovanni delle Bande Nere, Luigi Cadorna) e dai cinque cacciatorpediniere Alpino, Fuciliere, Bersagliere, Maestrale e Scirocco.

- Approntamento in tre ore delle due corazzate della 5a Divisione Navale (Giulio Cesare e Duilio), presenti a Napoli.

- Approntamento in tre ore di tutte le unità presenti a Taranto, tra le quali primeggiava la grande e moderna corazzata Littorio che, con a bordo il Comandante della Squadra Navale, ammiraglio Angelo Iachino, si trovava già in mare per una esercitazione di tiro, scortata da cacciatorpediniere.

Nonostante le condizioni d’intervento fossero quindi favorevoli, per quel senso di eccessiva prudenza che, come abbiamo sottolineato, delimitò sempre negativamente durante l’intera guerra il comportamento dell’organo operativo dello Stato Maggiore della Regia Marina (Supermarina), le corazzate non solo non ricevettero l’ordine di uscire dai porti ma l’indomani ad esse fu ordinato di passare dall’approntamento in tre ore a quello normale.

Salparono invece alle 20.45 dell’8 maggio, ma soltanto a scopo precauzionale da Palermo, gli incrociatori Abruzzi, Bande Nere e Cadorna, con i cacciatorpediniere

Alpino, Fuciliere, Bersagliere, Maestrale e Scirocco, che vennero inviati a nord della Sicilia per svolgere fino al mattino del giorno seguente una inconcludente crociera di vigilanza che non poteva a priori avere nessuna influenza sui movimenti del

62 Angelo Iachino, Operazione mezzo giugno, Mondadori, Milano 1955, p. 154.

63 Archivio Ufficio Storico della Marina Militare, Scontri navali e operazioni di guerra, cartella n. 31 bis.

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convoglio Tiger nel Canale di Sicilia. Le unità rientrarono in porto a Palermo alle 09.45 del 9 maggio.64

Il sommergibile britannico Usk della 10a Flottiglia di Malta, che il 3 maggio 1941 affondò presso Capo Bon su mine dello sbarramento italiano S.11.

64 Due sommergibili britannici della 10a Flottiglia di Malta, che trovandosi in mare dovevano cooperare con la Flotta nei giorni dell’operazione Tiger, andarono perduto a causa delle mine posate dalle navi italiane: l’Usk (tenente di vascello Godfrey Paul Darling) il 3 maggio presso le coste tunisine di Capo Bon sullo sbarramento S.11; e l’Unduanted (tenente di vascello James Lees Livesey) il 13 maggio presso Tripoli. Il sommergibile Unique (tenente di vascello Antony Foster Collett), salpato da Malta, il 2 maggio, arrivato nella zona assegnata a sud dello Stretto di Messina con l’ordine di controllare la situazione del traffico in quel focale tratto di mare che collega lo Ionio al Tirreno, ricevette l’ordine di mantenersi a sud del 38° parallelo. Il mattino del 6 Maggio, alle 12.26, avvisto due incrociatori italiani che stavano entrando nello Stretto di Messina, e alle 13.25 un convoglio di cinque navi, ma non raggiunse la posizione favorevole di attacco. Il primo avvistamento riguardava gli incrociatori della 7a Divisione Navale Eugenio di Savoia; Emanuele Filiberto Duca d’Aosta, Muzio Attendolo e i cacciatorpediniere Antonio Pigafetta, Nicolò Zeno, Nicoloso da Recco, Alvise da Mosto e Giovanni da Verazzano; il secondo avvistamento riguardava il convoglio che la 7a Divisione stava scortando, partito da Tripoli e diretto a Napoli, costituito dai piroscafi tedeschi Marburg, Kybfels, Reichenfels e gli italiani Marco Polo e Rialto, con la scorta diretta dei cacciatorpediniere Fulmine e Euro, e le torpediniere Procione, Orsa, Centauro, Cigno e Perseo. Cfr., Submarines , Volume II, Mediterranean, pagina 32; Aldo Cocchia, La difesa del traffico con l’Africa Settentrionale, Tomo I°, USMM, Roma 1978, p. 134-136.

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Sopra l’incrociatore Giuseppe Garibaldi, della 8a Divisione Navale; sotto L’incrociatore Alberto da Giussano, nave ammiraglia della 4a Divisione Navale. Le due Divisioni salparono da Palermo l’8 maggio per una crociera di vigilanza a nord della Sicilia, conclusa il giorno dopo con il rientro in porto.

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Del comportamento tenuto da Supermarina in quell’occasione si dolse lo stesso ammiraglio Iachino, il quale il 18 maggio inviò una lettera personale all’ammiraglio Arturo Riccardi, Sottosegretario di Stato e Capo di Stato Maggiore della Regia Marina. Con essa, il Comandante della Squadra Navale denunciava apertamente “il senso di sconforto e di disappunto” provocato tra gli equipaggi delle sue navi”, “specialmente quando i bollettini ufficiali e le notizie stampa fecero conoscere quanto era avvenuto in quei giorni e magnificavano gli attacchi dell’aviazione e i risultati ottenuti”.65

Alla luce dei fatti dobbiamo però dire che i risultati dell’Aeronautica italiana furono ancora una volta insoddisfacenti. Infatti, nonostante gli equipaggi degli aerosiluranti, dei bombardieri e dei caccia avessero dichiarato numerosi successi, sostenendo di aver colpito due navi da battaglia, due portaerei, quattro incrociatori, un cacciatorpediniere e tre piroscafi, e di aver abbattuto ben quattordici aerei e otto probabili (vedi tabelle alle pagine seguenti),66 gli esiti complessivi si rivelarono in realtà assai deludenti, riducendo il tutto al danneggiamento con il bombardamento del cacciatorpediniere Fortune, e all’abbattimento di due caccia Fulmar. Un risultato modestissimo che fu per contro pagato con la perdita di otto aerei, sei dei quali in combattimento e due per una collisione.

Anche da parte tedesca, al contrario di quanto temuto dai britannici che non sottovalutarono mai le capacità offensive della Luftwaffe, i risultati del X Fliegerkorps e del Fliegerführer Afrika furono questa volta insolitamente deludenti, poiché il mancato rientro di otto aerei non fu confortato da nessun colpo a segno contro le unità navali del nemico, che erano in mare in numero rilevante.

Quanto ai britannici essi persero due caccia Fulmar della portaerei Ark Royal e ne ebbero danneggiati altri cinque nei combattimenti dell’8 maggio a sud della Sardegna. Più severe risultarono le perdite della Formidable, poiché oltre al mancato rientro di due Fulmar abbattuti da aerei tedeschi, la portaerei vide il numero dei suoi velivoli assottigliarsi di altri tre Fulmar e di due Albacore in seguito ad incidenti e ammaraggi forzati. Il che ebbe poi il suo drammatico peso nella successiva battaglia di Creta.67

65 Angelo Iachino, Operazione Mezzo Giugno, cit., p. 158.

66 Francesco Mattesini, L’attività aerea italo-tedesca nel Mediterraneo, Il contributo del “ Fliegerkorps” Gennaio-Maggio 1941, Seconda edizione riveduta e ampliata, Aeronautica Militare Ufficio Storico, Roma, 2003, p. 378-380.

67 Ibidem, p. 387-425. * La Battaglia di Creta iniziò il 21 maggio 1941 e si concluse il 2 giugno con grandi perdite per la Mediterranean Fleet, La Formidable che, a seguito dell’operazione Tiger, a causa della carenza di velivoli da caccia non poté scortare la flotta nei primi giorni di operazioni, fu in condizioni di salpare il 26 maggio da Alessandria per un attacco agli aeroporti di Rodi. In tale occasione, essa venne attaccata e gravemente danneggiata da due bombe da 500 chili sganciate in un attacco in picchiata dagli Ju.87 del II./St.G.2 (maggiore Walter Enneccerus) del Fliegerführer Afrika e per le riparazioni dovette lasciare il Mediterraneo, senza essere sostituita per mancanza di altre portaerei, impegnate in altri settori, fino alla fine di giugno 1943. Cfr., Francesco Mattesini, La battaglia di Creta maggio 1941. Il contributo italiano, nei siti Collana SISM e Academia Edu.

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AZIONI COMPIUTE DALLA REGIA AERONAUTICA L’8 e ) MAGGIO 1941-XIX CONTRO LA FLOTTA INGLESE - Dati di Superaereo

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AZIONI COMPIUTE DAL X C.A.T. [X FLIEGERKORPS]

L’8 – 10 – 11 MAGGIO 1941 CONTRO LA FLOTTA INGLESE - Dati di Superaereo

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Per contro i caccia degli Squadron 803° e 806° della Formidable si accreditarono l’abbattimento di sette aerei nemici, cifra che fu assai vicina a quella effettivamente conseguita dai Fulmar della portaerei, con la distruzione di quattro He.111 e due Ju.88. I caccia dell’807° e dell’808° Squadron dell’Ark Royal vantarono anch’essi sette vittorie, ma in effetti i loro successi furono assai più modesti riducendosi all’abbattimento di tre S.79 e di un Cr.42.

Inoltre un S.79 fu abbattuto dal fuoco navale, altri due si distrussero il 10 maggio durante il decollo per collisione avvenuta in Sardegna, un Cant.Z.1007 bis fu irreparabilmente colpito dai caccia della RAF dell’Egitto. Infine uno Ju.88 ed uno Ju.87 furono abbattuti dai caccia della RAF di Malta, che da parte sua ebbe distrutto un Sunderland per opera dei Bf.109.

Conclusioni

Lo storico britannico generale Playfair nel secondo volume della sua monumentale opera sulla guerra in Mediterraneo, riguardo ai motivi in cui ai britannici fu possibile ottenere il successo dell’operazione Tiger, ha scritto:

Il buon lavoro svolto dagli aerei da caccia e l’intenso fuoco antiaereo di bordo delle corazzate avevano contribuito molto a proteggere la Flotta ed il convoglio da ricognitori ed attacchi aerei. Sia gli aerei che i cannoni erano grandemente avvantaggiati dal fatto che un maggior numero di navi erano ora dotate di radar; le stesse apparecchiature radar erano state perfezionate e si era acquistata una maggiore esperienza nell’usarle.

Ma non può esservi alcun dubbio che le navi britanniche dovettero in buona parte l’essere uscite indenni al tempo fosco e nuvoloso, che era assolutamente insolito in quella stagione – anzi addirittura inaudito.

Né il Comandante in Capo, né alcun altra persona a piena conoscenza delle circostanze ebbero mai a credere che l’esperienza della Flotta a Tripoli ed il libero passaggio del convoglio Tiger potessero costituire la prova che la minaccia dall’aria fosse stata esagerata, ma piuttosto che ambedue le operazioni erano state4 aiutate dalla buona sorte.

Il fatto che l’operazione Tiger fosse stata particolarmente agevolata dalle cattive condizioni meteorologiche non poteva assolutamente giustificare lo scarso numero di attacchi portati a termine contro le navi britanniche dalle aviazioni italiana e tedesca. L’aver fallito il contrasto contro la Forza H nel Mediterraneo occidentale e contro la Mediterranean Fleet nel Mediterraneo centro-orientale era sintomo che stava a dimostrare come il X Fliegerkorps non si trovava più nella condizione di esercitare con la necessaria energia una pressante pressione sulla flotta britannica iniziata nel mese di gennaio 1941, e che nella Regia Aeronautica, nonostante l’entrata

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in servizio di un numero consistente di aerosiluranti, già disponibili o che erano in addestramento, perdurava un allarmante inconsistenza operativa.

Occorre però dire, a differenza di quello che ha scritto il generale Playfair che i ricognitori italiani della Sardegna e in parte anche quelli della Sicilia tennero sempre sotto controllo le navi mercantili e dei gruppi di scorta del convoglio dell’operazione Tiger. Quello che manco fu invece, ma questo per le condizioni atmosferiche, una maggiore attività delle formazioni offensive. Falli invece la ricognizione dei ricognitori tedeschi nel Mediterraneo orientale, che non avvistarono i gruppi navali della Mediterranean Fleet e i convogli che scortava finche non furono nelle vicinanze di Malta.

L’allontanamento dalla Sicilia del X Fligerkorps, nella seconda metà di maggio 1941, per trasferirsi in Grecia, portò la Regia Aeronautica a dover sostituire sugli aeroporti lasciati liberi dai tedeschi, numerosi reparti da bombardamento e da caccia, che avevano partecipato alla campagna di Grecia.

Fine maggio 1941. Il generale Archibald Wavell e l’amnmiraglio

Tuttavia le azioni contro Malta, in cui gli italiani dovevano affrontare negli Hurricane caccia più competitivi dei loro Mc.200, e Cr.42, nei mesi successivi la

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Andrew Browne Cunningham a bordo dell’incrociatore Phoebe rientrato da Creta con soldati britannici evacuati.

situazione della Regia Aeronautica non sarebbe migliorata, anzi andò peggiorando. Ciò fu ampiamente dimostrato durante il contrasto alle operazioni britanniche Substante (luglio) e Halbert (settembre) per rifornire Malta, in cui pur attaccando con maggiore vigore, specie con sempre più aliquote di aerosiluranti, da parte italiana fu confermata un’inferiorità tattica e tecnica che invece da parte del nemico si andava continuamente rafforzando con sempre più straordinari mezzi tecnici.

Nello stesso tempo da parte della Regia Marina continuava ad esistere la dannosa prudenza operativa, che alfine consenti al nemico di conseguire il pieno controllo nel Mediterraneo centrale, in particolare dopo l’arrivo a Malta della Forza K (incrociatori Aurora e Penelope a cacciatorpediniere Lance e Lively, che tra il 9 novembre e il 14 dicembre 1941, oltre ad affondare tredici navi mercantili e due cacciatorpediniere di scorta, misero in crisi tutto il sistema dei convogli italiani e tedeschi di rifornimento alla Libia.

I nostri saggi che hanno trattato quegli argomenti in Academia Edu, ne sono la lampante ed esaustiva dimostrazione.

FRANCESCO MATTESINI

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