STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO UFFICIO STORICO
LUIGI EMILlO LONGO
LA CAMPAGNA ITALO-ETIOPICA (1935-1936) TOMO I
ROMA 2005
P RESENT AZ IONE
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Le operazioni militari svoltesi in Africa Orientale tra il 1935 ed il J 936 nel quadro del conflitto italo-etiopico rivestono, sotto il profilo storico-militare, una notevole importanza, in quanto furono il risultato di una grande impresa soprattutto dal punto di vista logistico, riuscendo a far vivere, muovere e combattere un contingente europeo forte cli alcune centinaia di migliaia cli uomini in un ambiente particolan11ente ostico, creando dal nulla ed in pochi mesi la relativa struttura organizzativa. La campagna d'Etiopia, inoltre, sottolineò l'importanza di un principio che solo in apparenza potrebbe sembrare ovvio, ossia che la reale capacità offensiva e le annesse componenti di fuoco e di mobilità erano, allora come del resto oggi, direttamente condizionate da una preparazione accurata, senza false "economie", e nel cui ambito la logistica occupava certamente il primo posto. L'Archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito contiene, in merito alla campagna d'Etiopia, un'ampia serie di documenti riguardanti sia gli aspetti operativi sia quelli relativi alla sua fase di organizzazione e preparazione. Nel loro ambito, l'autore ha condotto una ricognizione "ad ampio raggio" che gli ha consentito una ricostruzione descrittiva dettagliata di quanto avveniva in contemporanea sui due scacchieri Nord e Sud della zona di operazioni sotto il comando rispettivamente dei generali Badoglio e Graziani. Dalla notevole mole dei documenti consultati nel suddetto archivio ed anche presso altre sedi archivistiche nazionali e straniere sono stati ricavati oltre 350 "allegati" afferenti i molteplici aspetti del conflitto, ivi compresi quelli politicodiplomatici che lo avevano preceduto, raccolti nel secondo dei due tomi che compongono l'opera. Questo minuzioso e dotto lavoro di ricerca e ricostruzione storica è firmato dall'impagabile Brig. Gen. Luigi Emilio Longo, brillante autore di importantissimi volumi di storia militare. Solo al suo inestimabi le contributo si viene oggi a colmare uno degli ultimi vuoti nella serie delle opere edite dall'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito relativamente alle guerre combattute dall'Italia nel periodo compreso fra i due conflitti mondiali. Il Capo dell'Ufficio Storico Col. Massimo Multari
INTRODUZIONE
Mancava a tutt'oggi, nel pur vasto catalogo delle opere edite dall'Ufficio Storico dello Stato Maggiore Esercito, un resoconto sulla campagna d' Etiopia svoltasi fra il 1935 ed il 1936, e consideriamo l'essere stati designati a colmare questo vuoto come un grande, reale privilegio, trattandosi di un vuoto tanto più rimarchevole quanto più si consideri che la campagna in questione, fra tutte le guerre combattute dall' Italia, seppe coagulare intorno a sé il massimo consenso, ancor più di quanto non fosse accaduto per la prima guerra mondiale, sentitamente voluta da una minoranza di inte.rventisti ma contro l'avversione degli altri e l'indifferente neghittosità dei molti. Eppure sulla campagna d'Etiopia. in questo secondo dopoguerra, è sceso un velo di silenzio, non solo a livello di pubblica discorsività ma anche in ambito storiografico, quasi a voler rimuovere un passato i cui presupposti non erano certamente iri aderenza con il clima poli tico in auge e con i relativi canali culturali. Al di fuori di qualche isolato tentativo letterario, pur valido ma destinato ad essere messo "fuori gioco" essendo il prodotto di autori non intruppati nel coro dominante di una certa ideologia, di quella campagna non si è parlato che in chiave di accusa, di denigrazione, di scomunica, nella stolida foia demonizzante di tutto quanto - buono o cattivo, condivisibile o meno che potesse essere - era ascrivibile al periodo intercorso fra il I 922 e iI 1943. Il tempo è indubbiamente un grande medico, e forse è un bene che certi argomenti trovino la loro doverosa ricollocazione solo nel momento più opportuno, allorché si vanno dissolvendo, se pur lentamente ed ancora non sempre agevolmente, la cortina di preordinata distorsione della verità ed il variegato mosaico di stereotipi e luoghi comuni. Abbiamo pertanto proceduto ad una ricostruzione della campagna italo-etiopica in chiave prevalenten1ente sto1ico-militare, così come si addice ad una pubblicazione edita da un Ufficio Storico cli forza annata, non trascurando peraltro anche gli aspetti politico-diplomatici che la precedettero e l'accompagnarono. Una particolare rilevanza è stata riservata, e non avrebbe potuto essere altrimemi, alla descrizione delle operazioni così come ai presupposti logistico-organizzativi che le resero possibili. La vittoriosa conclusione del cont1itto, infatti, non va riguardata tanto dal punto di vista precipuamente bellico, troppa essendo la discrepanza nei rapporti di forze fra le due parti in causa, quanto sotto l'aspetto logistico, espressione di un senso dell'organizzazione e di un'efficienza certamente molto poco italiche e che costituiscono il vero "fiore all'occhiello" di tutta l'impresa.
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La cam.pag,ia i1alo-etiopica. 1935-1936
La guerra è evento tale che né lode né biasimo la sfiorano; essa è, con la pace, momento complementare cd alternante nella vita dei popol i e dei singoli. È veramente uomo colui che non nega sé stesso all 'event.o-guen-a che coinvolge tutta la propria comunità, che accoglie in sé senza riserve e tutta intera la condizione umana. " .. .forsan et haec olim meminisse juvabit; forse un giorno potrebbe essere utile l'aver ricordato questi eventi", dice il poeta (*), e facciamo nostro l'auspicio, confidando che non si offuschi così il ricordo di quanti sono caduti laggiù, in terra cl' Africa. Non cercavano il rischio, non volevano morire e neppure ritenevano cli essere gl i scberani di un dittatore. C redevano cli essere i portatori d i una civiltà, gli alfieri di un ideale, assertori cli giustizia, combattenti del bene contro il male. Alcuni anni or sono un reduce di quella campagna ebbe a dirci: "Nessuno potrà convincere noi superstiti d 'aver 1.utto sbagliato, d'aver combauuto per nulla o, peggio, per una causa ingiusta finché in noi resterà il ricordo dei commilitoni che sono morti, dei loro sguardi, del loro sorriso, delle loro anime pulite". Alla loro memoria sono dedicate le pagine che seguono.
(*)Virgi lio.Eneide. libro I, v. 203.
ABBREVIAZIONI E SIGLE A.A. = Arma Aeronautica A.C.S . = Archivio Centrale dello S tato Aclcl. Aer. = Addetto Aeronautico Add. Mil. = Addetto M ilitare Adcl. Nav. = Addetto Navale aer. = aeronautico/a aiul. = aiutante aiut. batt. = aiutante di battaglia aiut. capo = aiutante capo I 0 aiut. = primo aiutante aiut. magg. = aiutante maggiore all. = allievo alp. = al pino/i amm. = ammiraglio A.O. = Africa Orientale A.O.I. = Africa Orientale Italiana art. = a1tiglieria, artigliere art. a cav. = artigl ieria a cavallo art. e.a.= artiglieria controaerea art. e.e. = artiglieria controcarro art. eia camp. = artiglieria da campagna art. eia fort. = artiglieria da fortezza art. eia mont. = artiglieria eia montagna art. d' A. = artiglieria d ' Armata a rt . cli C .A. = artiglieria cl i Corpo d' Armata A.S. = Africa Settentrionale a.s . = arabo-somalo asp. uff. = aspirante ufficiale ASD-MAE = Archivio Storico-Diplomatico de l Ministero Affari Esteri AUSSMA = Archivio Ufficio S torico Stato Maggiore Aeronautica AUSSME = Archivio U fficio Storico Stato Maggiore Esercito AUSSMM = Archivio Ufficio Storico Stato Maggiore Marina b.= Busta bers. = bersagliere/i brig. = brigata, brigadiere B.T. = Bombardamento Terrestre btg./btg.ni = battaglione/ni
btr. = batteria e.a. = controaerea/i C.A. = Corpo d'Armata CC.AA. = Corpi cl' Annata cal. = calibro camm = cammellato/i cann. = cannoni cap. = capitano cap. magg. = caporal maggiore capoman. = capomanipo lo capor. = caporale carab. = carabi niere/i cav. = cavalleria e.e. = controcarro/i cent. = centurione I0 cent. = pri mo centurione com.do = comando com. te = comandante cfr. = confrontare c.11. = camicia nera c .n. se. = camicia nera scelta c. sq. = caposquadra I0 c. sq. = primo caposquadra CC.NN. = Camice Nere col. = colonnello Comm. = Commissario Comm.to = Commissariato comp. = compagnia C.S.A.0. = Comando Superiore Africa Orientale contramm. = contrammiraglio corv. = co rvetta cpl. = complemento cr. g.v.m. = croce cli guerra al valor militare C.R. = Croce Rossa ct./CC.IT. = cacciatorpediniere/i C. V. = carro veloce Decr. = Decreto D.G. = Direzione Generale D.L. = Decreto Legge Del. = Delegazione D.D.L. = Disegno cli Legge
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La campagna italo-etiopica, 1935-1936
did. = didascalia D.M. = Decreto Ministeriale div. = divisione d. ftr. = divisione fante,ia D.S . = Diario Sto,ico D.T. = Direttore Tiro E. V. = Eccellenza Vostra er. = eritreo/a e.r.c. = elettro radio comunicazioni Ftr. = Fanteria F./fasc. = fascicolo f.f. = facente funzioni FF.AA. = Forze Armate FF.SS. = Ferrovie dello Stato freg. = fregata f.to = firmato G.a.F. = Guardia alla Frontiera G.d.F. = Guardia di Finanza gen. = generale gran. = granatiere/i Gab. = Gabinetto Gr. = Grnppo G.U./GG.UU. = Grande(i) UnitĂ h = ora/e HP = cavali i vapore idr. = idrovolante/i i.g.s. = incaricato grado superiore ili.le = illegibile ind. = indigeno l.N.L. = Istituto Nazionale Luce ippotr./i = ippotrainato/i Intend. = Intendenza km/h. = chilometri/ora kmq. = chilometro/i quadrato/i "L" = lanciafiamme Leg. = Legione I. ten. = luogotenente I. ten. gen. = luogotenente generale m./M. = monte mt. = metro/i M.A.E. = Ministero Affari Esteri magg. = maggiore magg. gen. = maggior generale m.a.v.m. = medaglia d'argento al valor militare m.b.v.m. = medaglia cli bronzo al valor militare
rn.o. v.m. = medaglia d'oro al valor nĂšlitare M.F. = Milizia Forestale mitr.ri = mitraglieri mot. = motorista m.s. = motosilurante M.T. = Milizia Territoriale M.V. = Munizioni e Viveri M.V.S.N. = Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale n. = nota n.d.a. = nota dell'autore nav. = navale naz. = nazionale n.b. = nave da battaglia o.d.b. = ordine di battaglia O.M. = oltremare O.A. = Osservatore dell'aeroplano O.C. = Osservazione e Collegamento O.C.l. = Ordine della Corona d'Italia O.M.I. = Ordine Mi litare d'Italia O.M.S. = Ordine Militare di Savoia op. cit. = opera citata opr. = operazioni p.c. = per conoscenza pers. = personale p.a. = posizione ausiliaria parac. = paracadutista/i, paracadutato p.a.s. = posizione ausiliaria speciale pii.= pilota P.N.F. = Partito Nazionale Fascista pos. = posizione presid. = presidiario prot. = protocollo q. = quota-quintale/i Q.G. = Quartier Generale R.A. = Regia Aeronautica R.E. = Regio Esercito R.M. = Regia Marina R.C.T.C. = Regio Corpo Truppe Coloniali Raggpt. = Raggruppamento rgt. = reggimento R.D. = Regio Decreto R.D.L. = Regio Decreto Legge Raggpt. A.S. = Raggruppamento Arabo-Somalo
Abbreviazioni e sigle
R.M.L. = Ricognizione Marittima Lontana R.M.S. = Ricognizione Marittima Strategica R.T. = Ricognizione Terrestre Rep. = Reparto R.P. = Riservato Personale R.R. = Riservatissimo RR.CC. = Reali Carabinieri r.t. = radiotelegrafista/i S. = segreto se.= scelto San. Mii.= Sanità Militare S.cl.N. = Società delle Nazioni S.(V.)E. = Sua (Vostra) Eccellenza sen. = seniore I0 sen. = primo seniore S.P.D.C.O. = Segreteria Particolare del Duce, Caiteggio Ordinario S.P.D.C.R. = Segreteria Particolare del Duce, Carteggio Riservato Sez. = Sezione s.i.d. = senza indicazione di data S.I.M. = Servizio Informazioni Militari S.M. = Sua Maestà S.M.C. = Stato Maggiore Centrale S.M.G. = Stato Maggiore Generale smg. = sommergibile/i S.M.R.A. = Stato Maggiore Regia Aeronautica S.M.R.E. = Stato Maggiore Regio Esercito S.M.R.M. = Stato Maggiore Regia Marina Sott.rio = Sottosegretario
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S.P.E. = Servizio Permanente Effettivo Sq.ne/i = Squadrone/i Sq. = Squadriglia s. ten. = sottotenente St. Magg. = Stato Maggiore s. St. Magg. = servizio di Stato Maggiore Sup. = Superiore S.V. = Signoria Vostra t.-tonn. = tonnellata/e T.C.l. = Touring Club Italiano ten. = tenente ten. col. = tenente colonnello ten. gen. = tenente generale torp. = torpediniera t.r.t. = telegrafista radiotrasmettitore t.S.G. = titolo Scuola cli Guerra uff. = ufficiale Uff. Add. = Ufficio Addestramento Uff. Inf. = Ufficio Informazioni Uff. Mob. = Ufficio Mobilitazione Uff. Orci. = Ufficio Ordinamento Uff. Pers. = Ufficio Personale Uff. Opr. = Ufficio Operazioni USSMA = Ufficio Storico Stato Maggiore Aeronautica USSME = Ufficio Storico Stato Maggiore Esercito USSMM = Ufficio Sto1ico Stato Maggiore Marina v.m. = valor militare vasc. = vascello v.c. sq. = vice caposquadra Ve. Eq. = Vestiario ecl Equipaggiamento Z.A.T. = Zona Aerea Territoriale
Cartina n.1- Suddivisione politico-militare dell'Etiopia (1935)
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PARTE PRIMA
LE PREMESSE CAUSALI ED ORGANIZZATIVE
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CAPITOLO I
GLI ANTEFATTI POLITICO-DIPLOMATICI
I - IL COLONIALISMO ITALIANO
FRA MITO E REALTÀ
La produzione storiografica relativa alle vicende politico-diplo1uatiche del contlitto italo-etiopico è senza dubbio ampia (1) e tale da non richiedere un 'ennesima, dettagliata ricostruzione cronologica di queg li eventi preliminari, per cui riteniamo invece più opportuno mettere selettivamente a fuoco alcuni aspetti caratteristici che, contrariamente a pedisseque e spesso strumentali interpretazioni, possano offrire al lettore, insieme ad una sintetica ma sufficiente esposizione dei fatti, anche una chiave di lettura meno scontata. L' interesse clell'ltalia nei confronti dell'Etiopia si inserisce in un contesto diplomatico e militare che aveva avuto inizio negli ultimi anni del XIX secolo e che pertanto, neg li anni Trenta di que llo successivo, era in atto da alcuni decenni. Dopo la sconfitta cli Adua ciel 1896 ed il precedente cli Dogali di nove anni prima (2), il governo .i taliano aveva ripetutamente cercato di farsi riconoscere dalla comunità internazionale una sorta di diritto di tutela nei confronti ciel territorio etiopico, e nel 1906 questo riconoscimento era stato sancito in modo parziale dal trattato stipulato con la F rancia e l'Inghilterra che definiva le rispettive aree di interesse politico ed economico sul territorio stesso. Questo attribuiva ai firmatari zone di influenza con implicita ammissione di possibili sviluppi di aJtro genere nell'eventualità cli rivolgimenti interni del Paese. L' Inghilterra era interessata al bacino del Nilo ed ai suoi affluenti, con la primaria importanza del lago Tana, sul
1 Per un quadro generale di queste vicende e riferendosi solo ad una bibliografia essenz iale, si rimanda a : Pig li M., " L'Etiopia nella politica europea con il testo cli tutti i trattati ed accordi", Padova, Ceda, 1936; Lessona A., "Verso l' Impero", Fi re nze, Sansoni, 1939: Vi Ilari L., "SI.Oria diplomatica de l conflino icalo-ctiopico", Bolognn, Zan iche lli, I 943; Walters F. P., "A History of Lhe League of Nations", Lo ndon, 1960: Cohen A., "L1 Société des Nations devant le conni t italo-ethio pien", GcnéveParis, 1960; Caioli A .. " J_; llalia di fronte a Ginevra", Roma, Volpe, 1965: De Felice R. , "Mussolini il Duce", voi. I (Gl i anni del consenso), Torino, Einaud i. 1974; Del Boca A., "Uli ita liani in Africa . La conquista dell'Impero", Bari, Laterza , 1979. 2 Ad Adua, il 1.3.1896. il corpo d i sped iz ione icaliano al co mando ciel gen . Barntieri subì una pesante sconfi na ad o pera delle soverchianti forze etiopiche, con perdite va lutabili intorno al 46% per gli ullic iali e ad oltre il 38% per i soldati. A Doga li, passo eritreo fra Massauil e Saati si tuato in una . una colonna guidata dal ten . col. De Cristoforis, accorstretta go la sulla via per Asmara, i I 16 . \ . 1887 sa in a iuto de l piccolo presidi o d i Saati assal it<i dagli abissin i, fu accerchiata e distrutta dopo un aspro combatti mento perdendo 420 uomini su 500.
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La C(lmpagna it(l/o-etiopica. 1935-1936
massiccio etiopico, dal quale traeva origine il Nilo Azzurro, la Francia mirava al retroterra de lla costa dei Somali ed alla fascia indispensabile per la costruzione e l'esercizio della ferrovia Gibuti-Addis Abeba, mentre all'Italia premeva l'hinterland dell'Eritrea e della Somalia così da consentire la loro unione territoriale ad Ovest di Addis Abeba (Ali. I). Comunque, stante la precarietà di un accordo già di per sé abbastanza vago e per di più contratto con due potenze che, a prescindere dalle firme sui trattati, avevano sempre gestito i proprii interessi in termini di assoluta spregi udicatezza, nel 1923 Mussolini aveva caldeggiato l'ammissione dell 'Etiopia alla Società del le Nazioni (3) con tutti i diritti ma anche gli obblighi conseguenti, così da porre questo Paese al riparo da ambizioni altrui. Il 2 agosto 1928 questa politica di appoggio, che Mussolini sperava ancora di trasformare in tutela, era stata sanzionata dalla stipula a Roma di un trattato di amicizia politica e commerciale con durata ventennale del quale l'altro firmatario era ras Tafari (AII. 2), all'epoca reggente del trono etiopico, bisognoso di sostegno nella rivalità che opponeva la propria leadership a quella degli altri ras (4 ). Uomo di notevole liuto politico, di acuta capacità di analisi e di una corretta e sottile intuizione della nuova posizione del suo Paese in relazione al mondo esterno, aveva effettuato nel 1924 un lungo giro nelle principali capitali europee (Parigi, Londra, Berlino, Roma) traendo, dai contatti avuti con i massimi esponenti degli ambienti politici ed economico-finanziari, la netta sensazione del come l' Etiopia fosse riguardata come un tenitorio arretrato, libero per caso, indipendente solo perché le grandi potenze erano gelose l'una dell 'altra e si sorvegliavano a vicenda. Ne aveva dedotto anche che ogni forma di indipendenia avrebbe potuto sopravvivere solo con il supporto delle anni, il che significava o una struttura industriale capace di fabbricarle ovvero la possibilità di una loro libera importazione. E l'Etiopia non disponeva né dell'una né dell 'altra.
3 La Società (o Lega) delle Nazioni fu istituita il 10.1.1920 e cessò praticamente di esistere il 1.9 .1 939 all'ini zio delle operazioni tedesche contro la Polonia. Membri originari furono la Francia. l' Inghilterra, il Giappone e l'llalia ed i 13 Stati rimasti neutrali durante la guerra. Ad essi se ne aggiungevano via via altri in seguito ad ammissioni approvate da 2/3 dei membri preesistenti, raggiungendo un mass imo di 55. G li Stati Uniti , sehbene ne fossero stati gli ideatori, rimasero fuori sin dal l'inizio, la Germania vi entrò nel 1926 e ne uscì ne l 1935 così come il Giappone mentre la Russia, ammessa solo nel 1934. ne fu espulsa nel 1939. Scopo fondamentale della Società era assicurare il mantenimento della pace intem,1zionale ed il suo ristabilimento, se rosse stata lllrbata, mediante la vigil anza e I'incervento colletti vo degli Stati membri operanti tramite gli organi societari. Questi erano l'Assemblea (che comprendeva le delegazioni di tutti g li Stati me mbri), il Consiglio . costituito da membri permanenti e temporanei. il Segretari ato e gli organi seuoriali specialiu,ati preposti alle varie questioni socio-econom iche. Francia cd Inghilterra rivcstirorono nella Socie1à delle Nazioni un ruolo di cos1an1e privi legio e pressione, s ia quali membri permanenti s ia perché riuscirono a fare del Segretariato, concepito inizia lmente come organo tecnico per l'at1ua1.ione de lle dclibera1.ion i asse mbleari , un influente centro di potere del quale l'Inghilterra mantenne la direzione dal 1920 al 1933 e la Franci a dal 1933 al 1940. 4 Tafari ( 1891-1 975), figlio di Ras Makonnen. governatore dell'Harrar e cugi no di Menelik Il , fu nom.in ato ras e princ ipe reggente il 27.9.1 9 16 e successivamente e levato al rango d i Negus il 7.10.1928. Il 2.11.1930 diventò Negus Ncghesti (Re dei Re, titolo dell' imperatore d·Etiopia: il capo di un regno sottoposto e ra semplicerneme Negus) con il nome di Hayla Sellase (Possenza della Trinità), trnscrizione esatta ri spcuo a quella più comune111~nte 110111 di Hailé-Selassié.
Gli antefatti politico-diplomatici
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È verosimile supporre che questo contatto con l'Europa gli avesse consentito una corretta intuizione della reale situazione del proprio Paese, e che cioè ben poche avrebbero pot1lto essere le possibilità di garantirne a lungo l'autonomia, al momento possibile solo grazie all'instabile equilibrio delle grandi potenze ed alla realtà storica di quel primo conflitto mondiale che, "distraendole", aveva differito di una decina d' anni il pericolo. Per fronteggiarlo, Ras Tafari adottò due procedure, l'ammissione alla Società delle Nazioni, sollecitata addirittura dall'Italia, e la ricerca di un accordo prop1io con quest'ultima. Ma il trattato di amicizia stipulato nel 1928 non dileguava l' ambiguità connessa, tanto per l'Italia guanto per l'Etiopia, alle rispettive posizioni sulle sponde del Mar Rosso. Noi, infatti, avremmo costituito una minaccia potenziale ma vitale per quel Paese, e saremmo stati a nostra volta oggetto di potenziale aggressione a carico dei nostri possedimenti eritrei e somali. Il che aveva una sua logica, dal momento che l'Etiopia non avrebbe mai potuto procedere verso una globale evoluzione socio-economica sino a che fosse stata alla mercè di potenze europee impegnate a privarla, soprattutto, delle armi indispensabili alla difesa; di conseguenza, a medio o lungo termine, sarebbe stata indubbiamente costretta a procurarsi uno sbocco al mare attaccando chi avrebbe potuto contenderglielo, specie allorché questo, come s'è detto in precedenza, fosse stato militarmente (e seriamente) impegnato sulla grande scacchiera europea. Per pervenire a ciò, doveva pertanto crescere ed irrobustirsi, ma in maniera progressiva, tale da non attirare diffidenze ed allarmi prematuri. D'altra parte, che l'Italia dovesse un giorno riprendere il cammino drammaticamente interrotto ad Adua era un fatto evidente: si poteva discutere sulla misura dell' intervento italiano, sugli obiettivi finali della nostra azione, ma non sarebbe stato logico negare che questa avrebbe, prima o poi, avuto luogo. L'impero del Negus, grande tre volte l'Italia, era l'ultimo territorio africano aperto alla colonizzazione europea (gli altri due Stati indipendenti o quasi, l'Egitto e la Liberia, erano, per ragioni diverse, fuori discussione). L'arretrato livello di vita nel quale stagnava privava l'Etiopia dei titoli che avrebbero potuto conferirle il diritto a conservare la propria indipendenza in un continente tutto coloniale ed a provvedere in modo autonomo al proprio sviluppo. Nonostante l'esito favorevole della richiesta di ammissione alla S.d.N. da parte dell'Etiopia, ottenuto anche per i buoni uffici italiani, ben pochi pensavano sul serio, a Ginevra ed altrove, che il nuovo membro potesse sottrarsi perennemente a concrete influenze colonizzatrici stante la propria improcrastinabile necessità di evoluzione economica e sociale. Candidate a questo compito avrebbero potuto essere solo tre nazioni, delle quali due, l'Inghilterra e la Francia, erano già padrone della massima parte dell'Africa mentre la terza, l'Italia, giunta per ultima ma con titoli validi nella gara coloniale, non possedeva, oltre alla Libia, che le due colonie dell'Africa Orientale la cui principale funzione, data la loro ubicazione geografica, sembrava essere non altro che quella di anticamera dell'Etiopia. In effetti, fino ad alcuni decenni prima prevaleva la tendenza a considerare l'Africa semplicemente come una proiezione sto1ica dell'Europa. In altre parole, l'Africa, questo grande continente composito ed ambiguo, aveva una storia, una sua civiltà, un suo passato ed un suo avvenire in quanto era vissuto e viveva nella scia e nell'ambito della civiltà europea; fuori di essa non c'era che il vuoto, l'incultura, il "selvaggismo". L' immagine di un'Europa che dà e. di un'Africa che ri-
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La campagna iralo-etiopica, 1935-1936
ceve, oggetto e non soggetto di storia, di un continente rassegnato e primitivo incapace di organizzarsi e di svilupparsi da solo, da sfruttare e da evangelizzare e tenere sotto tutela perpetuamente, teso a ricopiare il modello europeo e ad adattarvisi, e di un'Europa al centro del mondo per cui la storia dei rimanenti popoli era subordinata a quella dei popoli europei ha accompagnato la "scoperta" moderna dell' Africa fin dai primi tempi della colonizzazione bianca. Questa fu anch'essa, come quella mussulmana e di altri gruppi etnici, una dominazione imposta da una minoranza straniera razzialmente e culturalmente diversa ma che, per quanto brutale e dura possa essere stata, non raggiunse mai la crudeltà e l'oppressione di quella araba sui territori del Sudan o quella di altre razze negre su popolazioni diverse. Pur con tutti i suoi aspetti negativi e le sue storture, nel giro di poco più di un secolo essa accelerò enormemente l'evoluzione storica del continente. Per quanto attiene in particolare all'espans.ionismo italiano del XIX e XX secolo, esso appartiene in toto a quel fenomeno storico più vasto che è unanimemente denominato l' età dell'imperialismo, ed ancora più specificamente dell' " imperialismo dell'ultimo arrivato", dell' "imperialismo straccione". Si tratta peraltro di definizioni su base grossolanamente ideologica e con intenti satireggianti, certamente poco idonee all'interpretazione storica, così come quelle altre terminologie parimenti ideologiche e fondamentalmente retoriche che vedono l' espansione coloniale italiana come prodotto ciel tutto naturale dell'azione vitale di una grande, antica e pur g iovane potenza. La mistificazione ideologica, nel primo caso nùnimizzando il peso e la realtà storica del regno d'Italia, nel secondo ingigantendolo oltre ogni ragionevole misura, è una sola medaglia falsa con due facce contrapposte ed egualmente truccate. Il fenomeno coloniale italiano dal 1.861 al 1943 riveste invece un ruolo importante sia come evento nazionale sia, in alcuni momenti, come una delle pedine nello scacchiere internazionale. L'Italia ha combattuto in Africa le due più grandi guerre coloniali dell'imperialismo nella sua fase espansiva, la guerra italoturca del 1911- 1912 e quella italo-etiopica del 1935-1936. Entrambe si collocano in momenti delicati nel quadro dei rapporti internazionali, all'antivigilia delle due guerre mondiali, eppure la storiografia dell' ltalia contemporanea non dedica lo spazio dovuto al fenomeno coloniale, che è appena accennato o trattato in termini manichei, mentre è pressoché ignorato l'aspetto africano del problema. Solitamente i ri ferimenti all'espansione coloniale si riducono infatti alla menzione di alcuni eventi militari o diplomatici, poiché ci si ostina a concepire l'espansione coloniale e le sue vicende come una mera proiezione della politica estera e di quella militare quando addirittura non le si presentino come un escamo1age esterno a problemi interni . Se si esamina il fenomeno imperialistico italiano non solo nell'ambito internazionale ma anche in riferimento ai tempi ed alle modalità dell'evoluzione unitaria nazionale, alla creazione dello Stato ed alla società dopo il l 86 I, si puè> concludere come il "ritardo" italiano è certamente un dato di fatto ma non è comunque riconducibile alla sola politica coloniale, rappresentando piuttosto un fattore di carattere generale che accompagna la nascita e lo sviluppo dello Stato unitario indipendente. Il fattore primario dell 'espansionismo coloniale italiano va identificato pertanto in un .intento politico, nella convinzione che uno Stato europeo, sia
Gli antefaui politico-diplomatici
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pure di livello medio quale certamente era il regno d'Italia a cavallo fra gli ultimi decenni dell'Ottocento ed i primi del Novecento, che ambisse ad avere un certo peso in sede internazionale, dovesse dispo1Te di possedimenti coloniali. 1 govenù liberali avevano lasciato in eredità molte direttrici di possibile espansione: il Mar Rosso, illlanzitutto, con lo Yemen e l'Arabia Saudita da un lato e l'Etiopia dall'altro; il Medio Oriente con l'Egitto ed il Levante (Palestina, Transgiordania, Si.ria ed Iraq) in secondo luogo; poi Malta ed infine il Mediterraneo occidentale dalla Balcania (Albania e Grecia) alla Spagna (5). Nel proprio corso storico, pur accanto ad evidenti motivi di continuità, il fenomeno coloniale italiano subì un notevole incremento con il consolidamento totalitario ciel fascismo al potere (All. 3). Per quanto riguarda l'imperialismo coloniale fascista, nell'arco di tempo fra il 1922 ed il 1940 è opportuno individ uare tre distinte fasi cli per sé in grado di forn ire adeguate chiavi di lettura: l ) gli anni della transizione (1922-1926); 2) gli anni della definizione (1927- 1936); 3) gli anni del la maturità e dell'apogeo (l 9361940). Nel primo periodo il governo fasc ista non adottò idee nuove nella politica coloniale. L'unica novità era costituita dall 'esistenza di un "governo forte" del quale era coerente espressione la politica di Luigi Federzoni, ministro delle Colonie dal 1922 a l 1924 ed ancora dal 1926 al 1928, che mise in atto una politica dura nei rapporti con gli indigeni. Lo stesso accordo con l'Inghilterra del dicembre 1925 più che da Mussolini fu voluto da Londra nel quadro di un proprio complesso gioco di interessi. In questo periodo Palazzo Chigi perseguì sostanzialmente una pol itica di amicizia verso l' Etiopia, e se a volte nell'atteggiamento italiano era rilevabile qualche sbandamento ciò andava riferito essenzialmente ad una certa diversità di vedute tra il ministero degli Esteri e quello delle Colonie. Né questa valutazione complessiva può essere massa in dubbio dalle istruzioni impartite da Mussolini al ministro delle Colonie Lanza di Scalea il 10 luglio 1925:
"Prepararci militarmente e diplomaticamente ad approjìuare di un eventuale sjc.1sciamento dell'impero etiopico.. . Nell 'attesa, lavora.re in silenzio, sin dove sia possibile in collaborazione con gli inglesi, e cloroformizzare il mondo L~fficiale abissino " (6). Queste istruzioni, infatti, non solo rientravano nella piena normalità del la politica coloniale del tempo ma vanno giudicate sulla base dei preparativi fatti per
5 Quartararo R., .. Roma fra Londra e Berl'ino. La poli ti ca estera fascista fra il 1930 e il 1940", Roma, Bonacci, 1980, pagg. 31 -33. 6 Cfr. Carocci G., "La politica estera dell' Italia fascista", Bari, Laterza, 1969 e "Appunti sull'imperiiùismo fascisia negli anni Venti", in : "Studi Storici" 1/1967, pagg. 11 3 e sgg. - La tradjzione africanista era sta111 man1enuta viva nel ministero degli Esteri da un grande diplomatico e patriota, Salvatore Contarini, ed insieme con lui dal più grande africanista che l' Italia abbia avuto in quel periodo, Jacopo Gasparin i. già governatore della nostra colonia eritrea. La tradizione di Contarinj e di Gasparini venne raccolta da un giovane diplomatico di rara intel ligenza ed abilitì1, Raffaele Guariglia, i.I quale fu per selle anni, dal 1925 al 1932, stretto e prezioso collaboratore del ministro degli Affari Esteri Dino Grandi e che sarebbe stato egli stesso titolare di quel dica,tero dopo il 25 luglio 1943. se pur per breve tempo. A questi tre uomini si dovevano in nwssi ma pane gli accordi italo-inglesi del 1925 sull' Etiopia, con ·i quali l' Inghilterra accettava la meaadria con l' Italia nell'influenza sui te11·itori dello Yemen e della penisola arabica (cfr.Cavicchioli S .. "L'Impero fu formato grazie all'Inghilterra.., in "Domenica del Corriere" del 23. 1.1968).
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approfittare dell'eventualità alla quale si riferivano e che in realtà erano praticamente inesistenti. Basti pensare che fi no al 1931 le forze italiane in Eritrea ed in Somalia furono scarsissime (alla fine del 1931 non arrivavano ad 8000 uomini fra coloniali ed indigeni), le vie di comunicazione del tutto rudimentali e che intorno al 1930 gli stanziamenti militari per l'Eritrea erano stati addirittura ridotti. Questa fase ebbe il suo compimento con la visita ufficiale che Mussolini effettuò in Libia nell 'aprile del 1926, che costituì un evento importante dal momento che per la prima volta un capo del governo italiano visitava una colonia. Lo stesso MussoliJù, con i suoi discorsi ed i numerosi interventi pubblici, scandì le tappe del viaggio conferendogli una marcata valenza politica. Il governo fascista esprimeva, attraverso l'attivismo personale del suo capo, quell'attenzione coloniale che era ancora prevalentemente una proiezione della politica dello "stato forte" e della nuova immagine, proiettata all'interno ed all'estero, di ordine e di efficienza. Con la seconda fase si delinearono con sempre più spiccata evidenza i caratteri di un colonialismo fas cista, sia a livello ideologico e programmatico che nella concreta azione politica, economica e militare del regime. Questo orientamento nuovo prese corpo attraverso l'elaborazione di strategie coloniali diverse (che privilegiavano ora l'area del Mar Rosso, ora l'Africa Orientale, ora l'una e l'altra insieme, Yemen ed Etiopia, il Mediterraneo Orientale, l'Africa Settentrionale) sulla base di confuse formulazioni di interessi italiani, qui e lì, in Af1ica e nel Mediterraneo, mentre apparve sempre più marcata la tendenza all'espansione, non solo nei vertici delle gerarchie fasciste ma anche della burocrazia diplomatica e coloniale. Si dette anche inizio a tentativi d ' infiltrazione in Etiopia. Alla Legazione italiana di Addis Abeba ed al Consolato di Dire Daua fu rono aggiunti nel 1932 alu·i quattro nuovi consolati nelle regioni settentrionali ed occidentali dell'altopiano, a Gondar, Adua, Debra Marcos e Dessié. A ragione gli etiopici sospettarono di quella mossa, perché in quelle zone non v'erano né commercianti né coloni italiani e pertanto non c'era alcun bisogno di rappresentanze consolari (7). Per Mussolini, comunque, il problema etiopico se era all'ordine del giorno non era però ancora entrato nella fase matura della pratica risoluzione. Ed infatti sino al 1934 nulla fu Fano che possa essere considerato un ulteriore passo sulla via della concreta decisione di agire in tempi
Gasparini aveva fauo dell'Africa Orientale il centro della propria attività e dei propri interessi, inclusi quelli imprenditoriali, configurandosi come un'autentica figura di colonialista sullo stampo di quelli inglesi, francesi ed olandesi, un realizzatore con una concezione essenzialmente pragmatica dell'amministrazione coloniale intesa come una necessità politica, senza gesuitici orpelli pseudouma,ùtari, da attuarsi non con il puro esercizio della for,,a ma nel quadro dell'milità reciproca di rapponi fra il dominatore e la popolazione locale. Per un profilo biografico generale del personaggio ed una sintesi della sua attività anche fuori dai canoni onodossi, cfr. Goglia L., "Un aspetto dell'ai.ione politica italiana durante la campagna d'Etipopia 1935-1936: la missione del senatore Jacopo Gasparini nell' Amhara", in: "Storia Contemporanea", 4/1977, pagg. 791-822; cfr. anche Del BocaA., op. cit., pag. 148. 7 Nel giugno 1932 un colonnello dell'E.~crcito italiano, Alfredo Peluso. già comandante a Massaua, fu ucciso in un incidente sulle rive del lago Tana. Egli svolgeva un lavoro di agente politico del nostro governo e la sua atti vità nell 'Etiopia occiden tale, nel corso del biennio precedente, era stma tale da provocare preoccupazione fra gli inglesi i quali ,•olcvano mantenere libera dal controllo italiano la regione attorno al predetto lago (Baer W., "La guerra italo-etiopica e la crisi dell'equilibrio europeo··. Bari, Later2a, 1970, pag. 31).
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brevi. Salvo - e questo, se è una conferma dell'interesse di Mussolinj per l'Etiopia, è anche una conferma dei tempi relativamente lunghi sui quali egli pensava di muoversi - avviare un po' a tutti i livelli una campagna politico-propagandistica volta a dare maggiore autorevolezza alle rivendicazioni colo1ùali italiane, a sensibilizzare l'opinione pubblica interna ai problemi coloniali e ad orientarne l'attenzione verso l'Etiopia. Ma la vera "svolta" nella politica coloniale fascista si sarebbe avuta fra il 1935 ed il I 936 con la campagna militare in quel territorio, la cui conquista rappresentò il salto di qualità dell'imperialismo coloniale nazionale, il che fece assumere all'Italia le connotazioni di grande potenza dotata ormai di un impero africano più vicino agli ordini di grandezza franco-britannici. Per completare il discorso sul colonialismo italiano, va ricordato come un'ultima sua caratteristica che esso no n terminò attraverso un processo politico di decolonizzazione né attraverso una lotta armata di liberazione nazionale, ma viceversa ebbe fine per cause esterne e cioè in seguito alla sconfitta dell' Italia nella seconda guerra mondiale, preceduta dalla perdita sul piano militare di tutto il suo impero coloniale. Secondo l'equilibrata e corretta analisi di Goglia (8) questo dato di fatto, privando l'Italia di un duro confronto politico e molto probabilmente anche militare con le popolazioni delle ex colonie, ha contribuito nel dopoguerra ad incrementare la versione coloniale dell' "italiano buono", che è un vero e proprio mito nazionale di compensazione:
"È un mito,cioè, che Jàcendo mostra di affermare una superiorità morale italiana, e~presso spesso con piagnucolosa arroganza, nasconde - e neanche troppo bene - una gaglioffa retorica ed un reale senso di ù1feriorità verso altri popoli ai quali sono comunemente riconosciute virtù civili ben più serie ed importanti per la vita di una comunità nazionale. Un mito infelice e squallido che appartiene in misura varia alla maggioranza degli italiani e che attraversa trasversalniente tutto lo schieramento politico culturale,dt1.lla sinistra, al centro, alla destra". L'italiano, conclude Goglia, non fu un colonialista buono, fu un colonialista e basta, diverso dagli altri colonialisti nella misura in cui ci sono differenze culturali e comportamentali fra i popoli. E la storia non conosce popoli buoni e popoli cattivi; è infanti le, nella migliore delle ipotesi, immaginare aggregati umani di decine e decine, talvolta centinaia, di milioni di esseri umani con un comune denominatore morale. Il colonialismo italiano è stato ciò che si voleva che fosse nell'interesse dell'Italia, e come tale innanzitutto si è sviluppato.
2 - LE RAGIONI DI UNA GUERRA L'impresa italiana in Etiopia fu un'improvvisazione determinata in gran pa1te da uno stato di necessità e dallo svolgersi di circostanze imprevedute. Vari storici sia italiani che stranieri hanno sostenuto che la vera ragione dell'iniziativa mussoli1ùana nei confronti dell'Etiopia andrebbe ritrovata nella grave situazione e nelle contraddi8 Goglia L.. "Profilo del colonialismo italiano", in: Atti del Convegno "Il Colonialismo" (Roma, I8.XI.1996); cfr. anche Goglia L., Grassi F., "Il colonialismo ita.liano da Adua all'impero", Bari, Laterza, 1993 e Zaghi C., "L'Africa nella coscien7,a europea e l'imperialismo italiano", Napoli, Guida, 1973.
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zioni economico-sociali dell'Italia nel 1934- 1935. Tn questo senso, ad esempio, si sono pronunciati Catalano, Rochat e Baer. Secondo Catalano la "grande crisi" del 1929-1930 era stata ed era così duramente sentita dall' Italia che per fronteggiarla sarebbero stati necessari energici provvedimenti che Mussolini ed il suo governo non volevano e non potevano adottare. Tra questi, innanzinitto, una svalutazione della lira, che il Duce rifiutava in assoluto. Da qui la scelta, logica ed obbligata, della guerra: solo la strada ciel riarmo, infatti, avrebbe potuto rimettere in moto il sistema economico italiano mediante le commesse belliche alle industrie (9). Sulla stessa linea interpretativa, Rochat da un lato ha parlato anche lui della guem1 d'Etiopia come cli un'operazione cli Mussolini che si inseriva nella sua politica di inte1venti economici a fondo perduto, destinati a vivificare per un certo periodo la produzione, e dall'altTO l'ha vista come un'esigenza di rilanciare il regime scosso dalla crisi economica attraverso una mobilitazione di massa per un conflitto di vaste dimensioni e cli sicuro e travolgente successo. Ciò che premeva a Mussolini sarebbe stato "tonificare" le masse italiane, rilanciare propagandisticamente il regime, ricreare quel clima cli mobilitazione nazionale nel quale sarebbe stata più facile la compressione delle classi popolari e l'esaltazione fine a sé stessa della media e piccola borghesia (1°). Né il commento di Baer è molto diverso: anche per questi l'aggressione all'Etiopia sarebbe stata sostanzialmente dettata da ragioni cli ordine interno connesse alla crisi economica ed al fallimento della politica sociale fascista (1 1), un' interpretazione, almeno per quanto concerne quest'ultimo aspetto, invero pereg1ina e disinvoltamente mistificatoria nonostante l'autorevolezza dello studioso. Altri storici ha11110 visto il problema in modo parzialmente od anche radicaJ mente diverso. Alcuni, e non solo fra gli italiani, si sono rifatti essenzialmente al carattere imperialista, accesamente nazionalista e colonialista che, secondo loro, avrebbe costituito la radice primaria o quanto meno una delle radici più caratterizzanti del fascismo. Tn questa prospettiva, era ovvio che Mussol ini aspettasse da sempre l'occasione di realizzare l'impero attraverso l'Etiopia, sia perché era rimasto l'u1ùco Paese africano clispo1ùbile e sia perché rappresentava per gli italimù un problema che affondava le sue radici nel profondo della coscienza nazionale (almeno a livello del ceto elitruio e dirigenziale) così come per i francesi quello cieli' Alsazia e della Lorena tra il 1871 ed il 1914. Un problema di fondo, una ferita sempre ape1ta. Era ovvio, penanto, che quando Mussolini, dopo gli accordi con Lavai, credette che l'occasione fosse finalmente ,mivata, si impegnasse alacremente per non lasciarsela sfuggire ( 12). Altri hanno associato questa interpretazione a quella emersa, anche se in un contesto diverso, dalle affermazioni di Rochat e di Baer, e che cioè la guerra d'Etiopia sarebbe stata voluta eia Mussolini perché rispondeva, a parte il carattere impe1ialista ciel fascismo, alle sue esigenze di prestigio e di successi rilevanti sui
9 Cat<1lano F., " L' econom ia ital.iana tli guerra (J 935- J 943)", Milano, Istituto Naiionale per la storia del mov imento d i liberazione, J 969, pag. 3 e sgg. 10 Rochat G., "Militari e po litici nella campagna d' Etiopia. Studi e documenti 1932- 1936". Milano, Franco Angel i, 197 1. pag. I 03 e sgg. 11 Baer G. W., op. ci t. , pag. 39 e sgg. 12 Gallo M., "L'affaire d ' Ethiop ie aux origincs dc la guerre mondiale ", Paris, Editions du Ccnturion, 1967, pag. 113 e sgg.
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quali basare il proprio ascendente sulle masse ed il proprio potere personale. Emblematica in questo senso la posizione di Chabod, che interpreta la questione come una motivazione in chiave essenzialmente politica imperniata sullo sviluppo della potenza dell'Italia, vista come un tutt'uno con quella personale, concludendo come ciò non fosse che la legge fondamentale delle dittature, ovvero il successo all'esterno quale compensazione della limitazione o della perdita della libertà all' interno ( 13). Secondo De Felice, spiegare la guerra d'Etiopia sulla base della situazione economica italiana fra il 1934 ed 1935 è arbitrario e riduttivo. Quando Mussolini prese la decisione, la c1isi come si è visto si era già attenuata ed era anzi in fase di superamento, il che rende impossibile stabilire una relazione fra il rilancio congiunturale dell'economia italiana ed il conflitto in temt cl' Africa. Allo stesso modo, è impossibile sostenere che il regime si trovasse in difficoltà o addirittura dovesse temere la possibilità di una crisi di credibilità interna dal momento che, a livello di consenso popolare di massa, stava vivendo la sua fase ottimale e quindi se qualcosa poteva paventare era proprio che tale consenso, al limite, potesse essere incrinato dalla prospettiva di una guerra con tutte le implicazioni in negativo che questa avrebbe potuto comportare. Alla stessa maniera, anche le spiegazioni incentnìlc sul carattere marcatamente nazionalista ed imperialista del fascismo e sulle esigenze di prestigio personale del Duce sembrano essere alquanto labili. Dato infatti per scontato il ruolo di entrambi i predetti fattori, resta tuttavia il fatto ben preciso, e per De Felice detenninante, che l'impresa etiopica poteva sì esaltare al massimo Mussolini ed il fascismo sul piano interno ma poteva parimenti determinarne il crollo e con esso la riduzione dell'Italia ad un livello balcanico. E ciò sicuramente non poteva sfuggire alla valutazione di Mussolini, specie in un frangente nel quale il regime era solido e non sussisteva quindi la necessità di giocare il tutto per tutto per tenerlo in piedi, così come la globale situazione internazionale non si presentava compromessa e dicotomica in modo tale da obbligare il capo del governo ad una decisione così impegnativa ed improcrastinabile. Da qui la convinzione cli De Felice, che conclivicliamo pienamente, del come sia impossibile cercare la spiegazione della guerra d' Etiopia solo in motivi di politica interna. Questi indubbiamente non possono essere né negati né sottovalutati, sia a livello ideologico-culturale, sia a livello psicologico; la spiegazione di fondo, quella che veramente permette di comprendere la logica della decisione mussoliniana va perciò ricercata non in motivi di politica interna ma, essenzialmente, in motivi di politica estera. Va ricercata nella convinzione che Mussolini aveva maturato che solo in quel momenw nessuna delle grandi potenze gli avrebbe potuto impedire di espandersi in Etiopia, e che dal loro comportamento di fronte alla sua iniziativa egl i si sarebbe pot11to fare un'idea precisa per il futllfo ciel loro reale atteggiamento non solo verso l'Italia ma anche verso il fascismo ( 14). A prescindere dalle ragio11i di carattere interno, che l' Italia avesse freddamente progettato la conquista militare dell'Etiopia al solo fine di estendere i propri possedimenti coloniali è comunque azzardato affennarlo, così come sarebbe privo di senso ritenere che la più grande campagna coloniale deUa storia non abbia davvero avuto altro movente che le provocazioni etiopiche. Si può essere oggi abba~tanza sereni per cerca13 14
Chabod M., ''L'Italia contemporanea (1918- 1948)", Torino, Einaudi, 196?, pag. 91 e sgg. De Fe lice R., op. cit., pagg. 6 10 -614.
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re fra quegli estremi una verità intermedia sulla quale la moderna storiografia possa concordare. È naturalmente vero che da Cavour a Mancini, da Ctispi a Mussolini l'Italia si era interessata dell'Etiopia e che, quando aveva potuto farlo, aveva agito politicamente e militarmente per assicurarsi ora un'influenza determinante, ora il dominio diretto su di essa; ma non si può negare che, avendo acquisito in Etiopia deglj interessi legittimi e possedendo due colonie poste ai confini dell'impero negussita, il nostro Paese avrebbe dovuto rassegnarsi a non sviluppare mai quegli interessi ed a vede.re un giorno la sicurezza di quelle nostre colonie minacciata dagli etiopici i quali non nascondevano la loro ambizione, all'epoca certamente sovradimensionata, di aprirsi uno sbocco al mare. Ma il pericolo che la Somalia e l'Eritrea potessero a non lunga scadenza subire attacchi etiopici era avvalorato, più che dalle scorrerie e dai colpi di mano, dalle particolari cure che il governo del Negus andava dedicando alla modernizzazione dell'esercito con l'ausilio di istruttori europei, in patticolare belgi e svedesi. Quanto sopra trovava conferma in un rapporto infonnativo trasmesso al S.l.M. alla fine del 1930 dall'addetto militare italiano ad Addis Abeba secondo il quale il numero di anni che risultava disponibile in Etiopia in base ai dati che erano conosciuti in Eritrea, in Somalia ed al S.I.M. fosse inferiore di molto alla realtà. Calcolando che la popolazione dell'Etiopia superava i 10 milioni, si poteva affem1are che circa il 25% fosse di uomini atti alle armi, pari cioè a due milioni e mezzo. Non era esagerato ritenere che in Etiopia esistesse un numero di fucili che superava forse i due milioni e certamente di molto il milione. Dopo una dettagliata esposizione relativa ai diversi contingenti di annati ed alla loro dislocazione, l'addetto militare calcolava un totale di circa 480.000 fucili distribuiti ad essi dal governo e dai capi. Aggiungendovi i fucili immagazzinati nei depositi governativi, che l'ufficiale stimava intorno ad un milione, si raggiungeva il numero di circa un milione e mezzo; tenendo altresì conto dell'ingente massa di armi in possesso dei privati, la cifra di due milioni da egli adombrata si rivelava addirittura in difetto. La maggior parte dei fucili era di vecchio modello, e probabilmente una parte di essi non più in condizioni di garantire un buon funzionamento, ma non mancavano anche modelli di tipo recente delle marche più diffuse. Per quanto riguardava le mitragliatrici, quelle pesanti (tutte in mano al governo ed ai ras) si potevano calcolare in qualche centinaio, mentre quelle leggere si avvicinavano al migliaio ( 15). Un punto debole era rappresentato 15 Nel marzo 1929 il ministero italiano della Guerra aveva venduto al governo etiopico una prima fornitura di anni: 1000 moschetti, 24 mitragliatrici, 2 milioni di cartucce. Il tutto per un costo di ! . 510.000 cui si aggiungevano le spese di imballaggio e di trasporto fino a Napoli e poi da lì a Gibuti pari a!. 47.035. Il totale, a debito dell'Etiopia, corrispondeva così a L. 557.305, cifra che risulta da una nota del 23 aprile 1930 indirizzata dal governo italiano al Negus Tefferi Makonnen. Nell'agosto 1930 il governo etiopico riceveva dall'Italia una seconda fornitura di materiale bellico: 4.000 fuci li, 1 milione di cartucce, 50 rivoltelle, il tutto per una cifra di f. 1.228.300 cui si dovevano aggiungere le spese di spedizione pari a f. 120.443, 70 che portavano il totale a f. 1.348.743,70. li governo italiano concedeva a quello etiopico di pagare ratealmente il debito entro il maggio del 1931. Va notato che il 21 agosto 1930 i governi italiano, francese ed inglese si erano accordati nell'impegno di non fornire anni all'Etiopia. I fucili acquistati dal governo di Addis Abeba, anni di precisione a cannocchiale, non erano in uso nemmeno da paite delle tmppe scelte del Regio Esercito. Risulta che l'ultima rata venne pagata il 9 febbraio 1934 (Ali. 4). Dopo tale daia cessò ogni pagamento, e l'Etiopia aveva ancora un debito di !. 843.102,59 che sarebbe restato inevaso ("La Resistenza Bresciana", Rassegna di Studi e Documenti, Brescia, Istituto Storico della Resistenza Bresciana-Fondo G. Bianchi-aprile 1996).
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dalle munizioni, piuttosto scarse, valutabili in media da 100 a 200 cartucce per fucile. Ad ogni modo anche per esse, come per alcuni tipi di anni, sopperiva la fiorente attività del contrabbando con provenienza da varì Paesi e con scalo tenninale a Gibuti. 11 rappo1to si concludeva con una precisa descrizione numerica e qualitativa delle armi e munizioni presenti nel ghebbì privato del Negus ed in quello imperiale (1 6) . Un altro interessante rapporto dell'addetto militare era quello che, sette mesi dopo, descriveva fra l'altro l'atteggiamento politico delle varie nazioni che avevano in Addis Abeba una rappresentanza diplomatica e che era così riassunto: "Gli Stati Uniti continuano la loro opera che ho già definito filoabissina; l'Inghilterra.finge disinteresse. E forse ha ragione, perché è 1neno dannoso il disinteressamento che l'interessamento impotente. Il Belgio non ha interessi e tira avanti tranquillo. la Francia è irritatissima. la su.a politica fi· loetiopica ed antieuropea si è mostrata come fatta in pura perdita".
La relazione si concludeva con un giudizio decisamente lusinghiero in merito alla personalità dell'imperatore ed alla lungimiranza della sua azione politica e sociale, che si correlava con una valutazione allarmistica circa la globale potenzialità che l'Etiopia avrebbe potuto esprimere a breve-medio termine ( 17) . 3 • COME SI GIUNSE AL CONFLITTO
Come si è detto all'inizio, sono ormai generalmente note, nelle loro linee essenziali, le modalità attraverso le quali si giunse al contlitto italo-etiopico. Nel momento in cui la vicenda si manifestò sullo scenario internazionale, la posizione politico-diplomatica italiana si configurava, in aderenza a quella anglo-francese, quale tentativo cli contenimento della pressione esercitata dalla Germania soprattutto nei confronti dell'Austria ( 18) .
16 AUSSME, Dl-115/I, prot. 35 del 31.12.1930, da Add. Mii. Addis Abeba a S.l.M., f.to ten.col. Ruggero. 17 AUSSME, Dl-11 5/1, prot. 32 R.mo del 20.7.1931 , da Add. Mii. Addis Abeba a S.J.M., f.t<1 ten. col. Ruggero. 18 Un elemento portame di questa politica era rappresentato dalla strategia adouata nei confronti della Francia per costringerla ad un accordo con l'Italia, mette ndone nel contempo in crisi l' egemonia sul cominente europeo e spingendola così ad accedere alle richieste italiane in materia coloniale. Questo progetto, di sapore machiavellico e mctternicchiano insieme, si fondava su una presunzione dalla base abbastanza solida, come sottolineato da De Felice secondo il quale dopo Versailles l'egemonia francese in Europa era andata assumendo un carattere tutto particolare: in pratica essa si basava sull'affermazione del presupposto che la sicurezza della Francia fosse necessaria non solo ad essa ma a tutti quei Paesi che avevano da temere dal .revanchismo tedesco. Da qui la necessità per la Francia di essere militarmente la maggiore potenza europea e di garanti.re lo status quo continentale, servendosi a questo scopo, di tutti i mezzi e, appunto, del mito della sicureua europea che si identificava con quella franeese, sicché tutti i Paesi dovevano collaborare ad essa e riconoscere quindi la sua egemonia. Mettere in crisi il presupposto che la sicurezza e uropea riposasse su quell a francese voleva pertanto dire mettere in crisi l'egemonia di Parigi. Per fare ciò non vi era che un mezzo, affermare cioè il principio che la sicurezza europea non poteva riposare su quella franeesc, sia perché sarebbe sempre stata precaria e sia perché avrebbe inevitabilmente portato ad una corsa agli am1amenti che i popoli non potevano accettare né permettersi specie in un periodo economicamente così drammatico.
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Durante il convegno svoltosi a Stresa dall'l 1 al 14 aprile 1935 fra Italia, Francia ed Inghilterra per discutere del revanchismo tedesco, la questione etiopica era già sul tappeto da ollre quattro mesi, ed il ministro degli esteri francese Lavai era stato a Roma nel gennaio precedente per cercare di conservare, mediante concessioni in Africa, la collaborazione italiana sullo scacchiere europeo, ed in questo senso pressoché analogo, anche se più difficoltoso e meno esplicito, era l'atteggiamento inglese. Un appunto di Suvich dedicato alla "Preparazione diplomatica nei riguardi della Gran Bretagna" (non datato ma verosimilmente del gennaio 1935) mostra che a Palazzo Chigi si riteneva possibile gi ungere ad un accordo con Londra e non si escludeva l'eventualità cli cedere agli inglesi una parte ciel territorio etiopico, anche se l'optimum veniva considerato un protettorato italiano - con re lativa occupazione esclusiva del territorio - con ampie garanzie ali' Inghilterra per i suoi diritti economici (Ali. 5). Una frase della dichiarazione comune elaborata a Stresa al termine dei lavori, nella quale si affermava come le tre potenze fossero completamente d'accordo nell'opporsi a qualsiasi ripudio dei trattati che avesse potuto mettere in pe1icolo la pace fu modificata, su richiesta di M ussolini, con la specificazione " ... la pace dell'Ewvpa". Non era una variante eia poco, in quanto equivaleva ad un'implicita via libera per l'azione italiana in Africa Orientale (' 9). Del resto, la questione etiopica non era stata "inventata" né a Ual Ual, il piccolo caposaldo italiano sperduto nel deserto somalo sede del famoso incidente Al contrario, la ~icu rezza europea e qu indi la pace potevano basarsi solo sul disarmo generale e sul ritorno della S.d.N. ai suoi genuini caratteri originari. prima cioè che su di essa si affermasse l'egemonia francese, e, in misura mi nore, inglese. Citi avrebbe permesso a tuni gli Stati europei di parteciparvi e di trovare in essa la pacifica risoluzione dei loro problemi. Quanto all'Italia, facendosi promotrice di questa politica, essa avrebbe ottenuto un duplice successo: in termini di poten:ca, sarebbe diventata automaticamente l'ago della bilancia rra le due potenze tendenzialmente egemoni, Francia e German ia, mentre in termini morali avrebbe smascherato la democrazia francese mostrando all' Europa come il "pacifismo societario" di Parigi non fosse altro che un espediente per contrabbandare la volontà della Francia di dominare l' Europa e piegarl a ai propri esclusivi interessi (Dc Felice R., op. cic., pagg. 383-384; cfr. anche Perfetti F., "All'origini degli accordi Lavai-Mussolini: alcuni contaui italofrancesi del 1932 in materia coloniale", in: ..Storia Contemporanea", 4/ 1977, pagg. 683-748). t9 Questa versione dei fatti sembrerebbe essere stata successivamente invalidata dalla scoperta fatta da W. N. Medlicot1, curatore della pubblicazione elci documenti diplomatici inglesi, che il verbale della riunione conclusiva della conferenza non contiene alcuna traccia del presunto intervento di Mussolini. Inoltre, la dizione limitativa "in Europa" si u·ovava già nel progetto inglese di risoluzione, redatto prima che la sessione comincia.~se. "Allo sraro artuale della docwne111azio11e, d1111q11e, tutro lascia pensare - osse1va Serra - che la famosa "aggiunta li111iw1iva" di cui poi 1a1110 si vantò Mussolini allo scopo di giusli.ficare la sua politica del ''.(allo compiuto", 11011 vi sia mai swra. L'iporesi pilÌ pmbabi/e rimane quella ri· porrma da Churchill nelle s11e memorie, sosra11zia/me111e confermora dal primo mii1is1ro fmncese Flandin e ribadilCI senza rise1ve da quasi rutti gli srorici de//'a11ivi1à diplomatica a111ecede111e il cmi/litio iraloeriopico nonché coudivisa da Medlico/1, e cioè che Mussolini nel leggere ad alla voce il testo della risoluzione, laddove si parla del completo accordo nell'opporsi alle violazioni dei tra/lari "che possono meuere a repe111aglio la pace in Europa", abbia so110/ineato quest'ullima pam!a, facendo prima e dopo 1111a pa11.w il cui significato nessuno raccolse, almeuo sul momento" (Serra E., "La questione italo-etiopica alla Conferenza di Stresa'', in: "Affari Esteri", 34/1977, pag. 333; cfr. anche Documents on British foreign Policy (l 9 I9-1 939), Xli, 11. 722, nota 43 e XlV, n. 230, nota 5). Abbiamo riportato quanto sopra per doveroso scmpolo storiografico, anche se personalmente riteniamo la cosa alquanto capziosa e comunque ininfluente. perché non è certo imputabile a Mussolini il fatto che il significato della sua pausa - che 11011 era certamente ca.~uale bensì finalizzata- non sia stato raccolto da nessuno dei partecipanti al convegno.
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del dicembre 1934 che funse solo da detonatore, né a Stresa, ma traeva origine da tutta una serie di precedenti tanto remoti quanto prossimi. Bande etiopiche coordinate dal fi teurari Sciferra, governatore di Giggiga e dell'Ogaden, erano venute in conflitto con il presidio italiano dei pozzi di Ual Ual ai confini della Somalia. I pozzi di Ual Ual, situati nella desertica regione dell'Ogaden a 300 km. dalla costa, erano uno dei punti obbligati per le carovane e le tribù confinanti con la Somalia britannica, che li usavano per l'abbeverata delle mandrie; guardata da un distaccamento di 60 dubat, la località dipendeva militarmente e civilmente dal vicino posto di Uarder, residenza dell' ufficiale italiano, all'epoca il cap. Robe1to Cim.maruta, cui incombeva il compito di vigilare sul buon andamento amministrativo cli tutta la zona (20). Ual Ual era passata sotto il controllo italiano fin dal 1930, e tale occupazione non era stata mai in alcun momento contestata o messa in discussione cosicché, insieme al possesso della località, l'Italia poteva vantare la indiscutibile sovranità "di fatto" sulla stessa. Va anche ri cordato, per inciso, come la fissazione dei confini con la Somalia, nonostante fosse stata prevista dalla Convenzione italo-etiopica del 16 maggio 1908, non era mai stata portata a termine, dopo essere stata faticosamente iniziata, per la dichiarata incapacità etiopica di garantire la sicurezza personale dei membri italiani della Conmùssione incaricata di tracciare la linea di confine. È naturale perciò che nel1' 0 gaden si 1isentisse dello stato di incertezza che l'assenza di una ben precisa linea cli demarcazione territo1iale forzatamente causava; ma sulla legittimità del possesso italiano dei pozzi cli Ual Ual non potevano sussistere dubbi appunto perché, per un acquisito e onnai fermo precetto di diritto internazionale, l'occupazione da tempo esercitata, stabilmente affermatasi e non contestata, adduceva il conseguente diritto di sovranità sul luogo oggetto del possesso medesimo (2 1) . A Ual Ual si trovano, o almeno si trovavano suJ finire del 1934, ben 359 pozzi, poco lontano dai quali vi era un recinto circolare murato, con postazioni per mitragliatrici (ma le armi non c'erano ancora) e, nell'interno, una quarantina di capanne per i dubat, non più di 60 sui 150 cieli ' organico. Il comando del settore si trovava con un altro piccolo posto cli gregari somali nella vicina Uarder, ed aveva a propria disposizione tre aeroplani Rol e due carri armati leggeri Ansaldo CV33 che gli erano stati assegnati quando, ne l marzo precedente, una grossa formazione i,,-egoJare etiopica agli ordini di un certo Omar Samantar aveva portato una seria minaccia a quel tratto della nostra frontiera. Poiché a Roma rullavano sempre più forti i tamburi della guerra contro l'Etiopia, Hailé Selassié aveva pensatodi svolgere qualche azione di molestia verso questo avamposto italiano dell' Ogaclen. Non lo fece in prima persona, ma servendosi appunto cli bande annate capeggiate da capi minori, che avrebbero potuto essere sconfessati quando la loro
20 Lo stesso Eden riconobbe, durante la seduta del 22.2.1935 alla Cmnera dei Comuni, che il Governawre de lla Corona era a conoscenza dell 'esistenza di un presidio italiano a Ual Ual fino dal 1932. 21 Lo storico americano e.e. Tansill, scrive al riguardo, citando attendi bili fonti: "Si deve notare che gl i Italian i per alcun i an ni erano stati in possesso cli Ual Ual, che essi avevano fortificata senia alcune protesta dell'Etiopia. Sebhene l'lmperatore pretendesse che Ual Ual appaneneva all ' Etiopia, era evidente che le forze italiane avevano occupato questo punto strategico da almeno 5 anni" (C.C. 'lànsill, " li gioco diplomatico tra le due guen-e", Cappell i, Bologna, 1955, pag. 2 13).
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azione avesse dato luogo a complicazioni. Le bande etiopiche che si avvicinavano a Ual Ual sin dal 22 novembre sapevano indubbiamente che i pozzi erano presidiati da un distaccamento di truppe coloniali italiane. La documentazione addotta più tardi in sede di commissione d'arbitrato da parte dei membri italiani provò nella maniera più ampia come da palte degli uomini di Sciferra vi fosse una chiara intenzione aggressiva; la tesi etiopica sosterrà invece che aggressori sarebbero stati gli italiani, i quali avrebbero attaccato la scorta della commissione mista anglo-etiopica, della quale faceva parte il col. inglese Clifford, incaricato della delù11itazione delle zone di pascolo fra l'Ogaden e la Somalia britannica. Anche senza entrare nel vivo della questione, si può subito rilevare come al comune buon senso riesca difficile accettare l'ipotesi che una "scorta" cli 500 uomini (tanti erano inizialmente gli etiopici), a parte il fatto di essere senz'altro sproporzionata ai compiti che avrebbe dovuto svolgere, potesse diventare bersaglio di 60 dubat, per di più in grave crisi data la scarsezza di munizioni ed ai quali, fra l'altro, l'ordine impartito era di non sparare se non provocati, iJ che invece avvenne regolarmente. Dopo un combattimento che comunque i nostri soldati conclusero a loro favore con il suppo1to dei carri e degli aerei, alle prime luci dell'alba ciel 23 novembre si contarono sul terreno 24 morti da parte italiana ed oltre un centinaio fra gli etiopici. Ad ogni modo, le vicende di quei giorni sono rievocate in dettaglio dal cap. Cimmarnta in un volume al quale rimandiamo per una conoscenza approfondita dei particolari (22) . Attraverso un sintetico esame dei soli precedenti più prossimi, si può affermare come probabilmente nulla sarebbe accaduto ancora per alcuni anni se il 25 luglio 1934 il Cancelliere austriaco Dolfuss non fosse stato ucciso da un gruppo di congiurati nazionalsocialisti. Mussolini, come è noto, ordinò che quattro divisioni al confine Nord-orientale fossero messe in allarme e che alcuni reparti si attestassero sulla linea di confine (23) . Nella concezione di Lavai, il rafforzamento dei legami franco-italiani avrebbe dovuto bilanciare il minaccioso dinamismo della Germania, che anche dopo il fallito putsch di Vienna perseguiva con determinazione la riconquista di posizioni di forza e prestigio. Mussolini, dal proprio canto, voleva la «luce verde" per l'Etiopia. Per entrambi i contraenti, quindi, il nodo austriaco era sullo sfondo, e Lavai sperava che, liquidata la faccenda coloniale, l'Italia avrebbe riconcentrato le sue forze alla frontiera settentrionale. Per quanto riguardava l'Inghilterra, il governo presieduto da Mac Donald era troppo sensibile all' opinione pubblica (ed in particolare all'opposizione laburista) per poter accettare senza alcuna remora i progetti di Mussolini e, nello stesso tempo, troppo irresoluto per tentare di bloccarli con un atteggiamento di ferma ostilità, anche se non gli sfuggivano i rischi potenziali derivanti da un'Italia che attraver-
22 Cimmaruta R., ''Ual Ual", Milano, Mondatori, 1936; sul fatto d'anni cfr. anche Pedriali F., "L'incidente di Ual Ual", in: " Rivista Storica", 9/1.994. pagg. 52-62. 23 Non è mai stato possibile accertare se si trattò di una pura e semplice "dimostrazione", messa in atto con unità minori assemblate senza un criterio organico, ovvero di una più congrna mobilitazione di uomini e mezzi. La prima ipotesi è da ritenersi la più probabile, anche se occorre rilevare come nel successivo J 935 si svolsero in Alto Adige manovre militari mo.l to consistenti che impegnarono un notevole numero di divisioni.
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so il possesso dell'Etiopia usciva da un ruolo europeo settentrionale per assumerne uno di più ampio respiro e minacciante gli interessi inglesi oltremare. L'Inghilterra, cacciata nel 1557 da Calais, ultimo suo possedimento sul vecchio continente (l'occupazione di Gibilterra risale al 1704), non aveva cessato da allora di sviluppare una politica estera che aveva sempre avuto per fini da una parte, con il dominio degli oceani, la conservazione e l'ulteriore espansione del suo impero coloniale, e dall'altra - stante l'impossibilità materiale di rimettere stabilmente piede sulla terraferma europea - di impedire sul continente tanto la nascita e lo sviluppo di uno Stato-guida quanto l'unificazione politica ed economica del continente stesso. A quest'ultimo scopo il gabinetto di Londra, ancora nel secolo scorso ed in quello precedente, era costantemente intervenuto in Europa con le intromissioni, gli int1ighi, le minacce, la corruzione, le armi, cambiando e r ibaltando alleanze. Attenendosi a questa politica, l'Inghilterra aveva potuto, sino alla prima guerra mondiale, dominare impunemente territori e decine cli nazioni e popolazioni tanto in Africa che in Asia, in America ed in Oceania. Ciò fu possibile a prezzo anche dell'eliminazione fisica di indù, cinesi, dervisci, afgani, indiani, boeri ed altri popoli. Proprio in occasione della guerra anglo-boera Londra, per piegare la resistenza di una popolazione fra l'altro bianca, dava inizio, per prima nell'epoca moderna, alla politica dei campi di concentramento e del filo spinato, luoghi nei quali venne rinchiusa tutta la multiforme tipologia di persone di ogni età e colpevoli, tutto sonunato, soltanto di volersi oppone ad una cultura ed a tradizioni a loro totalmente estranee. Era pertanto ineluttabile che la vecchia Inghilterra, ossia i suoi vari gruppi di pressione e di potere delle forze armate, della burocrazia, dell'alta finanza, della grande industria, della stampa, della chiesa anglicana (iste1ica all'idea di un'Etiopia aperta senza limiti alla chiesa cattolica), che costituivano l'essenza dell'impero britaniùco, guardasse con timore e cercasse cli opporsi con tutti i mezzi, leciti ed illeciti, alla creazione ed allo sviluppo di un impero italiano sulla via delle Indie e sulle grandi direttrici africane del Cairo e di Città del Capo. Le attività a detrimento degli interessi italiani avevano preso consistenza sin dalla seconda metà degli anni Venti, e si erano intensificate ed estese specie nel biennio 1932-1 933, divenendo più incisive e palesi, come risulta dal già citato volume della Quartararo, un compendio di studi e di analisi delle relazioni anglo-italiane dell 'epoca che ha messo in luce, con una documentazione inoppugnabile, i reali propositi e gli atti della poiitica britannica di quegli anni nei riguardi dell'Italia rilevando come gli inglesi si fossero silenziosamente insediati nelle regioni etiopiche più importanti tanto sotto l'aspetto strategico che sotto quello economico. Mai, come nella seconda metà degli anni Trenta, la cosiddetta opinione pubblica mondiale risultò essere null' altro che il frutto di un'azione disinformativa e manipolatoria tramite la stampa, il pulpito, la radio e l'attività di tutti gli altri gruppi di pressione britannici. In accordo con la lucida analisi operata da De Felice (24), la genesi e l'evoluzione della vicenda etiopica vanno interpretate sulla base di due considerazioni di fondo. La prima è che Mussolini aveva attivato l'operazione non solo sicuro
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Dc Felice R., op. cit., pagg. 60.1 -602.
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che Franc ia ed Inghilte1Ta fossero troppo interessate alla solidarietà italiana sul continente europeo per opporsi ad una soluzione della questione etiopica conforme ai desideri di Roma, ma anche convinto della necessità di agire in accordo con esse. li progressivo e netto discostarsi della vicenda etiopica dallo schema entro il quale era stata concepita e l'espandersi delle polemiche che sarebbero intercorse fra Italia, Francia e soprattutto Inghilterra non infirmò il progetto di base della nostra strateg ia politica, basata sul rischio calcolato di procedere manu militari nonostante l'opposizione della Società delle Nazioni, cioè in pratica dell'Inghilterra e, in misura decisamente minore, della Francia, e di continuare a guardare in prospettiva ad una sinergia politico-diplomatica con entrambe. La seconda considerazione attiene al fatto che persino dopo la conquista italiana del! 'Etiopia, e nonostante che questa si fosse realizzata in forma mo lto diversa da come inizialmente concepita ed in particolare con grave pregiudizio dei rapporti fra le tre nazioni europee, il governo italiano non avrebbe cessato di guarda re per parecchio tempo al ristabilimento degli stessi, tale da far sì che all'Italia non fosse preclusa la possibilità di riprendere il discorso con Londra e Parigi al punto in cui esso era giunto all'inizio del 1935. Che questo fosse in linea anche con gli organi esecutivi delle due capitali è confermato dalle dichiarazioni rilasciate dal segretario generale del Quaj d'Orsay Alexis Léger alla fine di maggio 1936, e delle quali si faceva portavoce anche l'addetto militare italiano in Francia. Il nostro decisionismo in Etiopia rendeva ormai superate le misure sanzionistiche, la cui revoca era peraltro legata (anche per ovvie questioni cli "immagine") ad un impegno di collaborazione da pa11e dcli' Italia con Francia ed Inghilterra (25). Sulla scorta di quanto considerato, particolarmente interessante ed appropriata risultava la valutazione operata se mpre dall 'addetto militare italiano a Parigi a metà settembre 1935:
"L'a1teggiamento della Francia, che alla fine dello scorso luglio risemiva ancora tutta l'amarezza derivante dal patto navale anglo-tedesco (26), si può forse riassumere così: Azione di governo sostam:ial111ente favorevole all'Italia, ma i11evitabilme111e legata alle stre11oie della politica interna, ed ai compro1nessi i111ernazionali - Nella simpatia negli ambienti militari che dimostrano di 1w1rire piena fiducia nel!' efficienza delle forze armate italiane, e contano sul peso delle anni italiane, per contenere il pericolo de/l'espansione tedesca · Subdola manovra degli ambienti radico-massonici; aperta avversione all 'Italia negli ambienti social-com.unisti. Prescindend-0 da ogni questione di interessi materiali, e di influenza nell'Africr,1 Orientale e trascurando talune manifestazioni di idealismi puritani, bisogna riconoscere che in Francia come in Inghilterra, corne altrove, si fa la guerra al fascismo e al suo pùì alto esponente: il Duce. Contro s(ffattn 25 AUSSME. Dl-133, prot. 287/S del 6.6.1 936, da Adcl. Mii. Parigi a Capo del S. l.M, f.to gen. Barbascrti di Prun. 26 Questo accordo navale, concluso nel giugno l 935 in aperto contrasto con quanto stabi lito a Stresa poco tempo prima. rappresentava una tipica espressione di quella visione particolaristica che animava la po litica estera inglese all ' inizio de lla seco nda metà degli anni Trenta e de lla sua tendenza a realizzare un appease111e111 con Berlino.
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azione, che dovrebbe.far ricadere sul nostro Paese responsabilità immediate e future, si elevano molli onesti repubblicani di Francia pur idealmente attaccati a vieti principi, e afonnule sorpassate" (2 7 ). In quel periodo a cavallo fra la prima e la seconda metà degli anni Trenta l'orientamento favorevole al fascismo era comune a molti ambienti, non solo in Francia ma anche nel resto dell'Europa e degli Stati Uniti, soprattutto nei circoli intellelluali. Era un atteggiamento che, per un verso, esplicitava e radicalizzava ciò che in altri ambienti era latente e confuso e, per un altro verso, influenzava in qualche misura un certo tipo di pubblicistica politica ed un certo giornalismo "d'opinione" che erano poi quelli che, in effetti, più orientavano a loro volta l'opinione pubblica media. Le motivazioni erano molteplici, Quella anticomunista, quella etico-esistenziale, quella ideo-culturale, quella antiborghese, quella anticapitalistica, ma la suggestione maggiore trovava fondamento in due considerazioni. La p1ima era che il fascismo sapesse cosa voleva e, pur con i suoi limiti, costituisse una risposta valida, anche se imperfetta, alla crisi della società occidentale; la seconda, che fosse particolarmente concreto ed efficiente, mentre altre forme di regimi sembravano non esserlo più (quelli di stampo liberal-democratico) ovvero, come quello comunista, si mostravano troppo sopraffattori o comunque estranei alla tradizione occidentale (28 ) . Sotto l'aspetto precipuamente militare, fu a metà aprile del 1934 che Mussolini ordinò al ministero della Guen-a di apprestare i mezzi, soprattutto quelli logistici (strade, baraccamenti, rifornimenti idrici, ecc.) idonei a fronteggiare in Africa Orientale qualsiasi esigenza. Prese vita così il "Progetto A.O.", che mentre prescriveva in una prima fase una difesa manovrata, in seguito prevedeva un'azione controffensiva da sfen-arsi dall'Eritrea. Ciò comportava l'invio oltremare di un corpo di spedizione, naturalmente tenendo nel debito conto gli accordi politici con funzione stabilizzante in atto con Francia ed Inghilterra e l' indifferenza della Germania tuttora concentrata sulla propria riorganizzazione interna. Ma nonostante gli accordi di Stresa e l'interesse soprattutto dell'Inghilterra a perseverare che ne.era derivato, allorché questa si rese conto dell'intendimento italiano di risolvere la questione etiopica in modo utile assunse un atteggiamento sempre meno conciliante in aderenza all'analoga intransigenza manifestata da Mussolini. Mentre i primi contingenti italiani sbarcavano in Africa Orientale tra l'inverno e la primavera del 1935, la situazione sembrò degenerare in settembre quando una forte squadra navale inglese fece il suo ingresso nel Mediterraneo. Fino a tutto iI 1934 questo mare non aveva presentato problemi tali da suscitare serie preoccupazioni per l'Inghilterra. Essa aveva potuto contare sull'amicizia dell'Italia e della Francia nonché sui continui contrasti fra i due Paesi che, se erano stati fonte di inquietudine, avevano però contribuito ad assicurare la supremazia britannica nel settore. Questa situazione di tranquillità aveva anche con-
27 AUSSME, H3-35, prot. J880 del 18.9. 1935, "Notiziario settimanale-parte 1°", da Add. Mi!. Parigi a Ministero Guerra -S.1.M., f.to ten. col. Kell ner. 28 Hamilton A. , "L'ill usione fascista. Gli intellettuali ed il fascismo: 1919-1945" , Milano, Mursia, 1972.
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sentito all'Inghilterra di assumere un atteggiamento dilatorio di fronte alle reiterate proposte francesi per un accordo che garantisse la sicurezza del Mediterraneo, e l'aveva indotta a trascurare i piani per la difesa delle sue posizioni che in realtà nessuna potenza minacciava seriamente. Ma l'iniziativa italiana in Etiopia dete m1inò un radicale mutamento di questa situazione. Gli aspetti mediterranei della crisi italo-etiopica vennero in primo piano nel1'estate del 1935, allorché Londra si trovò di fronte alla prospettiva di uno scontro diretto con l' Italia. Fu allora che il governo britamuco dovette prendere arto della debolezza del sistema difensivo e dell'isolamento diplomatico dell' Inghilterra nel Mediterraneo, accresciuto dai recenti accordi italo-francesi, i quali non consentivano più di fare sicuro affidamento sull 'aiuto della Francia (2 9) . TI governo britannico finiva così per assumere una duplice linea di condotta: da un lato si adoperava nella ricerca di una soluzione diplomatica della questione etiopica che fosse accettabi le per l'Italia, dall'altro, nell 'eventualità che i suoi sforzi non avessero dato un buon esito, si preoccupava di adottare delle precauzioni, sia sul piano militare che su quello diplomatico (3°), per poter difendere gli interessi mediterranei qualora, in seguito all'acuirsi della crisi, fossero stati effettivamente minacciati dall ' Italia. Tale politica, come è stato già osservato, era una chiara dimostrazione che Londra poteva essere d isposta a. ch iudere un occ hio sulle ambizioni ita liane in Etiopia ma non intendeva consentire a Mussolini di alterare lo status quo nel Mediterraneo. E su ciò non sembra esistessero divergenze di vedute tra i responsabili politici e gli ambienti mi litari (3 1). Questa particolare situazione diede luogo ad un comportamento contraddittorio che non fu capito allora né dalla Francia né dall'Inghilterra, e che forse ancora oggi genera qualche equivoco circa il valore reale che Londra assegnava al MeditetTaneo in rapporto alla salvaguardia della sua tradizionale amicizia con l' Italia. Sembra infatti vi sia stata una certa confusione
29 Cfr. Gibbs N.H., "Grand Strategy, Rearmarnenr Policy"', London, Hcr Majesty's Smionery Office, I 976, voi. I. pagg. 11 7- 1 I 8; Miége J.L.. " L'irnperia lisme colonia I italic n de 1870 à nos jours", Paris, S.E.D.E.S., 1968, pag. 2 I 3; Marder A. , "The Royal Navy and the Ethiopian Crisis o f 19351936'". in: "The American Historical Review", 5/1970, pagg. 1328 e 1343-1345: Prati L.R.. ''East of Malta. West of Suel. Britain's Mediterranean Crisis 1936- 1939", Cambridge, University Prcss, 1975; Qu:.mtu·aro R., '"La crisi mediterranea del 1935- 1936", in: ·'Storia Contemporanea'·, 6/ l 975, pagg. 81 1-822; Brundu O lla P., "L'equilibrio diffici le. Inghi lterra, Ita lia e Francia ne l Mediterraneo 19301937", Milano, Gi uffrè, 1980. pagg. 57-65: Santoni A., "Le valutazioni britanniche d 'anteguerra sulle capacità militari dcli' Italia e considerazioni postbelliche", in: "Bollettino d'Archivio dell'Uflicio Storico Marina Militare... giugno 1999. pagg. 10, 14, 16. 3 Cfr. Marder A.J., "From the Dardanelles to Oran, Studies of the Royal Navy in War and in Peace", London , Oxford Univers ity Press, I 974, ragg. 64- 104; Parker R.A.C.. ''G reat Bri rnin , France and thc Ethiopian Crisis 1935-1936", in: "The English Historical Review", aprile 1974, pagg. 307-31 0. 31 Alcuni anni dopo Dino Grandi. in una conversazione con il gen. Paolo Puntoni, 1° Aiutante Generale d i Campo del Re. si sarebbe espresso nei seg11enti termini: "Prima della guerra etiopica ebbi 1111 colloq11io co11 Mc Donald. Per incarico del 1:over110 dovevo sa1:1:iare il rerreno per simrire quale sarehhe srara la reazione dell 'lnghilrerm 11e/ caso ci fossimo impadron.ili dell'Etiopia. Mac D011ald mi disse: "Chiuderemo 1111 occhio, purchè fa cciare le cose per bene". Gra11di aggiunse poi: ''L'fn . ghilterra, a capirla bene, è 11110 scaltra cortigiana. Si dà a 11wi, ma 11011 in mez:o alla strada. Bisogna saperla adescare" (Puntoni P., .. Parla Vinorio F.manuele UJ" . Bologna. Il Mulino. 1983, pag. 119).
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nel valutare la disponibilità dell'Inghilterra a fare concessioni in A.O., dove gli interessi britannici, come aveva rilevato il rapporto Maffey (3 2), erano molto limitati, con un'analoga disponibilità a fare delle rinunce anche nel Mediterraneo pur cli non pregiudicare l'amicizia con l'Italia. Infatti, tanto dal governo Mc DonaldSimon quanto da queJJo Baldwin-Hoare-Eden che gli successe ai primi di giugno 1935, la questione etiopica fu vista e trattata in una sola prospettiva, quella cioè di pervenire ad una soluzione di compromesso con Mussolini così eia salvaguardare la collaborazione anglo-franco-ita liana in Europa ed evitaJe il rischio di un avvicinamento italo-tedesco o, ancor peggio, d'un prevalere nel Duce della logica delle suggestioni ideologiche su quella degli interessi nazionali, e tale da non mettere a repentaglio i propri interessi imperiali nel Mediterraneo salvando al tempo stesso anche il sistema ginevrino di sicurezza collettivo. Quest'ultimo, peraltro, non sembrava poter contare ormai su molti strenui sostenitori, soprattutto nell'ambito della classe dirigente nazionale - i cui esponenti civili e militari erano fautori, ai fini della sicurezza, di un ritorno agli strumenti trndizionali della politica internazionale e soprattutto alla garanzia offerta dal prop1io strumento militare - mentre presso l'opinione pubblica l'orientamento prevalente era sostanzialmente pacifista e quindi contrario ad una politica di iiarmo e di conseguenza favorevole alla soluzione di una sicurezza collettiva garantita dalla Società delle Nazioni. Una tematica, questa, sulla quale i laburisti avrebbero potuto lucrare un grosso successo elettorale nelle ormai prossime consultazioni e persino capovolgere i rapporti di forza parlamentari. Se non si ha ben presente questo nodo cli politica interna e se non si vede la sua politica estera at-
32 Alla fine di gennaio I 935 /vlussol ini ave.va invitato il governo inglese a studiare la possibilitì1 di concreli accordi per un armonico sviluppo degli interessi italo-britannici in Etiopia. Il governo di Londra aveva pertanto costituito allo scopo un comitato interministeriale presieduto da John Maffey, sottosegretario permanente al ministero delle colon ie, le cu i conclusioni videro la luce nell 'estate successiva attraverso un rappo110 suddiviso .in tre parli, delle quali le prime due concernevano le premesse storico-politiche del problema mentre la terza era quella che entrava più specificamente nel cuore dell a questione. Qualunque valore potesse avere il grovigl io di trattati e di accordi tra i due paesi, osservava il rapporto, in pratica gli itali an i consideravano ancora " l'intera Etiopia come una sfera d ' influenza italiana", salvo ciò che riguardava gli interessi specifici della Gran Bretagna e della Francia. Si doveva ritenere "assulutamente probabile" che l'Italia avrebbe tentato di assumerne il controllo. L'Etiopia era vista come un anacronismo: " l'unico paese dell'Africa tropicale, oltre alla Liberia, lasciaro fuori dalla mischia coloniale. Esso rimane ampiamente c hiuso al capitalismo e alla colonizzazione europei e costituisce perciò una cosiame teruazio11e sul pia110 economico". In breve, il controllo italiano sull'Etiopia non comprometteva alcun interesse vita le della Gran Bretagna, come sarebbe staio invece necessario perché questa si opponesse alla sua conquista: "Non c'è particolare conve11ienza in nessuna delle due direzioni, cioè sia che l'Etiopia rimanga indipendeme sia che venga assorbita da/l'flalia". Poteva tuttavia esistere una remota minaccia per gli interess.i dell' impero. Nel Mar Rosso le forze coloniali italiane avrebbero potuto costituire una minaccia anche grave per le posizioni strategiche occupate dal la Gran Bretagna. L'esperienza indiana aveva dimostrato che, come vicino, l'indocile Afganistan era preferibi le alla Russia imperiale, e perciò l'integrità del primo costituì per diverse generazion i un e lemento decisivo della politica di frontiera inglese in Ind ia. Nell'Ali. 6 è riportata la terza parte de l rapporto una copia del quale, seppu r proteua da una classifica di segretezza, era pervenuta al S.I. M. e d era stata poi trasmessa alla stampa.
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traverso il prisma del sempre più netto delinearsi di questo orientamento della pubblica opinione, è impossibile comprendere veramente l'atteggiamento del governo inglese rispetto alla questione etiopica e spiegarsene l'ambiguità, le oscillazioni, la tendenza a guadagnare tempo nella speranza di raggiungere un compromesso con Mussolini e nello sforzo di doppiare senza danno il capo delle elezioni generali del 14 novembre 1935 (33 ). Ma le aspettative francesi e italiane, in quel momento seriamente motivate dato l'effettivo interesse che Londra assegnava al mantenimento di buoni rapporti con l'Italia, andarono deluse. L'Inghilterra, mostrando di non volere in alcun modo abdicare al suo ruolo di più forte potenza mediterranea, escludeva di poter aderire ad un accordo che avrebbe certamente turbato l'opinione pubblica, implicato un impegno a diminuire le forze navali e, ciò che veniva considerato ancora più importante, le avrebbe impedito di conservare il controllo e la supremazia nel Mediterraneo. Soprattutto i responsabili politici - preoccupati che l'ape1tura di trattative con l'Italia potesse essere interpretata dall' opinione pubblica come una manifestazione di debolezza proprio nel momento in cui, forte del consenso raggiunto con la politica societaria, il governo si preparava ad affrontare le elezionierano persuasi che a garantire la sicurezza britannica nel settore fossero sufficienti gli accordi militari con la Francia, una convinta politica societaria ed i patti di mutua assistenza con Grecia, Jugoslavia e Turchia i quali, fra l'altro, offrivano la possibilità di utilizzare nuove basi nel Mediterraneo orientale e nell'Adriatico. Considerato il comportamento tenuto da Londra, sembra poco convincente la tesi comunemente sostenuta dalla storiografia inglese più recente secondo la quale l'Inghilterra avrebbe cercato "a qualsiasi costo" un rapido avvicinamento all 'Italia pur di poter fronteggiare il pericolo tedesco e giapponese senza doversi preoccupare della situazione nel Mediterraneo. Mussolini respinse tutte le proposte che gli inglesi gli fecero durante le conversazioni pa1igine anglo-franco-italiane di metà agosto 1935 nel tentativo di risolvere pacificamente la questione etiopica, e le respinse sia perché troppo limitate sia perché con esse Londra intendeva chiudere la questione e - soddisfatte in qualche misura le proprie pretese ed esigenze cli prestigio - ripristinare la situazione di sempre. Una situazione cioè di sostanziale leadership della politica britannica rispetto a quella italiana senza prendere in considera,zione le avances mussoliniane per un nuovo rapporto su basi di parità. La prima offerta fu decisa subito dopo la costituzione del governo Baldwin avvenuta nella seconda decade di giugno, e consisteva nella cessione della provincia dell'Ogaden, concessioni di carattere economico ed altri vantaggi da determinare. Mussolini aveva accettato quegli incontri trilaterali un po' per guadagnare tempo, un po' per giungere ad una chia1ificazione dei rapporti con l'Inghilterra e la Francia in vista della sessione ginevrina di settembre, per molti aspetti decisiva dato che ad essa dovevano essere sottoposte .le conclusioni della commissione arbitrale per l'incidente di Ual-Ual, un po' perché in questo senso avevano spinto, nella speranza di un accordo, i ministri degli esteri interessati, compreso il nostro Grandi. La posizione
33
De Fe lice R., op.cit., pagg. 658-659.
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di Mussolini continuava però ad essere intransigente; al punto in cui erano anivate le cose, la guerra avrebbe potuto essere evitata solo assegnando all'Italia un mandato od un protettorato sull'Etiopia. Il machiavello diplomatico-societario proposto da Eden e Laval mirava invece a risolvere la questione affidando alla Francia, all'Inghilterra ed all'Italia (alla quale le prime due avrebbero riconosciuto una posizione di privilegio e concesso una sorta di delega) una specie di missione civilizzatrice in Etiopia per conto della S.d.N. - Questa seconda offerta presentava per Mussolini un difetto ed un pregio molto importanti. Il difetto era quello di arrivare troppo tardi: 8-10 mesi prima, quando la macchina militare italiana non era stata ancora messa in moto od era alle battute iniziali, essa avrebbe forse potuto rappresentare una base per trattare, mentre ora la sua accettazione, al punto in cui era arrivata la preparazione propagandistica interna, quella economica e quella militare, avrebbe finito per apparire il classico topolino partorito dalla montagna ed avrebbe altresì nociuto al suo prestigio personale e gli avrebbe inoltre creato gravi difficoltà senza una sufficiente contropartita. Quanto invece al pregio, esso era quello di confermarlo nella convinzione che l'Inghilterra non voleva e non poteva spingere la crisi sino ad una vera e propria rottura; ,~on altrimenti, infatti, si poteva spiegare il fatt o che fosse disposta ad un compromesso che, comunque egli lo giudicasse dal proprio punto di vista, costituiva certamente un grave colpo al prestigio ed alla stessa ragion d'essere della S.cl.N .. Con il fallimento delle conversazioni parigine di metà agosto la questione etiopica sarebbe entrata nella fase più drammatica e decisiva. L' ingresso della Home Fleet nel Mediterraneo, in realtà, non fu che una manifestazione di facciata presa dall'Ammiragliato senza alcuna consultazione con il Foreign Office, sulla spinta emotiva del timore di una mossa inconsulta italiana viste le voci allarmistiche provenienti da Roma e la violenta campagna cli stampa antinglese dei giornali italiani. In effetti l'Inghilterra, pur essendo la più decisa fra le grandi potenze ad avversare l' iniziativa espansionistica italiana, non era intenzionata ad andare oltre, al punto che i suoi comandanti in capo nell' area mediterranea e mediorientale furono messi sulI' avviso che, qualora l'Italia avesse messo in alto qualche atto ostile premonitore di guerra, essi avrebbero dovuto affrontare la prima fase delle ostilità con quanto disponibile in loco. In Italia si sapeva che l'Ammiragliato inglese dubitava di poter fronteggiare la situazione nel Mediterraneo e sollecitava un accordo con Roma (3 4). Vi erano del resto varie ragioni che inducevano le auto,ità navali italiane a ritenere improbabile un attacco inglese. Infatti, se le forze navali britanniche avessero voluto interrompere il traffico marittimo italiano, sarebbe bastato loro chiudere gli sbocchi nel Mediterraneo, cosa che, fra l'altrn, avrebbero potuto fare comunque agevolmente, a prescindere dalla loro entità, essendo tali sbocchi sotto il loro controllo. Le navi inglesi avrebbero potuto, con opportune crociere, ridurre od anche annullare del tutto i trasporti marittimi italiani all'interno del Mediterraneo stesso. Però, il tentativo di neutralizzare la flotta italiana o di attaccare le coste della peni-
34 ASD-MA E, Fondo Etiopia, telegramma n° 6607 R de l 27.9.35 da Grandi a Mussolini e telegramma n° 7959 R del 31 . 10.35 da Grandi a Mussol ini..
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sola avrebbe presentato tali difficoltà da indurre qualsiasi ammiragliato a riflettere a lungo prima di ordinare un simile tentativo. La flotta italiana aveva il suo punto di forza negli incrociatori veloci e nelle motosiluranti, per cui avrebbe sempre potuto sottrarsi ad un combattimento con forze nemiche superiori. Anche un eventuale piano di bombardamento delle località costiere italiane per costringere la flotta ad accettare la battaglia, presentava una serie di notevoli rischi; le esperienze di simili tentativi, compiuti nel corso della prima guerra mondiale da varie nazioni, non avevano infatti ottenuto risultati incoraggianti. Per di più le condizioni nelle quali si sarebbe dovuta svolgere questa operazione erano tali da sconsigliarla decisamente: infatti la flotta inglese avrebbe dovuto agire sotto la costante minaccia dell'insidia subacquea dell'avversario, che deteneva inoltre il dominio dell'aria. Non era in effetti pensabile che i pochi caccia delle portaerei avessero potuto tener testa all'aviazione italiana la quale, anche prescindendo dalla sopravvalutazione che ne facevano gli inglesi, sarebbe stata comunque preponderante. Nella fase finale dell'operazione, inoltre, le unità inglesi sarebbero state esposte agli attacchi del naviglio sottile, nell'impiego del quale gli italiani avevano una riconosciuta abilità (3 5). Ciò corrispondeva, dall' altra parte, al precario stato di efficienza bellica della flotta britannica e del quale Mussolini era perfettamente al corrente tanto da indurlo ad accettare il rischio calcolato ed a proseguire alla realizzazione della conquista etiopica, valutando congruamente che l'Inghilterra non avrebbe avuto alcun interesse a spingere le cose alle estreme conseguenze (3 6). Come afferma Di Nolfo, proprio questo insieme di situazioni diplomatiche nelle quali si inseriva l'azione di Mussolini stava a dimostra.re come il programmato attacco all'Etiopia, lungi dall'essere un' impresa avventwistica di un dittatore esagitato, non fosse che un gesto ponderato che faceva leva sulla volontà di pace internazionale e sul consenso praticamente acquisito, anche se in modo indiretto, per ottenere un grande successo di prestigio. Sebbene a parole i membri della S.d.N. mostrassero il più ortodosso rifiuto verso l'iniziativa italiana, in realtà ciò avveniva paradossalmente solo e proprio perché l'Etiopia era, anche grazie all'Italia, un Paese membro della stessa Società. Non fosse stata in questa condizione, l'azione italiana avrebbe determinato implicazioni ben diverse da quelle alle quali dette luogo e che si dimostrarono in effetti piuttosto modeste nella sostanza sebbene roboanti nella forma. In altri termini, ribadisce lo stesso autore, l'attacco italiano non era considerato come un atto brutalmente contrario alle regole del diritto internazionale ma come una reazione eccessiva rispetto ad un caso discutibile (3 7). Pertanto, se esso comportò subito dopo l'emanazione delle sanzioni economiche, da queste sarebbero state escluse non poche materie prime cli valenza strategica fra le quali di primaria importanza il petrolio, che eia solo
35 Gabriele M., "Operazione C3 Malta", Roma, USSMM, 1965, pagg. 9- 12 e "Mediterraneo 1935-1936", in: "Rivista Marittima", maggio 1986. 36 Cfr. Montanari M.. "Il progetto A.O. ed i suoi sviluppi", in: "Studi Storico-Militari 1987", Roma, USSME, 1988, pagg. 705-732. 37 Di Nolfo E., "Storia delle relazioni internazionali 1918-1977", Bari, Laterza. 1995, pagg. 196- 197.
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avrebbe potuto provocare, attraverso la cl1iusura ciel canale di Suez alle relative forniture, il blocco dell'azione italiana. Un tentativo quindi, quello della S.d.N., messo in atto per frenare od interrompere l'iniziativa militare italiana compiuto senza convinzione; alla base di tale modo di agire convenzionale v'era anche un'altra ragione, un presupposto oggettivo che è opportuno mettere in evidenza con buona pace dei pudibondi dogmi anticolonialisti. Sino a quel momento, infatti, nessuna potenza coloniale aveva restituito o dichiarato di voler restituire l'indipendenza ai propri popoli soggetti. Un volume non certo tacciabile di italofilia SCJitto nel 1936 dal francese La Praclelle, membro designato dal governo etiopico dalla Commissione di conciliazione ed arbitrato istituita dopo i fatti cli Ual-Ual, iniziava con la seguente affermazione: "L'Afrique est un continent dominé par les Européens. Ses pouples soni soummis à des minorités de colons blancs ou governés par des fonctionnaries de race blanche" (3 8). Del complesso quadro dei rapp01ti italo-inglesi sviluppantisi nello scenario della questione etiopica si faceva interprete il nostro addetto militare a Londra attraverso una serie cli rappo1ti compilati a distanza di pochi giorni (dai venti ai dieci) dall'inizio delle ostilità e dei quali riportiamo alcuni stralci tra i più significativi: "!../ Dall'ulteriore svolgimento degli avvenimenti si può trarre l'ùnpressione che l'atteggiamento della Gran Bretagna di fronte alla vertenza ItaloEtiopica non abbia subito mod(ficazioni dalla linea rigida di condotta tracciata intesa a prevenire in ogni modo un conjlitlo armato attraverso la Lega delle Nazioni la cui situazione viene ritenuta ogni giorno precaria. L'unico nuovo fauore sopraggiunto è rappresentato dal.fatto che l'opinione pubblica, pur mantenendosi solidale coll'indirizzo del Governo, comincia ora a riconoscere con maggiore larghezza di vedute, la necessità di affrontare il vero problema alle sue origini, di cui l'attuale con.fl,itto è ritenuta sola una delle conseguenze, e cioè quello di prendere in considerazione una migliore perequazione delle risorse economiche e naturali esistenti nel mondo, fra le potenze meno favorite (3 9). !..I Da conversazioni udite fra Ufficiali inglesi l'invio truppe in Libia ha sei"iamente preoccupato come una minaccia verso l 'Egitto la cui difesa è ritenuta notoriamente insufficiente. Si ritiene che forze italiane considerevoli moventi dalla Cirenaica verso il Canale di Suez rappresenterebbero una seria minaccia alle comunicazioni imperiali Britanniche, tali da jè1.r pensare molto a quegli uomini di Stato che vogliono assumersi la responsabilità di applicare sanzioni all'Italia!../ (40). 1.../ La supposta propaganda fatta in Egitto e nel mondo arabo in genere contro gli interessi britannici, le misure precauzionali adottate dall'Italia nel Mediterraneo, la propaganda della stampa con larvate minacce ai possedimenti inilesi nello stesso mare, la dislocazione di una divisione mecca-
>~ La Pradelle (de) A , "Le conflit italo-ethiopienne", Paris, 1936. citato da Pignatelli L., '·La guerra dei sette mesi". Mi lano, Longanesi, 1965, pagg. 27-28. 39 AUSSME, 1-13-39/5. proc. 489del!' 11 .9. 1935, da Add. Mii. Londra a S.1.M., fto col. Mond,1dori. 40 AUSSME, H3-39/5, prot. 509 del 23.9. L935, da Add. MiJ Londra a S.1.M., f.to col. Mondadori
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nizzata al confine Eritrea-Sudan, il successivo invio di forze in Cirenaica a minaccia dell'Egitto, la nostra attività nel Dodecaneso, ecc., il tutto ha valso non solo a convalidare tale atteggiamento antibritannico ma anche a far sorgere il timore che si volesse attentare agli interessi dell'Inghilterra nel Mediterraneo ed in Africa. L'Inghilterra, seriamente allarmata della sua posizione in Egitto, considerato come la chiave del Mediterraneo ed il ponte di passaggio fra l'Europa ed il suo impero, ha gradualmente trasformato la questione abissina in questione molto più importante per i suoi interessi vitali e particolarmente in questione egiziana. È noto come da trattati l'Egitto non possa avere un esercito e come possa quindi trovarsi nella impossibilità di difendersi qualora attaccato; di qui il timore che l'Egitto potesse chiedere all'Inghilterra il permesso di costituire un esercito che sotto la parvenza di difendere il proprio Paese direttamente, ed indirettamente l'Inghilterra, potesse servire a riacquistare la propria completa indipendenza con l'appoggio diretto od indiretto dell'Italia. A calmare le apprensioni dell'Egiuo ne è venuto di conseguenza l'invio delle forze navali nel Mediterraneo. Il rallentamento della tensione avvenuto in questi ultimissimi giorni è dovuto alle reiterate dichiarazione dei due Governi Italiano ed Inglese intese ad assicurare che tulle le misure precauzionali adouate non avevano alcun carattere di minaccia e tanto meno aggressivo. Non è facile fare prognostici su quale potrà essere la soluzione di tale stato di cose, però da numerose conversazioni avute con persone di nota serietà nell'ambiente militare e giornalistico e da vari sintomi coincidenti, ho potuto farmi l'opinione che l'Inghilterra, una volta rassicurata sulla minaccia ai suoi interessi, cercherebbe di salvare il suo prestigio di fronte al mondo, accontentandosi, ben inteso anche qualora si possa raggiungere il consenso unanime presso la L.N., di insignificanti sanzioni di carattere economico tali da non minacciare il turbamento in Europa " /.../ (4 1) . Anche Mussolini, naturalmente, non voleva la guerra con l'Inghilterra ma, al punto in cui erano giunte le cose, non poteva più tornare indietro. La situazione era abbastanza paradossale. Un gran numero di osservatori riteneva imminente la guerra tra i due Paesi europei, entrambi impreparati a sostenerla e decisi a non farla. Infatti quando Mussolini, a fine settembre, domandò che gli inglesi dichiarassero formalmente di non voler intraprendere azioni belliche o bloccare il Canale di Suez, promettendo in cambio di rinunciare a certe "precauzioni militari", Londra gli fornì con sollievo gli affidamenti richiesti. Hoare fece di più: scrisse personalm.ente a Mussolini che l' Inghilterra non intendeva umiliare l'Italia ma vederla "forte e prospera". In ogni caso, assicurò Hoare, le uniche sanzioni contro l'ltalia sarebbero state di natura economica. Ancora il I0 ottobre il Duce aveva dettO ad Aloisi che se avesse ottenuto le grandi regioni vassalle dell ' Etiopia, "l'affare si sarebbe potuto sistemare", confermando il non rifi uto, e forse il desiderio, di una soluzione parziale ma poco costosa. 4 1 AUSSME,
H3-39/5, prOL 524 del 26.9.1935, da Add. Mii. Londra a S.I.M., f.to col. Mondadori.
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La conclusione di Dc Felice è che Mussolini aveva visto giusto quando si era convinto che 1'Inghilte1w, al dunque, non si sarebbe potuta veramente opporre ai suoi progetti etiopici, anche se - almeno in un primo tempo - egli si era eccessivamente illuso sull ' effettiva resistenza che il governo britannico avrebbe opposto ad essi. E ciò perché, nella sua concezione iperrealistica de.i rapporti internazionali come mero fatto cli potenza e di interesse, non aveva considerato che un governo democratico non poteva, anche volendolo, ignorare il peso della propria opinione pubblica e doveva in qualche modo dare ad essa uno sfogo ed una soddisfazione se non voleva esserne travolto ( 42). Sempre secondo De Felice, nella sua analisi storica scevra di pregiudiziali di qualunque natura, un'altra cosa ad ogni modo deve essere ben chiara, e cioè che durante tutta la vicenda etiopica per le grandi potenze l'Etiopia fu sempre e solo un oggetto ciel loro gioco politico, maneggiato da esse solo in funzione di questo, senza scrupolo alcuno e soprattutto senza alcuna reale preoccupazione per i suoi interessi, i suoi aneliti ed il suo stesso destino (43 ). A corredo degli avvenimenti presi in esame, ed in particolare cli quel 1935 che segnò l'acme dell'attività politica e diplomatica prima dell'inizio del conflitto italo-etiopico, negli Allegati compresi fra 7 e 16 vengono ri portati in sequenza cronologica alcuni documenti ritenuti significativi al riguardo, tra i quali di particolare interesse una lettera del Duce all'ambasciatore inglese a Roma (Ali. 9), un rapporto dell'ambasciatore italiano a Berlino (All. I 3), una lettera al Duce dell'ambasciatore italiano a Parigi (Ali . 14) e la relazione ciel ministro degli esteri Dino Grandi in merito al colloquio con Winston Churchill una settimana prima cieli' inizio delle operazioni in Africa Orientale (Ali. 16).
42
43
De Felice R., op. cit., pag. 650. De Felice R., op. cit., pag. 648.
CAPITOLO II
LA PIANIFICAZIONE E LE DIRETTIVE MILITARI
1 - 1932-1934: UN BIENNIO PRELIMINARE
Il primo atto di una pianificazione relativa ad operazioni offensive contro l'Etiopia risale al 1932, sotto forma di uno studio del ministero delle Colonje trasmesso il 29 novembre ai massimi vertici militari (44 ). In esso erano considerate un'ipotesi offensiva ed una difensiva. La prima prevedeva un'azione principale affidata ad un corpo di spedizione muovente dall'E1itrea, ed una sussidiaria demandata a un contingente partente dalla Somalia e mirante ad attirare verso Sud una parte delle forze avversarie. Le GG.UU. che sarebbero dovute giungere dall'Italia erano due divisioni di fanteria, una normale ed una rinforzata con un reggimento alpino. Il totale degli uomini impiegati sarebbe ammontato ad 85.000, ai quali erano da aggiungere i 10.000 disponibili da parte del R.C.T.C. della Somalia ed eventualmente altri I0-12.000 provenienti da reparti di truppe di stanza in Libia costituenti una divisione "speciale". Il concetto operativo era imperniato sull' occupazione rapida di Adigrat e sulla veloce progressione verso Sud per anticipare il grosso dell'esercito etiopico alla stretta di Alagi; questa era l'azione principale, che sarebbe stata messa in atto dal R.C.T.C. dell'Eritrea e dalla divisione di fanteria rinforzata, mentre la G.U. "normale", preceduta da un gruppo di bande irregolari dell'altopiano, doveva procedere all'occupazione della dorsale Enticciò-Adua-Axum assicurando il possesso del Tigrai. L' ipotesi difensiva corrispondeva al caso in cui non fosse stato possibile inviare forze dall'Italia, ovvero che la colonia fosse stata aggredita prima che tali forze avessero la possibilità di giungere sul posto (Ali. 17). Il Capo di Stato Maggiore Generale, dopo aver esaminato il documento, rispose al ministro delle Colonie con una lettera al quanto melliflua nella quale,
44 In real tà già alla data dell'8.9.L932 era stato elabonito, a cura del col. Lu igi Cubeddu, CO· mandante delle truppe del R.C.T.C. dell' Eri trea, uno '"St.udio circa un'azione o ffensiva contro l'Etiopia", limitato al primo sbalzo (occupazione del Tigrai e dei territori fino all'Endertà per attendervi l'eserci to etiopico avanzante lungo la tradizionale. via Dess ié-lago Asciangh i-tvlacallé e costringerlo in battaglia nelle condizioni a noi più favorevoli). Lo studio prevedeva l'invio di 3 GG.UU. dall ' Itali a e di altre 3 per il successivo sviluppo delle opcrnzioni (AUSSME, H4 3-5). Sempre nel 1932 era stato redatto il " Piano di difesa del la Colonia Eritrea", a cura dello stesso Stato Maggiore del R.C:f.C., basato su l totale ed esclusivo impiego delle risorse di uomini e mezzi de i quali la colonia stessa era in grado di poter disporre (ASD-M AE, Africa I, 35/8).
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previa una iniziale dichiarazione di concordanza con i concetti ispiratori del progetto, concludeva esprimendo tutta una serie di riserve piuttosto marcate circa la reale possibilità di attuare un'offensiva in profondità sulla base di un mese d i preparazione e con l'impiego di soli 85.000 uomini. Il progetto rappresentava un'inversione cli tendenza da parte del ministro delle Colonie che otto mesi prima, dopo essere stato inviato da Mussolini in Eritrea per assumere sul posto elementi informativi diretti circa la situazione generale e locale, aveva stilato una relazione in data 28 marzo nella quale riteneva più conveniente, a fronte di una soluzione militare, un'azione politica (45 ). Ma in luglio Mussolini invitò De Bono a prendere in esame la prepai·azione militare per un'iniziativa in A.O., da questi presentata attraverso l'ufficio militare del proprio dicastero allo Stato Maggiore R.E. il cui ufficio operazioni esprimeva senza reticenze un parere nettamente critico (46). L'evoluzione ciel quadro poli tico internazionale, imperniata sull'assunzione del potere in Germania da parte cli Hitler e sulla contemporanea, crescente propensione francese cli acconsentire ad iniziative ital iane in Etiopia in cambio della rinuncia alle rivendicazioni sulla Tunisia e dell'appoggio al mantenimento dell'equilibrio europeo quale risultava dopo Versailles, fece sì che agli occhi delle supreme gerarchie dell'Esercito il piano offensivo nei confronti dell'Etiopia passasse da una caratterizzazione puramente teorica ad una di concreta fattibilità a scadenza medio-breve, pur se limitato ad una modesta avanzata iniziale che avesse indotto l'avversa1io ad attaccare le nostre posizioni dalle qual i sarebbe poi partita la progressione in profondità. La cautela manifestata dalla dirigenza militare traeva 01igine verosimilmente dal fatto che il progetto di espansione africana coincideva con la probabilità di dover affrontare una guerra contro la Germania, con una notevole elevazione, quindi, ciel livello di rischio. Infatti una sconfitta, che sarebbe risultata ancora più risonante di quella subita ad Adua nel 1896, avrebbe comportato la rinuncia definitiva all'Etiopia e comunque alle mete piL1 ambiziose previste da Mussolini per la sua politica di espansionismo italiano. Inoltre, lo studio di De Bono peccava di superficialità, così come dimostrato, fra l'altro, dalle disinvolte considerazioni sull'impiego del mezzo aereo che prevedevano la concentrazione di più di un centinaio di velivoli sull'altopiano eritreo pressoché sprovvisti di attrezzature idonee e la loro entrata in azione p1ima ancora dell'inizio delle ostilità terrestri, cioè 2-3 settimane dopo l'avvio della mobilitazione e della radunata delle truppe (47 ) . Era questa l'espressiòne di un'incompetenza per cui il ministro delle Colonie divisava l' impiego dell'Aeronautica senza essere in grado di valutarne le reali capacità operative, aggravata dall'assoluta mancanza d i coordinamento fra le due forze armate interessate e dall'assenza di un organo interforze capace di vagliare il tutto e decidere in meri to con adeguata cognizione di causa.
45
Bianchi G. F., "Rivelazione sul conflitl.o italo-etiopico"', Milano, Ceis, I 987, pag. I 31 . AUSSME, Nl 1-4418/4, Comando del Corpo di S.M.- Uff. OPR, "Sommario esame dei pri nci pali clementi per la formulazione di un piano di operazioni contro l'impero etiopico·· del 9.7.1932, senza a ltre indicazioni di riferimento. 47 ACS ,Fondo Badoglio, b.4, fasc.8, proc.82017 del 29.Xl.1932, da Ministern Colon ie a Min istero Aeronautica e p.c. a Capo S.M.Gcn., f. 10 Dc Bono. 46
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Come 1ileva giustamente Rochat, questo primo progetto operativo assumeva una valenza non tanto militare quanto politica, evidenziando la tendenza, da parte di De Bono e dei suoi più stretti collaboratori, a promuovere un'iniziativa offensiva nei confronti dell'Etiopia minimizzandone il rischio, i costi e la complessità della preparazione necessaria (48). Era tipico, infatti, che all'epoca i piani dei singoli organismi militari (o politico-militari, nella fattispecie) non fossero sottoposti ad una reale valutazione tecnica e politica al massimo livello, dal momento che Mussolini aveva concesso loro la massima autonomia concentrando nella sua persona solo la direzione della politica militare ed il controllo "da lontano" delle forze armate. Il tutto aveva d'altronde una sua logica quando si consideri il rapporto su base di compromesso stabilitosi fra l'apparato mil itare ed il capo del governo e risalente fin dai tempi della sua ascesa al potere. Mussolini gar·antiva infatti agli alti comandi il pieno control.lo delle proprie strutture, senza ingerenze né rilievi, in cambio del sostegno ad una politica di prestigio che avallasse la ricerca ed il conseguimento di un'adeguata collocazione internazionale. La condotta di Mussolini verso le forze armate era pertanto riconducibile alla logica cli una mediazione personale che si svolgeva sempre nei limiti concessi dai singoli gruppi di potere militari (in primo luogo quello badogliano, predomi nante) nessuno dei quali ammetteva intrusioni nemmeno del capo ciel governo nella propria sfera. L'auto1ità effettiva del Duce si esercitava solo nelle situazioni fluide, allorché eventi molto particolari tendevano a sconvolgere l' equilibrio dei predetti poteri, ma anche in questi casi non ne conseguiva un accentramento egemonico eia parte sua quanto invece una nuova forma cli equilibrio statico fra i diversi clan. Di fronte alle remore dello Stato Maggiore Generale e di quello dell'Esercito, Mussolini - che il 16 novembre 1933 aveva avocato a sé anche i ministe1i della Marina e dell'Aeronautica, nominando quali sottosegretari di Stato rispettivamente l'amm. Domenico Cavagnari ed il gen. Giuseppe Valle - decise di affidare la preparazione dell'azione africana a De Bono, notificandogli che la stessa avrebbe dovuto essere portata a termine entro il 1936 (49), sia perché sembrava ineluttabile demandarla a chi ne aveva posto per primo le premesse operative manifestando anche la convinta determinazione di portarla a termine, e sia perché, nell'intento di conferire all'impresa una netta impronta politico-ideologica, appariva utile amibuirne la direzione a chi poteva vantare particolari benemerenze fasciste come era appunto il caso ciel quadrunviro De Bono. La decisione di Mussolini provocò una netta presa cli posizione da parte della massime gerarchie dell'Esercito e del Capo di Stato Maggi.ore Generale. Per quanto riguardava quest'ultimo, molto di più che delle responsabilità connesse a questo incarico Badoglio sembrava preoccupato delle proprie prerogative cli governatore della Tripolitania e del la Cirenaica, così da contestare a De Bono il fatto che questi avesse previsto l'impiego in A.O. di reparti stanziati in Libia senza averlo preventivamente consultato, il che rimarcava l'ambiguità della sua doppia posizione che lo 43 Rochac G., "Militari e politici nell a preparazione de lla campagna d'Etiopia", Milano, Franco Angeli, I 97 1, pag. 30. 49 Dc Bono E., "La preparazione e le prime operazioni", Roma, Isti tuto Nazionale Fascista di Cultura, 1936, pag. 8.
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portava, quale governatore dei predetti territori nordafricani, a dipendere dal ministro delle Colonie sul cui operato era chiamato però, nel contempo, ad interferire almeno in parte quale Capo di Stato Maggiore Generale. L'atteggiamento oppositivo dei ve1tici militari traeva certamente origine da motivazioni di carattere pratico. In primo luogo, il timore di possibili turbative internazionali che sarebbero sopraggiunte proprio nel momento in cui, con buona parte delle forze impegnate in Africa, il dispositivo militare italiano sarebbe stato più debole. Oltre a ciò, c' era la preoccupazione per i vuoti nelle dotazioni dell'Esercito che la campagna avrebbe provocato e per i ritardi che avrebbe prodotto nei programmi di riorganizzazione dello stesso. Inoltre, i militari pensavano ad una guerra di tipo "europeo", basata sull'impiego coordinato e massiccio di automezzi, artiglieria ed aviazione, che avesse come obiettivo più o meno dichiarato lo smembramento dell'impero etiopico, mentre i "coloniali" invece preparavano una guerra più tradizionale, di tipo "coloniale" appunto, con forze limitate ed obiettivi generici, basandosi sulla mobilità dei reparti indigeni e sulla supe1iorc capacità tecnico-professionale dei comandi (5°). Ma le vere, prioritarie motivazioni erano di natura "corporativa". Come rileva Mazzetti, le massime autorità militari vedevano infatti nelle iniziative del ministero delle Colonie il chiaro intendimento di soppiantare lo Stato Maggiore, il disegno di contrappoITe alla pignoleria ed alla prudenza dei "parrucconi" dell'Esercito la spigliatezza e l'energia delle istituzioni generate dal fascismo, Di questo intento non si faceva mistero, come risultava da un commento espresso nel corso di un colloquio con il gen. Quirino Armellini, vicino a Badoglio, da paite di un alto funzionario di quel dicastero, secondo il quale "in questa guerra dimostreremo che si può fare a meno dello Stato Maggiore" (51) . Si trattava di un atteggiamento che i militari, compresi que lli filofascisti come Baistrocchi, non potevano ammettere tanto più che appariva evidente il dilettantismo con cui i "coloniali" avevano impostato la preparazione e formulato i piatù di campagna, contravvenendo così anche alle disposizioni legislative secondo le quali lo st11dio e l'elaborazione dei piani per operazioni oltremare ove fosse previsto l'intervento di forze metropolitane erano di esclusiva pertinenza dello Stato Maggiore del R.E. (52). Di fronte alla unanime levata di scudi delle massime autorità dell'Esercito, Mussolini cominciò a trovarsi in difficoltà. Anzitutto era indubitabile che i "professionisti" avessero una visione più reale rispetto ai troppo disinvolti seguaci di
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Pieri P., Rochat G., "Badoglio'', Torino, Utet, 1974, pag. 649. M., " La politica militare italiana fra le due guerre mondiali (1918-1940)", Salerno, ediz. Beta, 1974 , pag. 154. 52 Pieri P. , Rochat G. , op. cit .. pag. 640. Tra la fine di febbraio e quella di m.arw del 1934 vi sarebbe stato uno scamb.io di leuere fra De Bono e Baistrocchi avente come oggetto "La preparazione mi litare in A.O." ne l corso del quale il secondo non avrebbe perso l'occasione per impartire con ostentata sufficienza al primo, in relazione alla rich iesta di cannoni di vario ca libro, una lezione di tecn ica artiglieresca elementare, ribadendo a ltresì come ogni azione mi litare in colonia, se in grande stile e dovendosi fare assegnamento su mezzi tratti dal territorio nazionale, dovesse essere oggetto di studi concordati tra i ministeri della Guerra e delle Colonie (AUSSME, 114 3- 1/ 1, prot.80171 del 27.2.1934, da Ministro Colonie a Sotlosegr. Stato Guerra , f.to De Bo no; AUSSM E H4 3- 1/2. prot.6093 del 2 1.3.1934, da Ministero Guerra-Segreteria Mi litare a Ministro Colonie, f.to Baistrocchi). 51 Mazzetti
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De Bono; inoltre, Badoglio e lo Stato Maggiore dell'Esercito godevano dell'appoggio del Re, contra1io in genere alle guerre coloniali ed in particolare a questa anche perché, nel corso di una sua recente visita in Eritrea, aveva potuto constatare direttamente la debolezza delle infrastrutture, che in un'impresa tipo quella preventivata avrebbero dovuto sostenere l'intero peso dell'enorme sforzo logistico. D'altro canto il Duce non poteva onnai revocare l'incarico a De Bono e, inoltre, demandando la preparazione della campagna allo Stato Maggiore R.E. si poteva correre il rischio che questo, recalcitrante nei riguardi della stessa, assumesse un atteggiamento ostruzionistico mirante ad annullarla completamente. Di conseguenza, Mussolini ricorse ad una via di mezzo accettando eia un lato il punto di vista dei vertici dell'Esercito per quanto si riferiva all'entità delle forze da impiegare ed all'ampiezza dei preparativi, e dall'altro stabilendo che i compiti dello Stato Maggiore si sarebbero limitati alla preparazione logistica mentre i piani di impiego e la preparazione sul posto sarebbero stati cli competenza dei "coloniali". Di fronte a questo parziale accoglimento delle tesi proprie e delle massime gerarchie dell'Esercito, Badoglio mutò atteggiamento insistendo s_ulla necessità cli una lunga ed accurata preparazione, concetto al quale Mussolini sembrò inizialmente aderire, verosinùlmente in relazione all' uccisione del cancelliere austriaco Dolfuss del 25 luglio 1934 ed alla conseguente presa di posizione dell'Italia a tutela dell'equilibrio cenu-o-europeo (Ali. 18). In questa situazione, Badoglio divenne ancora più cauto, tanto più che era scesa decisamente in campo la Regia Marina, fautrice della necessità cli passare all'azione in Etiopia e di intraprendere le operazioni al più presto. Un atteggiamento che aveva una sua logica, dal momento che mentre l'Esercito prevedeva ali' epoca, come zona di intervento possibile oltre la cerchia alpina, la penisola balcanica ed era conseguentemente indotto a formulare le proprie previsioni ed a strutturare la propria organizzazione in funzione dei possibili teatri operativi, la Marina viceversa aveva una visione non solo mediterranea ma inevitabilmente più ampia che non poteva non tener conto dei possibili sviluppi della politica mondiale. Ed infine è molto probabile, come osserva Minniti (53), che anche in considerazione della maggiore aperuira verso i molteplici aspetti della politica internazionale, le autorità navali italiane fossero meglio orientate dei loro colleghi dell'Esercito sulla particolare congiuntura internazionale che sconsigliava i franco-inglesi ad opporsi decisamente ad un'eventuale iniziativa italiana in Africa. Badoglio, rientrato a Roma il 1° gennaio 1934 a seguito della sua sostituzione con Italo Balbo quale governatore della Libia e richiesto eia Mussolini di un circostanziato parere in merito al progetto Etiopia, ottemperò alla richiesta con una lunga lettera in data 20 gennaio. Dopo una serie di considerazioni politiche internazionali, ispirate alla prudenza, e circa le caratteristiche sociologiche e belliche dell'avversario, lo scritto proseguiva trattando della nostra linea di condotta operativa nella quale un aspetto pressoché determinante assumeva il ruolo attribuito all'Aeronautica, che avrebbe dovuto mirare al preventivo annullamento del potenziale nemico in misura tale da inficiarne qualsiasi volontà cli reazione. Do-
53 Minniti
M., op. cit. pag. 157.
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po un 1ilievo critico nei confronti del ministero delle Colonie, il cui ufficio militare aveva steso la propria pianificazione dando per scontato il completamento di alcuni lavori che al momento si trovavano invece ancora allo stato di progetto, Badoglio chiedeva di potersi recare in Eritrea così da poter fornire, una volta esaminati sul posto tutti gli aspetti del complesso problema, un documentato parere di merito. L'ultimo paragrafo della missiva toccava la questione dell'attribuzione del comando: nessuno, affermava Badoglio, poteva mettere in dubbio le qualità militari di De Bono, ma tenendo conto che in caso di conflitto con l'Etiopia proprio il ministero delle Colonie sarebbe stato direttamente coinvolto nella direzione delle operazioni, non sembrava conveniente allontanarne in tali circostanze il supremo reggitore (All. 19). La missione di Badoglio in Eritrea non ebbe luogo in quanto Mussolini ritenne avrebbe potuto risultare, data la situazione in atto, alquanto pregiudizievole nel senso di accelerare quei tempi che era invece interesse deJJ 'Italia ritardare, ed il Capo di Stato Maggiore Generale colse l'occasione per scrivere ancora a Mussolini chiedendo l'urgente assegnazione straordinaria cli fondi per porre riparo alla preparazione militare sino allora effettuata e da lui definita "ine:fficientissima", così come anche molto incerta era da considerarsi la reale consistenza della sistemazione difensiva. Allo scopo di un reale accertamento della situazione, chiedeva infine che gli fosse consentito cli inviare in faitrea, in sua vece, almeno il proprio collaboratore col. Sebastiano Visconti Prasca (All. 20). L' 11 marzo il capo di stato maggiore dell'Esercito Alberto Bonzani trasmise a Baistrocchi, che dal 22 luglio 1933 era subentrato a Gazzera quale Sottosegretario di Stato alla Guerra, le osservazioni sul piano di difesa preparato dal comandante del R.C.T.C. dell'Eritrea. Dopo averne criticato le premesse e l'ottimismo ed aver chiarito come le esigenze difensive del territorio nazionale rivestissero carattere di assoluta priorità, Bonzani metteva in evidenza come il problema della difesa e dei rinforzi alla colonia variasse sensibi lmente in relazione alle ipotesi di una guerra europea che verosimilmente avrebbe preceduto l'operazione Etiopia. Pertanto era necessario rielaborare la pianificazione difensiva prendendo distintamente in esame i casi di alleanza o di guerra con la Francia; in quest'ultima circostanza, l'Eritrea non avrebbe potuto contare su nessun sostegno dall'Italia, sia per l'indisponibilità di fond i e di mezzi e sia per la precarietà dei trasporti marittimi. Inoltre, circa l'integrità territoriale della colonia, era necessario entrare nell'ordine di idee che non tanto questa era essenziale quanto invece il possesso della testa di sbarco (Massaua) e dello sbocco sull'altipiano (Asmara) - All. 21. Le considerazioni di Bonzani erano ce11amente pertinenti, ma al di là della loro impronta tecnico-professionale erano anche l'espressione del suo legittimo desiderio di veder chiarita la propria posizione nei confronti delle operazioni coloniali. L' art. 6 del D.L. n° 69 del 1927 sanciva infatti in maniera inequivocabile la funzione esclusivamente consultiva del capo di stato maggiore dell'Esercito in merito a quelle operazioni coloniali che, per la loro rilevanza, avessero richiesto e lasciato prevedere la partecipazione di reparti e mezzi cli quella forza armata. L'argomento in effetti necessitava di una precisazione, ed a ragione pertanto Bonzani chiedeva che la propria pertinenza sui piani e le predisposizioni per la preparazione alla guem1, riconosciutagli nell'ambito generale dell'art. I del pre-
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detto D.L., fosse estesa alle operazioni oltremare richiedenti l'impiego anche dei contingenti metropolitani. La richiesta era legittimata dall'indubbia considerazione che il capo di stato maggiore dell'Esercito fosse in grado di procedere alla pianificazione meglio di quanto non lo fosse l'ufficio militare del ministero delle Colonie. La questione fu clirenta da Badoglio ribadendo a De Bono, con una lettera ciel 7 aptile, come l'ente al quale competeva per disposizioni legislative lo studio e la redazione dei piani di guerra per operazione d'oltremare ove intervenissero forze metropolitane era esclusivamente lo Stato Maggiore della R.M. per quanto riguardava le questi01ù navali. D ' altro canto, continuava la lettera, "nulla impedisce che S.E. Bonzani, nel corso di questi studi, abbia continuo contatto con V.E., designato dal Duce quale eventuale comandante di tutte le forze che verrebbero concentrate in Eritrea, e tenga gran conto dei suggerimenti e dei de sideri che V.E. può manifestare" (54 ). A metà aprile, le competenze erano così ripartite: Badoglio supervisore della guerra, Bonzani responsabile de ll'impostazione iniziale della campagna, De Bono comandante designato e responsabile dell'organizzazione difensiva e dell'impiego delle truppe in Etitrea. Una soluzione che in fondo accontentava tutti, compreso De Bono al quale premeva in modo particolare l'incarico di comandante operativo in Eritrea. Una volta attribuitogli, per le ragioni in precedenza accennate, tale incarico ma resosi anche conto nel frattempo che ciò avrebbe potuto essere foriero di scompensi di vario genere, Mussolini volle cautelarsi accentrando l'onere organizzativo ed operativo s ullo Stato Maggiore e facendo sì che Badoglio, più che quello di un comandante, assumesse un ruolo di vero e proprio contro IIore. A fine mese Badoglio inviò a Bonzani, e per conoscenza a Valle ed a Baistrocchi, una serie di direttive riguardanti l'ipotesi di un'iniziativa offensiva etiopica che, piuttosto eufemisticamente forse per attenuarne l'imperatività che tutto sommato le connotava, definì "linee generali della nostra preparazione". Esse riguardavano le forze presumibili dell'avversario, quelle nostrane mobilitabili sul posto e da inviare dall'Italia, ed i lineamenti generali della nostra organizzazione difensiva. Il concetto operativo si basava sull'attesa dell' urto nemico, disturbandolo il più possibile dal cielo nella fase di radunata, e su una controffensiva da effettuarsi nel territorio etiopico la cui entità e direttrice sarebbero state ovviamente precisabili al momento (Ali. 22). TI che, d'altra parte, era ineluttabile, laddove si consideri che lo stesso Mussolini non era in grado di sapere fino a che punto l'evoluzione della situazione politico-diplomatica internazionale lo avrebbe indotto a spingersi. Ne conseguiva come l'elaborazione di un progetto controffensivo, che in realtà sarebbe stato il vero, reale ed oggettivo piano di guerra, non sarebbe stata realizzabile che ad operazioni avviate e pertanto sarebbe ricaduta sotto la specifica pertinenza del comandante sul campo. Ma poco dopo, da parte di Badoglio, si verificò una repentina inversione di tendenza nei riguardi della convenienza di un conflitto con l'Etiopia, ed in tale
54 ACS, Fondo Badoglio, b.4, fasc.32, prot. 779 del 7.4.1934, da Capo S.M. Gen. a Ministro Colonie e p.c. a Sottosegr. Stato Guerra e Capo S.1-,·1.R.E., f.to 13adoglio.
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senso espresse con De Bono le proprie perplessità. La guerrn, scriveva il 12 maggio - quattro giorni dopo la missiva, su richiesta dello stesso De Bono, sarebbe stata inviata anche a Mussolini - sarebbe costata intorno ai sei miliardi, circa un terzo quindi della nostra riserva aurea, l'Esercito avrebbe vissuto una duplice crisi, di organici durante la campagna e di dotazioni dopo stante la lentezza del loro reintegro, ed infine un'eventuale espansione territoriale dall'Eritrea non solo non avrebbe rappresentato un traguardo pagante ma si sarebbe dimostrata invece come un onere per il nostro già critico bilancio coloniale. A suo parere, conveniva pertanto attenersi sempUcemente ad un contegno "risoluto ma prudente" portando a termine la nostra organizzazione difensiva nel caso che il Negus si fosse deciso alle ostilità contro di noi. In tale evenienza, avremmo accettato la lotta cercando la grande battaglia risolutiva (All. 23). Rochat, nel citato volume sul molo svolto da militari e politici nella preparazione alla campagna d'Etiopia che costituisce l'opera più completa al riguardo, condotta con il metodo criticamente analitico caratteristico dell'autore, afferma che non si possa negare a Badoglio, nella fattispecie, una franchezza di linguaggio ed un'ampiezza di vedute certo inusuali all'epoca che stavano a testimoniare di un' autonomia di giudizio conservata sino a quel momento agli alti livelli dell'Esercito così come risultava anche dagli atteggiamenti di Bonzani. Lo stesso Rochat, d'altra parte, evidenzia come, dopo aver elencato valide ragioni per non attaccare l'Etiopia, sarebbe stato proprio Badoglio a dirigere la campagna, manovrando - aggiungiamo noi - più o meno occultamente, con quell'abilità che sotto questo aspetto era una delle sue caratteristiche maggiori, per esserne incaricato da Mussolini (55). Ma il fatto realmente nuovo fu rappresentato dalht relazione redatta dal col. Visconti Prasca al rientro dalla sua missione ispettiva in Eritrea, un documento stilato in forma molto dettagliata e sincera, una sincerità che metteva impietosamente a nudo una vasta serie di deficienze ad ogni livello tali da far esprimere il compilatore nel senso di un'assoluta prudenza nei riguardi dell' Etiopia, facendo molta attenzione a che l'operazione non si tramutasse per l'Italia in un pericoloso salto nel buio. li lettore potrà entrare nei particolari del documento che è pressoché integralmente riportato nell'Ali. 24, addentrandosi specificamente nelle varie tematiche trattate - collegamenti stradali e telegrafici, rete idrica, sistemazioni logistiche, mobilitazione e addestramento delle truppe indigene e nazionali, organizzazione aeronautica, ecc. - ma è opportuno sin d'ora sintetizzare il quadro globalmente negativo della situazione, particolarmente di quella relativa alla sistemazione difensiva che veniva dichiarata senza mezzi terrnini inefficiente ad ogni livello, mentre altrettanto deficitario era definito il servizio informazioni le cui condizioni risultavano addirittura inferiori a quelle ciel 1896 dal momento che all'epoca, se non altro, esisteva una schiera di ufficiali coloniali di provata esperienza che conoscevano per pratica personale l'oltre frontiera. Badoglio sottopose la relazione Visconti Prasca a Mussolini e questi, il 28 maggio, riconobbe 1' aspetto bellico dell' Eritrea molto critico e tale da non garantire di poter resistere ad un improvviso attacco etiopico. Occorreva quindi prov-
55 Rochat G. , op. cit., pag. 58.
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vedere a 360° per incrementare l'apprestamento militare della colonia e, durante i tre annj necessari alla bisogna, era assolutamente indispensabile "cloroform izzare" le centrali politico-militari dell'impero negussita così da fornire assicurazione circa la mancanza cli una volontà aggressiva da parte nostra. Non volle, peraltro, sconfessare De Bono, che intendeva nominare governatore dell'Eritrea con alta giurisdizione sulla Somalia; rendendosi conto del contrasto fra questa idea e la realtà ormai interamente chiara della situazione eritrea, chiese a Badoglio se riteneva De Bono "specialmente adatto a questo incarico". Una domanda che conteneva in sé i presupposti per una risposta quanto meno conciliante. Badoglio rispose per iscritto il giorno dopo, ed in forma del tutto esplicita. De Bono aveva visitato la colonia tre anni prima, da solo, e poi due anni dopo accompagnando il Re. Egli, che era a conoscenza del nuovo orientamento a noi sfavorevole del Negus, avrebbe dovuto quindi sin da allora prendere tutti i provvedimenti necessari per mettere in migliori condizioni la colonia, chiedendo i fondi occorrenti. Invece nulla era stato fatto se non studi sulla carta e qualche provvidenza di scarso rilievo nell'ambito operativo, mettendo invece allo studio un velleitario progetto offensivo verso il lago Ascianghi a ben 500 km. da Massaua. Per queste considerazioni, concludeva Badoglio, non riteneva che De Bono fosse l'uomo giusto per una situazione quale era quella dell'Eritrea al momento (Ali. 25). Di questa lettera ne inviava copia al Re, alimentando così la preoccupazione già in atto. Vitto,io Emanuele ID era stato a lungo contrario all'impresa etiopica, convinto com'era che bisognava concentrarsi sulle pe1icolose vicende europee, e tale stato d'animo lo avrebbe accompagnato per buona parte del 1935. L'allineamento del sovrano alla politica mussoliniana relativa all'iniziativa offensiva in A.O. si sarebbe concretamente realizzato solo alla vigilia della decisione di iniziare le ostilità. Come argomenta De Felice, è probabile che in questo mutamento di atteggiamento non abbia influito solo la suggestione delle argomentazioru e della sicurezza di Mussolinj ma anche quella di altri fattori: la reazione suscitata in lui dalla dimostrazione di forza inscenata dall'Inghilterra con l'invio nel Mediterraneo della Home Fleet, pur sapendo anch'egli come si trattasse in realtà di un bluff; e la consapevolezza che l'opinione pubblica interna era sempre più largamente oiientata per la guerra e, a questo punto, sarebbe stato difficile e forse pericoloso per la Corona fermare Mussolini. Né, infine, si deve sottovalutare il fatto che al Re doveva essere noto che nelle stesse forze armate vi erano settori che vedevano di buon occhio l'eventualità della guerra e che, pertanto, non era escluso che un suo puntare i piedi all'ultimo momento avrebbe potuto suscitare frizioni e contrastanti giudizi al loro interno (56) . Alla fine di maggio Mussolini deliberò nuovi stanziamenti che dettero rinnovato e più organico impulso alla preparazione difensiva dell'Eritrea. Venne nominato l'intendente del corpo di spedizione nella persona del gen. Fidenzio Dall'Ora, il cui primo incarico fu di studiare sul posto le possibilità logistiche e l'organizzazione dei servizi nell'eventualità di dover procedere all'invio delle truppe metropolitane. Dal maggio al dicembre del 1934 i preparativi bellici procedettero
56 De Fel ice R., op. cit., pagg. 631-632.
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senza colpi cli scena né contrasti dichiarati, affidati a De Bono sotto la supervisione, peraltro molto fluida, di Badoglio ed il concorso piuttosto marginale dello Stato Maggiore R.E.. Ad esso era stata atu·ibuita la responsabilità dell'organizzazione e del trasporto del corpo di spedizione, e vennero pertanto messi a punto una serie di piani di mobilitazione e di operazioni sotto la denominazione di "Progetto A.O." che, pur rispondendo al concetto della difesa manovrata, prevedevano una seconda fase controffensiva da condurre da Nord. Le linee generali di impostazione del progetto 1ichiedevano inevitabilmente la costituzione di un Comando Superiore A.O. rispondente al criterio di interdipendenza delle operazioni in E1itrea ed in Somalia, e di una Intendenza A.O. in grado di presiedere all' organizzazione ed al funzionamento dei molti e complessi servizi (57). Il corpo di spedizione metropolitano avrebbe compreso un comando di C.A. Speciale, tre divisioni di fanteria (Gavinana, Sila, Peloritana) e truppe e servizi non indivisionati; era altresì prevista la mobilitazione di una quarta divisione di fanteria (Gran Sasso) da considerarsi in un primo tempo quale riserva. Il totale ciel corpo di spedizione ammontava a 82.303 uomini (3 105 ufficiali + 79.198 uomini di truppa), 13.872 quadrupedi, 2435 automezzi, 399 motomezzi, 1872 mitragliatrici, 220 cannoni, 46 carri armati ai quali erano da aggiungere 100 velivoli della R.A. con il relativo personale navigante e cli supporto a terra. A queste forze anelavano assommate quelle indigene già sul posto, valutabili intorno ai 20-25 .000 uomini. Per l'approntamento delle stesse era contemplata l'esclusione di volontari in relazione all'entità ciel contingente, alla necessaria riservatezza ed alla rapidità con la quale le GG.UU. avrebbero dovuto mobilitarsi e partire (58); il volontarismo avrebbe invece trovato larga applicazione nelle GG.UU. da approntare in seconda fase. I costi, valutabili per l'impiego di tutte e quattro le divisioni per un pe,iodo di un anno, erano indicati in poco meno di 5 miliardi (All. 26). ll "Progetto A.O.", così come il piano precedente del 1932, non prevedeva per la Somalia l'invio di unità metropolitane di rinforzo, e pertanto quella colonia avrebbe dovuto fronteggiare la situazione con i propri mezzi, mantenendo un atteggiamento di "difensiva attiva" (59). 57 Il gen. Dal l' Ora, dopo un accurato esame delle possibil ità d i trasferimento, soggiorno cd impiego sull'altopiano eri treo di un C.A. nazionale su 3 division i da inviare in rinforw al C.A. ind igeno, era pervenmo in novembre a conclusion i piuttosto negative nel senso d i uno sbarco ed un trasferimento sull'altopiano lenti e dirticoltosi ed un funzionamento dei servizi, a schieramento u.ltima 1.0, molto aleatorio (AUSSME, D 1-2, prot. 1394 del 22.Xl. 1934, promemoria del Ministero Guerra, Comando del Corpo di S.M.- Uff. Colonie, oggetto: "Organizza:tione mi litare dell'Eritrea", senza indicazione di fi rma). 58 li Capo di Stato Maggiore della R.M ., in una relazione inv iata al Capo di Stato Maggiore Generale ed al M inistro delle Colonie alla fine di luglio del 1934 inerente alle modalitii di esecuzione delle spedizioni marittime dall 'Ita lia in Eritrea per effetto dei vi ncol i derivanti da lla Lega delle Naz ion i, riteneva conven ie nte effettuare gnidualmente e progressivamente l' inv io di molti rinforli, senza legame di tempo e di spazio, valendosi degl i ordinari mezzi di trasporto, e li mitando l' entità del corpo di spediz ione propriamcnce dello da e ffettuarsi ad avvenuta mobilitazione (ACS, Fondo Radoglio, B.4, prot. 731 RR del 30.7.34, da Stato Maggiore R.M.-Uff. Capo di S.M. , a LL.EE. il Capo di $t;llo Maggiore Generale ed il Ministro delle Colonie. f.to amm . Cavagnari). 59 Ministero della Guerra, "Relaz ione sull'allività svolta per l'esige nza A.O.", Roma, Istituto Poligrafico dello Stato. 1936, pagg. 2-4.
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Ad ogni modo Badoglio aveva già preso atto del fallimento suo e degli alt1i vertici militari per avocare la responsabilità dell'intera preparazione sottraendola a De Bono, che dell'operazione Etiopia sarebbe stato, almeno nelle fasi iniziali, anche il Comandante Superiore. Con l'ambiguità che gli era propria, cominciò a non rivolgersi più a Bonzani ma allo stesso De Bono, cercando di influenzarlo pur dandogli atto della sua posizione di autorità. Come rileva Rochat, Badoglio in ultima analisi cercò di riguadagnare, nell'ottica cli acco1to gestore del proprio prestigio personale, quel ruolo di supervisore che gli garantiva, insieme con la sua carica di massimo esponente delle forze annate, l'accesso diretto al capo del governo ed al Re (60). Ma non era solo Badoglio ad agitarsi e ad intrigare. Secondo la valutazione cli Del Boca, gli altri pretendenti sarebbero stati almeno quattro: il quadrunviro De Vecchi, ministro dell'Educazione Nazionale e certamente uomo più d' azione che di pensiero, Balbo, privato del dicastero cieli' Aeronautica e "confinato" in Libia come governatore, Graziani, che al comando del corpo d'armata cli Udine sentiva nostalgia per i grandi spazi africani e Baistrocchi, che avrebbe voluw il comando in Africa senza però rinunciare al suo incarico di sottosegretario alla Guerra (61 ) . Né era da escludere il sottosegretario alle Colonie Lessona, non in buoni rapporti con il suo diretto superiore De Bono al quale non riconosceva l'ascendente e le qualità professionali per il comando che gli era stato assegnato (62 ). Ne cercano l'appoggio e l'alleanza Graziani e anche Baistrocchi, che sa Lessona in ottimi rapporti con il Duce e che quando si accorge che la sua candidatura non ha alcuna possibilità di passare, allora, pur cli ostacolare quella di Badoglio, suggerisce il nome del gen. Pirzio Biroli, cugino di Lessona. Dei buoni uffici di quest'ultimo si avvale infine, e con più foituna degli altri, lo stesso Badoglio. Nelle sue memorie, Lessona rievoca come trovandosi a Palazzo Venezia in attesa di essere ricevuto dal Duce fosse giunto Badoglio il quale, presolo eia parte, gli disse: "Si rende conto il capo del governo della responsabilità che si assume affidando il comando delle truppe in Africa ad un generale esonerato dal servizio dopo la prima guerra mondiale mentre è ancora vivo il Maresciallo che ha condotto le nostre armate a Viuorio Veneto?" (63 ) Era un modo p.iù che esplicito di proporre la sua candidatura quale comandante in Africa e lo diceva al sottosegretario alle Colo1ùe perché lo ripetesse al Duce. Mussolini osservava con distacco queste lotte intestine e non cambiava le proprie decisioni. È chiaro che conosceva anch' egli i limiti di De Bono, ma del resto sarebbe stato lui stesso, Mussolini, a coordinare gli sforzi dei quattro ministeri impegnati nell'impresa e ad impedire che potessero commettere errori. A partire dal mese di giugno, quindi, la preminenza di De Bono si accentuava e diniinuiva, pur senza cessare del tutto, la tensione fra militari e "coloniali". Badoglio, resosi fina lmente conto che i suoi sforzi risultavano vani, si allineava mentre chi invece non si rassegnava alla supremazia ciel quadrunviro era Bonzani. In set60
Rochat G., op. cit., pag. 68. "Gli italiani in Africa. La conquista dell' Impero", Bari , Latcrza, 1979, pag. 228. 62 Less<ma A., "Memorie", Firenze, Sansoni, 1958, pagg. 155-156. 63 Lessona A., op. c it., pagg. 157- 158. 6 1 Del Boca A.,
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tembre, però, veniva sollevato dal suo incarico e destinato al comando d'armata di Bologna. Le ragioni del provvedimento non sono mai state chiarite a fondo, ma erano verosimilmente da collegare alla sua ostilità alle avventure colo11iali. La carica di Capo di Stato Maggiore Generale fu attribuita a Baistrocchi, che mantenne anche quella di Sottosegretario alla Guerra, anche se in effetti le funzioni di Capo di Stato Maggiore sarebbero state svolte dal Sottocapo Alberto Pariani essendo Baistrocchi troppo impegnato dai propri compiti ministeriali. Come giustamente osserva Rochat, ne sarebbe derivata una infelice ripartizione delle responsabilità, dal momento che il primo non poteva manifestare realmente l'autorità di Capo cli Stato Maggiore mentre il secondo, che ne disponeva a pieno titolo, non aveva il tempo cli esercitarla, con la conseguenza cli una diminuzione cieli' autonomia e dell'influenza dello Stato Maggiore del R.E. nella determinazione della politica nazionale (64 ). A Federico Baistrocchi, così come agli altri esponenti militari che rivestirono un ruolo di protagonisti nella campagna d'Etiopia, è riservato un apposito capitolo nella terza parte del volume. Qui ricordiamo solo che era stato uno dei generali che già prima del 28 ottobre 1922 si erano espressi in senso favorevole al fascismo, e ciò lo aveva indubbiamente favorito nel subentrare a Gazzera nel luglio del 1933 quale Sottosegretario di Stato alla Guerra. La sua aperta professione di filofascismo non avrebbe mancato di influenzare la sua azione di comando, il che sarebbe stato motivo cli una notevole reazione nei quadri dell'Esercito e ciò, come sottolinea Mazzetti, non tanto per una precisa scelta politica contro il regime quanto perché il corpo ufficiali, specie nei gradi superiori, vedeva compromessa dall'azione del sottosegreta1io quell ' autonomia della quale l'Esercito aveva sempre goduto (65 ). A prescindere comunque da certi suoi atteggiamenti cleontologicamente discutibili, è indubbio che sotto il profilo tecnico-professionale avrebbe dato un notevole impulso all'addestramento i cui frutti si sarebbero manifestati nel corso delle operazioni in Etiopia. Baistrocchi fu inizialmente contrario a questa campagna, perché riteneva inadeguato il "Progetto A.O." delle quattro divisioni, che secondo il suo punto di vista avrebbero dovuto essere almeno 12 o I 5, il che però avrebbe necessariamente rinviato quel!' opera di rimodernamento dottrinario e tecnico da lui iniziata, ed inoltre anche perché paventava le possibili complicazioni con l'Inglùlterra, padrona del canale di Suez, che avrebbero potuto condurci facilmente ad una guerra in Europa. Una volta comunque che l'azione in Etiopia fu decisa, si mise all'opera con grande energia. Mussolini il IO agosto aveva riconfermato al ministro delle Colonie, ai tre sottosegretari di forza armata ed al Capo di Stato Maggiore Generale il proprio punto cli vista sulla questione etiopica, affermando che la situazione del momento in Europa, con l'ormai avvenuto fallimento della conferenza sul disarmo e con i conflitti in Estremo Oriente, era così incerta che tutte le forze armate italiane dovevano essere tenute in vigile efficienza per poter affrontare nelle migliori condizioni gli avvenimenti che si potevano produrre anche improvvisamente. Dopo aver ribadito che qualsiasi impresa che in quel momento avesse sottratto impor64 Rochat G., op. cit., pag. 77. 65 Maaetti M., op.cit., pag. 122.
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tanti forze militari allo scacchiere europeo doveva essere ritenuta come sommamente dannosa e come producente un pericolo (66 ). il 30 dicembre lo stesso capo del governo inviò un promemoria al Capo di Stato Maggiore Generale in cui si sosteneva la necessità di concludere a l più presto la questione etiopica con la conquista totale del territorio. Il motivo di questa sollecitudine era quello di avere alle spalle un'Europa tranquilla almeno per il biennio 1935-36 e 1936-37, individuato come il periodo risolutivo. Non meno significativo l'accenno alla Germania, il cui apparato militare ve niva defin ito lontano da quell 'efficienza che poteva consentire di assumere iniziative belliche, senza contare le ragioni di ordine interno che consigliavano alla Germania di fare per qualche tempo ancora una politica di pace. Ciò conrerma come Mussolini intendesse risolvere la questione etiopica prima che il Terzo Re ich fosse in grado di compromettere l'equilibrio europeo. Nel documento, egli indicava l'ottobre del 1935 come il te1mine entro il quale avrebbe dovuto essere approntato il nostro corpo di spedizione, per la consistenza del quale auspicava un totale, fra forze indigene e metropolitane, di 160.000 uomini supportati da 300 velivoli e da 200 carri armati (Ali. 27). Senza dubbio chiaro ed esauriente, il documento, articolato su 14 punti, è da considerarsi fondamentale in quanto segnava una svolta in tutta la preparazione ed anticipava con precisione l'atteggiamento che il capo del governo avrebbe tenuto sino alla fine della campagna. Esso esprimeva anche la convinzione di Mussolini che l' Etiopia si andasse rafforzando in misura tale da rendere con il passar del tempo difficile e pericolosa un'azio ne che in quel momento, invece, non presentava grandi difficoltà, rendendo così impraticabile ogni altra soluzione che non fosse un' iniziativa militare in grande stile e portata a fondo. De Felice, in proposito, oppone alcune riserve, sembrandogli difficile credere che Mussolini pensasse veramente alla possibilità di un rafforzamento dell'Etiopia tale da rendere problematica un'azione militare italiana in tempi più remoti. E d ' altra parte. anche se le direttive si aprivano con l'esame della situazione etiopica, il vero nerbo del ragionamento si trovava nella parte dedicata alla situazione internazionale, per cui in definitiva la decisione di agire era motivata solo in base alla realtà europea; il fatto che in futuro l' Etiopia fosse più o meno forte diventava perciò irrilevante, dato che quel che sarebbe ven uto meno sarebbe stata la premessa essenziale . Ugualmente troppi elementi indurrebbero a mettere in dubbio anche la sincerità dell'altro aspetto, poiché in realtà Mussolini non doveva in quel momento affatto escludere che un atteggiamento energico cd un abile negoziato internazionale potessero evitare il conflitto (67). La linea politica enunciata comportava anche non poche ed importanti implicazioni nella preparazione della campagna, la più evidente delle quali era rappresentata dal radicale superamento di tutte le previsione logistiche ed operative fino allora form ulate. Nel dicembre 1934, infatti, si prevedeva ancora di trasferire in A.O. un totale di 80-100.000 uomini, mentre invece entro lo stesso mese del 1935 66 AUSSME, HS -54, senza indie.ne di prol. del I 0.8.1934. da Capo del Governo a Ministro Colonie, Sottosegretari Guerra, Marina. Aeronautica e p.c. al Capo di Stato Maggiore Generale, f.to Mussolini. 67 De Felice R .. op. cit., pag. 609.
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ne sarebbero stati inviati tra le due colonie, l'Eritrea e la Somalia, circa 400.000 seguiti poi da altri 250.000 nei primi mesi del 1936. Si tratta, ovviamente, di totali raggiunti progressivamente, attraverso una serie di successivi incrementi attivati quasi sempre su injziativa di Mussolini, una crescita nelle dimensioni dell'impresa di fronte alla quale i vertici militari, tram1e qualche eccezione, furono almeno al1' inizio presi in contropiede e quasi sconcertati. Nella sua analisi del fenomeno, Rochat ipotizza come la resistenza passiva opposta a più riprese eia alcuni generali, con Badoglio in testa, alla politica etiopica ciel Duce possa essere attribuita soprattutto all'istintiva fedeltà alla tradizionale politica militare italiana imperniata più su una guerra in Europa che non oltremare, così come pure avrebbe avuto un indubbio valore politico il loro progressivo cedimento, che avrebbe portato il maggior esponente, quel Badoglio che pur era -. o avrebbe dovuto essere: l'inciso dubitativo è nostro - consapevole del reale rappo1to di forze con le altre potenze, a richiedere l'invio in A.O. di ulteriori mezzi, inficiando così maggiormente la validità della tradizionale organizzazione difensiva nazionale (68 ). 2 - IL 1935,
L'ANNO CRUCIALE
Le direttive di Mussolini del 30 dicembre 1934 rappresentavano, più che un documento conclusivo, una formulazione di partenza per una discussione a più voci, in primo luogo la propria, sulle opportunità operative che avrebbe occupato la terza e decisiva fase della pianificazione bellica una volta fal lito il nuovo tentativo cli Badoglio di ottenere un rinvio di un anno della data prevista per l'inizio delle ostilità. Il Capo di Stato Maggiore Generale, infatti, aveva indetto i I I 4 gennaio 1935 una riunione con il Sottosegretario alla Guen-a, il Capo di Stato Maggiore ciel!' Aeronautica ed i Sottocapi delle tre forze annate (69 ), la cui agenda includeva le forze da mobilitare, il trasporto delle truppe via mare, le vie di comunicazione, i servizi per le truppe operanti, la protezione delle retrovie, il munizionamento per le forze aeree (convenzionale ed all'ip1i te) ed i provvedimenti per la Somalia. Delle risultanze della riunione fece poi oggetto di una relazione a Mussolini trasmessagl i cinque giorni dopo, ed i cui elementi essenziali consistevano nei dati statistici circa le forze che sarebbero state messe in campo dalle due patti (per l'Italia, 140.000 uomini con circa 3000 mitragliatrici, 500 pezzi di artiglieria, 3500 automezzi, 70 caITi armati, 34.000 quadrupedi e 250 velivoli; per l'Etiopia, 300.000 uomini con circa 500 fra mitragliatrici e fucili mitragliatori) e nelle considerazioni finali che, imperniate sull'impossibilità di poter disporre del!' intero corpo di spedizione prima ciel febbraio 1936, delle forze aeree prima cieli' ottobre 1935 e della viabi lità lungo le principali direttrici stradali fra le basi portuali e l'altopiano anch'essa prima dello stesso mese, lo portava a concludere che "occorrono a noi tutto il 1935 ed i primi otto mesi del 1936 per essere in grado di affrontare un problema così arduo con sicurezza di successo". Quanto 68
Rohat G., op. c it.. pag. 109. Dalla primavera dell 'anno precedente, le cariche di Capo di Stato Maggiore della R.M. e della R.A. erano state attribuite ai rispe ttivi Sottosegretari di Stato, con decorrenza dal 22 marzo per il gen. Valle e dal 7 giugno per l'amm. Cavagnari. 69
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sopra si riferiva allo scacchiere principale, quello eritreo, mentre per quanto riguardava quello somalo, considerato secondario, anche lì la situazione veniva giudicala critica potendo contare, al momento, solo su 12.000 uomini supportati da 50 carri armati ed altrettanti aerei , a fronte di un avversario valutato come almeno quattro volte più numeroso (Ali. 28). La relazione di Badoglio dimostra chiaramente come egli non avesse valutato compiutamente la portata e le implicazioni della decisione espressa da Mussolini con il documento del 30 dicembre. che aveva cambiato i termini de lla quasi totalità dei calcoli compiuti sino allora. Infatti, menu·e l'Aeronautica si era detta in grado di completare gli apprestamenti necessari e ad inviare in A .O. i ve li voli richiesti entro i primi giorni dell' ottobre 1935, la Ma,ina aveva dato analoghe assicurazioni c irca i trasporti dei materiali e delle truppe (7°) e Baistrocchi non aveva addotto particolari difficoltà per l'accelerazione dei tempi nella mobilitazione dei repaiti, il Capo di Stato Maggiore Generale continuava a persistere ne ll 'affermare come l'organizzazione logi stica dell'Eritrea non avrebbe potuto essere completata prima dell'inizio delle piogge estive che avrebbero costretto a lla sospensione dei lavori stradali. Badoglio, non si sa con quanta e ffettiva, reale convinzione, insisteva in modo paiticolare sul problema della costruzione dei bai·accamenti per il riparo degli uomini, dei quadrupedi e de i materiali, il che avrebbe certamente comportato grosse diffico ltà per il trasporto dall ' Jt.al ia del legname e delle strutture prefabbricate nonché per il loro successivo trasferimento e montaggio all 'interno dell 'altopiano etiopico (7 1). Le preoccupazioni di Badoglio si sarebbero rive late prive di fo ndamento, dal momento che le truppe avrebbero trascorso i mesi piovosi sotto tenda, senza risentirne particolarmente. T timori espressi da Badoglio, anche se contestati da De Bono (Ali. 29), avrebbero trovato comunque eco da parte dell ' Intendenza, che sin dai primi mesi del 1935 lo aveva accontentato con l'invio di notevoli qL1anlità dei mate,iali richiesti perallTO rimasti per gran parte inutilizzati. Ma il vero problema, sottolinea giustamente Rocha4 era che la eccezionale larghezza di mezzi messa illimitatamente a disposizione da Mussolini rendeva immediata mente superata la tradizionale impostazione e, nello stesso tempo, esprimeva meglio di qualsivoglia discorso la determinazione con la quale il governo era deciso a seguire i propri piani (72). Anche Badoglio si sarebbe reso conto di ciò, ed avrebbe modificato l' atteggiamento al riguai·do. Circa la sua manovra dilatoria, sempre Rochat ne ipotizza una duplice motivazione che riportiamo testualmente :
"Badoglio avrebbe ingrandito le difficoltà dell'impresa per co11vincere il dittatore ad affidare a lui u11 comando troppo grande per De /Jono. Che tale fosse il suo obie11ivo nel gennaio del 1935 è senz'altro possibile, anche se ci sembra che le dimensioni della Rt,terra coloniale allora previste (3-4 divisioni
70 Biagini A.. Gionfrida A.. ··Lo Stato Maggiore Generale fra le due guerre", Roma, USSM E, 1997, pagg. 327-336. doeumenlO n° 35 (verbale della riunione del 14. 1. I935). 7 1 Per il trasporto di una baracca smontabile capace di 20 posti occorrevano 4 carri ferroviari oppure 8 autocarri pesanti (De Bono E.. op. cit.. pag. 73). 72 Rochai G .. op. cii., pag. 12 I.
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nazionali+ 2 indigene) non fossero tali dajàrgli gola. È però anche possibile che Badoglio vedesse la conquista dell'Etiopia un po' come la riconquista della Libia sotto il suo governatorato: un comando periferico ma prestigioso, una serie di azioni di limitata portata ma di sicuro successo, insomma una guerra coloniale tranquilla, non tale da rinverdire la sua fama di condottiero ma sufficiente ad occupare alcuni anni delta sua vecchiaia" (73). Ma un altro aspetto importante in 111e1ito all'intento baclogliano cli ,inviare nel tempo l'attacco all'Etiopia è costituito dal fatto che esso fosse il frutto di un atteggiamento personale e non il prodotto di un'azione di coordinamento fra gli organi decisionali ed operativi delle tre forze amiate, compito questo che gli spettava istituzionalmente ma in merito al quale aveva sempre avuto - ed avrebbe continuato ad avere - una concezione molto riduttiva (74) . Oltre che fra i dicasteri militari, il coordinamento mancava anche fra quello della Guerra e delle Colonie (7 5), quest' ultimo assunto il 17 ge1maio 1935 direttamente eia Mussolini anche se ne avrebbe garantito
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Rochat G. , op. cit., pag. 123. Il Capo di Stato Maggiore Generale, sia secondo la Legge 866 dell'8.6. I925 che secondo il R .D.L. 68 de l 6.2.1927, aveva una moderata ma esplicita funzione di coordi11amen10 i111e1/orze che rappresentava un'assol uta novità nell'ordinamento militare italiano. La Legge 866, infatti, sanc iva che il Capo di Stato Maggiore Generale era responsabile degli studi e delle disposizioni necessarie per coordi11are la difesa dello Stato ed i pian i d i guerra. Egli poteva dare ai capi di Slato maggiore della Marina e dell'Aeronautica le direttive di base per il concorso di tutte le forze annate al raggiungimento degli obiettivi comuni. Per que lle attribuzion i il Capo di Stato Maggiore Generale veniva a dipendere direltamente dal Presidente del Consigl io. Anche ne l R.D.L. 68 si ribadiva che la carica di Capo di Stato Maggiore Generale ern istituita allo scopo di assicurare il coordinamento dell'organizzazione mil itare dello Stato. Per ulteriori approfondimenti si rimanda, oltre che alla citala opera di Biagini e Gionfrida, alle seguenti pubblicazioni: Botti F., "Comando unico e coordinamento inteiforze nel pensiero militare italiano dei primi anni Venti", in "Informazioni Parlamentari Difesa", n° 8-9, 15.5.1984, pagg. 74-77; Botti F., Ilari V., "Il pens ie ro militare italiano dal primo al secondo dopoguerra", Roma, USSME, 1982, pagg. 70-78; Ceva L., "Costituzione e funzionamento del comando dell'Esercito dal 1918 al 1943", in Atti del Convegno "Il problema dell'alto comando dell'Esercito ita.l iano da l Risorgimento al Patto atlantico" (18 -19 settembre 1982), Roma, USSME, 1985, pagg. 167-223; Ceva L., "Appunti per una storia dello Stato Maggiore Generale fi no alla vigilia della non belligeranza (giugno 1925-luglio 1939)", in "Storia Contemporanea", 2/ 1979, pagg. 207-252; Gelich F., "L'alto comando delle FF.AA. italiane", pagg. 1219-1249 e 136 I - I 379; Rochat G., "L'Esercito italiano da Vittorio Veneto a Mussol ini (19 19-1925)", Bari, Laterza, !967, pagg. 564-575; Pieri P., Rochat G., "Pietro Badoglio", Tori no, Utct, 1974, pagg. 538-554, 563-589, 737-770; Stefani F., "Storia della dottrina e degli ordinamenti dell'Esercito italiano", Roma, USSME, 1985, voi. II, tomo I, pagg. 76-79 e 205-21 I. 75 Con la Legge 749 del 6.7 .1912 il governo era stato autorizzato ad istituiTe il ministero delle Colonie. Con R.D.L. 1205 del 20. I 1. 1912 erano state emanate le nonne relative alla costituzione del dicastero, con posizione di rango dopo il mi nistero degli Affari Esteri. Da esso dipendevano lé! Tripolitania, la Cirenaica, l'Eritrea, la Somalia ital iana ed i protettorati della Somalia settentrionale. L'organiu.a,:ione di pace prevedeva, per il governo di ogni colonia, un governatore civ ile dipendente da l ministero delle Colonie. Questo era costituito da: - due Direzioni Generali: una per la Libia e la seconda per le colon ie dell' Africa Orientale, ciascuna su tre uffici (affari politici, affari civi li ed affari economici e finanziari); · un certo numero di uffici comuni (opere pubbliche, trasporti , scuole ed archeologia, marina mercantile, servizi postali ed elettrici, personale e affari generali, studi e propaganda editoriale, militare); - una ragioneria centrale ed un consigl io superiore coloniale. L'ufficio militare era retto eia un ten. col. e doveva essere soprattutto un organo cli collegamento con i ministeri delle forze armate in funzione delle assegnazioni di personale e di material i. In ogni colon.i.a, daJ governa74
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la reale gestione il sottosegretario Alessandro Lessona, in tale incarico dal 12 settembre I 929; De Bono, infatti, il 16 gennaio era stato nominato Alto Commissario per l'Africa 01ientale, ca1ica alla quale S] sarebbe associata il 28 marzo anche quella di Comandante Supe1iore delle tr.uppe nello stesso scacchiere. Sempre in tema di coordinamento, proprio il fatto che alla testa di molti di questi mi1ùsteri vi fosse solo il capo del governo avrebbe dovuto assicurare, direttamente od attraverso un organo collegiale, una maggiore e più proficua cooperazione. Questa invece spesso venne a mancare, in paJte per difformità di giudizi e di interessi ed in paJte per la tendenza di Mussolini a non delegare l'effettiva autorità ad alai, e ciò pur non essendo egli in grado, per materiale impossibilità ed anche per la mancanza della necessaria competenza nei settori specifici, cli esercitare un'efficace azione di coordinamento. Di ciò, alla fine cli gennaio 1935, si era reso interprete Baistrocchi che attraverso un promemoria per il Duce riproponeva il problema della direzione della campagna, chiedendo che il mirustero della Guerra subentrasse a quello delle Colonie nella relativa responsabilità e che fossero afliclate al Capo di Stato Maggiore Generale le funzioni di coordinamento fra i ministeri interessati. Della concezione alquanto limitata di Badoglio nei 1iguardi dell'azione cli coordinamento si è già accennato, e per quanto concerne le vicende ordinative susseguitesi in quell' inizio dell' anno si rimanda alla dettagliata ricostruzione che ne fa Rochat (7 6); sta di fatto che, dal mese cli febbraio, tutti quanti erano coinvolti nella preparazione, militari o civili che fossero, ebbero il diritto di contattare direttamente i due reggitori dell'Eritrea e della Somalia, De Bono e Graziani, i quali però continuarono entrambi a dipendere, quanto meno formalmente, dal ministero delle Colonie e solo attraverso di questo potevano corrispondere con i centri nevralgici di Roma. Ne conseguiva, per Lessona, una posizione di centralità che lo metteva in condizione di essere messo al corrente cli tutte le problematiche pur senza conoscerne a fondo la maggior parte, "con funzioni mai delimitate, oscillanti fra quelle di semplice buca delle lettere, di segretario di Mussolini e di ispettore su singoli casi" (77 ). Una posizione di p1ivilegio, quindi, proprio per il ministero e l'uomo
tore dipendeva un comandante delle truppe del R.C.T.C.. Questo era costiniito in buona parte da indigeni assoldati, comandati da ufficiali na2.ionali. Ai nazionali erano prevalentemente affidate anche le artiglierie e le trasmissioni. In entrambe le colonie le forze terrestri, esclusivamente indigene, ·erano piuttosto ridotte, circa 15.000 uomini in Eritrea c 6000 in Somalia; pressoché inconsistenti quelle aeree e le relative installazioni. li ministero della Guerra assegnava proprio personale al R.C:f.C. per periodi generalmente limitati a qualche anno, e forniva i mezzi richiesti; le rispettive spese gravavano sul bilancio del ministero delle Colonie. Dal 1928 l'amministrazione delle colonie era stata affidata ad Emilio De Bono; nel 1934 il governatore dell' Eritrea era Riccardo Astuto, dal quale dipendeva il col. Luigi Cubeddu quale comandante delle truppe. La Somalia era retta dal governatore Maurizio Rava, con alle dipendem:e quale comandante delle tmppe il col. Luigi Frusci. L'intera struttura organizzativa era penalizzata dalla caratteristica italiana di una marcata centralizzazione, per cui attività, decisioni e fondi erano strettamente dipendenti dagli organi rninisteriali. Qualora si fosse verificato un con nino e si fosse reso necessario l'invio di forze dall'Ital ia, la responsabilit1t della condotta delle operazioni (e quindi. in tempo di pace, della pianificazione) era attribuita al ministero della Guerra ed al suo Stato Maggiore che disponeva di un proprio ufficio delle colonie. La duplicità degli organi centrali, stabilita dalla Legge 749 del 1912, aveva già dato luogo a non pochi inconvenienti nel corso della guerra italo-turca del 19 l 1-1912. 76 Rochat G., op. cit., pagg. 123-131. 77 Rochat G., op. cit., pag. 127.
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meno importanti, che non poteva certo riuscire gradita a tutti gli altri protagonisti. Di tale malcontento si sarebbe fatto interprete Baistrocchi in un promemoria per Mussolini cieli' aprile 1935, riportato in stralcio nel volume cli Rochat (7 8). Se per tutto il 1934 gli invii in A.O. cli uomini e mezzi si erano mantenuti in limiti modesti, la situazione mutò radicalmente dopo la decisione di Mussolini cli iniziare al più presto la preparazione in grande stile, senza limiti cli spesa (7 9) , per cui dal gennaio ciel 1935 le partenze assunsero un ritmo sempre più alacre, sino al punto da congestionare i porti eritrei e somali. De Bono, da poco giunto ali' Asmara come Alto Commissa1io, accettò senza discutere il nuovo tennine fissato dal Duce per l'apertura delle ostilità e riconfermò i tempi della preparazione e l'entità delle forze richieste. Oltre che sui tempi e sulla preparazione delle operazioni si espresse anche sull'atteggiamento strategico, ritornando sorprendentemente a riconoscere come più favorevole un'ipotesi offensiva. In caso di diatribe interne e di indecisione da parte etiopica, si sarebbe potuto pensare ad operazioni offensive anche se gli etiopici non si fossero mossi contro le nostre posizioni. Mussolini colse al volo l'opportunità per imprimere alla preparazione alla guerra un salto di qualità, dichiarandosi disposto ad inviare in A.O., entro l'anno, 300.000 uomini cso). . Per quanto concerneva il Capo di Stato Maggiore Generale, soltanto il 6 marzo egli notificò a Mussolini le direttive strategico-operative che gli proponeva come consulente. Rilevata la primaria importanza dello scacchiere eritreo rispetto a quello somalo e l'impossibilità che le operazioni dell'uno influenzassero quelle dell'altro, due grosse divisioni indigene, quattro divisioni nazionali, 150 carri armati e 250 aerei riuniti in Eritrea (a fronte di una divisione indigena, una nazionale, 50 carri e 50 aeroplani destinati alla Somalia) avrebbero consentito sia la difesa della colonia sia l'azione offensiva, secondo il già espresso e fino allora ufficialmente accertato criterio di passare prima per uno stadio difensivo e poi agire complessivamente a fondo, ossia con risoluta offensiva. Le modalità con le quali vi si sarebbe pervenuti erano più articolate di quelle indicate nel gennaio 1934. Qualora lo schieramento etiopico fosse rimasto sostanzialmente intatto nonostante il bombardamento, Badoglio proponeva un'avanzata in colonne serrate così da darsi reciproco appoggio, ma un'avanzata prudente, a sbalzi successivi il primo dei quali verso Adigrat e la conca di Adua, mentre la R.A. avrebbe bombardato tutti i principali centri etiopici compresa Addis Abeba. ln ogni caso si sarebbe giunti allo scontro tra forze terrestri non sul confine ma dentro il tenitorio avversario (All. 30). Mussolini prese atto cli questa nuova disponibilità del Capo di Stato Maggiore Generale ad abbandonare l'ipotesi difensiva. Ribadita ad ogni modo la data fissata per l'inizio delle ostilità, 1iaffermata l'influenza reciproca anche se indiretta fra i due scacchieri eritreo e somalo ed espressa inoltre, se pur in forma dubitativa, la consapevolezza che quello somalo non fosse un fronte secondario, Mussolini de78 Rochat
G. , op. cit., pagg. 129- 131. De Bono riuscì ad ottenere che l'Alto Commissariato in A.O. fosse affrancato dal controllo finanziario ed amministrativo del ministero delle Colonie, pur essendone alle dipendenze, allo scopo di non creare ostacoli alla speditezza delle operazioni (Bianchi G. F., op. cit., pag. 143). 80 Minniti M., op. cit., pag. 105. 79
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cise di propria iniziativa, come aveva preannunciato a De Bono, il raddoppio degli uomini e dei mezzi, affennando di farlo non per realizzare condizion_i di massima sicurezza ma semplicemente per proporzionare le forze alle esigenze della controffensiva o, in assenza di attacco etiopico, dell'offensiva sul fronte eritreo. Dal momento che non optava ancora per l'una o per l'altra, tutta quella massa imponente di uomini e di apporto aereo e terrestre non meno imponente sarebbe stata in ogni caso necessaria per assicurarsi il successo, per cui le stime non solo di De Bono, già di molto superate, ma anche quelle di Badoglio e dello Stato Maggiore risultavano manifestamente sottodimensionate (81 ). Nel mese di marzo ebbe inizio il trasporto in Eiitrea della prima divisione nazionale, la Gavinana. Della situazione generale in quella primavera del 1935 una proiezione interessante e significativa è offerta da una relazione del gen. Ennio Babbini, che affermava come i vari comandi interessati anelassero chiedendo sempre più truppe: le due divisioni indigene contavano su 40.000 uomini ed altri 20.000 le tre divisioni nazionali previste, un totale che se gli sembrava sufficiente per la difensiva non lo era altrettanto per l'offensiva, per la quale propugnava l'invio di altre tre GG.UU. dall'Italia. La relazione si concludeva con la raccomandazione di condurre l'offensiva a massa, proseguendola poi a fondo con tutti gli organici ritenuti necessari e già predisposti fin dall'inizio (Ali. 31). Nello stesso periodo, lo stato maggiore di De Bono continuava a lavorare per la elaborazione dei piani per le diverse possibilità. Ai primi di maggio venne redatto un programma per l'aft1usso delle divisioni nazionali in E1itrea, che prevedeva il concentramento sull'altopiano prima delle piogge di due sole divisioni, 1a Gavinana e la Sabauda, senza però i ,ispettivi quadrupedi. L'allungamento dei tennini non poteva riuscire gradito a Mussolini, che il 18 maggio inviò a De Bono una lettera un brano della quale era estremamente esplicito:
"È assolutamente necessario non spostare la data di ottobre stabilita per l'inizio delle operazioni. Quando dico ottobre, non voglio dire il ! 0 ottobre ma entro ottobre, e tanto più presto è tanto meglio. Per quell'epoca è pregiudiziale che tu abbia sul posto al completo le IO divisioni metropolitane. E poiché tutte le difficoltà sembrano essere di carattere baracchistico, io sono disposto a mandarti tutto il legname necessario, ,na considero grave errore non appn~fì.ttare appunlo della stagione delle piogge (di tutto riposo) per far giungere le divisioni predisposte" (82).
Nove giorni dopo anche Baistroccbi si sarebbe rivolto a De Bono a proposito delle suddette predisposizioni, e ciò non tanto per gli aspetti operativi quanto invece per rammentargli con garbata determinazione come sarebbe stato molto utile ed opportuno che lo Stato Maggiore fosse tenuto al co1Tente del procedere della preparazione militare in A.O. nonché del concetto operativo che si fosse inteso attuare (Ali. 32). È comunque significativa, nel quadro della struttura degli Alti Comandi, una proposta avanzata da Badoglio al Duce il 6 maggio tendente a decentrare il Coman-
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ACS, Fondo Badogl io, b.4, fase. 143; cfr. anche De Bono E ., op. cit.. Bianchi G. F., op. cit., pagg. 164-165.
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do Superiore A.O. in due comandi d'annata, una per l'Eritrea ed uno per la Somalia, continuando a demandare a De Bono l'alta giurisdizione politico-militare dell'insieme ma ponendo i due scacchieri su uno stesso livello di importanza operativa, offensivo per quello eritreo e difensivo-controffensivo per quello somalo. Provenendo da Badoglio, la motivazione della proposta tornava molto verosimilmente a proprio vantaggio, all'insegna del "divide et impera"; comunque, Mussolini la respinse seccamente in quanto foriera di una vera e propria inflazione di AIli Comandi (All. 33). Ad ogni modo, una panoramica riassuntiva sullo stato della preparazione bellica in Eritrea al termine del primo semestre del 1935 è desumibile dalla relazione inviata a Mussolini da Lessona dopo una visita ispettiva da questi compiuta fra gli ultimi giorni di maggio ed i primi di giugno. Essa conferma l'estrema larghezza e l'altrettanto disordine con i quali erano state inviate enormi quantità di materiali dall'Italia, ed anche che l'arretratezza logistica della colonia era stata affrontata e vissuta non tanto dalla bontà dell'orga1ùzzazione quanto invece dall'imponente massa di uomini e materiali letteralmente "rovesciati" sull'Eritrea, e non a torto Lessona insisteva sulla necessità di affidare ad un solo ente l'organizzazione dei trasporti, che - pro domo sua - non avrebbe potuto essere che il ministero delle Colonie. La relazione, nel paragrafo X.X concernente le "direttive operative", sintetizzava quelle formulate da De Bono in funzione delle quali l'Alto Commissario richiedeva un acceleramento dei tempi rispetto a quelli calcolati poco più di un mese prima senza che peraltro venisse meno la sua disponibilità ad iniziare comunque le operazioni in ottobre con gli organici già presenti in colonia, invece di attendere l'auspicato completamento del corpo di spedizione (Ali. 34). Il 15 giugno De Bono elaborò un piano per l'azione offensiva oltre il confine meridionale dell'Eritrea (83 ) il cui inizio era previsto per la fine di settembre con l'impiego di 150.000 uonùni, 30.000 quadrupedi, 400 mitragliatrici e 350 cannoni someggiati, avendo come obiettivo la linea Adigrat-Adua-Axum verso la quale manovrare su tre colonne. L'intento del compilatore era quello di cogliere di sorpresa gli etiopici prima della radunata delle loro forze, e poi di respingerne la prevedibile controffensiva facendo argine sulle posizioni conquistate. L'operazione avrebbe quindi avuto un obiettivo limitato alla presa di possesso delle regioni settentrionali dell'Etiopia, e si basava sulla convinzione che una disfatta campale avrebbe determinato la dissoluzione dell'impero negussita. Nello studio non veniva attribuita soverchia importanza ad una penetrazione in profondità in territorio nemico, né era previsto l' impiego a massa dell'Aeronautica considerato ininfluente rispetto al fattore sorpresa (84 ). Se pur concettualmente diverso, so83 Lo stlldio in questione è menzionato da Rochat che a sua volta, non avendone trovato traccia nelle varie fonti consultale, ha fallo riferimento al la sintesi critica presentata da Visconti Prasca a Badoglio in un promemoria dell'8 luglio e dallo stesso autore inserito nell'appendice documentale de l suo volume (Rochat, op. c it., pagg. 214-215 e documento n° 56 alle. pagine 452-457). 8 4 Al piano sarebbero seguite, il 29 luglio, le direttive da attuare, in caso di necessità, per adattare le predisposizioni alla situazione delle forze in atto e, contemporaneamente, per orientare lo schieramento e la preparazione all ' ipotesi di operazioni offensive oltre confine. L'al topiano era diviso in tre settori (Seraé, Hasamò e Scime:ama) (Ali. 35). A <Juesto documento avrebbe fatto seguito, un paio di settimane dopo, un "Progetto per l'auuazione delle direuive del 29 luglio", contenente gli ordini circa la dislocazione delle GG.UU. ed i loro movimenti.
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prattutto sotto quest'ultimo aspetto relativo all'impiego del mezzo aereo, dall'impostazione badogliana che attribuiva invece all'aviazione un ruolo decisivo, il piano di De Bono venne valutato positivamente da Visconti Prasca e giudicato comunque corrispondente, nelle sue linee generali, alle direttive emanate da Badoglio il 6 marzo. Il solo rilievo critico di fondo mossogli metteva a fuoco la non sempre sicura correlazione fra previsioni e possibilità e tra mezzi ed esecuzione, poiché De Bono non forniva nessuna precisa indicazione sul livello di preparazione raggiungibile alla fine di settembre, sulla forza minima necessaria e sul supporto logistico. Soprattutto su quest'ultimo aspetto si fondava la perplessità del conunentatore, che lo individuava come la premessa indispensabile per la celerità dell'avanzata che a sua volta lo era per la realizzazione del fattore sorpresa. Mussolini aveva trasmesso il piano di De Bono a Badoglio il 7 luglio per un parere d.i merito, anticipandogli ad ogni modo la propria approvazione in proposito. Il Capo di Stato Maggiore Generale non si pernùse di rifiutarlo palesemente, anche tenendo conto della valutazione tutto sommato non pregiudizievole di Visconti Prasca, ma si espresse nel senso di ribadire il proprio convincimento circa ]' importanza della massa aerea eia bombardamento e di suggerire di non accelerare i tempi a scapito della serietà della preparazione, in quanto la guerra sarebbe stata lunga ed asperrima ed "oRni impazienza in questo campo non era che debolezza" (Ali. 35). Un parere analogo avrebbe formulato anche Baistrocchi, sottolineando anch'egli la fondamentale importanza della componente logistica e dei mezzi particolari quali carri armati ed aerei nonché di un altro fattore essenziale, il nemico. Un appunto di carattere operativo venne peraltro mosso dal Capo di Stato Maggiore dell'Esercito a proposito degli itinerari delle tre colonne che correvano troppo distanti l'uno dall'altro per consentire alle unità cli darsi appoggio reciproco in caso di infiltrazione nemica. Era più sicuro e redditizio, scriveva Baistrocchi, procedere su due colonne verso un obiettivo principale, Adigrat, ed uno secondario, Entisciò. Una volta giunti e rafforzati si sarebbe potuto fornimente muovere ad Ovest, verso Adua (85 ) . Le va,ie sollecitazioni, più o meno esplicitamente espresse, erano però destinate a non essere accolte, perché l'Intendente Generale Dall'Ora aveva garantito la messa a punto dell'organizzazione logistica per la fine delle piogge e l'evoluzione della situazione politica internazionale spingeva Mussolini ad affrettare i tempi. Il 2 cli agosto il Duce avvertì De Bono di tenersi pronto ad iniziare le operazioni dal 10 settembre in poi, con un preavviso di sole 24 ore (86), ed anche il " temporeggiatore" Badoglio si dichiarò disponibile a che le stesse potessero conùnciare ai p1imi di ottobre (87 ). Solo Baistrocchi, pur dicendosi certo che le nostre forze erano in grado di garantire LI possesso dell'asse Adigrat-Adua, ammoniva affinché prima di effettuare ogni 11lteriore sbalzo fossero assicurate le linee di rifornimento, ci si avvalesse comunque ciel potere aereo e si cercasse di "sa85 AUSSME, D I -I, promemoria "Piano d ' operazioni in A .O." del 13.8.1935 senza indicazione di protocollo, da Ministero Guerra-Gabinetto a S .E. Capo del Governo, f.to Bai,troçchi . 86 Bianchi G. F., op. cit., pagg. 183-184. 87 ACS, Fondo Badoglio. b.4, fase. l 93, prot.1508 del 20.8. J935, da Capo S.M. Generale a S.E. Mussolini, f.to Badoglio.
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perne qualcosa di più di quel pochissimo che sappiamo a distanza di due giorni dall 'inizio delle operazioni" (All. 37) (88 ).
3 - LA
PlANlFICAZIONE PER LA SOMALIA
Si è già detto in precedenza come la Somalia fosse stata sempre considerata uno scacchiere secondario da.I punto di vista di eventuali operazioni militari, tale da poter svolgere, in caso di atti ostili da parte dell'Etiopia, solo un'azione di fron teggiamento o di diversione per tenere bloccate un certo numero di forze nemiche ma non certo tale da poter condizionare in qualche modo le sorti del confitto. Questa pregiudiziale si basava su una serie di fattori di carattere soprattutto ambientale: la Somalia non disponeva di porti efficienti, e nella stessa Mogadiscio le navi dovevano dare alla fonda in rada e scaricare non sui pontili ma su chiatte, con rallentamenti e sospensioni del lavoro nella stagione monsonica. Le distanze erano molto estese, perco1Tibili su piste camionabili a fondo sabbioso con conseguente intenso logorio degli automezzi per cui sembrava molto arduo ed oneroso, se non impossibile, fornire supporto ad un consistente corpo di spedizione sul quale anche si nutrivano perplessità ritenendo pressoché impossibile, per motivi climatici, l'impiego di truppe nazionali mentre quelle indigene locali non godevano cli molto credito. Ma, in primo luogo, il ruolo della Somalia era misconosciuto per effetto della mancanza di una tradizione che, agli occhi cli militari e coloniali, la collocasse sullo stesso piano d'importanza dell'Eritrea, così legata alla sto1ia dell'espansione italiana in Africa. Una larga pa1te degli ufficiali italiani, specie quelli assurti ai massinù ve1tici, vi aveva prestato servizio, le campagne di Baratieri e Balclissera erano conosciute e studiate ed i reparti di ascari concordemente apprezzati. La Somalia invece era praticamente sconosciuta: pochissimi gli ufficiali
88 Sul piano informativo, era infalti neces~ario incrementare maggiormente l' attività intelligence che sino a quel momento, in realtà, sotto l'aspetto organ i2.2.ativo aveva visto la costituzione di una sola " rete" operante nel Sudan, preposta all'acquisizione di notizie sulla situazione in atto nelle colonie franco-inglesi (Somalia francese e britannica, Kenya, Sudan) adiacenti all'Etiopia e dalle quali lo svolgimento dei nostri piani operativi poteva essere minacciato. Fu incaricato delh1 missione l'archi tetto ed ingegnere Paolo Caccia Dominioni, residente da un decennio al Cairo e titolare di un avviato studio tecn ico, capitano di complemento e richiamato in servizio per la circostanza. La necessaria copertura venne offerta dal fatto che il Dipartimento egiziano per l'irrigazione, da qualche tempo, aveva rich iesto allo studio del Dominioni una serie di disegni prospettici di alcune dighe del Nilo nel tratto sudanese del fiume; parte del lavoro era già stata eseguita, ma ne rimaneva ancora altro da fare così da fornire una valida giustificazione professionale anche alla lunga lice nza di convalescenza concessa al titolare. Attorno a lui fu creata dal S.J.M. una "rete" occulta denominata " K", composta da un urriciale di stato maggiore quale capo-rete, operante al Cairo nella veste di docente univers itario, geologo ed antropologo, incaricato di ricerche etnografiche lungo l'Alto Ni lo, da un serg. pii. del la R.A . sotto le spoglie di pilota civile dell'Aia. Littoria, da un funzionario della stessa compagnia e da altri tre c lemen ti residenti nelle zone di interesse. La missione durò alcuni mesi, sin da una decina di giorni dopo l' inizio deila campagna, e fornì informazioni piuttosto importanti quali la costruzione di un nuovo aeroporto da parte degli inglesi a 250 Km. a Sud-Ovest di Kartum ed a circa un'ora di volo dal confine con l'Etiopia, l'arrivo nel Sudan di altri 18 aerei da bombardamento briUlnnici ed i grossi movimenti di truppe e materiali verso il confine tra Sudan ed Eritrea (Stel'am)n G .. " Paolo Caccia Dominioni di Sillavengo", Roma, Rivista Mil itare, quaderno 92, 1992).
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che vi avessero vissuto (e nessuno tra questi ancora salito agli Alti Comandi), quasi inesplorata la maggior parte del te1Titorio, cli scarso rilievo le poche azioni belliche, sottovalutate le truppe indigene. Gli studi sulle possibilità operative si basavano perciò non su dati oggettivi ma su luoghi comuni dati per scontati, ed erano quindi orientati verso un cauto atteggiamento difensivo. Gli obiettivi della preparazione militare erano stati stabiliti da De Bono nel 1933. Il R.C.T.C. della Somalia avrebbe dovuto costituire all'atto della mobilitazione una brigata mista su sei battaglioni, due batterie cammeUate e repa1ti minori. Una seconda brigata mista era prevista per un tempo non precisato, quando fossero state disponibili riserve addestrate. Tenendo conto anche delle bande irregolari, sarebbe stato possibile mobilitare circa 20.000 uorn.ini su più di un milione di abitanti a fronte di 5060.000 eritrei mobilitabili su una popolazione ammontante a 600.000 unità. Le linee di fondo del piano operativo riguardante la Somalia furono definite da De Bono nel febbraio 1934, e prevedevano da parte delle truppe locali l'immobilizzazione del maggior numero possibile delle forze dei territori meridionali dell'impero etiopico, un compito per il quale la colonia avrebbe dovuto fare affidamento solo sulle proprie riserve in quanto la divisione speciale libica, assegnata da De Bono nella pianificazione dell'anno precedente, ora non figurava più. Questa riduzione delle forze a due sole brigate miste di non facile approntamento era grave, perché il terreno pianeggiante e privo cli ostacoli non si prestava ad una difesa organizzata. Tuttavia De Bono prescriveva una condotta strettamente difensiva solo nell'ipotesi piuttosto remota di un'Etiopia che avesse attaccato un'Ital ia già impegnata in ua conflitto europeo; negli altri casi, invece, le forze italiane avrebbero dovuto respingere l'urto nemico manovrando per poi contrattaccare oltre confine. Come rileva Rochat, l'ottimismo di De Bono, già disinvoltamente espresso per le operazioni in Eritrea, era eccedente anche per quanto riguardava la Somalia, sino al punto di prevedere la penetrazione di una colonna di poche migliaia di uomini per una profondità di 600 Km. in linea d'aria in territorio etiopico cs9). Ignorato dai militari, e quindi non sottoposto ad alcuna valutazione critica, il piano operativo per la Somalia fu peraltro invalidato, se pur ciel tutto fortuitamente, dallo studio esclusivamente difensivo della colonia elaborato nel maggio successivo. Pur prutendo ancora dal presupposto che lo scacchiere determinante sarebbe stato sempre quello eritreo, il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito prefigurava la possibilità che l'offensiva contro la Somalia potesse essere attuata a prescindere da quella contro l'Eritrea ed effett11ata con larga anticipazione, da cui ne conseguiva la necessità di avere anche nella prima colonia un robusto ridotto ove poter resistere a lungo contro forze preponderanti. Nei confronti della Somalia, pe1tanto, il parere di Bonzani era che, senza dar luogo a soverchie illusioni, fosse necessruio dotarla di un'efficienza militare non inferiore a quella attribuita all'Eritrea (90). Le considerazioni espresse eia Bonzani furono approvate incondizionatamente tanto da Baistroc-
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Rochat G., op. c it., pag.81. ACS. Fondo Badoglio, b.4, n.0 56-57, lettere da Bonzani a Baistrocchi e Badoglio del
26.5.1934.
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chi quanto da Badoglio, ma gli alti vertici militari non erano più in grado di opporsi a De Bono che persistette quindi nelle proprie convinzioni, radicate al punto di ordinare a metà luglio il concentramento in Eritrea anziché in Somalia dei materiali della brigata mista che si era deciso di reclutare in Libia. Alla carenza di studi seriamente propositivi sulla difesa della Somalia si cercò cli ovviare con una serie di riunioni tenute a Mogadiscio in occasione de lla visita alla colonia compiuta nel novembre ciel 1934 dal Re accompagnato da De Bono. Furono così definiti, piuttosto sommariamente, i criteri generali per la elaborazione ciel relativo piano, i cui concetti primari erano che la difesa fosse limitata alla parte vitale della colonia e cioè alla zona compresa fra il Giuba e l'Uebi Scebeli, che fosse basata essenzialmente sull'impiego dell'aviazione in azioni di bombardamento e mitragliamento e sulla manovra delle truppe e dei mezzi, organizzando il territorio con il precipuo scopo di consent.ire e favorire quest'ultima, e che infine i lavori di fortificazione fossero riservati alle opere considerate indispensabili alla difesa ravvicinata di Mogadiscio e di particolari centri logistici quali Lugh Ferrandi, Belet Uen e Baidoa (9 1), dove doveva essere intrapresa anche la costruzione dei magazzini per i materiali di mobilitazione da accantonare in loco. li programma prevedeva inoltre un aumento della forza dei reparti esistenti e l'addestramento di 4000 volontari come riserva di mobilitazione, con un onere straordinario di dieci milioni. La superficialità dei piani cli De Bono è attestata anche dalla relazione presentata a Mussolini al rientro dalla visita in Somalia, articolata, per quanto concerneva le problematiche militari , su connotazioni piuttosto generiche, appena sufficienti come presupposto per il consolidamento della difesa della Somalia in un periodo di lunga pace ma certamente inadeguate all'orientamento offensivo che l'Italia andava sviluppando nei riguardi dell'Etiopia con il contributo consapevole ed alacre dello stesso ministro delle Colonie (92 ) . Aci ogni modo, la responsabilità non era solo di De Bono ma anche dei massimi vertici militari, che non si assumevano l' onere di tracciare una chiara linea politico-operativa ma lo lasciavano al comandante designato il quale aveva così carta bianca. Solo Badoglio avrebbe mantenuto sempre una posizione univoca: per il Capo di Stato Maggiore Generale la Somalia rimaneva un teatro operativo secondario, per cui doveva fruire soltanto delle forze necessarie alla protezione della sua parte vitale, ogni diversione venendo a risultare supe1flua quand'anche non dannosa in relazione all'entità dei mezzi sottratti ali' azione principale. L'estensione del territorio etiopico escludeva infatti la possibilità di un concorso reciproco fra azioni offensive partenti dall'Eritrea ed altre dalla Somalia. D'altro canto era stata esclusa l'eventualità di agire offensivamente su entrambi i fronti Nord e Sud, non potendosi inviare personale e mezzi adeguati a tale evenienza. Di conseguenza, si era dovuto decidere circa l'opportunità di un' azione 91 AÙSSME, DI-3/1, Memoria n° 2-Segrcta del Comando R.C.T.C. della Somalia Italiana-Stato Maggiore, "Memoria relativa all'impostazione del progetto di difesa e del progetto operativo del R.C.T.C. della Somali a in caso di conflitto italo-etiopico", Mogadiscio, 20.2.1935, f.to gen. Frusci. 92 ACS, SPD, carteggio riservato, b. 224/R, Ministero Colonie-De Bono, Relazione al Duce su l viaggio in Somalia, 30.Xl.1934.
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principale esclusivamente su uno dei due scacchieri limitando gli sforzi possibili su quello seconda1io. In particolare, mentre vi era sempre stata una predisposizione da parte dei maggiori esponenti quali De Bono e Badoglio ad un'azione prevalente da Nord, Baistrocchi aveva. espresso il 7 marzo 1935 l' opinione che fosse più conveniente un'azione principale con partenza dalla Somalia. Essa avrebbe incontrato nùnori ostacoli sul terreno e fra le popolazioni e permesso di arrivare ad obiettivi decisivi quali la ferrovia Gibuti-Addis Abeba nonché la stessa capitale etiopica. Anche Mussolini, tre giorni dopo, aveva manifestato analoga opinione, ma prevalse infine la decisione di agire offensivamente da Nord, essenzialmente per la riconosciuta difficoltà di far affluire forze consistenti in Somalia, data la maggiore distanza e le limitate possibilità di scarico del porto di Mogadiscio, oltre che per le esigue disponibilità di truppe indigene e le difficili condizioni di vita per quelle nazionali. Venne pertanto previsto per questo fronte un compito limitato di "difesa attiva", in grado di salvaguardare il possesso della colonia ed insieme di impegnare il maggior numero di forze avversarie concorrendo al successo sul fronte Nord al quale, di conseguenza, fu inviata la maggiore entità delle forze. 4 - L'ENTRATA IN SCENA DI GRAZIANI
Ma l'intento di Mussolini a che la Somalia assumesse una maggiore valenza strategica e quindi un ruolo più attivo e dinamico, se non si tradusse in esplicite direttive ma solo in gesti isolati anche se non privi di significato, come l'invio della Div. Peloritana (tutta cli elementi nazionali, il che rappresentava una prima deroga alla presunta incompatibilità ambientale delle truppe non di colore), avrebbe però trovato poi la propria espressione più valida nella nomina di Rodolfo Graziani a Governatore della colonia e Comandante Superiore delle truppe locali. Questi era uno dei più prestigiosi generali italiani, dal brillante passato di guerra, con all'attivo anche un decennio trascorso in Libia affermandosi tra i protago1ùstl della riconquista italiana di quel territorio e raggi ungendo vasta notorietà quale comandante coloniale, conseguendo la c~uica di vice-governatore della Cirenaica ed il grado di generale di corpo d'armata. Al momento della convocazione di Mussolini a Palazzo Venezia il 20 febbraio 1935, si trovava al comando del C.A. di Udine, schierato nel settore di confine con la Jugoslavia compreso fra Cima Vanscuro, nell'alto Piave, ed il Monte Nevoso. Due mesi prima, nel dicembre 1934, la Commissione Superiore di avanzamento lo aveva scrutinato primo fra trenta generali, promovendolo a "designato d'Annata", il grado più e levato in tempo di pace. Il compito che il Duce assegnò a Graziani fu, a grosse linee, quello cli difendere i porti della costa somala, e Mogadiscio in particolare, da un'invasione etiopica. Una divisione, la Peloritana, era già pronta a partire per l'Oceano Indiano, entro il mese sarebbe stata richiamata alle armi la classe del 1911 e poi i congedati ciel 1913. Ma Mussolini non si fermò qui e, secondo Graziani, avrebbe aggiunto che, se anivando in Somalia avesse giudicato utile e possibile l'invio di un'altra divisione metropolitana questa gli sarebbe stata inviata, così come carri armati ed aerei sino al raddoppio delle quantità stabilite; anche le truppe indigene dovevano essere potenziate al mas-
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simo fino a raggiungere i 50.000 uomini. li tutto, avrebbe aggiunto Mussolini, perché riteneva che l'azione dalla Somalia avrebbe potuto avere in seguito sviluppi molto interessanti di carattere offensivo, in direzione e con obiettivo Harrar, in concorso con le operazioni dal fronte Nord (93) . Una serie di premesse importanti ed azzardate, in quanto assunte direttamente con il nuovo governatore della Somalia al di fuori di Badoglio e Baistrocchi, in sostanza un vero e proprio invito a disobbedire alle direttive dello Stato Maggiore Generale legittimato dal capo del governo. Dinnanzi all'inaspettata nomina ed ai concetti strategici per non pochi aspetti "rivoluzionari" che l'avevano accompagnata, i sentimenti di Graziani non potevano non essere contrastanti: da un lato la soddisfazione del nuovo comando e delle prospettive che gli si aprivano, dall'altro, quale più noto generale coloniale del momento, il rincrescimento di aver avuto la responsabilità di un fronte comunque considerato secondario e di doversi tenere sulla difensiva, proprio lui che era fatto per l'azione. Il compito che attendeva Graziani non era dei più facili. La Somalia, acquisita da una ventina d' anni, ricca soltanto di banane e di sale, mai progredita come possibile trampolino cli un'espansione territoriale, mostrò subito agli occhi esperti del nuovo governatore i suoi punti deboli: pochi porti, scarsamente pescosi ed in pratica privi di impianti di imbarco-sbarco, gravissima penuria d'acqua, un clima afoso e pesante, febbri malariche, strade che scornpa1ivano non appena si scatenava la stagione delle piogge. C'era da fare un lavoro immenso ma Graziani , con l'energia che gli era propria, si lanciò nel progetto di trasformare questa landa semidesertica in una base di partenza per un' operazione offensiva (94). Il 7 marzo 1935 Graziani sbarcò a Mogadiscio, e già tre giorni dopo precisava come occorresse spingere subito lo sguardo molto più innanzi se si voleva considerare la possibilità che un corpo di spedizione di circa 30.000 uomini tra indigeni e nazionali dovesse procedere in territorio nemico con l'obiettivo supposto di Harrar previsto potenzialmente dal mese di ottobre in poi. In merito alle prime richieste atte a garantire il rifornimento idrico alle truppe, si riservava maggiori dettagli qualora le autorità superiori accedessero al concetto di preparazione offensiva enunciato, che da parte sua riteneva dovesse entrare nella fase attiva della cooperazione da parte della Somalia anche in uniformità alle direttive espressegli dal capo del governo (95 ). 11 27 marzo chiedeva l' approvazione delle ipotesi operative messe allo studio, due difensive in caso di attacco etiopico (pri93
Mayda G., "Graziani l'Africano", Firenze, La Nuova Italia, 1992, pag. 87. Fra i tanci problemi da affront:u·c, risolse alla sua maniera quello dell ' alloggiamento sotto tenda delle truppe nazionali, giudicato impossibile da parte degli organi centrali che continuavano ad inviare complessi e costosi baraccamenti in legno. Graziani ordinò la sospensione di tali spedizioni e sistemò i fanti della Peloritana, senza troppi inconvenienti, sotto le tende. Con il caldo somalo, poi, i soldati costretti in grigioverde, wino e scarponi erano spesso vittime di malori, alcuni anche mortali. Abolì allora l'uniforme, impose che i fanti marciassero e combattessero in calzoncini corti e maglietta di filo e la nuova "divisa" avrebbe tinito per ridursi ai soli pantaloncini (Mayda G., op. cit., pagg. 88-89). 95 Comando delle FF.AA. Somalia, "La guerra italo-etiopica. Fronte Sud", Relazione, voi. TI, ali. 3, pag. 12. 94
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ma o dopo le piogge estive), la terza offensiva con obiettivo Harrar, condizionata all'accoglimento integrale di lutte le richieste avanzate (Ali. 38). Questi messaggi ed il tono pe rentorio, quasi ultimativo, che li connotava provocarono una logica reazione da parte dei vertici mi litari, che non erano al corrente dell'ampiezza di manovra concessa a Graziani da Mussolini . Se De Bono si dimostrò il più conciliante, c hi invece no n esitò a prendere una posizione netta fu Badoglio che il 18 marzo ribadì a tutti i responsabili de lla preparazione che il compito della Somalia non era mutato come poteva sembrare dal primo telegramma di Graziani, e che pertanto non esisteva un problema offensivo in direzione d i Harrar, chiedendo ad ogni buon conto che fossero impartiti a Graziani ordini precisi in questo senso (96 ) . Ordini che non sarebbero mai stati dati, perché anzi Musso lini in un telegramma a De Bono del 23 marzo menzionò esplicitamente Harrar come obiettivo della penetrazione italiana pur raccomandando di continuare ad essere ben preparati per un'azione difensiva (97) . Ancora più risentita la rea7.ione d i Baistrocchi , sfociata negli ultimi giorni di marzo in uno scambio di lettere fra lui e Grazia ni . Al di là dei messaggi di servizio, certamente interessanti ma pur sempre improntati act una stilistica più o meno convenzionale e comunque tale da non lasciar troppo spazio alla esplicitazione emotiva, ci sembra opportuno riportare nell ' All. 39 la lettera inviata a Graziani da Baistrocchi i I 26 marzo, dalla qua le il lettore potrà ricavare la più d iretta testimonianza di quella tendenza alla personalizzazione dei contrasti che rappresentava l'inevitabile risultato della condotta mussolini ana ne i confronti de lle forze armate. Nonostante la mediazione conciliativa di De Bono, e pur riscontrandosi già do po a lcuni giorni un miglioramento nei rapporti interpersonali fra Baistrocchi e Graziani, quest'ultimo non venne meno alle proprie caratteristiche temperamentali di base delle quali fornì un'emblematica ri prova ne l telegramma inviato l' 8 a prile al l'Alto Commissario A.O., anch'esso riportato in All. 40. Badoglio, dal proprio canto, sarebbe tornato alla carica chiedendo a Mussolini un'esplicita presa di posizione (All. 41) alla quale questi si sottrasse con un telegramma abbastanza generico ma indubbiamente favorevole a Graziani, diretto a De Bono e che faceva riferimento al cauto e vago consenso da q uesti espresso al governatore della Somalia e con il quale concordava: "Bisogna preparare una sistemazione difensiva ma efficiente e per essere in grado di respingere un 'evenluale azione nemica e per contra/laccare quando ci .fosse un complesso di circostanze sommamen1e .favorevole. Confermo quindi mie direflive e mie istruzioni date personalmente al generale Graziant'' (98). Badoglio, al quale il Duce trasmise il messaggio (e con lui anche a Baistrocchi), prese atto se pur obtorto collo del fatto che l'argomento Graziani-Somalia % ACS, Fondo Badoglio. b. 4. n° 147, da Capo S.M. Gcn. a Minisiro Colonie del 18.3. 1935, f. to Badoglio. 97 Rochat G .. op. cic. , pag. 175. 98 ACS. Fondo Badoglio. b. 4. n° 158 (al i.). 4.4. 1935. da Mussolini a Dc Bono.
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era chiuso. Le vicende che abbiamo sintetizzato confennano lo scollamento della tradizionale organizzazione di comando, che di per sé stesso avrebbe potuto essere anche non obbligatoriamente negativo qualora il nuovo modello creato di fatto da Mussolini non avesse costretto a rinunziare ad inquadrare in una visione unitaria le diverse iniziative settoriali. Una conferma di questo assunto si sarebbe avuta alla fine di giugno, a llorché De Bono sollecitò Graziani a redigere un sintetico piano difensivo ma anche offensivo per la Somalia, specificandogli però che, se era ormai sancito che le operazioni d'attacco sarebbero iniziate dall 'Eritrea, egli avrebbe dovuto comunque concorrervi sin dalle prime fasi con le sole forze aeree e con puntate ed attacchi terrestri "nella direzione che riterrà al momen10 più conveniente, tenendo presente Harrar come obiettivo finale", espressione che significava, in pratica, un'ampia libertà d'azione per il comandante del fronte Sud (99). Questi ottemperò solo in parte alla richiesta, inviando venti g iorni dopo una "Memoria segreta sull'organizzazione militare della Somalia" (Ali. 42) prevalentemente orientata sulle questioni ordinativo-logistiche - adducendo, per quelle operative, la fumosa formula della "difesa integrale della colonia" - e nella quale, approfittando della predetta profferta di autonomia, ribadì che si sarebbe regolato secondo le c ircostanze e g li sviluppi ulteriori dell'azione generale e particolare per agire controffensivamente ed offensivamente "secondo la contingenza dei fatti" (Ali. 43). La richiesta autonomia operativa era confermata una ventina di giorni dopo a proposito dell' impiego della Div. Peloritana e del concetto dell'inscindibilità di essa avanzato da qualche parte. Graziani affermava invece come non vi fosse "nulla di assoluto nella vita in genere, ma specie nella guerra, dove tutto rientra nel campo del contingente e del relativo, e che non è l'arte degli assoluti per eccellenza... Se il principio dell 'inscindibilità deve ritenersi inviolabile nell'impiego di grandi masse e su altri teatri di operazione, non altrettanto lo è qui ove siamo in guerra e forse saremo in guerriglia colonia le" c100) .
* * * Tra pregiudiziali e vaghezze, suscettibilità corporative e individuali, risentimenti, contrasti e beghe personali si era pervenuti ormai al redde rationem. TI superamento di tutte le suddette componenti, quale che fosse la loro 01igine, fu resa possibile dalla continuità e dalla chiarezza dell'azione di comando di Mussolini. Il giudizio non è nostro, ma di Giorgio Rochat, l'autore al quale maggiormente abbiamo fatto riferimento in questo capitolo relativo alla pianificazione ed alle direttive militari stante la documentata completezza dell'analisi in profondità 99
AUSSME, Dl-1/1. p n) l. 2500 del 23.6. l935, cln Alto Commissario A.O. n Governatore Somalia. f.to Dc Bono. IOO "La guerra i1alo-ctiopica. Fronte Sud". cii.. voi. 11, ali. 131, pagg.331-332.
La pianijìcazione e le direttive 111ili1ari
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da lui condotta sul la preparazione della campagna d' Etiopia. TI capo del governo, afferma l' autore che non risparmia peraltro valide critiche alla condotla mussoliniana nei riguardi dell'apparato militare di vertice, assunse dal gennaio del 1935 un ruolo direttivo con un'azione di stimolo e di guida nei confronti dei capi militari, chiedendo loro molto di più cli qua nto si attendessero ma anche fornendo loro più di quanto richiedessero. Mussolini espresse una direzione politico-militare autorevole e pressante, larga di mezzi e fenna nell' indicazione degli obiettivi, capace cli superare le difficoltà dei tecnic i e le remore dei comandanti. Indipendentemente dal giudizio che si può e si de ve dare della politica fascista e dei motivi che la ispiravano - conclude Rochat - "bisogna ri~onoscere che nel 1935 Mussolini seppe realmente assumere la responsabilità e la gestione della preparazione e poi della guerra" ( 101).
10 1 Rochat
G., op. cit., pagg. l 09- l IO.
CAPITOLO llI
LA PREPARAZIONE
I - Gu ORGANICI a) L'approntamento delle GG.UU. La linea politica e la pianificazione militare che ne derivava comportarono molteplici, importanti conseguenze nella preparazione della campagna, la più evidente delle quali era rappresentata dal superamento di tutte le previsioni logistiche ed operative sino a.llora formula te. Se infatti nel dicembre del 1934 si calcolava ancora di inviare in A.O. dai 60 agli 80.000 uomini e fors'anche 100.000, entro ranno successivo sarebbero invece sbarcati in Eritrea ed in Somalia circa 400.000 uomini ed altri 250.000 li avrebbero seguiti nei primi mesi ciel 1936. Anche per i varii materiali cli ogni genere, i quadrupedi, gli automezzi e gli aerei g li invii avrebbero dato luogo ad una moltiplicazione per cinque ed in alcuni casi anche per dieci delle previsioni espresse nel 1934. All'Eritrea era destinato un corpo cli sped izione molto più massiccio d i quanto stabililo precedentemente e costituito da: - un Comando Superiore A.O. con Intendenza; - un comando di Corpo cl' Armata Speciale; - 3 divisioni di fanteria (in formazione speciale); - truppe e servizi non indivisionati; - stabilimenti d'Intendenza; - aliquote dell'Aeronautica ( 100 velivoli); - una divisione di fanteria con aliquote di servizi di C.A. (di invio eventuale e da considerarsi in un primo tempo di riserva). Totale del corpo di spedizione: 3 105 uffic ial i, 79.1 98 uomini di truppa, 13.872 quadrupedi, 2435 automezzi, 399 motomezzi, 1872 mitragliatrici, 220 pezzi d'artiglieria, 46 cani armati. li "Progetto A.O." non prevedeva inizialmente per la Somalia l'invio di unità metropolitane cli rinforzo. Per quanto riguardava la messa a punto del corpo di spedizione, la preparazione sarebbe stata poi condizionata dal soddisfacimento delle seguenti esigenze organiche, differenziate per i due settori operativi in funzione dei diversi compiti ad essi assegnati: • per l'Eri trea, dato il ruolo offensivo, il contingente metropolitano doveva raggiungere i I 00.000 uomini prima, i 250.000 poi, con adeguato incremento di
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la campagna italo-etiopica, 1935-1936
artiglierie, carri armati , unità del genio, aviazione e servizi ; il contingente indigeno doveva portarsi a 60-70.000 uomini, in due tempi successivi, ed inquadrarsi in un C.A. su due divisioni nonché in bande annate (complessivamente 29 btg.ni, 21 batterie, 3 squadroni); • per la Somalia dato il ruolo prioritariamente difensivo, fu ritenuto sufficiente un rinforzo di 2-3 btg.ni eritrei, tratti da quel li dislocati in Libia, 2 compagnie carri d'assalto e 30 velivoli. Si stabilì altresì di accrescere numero e forza delle bande e cli costitu ire con gli elementi già in posto 2 gruppi di tre btg.ni, 3 compagnie carri armati (comprese le due provenienti dalla Libia), 6 batterie, una compagnia mista del genio ed una squadriglia di aerei. I criteri info rmativi di base delle nuove formazioni si ispiravano all a costituzione di GG.UU. il più possibile snelle. articolate su una fanteria dotata delle armi di più recente acquisizione ed un'artiglieria limitata ma soprattutto mobile (someggiata o motorizzata), su numerosi reparti del genio, in particolare della specialità trasmissioni con ampio impiego di apparati radio, ed infine su unità dei servizi anch'esse someggiate o motorizzate (' 02). Le divisioni di fa nteria prevedevano la brigata su 3 regg.ti ed un btg. mitragl.ri su tre comp.ie, il regg.to su 2 btg. ni fucilieri ed 1 btg.ne mitragl.ti, il regg.to art. su 3 gruppi someggiati armati con obici da 75/13 (così da avere nella G.U. un gruppo per ogni regg.to di fanteria, anche in vista della probabilità di dover costituire raggruppamenti tattici misti idonei per azioni autonome), abbondanti salmerie e autocarreggio in sostituzione del carreggio, salvo limitate eccezioni, aumento delle truppe tecniche e larga assegnazione di servizi, con la previsione di particolari organi destinati ad assicurare il funzionamento di quello idrico e dei trasporti ( 103). Alla fine di gennaio 1935 si addiveniva alla conclusione che le forze già preventivate per la Somalia fossero insufficienti per il compito difensivo-attivo attribuito a quello scacchiere, per cui si dispose per l' invio di 4 btg.ni eritrei dalla Libia, di una divisione metropolitana per presidiare il nuovo campo trincerato da costruire a Mogadiscio e di un ' aliquota di carri armati. Di conseguenza, nella prima metà di febbrai o furono date le disposizion i per la mobilitazione contemporanea delle divisioni Peloritana e Gavinana nonché di un gruppo di btg.ni CC.NN., la partenza del 1° Gruppo Btg.ni CC.NN., l' inizio dell'imbarco della Peloritana nei porti cl i Messina, Catania e Siracusa e la costituzione dei primi due gruppi squadroni carti veloci, mentre nel contempo si stabiliva di far affluire le unità metropolitane solo quando fossero state completate le predisposizioni per alloggiarle. La necessità di completare al più presto l'organiz102 Ministero della Guerra, ..Relazione sulranività svolta per l'esigenza A .o .'·, Roma, Isti tuto Poligra fi co dello Stato, 1936, pagg. 9- 1O; cfr. anche Ministero tiella Guerra, Comando del Corpo di S.M.-Uff. Storico, <;La campagna 1935- 1936 in A.O.'', voi. I (La preparazione militare), Roma, 1939, pagg.116-1 21. 103 Cecchini E., '·Organizzazione. preparazione e suppono logistico nella campagna 1935- 1936 in A.O.", in: .. Memorie storico militari 1979", Roma, USSME. 1980. pagg. 14- 15.
La preparazione
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Schizzo n. 2 - Dislocazione prevista il 16 agosto 1935 per le GG.UU. del Corpo di Operazioni in Eritrea
Allegato al Voi. I "La campagna 1935-36 in Africa Orientale", Roma, USSME, 1939.
zazione logistica dei reparti destinati in A.O. in relazione alla pianificazione offensiva fu soddisfatta, nel mese di marzo, attraverso la mobilitazione di nuove GG.UU. (Sila, Gran Sasso e Sabauda , quest' ul tima in sostituzio ne della Peloritana destinata in Soma lia) e la costituzione di 5 divis ioni CC.NN., ed il completamento della mobilitazione del R.C.T.C. dell'Eritrea e della Somali a. Contemporaneamente, si rese necessario provvedere ad emanare disposizioni specificatamente intese a fronteggiare i graduali sviluppi della situazione internazionale, tra le quali d i primaria importanza quelle relative alla salvaguardia delle frontiere. Durante lo svolgimento delle operazioni di mobilitazione per l'esigenza africana e durante le ostilitĂ con l'Eti opia, in Italia proseguĂŹ il processo di svilup-
80
La campagna italo-etiopica, 1935- 1936
po e di trasformazione dell'esercito metropolitano la cui consistenza rimase sui 600.000 uomini circa ed in qualche momento raggiunse anche la forza di quasi un milione, inquadrati da 40.000 ufficiali e da altrettanti sottufficiali. li 1° gennaio I 935 la situazione della forza complessiva, comprensiva anche del gettito delle classi di previsto richiamo per la mobilitazione generale e delle aliquote di riserva territoriale presso i vari depositi, consentiva la costituzione immediata di 5 comandi d'armata, I 3 comandi di C.A., 31 divisioni di fanteria ternarie, 3 divisioni celeri , 4 comandi superiori alpini (equivalenti ad altrettante divisioni), tiuppe suppletive di C.A. e cl' Armata, reparti territoriali e territoriali mobili, e quella successiva di altri 3 comandi di C.A. e di altre 10 divisioni di fanteria ( 104) . Per mantenere nel voluto grado di efficienza le unità sul territorio nazionale, oltre alla sospensione del congedamento della classe 1913 fu disposta, nel novembre 1935, la chiamata alle armi dei contingenti ascritti alla "ferma ridotta" dal 191 1 al 1914 compreso ( 105) Buona parte delle unità poterono cosl essere mantenute con organici quasi di guerra, e contemporaneamente il programma triennale dei provvedimenti organici già in corso continuò ad avere regolare svolgimento durante tutta la campagna ed anche, per taluni aspetti ed in conseguenza delle esigenze in A.O., fu intensificato ed accelerato. Provvedi mento razionale fu quello della 1icostituzione immediata delle unità mobilitate: a mano a mano che le unità venivano mobilitate per essere inviate oltremare, si provvedeva prontamente a ricostituirle in territorio nazionale con la stessa denominazione, per cui sorsero così la Peloritana II, la Gavinan.a li, la Sabauda Il, ecc. ( 106). Nel contempo si provvide al reintegro delle dotazioni impiegate per l'esigenza A.O., assicurando così alle GG.UU. rimaste in Patria un soddisfacente grado di efficienza. Allo scopo poi di disimpegnare CC.AA. e divisioni di fanteria dalle onerose funzioni territoriali privilegiando invece le attività di carattere addcstrativo e operativo, con la Legge n° 930 del 30 maggio l935 si ripartì il territorio nazio nale in "zone militari" affidando a queste il compito di attendere appunto alle suddette funzioni; furono pertanto istituiti 5 "Ispettorati di zone militari" ed un Sottocapo di Stato Maggiore Territoriale alle dipendenze del Capo di Stato Maggiore R.E., con il compito di sovrintendere a tutto quanto aveva attinenza all'organizzazione militare del territorio nazionale escluse le frontiere, per la tutela delle quali s i cominciò a dar vira al nuovo Corpo della Guardia alla Frontiera ( 107).
104 Momanari M., "li progeuo A.O. cd i suoi sviluppi". cit., pagg. 715-716. 105 Le classi erano dis1ime in 3 gruppi: A) le più giovani, dal 1902 al I 9 I 4, con esclusion i parzia li o dell'intera classe secondo l'arma, la speciali1;1 od il servizio; B) di media anzia11i1ìl, 1893 e 1894; C) le più anziane, 189 1 e 1892, destinate ai scrvi;,,i. 106 Dal febbraio all'aprile 1935 furono ricostituiti 14 regg.1i di fonteria già creati per la 1° G.M. e poi disciolti (95° , 96° , 97°, 127°, 128°, 132°, 146°. 2 13°, 222°, 224 °, 239°, 240°, 243° e 244°). Terminata la campagna d' Etiopia, i predctli regg.ti, tra il se1tembre 1936 ed il febbraio 1937, sarebbero stati nuovame nle disciolti . 107 ln realtà il Corpo dell a Guardia alla Fron1iera fu is1itui10 ufficialmen1e solo nella primavera del 1937 con D.L. n° 833 del 28 aprile. ma la sua costituzione cominciò ad essere attuata dalla fine di dicembre del I 934.
La preparazione
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Il periodo primaverile da aprile a giugno fu caratterizzato dal completamento della Sila e della Gran Sasso e dei materiali occorrenti alle 5 nuove GG.UU. di CC.NN. nonché a programmarne il trasporto in A.O. al termine delle piogge secondo un ordine di successione che prevedeva le due divisioni del R.E. interposte fra quelle di CC.NN. (due in primo scaglione, due in secondo), oltre all'invio di 10.000 operai per accelerare la messa in efficienza di porti, strade, impianti idrici e del!' organizzazione logistica in genere. Durante l' estate, fra i mesi di luglio e di settembre, si fu costretti a cercare di conciliare fra loro due contrastanti ordini di esigenze, rappresentate l'una da considerazioni di ordine politico-militare che imponevano il massimo acceleramento dei tempi, e l'altra da fattori di ordine ambientale e logistico che consigliavano di rallentarli per non esporre uomini e quadrupedi agli eccessi climatici della stagione e per attendere lo sviluppo degli apprestamenti portuali e stradali in corso d'opera. Prevalse, alla fine, la prima delle suddette esigenze, e venne così anticipata rispetto al previsto, la partenza di parecchie unità, di numerosi servizi, quadrupedi e materiali in misura tale da raggiungere, nel periodo luglio-agosto, un complesso di circa 28.500 quadrupedi, 250.000 tonn. di materiali e 3250 automezzi. In particolare per la Somalia si procedette all'invio di 1500 automezzi, 100 caterpillar con 200 rimorchi direttamente dagli U.S.A. dove erano stati acquistati, 3 gruppi di obici da 100/17 e 2 bande di RR.CC. di 500 uomini ciascuna, autocarrate e dotate anche di autoblindo. A metà agosto si iniziò il trasporto delle prime due divisioni CC.NN. XXIII Marzo e XXVIII Ottobre, mentre in settembre i trasporti avrebbero assunto un ritmo così intenso da superare ogni previsione ( 108 ), tenendo anche conto che proprio in questo mese si rese necessario l'invio in Africa Settentrionale delle divisioni Cosseria, Assietta e Metauro ( 109).
IO& Le partenze dell GG.UU. si svolsero, fi.no alla vigilia dell'inizio delle operazioni (e per l'ultimo scaglione della Sila fino alla prima settimana dopo), con la seguente successione cronologica: Peloritana, da Messina, Catania, Siracusa per la Somalia 18.2-20.4; Gavinana, da Napoli pe( Eritrea 10.3 -1.6; Sabauda, da Cagliari e Livorno per Eritrea 9.6-5.7; XXlll Marzo, da Napoli per Eritrea, !6.8-21.9; XXV/// ottobre, da Napoli per Eritrea 16.8-22.9; XXI Aprile, ùa Napoli per Erit(ea 9.722.9; Gran Sasso, da Napoli per Eritrea 21-29.9; Sila, da Napoli, Reggio Calabria e Messina per Eritrea 25.9-1 O. IO; 3 gennaio, da Napoli per Eritrea 10.8-3.9. Va sottolineato come si fosse disposto di ridtH1'C a 2000 i quadrupedi delle GG.UU. metropolitane, in attesa di portarle agli organici indispensabili prima dcli' inizio delle operazioni. !09 La Libia, durante la campagna e1iopica, svolse importanti funzioni di ordine strategico e logistico nei riguardi del le esigenze della campagna stessa. Sopratllltto in Cirenaica si concentrarono forze per assicurare la difesa delle nostre colonie nordafricane e, al tempo stesso, in grado di poter eventualmente operare con le unità dislocate in A.O. Con decreto del settembre 1935 le forte militari della Tripolitania e della Cirenaica vennero f'llse nel Corpo Truppe Coloniali della Lihia, composto di reparci di carabinieri, due regg.ti di fanteria d' Af'rica, cinque regg.ti di fanteria coloniale, selle gruppi cd un deposiLO di truppe sahariane, due compagnie di automobilisti, due gruppi squadroni di cavalleria coloniale ed un regg.to ge nio (Vitale M.A.. "L'Italia in Africa. L' opera dell'esercito (1885- 1943)", voi. I, tomo I, pag. 41, Roma, Istituto Poligrafico dello Stato (per conto del Ministero Affari fai.eri ), 1960.
Tabella n. 3 - Richiami alle armi effettuati in dipendenza dell'esigenza A.O. Dal febbraio al 2 011obre 1935 (per il periodo seguente vedasi allegato 26) 19 O 7
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A:rliglieria ( e, clu110. la apecialità controurei e fotoolettricisti e.a.
·· ········ ··············· - , Reparti distrettuali ····· ······· - -
Trtno
TOTA~ . ..
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500
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4.000 2. 579
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677
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Genio (tutte le 11pecialid cacluei i foto-elettricis ti e radiotelegra· fiati) . . . . . . . . . ..... . . .. ... .. . Artiglieria controaerd
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130
120
26/3
4. 500
26/3
26/ 3 26/3
400 3.000 82. 300
4.738 440 3.138 87 .242
26/3 26/3 26/ 3
35. 600 1.800 4. 000
38. 356 1.455 4.267
28/ 8
3. 5321
l.523
900 S.700
9.420 2. 0SO
9. 750
18 .600
I. 900
8. 150
130 3. 625
183 4. 755
940 8.100 400
3.000
360
Il . 800 600 18. 000
2. 700
135 12.773 651 15 .386 810 5.870
19. 800 1.050 I. ISO 9.560
6.000 82. 300
4·10 5. 838 87. 242
35 . 600 1. 800
38 .356 1. 455
400 4.267 -- -6.700- - - - - - - --- - - - - - - - - - - -- - - - - - - - - ---5.800 21.525 24. 703 11. 680 9.556 155.900 - 5.000 4.727 164 .993 202.89C 210.810 - - = 1= =1=j= = =1= = ,= = - - --- = ---- ----
( I) Data di richiamo 9- I0- 1935. - (2) Data di richiamo 19-7-1935. - (3) Per le divisioni "Gaviniana" e "Peloritania" il richiamo fu effenuato in data 7 febbraio 1935-XIV. Da: Ministero Guerra, " Relazione s ull 'anività svolta per l'esigen:w A.O.", Roma, Istituto Poligrafico dello Stato, 1936, allegato 42, pag. 203.
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La preparazione
83
In definitiva, sarebbe stato auspicabile che il corpo di spedizione affluisse in A.O. dopo la costruzione delle strade, l'arrivo degli automezzi, l'approntamento dei magazzini e la costituzione di adeguate scorte. Ma le accennate considerazioni di ordine politico-militare imposero di far giungere le GG.UU. con congruo anticipo 1ispetto aJJa presumibile data di inizio delle operazioni, per ragioni di sicurezza e soprattutto per la necessità di ambientare ed addestrare le truppe al particolare teatro operativo. Le affluenze del corpo di spedizione, iniziate nella seconda metà cli febbraio ed intens ificatesi fra luglio e settembre, avrebbero raggiunto il massimo a campagna già iniziata, fra dicembre 1935 e gennaio 1936; nel complesso, si sarebbero trasportati circa 300.000 militari, 80.000 operai e · 25.000 quadrupedi.
b) I quadri L'inquadramento delle 10 GG.UU. approntate fu effettuato prevalentemente, nei gradi infe1iori, con ufficiali richiamati dal congedo, nella proporzione cli circa 3/4 di richiamati e di l/4 in S.P.E.; limitato rimase invece il concorso degli ufficiali delle categorie in congedo nei gradi superio1i. Nel R.C.T.C., alla fine di agosto 1934, prestavano servizio complessivamente 1244 ufficiali che aumentarono cli un paio di centinaia entro l'anno stesso, in numero comunque assolutamente insufficiente a soddisfare esigenze in continuo aumento. ln luglio venne più che raddoppiato il numero degli ufficiali del Genio del R.C.T.C. dell'Eritrea e successivamente, fra il settembre dello stesso anno ed il gennaio 1935, altri nuclei di ufficiali furono avviati in Eritrea e Somalia per lavori stradali ed idrici ( 110) . Di qui la necessità, da parte del Ministero, di un complesso .lavoro di ricerca e segnalazione di elementi idonei, specie per ciò che concerneva ufficiali specializzati e dei servizi, il cui fabbisogno avrel:Jbe assunto nel secondo e terzo trimestre del 1935 proporzioni superiori a qualsiasi previsione (1 1L). Per la mobilitazione delle GG.UU. metropolitane dell'Esercito si dovette attuare un movimento di 1096 ufficiali in S.P.E. e di 3909 ufficiali in congedo, per i quali furono istituiti appositi corsi di istruzione allo scopo di completarne la preparazione professionale con carattere unitario e dar loro u11a conoscenza sommaria dell'ambiente e della guerra coloniale. Un po' troppo sommaria, in verità, perché ad esempio per quelli degli ufficiali di complemento, riservati a coloro che avessero manifestato il desiderio di partire volontari per l' A.O., la durata era di soli 40 giorni presso i reggimenti-scuola mentre quelli per i 111ilita1i in congedo aspiranti anch'essi alla
1IO La carenza di quadri ufficiali realmente validi avrebbe dctcrminatO, alla fine di marzo 1935, uno scambio di n,essaggi fra Baistrocchi e Graziani nel quale il primo addebitava al secondo come l'insistenza nel richiedere l' invio di ufficiali di carriera dimostrasse l'incomprensione dell a situazione reale organica degli ufficiali inferiori riferita ai bisogni dell' Africa Orientale e dell'Europa turbolenta: "Nella situazione at111ale di oltre mezzo milione di uomini sollo le armi 1w11 abbiamo quauro ufficiali ejfeuivi per bauaglione" (Rochat G., op. c it., pag. 176). 111 Complessivamen te, dal gennaio 1935 al maggio I 936 furono assegnat i al R.C.T.C. 4277 ufficiali ("L'Esercito italiano fra La I0 e la 2° guerrn mondiale (novembre 1918-giugno 1940)", Roma, USSME, 1954, pag. J03.
84
La campagna italo-etiopica, 1935-1936
nomina ad ufficiali di complemento svolti in territorio metropolitano ed in A.O. avevano una durata di due mesi, dei quali la prima fase (45 giom.i) veniva realizzata con riunioni serali ed istruzioni domenicali e la seconda, di esperimento pratico, presso le trnppe ( 112) . Tabella n. 4 · Complementi inviati in A.O.
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Febbre.io ... ...... . l\farzo ..... .. ..•. , • Aprile •. ...• , . .... . Maggio .. . .. . . ..... Giugno . .. ...•. . ..•
Settembre . ... .. . .' . .
398 105 166 55 26 79
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TOTALE • • •
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178 54
42 94
-
166 142 114 210 224 265 126 318
•
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-
--
61 52 79 18 160 72 142
1. 885 868 1835 1.271 4. 234 3.272 3.045
-
12 98 19 54
52 58 59
-=
--- - =
=
=
50 90
62 31 20 64
306 232 2 782 35 1970 554
154 212 229 278 317 184 377
- -
195 16.619
1.565
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35 24 36 323 1.076 100 551 440 5,058 296 246 ]99 962 18 362 167 1.814 1.262 294 178 2.160 123 26 474 l.968 396 309 4,194 - - - -,_ 3.644 2, 330 1.343 15 . 774
( dol mese di oltobre 1935 ol mese di maggio 1936) Il 209 84 8 145 250 19
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TOTALE .••
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36 1.076 4.958 666 1. 796 898 474 2, 226
126 123 3 136 230 --- -1.833 853 11.770 447 490
Luglio . .. . . . . .. . . .. Agosto . .. . .... . . . . .
Ottobre 1935 ..... Novembre ··· ·· Dicembre . .... Gennaio 1936 .. ... Febbraio » ··· ·· Marzo . .... )) Aprile ... .. Maggio .....
24
436
354
111 142 79 80 191 92 256
2.1911 1.100 1.837 2.053 4.269 5. ~42 3. 599
-325 4.026 2.001
=
920120,645
i --
Complementi inviati in Libia ( dal mese di febbraio al mese di se11embrc 1935)
n.
65
Sottufficiali . . , .. .. .. .. . . ..... . . , . ... .. .. .... . , .. .. . .. . .. • . . • Truppa .. . .. .. .. .. . . • .. . .. .. .. .. .. .. .. .. .. . . .. .. .. .. .. .. .. . »
Ufficiali
... . , .. .. • . . . • . . . .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. . • .. .. .. .. . . .
N. N. HO
Da: " Relaiione su attività per esigenza A.O.", c it. , ali. 48, pag. 216.
112
Montanari M., "li progeuo A.O. ed i suoi svi luppi", in: "Studi Storico-Militari 1987", Roma , USSME, 1988, pagg. 71 O e sgg ..
Lo preparazione
85
Per la costituzione delle divisioni CC.NN. si assegnarono 89 ufficiali in S.P.E. e 21 in congedo dell'Esercito in più di quelli mobilitati dal Comando Generale della M. V.S.N. La ricostituzione in Italia di 7 divisioni di fanteria e di speciali reparti complementi per le truppe in A.O. determinò il richiamo dal congedo di altri 2450 ufficiali. Le necessità dei comandi e dei servizi sul territorio metropolitano, connesse con la maggior forza alle armi e con l'invio oltremare di nuovi elementi, avrebbe successivamente portato tale numero a 5770. Per quanto riguardava i sottufficiali e la truppa, fu disposto che i richiami alle armi fossero regolati in modo da evitare abusi e sperequazioni di trattamento così da evitare, forti dell'esperienza della prima guerra mondiale, ogni sorta di favoritismi e di imboscamenti; che comandi, reparti e servizi vari per l' A.O. fossero costituiti curandone l' inquadramento con sottufficiali idonei ed elementi specializzati capaci; che fossero organizzati arruolamenti vo lontari e svolti numerosi corsi, anche per poter assicurare riserve di sottufficiali e di specializzati (1 13); che fosse predisposta la contemporanea chiamata di due classi di leva; che fosse infine intensificata l'attività addestrativi dei reparti ( 114) . Al seguito immediato delle unità mobilitate fu assegnata un'aliquota di complementi, di massima due btg.ni di fanteria per ogni divisione. Inoltre vennero costituite in territorio nazionale altre unità complementari in grado di assicurare un'alimentazione tempestiva alle forze oltremare: due btg.ni di fanteria per ogni divisione dislocata in A.O., un btg. per ogni divisione in Libia e per le truppe dell'Egeo. Per le altre arnù, specialità e servizi i complementi furono adeguati alla consistenza, al numero ed alla specialità delle corrispondenti unità dislocate nelle co]onie ed inquadrati in contingenti per la massima parte formati da volontari ( 115). Ravvisata la necessità di disporre di una massa operaia armonicamente inquadrata nell'organismo militare per i lavori occorrenti nelle retrovie, affrancando da questi i contingenti di truppe, si provvide altresì alla costituzione di "Unità Lavoratori" comprendenti tre Raggruppamenti (suddivisi a loro volta in centurie, compagnie e gruppi in relazione alle diverse specialità) formate da personale c ivile volontario d'inquadramento al comando di
11 3 Complessivamente furono presentate, tra sottufficiali e truppa, circa 50.000 domande d'arruolamento volontario delle quali solo 15.000 accolte, in base al criterio prevalente di inviare in A.O. anz.iché reparti costitui ti per intero da volontari unità organiche completate finché possibile con i predetti elementi ("L'Esercito italiano fra la I O e la 2 °G.M.", cit., pag. 104). 114 Nell'agosto 1935 questa sarebbe culminata nelle "Grandi Manovre" svoltesi in Alto Adige con l'intervento di numerose GG.UU .. 1 15 Da segnalare anche l'invio a Badoglio da parte di Lessona di uno studio, esegu ito su ordine di Mussolini, per la costituzione di una "Divisione Straniera Coloniale" su.I modello della Legione Straniera francese, articolata su tre reparti ciascuno formato da 3 compagnie più una compagnia rnitr.ri ed l batt. cannoni da 65/17. 13adoglio dett.e parere negativo, motivandolo con il fatto che una G.U. del genere, improvvisata e senza tradizione, avrebbe mancato di consistenza e di affidabilità; né, aggiunse, ci si poteva ri ferire alla Legione Straniera francese la cu i coesione derivava da una lunga trad izione cd il cui impiego si presentava di regola a mezzo di reparti di non grande entità rispetto alle altre truppe, per cui il suo intervento inquadrato in unità superiori risultava molto meno appariscente di quanto sarebbe potuto accadere presso di noi con l'entrata in azione di una G.U. composta unicamente di stranieri (ACS, Fondo Badoglio, b.3, prot 11° 92702 del 3.8.1 935, da Ministero Colonie - Gabinetto a Capo S. M. Generale, f.to Lessona; idem, prol. n" 1469/S del 15.8. 1935, da Capo d i S.M. Generale a Ministro Colon ie, f.to Badoglio).
86
La campagna italo-etiopica, 1935-1936
ufficiali del Genio. Il totale degli organici, riportato nell' All.44 comprese le assegnazioni dei mezzi, assommava a 12 1 ufficiali, 114 tra sottufficiali e soldati e 4476 operai. e) Le GG.UU. della M. V.S.N. Un problema del tutto nuovo fu rappresentato dalla costituzione di GG.UU. di CC.NN., alla cui soluzione concorsero fattori diversi e non tutti positivi: eia un alto un forte contingente di volontari (oltre 80.000) delle classi dal 1880 al 1910 e, dall'altro, difficoltà conseguenti alla disparità d i attin1dine dei militi, per età e per provenienza, ed alla scarsa efficienza di preesistenti organismi della Milizia, sorta con compiti più circoscritti e pertanto con mezzi imprui alle esigenze in atto. I reparti della 6° Div. Tevere ebbero costituzione diversa dalle altre per dar modo ai componenti, senz'altro benemeriti ma di provenienza ed attitudini piuttosto eterogenee (italiani all 'estero, ex combattenti, arditi, mutilati, studenti universitari), cli partecipare alla campagna. La creazione di queste nuove GG.UU. si basò sul concetto di dar vita a fonnazioni con carattere di spiccata leggerezza, manovrabilità e capacità penetrativa, con un contributo da parte del R.E. limitato a quei reparti la cui attività avesse richiesto una preparazione tecnica a carattere continuativo. L' inquadramento venne demandato, per la massima parte, alla stessa M.V.S.N. per quanto riguardava i comandanti di gruppo e di battaglione, mentre al R.E. erano riservati g li incarichi d i rango superiore e di maggiore importanza e res ponsabilità quali i comandanti e vice-comandanti di divisione (che dovevano essere designati personalmente dal Sottosegretar:o alla Guerra d'intesa con il Capo di Stato Maggiore della Milizia), i capi cli stato maggiore, i comandanti d' artiglieria, del genio ed i capi servizio. Inoltre gli ufficiali destinati in A.O. avrebbero prestato servizio con il grado che avevano nell'Esercito quali ufficiali di complemento e non con quello che avevano conseguito nella Milizia anche se erano destinati ad unità di quest'ultima ( 116) . Paradossalmente, tali vincoli ordinativi furono stabil iti da Baistrocchi che, a differenza dei suoi predecessori e della quasi totalità delle gerarchie militari, non nutriva preclusioni corporative né ideologiche - anzi - nei confronti della M.V.S.N. ma solo di carattere tecnico, per cui pose altre severe condizioni circa l'addestramento, che avrebbe dovuto svolgersi sotto il controllo del R.E. Nella sostanza, non avrebbero modificato la situazione di fondo, che cioè la Milizia disponesse finalmente anch'essa di GG.UU. combattenti , ciò che lo Stato Maggiore del R.E. aveva cercato per oltre un decennio di evitare . Anche per la quarta forza armata dello Stato, peraltro, si trattava di una soluzione atta più che altro a soddisfare le esigenze propagandistiche del regime, dal momento che di fatto le sue GG.UU. restavano sotto il comando, e quindi il controllo, dell'Esercito. 116 In realtà, un'eccezione venne fatta a mezzo di uno schema di D.L. approvato il 24.9.1935 dal Gran Consiglio del Fascismo che s1abil iva come i luogotenenti generali, i consoli ed i seniori che ricoprivano la carica di mi nistri o so1tosegrerari di Stato cdi membri dal Gran Consigl io c dei due rami dal Parlamento potessero diventare souotenenti di complemen to prescindendo dai requisiti richiesti. ovvero i limiti di età ed il titolo di studio.
La prepa razione
87
Le divisioni CC.NN. assunsero la seguente struttura: 3 legioni su 2 btg.ni, l btg. mitr.ii, 2 brg.ni complementi M.V.S.N., I gruppo (su 3 batterie) da 65/17 del R.E., genio e servizi ciel R.E. La 6° Div. Tevere ebbe 4 leg ioni con 8 btg. ni ma senza la compagnia mitr.ri e le batterie d' accompagnamento; la 7° Ciren e ben 8 legioni e 16 btg.ni con sole 4 batterie d'accompagnamento e 1 rgt. d'artiglieria su 2 gruppi da 75/27 autoportati. In totale , per l'esigenza A.O. , comprendendo le unità non indivisionate e la componente dislocata in Libia, la M.V.S.N. mobilitò 67 btg.ni fuci lieri, 6 btg . mitraglieri , l O btg.ni di complementi , 19 compagnie mitr.ri, 19 batterie d'accompagnamento oltre ad una coorte (unità corrispondente al btg.) della specialità Forestale ( 117). Un raffronto degli organici fra una divisione cli fanteria del R.E. ne lla configurazio ne prevista per I' A.O. ed una cli CC.NN. consente di notare come il numero degli uomini della pri ma assonunava a 5 16 ufficiali e 15.1 15 tra sottufficiali e trnppa, mentre per la seconda era di 363 ufficiali e 10.267 fra sottuffi ciali e mi liti; i q uadrupedi erano 2994 nella prima e 1694 nella seconda, gli automezzi rispe ttivamente 77 e 127 ed i pezzi d'artiglieria 36 per la d ivisione dell 'Esercito e 24 per quella di CC.NN. (' 18) . Le suddette differenze a favore delle GG.UU. della M ilizia ne riducevano la potenza di fuoco, ed avrebbero causato non poche dinìcoltà e situazioni partico larmente pericolose in combattimento.
d) Le innovazioni tattiche Proprio nel 1935 ebbe inizio un anelito !innovativo in seno all'ambiente dell'Esercito che, per quanto riguardava l'aspetto dottrinario, trovò espressione ne lla pubblicazione delle "Dire ffi ve per l'impiego delle GG. UU. "che sostituivano le "Norme" sullo stesso tema emanata nel 1928, condensanti in poche pagine i "principi fondament,lli e costanti" e le "linee generali" di sviluppo della guerra e delle operazioni quali si potevano ricavare dalla situazione politica e militare del momento. La pubblicazione risentiva indubbiamente della filosofia idealista dominante che la induceva a sopravvalutare l'effi cacia della componente morale ponendo in minor rilievo quella materiale, non meno indispensabile della prima, e ad ornare con inutili paludamenti retorici principi e criteri validi di per sé stessi. Conccuualmentc, ad ogni modo, esaltava la guerra d i movimento, la sorpres a e la manovra. La guerra, affermavano le direttive 1935, era la continuazione della politica estera ed era da questa determinata ( 119). Essa poteva scoppiare "quasi all'improvviso", da cui l' importanza del fa ttore tempo. Ne conseguiva che occorreva prendere subito 117 Sull'ordinamento e le strutture in genere della M .V.S.N. e sui suoi rnpporti con l'Eserci to cfr. Dorello Fe rrari , ··n R.E. e la M.V.S.N." in: ··studi Storico-Mi litari 1985'·. Roma, USSME. 1986, pagg. 125-1 47. 118 Cecchi ni E .. op. cit. , pagg. 15-1 6. 119 !\ella seconda metà del 1934. pur essendo stata per il momento confermata la rinuncia alla guerra contro l'Etiopia a segu ito delremergenza in ano. il problema strategko italiano si raffigurava come pi uttosto complesso. ln una situazione internaz ionale diffici le, infotti, trovavano posto un orientamen10 ostile nei confronti della Germania cd una conseguente probabilità di intervento in Austria, u11'es1ren1a attenzione al comportamento della Jugoslavia e dell 'Albania, divenuta anche qucsla ostile al l'Ital ia, mentre nessuna preoccupazione si aveva a proposito di Francia ed lnghillerra (Minni1i F.. op. cit., pag. 9 1).
Tabella n. S - Riepilogo divisione CC.NN. Allegato 11. 2 alf 11. 2076/ord. del 18/6/35/Xlll Personale ARMA. CORPO E SERVIZIO
·,a ·::3 t.=
5 Comando Divisione ( I) 28 3 legioni cc.nn. (5) 213 l banagl. mitraglieri 24 l banagl. complementi 17 I btg. misto complementi 21 I gruppo anigl. de l R.E. 28 I comp. speciale del genio 8 I sezione sanità (2) 9 I sezione sussistcni.a 4 I reparto sal1T1erie 5 I autoreparto misto divisionale 6 TOTALI 363
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Quadrupedi -;. ·;:;
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(6) 80 90
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I
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9 9
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-
-
5
-
18
180
2 98
24
-
18 28
Da: Ministero Guerra, Comando del Capo di Stato Maggiore - Ufficio Ordinamento e Mobili tazione, prot. 2076 del 18.6. 1935.
-
-
-
( I) Di cui due ufficia li Gen.li due di S.M. o in serv. di S.M. • 11 R.E. • 2 seniori - JO Cenc/n i - 2 Capomanipo li. (2) Di cui un cappellano. (3) Compresi i sottufficiali. (4) È un amofurgoncino. (5) Compresi tre cappellan i mil itari . (6) Di cui: un auto furgoncino - un autobus. (7) È un auto -officina. (8) Di c ui 5 motocarrelli (9) Di cui 4 possono essere cc.nn. scelte. ( 10) Di cui 3 possono essere cc.nn. scelte. (I I) È un au tobus.
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Tabella n. 6 - Formazione di una divisione di fanteria A.O. (ProgeuoA.0., 1934) f0il}t(A7,10Sk l 1>0 11.1.A Dt LJ,Jl. Ut,11'r A C05TlTI1TI\'li
$Pf.CCHIO JU!l'tU>GATlVO DXL.LA COSTITUZ IOSt DELLA OJ VlSl O N f.
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( I) Per la composizione ciel comando dell a divisione: v. allegaio 23. Da: " La campagna 1935-36 in A.O.", cii., all. 27, pagg. 296-297.
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La campag,w italo-etiopica, 1935-1936
Tabella n. 7 - Unità mobilitate e inviate in A.O. alla data del 2 ottobre 1935 Allegato 11. 21 DIVISION I ORGANICHE a)
R. ESERCITO
b) CAMICIE NERE
"GAV INANA" "SABAUDA"
I' Div. CC.NN. "XXrtl MARZO" 2' Dtv. CC.NN. "XXVITI OrroBRE."
'"PELORITANA"
3' Div. CC.NN. "XXl APRILE"
''GRAN SASSO'"
IV, XXX, XXXI, XXXII htg. zappatori-a rtieri; Comando XIV batLaglione teleferisti e 17• compagnia teleferisti: a) COMANDI E TRUPPE NON lNDIVIStO:-IJ\1'1 XV batLagl ione telegrafisti; Quartier Generale del Comando superiore /\.0.; O I e 2° battagl ione trasmissioni; Comando e Quartier Generale ciel I Corpo d' Ar- 3' sezione ferroviaria di esercizio: mata dcli' A.O.; 30' compagnia ferrovieri di lavoro; OCorpo d'Armai.I (Comando e Quartier Generale): Sezione speciale pompieri "'S": 3 sezioni ridotte CC.RR.; Sezione pompieri "E": l", 2' e 3' Sezione ridotta CC. RR. per un ità lavo- 36• sezione radio: ratori; 1• compagnia radio speciale ··s··: I bauaglione granatieri speciale ..E..; XV banaglione radio: 1 battaglione alpini '"Saluzzo"; Squadra radio "E" per regg imento cavalleria: VI gruppo battaglioni CC.NN.; I' e 2" compagnia pontieri "E"; I, Il, 111, IV e V bauaglione complementare speciale; 1• compagnia pontieri ··s··: I, TI e lii gruppo squadroni mitraglieri a piedi; 51' compagnia zappatori-artieri; I' squadriglia autoblindo mitragliatrici "S'': 38' e 39" sezione fotoelettricisti; 1• sezione autoblindo auLOnoma Fiat 611 7", 14' e 16' squadra fotografi: LV gruppo squadroni mitraglieri autocarrato: -r, 14" e 16° squadra telefotografi; l O plotone amonomo carri veloci ··E": l' sezione fotografi per l'artiglieria: IV e V gruppo carri veloci: 7' sezione topografica-focogrammctrica; XX bauaglione carri d'assalto: Compagn ia mista del genio "M": 1° raggruppamento ohici da IOOJ17 motorizzato: 7' e 12' compagnia lavoratori: O I gruppo ·'S" artiglieria da posizione; l", 2' e 3' compagnia idrici speci:1le: 2' batteria contraerei da posizione 75/27 C. K.: Sezione ci nematografica: 1• bllll. speciale contraerei autocampale 75/27 C.K.. 7' officina autocarr. per materiali cli collegamento; 7', Il", 13", 110', 111", 124", 126' e 127' infcm1eb) SERVl7J NON INOIVISIONATI ria quadrupedi: 7° gruppo saImeri e: Corm111do hase di Massaua; 27°. 28°. 50°. 52°, 105°. 106°. 107° e 124° autoBase secondaria "S" (con relativ i magazzini): reparto; Parco automobilistico per r lntenden1.a A.O.: 55°, 302° e 303° autoreparto misto; Magaaini speciali d'i ntendenzJ A.O.; 45", 46•. 47°. 48•, 163°, 164· e 347J autosezione; 350' sezione sanità per reggimento alpino; 905' autosezionc speciale; 55 ospedali da campo; Comando IV autoraggruppamento; 2" e 7' serione disinfezione; 7°, 12°, 32° e 51° au1ogn1ppo; 7° comando unità sanitarie varie; 31° autogruppo misto: 19°. 27°, 29" e 30° nucleo chi rurgico; 309° reparto autoambulanze: 7• e 8' ambu lanza odontoiatrica; 54° autoreparto autoambulanze: 7' ambulanza radiologica; 9' e 101' sezione autoambulanze; 27' ambulanza radiologica; 969° e 970° nucleo autocarrette profilassi; 5" e 10' sezione pancnieri con forni Weiss; 9'; 15', 31°, 38', 40- e 42' squadra panctlieri con Sezione autopotabiliuatori; Sezione potabiliu..atori carreggiati; forni Weiss: 308° autoreparto autobotti; 40' sezione di sussistenza rinforzata; 14' sezione autobotti: 156" squadra panetLieri con forni mod. 1897: 29" sezione amofrigorifcri; 174'. 175' e 200" squadra panettieri senza forni; 2° autoreparto autocarre11e; 72" selione di sus~istenza. 4° nucleo movimento stradale ed assistenw auto· mobi Iistica. Da: "Relazione su attività per esigenza A.O.", cit.. ali. 21, pagg. 152-153. "SILA"' (in corso di trnsferimcnto in A.O.)
La preparazione
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l'iniziativa, fare massa dove si fosse voluto realizzare la superiorità di forze, attaccare con decisione, sfondare, poetare la g ue1Ta nel tenit01io nemico e resistere sul rimanente del fronte assicurandone la copertura con forze adeguate non "distese a cordone" ma raggruppate e scaglionate in profondità per la manovra.Le prime azioni belliche sarebbero state aeree, sin dal momento della mobilitazione e della radunata. cosicché avrebbero potuto influire sensibilmente non solo sull'injzio ma anche sullo sviluppo delle operazioni ten-estri. La pubblicazione esplicitava chiaramente l'assoluta preminenza dell ' azione offensiva su quella difensiva, definita "atteggiamento temporaneo e locale", sostituendo - rispetto alle "Norme" di sette anni prima - l'organizzazione della resistenza ad oltranza su "centri di resistenza" con quella impostata su "caposaldi" , una concezione indubbiamente più avanzata e moderna che tendeva comunque sempre a dare grande 1ilievo alla guerra di movimento senza peraltro disporre di mezzi adeguati per condurla (1 20) . Successiva di qualche mese fu la " Memoria sull' impiego delle GG. UU.in A.O." che, pur ricalcando nello spirito le prime, le adeguava al particolare ambiente operativo. Ne risultava esaltato a livello strategico il ruolo del C.A. e la divisione, più leggera, agile ed elastica, assumeva il posto fondamentale nella battaglia. Nella fase d ' inseguimento era particolarmente auspicata l' azione dei ca1Ti armati, unitamente a lle forze più celeri ed al mezzo aereo (Ali. 45). Per quanto riguardava la regolamentazione specifica sull'impiego dei carri, l'Italia affrontò la campagna d 'Etiopia con una norma tiva risalente al 1925; solo in seguito lo Stato Maggiore R.G. avrebbe elaborato una nuova regolamentazione che perfezionava quella di base, attraverso due pubblicazio1ù . La prima, "Addestramento delle uni tà carri armati mod. I 92 1- 1930 ", edita nel 1931, confennò i criteri di base delle unità carriste che avevano nell a sorpresa il principio essenziale, mentre i compiti fondamentali rimanevano invece la distruzione o neutralizzazione del le difese nemiche opponentisi all'avanzata delle unità di fan teria cui i carri erano assegnati, con le quali avrebbe dovuto esservi il necessario coordinamento ( 121 ) . La seconda pubblicazione, che seguiva di un mese la precedente, modificava in parte la regolamentazione di base del 1925, special mente per ciò che concerneva le formazioni del plotone, considerato come l' unità " normale" di impiego dei carri veloci e che avrebbe potuto frazionarsi in mezzi plotoni quando dovesse essere assegnato a reparti esploranti o a.Ile avanguardie ( 122) . Nel giugno 1935, peraltro, da parte del Comando Superiore A.O. sarebbero state emanate le "Direttive per l'impiego delle unità delle varie Ami.i nello scacchiere eritreo (Brigata-Divisione-Corpo d'Armata)" ( 123) che facevano di poco 120
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Bcrtinaria P.L., "L Escrci10 italiano dal 19 18 al l 940. Dottrine di impiego e ordinamenti tattici". in: "S tudi Storico-Militari 1986", Roma, USS ME, 1987. 121 Ministero Guerra, Comando Corpo S.M .-Uff.Add.to, circolare n° 7500 del 26.7.1935 "Ammaestramenti trani dalle Grandi Manovre sull'Appennino tosco-emiliano del 1934'', Roma, 1935. 122 Petri lli P., '"La guerra d ' Etiopia e lepri mc esperienze italiane di corazzati", in: "Studi Storico-Militari 1988", Roma, USSME, I 990. 123 Comando Superiore A.O .. Stato Maggiore-Uff.Opr.. prot. 3530 Op. Segr. del l 5.6. 1935. " Direttive per l'impiego delle varie Anni nello scacchiere eritreo (Brigata-Divisione-C.A.)", a rutti i comandi d ipendenti (d iramazione estesa fino a comando di btg.o reparto corrispo ndente), f.to De Bono.
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lA campagna italo-etiopica, 1935-1936
seguilo ad allre norme, diramate attraverso quallro piccoli fascicoli, riguardanli l'addesLramento e l'impiego dei reparti in relazione alle diverse specialità. Nel lII fascicolo, concernente la cavalleria indigena, g li spahis ed i carri veloci, l'impiego di questi ultimi era concepito come fattore importante per lo sfruttamento del successo, "essendo essi la vera attuale cavalleria da battaglia, idonei a detenninare il crollo completo, materiale e morate, di masse avversarie già scosse e disorganizzate od in ritirata". In caso di azione difensiva lemporanea o predisposla, i carri veloci erano da impiegare solamente per azioni di contrattacco e di controffen siva; molto utile avrebbe poluto risultare la loro utilizzazione in azioni di agg uato, lungo le direllrici di ripiegamento più pericolose. eseguendo improvvisi ritorni offensivi seguiti da rapidi movimenti retrogradi (1 24 ). Anche di natura tattica fu la costituzione di nove "compagnie d 'assalto" da assegnare in ragione di una per divisione alle GG.UU. di fanteria del R.E. e delle CC.NN. mobilitate per l' A.O. e destinate in Eritrea. Le formazioni dovevano essere que lle normali di g uerra delle compagnie carri veloci, con sei carri lanciafiamme per compagnia assegnati in ragione di due per plotone in sostituzione di altrettanti carri normali. TI personale doveva essere trattato dalla cavalleria e dai bersaglieri ( 125) . Un rilievo part icolare fu dato al servizio lopocarlografico. Tutti i corpi di spedizione coloniali (e non soltanto i nostri) erano sempre stati dotati di scarsi elementi cartografici, ma durante la preparazione della campagna d'Etiopia l'Istituto Geografico Mililare si assunse un compito vasto e complesso, reso par.t icolarmente difficile dall' impossibilità di percorrere la massima parte del territorio da rilevare e dalla scarsa disponibilità di tempo. U metodo di rilievo aerofotogrammetrico ri sultò preminente ma, poiché i procedimenti in uso non consentivano di risolvere completamente il problema nelle suaccennate condizioni di difficoltà, si rese necessario studiare mezzi e procedimenti che si svincolassero il più possibile dalla necessità di fare uso di "punti a terrn" per la ricostruzione esatta dei punti cli presa fotografica nello spazio e che consentissero lo sfruuamento speditivo delle riprese fotografiche. TI servizio fu quindi organizzato con elementi dotati di larga autonomia di mezzi, aventi iu sé lutt.e le possibilità d 'azione, dal rilievo del terreno alla stampa; si articolò così in servizi di 1ilevamento di campagna (prevalenlemente aerofotogrammelrici) e servizi completi di officina per lo sfruttamento dei fotogrnmmi, per il disegno degli originali, per l'elaborazione fototecnica dei ti pi e la celere riproduzione a stan1pa ( 126).
e) 11 problema sanitario L'elemento "uomo" portò con sé que llo dell'assistenza sanitaria, importante perché con le operazioni in A.O. gravi incognite si affacciarono tenendo conto
12~ Comando Superiore A.O., Stato Maggiore-Uff.Opr., "Addestramento e impiego dei reparti
nell a colonia Erilrea·•, fasc. lll (L'addeslramcnto dell a cavall eria indigenn. deg li spah is e dei carri veloci), Asmara,. Tipografia Cicero, 1935. 125 AUSSME. DS-1011. Ministero Guerra, Comando del Corpo di S.M.-Uff. Ordi namento e Mobilitazione, prol. 9640/1 8 del 20.6. I935, ··Costir.uzione di 9 compagnie d 'assalro", indirizzi omessi. f.to col. S.M. E. Bancale. 126 Cecchini E., op. cit .. pag. 22.
La prepi1razione
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che per la prima volta nella storia del mondo masse così ingenti di lruppe bianche si accingevano ad operare in zone tropicali cd equatoriali. Si ponevano pertanto alcuni quesiti di fondo: - quale resistenza avrebbe opposto il nostro soldato a quel clima cd ai disagi di quei terreni; . quale minaccia incombeva sulle truppe, dato lo sviluppo e la diffusione delle malattie infettive ivi predominanti e dato il contatto con popolazioni presso le quali ogni elementare norma igienica era sconosciuta; . quali ostacoli, quali difficoltà si sarebbero incontrate nell ' attuazione de lle misure di igiene, di profilassi, nei servizi d i sgombero, ricovero e cura degli ammalati e feriti data la mancanza di quals iasi risorsa locale. L'esperienza de lla grande guerra non era sufficiente a risolvere i nuovi grandi problemi che si affacciavano in campo coloniale. L'assistenza, oltre c he alle truppe, doveva essere estesa agli operai ed alle popolazioni indigene, attraverso un ' immediata azione profilattica affidata ad ambulatori di pro nto funzionamento. Per l'attuazione di tale programma occorreva poter disporre di pe rsonale tecnicamente scelto, specie se adibito a funzioni direttive ed a quelle più importanti del campo esecutivo, di abbondanza di materi ali e prodotti sanitari e dei relativi sistemi cli approntame nto e confezionamento così eia garantirne l' arrivo a destinazione nelle migliori condizioni di impiego, ed infine di un'attrezzatura in Italia adeguata alle esigenze di ricovero e c ura dei contingenti rimpatriati per ferite o malattie, con larga estensione del criterio della specializzazione specifica. li problema "ricovero e cura" dovette essere risolto con opportuna distri buzione dei contingenti rimpatriandi e conveniente attrezzatura dei centri di affluenza. Nei riguardi della questione "osped alizzazione" si ritenne opportuno ed economico raccogliere i bisognevoli di cure in adatte località opportunamente apprestate così da contenere quanto più possibile lo spettacolo di ammalati e feriti che, se troppo evidente, avrebbe fin ito per impressionare la pubblica opinio ne con lutti i negativi risvolti sotto l'aspelto propagandistico e del tono morale generale. Nei riguardi ciel problema terapeutico, ci si orientò verso lo sfruttamento razionale delle organizzazioni preesistenti, il c he conispondeva anche a ragioni di carattere economico. Le ricerche e g li studi vennero quindi limi tati in un primo tempo alla zona di Napoli, e successivamente estesi ai centri marittimi più facilmente accessibi li ai 1i mpa1riandi . In tal modo si poté gradualmente realizzare una disponibilità complessiva di circa 12- 15.000 posti-letto ripartiti tra ospedali militari , c ivili e case di cura private. La rapidità del ciclo operativo avrebbe ridotto al minimo le percentuali delle perdite e degli ammalati e quindi gl i sgomberi in Italia, per cui la sola disponibilità degli stabilimenti sanitari militari del C.A. di Napoli si sarebbe dimostrata più che sufficiente ( 127). Sempre nell'ambito del fattore umano, l'assistenza religiosa competeva istituzionalmente ai cappe llani militari, e dal settembre I 935, in accordo con il mi-
127 La Regia Marina avrebbe concorso erficacernente provvedendo nl ricovero cd allo sgombero di oltre 7000 tra feriti cd ammalati a mezzo di !\ navi ospedale adeguatamente attrezza te.
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la campagna irato-etiopica, 1935-1936
nistero della Guerra, anche l' Unione delle Comunità Israelitiche Italiane dispose per l'organizzazione di analogo servizio presso le truppe mobilitate ( 128) .
2 - l MATERIALI Nel 1934 la situazione delle dotazioni (scorte) nei magazzini d'Armata e dei depositi centrali era nettamente insoddisfacente, quando si consideri che, ad esempio, per il materiale di sanità esistevano dotazioni al completo solo per otto divisioni, per i materialj d 'artiglieria e del genio le dotazioni variavano a seconda dei tipi fino a ridursi a zero per cartueciame, pistole, mitragliatrici, mezzi radio e stazioni fotoelettriche, mentre pure a livello zero era quella degli automezzi. l depositi centrali, poi, disponevano di munizioni e materiali d 'artiglieria quasi al completo per sole 29 divisioni ; a zero invece si riduceva la disponibilità per le armi individuali ed automatiche di reparto così come per tutti gli altri servizi. lnoltre va anche detto che la scarsezza di materie prime importanti, la necessità di ridurre a l minimo l'esodo di valuta e la difficile situazione determinata, durante la campagna, dalle sanzioni, crearono notevoli problemi ai tecnici militari e civili (in All.46 è riportata una direttiva di Mussolini del novembre 1935 circa la necessità di attuare al massi mo l'autarchia). Basti pensare che per produne circa I00 milioni di cartucce occorrevano 105 tonn. di rame, 91 3 di piombo, 384 di z inco, 55 di nickel e 12 di stagno (da notare che l'industria italiana nel 1934 aveva prodotto complessivamente 303 tonn. di rame, 41.920 di piombo e 24.864 di zinco). Si accelerarono pertanto gli esperimenti già in atto per ottenere un maggior rispannio nel]' impiego dei metalli ricchi di provenienza estera, fra cu i principalmente rame e nickel ; in particolare, la sostituzione del rame con l'alluminio non era possibile, mentre lo era quella del cotone con il rajon in molte applicazioni (specie per i materiali del Genio), quella dellajuta con la canapa ed infine quella del tritolo con la gelatina e con esplosivi commerciali confezionati con materie prime nazionali (checldite e nitrato d ' ammonio). Per il corpo di spedizione destinato ad operare in A.O. venne costituita un'apposita Intendenza, un organismo complesso che per esigenze d i situazione e di ambiente avrebbe esteso progressivamente le proprie attribuzioni in settori
128 I cappellani mili1ari veslivano la divisa degli ufficiali del grado cui erano assimilali. con dislintivi divisional i e rnoslrine del le unirà di appartenenza. Pe r quell i di religione caltolica e protestante l' uniforme era cm·:lllerizwta da una croce rossa sul lalo sinistro del peuo, sollo le decorazioni: a quelli di religione pro1es1an1e fu succcssiv-Jmcn1e concesso un panieolare dis1in1ivo (benché mai omologato) all'incrocio della croce rossa sollo forma di un fregio ovoidale con lo s1erru1ia della Chiesa Valdese, un candeliere con fiamma e sette stelle a semicerchio. I cappellani di religione ebraica ponavano sul fregio e sulle controspalli ne la siella a ci nque pu nte sormontata dalla corona d 'Itali a con emblema ebraico (scudo di Davide) rosso in campo bi anco ed una spilla in s malto anch'esso rosso e bianco, riproducente sempre !"emblema ebraico, sul laio sinis1ro del peno. Furono destinati quali cappellani il rabbino dou. Aldo Sonnino ol Comando Superiore A.O. in Eri trea, ed il rabbino don. Amedeo Terracina (len. di complemcnt<> di fanteria) al Comando del Corpo di Spediz ione in Somalia; entrambi avrebbero svolto inimerronamente la loro opera durante tulta la campagna, spostandosi presso le varie unità mobilitate (Vitale .M.A.. "L'Itnlia in Africa. L'opera dell'Eserci10 (1885- 1943}", voi. I, tomo I, Roma. Istituto Poligrafico dello Stato (per conto del Ministero AA.EE.). 1960. pagg. 43-44).
La preparazione
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sempre più ampi. Un' idea de lla complessità raggiunta è desumibile dal fatto che ai primi del 1936, ad un anno q ui ndi d i d istanza dall ' inizio della sua costituzione, l'Intendenza avrebbe compreso qualcosa come 3000 ufficiali e 50.000 uomini di truppa, oltre a quadrupedi, autocarri e stabilimenti nel l'ordine delle decine di migliaia. Un organismo pertanto molto particolare, diverso dalla norma le Intendenza d' A1mata quale era considerata all'epoca dalla normativa in vigore, comprendente nel proprio organico oltre alle strutture consuete anche altre create ad hoc, militari e non, che svolgeva la sua azio ne dalla base di Napoli a que lla di Ma!:isaua e Mogadiscio fino all ' immediato tergo delle truppe operanti e spingendosi in certi casi, per necessità contingenti. fino alle prime linee di combattimento. Nel gennaio I 935, quando venne iniziato il concreto lavoro per la preparazione della campagna, le condizioni dell'Eritrea (base ten-itoriale pri ncipale del corpo di spedizione) erano molto diverse da quelle di un teatro non coloniale avente quasi sempre alle spalle, più o meno prossimo, il proprio serbatoio nazionale dal quale attingere quanto necessario, con a disposizione una o più strade rotabili e quasi sempre almeno una linea fe1TOviaria a scartamento ordinario. Non era pertanto consentito l'afflusso agevole di GG.UU. e di quanto la riunione straordinaria cli una massa di armati avrebbe portato conseguentemente con sé. In una parola, non v'era null' altro che non fosse l' indispensabile per la vita dei pochi metropol itani (un migliaio), della piccola forza armata della colonia (4-5 btg.ni) e della popolazione indigena, al di fuori di una discreta disponibili tà di carne bovina che man m ano si sarebbe inspiegabilmente r idotta sin quasi alla sparizione. Era quindi necessario creare, organizzare e sistemare, un grosso lavoro irto di difficoltà, da compiersi per di più in poco tempo e che forse proprio per questo avrebbe portato agl i errone i calcoli dei sanzionisti ginevrin i. Nei pochi mesi d isponibili per la preparazione (marzo-settembre 1935), interva llati dalle piccole e grandi piogge, per un tot.aie di circa 90 giornate, si dovette procedere a tutto quanto era necessario, dall'attrezzatura del porto di Massaua (base ciel corpo di spedizione) alla costruzione e riattamento di centinaia di chilometri di strade, all'approntamento di pozzi e cisterne per l'approvvigionamento idrico. Si costruirono i grandi centri ospedalieri ed i varii stabilimenti sanitari, nonché le infermerie quadrupedi, talune a tipo territoriale. Si riuni rono le derrate per vettovagliare uomini e quadrupedi, per una forza man mano crescente fino a 450.000 militari, 100.000 operai ed 80.000 animali, accantonando contemporaneamente scorte di riserva per 90 giornate portate poi a 180 in previsione delle sanzioni. Si approntarono sull ' altopiano i depositi muniz io ni ed i mate riali di artiglieria occorrenti; si costruirono baraccamenti per le truppe, magazzini per mater ia li , erogando inoltre tutto il materiale necessario per centinaia di chilometri di linee telegrafiche e telefoniche, per impianti va1i, per sistemazioni difensive. Affluirono dall ' Italia, o fu rono acq uistati direttamente, m ig liaia di autocarri, decine di migliaia di tonnellate di benzina. e si impiantarono officine automobilistiche fisse e mobili
a) Materiali d'arma m.enlO E ntrando più nel particolare, per quanto concerneva i materiali d'armamento già nell 'agosto 1934 ne erano pervenu te in Eritrea notevoli quantità che avevano
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incrementato la dispo1ùbilità, ad esempio, dei fucili da 30.000 a 42.850, delle mitragliatrici da 734 a I 628 e dei cannoni da 142 a 332 (1 29). Nell'anno successivo, il problema del fabbisogno dei materiali d'amiamento e munizionamento avrebbe assunto un' importanza sempre maggiore. L'incremento della potenza di fuoco della fanteria fu contrassegnato dalla trasformazione della mitragliatrice Fiat mod. 1914 cal. 6,5 in quella mod. 1935 cal. 8, dall'inserimento di nuove armi quali i mortai d'assalto da 45 e quelli da 81 , la mitragliatrice e.a. da 20, i cannoni e.e. da 47/32 e soprattutto dall'allestimento di carri veloci e d'assalto. L'incremento del fuoco dell'artiglieria venne realizzato sia migliorando il rapporto artiglieria:fanteria nell'ambito della divisione e sia le gittate dei pezzi, ricorrendo ad accorgimenti tecnico-balistici nel munizionamento e nelle cariche di lancio, anche se le bocche da fuoco rimasero quelle del 1918. Per il munizionamento, tenendo conto della distanza e della difficoltà del trasporto, furono fissate per l'Eritrea I O"unità di fuoco" per le artiglierie e 15 per le armi portatili, e per la Somalia rispettivamente 15 e 30. Allo scopo di soddisfare tali fabbisogni, si provvide inizialmente a sottrarre forti quantitativi alle dotazioni di mobilitazione e, nello stesso tempo, ad effettuare ordinazio1ù all'industria di guerra tendenti a reintegrare i quantitativi sottratti alle dotazioni stesse. Tutta la produzione bellica nazionale era stata infatti mobilitata ed organizzata per poterla mettere in grado di far fronte sia alle esigenze in A.O. che a qualsiasi altra eventualità che potesse sorgere in territorio nazionale a causa della turbata situazione internazionale. Inoltre, l'apparato tecnologico fu interessato alla soluzione dei problemi relativi alla trasfonnazione di proiettili esistenti cli piccolo e medio calibro in altri più moderni, al miglioramento delle caratteristiche del munizionamento e.e. e e.a. e ad una migliore utilizzazione dei proiettili esistenti per uso coloniale come quelli, ad esempio, da 70/15 e da 77/28 ( 130) . b) Materiali del Genio Per quanto riguardava i materiali del Genio (le cui prime unità vem1ero mobilitate nel febbraio del 1935), essi provenivano, oltre che dagli stabilimenti militari, per la gran parte da industrie private e specializzate in campi di attività molto circoscritti. Perciò le difticoltà nelle quali venne a trovarsi il sistema industriale ital iauo di fronte all' esigenza A.O. comportarono provvedimenti a carattere straordinario con interventi, caso per caso, del Commissariato Generale per le fabbricazioni di guerra, la rinuncia a fiscalità che avrebbero determinato la crisi di ditte in difficoltà per ragioni indipendenti dal loro buon volere, ordinazio1ù a ditte non pe1fottamente attrezzate quando l'ordinazione era necessaria per provocare iniziative di nuovi impianti richiedenti oneri non indifferenti, ed infine agevolazioni di carattere economico ed anticipo oltre i limiti stabiliti. La potenzialità degli stabilimenti militari, sia in ordine alla produzione in proprio sia all'attività quali organi dì acquisto, venne elevata rinforzando il personale ed ampliando, per 129
ACS , Fondo Badoglio, b. 4, 11° 109, da Ministro Colonie a Capo de l Governo, de l I 2.XI.1 934, f.to Lessona. 130 "L'Eserci to italiano fra la l' e la 2" G.M.", cit., pag. 104.
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La preparazione
'làhella n. 8 - Armi e mezzi inviati in A.O. per i reparti nazionali e per i R.C.T.C. (dal Febbraio al No vembre 1935)
ARMI E MEZZI INVIATI IN A. O. PER I REPARTI NAZIONALI E 'PER I RCJ.C
(dal . Febbraio al Novembre 1935) TOTALE COMPLESSIVO nelle .COLONIE
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Da: " Relazione per au ività Esigenza A.O. (bozza preliminare)", tav. 11, AUSSME, L l4- !03.
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La campagna italo-etiopica, 1935-1936 Tabella n. 9 - Munizioni inviate in A.O. comprese le dotazioni di reparto
Tav. 111
MUNIZIONI
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TAV.111
INVJA"rE IN A.O. COMPRESE: L.E DOTAZ~ DI "RE.PARTO
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Da: "Relazione per auività Esigenza A.O. (bona preliminare)", tav. Ill, AUSSME, Ll 4-103.
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alcuni cli essi mediante costruzioni edilizie ed acquisti di aree, le superfici coperte e non scoperte utilizzate per le lavorazioni. Le improvvise esigenze clete1111inate da richieste cli materiali con particolari caratteristiche di impiego detenninarono, inoltre, l'attuazione di complessi studi. Tale fu il caso dell'approvvigionamento idrico, che dette 1.uogo a problemi van riguardo alla ricerca e captazione delle acque, alla loro potabilizzazione, distillazione, sterilizzazione e filtraggio nonché alla raccolta ed alla distribuzione delle stesse. Fra le unità più importanti appositamente studiate per la circostanza vi fu il "parco idrico misto coloniale", costituito da un'aliquota completamente cammellata e da un'altra autocaITeggiata. La prima disponeva di pompe a mano per l'estrazione dell'acqua fino a 25 mt. di profondità e di corrispondenti serbatoi con una capacità distributiva di circa 9000 litri; i mezzi per il trasporto assommavano a 32 cammelli. La seconda era dotala cli pompe a motore per l'estrazione fino a 30 mt. cli profondità, con una portata di 2.500 litri orarì, e di serbatoi con una capacità complessiva di 40.000 litri, mentre i mezzi per il trasporto erano costituiti da 12 autocarri. L'autonomia di entrambe le aliquote era assicurata da una congrua scorta di materiali di ricambio. La sterilizzazione si sarebbe ottenuta con apparecchiature fisse e mobili, basate essenzialmente o su un processo di ozonizzazione (utilizzazione di scariche elettriche oscure per la trasformazione dell'ossigeno dell'aria in ozono) o su quello della "verdunizzazione" (trattamento dell'acqua con quantità min ime cli cloro attivo). Per la raccolta si costruirono grandi quantità di serbatoi in lamiera cli capacità vaiiabile fra i 50 ed i 3000 litri (someggiabili, carreggiabili ed autocarreggiabili), provvisti dei dispositivi necessarì a consentirne l'uso in serie. Infine, per il trasporto e la distribuzione fu previsto l'invio in A.O. di più di 300 km. di condutture in trafilati di acciaio fi no a 4 pollici. I materiali di collegamento dovettero, in parte, essere adattati alle esigenze locali. Si studiò un tipo di centralino telefonico per sei linee (a chiavi ed a commutazione circolare), particolarmente idoneo per le reti telefoniche minori quali ad esempio quelle delle batterie d'artiglieria. Per i collegamenti ottici gli studi portarono a notevoli perfezionamenti come, ad esempio, la sostituzione della lampada acetilenica con quella elettrica. Per aumentare l'autonomia degli apparati fototelegrafici e per renderli completamente indipendenti dal rifornimento delle pile, venne studiata l'alimentazione con generatori elettromeccanici azionati a mano, dei quali furono definiti due tiri poi riprodotti in serie. Anche la gamma dei materiali radio dovette essere ampliata e perfezionata. Per rendere l'uso delle stazioni radiofoniche sempre più semplice e pratico come si richiedeva neUe particolari situazioni in colonia, venne studiato un apposito commutatore vocale che permetteva il passaggio dalla ricezione alla trasmissione senza alcuna manovra. Per realizzare inline le forti portate richieste dalle stazioni radiocampali in A.O., vennero uti lizzati varr tipi già definiti per la R.M. e la R.A. Per il servizio delle riparazioni, furono realizzate piccole e complete autofficine campali che avrebbero dato un valido contributo all'opera del Genio durante il ciclo operativo. Essi rappresentarono in quelle zone il fulcro dei vari cantieri di lavoro consentendo riparazioni anche di notevoli entità. L'autofficina constava di un caITo rimorchio su chassis a ruote gommate sul quale erano installati i van macchinarii ed un gruppo elettrogeno che forniva l'energia necessaria per l'azio-
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namento delle macchine e per l'illuminazione. Un'adeguata scorta di materie prime, contenuta in appositi cofanetti, consentiva all'officina la necessaria autonomia dei rifornimenti. Venne anche realizzato un tipo di carro elettrogeneratore costituente una piccola centrale elettrica da campo. Il complesso era formato da un carro rimorchio de] peso di circa 4 tonn. sul quale era installato un gmppo elettrogeneratore della potenza di 20 kw. per produzione di corrente continua ed alternata. Per assicurare una scorta di circa I 00.000 tonn. di carburanti vennero progettati nuovi depositi a grande capacità e con particola,; adattamenti per la sicurezza e l'occultamento. Scartato il tipo completamente inten-ato, si impiegarono serbatoi metallici ad asse verticale di capacità va,iabile dai 950 ai 4000 lt. e seminten-ati. I depositi sorsero a Gozzano (lago d' Orta), a Monteu da Po (Chiasso) ed a Mezzocammino (Roma); i lavori, al 1° g iugno 1936, erano però ancora in corso di esecuzione. e) Vestiario ed equipaggiamento In materia di vestiario ed equipaggiamento, le prime predisposizioni per I' A.O. furono attuate quando erano ancora in corso cli svolgimento le ultime operazioni cli trasformazione dell'unifom1e ( 131) . Non appena si ebbe sentore, in prima previsione, che la forza del corpo di spedizione avrebbe superato i 100.000 uomini, si disposero ulteriori acquisti (tela bigia, elmetti, boracce) per i materiali non disponibili nei magazzini. In seguito, in base allo sviluppo del piano di mobilitazione, vennero disposte notevoli acquisizioni cli mate1ial i; ma il precipitare degli eventi, la necessità di stabilire congrui termini di consegna alle ditte fonùtrici ed i vincoli alle importazioni costrinsero per un certo tempo a ricorrere, ed in misura notevole, alle dotazioni di mobilitazione. Le quattro clivisio1ù previste dal primo progetto furono vestite ed equipaggiate, all'atto della mobilitazione, in tela bigia con stivaletti a gambaletto basso e con gli altri oggetti della serie comune di guerra. Dopo la prima modifica alla serie, si cercò di attuare tutte le provvidenze possibili per distribuire gli oggetti di nuova adozione a tutti i reparti (' 32). Per la Pelorilana, in procinto di pa1tire proprio
131
li nuovo "Regolamento sull'uniforme", che sostituiva il precedente del 1927, venne presentato il 20 ollobre 193 l, ma le d isposizioni c he avrebbero apportato modifiche realmente essenzial i fu rono le "Aggiunte e varianti" emanate il 14 senembre 1933 e che, in numero di cinque, si sarebbero susseguite fino al 19 maggio 1934. Le nuove uniform i - la cui principale innovazione era l' adozione, per quelle grigioverdi, di una giubba aperta con bavero completamente ri vol tato - erano di prescrizione per gli ufficiali a decorrere dal l 0 gennaio I 935, mentre la u·uppa ne sarebbe stata provvista con la chia11Jata alle armi dalla nuova c lasse di leva (Gaspari ncni A., "L'uniforme italiana nella storia e nell'arte". Roma, Centro Internazionale di Uniformologia, Edizioni Universali, 196 I, pag. 212). 132 L' uniforme prevista per la campagna d 'Etiopia era di color caki, in tela, con pantaloni al lungati lino alla caviglia, con stivaletti di cuoio nian-one e casco coloniale sul quale alpini e bersaglieri potevano applicare rispettivamente la penna ed il piumetta (date le caralleristiche climatiche dell a zona, sarebbe stato largamente usato il picco lo e comodo copricapo da fatica, la cosiddetta "busti na", anch'esso in color cal<i). Sempre in relazione alle condi.:ioni climatiche, gli ufficiali avrebbero fallo largo uso dell a "sahariana", cioè una giubba di te la tutta abbottonata ma con doppio colletto basso e rovesciabile, a punta; i distintiv i di grado consistevano in stellette applicate su lle controspalline di panno, unitamente a l fregio dell ' Arma. Corpo o Servizio (Gasparinetti A., op. c it., pag. 212).
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al momento della modifica, si dovette disporre per la fabbricazione di 40.000 paia di pantaloni di tela caki nelle circoscrizioni di altri CC.AA. (Roma e Napoli), non essendo i centri interessati in grado di provvedere date le intense lavorazioni in corso. Gli oggetti, non appena confezionati, vennero avviati alla sezione di commissariato di Messina. Nonostante la brevità del tempo fu pe1tanto possibile far partire la G.U. in buone condizioni di equipaggiamento. Per la Gavinana le disposizione poterono avere attuazione con maggiore regolarità per quanto, intervenuta nel frattempo l'adozione della tenuta di panno grigioverde, si dovette provvedere alla confezione ed all'adattamento dei pantaloni con modalità piuttosto complesse dal momento che la divisione si traslerl celermente a Napoli prima della partenza. La mobilitazione della Sabauda, non prevista dal piano A.O., avvenne quando già erano stati adottati gli oggetti in tela caki ed erano in corso le relative provviste. Comunque, accelerando i tempi, fu possibile distribuire una tenuta di tela caki oliva in sostituzione della tenuta bigia e dare in dotazione tutti gli oggetti regolamentari. Alle divisioni Sila e Gran Sasso vennero dist:1ibuite, all'atto della mobilitazione, due tenute di tela bigia. Prima della partenza anche queste divisioni furono regolarmente vestite con la nuova serie (una tenuta di panno ed una di tela) senza grandi difficoltà; ciò fu dovuto all'aumentata disponibilità di oggetti speciali ed al più lungo periodo di permanenza in Italia delle divisioni mobilitate. La vestizione dei reparti minori e dei complementi seguì le stesse fasi e procedette regolarmente come per le GG.UU., sebbene la forza superasse complessivamente quella di queste ultime. ln un primo tempo, data la scarsa disponibilità, tutti i materiali esistenti vennero utilizzati dal mi,ùstero della Guerra attraverso continui spostamenti ed assegnazioni che, se pure provocarono un enorme lavoro e non poca confusione, permisero di far fronte a tutti i bisogni. Per ogni eventualità, presso la Direzione di Commissariato di Napoli furono accantonate scorte di oggetti speciali per poter procedere al completamento della vestizione di quei reparti che, per qualsiasi motivo, ne fossero stati privi al loro giungere nella città per l'imbarco. In più di una circostanza fu necessario servirsi di corrieri per anivare in tempo. Maggiori problenù comportò la vestizione dei richiamati, per i quali si rese necessario intaccare sensibilmente le dotazioni di riserva. Per l'equipaggiamento, si dovettero approntare ed inviare ingenti quantitativi di caschi coloniali e di altri materiali speciali per la zona d'impiego, in base a richieste che giunsero quasi sempre all'ultimo momento. Nell' All. 47 sono riprodotte le dotazioni individuali per il corpo di spedizione.Le suddette richieste imponevano, in genere,terrnini brevissinù;di conseguenza vi furono grandi difficoltà da superare specialmente per quei materiali di particolare natura coloniale che l'industria nazionale non era preparata ed attrezzata a forn ire nei quantitativi richiesti. Ad ogni modo, mettendo in atto tutti gli accorgimenti possibili (turni straordinarii di lavoro, ripartizione in piccoli lotti, sorveglianza speciale delle lavorazioni) e con l'alacre concorso degli organi territoriali di commissariato si riuscì a raccogliere in termini sufficienti quanto necessario. La massa più cospicua di riclùeste pervenne nei prinù mesi del 1935. Si trattò di forti quantitativi suddivisi nei cosiddetti blocchi e destinati a completare le dotazioni delle truppe pa1tenti, nonché a fornire le scorte per i magazzini che venivano costituiti all'Asmara e a Mogadiscio per i rifornimenti sul posto. Per i materiali di casermaggio, dato il carattere strettamente tenitoriale, non erano previste costituzioni di scotte di 1iserva o di mobilitazione. Ma, stante le pa1ticola1i carat-
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teristiche ambientali in A.O. e la mancanza di qualsiasi risorsa locale, si dovette ugualmente provvedere all' acquisto ed all'invio di alcuni di essi. L'urgenza consigliò, negli acquisli, la licitazione e la trattativa privata con procedimento ad economia nonché l'utilizzazione delle pronte disponibilità sul mercato nazionale con acquisto di oggetti similari. Per valutare lo sforzo compiuto, basti dire che in poco più di tre mesi si dovette raddoppiare tutto il materiale di casermaggio per adeguarlo ali' entità della forza alle armi e per far fronte alle richieste dall' A.O. d) Veuovagliamento Un problema notevole fu rappresenlato dal vettovagliamento, sui particolari del quale si tornerà più in dettaglio nella terza parte del volume. Per ora accenneremo solo al fatto che i due fattori più ardui furono quelli del rifornimento della carne e dell'approvvigionamento idrico, per il quale sono già slati forniti alcuni dati trattando dei mateiiali del Genio. Per l'Eritrea, il rifornimento di carne (o di "carne in piedi", secondo la dizione dell'epoca), non potendo questa essere acquistata sul posto per non esaurire le già scarse risorse locali di capi di bestiame, doveva essere effettuato a mezzo di carne congelata, un problema di complessa soluzione data la scarsezza d i impianti refrigeranti con adeguata capacità (il frigorifero di Massaua aveva una portata di solo 1200 q.) e per il fatto che, in relazione al clima, non avrebbero potuto trovare vantaggioso impiego i mezzi nonnali di trasport.o adoperati in Italia. Per la refrigerazione ve1mero sperimentati impianti di vario tipo, e la scelta cadde su quelli basati essenzialmente sulla lavorazione a secco, ad umido ed a lampada. Furono acquistati 24 impianti di refrigerazione idonei alla produzione di un discreto quantitativo di ghiaccio ed azionati, secondo l'opportunità, da un motore a scoppio o da uno elettrico; 60 armadi fri goriferi del tipo "tropicale", dei quali 10 da 500 lt., 20 da 300 e 30 da 120, tutti azionati da motore a scoppio e funzionanti a base di anidride solforosa (quelli da 120 lt. erano del tipo ad assorbimento a lampada elettro-lux); 20 armadi frigoriferi di quest'ultimo tipo azionati da lampada a petrolio. Per ovviare alla carenza di impianti refrigeranti stabili, si previde l'invio nel porto. di Massaua, come frigoriferi natanti stazionari, dei piroscafi Asmara e Edda appositamente attrezzati e capaci di contenere ciascuno circa 3000 tonn. di carne. Fu così possibile realizzare una scorta complessiva di circa 6000 tonn., sufficiente ad assicurare la continuità del servizio. Nel contempo veniva costituito ad Asmara, con 60 containers mobili acquisiti dalle FF.SS. capaci di 17 q. ciascuno, ed all1i 150 di tipo più leggero (13 q. circa) e più adatto alle particola1i necessità ambientali, un deposito intermedio di carne congelata con annessi impianti per la produzione di ghiaccio. La completa sistemazione del servizio, di fronte ad un consumo giornaliero di circa 60 tonn. di came, si sarebbe ottenuta attraverso il rifornimento diretto dal Sudafrica, completato eccezionalmente con invio dall'Italia. Per la Somalia, dove il rifornimento di "carne in piedi" era meno difficile e dove non fu possibile adottare analoga soluzione per la mancanza di un facile e sicuro approdo, si dispose per acquisti diretti attraverso la Delegazione d'Intendenza di Mogadiscio. In Italia, il problema quantitativo ebbe sensibili ripercussioni per il rifornimento delle truppe e per costituire una congrna scorta contro ogni evenienza. Per qualche me-
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Tabella n. 10 - Composizione della razione viveri per nazionali e per indigeni (Eritrea - So,nalia · Libia) Solt.u.u.
EitlTJlU
r
IND1CA7.I0NE DELL E DERRATE
Quan• tità
ruione r~@e viveri l viveri
li"' n.uaon•li Pane .. ..... . . ...... . .. ... . Fariua .. .. . ...... . . . . .. . ... Carne bovina ... . .. .. ·· · ···. Pasta.. .. . . . . . . . ..... . ' • ... oppure: Riso (2 volte la settimana) ..
gr.
Legumi .... . . . .. . .. ..... . .. oppure : Patate .... .. . . ... .. .... . ...
•
•
• •
800
-
»
"
•
Cipolle, agli. . . .... ... . . . .. . Verdura (almeno 1 volta la settimana) .. ..... . ... . ' • . Olio . .. .. . . . . ........ .. .... Conserva pomodoro .. .. . .... Formaggio . .. .. . ........ . .. Sale .. ............. . ....... Caffè tostato . .. ... . . . .. ... . Zucchero . . ... . ....... .. . .. Spezie .... . . .. . . . . .. ... ... . Vino ... . . ..... .... . .... ... cl. Limoni ed aranci (2- 3 volte la settimana) . . . ... .. . ... . n . Frutta (3 volte la scttimaua) gr. Marmellata (2 volte l a settimana) .. .. . . .. . ... ... . .. · Anice (2 volte la settimana) . cl. Cognac (1 volta la settimana) Tabacco ( assegno sett.i manale) gr. Latte condensat o (2 volte l a settimana) ... ........... . The ... . . . ... . , .. ...........
•
• • • •
• •
•
h1l~
-600
ruione
viveri p er
\riveri ·~~·
indiie11i
na7;ionali
-
180 60
-· --
180 (1) 150 60 -
120 10
-
120 10 (1)
15
15 20 15 25 0, 5 25 1 75
--
-
-
1 75
--
3 35
-
40
-
-
40
--
•
I
180 60
-
50 I 3
35 (2) 40
-
20
-
540 250 (1) 500 200 200
120 20 (3)
-
-
50
-
(3) 80 20 60 15 (1) 60 15 20 15 15 25 100 o, 5 (4) 25 -
20
iutfi;:ni
700
550 300 (1) 250 200 -
80 2•0
viveri
1
per
-
800
-
30-0 (1) 500 200
•
• •
I
H~@~ v,vcn per nuionali
L IBIA
ruiooo
20 15 15 20 15
25
o, 5 25
-
- 20 -
15 10 100 5
-
--
--
--
--
-
----
60
-
20
-· --
15
-
40
(l) Due volte la settimana . (2) Tre volte la settimana. (3) Acquistate a cura dei corpi con la quota migl ioramento rancio (L. 0 ,18). (4) Tre volte la setti mana.
Composizione della razione foraggi per quadrupedi (Eritrea - Somalia - Libia)
I NOICAZIONE DELLE DERRATE
Avenn .. . . .. . .. . ... ..... .. . . . .. . ... . . .... . Fieno .. . .... . . . .. . .. .. . : . ... ...... . Paglia mangiativa ... . . • . . . . ... .. ..... .. . .. Orzo o dura .. .. . . ........ . . . . . ... . ... . . . .
R.u,Oit& FOUCCIO
I I QuUltltà
per cavalli
kg.
• • •
Da: "Relazione su an ivi tà per esigenia A.O.". cit. , ali. 61, pag. 237.
I
per muli
4,500
3,500
4
3
2
2
1per eamm.elll
4,500
104
ùi. campagna italo-etiopica, /935-1936
se tutti i presidii consumarono infatti carne fresca, cont1ibuendo così a risolvere la grave crisi del deprezzamento del bestiame e favorendo l'industria zootecnica.
e) lì-asporti marittimi Ma tutto il complesso degli uomini e dei materiali eia inviare in A.O. avrebbe potuto essere vanificato, nel suo regolare ammassamento e snùstamento, se non fosse stato affrontato adeguatamente il grosso problema dei trasporti. Nel febbraio 1935 venne costituita a Napoli una "Base principale" con il compito di provvedere al movimento, da e per le colonie, di personale, materiali, quadrnpedi e mezzi var1, di curare l'accantonamento dei mate1iali di scorta e di indirizzare la speciale preparazione delle truppe di passaggio secondo la loro destinazione. Accanto ad essa, furono anche istituite due "Commissioni allestimento e imbarco" per I' Africa nella stessa Napoli ed a Messina. La "base operativa" era rappresentata dal porto cli Massaua, piccolo scalo abituato da 40 anni a vivacchiare su una affluenza di due piroscafi al mese e di pochi sambuchi per il traffico locale, l'approdo comunque più importante e ben collegato con l'entroterra eritreo, che diventava pertanto una sorta di collo di bottiglia attraverso il quale doveva passare senza alternative la maggior parte dei rifornimenti che giungevano in colonia, visto che la massa delle truppe operava sullo scacchiere eritreo e che in Somalia era approssimativamente destinato solo un quarto degli uomini e dei materiali avviati in A.O. Fino al 1935 il porto di Massaua aveva una modesta attività, circa 2000 tonn. mensili, era senza gru e con scarsità di banchine e di pontili, di impianti portuali, chiatte e rimorchiatori (8 in tutto), di magazzi1ù, raccordi, ecc., ai quali si aggiungeva scarsità di acqua e clima torrido che influiva sul rendimento degli scaricatori. Per l'organizzazione della manovalanza portuaria per gli scarichi si rese necessario rivolgersi in Italia; tutti gli indigeni comunque atti a proficuo lavoro erano infatti stati chiamati alle ru,ni per la costituzione del C.A. Eritreo (circa 60.000 uomini), e notevoli aliquote cli scaricatori non reggevano al duro lavoro nonostante tutte le provvidenze attuate in loro favore. Nelle stive dei piroscafi e dei magazzini non era infrequente raggiungere la temperatura di. 65° con forte percentuale di umidità; dei 1200 scaricatori genovesi e triestini ingaggiati e riuniti in regolare consorzio, dopo solo un mese ne rimanevano disponibili 400, e si dovette provvedere a reclutamenti ed ingaggi in Arabia ed in Siria. Le banchine continuavano però ad essere ingombre e le navi restavano in rada inattive. In giugno l'intasamento del porto era tale e così alte le proteste che nella vicenda intervenne lo stesso Mussolini, sollecitato da De Bono a far rimuovere comunque i materiali dal porto, trasportandoli se ciel caso a piede "come abbiamo.fatto cento volte durante la guerra" ( 133) . Verso la metà del 1934 il Ministero della Marina aveva eseguito alcuni studi per la sistemazione del po1to, ed i lavori prospettati dalla Marina erano stati iniziati dal ministero delle Colonie nello stesso anno ma con due presupposti del tutto inadeguati: il traffico previsto era quello richiesto dalla ridotta consistenza del corpo di spedizione, che era alla base della pianificazione iniziale (tre divisioni, eia avviare in colonia in convoglio), e Ja fine dei lavori era preventivata nel dicembre 1936. Sta 133 Del
Boca A., op. cit., pag. 298.
La preparazione
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Tabella n. 11 - Stazza lorda del naviglio noleggiato a conto del Minjstero Guerra per trasporti in A.O.
STAZZA LORDA DEL NAVIGLIO NOLEGGIATO A CONTO DEL MINISTERO GUERRA PER TRASPORTI IN A.O.
1935 xm MARZO
TONN. ~7 . 000
J
MAGGIO
•
.~
-- - ~
_ kt? ONN. 83.000
:}l?~~ APRIL ~. E TONN. 163.000
~ .
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FEBBRAIO
l!-4
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,.;:-· TONN.175.000
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-
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-·-
TONN. 212.000
~
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-
.
-
·· ··-
Da: " Relazi one per attività Esigenza A.O. (bozza preliminare)"·. lav. XXI, AUSSME, L14-103.
di fatto che nei primi mesi del 1935 la potenzialità dello scalo rimaneva ancora di poco superiore a quella dell'anno precedente. Nel concreto, quando atTivavano le prime aliquote di truppe e materiali la possibilità giornaliera di scarico dei piroscafi variava da 1200 a I 800 tonn., e si disponeva per lo smaltimento dei materiali di soli 12- 15 carri fe rroviarii e di 10-12 autocarri per i trasporti dal porto ai vicini depositi provviso1'ì. Con queste premesse, l'intasamento ciel porto ed il caotico ammassamento dei materiali sulle banchi ne erano inevitabi li. Ben presto i tempi di sosta in rada dei piroscafi in attesa di scarico si accorciarono e la situazione migliorò, gra-
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La campagna italo-etiopica, 1935-/936
zie anche ai febbrili lavori di ampliamento e potenziamento degli impianti e degli accessi verso l'interno ed all'incremento dei mezzi da sbarco 34). Secondo i dati citati da Dall'Ora, le navi arrivate passarono dalle 27 del gennaio 1935 ad un massimo di 120 nell'ottobre dello stesso anno, e la media giornaliera degli sbarchi variò dalle 9525 tonn. e 957 uomini (con nessun quadrupede e nessun automezzo), sempre da getmaio 1935, alla punta massima di 147.547 tonn., 60.556 uomini, 11.525 quadrupedi e 13 12 automezzi nel!' ottobre successivo ( 135). Non tutto, però, funzionava al meglio, e ciò valeva soprattutto per due problemi organizzativi e di coordinamento che, retaggio in parte delle precedenti campagne oltremare, sarebbero rimasti irrisolti anche dopo il 1936 cd avrebbero pesato anche sulle negative vicende tra il 1940 ed il I943, con particolare riguardo alla campagna greco-albanese: la scarsa rispondenza delle modalità di carico dei piroscafi a Napoli alle esigenze di un rapido scarico e di un pronto impiego dei reparti e dei relativi materiali una volta giunti oltremare, e la struttura direniva della base di Massaua. Né erano da misconoscere i problemi re lativi alla sicurezza per i quali erano pervenute informazioni circa azioni di sabotaggio progettate dalle organi zzazioni antifasciste all'estero (Ali. 48). Il naviglio mercantile disponibile per il noleggio, visto che si voleva evitare la requisizione ( 136), in massima parte non era adatto alle esigenze di trasporto di un gran numero di uo-
e
l3-I Nel 1935 la R.M. aveva inviato in Eritrea 134 zancroni da sbarco. 24 pontili speciali, 8 rimorchiatori, 14 pirobarche, 17 motolance, 3 barche-pompa, 2 motocisterne, 3 pontoni -biga, l pon10ne per la produzione di energia clc1Lric:1, 48 chiatte per trasporlo di materiali varì e combustibi li liqui di (G inocchielti A. , "La Regia Marina nella conquista dell'Impero". Roma, Unione Ed itoriale d'llalia, 1938, pag. 64). 135 Dall'Ora f., op. cit., pagg. 109-110. I 1rasporti del corpo di spedizione ebbero ini1.io il 13.2. 1935. Alla fine dell'anno, in poco più di dieci mesi di at1ivi1!1 per i trasporti relativi ali' "esigenza A.O.", eran o stnti raggiunti i seguenti totali: divisioni organiche imbarcale per l'Eritrea 9, per la Somalia 2 , per la Libia 4, imbarcate in Libia per l' Eritrea I ed in Libia per il rimpatrio I, ufficiali imbarcal i 15.983, truppa 334.953, operai 49.290, quadrupedi 58.103. pezzi d'artiglieria 1095, automezzi 11.184, materiali lonn. 802.000 (AUSSME, D 1-9, " Relazione sulle provvidenze attuale e su ll'anività svolta nell'imminenza e durante le operazioni in A.O.". 1936, senza altre indicazioni dì riferimento). 136 Era già siate impa rtite istruzioni alle ambasciate ed ai consolali sulle misure da adouare per evitare la cattura delle nostre navi mercantili , prevista nella misura di 1/4, pari a circa 600.000 tonn. di srnzza lorda; il ministero della Marina e quello delle Comunicazioni avevano in corso s1udi per dare alle navi in viaggio opportune istruiioni (AUS SMM, Fondo Maris1a1, b.3-72, Commissione Suprema Difesa). D'a ltra parte la consistenza del naviglio me rcantile continuava a diminuire. La marina mercanti le italiana disponeva infatti al 30.6. I 934 di 13 16 navi per poco più di Ire mi lioni di 1onnella1e di sta1..za lorda. Con il R.D. n° 412 del 1.4.1935 venne stabilila l' is1iruzione. da a11uarc non appena fosse staio necessario, di 9 uffici speciali di mobili1azione civile uno dei quali era l' ufficio per i trasporti dei rifornimenti in guerra (U.T.R.I.G.) che doveva rare capo al minis tero delle Comunicazioni. Il 13 aprile success ivo, a seguilo della delibera della CSD, un decreto del capo de l governo istituì la previsw comm issione per la costituzione dell' "Ente direuivo del irani co in guerra". Nell'es1a1e sempre del I 935 fu preso in esame anche il caso di una guerra contro l'Jnghillerra. Esiste infalli una ·'Bozza preliminare dello srndio sul rifornimen10 della nazione nel primo anno di guerra ( 1935)", redalla dal ministero della Marina (AUSSMM , Mi1raf, I Serie. b. I, f. 13/1 ). c he prendeva in esame due cas i di conflitto contro la Gran Bretagna (Co llina G. "Uffi cio Trasporti Rifornimenti in g uerra: studi per un conflitto ( 193 1- 1940), Bollettino d'Archivio dc ll'USSMM, giugno 1998. Xll, pagg. 67-70).
Tabella n. 12 - Specchio cronologico delle partenze delle grandi unità e degli elementi di truppe e servizi più importanti del corpo di spedizione (Febbraio 1935 - Sellembre 1935 - XIV)
l_ _____s_o_M_ _A _'~- '~A_ _ _'__ Porli 01v1s10N1 I .!' o rti 1 01v1s10N1 I cl'imbAtco Princi pali elementi partit i d'imbuco Prineipnlì ch:menti p11rtiti
MESE
I 0
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F!BIRAIO 1 935
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Elementi ""'i per C.do S up. A, O, e lnt. A. O . ) Parco autom. E .. 1 autoreparto (295 a uromeni) C 1UONO a bta. compi. lntendenn 1935 . Comando I Corpo d'a. , Operai civili: 7500 circa 'j
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Rimmrtn.ze :
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I Cruppo art . da posiz. 1 Sezione pompieri a cp. pontieri - pcraonalc Ptnonale p<r Otica . . ferr. genio , . . . • ) N tendenz• A. O. . J 01pedili do campo ed opo 11 Compie-menti vari~ . altri elem. unitnri . . Materiali - d trratt Peraonale per Tntendenza e maaa.zz. l ntenderu:a A. O. • , , , , , Operai civili : 9100 circa (Na p.-~ieu . Complementi varjj - materiali - derute . . N•poli Dlocco automezzi 72
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Divisùmr Oeleg. Intendenza , S . .. Pelori~ua ,. Compi. varì (oltr e 1000) Messi~• ., quadrupedi (cir- \ Catania. Cl 200) . . , . . • ,imtment,, M 11teriali varii .. Aararelementi
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Napoli Napo(i e M~ss,nu
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Napoli
D'.. 1 · c.,., .. 1v;uout u Sùu,da .. ~ ian , Livorno VI Gruppo CC. NN. Gr. motor, d• 105/a8 . 1 cp. teleferiui .. 1 Sez . ferr. e cp. ferrovieri d'eaercii.io 10 bspedali da campo .. Napolj 2 Inferm. quadrupedi Blocco 103 automezzi • Blocco aGII muli . . Operai civili: 1300 circa Compl em. Yari i - man- } riali - d errate . • •
a ar. squaJroni mitrai,li,ri r. piedi t c p . z,app. urt . -
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C. A Elcm c-nti va.rii Scrv. so.rL Blocc hi : 430 • 36o qU• · d rupedi . , . . . . Com plement i - marc.riBli - dtrrate .
Operni civi1i:
1300
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I\Jusina
e Napoli
(segue Tabe/La 12)
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AGOSro 1935
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Viuisione. CC. NN.
Com• ndo li Corpo d'a . I Rruppo carri veloci . . 2 blij , compi. d • (ntcnde n zo • Quadrupedi (blocehi 58oo) . . . . Autoreparto m anovu E ::u o.spedali da campo 6o forni Weioo . . . . Operai ci vili: 3400 circa qo'!'plementi - materaah e derrate . . . . Gruppo sq02droni 1pa his
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Tripoli
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R1ggr. obici 100/17 1 btg. carri armati Diu. ''Sila,. 2 bta, zappatori •arfieri Nopoli 1 blg. radio • 2 btg. Meoina telehrieti . . . . . Reggio C. :1. cp. idrici per C.do $ up. A. O. e II Corpo d'a . Ah.uni 1 btg. granatieri • , btg. d~mtnli alpini per C .do Sup. °ྰ C ran A. O. . S11ao,. 1 btg. compi. l ntenden.a Taranto .- Operai civili: 2500 circa . . . . . . . Compi . • materiali - derrau: - munizioni . . . Qo•drupcdi ( b I oc e h i 10.6oo) • . . . . . Nap.- Mc~•·I Btlf. libico destinato ad Aseob . . , , , , · llengasl
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Napoli e Measinn
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1 935
Nopoli C ~l(CRSÌOA
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Di1Jì1ioni 1•
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Nopolì r cp. radio • S • . . . . ~ e 1\1cssina Contpl. vari i (e.i rea 2000) Materiali varii - dtrr·Plft'
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(1) C ompreai 7 vi1gwi - pirosc.a fo per t• Ecco.
da: ··La Campagna 1935-1936 in A.O .. cit.. ali. 36. pagg. 348-350.
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Divisioni:
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Quadrupedi (blocc hi 5300).
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110
La campagna italo-etiopica, 1935-1936
mini, quadrupedi e mezzi tecnici a grande distanza dalla madrepatria, con viaggi quindi di parecchi giorni. Sotto questo aspetto, la disponibilità di navi idonee era molto peggiorata rispetto alla campagna italo-turca ed alla stessa prima guerra mondiale, quando si disponeva di navi per il trasporto di emigranti nelle Americhe che quindi si prestavano bene anche per le truppe. Tutte queste condizioni favorevoli mancavano nel 1935, quando si faceva affidamento su navi passeggeri costruite con criteri di comodità e di lusso ( 137) e su naviglio da carico non adatto a trasporto di quadrupedi e spesso con piloni di carico insufficienti anche per gli automezzi e le artiglierie. Si era perciò costretti a non rispettare i vincoli organici nel caricamento dei piroscafi, a separare le truppe dai quadrupedi, a non tener conto delle esigenze operative nello scarico dei materiali. Il criterio che venne adottato fu pertanto quello della specializzazione: navi passeggeri adibite al trasporto di sole truppe, con capienza aumentata; navi miste (da carico e passeggeri) impiegate per il trasporto contemporaneo di truppe e quadrupedi, con marcata prevalenza di truppe ( 100: 10); navi da carico utilizzate con lavori di adattamento, per il trasporto di truppe aventi al seguito molti quadrupedi , come ad esempio quelle alpine; navi disponenti di idonei piloni di carico per il trasporto di automezzi ed aerei ( 138) . La difficile situaz ione configurata a Massaua era ulteriormente complicata dal contemporaneo afflusso di piroscafi di ditte private, dell 'amministrazione della Guerra e di quella delle Colonie, anche se De Bono nelle sue memorie indica la causa principale degli intasamenti delle banch ine e elci ritardi a Massaua nel poco razionale sistema cli carico dei piroscafi a Napoli ( 139). Ad ogni modo, provvedutosi alla sistemazione ed attrezzatura del porto e costituitosi a Massaua il Comando Base che doveva regolare e disciplinare il traffico ed il deflusso, alla data de l 30 settembre 1935 , dopo cinque mesi cli attività, erano state sbarcate 600.000 tonn. di materiali, 278.000 uomini, 35.000 quadrupedi ed 8500 automezzi ( 140). Collegati ai trasporli marittimi erano anche quelli ferroviari, tenendo conto dell a molteplicità dei porti prescelti per gli imbarchi: alla fine del 1935 risultavano impiegati 50.593 carri ferroviarii per un totale di 325.525 tonn., cifre che sarebbero salite rispettivamente a 69.380 e 470.960 alla data del 1° maggio 1936 ( 141 ). 137 Per l'impresa africana lo Stato aveva noleggiato quasi la metà della nona merca111ile, dai lussuosi transatlantici dell'/10/ia, dalla Cos11/ich, del Uoyd Trie.,1i110 alle carreltc degli armatori liberi, ed aveva inoltre dovuto acquistare in Nord Europa a hre 12 navi per 140.000 tonn. (cfr. Paturno M .. " La Marina Mercami le ed il s uo contributo alla conquista dell'Impero", Roma, Cremonese. l 937 e Ginocchietti A .. op. cit.). 138 Bolli F., "La Logi~tica nell'Esercito italiano (1831-1981)", voi. Il Roma, USSME, 1993, pagg. 577-578. 139 Dc Bono E., op. cit., pag. 58. t40 Le esigenze erano comunque destinate ad aumentare con l'estensione delle ostilità; basti in proposito considerare che. da una dotazione di munizioni, viveri. carburanti e mezzi var1'. intesa a gan111 tirc l'autonomia del corpo di spedizi one operante per due mesi si sarebbe passaci successivamente e rapidamenre a dotazioni di 3, 6, 9 mes i c. per alcuni generi di facile conservazione (mun izioni, grano. scatolame, carburanti), anche a 12 rne~i. 1~ 1 AUSSME, D 1-9, Ministero Guem,, "Relazione sui trasponi ferroviari i e marittimi per l'esigenza A.O., Libia ed Egeo (febbraio l 935-maggio 1936) seni.a altre indicazioni di riferimento, pagg. 17-18.
La preparazione
Ili
f ) Trasporti stradali Ma l'inizio e i successivi sviluppi della mobilitazione, il perfezionamento del piano operativo ed una più esatta va lutazione sul posto dei mezzi che avrebbe assorbito l'impresa imposero allo S tato Maggiore dell'Esercito un altro grnvoso impegno, quello cioè di trasferire nelle zone d' impiego il complesso di uomini e materiali sbarcati. I problemi dei mezzi di trasporto non furono pochi: era necessario sostituire gli automezzi logori e guasti presso le GG.UU., far defluire tutto il materiale che arrivava a Massaua, autotrasportare le GG.UU. in arrivo (almeno fino alla zona di Decameré, per risparmiare marce penose e logoranti), concedere automezzi ai cantieri operai, provvedere infine a trasportare ogni materiale che dovesse essere impiegato per il maggior potenziamento operativo ( 142) . Poiché le distanze da perconere erano tali che to stesso automezzo non poteva in genere, nella stessa giornata, caricare a Massaua, giungere a destinazione, scaricare e rientrare, si doveva calcolare come il numero degli autocarri occorrenti alla sola Intendenza per il semplice trasporto iniziale de lle merci in arrivo dovesse essere triplicato ed anche quadruplicato rispetto al numero dei viaggi ( 143). Ciò comportò ben presto il dover ricorrere alle ditte di autotrasporti civili, agevolandole ed invogliandole ad afnuire in colonia, un' azio ne che gravò anch'essa sull ' Intendenza e che, come è immaginabile, non fu scevra di problematiche organizzative, amministrative e comportame ntali. Sarebbe stato desiderabile che il corpo di spedizione fosse afnuito in zona dopo la costruzione delle strade, l'arrivo degli automezzi, l'approntamento dei magazzini e la costituzione di adeguate scorte. Ma complesse esigenze di carattere politico-militare imponevano di fa r giungere le GG.UU. in colonia con congruo anticipo rispetto alla presumibile data dell'inizio delle operazioni, tenendo
142 Le cause dell 'eccess ivo logorio del materiale automobilistico erano determinate dalle condizioni del fondo stradale, dall 'altimetri a che influiva notevolmente sul regime dei mot0ri e dalla te mperatura di eboll izione dell'acqua con surriscaldamenti, da precoce usura degli organi di trasmissione provocata dai continui arresti e par1en1,e provocati dall'intenso traffico, dall'eccesso di carico ed infi ne dalla carente osservanza delle norme tecn iche di manu tenzione ordinaria (AUSSME. D l-83/1 , prot. 13328 del 22.8.1935, da Mini stero Guerra a SUPERCOMAO, f.to Baistrocchi). 143 La situazione del numero degli autome1.zi alla fine di marw 1935, esclusi i motomezzi e le autovetture. era la seguente: occorrenti per esige nze A.O. e per reintegro depositi di riserva alla frontiera (materi ali già ceduci cd in corso d i cessio ne) = 661 4 ; disponibi lità, in massi ma parte in allestimento= 5500, con una differenza per difeno pari a 1114. A tale situazione occorreva aggiungere che nclrallestimento dei forti quantitativi già commessi all'industria (5200)solo alla fine di giugno, a causn dell ' impre parazione di questa, si sarebbe potuto raggiungere una produttività med ia atta agarantire, entro il febbraio del 1936, l'approntamento degli aut omezzi fino allora commissionati (AUSSM E. D 1-7 1/6, senza indicazione di prot. del 31.3. 1935, promemoria del Ministero Guerra-Gabi netto per S.E. Capo del Governo. senza indicazione di finna). Di quale importanza dovesse essere la massa di automezzi occorrenti (fotta eccezione dei g randi spostamenti di truppe), risu lta dai dati seguenti: per trasportare per esempio una batteria di cannoni da 7,5 cm. , senza quadrupedi, con viveri per due giorni. acqua e 2000 colpi, occorrevano 18 aucocarri: per un battaglione indigeno. senza salmerie, ma con i muletti indispensabil i pe r gli ufficial i, e parimenti con viveri per due giorni. occorrevano dai 50 ai 55 m,Locarri, mentre per il l'abbisogno giorna liero del battag lione ind igeno, incluso que llo tie lle salmerie. 7 autocarri. (Xilandcr R., "La conquista delrAbissinia"'. Mi lano. Treves, 1937, pag. 193.
La campagna italo-etiopica, 1935-1936
112
anche conto della necessità di ambientare ad addestrare le truppe nello speciale teatro operarjvo nel quale sarebbero state chiamate a combattere. Le aft1uenze del corpo di spedizione ebbero inizio ne l marzo 1935 e si intensificarono nei mesi di luglio ed agosto fino a raggiungere il massimo nel dicembre dello stesso anno e nel gennaio del 1936. L'autotrasporto integrale o parziale delle truppe de l corpo di spedizione fu un provvedimento che si impose per guadagnare tempo ed evitare aJle truppe non accl imatate le lunghe percorrenze nel tonido clima del bassopiano 01ientale. Esso d'altra paite incise fortemente sulla disponibilità di automezzi per il trasporto di materiali del!' Intendenza, suscitando spesso il timore di non poter sopperire adeguatamente a tutte le altre necessità che contemporaneamente si prospettavano. La penna di Luciano Pignatelli ha sintetizzato con colorita vivacità gli aspetti del traffico notturno sulla strada fra Massaua ed Asmara in corso di trasformazione:
"Per consentire i lavori su q11asi tutta la lunghezza di quella principalissima ar1eria, era s fata disposta la direzione unica di marcia: da mezzogiorno a mezzanotte in discesa, da mezza11otte a mezzogiorno in salita. All'approssimarsi dell'ora stabilita per il via, un numero enorme di automezzi dì ogni 1ipo si attestava al poslo di blocco di Massauc1: autotreni, au/ocarri di media e piccola portata, autovet1ure militari e civili, ambulanze, motociclette, tutto ciò, insomma, che aveva ruote e motore. A mezzanolle precisa si levava la sbarra che bloccava la strada e tutte quelle macchine si lanciavano col frastuono dei loro mille motori sulla strada vuota. Ciascun guidatore spingeva il proprio mezzo alla maggior velocità cli cui questo fosse capace: i so,passi operavano la selezione: sulle pendici di Ghinda si poteva vedere quello che un giornalista del tempo de.fini il serpente di fuoco: mille coppie di fari in movùnento, un enorme bruco luminoso che s' arrampicava f ra le nuvole di polvere sull'altopiano. Il problema era di sgombrare ogni giorno con la maggior possibile rapidilà cià che i piroscafi incessantemente scaricavano nel porto di Massaua. Per quanto si facesse le navi avevano sempre la meglio sugli autocarri e sul volenteroso trenino; e una quantità in.verosimile di derrate e di rnateriali vari si ammassava sulle banchine del porto. in certi momenti i cumuli di casse, di sacchi, di balle erano così alti da nascondere alla vista i retrostanti edifici di due piani" ( 144) . Le spedizioni di un primo e secondo blocco di autoveicoli, rispettivamente di 265 e 190 mezzi, ebbero luogo entro il novembre 1934 per il primo ed entro il semestre del 1935 per il secondo, ~enza intaccare le dotazioni di mobilitazione o con reintegri a breve scadenza. Nella stessa epoca, ai primi del 1935, ebbero inizio anche gli invii per il R.C.T.C. della Somalia, ammontati complessivamente a 175 autoveicoli. In totale, a tutto il febbraio-marzo 1935 vennero inviati in A.O. 630 automezzi (ordinari, speciali e di vario Lipo). Alle esigenze della mobilitazione del R.C.T.C. veniva ad aggiungersi a partire dal gennaio-febbraio 1935, l'attuazione progressiva delle disposizioni p reviste dal "Progetto A.O.", con un fab-
l4-l
Pignatell i L., '·La guerra dei sene mesi", Milano, Longanesi, I 965. pagg. 83-84.
La preparazione
I 13
bisogno complessivo di automezzi pari a 2900. A questo punto la pressione sempre crescente delle richieste, l'entità considerevole dei fabbisogni ed il carattere di urgenza imposero di trarre dalle riserve di mobilitazione quanto veniva man mano ad occorrere, esclusa l'opportunità di ricorrere, sia pure in via integrativa, alla requisizione dal territorio nazionale , per ragioJ1i di ovvia natura politica ( 145). Ai fini di un riepilogo generale, le spedizioni di autoveicoli ammontarono a 265 per il 1934 ed a 10.054 per l'intero 1935, comprendendo in tale periodo la mobilitazione delle GG.UU. non escluse quelle destinate in Libia ed in Egeo ( 146). Tutte le spedizioni comportarono l'opportuna selezione preliminare dei tipi più idonei a seconda dei teatri d'operazione e l'eventuale loro adattamento ad essi, la costituzione di corrispondenti reparti automobilistici (autoraggruppamenti, autogruppi, autoreparti, autosezioni, drappelli) per l'impiego e l'inquadramento di una così cospicua massa di materiali, ed infine l'organizzazione dei servizi tecnici e di manutenzione, riparazione, rifornimenti, scorte e depositi, tenendo conto dei fattori di impiego e di impianto. Per il primo di questi problemi, l'asperità della zona montuosa prevista come teatro operativo principale indussero ad escludere gli autoveicoli a gonune piene e semipneumatiche, dato il loro insufficiente potere di sostentamento su te1Teni sabbiosi, e la scarsa attitudine a circolare su fondo duro non sufficientemente livellato quale si prevedeva nella prima organizzazione delle comunicazioni logistiche. Limitato così, almeno agli inizi, l'impiego ai soli veicoli su pneumatici (che purtroppo rappresentava la nùnor quota delle nostre disponibilità di magazzino), la massa più cospicua inizialmente avviata in A.O. fu rappresentata dal tipo SPA25C/10 Leggero Militare. Fu inoltre disposta fin dall'estate del 1934 una grossa commessa alla Fiat per il valido carro su pneumatici tipo Ceirano 47C, entrato poi in abbondante produzione nel primo semestre del 1935 ma pur sempre inadeguata rispetto alle richieste. Tre soluzioni pertanto vennero poste in attuazione fin dai primi mesi del 1935: - utilizzazione del vecchio Fiat l 8BL, rustico, semplice e sicuro, trasformandone Ja gommatura, piena e semi pneumatica, in pneumatica; - i,ncremento massimo alla produzione delle autocarrette di costruzione O.M.-, le cui prove preliminari in Eritrea ne avevano ancora una volta confermato l'attitudine manovriera contro le difficoltà del terreno e delle pendenze, ed impostazione di un autoveicolo da montagna, idoneo ai transiti sulle mulattiere più ardue; - sfruttamento della grande potenzialità produttiva della Fiat per ottenere al più presto dall'attrezzatura in atto degli stabilimenti del Lingotto la maggiore massa di autoveicoli leggeri, idonei a soddisfare le necessità dei trasporti meccanici presso le truppe ed i servizi avanzati. Nacque così l'autocarro Fiat618 Colo-
145 Nel gennaio 1935 la produzione militare ammontava (media mensile) a: Fiat 300 unità, 0.M. 80, Lancia 20 (AUSSME, Dl -9, "Relazione sulle provvidenze adottale per l'esigenza in A.O.",
cit., pag. 16). 14<, Le esigenze dell'Eritrea erano più che doppie di quelle del la Somalia. li ministero della Guerra, durante la campagna, provv ide ad inviare 3900 automeui in Somalia e 10.500 in Eritrea in più delle do1azioni organiche e.lei repani ("Relazione sull'attivitì1svolla per l'csigenw A.O.", cit., pag. 95 e tav. XXI).
Tabella n. 13 - Riepilogo spedizioni carburanti e lubrificanti in A.O. - Eritrea (esigenze militari) N. o Casse
N. â&#x20AC;˘
Kg. Benzina
Fusti
Kg. Gasolio
Kg. Petrolio
-
Febbraio
1935
2.116
-
30.000
Marzo Aprile
1935
10.1 14
5.280
942.300
1935
2.962
9.748
1.281.000
81.750
Maggio
1935
1.823
5.856
519.400
169.250
Giugno
1935
1.793
4.07]
8.213.194
Luglio
1935
4.306
5.00)
610.000
Agosto
1935
J.763
5 10
Settembre
1935
2.180
1.348
-
-
Kg. Lubrificanti
Kg. Residui
Kg. Miscellato
-
32.181
-
-
6.827
-
-
233.006
162.736
-
-
36.926 246.762
-
304.6 16
-
141.1 95
Riepilogo spedizioni carburanti e lubrificanti in A.O. - Somalia (esigenze militari) N. o
N. o
Casse
Fusti
Kg. Benzina
Kg. Petrolio
Kg. Gasolio
Kg.
Lubri ficantĂŹ
Febbraio
1935
6.216
53.900 t. 194.l 13
-
-
1935
J.500 10.592
-
Marzo
-
55.558
Apri le
1935
3.179
728
128.520
15.000
53.626
Maggio
1935 1935
-
-
500
-
75.000
-
-
4.535
4.420
633.948
70.200
56.055
-
-
-
Agosto
1935 [935
6.500
14.]57
2.125.524
-
25.120
-
Settembre
[935
2.586
12.472
1.601.020
100.000
131.200
5.642
Giugno Luglio
Da: AUSS~'1E, Dl -124.
50
La preparazione
115
niale, modificato in breve tempo nella sua strutturazione meccanica e di bordo, e con esso fu possibile dotare sin dall ' inizio le unità partenti. Il successivo primo miglioramento delle comunicazioni stradali poté consentire, nell'estate 1935, l' impiego in Eritrea di autoveicoli su gomme piene nelle zone logistiche più arretrate. Per quanto riguardava l'approvvigionamento delle parti di ricambio, fu possibile attuare l'invio di ingenti qucfntità di pneumatici di ogni misura per le quali fu programmato anche il rifornimento periodico per sva1iate migliaia di pezzi, pur tenendo presente come la materia prima fosse quasi tutta d' importazione ed al momento non surrogabile. In merito ai rifornimenti ed alle scorte di carburanti e lubrificanti, nel mese di febbraio 1935 vennero accentrate all'Ispettorato della Motorizzazione tutte le mansioni relative. La situazione iniziale per le colonie de ll' A.O. era caratterizzata dalla scarsa attrezzatura di scorte e di mezzi di distribuzione, in conseguenza dei consunti fino allora estrema).llente limitati, e penalizzata dalla scarsa disponibilità in Italia di prodotti petroliferi e cli mezzi di imballaggio (in relazione ad eventuali necessità di spedizione di fabbisogn i notevoli) e di rilevanti scorte. Il necessario complesso di provvidenze da prendersi non poteva essere soddisfatto se non appoggiandosi ad una poderosa organizzazione industriale che, con l'ampiezza delle sue strutture e con le vaste disponjbilità e relazioni conunerciali, potesse dare la garanzia cli rispondere in pieno ad ogni esigenza, tanto più che il problema era reso difficoltoso dalla necessità di importare dall'estero la quasi totalità del fabbisogno e dalla notevole distanza dal territorio nazionale dalle zone cli consumo. La fornitura venne affidata al!' Azienda Generale Italiana Petroli (A.G.l.P.), già assuntrice da va6 anni di tutte le forniture di carburanti e lubrificanti per g li enti militari metropolitani. Sulla base dei primi dati preventivi di consumo che prevedevano mensilmente per l'E1itrea 400 tonn. di benzina, 20 di petrolio e 40 cli lubrificanti, mentre per la Somalia i corrispettivi erano 1ispettivamente 200, 20 e 20 tonn., fu rono disposti i primi invii con merci imballate (fusti e casse), in modo da costituire in Eritrea ed in Somalia una prima scorta iispettivamente fino al giugno ed all'agosto 1935 ( 147) . Per la Somalia è necessaria una precisazione a parte, in quanto il problema degli autotrasporti presentava aspetti specifici. Le particolari condizioni ambientali e ciel terreno comportavano la necessità di dover attuare una guerra metodica, costituendo di volta in volta in territorio nemico successive basi logistiche distanti fra loro 150-200 km., idonee ad alimentare le truppe per lo sbalzo successivo ed a procedere a lunghi e difficoltosi riattamenti stradali per assicurare la viabilità degli autoveicoli a ruote. Occorreva pertanto dar vita a colonne di rifornimento al seguito delle truppe non solo per aumentare questa autonomia, ma anche per metterle in grado di seguirle in terreno vario. Solo il trattore caterpillar avrebbe potuto risolvere il problema, tenendo conto che la disponibilità di automezzi efficienti in Somalia nel 1935 era di 190, numero limitato per le esigenze delle poche migliaia di uomini delle truppe indigene.Idonei a superare senza danni le difficoltà del fondo fangoso ed ineguale delle piste naturali e le incassate e ripide
147
AlJSSME, Dl-9, "Relazione sulle provvidenze ...", cit.. pagg. 21-23.
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scarpate degli uadi ed a marciare in ten-eno vario, aprendosi la strada nell'intricata boscaglia e seguendo, alla stessa velocità, le truppe nella marcia e nel combattimento, i treni caterpillar costituivano veri e propri magazzini mobili al seguito delle colonne (All. 49). Ogni trattore trainava due carri rimorchio, anch'essi cingolati, ciascuno di una portata dalle 10 alle 20 tonn., in modo che un treno completo trattore-rimorchi sostituiva 15-20 autocarri ordina1i, con conseguente enorme economia di personale e di consumi. Graziani, forte della descritta libertà d'azione, ordinò a metà luglio un blocco di 60 caterpillar e 120 rimorchi negli USA in grado di assicurare un' autonomia di 30 giornate cli viveri e 5 di acqua, 5 di fuoco ed 800 km. cli carburanti per una colonna composta da due raggruppamenti indigeni, in confronto dei circa 6-700 autocani ordinari che un analogo trasporto avrebbe richiesto. In agosto, preoccupato dal numero di autocani che venivano sottratti ai rifornimenti logistici per attuare il servizio di trasporto fra le sei basi costiere e Mogadiscio, e non potendo acquistarli direttamente perché era intervenuto un espresso divieto da parte del governo che regolava ormai direttamente la questione valutaria, Graziani chiese al ministero della Guerra la fornitura di un secondo blocco di 50 caterpillar e 250 rimorchi dimostrandone il notevole rendimento (Ali. 50); inizialmente respinta per ragioni cli valuta, l'istanza sarebbe stata successivamente accolta per il personale intervento di Mussolini, se pur ridotta a 25 trattori e 125 rimorchi. A fine settembre, a tre giorni dall'inizio delle ostilità, Graziani non avrebbe ancora completato il suo grande disegno logistico, ma avrebbe potuto disporre già di 127 autoveicoli, 2551 autocarri (2 122 americani, 401 italiani e 28 tedeschi), 175 tra carri armati e trattori e 38 rimorchi (1 48) .
148
" La guerra italo-etiopica. Fronte Sud", Relazione, vo i. 11, a li. 36, pagg. 128-1 29.
CAPITOLO IV
LO SCENARIO OPERATIVO
1 - L'AMBIENTE FlSlCO L'Etiopia ( 149) è un vasto altopiano circondato da zone desertiche e steppose situato nell'estremo lembo orientale dell'Africa, compreso approssimativamente tra il 13° e 15° di latitudine Nord ed il 47° di longitudine Est (Greenwich), con una superficie complessiva di circa 1.130.000 km. quadrati, confinante a Nord ed a Nord-Est con l'Eritrea per 850 km., ad Est con la Costa Francese dei Somali e con il Somaliland inglese, a Sud-Est con la Somalia per circa 750 km., a Sud con il Kenya e ad Ovest con il Sudan anglo-egiziano. L'altopiano etiopico occupa tutta la parte settentrionale di un sistema montuoso che attinge i vertici massimi intorno al lago Vittoria (monti Virunga, mt. 4 120, Ruvenzmi, mt. 5120, Elgon, mt. 4330, Kenya, mt. 5240, Kilimangiaro, m.t. 5895) e che dai grandi laghi equatoriali si protende a Nord fino al Mar Rosso, ad Est fino al Capo Guardafui, a Sud fino al Capo di Buona Speranza, distendendosi infine ad Ovest negli altipiani del!' Angola. Era all'epoca, ed è tuttora, un territorio fra i più variegati dove si alternano zone desertiche arse dal sole, steppe desolate, pascoli a perdita d'occhio, terreni fertili capaci di dare anche tre raccolti annui, plaghe brulle, vulcaniche e selvagge, sconvolte da antichi e marcati movimenti tellurici, vulcani spenti ed altri semiattivi, crepacci profondi fino a 1500 mt., laghi di grande estensione, sorgenti sulfuree, ferruginose e magnesiache, torrenti tumultuosi caratterizzati eia piene improvvise, lunghi fiumi a corso continuo, zone basse, paludose e malariche, foreste rigogliose, altipiani fioriti, boschi di conifere giganti ed infine un sistema montuoso con cime che sfiorano e talora superano i 5000 mt. di altezza. Il suolo del massiccio etiopico, di pretta formazione vulcanica, è quasi interamente formato da strati eruttivi paleolitici, meso.litici e chenolitici, da strati sedimentari deJJe epoche seconda1ie e terziarie, da strati calcarei, da schisti compatti e da gessi. Il substrato è prevalentemente granitico; nelle pianure dominano le supe1fici argillose, merme i monti, le balze, i letti dei fiumi sono ricchi di rocce quarzifere, di basalti e di schisti. ln linea generale, si può dire che il terreno vegetativo è di natura silicea, argillosa od arenosa, secondo la quantità di humus che è in 149 Dal greco Aithiopis = viso ardente, ri lucence. Il tcnnineAbissinia apparve verso il IV secolo dell'era cristiana, e sembra derivi da Habesc (radice araba Hbsc e verbo Habascia) che sign ificherebbe "m isti" o " bastardi", ossia accozzaglia di stirpi diverse e variam.eme incrociate.
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grado di assorbire. Della natura eminentemente vulcanica del terreno fa fede anche l'elevato tenore sismico del territorio. Il sistema montuoso si può considerare composto da due grandi catene di circa 1500 km. ciascuna che, unendosi a Sud-Ovest, formano insieme una specie di grande L maiuscola. La prima è una catena verticale che si distacca da mezzogiorno sulle rive dei laghi Rodolfo e Stefania e corre verso Nord, in direzione dell'Eritrea che raggiunge ed oltrepassa per esaurirsi lungo le coste egiziane del Mar Rosso. La seconda è una catena semiorizzontale che, prendendo le mosse dal lago Stefania, si distende in direzione Nord-Est toccando Hanar, e quindi volge verso Est tino al Capo Guardafui. Un'immensa spaccatura divide nel tratto meridionale le due catene, che corrono quasi parallelamente. La frattura è formata dalla successione dei laghi Stefania, Ciamò, Margherita, Abassi, SciaJà, Langanò, Zuai nonché dal corso superiore del fiume Hanàsce che scorre incassato fra pendici scoscese alto più cli I 000 mt. In prossimità del massiccio vulcanico Zuqualà, le due catene divaricano quasi ad angolo retto e corrono rispettivamente verso Nord e verso Est, dando così evidenza aJ triangolare deserto clancalìco. L'altopiano etiopico si estende a Nord-Ovest della predetta frattura sino alla piana di Massaua, tra la fossa dancala e le pianure sudanesi. Esso si configura come un gigantesco tavolato inclinato verso Occidente e presenta nel proprio orlo orientale, cleconente lungo il 40simo meridiano, la maggiore altezza per cadere poi bruscamente con una scarpata nella fossa clancala, nella media valle dell'Hauasc e nei laghi Galla, declinando invece ad Ovest verso i pianori del Sudan. È accidentato eia bunoni e da scoscese elevazioni tabulari, le cosiddette "ambe", grandi blocchi od enormi pilastri tronco-conici, in gew~re di natura basaltica, alte qualche centinaio di metri sul livello medio dell'altopiano, e sulla cui sommità presentano spesso una spianata più o meno ampia, a volte coltivata e con sorgenti d' acqua. L'altopiano è diviso in due parti dal solco costituito dal medio Tacazzè, dal Bascinolò, dal medio Abai, dal Guder, dall'alto Hauasc e dal lago Zuai. La parte orientale, che si presenta come un enorme pianoro inclinato verso il solco, è interrotta da poche elevazioni. Essa comprende il Tigrai (fra Mareb e Tzellarì), il Lasta (fra Tzellarì ed alto Tacazzè), l'Uollo (fra l'alto Tacazzè e l'Uancit) e lo Scioa (fra l'Uancit e Guder e l'alto Hauasc). La pa1.te occidentale presenta altitudini sempre minori sino a degradare nelle pianure dell'Ovest. In questo pianoro inclinato, tormentato, rotto ed accidentato si elevano nella sua parte settentrionale, e precisamente nello Tzellemtì e Semien, imponenti massicci che hanno un andamento parallelo e, con l'opposto margine orientale dell'altopiano etiopico, vengono a limitare l' esteso bacino dell' alto Tacazzè, chiuso a Sud dai monti dell'Uaclilà ed a Nord dalla catena displuviate di Adua. li Tacazzè, per uscirne e scendere verso le pianure clell 'Ovest, si apre una strada incassata fra la displuviale suddetta e lo Tzellemtì. Questa parte occidentale comprende l'Amhara (fra il Tacazzè-lago Tana e l'alto Abai), il Goggiam (fra il lago Tana e l'alto e medio Abai), l'Uollega (fra medio Abai, alto Baro, alto Didessa, alto Gucler), il Caffa (a Sud della linea alto Baro-alto Diclessa-alto Guder). Sotto l'aspetto operativo l' altopiano etiopico presentava alcune caratte1istiche di base quali un buon campo visivo, specialmente per chi fosse riuscito a
Lo scenario operativo
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guadagnare le numerose sommità, settori di tiro sovente ridotti dalla presenza di numerosi angoli morti ed una difficile percorribilità, specialmente per le truppe non indigene, fuori delle poche e spesso non facili mulattiere. Un ambiente, pertanto, decisamente difficile dal punto di vista logistico e non facile dal punto di vista tattico, nel quale erano da temersi continuamente le sorprese e nessuna attenzione quindi sarebbe stata superflua per garantire la sicurezza dei reparti in marcia, in sosta ed in combattimento. ~ A Sud-Est della frattura si estende l'altopiano somalo, che decade ripidamente nella frattura stessa mentre degrada con regolare e lieve pendio verso Sud-Est sino ad immergersi nell'Oceano Indiano. li territorio della Somalia comprende grosso modo due distinte regioni, il vasto bassopiano meridionale rappresentato dal Benadir propriamente detto e dall'Oltre Giuba ed il gradone montuoso settentrionale della Migiurtinia, raccordate fra loro da una st1iscia intermedia a guisa di rampa, la Somalia centrale, che partecipa in parte delle caratteristiche dell'una e dell'altra regione. Il bassopiano somalo, a forma di tavolato dolcemente ascendente verso l'interno tale da fame quasi una pianura continua, è in massima parte a fondo alluvionale e quindi poco consistente e soggetto all' influenza delle acque, pressoché ininterrottamente cope1to dalla boscaglia sotto fom1a di una vegetazione a carattere arbustaceo, bassa, spinosa, fitta ed intricata, umida e verdeggiante subito dopo le piogge ed invece arsa, scheletrica e polverosa in assenza di queste. Lungo tutto il litorale la regione è limitata dalla fascia delle dune, interrotta soltanto dal Giuba e dalle strade che affluiscono verso l'interno. Nella fascia inte1media Bardera-Baidoa-Belet Uen un primo terrazzamento cristallino costituisce modesto rilievo e, ancora più nell'interno, all'incirca lungo la fascia confinaria, un altro terrazzamento calcareo forma un secondo rilievo, piuttosto accentuato verso il Giuba e meno verso lo Scebeli. L'altopiano migiurtino, invece, è del tutto petroso, in forme tormentate seppur poco elevate (salvo nella zona più settentrionale, sul litorale del golfo di Aden, dove raggiunge i 2000 mt. e precipita rapidamente sul mare), ma aspro, profondamente inciso, completamente privo di vegetazione, talvolta interrotto eia superfici desertiche o da macchie di boscaglia. Dai diversi caratteri degli altipiani, l'etiopico ed il somalo, derivano quelli differenti delle valli . Sull'altopiano etiopico la dolce inclinazione ha determinato l'incertezza del corso quasi vagante delle acque, le zone di maggior rilievo hanno causato la tortuosità dei fiumi, ed il forte dislivello fra altopiano e pianori sudanesi li ha fatti affossare nei loro corsi pilr occidentali. Invece l'altopiano somalo, un piano i11clinato uniforme, ha prodotto valli parallele e dirette secondo il senso del massimo pendio, cioè verso Sud-Est, e non molto profonde, le quali solo in basso mostrano la tendenza ad unirsi tra loro in modo da concentrarsi nei due grandi bacini idrografici del Giuba e dell' Uebi Scebeli. La fossa dancala, infine, è una vasta zona depressa limitata ad Ovest dal ciglione dell'altopiano etiopico, a Sud dalla fossa dell'altopiano somalo e ad Est dalla catena dancala. È costituita da due grandi bacini chiusi: la Dancalia propriamente detta a Nord, assolata, sabbiosa, cosparsa di colate laviche e di laghi salati, e l' Aussa a Sud, percorsa dalle abbondanti acque dell'Hanase e ricca di campi e foreste. Per quanto riguarda il fattore idrografico, l'Etiopia è, nel suo complesso, un paese povero di acque. Data però la sua posizione quasi equatoriale e la natura
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vulcanica del suolo, si può dire che essa sia una zona idrograficamente ancora abbastanza favo1ita. I fiumi etiopici nascono generalmente al margine orientale dell'altopiano omonimo ed a quello settentrionale dell'altopiano somalo. Nel loro alto corso serpeggiano fra gli ostacoli del terreno, si inabissano durante il medio in profonde valli dalle pareti verticali e giungono così al piano, ove spesso cadono con cateratte e cascate. I p1incipali sono: - il 1àcazzè, che nasce dal gruppo dal!' Abuna Josef sul margine olientale dell'altopiano.Ha acqua perenne, con appena un metro in marzo ma fino a 5-6 metri nella stagione delle piogge, allorché presenta piene imponenti. Scorre dapprima verso Ovest poi, raccolte le acque del Gasc Bahar, volge verso Nord; ricevuto l'Ueri riprende la sua direzione verso Ovest, aprendosi la strada verso lo Scirè ed il Tzellentì. Con il nome di Setit segna il confine Sud-Ovest dell'Eritrea e sfocia a Nord di Tomat (Sudan) nel!' Atbara. In questo suo esteso bacino affluiscono le acque dell'Uollo, del Lasta, dell'Endertà, del Gheraltà, della regione di Adua, del Semien, dell'Uogherà e del Beghemeder; - 1' Abai (o Nilo Azzurro),che nasce nell' Agaumeder (Goggiam) a Sud del lago Tana, ove si getta nei pressi di Abai Dar. Ne esce a Bahr-dar-Ghiorghis, sempre nella parte meridionale del lago, e con un grande semicerchio volge in direzione Sud per poi prendere decisamente la direzione Ovest. Sono soci affluenti di sinistra il Bascilò, il Mugher, il Guder, il Didessa; affluenti di destra, il Tameia ed il Gingina; - l'Hauasc, che nasce nei pressi di Addis Alem e percorrendo la menzionata frattura si avvia verso l' Aussa solcando regioni verdeggianti e boscose fertilizzate dal proprio limo. Nel suo alto corso raccoglie i torrenti che scendono dai ripidi margini dell'altopiano etiopico e somalo. Olu·e a questi tre principali fiumi, numerosi altri attraversano la regione. Le pianure del Nord-Ovest sono solcate dall' Angareb e dall' Atbara, mentre nei laghi Galla sfocia l'Omo Bottego. L' altopiano somalo è percorso dal Daua, dal Canale Doria, dall'Ueb Gestro che, riunendosi, formano il Giuba, e dall'Uebi e dal Faf che formano l'Uebi Scebeli. Giuba e Uebi Scebeli, i due fium i principali (con un percorso pari rispettivamente a 1650 e 1500 km.) sono caratterizzati dal regime molto variabile in relazione ai periodi di piovosità:molto meno il Giuba dell'Uebi Scebeli ma entrambi tortuosi, a lento decorso, specie l'Uebi che nel marzo-ap1ile è talvolta asciutto per interi u·atti del suo corso meridionale, ed anche durante le piogge non acquista l'imponenza del Giuba perché depauperato da vasti allagamenti. La tortuosità e l'incostante regime si oppongono alla navigabilità: il Giuba lo è in gran parte dell'anno, ma solo per speciali tipi di natanti che comunque risentono della tortuosità del percorso. All'altezza di Bardera una cascata interrompe la continuità della navigazione. Lungo le rive dei due fiumi sorge una vegetazione più fitta e più alta, che si estende lateralmente su due su·isce ampie soltanto poche centinaia di metri. Qualche zona dell'Uebi ed ancora più de l Giuba ha un' ampiezza maggiore; altre, invece, sono prive o quasi cli vegetazione arborea naturale. La modesta inclinazione del bassopiano e la natura del suolo non hanno consentito il formarsi di aJu·i fiumi a corso perenne. Soltanto nella parte occidentale della fascia confinaria (a monte di Dolo) e nella regione migiurtina, dove il terreno è più accidentato e consistente, esistono dei torrenti che hanno percorso molto breve ovvero stagnano in acquitrini di carattere tran -
lo scenario operarivo
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Il Giuba
Disegno di Antonio Locatelli. caduto a Lekempti (A.O.I.) il 27.6.1936, M .O. al V.M. (da: Enzo Quarenghi , " L' Africa nei disegni di A . Loc111elli", in " S tudi e Ricerche di Storia Contemporanea•·, Bergamo, Istituto Bergamasco per la stori a de lla re,~istcnza e dell' età contemporanea, 11. 54/2000, pag . 74.
sitorio. Molti di questi torrenti rappresentano una preziosa risorsa per la presenza di fal de acquifere ne l letto subalveo anche ne l periodo asciutto. Gli alberi di grossi torrenti, attivi generalmente solo nella stagione della grandi piogge, sono denominati "uadi". Per quanto riguarda i laghi, è noto come la loro formazione presupponga l'esistenza di bacini chiusi, e l'altopiano, con il suo carattere di uniformità altimetrica,poco vi si presta, come è dimostrato dal fatto che quello somalo, causa la sua generale inclinazione, non ha laghi così come ne ha pochi quello etiopico. Nel suo interno, però, vi è il lago Tana (3000 kmq.di estensione, perimetro di 450 km., lunghezza dai 75 ai 120 km., mt.14.50 di profondità massima), a 1820 mt. di quota, il maggiore fra tutti, prodotto da un'emissione di lave che ha sban ato la testata della valle dell'Abai. L'altopiano etiopico ha pochi altri laghi e piccoli, per lo più localizzati presso il ciglio Est (Asci[Ulghi, Hitic, Ardibbo). Accolgono invece laghi numerosi le grandi fosse, la galla e la dancalica, per l'esistenza di molteplici bacini chiusi. Nella prima si trovano i laghi Rodolfo (il più grande, anche se solo le sue sponde settentrionali fanno parte dell'Etiopia mentre tutto il rimanente bagna il territorio del Kenya), Stefania , Ciamò, Ma rgherita, Auàsa, Sciàla, Abiàta, Lagòana, Zuài, oltre ad innumerevoli più piccoli nell'alto bacino dell' Hauasc; nella seconda, invece, i numerosi bacùli chiusi contengono relativamente pochi laghi, di scarsa profondità, di estensione variabile a seco nda delle stagioni e cli fotte salini t~t.
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La campagna italo-etiopica, 1935-1936
TI territo1io etiopico si può dividere in cinque zone distinte a seconda del1' altitudine, alle quali corrispondono le diverse caratteristiche climatiche: 1 - Zona desertica: comprende esclusivamente la Dancalia, ossia la regione delle sabbie e delle dune e le zone Nord-Occidentali che precedono il Nilo Bianco. Qui la media minima di temp.eratura oscilla fra 29° e 30°, la massima fra 36° e 44° centigradi all'ombra. Il minimo notturno scende al di sotto dei 20°. La caduta della pioggia è valutabile intorno ai 30-40 mm. all'anno. 2 - Zona stepposa: zona di steppa magra e di steppa arborata e cespugliata o boscaglia, da 100 a 500 mt. di altit11dine. Si estende verso l'Oceano Indiano e comprende le regioni degli Arussi e dei Boran ed i territorii somali degli Sciaveli (o Digodia) e degli Ogaden. Dello stesso tipo si può considerare la regione degli Sciangalla, ad Ovest del lago Tana. Media del mese più caldo 31 ° centigradi, di quello più freddo 21 °; pioggia 300 mm. 3 - Zona verde e piana: detta "cuollà", che in amarico significa "pianura grande" oppure "bruciante", cioè calda, si estende da 500 a 1500 mt. di altitudine. Comprende la giungla, la savana e le regioni acquitrinose. È la zona del caldo sopportabile, percorsa dai monsoni africani del Sud-Est, a clima alterato, secco ed umido, come nel Sudan orientale ma con temperature meno elevate (20°-28° centigradi) e piogge più regolari e più abbondanti che durano circa 4 mesi (600 nun.). Tabella n. 14 ZONE CLIMATICHE DELL' A.O . .
. lDISTRIBUZIONE PLUVIOMETRICAANNUALEOELlAO i
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Da: "Guida deJJ'A.0.L", C.TL, Mi lano, 1938, pag. 47.
4 - Zona media: detta anche "zona degli altipiani" (da 1500 a 2500 mt. di altitudine), è senza dubbio la più vasta e la più fertile. lJ clima registra una temperatura media diurna di 24° e notturna di 6° che sale a 12° durante la stagione delle piogge. Precipitazione: 800- J 200 mm. 5 - Zona elevata: è un'autentica zona alpestre che si eleva da 2500 a 4500 mt., nella quale il limite abitabile termina in corrispondenza dei 3500 mt. Al di
Lo scenario operativo
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sotto di questa quota si estendono ancora vasti pascoli stepposi, e le condizioni cl imatiche permettono alla vita di alligna re sino a 3000 mt. La temperatura delle 24 ore registra però delle notevoli escursioni di 20 e persino di 30 gradi che giustificano per questa zona l'appe llativo amarico di degà (glaciale) quando di noue il termometro scende anche a I 0° sotto 7.ero. Precipitazione media: 800 111111. L'umidità, da un minimo nel Nord e Nord-Ovest dell'E1itrea. cresce quanto più ci si sposta verso Sud, tanto sull'altopiano etiopico e quindi sul Galla quanto lungo il versante sudanese. E abbastanza elevata anche sull ' altopiano somalo, almeno nella parte compresa fra i mo nti Gugù ed i rilievi del Bàlc; invece diminuisce verso la Somalia inglese e la regione dei Galla Boràna, come sul tavolato somalo e nell 'interno dell 'antica Somalia italiana, specie a Nord-Est. Ed è abbastanza ri dotta su buona parte della fossa dei lag hi Galla, minore ancora nell 'Ogadèn e minima nella Dancalia. Cospicua è invece lungo il litorale del Mar Rosso, del Gol fo di Aden e, soprattutto, dell' Oceano India no, dove g iunge, in particolare'ncl Benàdir, a valori molto prossimi all a saturazio ne e costanti in ogni epoca dell ' anno. Ma il fattore meteorologico più importante sono le piogge, sia per i loro effetti vistosi, sia per i riflessi economici e le conseguenze dirette ed indirette che determ inano nel ritmo della vita locale. Sono piogge essenzialmente d i tipo orografico, cioè prodotte dalla condensazione dei vapori sospinti dai venti contro le alture marginali dei pianori. Con i nomi tradizionali di piccole e gra11di piogge si è soliti indicare due periodi distinti di piovosità e quasi due d iverse specie di precipitazioni, anche se essi rispondono solo parzialmente alla realtà de i fatti. In generale in tutta l'Africa Orientale esiste una sola stagione di piogge, che nel suo corso subisce soste più o meno lunghe le quali pere,, tranne nella Somalia interna, nella parte Sud del Galla Boràna e sul tavolato somalo, non giustificano la divi sione in due periodi, nemmeno se riferita all 'entità delle singole piogge. Nel corso del semestre piovoso esteso ovunque Lranne sul litorale del Mar Rosso e Mare Arabico, eia aprile a settembre, può piovere in qualsivoglia zona, e nel primo trimestre du ra nte le cosiddette "piccole piogge" si possono avere cadute eguali o più abbondanti di quelle de l periodo de lle "grandi". Da ottobre a marzo quasi ovunque si ha il periodo asciutto, ma le piogge non sono assolutamente sconosciute ed in qualche 7.0na neppure tanto rare. Infatti nel Sud-Ovest (Scioa, Ghìmirra, Caffa, Gimma), ove gli effetti delle correnti dcli' Atlantico e cieli ' Oceano Indiano sembrano sonunarsi, piove, si può dire, tutto l'an no. T venti sono molto va1iabili, anche entro lo stesso giorno. Dal maggio all 'agosto prevalgono i venti ciel Nord e de] Nord-E st, in settembre ed ottobre quelli del Nord-Ovest, negli altri mesi quelli d el Sud, Sud-Est e Sud-Ovest ( 150).
°
15 Ci sia mo avvalsi, per qucstn sintetica descrizione della confi gurazioae oro-id rogra fica ccl ambientale delle regioni interessate dagli eventi operativi , delle seguenti pubbl icazion i: Ministero Guerra, Comando del Corpo di S.M. - UIT. Opr., "Memorie militari: Eritrea e Somalia italiana". Roma, 1935; Nanni U., "Che cos'è l' Eliopia", Milano, Agnelli, 1935: Comando Superiore A.O., Stalo Maggiore - Uff. lnf.ni, "Etiopia: guida pratica pe r l' ufficial e destinato in A.O.", Asmara, 1935; O' A· gosti no Orsini di Camerata, "Che cos'è l'Africa", voi. Ul (Dal Delta del Nilo ali' Acrocoro Etiopico), Roma, Cremonese. 1936; ··Guida dell'A.0.I.'', Milano. Consociazione Turistica Italiana, 1938; Ministero Guerra, Comando ciel Corpo di S.M. - Uff. Storico, ' ·La campagna 1935- 1936 in A.O:'. voi. I (La preparazione militare), Roma, 1939.
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La campagna italo-etiopica, 1935-1936
Tabella n. 15 - Precipitazioni e temperature medie in A.O.
:: .:: ' .· t . . . .. . . . .. .. . . ..
La pre<:ipitaiione at-
I. . . •• .
m.osJerica in Edtrcfi cd Etiopia, indicata in millimetri, nei varii mesi dell'anno.
300 250
200 150
-·/···.....
100
\
\
I \
T' \
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50
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,','<. .
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250 ·-·· - t-·- · _ ___ __ _ ,. _ __
La precipitazione Bt-
mos{cdcainSomalia, indicata in millimc·tri, ne i varii mesi dcll'nnno.
---·---·-- l····
200 - · - ·· _· __ _ ·· -- ·· : -- . . ........ ...... · · ··1 50 • · .. · - - - - · - · · · · - · -
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Da: ·'Re lazione per attività Esigenza A.O. (bozza prel iminare)", cit., AUSSME. LJ4-l03.
Lo scenario operativo
125
2 - L'AMBI ENTE ANTROPICO E LE VLE D1 COMUN ICAZIONE All'inizio del 1935, tenendo conto della totale mancanza di anagrafe. statistiche e censimenti , la popolazione etiopica era calcolabi le per approssimazione in 11 -1 2 milioni di abitanti così ripartiti: - Scioani 1.400.000; - Amhara 3.900.000; - Tigrini 1.000.000; - Galla 4.900.000; - Somali 500.000; - Sidama 600.000; - Dancali 500.000; - Negroidi 850.000; - Falascià 100.000. L'ordinamento politico prevedeva la suddivisione dell 'impero nelle seguenti regioni: - Regno del Tigrai occidentale (capitale Adua - capo: ras Seium Mangascià): - Regno ciel Tigrai orientale (capitak Macallè - capo: dcgiac Hailè Selassiè); - Regno del Beghemedcr (capitale Debra Tabor - capo: ras Cassa Hailù); - Regno del Goggiam (capitale Debra Marcos - capo: ras Tmmirù); - Regno dell 'Uollo (capitale Dessiè - capo: il principe ereditario meridazmàc Asfauossen); - Regno dello Scioa (capitale Addis Abeba - capo: il Negus); - Regno del Caffa (capitale Sciarrada - capo: ras Ghetacciou); - Regno ciel Siclamo (capitale Aberà - capo: ras Destà Damton); - Emirato di Harrar (capitale Harrar - capo: Maconnen duca di Harrar, secondogenito dell'imperatore); - Sultanato di Gimma (capitale Gircn - capo: Abba Gifar): - Sultanato dell' Aussa (capitale Sarclò - capo: degiac Mohamed Jaio); - Varie province periferiche. Tra questi territori, le possibilità di comunicazione erano estremamente ridotte. L'Etiopia mancava di vere e proprie strade costruite secondo i canoni t.ecnici europei, mentre possedeva invece una rete abbastanza fitta di carovaniere (mulattiere e sentieri) creata dalle con-enti tradizionali del traffico e dal continuo passaggio di uomini e quadrnpcdi. Gli automezzi avevano fatto la loro comparsa da qualche anno, il che aveva indotto il governo centrale a Lrasformare alcune carovaniere in piste camionabili e ad iniziare a sostituire con ponti alcuni guadi tradizionali. Le strade percorribili con automezzi durante la stagione favorevole si limitavano a queste: - Addis Abeba - Addis Alem = 35 km. (in massicciata); - Addis Abeba - Moggio = 73 km.; -Addis Abeba - lago Zuai = 180 km.; - Addis Abeba - Ankober = 168 km.; - Harrar - Giggica =75 km. Ad esse andavano aggiunti i piccoli tronchi s11-adali che i ras si erano fatti costruire intorno alle loro sedi di provincia per scopi puramente narcisistici e di facciata. Si può pe11anro affermare che con un te1ritorio grande quasi quattro volte l'Italia, l'Etio-
126
La campagna italo-etiopica, 1935-1936
pia disponeva al massimo di 500 km. di strade appena idonee; le altre erano semplici piste cli terra più o meno battuta che le piogge trasformavano in tracciati fangosi, malagevoli per gli stessi quadrupedi. Le piste carovaniere più battute erano le seguenti: - Addis Abeba - Balci - Harrar - Giggica - Zeila; - Addis Abeba - Gorè - Gambela - Baro - Sobat - Nilo Bianco; - Addis Abeba - Moggio - Ghigner - Dolo - Tscia Baidoa; - Addis Abeba - Negetiè - Aussa - Assab; - Addis Abeba - Ankober - Dessiè - Boru Mieda - Macallé - Aclua; - Dasiè - Batié - Aclclelé Gubò - Assab; - Gondar - Metemma - Gallabat - Càssala. La carovaniera più antica dell'Etiopia era quella eia Entotto (antica capitale dello Scioa) conduceva ad Harrar attraverso la catena del Cercer, e da l-laLTar, per Gilclessa, terminava a Zeila od a Berbera, nella Somalia inglese. Essa nel 1935 era ancora molto frequentata, malgrado la ferrovia franco-etiopica avesse deviato verso Gibuti tutto il trasporto ciel caffè sottraendole un carico prezioso e redditizio. In sostanza, le comunicazioni etiopiche fondamentali potevano così raggrnpparsi: a) Itinerari principali che dallo Scioa, attraverso l' Uollo ed il Lasta, adducevano al Tigrai: l) Addis Abeba - Dessié - Cobbò - Ascianghi - Adigrat; 2) Addis Abeba - Magdala - Socotà - Abbi Acidi - Aclua; b) Itinerari principali che dallo Scioa adducevano alla zona del lago Tana: I ) Addis Abeba - Finé - Sclaculla - Biana - Mota - Debra Tabor - Gondar; 2) Addis Abeba - Addis Alem - Geldu - Abuille - Debra Marcos - Dembeccià - Buree - Asxifa - Gogia - Gondar; c) Itinerari principali che dalla zona del lago Tana adducevano al confine eritreo nel tratto Setit - Adi Abò; cl) Itinerari principali che dalla zona del lago Tana adducevano alle conche di Axum e di Aclua; e) Itinerari principali che collegavano la zona del I.ago Tana con le regioni dell' Uollo; t) Itinerari principali della zona ciel lago Tana al confine sudanese; g) Itinerari principali dello Scioa verso l'altopiano i;omalo: I) Addis Abeba - Hauasc - - Harrar - Giggiga - Dagahbur - Sassabaneh Uarandab - Gorrahei - Scillave - Mustahil; 2) Addis Abeba - Moggio - Siri - Ghigner - Magalo - Dita (Gheriba); 3) Addis Abeba - laghi Galla - Agheresalam - Danan - Negbelli - Filtu - Dolo; h) ltinera1i principali dello Scioa verso la Somalia francese: ferrovia Addis Abeba - Gibuti ( 151 ) . Per quanto riguardava la Somalia, le vie d'accesso verso l' Etiopia meridionale che si sarebbero potute utilizzare ai fini di un' invasione in forze nel territorio etiopico potevano essere così individuate : 151
La ferrovia "Franco - Ethiopienne" Addis Abeba - Gibuti, costruita alla fine del XTX secolo e lunga 783 km., aveva uno scartamento di mt. l.06, a differenza delle lince coloniali inglesi che lo avevano di l mt., mentre quello coloniale italiano era lo stesso de.Ile Feffovic Sarde, pari a ml. 0.95, adouaro allo scopo di un evenn1alc sfruttamento del vecchio materiale di queste reti (Nanni V., op. cit., pag. I99).
lo scenario operativo
127
- ad Ovest un fascio di tre grandi comunicazioni convergenti su Addis Abeba: la Dolo - Neghelli - Trgalem (sussidiata dalla Dolo - Mega - Moyale - lrgalem), la Dolo - Magalo - Goba - Hadama e la Belet Uen - Imi - Ghigner; - ad Est un fascio di tre altre comunicazioni convergenti su Barrar: la Belet Uen - lddidole - Danan - Segag - Fich, I.a Segag - Farso - Harehò (che aveva in comune con la precedente il tronco fino a Segag) e la Ferfcr - Gorrahei - Giggiga, sussidiata daJla Ado - Curati - Dagahbur. Ciascun fascio convergeva su un obiettivo: l'occidentale, dalla base Dolo Belet Uen su Addis Abeba, l'orientale dalla Belet Uen - Uarder su Barrar. Ma fra di loro i due fa~ci si mantenevano grossolanamente paralleli, poiché in confronto ai 480 km. intercorrenti in linea d'aria fra Dolo e Uarder (sul terreno erano invece circa 1100), ne intercorrevano 470 sulla ferrovia fra Addis Abeba e Dire Daua. Essi non erano interdipendenti fra loro, poiché nessun collegamento trasversale intercedeva fra essi attraverso l'ampio bacino dello Scebeli. In linea d'aria le distanze dei due obiettivi dalle rispettive basi di pa11enza erano: Addis Abeba, quasi 800 km. da Dolo e 900 da Belet Uen; Harrar, circa 670 km. da Belet Uen ed altrettanti da Uarder. In conclusione, se dal punto di vista operativo risultava di estrema importanza sapere che gli etiopici avevano lavorato a riattamenti ed a nuove costruzioni, sarebbe stato altrettanto importante essere edotti che quasi tutte queste vie di comunicazione, che dalla ricognizione aerea sembravano camionabili o suscettibili di trasformarvisi, erano invece interrolle da tratti carovanieri per decine e decine di chilometri, e tutte erano prive di opere d 'a1te salvo il breve tronco Barrar - Dire Daua ( 152). In sostanza, un bellissimo tenitorio quello etiopico. pieno di fascino, di mistero e di insidie,al quale pertanto ben si addiceva la realistica immagine datane da Bottai: " ... Il pericolo non 'sta' in alcun punlo. Non ha forma, peso, colore. È là, in ques10 paese imrnenso, sproporzionato, goffo a furia d'essere grande; i11 questo paese peggio che disabita10: abitato poco e male. Ha un 'alleata inafferrabile, la distcmza, vera protagonista di quesra impresa. Una pattuglia, qui, dura delle mezze giornate, su percorsi di decine di chilometri; una ricognizione, due tre giorni; una marcia d'avvicinamento, una, due settimane. È un pericolo dilatato, diffuso, .fluttuante, che ti sfugge per mesi e mesi; poi, all'improvviso, fa ressa in un pw110, fulminante" ( 153 ).
3 - L E FORZE CONTRAPPOST E ltalia
a) Eritrea Attraverso i reclutamenti locali e gli afflussi di unità dall'Italia, seppure questi ultimi ancora in corso di completamento, le forze in Eritrea alla data del 2 ottobre 1935 avevano raggiunto un live llo abbastanza cospicuo anche se molte
152 "La 153
guerra italo-c1iopica. Fronte Sud". voi. I (Relazione), pagg. 139- 140.
Bottai G .. "Diario Affricano", Firenze, Sansoni 1939, pag. 14.
128
La campagna italo-etiopica, 1935-1936
unità erano ancora incomplete nelle salmerie e nei mezzi di trasporto. Erano altresì deficitaiie le disponibilità di reparti e mezzi del Genio e dei servizi, e non erano stati completati i lavori stradali programmati. A quella data, calcolando tutte le truppe ed i mezzi partiti fino al 15 settembre, il personale dell'esercito ammontava complessivamente a 5721 ufficiali ed a 173.440 tra sottufficiali e uonù1ù di truppa, dotati di 173.893 fucili e moschetti, 4209 nùtragliatrici e fucili mitragliatori, 580 cannon i, l J2 carri veloci, 276 lanciafiamme, 3683 automezzi vari, 1740 fra motocicli e biciclette e 35.653 quadrupedi. L'Aeronautica, con 216 ufficiali e 2007 tra sottufficiali e truppa, disponeva di 130 velivoli (78 da ricognizione tattica e strategica, 45 da bombardamento e 7 da caccia) schierati su 6 campi principali - Asmai·a, Otumbo, Assab, Gura, Senafè, Adi Qualà - e numerosi altri secondari e cli fortuna. La Marina aveva alla fonda nelle basi di Massaua ed Assab una decina di unità e disponeva di 167 ufficiali e di 3314 tra sottufficiali e uomini di truppa. A queste cifre andavano aggiunte quelle re lative al personale ed ai mezzi già imbarcati e/o in navigazione ma non ancora pervenuti in A.O. all'inizio dell'ultima settimana di settembre. Esse corrispondevano per il personale a 15.544 elementi (719 ufficiali + 14.825 tra sottufficiali e truppa) e per i materiali a 13.000 fucili e moschetti, 134 mitragliatrici pesanti e leggere, 55 cannoni, 240 lanciafiamme e 343 automezzi vari ( 154). L'ordine di battaglia delle forze italiane al 21 settembre 1935, una decina di giorni prima dell'inizio delle operazioni, era il seguente: Comandante Superiore A.O.: gen. designato d ' Armata Emilio De Bono Capo di Stato Maggiore: gen. C.A. Melchiorre Gabba Com.te Sup.re Art. : gen. brig. Emilio Garavelli Com.te Sup.re Genio: gen. div. Aventino Caffo Com.te RR.CC.: col. Azolino Hazon Intendente Sup.re: gen. brig. Fidenzio Dall'Ora Com.te Sup.re R.M. in A.O.: contranun. Pietro Barone ( 155 ) Com.te Sup.re R.A. in A.O.: gen. brig . aerea Mario Aymone Cat (1 56)
154 AUSSM.E, Dl -1 3/14, promemoria per S.E. il Capo del Governo "Forze e mezzi in Africa, nelle isole dell' Egeo e nelle isole del canale Sicilia alla data de l 24.9 .1 935", senza altri elementi di riforimento. 155 Dal 24.5.1 934 era stam anche costituito un Comando Divisione Navale in A.O., che era a capo delle forze navali in tutto lo scacchiere e dipendeva direttamente da l Ministe ro della Mari na (Chiavarelli E., "L'opera de lla Marina italiana nella guerra italo-etiopica·', Milano, Giuffrè, 1969, pag. 31). 156 A datare dal 1°.2.1935 ern stato costituito il Comando R.A . del!' A.O. che unificava le due componenti aeree, ftno allora separate, delle colonie eritrea e somala. Il titolare del nuovo comando era anche il com.te del!' Aeronautica dell 'Eriirea. Punto saliente del nuovo ordinamento era il passaggio amministrativo della R.A. in A.O. dal l\'linistero delle Colonie a quello de!J' Aeronautica, e la sua strntturaz ione in reparti dell 'Annata Aerea e reparti per i RR.CC.TI.CC. In rea ltà Aymone Cat era subentrato al pari grado Ferrucc io Ranza il 5.IX. ma unicamente con l'incari co di capo di stato maggiore del comando R.A. in A.O., e divenne com.te titolare effettivo di questo solo il 6.XJ, mentre Ranza assu nse il comando de lla neo costituita Hl Brigala Aerea (Genti lii R., "Guerra aerea sull'Etiopia 1935-1939", Firenze, EDAI, 1992, pagg. 13-1 4 e 19-20).
Tabella n. 16 - Situazione ap1>rossimativa della forza presente in Eritrea al 1° ottobre 1935-XJII ___ _
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ComanJ_o Sc,periore
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Stato Maggiore . . . . . . . . . . . . . . . 65! Quartier Generale.. . . . . . . . . . . . 71 Comandi superiori : artiglieria, 1 genio, CC. RR. e reparti di- i pendenti . .. . . .. .. .. .. . .. .. . 244• Intendenza e reparti dipendenti à7ù Divisione" Gran Sasso•.... . . 139 I Corpo d'armata . . .......... . l 202 Corpo d'armata indigeni ..... .. 1.456 II Corpo d'armat a... ........ . 1 075 Bassopiani (orientale e occidentale) • . . . .... .. . . .. . .. .. . .. 179 R. Corpo truppe c<>loniali.. . .. 101 Aviazione ........... . . ....... 216
-
TOTALI...
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60
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Marina (2) . , . . . .• . , . .... . . . ..
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280 4. 606 550 54812.290 1.536 3.104 1 1.49230.680 621 l.33217.37635 . 581 1.45125.778 1.985
~ -~
116 499 9.051 228 1. 475 2.208 350 842 815 2. 000
1 _ 65 660[
_ -
3
5. 680 366 15.244 3. 7431 3.2431 586 33 . 995· 4.115. 55 . 74519.405 30.289 3 752
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498
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17 3 . 927 8 12 47.268 408 55 --- 167 13' 12 29.298 1 .128 B6 46· 14 53.521 l.535 130 311 29 26.127 841 170 151 9 -
9.845 3.222 10.092 4.012 461 3.162 2.223 -
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252 14 12 - l. 350 142 160 ·-601 92 477 ·- 828 96 246 467 68 365 -
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(I) Dei quali: 60 da ricogn i2.ionc tattica; 10 da ricognizione strategica e 4 id ro. (2) Con 26 unitìt di naviglio vario. Da: "Re lazione su attività per esigenza A.O.", cii., ali . 22, pag. I 54.
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130
La campagna italo-etiopica, 1935-1936
I C.A. (gen. C.A. Ruggero Santini) - Div. Sabauda (gen. div. Ezio Babbini) XXX Brig. Ftr. (gen. brig. Luigi De Biase) - 46° Rtg. (col. Giuseppe Stefanelli) - 60° Rtg. (col. Enrico Broglia) - 3° Rtg. (col. Carlo De Simone) - 16° Rtg. Art. (col. Angelo Carta) - 2° Div. CC.NN. 28 Ottobre (gen. div. Umberto Somma) - 114° Leg. (cons. Giovanni Ricciotti) - 116° Leg. (cons. Nicolino Serrai) - 180° Leg. (cons. Alessandro Biscaccianti) - 6° Gruppo Btg.ni CC.NN. (gen. brig. Pietro Montagna) - V Btg.lndig. (ten. col. Franco Damiano) - XXV Btg.Indig. (magg. Edgardo Feletti) - Banda dello Scimezana (ten. Salvo Cerrini) - V Gruppo Sq.ni Carri Veloci (ten. col. Mario Nasi) - III Gruppo cannoni da 77/28 autotr.to (ten. col. Marco Guidelli) - V Gruppo cannoni da 105/28 autotr.to (ten. col. Armando Moy) Il C.A. (gen. C.A. Pietro Maravigna) - Div. Gavinana (gen. div. Nino Villasanta) - 70° Rgt. (col. Gaetano Binacchi) - 83° Rgt. (col. G. Van den Heuvel) - 84° Rgt. (col. Giorgio Masina) - l9° Rgt. Art. (col. Ubaldo Scanagatta) - 3° Div. CC.NN. 21 Aprile (gen. div. Giacomo Appiotti) - 230° Leg. (cons. Tommaso Bottari) - 252° Leg. (cons. Giovanni Passerone) - 263° Leg. (cons. Ivan Doro) - XVIII Btg. lndig. (magg. Tito Badi) - XXIII Btg. lndig. (ten. col. Raffaele De Magistris) - Gruppo Bande dell'Altopiano (magg. Luigi Criniti) - I Gruppo cannoni da 77/28 autotr.to (magg. Mario Graziani) - IV Gruppo cannoni da 105/28 autotr.to (ten. col. Ubaldo Tedesco) - X Gruppo Carri Veloci - Btg.ni granatieri, alpini e G.d.F. Corpo d'Armata Indigeni dell'Eritrea (gen. C.A. Alessandro Pirzio Biroli) ( 157) - I O Div. Indigeni (gen.div. Salvatore Di Pietro) I Brig. Mista (gen.brig. Sebastiano Gallina) - I O Gruppo Btg.ni (col. Alfredo Marcheggiano)
157 Con la costituzione del C.A. Indigeni il Comando del R.C.T.C. dell'Eritrea si trasformò, il 1°.6 35, in Comando R.C.T.C.T.E. (.. .Territoriale dell'Eritrea) agli ordini del gcn. brig. Alderigo Rudini che assunse anche le funzioni di comandante della piazza e del presidio di Asmara e del territorio delle retrovie (AUSSME, Dl-2, prot. 1014 del 20.5.35, da Comando Superiore A.O., Stai.o Maggiore Uff.Ord.to a Comandi dipendenti e p.c. agli Enti Centrali, f.to De Bono).
Lo scenario operativo
131
- 5° Gruppo Btg.ni (col. G . Gastone Guazzaroni) (meno il XVIII Btg. ceduto al II C.A.) - I Gruppo Art.mont. 65/17 (magg. Bruno Chiarini) III Brig. Mista (gen.brig. Luigi Cubeddu) - 2° Gruppo Btg.ni (ten. col. Leopoldo Natale) (meno il XXlll Btg. ceduto al II C.A.) - 6° Gruppo Btg.ni (col. Ettore Galliani) - III Gruppo Art. rnont. 75/13 (magg. Antonio Acci li) - 2° Div. Indigeni (gen. div. Achille Vaccarisi) II Brig. Mista (gen. brig. Renzo Dalmazzo) - 3° Gruppo Btg.ni (col. Francesco Scotti) (meno il V Btg. ceduto al I C.A.) - 7° Gruppo Btg.ni (col. Ruggero Tracchia) IV Brig. Mista (gen. brig. Gll!stavo Pesenti) - 4° Gruppo Btg.ni (col. Augusto Bauzano) - 8° Gruppo Btg.ni (col. Rodolfo Conti) (meno il XXV Btg. ceèuto al I C.A.) - 1° Div. CC.NN. 23 Marzo (gen. div. Ettore Bastico) - 135° Leg. (cons. Enrico Francisci) - 192° Leg. (cons. Giuseppe Conticelli) - 202° Leg. (cons. Alberto Piroli) - I Gruppo Btg.ni CC.NN. (cons. gen. Filippo Diamanti) - Banda dell'Hasamò (s. ten . Rango) - IV Gruppo Sq.ni Carri Veloci (magg. Luigi Carrara Verdi) - Gruppo Sq.ni Cavalleria Eritrea (I O cap. M. Albamonte-Minne li) - II Gruppo cannoni da 77/28 autotr.to (ten.col. Renato Lamborghini) Zona Bassopiano Occidentale (gen. brig. Amedeo Couture) - XXVll Btg. Indig. (magg. Ottavio Carnevale) - X.XVIII Btg. lndig. (magg. Giuseppe Follini) - Gruppo Bande a piedi (ten . col. Gino Boldi) - Raggr.to Celere (col. Carlo Gastinelli) - Sq.ne Carri Veloci dell'Eritrea (ten. Paolo Gaspari) Zona Bassopiano Orientale (gen. brig. Oreste Mariotti) - XIV Btg. lndig. (ten. col. Orlando Lorenzini) - XXVI Btg. Indig. (magg. Paolo Sarnelli) - Btg. Libico - Banda di Massaua (cap. Goffredo Botto) - Banda della Dancalia Settentrionale (cap. Massimo Coletti) - Banda della Dancalia Meridionale (cap. Enrico Schneider) - 7° Batteria cannoni da 120/25 (cap. Renato Tamburelli) - 37° Batteria cannoni da 77/28 (cap. Adeodato Ugolini) b) Somalia
Quattro mesi dopo il suo arrivo in Somalia, Graziani aveva completato il campo trincerato di Mogadiscio (il maggiore, con un perimetrn d i 30 km.), quelli di Merca e di Chisimaio e quadruplicato la consistenza del corpo di
Tabella n. 17 - Situazione della forza presente in Somalia al 1° iottobre 1935-XIII PERSONALE ALLA DATA DEL !• OTTOBRE ! 93S,XIII
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1.735 ~
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Da: "La campagna 1935-36 in A.O.". cit., ali. 23, pagg. 155.
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Lo scenario operativo
133
spedizione. Alla fine di settembre le forze armate della Somalia contavano oltre 50.000 uomini, dei quali più di 20.000 nazionali, ed oltre 3000 tra ufficiali e sottufficiali. Le dotazioni d'armamento comprendevano 51.150 fucili e moschetti, 1585 mitragliatrici, 117 cannoni, 45 carri veloci e 21 autoblindo; i quadrupedi ammontavano a 7888 e gli automezzi si avvicinavano ai 2000.La R.A. disponeva di 38 velivoli (20 da bombardamento, 1O da ricognizione ed 8 da caccia) dislocati negli aeroporti di Mogadiscio, Lugh, Belet Uen ed altri minori, ed un totale di 1132 uomin i (211 ufficiali + 92 1 tra sottufficiali e truppa). Le forze erano schierate in profondità e,apparentemente, in difensiva. Al confine tra Dolo e Ual Ual, Graziani aveva disposto un velo di truppe, più indietro c'erano i 27.000 uomini ciel R.C.T.C. del gen. Frusci mentre più indietro ancora, a Baidoa, la riserva autocarrata. Infine sulla costa, a protezione dei tre campi trincerati, erano schierati i 15.000 uomini della Div. Peloritana. L'ordine di battaglia alla vigilia dell'inizio delle operazioni era il seguente: Comandante del corpo di spedizione: gen. C.A. Rodolfo Graziani ( 158) Capo di S tato Maggiore: ten.col. Alighiero Miele Com.te Art.: col. Edoardo Giordano Com.te Genio: col. Mario Perrelli Direttore Deleg.ne lnten.za C.S .A.0.: ten.col. Corrado Ragazzi Com.te R.A.: ten.col.pil. Virgilio Rigolone Com.te R.M.: cap.vasc. Olgiani - Div. Peloritana (gen.div. Giuseppe Pavone) - 3° Rgt. (col. Fantone) - 4° Rgt. (col. Romano) - 75° Rgt. (col. Piccone) - 24° Rgt. Art. (col. De Paris) R.C.T.C della Somalia (gen.brig. !Luigi Frnsci) ( 159) Capo di Stato Maggiore: ten.col. Pizzorno Capo Ufficio Operazioni: magg. Petroni Com.te Art.: ten.col. Buoni - I Raggr.to Arabo-Somalo (col. Maletti) - I Btg. A.S. (ten.col. Siliprandi) - IX Btg. A.S. (ten .col. Settanni) - X Btg. A.S. (ten.col. Fumagalli) - II Raggr.to Arabo-Somalo (col. Carnevali) - II Btg. A.S. (ten.col. Focanti)
158 Il comando del corpo di spedizione (Comando delle I.ruppe della Somalia) aveva rango e funzion i di comando di C.A .. 159 Il comando del R.C.T.C. della Somalia, con sede a Mogadiscio, aveva giuri sdizione su tut10 il terri torio interno e periferico della colonia e d ipendeva organicamente e d isciplinarmente dal comando del corpo di spedizione, ad eccezione di quanto riguardava le questioni di presidio che competevano al comando della Div. Peiorirana (AUSSME, D l - 18, prot.85 Ris. Del 24.7. l 935, da Comando Co rpo di Spedizione in Somali a-Uff.T.A.V. a Comando Div. Peloritana e Comando R.C.T.C., f.to Graziani).
La campagna italo-etiopica, 1935-1936
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- IV Btg. A.S. (magg. Pini) - Xl Btg. (magg. Ferrante) - III Raggr.to Arabo-Somalo (col. Molinero) - VII Btg. A.S. (magg. Salerno) - Vlll Btg. A.S. (ten.col. Grotti) - Xll Btg. A.S. (magg. Di Bello) - VI Btg. A.S . (ten.col. Montanari) - III Btg. A.S. (magg. Ferrari) - V Btg. A.S. (magg. Boccolari) - 4° Raggr.to Eritreo (col.Moramarco) - XLI Btg. eritreo (ten.col. Rosati) - XLII Btg. eritreo (ten.col. Calderini) - XLIII Btg. eritreo (magg. Luciano) - XLIV Btg. eritreo (magg. Schiavi) - 5° Raggr.to Bande (col. Bertello) - I Gruppo bande (ten.col. Prigiotti) - II Gruppo bande (magg. Fava) - Ill Gruppo bande (magg. Agosti) - IV Gruppo bande (magg. Ferrighi) - Btg. Carri Veloci (ten.col. Pederzini) - I Gruppo Cammellato (magg. Giorio) - li Gruppo Cammellato (magg. Mameli) - Gruppo autotrainato (cap. De Maria) ( 16°)
e) Etiopia
Alla vigilia dell 'inizio delle ostilità, le informazioni delle quali si poteva disporre circa gli ordinamenti militari, 1a preparazione dello strumento bellico e la globale potenzialità dei nostri avversari erano solo relativamente precise e comunque non in grado di fornire sicuri elementi di valutazione. Le piì:1 recenti risalivano al mese di luglio ed erano desumibili da una monografia compilata dal S.I.M., le cui fonti erano rappresentate essenzialmente dalle comunicazioni dell' addetto militare in Addis Abeba e dai notiziari periodici compilati dal comando del R.C.T.C. dell'Eritrea, ribadente sostanzialmente guanto esposto in un analogo documento dell'anno precedente ( 161 ). L'ordinamento militare etiopico si basava sul principio della "nazione arma-
160 Per l'esatta ricostruzione degli ordini di battaglia c i siamo avvalsi di una serie di documenti contenuti nei repertori i DI. D2, D5. 06 ed L3 dell' AUSSME, nonché delle seguenti fonti bibliografiche: De Bono E .. op. cit.; Cabiati M., "La conquista dell'Impero", Milano, Sonzogno, 1936, pagg. 235-237; Xylander A., "La conquista dc li ' Abissinia", Milano, Treves, 1937, pagg. 219-228; Comando Generale MVSN , " La Mi.tizia per l'Impero" (a cura di Giovanni Scalia), Roma, LG.T., 1937: Araldi V., "I generali dell' Im pero", Napoli, Rispoli, I 940. 16 1 AUSSME, H3-36/2, monografia del S. l.M. su "La preparazione militare etiopica'·, datata aprile I 934, senza indicazione. di prot., desti natario e firma.
Lo scem,rio operativo
135
Cartina n. 18 - Dislocazione unità terrestri
DISLOCAZIONE UNITA TERRESTRI SOMALILAND
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Da: Graziani R., "Fronte Sud", Milano, Mondadori, 1938, pag. 137.
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La campagna italo-etiopica, 1935-1936
ta" ( 162) adattato alla speciale costituzione politica del Paese ed alla mentalità abissina. Il popolo abissino era guerriero per sua natura, ed ogni individuo armato di fucile diventava un combattente che non si distingueva dalla popolazione indigena né per unifonne né per disciplina od addestramento. L'individuo isolato raramente era coraggioso; nella massa il coraggio derivava da un fenomeno di esaltazione collettiva che si produceva quando vi fosse stata la convinzione che il nemico risultasse più debole oppure che i presagi divini promettessero la vittoria. In sostanza, la massa difettava di resistenza morale e l'abissino non sapeva difendersi a piè fermo; se attaccato, però, attaccava a sua volta. L'esercito etiopico, il cui capo supremo era l'imperatore, risultava costitui to dalle truppe regolari imperiali, dalle trnppe irregolari imperiali, dalle truppe inegolari provinciali, dall'aviazione (in embrione) e dalle forze di polizia. Le truppe regolari imperiali, istruite dalla missione di assistenza militare belga insediata stabilmente da alcuni anni ( 163) , dipendevano direttamente dall'imperatore come sua proprietà p1ivata ed erano dislocate ad Addis Abeba. Erano permanentemente organizzate in reparti, detti della "Guardia Imperiale", con armamento unificato e di tipo moderno. Ammontavano complessivamente a 5.000 uomini e comprendevano: 3 battaglioni su 3 compagnie fucilieri (ogni compagnia 282 uomini e 12 fuc ili mitragliatori più una compagnia mitragliatrici su 6 anni Hotchkiss); un reparto lanciabombe (6 lanciabombe Stokes-Brandt); uno squadrone di cavalleria (4 plotoni da 100 uomini); una batteria someggiata (1 pezzo Schneider da 75 mm. più 3 cannoni Oerlikon da 20 mm.); un plotone radiotelegrafisti; un drappel· lo di sanità. Le truppe irregolari imperiali erano costituite dai contingenti pennanenti dei vad distretti dello Scioa, direttamente dipendenti dall'imperatore, e dai contingenti delle province affidate al ministero della guerra. Erano variamente
162 Concetto e termine coniati nel 1 .880 dal generale tedesco von der Goltz per definire il princ ipio dell'esercito nazionale (le cui premesse strntturali erano state poste in Prnssia dalle ri forme militari di Federico Gugl ielmo e di Federico II) inteso, in uno con lo Stato, quale foDT1a etica ed orga· nizzativa della nazione. Questo modulo si incentrava sulla tripartizione fra esercito permanente a lar· ga intelaiatura, con ferme tendenzialmente brevi per addestrare il maggior numero possibile di uomini, milizia mobile per completare le unità permanenti e soprattutto formare molle unità di prima linea, e milizia territoriale, il tutto con reclutamento a carattere regionale per facilitare la mobi litazione. 163 L'attività della missione belga era stata rivolta, negli ultimi mesi del 1935, soprattutto alla ricostituzione dei reparti, ridotti dopo gli ultimi invii di regolari verso le frontiere, ed al perfezionamento della loro istruzione in specie sulle armi della fanteria (mitragl iatrici, lanciabombe, cannoncini); l'addestramento aveva luogo in Addis Abeba e dintorn i ma anche in altre località quali Dessié cd Harrar. Una missione svedese curava in particolare l'istruzione di allievi ufficiali. Era segnalata anche la presenza di ufficial i tedeschi sotto la copertura di fun:tionari della loro Legazione . Oltre agli stranieri con una funzione palese presso l'esercito ed i ministeri, erano presenti in numero sempre crescente altri militari con generiche mansioni di "collegamento", giornalisti (o sedicenti tali) , professi<1nisti, tecnici, operai cd avventurieri di ogni nazional ità, tutti personaggi esercitanti più o meno direttamente attività informativa antital iana, che si sarebbe estremamente accentuata qualora nazioni quali gli Stati Un iti e r·lnghilterra avessero permesso ufficialmente, prima o dopo l' inizio del confliuo, l' invio di volontari a favore dell'Etiopia. A proposito della collaborazione straniera con questo Paese, essa sarebbe divenuta naturalmente ancora più intensa durante la guerra. e si trova parzia lmente compe ndiata in un elenco riferentesi al l 0 aprile 1936, a circa un mese e mezzo dalla fine del contl itto, ri· portato nell 'Ali. 5 1. ·
Lo scenario operativo
137
ordinate ed armate, costituite da elementi volontari (tra i quali abbondavano gli ex-ascari dei nostri battaglioni e,itrei misti della Libia), avevano una coesione ed un'efficienza bellica non trascurabile e raggiungevano un totale (non controllato) di circa 50.000 uomini dei quali 5-6.000 erano dislocati normalmente ad Addis Abeba. La maggior parte di tali truppe, completate con quelle mobilitabili nella regione, erano affidate in guerra al comando del ministro della guerra "Primo Fitaurari dell' lmpero" Burrù Menelik ( 164) . Le truppe irregolari provinciali erano piccoli eserciti direttamente dipendenti, in pace ed in guerra, dal capo delle singole circoscrizioni amministrative e che sfuggivano quasi completamente, per il momento, al controllo del governo centrale. Erano variamente ordinate ed annate con fucili in gran parte di vecchio tipo. Ammontavano approssimativamente a circa 300.000 uomini. Si esperimentava però, in alcune regioni de l Sud-Est etiopico ed in altre province, l'organizzazione e l'istruzione regolare di nuclei di queste truppe con ufficiali della missione militare belga e con ufficiali indigeni licenziati dalla scuola militare francese di St. Cyr. Dai risultati che da tale esperimento si sarebbero ottenuti avrebbe potuto trarsi un orientamento per inquadrare regolarmente queste truppe irregola,i provinciali, come particolarmente auspicato dall'imperatore. Tutte le predette forze, ad eccezione della Guardia e dei nuclei irregolari dislocati nei vari presidì esistenti all'interno e lungo il confine eritreo e somalo, risultavano costituiti da gruppi di armati senza disciplina, senza uniforme, non addestrati e disseminati nelle varie province alle dipendenze dei rispettivi capi. L'aviazione, che dipendeva direttamente dall' imperatore, era al momento costituita da 13 aerei, dei quali soltanto 8 efficienti, e disponeva di 8 piloti, due dei quali bianchi (un francese ed un tedesco) e 4 meccanici, dei quali due erano bianchi e di nazionalità tedesca. Le forze cli polizia erano costituite da circa 3.000 zabegnà (specie di gendarmi), in servizio per lo più nella capitale ed adibiti anche alla sorveglianza e difesa della ferrovia Addis Abeba-Gibuti. Negli ultimi tempi era stato dato grande impulso alla preparazione militare ciel territorio, specie per quanto 1iguardava le comunicazioni stradali verso le frontiere eritrea e somala, lo spianamento di campi per l'atterraggio di aeroplani e la costituzione di magazzini di derrate scaglionati lungo le linee di operazioni verso l'Eritrea. Nulla era invece stato previsto per la mobilitazione. Lo stesso governo etiopico sembrava avere un'idea piuttosto approssimativa dei contingenti che ogni circoscrizione politico-militare avrebbe potuto fornire (' 65 ). Il bando per la mobi-
164 "Primo Fitaurari (/e/l'Impero" era la più al ta carica militare etiopica, corrispondente all'incirca a "Generalissimo".Nella nomenclatura gerarchica tattica, il fitaurari era invece il comandante dell'avanguardia; il comandante dell'ala destra era il cagnasmac, quello dell'ala sinistra il grasmac, quello della retroguardia I' asmac. Tutti erano agli ordini del comandante in capo della formazione operativa, ras o deìiiac a seconda dei casi. Un rango eguale a quello di grasmac aveva il barambass. capo di un reparto di cavalleria o di artiglieria incaricato della sorveglianza de.Ile frontiere. 165 I tempi di mobiliLw.ione e radunata potevano calcolarsi come segue: al 20° giorno circa un Le1·t.0 della fori.a poteva essere ammassato prute alla froiJt.iera somala (30-40.000 uomini) e prutc alla frontiera eritre;i, al 30° giorno due 1.e17.i ed al 60° nitto il rimanente delle forze. Questi t.ennini di tempo ernno da considerarsi come massimi, poiché le predisposizioni già atn1atc (distribuzione di anni e munizioni e la mobilitazione parziale già in atto in alcune province) avrebbero potuto alquanto ridurli (AUSSME, Dl-229, "Situazione politico-militare dell'impero etiopico al 1°.X. 1935". senza altre indicazioni di riferimento).
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La campagruz italo-etiopica, 1935-1936
litazione sarebbe stato trasmesso telefonicamente alle varie circoscrizioni; là dove il telefono fosse interrotto, avrebbe potuto essere inviato un aeroplano. Occorreva tener presente, però, che le notizie fra gli indigeni si propalavano con una rapidità impensabile. Indetta la mobilitazione, si sarebbero avute in un primo tempo le radunate parziali degli armati in ogni circoscrizione e, in una seconda fase, la marcia e la raccolta dei vad contingenti circoscrizionali verso le zone di radunata generale ove la massa sarebbe pervenuta dopo essersi formata durante il percorso. Gli armati che l'Etiopia avrebbe potuto mobilitare, desunti dai dati demografici, avrebbero raggiunto la cifra orientativa di circa 600.000 uomini suddivisi per circoscrizioni politico-militari. Non era comunque possibile prevedere quanti armati l'Etiopia avrebbe raccolto in caso di conflitto con l'Italia e come avrebbe frazionato la massa degli uomini mobilitati. L'istinto, la mentalità e la costante tradizione abissina volevano che si andasse in battaglia con tutte le forze, comunque e dovunque disponibili, completamente tiunite; ma non era da escludere che potesse avere influenza sulla decisione del capo la situazione interna del momento, quella internazionale ed il consiglio interessato di esperti europei. La situazione interna del momento, ed in particolare la rivalità fra i capi, avrebbe potuto rendere disponibili per l'azione soltanto parte delle truppe mobilitate; quella interna;donale avrebbe potuto indurre a lasciare gli armati dell' Ovest e Sud-Ovest nelle proprie circoscrizioni per far fronte ad eventuali attacchi provenienti dal Kenya e dal Sudan anglo-egiziano (era infatti da prevedere che l'Inghilterra, d'intesa con l'Italia, avrebbe occupato le regioni ad Ovest dell'Etiopia alle quali aspirava); il consiglio interessato di esperti europei, infine, avrebbe potuto portare alla divisione della massa in tre frazioni, una maggiore alla frontiera eritrea, una minore a quella della Somalia italiana ed una terza al centro per condurre la manovra. Per quanto riguardava i materiali bellici, l'Etiopia risultava essere in possesso di: Fucili: 106.000 - tipo n1oderno ... ..... ..... .... ......................................... .................. n. 800.000 - tipo antiquato ....... ....... .................... ......... ......... ............. .......... " 906.000 Totale ..... n Mitragliatrici leggere ( 1) : - accertate ....................... ............. ........ ..... .............. .... ................ n. - presunte in possesso dei vari capi ............................................ " Totale ..... n
1.000
1.50 1.150
Mitragliatrici pesanti (2): - accertate ......................... .............. .... ................................... ..... n. - presunte in possesso dei vari capi ............................................ " Totale ..... n
300
Mitragliatrici di tipo non accertato (pesanti o leggere) ............. n.
500
Totale mitragliatrici dei vari tipi .. ... n.
1950
200
I 00
( 1) Le mitragliatrici leggere erano di tipo Hotchkiss, Thompsou , S .J.A. e di altri tipi in uso negli eserciti belga e svizzero. (2) Le mitragliatrici pesanti erano di tipo St. Ethienne, Hoichkiss, Coli, Vickers, Lewis, Maxim, ecc.
139
Lo scenario operativo
Lanciabombe "Brandt" ultimo tipo con dotazione di 1000 colpi cadauno ................................................................ n.
6
Carri armati: - tipo Fiat 3000 A ......... .... ...... ........................... ...... .... ............ .... n. - tipo Fiat 3000 B ... .................... ....... .. ........ ........................... ...." Totale ..... n.
3
1 7 12 113
Autocarri annati: "Ford tipo A" ... ..............................................n. Autocarri di fabbricazione U.S.A. da 1-2 tonn. .... .....................n.
Artiglierie: accertate: - 200 pezzi da montagna, rigidi di bronzo, cal. 75, con 300 colpi per ciascuno; - una trentina di cannoni-mitragliatori Oerlikon da 20 mm., e.a. e e.e., con 250 colpi cadauno - 2 pezzi Vickers a deformazione; - 1 pezzo da montagna tipo Schneider da 75 mod. 28 (a deformazione); - l pezzo di origine belga, di calibro incerto, ma inferiore ai 50 mm.; Totale: 234.
Munizioni 1°) - Per armi po1tatili:
a) - accertate ...... .... ............. ................ ........ .................. n. 123.000.000 b) - presunte presso i capi o in distribuzione o cli proprietà dei privati sparse nel paese: circa 40 milioni, in piccola parte per anni moderne e in grandissima parte per fucili di vecchio tipo. Complessivamente si avevano quindi circa 163 milioni di cartucce di cui oltre 2/3 erano nelle mani del governo centrale. Ad ogni combattente ne sarebbero state _inizialmente distribuite da 150 (per i fuci li di tipo moderno) a 250 (per quelli di modello più vecchio) 2°) - Per artiglierie:
Numero dei proiettili Tipo delle bocche da fuoco - Pezzi da montagna, rigidi, di bronzo e cannoni mitragliatori Oerlikon - Cannoni di origine belga cli calibro inferiore ai 50 mm.
accertato
presunto
2500
1500
350
Una considerevole aliquota dei fucili di tipo antiquato, non erano in buone condizioni di funzionamento. Altrettanto dicasi delle cartucce dei fucili vecchi le quali, essendo giacenti da lungo tempo nei depositi, si potevano ritenere in gran parte avariate.
140
La campagna italo-etiopica, 1935-1936
CiJca la condotta tattica delle operazioni di combattimento, un aspetto importante era rappresentato dalla iiunione delle forze, che avveniva sempre prima della battaglia, trattandosi di una norma tradizionale dell'esercito etiopico che traeva origine da necessità organiche ed ambientali. In tutte le campagne di questo esercito, infatti, preoccupazione costante del capo era stata quella della raccolta degli armati in zona opportuna prima di iniziare le operazioni. Ed invero, con una massa così eterogenea nella quale l'interesse e l'ambizione dei capi poteva dar luogo ad improvvise e gravi defezioni, sarebbe stato molto pericoloso contare sulla possibilità di formare la stessa massa sul campo di battaglia, tanto più che scarsezza di collegamenti e difficoltà nell'azione di comando avrebbero potuto, nelle generalità dei casi, non consentire la riunione delle forze nello spazio e nel tempo voluti. Ma soprattutto questa tradizionale abitudine si riteneva fosse una naturale conseguenza delle condizioni di ambiente al momento ancora esistenti in Etiopia. Ed infatti l'organizzazione feudale, non ancora del tutto scomparsa malgrado la costituzione recentemente concessa, con la conseguente concezione politica individualista dei vari capi, non consentiva la manovra delle tmppe lontano dal campo di battaglia, poiché il capo destinato con il suo gruppo di armati ad eseguire una mossa decisiva tale da determinare l'esito vittorioso della battaglia avrebbe potuto emergere nel quadro generale degli avvenimenti sino al punto da oscurare la figura dello stesso imperatore, con conseguente pericolo per il prestigio e la potenza di quest'ultimo. Era dunque un fattore eminentemente psicologico quello che aveva arrestato qualsiasi evoluzione nell' arte militare etiopica. Si poteva dunque ritenere che in un conflitto contro l'impero negussita avremmo trovato sempre le forze riunite. Le grandi distanze e le difficoltà logistiche avrebbero impedito quasi sempre di poter attaccare i vad scaglioni prima della loro radunata, a meno che un'organizzazione perfetta, sussidiata da un efficiente servizio informazioni, non avesse consentito cli attaccare subito decisamente ed a fondo e di penetrare in profondità per scompaginare i diversi raggruppamenti in via di fo1mazione. Naturalmente, per compiere operazioni così ardite occorreva disporre di mezzi rilevanti. Gli armati etiopici si muovevano, stazionavano e combattevano presso a poco come al tempo di Adua, sempre con al seguilo servi , schiavi, conducenti e donne in un rapporto più o meno cli un "famiglio" ogni 12 "militi". La cosa era spiegabile con il fatto che l'esercito, o qualunque frazione di esso venisse riunita, era privo di qualsiasi ordinamento organico ed in particolare dell'organizzazione dei servizi. Formata la massa, l'esercito etiopico si avviava alla battaglia articolato nelle tradizionali quattro masse disposte in modo tale da dare alla formazione il noto assetto "a losanga" od "a croce greca". Una volta spinta la massa in una direzione, era difficile per i capi richiamarla e dirigerla verso altii obiettivi. Ciò si doveva alla mancanza cli aiticolazione organica, alla mancanza dei collegamenti ed alla natura stessa degli etiopici. La formazione così adottata portava sempre a combattimenti sull'avanguardia, che rendevano la sorpresa quanto mai difficile e problematica. L'avanguardia agganciava il nemico ed iniziava il combattimento, le ali a loro volta avanzavano e, spiegandosi, venivano con la loro massa soverchiante ad avviluppare il nemico e talvolta ad aggirarlo. Con un comandante abile e ardito, l'aggiramento dell'avversario poteva essere completato con l'impiego
Lo .l'cenario operativo
141
della retroguardia. Quando il combattimento stava per incominciare si battevano i tamburi di guerra, ed i loro portatori (negarit) o seguivano il comandante o stavano sulle alture vicino al campo di battaglia. Non erano impiegati tanto per incoraggiare i combattenti, quanto per chiamare a raccolta gli armati che eventualmente si fossero allontanati e gli abitanti dei paesi vicini che fossero ancora indecisi se prendere parte o meno alla battaglia. Quando il combattimento si svolgeva solo all'arma bianca, i negarit erano necessari per indicare anche il luogo nel quale essa avveniva; ora il crepitio dei fucili e delle mitragliatrici ed il rombo del cannone rendevano inutile il ruolo dei tamburi, ma questi venivano impiegati egualmente per mantenere l'antica consuetudine. Il comandante impartiva ai suoi sottordini direttive di massima che lasciavano molto spazio alla loro iniziativa. I capi indicavano ai rispettivi sottocapi la posizione da occupare, e questi si lanciavano poi disordinatamente all'attacco senza farsi arrestare dagli ostacoli del terreno e senza utilizzare gli appigli che il terreno stesso poteva presentare. Il soldato etiopico serrava sotto alla posizione nemica senza alcuna preoccupazione per gli effetti ciel fuoco avversario, puntava male e sparava con parsimonia per non consumare munizioni. Se prevedeva propizio l'esito ciel combattimento, poneva nella lotta tutto l'impegno, l'astuzia ed il coraggio dei quali era capace fino alla temerarietà, spinto in ciò dalla speranza del bottino, dalla brama di farsi grande, dal desiderio dell'aureola di valoroso. Ma se prevedeva sicuro l'insuccesso, non avvertiva minimamente il dovere o l'impegno di rimanere al proprio posto, e preferiva risparmiarsi per un'eventuale rivincita. Terminato il combattimento, di rado aveva luogo l'inseguimento; generalmente i vincitori saccheggiavano il campo nemico, spogliavano i caduti e, quasi sempre, compivano atti cli inaudita ferocia sui vinti. I prigionie1i fatti sul campo, se consegnati al capo, rimanevano come sua proprietà insieme con le rispettive anni ed ogni avere. Nell'esercito etiopico non esistevano Anni e Specialità organicamente costituite; la quasi totalità delle forze era infatti rappresentata dagli armati di fucile, considerabili pertanto come fanti. Per l'impiego delle mitragliatrici, venivano largamente utilizzati i nostri ex-ascari tra i quali si trovavano ottimi mitraglieri, anche se queste anni risultavano adoperate senza alcun criterio tattico. Circa l'artiglieria, sembrava che al momento non vi fossero elementi capaci di impiegare di essa unità sia pure elementari, per cui continuava a venire utilizzata a pezzi isolati, alle brevi distanze e con puntamento diretto, senza rispondere a nessuna particolare procedura operativa. Relativamente allo stato di approntamento alla guerra, gli ultimi 3-4 anni sembravano avessero fatto rilevare un sensibile impulso ( 166 ).
166 Per contro in agosto un ufficiale italiano, il !0 capitano Renato Dell 'Era, inviato in Etiopia in missione informativa sotto la copertura di impiegato de l consolato di Gibuti in servizio di corriere diplomatico presso la nostra Legazione di Addis Abeba, nell a relazione compilata al rientro avrebbe messo in eviden7.a alcuni aspeni della preparazione militare ai quali aveva direttamente presenziato, concludendo come questa, se pur affidata ad ufficiali europei, fosse di livello molto basso, in linea con la globale situazione sociale del Paese (AUSSME, D l-133/2, prot. n° 2 Ris . del 23.9.1935, da Ministero Guerra, S.I.M.-Sezione A.O. a SotLOsegrctario di Stato per la Guerra, e p.c. al Capo S.M. Generale ed al Sottocapo S.M. Esercito, f.Lo illeggibile).
La campagna italo-etiopica, 1935-1936
142
Tabella n. 19 - Elenco dei comandi militari dell'Impero Etiopico
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Caffa - Birecutan - Uolcait - Tzeghedè Semien -- Vogherà - Uoldebbà - Belesà
20000
Degiac Aialeu Burrù
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~ 'f3 .-=: .E§""
Tigrai occidentale:
2
Adua - Axum - Scirè - Adi Abò Ghera\tà - Tembien - Aterghallè - Sccloà
Ras Seium Mangascià
§e
Agamè - Aulalò - Endertà - Uoggerat Enda Meconn.i
Degiac Hailésellasiè Gugsa
4
Lasca - Uagh - Uoffa
Uaghscium Chebbedè
5
Zabul Yeggiù
7
8
Uollo - Borana - Amhara - Saint
9
Calium Gurà
10 Nudlà Il
Beghemeder - Salalè Derrà - Bugnà Dembià - Ermacioccò - Quarà - Tacossà - Alefa
Degiac Admasù Burrù Degiac Mohamed Jahio Principe Ereditario Merdazmac Asfauossen
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I
Degiac Aberrà Tellà Degiac Ambaccion Ras Cassa Hailù Darghiè
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45000
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-5 ~ Si>: E uo
Ras lmmirù
13 Efrem - Efrata - Amoccià
Ras Chebbedè Menghescià
14 Scioa
Territorio dipendente direttamente dalla Corona
Gudrù - Liceca
10000 5000
12 Goggiam - Damot - Gubbà
15
10000
"O ::,
3
Aùssa
~
~2'.
Tigrai orientale:
6
~
1000 1000 50000 20000
40000 8000
16
Uolleggà - Lcchemti Sibu
}
17
Beni Sciangul settentr. Beni Sciangul merid.
Degiac Mohamed Schek Ogialle
500
18
Lecachcllon - Saio
Fitaurari Mesteniè
10000
19
Tiu Babor
Degiac Maconnen Endalaccion
15000
Bituodded Uoldet7.adech
3000
20 Limmu - Ennaria
Bituodde Manconne Demsou
15000
143
Lo scenario operativo
(segue Tabella 19)
" ·~:go.~.~ e
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Regioni
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21 Nonno - Nuoliso - Guraghè - Maroccò
.g E E ;{§~ "o.. E z~ .-2 ej)
Comandanti
Ras Mcnghietà
} 30500
Gardulla - Gamu - Comso
Degiac Abeber Damtou
22
Anissi
Degiac Amdè Micael
5000
23
Harrarghiè
Principe Maconnen - Duca di Harrar (Governatore: Degiac Nasibù)
8000
24
Gambatta
Degiac Mescescià Uoldiè
600
25
Uolamo
Degiac Makonnen Uoseniè
6000
26
Gimma - Giangerò
Degiac Uoldamanuel
10500
27
Gherà
Degiac Menghescià [brna
500
28
Caffa - Contà - Cullò
Ras Ghetacciou
9000
28
Magi
Fitaurari Zeudì1
-
29
Ghirnirrà
Degiac Taiè Gulelatiè
30
Gurafardà
21
bis
bis
} 6000 500
31 Gofa- Baco 32 Sidarno - Giam Giarn - Borana
Ras Destà Damtou
33
Degiac Beienè Mcrid
Baie
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èi:i
13000
Eo
83
8 ~· .iA
4000
:... :/J
34
Ogaden
Grasmac Afework
s~ o .-
"'-o
16000
Da: Comando Superiore A.O., Stato Maggiore - Uff. Inf.ni, "Etiopia. Guida pratica per l' ufficiale dest.inato in A.O.", Asmara, Fioretti, 1935, pagg. 103- 106 (AUSSME, D5-92).
144
La campagna italo-etiopica, 1935-1936
Mentre, da una parte, si era cercato in tutti i modi di aumentare l'efficienza bellica dell'esercito e ciel Paese con l'acquisto cli mate1ialì dall'estero (armi e munizioni, aeroplani, automezzi, materiali radio ed antigas, equipaggiamenti, provviste ingenti di carburanti, ecc.), dall'altra si erano spinti celermente innanzi, occultamente, tutti i provvedimenti (compresa la requisizione dei quadrnpedi) atti ad assicurare un'efficace copertura delle frontiere, specie quella eritrea, ed a rendere più sollecita ed ordinata la mobilitazione generale. In particolare, era stata decretata la cosiddetta mobilitazione dei viveri ("preparate i viveri" era l'avviso precedente sempre di almeno un mese l'ordine di attivare gli a1mati) e si erano smistati tra i vari capi le anni e le munizioni. Erano state effettuate in quasi tutte le province mobilitazioni parziali, e comunque era da ritenere che la mobilitazione generale avrebbe potuto essere completata in un tempo inferiore a quello previsto. Dal punto di vista operativo, le varie ipotesi che si andavano formulando circa i piani etiopici erano discordanti e spesso anche contrastanti, e per l'esercito, ancora strutturalmente rudimentale, mancavano quegli elementi di studio acquisibili per gli eserciti europei (analisi della dottrina militare, della rete ferroviaria e stradale, delle potenzialità logistiche, ecc.). Era comunque possibile prevedere che lo scacchiere principale sarebbe stato considerato quello eritreo, e verso questo sarebbe stata di conseguenza concentrata la massa delle forze e dei mezzi; si prevedevano, in relazione a quella che sarebbe stata l'azione militare italiana, una o più battaglie difensivo-controffensive su posizioni predisposte successivamente retrostanti alla linea di confine. Nel caso in cui non fosse stata possibile la resistenza in massa, si pensava all'organizzazione di una guerriglia su vasta scala. Si sarebbe cercato di adottare schieramenti e formazioni tali che, attraverso il frazionamento della massa nel campo strategico e la rarefazione dei reparti in quello tattico, valessero a ridurre il più possibile la vulnerabi lità ai nostri mezzi d'offesa (aviazione, artiglieria, mitragliatrici, gas). Si riteneva inoltre che, non potendoci arrestare e respingere dalle prime posizioni, sarebbe stato conveniente attirarci nell'interno, in un territorio difficile ed ostile, allontanandoci gradualmente dalle nostre basi logistiche. Risultavano fino a quel momento mobilitate le seguenti province: scacchiere eritreo: - Uolcait - Tigrai Occidentale - Uoggerat - Tembien - Scirè - Beghemeder - Uollo settore dancalo: Aussa scacchiere somalo: - Ogaden - Harraghiè - Arussi - Baie - Sidamo - Borana Per quanto riguardava l'entità e la dislocazione delle forze, nello scacchiere eritreo vi sarebbero stati concentrati circa 50.000 armati, dei quali 42.000 nel settore occidentale (30.000 nella zona di Debra Tabor, 12.000 in quella di Dabat,
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Lo scenario operativo
Cartina n. 20 · Dislocazione delle forze etiopiche a fine settembre 1935
DIS LOCAZIONE DELLE FORZE ETIOPICHE A FINE SETTEMBRE 1935 HARRARGHIÈ
100 •Gob1edorre
eG'lfg>.\'ei SIDAMO
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300
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rrnppc nelle zone d; roduner,, pl'esidi di co p.c11ura
Da: Graziani R. , " Fronte Sud", cit., pag. 156.
Celga, Uolcait), 1000 nel settore centrale ed 8000 in quello orientale (4000 nella regione del lago Ascianghi, 1700 a Uoggerat, 1300 a Macallé e 1000 in Adigrat); nel settore dancalo figuravano circa 18.000 armati. Nello scacchiere somalo le forze ammontavano a 34.000 uomini, dei quali J5.000 nel settore Nord-orientale (Harraghiè, Ogaden), 16.000 in quello Sud-occidentale e 3500 nei presidi: costituenti la linea di vigilanza. A questi totali andavano aggiunti i circa 300.000 armati presenti nelle r.imanenli regioni dell'impero. Il concetto tattico predominante in Addis Abeba sarebbe stato quello della difensiva da attuarsi attraverso l' abbandono dell' Ogaden, dell' Aussa, deJJa Dancalia, la sistemazione a difesa sull'allineamento Caffa-Sidamo-Bale-Harrarghiècatcna montuosa dello Scioa-Uollo-Tigrai-grande altopiano a Nord e a Nord-Est di Gondar, ed infine il logoramento dell'avversario con azioni di guerriglia, sulla scorta dell'auitudine del soldato etiopico agli agguati ed alle imboscate. Tale
146
la campagna italo-etiopica, 1935-1936
concetto difensivo, che sembrava fosse il prodotto dei suggerimenti dei consiglieri militari stranieri, sarebbe stato avvalorato dalle seguenti considerazioni: - posizione centrale dell'altopiano etiopico, caratterizzato da massicce barriere montane; - possibilitĂ di manovrare contro le nostre forze provenienti dai due scacchieri; - ostilitĂ delle regioni nelle quali si sarebbero addentrate le truppe italiane; - crisi logistica delle loro colonne causata dall'allontanamento dalle basi di rifornimento. Non erano peraltro da escludere, da parte etiopica, improvvise azioni offensive dovute specialmente ad iniziative dei capi in sottordine. In particolare, la difesa dello scacchiere eritreo sarebbe stata attuata da tre masse di amiati strutturate come segue: - massa di ras Cassa, costituita dalle forze delle regioni dell'Uolcait, del Beghemeder, di quelle adiacenti al lago Tana (circa 40.000 uomini), che avrebbe avuto il compito di difendere il settore di Om Ager-Adua; - massa di ras Sejum, costituita dalle forze del Tigrai (circa 9000 uomini), con il compito di difendere il settore di Adua-AgamĂŠ con particolare riferimento alla conca di Adua ( 167 ) .
167 AUSSME, Dl-133/2, prot. 1568 S. del 25/7/1935, da Add. Mii. Addis Abeba a S.I.M. ed Alto Commissariato per A.O., f.10 col. Cal.deri.n i. Il nome del col. Mario Calderini, che era stato anche vice -capo del S.I.M. e che sarebbe caduto in combattimento proprio durante la campagna d'Etiopia venendo decoralo con la medaglia d 'oro al v.m., sarebbe stato attribuito nel 1939 ali' "Ufficio Offensivo" del S.I.M. e mantenuto anche nel 1943, subito dopo gl i eventi arm istiziali, quando la stessa stru ttura sarebbe divenuta Sezione dell'Ufficio Informazione e Collegamento che. in seno al Reparto Operazion i del Comando Supremo, aveva preso il posto de l S.I.M. Lo stesso iter seguirono l' "Ufficio difensivo" e quello "Situazione", tramutati in Sezioni che continuarono ad essere designate con i nominativ i di altre due medaglie d'oro al v.m. alla memoria della campagna d'Etiopia, rispettivamente il cap. (carabinieri) Antonio Bonsignore ed il ten.col. Gianfranco Zuretti.
PARTE SECONDA
LO SVILUPPO DEL CONFLITTO
CAPITOLO V
LE OPERAZIONI INIZIALI AL FRONTE NORD (3-15.X.1935)
1 - LA PRIMA lNlZIAIWA OFFENSIVA Alle ore 5 del 3 ottobre 1935, mentre gli echi ciel discorso di Mussolini giungevano ad Addis Abeba, le truppe italiane alle dipendenze del Comando Superiore in Africa Orientale (C.S.A.0.) cominciavano la loro avanzata oltre la linea cli confine corrispondente al corso del fiume Mareb, proponendosi di raggiungere con un primo sbalzo posizioni tali da agevolare sia un'efficace difesa contro forze superiori sia l'ulteriore avanzata verso nuovi obiettivi. Questi erano così precisabili: - sul fronte settenlrionale, la linea Adigral-Adua-Axum; - sul fronte meridionale, Dagne1Tei e Callafo. Queste due posizioni avrebbero consentito di eliminare un pericoloso saliente avversario sulle noslre linee, estendentesi per circa 700 km da Dolo, sul Giuba, a Bohotlech, presso il confine della Somalia britannica. Per quanto concerneva in particolare in fronte Nord, il dispositivo d'attacco era articolato su 3 colonne, ciascuna corrispondente alla forza di un Corpo d' Armata, agli ordini rispettivamente del gen. Ruggero Santini (I C.A.Speciale-colonna di sinistra), del gen. Alessandro Pirzio Biroli (C.A. Indigeno-colonna di centro) e del gen. Pietro Maravigna (II C.A. Speciale-colonna di destra). Gli obiettivi per ciascuna delle colonne erano rispettivamente Adigrat, Enticciò, Adua. Per ragioni di carattere morale, era fuor cli dubbio come l'obiettivo principale fosse Adua, un nome legato alla sconfitta di 40 anni prima che tanlo aveva inciso sulle vicende politiche della vita nazionale. Dal punto di vista geo-orografico, nelle regioni ad occidente della conca di Acligrat si sopraeleva un imponente complesso montano che raggiunge, in alcune cime, altitudini superiori ai 3000 mt. L'insieme di tali rilievi, noti con il nome di Monti Alequà, costituisce un nodo orografico cli notevole importanza in quanto da esso hanno origine, nel raggio di pochi chilomeu"i, tutti i maggiori corsi d'acqua di quella regione a Sud del confine eritreo denominata Tigrai. In esso, inoltre, sono ubicati i valichi attraverso i quali si irradiano le comunicazioni che irrunettono nei bacini idrografici nei quali è naturalmente divisa la suddetta regione, ovvero la connessione fondamentale Nord-Sud dell ' area displuviale orientale che rappresenta la vera "via maestra" di accesso all'allopiano etiopico a Sud dell'Eritrea. In paiticolare, dalla conca di Adigrat paite la via più diretta per Macallé-Amba Alagi-Ascianghi-Dessié; da quella cli Enticciò si diramano le strade per il Feres-
La campagna italo-etiopica, 1935-1936
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Schizzo n. 21 - Le direttrici della penetrazione iniziale dei CC.AA. italiani Agordat
Axum Mai Timchet
La prima avanzata delle colonne italiane 25km
Abbi• Acidi
•
Fenaroa
Macallé
•
•A An
~
aAradam 2.756
Da: Roberto Gcntilli, "Guerra aerea sull'Etiopia 1935-1939", Firenze, EDAI, 1992, pag. 25.
Mai e la conca di Hauzien, da dove poi proseguono verso Macallè inoltrandosi anche nel Gheraltà e nel Tembien. Da Adua, una strada scende per Haddi-Uno al torrente Mai Ueri e termina anch'essa a Macallé; un'altra strada conduce ad Abbi Addì, nel cuore del Tembien e centro di tutte le comunicazioni verso i guadi del Tacazzé. Da Axum, infine, si dipartono una serie di collegamenti per lo Scirè, e verso Sud quelli adducenti anch'essi al Tacazzé e poi allo Tzellamenti, al Semien e più a Sud-Ovest nel Goggiam. È opportuno precisare come all' epoca, nella maggioranza, si trattasse di piste ed in parecchi tratti di mulattiere, in alcuni casi adattabili al passaggio di automezzi ed artiglierie con lavori relativamente impegnativi. Di conseguenza, la conca di Adigrat assumeva una evidente importanza sia nei ,iguardi dell'occupazione e protezione dei valichi facenti parte del massiccio del!' Alequà, e sia come centro logistico avanzato per l'alimentazione del movimento che da esso si irradiava particolarmente verso Sud. Il concetto operativo italiano era sufficientemente agile, dal momento che consentiva la manovra in maniera multiforme e non escludeva nemmeno la possibilità di fare rapidamente massa qualora l'avversario, secondo una tradizionale consuetudine, avesse improvvisamente presentato un complesso di forze numericamente ragguardevole. Il comando etiopico, da quanto è possibile dedurre dagli avvenimenti successivi, pur non sguarnendo il fronte del Mareb in conispondenza della direttrice di Adua, doveva aver ritenuto che la progressione in questa di-
Le operazioni iniziali al fronte nord (3.X-/5.X./935)
151
rezione sarebbe stata compiuta dalla colonna centrale per la stessa storica via del 1896 (Enticciò-Passo Rebbi Arienni-Vallone cli Mariem Scioaitù), il che avrebbe certamente contribuito ad agevolare l'avanzata della colonna di destra che sarebbe stata, peraltro, anche la più contrastata. In sostanza, l'avversario aveva lasciato sul confine solo un velo di truppe e previsto di effettuare resistenze ritardatrici esclusivamente nella zona di Amba Augher, sulla direttrice cli Enticciò, nonché sulle favorevoli posizioni di Darò Taclè e di Passo Gasciorchè sulla via che dal Mareb adduce direttamente ad Adua. L'azione delle tre colonne italiane può essere meglio evidenziata attraverso l'esame specifico dei rispettivi svolgimenti, anche perché i tempi d'avanzata sarebbero risultati differenti sia in relazione alla diversa entità delle resistenze contrapposte sia, soprattutto, alle difficoltà del terreno da superare ed alla profondità degli incolonnamenti che esso sarebbe andato imponendo, con conseguente mancato collegamento fra i corpi d'annata avanzanti così come invece era stato previsto nell'ordine cli operazione. La colonna di sinistra, costituita dal l C.A. al comando ciel gen. Santini, era formata dalla Div. Sabauda (gen. Ezio Babbini - 46° e 60° Regg.ti Ftr, 3° Rgt. Bers., 16° Rgt. Art.) e dalla 2° Div.CC.NN. 28 Ottobre (gen. Umberto Somma - 114°, 1.)6°, 180° Leg.CC.NN.). L'ordine di battaglia in dettaglio è riportato nell'Alt 52. Alle 5 del 3 ottobre, l'intero C.A. varcava contemporaneamente il confine muovendo dalle zone cli Behat-Barachit (a Sud di Senafe), protetto sul fianco sinistro dalle bande regolari dello Scimezana. Lo schizzo n° 22 evidenzia l'area della penetrazione. Tre le colonne in marcia: a sinistra, la 114° Leg. CC.NN. con reparti mitraglieri e servizi vari, al centro la 180° e 116° Leg. con repa11i d'artiglieria, genio e sanità mentre a destra marciava l'intera Div. Sabauda con il Comando del C.A .. Il servizio di sicurezza sulla linea del fronte era disimpegnato dai battaglioni indigeni X e XXV. Nella giornata del 3 ottobre la colonna di sinistra si portò eia Monoxeito al Passo di Mecatèn, che dovette essere superato portando a spalla i carichi delle salmerie rimossi dal basto dei muli nel tratto più pericoloso senza che però la marcia fosse ritardata. Le medesime difficoltà si incontrarono al Passo di Onà Ambér. Solo alle 21, dopo 16 ore di marcia ininterrotta, venne raggiunto l'obiettivo previsto per la giornata, Addì Quolà Culò. Al mattino del 4 la marcia venne ripresa, e questa colonna alle 9 raggiunse con le avanguardie il villaggio di Meghéb, dove avrebbe dovuto giungere nella stessa ora anche quella centrale, la cui marcia era stata invece ritardata dall'arduo valico di g. 2435 cosicché poté pervenire al punto di contatto soltanto dopo tre ore. Analoghe difficoltà avrebbe incontrato poi anche al Passo di Mai Toboctò ed alla strettoia del Magdillé, ma alle ore 18 anch' essa raggiunse Legudà, l'obiettivo assegnatole per quella giornata. La marcia della Div. Sabauda, nonostante avesse dovuto anch'essa superare i continui ostacoli del terreno, per di più alquanto appesantita dalla propria configurazione organica, si svolse normalmente, riuscendo ad ottenere il non facile collegamento con il C.A. indigeno che operava verso l'Enticciò. Terminava così la prima fase della progressione verso Acligrat, senza aver incontralo altre difficoltà che non fossero quelle opposte dalla natura del ten-eno.
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La campagna italo-etiopica, 1935-1936
Schizzo n. 22 - li terreno di azione della colonna Santini
Le operazioni iniziali a/fronte nord (3.X-15.X.1935)
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Una volta stabilito il contatto fra le colonne parziali il Comando del C.A., dal proprio osservatorio di Cherseber, ordinò alla Div. CC.NN . di muovere verso Adigrat, da dove la ,icognizione aerea segnalava che gli etiopic i si erano frettolosamente ritirati dopo il bombardamento effettuato dalla 14° e 15° Sq. nella mattinata del 3. Prime a giungere nell'abitato furono le pattuglie della 114° Leg., raggiunte subito dopo dal Comando dell ' unità (Ali. 53). La colonna di centro, costituita dal C.A. Indigeno al comando del gen. Pirzio Biroli, era formata dalla l O (gen. Sa lvatore Di Pietro) e 2° (gen. Achille Vaccarisi) Div. Indigeni, ed il relativo ordine di battaglia è riportato nell'Ali. 54. Anche questa colonna, superato l'antico confine all'alba del 3 ottobre, non incontrò all'inizio che scarsissima resistenza. Soltanto all'altezza cieli' Amba Augher, ad Est di Enticciò, giunse notizia che l'amba stessa era guardata da circa 500 armati al comando del degiac Ghebriet. La conformazione e l'ampiezza dell'amba, nonché le numerose caverne che vi si aprivano sul rovescio, rendevano difficile all'osservazione aerea stabilire esattamente l'entità della difesa e rendevano inattuabile il bombardamento da parte dei velivoli. Contro i nuclei nemici che rimanevano allo scoperto vennero quindi eseguiti solo mitrc1gliamenti a bassa quota. Fu pertanto deciso di attaccare l'amba per avvolgimento. Lo schizzo n° 23 mostra il terreno d'azione. La IV brigata indigeni avrebbe puntato su M. Chissat Atrò ed Amba Wrarà per avvolgere q. 2929 di Amba Augher mentre la li brigata avrebbe concorso ad Est per Amba Manatù, per impossessarsi della q. 29 17 e procedere poi di conserva all'occupazione di tutta l'amba. Alle 10.30 la IV brigata occupava Mai Daarò (q. 2248) e nel frattempo operava energicamente sul rovescio di Amba Augher contro nuclei nemici. L' avanzata procedeva lentamente, oltre che per le necessità tattiche derivanti dall'esplorazione e dai collegamenti, a seguito delle difficoltà del terreno. Anche la Il brigata impiegava due battaglioni cosicché,con l'azione concorde della IV da Nord e da Ovest e del la II da Est, il cerchio si stringeva sempre più e la sommità de ll'amba era occupata intorno alle 16, grazie anche a ll'intervento degli aerei che ne avevano mitragliato la sommità ed il rovescio. Il XVli btg. (IV brigata) era giunto per primo sulla q. 2929 (occidentale), ed il XIX (Il brigata) sulla q. 2917 (01ientale). 2 ufficiali e I Oascari 1isultavano fe,iti. mentre le perdite nemiche nel settore di Amba Augher ammontavano a l O morti e 59 prigionie,i. Il compito più arduo, comportante il puntare risolutamente su Adua, era comunque quello riservato alla colonna di destra, costituita dal II C.A. al comando ciel gen. Maravigna ed il cui nerbo er~ rappresentato dalla Div. Gavinana (gen. Nino Villasanta - 70°, 83°, 84° Regg.ti Ftr. e 19° Rgt. Art.) integrata dalla III Brigata Mista. Nell' AJl.55 è evidenziato l'ordiue di battaglia. A parte l'eventuale, quasi certa, reazione avversaria, l'operazione presentava una serie di particolari diffi coltà: zona priva cli vie di comunicazione, all'infuori delle piste appena tracciate; vasta distesa di territorio da superare; terreno fottemente cope,to e rotto da profondi avvallamenti in senso nonnale alla dirert1ice di avanzata; diversa orgarùzzazione dei servizi, stante la notevole entità delle forze impiegate (circa 14.000 nazionali e 8000 indige1ù). Nello schizzo 11°24 è riprodotta l'area operativa. Alle 5 del 3 ottobre aveva inizio il passaggio ciel Mareb su un ponte gettalo nella notte dai pontieri del Genio. Passavano per primi la banda del Seraé e lo
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La campagna italo-etiopica, 1935- 1936
Schizzo n. 23 - II terreno di azione della colonna Pirzio-Biroli
Da: "La conquista dell'Etiopia", cii.., pag. 15.
Le operazioni iniziali alfronte nord (3.X-15.X.1935)
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squadrone carri veloci Duca degli Abruu.i, seguiti subito dopo dall'avanguardia della Gavinana, il I btg. dell'84° Ftr. ed il I Gr. del 19° Art.. Data la natura del terreno oltre il fiume, coperto da fitta boscaglia, l' avanzata del grosso della Divisione, prevista in un primo momento su due colonne, veniva invece effettuata su una sola di esse. Alle 15 tutta la Gc1vinana era oltre il Mareb: il passaggio era stato effettuato sotto la protezione del TV Gr. da I 05/28, del T Gr. 77/28 e dalle batterie da 104/32 in posizione nella zona di Chessad Ecà. TI primo scontro contro nuclei avversari , della consistenza di 200-300 uomini, si ebbe a Ramà. Intanto anche la III Brigata Indigeni varcava il Mareb. Alle 15 la banda del Seraé, giunta nei pressi del fortino di Darò Taclé, uttava contro ciJca un centinaio di armati che la attaccavano vigorosamente. Il reparto inizialmente resistette ma, ucciso il comandante, ten. Mario Morgantini (il primo caduto della campagna d'Etiopia, già volontario a 18 anni nella 1° gue1w mondiale), fu costretto a reu·ocedere lasciando sul terreno 16 mo1ti, 15 feriti, e J6 dispersi. L'avanguardia della Gavinana, schieratasi intanto al bivio Mai Enda Baria, conteneva le puntate aggressive dei nuclei nemici, mentre al fiancbeggiamento dell'intera colonna erano stati inviati i battaglioni indigeni XVlll (sulla destra) e XXU1 (sulla sinistra), che avevano anch ' essi varcato il Mareb alle prime luci dell'alba. Il primo, date le difficoltà del terreno, procedeva più lentamente ma a sera raggiungeva l'obiettivo previsto, Chessad Allà, che rafforzava per sbarrare le provenienze da Axum; il secondo, incontrata una prima resistenza fra Tebai ed Enda Johannes, si fermava in questa località per trascorrervi la notte. La colonna principale, alla sera del 3 ottobre, attestava poco a Sud di Mai Enda Baria così come previsto dall'ordine di operazioni. A sostituire la banda del Seraé era inviato nella notte del 4 il Ill Btg. Indigeni, che sopravanzava la colonna ed all' alba giungeva a contatto con i nuclei avversari, li attaccava qualche ora dopo e conquistava il fottino di Dàro Taclé subendo solo lievi perdite. Nella giornata proseguiva l'avanzata della Gavinan.a su due colonne, delle quali la sirùstra (83° ed 84° Ftr. con il Comando di Divisione e due Gruppi del 19° Art.) raggiungeva Mai Ceu, mentre il XXIlI Btg. Indigeni continuava ad incontrare una tenace resistenza. All'alba del 5 riprendeva l'avanzata generale, che procedeva quasi indisturbata sino all'altezza del Passo Gasciorchè dove però la Brigata Indigeni incontrava una vivace opposizione da patte del nemico; l'intervento del 70° Ftr., appoggiato dal tiro di batterie someggiate e dallo spezzonamento aereo, faceva sì che questi si ritirasse su Amba Sebhat (g. 2510). L'avanzata proseguiva spedita, dopo aver debellato nel pomeriggio un altro tentativo cli resistenza etiopica a Mai Turcuz, ed a sera l'avanguardia della colonna di destra, rappresentata dal Il btg. dell'84° Ftr., stabiliva il campo a poco meno di un'ora da Adua. Il resto della colonna contin uava nel proprio compito di sorveglianza e fi ancheggiamento per eventuali provenienze da Axum, e trascorreva la notte sulle posizioni raggiunte nei pressi di Amba Sellai. Alle prime luci del 6 il comandante del C.A., considerato ormai raggiunto il proprio obiettivo. ordinava che la Div. Gavinana si schierasse a cavallo del bivio di Adì Abuna e vi attendesse la m Brig. Indigeni, che doveva sboccare da Passo Gasciorchè. Entrambe le unità avrebbero poi dovuto avanzare a contatto per schierarsi sull a linea Enda Ghiorghis-Enda Micael, cioè sui margini Nord e Nord-Est della conca di Adua. Il movimento si compiva regolarmente, anche se
Le operazioni iniziali aljì-orue nord (3.X-15.X.1935)
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disturbato da forze avversarie spostatesi verso il Debra Sinà. da dove tentavano a più riprese di ostacolare l'avanzata del 70° Ftr., intento vanificato dall'intervento di batterie del l 9° Art. Alle 10.30 dello stesso giorno, 6 ottobre, il li btg. dell'84° Ftr. entrava in Adua, non arrestandosi peraltro nell'interno dell'abitato ma uscendone subito per schierarsi sulle alture a Sud. Occorreva peraltro disperdere le resistenze residue, specie quella opposta sul!' Amba Sebhat al XXII] btg. indigeni, che doveva avanzare attraverso il vallone di Mariam Scioaitù. Al mattino del giorno 8 venne pertanto inviato il 70° Ftr. con un gruppo d'artiglieria per prendere di rovescio le posizioni avversarie dell'amba. Ma i nuclei etiopici, non appena accortisi della manovra aggirante, si sganciavano con rapidità e nel tardo pomeriggio il XXill btg. poteva avanzare liberamente. Intanto nelle giornate del 7 e de11'8 veniva completato lo schieramento delle forze italiane sulle altlLre marginali della conca cli Adua, in base ad ordini impartiti sul post.o fin dal giorno 6 dal comandante del C.A. e che disponevano: 1'84° Ftr. sulle pendici meridionali del Sullodà, 1'83° nella zona Enda Ghiorghis-Fremona, il 70° in riserva al bivio di Adi Abuna; il 519° btg. mfrraglieri ad Amba Eulal a sbarramento del vallone cli Mariam Scioaitù; una compagnia del XXITT btg. indigeni sul Sulloclà; mtti i gruppi di artiglieria in posizione ad Amba Eulal, sulle pendici del Sulloclà ed a Sud di Adi Abuna; la terza brigata indigeni, facendo una conversione a destra, occupava la linea Debra Sinà-Enda Jobannes-to1Tente Gurungurà. Il 9 un reggimento di fanteria ed un gruppo d'artiglieria eseguivano una puntala a Sud di Adua, per oltre 20 Km., senza incontrare elementi avversari. Un tentativo di attacco, probabilmente a scopo diversivo, sfen-ato dal degiac Burrà in direzione di Om Ager, all'estremo occidentale dello schieramento, ero respinto dalla banda di confine del Tessenei e da altri reparti stanziati nella zona. Le nostre perdite furono di 30 mo1ti, dei quali 5 nazionali , e 70 feriti. Nel corso delle varie azioni vennero catturati circa 500 p1igionieri , che furono concentrati nei tre campi predisposti di Adi Qualà, Adi Caiéh e Mai Edagà. Fra le varie sottomissioni dei capi, di particolare rilievo fu quella del degiac Hailè Sellasiè Gugsà, presentatosi ai nost,i avamposti di Edagà Amus con circa 1200 armati, non tanto sotto l' aspello dell'apporto militare guanto dal punto di vista morale e propagandistico essendo il personaggio genero dell'imperatore e governatore del Tigrè orientale. Al mattino del 15 ottobre, la Ili brigata indigeni entrava in Axum, la "citt~l santa" ( 168). Negli All.ti56, 57 e 58 fi gurano rispettivamente il messaggio del gen. De Bono a Mussolini, il rapporto del gen. Maravigna sull'occupazione della località e la dichiarazione dei capi del clero copto.
168 Axum. posta ad una ventina di Km. da Adua a 2 125 ml. di altitudine, già capitale del regno del Tigrai durante i primi secoli dell'era cristiana. era il massimo centro religioso copto. Ospi1ava numerose e variegale stele di pietra. dette ·'obelischi'", probabilmente monumenti funerari o celebrativi. Uno di essi, scomposto in sei hlocchi, ven ne tras ponai.o lino a Ro1m1 fra la metà di febbraio e la metà di aprile del 1937 mediante un trasferi mento partico larmente complesso sopral.lulto dall'a ltipiano al pono di Massaua. e collocaco sul pianale di Pona Capena antistante il Circo Massimo dove fu inauguralo i I 31 ottobre dello stesso anno.
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L'occupazione di Axum era stata inizialmente considerata non opportuna per non estendere la linea dello schieramento difensivo del II C.A., il cui compito era quello di difendere la conca di Adua contro ogni offesa. Come testualmente espresso nel diario storico della G.U. alla data dell'I I ottobre, "si dovrà perciò fare fronte a Est, a Sud e ad Ovest, collegarsi inoltre con le cope1ture arretrate lungo il Mareb in corrispondenza del confine fra Adi Abò e Dechì Tesfà" ( 169). Ma nel corso di una ricognizione effettuata il 13 da De Bono con i comandanti delle GG.UU. il gen. Luigi Cubeddu, comandante della III Brigata Indigeni, aveva rappresentato l'opportunità di garantirsi il possesso della città. Era infatti evidente che dalla direzione della conca di Axum, alla quale facevano capo importanti comunicazione dallo Scirè e dal Tacazzè, avrebbero potuto venire le maggiori minacce alle forze che occupavano Adua. Il suo possesso avrebbe interdetto queste comunicazioni e concorso ad impedire la marcia avversaria verso l' Adi Abò ed a dare quindi respiro alla difesa del vasto settore del Bassopiano Occidentale. Non è da escludere che nella decisione avessero concorso altri fattori di vario genere. L' occupazione di Axum, data la sua valenza simbolico-religiosa, avrebbe potuto avere risonanza e peso politico sia nelle file avversarie e sia sul piano politico internazionale. Essa poteva inoltre servire anche a contrastare il malumore di Roma che, in occasione del passaggio nei nostri ranghi del degiac Hailè Sellassiè Gugsà, signore di Macallé, aveva considerato ovvia l'opportunità di sostenerlo prendendo possesso della stessa Macallé e concorrendo alla sconfitta delle forze fedeli al Negus ivi dislocate. n gen. De Bono non era stato dello stesso parere, limitandosi ad accogliere il Gugsà con i suoi a1111ati nelle nostre file. E non a torto. Come avrebbe ricordato nelle sue memorie, "non sarebbe stato per me molto difficile mandare un distaccamento di indigeni ad occupare Macallè ... le difficoltà consistevano nel rifornirlo ed impossibile era il sostenerlo... ne sarebbe risultata un'altra Amba Alagi che ci avrebbe nociuto tremendamente ... Io non dovevo mai dimenticare (e non lo dovrebbe scordare nessun giudice capace e sereno) a quali legami fossi costretto dalle necessità logistiche" ( 170) . Con il telegramma n° 11890 del 17 ottobre il capo del governo gli comunicava: "Concordo che non devi marciare su Macallé prima di aver sistemato le tue retrovie e prima di aver ricevuto i miei ordini. Intensifica le sistemazioni difensive sulle linee Adigrat-Axum-Adua allargandoti a destra. I ,niei ordini ti verranno quando sarà chiarita la situazione europea dal punto di vista delle sanzioni e soprattutto dei rapporti italo-inglesi" (1 7 1). Nel corso della prima quindicina del mese di ottobre, ad opera del Il C.A. e del C.A. Indigeno venivano sostenuti combattimenti minori intesi ad eliminare piccole formazioni avversarie sopravvissute nel territorio compreso fra Enticciò ed Adua. Erano state anche eseguite ricognizioni a breve raggio sulla fronte del dispositivo, con un impiego generalmente limitato ad unità indigene. I reparti 169
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AUSSME, D6-78, D.S. 11 C.A.
De Bono E .."La preparazione e le prime operazioni", Roma, Istituto Nazionale Fascista di Culrnra, J 937. pag. l 78. 171 De Bono E., op. c ir. , pag. J 84.
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provvedevano a realizzare le opere difensive ed a predisporre gli interventi di fuoco ritenuti opporrn ni. Venivano pertanto fatte affluire al nuovo schieramento numerose a1tig lierie da posizione dalle linee arretrate, consentendo così mobilità alle artiglierie organiche de lle GG.UU. Il 27 ottobre il C.A. Indigeno, confluendo con reparti di CC.NN. della I 0 Div. Ventitrè Marzo (202° Leg.) e con re parti indigeni sulla linea Semaiata-Amba Augher, avanzava senza trovare alcuna reazione occupando la regione del Feres Mai, ricca d'acque e di colture, la stessa nella quale, nel febbrai o 1896, si era accampato l' intero esercito etiopico. Sulla linea raggiunta Edagà Amus-Adì NefasAdua-Axum, robusta per caratteristiche naturali, le truppe ultimarono una sistemazione atta a far fronte ad ogni prossima eventualità, tanto per procedere quanto per contenere ogni velleità offensiva dell 'avversario. Depositi di viveri e materiali di ogni genere furono costituiti nelle conche retrostanti, ali mentati dalle camionabili subito spinte fino a contatto d el fronte. Un accurato scaglionamento di forze garantiva la sicurezza delle linee d'operazioni, così come quella sui fianchi de lle colonne destinate ad avanzare. Per quanto riguardava l'azione dell' Aeronautica. i reparti da ricognizione si erano subitamente levati in volo appoggiando le truppe avanzanti con missioni su Maeallè e lungo il fiume Tacazzè, alle q uali si era aggiunto, nel pomeriggio del 3 ottobre, un primo spezzonamento contro armati etiopici compiuto a Mai Barat dalla l 18° Sq. da bombardamento guidata dallo stesso gen. Ranza.TI medesimo giorno la 14° e 15° Sq. da bombardamento ( 172) avevano effettuato una missione su Adua ed Adigrat, lanciando bombe da 92 Kg. e spezzoni da 2, causando o ltre 70 vittime fra la popolazione civile. Soprattutto il bombardamento su Adua fu sconsiderato e controproducente, perché vanificava le trame tessute dal col. Vittorio Ruggero del S.I.M., esperto conoscitore dell' Etiopia ma inviso a Ciano, miranti ad ottenere la sottomissione di ras Sejum; questi , infatti, che aveva ad Adua un figlio, interpretò l'azione come una intenzionale rottura delle trattative segrete intercorse con il nostro comando e decise di prendere anch'egli le armi contro gli italiani. Nei giorni successivi, 4 e 5 ottobre, gli stessi reparti di bombardieri e ricognitori .attaccarono il forte di Darò Tac lè, l'Amba Birculam, la zona dell ' Aussa e l'Amba Augher, obiettivi sui guaii a nche la caccia svolse ri petuti mitragliamenti ( 173) . Dal 6 al 13 , invece, si svolsero solo missioni di ricognizione. Nel
172 Le <lue squadriglie facevano patt e del TV Grnppo del 7° Stormo, ed erano equipaggiate con velivoli Ca 101 nella versione dotata di motori Alfa Romeo D2. li Gruppo sru·ebbe stato il più reclarnizz.ato fr.i i repani della R.A. impiegati in A.O., in quanco di esso facevano parte, con Viuorio, Bruno e Vito Mussolini,i maggiori gerarchi fascisti fra i quali Ciano (comandante della 15° Sq.). Farinacci e Pavolini. 173 In seguilo, queste azioni dettero luogo ad una serie di malumori e polemiche, in quanto il personale dell a ricognizione lamentava come 111110 il merito fosse stato attribuilo ai bombardieri del IV Gruppo. La cosa ebbe un seguito anche a livel li più elevati, in quanto il geo. Ranza aderiva al mugugno della 11 8° Sq. ed il gen. Matricardi si profondeva in elogi e proposte di decorazioni per il reparto il cui comandante, si faceva notare mali zio.~amcnte nell'ambiente, era proprio suo figlio. mentre il gen. Aimone Cat, che <lai 6 novembre era ~lato designato ,1 succedere a Ranla quale comandante delle forze aeree in A.O., non esitava a minimizz:u·e la p()lenzialità degli etiopici fatti oggetto degli speizonamen1i definendoli "quanro scalwcani". e precisando come le ricompense al personale della R.A. sarebbero s1a1e sempre di competenza di questa forza annata e di nessun altro.
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complesso, comunque, i risultati dei bombardamenti su fonnazioni avversarie diluite in terreni scoscesi e boschivi furono piuttosto deludenti. 2 - NOTE TECNICO-TATTICHE
Un sommario bilancio dei primi giorni di guerra non poteva non essere giudicato soddisfacente, dal momento che tutti gli obiettivi prefissi erano stati conseguiti a fronte di perdite trascurabili. I tre CC.AA. avevano compiuto un'avanzata su un fronte di circa 70 Km., per una profondità di 40-50 in linea d'aria. L'ordine di operazioni aveva cercato di assicurare un coordinamento delle azioni delle unità e la possibilità di un reciproco intervento. Nella realtà, le anfrattuosità del terreno non avevano affatto consentito di mantenere un collegamento che spesso era venuto a mancare anche fra diverse colonne dello stesso C.A. L'inconve1ùente non aveva, peraltro, avuto gravi conseguenze in quanto l'opposizione avversaria era stata generalmente irrilevante (All. 59), come del resto era da attendersi in base alle informazioni circa forze ed intendimenti dell' avversario. In effetti, il Negus aveva optato per la tattica del ripiegamento manovrato, che gli consentiva di ottemperare all'impegno assunto con la S.cl.N. e, nel contempo, di attirare gli italiani all'inten10 del territorio sempre più lontano dai loro centri di rifornimento. Un concetto, questo del retrocedere ogni volta che l'azione nemica fosse diventata più pressante, che anche in seguito non sarebbe stato facile far accettare alla massa dei combattenti etiopici. 11 I C.A. ed il C.A. Indigeno avevano perciò compiuto un'avanzata che era stata soprattutto un evento logistico più che operativo, inteso a raggiungere le posizioni Iitenute idonee a sostenere un'offensiva avversaria. Considerando anche i movimenti del giorno 2 di avvicinamento al confine, in tre giorni per il I C.A. ed in quattro per il C.A. Indigeno le nostre unità avevano conseguito i propri obiettivi con perdite irrilevanti. Una certa opposizione aveva incontrato solo il II C.A .. L'azione sulla direttrice che portava ad Adua aveva richiesto sette giorni, era stata oggetto di resistenze abbastanza consistenti ed aveva dato luogo a notevoli difficoltà nel soddisfacimento delle esigenze di rifornimento alimentare ed idrico, per la carenza cli salmerie e per l'impossibilità di afflusso cli automezzi. In effetti, l'azione di questo C.A. sembrava aver presentato lacune sia nella preparazione che nella condotta. In p iimo luogo, era noto che ras Sejum intendeva effettuare il maggior sforzo difensivo sulla direttiice di Adua, disponendovi tutte le sue forze su un terreno notoriamente piuttosto difficile e su posizioni naturalmente forti . TI Comando Superiore aveva invece dato precedenza all'azione del I C.A. sulla direttrice di Acligrat, che acquisiva importanza in partico.lare per l'azione successiva ma non per questa prima fase delle operazioni. In secondo luogo, iJ II C.A. era quello che disponeva di minori mezzi logistici e soprattutto di salmerie insufficienti mentre doveva superare terreni ostici privi di piste, caratteristiche che erano ben note. In terzo luogo, infine, l'organizzazione de l movimento aveva" prodotto il lunghissimo incolonnamento su un unico itinerario cli tutta la G.U., con in testa la Gavinana seguita dalla m Brig. Ind. ed infine dalle salmerie.
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In pratica, l'incontro con Je prevedìbili resistenze in corrispondenza delle posizioni di Mai Enda Baria, Darò Taclè e Passo Gasciorchè era stato demandato alla banda del Serné e, sui fianchi, ai battaglioni indigeni che procedevano a distanza tanto dall'avanguardia che dal grosso. Ne sarebbe emerso quanto sarebbe poi stato confennato durante il resto della campagna, e che cioè i reparti indigeni, se risultavano più idonei, in virtù della superiore mobilità, all'azione esplorante nonché ad interventi quali riserve o per lo sfruttamento del successo, mancavano tuttavia di una effettiva superiorità di fuoco. Ne conseguiva come essi non fossero quindi in grado di imporre la propria supremazia a forze avversarie piuttosto consistenti, che dovevano pertanto essere affrontate tempestivamente da unità nazionali sostenute dal fuoco delle artiglierie. Ancora, i 1ifornimenti per le forze impegnate sulla predetta direttrice avrebbero dovuto essere assicurati in modo più adeguato. La relazione di Badoglio dopo la sua visita in A.O. in qualità di Capo di Stato Maggiore Generale, effettuata tra il 19 ed il 27 ottobre (vedasi al capitolo successivo), non lesinava le critiche del compilatore in merito alla condotta operativa di questo C.A.; critiche indubbiamente anche influenzate dall'irritazione generale provocata dalle dichiarazioni roboanti del suo comandante, cultore e scrittore di storia militare, rilasciate ad alcuni giornalisti in Adua dove, a suo dire, egli "non scriveva solo, ma finalmente faceva anche la storia" ( 174). Sul piano della condotta delle azioni aveva pesato anche la difficoltà dei collegamenti radio fra le varie aliquote dell'intero dispositivo militare, sia tra Roma ed il Comando Superiore A.O. che fra questi cd i CC.AA. e sia a livello inferiore, fra i comandi delle GG.UU. e quelli delle colonne in marcia. A questo proposito, si sarebbe rivelata provvidenziale la possibilità di seguire i progressi dei reparti a mezzo degli aerei da ricognizione tattica organici ai CC.AA. Ci.rea gli ordinamenti delle unità, le predette considerazioni sui reparti indigeni inducevano a ritenere scarsamente opportuno il loro concentramento in GG.UU. a livello C.A. o Divisione. Positivo, invece, era eia ritenere un ordinamento ternario nell'ambito dei reggimenti cli fanteria, che sarebbero così dovuti passare da due a tre battaglioni fucilieri ciascuno su 3 anziché 2 compagnie e ferma restando la compagnia mitraglieri. Era emersa anche la scarsa attitudine dei carri veloci ad un redditizio impiego sull'altopiano etiopico, il che sarebbe stato confermato anche nel prosieguo della campagna; l'argomento sarà comunque trattato più compiutamente in sede di considerazioni conclusive. Ad una conclusione analoga si poteva giungere anche per quanto riguarda i reparti di lanciafiamme, rivelatisi eccessivamente pesanti nello specifico teatro operativo e per i quali si prospettava una trasformazione in compagnie fuci lieri a disposizione dei rispettivi comandi di divisione.
3 - IL CONSOLIDAMENTO
DIFENSIVO
In data 8 ottobre il C.S.A.0. diramava l'ordine di operazioni n° 78 con oggetto "Direttive per l'organizzazione del territorio conquistato in vista di un nuo-
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Bonneuil (de), tvlarie-Edith, "l:livouacs aux étoiles", Paris, Plon, 1938, pag. 5.
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vo sbalzo offensivo nel territorio nemico", ribadito dai comandi delle GG.UU. per quanto di specifica competenza. Esso, pur menzionando come temporaneo l'atteggiamento difensivo ed indicando come finalità la preparazione di un nuovo sbalzo offensivo, non dava alcuna indicazione circa ulteriori sforzi. Le direttive erano esclusivamente rivolte a definire l'organizzazione difensiva che avrebbe dovuto essere seguita da una controffensiva "nella direzione o nelle direzioni che risulteranno opportune". Esse erano quindi piuttosto in linea con gli orientamenti prebellici verso una strategia di attesa sulle forti posizioni difensive raggiunte, seguita da una controffensiva contro un esercito etiopico già battuto. Poiché questo avrebbe potuto pervenire al contatto con forze tali da condurre una grossa battaglia contro il nostro schieramento solo dopo circa due mesi, risultava evidente l'orientamento ad evitare di avanzare in profondità nel territorio avversario anche dopo il superamento delle difficoltà connesse con l'attesa delle forze in corso di afflusso e la soluzione dei problemi logistici. In realtà, l'avanzata delle nostre unità oltre il con.fine era stata eseguita quando i lavori stradali e l'organizzazione logistica a tergo erano ancora eia completare. Dopo l'avanzata, la situazione sotto questo aspetto si era aggravata, sicché ogni ulteriore progressione in forze non sarebbe stata possibile. Essa, qualora effettuata con forze piuttosto deboli avrebbe potuto effettivam ente portare ad un insuccesso. Tale ipotesi negativa poteva essere altresì avvalorata dal malvezzo di continuare, da pa1te dei corrispondenti di guerra della stampa nazionale, a rivelare particolari operativi (consistenza delle forze, ubicazioni, programmi e direttive) che avrebbero potuto rappresentare un prezioso ausilio per il nemico (Ali. 60). Durante il mese di ottobre andarono completandosi gli afflussi già previsti di unità e di mezzi. Diveniva problematica, allora, la possibilità di inoltrare tempestivamente i materiali sbarcati a Massaua; infatti, l' intasamento dei materiali sulle banchine del p01to provocava ritardi negli sbarchi e lunghe soste nello scalo da pa11e delle navi, il cui numero si mantenne in quello stesso mese su un livello supe1iore alle 30. La situazione sarebbe andata solo lentamente migliorando con il completamento dei lavori stradali già previsti nel territo1io della Colonia Eritrea e non ancora portati a termine prima dell'inizio delle operazioni. Essi erano affidati al Genio Civile, che si avvaleva cli affidamenti di appalti a ditte e consorzi di lavorato1i; ai lavori stradali ed idrici nella zona delle operazioni era preposto il Genio Militare, con propri repa1ti e compagnie di lavoratori nazionali ed indigeni. Venne così completata una rete stradale di circa 188 Km. di sviluppo sulla quale, dopo l'impianto, si continuò a procedere al miglioramento dei tronchi meno favorevoli per tracciato e per fondo. 11 24 ottobre fu aperto al traffico l'ultimo tratto della nuova canùonale Massaua-Nefasit-Decamerè, dotata di oltre 1000 opere fra grandi e piccole. Sotto l'aspetto idrico, furono scavati ex novo I21 pozzi e costruiti numerosi serbatoi in cemento, oltre al ripristino di tre sorgenti naturali abbandonate da tempo. Per quanto riguardava il personale, l'inizio delle operazioni avvenuto in maniera così favorevole aveva certamente avuto una ricaduta in termini positivi, consolidando la compattezza morale e disciplinare dei reparti e dei singoli e rafforzando, di questi, anche la struttura psicofisica; a ciò aveva contribuito l'avvenuto rimpatrio cli elementi rivelatisi non idonei, specialmente nelle unità della M.V.S.N. e nelle compagnie di lavoratori.
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Nei reparti indigeni, che avevano visto una grossa espansione con reclutamenti talora poco oculati ed un inquadramento non particolarmente selezionato e preparato così come era invece avvenut.o nel passato, si erano verificati alcuni episodi di diserzione specialmente da patte di oriundi etiopici . Di contro, erano venute formandosi bande con personale indigeno delle regioni occupate che, ben comandate, avrebbero dato risultati molto positivi, talvolta superiori alle aspettative. Circa i rapporti con la popolazione indigena, nel periodo in esame gli Uffici Politici costituiti presso le GG.UU. furono particolarmente attivi, in armonia con le direttive sia di Roma che del C.S.A.0. tendenti ad acquisire il maggior consenso possibile. In data 19 ottobre venne emanato il bando che aboliva ufficialmente la schiavitù nel Tigrai, atto che in verità ebbe scarse ri percussioni locali. Le occupazioni dei maggiori centri furono seguite da pubbliche manifestazioni, scenograficamente intense, alle quali presenziavano anche le autorità militari, e durante il loro svolgimento i maggiorenti ed il clero manifestavano la loro adesione alla nuova situazione politica e facevano atto collettivo di sottomissicme e di fedeltà. La conoscenza dei problemi e quella personale dei notabili locali consentivano di guadagnare la fedeltà di capi che venivano pertanto assoldati per la costituzione cli bande di armati comandate da nostri ufficiali. La popolazione, che si era in buona parte dispersa trovando rifugio nei boschi ed in terreni anfrattuosi, aveva fotto ritorno alle proprie dimore nei piccoli centri riprendendo le abituali attività; ad essa si era cercato di portare aiuto attraverso distribuzioni di viveri ed assistenza sanitaria. La dispersione dei nostri militari sul terreno, e quindi la difficoltà di un loro capillare e costante c01rn-ollo, aveva dato luogo in non pochi casi a forti ed a prepotenze ad opera di soldati nei confronti degli abitanti ( 175) . Ma i comandi e gli orga1ù di polizia militare erano sempre intervenuti per individuare i colpevoli, mentre i danneggiati venivano indennizzati per i danni ricevuti. Nel complesso, quindi, e tenuto conto della pa1ticolare situazione di tempo e luogo, anche le nùsure di sicurezza potevano dirsi soddisfatte ad un discreto livello. 4 - GLI SVILUPPI POLITICO-DIPLOMATICI
Dopo l'inizio delle ostilità, il quadro politico-diplomatico aveva subito un'evoluzione che, nei suoi termini essenziali, è 1iassumibile come segue. Il 3 ottobre 1935, giorno di inizio delle ostilità, il "Comitato dei Tredici", costituito il 26 settembre dal Consiglio della S.d.N. per la redazione di un rapporto sulla guerra italo-etiopica in base alle procedure previste dall'art. 15 del Patto della stessa Società, prendeva in esame la genesi del conflitto ed affidava il compito di elaborare il documento ad un sotto-comitato di 5 membri composto
175 Il capo dell'Ufficio Politico del li C.A., in un rapporto del 16.X., faceva presente come .i soldati s111ante llassero i tucu l per procurarsi legna da ardere , reagendo minacciosamente alle proteste degli abitanti, e lo stesso De Bono, in occasione dell 'occupazione di Axum, aveva invitato il gen. Maravigna a vietare di massima l'ingresso in città dei militari onde evirare danneggiamenti e soprusi come quelli verificatisi ad Adua (Del Boca A. , "Gli italiani in Africa Orientale. La conqu ista dell'Irnpcro", Bari, Latcrza, I 979, pagg. 406-407).
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dai delegati di Francia, Inghilterra, Spagna, Portogallo e Romania. Questo ne redasse la prima e la seconda parte, riguardante rispettivamente la dinamica degli eventi politici e diplomatici e l'analisi dei relativi documenti esibiti dalle due parti in causa. Il rapporto venne approvato dal Comitato dei Tredici, che ne compilò a sua volta una versione più completa destinata al Consiglio della S.d.N.; a seguito delle proteste sollevate dal rappresentante italiano, barone Pompeo Aloisi, circa la procedura adottata dalla Lega che non avrebbe tenuto conto della documentazione presentata in merito alle inadempienze del governo etiopico nei confronti degli impegni assunti, ed alla richiesta di quello etiopico per un'immediata e completa applicazione del Patto societario, il Consiglio procedeva alla nomina di un'altra commissione, denomjnata "Comitato dei Sei" (fom1ata dai rappresentanti cli Francia, Inghilterra, Danimarca, Portogallo, Romania e Cile), con l'incarico cli analizzare la situazione determinatasi dal 3 ottobre in avanti e di farne oggetto di una relazione eia presentare al Consiglio stesso. Il documento, che si concludeva con l'esplicita accusa nei riguardi ciel governo italiano di aver contravvenuto, con il ricorso alla guerra, agli impegni presi in base all'art. 12 del Patto della S.d.N., venne esaminato ed approvato nella seduta del giorno 7 unitamente al rapporto del Comitato dei Tredici, e detenninò la unanime attribuzione all'Italia della qualifica cli "Paese aggressore", costituente la premessa per l'applicazione dell'art.16 del Patto che prevedeva la comminazione delle sanzioni economiche, da parte degli Stati membri della Lega, contro quelli di essi che ne avessero infranto le regole. Tre giorni dopo, dinnanzi ali' Assemblea della Societi1 delle Nazioni, il delegato italiano Aloisi pronunziò un discorso nel quale contestava l'ortodossia della procedura ciel Consiglio e delle conclusioni alle quali esso era pervenuto, dichiarandole in contrasto con le procedure e le conclusioni adottate in precedenti, analoghi casi (ad es., il conflitto ci no-giapponese). Il barone Aloisi affermò che nessuno dei delegati dei governi facenti parte del Consiglio e dell' Assemblea avrebbe adottato, per l'amministrazione della giustizia nel proprio Paese, una procedura così contrastante con le più elementari norme del diritto come il Consiglio stesso, abilmente veicolato dal governo britannico e dal suo rappresentante Antony Eden, aveva creduto bene di adottare nei confronti dell'Italia. Presero in seguito la parola il delegato francese Pierre Lavai e lo stesso Eden; il primo espresse voti per una soluzione specifica ciel conflitto, ricordando guanto la Francia apprezzasse l'amicizia con l'Italia, mentre il secondo riaffermò la più assoluta fedeltà dell' Inghilterra al Patto della S.d.N. e la propria determinazione nel cercare di porre fine al più presto alla gue1Ta. Nello stesso giorno IO venne istituito dal Consiglio della Lega un cosiddetto "Comitato di Coordinamento" per l'applicazione delle sanzioni contro l'Italia. 1àle Comitato era formato da tutti i membri rappresentati nell'Assemblea, ad eccezione dell'Italia, dell'Etiopia, dell' Austiia e dell'Ungheria. Il giorno successivo il delegato albanese esprimeva il rifiuto del suo governo di aderire alle sanzioni, ed analoga dichiarazione era fatta dal rappresentante del Paraguay. Contemporaneamente, aveva luogo la prima riunione del predetto Comitato di Coordinamento - alla quale non partecipava il delegato ungherese, mentre quello austriaco si limitava ad assi-
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stere ai lavo1i senza però prendervi paite attiva, - che come primo provvedimento nominava un sotto-comitato di 17 membri (saliti poi a 18 avendovi inserito anche il delegato del Messico). Questo redigeva una proposta per la sospensione dell'embargo delle armi verso l'Etiopia e per il mantenimento dell'embargo ai danni dell'Italia, approvata seduta stante dal Comitato che, senza por tempo in mezzo, nonùnava due sotto-sottocomitati, uno per lo studio delle sanzioni econonùco-finanzia1ie, e l'altro per la ricerca di eventuali nuovi provvedimenti in materia di embargo. Il 14 ottobre il Comitato cli Coordinamento approvò l' applicazione delle sanzioni contro l'Italia secondo uno schema di misure dirette ad impedire l'ape1tura di crediti a favore dello Stato e dei sudditi italiani, elaborato dal sottocomitato finanziario. li consesso dei 18 membri provvide poi alla nomina di altre tre strntture: - un sottocomitato per l'esame delle questioni giuridiche; - un sottoconùtato per lo studio dei provvedimenti econonùci (embargo sulle materie prime destinate all'Italia, divieto cli impo1tazioni da questa); - un sottocomitato per lo studio delle modalità del reciproco appoggio economico fra gli Stati sanzionisti, come previsto dall'art. 16 ciel Patto della S.d.N. Sempre il Comitato di Coordinamento approvò ancora, il giorno 19, tre nuove misure contro l'Italia, frutto della alacre attività del Comitato dei Diciotto e di quella della costellazione dei suoi var'ì sottocomitati. Le tre nuove misure, che seguivano in ordine cronologico la decisione dell'embargo sulle armi all'Italia a favore deU' Etiopia ed il divieto cli crediti allo Stato ed ai cittadini italiani, erano le seguenti : - 1ifiuto di accettare importazioni dall'Italia; - divieto di esportare in Italia materie prime e taluni prodotti-chiave (per il momento fu deciso che ne fossero esclusi il petrolio, l'alcool industriale ed alcuni altri prodotti di larga utilizzazione per l' industria civile); - misure per il mutuo appoggio fra gli Stati sanzionisti. I vari governi avrebbero dovuto informare, entro il 28 ottobre, il Comitato d i coordinamento circa la data sotto la quale avrebbero inteso attuare le misure sanzionistiche. La Svizzera votò per l'applicazione delle sanzioni, formulando però delle riserve; solo l'Austria, l'Ungheria e l'Albania si astennero dalla votazione. Nello stesso giorno, il Dipartimento degli Esteri di Washington aveva rinnovato la dichiarazione dell'impossibilità da parte degli Stati Uniti, dell'embargo generale, poiché esso non era contemplato nella legge per la neutralità. Il problema ciel pericolo di un inasprimento della politica sanzionista pure sotto l'aspetto militare venne rappresentato da Mussolini a De Bono con un messaggio inviatogli il 20 ottobre, con il quale lo rendeva anche edotto in merito alle "richieste minime" portate a conoscenza di Lavai e fornendogli le conseguenti raccornandazioni-istruzio1ù:
r...] "Inglesi e francesi me lo hanno formalmente escluso, hanno cioè dichiarato che non hanno mai pensato al blocco, alla chiusura di Suez, ma io ,ni fido poco degli uni e degli altri. Si può pensare ad ogni modo che, prima di passare dalle sanzioni economiche a quelle militari,passerà un certo periodo di te,npo. Mentre a Ginevra cingevano d'assedio l'Italia, io ho fatto conoscere a Lavai alcune richieste minime dell'Italia in Abissinia, e cioè:
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1. Annessione pura e semplice alle nostre colonie dei territori conquistati; 2. Mandalo all'Italia. o qualcosa di equivalente, sui territori non amarici del! 'Abissinia; 3. Rett(fìche terri1oriali nella Dancalia e nell' Ogaden; 4. Partecipazione dell'Italia al mandato societario sugli amara; 5. Disarmo controllato dell 'Abissinia. Queste richieste in Abissinia saranno re.spinte. Bisogna persuadersi che noi avremo sicuramente soltanto quello che avremo occupato. A queste condizioni bisogna di.fatto adeguare nel modo e nel tempo la nostra azione militare. Non ci saranno complicazioni in Europa prima delle elezioni inglesi, .fissate per la metà di novembre. Ebbene, per quella data tutto il Tigrè fin.o a Macallè od oltre deve essere noslro. Nella tua lettera del 6 oltobre mi chiedevi un mese di 1empo, e un mese di tempo è a tua disposizione. Nell'a1tesa del mio ordine, che potrà giungerti fra il I° ed il 5 novembre, manda avanti l'occupazione del territorio, occupazione lipo macchia d 'olio, in modo che l'ultimo sbalzo non sia di lunghezza eccessiva. Ho anche il do vere di ricordarti che con la fine dell'embargo anni moderne e munizioni arrivano in gran quantità in Etiopia, per cui il tempo lavora contro di noi. D'altra parte una troppo ritardata occupazione di Macallè può imbaldanzire i nemici e cagionare perplessità negli amici. [... ] (' 7<\
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De Bono E. op.cic., pag. 189.
CAPITOLO VI
LA SECONDA INIZIATIVA OFFENSIVA (3-28.XI.1935)
1 - L'APPRONTAMENTO LOGISTICO Alla fine di ottobre la situazione si poteva così riassumere: - quella politica, nelle regioni occupate ed in quelle comprese nell'orbita della nostra immediata influenza, era favo revole ad un ulteriore sviluppo delle operazioni; - quella militare era anch'essa favorevole, poiché la linea raggiunta, piuttosto forte per caratteristiche fisiche, permetteva di fronteggiare adeguatamente qualsiasi eventuale minaccia dell'avve r::;ario. Le intenzioni di questo potevano presumersi come le seguenti : o puntare con le forze ad occidente del Tacazzé nel bas::;opiano occidentale ed aggirare co::;ì la destra del nostro schieramento; ovvero, attendere che, allungandosi le nostre comunicazioni e diluitesi le truppe sul vasto fronte, si presentasse l'occasione favorevole per attaccare le forze italiane avanzanti verso Sud. Molto più probabile la seconda ipotesi, dal momento che l'atteggiamento cli attesa sembrava essere una delle caratteri::;tichc della condotta militare etiopica. La ricognizione strategica operata dall'Aeronautica segnalava come le operazioni di radunata dell'avversario risultassero ancora piuttosto lente ed il grosso delle forze fosse ancora lontano, nelle zone di Dessiè e di Gondar. Nelle immediate vicinanze del nostro schieramento le informazioni, sempre piuttosto lacunose e poco precise, indicavano la presenza di forze nemiche raccolte in tre nuclei principali: di circa 3000 armati a Sud di Edaga Amus e sul gradino che domina la Dancalia in corrispondenza di Azbì; cli circa 5000 uomini nella zona di Macallè; di circa 20.000 armati con ras S~jum, ritiratosi nel Tembien lasciando forti nuclei a Nord del Tacazzè. Altre masse importanti di armati erano segnalate a Nord di Gondar (40.000 uomini agli ordini del degiac Aialeu B urrù), con qualche nùgliaio di elementi verso il confine del Setit. Altri 30.000 uomilù, agli ordini di ras Cassa, risultavano in movimento dalla zona del lago 1àna verso oriente, forse verso il lago Ascianghi. Poteva quindi prevedersi un concentramento cli forze avversarie fra lo stesso lago e Macallè. Come si è visto nel capitolo precedente, l'avanzamento del fronte di una settantina di chilometri su un te1Teno d iffici le e privo cli comunicazioni idonee a quel trnffico motorizzato divenuto ormai indispensabile per la sopravvivenza e le attività di una cospicua forza nazionale, più che un evento operativo aveva rappresentato un'operazione logistica. Questa, peraltro, non si esauriva con l'assunzione del nuovo schieramento ma doveva protrarsi per il soddisfacimento delle
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esigenze del momento e di quelle future, con particolare attenzione a garantire una sicura e multiforme attività cli manovra a seconda delle specifiche circostanze che si fossero presentate nel corso delle operazioni. A questo proposito, va infatti messo in evidenza come l'intendimento primario del C.S.A.0. non fosse il semplice conseguimento di obiettivi territoriali - anche se il più immediato, quello di MacaJlè, assumeva un significativo valore morale - ma la ricerca, e possibilmente la neutralizzazione della massa principale dell' avversario, dislocata nella cosiddetta via degli Imperatori: Acligrat-Macallè-Quoram-Dessiè. Compiuto quindi il primo sbalzo dalla linea del vecchio confine a quella Adigrat-Adua-Axum, ne conseguì subito la necessità di uno spostamento in avanti di buona parte della preesistente base logistica, creando i presupposti per assicurare il funzionamento dei servizi durante l'avanzata. Per quanto riguardava il servizio cli vettovagliamento furono soppressi, per esaurimento, i grandi magazzini avanzati sul Mai Serau, a Sud di Saganeiti, e d i Teramni, a Nord di Acli Ugri, e trasformate in magazzini avanzati le frazioni avanzate di Senafè e cli Adì Qualà. Vennero costituite gradualmente più in avanti, su ciascuna delle tre principali linee di operazioni, - a Focadà (I C.A.), sul Belesà (C.A. Indigeno), a Mai Enda Baria (II C.A.) - nuove frazioni avanzate con sei giornate di viveri. Vennero anche spostate in avanti le squadre di forni Weiss e si iniziò la costruzione di forni in muratura in Adigrat ed in Adua. Nella prima località fu prevista la costituzione di una importante base logistica, così come di una base secondaria ad Adi Abuna per l'alimentazione del C.A. Indigeno, utilizzabile fino a che esso non avesse raggiunto Hauzien, dopo di che sarebbe stato supportato dai magazzini costituiti ad Acligrat. Per il servizio di artiglieria vennero costituiti due giganteschi depositi in località avanzate, uno per ciascuno delle principali linee di operazioni: quello per la linea di sinistra con 1750 tonn. di munizioni (che richiesero un movimento, suddiviso in più giorni, cli 500 autocarri complessivamente), e quello per la linea di destra con 264 tonn. (100 autocarri). Fu inoltre impiantato un laboratorio mobile a Senafè, con sezione avanzata in Adigrat. Per il servizio del genio furono fatte affluire sull'altopiano 1500 tonn. di materiali (450 autocarri+ 38 vagoni ferroviari) e vennero distribuite direttamente alle truppe 185 tonn. di materiali vari. Un'idea sia pure sommaria circa l'entità dei trasporti effettuati e della massa dei materiali spostati può essere fornita dalle seguenti cifre: 6000 tonn. di viveri, 5000 di munizioni, 3000 di materiali ciel genio. Tali trasporti richiesero 2500 viaggi cli autocarri per circa 180 Km. ciascuno, coperti in un tempo variabile da 2 a 3 giorni, con una velocità media di 15 Km. orari ed un consumo medio giornaliero pari a 150 tonn. di carburante. L'impiego dei mezzi corrispose a 980 autocarri, sia militari che civili, e 132 autocarrette. Ma un problema era rappresentato dal fatto di non poter fare assegnamento, avanzata durante, sui soli trasporti motorizzati, in relazione alle precarie condizioni delle carreggiate ed in particolare del loro fondo, la cui già ridotta praticabilità veniva ulteriormente penalizzata in caso di pioggia, e ciò nonostante l'incremento dei lavori cli riattamento stradale pregressi ed in corso. Ne conseguì la necessità di affidarsi prevalentemente ai trasporti a salma;a tal fine, furono con-
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Schizzo n. 25 - Lo schieramento dei servizi in previsione dell'avanzata su Macallè
Da: "La conquista dell'Etiopia", cit., pag. 30.
centrati nella zona di Acligrat 5 gruppi cli salmerie muli (4000 quadrupedi), 2 gruppi salmerie cammelli (2600 quadrupedi) ed I grnppo salmerie asinelli (1600 quadrupedi). Tutta questa massa di animali, tenuta ai pascoli fino alla metà di ottobre, corrispose sufficientemente alle necessità di rifornimenti e poté seguire le truppe avanzanti senza partjcolari 1itardi ed ingombri, nonostante che le condizioni dei carichi e dei percorsi provocassero un'elevata percentuale di indisponibilità per fiaccature ed elevato fosse anche il tasso di moria dovuta al diffondersi del mandef; una forma di peste equina. Le condizioni sanitarie delle truppe si mantenevano invece soddisfacenti. Per il servizio sanitario vennero impiantati tre centri ospedalieri: uno in Adigrat, su 6 ospedali da campo con un'ambulanza chirurgica; uno a Mai Uecc, su 4 ospedali da campo con un nucleo chirurgico; uno infine ad Acli Abuna, nei pressi cli Adua, su 3 ospedali da campo con 2 nuclei chirurgici ed un'ambulanza odon-
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toiatrica. Per la profilassi e l'igiene della truppa fu costituita una stazione mobile di disinfezione, della potenzialità di I 000 uomini nelle 24 ore.
2 - LE CONNESSIONI STRADALI Sempre riferendosi all'epoca degli eventi in esame, e non tenendo ovviamente conto delle modificazioni che nell'arco di quasi 70 anni sono presumibilmente avvenute, la rete delle comunicazioni viarie può essere così sinteticamente descritta. La direttrice principale di marcia, Adigrat-Macallè-Lago Ascianghi, valica gli speroni della dorsale etiopica al passo di Edagà Amus ed a quelli minori di Hamed Negasc e cli Antafò, raggiungendo il nodo di Quihà, presso Dolò, centro di irradiazione delle strade che, seguendo gli affluenti di destra del Tacazzè, si collegano alle comunicazioni delle regioni del Gheralta e del Tembièn e di quelle che, risalendo il ciglione dell'altipiano, degradano nella Dancalia centrale e settentrionale. Prosegue quindi nell'Enclertà, raggiungendo Buiè e, per Enda Micael, risale la valle del Mai Mescic fino al valico cli Alagi, donde, per i passi cli Bootà e di Aià, sbocca nella piana di Aià e, per il valico di Agumbertà, entra nella zona del Lago Ascianghi e prosegue poi fino a Dessiè e Addis Abeba. Da questa arteria principale si distaccano le comunicazioni verso il bassopiano e tra queste la Mai Ceu-Assab, la Quihà-Assab, che raggiunge il Lago Afrera e per Beilul prosegue lungo la costa fino ad Assab; la Quihà-Azbi-Mersa Fatma Heri, che raggiunge queste località inserendosi nella camionabile delle miniere di Dal o l, e la Quihà-Azbi-valle del torrente Lasguddi-Rènda Còma,che, dopo un tratto comune con la precedente fino ad Azbi, scende per la valle del torrente Lasguddi. Una seconda strada parte da Adua e, per Abbi Addi-Socotà e Magdala, si congiunge a Dessiè con la precedente. Essa non era tutta transitabile ai quadrupedi.Fra le predette arterie, esistono sentieri e mulattiere di collegamento, di cui oltre alla Adigrat-Adua,si citano la Edagà Amus-Hauzien-Cacciamò, la Hauzien-Agulà e la Buiè-Scelicot-Macallè-Adua.In questa zona, margine orientale dell'altopiano, nascono i principali fiumi etiopici, aprendosi un varco tra le fratture montane e inabissandosi in valli profonde coi loro affluenti, fino a raggiungere il piano. La strada Edgà Amus-Sincatà-Uogorò-Mai Macdèm, la cosiddetta "Via imperiale", corre da prima fra i roccioni del Medri Senafè, strapiombanti verso oriente, e un tormentato vasto pianoro che si stende ad occidente sino ad Hauzien. Dopo il valico di Edgà Amus, continua a sbalzi in discesa piuttosto ripida, talora anche incassata tra grotte rocciose, giunge poi ad un terreno pianeggiante dopo rimontato il gradino di Encla Teclè Haimanot, donde si apre un vasto panorama su pianura qua e là coltivata, racchiusa al suo limite da ambe e da rilievi argillosi. Poi la strada scende con forte sbalzo sul piano di Sincatà, fino alla chiesa di Enda Uoizerò (q. 2340). Corre quindi lungo successivi valloni. La strada non è, (o non era) in definitiva, che un modesto tratturo a fondo naturale, rimasto sempre, da secoli, in un tale stato di abbandono. Il fondo, spesso terroso, risultava all'epoca molto difficile al transito di automezzi, che vi affondavano facilmen te. Le CC.NN. della Divisione 28 Ottobre cercarono, durante l'avanzata, di mi-
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gliorame i tratti più difficili, rendendola in breve tempo percorri bile anche agli aulocan-i che vi poterono così transitare sia pure alla meglio. Per guanto riguarda la parte del Tigrai che corris ponde alla fossa clàncala e che interessa specificamenle le operazioni pertinenti a questo capitolo, si tratta di una regione che presenta aspetti desertici, colate basaltiche, montagne vulcaniche, gradoni a conche colme di detriti e vallate gessose all'epoca in gran parte ancora sconosciute, caratterizzata eia un clima particolarmente duro e malsano. Schizzo n. 26 - Il terreno delle operazioni nel Tigrai
Da: "La conquista dell' Etiopia". cii., pagg. 24-25.
3 - IL PIANO OPERATIVO
Come si è già accennato in precedenza, l'occupazione di Macallè, per quanto potesse costiLUire un elemento di grande rilevanza morale non poteva rappresentare l'obiettivo principale della nuova avanzata. La progressione verso la città non presentava al momento grosse difficoltà sul piano operalivo, in quanto le forze etio piche stavano ancora muovendo in profondità; tultavia, essa significava pur sempre un'avanzata di circa 90 Km. dalla sinistra dello schieramento, e soprattutto il venir meno della propria coesione. Infatti, una penetrazione anche dalla destra e dal centro per raggiungere lo Ueri ed il Taca.::zè, così come del resto sarebbe stato necessario, non sarebbe stato consentito dalle caratteristiche della regione interposta e dall'impossibilità d i realizzare rotabili anche a tergo delle unità ivi dislocate.
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In conseguenza, mentre doveva essere mantenuto fermo lo schieramento esistente, risultava necessario realizzare una forte concentrazione di reparti e di mezzi a Macallè idonea a sostenere eventuali confronti con gli avversari, ed al contempo atta ad assicurare la difesa del fianco dell'unica linea di comunicazione da attacchi provenienti dalle regioni del Semien e del Tembien. D'altra parte, l'occupazione di Macallè non avrebbe avuto signi ficato, quanto meno sul piano operativo, se non come atto preparatorio di un'ulteriore avanzata sulla direttrice dell'Amba Al agi e del completamento dell'occupazione del Tigrai. Ciò anche in vista della possibilità che avessero successo le conversazioni in corso fra Roma, Parigi e Londra per una annessione italiana dei territori al momento conquistati, l'esercizio da parte dell 'ltalia di un mandato (o di qualcosa di equivalente) sulle regioni dell'Etiopia abitate da popolazioni non amariche o la partecipazione italiana ad un controllo sulle zone dell'Amhara a condizione che la maggioranza dei rappresentanti della S.d.N. fosse italiana. Ma nel mentre erano in corso tali trattative, il governo italiano apriva unilateralmente con quello inglese alcuni negoziati informali per addivenire ad una soluzione di compromesso a favore della quale si pronunciava anche la Francia, in una visione politica internazionale che andava ben oltre lo specifico problema italo-etiopico (1 77). Prendeva quindi corpo, tra la fine di novembre ed i primi di dicembre, il piano Hoare-Laval ( 178), in base al quale l'Etiopia avrebbe dovuto cedere all'Italia il Tigrai orientale (con la restituzione pertanto di Axum) e parte della Dancalia e dell'Ogaden ricevendo in cambio il porto di Assab ed il corridoio per accedervi. Inoltre, all'Italia sarebbe stata assegnata una "zona di espansione economica e di popolamento" in territorio sotto la sovranità etiopica, e precisamente in quella zona meridionale compresa fra 1'8° parallelo ed il 35° meridiano, corrispondente a poco meno della metà dell 'impero.
177 "Difronte al pericolo che, in seguito all'embargo del petrolio. il fascismo fosse travolto in rovina trascinando seco la monarchia. e aprendo la via al comunismo in Italia, si formò una concordanza di imenti che dette viia. ad un acconto, di carattere prevalentemente dinastico. direuo a raggiungere, anche a costo del sacrificio della S.d.N., un compromesso che salvasse il prestigio e le sorti del regime fascista e della monarchia sabauda" (Mori R.. "Mussolini e la conquista dell 'Etiopia", Fi-
renie, Le Monnier, 1978, pagg. 205-206). 178 Sarebbe più corretto denominare il Piano Hoare-Laval come Hoare-Vansitlart, perché in realtà era stato di totale ispirazione inglese, essendone stato co-ispiratore anche il Sottosegrctariò britannico agli Esteri, con un ruolo quind i ben più determinante di quello del Presidente del Consiglio francese che si era limitaLO aUa sola approvazione del progelto. (Quartararo R. "Le origini del Piano Hoare-Laval", in "Storia contempornnea", 4/1977, pagg.749-790). In merito ai contatti Hoare-Laval ed a.I reale significato del loro piano esiste un interessante rappo1to inviato dal nostro ambasciatore a Londra (Al l.61), secondo la cui valutazione esso non era altro che una formu la di copertura tendente a mascherare ben altre trattative fra la Francia c l'Inghilterra, e cioè queUe miranti a real izzare u·a le due nazioni una rete di accordi mi litari che coprisse tutta l'area dal Mare del Nord al Mediterraneo. L'Inghilterra, nel quadro del proprio aueggiamento antiitaliano di base, non gradiva un'alleanza italo-francese in quest'ultimo mare per sabotare la quale çercava di insinuare il sospetto che ci fosse un accordo segreto per la questione austriaca fra Italia e Germania e di attirare la Francia dal la propria pane con la promessa, appunto, di accordi militari che a hreve tern1ine avrebbero avuto lo scopo di soffocare l'Italia nel Mediterraneo e di stroncare l'impresa in A.O. (AUSSME, DI-l3, tclespresso n° 239352/C del 2.Xl.1935, da Ministero Affari &teri-S.1.1. a Ministeri della Guen-a, Marina cd Aeronautica, f.to illeggibile).
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In relazione, quindi, al complesso degli avvenimenti politico-diplomatici Mussolini continuava ad esercitare pressioni politiche affinché fosse ripresa una avanzata che appariva anche relativamente agevole, tenendo conto che le informazioni sull 'avversario davano tuttora il grosso delle sue forze in movimento lontano dalle posizioni raggiunte. Le richieste di Mussolini nei confronti di De Bono, tendenti a stimolare l'alacrit.à operativa del Comandante Supe riore in A.O., erano iniziate il 13 ottobre, allorché lo aveva sollecitato a muovere verso Macallè entro il 18, invito che De Bono era riuscito a non accogliere adducendo la necessità della previa sistemazione delle retrovie. Ma il 20 il capo del governo era tornato alla carica, inviando quel lunghissimo dispaccio nel quale raccomandava di adeguare l' azione militare alle esigenze politiche e del quale abbiamo ri portato la parte finale in chiusura del precedente capitolo. Tre g iorni dopo De Bono aveva risposto di non essere in grado di attivare il movimento in forze prima del 10 novembre ( 179), data che Mussolini lo invitava ad anticipare al 5 ( 180). Dc Bono, sia pure obtorto collo, aderiva ma nel contempo inviava a sua volta un lungo messaggio al Duce nel quale, fra un argomento e l'altro di c arattere strategico, tattico e logistico tutti inerenti alle difficoltà ed ai rischi che l'operazione comportava, inseriva la seguente frase: " Questo,caro Capo del Governo, io sii mo doveroso dirti per metterti in guardia contro qualche faciloneria che potrebbe esserli riferita da Lessona o magari a11che da Badoglio" ( 181). Il riferimento riguardava la visita compiuta in Eritrea fra il 19 e il 27 ottobre dal Ministro delle Colonie e dal Capo d i Stato Maggiore Generale, in realtà una vera e propria ispezione che, preannunciata da Mussolini a Dc Bono sin dal giorno 8 ne aveva provocato l'esplicito risentimento: " ...Tu puoi fare quello che vuoi, ma ti avverto che per 11ul/a sono disposto a rinunciare al mio amor proprio ed alla mia dignità ..." ( 182). Tcolloqui fra i tre personaggi non avevano dato luogo a scontri o polemiche, anzi i due capi militari avevano concordato sulla opportunità di mantenere un atteggiamento difens ivo sino ai primj di dicembre, dandone comunicazione a Mussolini. Ma i timori espressi da De Bono circa qualche "colpo basso" da parte dei due interlocutori non dovevano risulta re infondati. 11 3 novembre Lessona e Badoglio avrebbero infatti rimesso a Mus!:iolini i r ispettivi rapporti, entrambi un condensato di giudizi negativi sul Comandante Superiore in A.O. U documento più severo era quello di Lessona, nel quale Dc Bono era descritto come incerto, limido, irresoluto e ritenuto non ido1leo a esercitare il comando nel corso di una grande battag lia decisiva; ne consegu·iva, a parere del compilatore, la necessità di sollevarlo dall 'incarico, cosa alla quale - aggiungeva in cauda venenum C83 ) probabilmente lo stesso interessato anelava, più o meno inconsciamente. La rela179
De Bono E., op. cii., pag. 190. Bono E.. op.cii., pag. 191. 181 Dc Uono E., op. cit., pagg. 192- 193. 182 Del Boca A., op. cit .. pag. 41 le Bianchi G., ·'Rive lazioni sul conlliuo italo-eti opico", Mi lano. CEIS, 1967, pag. 187. t83 Lessona A .. "Memorie". Firenze, San. oni.1958, pagg. 194-201. 180 De
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zione di Badoglio, se pur più incentrata su connotazioni tecnico-professionali e meno pesante nella formulazione lessicale, perveniva a conclusioni analoghe nel senso che la sua azione di comando era definita "sostanzialmente statica nello spirito e nel funzionamento", che dava l'impressione di "un uomo stanco, quindi sfiduciato, e questo suo stato si ripercuote ovviamente sulla capacità valutativa". La chiusura indulgeva al patetico: "S.E. De Bono è di una bontà infinita ... e la troppa bontà in un 'azione di comando non è che debolezza" 84) . Il documento è riportato integralmente nell' All. 62. Riprenderemo il discorso sulla figura di De Bono, e sulla sua condotta quale Comandante Superiore in A.O. durante i 40 giorni iniziali della campagna d'Etiopia, in sede di considerazioni conclusive. Torniamo ora invece all'evoluzione cronologica delle richieste di Mussolini in quegli ultimi giorni di ottobre, e precisamente al 29 allorché il capo del governo inviava un dispaccio nel quale, per sincronizzare le esigenze politiche con quelle militari, ordinava di anticipare l'inizio della nuova puntata offensiva al giorno 3 novembre ( 185). De Bono 1isponcleva assicurando ottemperanza, ed altresì specificava:
e
l... ] Espongo mio concetto operativo. Anticipo avanzata mi fa ritenere che necessità politica imponga soprattutto pronta occupazione di Macallè. Dato questo, dopo aver il giorno 3 avanzato con le forze disponibili farò occupare subito Macallè da una forte colonna con opportuno rincalzo. Le altre truppe seguiranno metodicamente lavorando contemporaneamente alla strada, cosa questa di prima necessità per vita truppe specie metropolitane et per avanzata carri veloci et artiglierie autotrainate. Tutto ciò si capisce subordinatamente alla situazione del nemico che come est noto ha concentrato notevoli forze tra Amba Alagi et Ascianghi. Se quanto ti espongo riscuote tua approvazione ti prego telegrafarmelo" (' 86). Il messaggio determinava, da parte cli Mussolini, la seguente risposta: "Tuo concetto operativo va bene. È necessario occupare Macallè avanzando come ordinatoti dal giorno tre novembre. Facendo perno su Macallè che dovrà essere fortemente presidiato et immediatamente munito, le altre truppe avanzeranno regolarmente su tutto il rimanente settore. Avanti dunque. Cordialità" (1 87).
La necessità di procedere ad avanzare il più speditamente possibile era condivisa anche da Baistrocchi e confermata da due promemoria inviati a Mussolini il 27 ed il 28 ottobre. Nel primo (Ali . 63) si affermava come la progressione avrebbe dovuto procedere rapida e senza eccessive preoccupazioni logistiche, dato che non era indispensabile (anzi, sarebbe stato dannoso), per raggiungere un obiettivo scarsamente difeso, spostare in avanti una grossa massa destinata a cliis4 AUSSME, H9- 1, prot.1 835 Segreto del 3.Xl.1935, da Uff. Capo S.M. Generale a S. E. Benito Mussolini, f.to Badoglio. pagg. J 2- 13. L&S De Bono E., op. ci t., pag. 194. 186 De Bono E .. op. cit., pag. 194. 187 De Bono E., op. cit., pagg. 194-195.
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ventare sempre più pesante e come tale più tetragona al movimento. Si sarebbe continuato così ad operare astraendo dal nemico. 11 secondo documento (Ali. 64) dopo una valutazione sulla situazione politica nell'area mediterranea con particolare riguardo ai rapporti con l'Inghilterra, insisteva sul concetto che ogni piano bellico non poteva prescindere dalla triade politico-economica-militare e dalla conseguente necessità, a fattor comune, di imprimere la massima celerità alla sua messa in atto, il che era invece tuttora disatteso nella nostra pianificazione operativa in A.O. Interessanti anche le considerazioni finali sull 'azione di comando di De Bono, coincidenti nella sostanza con quelle di Lessona e Badogl io, e sui difficili rapporti fra g li ambienti militari e civili delle colonie nonché sulle ragioni dello scarso credito attribuito da parte dei comandanti in A.O. ai nuovi sistemi d ' arma, quali ad esempio i lanciafiamme, identificato dal compilatore nel mancato conratto vero col nemico, quello delle minime distanze. Tornando al progetto della nuova avanzata, il principio operativo era il seguente: - avanzare con la massa delle forze verso Sud, lungo la direttrice Adigrat-lago Ascianghi; - mantenere prevalentemente contegno difensivo sulla linea Adjgrat-Enticc iò-Adua-Axum; - effettuare nei due bassopiani alcune azioni offensive. Schizzo n. 27 - Schizzo oro idrografico del Tigrai Scala appr. 1:/000000 S C HIZZO
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La campagna i1alo-e1iopica, 1935-1936
L'azione doveva svolgersi in due tempi: nel primo, raggiungere il triangolo Mai Macdèm-Macallé-Dolo, nel secondo avanzare in funzione della situazione politica e delle condizioni militari. All'esecuzione del piano era destinata una massa di manovra composta da due CC.AA., e precisamente: - all 'ala sinistra una colonna speciale, costituita esclusivamente con reparti indigeni in buona parte cammellati, doveva risa!ìre dal bassopiano dancalo per iJ fiancheggiamento della massa principale, avanzando sulla direttrice Rènda Còma-Amba Gabalà-Derà-Azbi; - al centro, il I O C.A. doveva avanzare con le divisioni Sabauda e 28 ottobre affiancate lungo la direttrice della "via imperiale" Edagà Amus-Sincatà-Mai Macdeèm-Dolo; - all'ala destra, il C.A. indigeno doveva avanzare per i due itinerari che, attraverso Feres Mai (1 ° Div.) e Chessad Dagamit (2° Div.), convergevano su Hauzien. Contemporaneamente, sempre sul fianco destro il l Gruppo CC.NN. doveva mantenere il collegamento con il II C.A. al quale, con le divisioni Gavinana e 21 Aprile integrate da una brigata eritrea, competeva di effettuare puntate offonsive con colonne leggere dalla linea Adua-Axum verso la vallata del Tacazzè (Ali. 65). Le divisioni Sila e Gran Sasso venivano mantenute in riserva. Nell' All.66 è configurata la dislocazione delle nostre truppe al 1° novembre. 4-
L'AVANZA')~'\
Il movimento delle truppe ebbe inizio all'alba del 3 novembre, sviluppandosi anche nel giorno successivo sugli itinerari principali senza incontrare difficoltà che non fossero quelle connesse alle condizioni del terreno, ai carichi da portare al seguito ed alla intensa pioggia verificatasi il 4 comportante vasti allagamenti. A sera la colonna dancala al comando del gen. Oreste Mariotti aveva oltrepassato il fiume Dugub; il I C.A., partendo da Mai Uecc occupata in precedenza, aveva raggiunto la zona Mai Acidi Abaghiè-Mai Ainì; il C.A. indigeno, con la 1° Div., aveva raggiunto Chessad Af Cu1Tò, e con la 2° Div. Hauzien. Lo sbalzo compiuto era stato rilevante, oltre 40 Km. L'avanzata di ciascuna colonna avveniva con analoga formazione di marcia, e cioè avanguardia (composta generalmente da reparti indigeni) e grosso su tre colonne, la maggiore al centro 'e le altre minori ai fianchi , con varianti cli volta in volta per adattarsi alle forme del terreno. I gruppi d'artiglieria, in formazione di pronto schieramento, seguivano le fanterie in ciascuno scaglione delle colonne; successivamente avanzavano le salmerie e le riserve divisionali e cli C.A. ('88). Nella giornata del 3 la ricognizione aerea rilevava notevoli forze avversarie nei pressi di Macallè, nella zona del lago Ascianghi, (queste marcianti verso 188 A titolo d' esempio, la formazione di marcia della Div. Sabaudo era la se guente: a vanguardia: un btg./46° Ftr. ed un gr./16° Art.; grosso: due btg.ni/46° Ftr., due gr.pi/16° Art. , 60° Ftr.;
fi anco ds., 3° Bers.-fianco sn. nessun grosso reparto marciando da quel lato la Div. 28 Ollobre; re1roguardia: salmerie con scorta, un btg./60° Ftr. Tutti i reggimenti di fonteria marciavano con e lementi af-
fiancati a largh i imervall i.
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Nord), e nel Tembien. All'estrema destra venivano neutralizzati i tentativi di incursioni compiuti eia nuclei etiopici. Nonostante le avverse condizioni atmosferiche sopravvenute, il giorno 41' avanzata procedeva egualmente con uno sbalzo di una trentina dì chilometri ed in serata veniva raggiunta la linea Gabalà (colonna clancala)-Uogorò (I C.A.)-incrocio della mulattiera Hauzien-Macallè con la valle del toITente Sullò (C.A. Indigeno). li 5 ed il 6 le unità sostavano sulla linea raggiunta, anche per portare avanti tutta l'organizzazione logistica. Nel pomeriggio del 5, durante l'azione d i rastrellamento a Sud-Ovest di Hauzien, indispensabile per assicurarsi che nell'ampio ed intricato terreno non si occultassero nuclei armati, avveniva un vivace scontro presso monte Gundi tra un reparto dei battaglioni indigeni, sorpreso mentre stava per accampare, ed un nucleo avversario cli circa 300 uomini. Un episodio che, al di là ciel suo modesto valore sotto il profilo operativo generale, era significativo perché indicava la possibilità di attacchi nemici contro formazionj mino1i ed in particolari condizioni del terreno, in chiave di vera e propria guerriglia offensiva. Nella giornata ciel 6 l'osservazione aerea rilevava Macallè come sempre occupata. Di conseguenza, all'alba ciel 7, l'avanzata veniva ripresa con sbalzi successivi e con parziale schieramento di alcune unità, così da poter far fronte a qualsiasi evenienza. Alla sera dello stesso giorno le bande dello Scimezana e del degiac Hailè Sellassiè Gugsà, con un gruppo di battaglioni eritrei, sì trovavano tra Enda Mìcael e Mai Macdèm mentre i grossi (Dìv.ni 28 Ottobre in 1° schiera e Sabauda in 2°) si dislocavano fra Tecle Haìmanot e Bet Mìcael, a cavallo della strada per Macallè, ed il IV Gruppo Btg.ni CC.NN. occupava il Passo Sellat. II C.A. Eritreo (1 89 ) raggiungeva il margine Nord della conca di Macallè; quest'ultima il 7 era rilevata sgombra dalla ricognizione aerea, che sino al giorno precedente vi aveva invece individuato la presenza di nuclei armati, per cui il giorno 8 veniva ordinata l'avanzata generale sulla linea Dolo-Macallè. Una colonna costituita eia una brigata eritrea doveva affluirvi da Nord.Ovest, mentre un'altra colonna, fonnata dalla banda del clegiac Gugsà e da tre battaglioni - rispettivamente del 60° Ftr., del 3° Bers. e della 180° Leg. CC.NN. - doveva pervenirvi da Nord-Est. Nelle prime ore dell'8 le due colonne convergevano nella conca dì Macallè. Mentre la brigata eritrea sì portava subito a presidiare il margine Sud della conca, l'altra colonna, che era stata preceduta da circa 1500 armati della banda Gugsà, entrava nella città, salendo poi in parte su Enda Jesus per innalzare il tricolore nello stesso luogo dove aveva già sventolato 40 anni prima. Alla sera del giorno 8 la situazione era la seguente: - bande dello Scimezana ed un gruppo dì batt.ni eritrei fra M. Bolbalà e M. Sceftà;
l 89 D'ora in poi la G.U., indicata sino ad o.ra come C.A. lncligeno, verrà menzionato con questa nuova denom.inazione. Nei vari O.d.B. così come nella documentazione. e letteratura specifiche, le due apposizioni risultano indifferen temente adoperate, senza che sia stato possibi le ri levare alcun dato comprovante una variazione cronologicamente precisabi le se non una generale. più diffusa consuetudine all'uso della denominazione Erirreo corrispondente grosso modo proprio al segmento temporale al quale la nostra rievocazione è al momento pervenu ta.
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- Div. Sabauda presso il Mai Danderà; - Div. 28 Ottobre e IV Gr. CC.NN. al nodo stradale di Quihà; - 2° Div. Eiitrea fra Passo Dogheà e M. Bolbalà; - l O Div. Eritrea nella zona di Enda Sellassiè. Nessuna reazione da parte dell' avversario. A proposito delle bande irregolari,il 4 erano state diramate da parte del Comando Superiore A.O. specifiche norme in merito alla loro costituzione ed impiego (All . 67) cui avrebbero fatto seguito il 27 quelle del II C.A . relative alle bande pertinenti al territorio occupato da questa G.U. (All. 68) ed ancora successivamente un altro documento, senza indicazione dell'emittente e della data, concernente la guerra irregolare oltre il Tacazzè (Ali. 69). Il 12 novembre un gruppo di battaglioni eritrei del I° C.A. occupava Dess?1, ad oltre 30 Km. da Macallè nella regione Cuachene Scelicot. Nei giorni seguenti venivano effettuate azioni di rettifica e di consolidamento delle posizioni raggiunte, miranti a prendere più saldamente possesso dei punti più importanti e ad attuare una più razionale distribuzione delle forze. Nel contempo, all'ala sinistra, la colonna dancala adempiva al proprio compito di fiancheggiamento della massa principale ( 190 ). Il 3 la banda di Massaua aveva raggiunto Elifan, ed il resto della colonna Rendà Còma; il 5 anche un btg.eritreo raggiungeva Elifan, dove il 7 si concentrava tutta la colonna, che 1'8 avanzava su Damalè, mentre consistenti pattuglie della banda cli Massaua si spingevano fino a Subba per collegarsi con una centu1ia della stessa banda che vi era dislocata; il 9 la banda perveniva a Lelegheddi, ed il 10 la colomia giungeva ad Ari da dove il 12 proseguiva per Azbi. Ma, inoltratasi per un itinerruio dominato da alture laterali, veniva improvvisamente attaccata da un grosso nucleo di armati in gran parte regolari, provvisti anche di mitragliatrici e comandati dal degiac Cassa Sebhat. Il combattimento si protraeva per tulla la giornata e si concludeva solo all'imbrunire, quando l'avversario ripiegava dopo aver subito sensibili perdite; anche le nostre erano state però consistenti, ammontando a 20 ascari mo1ti e 56 feriti . L'Aeronautica aveva attuato interventi a favore della colonna proteggendone l'ulteriore movimento verso Azbi, provvedendo anche al rifornimento di 2 tonn. cli viveri con lancio a mezzo di paracadute, la prima applicazione di quello che sarebbe diventato uno dei compiti fondamentali e spesso risolutivi affidati all' arma aerea. Nel frattempo , sul fronte del II C.A. colonne leggere si spingevano in ricognizione nelle zone de l Nedebai Tabor, dello Scirè e dell' Adi Abò. Un gruppo bande occupava il 5 novembre l'importante nodo carovaniero di Selaclacà ed un btg. dell'83° Ftr. si spingeva sino a Beloet. 11 7 un reparto eritreo ingaggiava uno scontro con un gruppo di armali a Sud di Axum, mentre il IO altri reparti si inoltravano sino al rorrente Mai Scium, a Deragà, a Darno Galilà e ad Az Nebrid.
190 La colonna dancala, al comando del gen. Oreste Marioui, era coslituila dai seguenti repmt i: Gnippo Bande Dancalia Settentrionale-B<1nda Massaua-Banda Misla di Thiò-XIV Btg. Eritreo-XVI Btg. Eritreo-2° Balleria Cam1nella1.a.
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Constatata l'assenza di valide resistenze, alcune unità indigene si portavano fino al Tacazzè sorvegliandone i guadi. Il C.S.A.O. disponeva infine che nelle regioni del Gherallà e del Tembien tre colonne cli reparti indigeni del C.A Eritreo, due partenti da Macallè ed una da Hauzien, percorressero quei territori assicurandone il controllo. Si trattava di personale particolarmente adatto a questo tipo cli operazioni, consistenti essenzial mente in una accurata 1icognizione del terreno e di tutti i suoi innumerevoli anfratti e nascondigli. A parte alcuni scontri di scarso rilievo - il giorno 17 nei pressi del!' Amba Betlem, ad Est di Abbi Acidi sulla destra del torrente Ghevà, ed il 28 al Passo Albemalè ad Est d i Melfa - alla fine ciel mese cli novembre tutta la vasta regione del Tembien risultava sotto il nostro contro1lo. Analoghe azioni di rastrellamento venivano condotte sulle pendici orientali dell'altopiano e del bassopiano orientale . Negli Ali.ti dal n° 70 al n° 75 è riportata una serie di documenti riferentisi agli sviluppi delle operazioni durante il periodo indicato. L'Aeronautica aveva contribuito alle stesse con un' intensa attività di ricogniz.ione, culminata il 16 con la segnalazione cli una colonna etiopica forte di circa 5000 armati che scendeva lungo la valle del Mai Mescic, a Nord dell' Amba Alagi. Il giorno successivo, dal rapporto di un'altra missione, risultò che la stessa colonna, accresciuta di forza, si andava attestando allo sbocco della valle, a Sud di Buja. Il mattino del 18 venne pertanto predisposta un' azione di bom.bardamento massiccio. La sorte volle che al momento dell'attacco gran parte della colonna fosse in marcia lungo uno stretto avvallamento, racchiuso fra due alti e scoscesi roccioni, ed in formazione molto compatta. Gli aerei si avvicendarono per circa due ore a bassa quota spezzonando e mitragliando, esposti peraltro anch' essi alla reazione nemica d erivante dalle numerose aimi (mitragliat1ici e cannoncini Oerlikon) piazzate sui pendii, e venendo ripetutamente colpiti anche se non in parti vitali (' 91). Ma la seconda metà del mese di novembre era destinata a divenire importante, più che per le vicende operative, per la svolta determinatasi a livello gerarchico. Nelle prime ore del giorno 17 De Bono aveva trasmesso a Mussolini un messaggio nel quale, dopo averlo ragguagliato sulla sistemazione delle nostre posizioni ultimamente raggiunte, metteva in evidenza la globale precarietà della situazione logistica, le cui difficoltà erano definite immense e richiedenti un adeguato lasso di tempo per essere superate (Ali. 76). Il dispaccio sarebbe stato l'ultimo invia-
19 1 All' a~.ione parteciparono 11 Ca !O l d el JV Gr. B.T. e Ca l 11 del XXVII Gr. B.T., che sganciarono compless ivamente 45 12 Kg. di bombe e spararono 2470 colpi. Durante l' anacco. venne reri to gravemente il serg. mot. Dahnai.io Birago, che continuò peraltro a mitragliare il nemico. Sarebbe morto tre giorni dopo all' ospeda le di Asmara, cd alla sua memoria fu concessa la prima medaglia d ' oro al v.m. de lla R.A. I repat"ti da bombard amento, nel corso del c ic lo operativo di cui trattasi, erano già en trati in az ioni il l O, attaccando le truppe di ras Sej um sempre nella valle de l Mai lvlesc ic, il 13 avendo come ob iettivo atte ndamenti e ti opic i a Sud dc li ' Amba Alagi, ed il 14 ed il 15 colpendo gli abitati di Afgol Gheorghis, Antalò e Buja (Gentill i R., op. cit. pagg. 30-32).
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Cartina n. 28 - Fronte sud: la zona delle operazioni
Da: Graziani R. , "Fronte Sud", cir., pag. .152.
to dal Comandante Superiore A.O. in tale veste, in quanto nel primo pomeriggio dello stesso giorno gli perveniva un telegramma dal Capo del Governo:
"!3!8I Personale. Con la riconquista di Macallè considero ultimata tua missione nell'Aji-ica Orientale; missione che tu hai svolto in circostanze estremamente difficili e con risultati che ti additano nel presente e nell'avvenire alla gratitudine della Nazione. I tuoi meriti incontestabili e ovunque riconosciuti saranno esplicitamente consacrati coi faui. Ti comunico che quale tuo successore ho scelto il Maresciallo Badoglio. Nell'attesa di rivederti ti abbraccio con Únmutata cordialità . - Mussolini ( 192).
192
De Bono E.. op. cit., pag. 2 13.
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Nel volume di De Bono dal quale è stato tratto il testo del messaggio non compare, però, un'altra pa1te che era stata omessa per oppo1tunità dall'autore:
"Ritengo che questo mio messaggio non ti arrecherà soverchia sorpresa perché tu sai per esperienza che ogni ciclo di attività ad un certo punto deve essere concluso, che un po' di riposo ci vuole e che non bisogna esigere troppo dalla.fòrtuna quando questa sia stata per un certo te,npo propizia" ( l93). La fortuna, in effetti, aveva voltato pagina, e si proiettava ora su un personaggio, Pietro Badoglio, che dalla stessa era stato più volte toccato e si apprestava ad esserne ulteriormente gratificato.
193
Del Boca A., op. cic., pag. 438.
'
CAPITOLO Yll
LE PRIME OPERAZIONI AL FRONTE SUD (4.X-22.XI.1935)
I - LA RETTIFICA DELLE POSIZIONI DI CONFlNE
In Somalia, sin dal mese cl.i settembre il Comando del Corpo cli Spedizione aveva elaborato un insieme cli piccole operazioni contro i presidi cli copertura avversari più consistenti, là dove la nostra occupazione risultava troppo condizionata da quella della controparte che la fronteggiava (Ali. 78), ovvero intese a bloccare eventuali incursioni nemiche nel nostro territorio e ad assicurarsi punti importanti ai fini di ulteriori tentativi offensivi . In tal senso il 9 settembre era stato diramato l'ordine di operazione n° 1 (All. 79), convenzionalmente denominato "Milano", avente appunto come oggetto "Rettifica della copertura" e da mettere in atto all' inizio delle ostilità attraverso attacchi condotti in tutti e tre i settori operativi (occidentale, contro Dolo e Oddo; centrale, contro Scillave; nord-orientale, contro Gherlogubi) con carattere di autonomia e di sorpresa. Nel settore occidentale, l'azione contro i presidii avversari di Dolo e Oddo avrebbe dovuto consentirci di mettere piede su entrambe le .rive del Giuba in modo da costituire una testa di ponte difensiva, meno soggetta al controllo ed alle offese nemiche di quanto non lo fosse la ristretta area di salvaguardia di Dolo, località suddivisa fra noi e gli etiopici. Nel settore centrale, in contemporanea con l'attacco su Scillave doveva svolgersi un' azione lungo l'Uebi Scebeli, intesa a neutralizzare il presidio del Dagnorei che fronteggiava la nostra cope1tura di Mustahil e ne precludeva lo sbocco verso Nord. L'azione doveva essere spinta fino a Callafo per dare respiro al l'occupazione italiana su quella importante linea di comunicazione. Nel settore nord-orientale, infine, il possesso di Gherlogubi mirava a sgomberare la strada per Gorrahei, importante presidio rafforzato la cui conquista il Comando del Corpo di Spedizione sperava di includere nel piano "Milano" come azione d.i sorpresa. Secondo il predetto piano, l'attacco su Scillave doveva essere condotto con una colonna a piedi. li comandante del settore centrale propose invece che fosse effettuato con un gruppo bande autocarrato così eia attuare la sorpresa ed agevolare i successivi rifornimenti . Una volta accettata tale soluzione, si predispose il concentramento su Belet Uen di una quarantina cli automezzi. Stabilite così le att1ibuzioni dei comandi di settore, il 22 settembre il piano "Milano" veniva trasmesso alla R.A. con il compito d i effettuare le ricognizioni
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'la campagna italo-etiopica, 1935-1936
Cartina n. 30 - Operazioni di rettifica della copertura Ottobre /935
OPERAZIONI .DI RETTIFICA DELLA COPERTURA OTIOBRE I 935
TERRITORIO O C CU PATO
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Da: Comando delle FF.AA. della Somalia, "La guerra italo-etiopica. Fronte Sud", Rela;,;ione - voi. I, Addis Abeba, Ufficio Superiore Topocanogra/ico del Governo Generale dell' A.O.I. , 1937, pag. 176).
sul fronte delle colonne operanti e, su ordine del Comando ciel Corpo di Spedizione, il bombardamento di Gorrahei, Scillave e di altre località che sarebbero state precisate. L'Alto Commissario A.O. esprimeva parere favorevo le all'esecuzione ciel piano, senza che peraltro fosse infirmato l'atteggiamento difensivo del fronte Sud. Il 3 ottobre, mentre a Mogadiscio veniva proclamato lo stato cli guerra, il Comando del Corpo cli Spedizione (la cui consistenza alla data del I0 ottobre è riportata nell' AJ I. 80) emanava l'ordine esecutivo per le operazioni che dovevano
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svolgere le truppe dei due settori laterali, rinviando l' inizio dell'azione su Scillave nel settore centrale all 'arrivo a Beluet degli autocarri per il trasporto della colonna d'attacco. Tpreparativi italiani non erano completamente sfuggiti agli etiopici. Lo stesso Negus ne aveva anticipato la sostanza sia al degiac Nasibù sia al grasmac Afeuorch, capo del presidio di Gon-ahe i, stimolandolo a procacciarsi ulteriori informazioni attraverso g li eritrei stanziati in Somalia fra i quali confidava avve nissero episodi di diserzione (Ali. 81 ). Dolo, sita alla confluenza del Daua Parma e del Ganana là dove i due fiumi riunendosi danno nome al Giuba, era divisa fra italiani ed etiopici. I due presidii si controllavano a vicenda, separati solt anto da un muro, ed egualmente divisa era una col lina sovrastante l'abitato, subito a Nord-Est del villaggio. Di fronte a Dolo, sull'altra sponda del Giuba, il presidio etiopico di Oddo costituiva anch'esso una minaccia permanente per le nostre comunicazioni attraverso il fiume svolgentisi mediante un rudimentale traghetto. TI Comando aveva quindi previsto l'occupazio ne delle due località così da estendere il nostro possesso ed eliminare il pericolo che l'avversario, padrone di entrambe le rive del Giuba, potesse penetrare nel territorio sotto il controllo italiano. L'azione ebbe inizio il 4 ottobre, messa in atto con due sottogruppi del I0 Gru ppo Bande che occuparono rispettivamente la frazione etiopica di Dolo e, previo guado del Daua Pam,a, Oddo senza incontrare particolare resistenza. I due sottogruppi risalirono poi le due rive del Banana fino a Ualaddaie, al la confl uenza del Canale Doria e dell'Ueb Gestro, a circa 20 Km. da Oddo, avendo ragione delle deboli coperlure etiopiche e rafforzandovisi. Per quanto riguardava il settore nord-orientale, il piano " Milano" prevedeva in e ffetti la sola occupazione di Gherlogubi, piccolo caposaldo fortificato in posizione naturalmente fon.e (sopraelevata d i circa 200 mt. sul terreno circostante ed integrala negli ullirni tempi da notevoli predisposizioni difensive costruite da tecnici europei), ma il Comando contava segretamente di spingere l'occupazione fino a Gorrahei e Gabreclarre, se le condi7.ioni metereologiche e la situazione complessiva avessero consentito d i poter agire celermcnle e cli sorpresa. Le truppe del settore erano agli ordini del col. Pietro Maletti e così costituite: l O Ragg.to arabosomalo (tre battaglioni ed un gruppo cammellato) ed una compagnia carri veloci dislocati a Uarder, due gruppi bande (TTI a Afdub e V a Ual Ual, meno due sottogruppi dislocati a Galadi) ed un gruppo da 65/17 cammeilato. li nemico disponeva di un tolale di I 6.000 armati, dei quali 3000 al di quà di Dagahbur e 13.000 fra Giggica ed Harrar. L'azione si svolse il mattino del 4, ed anch'essa si risolse senza nessun contrasto. Subito dopo, Maletti avrebbe voluto puntare con azione cli sorpresa su Gorrahei, intento poi non messo in atto perché dall'esame compiuto sul posto apparve come, tenuto conto delle avverse condizioni stradali lungo tutto il percorso ( 11 O Km.) e dello stato del torrente Fafan. reso enormemente gonfio dalle piogge persistenti, la marcia cli trasferimento e l' attacco a l campo trincerato avrebbero comportato almeno 4-5 giorni, cioè un tempo superiore a quello consentito dall'autonomia del Raggruppamento.
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Schizzo n. 29 - lJ terreno delle prime operazioni sui fronte meridionale
Da: "La conquista dell' Etiopia'', cit., pag. 45.
Il settore centrale comprendeva essenzialmente le naturali vie di penetrazione costituite dalla vallata dell'Uebi Scebeli e dalla depressione del Faf. Entrambe addl.ll:eVĂ no a Belet Uen, localitĂ che era stata egregiamente apprestata a difesa ed 11 cui pns~esso era per noi essenziale perchĂŠ centro logistico e perno di manovra per le fom.! dell'intero settore e nodo obbligato delle comunicazioni fra esso ed i due settori contigui. Le operazion i di rettifica del piano "Milano" si prefiggevano pertanto di portare avanti la nostra coperture fra Callafo e Scillave.
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Al comando del settore era preposto il gen. Luigi Frusci, con sede a Belet Uen. che lo aveva operativamente predisposto sistemando a difesa Perfer. irrobustendo i posti avanzati di El Furruc. Mustahil e Laz Gal. promuovendo ,icognizioni oltre frontiera sino quasi a Gorrahei . costruendo allacciamenti stradali ed apprestando campi d ' aviazione. Contemporaneamente aveva attivato un' azione di adesione politica oltre confine. diretta soprattutto sulle popoiazioni del Rer Ugaz. in armonia con analoga attività messa in atto dal Comando del Corpo di Spedizione sugli Sciaveli auraverso il sultano Olol Dinle. Le forze che presidiavano il settore erano costituite da due Gruppi di dubat (II a Mustahil e !V a Ferfer) . dal 2° Ragg.to a.s. (organico come il 1°) riunito a Belet Uen insieme ad una compagn ia carri veloci, una squadrigli a a utoblindo ed un reparto mitraglieri della M.V.S.N. e dalla banda irregolare di 500 armati agli ordini cl i Olol Di nle dislocata al di quà di Mustahil. mentre a Buio Burti era concentrato l' intero Ragg.to E ritreo ed un gruppo d' artiglieria da 75/13 . Il piano "Milano" comprendeva due distinte azioni, la prima su Scillave e la seconda su Callafo. ln concomitanza con queste, il gruppo bande di Mustahil doveva impadronirsi del presidio nemico che lo fronteggiava sul Dagnerei. rappresentato da un fortino a ripide scarpate, e levato a quas i 300 nu. sul terreno, posto a sinistra dell'Uebi Scebeli e dominante la valle del fiu me a circa 12 Km. da Mustahil. Soppresso per le avversità atmosferiche il movimento autocarrato. il 14 ottobre una banda del JV Gruppo Dubat raggiunse Scillave, trovata del tutto sgombra. L'attacco a Dagncrei, condotto dal J1 Gruppo Bande e da una banda irregolare fu effettuato il 18, preceduto ed accompagnato da un vigoroso appoggio aereo, e condouo a termine entro la sera della stessa giornata nonostante una resistenza piuttosto tenace. Gli etiopici ripiegarono oltre le posizioni di Callafo, che cadde così anch'essa in mani italiane. (AH.ti 82 e83). Quattro giorni prima, peraltro, Graziani aveva provveduto a diramare le direttive per la battaglia difensiva che, a suo giudizio, era presumibile si sarebbe dovuta affrontare contro colonne nemi che che fossero scese paralle lamente per il Giuba e lo Uebi Scebeli (A II. 84). 2 - L A PROGRESSIONE INIZIALE NELL' 0
GADEN
La seconda fase d i questo primo ciclo operativo sul fronte S ud ri guardò l'occupazione di Gorrahei. località alla quale era giustamente attribuita da entrambe le parti in causa una notevole importanza per il possesso di tutto l' Ogaden, costituendone essa la chiave in relazione ai numerosi pozzi d' acqua esistenti a fronte della loro totale assenza nel resto della regione. Inoltre, era un ' importante nodo stradale verso Danan, cioè verso il punto dal quale si diramavano le comunicazioni in direzione dello Scebeli. Dagahbur ed Hainr. Anima della difesa era il grasmac Afeuork; l'abitato, situato sulla ,iva destra del Fafan , aveva il proprio perno difensivo in un forte situato al centro di una vasta pianura scoperta. il campo trincerato di Gorrahei era a forma di ellisse con il lato lungo in senso meridiano, completamente circondato da due ord ini di trinceramenti ed appostamenti in scavo, disposti lineannente, per fucilieri e mitrag lieri, nei quali erano state ricavate profonde caverne per il ricovero degli uomini , che sfuggivano così all 'osservazione ed all ' offesa aerea. Ne lla parte meridionale un piccolo dosso co-
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stituiva un ridotto ancor più robusto, collegato al resto del dispositivo da un profondo camminamento e da varie bretelle di raccordo. V'erano poi un altro ridotto nella zona centrale, dove Afeuork aveva la sede di comando, ed un altro sul lato settent1ionale. Artiglierie di piccolo calibro con fu nzione anticarro erano appostate su questi due ridotti. Numerose caverne erano presenti sulle sponde del Fafan, costituendo un fossato naturale di notevole valore, mentre una fitta zeriba (1 94) circondava tutta l'opera e si raddoppiava intorno alle tre ridotte. Il terreno, del tutto pianeggiante e scoperto, rappresentava un ottimo campo di tiro nel quale ogni movimento era tenuto sotto controllo. Nel complesso, una strnttura robusta, non molto estesa ma allestita con validi criterii tecnici europei e la cui potenzialità di resistenza diventava notevole per la disposizione degli apprestamenti, delle 48 mitragliatrici e dei 3 cannoni Oerlikon a tiro rapido. Il presidio assonunava a circa 3.000 uomini (Ali. 85). L'intento di puntare su Gorrahei in immediata successione alla presa di Gherlogubi era stato vanificato, come si è detto in precedenza, dalle avverse condizioni atmosferiche e differito quindi cli circa un mese. L'azione fu preceduta eia un violento ed efficace bombardamento aereo protrattosi nei giorni 2, 3 e 4 novembre, dopo che già il 4 ottobre era stata effettuata una prima incursione "d'assaggio". Il 5 novembre ebbe inizio la manovra d'attacco, messa in atto su due colonne, l'una da Gherlogubi al comando del col. Maletti e l'altra da Fe1ter, a l comando del gen. Frusci (All. 86). Secondo il piano d'azione, Gorrahei avrebbe dovuto essere investita da due lati: la colonna Maletti avrebbe dovuto attaccare da Nord, la colonna Frnsci eia Est. Nello stesso pomeriggio del 5, però, giungeva ai due comandanti la comunicazione da parte del Comando Aeronautico che i piloti, sorvolando nella mattinata Gorrahei, avevano riportato l' impressione che il campo trincerato fosse stato almeno in buona parte evacuato, riscontro confermato da alcuni passaggi a bassa quota. Una pattuglia inviata in esplorazione avvistava nell'interno del campo fuochi ancora accesi e, non incontrando reazioni, verso le 23 penetrava tra i trinceramenti e ribadiva lo sgombero della località. Le due colonne, proseguendo il movimento per tutta la notte, si congiungevano prima dell'alba a Mererale, a pochi chilometri da Go1i-ahei, dove pervenivano qualche ora dopo. Da un prigioniero si avevano alcune notizie, confermate poi eia altre fonti. Il preciso bombardamento aereo aveva scosso già da alcuni giorni il morale delle truppe etiopiche, e solo l'autorità di Afeuork era riuscita a mantenere gli uomini sul posto. Egli, però, era rimasto gravemente ferito nell'incursione del giorno 4, per cui i suoi soldati, caricatolo su un autocarro e raccolta la maggior parte delle armi e dei materiali, nella stessa giornata iniziavano la ritirata verso il Nord; nel campo trincerato erano 1imasti solo alcuni nuclei che la sera successiva, all'approssimarsi delle nostre truppe si ritiravano anch'essi lasciando accesi quei fuochi rinvenuti poi dalla pattuglia esplorante. Afeuork sarebbe deceduto durante il ripiegamento.
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Recinzione di s pine secche tipica dell'Africa orientale e della Libia.
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Cartina n. 31 · La prima offens iva dell'Ogaden Situazione iniziale schieramento al 1° novembre 1935 Occupazione di Gorrahei
LA PRIMA OFFENSIVA DELL' OGADEN SITUAZIONE INIZIALE SCHIERAMENTO Al 1° NOVEMBRE 1935 OCCUPAZIONE 01 GORRAHEI
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La campagna italo-etiopica, 1935-1936
Nella mattinata del 6 veniva dato inizio all'inseguimento dei fuggiaschi . Una colonna di autoblindo attraversava il Fafan, improvvisamente entrato in piena, nell' interno del campo trincerato di1igendosi verso Nord lungo la riva destra del fiume, mentre nel contempo una colonna celere al comando del col. Maletti si muoveva anch'essa lungo l'altra riva. Essa raggiungeva il giorno successivo Gabreclarre e si spingeva poi molto più a Nord di questa località, impiegando in numerosi scontri la retroguardia dei fuggitivi. Procedendo fra notevoli difficoltà dovute al1' imperversare del maltempo, il 7 aveva oltrepassato Gabredarre, catturandovi prigionieri e materiali varii (Ali. 87) ma era stata poi arrestata fino al 9 dai violenti nubifragi che, rendendo impraticabili le comunicazioni, bloccavano inevitabil mente anche le salmerie. Ripresa la marcia il 10, nel p1imo mattino del giorno successivo il col. Malett.i ristabiliva il contatto con un distaccamento etiopico che decideva d i attaccare, probabilmente dopo averne valutato per difetto le forze. Queste erano invece più ingenti, valutabili intorno ai 7-8000 armati, e sistemate su posizioni preventivamente organizzate dalle quali aprivano il fuoco con molto vigore cercando anche di aggirare il fianco destro della colonna italiana. La situazione di questa divenne subito piuttosto critica con la messa fuori uso di tre carri armati ( 195), e nel tardo pomeriggio fu costretta a 1ipiegare su Gabreclarre dopo aver riportato perdite particola1111ente sensibili, pari a quasi il 60% degli effettivi. L'azione aerea era stata, specie in un primo tempo, ostacolata dalle condizioni atmosferiche che non soltanto avevano reso difficili le operazioni di volo ma soprattutto avevano reso inutilizzabili alcuni campi a causa delle piogge e degli allagamenti.Nonostante ciò,essa fu intensa ed efficace,e pertinente sarebbe risultato il giudizio di Graziani secondo il quale con i suoi precisi e densi bombardamenti, l'aviazione determinò, da sola, il crollo morale e materiale del nemico, inducendolo a sottrarsi all'imminente nostro urto tattico ( 196). Oltre alla prutecipazione diretta dei velivoli all'operazione su Gorrahei furono quotidianamente compiute ricognizioni nella regione di Dolo e Oddo ed in quella di Gherlogubi, spinte in profondità e fornenti preziosi elementi di valutazione.Furono inoltre bombardati concemramenti di truppe, in posizione statica e dinamica; spesso gli aerei furono fatti segno a vivace reazione con fucili e nùtragliatrici, e non pochi cli essi furono colpiti se pur in parti non vitali. 1 risultati conseguiti nell'Ogaclen con le operazioni di rettifica e la conquista cli Gorrahei ebbero importanti conseguenze politiche e militati. Sotto il p1imo punto di vista, ci restava il virtuale possesso della regione fino a Dagahbur e ci era consentito di intensificare l'opera di attrazione politica fra le cabile dell'Ogaden, buona parte delle quali fece atto immediato di sottomissione. Sul piano militare, ebbero non poca influenza sugli ulteriori intendimenti operativi del comando etiopico sul fronte Sud. 195 I ere carri d'assalto Fiar Ansaldo erano rimasti incagl iati nel letto del torrente Giarcr, con uccisione del pilota di uno di essi. Il gen. Frusci avrebbe poi richiesto d i pot.er inviam da Gorrahci un nucleo celere per disincagliare i meui, 111a dovette infine rinunciarvi dando mandalo ali' Aeronautica di tentarne la distruzione. 196 " La guerra italo-etiopica fronre Sud", Rela,.ione-vol. I, op. cil., pag. 195.
Le prime operazioni a! Ji-0111e sud (4.X-22.Xl. !935)
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Il presumibile piano originario era quello di agire in forze dall 'Harrarghié lungo il Faf-Giarer, e con una massa secondaria dal Bale-Sidamo suli'Oltre-Giuba ed eventualmente lungo lo Scebelì. Ln segui to agli avvenimenti descritti il concetto ru modilìcato. La minaccia di u lteriori nostri progressi nell'Ogaden consig liò agh etiopici di rimanere sulla difensiva in quel settore e dare invece impulso all 'offensiva contro l'ala s inistra del nostro schieramento così eia attaccarci sul fianco od alle spalle ed isolarci eia Mogadiscio, una volta che noi fossimo penetrati ancora più in profondità nella regione. lncaricato dell'attuazione cli questo progetto fu ras Destà, che venne pertanto sollecitato ad accelerare il movimento del la propria armata, e con esso quello del contingente di Beienè Merid che gli fungeva da supporto. Soltanto a metà dicembre, quando l'armata di ras Destà si sarebbe attestata alla frontiera fra il Giuba ed il Daua Parma, il comando etiopico, e forse lo stesso imperatore, avrebbe pensato di far concorrere all 'offensiva anche l'armata orientale, progettando un'azione un ica su tutto il fronte e con:ùncianclo a far gravitare le forze mobili di ras Nasibù verso Sud puntando da Dukun su Danan. Ma l'occupazione preventiva dì questo centro il 17 dicembre e l'attività aerea e terrestre svolta dagli italiani nel settore frustrarono la minaccia. Da quel momento e lino a metà marzo 1936 gli etiopici avrebbero atteso ai lavori dì sbarramento sulle presumibili direttrici di una nostra avanzata. Un loro ulteriore tentativo sarebbe stato stroncato a Gìanagobò, quando le truppe della Somalia avrebbero iniziato la seconda battaglia offensiva dell'Ogaden.
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CAPITOLO VIII
LA REAZIONE ETIOPICA (29 .XI-22.XII.1935)
1 - LE SANZIONI
ECONOMICHE
L'inizio dell'applicazione delle sanzioni economiche nei confronti dell'Italia fu fissata dal Comitato di Coordinamento per il giorno 18 novembre, anche se si decise di affidare alla Francia ed all'Inghilterra il compito di tentare una risoluzione del conflitto possibilmente prima di tale data. li numero degli Stati aderenti ai diversi gruppi di sanzioni era dato dalla seguente .lista: - 50 Stati per l'embargo sulle anni ali' Italia in favore dell'Etiopia; - 51 Stati per le misure di carattere finanziario; - 49 Stati per il boicottaggio dei prodotti italiani; - 49 Stati per il divieto di qualunque esportazione verso l'Italia; - 41 Stati per le misure di reciproca assistenza fra gli Stati sanzionisti. Si erano opposti a tutte le proposte di sanzioni contro l'Italia l'Austria, l'Ungheria, l'Albania ecl il Paraguay, mentre il Venezuela ed il Nicaragua non avevano ancora ultimato l'esame delle ultime proposte di misure restrittive. A Roma l'adozione delle sanzioni economiche era data per scontata, e già da tempo si era cercato di porvi rimedio nei limiti del consentito attraverso una serie cli provvedimenti. Sin dalla metà del febbraio 1935, ad esempio, il nuovo 1ninistro delle finanze Paolo Thaon di Revel, che era subentrato a Guido Jung un mese prima, aveva sottoposto tutte le importazioni ad una rigida disciplina, e già in precedenza era stato ripristinato il monopolio del commercio dei cambi e fatto obbligo a tutti (banche, società, aziende e persone giuridiche) di cedere allo Stato i propri crediti esteri. Nel mese di maggio, poi, a dirigere la Sovrintendenza allo Scambio Valutario (che otto mesi dopo, nel gennaio l 936, sarebbe stata elevata a Sottosegretariato alle dipendenze della Presidenza del Consig lio) era stato chiamato Felice Quarneri, uno dei tecnici fiinanziari fra i più preparati, demandandogli - su esplicita disposizione di Mussolini - poteri assoluti che lo avrebbero portato ad esercitare una vera e propria "dittatura" sulla vita economica italiana attraverso il contingentamento delle divise. In luglio, allo scopo cli potenziare al massimo l'acquisto all'estero delle materie prime e dei prodotti necessari e predisporne le relative scorte, era stato anche sospeso l'obbligo per la Banca d' Italia di disporre di una riserva in oro e divise pregiate non inferiore al 40% ciel circolante. Contemporaneamente, era stato istituito il Com,nissariato Generale per le fabbricazioni di guerra, diretto dal gen.
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La campagna italo-etiopica, 1935-/936
Alfredo Dallolio che già durante la prima guerra mondiale aveva acquisito espe1ienza nello stesso settore, anch'egli munito dei più vasti pote1i (1 97 ). Una volta iniziata la campagna, a questa serie di provvedimenti se ne sarebbero aggiunti altri, miranti a conseguire le maggiori economie possibili da parte dello Stato, ad utilizzare al meglio tutte le risorse nazionali, ad evitare gli sprechi ed i consumi non necessari, a contenere anche parzialmente l'inevitabile aumento dei prezzi e ad incrementare produzione ed occupazione pianificandone il conseguente impegno economico, il tutto associato ad una adeguata sensibilizzazione politica dell'opinione pubblica attraverso appropriate iniziative quali ad esempio la raccolta dei rottami di ferro e l'offerta dell'oro alla Patria ( 198). Ad ogni modo le sanzioni, così come erano state predisposte in ottobre dalla S.d.N., se creavano indubbiamente serie difficoltà all'economia italiana non erano peraltro in grado di impedire al nostro Paese di sostenere ed alimentare la campagna in Etiopia sicuramente per tutto iI 1936 e probabilmente anche più a lungo (1 99 ), e ciò sia perché non riguardavano alcune materie prime essenziali come il petrolio e sia per le contromisure messe in atto dall'Italia. Molti elementi, inoltre, auto1izzavano a ritenere che non pochi Stati che avevano aderito alle sanzioni non le avrebbero poi in effetti applicate rigorosamente, dal momento che venivano a ledere i loro interessi commerciali ed a creare i presupposti per una futura estromissione dal mercato italiano in chjave concorrenziale con alt1i Paesi. Ancora, pesavano la non partecipazione di Austria, Ungheria ed Albania e, dato ancora più importante, le misure non vincolavano gli Stati non aderenti alla S.d.N., ed in particolare quelli di maggior peso quali Germania, Stati Uniti e Giappone (2°0). In questa situazione, come rileva De Felice, il vero problema per Mussolini non era tanto quello delle sanzioni approvate in ottobre quanto quello che il go-
197 A dare un'idea generale delle attribuzioni conferita al Dallolio può essere indicativo il brano di una direlliva di Mussolini in terna di "politica delle forniture militari'' inviata a questi ed ai tre Sottosegretari dei ministeri mili tari il 15.XI.1935 e riportata nell' All.88. In esso si affermava come le commesse militari avrebbero dovuto d' ora innanzi runzionarc da volano del. lavoro nazionale, in modo tale da correggerne le influe.nze sfavorevoli che su l grado di occupazione delle industrie avrebbero esercitato la ridotta dispon ibi lità di materie prime dall'estero e la contraz ione che le esportaiion i avrebbero inevitabilmente subito come effeno delle sanzioni (Guarneri F., " Battaglie e.conomiche", Milano, 1953, voi. I, pag. 397). 198 Il 18.12.1 935, nel primo trigesimo dell'assedio economico, in tutta I talia si ce lebrò la "Giornata della fede" per offrire oro alla Patria, che assunse l'aspetto di un plebisciLO dell' imera nazione. A Roma la regina Elena, accolta dalle madri e dal.le vedove dei caduti in guerra, si recò al Vittoriano a compiere il rito della consegna della sua fede nuziale e di quella del re. Le offerte in oro avrebbero raggiunto la cifra di L. 419.427.000. 199 In base all'approfondita valutazione dell'ambasciatore americano a Roma Henry B. Long, i prov vedimenti adouati dal governo avrebbero garantito all'Italia una capacità di sopravvivenza economica di circa due anni (De Felice R., op. cit., pag. 701 ). 2CJO La Sviuera rappresentò un caso a parte. Se pur facente parte della S.d.N. era tradiiionalmente neutrale. Appl icò le sanzioni in maniera del tutto atipica, atluando l'embargo per le arm.i e le munizioni tanto all'Italia che all'Etiopia ma non associandosi alle misure finanziarie ed a quelle concernenti l' importaiione delle merci ital.iane, impegnandosi d'altro camo a non superare il livello del 1934 (Vil1,u-i L., "Storia diplomatica del conflino italo-etiopico", Bologna. Cappelli, 1943, pagg. 207-208).
La reazione etiopica (29.Xl-22.Xll.1935)
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verno inglese finisse prima o poi per induJTe la S.d.N. ad inasprirle, estendendole anche a quei prodotti (il petrolio in primo luogo) inizialmente esclusi e convincendo il Brasile, e soprattutto gli Stati Uniti, ad attivare anch'essi provvedimenti contro il commercio estero italiano (2° 1). D'alta parte, va anche considerato come sul piano pratico la politica sanzionistica ginevrina si sarebbe rivelata alla fine non altro che un' operazione di facciata. Dopo l'entrata in vigore il 18 novembre 1935 delle clausole restrittive economico-finanziarie, sarebbero stati proprio i Paesi più accanitamente sanzionisti a far sapere che non avrebbero disdegnato di intrattenere rapporti commerciali sottobanco con l'Italia. Anche perché facevano affidamentO sul fatto che le difficoltà economiche avrebbero "ammorbidito" quest'ultima, così come la sconfitta avrebbe avuto lo stesso effetto nei riguardi dell'Etiopia, ed inoltre gli stati maggiori francese ed inglese ed anche quello tedesco ritenevano che agli italiani, per addivenire alla conquista ciel territorio .avversario, sarebbero occorsi almeno due cicli operativi invernali (2°2). Tra la fine di novembre ed i primE di dicembre, intanto, si erano svil uppate una serie di trattative fra Londra, Parigi e Roma che si sarebbero poi concretizzate nel piano Hoare-Laval dei cui lineamenti essenziali si è già fatto cenno nel cap. VII (203 ). Sottoposto all'esame del. Gran Consiglio, iJ dibattito che si svolse fu ampio e vivace ma alla fine la maggjoranza si espresse per l'approvazione del piano, anche se l'annuncio delle dimissioni di Hoare dal dicastero degli esteri gli sarebbe succeduto Anthony Eden, che sarebbe stato verosimilmente il vero affossatore del progetto - pervenuto in tarda serata impedì che si giungesse ad una decisione formale. 201
De Felice R. , op. ciL, pag. 701. Da parte francese pervennero quindi ammiccamenti e assicura7.ioni che gl i approvvigionamenti di petrolio non avrebbero subito intralci, mentre Cilroen e Renau/t offrirono forti quantitativi di autocarri a condizioni di pagamento che, considerato il momento, erano di particolare favore: 25% all'ordinazione, 25% alla consegna ed il rimanente 50% a sei mesi. Altre industrie francesi, a sanzioni già in corso, attraverso triangolazioni con società svizzere di comodo consegnarono 250 motori aeronautici Gnome e Rhone ed un grosso quantitativo di lanciabombe Brandi. Nel mese di marzo 1936 il Belgio avrebbe venduto all' Ttalia 800.000 tonn. di carbone, la Cecoslovacchia migliaia di scarpe e l' Austria e .la Svizzera decine di milioni di cartucce per fucili e mit rag liatrici. Gli Stati Un iti, a loro volta, forn irono migliaia di autocarri Ford, Dodge, S111debake1; Chevrolet, ceminaia di trattori Caterpillar e migliaia di muli (Longo L. E., "L'attivi tà degl i Addeui Militari italiani all'estero fra le due guerre mondiali (I 919-1939)", Roma, USSME, 1999, pag. 200). 203 Mentre andava prendendo corpo il piano Hoarc-Laval, il giorno 8 dicembre il governo britannico aveva compiuto un passo diplomatico per accertare se gli Stati mediterranei (Turchia, Grecia, Spagna e Jugoslavia) sarebbero stati disposti a venire in immediato aiuto della flotta britannica qualora essa fosse stata attaccata nel Mediterraneo come conseguenza dell'applicazione delle sanzioni contro l'Italia. Anche la Romania era Stata informai.a del passo in qual ità di firmataria del Patto Balcanico. Le risposte dei vari Paesi si sarebbero avute nell'ultima decade di dicembre. La Turchia avrebbe informato il governo di Londra di essere disposta a collaborare con la floua britannica nel Mediterraneo soltanto in seguito al riconoscimento da parte dell' Inghilte1Ta del suo dirillo di fortificare gli Stretti (Dardanelli, Mar di Marmara e Bosforo) la cui demilitarizzazione, stabilita dal trattato di Losanna, costituiva un conti nuo pericolo per la propria pace ed integrità.. Nello stesso tempo il governo di Atene aveva telegrafato a Londra che. in caso di attacco della flotta britannica da pane alla flotta italiana nel Mediterraneo, la Grecia avrebbe rispettato i propri obblighi secondo i termin i del Patto della S.d.N. 202
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Decisione che, anche sul piano sostanziale, non venne presa nemmeno nei due giorni successivi, sino a quando cioè non fu chiaro che il piano era definitivamente fallito ed a Palazzo Chigi si pensava ancora seriamente di accettarlo se non altro per dare prova di buona volontà, per migliorare la posizione dell'Italia rispetto ad una eventuale proposta di estensione delle sanzioni (già ventilata a Ginevra, in sede di Comitato dei Diciotto, una settimana prima) e precostituirsi un punto di partenza nel caso di un'eventuale, possibile ripresa delle trattative. Circa il loro esito regnava un certo scetticismo, come è comprovato da un promemoria compilato dal Sollocapo di Stato Maggiore dell'Esercito, gen. Alberto Pari~mi, per il Sottosegretario di Stato alla Guerra ed esteso da questi alcuni giorni dopo al Capo ciel Governo, la prima parte ciel quale si esprimeva come segue:
"Le trattative iniziate possono portare ad una conclusione oppure no. Nel primo caso si tratta di partita rimandata, perché le proposte fatteci non risolvono, anzi contengono gerrni per prossimi conflitti. Nel secondo caso si tratta di proseguire nella nostra azione. Comunque la finalità è sempre la stessa: lotta - si tratta solo di differenza di scadenza. Bisogna quindi che ci accingiamo (in qualunque caso) ad essa, e poiché si è potuto individuare intanto il nemico vero, l'Inghilterra, è contro di essa che dobbiamo predisporci" (204) . Solo alla fine del mese cli dicembre il piano Hoare-Laval sarebbe stato ufficialmente dichiarato insoddisfacente da Mussolini, che in realtà aveva contato su cli esso per chiudere la vicenda etiopica nei confronti della quale la sua politica si veniva ora a trovare in seria difficoltà, e che per più di un aspetto sembrava senza una via di uscita che non fosse solo quella affidata alla sorte delle anni. Una sorte che in quel momento appariva tutt'altro che rosea, sia per la stasi operativa e sia perché, in una situazione politica priva cli prospettive immediate, anche eventuali successi sul piano militare avrebbero potuto aggravare la situazione stessa, attivando l'adozione di u)te,iori misure miranti a fermare la nostra marcia. Quest'ultima evenienza fu resa ancora più attuale e probabile nella terza decade di gennaio, soprattutto in relazione alla caduta in Francia ciel ~overno Lavai, destinata ad infondere speranza e novello vigore a quanti erano fautori cli un'estensione delle sanzioni, sfruttando a tal fine anche l' indignato risentimento di larghi settori del)' opinione pubblica internazionale per i metodi cli guerra da noi adottati in A.O. quali l'impiego dei gas asfissianti ed i bombardamenti aerei di rappresaglia, in particolare quelli di alcuni ospedali eia campo etiopici gestiti da personale europeo anche se, in realtà, si trattava di episodi più involontai.ì che scientemente voluti. Si può affermare che per Mussolini, al punto nel quale era giunta la situazione generale internazionale, il problema politico-diplomatico fosse divenuto 21l4 AUSSME, D l- 13/14, promemoria sen,.a indicazione di prot. de l 13.XII.l 935, da Ministero Guerra - Comando del Corpo di Stato Maggiore a S.E. il Sottosegretario di Stato, f.to gen. ?ariani; idem, del 29.XII. I 935 da Ministero Guerra-Gabi netto a S.E. i.I Capo del Governo, f.to Baistrocchi.
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prio,itario rispetto a quello specificamente militare. Infatti, anche non prendendo in considerazione sia un allargamento del conflitto che un'estensione delle sanzioni, due eventi che avrebbero mutato radicalmente il corso delle operazioni ovvero ne avrebbero determinato l'immediata sospensione, l'obiettivo che sul piano militare Mussolini si era sempre ripromesso cli conseguire non era tanto quello di una vittoria totale con annessione di tutta l'Etiopia quanto quello, certamente più limitato ma in linea anche con i suggerimenti di Lavai, cli riportare vittorie di grande risonanza e di occupare i territori cli maggiore interesse così da costringere l'Inghilteri-a (e con essa la S.d.N.), pur senza umiliarla, a trattare una risoluzione del conflitto più vantaggiosa di quella sino allora prospettata, il tutto nel pii'r vasto ambito di un accordo internazionale generale. Sotto questo aspetto, pa1ticolare importanza venivano ad assumere gli sforzi compiuti da Mussolini verso gli Stati U niti al fine cli scongiurare il pericolo di un embargo da parte loro. Washington aveva mantenuto, sin dall'inizio della vicenda italo-etiopica, un atteggiamento molto cauto (Ali. 89) che avrebbe sempre mantenuto anche in seguito, con implicazioni importanti su tutto l'anclament.o ciel conflitto (2°5). L'atteggiamento statunitense, infatti, si sarebbe rivelato determinante per rafforzare le posizioni di coloro che erano contrari all'estensione delle sanzioni, dal momento che una decisione in tal senso avrebbe visto scemare molta della propria rilevanza se non fosse stata condivisa dagli Stati Uniti, consentendo quindi all'Italia di poter continuare a rifornirsi cli petrolio ed altre materie prime in America.
"Per capire questo atteggiamento del governo statunitense si debbono tener presenti essenziabnente tre motivi: innanzitutto l'atteggiamento largamente profascista degli italiani e, ciò che più conta, degli italo-americani che vivevano negli USA, un atteggiamento che in quel particolare momento, alla vigilia delle elezioni presidenziali, rendeva il "voto italiano" particolarmente prezioso per Roosevelt; in secondo luogo la convinzione la,gamente diffusa che, se si fosse giunti ad un emba,go sul petrolio, questo sarebbe stato rispettato dalle grandi società produttrici, ma assai difficilmente dalle minori; e infine dall'atteggiamento sostanzialmente pro italiano dell'ambasciatore a Roma, B. Long, per il quale la situazione si riassumeva praticamente così: la guerra era immorale ed era giuslo che l'Italia fosse stata condannata, la condanna della S.d.N. era avvenuta però solo grazie alle pressioni inglesi e l'Inghilterra non aveva maggiori giustificazioni morali di quelle che aveva l'Italia; la situazione era gravissima e gli Stati Uniti ne dovevano rimanere fuori; del resto l'Inghilterra riforniva sottobanco l'Italia di petrolio, tramite la Germania, e direttamente le navi italiane a Suez" (2°6). 2 - L'INIZIO DELLA GESTfONE BADOGLIO
L'avvicendamento al vertice del Comando Superiore A.O., se pur disposto il 17 novembre, avrebbe avuto luogo in realtà solo dieci giorni dopo. In base al de-
205 Cfr. Harris B.jr., "The Uniced Scaces and thc ltalo -Ethiopian Crisis", Stanford, 1964. 206 De Felice R . op. Cit. , pag. 713.
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siderio di Mussolini, De Bono sarebbe rimasto al proprio posto sino al 27, continuando a firmare i bollettini anche se, in pratica, il comando effettivo sarebbe stato gestito dal gen. Santini. Badoglio, giunto ad Asmara il 28, raggiunse il 30 la sede del Comando Superiore in Adigrat, dando subito inizio ad un esame generale della situazione ed all'emanazione delle conseguenti direttive. Come avrebbe poi affermato nel suo volume 1ievocativo sulla campagna (2° 7), l'entità delle forze che potevano essere messe a disposizione (Ali. 90) e l'abbondanza cli mezzi di ogni genere, le previsioni ipotizzabi li circa il completamento dell'intera organizzazione e la lontananza del nemico che stava inoltre ancora raccogliendosi e marciando verso Nord, erano tutti fattori che lo inducevano ad escludere la convenienza di una condotta operativa basata su azioni temporeggianti, tendenti a logorare l' avversario, ed a privilegiare invece l'attuazione di una grande battaglia campale che potesse provocarne il rapido e totale annientamento. Dal punto di vista strategico, la nostra rapida ed agevole avanzata lungo la direttrice Adigrat-Amba Alagi aveva determinato un nuovo schieramento nel quale, ferm i iI centro e l'ala destra sulle primitive posizioni, l'ala sinistra era stata proiettata eccessivamente in fuori per circa 130 km. tanto eia poterla considerare pressoché isolata, e dando luogo ad una particolare e delicata situazione strategico-logistica accentuata dalle caratteristiche geografiche dello scacchiere. L'occupazione di Macallé, infatti, "voluta più. da esigenze politiche senza tener completamente conto di quelle militari" (208) e prima che il territorio occupato fosse convenientemente organizzato e protetto, aveva richiesto il concentramento dei mezzi verso quella che, a ragione, era considerata la direzione principale, ma a scapito però delle altre operazioni che sarebbe stato necessario effettuare verso Sud. Ne conseguiva come sul fianco destro dello schieramento fosse rimasta aperta una invitante via di penetrazione - quella che dallo Sciré per I' Adi Abò attraverso il Dechì Tesfà giungeva al cuore della colonia, tagliando le comunicazioni fra Asmara ed Adua - che un avversario non condizionato da problemi logistici avrebbe potuto sfruttare abbastanza agevolmente. Per fronteggiare tale possibilità, alla quale sembrava in effetti che gli etiopici già pensassero, al nuovo Comandante Superiore si prospettava una sola soluzione, quella di creare un forte allineamento difensivo ad occidente cli Axum dal quale sboccare poi offensivamente, in caso di necessità, sul fianco dell' avversario che avesse tentato di proseguire verso Nord.Un allro aspetto importante della situazione era costituito dalla necessità di organizzare e proteggere il collegamento Adigrat-Macallé, sviluppantesi lungo un'arteria che, per la sua lunghezza e per la
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Badoglio P., "La guerra d'Etiopia", Mi lano, Mondatori, 1936, pag. 18. AUSSME, 05-86/3, Comando Superiore A.O., Stato .Maggiore-Uff.OPR, "Relazione sugli avvenimen ti mili tari nello scacch iere Nord dal 18.Xl.J 935 alla occupazione di Add is Abeba (9.5.1936)" del 10.5.1936, f.lo Badoglio, pag. 3. Rispetto al. volume "La guerra d'Etiopia", redatto ovviamente sulla base della predella relazione, quest'ultima però risulca per alcuni aspetti meno "edulcorata"' e quindi più realistica anche in alcune espressioni. quali ad esempio questa delle "esigenze politiche che non avevano tenu to conto di quelle militari" (una palese critica alle pressioni esercitate da Musso lini nei confronti di De Bono), omessa poi nel libro tenendo conto che questo, a differenza del documento ristrcno all'ambito mi li tare, era destinato al pubblico. 208
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presenza cli residui nuclei ribelli sulle medie pendici orientali, si prestava a colpi cli mano avversari che avrebbero turbato logisticamente la vita delle GG.UU. d i prima schiera del settore Agamé-Encle11à. Badoglio, una volta giunto ad Adigrat ed aver proceduto all'esame generale della situazione, ribadì le direttive che aveva emanato telegraficamente dall'Italia sin dal 18 novembre (2°9), giorno di assunzione del nuovo incarico (Ali.ti 91 e 92). Esse, integrate da alcune altre disposizioni impartite una volta sul posto, erano così riassumibili: - costituire sulle linee a Sud cli Macallé una solida posizione fortificata che potesse servire sia come pedana per ulteriori operazioni verso Sud, sia per arrestare l' avversario; - dare assoluta sicurezza al nostro fianco destro, eliminando nel Gheraltà e nel Tembien con il C.A. eritreo ogni resistenza nemica e pianificando la posizione da occupare in quest'ultima regione con truppe metropolitane; - concentrare nella zone di Macallé tutte le divisioni disponibili, dopo aver provveduto alla salda occupazione della linea Arresa-Adua-Tacazzé; - effettuare la costituzione di un raggruppamento cli artiglieria mobile di manovra a Macallé, con 9 gruppi di piccolo e medio calibro oltre quelli per la costituzione del TTI C.A. Questa G.U. avrebbe dovuto essere fonnata con la Divisione Sila e con la 1° Divisione CC.NN. 23 Marzo, ed avrebbe assunto la responsabilità cieli' ampio settore sino allora demandata interamente al l C.A. Completavano le direttiva alcune disposizioni di carattere logistico quali l'intensificazione dei lavori relativi alla strada Adigrat-Macallé ed alla cosu·uzione ciel campo d'aviazione di Sciafat, nei pressi cli quest'ultima località, nonché lo spostamento il più avanti possibile dei magazzini di intendenza. Era previsto inollTe che la Divisione Gavinana, che era scesa da Adua nella zona cli Enda Micael per eseguire lavori stradali, si dislocasse nel Tembien con il compito di presidiarlo stabilmente spingendosi fino al Ghevrà. Essa avrebbe così reso disponibile il C.A. Eritreo che, non appena completato il rastrellamento della regione, avrebbe dovuto raccogliersi ne lla zona ad Ovest di Macallé facendo patte con le due GG.UU. della massa cli manovra a disposizione del Comando Supe1iore . Per quanto riguardava il fronte Sud, Badoglio confermava le già note direttive generali cli massima, e cioè difensiva particolarmente attiva per attrarre e trattenere in quello scacchiere il maggior numero di tru ppe nemiche, approvando nel contempo il concentramento delle nostre forze nel settore del Giuba in vista di un'eventuale opportunjtà offensiva. Nel complesso, lo schieramento sull'altopiano di tutte le forze (9 divisioni nazionali , delle quali una in via cli sbarco e di radunata, e 2 divisioni eritree) veniva a risultare ripartito in quattro masse: - una, la principale, a Sud cli Macallé (I e Ill C.A. e raggruppamenti di artigl ieria mobile), costituita eia 4 divisioni e 3 gruppi di battaglioni per un totale di 43 battaglioni e 234 pezzi;
209 i•,USSME I 4- 1, tele n" 13340 M.P.A. datato I8.XI. l 935 ore 15.48 ri cevuto pari data ore 22, da Roma per S.E. Gabba, Asmara. f.co Badoglio.
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La campagna italo-e1iopica, 1935- 1936
Schizzo n. 32 - Scacchiere Eritreo - Settore orientale (Tigrai) Situazione schematica alla data del 29-Xl-935 XIV Scala app.ra 1:400.000 @.Maca llè \
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J?a J }fvhy/;ie/a' 60"000
Da: arc hivio privato.
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- la seconda, nella zona cli Adua-Axum, costituente il fianco destro dello schieramento (Il C.A.), formata eia 2 divisioni ed 1 brigata eritrea per il complesso di 20 battaglioni ed 89 pezzi; - la terza, rappresentata dalla Div. Gavinana, in posizione centrale a presidio delle posizioni del Tembien; - la quarta, incentrata sul C.A. Eritreo (2 divisioni eritree, l gruppo di battaglioni CC.NN. e 2 gruppi di artiglieria autocarrellati) nella zona ad Ovest di Macallé, non vincolata da alcuna posizione e pronta alla manovra. Quale riserva, il Comando Superiore poteva disporre della 4° Divisione CC.NN. 3 Gennaio, in corso di concentramento nella zona di Adigrat, e della 5° Divisione CC.NN.1° Febbraio in arrivo dall'Italia ed alla quale era stato ordinato di concentrarsi inizialmente a Decameré. Per quanto concerneva l'avversario, concordi informazion i segnalavano che, ormai completata la radunata delle masse più importanti, i vari raggruppamenti avevano iniziato il movimento verso Nord. In corrispondenza della direttrice Dessié-Macallé una massa cli 25 .000 armati agli ordini cli ras Cassa aveva raggiunto la zona del lago Asciangh:, mentre un'allrn di forza più che doppia agli ordini di ras Mulughietà era in marcia da Dessié per riunirsi alla precedente; in corrispondenza del bassopiano occidentale erano segnalati 10.000 am1ati nella regione del Caftà agli ordini del degiac Ajaleu Burrù, ed altri 40.000 al comando di ras Immirù erano stati avvistati muoventi dal Goggiam verso Nord. Questo complesso di forze risultava in continuo aumento, abbastanza bene armato e con una sia pur primitiva organizzazione logistica. Le truppe erano state infatti alleggerite delle impedimenta che era sempre stata tradizione seguissero le masse annate etiopiche, appesantendone la marcia e Jinùt.andone la libertà d'azione. Le forze in questione avrebbero inoltre dovuto trovare, lungo il percorso, depositi cli derrate (guoterà) per il loro 1ifornimento. Varie erano le voci e le ipotesi sulle intenzioni operative del nemico, ed in esse si poteva scorgere già la mancanza di un piano di campagna organicamente concepito. Da una parte riaffiorava cli tanto in tanto il proposito di un'offensiva generale sull'intero scacchiere eritreo agli ordini diretti del Negus, dall'altra era noto come questi ne fosse apertamente sconsigliato dagli esperti militari e. dallo stesso ministro etiopico a Parigi, i quali propendevano a mantenere un atteggiamento difensivo limitando ogni attività all'esercizio della guerriglia. Più concordi risultavano invece le notizie che attribuivano intendimenti offensivi ai principali capi, insofferenti di un unico comando entrale e della conseguente limitazione de lla loro autonomia. Così, ad esempio, sul fronte di Macallé sembrava che ras Mulughìetà volesse effettuare un attacco aggirante con o senza il concorso delle forze di ras Cassa il quale però, mal adattandosi ad agire agli ordini del ministro della guerra e spinto anche da ras Sejurn, avrebbe preferito invece puntare sul Tembien; come pure sembrava che ras Immirù intendesse agire, dallo Sciré e clall' Adi Abò aggirando ad Ovest le posizioni di Adua, contro il territorio della colonia, indipendentemente da ogni concorso che avrebbe pottno ricevere dal Ternbien. La prima quindicina di dicembre costituì per quasi tutte le unità italiane un periodo di raccoglimento, di sistemazione e cli rettifica delle posizioni raggiunte.
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I servizi di rifornimento svolsero la loro normale funzione di provvedere ai bisogni delle truppe e, nello stesso tempo, di apprestare e completare la base logistica (AH.ti da 93 a 98). Nello stesso periodo si continuò in una attiva azione di rastrellamento nelle vaste regioni del Gheralta e del Tembien (Ali. 99). Badoglio aveva compiuto, nella prima decade del mese, un'ispezione in tutti i settori del nostro schieramento conferendo con i comandanti dei CC.AA. Il risultato di tale presa di contatto dovette lasciarlo piuttosto perplesso circa il loro orientamento operativo dal momento che, non appena rientrato ad Adigrat, ritenne opportuno chiarire meglio il proprio pensiero onde evitare che potessero sorgere equivoci sulla ulteriore condotta della campagna. Dopo aver premesso che la stasi delle operazioni in atto dipendeva esclusivamente dalla assoluta necessità di organizzare una linea di comunicazione tale da consentire un continuo e sicuro rifornimento alle trnppe concentrate nella zona di Macallè, e dopo aver ribadito la necessità di perfezionare il generale assetto difensivo, dava per scontato come l'impostazione mentale di tutti quanti avessero responsabilità di comando dovesse essere naturalmente rivolta alle operazioni offensive che dovremo prossimamente svolgere. Quale primo obiettivo veniva indicata l'occupazione delle alture che dominavano da Nord la conca di Buié, demandata al I e III C.A. il cui fianco sulla destra del nostro schieramento avrebbe dovuto essere protetto dal C.A. Eritreo, che avrebbe dovuto pertanto orientare la propria azione sull' asse Debri Cheli-Adi Colò. Dopo aver precisato come, tenendo conto della quantificazione delle forze etiopiche, questo sbalzo in avanti avrebbe assunto il significato di una vera e propria battaglia, Badoglio esprimeva il suo concetto strategico-tattico, sottolineando come un eventuale spostamento della massa nemica verso Ovest avrebbe comportato una radicale modifica del piano, evenienza evitabile attraverso l'utilizzazione al meglio della ricognizione aerea (Ali. 100). A nostro avviso, questo documento assume una notevole importanza ai fini di un'analisi corretta e scevra di pregiudizi circa l'impostazione strntegica della campagna d'Etiopia dopo l'assunzione del Comando Superiore da pa.rte di Badoglio. La seconda iniziativa offensiva, culminante in novembre con l'entrata in Macallè e la penetrazione sino al Tacazzé, aveva infatti costretto a misure tali da determinare un distacco dalla linea di condotta operativa studiata e sancita dalle direttive generali. Bisognava quindi rimettersi in fase, fermarsi per ' guadagnare tempo, completare la preparazione e far maturare una situazione che appariva ancora non del tutto chiara. Occorreva, in altri termini, rientrare nell'ordine del piano operativo iniziale: assumere l'atteggiamento difensivo ivi previsto per il primo tempo che ci consentisse di mettersi in condizione di affrontare poi l'avversario nella battaglia decisiva, meta alla quale ad ogni modo era indispensabile tendere ai fini di una sollecita conclusione della campagna. Un concetto, questo, di carattere strettamente militare dal quale un comandante avveduto e responsabile non avrebbe potuto prescindere. Esso, d'altra parte, veniva ineluttabilmente a contrastare con le esigenze di carattere politico che tendevano tuttora al movimento in avanti attraverso un successivo sbalzo verso Amba Alagi, effettuando il quale non si sarebbero più "sincronizzate" le due opposte esigenze ma, considerando anche i progressi nel frattempo compiuti dalla radunata delle masse avversarie, ci si sa-
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rebbe esposti al rischio di pagare un effimero successo politico con un forse irreparabile insuccesso rn.il itare. La contlittualità fra le due suddette esigenze venne esternata, nella prima metà di dicembre 1935, dal reiterarsi degli inviti di Mussolini a Badoglio perché riprendesse l'avanzata, ai quali il Comandante Supe1iore in A.O. rispose in tennini certamente meno impulsivi di quanto non avesse fatto in precedenza De Bono e sicuramente più persuasivi e rassicuranti: " ...si tratta prim.a di organizzare seriamente per non essere per aria come siamo ora,e poi dare seguito ad operazioni militari" (210) , ribadendo in un successivo messaggio che "mio stretto dovere è di non impegnare così decisiva partita se non dopo aver preparato forze, mezzi e linee di r(fornimento in modo tale da non correre alea di insuccesso.. . V.E. ed il Paese non devono avere sorprese" (2 11 ) . 3 - lL COMBATTIMENTO DI
D EMB EGUINA
(15.12. 1935)
Mentre i comandanti di CC.AA. iniziavano lo studio per quella predisposizione di carattere offensivo in prospettiva alla quale erano stati stimolati eia Badoglio con le direttive ciel 10 dicembre, l' intervento di nuovi elementi modificava la situazione. L' avversario, le cui masse avevano proseguito il movimento verso Nord giungendo nelle zone di Muggia, del Mai Mescic e cli Meyda Merra, sembrava avesse abbandonato l'intenzione di concentrare tutte le forze contro il campo trincerato di Macallè, ormai solidamente rafforzato e presidiato e, fedele alla tattica di ricercare i fianchi, avviava con lento ma costante movimento forze verso il Tembien, regione particolarmente cara a ras Sejum che vi aveva la casa natale ed i propri beni. Intanto, anche nel Tigrai occidentale ]e forze di ras Immirù davano prova di crescente attività sotto forma di atteggiamento più aggressivo, apparizioni di pattuglie ai guadi del Tacazzé con tentativi di forzamento e conseguenti scontri a fuoco con i nostri avamposti, aft1uenza di nuove forze da Sud, tutte manifestazioni che deponevano per l'intento etiopico di assumere l'iniziativa delle operazioni. Va rilevato come in tale settore fosse tuttora in corso l'organizzazione del territorio e specialmente la sistemazione difensiva delle piazze di Adua ed Axum; verso il Tacazzé, con un compito di semplice osservazione ai guadi, esisteva un rado schieramento di bande le quali, in un secondo tempo e non appena fossero state disponibili le forze necessarie, avrebbero dovuto facilitare l' occupazione stabile di quella vasta regione. Fin dal giorno 14 alcuni nuclei di tali nostre formazioni avevano avuto il compito di effettuare esplorazioni nella regione clell'Haida, immediatamente a Sud del tratto ciel Tacazzé compreso fra i guadi cli Acidi Aitecheb e cli Mai Timchet. Per agire contro le forze avversarie in una zona a noi più favorevole, fu predisposto lo sgombero del guado a Sud di Mai Timchet, così da indurre il nemico a varcare il fiume per poi affrontarlo e neutral izzarlo con utùtà opportunamente dislocate. 2 10
Badoglio P., op. cit., pag. 30. Dl - 119/2, tele 495 MPA Segreto del 17. 12.1935, da Comando Superiore A.O. a S.E. Mussolini, f.to Badoglio (Ali. I OI). 211 AUSSM E,
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Schizzo n. 33 - La zona delle operazioni suJ Tacazzè
Da: "La conquista dell'Etiopia", cit., pag. 5 1.
A sgombero effettuato, forz.e etiopiche guadarono effettivamente il Tacazzè nella notte fra il 14 ed il 15. A Mai Timchet un contingente di circa 2000 armati campeggiati dal fiteurari Scife1rn (212 ) attaccò con vigore elementi del Grnppo Bande del-
212 Il fiteurari Scifern.l era uno dei luogotenenti del degiac Ajaleu Burrù, notabile del Beghemeder che, coadiu vato dal fratello Admasù e dal figlio Zeudé, era da vario tempo in trattative con gli italiani per passare al momento opportuno dalla loro parte con i I0.000 uomini raccolti in quella regione a condizione che gli fosse stato concesso il titolo di ras. Guardato però con sospetto da lmmirù , al corrente dei suoi pregressi contatti con gli italiani, una volta che questi gl i ordinò perentoriamente di varcare il Tacazzé e di puntare verso Axum con i suoi armati, non gli restò che ubbidire e concorrere al successo della manovra etiopica. Per la ricostruzione dei rapporti fra il ehm di Ajaleu Burrù e gli italiani, interessanti sotto i var:ì aspetti politici, mi.l itari e di " int.ell igence" che li caraueriaarono, si rimanda al saggio di Luigi Goglia "Un aspetto del l'a1.ione politica ital iana durante la campagna d'Etiopia 1935- 1936: la missione del senatore .Jacopo Gasparini nell'Amhara", in "Storia contemporanea", n° 4/1977, pagg. 79 1-822 nonché, per l' ultimo episodio operativo, al volume "Ascari K7 1935-1936" di Paolo Caccia Dorninioni (M ilano, Longanesi, 1966, pag. 282).
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l'Altopiano, costituito da un migliaio di eritrei appaitenenti alle bande di Hamasien. Cheren e Seraé al comando del magg. Luigi Criniti e rinforzato dal l0°squaclrone cani veloci comandato dal cap. Ettore Crippa. Dopo aver resistito per tutta la giornata, i nostii repa1ti iniziarono il ,ipiegamento per Addì Encatò e &!daga Scialla sino alla stretta di Dembeguinà, compresa fra i monti Asar e Nanamba, al margine Nord della regione dello Tzembela, là dove passava l' unica ed obbligatoria via di comunicazione con le linee italiane. In con-ispondenza dell 'altro guado, quello di Acidi Aitecheb posto una quindicina di chilometri più a monte, un'altra colonna etiopica fo1te di circa 3000 uomini di ras llmnirù in gran parte equipaggiati all'europea ed abbondantemente dotati di anni automatiche di fabbricazione belga e di bombe a mano, dopo aver varcato il fiume cd essersi inerpicata lungo sentieri impervi nella zona cli Ciarasigà, si portò sulle alture dominanti Dembeguinà con il chiaro proposito di tagliare la ritirata al Gruppo Bande eritreo. Allorché il magg. Criniti uscì con i suoi soldati fuori dal to1111entato vallone del Tacazzé, dovette rendersi pienamente conto che l'intento etiopico era riuscito e che la sua avanguardia, costituita dagli 8 cani veloci del l 0° Squadrone e da alcune autoblindo, e ra già impegnata in combattimento. Per rompere l'accerchiamento ormai realizzatosi vennero mandati in azione i cam, ma i mezzi furono ben presto sommersi dagli armati etiopici che calavano dalle alture circostanti. Essi attaccavano i carri come fosse,v stati com.uni animali, avrebbe poi rievocato ras Cassa (21 3). In cl'fetti gli etiopici, per quanto non avessero mai visto prima di aJJora un carro annato,non Lardarono ad individuare i punti deboli dei piccoli CV35 italianj, rappresentati soprattutto dalla fragilità dei c ingoli, assolutamente non adatti ad un terreno accidentato. e la limitata estensione di tiro delle due mitragliatrici da 8 mm. delle quali erano dotati, in pratica un ristretto angolo sul davanti. Gli uomini di ras Imm.iiù, divisi in piccoli gruppi , circondarono i carri, li separarono, tentarono lo scingolamento con sbarre di fen-o, si arrampicarono sul loro rovescio, piegarono le canne delle mùragliatJici a colpi di pietra e spararono raffiche di armi automatiche attraverso le feritoie. Tutti gli equipaggi, tranne uno che venne catturato, rimasero uccisi nel furore del combattimento; tra i primi a cadere, il comandante dello squadrone, cap. Crippa. (AH.ti 102 e 103) Visto fallire il tentativo di uscire dalla stretta con l'ausilio dei carri armati, il magg. Criniti elette l'ordine di innestare la baionett.a e lanciò i 1;uoi uomini all ' attacco delle alture e dei nidi di rnitragl ial1ici che erano disseminati, conferendo alla lotta un ' impronta 1isorgimentale (2 14) . Sul far della sera il tentativo di aprirsi
213 "La vérité sur la guerre italo-éthiopicnne. Une victoire de la civilisarion par le Negus··. supplemento di ··vu... Parigi. luglio 1936. pag. 32. 2 14 Cesco Tomaselli, in un volume ed ito all' epoca, riferisce come il comandante italiano, appassionato mus icofi lo, portasse sempre seco, s istemato su l basto del mulo ins ie me alla casseua d 'ordinanza ed a lla te nda. un grammofono che l' all endente aveva cura di attivare con i dischi preferiti da l suo ufficiale.Quel giorno, nell 'immi nenza dello scontro, il disco presceho era ~tato "L'Incompiuta" di Schubert, che il magg. Criniti aveva sempre indicato come il motivo che avrebbe dovuto accompagnare la sua morte quando questa si fosse annunciata prossima. L'episod io era in linea con quanto accaduto quasi 40 ann i prima al i' Amba A/agi, allorché il magg. Toselli, ormai ceno <li essere giunto alla fine, aveva preso a cantare I' "Ave Maria" di Gouno<l (Tomasclli C., "Con le colonne celeri dal Mareb allo Scioà'·. Milano, Mondatori. 1936, pag. 112).
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Schizzo n. 34 . La posizione dei carri armati italiani nel combattimento di Dembeguinà
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Da: Pigoato N., "Mezzi corazzati e blindati 1935-1939", Roma, Curcio, s.i.d., pag. 15.
un varco in direzione di Selaclacà ebbe buon esito, anche se pagato a caro prezzo: tra morti e feriti, quasi la metà del reparto fu posto fuori combattimento, e precisamente 9 ufficiali, 33 nazionali e 270 eritrei (2 15). 1420 superstiti, dei quali 125 feriti gravi, riuscirono a raggiungere a notte fonda, nonostante fossero incalzati dal nemico, il nostro avamposto cli Enda Selassié e da lì, una volta venuto l'ordine cli ripiegamento anche per questo presidio, a portarsi infine a Selaclacà a difesa della quale si trovava l'intera Divisione Gran Sasso (2 16) . Nella sua rievocazione del conflitto etiopico, Badoglio avrebbe affermato come l'episodio cli Dembeguinà poteva e doveva essere evitato solo che la strettoia fosse stata occupata e l'impiego del Gruppo Bande, al quale peraltro non erano mancate notizie sull'avanzata nemica e che non aveva omesso a sua volta di trasmetterle, fosse stato limitato, confom1emente al proprio compito, all'osservazione (2l 7). li rilievo, espresso circa un anno dopo i fatti nella condizione ottimale del vincitore che può rielaborare con tutta calma i precedenti e presentare al meglio la propria immagine di comandante - ed in questo, il personaggio aveva sempre di-
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"Relazione sugli avvenimenti mi litari nello scacchiere Nord ...", cit., Ali. n° 5. Lo scontro di Dembeguini1, al di 111 della sua circoscritta ri levanza quale episodio bellico ne.) quadro della campagna d' Etiopia, rivestì una notevole imponanza sotto l'aspetto delle implicazioni dottrinarie che ne conseguirono poiché influenzò in maniera determ inante l'elaborazione delle Norme per l'impiego delle unità carriste emanate un paio di settimane dopo dal Ministero della Guerra, argomento sul quale torneremo più in deuaglio in sede di considerazioni conclusive. 217 Badoglio P., op. cit. pag. 46. 2 16
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mostrato di essere un maestro - aveva comunque una sua validità quando si consideri che egli stesso, due gìorni prima, aveva ribadito al gen. Maravigna che la linea del 1àcazzé fosse oggetto di sola osservazione e non di copertura, e ciò allo scopo di non disperdere forze (2 18). Mussolini avrebbe censurato ancor più severamente la condotta operativa di Maravigna, chiedendo a Badoglio di soprassedere alla sua promozione al grado superiore sìno a che lo stesso Comandante Superiore in A.O. non gli avesse chiarito la responsabilità del generale (All. 104) Badoglio gl i avrebbe immediatamente risposto, in termìnì anche un po' secchi, alleggerendo di molto tale responsabilità e ribadendo asciuttamente che la promozione era stata già notificata al gen. Maravigna per ordine del Ministero della Guerra (AII. 105). 4 - GLI SCONTRI INTORNO AD ABBI ADDI
Nei giorni seguenti gli etiopici non desistettero dall' inseguimento della colonna Criniti e, nonostante la nostra vigorosa interdizione aerea, riuscirono a trasferire oltre il Tacazzé più di 20.000 uomini. Nella giornata del 18 dicembre entrarono in contatto con le difese di Selaclacà, occupando il Passo dì Af Gagà e dilagando a Nord-Est nell' Adi Abò raggiungendo con i distaccamenti più avanzati le frontiere eritree del Mareb e minacciando non soltanto di prendere alle spalle i campi trincerati di Axum e Adua ma d i portare la guerra nella ::;tessa Eritrea. Badoglio, che aveva intuito ìl disegno di ras Immirù di aggirare il fianco destro dello schieramento italiano, ordinò pertanto al gen. Maravigna di abbandonare SelaSchizzo n. 35 - Le direttrici della controffensiva etiopica
Da: Del Boca A .. ''Gli italiani in Africa Orientale. La conquista dell'Impero", Dari, Latcrw, 1979, pag. 479.
218 AUSSME, D5-1 6, te le n° 165/0PR/IOJ del 13. 12. 1935, da Comando Superiore A.O. a Com.te I C.A., f.10 Badoglio.
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clacà e di far ripiegare la Gran Sasso entro le linee fortificate di Axum senza abbandonare nulla sul posto. La ritirata avvenne perciò in condizioni difficili e di estremo disagio. Oltre 60 km. furono coperti in due tappe, con uomini e mezzi carichi al massimo, procedendo da prima dell'alba a dopo il tramonto, con una lentezza esasperante, impossibilitati a fare più di due chilometli all'ora. Comunque, tutti giunsero ad Axum, sfiniti ma con il carico integro. Il 19 dicembre la situazione si poteva così sintetizzare: - l'avversario si trovava diviso in due grosse masse, una di 40-50.000 uomini fra il Tacazzé e Dembeguinà che sembrava volesse agire in direzione del Dechi Tesfà aggirando la destra del TI C.A., ed un'altra di 80-90.000 uomini fra Buié ed Amba Alagi con grosse avanguardie ali' Amba Aradam ed al Ghevrà, con intenzioni non ancora chiare; - da parte italiana, nel settore Adua-Axum il Il C.A., con tre divisioni nazionali, tre battaglioni eritrei, un gruppo cli spahis ed il gruppo bande altopiano (per un totale di 30 battaglioni e 116 pezzi), era in condizioni di opporsi validamente alla pressione avversaria; nel Dechì Tesfà la 5° Divisione CC.NN., mentre dalle posizioni di Tucul-Debrì Mariam garantiva il fianco destro, proteggeva nel contempo anche il territorio della colonia; nel settore di Macallé, sei divisioni, un gruppo di battaglioni CC.NN., due battaglioni eritrei (per un totale di 58 battaglioni e 340 pezzi) costituivano una massa pronta ad agire offensivamente al momento opportuno; nel Tembien, infine, erano presenti complessivamente sette battaglioni ed alcune batterie con compiti difensivi. Tuttavia, malgrado questo solido schieramento, la compartimentazione dello scacchiere in due distinti settori (Tigrai occidentale ed Agamé-Enclertà) non collegati da una strada di arroccamento, la grande distanza fra Macallé ed Adua - circa 15 giorni occorrenti per il trasferimento di una divisione -, l'estensione del teatro cli operazioni e la natura del terreno rendevano difficile ed indubbiamente intempestivo lo spostamento di grandi u1ùtà qualora si fosse manifestata la necessità di rinforzare rapidamente un settore minacciato. L'importanza di tale comunicazione trasversale non era sfuggita né a De Bono né ora a Badoglio. Anzi, la vecchia e difficile mulattiera esistente era già stata trasformata per 3/4 della sua lunghezza in pista camionabile mediante l'opera delle truppe di Aclua e dell'Enticciò; successivamente, l'apertura dell'ultimo tratto, che presentava particolrui difficoltà e che richiedeva personale specializzato, era stata sospesa perché la rapida avanzata su Macallé aveva richiesto il concentramento dei mezzi su quella prioritaria direttrice. Mentre le avanguardie di ras Irnmirù guadavano il Tacazzé ed uscivano vittoriose dallo scontro di Dembeguinà, altri forti contingenti etiopici attraversavano il Ghevrà a Sud di Abbi Addi ed irrompevano nel Tembien, invano martellati dall ' aviazione alla quale Badoglio aveva affidato il compito di trattenere con ogni mezzo il nemico mentre egli stava facendo affluire rinforzi. Abbi Addi, oltre che capoluogo del Ternbien, era anche un importante centro di comunicazione perché da esso si dipartivano piste carovaniere che conducevano a Nord verso Cacciamò, nel cuore dello stesso Tembien, ad Ovest verso il Tacazzé, a Sud verso Socotà passando per la vasta regione del Seloà, e ad Est verso Gheraltà. Un attacco di nuclei nemici, presumibilmente appartenenti alle forze del Lasta settentrionale (Uagh), iniziatosi la mattina del 20 contro nostri reparti a Sud
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Schizzo n. 36 - La zona delle operazioni nel Tembièn
Da: "La conquista dell 'Etiopia", cit., pag. 53.
di Abbi Addi, incontrò salda resistenza e venne rapidamente stroncato. Ma dopo il combattimento a Sud di Abbi Acidi, una massa di circa 5000 armati delle forze etiopiche de ll'Uagh al comando del degiac Hailù Chebbedé, unitamente a due nuclei, forti di 3000 uomini, comandati rispettivamente dal degiac Marù Arram e dal bigerondi Lalibelù Gabré, entrambi sottocapi di ras Sejum, attaccarono frontalmente le nostre posizioni sul Tanquà in conispondenza cli Abbi Acidi mentre un altro forte distaccamento nemico, attraversando il pianoro antistante il monte Andino, portò una violenta pressione contro le nostre linee nei pressi della chiesa di Enda Mariam Quasar. Gli etiopici, approfittando del terreno piuttosto difficile, sconnesso e coperto di fitta vegetazione, riuscirono ad oltrepassare il Mai Tanquà e l'abitato cli Abbi Addì, penetrando nella zona più a Nord ed occupando le alture vicine quali l'Amba Tzelleré e la Debra Amba, mentre ad Est raggiunsero la chiesa d i Enda Mariam Quasar. Per salvare Abbi Acidi, tenuta solo da due dei quattro battaglioni CC.NN. del gen. Diamanti, Badoglio spostò nel Tembien l'intera 2° Divisione eritrea (gen. Vaccarisi) e qualche giorno dopo anche la 28 Ottobre (gen. Somma). I primi due battaglioni di rinforzo giunsero nella zona di Abbi Acidi la sera del I 3 cli-
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cembre, ma vennero a trovarsi anch'essi ben presto imbottigliati. Il 18 gli etiopici, stringendo ancor più la morsa in questa località, vennero a contatto con i nostri ma un loro tentativo cli occupare l'abitato non ebbe successo, tanto più che in serata era arrivata in appoggio alle CC.NN. cli Diamanti un' intera brigata eritrea (2°) al comando del gen. Dalmazzo. La situazione, comunque, era tutt'altro che nligliorata, perché nel contempo anche gli etiopici avevano ricevuto rinforzi ed il loro numero si aggirava ora sui 13.000. Per rompere l'assedio non restava che occupare parte delle alture donlinanti la breve piana di Abbi Addì, e la scelta cadde sull'Amba Tzelleré, dalla quale gli etiopici avevano sferrato i loro più fastidiosi attacchi. All'alba del 22 dicembre il col. Ruggero Tracchia guidò all'assalto dell'amba sei battaglioni appoggiati da tre batterie e da alcuni aerei da caccia. Si determinò sin dall'inizio una mischia fmibonda, fatta di innumerevoli corpo a corpo nel fitto della boscaglia. Gli etiopici calarono dalle alture a ondate e, adoperando più le sciabole che le armi da fuoco, travolsero gli ascari, decimarono i loro ufficiali, abbatterono i serventi sulle loro mitragliatrici e giunsero a 50 mt. dai pezzi d'artiglieria. Accerchiato in un valloncello, il solo XXII btg. subì in poche ore tra morti, feriti e dispersi circa 200 perdite (2 19). Nonostante il valore ed il sacrificio espresso dai nostri, il nemico riuscì a mantenere il possesso dell' amba, come avrebbe poi ammesso senza reticenze lo stesso gen. Diamanti (220). L'affermazione contrastava nettamente con la versione fornita da Badoglio nel suo volume, dove si parla di "felice risultato"malgrado il quale il gen. Dalmazzo aveva giudicato necessario far ripiegare le truppe "vittoriose" su Abbi Acidi.Un apprezzamento del tutto personale della situazione locale, continuava Badoglio, che non aveva consentito cli trmTe dal combattimento i risultati che l'eroico comportamento dei repa,ti avrebbe permesso di raggiungere. In particolare, rinunciando all'occupazione cieli' Amba Tzelleré, noi consentivamo al nemico, non appena rinforzato dai nuovi scaglioni provenienti dal Seloà, di affermarsi saldamente sull'amba, ciò che in seguito e.i costringeva ad abbandonare le dominate posizioni di Abbi Addi ed a ritirarci su quelle di Passo Uarieu, molto meno favorevoli alla difesa di quelle dello Tzelleré (22 1). Era una precisa accusa di inerzia nei confronti del gen. Dalmazzo che, alla luce di quanto era realmente accaduto, appariva quanto meno inattendibile oltre che ingenerosa. Il comando della 2° Brigata eritrea, infatti, era stato inevitabilmente costretto a ripiegare su Abbi Addì che pochi giorni dopo, ormai ridotta in cenere dopo che gli
2 19 La 2° Brigata Mista {gen. Dalmazio) era così costitu ita: 1° G ruppo btg.ni CC.NN. d'Eritrea (Il e IV); 4° G ruppo btg.ni eritrei (XVII e IX); 7° Gruppo btg.ni eritrei (XXII, XIX, IV); lI Gruppo art.mont. eritreo; VI Gruppo art. 77/28 autocarrellato (2 btr. da 77 ed I da 65); Xl Squadrone C.V.; 2° repano someggiato di sanità. Nel corso del combattimento d i Abbi Addi ri sultarono partico larmente impegnati i seguenti reparti: 4° Gruppo btg. ni eri tre i, 7° Gruppo btg.ni e ritre i, Il btg. CC.NN. e IV Gruppo art. da 77/28. 120 Giuliani R., "Per Cristo e per la Patria". Firenze, Salani, 1937, pag. 298; l'afferrna,.ione di Dia manti faceva parte di un discorso rad iofon ico del I 0. 12.1 936 .l a cui trascrizione figura inserita in Appendice . 221 Badog lio P. , op. cit., pag. 47.
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ascari avevano inteso vendicare i propr i caduti incendiandone le abitazioni, sarebbe stata addirittura evacuata. Un tentativo da parte italiana di riprendere l'iniziativa fu effettuato nello Sciré, dove il 23 dicembre una colonna di circa 12.000 uomini del II C.A. al comando del gen. Giacomo Ap piotti, fece una puntata nella zona di Selaclacà e si scontrò al Passo di Af Gagà con gli armati di ras Immirù. Ma, dopo un combatti mento incerto, la colonna Appiotti rientrò nel campo trincerato di Axum, dopo aver perso tra morti e feriti oltre 150 uomini (222) . Dopo lo scontro di Tzelleré, le nostre truppe si ritirarono verso Passo Uarieu, continuamente disturbate dagli etiopici che avevano ormai recuperato tutto il settore meridionale del Tembien. Un risultato indubbiamente pagante per la vasta manovra etiopica, messa in atto dai confini con il Sudan fino all'Endertà, là dove le avanguardie di ras Mulughietà si erano ormai spinte sino al torrente Gabat, a pochi chilometri da Macallé; una manovra che puntava ad aggirare, s ul lato destro, il campo trincerato di Adua-Axum, ed al centro a ro mpere la linea italiana in direzione cli Hauzien. Gli A llegati 104 e 105 riproducono alcuni aspetti inerenti al le operazioni svoltesi in questa seconda metà del dicembre I 935 . Sempre nel suo volume Badoglio, le cui remore in ch iave prioritariamente difensiva risultavano chiaramente rappresentate in due comunicazioni entrambe del 30 dicembre inviate rispettivamente al capo del Governo ed al Sottosegretario cli Stato agli Esteri (All.til06 e 107), fa un'affermazione importante, che in questo caso certamente va a beneficio della sua capacità di valutazione professionale: "Si poteva essere increduli sulla capacità del nemico di auuare un tale vasto
piano strategico; ma si doveva, data la situazione come si era venuta delineando, agire con rnolta cautela sino alla sua chiar(ficazione" (223) . Nel corso di questa controffensiva etiopica, la R.A. ebbe un ruolo primario e determinante. Durante il periodo di assestamento e consolidamento delle retrovie con il quale Badoglio aveva dato inizio alla propria azione di comando, fra leprime direttive vi fu quella di sospendere i bombardamenti per "addormentare" l'avversario. Il 30 novembre così disponeva: "Ho già dato ordine tassativo all'a-
viazione da bombardamento che non si effettuino azioni se non dietro mio personale ordine. Rilevato ora che aviazione da ricognizione est impiegata per bombarda re qualsiasi obiettivo. Vieto inoltre bombardamento se non per aiutare truppe impegnate in azioni. Bisogna che il nemico sia lasciato per ora tranquillo e che dimentichi un poco l'aviazione" (224) . Nei primi giorni di dicembre si effettuarono quindi solo ricognizioni alla ricerca delle forze etiopiche che, in particolare nel settore dello Sciré, erano efficacemente occultate dalla fitta vegetazione. La prima azione in forze venne messa in atto il 4, allorché 14 velivoli CAI01D2 e 12 CAI 11, appartenenti rispettiva-
222 La colonna del gen. Appiotti era articolata sulla III Brigata Mista (gcn. Luigi Cubedclu), a sua volta così costituita: 2° Gruppo btg.ni (Jf!, Xl e XXIII); Gruppo Bande Altopiano: banda Hamasien, banda Cheren, banda Sciré; banda irregolaJ·e Toclù; una blr. eritrea; 14° Rtg. Fanteria; un btg. della 230° Legione CC.NN.; Il Gruppo de l 18° Rgt. An . (2 btr.); 5 gruppi spahis libic i. 223 Badoglio P., op. cit.., pag. 48. 224 Gentilii R., "Guerra aerea sull'Etiopia I. 935- 1939", Firenze, ED. A.I .. 1992, pag. 40.
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mente al IV e XXVII Gruppo dell'8° Stormo da bombardamento attaccarono una grossa colonna di truppe cli ras Immirù nei pressi di Deberech e Dacuà, a Sud del Tacazzé. La colonna venne completamente scompaginata, e l'azione sortì un notevole effetto sul nemico, molto più ampio di quanto non fosse stato ritenuto al1' epoca da parte dei vertici militari italiani, così come avrebbe invece ammesso lo stesso lmmirù, addirittura con implicazioni di carattere politico poiché fra quanti erano stati messi in fuga dall'incursione vi era il capo etiopico Ghessese Belù che, tornato indietro con i suoi armati nel Goggiam, vi avrebbe, in seguito, capeggiato la ribellione contro il governo del Negus. Ma l'azione aerea più rilevante, una fra le maggiori di tutto il conflitto, fu il bombardamento di Dessié del 6 dicembre. L'avvicinamento alla città, posta ad oltre 2000 mt. sul livello del mare al centro di una conca montana le cui cime superano i 3000, comportava una navigazione di quasi 1000 km. su terreno montuoso, ma questa difficoltà di ordine tecnico era compensata dall'importanza primaria dell'obiettivo, sede del comando etiopico e dove quindi si era trasferito lo stesso Negus con tutto il complesso del suo stato maggiore e dei suoi consiglieri, con conseguente installazione cli numerose armi antiaeree. La città era inoltre occupata da migliaia di armati diretti verso Nord. Il bombardamento fu diretto conu·o punti centrali dell'abitato quali il Ghebì (palazzo del governo), la centrale telefonica, la polveriera, il campo d'aviazione nonché contro i vasti attendamenti disseminati nei suoi immediati dintorni, il che non escluse che inevitabilmente, come era sempre avvenuto in passato e come avrebbe continuato ad essere in futuro, venissero accidentalmente colpiti anche edifici non adibiti a scopi milita1i, causando vittime anche fra la popolazione. Il bollettino etiopico riferì di una trentina di morti ed un centinaio di feriti (225 ) . Il concentramento a Dessié dei vertici politico-militari etiopici aveva fatto sì che fosse presente anche un numeroso gruppo di giornalisti stranieri i quali non si lasciarono sfuggire l'occasione per descrivere il bombardamento come un attacco indiscrimjnato su una città "indifesa", sottolineando in particolare come fosse stato colpito anche un ospedale nel quale operavano, sotto l'egida della Croce Rossa americana, alcuni volontari europei. Le corrispondenze furono corredate da una serie di immagin i fotografiche che mostravano scene impressionanti cli baracche distrutte, attorno alle quali però le persone che vi apparivano risultavano chiaramente essere soldati e non civili. Nei giorni successivi, anche a seguito della reazione emotivamente esasperata da parte di vasti settori dell'opinione pubblica mondiale e sapientemente alimentata dagli organi cli stampa, l'attività aerea subì una stasi nell'ambito del bombardamento mentre si accentuava quella della ricognizione, che controllava l'ammassamento e l'avvicinamento degli armati etiopici, preludio a quella controffensiva descritta nelle pagine precedenti . L'impiego ciel bombardamento ae225 T rapporti della ricogniiione aerea avevano più volte messo in ri lievo come buona patte deg li attendamenti, le infrastrutture del campo d'aviaz.ione e persino zone di terreno sgombro fossero contrassegnate dall a croce rossa. L'incursione fu condona da una quota di 1000 rnt. con l ' impiego di 48 bombe da I 00 kg., 15 I 8 incendiarie da I kg. e JJO spezzon i da 2 kg. per un totale di 7698 kg. di esplosivo (Gcntilli R. , op. cit., pagg. 42-43 e 11 J).
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reo tornò pertanlo ad essere considerato come strumento prioritario per sventare la minaccia, e nella seconda metà cli dicembre vi fu un susseguirsi di azioni di interdizione eseguite con il bombardamento e J.o speizonamento delle varie colonne nemiche ed integrate anche da que lle di mitragliamento effettuate dalla caccia. ll 20 un fonogramma d i Badoglio dirello al Comando S uperiore Aeronautica ordinava, sotto l' incalzare della progressione eti opica verso Nord, di impiegare "umi i mezzi idonei compresa iprite '' (226). Era l' inizio dell ' utilizzazione, anche nel conflitto in corso, degli aggressivi vendici, che avrebbe trovato materiale appl icazione due giorni dopo durante un'azione d i bombardamento nella zona di De mbeguinà e Addì Rassi (2 27) . Sull'argomento dell'impiego dei gas da parte italiana durante la campagna d'Etiopia, stante la sua importanza anc he in virtù delle polemiche che in merito ad esso si sono svi luppate si no ai giorni nostri, ritorneremo in sede di considerazioni conclusive mediante uno specifico capitolo.
226 AUSSM E. D2-28. cele n° 345/M . da Comando Superiore A .O. a Comando Superiore Aviazione, f.to Badoglio. 227 L'azione era scaca effe lCuata su ord i ne del Comando Superiore A .O., che richiese che 4 CA l 11 operassero uno sbarramenlo con bombe del lipo C500T nelle zone circoslanli le due suddette locali tà. In reallà furono solo Ire i velivol i p;1necipanti. ci ascuno munito di 2 bombe a gas, mentre su Dcmbcguinà emrarono in azione anche 5 Ca I OI 0 2 (Genti lii R.. op. cic .. pag. 48).
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CAPITOLO IX
LA MANOVRA DEL CANALE DORIA
1 - L'AZIONE D'ARRESTO (13.XI-3.Xll.1935) Dopo le operazioni iniziali svoltesi sul fronte Sud fra ottobre e la prima decade di novembre, verso la metà di questo mese le informazioni davano per certo come ras Destà avesse raccolto il grosso delle proprie forze nella zona di Neghelli per attuare la manovra alla quale era stato preposto dal comando etiopico. Questa avrebbe potuto avere due fondamentali intenti. Il meno ambizioso e più realistico avrebbe potuto identificarsi con il tentativo di alleggerire la preoccupante pressione italiana nell'Ogaden facendo convergere sull'armata di Destà la maggioranza delle nostre unità, con l'obiettivo di ritardarne il più possibile la penetrazione in direzione di Barrar e verso la linea ferroviaria Gibuti-Addis Abeba e la camionabile Berbera-Giggica, che costituivano le arterie vitali per il flusso dei rifornimenti all'Etiopia. L'altra ipotesi, riferentesi all'obiettivo indubbiamente più pagante, era quella che il nemico intendesse aggirare le difese di Dolo varcando il Daua Parma fra Malca Rie e Dolo per puntare su Lugh o addirittura su Baidoa e Bardera, centri di ri levante importanza morale e materiale; ovvero, aggirando Dolo da Est, volesse puntare su Lugh per tagliare la nostra linea di comunicazione con Mogadiscio (All. 108). Non era escluso che, contemporaneamente, alcuni contingenti mirassero ad occupare Jet, il posto d'acqua più importante ad Est di Dolo, per poi proseguire in direzione di Oegit e Baidoa ovvero contro la nostra occupazione dello Scebeli, da poco estesa fino a Callafo. Il piano assegnato a ras Destà sarebbe stato pienamente giustificato dalle circostanze di fatto quali si presentavano alla valutazione etiopica. L'andamento delle grandi direttrici di avanzata (il Daua Parma ed il Canale Doria), che attestavano alla nostra frontiera fra Malca Rie e Dolo, cioè su soli 30 km. di fronte in linea d' aiia, la copertura che esse oftìivano al bombardamento ed all'osservazione aerea lungo tutto il percorso e la possibilità di abbeverarvi uomini e quadrupedi costituivano di per se stessi elementi favorevoli perché le due direttrici fossero prescelte quali linee d'invasione. Ma vi erano a favore anche altre circostanze di carattere militare e politico oltre quella di impadronirsi di Lugh e Baidoa. Sulla linea Malca Rie-Dolo gli etiopici avrebbero potuto d isporre di un'ottima pista d' arroccamento, la Mandera-Oddo, ed utilizzare i 4-5 guadi permanenti che il Daua presentava sempre in quel tratto ad eccezione ciel periodo delle piene, mentre da parte italiana lo stesso tratto risultava ciel tutto scoperto poiché non vi era stato mai approntato nessun dispositivo permanente. Inoltre, questa via di facili -
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La campagna italo-etiopica, / 935-1936
Schizzo n. 37 - La zona di svolgimento della manovra del canale Doria
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Da: Cabiati A. , "La conquista dell'lmpcrn", t\â&#x20AC;˘li lano, S0111.ogno, 1936. pag. 76).
La manovra del canale Doria
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tazione era prossima al Kenya, le c ui a utorità responsabili avrebbero volentieri fornito aiuti di ogni genere all' Etiopia, non esclusa una consulenza militare, conlidando di poter alla fine rientrare in possesso di q uel territorio dell' Ol tregiuba ceduto all'Italia una decina di anni prima. L'insieme di questi fattori rendeva più probabile che ras Destà tendesse ad aggirare le difese di Dolo da occidente, attraverso il Daua Parma, invece che eia orie nte superando il Canale ed il Gestro, due corsi d 'acqua più copiosi e tumultuosi. Il profilarsi di questa potenziale minaccia comportava da parte italiana l'assicurasi il possesso della testa di ponte di Dolo, avente al momento carauere difensivo, sbarrare all'avversario la via di Lugh su entrambi i lati de l corso del Gi uba, bloccare eventuali manovre dive rsive su Iet ed attuare una difesa manovrata in grado di impedire il protrarsi di una situazione clestjnala a rivelarsi prima o po i controproducente . Importante sarebbe stata l'azione di supporto dell 'aviazione che, dislocata in massima parte a Lugh ed appoggiandosi ai campi di fortuna cli Dolo, Uegit, Iet e Ualaclclaie, avrebbe potuto intervenire a massa in ogni momento dell 'azione. I criteri eia seguire nell 'organizzazione logistica dovevano essere aderenti alla possibilità di questi ingenti ccl immediati concemramenti di truppe (2 28) consentendo alle colonne una adeguata autonomia in modo da non dover ricorrere durante le operazioni a pesanti rifornimenti, ciò che d' altra parte non sarebbe stato possibile dal momento che, una volta costiniite le basi avanzate ed i depositi a terra, la massa degli autocarri avrebbe dovuto essere impiegata per il traspo1to delle truppe e dei servizi al seguito (AIJ. 109). Su questa base si procedette quindi all'organiuazione, accantonando ino ltre in ciascun presidio una scorta di 1530 giornate di viveri e 10 di fuoco , con l'eccezione cli quello di Lugh per il quale il fabbisogno d i sicurezza venne fornito per tre mesi. Tale predisposizione log istica dovette tener conto di una serie di problemi legati alle caratteristiche dello scenariQ operativo, a lle notevoli distanze ecl alla composizione delle unità. La scarsezza delle risorse idriche in genere e soprattutto dell' acqua potabile per le truppe nazionali, la necessità di manovrare a cavallo di cospicui corsi d ' acqua quali il Giuba, il Daua Parma ed il Gestro, la quantità delle fo rze (poco meno d i 30.000 uomini la metr, dei quali nazionali) che si sarebbero concentrate nel scuore oggcuo della minaccia, la composizione mista dei raggruppamenti, comprendenti reparti nazionali, e ritre i ed arabo-somali con differenti necessità logistiche e di armamento, le notevoli distanze alle quali erano stanziati ed iI notevole numero di automezzi circolanti resero necessarii particolari accorgimenti. A parte Baidoa, dove era attiva una sorgente di notevoli capacità, tutte le altre località, in faui, non erano dotate di risorse idriche suflicienti , e ciò proprio mentre il fabbisogno gi~t cospicuo pe r le esigenze cli stazionamento
228 La si1ua1.ione della forza in Somalia alla data del 1°.Xl.1 935 era la seguente: ufficiali 1726truppa nazionale 27.344-truppa indigena 30.409-cannoni 129-mitragliatrici 1776-fucili o moschetti 55.320-carri veloci 75 -aerei 38-autoblindo 21 -cnrri armati 22. Reparti g iunti in S(>malia e non ancora compresi ne l computo: 6° Div. CC.NN Tevere, XXX III e XXXIV btg. ni special i, reparti vari (te legrafi sti. idrici, ecc.) (AUSSME, D l - 113/2. prot.1 350 I del 3.1.1 936, da Ministero G uerra. Comando del Corpo di Stato Ylaggiore- Uff. Colonie, promemoria senza indic,v.ionc di destinatario e di finna).
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delle unità avrebbe verosimilmente raggiunto picchi ancora più elevati a seguito dell' aft1uenza repentina cli altri reparti o per il transito delle autocolonne. Si rese pertanto indispensabile allestire centri di approvvigionamento idrico, che entrarono in attività fra il 22 novembre ed il 15 dicembre utilizzando l'acqua dei fiumi quando possibile o creando pozzi e sistemi cli filtraggio atti a diluire l'alto grado di salinità delle acque. Inoltre la presenza di molti autoveicoli comportò l'adozione di vari accorgimenti per garantire il normale flusso della circolazione, ed in particolare la costruzione cli nuove strade, i riallamenti di altre (soprattutto la Mogadiscio-Baidoa-Lugh, molto battuta, ed il prolungamento Lugh-Dolo sulla riva destra del Giuba) e l'istituzione di un servizio delle tappe. Fin dai primi di novembre, mentre era in corso l' occupazione di Gorrahei e nel settore Giuba non erano ancora definite le direttrici dell'avanzata nemica e l'entità delle forze in movimento, il comando del corpo cli spedizione aveva provveduto ad una prima radunata delle unità destinate alla copertura ed alla prima difesa del settore, e precisamente quelle il cui spostamento non incideva eccessivamente sui trasporti motorizzati troppo coinvolti nell'organizzazione logistica. TI 13 novembre il comando tattico del corpo di spedizione raggiungeva Baidoa, ed il comandante assumeva personalmente anche la responsabilità ciel settore del Giuba costituendo due sottosettori, uno a Dolo (col. Miche li) ed uno a Oddur (col. Martini). Le infonnazioni raccolte sul nemico erano molto discordanti. Fino al 14 novembre si sapeva soltanto che il grosso di ras Destà era riunito o si stava raccogliendo a Neghelli, e si poteva solo presumere quali ne fossero gli intendimenti. Il nucleo principale era costituito eia truppe regolari amhara, ben istruite ed equipaggiate, rinforzate lungo il percorso da forze irregolari reclutate sul posto e formate da guerrieri arussi, borana, conso, goba, gardula, digodia e persino giam giam, sul cui apporto però ras Destà poteva fare scarso aftidamento sia per la loro impreparazione militare sia perché appartenevano a popolazioni assoggettate da Menelik e non ancora assimilate nell'impero. Si trattava, secondo le nostre fonti informative, di un'armata di 35.000 uomini, dotata di un centinaio di fucili mitragliatori, di qualche pezzo cli artiglieria e di alcuni cannoncini antiaerei Oerlikon (229). Ras Destà contava di giungere alla frontiera verso 1'8 dicembre marciando lungo la direttrice del Daua Parma, preceduto dall 'avanguardia del fitaurari Ademé e da gruppi di "assaltatori" capeggiati dal fitaurari Tademé. Al movimento dell'annata si intendeva dare carattere di aggiramento strategico dell'ala sinistra italiana, ed in concorso con questo movimento avrebbe operato lungo l'Uebi il contingente del Baie al comando del degiac Bejené Merid. Ma la ricognizione aerea, nonostante la perseveranza della propria attività, non era in grado di precisare i particolari del dispositivo avversario: le precauzioni, suggerite dallo stesso imperatore, la copertura del terreno e la disciplina rigorosamente mantenuta dai 229 G. L. Steer, pur concordando con l'entità dell 'armamento, valuta la consistenza di questa armata in 20.000 uomini, aggiungendo come al suo seguito viaggiassero anche due strutture della Croce Rossa, una etiopica e l'altra svedese (Steer G.L., "Cesar in Abyssinia", Hodder and Staughton, London, J936. pag. 238).
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singoli gregari non consentivano rilevamenti concreti. Le truppe etiopiche marciavano soltanto dall'imbrunire alle 22, gli armati sostavano al coperto nelle fiua boscaglia e lo stesso bestiame, salvo piccole aliquote al seguito delle colonne, procedeva lungo i corsi d'acqua mascherato dalla densa copertura delle palme. Le tende erano state tinte di rosso-giallo ed anche le tenute dei soldati erano state opportunamente mimetizzate. La situazione avversaria si chiariva soltanto in base alle notizie degli informatori e per le intercettazioni del servizio speciale, che fino a quel momento era stato penalizzato dalle interruzioni dovute agli spostamenti della controparte od al cattivo funzionamento degli apparati radio. Verso il 20 novembre si poteva precisare che l'avanzata del grosso nemico avveniva lungo la direttrice Fi ltu-Bogol Magno-Dolo sotto la protezione di quattro avanguardie, delle quali due a cavall o del Canale Doria, una sulla sinistra dell'Ueb Gcstro e la quruta lungo lo Scebeli. Questa massa procedeva molto lentamente, dopo essersi mossa I' 11 od il 12 da Neghelli con direzione Dolo. mentre nessuna notiz ia si aveva circa i contingenti in marcia sul Daua Panna. ln aderenza a queste informazioni, ad iniziare dal 19 novembre il comando italiano emanava gli ordini per la costituzione dei raggruppamenti tattici . ed a seguire quelli relativi allo spostamento delle unità preposte alla loro costituzione. Successivamente, per chiarire la situazione sul Gestro dove erano segnalati in movimento reparti nemici e dove la ricog1ùzione aerea rilevava giornalmente la presenza di numerose mandrie di bestiame, ordinava al comando del sottosellore Dolo cli raggiungere con una colonna leggera del I Gruppo Bande Lama Scillindi, catturare il presidio, distruggere il fortino ed incendiare il villaggio. Il positivo esito dell'incursione (AII. I 10), al cli là del suo relativo peso militare. si sarebbe proiettato in chiave politica in quanto le popolazioni aulian, già orientate verso di noi, avrebbero incrementato le loro sollomissioni aiutandoci anche nei contatti con i gruppi ostili galla-somali del Gherir. da dove partivano le frequenti razzie ai danni delle nostre cabile di frontiera. Al I0 dicembre nel settore Giuba e rano affluiti eia parte italiana 23.300 mili tari, dei quali I2.000 nazionali. con I030 mitragliatrici, 35 rra carri armati ed autoblindo, 46 cannoni, 1350 autocarri e 3360 quadrupedi (2 30). Altre unità erano in corso di aff1uenza, mentre a Lugh erano dislocati 24 aeroplani. Lo sch ieramento delle truppe era il seguente: truppe sottoseuore Dolo (comandante col. Micheli, comando Dolo); 3° raggruppamento A.S. (3 battaglioni e l batteria) agli ordini ciel colonnel-
lo Molinero;
230 La si tuazione dei servizi in Somalia alla data del 30.Xl.1935 comprendeva 934 1 quadrupedi e 2781 automezzi var, (AUSSME. Dl-1 13/2, prot. 13501 del 3. 1. 1936, da Ministero Guerra, Comando del Corpo di S.M.-UIT. Colonie. promemoria senza indicazione di destinatario e di linna). li totale generale particolareggiato per il seuorc Giuba era il seguen te: ufficiali 663, son.li 588. lnlppa nazionale 1J .026. lruppa indigena 13 030, muli nazionali 423, muletti indigeni 1466, cammelli 1473, fucili o moschcui 20.757, mitragliatrici pesan ti 383, miu·agliatrici leggere 647. lanciafiamme 12. carri d'assalto 23, a111oblindo 12, cannoni 65/17 n° 4, obici da 75/13 n° 12. obici 100/17 n°8, cannoni 77/14 n° 2, cannoni da 70/15 n°8. autocarri 1257, autoboni 40. autoambulanze 55 (" La guerra i1alo-etriopica. fronte Sud", vo i. 111, al i. 242, pag. 2 I 8).
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I gruppi bande (ten. col. P1igiotti); l sezione autoblindo; dislocate fra Dolo e Ualaddaie; truppe sottosettore Oddur (col. Mattini; comando Oddur); 5° raggruppamento A.S. (3 battaglioni) col. Martin i, dislocar.i fra Uegit, Oddur e Tigieglò; raggruppamento tattico "Pavone" (generale Pavone; comando Adeile): 4° raggruppamento eritreo (4 battaglioni) e gruppo 75/13 (col. Moramarco) ad Adeile; raggruppamento mitraglieri autocarrato (col. Zambon) con Xlll, XIV, CCXXV btg, mitr. e IV gruppo squadroni "Aosta" in procinto dislocarsi fra Lugh e Soban Allah; battaglione carri annati ten. col. Pederzini (2 compagnie cani armati e I squadriglia autoblindo meno una sezione) in procinto di trnsferirsi a Soban Allah; l sezione mobile "L", a Lugh; raggruppamento artig lieria (col. De Paris) con gruppo autotrainato 77/28 e III gruppo 75/13 da dislocarsi a Lugh; riserva del C. C.S. (generale Agostini; comando Uegit): coorte milizia forestale (seniore La1ice) a Uegit; raggruppamento squadroni mitr. pesanti (generale Morelli) a Baidoa. Nell' All. l 11 è riportata la situazione avversaria alla stessa data e nel medesimo settore . Nello stesso pe1iodo cli tempo entrava in funzione la nuova organizzazione settoriale derivante dalle innovazioni apportate nei due settori (Ali. 112) e cominciavano ad affluire in Somalia i primi elementi della 6° Div. CC.NN. Tevere costituita da quattro legioni di volontari (italiani all'estero, arditi, mutilati e studenti universitari), la quale veniva assegnata alle forze annate della colonia (2 31) al posto della Divisione libica che era invece mantenuta nello scacchiere cirenaico in attesa che si chiarisse la situazione politica con l'Inghilterra. È da rilevare come poco prima, negli ultimi gionù di novembre, Graziarù, in risposta ad un messaggio di Badoglio che chiedeva chiruimenti in merito ai suoi intendimenti operativi così da armonizzarli con l'azione sul fronte eritreo (All. I I 3) aveva espresso la personale convinzione che da quello somalo potesse atturu·si un'azione offensiva a fondo verso Harrnr, a patto che fosse stata reatizzata l'adeguata componente motorizzata eia lui sempre tenacemente perseguita ma ancora non completata. Ed è proprio in base a tale sua lungimirante predisposizione offensiva che il Comandante Superiore in Somalia ordinava una seconda ricognizione in forze dopo quella effettuata su Lama Scillincli, e ad ancora più vasto raggio. Mentre, infatti, le informazioni sull'armata di ras Destà erano state acquisite e controllate
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Ma lgrado il desiderio di trasferire successivamente nell'interno questi reparti di volontari non appena si fossero acclimatati, il Comando dovette trauenerli sulla costa perché la Div. non aveva i mezzi per muoversi. Essa era senza quadrupedi, poiché per non aggravare la già pesan te si tuazione logistica erano stati ced uti in numero di 2000 al fronte Nord e non disponeva che di 78 automezzi leggeri per le esigenze di 13.000 uom ini. Così. invece di dare un apporto di forze, questa G.U. dall'elevato spiri to combattivo si riduceva ad una massa inelte desti nata a bivaccare entro il cam po trincerato di 1'vlogadiscio.
LA manovra del canale Doria
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Schizzo n. 38 - La zona operativa nella seconda metà di novembre 1935
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Da: Cabiati A.. op. cit.. pag. 79.
dalle intercellazioni del servizio speciale (Ali. 114), poche e contraddittorie risultavano que lle sul contingente del Ba ie. Questo mancava di stazio ne radiotelegrafica e g li stessi informatori non erano riusciti a precisarne l'enti tà e le d irettrici d'avanzata, per cui ri maneva sempre il dubbio se il degiac Beiené Merid avrebbe seguito la linea del Gestro o dello Scebeli. Urgeva pertanto chiarire tale alternativa, e possibilmente eli minare la grave minaccia rappresentata dalla presenza delle sue forze sul nostro fianco destro qualora fossimo passati all 'azione controffensiva con di rettrice d'avanzata il Can ale Doria. Questa ricognizione a carattere strategico - della quale, rispetto alla sequenza cronologica degli avvenimenti, anticipiamo la rievocazione - fu affidata ad Olol Dinle, capo delle bande irregolari dello Sciaveli , forte d i circa I000 armati
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rinforzati da un plotone di mitragliatrici pesanti e dotati di un'autonomia logistica di 30 giorni nonché di un apparato radiotelegrafico da campo. Nel corso de lla sua progressione, Olol Dinle avrebbe dovu to attuare un 'azione di influenza politica nei confronti delle popolaz ioni del Ghelimes da poco sottomessesi ed ancor più di quelle del Gherir e del Caranle. Olo l Dinle si mosse da Callafo il 2 dicembre 1isalendo il corso dell' alto Scebeli senza incontrare alcuna opposizione. Il 17 era a Bur Calane, a 300 km. da Callafo (AII. 115), dove otteneva le prime notizie sul nemico, ed il 23 a Gabba dove respingeva elementi irregolari facendo alcuni prigionieri dai quali apprendeva che le truppe di Beiené Merid, circa 5000 uomini, marciavano contro di lui. Nonostante il comandante del corpo di spedizione lo avesse lasciato libero cli 1itirarsi, decideva di rafforzarsi ne ll' ansa naturale del fiu me cd attendervi il ne nùco per affrontarlo . Nei giorni 24 e 25 le nùnaccc nemiche si precisavano (Ali. 116). Contro la banda di Olol Dinle marciavano due colonne, una da Malca Harrc lungo lo Sccbeli ed una da Bila Gherir ed E llot, mentre una terza da Sud-Ovest puntava su Barrei per intercettargli la ritirata. Malgrado gli fosse stato ribadito che era libero di disimpegnarsi come meglio riteneva purché non si facesse sopraffare, Olol Dinle persisteva nell'originario progetto chiedendo soltant.o l'appoggio aereo. Data l'enorme distanza, il comando non era in grado di fargli pervenire tempestivamente 1inforzi, ma disponeva comunque che uno dei gruppi bande del raggruppamento concentrato a God Dere e comandato dal col. Bertello muovesse subilo attraverso Callafo su Bur Calane per proteggere la ritirata d i Dinle, ove a questa fosse stato costretto eia forze soverchianti. Nella notte dal 25 al 26 ebbe inizio l'attacco nemico. Il combattimento si de li neava vivacissimo sin dalle prime ore del 26, con il supporto degli aerei di base a Lugh, Gorrahei e Belet Uen, e dopo l'imbrunire l'attaccante, sanguinosamente respinto nei suoi reiterati tentativi, desisteva dall ' azione. Dopo il combattimento, durante il quale le perdite furono elevate da entrambi le parti, Olol Dinle ripiegò su Danan allraverso le alture di sinistra del corso dello Scebeli mentre la colonna Bertello si accingeva ad incontrarlo, e nella notte del 29 rientrò nelle nostre linee raccog liendosi appunto a Danan. Gli scopi dell'operazione erano stati raggiunti. La vallata dell'Uebi Scebeli era sgombra eia ogni minaccia poiché Beyené Mericl, ritiratosi o ltre Imi, non avrebbe potuto riprendere azioni offensive a breve scadenza, e nel quadro dell'imminente battaglia del Giuba aveva eliminato ogni pericolo sulla minacciosa direarice del Gestro nonché scoperto il fianco sinistro di ras Destà. 2 - GLI ADEMPIMENTT PER L' ORGANTZZAZIONE DlrENSTVA (4-25.XU.) Chiarita in parte la situazione sul Gestro con il combattimento di Lama Sciilindi, il Comando del corpo di spedizione ordinava di intensificare le ricognizioni terrestri ed aeree nel la sacca Daua-Canale. La posizione avversaria era ormai accettala, ed alla mezzanotte ciel 4 dicembre poteva riassumersi nel senso c he le avanguardie erano su quattro direttrici di avanzata ben precisate, delle quali una di circa un migliaio di. uomini seguiva l'Ueb Gestro e puntava su Lama Scillindi, una seconda di doppia consistenza procedeva sul Canale Doria diretta a Malca Dida, una terza forte di 2000 armati seguiva la camionabile Neghelli- Fillu per
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raggiungere Bogot Magno ed una quarta, infine, procedeva con 1000 elementi lungo il Daua verso Sadei. Il 5 od it 6 dicembre esse dovevano attestare sulla ti. nea Lama Scillindi-Gogorù-Bogol Magno- Sadei. La massa principale, agli ordini diretti di ras Destà, si trovava nei pressi di Neghelli mentre nulla era trapelato circa la dislocazione del grosso di Bcie né Merid. ln totale, i contingenti nemici anunontavano a circa 35.000 uomini con numerose mitragliatrici e con un numero imprecisato di artiglierie di modello antiquato. Sull a scorta di queste notizie, il Comando ciel corpo di spedizione emanava il 4 dicembre l'ordine di operazione denominato "piano Udine" per la battag lia difensiva-controffensiva e l'ordine per i servizi, con i quali erano concretate sia le direttive verbali che gli ordini successivamente diramati per la raccolta delle unità mobili, e veniva precisar.o il concetto d ' azione per la battaglia. TI Comando intendeva: a) ostacolare il passaggio sulla sinistra del Giuba del grosso nemico e, ove esso fosse riuscito ad aggirare la testa d i ponte di Dolo, batterlo con le forze riunite ad oriente del fiume durante la su avanzata su Lugh; b) agire controffensivamente con tro eventuali colonne che puntassero in contemporanea su Jet o, per la destra del Giuba, su Lugh attraverso il guado di Malca Rie; e) operare senz'altro offensivamente oltre la testa di ponte di Dolo-Oddo qualora il grosso nemico si attardasse a lungo nella sacca fra il Daua Parma ed il Canale Doria. In parallelo, veniva emanato l'ordine al comando del settore Scebeli-Ogaden di concon-ere alla battaglia difensiva alles1endo una colonna celere di due gruppi bande ed un gruppo cammellato e di raccoglierla a God Dere, pronta a muovere in concorso alle tru ppe operanti nel quadrilatero Dolo-Adeile-Lugh-Iet. Erano altresì definite le zone di competenza della copertura lungo il Daua Parma, demandando la responsabilità del tratto occidentale al raggruppamento tattico "Pavone", tuttora a Lugh, e que lla del trallo orientale al sot.tosettore Dolo. Un nuovo fattore faceva però sentire in quei giorni la propria infl uenza, la guadabilità del Daua. Mentre fino ai primi del mese i guadi del fiume erano stali circoscritti a pochi punti ben definiti, a cominciare dalla seconda settimana di dicembre una rapida cd inconsueta decrescenza de lle acqua rendeva il Daua guadabile in quasi ogni tratto. La minaccia che il nemico potesse varcarlo in forze diventava reale e pericolosa, tanto più che la ricognizione aerea segnalava il transito di frequenti e numerose carovane cbe percorrevano il confine del Kenya entro il territorio inglese, pronte a varcarlo appena fuori del nostro controllo aereo, e gli informatori riferivano di accordi fra il governo brilannico e quello etiopico intesi a cedere all'lnghilten-a l'Oltre Giuba in cambio di un'assistenza militare. Il Comando disponeva allora che la difesa avanzata ciel tratto Ma tea Rie-Dolo non fosse affidata ai soli elementi celeri di sorveglianza ma che tullo il territorio ad occidente del Giuba fino a Lugh costituisse un sottosettore a sé denominato Daua Parma, sv incolato eia quello cli Dolo (ciel quale nel frattempo aveva assunto il comando il gen. Annibale Bergonzoli), e venisse immediatamente rinforzato di truppe. Il souosettore doveva comprendere una difesa fissa lungo il fiume con centri di fuoco e rafforzamenti passivi, ed una massa di manovra cli più batta-
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glioni sotto un unico comandante (gen. Agostini) alle dirette dipendenze del Comando del corpo di spedizione trasferito intanto a Lugh. Ras Destà, segnalato il 12 dicembre fra Filtu e Dida Rengi, aveva spezzato il grosso in tre colonne, una agli ordini del greco Saba Karavasilis (chiamato dagli etiopici Mussa Saba), una lungo la pista che addiceva a Oddo e la terza sulla carovaniera parallela al Canale Doria. Con la prima colonna, forte di circa 3000 regolari, marciavano anche contingenti di irregolari agli ordini cli Hassan Gabba, mentre la seconda e la terza erano precedute da una consistente avanguardia comandata dal fitaurari Ademé, che aveva già preso contatto con gli italiani a Bucurale e ad Amino. Dalle informazioni risultava che le tre colonne dovevano attestare ad occidente di Dolo per forzare contemporaneamente la linea del Daua Parma; un'azione di concorso era prevista anche da parte dell'armata clell'Harrarghié. Ras Destà presumeva di poter raggiungere i suoi obiettivi verso la fine cli dicembre, perché in quel periodo contava di poter disporre non solo dell' appoggio di Beiené Mericl ma anche di quello de] clegiac Nasibù, che avrebbe dovuto attaccare di sorpresa gli italiani nell'Ogaclen. Coordinata da Hailé Selassié, l'offensiva contro la Somalia si sarebbe dovuta realizzare in tre settori: a destra, contro il campo trincerato cli Dolo, al centro, lungo la direttrice dell 'Uebi Scebeli, ed a sinistra contro i caposalcli di Gorrahei e di Gherlogubi. Il Comando delle Forze Armate della Somalia, nuova denominazione assunta frattanto dal corpo di spedizione e che indicheremo d'ora in avanti come C.FF.AA.S. , ritenne giunto il momento di rinforzare la nostra occupazione nel tratto minacciato disponendo che nel sottosettore occidentale affluissero nuovi reparti, e nel contempo provvide ad attuare il progetto di difesa di Baicloa secondo i criteri già provati e ad organizzare a difesa Bardera, sul Giuba. Ordinava anche all'Aeronautica di iniziare l'opera di logoramento del nemico così da stroncarne ogni attività e chiedeva l'autorizzazione ad adoperare tutte le armi, compreso il bombardamento a gas, ricevendo il consenso del capo ciel governo che ne autorizzava l' impiego "ove consigliato da superiori ragioni di difesa" (2 32). Frattanto sul Daua Panna i lavori procedevano senza interruzione. Secondo gli intendimenti ciel Comando quella linea doveva essere preclusa ad ogni tentativo del nemico; questo, ove avesse persistito nel disegno di attaccare, doveva essere costretto a tentare il guado del Giuba a monte di Dolo e ad affrontare la battaglia sulla sinistra del fiume fra Dolo, Correi e Adeile. Le truppe attendevano alacremente ai lavori. La difesa acquistava sempre maggiore consistenza: in meno di tre settimane, lavorando giorno e notte, vennero allestiti 54 km. di reticolato continuo con raddoppi e bretelle in corrispondenza dei centri di fuoco, 150 appostamenti per mitragliatrici, artiglierie, lanciafiamme e stazioni fotoe lettriche, una pista continua lungo tutto il reticolato e numerosi raccordi trasversali fra questa e la camionabile di arroccamento Dolo-Malca Rie, centrali idriche, la rete dei collegamenti e dell'osservazione, ecc. Tutta questa attività impegnò centinaia
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" La guerra it1tlo-etiopica. Fronte Sud". voi. III. all.262, pag. 274.
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di autocarri in continuo spostamento fra Baidoa e il Daua Parma o addirittura fra la costa ed il Daua, con percorsi dai 300 ai 500 km. (2 33). Nel settore 01ientale, l'occupazione di Gorrahei e le gravi perdite subite ad Hamanlei avevano indotto l'avversario, dopo un primo disorientamento, ad arrestarsi fra Sassabaneh e Dagahbur ed a rinforzare il settore dell'Ogaden con reparti regolari provenienti da Addis Abeba. Il comando italiano del settore ScebeliOgaden si era quindi messo in grado con le proprie forze di contrastare le immediate minacce nemiche, spostando a Gorrahei a liquote del 2° Raggr.to arabo-somalo dislocato a Ferrer ed autocanando un gruppo cli manovra per agire nelle direzioni di Gabredarre e Gherlogubi ed eventualmente di Danan. In seguito a nuove precisazioni informative controllate anche dalla 1icog1ùzione aerea, la situazione avversaria alla metà cli dicembre poteva essere ricostruita come segue: - il grosso, 6000 armati,era fra Sassabaneh, Bullaleh e Dagahbur, oltre naturalmente i contingenti di Giggica ed Hainr; - un distaccamento cli un migliaio di armati si trovava a Dukun, a circa 200 km. da Danan, probabilmente per resistere ad una nostra avanzata negli Arussi, adombrabile con l'operazione di Olol Dinle; - nuclei avanzati di media consistenza erano a Bircut, Hamaiùei e Harardighet. Da parte italiana, mentre era continuata l'azione di penetrazione politica confermata eia un imponente sinedrio svoltosi il 13 dicembre a Gorrahei al quale avevano partecipato tutti i capi ed i notabili clell' Ogaclen sottoscrivendo l'atto di sottonùssione al nostro governo (Ali. 117), si era dato il via alle disposizioni militari per rinforzare l'occupazione delle principali arterie dello Scebeli e del Faf, concretizzatesi nel prendere possesso di Danan il 17 e nell'invio di nuovi reparti anche a Gorrahei ed a Belet Uen. La nostra linea in quel settore andava da Danan a Ual Ual passando per Gabredarre e Gherlogubi, collegandosi a tutte le vie di comunicazione che convergevano su Ha,nr. Uno scaglionamento in profondità su ciascuna di esse e la possibilità cli manovra consentita dalla camionale DananGorrahei-Ual Ual lasciava pienamente tranquilli circa il poter fronteggiare un'i233 Durante le operazioni per la conquista di Gorrahei e la prima imbastitura cieli'organizza1.ione difensiva nel seu.ore del Giuba, esisteva una disponibilità complessiva di 1850 autocarri ordinari in tutta la colon.ia, compresi quell i civil i. Di questi, ben 400 erano assorbiti dal settore Scebeli-Ogaden, 700 dalle unità autocarrate o dagli autod.rappclli dei raggruppamenti indigeni e 200 dai lavori stradali e dagli organi di polizia. La Delegazione d'Intendenza dovette quindi auuare la costituzione delle scorte con soli 550 autocarri su una distanza di 500 km. e su un allineamento di circa IOO, corrispondenti rispettivamente alle località Mogadiscio-Dolo e Malca Ri e-God Dere. Nel mese di dicembre,con l'entrat.a in esercizio dei 1000 autocarri acquistati negli USA, la situazione numerica migliorò. La Delegazione venne a disporre di 1550 autoca1Ti in proprio, ma di contro si crearono i problemi connessi con i trasporti di truppe richiesti dall'affluenza delle unità e dei materiali di rafforz.amento sulla linea del Daua Parma (2 htg.ni nazionali, I compagnia lanciafiamme, 4 reparti rnitraglieri e.a., 2 compagnie del Genio, 750 tonn. di materiali), dei materiali da ponte a Dolo e di reparti a Baidoa. Si accrebbero inoltre le richieste del Genio per i lavori stradali, sì che la disponibilità a favore dell'Intendenza rimase del tutto inadeguata al fa bbisogno. Vi si provvide racendo concorrere ai trasporti di truppe gli autoreparti delle unit/1 autocarrate, che marciarono ininterrottamente notte e gior· no per quasi tre settimane, e mettendo in opera i pri mi caterpillar alacremente allestiti sulla costa ("La guerra italo-etiopica. Fronte Sud". voi. I, pagg. 225-226).
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niziativa offensiva etiopica. Anche nel settore orientale, in analogia a quanto accadeva in quello del Giuba, l'ultima decade di dicembre fu caratterizzata da una notevole attività, dando vita ad una forma di gueniglia offensiva associata a sistematici bombardamenti aerei sui presidi avversari. 3 - L 'ATIIVITA OFFENSIVA
a) Le opposte situazioni alla vigilia del confronto (29.Xll. 1935-1l.1.1936) La situazione avversaria negli ultimi giorni cli dicembre sembrava variare sensibilmente. Gli avamposti attendevano a lavori di rafforzamento in profondità come se dovessero assumere contegno difensivo e l'attesa del grosso dovesse protrarsi a lungo. Le masse cli armati segnalate in movimento sembravano infatti scomparse, e tutto l'atteggiamento del nemico induceva a ritenere che le iniziative offensive simulassero un diverso intento, e cioè quello cli arrestarsi sulle posizioni raggiunte o addirittura ritirarsi verso le proprie basi di partenza. Un'ipotesi verosimile, perché il comandante del!' armata etiopica non poteva non tener conto delle grosse difficoltà logistiche per alimentare la massa di uomini necessaria per condurre un' azione a fondo a circa 400 km. dalla base cli Neghelli, delle gravi perdite inflitte dai nostri bombardamenti aerei su questa località e sulle mandrie di bestiame, principale ed immediata risorsa al seguito, del blocco dei rifornimenti dal Kenya a seguito del continuo controllo esercitato dalla R.A., considerazioni tutte che potevano indurlo a differire se non a schivare l'azione. Da parte italiana, nel settore orientale le forze erano schierate per una manovra difensiva a cavallo dello Scebeli e del Faf, mentre in quello occidentale la linea del Daua ed il campo trincerato di Dolo costituivano robusti sbaJTamenti al di là dei quali si trovava una consistente massa di manovra. In sostanza, era stata portata a termine l'azione d'arresto, non tanto attraverso un'attività bellica quanto invece mediante un'accurata pianificazione e le conseguenti predisposizioni logistico-operative. Il disegno offensivo, già tracciato nei suoi lineamenti cli fondo sin dai primi di dicembre, in seguito agli eventi accennati veniva elaborato con l'intento cli consentirci di spingere lo sforzo sin all'occupazione di Neghelli e possibilmente di Mega, interrompendo la linea dei rifornimenti etiopici dal Kenya. L'azione comportava non pochi problemi perché avrebbe impegnato forze e mezzi rilevanti tenendo conto che occorreva penetrare per circa 400 km. in un teJTitorio reso ostile, oltre che dalla presenza fisica del nemico, anche dalla estrema povertà delle risorse locali, e raggiungere obiettivi molto distanti fra loro su direttrici divergenti assicurando, infine, il possesso del teJTitorio conquistato e delle due località terminali entro la prima decade di marzo, in anticipo cioè sull'inizio ciel periodo delle piogge primaverili. A fine anno, o ltre ai traghetti di Lugh e cli Adeile che erano stati rinforzati, erano stati attivati intorno a Dolo dieci passaggi (4 traghetti ed un ponte misto sul Giuba, 3 ponti e 2 traghetti sul Daua) in grado di permettere un transito giornaliero di migliaia di uomini e centinaia di tonnellate di materiali. La forza destinata all'operazione ammontava a circa 14.000 elementi, dei quali 1/3 nazionali e 2/3 eritrei e
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somali, e 3700 quadrupedi; l'armamento comprendeva 13.400 fucili , 784 mitragliatrici e 26 cannoni. Le dotazioni erano rappresentate da uno scaglione autocarrato al seguito dei singoli reparti (comprendente 4-5 giornate di viveri, 4 unità cli fuoco per armi portatili e 2 per le a1tiglierie, 3 giornate di acqua e 500 km. di autonomia per automezzo) ed uno scaglione rifornimenti su caterpillar, che doveva seguire a distanza di una tappa con dotazioni co1rispondenti a circa la metà di quelle precedenti, garantendo così alle colonne il soddisfacimento delle esigenze generali per 6 giornate di marcia e oltre 700 km. di percorso. Le truppe del sottosettore di Dolo creavano gli sbocchi delle colonne oltre la testa di ponte di Oddo, mentre quelle di Daua Parma lavoravano alla costruzione del proseguimento della camionabile Oddo-Mandera e ad effettuare energiche razzie ai danni delle carovane etiopiche provenient.i dal Kenya con i rifornimenti acquistati sui mercati locali (Ali. I 18). In data 29 dicembre la situazione delle forze di ras Destà appariva chiara. Egli aveva raggiunto Malca Dicla, a circa 50 km. da Dolo e puntava su Ha1Ta Deri , a 7 km. a Ovest da questo centro, un movimento accertato solo attraverso le informazioni avendo egli seguito con il grosso la pista lungo il Canale Doria completamente occultato dalla fitta vegetazione. La situazione al I O gennaio 1936 poteva così riassumersi: da parie etiopica: a) una colonna agli ordini diretti di ras Destà ferma lungo il Canale:
grosso attestato lungo l'uadi Sarole , lìno a Bogol Magno; Schizzo n. 39 - Il teatro operativo somalo alla fine del 1935
Da: " La conqu ista dcli' Etiopia", cit. , pag. 65.
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avamposti all'uadi Gocl Bogol, circa IO km. più innanzi del grosso; rafforzamenti, apprestamenti per mitragliatrici ed interruzioni stradali nella regione del God Bogol, lungo tutto l'uadi Sarole e all'altezza di Cogoru. Forza della colonna: 8000 regolari circa, con largo seguito di irregolari, servi ecc.; b) una colonna agli ordini di Mussa Saba ferma sul Daua Parma: grosso all' altezza di Sadei; elementi di sicurezza all' uadi Didimtu; un distaccamento (150 uomini) ai pozz i di Giarsa, in collegamento con la colonna di ras Destà. Forza della colonna: 2000-2500 armati, inclusi. gli irregolari Gherra, agl i ordini di Hassan Gabba a Digodia. Da parte italiana (All. 119): a) sulla linea del Daua: 4 battaglioni, la coorte della M.N.F., un gruppo di 2
batterie da 77/28, 3 reparti mitraglieri e una comp. lanciafiamme, una squadriglia autoblindo; b) nel campo trincerato di Dolo-Oddo: l gruppo dubat, il 3° raggruppamento A.S. con 3 battaglioni e una batteria 65/17, un reparto mitraglieri e una sezione autoblindo; e) ad Adeile: il raggruppamento tattico di manovra (7 battaglioni, 4 batterie e l compagnia carri armati); d) fra Lugh e Soban Allah: la riserva celere ciel C.F.A. (3 gruppi squadroni mitraglieri, un gruppo obici 100/17 e 1 compagnia carri armati) e il 5° raggruppamento A.S. su 2 battaglioni. L'aviazione era tutta proiettata innanzi fra Lugh e Gòrrahei. Ai primi cli gennaio erano entrate in linea due nuove squadriglie da bombardamento ed una squadriglia da ricognizione strategica, così che dei 76 velivoli dislocati in Somalia 60 erano a Lugh, 12 a Gorrahei e soltanto una sezione a Mogadiscio. Il 4 gennaio Graziani giudicava ormai "paralizzata" la grande offensiva strategica avversaria (Ali. 120). Ras Destà si trovava infatti insaccato fra Daua e Canale Doria, a 360 km. dalle sue basi, in critiche condizioni logistiche, martoriato dalla nostra azione aerea ed incapace ormai di forzare il sistema trincerato DauaDolo i cui rafforzamenti avrebbero richiesto altri mezzi che non i suoi per essere violato. La situazione creata dalla nostra attività, difensiva sul Giuba ed attiva su llo Scebeli e nell'Ogadcn, e l' arrivo della Div. Tevere che consentiva di proiettare la Peloritana sull'asse Belet Uen, mettevano ormai in grado di dare inizio all'offensiva. Ma le notizie che pervenivano al comando del settore orientale obbligavano ad una sosta, in quanto sembrava che il degiac Nasibù avesse spinto in avanti il proprio schieramento avanzato occupando Ducì:m e minacciando da vicino Danan e Jet. Preoccupato per la mossa di Nasibù, Graziani rinviava l'offensiva e faceva affluire d'urgenza a Danan ed a Mustahil alcuni battaglioni autocarrati, ma la situazione si chiariva al meglio il 6 gennaio, quando appa1iva evidente che Nasibù non stava progettando alcuna seria offensiva; in effetti, egli risultava impossibilitato a tagliare le nostre comunicazioni per mancanza di autocani, ed era costretto
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a limitarsi ad effettuare attività di guerriglia (2 34). Un'ampia sintesi delle possibilità nemiche su tutto il fronte meridionale e degli sforzi compiuti dal Comando delle FF.AA. della Somalia per fronteggiarle è riportato nell' All. 121. Nella notte fra il IO e 1'11, intanto, le unità che dovevano partecipare alla controffensiva che sarebbe stata denominata come "la manovra del Canale Doria" cominciavano a trasferirsi su ponti di barche e traghetti al di là del Giuba e del Daua Parma. La consistenza della forza nel settore Giuba è 1iportata nell'Ali. 122. Il concetto operativo era cli agire inizialmente con unità mobili, prevalentemente indigene, contro le truppe del Canale Doria obbligandole a risal ire il fiume fin oltre il bivio di Galgallò e, non appena sbloccata la camionabile per Neghelli, lanciare le unità autocarrate sul nodo di Damole, eliminando il nemico e precludendogli ogni possibilità di ritirata lungo la camionabile stessa; in contemporanea, agire sul Daua contro le truppe di Mussa Saba e c01iu-o i contingenti avversrui eventualmente scampati all'azione centrale. Dalla concomitanza delle azioni, Graziani s i ri prometteva di serrare l'armata nemica in una morsa fra i due fiumi e, in una fase successiva, di recidere il tenitorio conquistato sulla linea NeghelliMega. L'azione sul Canale era affidata a due colonne: - in prima schiera la colonna Bergonzoli che comprendeva uno scagl ione a piedi ( IO gruppo bande; 3° raggruppamento A.S.; 7° batteria 65/17) ed uno scaglione autocarrato (5° raggruppamento A.S .; lll gruppo 75/J 3 e 3° batteria 75/28); - in seconda schiera la colonna Morelli che comprendeva il raggruppamento mitragljatrici leggere Zambon (XIJJ-CCXXV battaglione mitr. e IV gruppo squadroni "Aosta"), una compagnia cani arrnati e il gruppo obici 100/17. Schizzo n. 40 - La battaglia del canale Doria Lo schieramento controffensivo al 12 gennaio 1936
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Da: "Fronte Sud. Re lazione", ci t. , voi. I, pag. 250.
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"La gue,rn italo-etiopica. Fronte Sud", vol. III. ali. 305, pag. 376.
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Allo scaglione cli testa del generale Bergonzoli erano assegnate anche una sezione autoblindo e una compagnia carri armati. Le due colonne dovevano incolonnarsi per le ore 19 del giorno 11 sulla rotabile Oddo-Amino, oltrepassando con la coda la lesta cli ponte di Oddo. Il generale Bergonzoli doveva operare a cavallo della camionabile e, superate le resistenze cli Areri e dell' Uadi Sarole, proseguire lungo la pista del canale fino a portarsi fra Galgallò e i pozzi cli Bogol Magno. La colonna Morelli doveva seguire il movimento, sfi lare oltre il bivio per Neghelli, puntando su Damole. Sarebbe stata protetta sul fianco destro e alle spalle dal generale Bergonzoli. L'azione del Daua Parma era affidata alla colonna del generale Agostini (coorte milizia nazionale forestale autocarrata, 4° raggruppamento eritreo, una banda cli 100 dubat, squadriglia autoblindo). In All. 123 gli organici dei predetti reparti. Negli intendimenti del Comando, il gen. Agostini doveva attaccare Mussa Saba dopo che la nostra colonna principale si fosse impegnata contro il grosso di ras Destà, poiché così Agostini avrebbe potuto intercettare con il proprio movimento gli eventuali spostamenti di forze dal Daua al Canale ed in una seconda battuta spazzare i nuclei nemici che avrebbero così dovuto ripiegare sul Daua senza rimanergli pericolosamente sul tergo. In riserva, a disposizione del Comando FF.AA., rimanevano il Raggr.to squadroni mitraglieri del col. Micheli, immediatamente a Sud del la confluenza Daua-Giuba, ed il XIV btg. mitraglieri autocarrato a Malca Rie. La R.A. doveva concorrere aUa battaglia al massimo delle possibi lità e dei mezzi, eventualmente anche con azioni a gas dimostratesi molto efficaci. (Ali. 124)
b) I combaaimenti e l'occupazione di Neghelli (12-20.l. !936) L' avanzata, le cui disposizioni erano contenute in un ordine d' operazioni del IO gennaio (Ali. 125) si s volse su due colom1e lungo il Canale Doria e il Daua Panna. La colonna cli destra (gen. Bergonzoli), seguendo il corso del Canale attraverso Amino raggiungeva iI 13 Gogorù dove si scindeva in due componenti delle quali l'una, autoportata, puntava direttamente su Neghelli mentre l'altra continuava a risalire il Canale Doria a protezione del fianco destro in direzione d i Bander. Ne risultava pertanto la formazione di tre colonne delle quali quella centrale, autoportata e composta di truppe cli colore e cli un gruppo squadroni mitraglieri Aosta, giungeva la sera del 13 a Ddei-Ddei, al margine di un vasto pianoro, dove incontrava forte resistenza che riusciva a debellare il giorno successivo. La colonna cli sinistra (gen. Agostini), che seguiva il corso del Daua Parma avendo come obiettivo finale Malca Murri, aveva preso anch'essa contatto col nemico e dopo alcuni combattimenti nei giorni 12, 13 e 14 raggiungeva Galgallè) dove sosteneva fino al 15 uno scontro con una consistente retroguardia etiopica che cercava cli contrastarle il passo senza peraltro riuscirvi. Nel pomeriggio ciel giorno 14 la situazione era la seguente: la colonna di destra agli ordini ciel gen. Morelli (che aveva sostituito sul Canale il gen. Bergonzoli, a sua volta destinato da Graziani al comando della colonna centrale) aveva impegnato il nemico nell'ansa ciel Canale Doria, riuscendo a rinserrare gli armati
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etiopici nelle numerose caverne naturali che formavano la scarpata ciel fiume, e si apprestava ad attaccare da Sud-Ovest in maniera convergente; la colonna di centro era ferma in quadrato a circa I km. dall'uadi Ddei-Dclei; la colonna cli sinistra continuava ad essere impegnata in combattimento a Galgallò. Il mattino del 15 la colonna di destra raccoglieva i frutti della lotta ingaggiata il giorno precedente. Il nemico era stato snidato da alcune caverne con bombe a mano ed arma bianca, ma occupava tuttora le alture da dove esercitava un'efficace azione di cecchinaggio, tentando anche qualche audace sortita notturna. Verso l'alba, vista ormai preclusa ogni via di scampo dopo che alcune nostre pattuglie avevano oltrepassato a nuoto il Canale, era infine costretto ad arrendersi. Graziani ordinava al gen. Morelli di spingersi lungo il corso del fiume per inseguirlo e di raggiungere Bander per prendere collegamento con la colonna centrale lungo la pista che univa questa località con Damole. Anche al centro il gen. Bergonzoli muoveva al )' attacco con la testa della sua colonna che, appoggiata eia un massiccio bombardamento aereo, riusciva a superare l'uadi procedendo poi direttamente su Damole senza preoccuparsi dei fuggia schi. A sinistra il gen. Agostini, avuta notizia che il nemico aveva sgomberato Sadei e forse anche Callegia, avanzava con la colonna autocarrata raggiungendo intorno a mezzogiorno entrambe le due località e mettendo in fuga deboli retroguardie avversarie. L' azione cli rottura era completa su tutta la linea, ed il Comando intendeva riprendere subito l'avanzata con obiettivo Neghelli. Torme cli fuggiaschi etiopi, scacciate dai pozzi di Bogol Magno ed esaurite le scarse riserve, cercavano di raggiungere l'acqua gettandosi sul Canale Doria o sul Daua ed anche ai pozzi di Giara, dove sarebbero state rastrellate dalle truppe di Morelli ed Agostini. Sulla strada di Neghelli erano in foga precipitosa i capi ed i loro seguiti personali, quasi tutti a cavallo, mentre altri sbandati a piedi cercavano d i sottrarsi alla cattura nascondendosi nella boscaglia adiacente alla strada. Le informazioni consentivano ormai di precisare l'entità della sconfitta etiopica: circa 4-5000 uomini risultavano dispersi o fuori combattimento per stenti, ferite o malattie, mentre centinaia cli prigionieri ed ingenti quantità di armi erano nelle nostre mani. Lungo il Canale il rastrellamento non incontrava che sbandati. Le perdite italiane ammontavano a 52 morti ed a I63 fe1iti . Occorreva sfruttare questa favorevole situazione e gettarsi sul nemico ormai demoralizzato senza dargli tregua. Più che il numero avrebbe contato la celerità del movimento. Graziani non esitava allora ad alleggerire il più possibile la colonna centrale per darle la massima autonomia e velocità e raggiungere al più presto Neghelli. Ordinava pertanto al col. Zambon, comandante della riserva autocarrata che era in marcia su Dohonta, di 1ientrare immediatamente a Dolo devolvendo a favore dello scaglione celere tutte le disponibilità di viveri, acqua, munizioni e carburante (A li. 126), e lo stesso ordine valeva anche per altri reparti che dovevano lasciare a disposizione del gen. Bergonzoli le proprie dotazioni di rifornimenti, ad eccezione naturalmente di quelle indispensabili per raggiungere Dolo. Il gen. Bergonzoli avrebbe dovuto provvedere ali' occupazione di Neghelli ed al "dominio mobile" del territorio conquistato. Graziani indicava al riguardo i criteri con i quali il possesso del territorio anelava effettuato, e cioè "muovendo
La campagna italo-etiopica, 1935-1936
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ed operando come meglio riterrà, non vincolandosi a presidi fissi bensì agendo su ogni direttrice, in modo da assicurare la regione fra Damole, Filtu e Neghelli da ogni minaccia nemica" (235 ) . Sulla direttrice del Daua il progresso del gen. Agostini era frattanto continuato, anche se con due gravi difficoltà, una legata alla impraticabilità del terreno, con conseguente necessità di trncciare al momento una camionabile di fo1tuna, e l'altra connessa a gravi manifestazioni disciplinari nell' ambito del Raggr.to eritreo. Nella notte del 15, infatti, un' ottantina di ascari appartenenti al 4° Raggr.to eritreo al comando del col. Moramarco avevano disertato riparando nel Kenya. Agostini decideva immediatamente di allontanare il Raggr.to dagli allettamenti dei disertori che, dalla ,iva inglese del Daua, incitavano i compagni ad imitarli, ed ordinava il ripiegamento degli eritrei su Giarsa. Durante tale movimento altri 700 ascari, quasi tutti di religione copta e capeggiati dallo sciumbasci Tsagai Negussié, abbandonavano i ranghi rifugiandosi anch'essi ne l territorio del Kenya od unendosi in parte alle formazioni nemiche. Sul Raggr.to eritreo non si sarebbe potuto fare più pieno assegnamento; per contenere il grado di inaffidabilità, esso sarebbe stato trasferito con automezzi a Merca ed in seguito solo un migliaio di uomini di fede musulmana, sui 3500 dell'organico iniziale, sarebbe stato reimpiegato sul fronte dell'Ogaden mentre tutti gli altri, di religione copta, sarebbero stati reimbarcati e trasportati a Bengasi (236) . Il generale Agostini decideva egualmente di gettare una piccola base a Callegia e proseguire su Malca Murri con le rimanenti forze, essendo a conoscenza che il nemico 1ipiegava oltre quella località lasciando soltanto deboli retroguardie. Intanto, da parte della colonna di destra procedeva il rastrellamento lungo il Canale; la sera del 16, dopo uno scontro a fuoco con retroguardie etiopiche ad una dozzina di chilometri eia Galgallò, era a metà strada fra questo villaggio e Bardera. Graziani intendeva recidere nettamente la regione del Borana dal rimanente territorio etiopico con un trasversale Neghelli-Mega, mediante l'azione contemporanea e coordinata delle colonne centrali e di sinistra. Era ne.cessario quindi che Neghelli fosse occupata al più presto, mentre il gen. Agostini, che stava tracciando faticosamente la camionabile verso Malca Ghersi ed aveva iniziato la costituzione della piccola base di Callegia, era in marcia su Malca Murri. La colonna Morelli aveva nel frattempo ricevuto ordine di rientrare a Malca Dida affidando il rastrellamento fino a Bancler ad una sola compagnia o ad un battaglione. Da quel momento le operazioni su quella direttrice avrebbero assunto il carattere di attività di polizia militare senza particolare rilievo tattico. L'azione si polarizzava pertanto sulle due colonne centrali e di sinistra i cui sforzi erano coordinati dal Comando FF.AA. Somalia con obiettivo Neghelli.
235 "La
guerra italo-etiopica. f ronte Sud", voi. lii. ali. 333, pag. 432. I disertori riparali in Kenya sarebbero stati poi internati dagli inglesi nel campo profughi di lsiolo; gli altri, rimasti nella zona di Neghell i a fiancheggiare gli etiopici, si sarebbero spostali con gli armati di ras Destà nel Sidarno, seguendone lllltc le vicende e venendo infine per una gran parte uccisi durante le grandi operniioni di polizia coloniale condotte nel l937. Le poche decine di superstiti poterono tornare in Eritrea solo nel 1941 , mentre alcuni altri rimasero in Etiopia con la qualifica di ufficiali (Del Boca A., op. cit., pag.516). 236
La manovra del canale Daria
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Schizzo n. 41 - La battaglia del canale Doria Situazione al giorno 17 gennaio 1936-XJV
CAITINA N. 10
U BATTISW Dn BWl.l DORI! $19'1..,, . i ~ 17 9'"",;., I B ·XU
K
Da: Graziani R., op. cit., pag. 248.
Il 18 mattina, poiché le informazioni aeree e terrestri confermavano che l'avversario non aveva predisposto nessuna organizzazione nella piana di Filtu e che invece gli aerei rilevavano movimenti e lavori intorno a Neghelli, ed al fine di evitare il danno di una sosta che incideva sui rifornimenti e sarebbe tornata a vantaggio del nemico, Graziani rompeva ogni indugio. Assumeva personalmente il comando della colonna centrale (Ali. 127), la raccoglieva nella piana di Ringi e dopo averla passata in rassegna ed incitata a procedere a costo di ogni rinuncia nessun consumo di acqua oltre il litro giornaliero pro capite per bere ed uso esclusivo di viveri a secco - indicava l'obiettivo da raggiungere, Neghelli, altri 250 km. da percorrere dopo i 200 vittoriosamente già percorsi da Dolo. Fra le dotazioni cli reparto e quelle dello scaglione di rifornimento la colonna disponeva di 8 giornate di vive1i e 4 di acqua, 300 km. cli autonomia, 5 unità cli fuoco per anni portatili e 3 per l'artiglieria; ad otto ore di marcia seguivano carburanti per altri 100 km. cli autonomia ed una giornata d'acqua. Da Dolo era partita una colonna di rifornimenti (ten. Bizzarri) con acqua, viveri e benzina, cd un' altra (ten. Bussetti) da Malca Dida con acqua, entrambe costituite da tutti gli autocani recuperati dal 5° Raggr.to, dai gruppi obici, dai btg.ni mitraglieri, ecc. che erano stati
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La campagna italo-etiopica, 1935-1936
appunto fermati a Dolo per alimentare i rifornimenti. In totale, un rinforzo cli 3 giornate di viveri, 11 Otonn. cli benzina e ben 85 mc. di acqua trasportata in taniche, fusti, barili, ghirbe ed altri contenitori di circostanza per essere distribuita direttamente agli uomini ed ai radiatori. Alla vigilia dell'ultima tappa che doveva assicurarci Neghelli era possibile valutare i risultati politici conseguiti con la vittoria. Mussolini stesso li compendiava in un messaggio rilevando che essa ci consentiva di penetrare nel territorio dei Galla, di esercitare una forte attrazione su tutte le popolazioni non etiopiche almeno sino al lago Margherita e cli tagliare le vie cli rifornimento dal Kenya. Esprimeva quindi il parere che l'occupazione del territorio conquistato avrebbe avuto notevole valore morale anche per la nazione italiana, che avrebbe ricavato tangibili benefici dal successo, sempre che la situazione militare lo avesse consentito e non fossero compromessi gli eventuali, successivi movimenti verso Harrar nel settore Ogaden (All. 128). La colonna operante, partita alle 12 dalla piana di Ringi, raggiungeva alle 16 il distaccamento Micheli all'altezza dei pozzi di Filtu e vi sostava in quadrato. Di là il gen. Graziani emanava l' ordine di operazione n° 9 per l'avanzata su Neghelli (All. 129) che avrebbe dovuto aver luogo il mattino ciel 20 sostenuta da un vigoroso appoggio aereo. Intanto, sul fronte della colonna Agostini affluivano ormai i fugg iaschi dall'uadi Ddei-Ddei; il personale, che era intento alla costruzione della strada per Malca Gbersi, avuta notizia della presenza cli 600 armati etiopici, sospendeva i lavori, si rimetteva alacremente in marcia e sorprendeva il nenùco clisperdenclolo dopo un accanito corpo a corpo. La sera del 18 gennaio la colonna principale operante su Neghelli era a 100 km. dall'obiettivo; sulla strada aveva incontrato numerosi nuclei cli fuggiaschi in miserande condizioni che si erano arresi implorando acqua (Ali. 130). Il 19 il movimento proseguiva sulle ali delle notizie che davano il nemico in procinto di abbandonare Neghelli, ed al mattino del 20 la colonna autocarrata puntava sulla città. In primo scaglione (gen. Bergonzoli) la sezione autoblindo, il lll Gruppo Squadroni Aosta, il X btg.a.s. e la batteria da 77/28; l'avanguard ia era costituita dalla sezione autoblindo e da uno squadrone dell'Aosta. In secondo scaglione, il comando della colonna (Graziani con il suo stato maggiore) ed il Il Gruppo Squadroni mitraglieri Genova, mentre in coda seguiva lo scaglione rifornimenti protetto da un plotone nùtraglieri. All'osservazione aerea Neghelli appariva sgombra, con colonne nemiche in ritirata su Uadarà. Sulla piana di Dida Liban che precedeva il bosco circostante la città, lo scaglione di testa si schierava e procedeva con ampio allineamento su tre colonne mentre 24 velivoli bombardavano le uscite dall'abitato e le alture circostanti, dove erano allogati depositi di munizioni e di viveri. 11111 Gruppo Squadroni seguiva la rotabile, preceduto dalle autoblindo, e gli ascari del X btg. circondavano il bosco snidandone i difensori; gli squadroni dell'Aosta puntavano direttamente sull'abitato, mitragliando i cecchini nemici da bordo degli stessi autocarri, ed alle 11 entravano in Neghelli mentre anche gli ascari proseguivano il rastrellamento convergendo verso il centro. Il comando della colonna, il II Gruppo Squadroni e la batteria si mettevano rapidamente in scia, ed un' ora dopo facevano anch'essi il loro ingresso (Ali. 131 ). Poiché risultava che il nemico, e forse
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La manovra del canale Doria
Schizzo n. 42 - Battaglia del canale Doria Schieramento offensivo sul Giuba - presa di Neghelli BATTAGLIA D EL GANALE DORI A SCHltltAMENTO QfftNSIVO SUL G,uaA Mll'fl\CCIA A81$SlNA NU OICfM&lt! l?ll ?R($A 01 NLCU(lll f MAI.CA MUklll
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Da: "Fronte Sud. Relazione". cit., voi. I, pag. 268.
lo stesso ras Destà, stavano ripiegando su Uadarà, a circa 70 km. da Neghelli, Graziani ordinava al gen. Bergonzoli di proseguire l' inseguimento con una colonna leggera autocarrata. Occupata Neghelli, i nostri distaccamenti venivano spinti più a Nord: il 23 quelli della colonna Bergonzoli raggiungevano Uaclarà mentre quelli della colonna Agostini pervenivano al guado di Malca Libai dopo aver percorso 86 km. cli terreno montuoso privo cli piste lungo la direttrice del Daua, ccl il 25 occupavano Malca Murri (Ali. 132). La manovra del Canale Doria e la relativa battaglia si erano concluse. In nove giorni di combattimenti l'armata di ras Destà era stata abbattuta ed i suoi resti inseguiti per 380 km.dei quali quasi 2/3 percorsi in una regione assolutamente desertica, sotto un sole ed una temperatura roventi, con la bocca impastata dal polverone sollevato dagli automezzi e con una dotazione personale cli acqua di un solo litro al giorno. Il capoluogo dei Borana era caduto nelle nostre mani, e con esso gli ingenti depositi cli mate1iali d 'equipaggiamento (tutti di marca inglese e svedese) e di munizioni che il nemico non aveva fatto in tempo a distruggere. Facevano parte del bottino anche le insegne di comando cli ras Destà e dei suoi tìtaurari (Ali. 133). 4 - L' ,\PPOGGIO AEREO
Le descritte operazioni sullo scacchiere somalo comportarono la necessità che la R.A. dovesse control lare il nemico su due fronti lontani, spaziando dai deserti
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La campagna i1alo-e1iopica, 1935-1936
dell'Ogaden fino alla foresta tropicale del Sidamo per tutto un vasto territorio e spostandosi, a seconda delle esigenze, sulle basi p1incipali di Belet Uen, Gorrahei e Lugh. Furono proprio gli aerei dislocati su quest'ultimo campo a scoprire nella prima decade di novembre 1935 l'avanzata avversaria in direzione di Dolo (237) . 11 26 ed il 30 del lo stesso mese i CA IOI bis del XXV Gruppo bombardarono Dagahbur, importante campo trincerato che sbarrava la strada per Harrar. Nella prima settimana di dicembre l'attività aerea si spostava al Sud, nel settore ciel Giuba, con il trasferimento di 24 velivoli sul campo di Lugh configuratosi come base p rincipale con i quattro già menzionati campi cli emergenza di Dolo, Uegit, Iet e Ualladaie. Vennero effettuate missioni di ricognizione per riconoscere il percorso delle tre colonne etiopiche in avvic inamento, e di spezzonamento e mitragliamento delle stesse una volta individuate.I bersagli privilegiati erano, oltre gli attendamenti e le salmerie, gli animali delle mandrie portati al seguito dagli uonti1ù di ras Destà, così da costringerli ad affrontare i combattimenti indeboliti dalla fame, come in effetti sarebbe avvenuto. L'azione aerea culminò il 14 dicembre con il bombardamento di Neghelli, importante centro di rifornimento per iI nemico, effettuato da 15 CA l OJ bis decollati da Lugh che impiegarono anche bombe all' iprite (Ali.ti 134 e 135). Il gas fu adoperato anche fra il 23 ed il 25 nel corso di azioni lungo il Canale Doria. Il 30 dicembre sei velivoli della 9° Sq. sganciarono 21 bombe all'iprite su una zona fra Gogorù e Malca Dida dove era stata segnalata la presenza di ras Dcstà e del suo stato maggiore. Secondo gli informatori, il capo etiope sarebbe stato accompagnato negli immediati pressi di un ospedaletto da campo della Croce Rossa svedese. L'infrastruttura rimase inevitabilmente colpita, il direttore Fride Hylancler gravemente ferito così come il suo assistente clou. Gunnar Lunclstrom, deceduto il giorno seguente insieme a 18 degenti etiopici ai quali se ne sarebbero successivamente aggiunti un'altra decina. L'episodio ebbe una grande ripercussione all'estero, con dannose implicazioni propagandistiche che determinarono due giorni dopo un inte~·vento di Mussolini presso Badoglio: "La notizia del bombardamento sul fronte somalo di un ospedaletto della Croce Rossa svedese ha sollevato in quel paese, che ha esposto le bandiere abbrunate, e nel resto d'Europa, una grande sensazione che i f!OStri nemici utilizzano in pieno. Dopo la speculazione di Dessié avremo quella di Dolo ed i sanzionisti ne trarranno incitamento ad invocare 1nisure. Questo è assolutamente nocivo. Nessuno più di me è favorevole alla guerra dura, cioè alla guerra, ed in tal caso ho dato a VE. istruzioni recenti, ma il gioco deve valere la candela e la necessaria rappresaglia deve essere intelligente. Se 237 La R.A. della Somalia tra novembre e dicembre 1935 era costituita da una Brigata Aerea Mista così composta: 7° Stormo B.T., articolato su XXV Gruppo (8° e 9° Squadriglia a Mogadiscio, Belet Uen e Lugh per un totale di 20 velivoli CA LO 1 bis) e XXXI Gruppo (65° e 66° Squadr.a a Mogadiscio con 18 aerei CAlll) - Gruppo Autonomo R.T. (107° Sq. C.T. con 6 CR20 tra Gon·ahe i e Lugh; 108° Sq. R.S. con IO R037 bis a Mogadiscio; Sq. R.T. Somala con 9 RO I tra Gorrahe i, Lugh e Mogadiscio) - Sq. S.M. con 3 Ba39 a Lugh. Il totale generale dei velivoli ammontava quindi a 66 (GenLi ll i R. , op. c ic., pag. 56).
La manovra deL canale Doria
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per disperdere dieci abissini in più noi ci tiriamo addosso L'opinione del mondo e costringiamo i nostri scarsi amici alla riserva, noi non facciamo che rendere più dif.Jicile il nostro cmnpito. Dia ordini f(ISsativi perché impianti Croce Rossa siano dovunque e diligentemente rispettati" (2 38). Da parte italiana si sarebbe cercato, all'epoca dei fatti ed anche a guerra finita, di attribuire all'episodio il s ignificato di una rappresaglia nei rig uardi di quanto era accaduto giorni prima nel settore clell ' Ogaclen, dove un velivolo RO 1 della Squadrigl ia R.T. Somala era stato costretto ad un atterraggio di fortuna in zona nemica. L'equipaggio, composto dal s.ten. pii. Tito Minniti e dal serg. fotografo Livio Zannoni, si era difeso con le armi cli bordo dagli attacchi portati da elementi avve rsari fino a che entrambi g li aviatori 11011 erano stati uccisi. r loro cadaveri furono poi decapitati e le teste portate in g iro per i villaggi, innestate sulla cima delle picche a guisa di macabro trofeo. In effeui l"episodio ebbe una notevole risonanza emotiva sia nell 'ambito locale che a livello nazionale ed anche internazionale, e la sua eco fu indubbiamente utilizzata su l piano propagandistico quale argomento per ritorcere su ll 'Etiopia l'accusa, del resto tutt' allro che infondata, di atrocità e barbarie (Ali. 137). Ma in realtà, come si è visto, l'impiego dei gas anche sul fronte somalo era già iniziato sulla base di una precisa pianifi cazione ai massimi verlici. La R.J\. svolse una parte di rilievo anche durante la ricognizione offensiva a grande raggio di Olol Dinle, come è già stato accennato allorché ne è stata rievocata la progressione lungo il corso dell 'alto Scebeli . Aggregato alla colonna, oltre ad un sottu rticiale marconista del l'Ese rcito, vi era anche un sottufficiale dell' Aeronautica con il compito di coordi nare l' appoggio aereo, sia quello relativo ai rifornimenti che quello inerente ad un vero e proprio supporto tattico. Questo si sarebbe appunto realizzato il 26 dicembre con i CA!Ol bis dell'8° e 9° Sq. ciel XX.V Gruppo che, in due ondate, sganciarono complessivamente 5 tono. di bombe oltre all'impiego delle mitragliatrici di bordo ed a ll'aviolancio di munizioni. Il IO gennaio 1936 Graziani emanò gli ordini d'operazioni per la manovra del Canale Doria, demandando alla componente aerea compiti di ricognizione e
238 AS-D MAE. Gab. ( 1923- 1943). b. 255. prot. 005 cifrato dell' I.I.1 936. da lvlinistcro ColonieGabinetto a gcn. Badoglio. f.to Mussolini (AII. 136). Nonostante questo deci so monito del Duce. anche nei mesi successiv i s i sarebbero ripetuti episodi analoghi. Nel respingere le accuse di auaccare deliberatamente e sistematicamente le strutture contrassegnate dai simboli della Croce Rossa intcrna;donale, il governo italiano :1ccusò a sua volt.i l'Etiopia di approfittare subdolamente di tali insegne per scopi militari, ivi compreso !"impiego delle autoambu l,uw.e per trasportare armi e munizioni. li rilievo non doveva risultare infondato se il 16.1. il l\"egus telegrafava in questi tcmlinj al liiaurari Tesamma Boute: "Oltre che sul Ghcbì e sull'ospedale. come è stato stabilito. non si debbono app licare altre croci rosse; se ve ne fossero, distruggetele segretamente in modo che nessuno veda" (ACS, Fondo Graziani, b. 67. f.230/3). G li :irmati etiopici. una volta avvistati g li aerei iu1 lian i. usavano occultarsi all"intemo di luoghi protetti dagli emblemi umanitari e da Il apri re il fuoco contro i velivoli. Risultava altresì che ad Harrar il primo piano dell 'edificio occupato dall'ambulanza svedese ospitava una stazione r.t. etiopica i cui addelti portavano abusivamente il bracciale della Croce Rossa (AUSSME, D 1- 127/2 prot.13/23 S.N.) del 27. 1.36, da Mi nistero Affari Esteri a Ministrn Co lon ie, Guerra e Aeronautica, Ambasciate e Lega1.ioni italiane varie, Del.ne lt.na G inevra, Presidente CRJ, f.to ··d'ordine del ministro·· ili.le).
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Lo campagna italo-eriopica, 1935- 1936
bombardamento sia durante l'attacco che, ancor più, allorché si fosse delineato il ripiegamento avversario. Dal 12 tutti i reparti dell'Aeronautica della Somalia entrarono in azione, attaccando in massa a Gorgorù con l'impiego di bombe a fosgene ed appoggiando le colonne di Graziani e di Bergonzoli che da Dolo muovevano incontro al nemico. Fra il 14 ed il I 5 i veli voli Ro del Gruppo Autonomo R.T. fornirono un contributo cleternùnante per sbloccare la marcia della colonna Martini, incappata scriteriatamente in una agguerrita massa etiopica a Dclei-Ddei, "sterilizzando" con spezzoni e con le armi cli bordo tutto il territorio circostante. Per tutta la durata della battaglia del Canale Doria, dal 12 al 20 gennaio, la R.A. effetluò 14 1 nùssioni di bombardamento, delle quali 62 con una percorrenza di 800 km. (da Lugh a Neghelli) e 49 di ricognizione e mitragliamento, sganciando in totale 39 tonn. di esplosivo e trasportò I 500 tonn. di materiali aeronautici e speciali oltre a 2000 tonn. di carburante. L'ultima incursione su Neghelli con uso di bombe a gas ebbe luogo nella mattinata del 20, poche ore prima del!' ingresso degli squadroni dell'Aosta. A Neghelli fu allestito un aeroporto, che metteva nel raggio d'azione dei velivoli il Baie e la regione dei Laghi. Sino alla fine del mese l'appoggio aereo sarebbe continuato con missioni di ricognizione e cli bombardamento sulle località più a Nord verso le quali era proseguita la nostra penetrazione, Malca Murri, Mega, :N1alca Libai, Malca Buba e soprattutto Uadarà, colpita il 25 gennaio da bombe all'iprite da 21 kg. 5 - GLI EPFEITI DELL'OPERAZIONE La manovra del Canale Doria rappresentò il primo, autentico successo italiano in A.O. La sua rilevanza fu notevole innanzi tutto sotto l'aspetto morale e propagandistico, sia perché la vittoria in Somalia aveva avuto luogo proprio mentre sul fronte Nord, come si vedrà nel capitolo successivo, erano in corso i combattimenti ciel C.A. Eritreo nel Tembien ed in particolare l'investimento delle nostre unità nella zona del Passo Uarieu, e sia perché era avvenuta alla vigilia di una delle tante conferenze cli Ginevra. • Esaminata sollo il punto di vista strategico, è indubbio che l'esito positivo della manovra aveva liberato il fianco sinistro ciel nostro schieramento da una minaccia che, potenzialment.e, avrebbe potuto assumere proporzioni anche notevoli. Infatti, aveva neutralizzato la massa nemica più importante e pericolosa, assicurando nel contempo al nostro possesso quasi n1tto il vasto territo1io ciel Galla Borana. Sotto il profilo più specificamente militare, è altrettanto indubbio che si fos se trattato di un grosso successo tattico ed ancor più logistico, un vero e proprio "piccolo capolavoro" (239). Il bilancio dello sforzo operativo si compendiava nella radunata di 28.000 uomini attuata nell'ultima decade di novembre, a scaglioni di migliaia, con spostamenti su percorsi di centinaia e centinaia cli chilometri su strade infernali; nei lavori stradali compiuti dalle truppe sul Daua e nei rafforzamenti dei centri difensivi di Oddo, di Dolo, cli Lugh, di Baidoa, Odclur, Uegit, Iet, ecc.; nello sbalzo effettuato dalle colonne operanti sulle tre grandi direttrici del
239 Del Baca A., op. c it. , pag. 5 15.
La manovra del canale Doria
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Canale ( 180 km.), di Neghelli (380 km.) e del Daua (220 km.) scontrandosi con il nemico in aspri combattimenti e supe rando le difficoltà del terreno ora sabbioso, ora roccioso, spesso intersecato da torrenti, comunque sempre ostile alla vita ed al movimento; nel concorso largame nte fornito dal Genio attraverso la manutenzione stradale al di qua del confine, i riattamenti oltre frontiera, la costruzione e l'esercizio dei passaggi del fiume, l' allestimento dei centri idrici, le trasmissioni, l' illuminazione del terreno, ecc. (240) .
"Quando un giorno i dati statistici porranno in rilievo lo sforzo compiuto per ammassare su questo f ronte, a circa 700 km. dal mare, con strade di carattere biblico e calore asfissiallfe, un corp o operante di circa 28.000 uomini per metà bianchi, allora sarà possibile valutare lo -~forzo stesso senza il quale l'Oltre Giuba e la Somalia seflentrionale sarebbero sicuramente state perdute". S uonano certamente valide queste parole, facenti parte di un documento del 6 gennaio 1936, con le quali il gen. Graziani aveva sintetizzato lo sforzo compiuto per l'operazione d'arresto, così come quelle con le quali, venti giorni dopo, avrebbe dato atto a tutte le unità dei servizi del contributo determinante fornito per il completamento dell 'ope razione (Ali. 138). Nel quadro della valutazione strategica della manovra del Canale Doria, vanno presi d'altra parte in considerazione alcuni rilievi mossi da critici di variabile competenza specifica. U no di questi, Fuller, arriva a parlare addirittura di "disfatta strategica" (241 ) , affermazione che, fatta salva la indubbia professionalità dell 'autore, ci sembra francamente fuori misura e frutto probabilmente dell' acrimonia tutta britannica del momento più che d i una lucida analisi; Del Boca sottolinea a sua volta come Graziani, distolto per quasi tre mesi dall ' obietti vo primario di Harrar, non sarebbe più riuscito a recuperare il tempo perduto e sarebbe stato costretto a sferrare le propria offensiva nell'Ogaden in aprile, in piena stagione delle piogge. Inoltre, l'occupazione di Ncghelli non sfruttata per un successivo balzo verso Addis Abeba avre bbe allungato smisuratamente il fronte somalo immobilizzando in quel settore a lcune migliaia di uomin i ed ingenti mezzi, ed infine la manovra del Canale Doria , oltre a causare un forte logorio dei mezzi a disposizione di Graziani , avrebbe fatto rallentare i lavori stradali nel settore Scebeli-Ogaden indispensabili per l' o ffensiva su Harrar (242 ). Le considerazioni di Del Boca, certamente più obiettive e "pacate", non tengono però conto del fatto che un ' offensiva verso I' Harrarino avrebbe richiesto forLe e mezzi che al momento non erano disponibili e che que lla che Graziani avrebbe iniziato in prima-
240 l soli movimenti di au1otraspono trnppc avevano comportato l' impiego di 883 autocarri con una percorrenza di 842.000 km. Sui ponti avevano u-.igheuato circa 15.000 tonn. di materiali e 9000 di auiomezzi e. durante la sola azione offensiva fra r I l ed il 20 gennaio, 20.000 uomini e 5000 quadrupedi. li centro idrico di Dolo aveva dovuto distribuire il 12 gennaio 120 mc. di acqua. e la massima erogazione si era avuta il 18 con 3 I8 mc.:. Dall'inizio della preparaiione alla fine di fcbbr.tio erano stnti distribuiti complessivamente 12 mi lk,ni di litri cli ac.:tJua cristallina e batteriologicamente pura, dei quali 1.225.000 solo fra il IO cd il 25 gennaio ("La guerra italo-etiopica. Fronte Sud··, voi. I. pag. 269). 2~ 1 Fuller J.F.C.. ·1ne first of thc Lea!!lle of Wars". London. 1936. 242 Del Boc.:a A ., op. cii.. pag. 5 15. -
240
La campagna italo-etiopica, 1935-1936
Schizzo n. 43 - Sintesi operativa nello scacchiere somalo a metà febbraio 1936 ....... SOMALIA • ....... ...., BRITANNI
•••• • •• f'ronle al 2 ottobre 19.'!S - . . operazioni dal 2 9.enna/0 , a mela' rebbraio '1936 ', - - - rronte a mela' febbraio 1936 ,
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Da: Del Boca A., op. c it., pag. 511.
vera sarebbe stata intrapresa solo mediante l'afflusso di nuove forze, in particolare dell'efficiente Divisione Libia al comando del gen. Guglielmo Nasi, ed ancor più da quello di mezzi idonei (automezzi Fiat 634 e caterpillar acquistati negli Stati Uniti) ed in quantità adeguata. Tra le risultanze della manovra, una menzione di rilievo va anche ascritta al consolidamento politico-militare del territorio conquistato, svoltosi fra il 21 gennaio ed il 27 febbraio. Il 21 gennaio, all'indomani dell'occupazione di Neghelli, il comandante delle FF.AA. Somalia fissava le direttive per lo scopo di cui sopra, delle quali aveva già dettato i criteri di base durante l'avanzata, e raccoglieva in un "decalogo" alcune raccomandazioni di carattere pratico (All. 139). Con esse era sancito il principio che il dominio della regione doveva avere carattere "mobile" mediante la costituzione di perni logistici ai quali potessero appoggiarsi le forze dislocate nel territorio ed eventualmente quelle destinate ad affluirvi in caso di operazioni. 11 primo di tali centri era Neghelli. Ogni centro doveva avere i mezzi di vita e le dotazioni necessarie alle unità che vi si appoggiavano, essere rafforzato e presidiato con piccoli reparti largamente dotati cli autonomia e cli mezzi di difesa e possibilmente comprendere un campo di atterraggio. In parallelo, il comandante del territorio doveva avviare la ripresa dei traffici e della vita civile, in modo che la regione potesse riprendere la propria attività, tanto più necessaria in quanto, essendo suscettibile di buone potenzialità agricole, avrebbe potuto costituire in prosieguo un prezioso centro di 1isorse (cereali, bestiame, legname, ecc.). Il 22 gennaio il Comando delle FF.AA. lasciava Neghelli e ritornava a Dolo, dove erano in corso i movimenti di deflusso delle unità di rinforzo ritirate dall'azione. Si tendeva con ciò ad alleggerire il peso dei rifornimenti nell'ambito ciel vecchio settore a vantaggio dell'organizzazione logistica nel territorio conquistato e, possibilmente, dell'azione su Moyale e Mega che avrebbe consentito di re-
La manovra del canale Doria
241
cidere completamente i rifornimenti etiopici dal Kenya. Il 28 gennaio la situazione era la seguente: sulla sinistra il gen. Agostini aveva occupato le colline della riva destra del Daua fronteggianti Malca Munì, e di là stava cercando cli aprirsi la strada su Moyale incontrando però grosse difficoltà a causa del terreno fortemente accidentato; al centro il gen. Bergonzoli si apprestava ad operare sulla direttrice di Mega, mentre sulla destra si stava costruendo la strada per Lama Scillind.i e si attivava un'attività esplorante verso Ellot per individuare eventuali provenienze ed intrusioni nemiche. Tra la fine del mese ed i primi giorni di febbraio venivano effettuate una serie di puntate offensive eia parte della colonna celere Bergonzoli che rafforzavano il possesso della regione, e contemporaneamente si cercava faticosamente di completare l'organizzazione logistica del settore. Il problema della percorribilità stradale, già arduo, era divenuto ancor più pesante, dal momento che le piste incontrate pressoché intatte dall'inizio delle operazioni erano divenute sempre più precarie a mano a mano che erano state battute dal passaggio delle autocolonne. Nonostante poi si cercasse di adotta.re tutti gli accorgimenti possibili (Ali. 140) la situazione degli automezzi non pem,etteva cli portare a termine questa preparazione logistica entro i ristretti limiti cli tempo imposti dalle piogge. Si sarebbero pertanto dovuti far affluire nel settore del Giuba da tutto il resto della colonia altri automezzi e caterpillar, mettendo in crisi esigenze non meno preminenti connesse alla preventivata, prossima offensiva nell'Ogaden ed agli accresciuti bisogni generali quali derivavano dall'arrivo delle due nuove divisioni Tevere e Libia. Questa situazione, oltre ad alcune considerazione di carattere politico tendenti ad evitare complicazioni con gli inglesi, sostanzialmente possibili a seguito cli recenti rettifiche confinarie a loro favore che avrebbero interdetto alla nostra colonna diretta verso Moyale gli indispensabili pozzi di Gaddaduma, inducevano Graziani il 4 febbraio a soprassedere all'azione su Mega per privilegiare invece l'impegno nei confronti di quella su Harrar, decisione condivisa ed approvata da Mussolini che ribadiva come Harrar costituisse l'obiettivo primario per il contingente che operava sul fronte somalo (Al!. 141). 1O febbraio Graziani decideva cli lasciare il settore Giuba rimettendone il comando al gen. Bergonzoli. Prima cli partire, diramava le direttive per l'ulteriore organizzazione delle truppe, dei lavori, dei servizi e delle strutture politico-amministrative. Il settore doveva con1prendere il presidio d i Dolo, la linea del Daua Parma con sede di comando a Malca Murri, il te1Titorio del Borana con sede di comando a Neghelli, il territo1io dell' Ueb Gestro con sede di comando a Bucurale. Si costituivano inoltre le tre "residenze" dei Borana (Neghelli), dei Digodia (Giarsa) e degli Aulien (Lama Scillindi). Il 26 la zona operativa era suddivisa in una nuova ripartizione che comprendeva il settore Giuba (linea del Daua, del Canale Doria e ciel Gestro), il settore Oddur (eia Iet a God Dere) ed il settore Scebeli-FafOgaden, oltre a due zone extraterritoriali rispettivamente a Belet Uen e Baidoa. li giorno successivo, Graziani comunicava di aver proclamato la liberazione degli schiavi trovati sia fra i prigionieri sia fra la popolazione locale (Ali. 142).
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CAPITOLO X
LA PRIMA BATTAGLIA DEL TEMBIÈN (20.-24.1.1936)
1 - LE PREMESSE STRATEGICHE Una valutazione operativa all ' inizio del 1936, se poteva risultare indubbiamente positiva sotto l'aspetto della situazione difensiva per entrambi i front i (243 ) , appariva peraltro - in particolare per quanto riguardava quello settentrionale (Ali. 143) - piuttosto statica e carente di prospettive. A Roma andavano aumentando le preoccupazioni ed i malumori, dal momento che a due mesi dal!' occupazione cli Macallé non era stata compiuta nessuna ulteriore progressione e nel mentre, sul piano politico internazionale, incombeva la minaccia d i un aggravamento delle tensioni legate alle manovre della diplomazia britannica tendenti a fare estendere le sanzioni al carbone ed al petrolio e ad indurre gli Stati Uniti ad abbandonare l'atteggiamento di stretta neut.ralità adottato dal presidente Rooswelt. Di tali preoccupazioni si era fatto interprete il 5 gennaio lo stesso capo del governo, attraverso due messaggi inviati a Badoglio ed a Graziani nel primo dei quali ordinava la sospensione dell'impiego dei gas sino alle riunioni della S.d .N. a Ginevra "a meno che non sia reso necessario da supreme necessità di offesa o difesa" (244), mentre nel secondo, diretto al solo Badoglio che insisteva per bombardare la ferrov ia Gibuti-Addis Abeba, ribadiva che l'azione, considerata ufficialmente dal governo francese come foriera cli non poche complicazioni anche per quanto avesse riguardato il solo tratto in territorio etiopico, andava per il momento pretermessa (245 ). Riguardo all ' impiego dei gas, il Comando Superiore A.O. non faceva mistero del proprio parere discordante in un telegramma inv iato il 9 al ministero delle colonie, concludendo come la sospensione ordinata da Mussolini comportasse un grave svantaggio per la condotta della nostra guerra (2 46 ). Infine, il 14 Mussolini invitava esplicitamente Badoglio ad agire. Dopo aver premesso che il problema di fondo era quello di riprendere comunque l'iniziativa delle operazioni ed avergli ricordato come egli disponesse ora fra Eritrea e Soma243 AUSSME. D5-I, prot. 84M del 3 .1. 1936, oggetto "Situazione militare", da Co mando Superiore A.0.-S. M.U ff.OPR a comanda nti CC.AA. cd a vicegovernatore della colonia, f.to Badoglio. 244 USSMA, Fondo A.O.I., D.S. Comando Aeronautica A.O .. cart. 22, all. 49. 245 Del Boca A., op. cit., pagg. 5 19-520. 246 USSME, D6-2/t , D.S. Comando Superiore A O.. cart. 22, ali. 86
244
La campagna italo-etiopica, 1935-1936
lia di 15 divisioni (247 ), il Duce esortava il generale a non attendere passivamente le mosse del nemico ma a fronteggiarlo e dominarlo in scontri aperti che, grandi o piccoli che fossero stati, avrebbero dovuto comunque essere vittoriosi (2 48 ). Il messaggio rappresentava una risposta a quanto comunicatogli eia Badoglio tre giorni prima, e cioè la necessità di sospendere la progettata offensiva verso Sud in vista della possibilità di dover subire un attacco avversa1io (249 ), evento già messo in preventivo nelle direttive impartite il 7 ed il 14 ai comandanti dei CC.AA. (Ali.ti 144 e 145). In effetti, mentre le forze avversarie che fronteggiavano le nostre nel settore di Macallé non davano segni di attività, tutte le informazioni segnalavano invece gli intendimenti etiopici per intensificare l'azione di ras Cassa e Sejum nel Tembien e di ras Imnùrù nello Sciré, cioè contro il fianco destro del nostro schieramento, operando anche a tergo di esso con l'intensificazione delle azioni di guerriglia. Le varie masse nemiche che avevano progredito verso il Nord risultavano così dislocate: - una, agli ordini di ras Mulughietà, valutata ad oltre 60.000 armati, si era concentrata nella zona di Amba Aradam; - un'altra, di oltre 40.000 armati agli ordini di ras Cassa (destinato ad assumere il comando di tutte le forze del fronte Nord) e ras Sejum ed in grado di essere rapidamente rinforzata dalla precedente, aveva incominciato a passare il Ghevà; - l'ultima, infine, di 40-50.000 uomini con alla testa ras lmmirù, continuava la sua lenta avanzata a Nord del Tacazzé. Il piano etiopico, che già si era venuto delineando nel corso delle prime puntate offensive del dicembre, mirava sostanzialmente ad isolare Macallé ed a spezzare in due lo schieramento italiano. Mentre ras Mulughietà teneva impegnato il T1T C.A. di Bastico che si era attestato nella piana di Calaminò a Sud di Macallé, Cassa e Sejum avrebbero dovuto aprirsi un varco nell'alto Tembien, occupare i valichi di Abarò ed Uarieu, raggiungere Hauzién e tagliare le retrovie italiane, consentendo a questo punto a ras Imminì di gettarsi sul can~po trincerato di 247 La dislocazione sommaria delle GG.UU. in Eritrea al 3 l .Xll.1935 era la seguente: Comando Superiore A.0.-Macallé; 4° Div. CC.NN.-Mai Macden (Macallé); 5° Div. CC.NN.-Debri Mariam; Colonna Dancala Mariotti-Azbì, Derà; T C.A.-Dolo; Div.ni Sabauda e 2° CC.NN.-Dolo e schieramento sinistra di Macallé: Il C.A.-Adua: Div.ni Gavinan.a e Gran Sasso-Adua e Axum; 3° Div. CC.NN. e IIl Brigata Mista Eritrea-Selaclacà; Ili C.A.-Macallé; Div.ni Sila, I° CC.NN. e 6" Gruppo CC.NN.Cinferes, Enda Mariam, Danan e schieramento destra di Macallé; C.A. Eri trno-Macallé; IO e 2° Di v. Eritrea-Uarieu (Tembien); IO Grnppo CC.NN.-Abbi Addì, Abari). Per quanto concerneva la componente logistica sempre del settore eritreo, i magazzini viveri, foraggio, sanitario e veterinario disponevano di dotazioni al co111pleto, con servizi assicurati sino a tmto iI mese di mar.lo l 936. I magazzini vestiario ed equipaggiamento avevano completato le dotazion i sino ai 4/5 delle scorte preventivate, quello del Genio comprendeva i 2/3 dei materi ali di prevista dotazione, quello automobi listico aveva il rifornimento assicunuo sino a 1u1to il febbraio I936 ed il pieno reintegro dei consumi. Solo i magazzini artiglieria, bardature e mascalcia risu l.tavano in difelto rispelto alle dotazioni previste. ed in particolare al primo mancavano ancora 24 mi lioni di cartucce per armi portatili. (AUSSME, O 1113/2, prot. 1350 I del 3.1. 1936, da Ministero Guerra. Comando del Corpo di S.M.-Uff. Colonie, promemoria senza indicazione cli destinatru·io e firma). 24 s Del Boca A., op. cit., pagg. 520-52 1. 249 Badoglio P., op. cit., pag. 57.
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La prima batraglia del Tembièn (20.1-24./. /936)
Adua-Axum con il proposito di dilagare poi in Eritrea. Un piano indubbiamente valido, troppo vasto però ed ambizioso per un esercito che operava su un fronte di 250 km., con quattro armate che agivano separatamente e non tutte dotate cli collegamento radio, con le munizioni razionate e le colonne di rifornimento che dovevano muoversi soltanto di notte a causa dell'attività aerea italiana. Un quadro sintetico della situazione politico-militare etiopica, comprendente l'entità e la dislocazione delle forze armate e gli intendimenti operativi al la data del l O gennaio 1936, è riportato per gli aspetti essenziali nell'Ali. 146 così come negli Ali.ti 147 e 148 sono riprodotte le dislocazioni delle forze inglesi ed anglo-egiziane in Egitto e nel Sudan, anunontanti rispettivamente a 64.000 uomini, 60 carri armati e 764 aerei e ad 8600 uomini e 150 velivoli. Il Comando Superiore A.O. disponeva pertanto la costituzione, il giorno 8 gennaio, di un TV C.A. (Div.ni Cosseria e 5° CC.NN., al comando ciel gen. Ezio Babbini) che doveva assumere la responsabilità cli quello che era stato il "Bassopiano Occidentale" e di porsi in grado d i contrastare tentativi di avanzata nemica Schizzo n. 44 - li disegno strategico etiopico nel 1èmbièn, prologo alla l" battaglia del settore
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Da: Cabiati A., cit., pag. 84.
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La campagna irato-etiopica, 1935-1936
oltre il Mareb ed a tergo di Axum, località nella quale il Il C.A. aveva ristretto ed irrobustito il proprio schieramento difensivo. Inoltre, un' altra G.U. cli recente costituzione, il III C.A. (Div.ni Sila e l ° CC.NN. 23 Marzo, al comando del gen. Ettore Bastico), doveva spostare i propri i reparti dalla zona di Macallé e schierarsi ad oriente della confluenza Ghevà-Gabat occupando la zona cli Debrì e Negaidà con il compito cli minacciare i fianchi ed il tergo cli quelle formazioni avversarie che dal Tembien avessero inteso muovere verso Nord-Est, ovvero impedire a ras Mulughietà d i accorrere in aiuto cli ras Cassa nel Tembien. Ma il compito operativo principale, data anche l'estrema difficoltà dei movimenti nella regione, era affidato al C.A. Eritreo. Lo squilibrio numerico delle opposte forze nel Tembien e l'attività aggressiva ivi dimostrata dall'avversario, che sembrava preludere a nuove iniziative, inducevano il Comando Superiore ad inviare in tale settore, in aggiunta alle forze già colà dislocate, la 2° Div. CC.NN. ed a disporre perché, contemporaneamente, una colonna del II C.A. presidiasse i guadi dell' Ueri a protezione delle comun icazioni adducenti ad Adua dal Tembien. Ma un altro aspetto della situazione acquistava una sua priorità nel quadro operativo generale. Ormai, nel settore del Tembien, risultava infatti per certo che ras Mulughietà, rinunciando alla progettata offensiva, avesse riunito sull'Amba Araclam cospicue e ben equipaggiate forze e fosse in grado, appoggiato alla suddetta posizione, cli opporsi con vantaggio ad una nostra avanzata sia verso Sud che verso Ovest. 11 possesso di quella posizione, che poteva quindi considerarsi la chiave cli volta della situazione, avrebbe consentito non solo di proseguire verso i valichi di Amb1 Alagi, che in quel momento costituivano il primo obiettivo da raggiungere, ma di risolvere definitivamente anche la questione del Tembien: qualora l'avversa.rio non avesse spontaneamente sgomberato tale regione, infatti, si sarebbe potuto aggirarlo da Sud, precludendogli ogni via di ritirata e costringendolo ad accettare battaglia in condizioni particolarmente sfavorevoli. Dopo il 12 gennaio la pressione nemica del Tembien si era andata accenniando: notizie attendibili confermavano che le forze di ras Cassa e ras.Sejurn intendevano procedere verso Nord-Est, in direzione del Gheraltà, per cadere sulla linea di operazioni dell'Endertà a Nord di Macallé, e che Iinforzi di entità imprecisata inviati da ras Mulughietà verso il Tembien erano in marcia a Sud de l Cìhevà. Il comando delle forze etiopiche dislocate nel Tembien meridionale era tenuto eia ras Cassa Darghié, personaggio piuttosto autorevole nel sistema feudale dell'impero perché imparentato con la dinastia di Menelik e cugino in secondo grado del Negus, nonché feudatario dell'Amhara centrale e del Salalé. Comandanti ciel nucleo più forte destinato ad operare in direzione di Abbi Acidi, erano due suoi figl i, Uonduossen ed Averrà, i quali erano preceduti da un'avanguardia costituita dagli armati dell' Uag sotto il comando del bigerondi LalibeJù Gabrè. Un nucleo di minor forza, destinato ad operare attraverso la regione cieli' Andino in direzione di Passo Abarò, era comandato eia ras Sejum Mangascià e comprendeva, oltre ad un residuo di a1111ati tigrini, anche le forze scioane agli ordini diretti del degiac Asfauossen Cassa, terzogenito del ras. La forte massa degli etiopici che fronteggiava il nostro schieramento nella zona a Sud di Macallé era posta, invece, sotto il comando di ras MuJughietà, ministro della guerra. A chiarire mag-
La prima bauaglia del Tembièn (20.J-24.l.1936)
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giormente i propositi offensivi dei comandi nemici concorreva lo spostamento della cavalleria appartenente ali' armata di ras Mulughierà, inviata ad ammassarsi dietro le truppe cli ras Cassa e di ras S~jum. Per quanto riguardava il terreno, questo era limitato a Nord da una linea di colli fra il Passo Uarieu e quello di Abarò e dal Ghevà a Sud e ad oriente, cd era tagliato in senso equatoriale dal Mai Tanquà, tributario del Mai Ueri. Attorno a Mclfa, la testata del Tanquà era formata con i monti Lata e Cuit a settentrione e con le alture di Zeban Kerkatà ad oriente. Vi si erano svolti nel dicembre i combattimenti di Abbi Addì e di Enda Mariam Quasar; ora le amiate etiopiche occupavano Abbi Acidi e la testata del Tanquà, in altesa di ordini per gettarsi verso Hauzien attraverso i valichi di Uarieu e di Abarò. Le caratteristiche orografiche del terreno lo rendevano estremamente difficile e quanto mai favorevole alle insidie ed all'occultamento. Nella regione considerata, infatti, i massicci dell'altopiano erano profondamente solcati dall'erosione delle acque e roni da forre profonde e da dirupi, coperti in parte da boscaglia di rovi e di acacie spinose. Quasi nessuna strada lo percorreva, ad eccezione di sentieri difficili, impervi, resi ancora più impraticabili dalle piogge e dalle frane. In terreno siffatto gli etiopici , per sfuggire alla nostra osse,vazione aerea, eseguivano gran prute degli spostamenti di notte, occultandosi di giorno nelle numerose anfrattuosità. Per Badoglio si prospettava una duplice possibilità: attendere l'attacco avversario, rafforzando nel contempo la linea di difesa italiana che poggiava sui centri fortificati di Passo Uarieu, Acidi Zubbahà e Passo Abarò e che era al momento presidiata da due intere divisioni, la 28 011obre ed una indigena più il Gruppo di btg.ni CC.NN. Diamanti; oppure prevenire il nemico agendo a sua volta offensivamente prima che avesse completato lo schieramento delle proprie forze e sconvolgendone così i piani. Badoglio optava per qucst"ultirna soluzione, convinto di poter facilmente immobilizzare le armate di ras Cassa e di ras Sejum e di poter poi subito sfruttare i risultati d i questa azione per sferrare a Sud di Macallé l'offensiva a fondo contro ras Mulughietà. Il 15 gennaio venivano impartite le ultime direttive che prevedevano di: - mantenere salda e garantita l'occupazione di Passo Uarieu ed eseguire una dimostrazione con una colonna leggern da Uarieu verso Abbi Acidi per allrarre su di essa gli annali dislocati in questa zona; - agire con una forte colonna da M ai Merenà su Melfà: - puntare con una colonna minore su Abba Salama se la viabilità lo avesse consentito, o fronteggiare l'amba per evitare che il nemico potesse scendere da essa. L'azione, preceduta da una puntata da Macallé verso Sud-Ovest di uniti\ della massa di manovra a disposizione del Comando Superiore, doveva essere eseguita con le truppe allora presenti nel Ternbien, ovvero la 2° Div. CC.NN., la 2° Div. eritrea cd il Gruppo Bt.ni CC.NN. dell'Eritrea, rinforzate da un gruppo di btg.ni eritrei della I O Div. che, da Macallé, era inviata in quel settore a disposizione del comandrulte del C.A. Eritreo quale riserva. (Ali. 149) Il 19 tutto il fronte italiano era in movimento. Nel timore che i quattro ras potessero concertare un'azione in comune od aiutarsi vicendevolmente, Badoglio faceva concorrere alla manovra tutti i CC.AA. l i mattino dello stesso giorno, infatti, faceva spostare il TTI C.A. da Macallé nella zona di Ncgaidà-Addi Hotzà-
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La campagna italo-etiopica, 1935- /936
Schizzo n. 45 - Il movimento difensivo del III C.A.
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P. Oogheci
o Antal,i Da: Cabiati A. , c it., pag. 85.
Adi Debrì, in modo da dominare la valle del Gabat e poter sbarrare la strada a Mulughietà nel caso avesse inteso inviare rinforzi a ras Cassa. Una mossa analoga faceva compiere da una colonna del Il C.A. sull'estrema sinistra.dello schieramento, tendente a bloccare, con lo spostarsi ad Af Gagà, ras lmmirù su quelle posizioni impedendogli ogni altra manovra.
2 - LA BATTAGLIA Dopo essersi cautelato sulle ali con queste operazioni ed aver occupato senza contrasto gli abitati di Negaidà e Debrì, all'alba del 20 gennaio Badoglio dava inizio all'offensiva nel Tembien, con una manovra a tenaglia favorita dall'andamento leggermente concavo della nostra linea tra il Passo Uarieu e le d ifese di Macallé. L' ordine di battaglia delle forze italiane è riportato nell'Ali. 150. La massa principale, su due colonne agli ordini rispettivamente del gen. Dalmazzo e del col. Tracchia ed una riserva, muoveva dall'allineamento di Passo Abarò-Mai Merett.à verso Sud-Ovest con obiettivo le posizioni di Melfà. Contemporaneamente una colonna minore (col. Buttà) puntava dalla zona di Adi Agnà su Abba Salama per sbarrare le provenienze dal Ru bà Uonì e concorrere in un secondo tempo, da Nord, all' azione della massa principale. Il presidio di Uarieu, al quale era stato affidato il mantenimento di tale importante posizione, faceva una sortita con una piccola ali-
La prima bauaglia dei Tembièn (20.t-24.1.1936)
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quota delle sue forze verso il Belés per bloccare l'avversario, che risultava numeroso in tale zona, ed impedirgli di fare rapidamente massa spostandosi lungo il Tanquà con le truppe dislocate ad Est di Melfà. Al compito di sbarrare al nemico le provenienze dal Rubà Uoinì concorTevano infine anche i presidi di Addi Zubbahà e di Passo Abarò, ciascuno con un proprio distaccamento. Non appena raggiunte le alture della riva destra del Mai Merettà, le colonne della massa principale si scontravano con imponenti forze avversarie. Particolarmente vivace si manifestava sin dall 'in izio la reazio ne nemica contro la colonna di destra, che era costretla ad impegnare tutte le sue truppe. Attacchi e contrattacchi si susseguivano violenti, i reparti sostenevano ripetutamente una dura lotta corpo a corpo con i nucle i avversari che scendevano dallo Zeban Kerkatà, mentre l'abitato di Mehenò veniva conquistato e riperso più volte; infine con il concorso dell 'altra colonna avanzante dall'alto, anche la colonna di destra riusciva, seppur lentamente, a proseguire. Il nemico cercava ancora di volgere la situazione in suo favore aggirando, con largo movimento eia Nord, il rianco destro ciel nostro dispositivo d'attacco, tentativo peraltro svent.atO dal tempestivo intervento della riserva di corpo d'armata. Verso le ore 14 gli etiopici, dopo aver vigorosamente combattuto cd aver subito ingenti perdite, iniziavano a ripiegare in direzione del monte Lata, protetti eia forti nuclei di retroguardia; alle 16 le nostre truppe raggiungevano le alture di Zeban Kerkatà, a non più di 8 km. eia Me lfà. La colonna proveniente da Adi Ahà, che aveva sostenuto anch'essa un aspro combattimento Schizzo n. 46 - Schema della manovra preludente alla battaglia
X P. Abarò
INDIGENI
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Da: Cabiati A., cit.. pag. 86.
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La campagna italo-etiopica, 1935-1936
contro rilevanti forze nemiche, riusciva intanto ad occupare l' Amba Cossà, primo gradino dell' Abba Salama. TI distaccamento spinto da Passo Uarieu verso il Belès grazie all'intensa azione cli fuoco, assolveva pienamente la propria funzione dimostrativa. La giornata si era conclusa favorevolmente per noi. Su tutto il fronte del Tembien si era preso contatto con il nemico; a Sud cli Uarieu, sebbene non impegnato, l'avversario era stato trattenuto dalla predetta azione dimostrativa; a monte Kerkatà e ad Abba Salama esso aveva opposto tenace resistenza ma era stato alla fine battuto. Sul fronte ciel III C.A. ras Mulughietà, evidentemente preoccupato dalla nostra avanzata, aveva tentato ripetutamente cli occupare le alture a Nord ciel Gabat ma era stato respinto. Nello Sciré, la colonna del II C.A. diretta su Af Gagà, aveva raggiunto la zona di Adi Danagul senza incontrare l'avversario. Il successo conseguito il giorno 20 consigliava di iiprendere l'azione il mattino successivo contro la massa nemica che occupava monte Lata per obbligarla a ripiegare verso Sud. Contemporaneamente il presidio di Uarieu doveva riprendere con un'aliquota delle proprie forze l'azione a carattere dimostrativo, mentre reparti del III C.A. dovevano impegnare le avanguardie di ras Mulughietà, ancora raccolte in valle Gabat, onde impedire che le unità che si trovavano in posizione più arretrata potessero muovere a supporto di ras Cassa. Nello Scirè, infine, la colonna pervenuta a Danagu.l doveva indirizzarsi su Af Gagà e cercare di i1runobilizzare le truppe di ras Immirù avvistate nella zona. Ma nel corso delle ore notturne la situazione nel Tembien mutava: a seguito dello sgombero del nemico da monte Lata il comandante del C.A. modificava nelle prime ore del mattino gli ordini impartiti alla colonna principale che doveva, a seguito delle nuove direttiva, congiungersi al più presto con la colonna proven iente da Nord e distaccare una robusta formazione di fanteria ed artiglieria su Debra Amba per impadronirsi dei roccioni che si affacciavano su Abbi Acidi. Intorno alle 9 le avanguardie della colonna principale giungevano a monte Lata e poco dopo stabilivano il collegamento a vista con la colonna di Abba Salama, che dall'alba aveva ripreso la marcia ~ dopo accaniti combattimenti era riuscita a superare verso le 8 il ciglione ciel Debra. Nel frattempo veniva ripetuta da Uarieu la sortita dimostrativa di un distaccamento che, nella convinzione alquanto superficiale (dal momento che non teneva conto della distanza e delle caraueristiche del terreno) di poter agevolmente collegarsi con le colonne procedenti eia Est, ma allontanandosi eccessivamente dal valico e correndo pertanto il rischio cli esserne irrimediabilmente separato, veniva avviato o ltre il Belès fino a prendere possesso dei roccioni di Debra Amba. Ma qui giunto il distaccamento, attaccato da forze nemiche superiori, era costretto al ripiegamento sino al caposaldo di Uarieu contro il quale, pertanto, si rivolgeva la pressione della massa avversaria in continuo rafforzamento. La si tuazione della posizione cli Passo Uarieu, affidata alla 2° Div.CC.NN. 28 Ottobre che disponeva però solo d i una parte delle proprie truppe, diveniva a questo punto cli tale g ravità da obbligare all'abbandono cli alcune delle strutture fortifi cate più esterne. Il provvedimento offriva certamente un più ampio margine cli resistenza a quelle centrali, ma consentiva anche a l nemico cli spingere alcuni dei propri nuclei in direzione di Dembelà e Zebanclas, così da poter esercitare la pressione anche sul retro dei difensori. La massa principale, che non aveva avu-
La prima ba11aglia del Tembièn (20.1-24././936)
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to probabilmente la pronta percezione delle notevoli implicazioni che avrebbero potuto derivare da un esito vittorioso dell 'i niziativa nemica contro il distaccamento mossosi da Uarieu verso Debra Amba, invece di dirigersi il più celermente possibile in direzione della stessa me ta ottemperando anche ad un preciso ordine del comandante del C.A., indugiava su monte Lata vanificando così, a causa del trascorrere delle ore, la successiva decisione finalmente assunta d i passare all'azione (250) . La seconda g iornata dei comballimenti si chiudeva positivamente nella zona d i Melfà ma con uno scacco in quella d i U<uieu che, pur non sopravvalutandone il significato episodico, determinava però nel quadro generale della battaglia una situazione oltremodo delicata. 11 nemico, infatti, respinto dalla direttrice di Passo Abarò dall a quale aveva inizialmente deciso di attuare la propria offensiva, era ormai in condizioni di poter far fronte abbastanza agevolmente. per un certo tempo e con una parte delle forze a sua disposizione, alla nostra pressione da Est e di aggirare, se non di superare, il caposaldo di Passo Uaricu puntando poi su Hauzien intcrTompendo, operando da quella parte e ad onta della resistenza che in quella località avessimo potlllO opporre, la linea operativa di Macallé. Schizzo n. 47 - La 1° battaglia del Tembièn: quadro d 'insieme
Da: Del Boc,;a A.. cii.. pag. 533.
2.IO In una postilla a margine della pag. 68 del volume "La guerra d ' Etiopia·· di Pietro Badoglio compu lsaw dallo scrivente, il gen. Dalrnazzo con testa come inesalto il ril ievo mossogl i dall 'autore circa la propria scarsa lungimiranza: ··solo dopo le 13.35 mi è sia/a com1111irn1a /' "i11tellii;e111e ini:.icuim'· de!ri11l'io di quel dis1accame1110 che alle 15.15 era co.1·1re110 a ripiegare rapidameme". Ed a proposito delle for,1;e impiegate ri banc che. contrariamente ad un btg. e ad una batteria come previsto nell'ordine di operazioni del comando di C.A., ave va inviato Lulla la colonna Bt1tt11 rinforzata dal XV I Btg. e da una batteria. Trent 'ann i dopo, il gen. Diamanti, comandante dell a colonna di CC.NN. protagonista della seconda sonila dal campo trincerato di Passo Uarieu, in un anicolo pubblicato su "lli slCJria" (Marzo 1966) avrebbe attribuito al proprio d iretto s upe riore. il comandante della 2° Div. CC. NN. 28 Otto/Jre gen. Somma, la piena responsabilità delrim provv ida dec,;isione.
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La campagn~1. italo-etiopica, 1935-1936
Cartina n. 48 - Panorama del Tembièn dal Passo Uarieu
A. Chemo.le'
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A«1" a. (M. Pelleqrino)
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PANORAMA DEL TEMBIEN DAL PASSO UARIEU
Da: archivio privato.
Lo prima balla.glia del Temhièn (20./-24.l. /936)
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La campagna italo-etiopica, 1935-1936
La soluzione che si prospettava al comandante del C.A. era duplice: muovere da monte Lata su Abbi Addì e rompere la morsa etiopica su Passo Uarieu, la cui difesa stava continuando valorosamente nonostante la crescente pressione nemica, ovvero radunare le forze a Passo Abarò e dirigersi sul caposaldo di Uarieu per Acidi Zubbahà. Questa seconda soluzione avrebbe richiesto maggior tempo e comportato l'annullamento dei vantaggi sino a quel momento conseguiti, ma lo avrebbe messo in condizioni di premere sul fianco nemico che fosse riuscito ad avanzare con d irezione Nord e Nord-Est verso l'Eritrea. Una volta scelta questa seconda opzione, alla sera del 22 tutta la 2° Div.Eritrea veniva concentrata pertanto a Passo Abarò dove, frattanto, era stata avviata da Macallè anche la 1° con i suoi restanti due gruppi di battaglioni. 3 - IL COJ\,1BATIIMENTO
DI PASSO UARIEU
Passo Uarieu (1935 mt.) si apre fra due sommità, ma il vero passo denominato dagli italiani Uarieu corrisponde all 'etiopico Chessàcl Ambà o Csada Ambà, e si trova poco più a Sud sulla strada per Abbi Addì, ai piedi dei roccioni della Debrà Amba. Il nome è rimasto però a designare la sella fra le due cuspid i alla base orientale della Uork Amba che, con i suoi fortini, costituì il perno delle nostre operazioni nel Tembien. Presidiava la posizione la 2° Div. CC.NN. 28 Ottobre, incompleta nell'organico perché il 5 gennaio aveva lasciato la 116° Legione a guardia del Passo Abarò e, pochi giorni dopo, la 114° a protezione della linea di schieramento prevista per l' inizio delle operazioni. Alla data del 21. gennaio le forze della Divisione erano le seguenti: Q.G. - 180° Legione - una batteria someggiata - II Btg. Mitraglieri CC.NN. - TI Gruppo cannoni da 65/17 ciel R.E. - 2° Gruppo Speciale Genio CC.NN . - un reparto salmerie - una sezione sanità - una sezione CC.RR. A compensare l'assenza della 114° e 116° Legione, erano stati posti alle dipendenze tattiche della G.U. due btg.ni del 1° Gruppo CC.NN. d' Eritrea (Il e IV), due gruppi autocarrellati di artig lieria da 77/28 (VI e Vll) ed il 4° Gruppo Btg.ni Eritei del col. Buttà (fX, XII più una compagnia ciel XVTI) (251). Come si è visto, la colonna di CC.NN. al comando del gen. Diamanti, composta dai due btg.ni (II e IV) del Gruppo Btg.ni CC.NN. d'Eritrea, da una compagnia mitragliatrici pesanti del TI Btg. divisionale e da una batteria del II Gruppo cannoni R.E. (252) per un complesso di 48 ufficiali e 1484 militi (253 ), era stata costretta nel primo pomeriggio del 22 a 1ipiegare entro le opere fortificate del passo ove la situazione, oltre che dalla pressione nemica, era resa particolarmente critica dalla mancanza di acqua. I due fortini non godevano infatti di approvvigionamento idrico autonomo ma dipendevano da un' unica fonte distante 4 km., e tutte le alture circostant.i erano occupate dagli etiopici. Il comandante del III C.A., recatovi si in ispezione I' 11 gennaio, non se ne era accorto od aveva sottovalutalo la cosa; fatto sta che era stata costituita una scorta d'acqua di soli 1200 litri alla quale, per tutti i tre giorni cli combattimenti, avrebbero attinto oltre 4000 uomini. 25 1
Luca~ E., De Vecchi G., "Storia delle unità combattenti della MVSN", Roma, Volpe, 1976, pag. 73. Lucas E., De Vecchi G., op. cit. , pag. 74. 253 Del Boca A., op. cit., pag. 524. 2 52
u, prima ba11aglia del Tembièn (20. I-24.l.J'J36)
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La manovra di ripiegamento della c olonna Diamanti si rilevava subito molto ardua, provenendo gli attacchi da tutte le direzioni e nonostante il fuoco di copertura della nostra a1tiglieria. Lo scontro s i protrasse a lungo, acerrimo. li TI Btg. sulla destra ed il TV sulla sinistra impedivano al nemico di ro vesciarsi sui fianchi , ma la massa offensiva aumentava a dismisura,acce ntuando la pressione da tutti i lati. Da quello sinistro, forti n uclei si erano infi ltrati alle spalle occupando posizioni dominanti le vie di accesso alla sella - Uork Amba, Scimarbò, A mba Chernalè, Zebandàs, - tulle improvvidamente lasciate sguarnite dal gen. Somma; due compagnie del li Btg. apparivano fortemente provate, avendo visto cadere quasi tulli gli ufficiali. mentre del rv Btg . restavano indenni solo il comandante e pochi ufficiali. I comandan ti di compagnia erano tutti cadu ti. Anche la batt.eria d ' appoggio veniva travolta ed a stento si ri usciva a salvarne un cannone, mentre la compagnia mitraglieri era interamente sterminata. Tuttavia la colonna contrastava palmo a palmo il terreno, ripiegava a scagl ioni sempre combattendo protetw dalla retroguardia e finalmente , aprendosi il varco all' arma bianca, riusciva a pervenire entro la linea dei fortini. Mancavano a ll'appello 15 ufficiali e 156 militi; tra i feriti, 9 ufficial i e 154 CC.NN. Quando i superstiti della colo nna Diamanti, con al seguito tutti i feri ti trasportabili, raggiunsero le opere fortificate del caposa ldo queste erano state investite da altre migliaia di armati etiopici. Anche l'ospedaletto costituiva un bersaglio per i cecchini e per un controcarro tedesco da 37 mm. ed alcuni modern i cannoncini Oerlikon piazzati sulle alture circostanti il cui effetto, in altre mani, avrebbe potuto essere ben più mic idiale di quanto non fosse in realtà. Da parte nostra, una sola batteria e ra rimasta in azione (254) . Dai muretti a secco delle postazioni cannoni e mitragliatrici sparavano insieme ai fu cili a dista nza ravvic inata e senza un attimo di sosta, aprendo brecce e solchi nella massa avanzante dei nemici; ma questi, cie l tutto incuranti della nostra vigorosa reazione, continuavano a portare l'assalto, ondata dopo ondata, all'arma bianca, contro le posizion i dei difensori. Ad un certo momento, una parte delle strutture fortifi cate dovette essere abbandonata, con il che si crearono i presupposti per il completo accerchiamento mentre la minaccia si profilava sino a Zebandas e Dembelà. sulle strade di Adua e di Hauzien. Oltre all' impeto aggressivo del nemico, un problema rilevante era rappresentato dallo scarseggiare dei viveri e d elle munizioni, oltre che dell' acqua (255), a risolvere il quale non risu ltò provvidenziale nemmeno l' intervento in massa
254 Ba ldini F., "G li italiani in Africa", Mi lano, Longanesi, 1971 , pagg. 346-348; AA.VV., "Le camice nere in A.O.", Roma. coop. Ed.ni Occid.li. 1996, pagg. 186-187: Pace B., "Tembien, note di un legionario della 28 Ouobre", Napoli, Ricciardi, 1936, pag. 35 e 81 . Fru i caduti , il centurione cappellano Reginaldo G iuliani , domenicano, torinese de lla classe 1887, gi à cappcll,mo nei re parti d'assalto del la 3° Armata durante la 1° G.M. nel corso della quale era stato decorato di una medaglia d'argento e due di bronzo al v.m ., e poi volontario fiumano. Cadde colpito a mone da un colpo di scimitarra mentre stava be nedicendo la salma del scniore Valcarcnghi. comandante de l Il I3tg. Fu decorato di medaglin d 'oro al v.m . all a memoria. 255 L'accerchiamento nemico rese impossibile il ri fornimento d'acqua. e molti militi impazzirono leueralmen1e al punto di tentare sonite disperate, suicide, per cercame qualche goccia da un piccolo ruscello praticamente secco. Con metodica azione di cecchinaggio, gli etiopici abbatterono così 28 camice nere (Bol la A .. " La batt aglia cli Passo Uaricu", in: ,;S toria del XX Secolo" , n° 9/1996, pagg. 20-2 1) .
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La campagna italo-etiopica, 1935-1936
Cartina n. 49 - Prima battaglia del Tembièn
.PIETRO BADOGlW. (
Dai tipi dell'Istituto Geografico Militare
LEGENDA
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Movimenti del giÒrno 20 Gennaio
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Località fortificate
I. I. 0; A. G. - Bergamo Da: Badoglio P., op. cit., pag. 71.
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CASA ED. A. MOD
~DO.RI - MILANO
Lo prima ba11aglia del Tembièn (20.1-24.1.1936)
Schizzo N.0 1
PRIMA BATTAGLIA DEL
Scala 1 : 100.000
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La campagna italo-etiopica. /935-1936
della componente aerea rivelatosi invece determinante per guanto concerneva sia il bombardamento che l'appoggio tattico con le armi di bordo (2 56). Per infrangere le ultime resistenze della 28 Ottobre ras Cassa aveva comunque bisogno di altre forze da gettare nella fornace e le chiedeva via radio a ras Mulughietà. Il ministro della guerra, però, tergiversava e prendeva tempo, adducendo che era impegnato a tenere a bacia il Il C.A. italiano. In realtà, come riferisce Del Boca, dietro ai suoi indugi ed alle sue reticenze, c'era anche il risentimento per la recente nomina di ras Cassa a comandante in capo cli tutte e quattro le armate ciel fronte Nord. Uomo di guerra, non poteva sopportare di essere agli ordini cli un uomo di "chiesa", e lasciava deliberatamente trascorrere ore preziose limitandosi infine ad inviare a Cassa un piccolo contingente cli cavalleria galla ed un convoglio di munizioni. Quanto a ras lmmirù, che era sprovvisto di radio, era all'oscuro di tutto quanto stava accadendo nel Tembien, ed invece cli portare l'attacco contro il campo t1incerato cli Adua-Axum, che avrebbe messo realmente in crisi l'alto comando italiano, ripiegava senza combattere anche dalle posizioni cli Af Gagà (2 57). Al mattino del 23 il comando del III C.A. inviava da Passo Abarò una colonna di soccorso della 2° Div. eritrea agli ordini del gen. Vaccarisi per sbloccare il presidio di Passo Uarieu, ormai allo stremo (non erano rimaste che poche centinaia di litri d'acqua). Ma l'azione di Vaccarisi, che avrebbe dovuto essere decisa e travolgente, risultava sin dall'inizio lenta ed incerta, pervenendo in serata ad Addì Zubbahà e giungendo solo l'indomani nei pressi della nostra posizione. I suoi difensori, d'altro canto, rianimati da un messaggio lanciato da un aereo verso le 13 che preannunciava l'arrivo dei rinforzi, avevano rintuzzato con rinnovata energia gli attacchi degli etiopici che, avuto sentore della minaccia in arrivo ed a loro volta provati, iniziavano il ripiegamento. L'affacciarsi dalle colline di Enda Micael del XXIV Btg. eritreo, alle 8 del giorno 24, dava luogo addirittura ad una sortita in forze delle CC.NN. di Passo Uarieu, per la quale il nemico veniva così a trovarsi fra due fuochi ed era definitivamente costretto allo sganciamento.
4 - LE RISULTANZE Il mattino del 24 gennaio, quindi, Ja prima battaglia del Tembien poteva considerarsi virtualmente conclusa, e nella cartina che segue è ripottata una sintesi delle varie fasi di svolgimento cronologico delle operazioni mentre nell' All. 151 è riprodotta la relazione compilata dal gen. Pirzio Biroli. 256 Per quanto riguarda le operazioni di rifornimento a mezzo aereo, nessun aviolancio avrebbe temperato le necessità e le sofferenze degli assediati di Passo Uarieu (Pace B., op. cit.,pag. 87), a di fferenza invece di quanto affermato da Pavolini che scrive di quintali e quintali di cartucce, acqua e pane (Pavolini A. , "La disperata", Firem.e, Vallecchi, 1937, pag. 156). È verosimile, come commenta Pedriali, che la ristrettezza del perimetro difensivo di Passo Uarieu non avrebbe consentito di assicurare la precisione degli aviolanci, e tanto meno degli speciali aerorifomitori idrici che dovevano essere obbligatoriamente paracadutati dal momento che non esistevano altre soluzioni per far giungere l'acqua agli uomini del presidio. Qualsiasi altro contenitore, infatti, anche se metallico e bene imballato, non avrebbe resistito all ' urto se lanciato senza paracadute (Pedriali F., op. cit., pag. 90). 257 Del Boca A. , op. c it.. pag. 527.
la prima battaglia del Tembièn (20.l-24.l.1936)
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Sia da parte italiana quanto da parte etiopica si affermò di aver conseguito la vittoria, ma in realtà l'asserzione risultava eccessiva. Per quanto riguardava la prima fonte, lo stesso Badoglio avrebbe ammesso che la situazione era stata ristabilita, anche se la battaglia non aveva raggiunto i suoi obiettivi finali di rigettare il nemico a Sud del Ghevà. D'altro canto, aggiungeva, essa era riuscila a prevenire ed a stroncare l'offensiva dell'avversario - da comunicazioni di ras Cassa al Negus intercettate durante la battaglia era poi risultato che quegli intendeva realmente attaccare, per penetrare nel nostro schieramento, il giorno 23 - il quale, a causa delle gravi perdite che aveva subìto e del quasi totale esaurimento delle munizioni, era costretto all'inerzia pressoché completa (258) . L'a5serzione era sostanzialmente veritiera, anche se attraverso di essa non poteva configurarsi il momento estremamente critico che il Comando Superiore A.O. aveva vissuto nel pomeriggio del 22, mentre ras Cassa lanciava i suoi più furiosi assalti e la difesa di Passo Uarieu si era fatta molto precaria. Nella propria sede di comando a Enda Jesus, Badoglio era stato costretto a "pensare al peggio", come avrebbe poi onestamente ammesso nelle sue memorie:
"Mentre rinforzavo il presidio di Hauzien con due battaglioni, trasportati con automezzi da Macallé, e con alcune bauerie da posizione, ordinavo lo studio della modalità da seguire per un'eventuale ritirata. da Macallé. Di una massa cioè di circa 70.000 uomini, 14.000 quadrupedi, 300 pezzi di vario calibro, dalle due alle tre giornate di fuoco, di sei giornate di viveri, di numerose dotazioni di materiali del Genio e di carburanti: il tutto da avvia.re lungo una sola strada, e per di più in via di costruzione" (259). Nella serata dello stesso giorno sarebbe giunto ad ordinare all'Intendente gen. Dall'Ora di dare completa attuazione al progetto, disposizione alla quale questi si sarebbe dichiarato decisamente contrario, per la grande distanza da percorrere e per la notevole mobilità dell'avversario, sconsigliando in tal senso il proprio superiore con un determinazione che avrebbe addirittura sfiorato il rifiuto di obbedienza (260). Certamente, quei quattro giorni di fine gennaio 1936 furono per Badoglio tra i peggiori della sua vita, ed è probabile che la mente e l'animo fossero andati indieu·o nel tempo, a quelle giornate dell'autunno 19 I7, là sulle nostre linee dell'Isonzo infrante dagli austro-tedeschi anche per suo diretto concorso di colpa. Qui in Etiopia la sua responsabilità, in relazione alla carica ricoperta era ancora maggiore, e questo può ben spiegare (e giustificare) lo stato d'ansia e le relative, palesi manifestazioni fisiognomiche che neanche la sua proverbiale imperturbabilità piemontese era riuscita a dissimulare. Nel giorno più nero dell'intera campa258 Le perdite etiopiche erano state enormi, valutabili intorno agli 8000 uomini, l/3 dei quali caduti durante gli assalti contro le posizioni della 28 011obre, mentre l'ammontare di quelle italiane risu ltava propor1.ionalrnente sensibile, corrispondente a l082 fra molti e feriti così ripartibili: 60 ufficiali, 605 uom ini di Lrnppa nazionali e 4 17 eritrei (AUSSME, Ll4- J00/4, Ministero Guerra, Comando de l Corpo di S.M.-Uff. Storico, "Raccolta dei comunicati della guerrn italo-abissina 1935-I 936, (da l n° I al 203)", comunicato n• I IO: Badoglio P., op. cit. pag. 71: AUSSME-Dl -209, prot.508 del 22.2.36 del Comando C.A. Indigeni, Uff. OPR-Infonnazioni, "Relazione sulle operai.ioni nel Tem bien dal 19 al 24. l .36, f.to Pirzio Biroli"). 259 Badoglio P., op. cit., pag. 70. 260 Perria A., "Impero mod. '91", Milano, Il Momento, l 967, pag. 205.
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La campagna italo-etiopica, 1935-1936
gna, ad ogni modo, non gli erano venuti meno l'incoraggiamento e la fiducia cli Mussolini, che infatti proprio il 23 gli telegrafava come segue: "Accolgo notizia su scontri attorno a Hauzien senza soverchia preoccupazione perché so di poter coniare sulla saggezza ed energia di V.E. et sullo spirito combattivo delle truppe stop Molto bene gli allacchi ad eventuali fu turi concentramenti in Hauzien che conside,v chiave di volta della situazione" (261). La più realistica sintesi sull'esito della prima battaglia del Tembien è da considerarsi comunque quella effettuata da Giuseppe Bottai, ali' epoca maggiore nella Div. Sila, nel suo diario al la data del 2 febbraio: "Siamofenni. L'azione, che aveva il suo centro motore nel Tembien, è.finita o meglio: mancata. L'eroico contegno della 28 Ottobre, del Gruppo Diamanti, la nostra avanzata decisa su queste posizioni ed il rastrellamento da noi compiuto della confluenza Calaminò-Ghevà, le maggiori perdite del ne1nico (oltre 5000 morti) non bastano a convertire un'azione mancata in una vittoria. Non ha vinto il nemico; non abbiamo vinto noi. Ci esauriamo nello status quo. Languiamo nel provvisorio" (262) . In realtà, se un vantaggio l' intera operazione aveva apportato, era quello di aver chiarito completamente i termini della sin1azione agli occhi del Comandante Superiore, al quale ora appariva ben diversa da quella che aveva potuto palesarglisi fino alla presa di contatto. In modo particolare, gli aveva fornito una più esatta conoscenza dell'avversario e delle sue reali potenzialità, ed egli stesso non ne avrebbe fatto mistero, allorché nelle sue memorie avrebbe affermato che "un 'idea chiara e precisa di quello che realmente fosse l'esercito abissino io non l'avevo, e solo dall'osservazione di quanto sino allora era successo potevo trarre un'esatta valutazione della situazione " (2 63 ). Sotto l'aspetto specificamente operativo, invece, se la battaglia aveva reso sicuro il fianco destro del nostro schieramento non era peraltro 1iuscita a scalzare gli etiopici dal le loro posizioni . Il fatto venne messo in evidenza senza remore dal Sottosegretario alla Guerra gen. Baistrocchi in un promemoria inviato a Mussolini il 28 gennaio (ispiratogli da Pariani, che ne era stato l'originario compilatore), che suonava come un'aperta critica professionale nei confronti di Badoglio al quale era attribuita una mentalità statica per la quale la soluzione dei problemi era basata più sul tempo che sull'azione (Ali. I 52). Al documento in questione ne faceva seguito, a distanza di pochi giorni, un altro presentato piuttosto genericamente, e forse fittiziamente, come il prodotto delle considerazioni di un "esperto ufficiale" che aveva preso parte alle operazioni nel Tembien, nel quale era posta in luce tutta una serie cli incertezze, carenze, omissioni ed errori a carico dei vad comandanti in Etiopia (da Pirzio Biroli a Vaccarisi, da Somma a Diamanti) ma 26 1 AUSSME, D l- 130, prot. 940 M.P.A. su tutte le M.P.A. del 23.J.36, da Ministero ColonieUff. Gabinetto a S.E. Badoglio, f.to Mussolini. 262 Bottai G. , "Quaderno Affricano", Firenze, Sansoni, 1939, pagg . 45-46. 263 Badoglio P., op. cit. pag. 77.
La prima battaglia del Tembièn (20.I-24.I.1936)
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che, data la natura e la forma dei rilievi, si traducevano anche in questo caso in un'accusa verso la globale azione di comando badogliana (264 ). Il problema dei comandanti e delle loro carenze caratteriali e tecnico-professionali era affrontato da Baistrocchi anche in un promemoria "personale per il Duce" del 30, nel quale si parlava a pertamente di liquidare tanti generali per deficienza di comando, incapacità e sgomento morale di fronte al nemico e di un nuovo ordinamento gerarchico-funzionale. Questo prevedeva lo stesso Mussolini quale Comandante in Capo e s upremo coordinatore con la consulenza dei sottosegretari di Stato militari e delle colonie, la costituzione di un' "Armata Eritrea" comandata da Grazioli o da Ago ed avente Cavallero come capo di stato maggiore, la suddivisione del settore settentrionale in due zone, a Nord ed a Sud del Mareb, con a capo rispettivamente il geo. Gabba (con la carica anche di Vice Governatore) e il geo. Babbini, la formazione di due GG.UU. di manovra (orientale, Pirzio Biroli - occidentale, Guzzoni). Il documento è riprodotto in Ali. 153. L'episodio di Passo Uarieu, evento-chiave della battaglia, che avrebbe potuto essere evitato con una maggiore comprensione del compito dimostrativo affidato alla colonna Diamanti, aveva annullato i promettenti vantaggi conseguiti nei primi due giorni di azione ed aveva influenzato tutto lo svolgimento delle operazioni successive. Forse una decisa puntata dalla zona di monte Lata verso Abbi Addi, invece di retrocedere con la massa delle forze a Passo Abarò, avrebbe consolidato nei giorni 22 e 23 i successi conseguiti nelle precedenti giornate del 20 e 21 e indotto l'avversario, minacciato sul retro, a sgombrare la zona di Uarieu ottenendo così più rapidamente, attraverso un'azione indiretta, lo scopo di liberare il presidio assediato. Ma se non risulta agevole, ora per allora e tenuto conto delle difficili condizioni del terreno e della scarsa conoscenza di esso, formulare giudizi precisi sulla condotta operativa del comandante del IJT C.A., appare comunque comprovata la scarsa decisione di quello della II Div. eritrea (rimpatriato pressoché immantinente) la cui fiacca azione di comando si era riflessa sui reparti ai suoi ordini determinando ritardi e lentezza di movimenti nelle giornate del 22 e ciel 23, che non avevano consentito di riprendere contatto con l'avversario nella zona di Uarieu e cli cercare di sovrastarlo (265 ) . Ma a parte le motivazioni e le ragioni di acredine personale di Baistrocchi
264 Caccia Dominioni P., "Ascari K7 1935 - 1936", Milano, Longanesi, 1966, pagg.
353-355. Il comportamento tenuto da Vaccarisi avrebbe trovato una giusti(icazione da parte di un uffi ciale de l suo comando, il cap. Ugo Malaga, che attribui la riluuanw del generale al fotto che tra i suoi repani e le CC.NN. di Diamanti in ripiegamento verso Passo Uarieu si interponesse la parete verticale di Enda Manuel, lunga un centinaio di metri e ritenuta invalicabile. Tale valutazione derivava dall 'aver già affrontato, e superato solo con s for2:i estremi la suddetta parete meno di un mese prima, per cui l'ordinare ai suoi battagl ioni di bullarsi ora giù per l' ins idiosa discesa, e l'eventua li.tù di dover com battere durante l'auraversamento di quella strettoia, assumeva ai suoi occhi il rischio di poter perdere !'.intera divisione. ·' Lll m(lnC(lt(I esecuzione di raggiungere tempestivamente Passo Uarieu gli costerà il comando m.a la storia darà ragione a lui", concludeva il Malaga nella pagina del proprio diario del giorno 22.1.36 (Malaga U., " Diario inedito sulla guerra ita lo-etiopica I935- I936", pag. 154, citato in Pedriali F., op. cit., pag. 91, come facente parte dell'archivio personale dell'autore per gentile concess ione della signora Marisa Malaga). 265
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La prima hanaglia del Tembièn (20./-24.I. 1936)
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nei confronti cli Badoglio, è indubbio che il fatto d'armi di Passo Uarieu, considerato da quest'ultimo come un episodio minore da imputarsi precipuamente ai due comandanti di divisione, era rappresentativo delle difficoltà derivanti dal persistere delle forze in blocchi molto distanziati fra loro, e della conseguente vulnerabilità delle lunghe linee di comunicazione agli attacchi avversari condotti sotto forma di operazioni di guerra non ortodossa o, ancor peggio, mossi da nuclei di maggior consistenza contro presidi rnino1i. E cli tale impostazione tattica, al di là dei comandanti di GG.UU., aveva ce11amente la propria parte di responsabilità anche il Comandante Superiore. Per quanto riguarda il comportamento del comando etiopico, il piano offensivo che aveva avuto un inizio più che promettente con le operazioni di dicembre era invece inevitabilmente fallito in gennaio perché le quattro annate ciel Nord non avevano agito di concerto. E ciò non soltanto perché difettavano di collegamenti ma perché, in questa occasione, l'Etiopia aveva confermato la propria struttura feudale non ancora interamente modificata da Hailé Selassié. Ras Mulughietà, infatti, sollecitato più volte ad inviare 1inforzi, aveva disubbidito non soltanto al suo superiore diretto ras Cassa ma allo stesso imperatore, che d' altra parte non lo aveva destituito dall'incarico. A sua volta ras Cassa commetteva l'errore di sopravvalutare le qualità guerriere del soldato etiopico e di credere che la sua eccezionale bravura nell'uso delle armi bianche e la sua straordinari mobilità avessero potuto sopperire alla carenza di anni moderne e di mezzi. Il suo concetto offensivo non mancava di genialità. Sembra infatti accertato che egli intendesse impegnare le nostre truppe frontalmente attorno ad Abbi Addì e puntare in forze, con ras Sejum, verso il Passo di Abarò ed Hauzien allo scopo di isolare da Nord, e poi cli accerchiare, la conca di Macallé. Ras Mulughietà, a sua volta, avrebbe concorso con una parte dei suoi armati alJ' offensiva di ras Cassa, procedendo da Nord a Sud con il resto delle sue truppe per serrare il 1 C.A. italiano come in una morsa. Nella elaborazione del proprio piano, però, ras Cassa non aveva tenuto conto di due elementi fondamentali, l'obiettivo da raggiungere ed i mezzi per conseguirlo. Dato il terreno, le forze destinate all'operazione erano più che sufficienti; era peraltro ingenuo ritenere che il movimento cli una massa così ingente cli trnppe potesse sfuggire alla nostra osservazione e che la sorpresa potesse riuscire (266). Eliminat;'t la sorpresa, un' azione di questo genere non avrebbe potuto svolgersi che con molte forze e con una vasta ed appropriata preparazione d'artiglieria. L'una e l'altra però mancavano, ed il comando etiopico avrebbe dovuto prevedere che, di fronte ad un attacco di questo genere, tutte le truppe italiane disponibili sarebbero accorse per arrestare l'offensiva. E ciò al contrario di quanto avrebbero invece fatto i notabili etiopici i quali, come nei tempi passati, temendo l"'amico" alle spalle forse altrettanto (se non più, in qualche caso) del nemico di fronte, non si decidevano a gettare nella lotta tutte le
266 Occorre però anche ricordare l'apporto offerto al nostro comando dalla possibilità di intercettare le comunicazioni radio avversarie. Mentre le informazioni ollenibili dall'osservazione aerea, infaui, erano relativamente es igue e que lle degli informatori spesso imprecise od esagerate, le interceuaz ioni radio consentivano di pote r disporre di un quadro preciso degli intendimenti avversacii e spesso anche della d islocazione e situazione generale delle forze.
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La campagna italo-etiopica, 1935-1936
loro forze, preferendo conservale intatte per avere Ja possibilità di una ritirata non troppo contrastata fra genti sempre ostili al vinto, ed una posizione assicurata nelle regioni di origine non sempre fedeli. Molto valido, invece, era stato il comportamento dei soldati etiopici, che avevano combattuto con valore ed accanimento. Contro i nostri attacchi, metodicamente condotti e poderosamente accompagnati dal fuoco di mitragliatrici e cannoni, gli armati attendevano a piè fermo, sostenendo poi furiosi corpo a corpo, o muovevano audacemente al contrattacco incuranti della valanga di fuoco che si abbatteva subito su di loro. Contro la reazione organizzata della difesa, compatte falangi di guenieri, molti dei quali dotati anche solo cli semplici armi bianche, reiteravano attacchi furibondi, spingendosi fin sotto i reticolati che tentavano di abbattere con le loro ricurve scimitaITe. L'attività aerea nel corso della prima battaglia del Tembien fu molto intensa, con l'impiego cli tutti i reparti. A metà gennaio la R.A. dell'Eritrea aveva dovuto essere completamente riorganizzata in relazione all'aumento dei repatti stessi ed alla conseguente esigenza di razionalizzare l'organigranuna dei comandi in vista della imminente ripresa offensiva. I punti chiave della nuova organizzazione furono rappresentati dalla costituzione della Brigata Bombardamento e dallo scioglimento della III Brigata Aerea Mista (caccia e ricognizione tattica), la cui utilità era stata vanificata dal fatto che i repa1ti della ricognizione tattica emanavano direttamente dai comandi dei CC.AA. dell'Esercito mentre quelli della ricognizione strategica continuavano a dipendere dal Comando Aeronautica, ed inoltre la caccia era clùamata a svolgere compiti sia di intercettazione che di appoggio tattico, questi ultimi nell'ambito e sotto l'egida dei CC.AA. (Ali. 154). La nuova Brigata Bombardamento inquadrava il 9° Stormo sugli S81 e 1'8° con i Call l, mentre il 14° incorporava le squad1iglie equipaggiate con CalOl e 133, con il che tutti i reparti delJa specialità venivano ad essere dotati di velivoli dalle caratteristiche omogenee con i conseguenti benefici in termini cli funzionalità operativa. L'offensiva aerea iniziò il 20 gennaio, contemporaneamente alle operazioni terrestri, e in quella sola giornata la R.A. effettuò ben 200 missioni. Le azioni si susseguirono nei giorni fino al 23, con il lancio di 36 tonn. cli bombe e lo sparo di 6500 colpi delle arnù di bordo·. Il giorno 23 si raggiunse il culrn.ine, con il lancio di 19.616 kg. di esplosivo e 9.724 di, aggressivi chimici,ollre a-45 quintali cli avio,ifomimenti alle truppe. Il 24 si ebbero hombardamenti isolati e numerosi attacchi con bombe a gas su alcune località a Sud del Ghevà, ripetuti anche il giorno successivo sul!' Amba Tzelleré che venne colpita con 7841 kg. di bombe. Il 26 vide altri massicci attacchi a gas, 10.868 kg. di bombe del tipo C500T sui guadi più 4266 kg. di esplosivo convenzionale (2 67) .
267 Pedriali
F., op. cit., pagg. 83-84; Gentili i R. , op. c it. , pag. 64.
CAPITOLO XI
LA "TENAGLIA" STRATEGICA DEL TIGRAI (10.II-3.III.1936)
l -l
PRESUPPOSTJ
Terminate le operazioni inquadrabili nella prima battaglia del Tembien, tanto a Roma come a Enda Jesus un dato di fatto appariva ormai incontrovertibile, e cioè la assoluta necessità di non continuare a "languire nel precario e ad esaurirsi nello status quo", secondo le icastiche espressioni di Bottai. Una necess;tà legata tanto a considerazioni di carattere politico, in relazione all'evoluzione dell'atteggiamento della S.d.N. nei confronti dell'Italia e di tutte le altre problematiche internazionali, quanto di carattere militare, connesse al doversi a tutti i costi evitare un'estensione del conflitto alla stagione delle piogge e, di conseguenza, anche di natura finanziaria dal momento che un secondo anno di guerrn sarebbe risultato disastroso per gli oneri che avrebbe comportato al l'economia nazionale. Ultimati i lavori di approntamento delle rotabili a Sud del Mareb, in grado ormai di sostenere un traffico adeguato alle prevedibili esigenze di un imenso periodo operativo, ed ottimizzala la funzionalità delle basi logistiche avanzate di Mai Macdem, a Nord di Macallé, e cli Acli Abuna presso Aclua, il maresciallo Badoglio era infine in condizioni di poter assumere quell' iniziativa offensiva sulla direttrice che attraverso l'Amba Alagi, Quoram e Dessié portava ad Addis Abeba la cui priorità, ciel resto, era sempre stata da lui affermata sin dalle prime direttive impartite il 18 novembre 1935 da Roma poco prima cli partire per I' A.O. e ribadita in quelle successive fino alle ultime emanate il 15 gennaio 1936, riguardanti l'attacco da portarsi a Sud di Macallé contro le forze di ras Mulughietà. Ai primi di febbraio la situazione generale e l'atteggiamento etiopici si potevano così riassumere: - nell'Endertà ras Mulughietà conservava atteggiamento difensivo, pur disponendo di forze notevoli (circa 80.000 uomini) bene a1mate e schierate in posizion i naturalmente forti sulle quali erano stati fatti anche apprestamenti difensivi. Altri 15-20.000 uomini, ancora dislocati ne lla zona del lago Ascianghi, avrebbero potuto sostenerlo nel termine di 3-4 giorni; - ne l Tembien risultava da fonte sicura come la condizione delle forze di ras Cassa e cli ras Sejum, ridotte a 30.000 uomini fosse precaria in quanto scoraggiate dalle perdite, depauperate dalle defezioni, in crisi cli vettovaglie e munizioni ed incerte sul da farsi, e come fosse aumentata la preoccupazione di ras Cassa per una nostra ri presa offensiva e per un conseguente aggiramento delle proprie posizioni del Seloà; era inoltre accertato l'acuirsi ciel dissidio già in atto fra ras Cassa e ras
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La campagna ilalo-etiopica, 1935-1936
Mulughietà, incentrato sul fatto che il primo imputava al secondo di non avergli ancora inviato i rinforzi richiesti e le munizioni necessarie per ripianare le perdite; - nello Sciré ras lmrnirù, abbandonata ormai ogni velleità offensiva limitava la propria attività ali' impiego di aliquote minori delle proprie forze, valutabili a circa 40.000 armati ai quali avrebbero potuto aggiungersi in pochi giorni altri 10.000 schierati presso i guadi del Tacazzé. Contemporaneamente, la nostra situazione era caratterizzata dalla presenza d i due grandi masse gravitanti alle ali dello schieramento. Una, éostituita dai CC.AA. I e m, all'ala sinistra (4 divisioni, un gruppo di btg.ni CC.NN. ed un gruppo di btg.ni eritrei per un totale di 40 btg.ni e 171 pezzi) raccolta nella zona a Sud cli Macallé, in condizione di essere prontamente rinforzata dalla massa mobile di artiglieria a disposizione. Un'altra, costituita dai CC.AA. II e IV, ali' ala destra (5 divisioni ed l brigata eritrea, per un complesso di 44 btg.ni e 173 pezzi) dislocati rispettivamente nella zona Adua-Axum e nel Dechì Tesfà ed in condizioni di poter svolgere azione combinata nello Sciré. Fra le due masse ed al centro di esse, il C.A. Eritreo, forte di 3 divisioni e di 1 gruppo btg.ni CC.NN. (29 btg.ni e 76 pezzi), occupava saldamente le posizioni del Tembien dopo averle riorganizzate a difesa (All.155). In marcia verso i territori occupati, od ancora in corso di sbarco a Massaua, due divisioni: una alpina, la Pusteria, destinata a colmare, nella zona dell'Enticciò, il vuoto esistente fra il settore di Adua e quello di Agamé-Endertà, aveva terminato il 20 lo sbarco iniziato otto giorni prima ed il 22 aveva raggiunto la zona del Feres Mai; ricevuto l'ordine cli trasferirsi a Macallé, con rapida progressione e percorrendo una difficile mulattiera con solo un'aliquota dei propri quadntpecli, la divisione aveva raggiunto verso la fine del mese Hauzien e quindi, con parziali autotrasporti, aveva proseguito per Macallé dove era giunta alcuni giorni prima dell'inizio delle operazioni. L'altra G.U., l'Assietla, che aveva iniziato lo sbarco a Massaua il 25 ultimandolo il 30, veniva trasportata interamente, ad eccezione dei quadrupedi, a Macallé dove il 2 febbraio era già completamente riunita e dove assumeva il presidio di quel campo trincerato, rimanendo sempre in grado cli concorrere alle operazioni come riserva del Comando Superiore. Dietro a quello delle forze mobil i, un secondo schieramento di truppe destinato a presidiare le posizioni arretrnte e le linee di operazioni, gara.1.1tiva il territorio delle retrovie. Esso comprendeva due brigate eritree, un gruppo di battaglioni nazionali, i btg.ni di complementi delle divisioni (dei quali era già prevista la sostituzione con btg.ni presidiar, di CC.NN. in formazione in Italia), repaiti di intendenza, una cinquantina di batterie da posizione ed alcuni nuclei di autocani armati. Una sintesi grafica della situazione militare dopo la prima battaglia del Tembien è riportata nell' All.156. li momento appariva quindi particolarmente favorevole per iniziare l'azione offensiva di carattere strategico, muovendo per primi battaglia contro la massa più rilevante del nemico e nella direzione più redditizia. La preparazione, già da tempo in atto, proseguiva intanto attivamente, improntata a due concetti fondamentali, la riunione di tutte le forze disponibili per dar luogo ad una concentrazione di forze rilevante per entità e mezzi, e la predisposizione dei mezzi logistici necessarii per far vivere ed operare offensivamente per più giorni raie imponente agglomerato costituto da 64 btg.ni con 320 pezzi.
La "tenaglia" strategica del Tigrai ( /O.ll-3.l/l. /936)
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Due erano gli elementi di fondo anche nella concezione operativa di Badoglio, e precisamente l'integrità della linea del Tembien e la conquista deJJ' Amba Aradam. 11 mantenimento del fronte nel Tembien avrebbe consentito l'evoluzione della manovra e, stante la stretta interdipendenza fra questa regione e quella delJ'Endertà, garantito l'assoluta immobilità avversaria nella prima mentre si svolgeva la battaglia nella seconda. L'adempimento del compito venne affidato al C.A. Eritreo, allo stato maggiore del quale fu anche dato l'incarico di pianificare, nell'ipotesi di un ripiegamento avversario, l'occupazione dell'Amba Uork ed una puntata con una colonna leggera verso Abbi Addi. TI secondo elemento di fondo , la conquista cieli' Amba Araclam, avrebbe permesso l' ulteriore sviluppo delle operazioni verso occidente. Questo bastione roccioso, sito a circa I6 km. a Sud di Macallé tra il Gabat (a Nord) e la piana di Maarà (a Sud), dalla cima pressoché piatta e coperta da fit. ta vegetazione, si estende per 8 km. da Est ad Ovest e per 3 km. da Nord a Sud, raggiungendo l'altitudine di 2756 mt. I fianchi del lato settentrionale ed orientale sono scoscesi, difficili, mentre quelli del lato occidentale e meridionale degradano con una serie di dossi tondeggianti incisi da impluvi e tutti percorribili. Ras Mulughietà aveva fortificato l'amba e le sue pendici facendone il suo principale centro di resistenza, presidiato da una parte dei suoi armati valutabile a circa 1/4 di essa, distribuiti fra la sommità dell'amba e la zona di Debra Ailà, ripartiti in va1ii gruppi minori e sottratti ali' osservazione aerea della fitta vegetazione e dai numerosi anfratti e caverne naturali ne i quali gli uomini trovavano agevole possibilità di ricovero, occultamento e protezione dall'offesa aerea.Erano dotati di una decina di cannoni, alcuni controcarro e qualche contraereo Oerlikon più un discreto numero di, mitragliatrici. Si trattava di una barriera difensiva che per la sua ubicazione assicurava a chi ne avesse avuto il possesso tutte le comunicazioni che dalla barriera del!' Amba Alagi (passo Alagi, colle Falagà e colle Togorà) adducevano a Macallé attraverso l'Endertà, nonché quelle che da Socotà attraverso il Seloà conducevano al Tembien. L'importanza strategica cli questo obiettivo risultava pertanto evidente - anche se non andava ipertrofizzata in relazione alla ridotta valenza militare dell'avversario - così come pure quella tattica, tenendo conto che la posizione si sarebbe prestata ad un 'efficace difesa manovrata e ad una rapida controffensiva fronto -laterale sfruttando la mobilità, peculiare alle truppe etiopiche, che avrebbe consentito loro di fare sollecitamente massa ove la situazione lo avesse richiesto. Sotto un altro punto di vista, invece, l'abbarbicarsi su un'amba, se pure con il minimo delle forze necessarie a difenderla in relazione anche alla scarsezza di acqua, avrebbe anche potuto essere valutata come un'iniziativa piuttosto opinabile: regno del combattente etiopico continuava ad essere, da sempre, il terreno sì rotto e scosceso ma ampio, con grande possibilità di spostamenti rapidi e di attacchi a massa. Già dal 27 gennaio, da parte dell'Ufficio Operazioni del III C.A., era stato effettuato uno studio di massima per l'occupazione dell'Amba Aradam, sia pure per linee generali mancando ancora notizie precise in merito alle varie componenti ciel problema (limite del settore di avanzata del C.A., forze e mezzi assegnatigli, unità preposte al fiancheggiamento , forze nemiche, ecc.). Lo studio, comunque, concludeva come per raggiungere l'obiettivo fosse necessario attraver-
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La campagna italo-etiopica, 1935-1936
sare il vallone del Gabat, pervenire e consolidarsi sul ciglione dominante e successivamente, attraversato l'altopiano e raggiunto l'abitato di Adi Colò, procedere all'attacco per il vallone adducente all'interno dell'amba (Ali. 157). li 5 febbraio avrebbero fatto seguito, sempre da parte dello stato maggiore della stessa G.U., le "Direttive per l'avanzata verso l'Amba Aradam" (All. 158). Sul piano tattico, l'azione doveva essere aderente ai seguenti criteri: - largo impiego dell ' artiglieria, anche alle maggiori distanze, per fermare o per lo meno attenuare l'impulso offensivo delle masse etiopiche prima di riceverne l'urto; - procedere nella battaglia mantenendo sempre fenni e fortificati taluni punti, specie sui fianch.i, per assorbire nelle migliori condizioni l'eventuale contrattacco nemico; - protrarre ininterrottamente i combattimenti per più giorni onde far esaurire lo scarso mutùzionamento del nemico e fiaccarne soprattutto la struttura nervosa, piuttosto labile ed incapace di condurre ad un combattimento moderno prolungato; - agire decisamente a fondo sulle masse in ritirata, anche fuori ciel campo di battaglia, con il massiccio intervento aereo. 2 - LA BATTAGLIA DELL' E NDERTÀ (l 0- I 5 FEBBRAIO)
Le caratteristiche topografiche dell'Amba Aradam mettevano in grado il Comando Superiore di attuare la manovra più idonea e foriera di esito positivo, l'avvolgimento cioè su entrambe le ali. Questa manovra, che sembrava essere effettivamente imposta dai caratteri e dalla configurazione dell' obiettivo e che rispondeva pienamente al concetto della ricerca cli una battaglia risolutiva, presentava però anche alcuni elementi negativi. La stessa natura ciel terreno da attraversare, infatti, e l' estensione ciel bastione in rapporto alle forze disponibili avrebbero richiesto una separazione delle forze che non si sarebbero riunite che a Sud del!' amba, ad avvolgimento avvenuto, nella zona di Debra Ailà. Tale inevitabile separazione avrebbe potuto riuscire pericolosa di fronte ad un avversario dotato di grande mobilità, che avrebbe infatti potuto concentrare rapidamente la massa delle proprie forze contro una delle ali trattenendo l'altra con un'aliquota minore ed agire, una volta riunite le forze stesse, verso il centro del nostro dispositivo offensivo separandone le masse operanti e facendo poi fronte contro una di esse. Il 4 febbraio Badoglio emanava l'ordine di operazioni per l'avanzata. Questa prevedeva due fasi, nella prima delle quali il I ed il III C.A. dovevano raggiungere la base cli partenza ad una distanza tale dall'Amba Aradam da poterne poi effettuare l'aggiramento entro una sola giornata, mentre la seconda avrebbe dov uto vedere la realizzazione cli questa manovra congiungendo a Sud dell'amba le due GG.UU. così eia precludere al nemico l'unica via di ritirata. La Div. Assietta, con 8 batterie da posizione, doveva restare a presidio del campo trincerato di Macallé mantenendosi in grado, nel proprio ruolo cli riserva del Comando Superiore A.O. svolto insieme alla 1° Div. E1itrea, al 6° Gruppo Btg.ni CC.NN. e ad altri 5 gruppi cli artiglieria mobile di manovra, di concorrere all'azione. L'ordine di battaglia era il seguente:
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La "te11aglia" strategica del. Tigrai (10.ll-3.l/l. / 936)
Schizzo n. 51 - La zona della battaglia dell'Endertà
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Da: Cabiati A., cit., pag. 99.
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La campagna italo-etiopica, /935-/936
TCORPO D'ARMATA
Gen. Santini
llI CORPO D'ARMATA Gen. Bastico
DJV. SABAUDA (Gen. Gariboldi) XXX Brigata Fanteria 60° Fant. "Calabria" 46° Fant. "Reggio" 3° regg. Bersaglieri 530° btg. mitr. 16° regg. artigl.
DIV. SILA (Gen. Bertini) XXVII Brigata Fanteria 16° Fant. "Savona" 19° Fant. " Brescia" 20° Fant. "Brescia" 527° btg. mitr. 12° regg. artigl.
4" DIV. CC.NN. "3 GENNAIO" (Gen. Traditi) 1OI• Legione CC.NN. 104° Legione CC.NN. 21 5" Legione CC.NN. 4° btg. mtr. CC.NN. IV gr. cann. 65/17
1• DIV CC.NN. "23 Marzo" (S.A.R. Filiberto di Savoia Duca di Pistoia) 135" Legione CC.NN. 202" Legione CC.NN. 192° Legione CC.NN. 1° btg. mitr. I gr. cann. 65/l 7 TV gr. cann. da I05 Btg. speciale Guardia di Finanza Gr. squadr. eritrei 5° gr. btg. erilr.: btg. VII, XV, XVlll
s• DIVISIONE ALPINA POSTERIA (Gen. Negri}* 7° regg. Alp.: btg. Pieve di Teco btg. Exilles btg. Feltre 11° regg. Alp.: btg. Intra btg. Trento btg. Saluzzo 5° regg. art. alpina 8° gr. btg. eritrei: btg. VIII, XX, XXV
* La G.U. era srn1a cos1itui1.a il 1°. 1. 1916 a seguito di Ordine Minis1eriale n° 21 420 del 24. 12.1935. I suddetli reparti erano comandali come segue: 7° Rg1 (col. Emilio Bauisti) Btg. Pieve di Teco (ten. col. Augusto Rcteuna) Btg. failles (magg. Alfredo Landi Mina) Fcllre (magg. Yitlorio Emanuele Bollati) 11° Rgt. (col. Giovanni Vanta) Btg. Intra (len. col. Giuseppe Boni) Btg. J'renro (magg. Guglielmo Simeoni) Btg. Sa/uzzo (magg. Davide falla) 5° Rgt. art. alp. (col. Luigi Fazzini) Gr. Re/111110 (magg. Umberto Ziliani) Gr. Lanzo (rnagg. Giuseppe Migliorali) (AUSSME, D1-12/10, proc.52 del 6.1.36, da Comando 5° Div. Pimeria a Minis1ero Guerra-Gab., f.co gen. Negri).
La "tenaglia" strategica del 1/grai ( 10./J-3.Ill. 1936)
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Alle predette forze andavano aggiunti alu·i reparti minori e le bande dell' Aibà, degli Azebò Galla (per il I C.A.) e dell ' Endertà (per il Ill C.A.). La ricognizione strategica aveva avvistato a più riprese colonne di migliaia di armati che dal Passo Alagi scendevano a Nord in direzione dell'Endertà. Il 9 febbraio, mentre le truppe raggiungevano la base di partenza, l' u.ltimo ricognitore rientrato a Macallè aveva segnalato che grosse formazioni etiopiche a piedi ed a cavallo continuavano ad affluire al fronte attraverso la strada Dessié-QuoramAmba Alagi. Pertanto, la mattina successiva alcuni S81 avevano bombardato con munizionamento all'iprite valloni, passi e carovaniere tra l' Amba Alagi e la valle del Mai Mescic, mentre altri velivoli avevano agito sui guadi di Jelacà nel Tembien allo scopo di ostacolare spostamenti di contingenti nemici dalla suddetta regione all'Endertà. Queste azioni di "sban amento" nella valle del Mai Mescic e sui passi obbligati delle provenienze da Dessié erano state previste nel paragrafo VI delle direttive emanante da Badoglio il 4 febbraio. Le operazioni - il cui sviluppo cronologico è schematizzato nell'Ali. 159 ebbero inizio all'alba del 10 febbraio ed all'imbrunire, dopo aver attraversato la piana ondulata di Calaminò, il I C.A. aveva raggiunto con la 4° Div. CC.NN. a destra e con la Sabauda a sinistra, la linea: alture a Sud di Passo Dogheà-Enda Abuna Abiesghi-Adi Elchin-q. 2320-Adi Ghermadò-Auzebà. La Divisione alpina Pusteria ed il Gruppo btg.ni eritrei con le bande irregolari si erano dislocati rispettivamente dietro l'ala destra e sinistra dello schieramento, il IlI C.A. aveva iniziato, con spostamenti effettuati prevalentemente di notte per occultarne le finalità all'avversario, il concentramento delle forze sulla zona di q. 2257 (Ovest), mentre a loro volta le riserve a disposizione del Comando Superiore erano rimaste dislocate nelle posizioni iniziali stabilite dall'ordine di operazioni: 1° Div. eritrea nella zona di Dogheà a saldatura delle ali interne dei due CC.AA., 6° Gruppo Btg.ni CC.NN. nella zona di Acli Seratit verso l'ala sinistra del I C.A. La prima giornata di operazioni si era pertanto conclusa con il conseguimento degli o biettivi prefissati e senza aver incontrato il minimo ostacolo da parte del nemico. Il giorno successivo, sotto una pioggia torrenziale, mentre il lll C.A. rimaneva fermo sulle proprie posizioni sia per garantire il fianco destro dello schieramento e sia per trarre in inganno l'avversario sulla effettiva direzione del nostro attacco, il I C.A. (Div.ni Sabauda a sinistra e 3 Gennaio a destra) eseguiva un primo sbalzo sulle alture immediatamente a Sud del Gabat raggiungendo la linea Taga Taga-M. Addimarà-Meri Mitì-Enda Mariam ed organizzando nel contempo sulla sinistra il centro di Azuebà per sorvegliare le provenienze dal Bassopiano orientale. Nella stessa giornata dell' 11 due unità di rincalzo, la Div. alpina Pusteria e la Div. Assieaa, raggiungevano rispettivamente il Passo Dogheà e le posizioni lasciate dalla 3 Gennaio, mentre le riserve del Comando Supe1iore serravano verso le posizioni raggiunte - la zona di Celecot per la l O Div. eriu·ea e la stretta cli Eicallet per il 6° Gruppo Bt.ni CC.NN. - e le artiglie,ie della massa mobile di manovra e ciel l C.A. si spostavano anch'esse in avanti e completavano il loro schieramento spiccatamente offensivo. Il nemico, incerto sulle nostre reali intenzioni, continuava a non opporre resistenza limitandosi a concentrare rilevanti forze sulle posizioni del!' Amba Araclam. Le informazioni consentivano di intravedere la possibilità che esso, sempre più attirato dall'avanzata del I C.A.,
la campagna italo-etiopica, 1935-1936
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avrebbe agito contro questo con la massa delle proprie forze, dal che se ne poteva dedurre come l'inattesa avanzata del lil C.A. avrebbe potuto sorprenderlo faci li tando così l'attuazione del nostro disegno operativo. Le operazioni della terza giornata prevedevano il movimento contemporaneo dei due CC.AA., che dovevano raggiungere posizioni dalle quali, con un ul teiiore sbalzo, sarebbe stato possibile accerchiare l' Amba Aradam. Alle p,ime luci del 12 febbraio, quindi, l'avanzata veniva ripresa su tutta la linea. L'ala sinistra del l C.A. (Div. Sabauda), che aveva conservato lo schieramento del giorno precedente, non incontrava ostacoli se non quelli causati dal perdurare del maltempo e poteva, verso mezzogiorno, raggiungere l'allineamento Amba Aracà-Adi Mai Ciaa-Adi Acheiti e, con l'VIII Gruppo Btg.ni eritrei, Adì Serghen; l'ala destra invece (Div. 3 Gennaio), alla quale era affidato il compito di occupare il costone di Enda Gaber scendente da Amba Aradam, stava per riprendere l'avanzata su due colonne quando veniva investita sulla propria destra da violente raffiche di fucileria e di mitragliatrici. Contemporaneamente si sviluppava un attacco frontale che, puntando per la valle del Mesanò, tendeva a risalire le pendici Ovest cli Amba Acldimara e quelle Est di Taga Taga. Questa azione, alla quale partecipavano alcune migliaia di armati appoggiati da artiglierie cli piccolo calibro e da mitragliatrici, si sviluppava con estrema rapidità. Verso le 9, in seguito al vivace intervento delle artiglie,ie del C.A. e de l Comando Supe1iore, l'attacco sembrava contenuto Schizzo n. 52 - Gli spostamenti delle GG.UU. italiane dcll'l l febbraio
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o Anta/o· Da: Cabiati A. , cit.. pag. 98.
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ed il comandante del C.A. ordinava alla Div. 3 Gennaio di riprendere il movimento. Ma l'ordine non aveva pronta attuazione, ed allora verso le l l il comandante del C.A. ordinava alla Div. Pusteria di avanzare e di occupare con un reggimento ( 11 ° Alpini) le posizioni di monte Addimara già tenute dalla 3 Gennaio e con l'altro le posizioni a Nord-Ovest di Taga Taga. Ciò malgrado, visto che l'azione della Div. CC.NN. non era suscettibile di nuovo slancio, il comando di C.A. ordinava all'altro reggimento (7° Alpini) della Pusteria di scavalcare le legioni 215° e 101 ° ferme a Taga Taga e di puntare decisamente su Enda Gaber ed Enda Gheorghis AfgoL Per effetto di tale ordine, il comandante della divisione alpina assumeva il comando delle forze dislocate a Ovest di Mai Mesanò (7° Rgt. Alpini e 215° e 101 ° Legione) mentre al comandante della 3 Gennaio veniva affidata la responsabilità delle forze dislocate ad Est cli Mai Mesanò (11 ° Rgt. Alpini e 104° Legione). Attuato questo schieramento, malgrado la continua accanita resistenza dell'avversario, veniva ripreso il movimento, in parte anche ostacolato dalle cattive condizioni atmosferiche, ed a sera gli scaglioni avanzati raggiungevano gli obiettivi. Il TTT C.A., superato il profondo solco del Gabat, risaliva l'opposto costone di Dansa-Bet Quinat con la Div. Sila preceduta dalla banda dell'Endertà e protetta sul fianco destro dal Gruppo Squadroni cli cavalleria. In riserva ciel C.A., la Div. CC.NN. 23 Marzo pronta a muovere ed il battaglione della Guardia cli Finanza che doveva rimanere di presidio alle posizioni di partenza. 11 movimento, inizialmente, non incontrava resistenza da parte dell'avversario, ma non appena raggiunta la zona di Dansa si manifestava un rapido contrattacco eia parte di fotti nuclei di irregolari prontamente accorsi, subito però contenuto dalla tenace resistenza della Div. Sila validamente appoggiata dalla propria artiglieria. Verso l'imbrunire un'altra unità di rincalzo (1 ° Div. eritrea) si portava innanzi attestandosi al Passo di Dogheà, in posizione tale cioè da poter operare in qualsiasi direzione. Gli obiettivi previsti per la prima fase delle operazio1ù erano stati conseguiti e Badoglio, dall'osservatorio tattico cli Amba Ghedem dal quale stava seguendo lo svolgimento della battaglia, emanava nello stesso giorno 12 le d irettive per la sosta necessaria a consolidare le posizioni raggiunte, a spostare in avanti le artiglierie ed i servizi ed a migliorare i col legamenti e le comunicazioni, ed il giorno successivo quelle per la prosecuzione dell'azione, che avrebbe dovuto essere ripresa al mattino del J 5 con l'intendimento di avvolgere l'Amba Aradam, a destra con il III C.A ed a sinistra con il l, ed effettuare poi il congiungimento delle due GG.UU . a Sud dell'amba, sulla linea Antalò- Monte Boerà Ogazèn (AH. 160). J due preventivati giorni cli sosta venivano turbati solo durante il primo di essi; il giorno 13, inf'atli , nel settore di pertinenza del I C.A. in corrispondenza delle pendici Sud e Sud-Ovest di Acli Achei tenute del I btg. ciel 46° Ftr., alle prime luci del!' alba si manifestava un violent.o attacco in forze da parte degli armati del bitoudcled Maconnen Dernissiè, l'unico fra i capi etiopici ad aver intuito la manovra a tenaglia cli Badoglio, mentre altri nuclei tentavano cli avvicinarsi al caposaldo di Acli Sembet presidiato dal 1I btg. del predetto reggimento. L'azione si sviluppava rapida, e tendeva ad aggirare i due fianchi della posizione. Ad Est l'attacco veniva subito stroncato, mentre ad Ovest il nemico, giunto a stretto contatto con le nostre posizioni, 1iusciva a mettere piede in un caposaldo, ma subito
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contrattaccato veniva volto in fuga dopo violenta lotta corpo a corpo. Le posizioni riconquistate erano fatte oggetto verso le 12 di un altro tentativo di attacco, per altro rapidamente arrestato da vivaci concentramenti cli fuoco della nostra artiglieria rivelatisi estremamente efficaci.. Ma il giorno cruciale della battaglia cleU'Enclertà sarebbe stato il 15 febbraio. Alle ore 7 il 1 C.A. a sinistra, con le divisioni Sabauda e Pusteria, ed il lll a destra con la Sila, tutte in prima schiera, iniziavano l'avanzata. Questa aveva luogo con una nebbia molto fitta che, se ostacolava l'impiego dell ' arma aerea e l'osservazione del tiro, nello stesso tempo occultava anche il nostro movimento ali' osservazione nemica. Infatti gli etiopici non opponevano dapprima alcuna resistenza, ma non appena sollevatasi la nebbia reagivano con estrema violenza. Intorno alle 10 un primo contrattacco partiva dall'Amba Araclam, peraltro subito arrestato eia un robusto concentramento di artiglieria, e si sviluppava suJ fronte del III C.A. che, attraverso un terreno rotto ed insidioso, stava progredendo in direzione di Acli Colò. Quasi contemporaneamente anche gli elementi avanzati del!' ala destra del 1 C.A. incontravano le prime opposizioni sulle pendici Sud-orientali cieli' Amba Araclam, in corrispondenza dello sperone cli Encla Micael Gullé, anch'esse però prontamente neutralizzate dai concentramenti dell'artiglieria itaSchizzo n. 53 - 15 febbraio: i movimenti offensivi delle nostre truppe
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23 MARZO
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Da: Cabiati A., cit., pag. I00.
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liana. L'avversario, per quanto avesse subito gravi perdite in entrambi i tentativi, non desisteva dall'impiegare altre forze e cercava nuovamente di arrestare i progressi delle fanterie avanzanti. TI TII C.A. era oggetto, fra le 11 e le 14, di due successivi attacchi, uno sulla propria sinistra da parte di forti nuclei avversari che scendevano dal costone di Adì Colò e l'altro sulla destra con punto di partenza da Edaharà. Entrambi erano però contenuti e, dopo breve sosta, il C.A. nel frattempo rinforzato eia un gruppo di btg.ni eritrei della riserva del Comando Superiore riprendeva l'avanzata raggiungendo verso le 17 gli obiettivi assegnatigli. Ma dalle 15 un ricognitore aveva segnalato che gruppi cli etiopici stavano ritirandosi dal versante Ovest dellAmba Aradam; in realtà la ritirata era iniziata già tre ore prima quando ras Mulughietà aveva improvvisamente abbandonato il campo di battaglia. Mentre si accentuava l'azione aggirante un btg. della 135° Legione della l Div. CC.NN. risaliva direttamente le pareti Nord dell'amba e riusciva a pervenire in cima alle ore 17.30 (2 68 ). Anche l' ala destra del l C.A. che aveva proseguito sulle pendici Sud-orientali dell'amba, incontrava nel tardo pomeriggio nuove accanite resistenze da parte di forti nuclei avversari dotati di mitragliatrici i quali, sfruttando l'andamento dei costoni disposti in sequenza, dalla testata dei vari impluvi tentavano di arrestarne i progressi in quella direzione. La massa di manovra di artiglieria, intervenendo più volte sia a richiesta che di iniziativa con concentramenti di medi calibri su Antalò e sugli altri obiettivi di volta in volta segnalati, apriva la strada alle fanterie le quali, costrette a superare successive resistenze, soltanto nel tardo pome1iggio potevano raggiungere gli objettivi, mentre un reparto di alpini ciel 7° Rgt. puntava direttamente verso la sommità dell'amba rastrellandone gli ultimi difensori. Nell'All.161 figura la relazione ciel comando del I C.A. riassumente anche quella della Div. Pusteria (269). La manovra di accerchiamento poteva dirsi conclusa anche se per l'accanita resistenza incontrata, per le cliftìcoltà del terreno e per l'irresoluta azione dicomando del I C.A. che probabilmente non aveva dato alt' avanzata dell'ala destra tutto rimpulso necessario, non si realizzava la congiunzione materiale fra le ali interne dei CC.AA. le quali , a sera, distavano fra loro ancora di 3 km. Infatti, mentre il III C.A. aveva raggiunto il costone cli Boerà Ogazen, il I invece si era fermato sulle alture che dominano l'abitato di Antalò e su quelle a Sud di Belesat. Ma l'avversario, sfruttando la propria mobilità, non aveva atteso che il cerchio si chiudesse a Sud dell'amba; dopo aver tentato inutilmente di opporsi alla
2 68 Questa è la versione che appare alla pag. 36 della "Relazione sugl i avvenimenti mi litari nello scacclùere Nord ...", cit. , omessa invece nel volume di Badoglio "La guerra d'Etiopia". Ciò avvalorerebbe l'i potesi che si fosse voluto, per ragioni di opportunità politica, concedere alle CC.NN. della 23 ;vtarzo il pri vilegio di giungere per prime sulla vetta dell ' Amba Aradmu a discapito dei reparti alpini (cfr. Del Boca A., op. c it.. pag. 558), e che Badoglio - che per altro r aveva egli stesso ufficializzata con un tele inviato un 'ora dopo l'evento (Al i. 162) - non abbia vo.luto avallarla in sede storiografica per non alimentare l'annoso risenti111emo degli ambienti del R.E. ne i confronti dell a M.V.S.N. 269 Secondo quest'ultima relazione (pag. 6), l'occupazione delle più alte quote dell'Amba Arndam (corrispondenti al punto trigonomeLrico) sarebbe avvenuta al mattino del 16.
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nostra avanzata con reiterati e sanguinosi attacchi e considerata ormai inutile ogni uHe1iore resistenza, nel pomeriggio aveva sgomberato frettolosamente ed in disordine le posizioni dividendosi in due aliquote principali, una diretta da Debra Ai là verso Amba Alagi e l'altra, per il Seloà, verso Socotà. Un documento prodotto dall'Ufficio Informazioni del Comando Superiore A.O. in data 19 febbraio avrebbe fornito interessanti notizie circa le sorti di queste masse di fuggiaschi. Esse confermavano Io stato di disgregazione del nemico a causa delle gravi perdite subite durante la battaglia e durante la fuga disordinata, non solo a causa del bombardamento aereo ma anche delle aggression i di buona pa1te degli abitanti azebò e dei raia galla rianùnati dalla vittoria italiana che li aveva liberati dal flagello degli amhara e degli scioani. Il complesso delle informazioni faceva ritenere che fra Macamat Our ed Amba Alagi si trovassero circa l 0-15.000 uomini, per la massima parte depressi per la sconfitta, carenti di viveri e munizioni e non ce1to in condizioni di tentare le sorti di un'altra battaglia. Solo quelli di ras Chebbedé, che si erano allontanati prima dei combattimenti e per quanto non immuni anch'essi dai riflessi della demoralizzazione generale, avrebbero avuto delle velleità di resistenza ispirate e suffragate da una certa abbondanza di munizioni e di vettovaglie. Inoltre, anche le popolazioni delle regioni del Saarté, Seloà e Borà, alle prime notizie della ritirata degli scioani dall'Amba Aradam, si erano unite per gettarsi addosso alle truppe in fuga, e lo stesso era accaduto nei confronti di quelle in ritirata verso Socotà. Gli abitanti di Arocò avevano attaccato ed inflitto numerose perdite agli armati che scortavano ras Mulughietà, ed anche le donne, armatesi con i fucili tolti ai morti, uccidevano e depredavano; poi il paese era stato minutamente ripulito ispezionando ogni anfratto ed ogni cespuglio, e tutti coloro che alla domanda "men meu?" ("chi sei?") rispondevano in amarico venivano uccisi. Le stesse popolazioni avrebbero deciso di attaccare se fossero giunti anche gli armati di ras Cassa e cli ras Sejum e di opporsi ad ulteriori passaggi di truppe scioane (270) . La battaglia dell'Endertà, se poteva considerare conclusa con l'occupazione dell'Amba Aradam la propria fase terrestre, come sanzionato dall'ordine del giorno emesso da Badoglio in data 16 febbraio (Ali. 163), era destinata a protrarsi nei giorni successivi sino al 19 attraverso l'inseguimento del nemico effettuato con impiego del mezzo aereo. Già nella stessa giornata del 15, non appena diradatasi la nebbia che durante tutta la mattinata aveva impedito il controllo del campo di battaglia, tutti i velivoli disponibili si erano levati in volo e con azione continua avevano martellato sino all'imbrunire i nuclei etiopici che a mano a mano sempre più numerosi abbandonavano il terreno degli scontri. Furono eseguite 44 missioni con lo sgancio di 13.388 kg. di esplosivo. Ma con ancora maggiore efficacia l'inseguimento era ripreso a ll 'alba del 16 contro i fuggiaschi i quali, convogliati sulle due predette direzioni principali, costituivano ormai masse consistenti. Avrebbero continuato a subire passivamente incursioni che, dall'alba al tramonto, si sarebbero susseguite ne i gionù 17, 18 e 19.
270 AUSSME, 05-74/2, prot. 2/308 R.M.M. del C.S.A.0., Stato Maggiore-Uff. Informazion i, "Stralcio nmiziario giorna liero n° 288" del 19.2. 1936.
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Per quanto attiene all'impegno della R.A., alla vigilia della battaglia quella dell'Eritrea aveva raggiunto una forza di 24 squadriglie per un totale d i 189 velivoli la cui ripartizione quantitativa e topografica è riprodotta nell'Ali. l 64. A partire dal 1° febbraio, una media di 6 tonn. di bombe aveva giornalmente colpito lo schieramento di ras Mulughietà e soprattutto la rragile struttura logistica de.Il a sua annata schierata sull'Amba Aradam: attendamenti, colonne in marcia fra le quali alcune motorizzate con i pochi automezzi dell'intendenza etiopica, ecc. Nei primi due giorni di battaglia l' aviazione attaccò le difese dell'Amba con tutti i suoi mezzi, effettuando ricognizioni offensive a Sud fino a Dessié. In due giorni furono lanciate circa 36 tonn. d i bombe: p recisamente, il IO gli S81 sganciarono 32 bombe C500T ai passi di Mai Mescic ed ai guadi del Tacazzé per un totale di 11.440 Kg., più altre 16 tono. cli esplosivo convenzionale, mentre i Ca 111 lanciavano altre 8 bombe a gas sulle carovaniere di Jelacà. Il giorno dopo I' 11 ° e 13° Sq. sganciavano 16 C500T e 15.940 kg. di esplosivo sul guado del torrente Tzellari sull ' Amba Aradam , mentre il 12 febbraio non vi furono rrùssioni con impiego di iprite ma solo il lancio d i 20.000 kg. di bombe. La giornata fu funes ta, perché un Ca !Ol della 15° Sq. colpiva per errore la sezione sanitaria della Div. Sila dislocata 8 km. a Nord dell 'amba; già il giorno prima era accaduto un equivoco analogo, ma questa volta le conseguenze erano state gravi, con 27 morti e 76 f'eriti fra i nostri soldati (27 1). il giorno 13, mentre le truppe a terra si assestavano ed attendevano l'avanzata delle artiglierie, la R.A. proseguì i propri attacchi sulle linee e sulle retrovie del nemico con 14 C500T sulle carovaniere e 13 tonn. cli bombe convenzionali su vari obiettivi dell' Endertà e del Tembien. Tornando al 16 febbraio, i bollettini l'avrebbero defin ita "la giornata dell'aviazione", quella del massimo sforzo di tutta la campagna: 170 missioni, 72.000 kg. di bombe, 13 .000 colpi cli mitragliatrice. Furono impiega te anche 42 bombe a gas. Sino al 19, ultimo giorno della bauaglia comprendendovi anche questa importante fase aerea, la R.A. riversò sul terreno dei combattimenti 293 Lonn. cli bombe. Il 20 i bombardamenti scemavano di intensità, ma sarebbero ripresi il 2 1 ed il 22 con attacchi a gas contro i guadi dello Scirè. Le perdite italiane ammontarono, per quanto riguardava le truppe nazionali a 134 caduti ( 12 dei quali erano ufficiali) e 523 feriti, mentre fra quelle indigene si contarono 62 caduti e 83 feriti , compresi quelli appartenenti alle bande del degiac Gugsà. Le perdite etiopiche furono valutate intorno alle 20.000 unirà, senza però che fosse possibile precisare quante fossero ascrivibili ai combattimenti sul1' Amba Aradam e q uante fossero invece attribuibili all 'azione aerea svolta ne i giorni successivi durante la ritirata dell 'armata di ras Mulughietà nonché all'ostilità aggressiva messa in allo dalle etnie rivali. Sonoposta ad un ' analisi, la manovra messa in atto da Badoglio il giorno 15 per l'aggiramento a tenaglia dell'amba, definita come " il naturale coronamento della metodica avanzata dei giomi 10, 11 e 12" nella relazione del C.S.A.0. (2 72 ), si presta ad alcune considerazioni . Innanzitutto, l' avanzata a carattere metodico
271
Gentilli R .. op. cit .. pag. 70.
272 ·"Relazione sug li avvenimcnci mili tari nello scacchiere Nord .. ."', cit., pag. 37.
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su una profondità di circa 15 km. non aveva permesso di realizzare il completo accerchiamento e l'annientamento delle forze avversaiie. La manovra, estremamente cauta, aveva presentato ancora caratteristiche paragonabili a quelle evidenziate sul Sabotino e sulle altre cime di fronte a Gorizia durante la prima guerra mondiale piuttosto che a quelle peculiari di una guen-a di movimento. Essa aveva tuttavia conseguito importanti successi di ordine psicologico e morale nei confronti di un avversario che si trovava a sostenere per la prima volta un confronto con un esercito europeo dotato di un annamento cospicuo e, seppur relativamente, moderno e che attuava adeguati procedimenti tattici. I successivi effetti dell'azione aerea e della guerriglia da parte degli azebò e raia galla, da noi abilmente fomentata e guidata, avevano incrementato i risultati del successo inducendo i superstiti alla defezione. Fino a quel momento, infatti, gli etiopici avevano fronteggiato contingenti piuttosto esigui ovvero unità indigene armate leggermente od anche, come al Passo Uarieu, reparti minori di fante1ia sostenuti solo in maniera ridotta dalle artiglierie. Nell'offensiva cle ll'Endertà, invece, circa 300 cannoni avevano svi luppato azioni coordinate di fuoco sparando 23 .000 colpi, mentre delle tre giornate dello sfruttamento del successo da parte dell'Aeronautica è già stato fatto un sintetico bilancio. È altresì eia ricordare come nella fase di preparazione anche le artiglierie avessero fatto uso di munizionamento a gas. L'avversario, che pure si era accanitamente e valorosamente battuto, non aveva manovrato né era riuscito a sfruttare le possibilità offertegli da posizioni topograficamente favorevoli ad una difesa attiva. Come era già emerso durante la prima battaglia del Tembien, accanto ali' ardimento dei singoli ed al l'indubbia capacità di valutare e tentare di sfruttare pa1tic0Iari situazioni ristrette, però, sempre al piccolo campo tattico, si era riconfermata la carenza cli un'azione superiore di comando a largo spettro strategico e di una reale capacità di manovra. Infatti, conu·ariamente a quanto sarebbe stato ragionevole attendersi ed a ciò che sarebbe senza dubbio accaduto in una guerra europea, la massa nemica del Tembien non solo si era astenuta da ogni impegno offensivo durante la battaglia ma si era mantenuta nelle proprie posizioni che, nell'evolvere della situazione, erano divenute ormai del tutto precarie. E la crisi del comando aveva determinato un generale senso di sfiducia e la convinzione che una prolungata resistenza avrebbe condotto alla completa distruzione. Durante i due gionli dal 13 al 14 febbraio, allorché Badoglio, forte della propria schiacciante superiorità, aveva fermato le operazioni per riorganizzare i collegamenti e spostare in avanti le rutiglierie e l'appru·ato logistico, i capi etiopici, intenti a contraccambiarsi acerrime ritorsioni e vendette, non avevano saputo approfittare di questa tregua. Memore ciel concorso negatogli pochi giorni prima da ras Mulughietà, ras Cassa aveva lasciato che il III C.A. avanzasse indisturbato mentre avrebbe potuto attaccarlo sul fianco destro, arrivando in poche ore dal vicino Tembien. A smuovere Cassa non era stato suf'ficiente nemmeno un telegramma del Negus che gli chiedeva di mandare "potentissime forze alle spalle degl.i italiani, che si trovano fu01i dalle fortificazione" oppure di occupare Macallé ( 273 ). Quest'uhi-
273 Badoglio
P., op. cit., pagg. I 16-117.
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ma disposizione del Negus, anche se dotata di una sua log ica perché avrebbe potuto mettere in crisi l'ala destra dello schieramenr.o italiano e cost1ingere Bastico ad interrompere la sua avanzata per parare l'attacco sul predetlo fianco e alle spalle, risultava alquanto peregrina e soprattutto irrealizzabile, perché non teneva conto che il poderoso campo trincerato di Macallé era presidiato dall'intera Div. Assietta. Un osso troppo duro per le forze di ras Cassa, che giorni prima erano state incapaci di espugnare il caposaldo di Passo Uarieu. Inoltre, il dispaccio del Negus. per ragioni mai chiarite, raggiunse ras Cassa soltanto alle 20.30 del 15 febbraio, quando Mulughietà, giudicata ormai i rnpossibile la difesa dell'Amba Aradam, aveva già impartito l'ordine della ritirata generale sui valichi di Alagi. Ad ogni modo, l'esito vittorioso della battaglia dell 'Enclertà, ed in particolare dell' occupazione dell'Amba Araclam, avrebbe avuto rilevanti implicazioni sulle operazioni che sarebbero seguite, ed anche in chiave politica (Ali. 165). Come avrebbe affermato un critico militare non sospellabile certamente di inclinazioni favorevoli nei nostri confronti, "gli abissini si erano radicali nella 1ne11te che gli italiani avrebbero costruilo soltanto trincee rimanendo sulla difensiva ... Ma a sconvolgere siffatte supposizioni giunse l'assalto e la conquisra di una montagna 'imprendibile' ..." (274) . 3 - L A SECONDA BATTAGLIA DEL T EMBl EN (27-29 FEBBRAJO)
Dopo la battaglia dell' Endertà la s ituazione etiopica poteva così sintetizzarsi: - l'armata di ras Mulughietà, in disordinata fuga, aveva ormai cessato di esistere; - l' armata cli ras Cassa e ras Sejum nel Tembien, fronteggiata da posizioni ormai saldamente organizzate a difesa ed in situazione tale da poter essere aggirata da Sud da un'aliquota delle forze dell'Endertà; - l'armata di ras Tmmirù nello Sciré ancora intatta, ma in condizione di poter essere attaccata da due corpi d' armata. convergenti sul campo cli battaglia da due direzioni diverse. TI Negus con la sua armata era ancora troppo lontano per rappresentare un pe1icolo, anche se realmente avesse avuto intenzione, come risultava dalle informazioni , di mettersi in movimento verso il Nord (ecl il giorno 20, in effetti, partiva da Dessié). Inoltre il suo progetto di ricongiungersi alle truppe di ras Mulughietà sarebbe certo automaticamente naufragato di fronte al fatto che queste ormai non esistevano più. Egli avrebbe però potuto unirsi ai 20.000 uomini che risultavano dislocati fra Quoram e Mai Ceu e muovere insieme per occupare le posizioni di Amba Alagi. Esse, rappresentate da un'aspra catena elevantesi oltre i 3000 mt. ed incisa da soli tre passi (Togorà, Alagi e Falagà), costitu ivano un naturale baluardo di notevole valenza militare, in particolare per quanti avessero inteso assicurarsi il possesso dei valichi allo scopo di interdirne l'accesso da Sud. 274 KonovaloffTh .. "Con le annate del Negus. Un bianco fra i neri", Bologna. Zanichelli, 1938. pag. 87; il col. Konovaloff era un cx ufficiale dell 'esercito imperiale russo che dopo l.1 rivoluzione bolscevica era emigrato in Turchia. L::gitto ed infine in Etiopia. divenendone il principale consigliere militare.
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L'opportunità di procedere alla loro occupazione appariva pertanto evidente, pur ritenendo poco probabi li gli intendimenti controffensivi etiopici. Solo il 19 il Negus aveva la sensazione della rotta di ras Mulughietà ed ordinava a ras Cassa cd a ras lmmirù la ritirata su Amba Alagi, senza evidentemente sapere che al momento il Ili C.A. italiano marciava già alle spalle di ras Cassa attrnverso il Seloà. Ma di ripiegare su Alagi ras Cassa non aveva alcuna intenzione, in quanto coltivava sempre il suo intento di raggiungere ras Immirù. Per quanto abilmente prospettatogl i dall'interessato, il congiungimento fra i due ras non rienu·ava negli intendimenti del Negus, cd il 25, infatti, questi ribadiva a Cassa l'ordine di dirigersi su Alagi per unirsi a Mulughietà; dal canto suo ras Cassa sempre più si preoccupava della minaccia costituta sul proprio tergo dal III C.A. accampato sul torrente Ghevà, e prevedeva che fra il 26 ed il 27 si sarebbe scontrato sia con queste truppe e sia con quelle del C.A. eritreo che si trovavano schierate sui passi montani. Contemporaneamente, clùedeva al Negus notizie sulla situa:lione generale e sulla sorte di ras Mulughietà e dei suoi, insistendo per conoscerne in particolare la dislocazione del momento e fare il punto sulle operazioni conu·o gli italiani. Evidentemente non sapeva ancora che proprio il giorno 26, dopo aver appreso della morte del proprio figlio Lìgg Badessa, ucciso in un 'imboscata tesag li da alcuni guerriglieri Azebò Galla, il vecchio ras era 1itornato su i suoi passi per vendicare il figlio ma, metme stava caricando con la sua guardia del corpo i nemici, veniva colpito da una raffica cli mitragUatrice sparata da un aereo italiano sceso a bassa quota attratto dalla sua uniforme caki (275 ) . Ras Cassa restava comunque ostinatamente attaccato al proprio primario e preferito progetto cli congiungersi con ras lmmirù. Questi , dopo il combattimento di Dembeguinà aveva dapprima rallentato e poi arrestato la sua marcia, assumendo alla fine un atteggiamento pressoché difensivo. Ai primi di febbraio sembrava avesse ripreso lentamente, con piccoli nuclei, il movimento verso Ancheré-Adi Arbaté, raggiungendo il Mareb e cercando cli effettuare razzie ed incursioni , fra le quali quella del 13 febbraio contro il cantiere Gondrand. li suo avvicinamento alle nostre linee si estendeva in seguito lungo tutto il fronte, anche se ben presto gli elementi avanzati ripiegavano su l grosso che si disponeva a di fesa iniziando quà e là la costruzione cli qualche muretto a secco, uni formandosi così agli ordini del Negus. In conclusione, delle due annate quella di ras Tmmirù si poneva sulla difensiva mentre quella di ras Cassa, che avrebbe dovuto ritirarsi, non accennava ancora a muoversi. Come di consueto, Negus e ras, pur avendo finalmente percepito il pericolo e rea lizzata la necessità della ritirata, indug iavano a discutere, l' uno poco autorevole per imporsi e l'altro poco disciplinato per obbedire. 1n questa situazione, che il Comando Superiore A.O. aveva modo di seguire giorno per giorno attraverso l'intercettazione dei radiogrammi etiopici, Badoglio decideva cli iniziare per prima la battaglia del Tembien mentre nel frattempo nello Sciré, dove maggiori erano le distanze da percorrere e le difficoltà eia superare, specie sul fronte del IV C.A., proseguiva la preparazione. La manovra offensiva, nel suo quadro generale, si proponeva in primo tempo di assicurare il possesso dei passi di
27 5 S1eer G.L .. op. c ii., pag. 265.
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Alagi, per impedire al nemico qualsiasi ritorno aggressivo e precludergli inoltre la 1itirata dal Tembien, ed in un secondo tempo di battere le forze di questo settore e disperdere quelle che, per vie di ritirata eccentriche e difficili, avessero potuto sfuggire alla stretta; in una te17.,a fase, infine, di battere le forze di ras lmrn.irù e ricacciarle a Sud del Tacazzé. Per la prima volta nella storia militare coloniale, avrebbe fatto orgogliosamente ri levare Badoglio nelle sue memorie, dovevano essere impiegati contemporaneamente, in un attacco generale, cinque corpi d'armata schierati su 250 km. di fronte, procedenti da e per tutte le direttrici, nonché masse imponenti di aitiglieric di piccolo e medio calibro, carri veloci e stormi di aerei (276) . Già dal giorno 16 febbraio erano state impartite al 1H C.A. le direttive affinché, sostituita parte delle sue forze con la 1° Div. eritrea più idonea al movimento Schizzo n. 54 - li terreno della seconda battaglia del Tembièn
Da: "La conquis1a dell 'Etiopia", cii., pag. 78.
276
Badoglio P.. op. ci1., pag. I 21.
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in una regione particolarmente diftìcile, eseguisse una p untata a tergo delle formazioni nemiche del Tembien o perlomeno ne contrastasse il ripiegamento che, spinte dalla situazione in questo settore, avessero tentato di effettuare. 11 18 erano seguite quelle per il l C.A., che disponevano per una sollecita avanzata sulla direttrice dell'Amba Alagi e per l'occupazione delle posizioni cli Encla Debra Ailà, monte Gomolò e monte Garadsciam, provvedendo nel contempo anche ai lavori per il prolungamento della pista Celecot-Buié fino alle posizioni progressivamente raggiunte (AI I. 166). Tre giorni dopo Badoglio inviava, con speciale riferimento al II e IV C.A., alcune norme tattiche frutto dell' esperienza fino allora maturata (All. 167) e sempre nella stessa data del 21 diramava anche agli stessi CC.AA. le prime direttive per le operazioni nel settore dello Sciré-Adi Abò intese a neutralizzare le forze etiopiche al comando di ras Immirù . Nello stesso tempo erano stati messi in atto i relativi, ingenti e complessi provvedimenti di ordine logistico, incentrati fondamentalmente sul concentramento di denate e mate,iali presso i magazzini di Adigrat e nelle basi avanzate di Mai Macdem (per i CC.AA. I e lll), Hauzien (per il C.A. eritreo), Adua (per il Il e.A.), monte Fundinai (per il IV C.A.), così da poter rapidamente reintegrare, con percorsi relativamente brevi, i consumi che si sarebbero verificati durante la battaglia. Venivano poste con ciò le premesse per l'annientamento di tutte le forze avversarie che ci fronteggiavano più direttamente sullo scacchiere settentrionale (la situazione statistica in uomiiù e mezzi de.Ile nostre è riportata nell' All. 168) e che potevano minacciare il fianco destro del nostro schieramento. Tale fianco sarebbe andato estendendosi a seguito di ogni successiva progressione sulla direttrice della "via i1nperiale" che adduceva a Dessié e ad Addis Abeba. Tra il 24 ed il 25, infine, il Comandante Superiore emanava le disposizioni operative per la seconda battaglia del Tembien (All. 169) e per l'occupazione dei valichi di Alagi (Ali. 170). Nelle prime, gli ordini erano: - per il giorno 27, al e.A. eritreo di occupare saldamente la posizione di Uork Amba per costituire un valido appoggio agli apprestamenti di Passo Uarieu, ed al III C.A. di occupare le posizioni a Nord del guado di Debuc; - per il giorno 28, al e.A. eritreo di procedere su Debra Amba, ed al III C.A. di risalire la testata del Mai Bararus ed occupare le postazioni fronteggianti Amba Tzelleré; - per il giorno 29, era prevista la riunione dei due CC.AA. nellà zona di Abbi Addi. In relazione a queste direttive, l'Intendenza provvedeva ad accentrare in Hauzien i rifornimenti necessari. Per il solo servizio di artiglieria venivano concentrati 48.000 colpi e 7 milioni erano quelli per le armi della fanteria, per il trasporto dei quali necessitavano 350 autocarri, mentre per le esigenze del genio venivano trasportati 8000 quintali di filo spinato, 50.000 sacchi a terra e I 0.000 paletti di ferro, 6000 gabbioni, 200 quintali di esplosivo da mina, 15.000 attrezzi da lavoro, 40 grandi serbatoi per acqua. Gli ordini così emanati tenevano conto della particolare situazione topografica in base alla quale la nostra occupazione a Nord del Ghevà garantiva il possesso dei due larghi valichi di Abarò e di Uarieu, anche se di quest' ultimo, però, le posizioni più elevate dei pilastri laterali erano in possesso dell'avversario. Da
La "tenaglia" strategica del 1Ygrai ( 10.IJ-3.lll. / 936) Schizzo n. 55 - La zona dcli' Amba Alagi
Da: "La conquista dell ' Etiopia", cit., pag. 75.
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Passo Ua,ieu, per Abb.i Addi, si staccava la grande carovaniera per Socotà che scendeva al Ghevà, lo superava al guado di Debuc e, risalendo le pendici settentrionali delle alture del Seloà, superava il Passo di Taraghé che ne dominava completamente le provenienze da Nord. Alla sera ciel 26 le GG.UU. risultavano così schierate: - I C.A., costituito dalle Divisioni Sabauda, Sila (meno un reggimento ed un gruppo d'artiglieria), Pusteria, 4 °CC.NN., VI Gruppo Btg.ni CC.NN., Gruppo Sguaclroni C.V., VIII Gruppo Btg.ni eritrei, banda Aiba, artiglierie mobili autotrainate di corpo d'armata,sulle posizioni di monte Garadasciam-Aderat-monte Gomolo; - TJT C.A., costituito dalla 1° Div. CC.NN., dalla 1° Div. eritrea, da un rgt. cli fanteria e eia on gruppo art. della Sila, dal Btg. G.d.F., dal Gruppo Squadroni Eritrei, ammassato sul Ghevà fra Adi Farris e Passo Taraghè; - C.A. eritreo, costituito dalla 2° Div. CC.NN., dal I Gruppo Btg.ni CC.NN., dal Gruppo Btg.ni nazionali granatieri ed alpini, dalla 2° Div. eritrea e dalle artiglierie mobili di corpo d'armata, sulle posizioni di Uarieu-Passo Abarò; - TI C.A., costituito dalle Div.ni Gavinana, GranSasso , 3° CC.NN., uno squadrone c.v., III Brig. Eritrea, Gruppo Spahis, artiglierie mobili autotrainate di corpo d'armata, bande irregolari, ammassato ad oriente della conca cli Selaclacà; - IV C.A., costituito dalle Div.ni Cosseria e 5°CC.NN., XX Btg. cani d'assalto, XXVTT Btg. eritreo, artiglierie mobili autotrainate di corpo d' armata, ammassato a cavallo ciel Mareb nella zona fra Mai Agais e Mai Zurbabit (Ali. I 7 I). Al mattino del 27 febbraio, il I C.A. iniziava il movimento disposto su tre colonne: - colonna di destra, Div. Pusteria, per Gutba Hairat ed Amba Corcorà su Amba e Passo Togorà; - colonna centrale, VI Gruppo Btg.ni CC.NN., per Mai Mescic su Passo Alagi; - colonna di sinistra, Div. Sabauda, per Mai Betà, Adi Abeitò, Amba Mairà, Bet Mairà su colle Falagà. Le colonne laterali dovevano procedere per l'alto, lungo le dorsali, per ingabbiare event11ali resistenze avversarie lungo la valle del Mai Mescic ed aprire la strada all'occupazione di Passo Alagi alla colonna centrale. L' operazione si svolgeva senza intralci cli sorta, se non quelli rappresentati dal terreno particolarmente aspro ed accidentato e percorso da forre ed angusti spazi piani ristretti fra picchi rocciosi a carattere dolomitico, incisi da profonde caverne che avrebbero potuto agevolare una qualche forma di resistenza. Questa invece non si manifestava in nessun modo, e nella stessa giornata si procedeva all'occupazione delle posizioni a Nord-Est cieli ' Amba Togorà, a Sud-Est cli q. 2310 e ad Est di Mairà. Alle 11 circa ciel 28 febbraio, la bandiera italiana veniva piantata sulla vetta cieli' Amba Alagi (q. 3438), che quarant' anni prima era stata testimone ciel sacrificio del magg. Pietro Toselli e dei suoi uomini. In All.l 72 l'ordine di battaglia in dettaglio dei reparti partecipanti. Nella notte fra il 26 ed il 27 era stata intanto effettuata l'azione per la presa cli possesso cieli' Amba Uork. Su questa altura, strutturata su due robusti torrioni (la Scimarbò Amba, 2420 mt., a sinistra, e l' Amba Deber Ansa, 2469 mt., a destra) dominanti l'ampia sella cli Uarieu e la sottostante piana del Belés, gli etiopi-
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Schizzo n. 56 - L'avanzata verso Amba Alagi delle colonne ciel I.C.A.
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Da: Cabiati A., cit., pag. 104.
ci avevano sistemato 500 armati ed un cannone da 47 . Il compito di conquistarla veniva affidato ad un reparto misto cli rocciatori com posto eia 60 CC.NN. della XXVIII Ottobre, da 45 alpini del Vll .Btg. complemenLi della Pusteria e da 25 ascari eritrei del XXU Btg. per un totale di 130 elementi (2 77). L'azione dei rocciatori aveva iniz io all'una muovendo eia un fortino ne ll a zona cli Uarieu, con obiettivo la vetta Sud per g li alpini e quella Nord per le CC.NN. Queste avevano in dotazione 3 fucili mitragliatori con 15 cassette di munizioni per un totale di 4500 colpi, moschetto con 120 colpi ciascuno, pugnale, 300 bombe a mano, due giornate dj viveri a secco, borraccia colma sino all'orlo, una coperta arrotolata per un complesso di 25 kg. per uomo. Nessuna attrezzatura 277 li repai1o delle CC.NN. era al comando del capom an ipolo Tito Po lo, quello degli alpini era agli ordini del ten. Gustavo Rambal di. 11 VIl Rt g. complementi della P11s1eria avrebbe as,unto dopo di allora. pe r iniziativa degl i stess i alpini. IĂŠ1 denominazione di Btg. Uork Amba, che sarebbe siata licial mcnlc riconosciurn cd omologata il 18.3. 1937.
ur-
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da arrampicata, per evitare qualsiasi rumore, ad eccezione di un paio d i corde prelevate dai basti dei cammelli. L'Amba Uork, secondo la struttura tipica di queste montagne solitarie, spiccava con il massiccio petroso della propria mole su un basamento assomigliante ad un'enorme scodella rovesciata sul quale si intrecciavano sentieri aggrovigliati, arbusti di acacie nane, forre e burroni. All'altezza di un piccolo villaggio abbandonato, le CC.NN. si separavano dal gruppo degli alpitù, diretti verso la parete Sud dell' amba. Dopo circa due ore di marcia ed essere passati al largo cli un iistretto posto di guardia etiopico, gli uomin.i agli ordini di Polo rimanevano bloccati eia uno strapiombo liscio, inaccessibile, alla sinisu·a del quale c'era un bivacco nemico, mentre a destra la via era ostacolata da una "zeriba", specie cli siepe alta e spinosa usata dagli etiopici come reticolato di circostanza. Poiché si erano fatte le 4.20, Polo decideva di formare due squadre di 12 uomini l'una, con due nùtragliatori e due bandiere-lampo. La squadra diretta a destra e quella diretta a sinistra si sarebbero ricongiunte sotto la cornice che preludeva al torrione della vetta, terzo ed ultimo tempo della scalata; gli altri uomini avrebbero seguito a poca distanza, in fila indiana, sulla scia del comandante, compresi i cinque eritrei rimasti in grado di continuare fra gli altri commilitoni che, estenuati, erano stati dislocati sulle pendici dell' amba per assicurare i collegamenti. Verso le 5.30 i 24 elementi delle due squadre si ritrovavano sotto il cornicione, raggiunti poco dopo dal resto del reparto; superatolo senza incidenti lungo una breccia ben profilata, eccoli sotto il tonione dell' amba, alto una cinquantina di metri, rigato nei fianchi da corti canùni, forato da cavernette naturali e cosparso di olivi selvatici i cui rami contorti e robusti potevano agevolare la presa e l'arrampicata. Ma gli ultinù dieci metri erano a picco, con la parete nuda, senza appigli visibili, con il margine della vetta frangiato eia una siepe spessa di fichi d'india dalle foglie a spatola irte cli aculei. In più, in un anfratto ciel ton-ione, alla base della scalata estrema, una trentina di etiopici sonnacchiosi ma pur sempre nùnimamente vigili . Otto rocciatori si spartiscono i varchi per l'ultimo attacco, cinque da una parte e tre dall'altra, incollati alla roccia, tenendo stretta fra i denti la fettuccia di sicurezza di una bomba a mano. Ormai è giorno, sono quasi le sei. All'improvviso un urlo, un colpo di fucile, erano stati scoperti, ma i 30 etiopici non facevano in tempo ad abbozzare un tentativo di opposizione soverchiati dalla rapida intrusione di Polo e dei suoi sette compagni, raggiunti in breve anche dagli alu·i inerpicatisi velocemente grazie alle corde che i p1imi si erano affrettati ad assicurare ad alcuni spigoli della parete. AJle 6.1 Oun segnalatore annunciava in basso, con la bandiera lampo, la conquista cieli' Amba Uork. Nel corso della mattinata, il nenùco metteva in atto una serie di violenti contrattacchi, ma verso le 14 interveniva in supporto un plotone mitraglieri che, riuscito con sorprendente perizia tecnica a scalare con le arnù la difficile parete, determinava il definitivo sgombero etiopico dalla posizione. Più difficile e lenta doveva rivelarsi la conquista della cima Sud, per le maggiori difficoltà del terreno, dovute in parte agli scoscendimenti della parete ed alla presenza; in un tratto di essa, di un'intricata selva fitta di arbusti spinosi, ed anche all'accanita resistenza opposta dall'avversario. Alpini, CC.NN. ed ascari si battevano, con alterne vicende, sino alle ore 17 prima di riuscire a porre piede sulla cima cieli' amba ed a rendersene padroni (All. 173).
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La "tenaglia " strategica del Tigrai ( 10. ll-3.lll.J936)
Schizzo n. 57 - La mano,•ra offensiva italiana nella zona di Abbi Addi
file.A. o
a.az!Q,ffl
o Anta/o'
uaela Da: Cabiati A.• ci1.. pag. 108.
Alle 6 del giorno 27, mentre si stavano svolgendo le suddette azioni, le due colonne che, secondo il piano operativo del comandante del C.A. eritreo, dovevano muovere dal caposaldo di Uarieu per aggirare l'Amba Alagi da Sud e da Nord (rispettivamente con uno e cinque battaglioni) e garantirne il possesso, ne occupavano di sorpresa i costoni laterali bassi, quello settentrionale di Zcbandas e quello meridionale di Uorieghé. La reazione degli etiopici era immediata e vigorosa, rivolta dapprima solo verso Zebandas; ma più tardi, menlre verso Nord si delineava un largo aggiramento in forze attraverso la regione Dembelà, contro il costone Sud dell'amba e contro la sella si scatenava un attacco furioso di regolari alimentato senza posa per il quale tutte le unità erano duramente impegnate. I fucilie1i nemici erano preceduti da nuclei di regolari armati di sciabole e bastoni che, con estremo ardimento, cercavano di piombare sulle nostre mitragliatrici. La linea subiva di continuo drammatici ondeggiamenti, e veniva ristabilita con impetuosi contrattacchi alla baionetta, ricorrendo ormai solo al corpo a corpo. li contrattacco etiopico, condotto fu riosamente e contemporaneamente da Ovest e da Sud con l'intento di circoscrivere i sei battaglioni attaccanti in una sacca, si spingeva fino a Endà Sembét e fin sotto le difese di Passo Uarieu, costringendo Pir:do Biroli ad impegnare tutta la propria riserva. Gli etiopici continuavano infatti a gettarsi fu riosamente nella mischia brandendo sciabole e addirittura bastoni e non ripiegavano che al tramonto allorché, minacciati a loro volta
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La campagna italo-etiopica, 1935-1936
di accerchiamento, avevano già lasciato sul terreno un migliaio di morti. A contenere l'aggiramento verso Nord interveniva un gruppo di tre battaglioni eritrei, che nella mattinata si era diretto da monte Pellegrino su Enda Micael Dernbelà e Endà Sembét a protezione del fianco destro del dispositivo d'attacco. Si accendeva così, anche in quella zona, un accanito combattimento al termine del quale il nemico ripiegava disordinatamente lasciando sul terreno numerose perdite. Schizzo n. 58 - La situazione operativa del 27 febbraio
Currioma·
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IJ//J6Vt
m Da: Cabiati A. , c it. , pag. I 05.
Il C.A. Eritreo aveva pertanto conseguito gli obiettivi assegnatigli; in particolare, con la conquista dell'Amba Uork aveva assicurato il fianco destro dello schieramento e costituito una solida base di partenza per il proseguimento dell' avanzata verso Sud. Dal proprio canto il 111 C.A., senza aver dovuto superare Ja resistenza avversaria ma solo le innumerevoli difficoltà opposte dalle condizioni del terreno e dalle temperature oltremodo elevate, aveva guadato il Ghevà e risalito l'opposto versante, sostando nel pomeriggio sulle posizioni di Debuc. Il 28 febbraio sarebbe stata la giornata durante la quale la manovra a tenaglia concepita da Badoglio avrebbe visto il suo massimo sviluppo. Il gen. Pirzio Biroli - al quale, lo rammentiamo, al di là delle proprie attribuzioni di comandan-
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te del C.A. Eiitreo competeva il coordinamento di tutta la manovra stessa- decideva di puntare con una colonna di 6 btg.ni e 4 batterie agli ordini del gen. Somma sui roccioni di Debra Amba che risultavano ancora massicciamente occupati, e di spingere il III C.A. da Debuc alla testata del torrente Brarus per chiudere definitivamente il cerchio attorno all'avversario. L'azione aveva inizio alle ore 12.30. La colonna agli ordini del gen. Somma, gravitando con le forze verso la sua destra per avvolgere da occidente i roccioni, iniziava l'avanzata appoggiata dal fuoco di 12 batterie e dal bombardamento aereo. L'avversario, scosso dai combattimenti del giorno precedente e minacciato di avvolgimento, dopo breve resistenza 1ipiegava abbandonando anni e materiali di ogni genere. Gli obiettivi erano raggiunti senza altra opposizione. All'alba il Ill C.A. riprendeva il movimento verso Abbi Addi nella stessa formazione del giorno precedente. Il nemico, se pur con azioni isolate e frammentarie ma non per questo meno accanite, opponeva vivace resistenza superata peraltro dalla decisa avanzata delle nostre colonne. Al tramonto, conseguiti gli obiettivi, gli elementi avanzati del C.A. investivano Amba Tzelleré ed estendevano il loro fianco sinistro ad Ovest cli tale amba a sbarramento della valle Bararus. Anche in questa giornata di operazioni, malgrado la resistenza avversaria fosse ormai ridotta ad azioni frammentarie, che confermavano la mancanza di un chiaro e preciso concetto operativo ed il disorientamento conseguente dall'accerchiamento in atto, tutti gli obiettivi erano stati conseguiti. Ormai i due CC.AA., il cui ordine di battaglia è riportato per intero nell'Ali. 174, si apprestavano ad effettuare il congiungimento nella zona cli Abbi Addi, il cui possesso avrebbe consentito di interdire al nemico la via principale di ritirata verso Sud. Esso avvenne infatti nelle prime ore del 29, a circa 3 km. ad Ovest dell'abitato, concludendo così virtualmente la 2° battaglia ciel Tembien (All.ti175 e 176). Questa sarebbe stata completata nella prima settimana cli marzo attraverso operazioni di rastrellamento effettuate con colonne leggere, le quali erano costrette ad affrontare alcuni cruenti scontri con nuclei etiopici che cercavano di opporre ancora qualche resistenza o di aprirsi la via verso Sud. Gli avversari si battevano con estrema determinazione, preferendo nella maggior parte la morte alla resa e confermando - come lo stesso Badoglio avrebbe dato loro atto - "le alte virtù guerriere della razza" (278 ). Particolare citazione meritano l'azione svolta il giorno 2 dalla 1° Div. Eritrea per l'occupazione delle posizioni di monte Andinò ed Enda Mariam Quoram durante la quale l'avversario lasciava sul terreno oltre un migliaio di morti, ed il contemporaneo tentativo di una forte colonna di ripiegare a sud del Ghevà, subito arrestato dal I' intervento del presidio di Debuc, che costava al nemico altri 600 morti, alcune centinaia di prigionieri e materiali cli ogni genere fra i quali le decorazioni personali di ras Cassa. In termjni di perdite umane, la 2° battaglia del Tembien avrebbe espresso il seguente bilancio: 581 morti fra le nostre file (393 nazionali, dei quali 34 ufficiali, e 188 eritrei) e circa 8000 fra quelle etiopiche.
278 Badoglio P., op. c it., pag. J 33.
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Da: Del Boca A., cit., pag. 567.
Anche in questa seconda fase della grande manovra offensiva nel Tigrai, la R.A. foml un importante contributo. Il IV Gruppo Bombardamento, con due delle proprie squadriglie, costituì un Gruppo Tattico che venne assegnato al III Gruppo R.T. ed appoggiò la conquista dell'Uork Amba. Il 28, mentre le squadriglie equipaggiate con Caproni confluivano sul campo di battaglia, il 9° Stormo divideva equamente le sue forze fra l'appoggio tattico e le più congeniali azioni strategiche a largo raggio, queste ultime dirette contro le truppe che dall' Ascianghi muovevano verso le punte avanzate del 1 C.A. in marcia verso il Passo Alagi. Quattordici S81 scaricavano invece migliaia di spezzoni sopra le formazioni etiopiche, che già stavano ritirandosi dal Tembien per sottrarsi all'accerchiamento (279). Nel corso della giornata, dagli aerei erano piovute sul nemico 100 t0nn. di esplosivo accompagnate da 2000 colpi di mitragliat1ice (280 ). Anche i Cal 11 de ll'8° Stormo parteciparono agli intensi spezzonamenti sulla zona. Nella stessa mattina 6 S8 J si erano portati a Sud-Est del lago Ascianghi per sganciare bombe di medio e grosso calibro su due ghebì nei paraggi di Belès, dove era stata segnalata la presenza del Negus, notizia rivelatasi poi infondata (281) . L'intervento dei bombardieri pesanti dalle basi arretrate di Gura e dell' Asmara era stato tempestivo ed efficace grazie allo snello sistema di trasmissione degli ordini ai reparti predisposto da Ajmone Cat. Le richieste dei CC.AA., filtrate dal Q.G. di Badoglio, passavano tempestivamente al Comando Aeronautica dell'Eritrea che inviava direttamente gli ordini ai reparti. Ajrnone Cat si era 1iservato la responsabilità di disporre incursionj di bombardamento massiccio anche
279
AUSSMA, AOI, cartella 8, D.S. 9° Stormo. Lioy V., " L'Italia in Africa. L'opera dell 'aeronautica", Istituto Poligrafico dello Stato, Roma, 1965, pag. 67 . 28 1 AUSSMA, AOI, care. 8, D.S. 9° Slùnno. 280
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in base alle intercettazioni dei radiomessaggi m1srnessi dai velivoli della ricognizione tattica e strategica. Naturalmente ai CC.AA. continuava a competere la piena responsabilità delle proprie squadriglie da ricognizione tattica (282). Il 29, sul grosso dell'armata in fuga verso Ovest erano state lanciate, fra l'altro, anche 12 bombe "C500T" per ip1itizzare i guadi del Tacazzé dove si riteneva che sarebbe passato ras Cassa, il cui seguito però si era frazionato in gruppi che avevano preso itinerarii djversi marciando di notte ed occultandosi nelle ore diurne (283 ). Nello stesso giorno una pattuglia di 6 S81 era giunta sino a Debra Marcos, nel Goggiam, per bombardare questo centro appena rioccupato dagli armati scioani inviati dal Negus per reprimere la rivolta degli abitanti di quella regione contro il potere centrale. Il 1° marzo l'Aeronautica rintracciò e bombardò circa 4000 armati di ras Cassa diretti al Tacazzé ed altre formazioni minori intente a raggiungere i guadi del Ghevà (284). Nello Sciré i ricognitori ed i bombardie1i effettuarono bombardamenti e mitragliamenti in varie local ità impiegando, là dove il terreno boscoso ne consigliava l'uso, spezzoni incendiad che venivano sganciati sulle macchie fiancheggianti le carovaniere. IL totale delle bombe impiegate in quei giorni fu di 4600 kg. il 28, 5600 il 29 e 4600 il 1° marzo, su un totale di 27.260 su tutto il fronte (285 ) . Oltre alle nùssioni prettamente belliche, tra l' l ed il 2 marzo si svolsero quelle per il rifornimento del IV C.A. in marcia; anche il 3 la forza aerea fu impiegata contro il nemico in rotta mediante l'utilizzazione cli tutti i bombardieri degli stormi 8° 9° e l4° che sganciarono un totale cli 38.343 kg. di esplosivo e spararono 9000 colpi di mitragliatrice (286 ). TI 4 marzo l'attacco in massa continuò con il lancio di oltre 25 tonn. di bombe sganciate eia 90 bombardieri e 30 ricognitori che si alternarono all'inseguimento delle truppe di I11u11irù. In quello stesso giorno accadde un episodio che avrebbe avuto risonanza internazionale. Dopo che il giorno precedente un ricognitore aveva segnalato la presenza ad Alomatà, nei paraggi di Quoram, di una trentina di autocarri con il contrassegno della Croce Rossa, alcuni nostri velivoli sorvolarono la zona e vennero fatti oggetto del fuoco nemico. Ebbe allora inizio il bombardamento dei mezzi, che esplosero come se fossero carichi di munizioni (Ali. 177). Sul fatto sarebbero state fornite versioni contrapposte. Da parte inglese si affermò che, trattandosi di una m issione sanitaria di quella nazione, l'attacco fosse stato fra i più deliberati, attribuibile verosimilmente al risentimento italiano contro la Gran Bretagna (2 87) . Da parte italiana, è disponibile la testimo-
282 AUSSMA, AOI, cart. 6, prot. l 734/2 de l 26.2.36, da Comando Superiore AeronauticaScz.OPR a Comandi dipendenti e GG.UU. del R.E., f.to Ajmonc Cat. 283 KonovaloffTh., op. cit., pag. l 28 e segg .. 2 :\4 Durante una missione sul monte Andò una mitragliatrice etiopica appostata su un costone riuscì ad abbattere il Ca 1.01 pil otato dal col. Ermanno Bertolini, comandante del 14° Stormo, avente come secondo pilota il ten. Mameli e come specialisti i sott. li Cipollini e Florio. Quando i resti del velivolo furono rintracciati, si accerl<>che questi due ultimi erano deceduti a seguito del l'impatto con il terreno, mentre i due uniciali erano stati entrambi colpiti da proiettili al peLLO, inchiodati ai posti di pi lotaggio (Gcntilli R. , op. cit., pag. 74). 2 85 Genti Ili R. , op. cit., pag. 75. 286 Gentilli R. , op. cit., pag. 75. 287 Garrett G.T., "Mussolini's Roman Empire", London, Pcnguin Books, 1938, pagg. lOJ -102.
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nianza del ten. pii. Vittorio Mussolini, che sostenne di aver effettuato alcune fotografie dell' accampamento già i I 29 febbraio e di essere stato oggetto della sua reazione contraerea. Altri velivoli, nei giorni che seguirono, furono colpiti; si provvide, pertanto a gettare un messaggio di avvertimento, redatto in lingua francese ed amarica, perché cessassero da tale reazione e si allontanassero. Ma qualche giorno dopo, trovatolo ancora sul posto ed in piena attività di trasbordo di materiali bellici, ne fu decisa l'immediata distruzione (288 ). 4 - LA BATIAGLIA DELLO SCIRÈ (29 FEBBRAJ0-3 MARZO)
In contemporanea con lo svolgimento della seconda battaglia del Tembien, aveva inizio anche quella dello Scirè. Già nella prima metà di feb braio Badoglio aveva dato incarico al comandante del TT C.A. cli elaborare un progetto per l'azione offensiva in questa regione. Dallo studio era confermato che le forze nemiche in essa presenti, valutabili intorno ai 30.000-40.000 armati al comando di ras lmmirù e del clegiac Aialeu ButTù ed addossate con la massa principale fra Selaclacà e Semanà, mantenevano un atteggiamento difensivo. Infatti, dopo aver ripreso possesso, nel corso della sua offensiva di dicembre, dell 'intero Scirè giungendo a pochi chilometri dal campo trincerato di Axurn e dopo aver visto fallire l'ambizioso piano cli ras Cassa di spezzare in due lo schieramento italiano, ras lnunirù aveva clivisato, anche in base a quanto ordinatogli dal Negus, di stabilizzare il grosso delle prop1ie truppe in chiave difensiva, o quanto meno "di attesa", proponendosi con il resto cli logorare l'avversario mediante continue azioni di guerriglia (289). Per queste finalità aveva dislocato, ancor prima della fine dell'anno, alcuni distaccamenti nel l'alto Adi Abò, nel Medebài Tabòr e nell'Adì Arbatè per rendere insicure le retrovie italiane e per saggiare le difese di confine della stessa Eritrea, iniziativa per fronteggiare la quale il Comando Superiore A.O. aveva schierato nella zona del Dechì-Tesfà la 5° Div. CC.NN.1° Febbraio e la Div. Cosseria.
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Mussolini V., " Voli sulle Ambe", Firenze, Sansoni, 1937. Alcune di queste azioni di guerrigli a riguardavano anacchi a convogli di riromimenti , a depositi di munizioni cd a forma;,:ioni di bande irregolari, e furono coronate da succ.essi anche considerevoli rientrando nelle migliori metodologie dell a guerra non ortodossa. Ma una di--esse, l'attacco al cantiere stradale della Gondrand in localit/1 Utok Ernni, ne i pressi di Ma i Lah là, fu solo una tragica e crudele mattanza. Nella notte fra il 13 ed il 14 un ceoti naio di guerriglieri attaccò d i sorpresa il cantiere e, dopo aver avuto rapidamente ragione dell'estremo tentativo di resisten;,:a degli operai, armati di wli 14 fu cili, li trucidarono in massa (tranne due, liberati al termine del conllitto). Fra le 74 villime, alcu ne delle quali evi.rate e comunque quas i tulle oggetto di orrende ferite e mutilazioni, pure la moglie del direttore del cantiere, uccisa a revolverate dal marito per sottrarla alle sevizie. All'episodio avrebbero fatto seguit.O atti di implacabile ed in alcuni casi anche eccessiva ritorsione da parte italiana, e varie polem iche circa la carenza delle misure di sicurezza ed il tardato arrivo dei soccorsi (Cfr. Frà Ginepro, "L'al tare da campo in A.O.", Torino, S.E.I., 1937, pag. 59; Dani F., "A.0.1.-Racconti e disegni". Firenze, Parenti, 1938, pag. 22; Pignatelli L. " La guerra dei sette mesi", Milano, Longanesi, 1965. pagg. 173- 177; Ba ndini F., "Gli italiani in Africa", Mi lano, Longanesi. 197 1, pagg. 408-410; Del Boca A., "Gli ita liani in A.O. La conquista de ll 'I mpero", Bari, LaLerza, 1979, pagg. 584-587). Nel1' All.178 sono riportate le direttive in terna di sicurezza e di discipli na neg li alloggiament.i e depositi emanate subito dopo il fotto dal comandante del II C.A.. 289
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L'analisi del gen. Maravigna, riferita al concetto d'azione ed al disegno della manovra, propendeva per l'effettuazione di una evoluzione convergente da prute delle due masse interessate, Il e IV CC.AA., per schiacciare il nemico da due opposte direzioni, da Adua per Salaclacà il li e da Debri Mariam per Az Nebrid-Az Darò il IV. Lo studio, dopo aver preso in esame b composizione delle forze e la predisposizione per i servizi, concludeva nel senso che l'atteggiamento da parte nostra avrebbe potuto essere o quello cli attendere un eventuale, anche se improbabile, attacco o la ritirata del nemico oltre il Tacazzè ovve ro di passare all'offensiva obbligandolo a sgomberare lo Scirè. Lo scopo di quest'ultima iniziativa non avrebbe potuto essere che quello della distruzione delle forze avversarie; era da escludere, infatti, qualsiasi idea di azione limitata nello spazio, con obiettivo te1Titoriale, e specialmente un'azione che avesse assunto carattere di puntata, dal momento che se le truppe avessero dovuto iniziare il movimento sarebbe stato solo per sostenere una battaglia decisiva, escludendosi pertanto il rientro in massa nelle posizioni di partenza per le gravi implicazioni di ordine morale che ne sarebbero derivate (Ali. 179). In base alle risultanze dello studio, l'incontro con la massa avversaria era presumibilmente individuabile in corrispondenza del massiccio di monte Coietzà, la cui posizione topografica al centro del triangolo compreso fra Semanà-Acli Onfitò-Selaclacà consentiva il controllo sulle comunicazioni che dalle suddette località si d irigevano rispettivamente ad Az Darò, ai guadi del Tacazzé e ad Axum, e ne facevano pertanto il primo e forse definitivo obiettivo da raggiungere per la conclusione vittoriosa della battaglia. Per pervenire ad esso il II C.A. doveva percorrere la clispluviale fra Mareb e Tacazzé, attraversata da una buona pista camionabile, ed in complesso quindi abbastanza agevole. 11 IV C.A. invece, superato il Mareb e risalito il ciglione dell'altopiano del Medabài Tabòr, doveva attraversare una vasta ed ignota regione, mai percorsa in passato, fortemente accidentata e povera di risorse, coperta da una fitta vegetazione spinosa che rendeva lenta e penosa la marcia. I rapporti di forza, di tempo e di spazio fra le due GG.UU. e la massa avversaria rendevano quindi paiticolarmente delicata una manovra tendente ad ottenere l' azione concorde e contemporanea dei due CC.AA. sul campo di battaglia. Nell'esame dei vari elementi di questa situazione era necessario, inoltre, tenere nel debito conto le possibilità dell'avversario che, sfruttando la propria mobilità, avrebbe potuto cercare di trattenere con una paite dell.e forze il II C.A. e rivolgersi con il resto contro il IV per tentare di sopraffarlo. Non era un timore infondato, perché ras Immirù, l'unico fra i capi etiopici ad aver organizzato un e1ticiente servizio informazioni fra i cui elementi spiccavano non pochi appartenenti al clero cli Axum, conosceva composizione, dislocazione ed armamento del II C.A. ed era stato anche avvertito dalle fonti in Eritrea che il IV C.A., che sinora era rimasto a presidiare il Dechi-Tesfà per sbarrare la strada di Asmara ai guerriglieri etiopici, dal 20 febbraio si era messo in movimento verso il Mareb mentre reparti di avanguardia stavano già costruendo una strada che immetteva nell' Acli Abò. L'unico "buco" infomrntivo sarebbe stato rappresentato dal non sapere che il Comando Superiore italiano aveva fatto trasferire fra Macallé ed Axum, alla vigilia dell'offensiva, alcune batterie da 149 che avevano già dato una valida resa durante la battaglia delI'Endcrtà.
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Badoglio decideva quindi cli abbandonare l'idea della manovra concent1ica, anche da lui condivisa, ed optava per un nuovo concetto operativo in virtù del quale attribuiva al 11 C.A. il compito cli affrontare la massa avversaria, mentre intanto il IV C.A., procedendo eia Nord verso Sud in direzione di Coietzà, avrebbe esercitato la sua minaccia sul fianco e sul tergo dell'avversario che si sarebbe andata aggravando con il diminuire delle distanze, senza escludere la possibilità di un diretto intervento della G.U. nella battaglia nel caso in cui l'azione del II C.A. fosse stata ritardata. L'azione combinata dei due CC.AA. avrebbe comunque costretto il nemico a ripiegare verso il Tacazzè, dove le difficoltà ciel terreno ed il passaggio dei guadi avrebbero potuto dar luogo, specie sotto la nostra pressione, ad una pericolosa crisi facilmente ed efficacemente sfruttabile. Il 21 febbraio il Comandante Superiore emanava le direttive per le operazioni nello Scirè, stabilendo che il movimento delle GG.UU. avvenisse il 29, ed il 27 trasferiva il proprio posto di comando ad Acidi Qualà. Come sempre, particoSchizzo o. 60 - TI terreno della battaglia dello Scirè
Da: "La conquista <leil' Etiopia". cit., pag. 80.
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lare importanza rivestivano le predisposizioni logistiche che, se non presentavano difficoltà oltre misura per il II C.A., si presentavano invece più complesse per quanto riguardava il IV per le ragioni anzidette. In pochissimi giorni venivano così ultimati i lavori e resa transitabile per autocarri la pista della valle dell'Obel sino ai guadi del Mareb e costruita una nuova base avanzata a Zeuf Emnì. Un impegno notevole, quando si tenga conto che, negli stessi giorni, erano in corso l'avanzata del I C.A. su Amba Alagi e la seconda battaglia ciel Tembien, e che il traffico ferroviario sulla linea a scartamento ridotto Massaua-Asmara veniva spinto al massimo raggiungendo i 6500 quintali giornalieri, mentre i trasporti automobilistici sulla rotabile Massaua-Nefasit arrivavano a 30.000. Nelle prime ore del 29 i due CC.AA iniziavano l'avanzata, da Est ad Ovest il II e da Nord a Sud il IV (in All.180 l'ordine di battaglia). Per la prima di queste due GG.UU., il gen. Maravigna si proponeva di schierare le divisioni 21 Aprile e Gavinana sulle posizioni di Acab Saat e sulle alture ad Est di Selaclacà, tenendo in seconda schiera la Gran Sasso, la III Brigata eritrea, il Gruppo Bande ed il Gruppo Spahis. Nell'ipotesi dell'assenza di rilevanti forze etiopiche inunediatamente ad Ovest di Selaclacà, confe1mata da informazioni sul nemico 1ivelatesi poi inesatte, e molto probabilmente nell'intento di agevolare al massimo la marcia delle truppe, il movimento era effettuato a cavallo del!' unica pista carrabile recentemente riattata, con le divisioni scaglionate in profondità. Per la protezione dell' avanzata, però, oltre alle abituali no1me di sicurezza non era stato predisposto alcun altro provvedimento in tal senso, un'omissione indubbiamente grave che Badoglio non avrebbe mancato cli rilevare senza perifrasi anche nelle proprie memo1ie: " ... ma nessuna particolare predisposizione la quale invece - trattandosi di un nemico e specialmente abile nelle imboscate - sarebbe stata assai opportuna per garantire da ogni so,presa e provvedere così, in modo più completo e sicuro, all'organizzazione della sicurezza durante il delicato momento dello schieramento" (290) . La Div. 21 Aprile, che era in testa alla lunga colonna, raggiungeva verso mezzogiorno senza alcun intralcio le alture cli Acab Saat dove si attestava. La Div. Gavinana, invece, che la seguiva nel movimento, oltrepassato il bivio per Acab Saat stava proseguendo per Salaclacà allorché, giunta con l'avanguardia, costituita da due btg.ni cieli' 83° Ftr. ed un gruppo del 19° Art., ali' altezza delle alture cli Adi Haimanal, veniva improvvisamente attaccata da forti nuclei nemici valutabili ad alcune migliaia di uomini che, insinuatisi attraverso il terreno rotto e cespugliato, aprivano il fuoco anche con alcune mitragliatrici. Malgrado la sorpresa, l'avanguardia riusciva a sostenere l'urto e ad arrestare l'avversario dopo fasi alterne. Una volta assunta una rapida disposizione a quadrato di sapore risorgimentale, gli artiglieri si affrettavano a mettere i pezzi in batteria, ma la mischia si era fatta così ravvicinata che erano costretti a sparare con alzo a zero, colpendo talvolta nello stesso tempo attaccanti ed attaccati (291 ). TI comando della Gavinana, forse valutando per eccesso le possibilità avversarie, disponeva che sulla li-
290 Badoglio P.. op. cit., pag. I 41. 29 1 Del Boca A., op. cit., pag. 59 I, testi.monianza fornita all'aucore da un sottufficiale della Gavinana .
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nea raggiunta si schierassero a sinistra de11'83° anche 1'84° Ftr. e, in posizioni adatte, i rimanenti due gruppi di artiglie1ia divisionale, tenendo in 1iserva il 70° Ftr. In tale situazione la Divisione trascorreva la notte sul 1° marzo, sostenendo nuovi vivaci attacchi, protrattisi per più di 1.2 ore. Gli armati di ras lnunirù guadagnavano la pista nell'intento di buttarsi sui cannoni e le salmerie e di incunearsi profondamente fra la 21 Aprile e la Gavinana. Contemporaneamente il comando del C.A., sopravvalutando anch'esso un avversario ormai logoro, schierava quattro gruppi di artiglieria di medio calibro ed avviava in linea un reggimento della Div Gran Sasso, che nel frattempo aveva seguito nel movimento la Gavinana. I tentativi etiopici venivano comunque contenuti, e nel corso della notte l'intero C.A. poteva concentrarsi sulle posizioni raggiunte al mattino dall'avanguardia, costretto ad assumere un atteggiamento difensivo ed a constatare il mancato raggiungimento degli obiettivi previsti per la giornata. Mentre si svolgevano gli eventi desc1itti, il IV C.A. iniziava il movimento per occupare l'antistante costone di Adi Berich-Enda Mariam ed assicurare il possesso di una zona abbastanza provvista d'acqua alla quale tutto il C.A. doveva attingere. L'azione, effettuata con una colonna costituita dalla 128° Leg., da un btg. milr.ri, dal 41 ° Ftr. e da un gruppo da 75/13 si svolgeva regolarmente e nel tardo pome1iggio gli obiettivi erano conseguiti senza incontrare resistenze degne cli rilievo. Nell'ambito del II C.A. le operazioni avrebbero dovuto essere riprese alle prime luci ciel giorno successivo ma il gen. Maravigna, dopo un sopralluogo ispettivo, constatava che, a seguito dello schieramento assunto il giorno precedente, quello previsto per il prosieguo dell' avanzata non era ancora stato completamente effettuato. Infatti nel settore della Gavinana era in corso la sostiluzione dell'83° Ftr. con il 70°, operazione che richiedeva ancora qualche ora, mentre un reggimento della Gran Sasso destinato ad occupare le alture cli Acab Saat a protezione di quel fianco per consentire alla 21 Aprile di riprendere la marcia, non aveva ancora raggiunto le pozioni fissate, ed inoltre il rifornimento delle munizioni era tuttora in corso. Il comandante del C.A. era pertanto obbligato a chiedere a Badoglio l'autorizzazione a rimandare l'azione al giorno successivo, cosa che questi, sia pure molto a malincuore, non poteva non concedere. In effetti, la crisi vissuta il giorno precedente non era stata del tutto assorbita, e determinava un nuovo tempo di arresto nella progressione del C.A., che il suo comandante dimostrava di non riuscire a superare imprimendo un energico impulsò (292) . La so-
292 li gen. Maravigna, in un libro pubblicato 13 anni dopo, avrebbe fornito una diversa versione in merito alla nece,~sità di tale rinvio, attribuendone polemicamente la responsabilità a Badoglio che non avrebbe coordinato il movimento dei due CC.AA.: "la mancanza prima di notizie liel !V C.A. e poscia la c011umicaz.ione radio che esso 11011 aveva ancora roggùmro Az Nebrid per cui 11011 poteva più arrivare in tempo sul campo di battaglia, fece rimandare di 24 ore la ripresa della lotta". (Maravigna P., "Come abbiamo perduto la guerra in Africa", Roma, Tosi, 1949, pag. 85). A prescindere dal palleggio delle responsabilità, è possibile argomentare come in rcaltì1, dovendo compiere un tragitto più lu ngo ed impegnativo, il IV C.A. non avrebbe dovuto muovere dal Mm·eb il 29 febbraio ma qualche giorno prima. Il 29, infallti, la G.U. aveva percorso solo pochi chilometri raggiungendo nel pomeriggio avanzato il costone di Adi Beric-Enda Mariàm senza riuscire ad agganciare l'avversario che si era tempestivamente sottratto all'impatto. Ovvero, da parte del Comandante Superiore si sarebbe dovuto regolm·e meglio la marcia del Il C.A., calibrandola su quella dell'altro C.A. così da garanti re la contemporaneitì1 dell' a,:ione delle due GG.UU..
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sta, agevolata dalla quasi nulla attività nemica, dava modo di pianificare la disposizione offensiva per il 2 marzo, con la Gran Sasso sulla destra della Gavinana e le artiglierie schierate in proiezione più avanzata e predisposte per un intervento a massa (2 93 ) . Una reazione altrettanto scarsa era stata riservata, sempre in quella prima giornata ciel mese di marzo, anche al IV C.A., che proseguiva l'avanzata in direzione di Mai Tzada, raggiunta in serata, con la Div. / 0 Febbraio a sinistra e la Cosseria a destra, precedute dal Gruppo Bande e fianc heggiate a clestrn ed asinistra da elementi delle bande e dal XXVII Btg. eritreo. Il movimento si svolgeva faticosamente per la mancanza di acqua, per le temperature elevate e soprattutto per le caratte1ìstiche del terreno che, apparentemente pianeggiante, presentava invece numerosi profondi solchi in senso trasversale alla direzione di marcia, coperti eia una fitta vegetazione spinosa. Il 2 marzo il II C.A. riprendeva il movimento verso il previsto obiettivo delle alture cli Coietzà, che avrebbero dovuto essere accerchiate da Nord e da Sud dalle tre divisioni in prima schiera, disposte la 21 Aprile a sinistra, la Gavinana al centro e la Gran Sasso a destra. I reparti eritrei, il Gruppo Bande e qu,.!llO Spahis fungevano da riserva. TI nemico opponeva una resistenza quanto mai tenace e tentava un contrattacco in forze con l'appoggio di numerose armi automatiche, per arrestare il quale si rendeva necessario ricorrere al concentramento del fuoco di tutte le artiglierie divisionali ed ali' intervento di velivoli da bombardamento. Veniva richiesto il concorso anche di alcuni carri armati, rivelatosi peraltro inefficace perché costretti, date le caratteristiche del terreno, a lunghi giri to1tuosi ed a ripetute soste per il riassetto della cingolatura, con il 1ìschio di rinnovare le infelici esperienze di Dembeguinà e di Hamanlei. Entravano anche in azione, per la prima volta nella campagna italo-etiopica, i lanciafiamme, impiegati dalla Gran Sasso e dalla Gavinana senza che tuttavia ne risultassero anche in questo caso effetti realmente risolutivi (294). Anche questa giornata si rivelava operativamente improduttiva per il Il C.A., che solo nella tarda serata riusciva ad attestarsi sulle alture situate leggermente ad Ovest di Acab Saat-Adi Haimanal-Selacladt. Frattanto il IV C.A. aveva continuato su due scaglioni l'avanzata verso Az Nebrid raggiunta in serata; la progressione della G.U. - Div. I° Febbraio in prima schiera, aliquote della Cosseria in seconda e gli altri reparti in 1ìserva - si svolgeva con le stesse difficoltà dei giorni precedenti, utilizzando l'aviorifornimento di una giornata di viveri cd avena, operazione che, per l' inevitabile dispersione connessa alla natura del terreno, comportava un ' ulteriore penalizzazione nella tabella di marcia. La ricognizione aerea, dal proprio canto, anelava rilevando indizi di un generale ripiegamento etiopico. L'immobi lizzazione per due intere giornate ciel II C.A. aveva infatti consentito alle forze nemiche di proseguire il ripiegamento verso il Tacazzé, confermando le qualità militari di ras lmmirù . Quando alle prime luci del 3 marzo il II C.A. riprendeva l'avanzata verso Coietz~t doveva prendere atto che l' avversario aveva 293 AUSSME, DS-73/2, prot. 1923 Op. Segr. del 1°.3.36, ordine d'operazioni n° 22 "Offensiva nello Scirè-proseguimento dell 'azione'·, f.to gen. Maravigna. 294 ACS, fondo Badoglio, "Questionario s ulle operazioni in A.O.", busta 9. fascicol i 34-35.
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rotto definitivamente il contatto, il che gli consentiva di continuare indisturbato la marcia giungendo al termine della giornata a Chessad Abahò con la Gavinana, a Coietzà con la IIJ B1igata Eritrea e con il Gruppo Bande ed alle posizione di Af Gagà con la 21 Aprile. Il IV C.A. perveniva anch' esso in serata ad Az Darò, sempre senza incontrare opposizioni di sorta e continuando a non influenzare in alcun modo l'evoluzione operativa generale (Ali. 181). Nei giorni successivi, 4 e 5 marzo, il Il C.A. perveniva con un'aliquota del proprio organico al Tacazzé, superandolo e puntando verso il Semien, mentre il IV si inoltrava lentamente nell' Adi Abò ostacolato più dalla natura dei luoghi che non dalle azioni di disturbo e dagli incendi praticati dagli etiopici. Gli uomini della Cosseria e della / ° Febbraio procedevano affiancati, superando uno dopo l'altro gli altipiani assolati, ora coperti da alte erbe selvagge ora completamente nudi e ferrigni. Non si combatteva, ma il clima era inclemente, la marcia molto faticosa ed i vive1i arrivavano solo dal cielo paracadutati dai velivoli S8 l. Il 6 la G.U. giungeva infine ad affacciarsi sulla piana di Selaclacà, anche se ormai fuori tempo utile anche per inserirsi nell'inseguimento a ras lmmirù. La battaglia dello Scirè si era conclusa senza che la morsa preordinata da Badoglio si fosse chiusa intorno alle forze dello stesso Immirù, anche se la loro ritirata nel Tacazzé, tramutata ben presto in vera e propria rotta per l'intervento della R.A., aveva determinato la neutralizzazione dell'ultima annata etiopica del fronte settentrionale. Ras Inunirù ed il degiac Aialeu Burrù sarebbero infatti iipiegati con la scorta di pochi uomini nel Goggiam, senza offrire resistenza alle ulteriori avanzate italiane. Si poteva pertanto parlare di un esito vittorioso (Ali. 182) al quale si era giunti attraverso più ombre che luci. Le prime erano rappresentate da una labile azione cli comando da parte soprattutto del gen. Maravigna, che probabilmente aveva valutato un combattimento di retroguardia, per quanto risoluto e massiccio avesse potuto essere, come un'azione in forze; il non aver saputo prevedere la sorpresa ed il mancato o tardivo supporto di un fuoco tempestivo ed organizzato aveva posto le nostre unità in condizioni del tutto sfavorevoli e ben diverse da quelle sempre ricercate come le più idonee a garantire la propria superio1i tà di fuoco . Il tutto, pagando un prezzo in perdite umane piuttosto oneroso: fra morti e feriti, 63 ufficiali, 793 nazionali e I2 eritrei (295), la maggior parte dei quali a carico della Gavinana (2 96), a fronte cli quelle proporzionalmente minori degli etiopici valutabili fra le' 3-4000. Alla indubbia res ponsabi lità del comandante del Il C.A. andava comunque associata, sia pure in forma parziale e più indiretta, anche quella del Comandante Superiore, che aveva avallato il ritardo con il quale il IV C.A. aveva iniziato il passaggio del Mareb sopravvalutandone poi forse il rendimento. Fra le seconde, vanno citate la grande abnegazione e lo spirito di sacrificio non solo dei combattenti del 11 C.A., battutisi con estremo vigore contro il vero e proprio furore degli etiopici, ma anche degli appartenenti al IV C.A. durante la
295 "Relazione sugli avven imenti militari nello scacchiere Nord ..." cit., AI I. n° 5. 296 AUSSME, 05-79/6, '·Relazione sommaria sulla battagl ia dello Scirè e le operazioni che la precedettero e la seguirono", 12.3.36, f.to gen. Maravigna.
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Cartina n. 61 - Operazioni nello scacchiere eritreo dal 24 febbraio al 4 marzo 1936-XrY OPERAZION I NHLO SJ:ACCHIERE EIUTR EO ~ - - _ . . DAL 24 fEùHKAJO .\I 4 M,\JIZO 193~XJV
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loro marcia verso Mai Tzada ed Az Nerid. Oltre che alle doti caratteriali e morale degli uomini, ciò va ascritto anche alla pressoché perfetta organizzazione logistica predisposta dall'Intendenza. Questo costituì, in realtà, l'aspetto sicuramente più brillante dell'intera manovra strategica del Tigrai, quello in virtù del quale la stessa, a parte la concezione operativa e le modalità tattiche, era stata resa fattibi le e portata a felice compimento. Si trattò di un'organizzazione complessa e di vasta poitata, quando si consideri: - che si era trattato di far vivere ed operare una massa di 5 CC.AA., in una regione di alta montagna impervia e priva di risorse, ad oltre 400 km. dalla costa e ad una distanza di 4000 km. di navigazione dall' Italia; - che alla massa dei 5 CC.AA., operante in direzioni diverse su un fronte di circa 250 km., si doveva aggiungere l'impiego cli un grosso complesso di artiglierie di ogni calibro, di centinaia di carri d'assalto e cli velivoli; - che per due inte1i CC.AA. il m ed il TV, si era dovuto provvedere in parte, e sia pure per breve tempo, all'aviorifornimento; - che, non ultimo, si era dovuto tener conto anche delle esigenze alimentari de lle popolazioni dei territori occupati, al limite della sopravvivenza per le distruzioni ed i saccheggi da parte delle loro stesse truppe. li sostegno alle operazioni belliche era reso ancora più arduo dal fatto di dover far vivere, muovere e combattere le GG.UU. impegnate senza che venisse in alcun modo penalizzato il normale afflusso dei rifornimenti né l'esecuzione dei lavori a tergo delle linee operative (apprestamenti difensivi, strade - fra tutte, la complessa camionale risalente il ripido versante meridionale della valle ciel Gabat - baraccamenti, pozzi, ecc.). Sotto quest'ultimo aspetto, prioritaria e rimarchevole era stata l'opera del Genio nella molteplicità dei suoi settori di intervento. Oltre all' esecuzione dei tanti e diversi lavori, si era dovuto disporre l'invio ai reparti avanzati di o ltre 3000 quintali giornalieri per un periodo di alcune settimane, e cli numerosi materiali di rafforzamento (sacchi a te1Ta, filo spinato, paletti, gabbioni, esplosivo da mina, attrezzi da lavoro, ecc.). Particolarmente impellente era stato il problema idrico, che aveva imposto molteplici previdenze e provvidenze attraverso complesse operazioni di captazione, potabilizzazione e distribuzione, nonché la costituzione cli riserve di acqua. A tal fine, erano stati distribuiti ai reparti idrici del Genio pozzi NorLhon, motopompe, pompe a mano, tubazioni, filtri portatili, casson i metal lici di capacità variabile fino a 3000 litri, serbatoi metallici someggiabili. Data la complessità del!' organizzazione logistica, il servizio trasporti non poteva non ass umere proporzioni molto ampie, impiegando tutti i mezzi, dall' aereo all'autocarro e dal mulo al cammello. Oltre 900 autocarri erano stati adibiti al trasporto di anni e munizioni. L' intera Div. Assietta era stata trasferita con un'unica colonna di 650 automezzi da Massaua ad Adigrat in 18 ore e poi, in altre 20, da Acligrat a Macallé, senza alcun inconveniente. Tì.1tti i materiali di un'altra divisione erano stati trasportati dal settore di Enticciò a Macallé in 24 ore con un'unica colonna cli 120 autocarri. Nella sola prima quindicina di febbraio erano stati inviati alle frazioni avanzate alcune decine di cannoni, alcune migliaia d i armi portatili, circa 200.000 proiettili di artiglieria, 22 rnilioni di cartucce per armi portatil i e molte decine di migliaia di bombe. li tonnellaggio totale del materiale
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convogliato per i soli bisogni dell'artiglieria aveva raggiunto i 38.000 quintali e richiesto per il trasporto un migliaio di autocarri di media portata. Dove le macchine non potevano più giungere, si era fatto ricorso ai quadrupedi: oltre a quelli organicamente assegnati alle singole unità, i quadrupedi impiegati ammontarono a 10.000, dei quali 6000 cammelli e 4000 muli (297) . L'efficienza nel servizio trasporti aveva avuto naturalmente positive ricadute sul vettovagliamento per le truppe, alle quali erano stati inviati gio rnalmente 5000 q. di farina, 400 q. di carne congelata, 150.000 scatole di latte, 4000 hl. di vino, 900 q. di marmellata, 450 q . di frutta secca, 15.000 kg. d i tabacco, 150.000 bottiglie di acqua minerale, 500.000 scatolette di carne e minestra, 1200 q. di galletta. Per quanto riguardava vestiario ed equipaggiamento, in aggiunta alle scorte già ammassate nei magazzini avanzati, gli stessi erano stati riforniti anche di 50.000 teli da tenda, 50.000 paia di stivaletti e 30.000 divise di tela con equ ivalente numero di camice e manufalli di biancheria. Per quanto concerneva il servizio sanitario, era stato dis posto che ogni divisione avesse al seguito immediato, o ltre alla propria sezione di sanità, anche due ospedali da campo. Presso c iascun C.A. era stato costituito un nucleo chirurgico. Un Centro ospedaliero (transito, ristoro e sgombero)fu inoltre costituito a Quihà, con tre ospedali da campo rinforzati, per un complesso di 400 posti letto. A tale Centro - presso il quale era stata anche trasferita l'ambulanza chirurgica- facevano capo i feriti e gli ammalati provenienti dalla linea di combattimento. collegando così il servizio di sgombero dei CC.AA. a que llo più avanzato delJ ' Tntenclenza. Un altro Centro ospedal iero fu impiantato in zona più arretrata, a Mai Macclém, con una capacità totale di I 000 posti letto; presso tale Centro funzionava un'ambulanza chirurgica "speciale". Un terzo Centro ospedaliero, infine, capace di circa 400 posti letto e con annesso un nucleo chirurgico, fu impiantato in Acli grat. I feriti e g li ammalati affluivano tutti al Centro avanzato di Quihà, ove venivano ristorati e sottoposti al rinnovo delle medicazioni, ovvero sottoposti ad intervento chirurgico se del caso (298) . Si è g iit fatto cenno al fatto che la ritirata di ras lmmirù verso il Tacazzè si era tramutata in vera e propria rotta per effetto dell'azione della R.A. A"questa forza armata era stato in effetti demandato il compito, da un certo momento in poi, di conduJTe le operazioni, ed una sintesi di questa azione sino al 4 marzo è stata fornita nel paragrafo precedente relativo alla seconda battagl ia del Tembien. 297 Pern lLro, il follo che le perdile negli organici quadruped i n(ln erano ancora s1a1e reintegrate e che gli au1ocarri sarebbero sta1i per la quasi 101alità impcgnmi per il ri forniment(l dei viveri e delle munizioni, suggerì al com.te del IV C.A. di emanare una direniva con la quale si disponeva che il personale dovesse portare al seguito il minimo ind ispensabile per vivere e combancrc, che per il cnrico di ogn i singolo soldato era cosl indicato: armamento ind ividuale, mitragliatrice leggera o pesante spalleggiata (senia armalUra), muni zionamento individuale al complelo ( I08 colpi per rucile), 2 razioni viveri di riserva, carne nel pane per il primo rancio della giorna1a. attrezzo leggero, mantellina o cappotto. telo da tenda e una coperta da campo. borraccia c gavetta (AUSSME, D5-200/ I, prot. 10187 S. dell ' 11.2.1936, "Materiale eia portare in cas(l operazioni", da Comando TV C.A. S.M.Urf. Servizi (ind irizzi omessi). Lto gen. Babbini). 298 .. La conquista dell" E1iopia. Sin1esi delle operazioni militari''· Rivista di Fan1eria (a cura della) Roma, Tipografia Reg ionale, agosto I936, pagg. 81-85.
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La campagna italo-etiopica, 1935-1936
Dal 5 al 7 .marzo l'attività aerea contro l'annata di ras lmmirÚ ormai in dissoluzione sarebbe continuata in tono via via minore dal punto di vista prettamente bellico, mentre sarebbero aumentate le missioni di aerorifornimento alle truppe in movimento (299 ). Un dato interessante da rilevare è che dalla fine del mese di febbraio, con gli ultimi bombardamenti sugli armati di ras Cassa in fuga, i gas non erano piÚ stati adoperati. Il motivo cli questa decisione era stato verosimilmente non tanto di natura militare quanto politica, considerando che il 2 marzo si doveva 1iunire il Comitato dei Diciotto sulle sanzioni della S.d.N., con all'ordine del giorno l'estensione dell' embargo al petrolio, un provvedimento che avrebbe creato in Italia una crisi forse irreparabile. Superata anche questa delicata fase internazionale, l'impiego dei gas sarebbe ripreso il 16 marzo (300).
299
Pedriali F., op. cit. , pagg . 99- l 02. R., op. cit .. pag. 75.
300 Genti lii
CAPITOLO xn
L'AVANZATA GENERALE VERSO SUD (10.III-15.IV.1936)
J- l
PRES UPPOSTI STRATEGICI
Nelle prime settimane di marzo, il positivo esito delle operazioni nel Tigrai consentiva di pronosticare a breve termine la vittoriosa conclusione del conflitto mediante l'effettuazione di un'avanzata sul fronte Nord associata ad attacchi portati sul fronte Sud contro le forze di ras Nasibù. D'altra parte, l'urgenza di portare a termine la campagna il più rapidamente possibi le, certamente prima dell'inizio della stagione delle piogge nel mese di maggio, era ancora più pressante in relazione allo stato di tensione internazionale acuitosi a seguito di un evento politico occorso proprio in quei giorni. Il 7 marzo, .infatti, la Germania aveva annunciato la rimilitarizzazione della Renania (3° 1), avvenimento che determinava atteggiamenti diversi. La Francia, pur incline ad un comportamento intransigente nei confronti dei tedeschi mirante ad esigere l'osservanza eia parte loro degli impegni di non riarmo, propendeva sempre meno a mostrare un analogo contegno verso l'ltalia sul problema della guerra con l'Etiopia. Dal canto suo l' Inghilterra, pur non attivando alcuna decisa azione nei riguardi della Germania in virtù della politica di appeasc1111e11t in atto, riteneva necessario, almeno in un primo momento, rafforzare le capacità di intervento della S.d.N. a favore del mantenimento della pace. In questo quadro, Londra riteneva ancora più indispensabile che la condanna dell'iniziativa italiana in Etiopia andasse a buon fine, e pertanto continuava ad esercitare forti pressioni tanto a Ginevra per l'estensione delle sanzioni anche al petrolio quanto a Washington per la partecipazione statunitense ad esse. Sempre ai primi di marzo, il Comitato dei Tredici aveva esortato l'Italia e l' Etiopi a ad una ripresa dei negoziati bilaterali per una rapida risoluzione ciel
30 1 Renan ia era la dcnomin,11.ione attrihuita conven;,:ionalmente al territorio della riva sinistrn del Reno per il quale la ,~rancia, non paga del recu pero <lell' /\ lsazia-Lnrena in for;;:a del trattato di pace di Versailles del 1919. aveva sempre nutrito aspirazioni di possesso inducendola a promuovere nella regione lo sviluppo di un movimento separatista tale da rendere possibile la creazione di uno S1a1oc11scinct1o fra essa e In Germania, intento vanitì cato dall'opposizione angloamericana. Ne sarebbe poi deri vata una sol uzione di compromesso in base alla quale la Renan ia rimaneva tedesca ma le due rive del Reno sarebbero state permanentemente smilitari12ate in modo che la Germania non avesse il di rino di srnnziarc cmppe o costmire fonificazion i. mentre la Francia avrebbe potuto sfrunare le miniere di carbone nella Saar per un periodo di 15 anni .
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La campagna italo-etiopica, 1935-1936
conflitto. Tanto la prima delle due nazioni quanto la seconda si erano dette dispoiùbili alla cosa, ma proprio 24 ore dopo la risposta italiana era stata annunciata la nuova situazione renana. Nel disegno di Mussolini c'era la possibilità di attribuire al Negus un regno linùtato alla regione dello Scioa, indipendente ma sotto protettorato italiano, mentre il resto dell'impero etiopico sarebbe stato assegnato all'Italia sotto forma cli mandato od anch'esso cli protettorato. Una soluzione che avrebbe salvaguardato, seppur parzialmente, l'immagine ed il prestigio della S.d.N., "liberando" ne l contempo molti degli Stati che l'Inghilterra aveva coinvolto controvoglia in una politica sanzionista della cui opportunità non erano mai stati pienamente convinti. Durante mtto il periodo delle trattative, Mussolini aveva proibito ai comandi militari in A.O. cli effettuare qualsivoglia tipo di azioni che avessero potuto ledere persone fisiche od interessi stranieri in loco o risultare comunque sgradevoli all'opinione pubblica internazionale; questa era stata verosimilmente la ragione per cui la ritirata delle forze di ras lmmirù non era stata ostacolata con l'impiego cli bombe all'iprite. Da parte italiana, la rimilitarizzazione della Renania non era stata accolta sfavorevolmente. Essa in effetti, con il far convergere l'attenzione internazionale sugli eventi europei, procurava un po' di respiro sullo scenario ginevrino e, soprattutto, avrebbe potuto aprire un nuovo corso nei rapporti con la Francia nel senso di cost1ìngerla ad impegnarsi più a fondo per la liquidazione della questione etiopica. Con i tedeschi, Mussolini assumeva una condotta dilatoria e temporeggiante, assicurandoli che l' Italia non avrebbe mai aderito a misure di qualsiasi natura contro di loro ma nel contempo associandosi, una decina di giorni dopo, alla condanna del gesto tedesco sia pure con alcune riserve. In sostanza, a questo punto, la risoluzione del conflitto diventava più che mai prioritaria nell' ottica di Palazzo Chigi, anche se l'evoluzione prettamente bellica dello stesso, ormai chiaramente a nostro favore, avrebbe continuato a rappresentarne l'inscindibi le presupposto. Sotto l' aspetto militare la manovra strategica del Tigrai, attraverso le tre battaglie dalle quali era stata caratterizzata, aveva capovolto completamente una situazione che, apparsa delicata e fors'anche critica nella seconda metà cli dicembre 1935 e stabilizzatasi in senso migliorativo verso la fine del gennaio successivo dopo la p1ìma battaglia del Tembien, appariva ora foriera della possibilità di un'ampia e profonda avanzata lungo tutte le principal i vie di comunicazione dell' Etiopia settentrionale, con la sola eccezione della via di Dessié dove era prevedibile che potesse essere ostacolata dall'armata personale ciel Negus concentrata nella zona di Quoram. E non a caso, infatti, Badoglio 1'8 marzo ordinava al gen. Dall ' Ora di predisporre l'allestimento a Macallé cli un'autocolonna di più di un migliaio di autocarri per puntare diritto su Addis Abeba. Un progetto poi rivelatosi prematuro, ma che al momento trovava una sua logica nella situazione delle residue potenzialità avversarie. Le armate etiopiche si erano in effetti praticamente dissolte, frazionate in gruppi sempre più piccoli ciascuno dei quali aveva cercato autonomamente la via ciel ritorno alle zone cl'o1ìgine, e prive di una valida g uida. Ras Mulughietà era stato ucciso dalle fazioni ostili degli azebò-galla durante il 1ì piegamento, ras Cassa e ras Sejum erano tuttora incerti se riunirsi al Negus con il loro ormai scarso
L'avanzata generale verso Sud ( 10.111-15.lV.1936)
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seguito cli armati ovvero ritirarsi in qualche regione più lontana, e ras lmmirù era fuggito verso il Goggiam dove la rivolta in atto anelava assottigl iando progressivamente le forze delle quali ancora disponeva. Al Comandante Superiore in A.O. si offiiva pertanto l'opportunità di sfruttare al megl io tale stato di cose, imponendo definitivamente la superiorità del proprio strumento bellico attraverso un'azione che avrebbe potuto essere quella decisiva. Per renderla esecutiva, era necessario: - sistemare il territorio conquistato, per soddisfare tutte le esigenze di sicurezza ed anche di carattere psico-sociologico delle popolazioni, cercando per quanto possibile di armonizz.arle con le tradizionali suddivisioni amministrative locali; - costituire e schierare le GG.UU. secondo la nuova, duplice esigenza operativa: affrontare il nemico in una nuova battaglia, sulla direttrice di Dessié, ed occupare tutta l'Etiopia settentrionale, procedendo lungo le a ltre direttrici di Om Ager-Gondar, Tacazzé- Debarech, Antalò-Socotà ed Assab-Aussa. Era altresì necessario concretare un vasto ecl organico programma di apprestamento log.istico in modo da poter concentrare sulle due principali vie di penetrazione le truppe necessarie allo sviluppo delle operazioni e procedere alla costruzione delle strade necessarie al loro movimento. Per l'adempimento delle due prime necessità, il 7 marzo Badoglio emanava specifiche direttive che, mentre lasciavano invariate le zone dei due bassopiani occidentale ecl orientale e quella dell' Agamé, suddividevano il resto del territorio a Sud ciel vecchio confine in quattro settori, demandandone la responsabilità a 4 CC.AA. nazionali come cli seguito indicati: a) settore Endertà-Enda Meconni comprendente l'Endertà, l'Enda Meconni, l'Uoggerat e gli Azebò; T C.A., con sede di comando a Enda Medani Alem, composto da 3 divisioni, 2 gruppi di batt.ni eritrei, 5 gruppi di artiglieria mobile di manovra e 15 batterie da posizione piì:1 la banda dello Scimezana; b) settore Axum-Sciré, comprendente l' Adi Abò, il Medai Tabor, l'Encla Mariam, lo Tzembelà, lo Tzana, l'Adiet e lo Tzellemtì; II C.A., con sede cli comando a Chessat Dembeguinà, comprendente 3 divisioni, 1 brigata eritrea, 5 gruppi di artiglieria m.obile cli manovra e 19 batterie da posizione, un gruppo CC.NN. presicliario, un gruppo spahis più un gruppo bande dell'altopiano e la banda clell'Hasamò; c) settore Avergallé-Selcà comprendente I' Avergallé, il Selcà ed il Borà; TTT C.A., con sede di comando a Samré, articolato su 2 divisioni più 4 batterie da posizione; d) settore Aclua-Tembien comprendente iI Tigrai propriamente eletto, l' Enticciò, l'Haramat, il Gheraltà, il Tembien; IV C.A., con sede cli comando in Adua, cos tituito da 3 divis ioni, I gruppo batt.ni CC.NN. , l btg. eri treo, 2 batt.ni CC.NN. presidiari e 17 batterie eia posizione. Al C.A. E ritreo, la cui sede cli comando era ad Antalò, erano attribuite le funzioni di riserva ciel Comando Superiore A.O .. Due giorni dopo venivano diramate le disposizioni per la sistemazione clelJe comunicazioni stradali nei predetti settori, ispirate al criterio cli costruire strade con connotazioni di arterie cli grande traffico a doppio tra nsito in corrispondenza delle maggiori vie di penetrazione, e cli aprirne altre con carallere cli pista auto-
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la campagna italo-etiopica, 1935-/936 Schizzo n. 62 - Le direttrici dell'avanzata verso Sud
Da: "La conyuisra dell'Etiopia", cit., pag. 92.
mobilistica a semplice ed a doppio transito nell'interno dei setto,i in corrispondenza delle di rettrici secondarie. Nello stesso documento veniva disposto l'allestimento di una sistemazione difensiva costituita eia due linee di campi trincerati e da un complesso cli opere staccate, in corrispondenza del margine esterno della nostra occupazione ed a protezione delle principali linee di comunicazione, collegata da un fascio trasversale cli vie di arroccamento la principale delle quali era rappresentata dalla Aclua-Adigrat. Gli ordini piÚ specificamente operativi erano impartiti fra il 4 ed il 12. 111 C.A. era incaricato di prevenire un eventuale movimento avversario da Cobbò verso I' Ascianghi predisponendo l'occupazione cli Corbettà e della conca di Mai Ceu, posizioni favorevo li per attivare una nuova battaglia qualora gli etiopici avessero tentato d i proseguire verso Nord, e di iniziare subito dopo la sistemazione stradale della impervia regione d'alta montagna che si sviluppava al le spalle della predetta conca.
L'avanzata generale verso Sud ( 10.lll-15.IV.1936)
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L'ordine cli Badoglio traeva origine da un'attenta analisi del terreno compreso fra la dorsale di Amba Alagi e [a zona ciel lago Ascianghi. Questo presentava due successive aspre catene rocciose, parallele fra di loro ed alla suddetta dorsale, la seconda delle quali culminava nell'imponente massiccio di Amba Ferrà, inframmezzata ad oltre 3000 mt. dal passo Dubbar. A Sud di essa si scendeva mediante due gradoni strapiombanti nella conca di Mai Ceu; questa era chiusa verso Sud da un'altra catena costituita eia una serie di alture, meno elevate delle precedenti, incisa dai due Passi cli Mecan (occidentale ed orientale) e solidamente appoggiata, verso occidente, all'imponente mole del · monte Bohorà. Oltre questa catena si estendeva la vasta pianura di Mecan percorsa dal torrente omonimo; ancora più a sud il terreno, pur ripetendo la precedente conformazione a catene parallele, perdeva gradatamente ogni asprezza e si presentava a dossi tondeggianti e coperti da vegetazione. La carovaniera per Dessié, dopo aver superato il valico di Alagi, scavalcava le successive catene in corrispondenza del margine orientale dell'altopiano. Ad occidente di essa il terreno, solcato eia profondi affluenti dello Tzellarì e privo di comunicazioni, presentava sempre maggiori difficoltà al movimento mentre ad 01iente precipitava con imponenti balze sulla stretta pianura galla e da questa sul bassopiano. In un simile terreno due erano le posizioni che si potevano occupare, quella di Passo Dubbar e quella di Passo Mecan; la prima aveva buone caratteristiche difensive, la seconda pure con il vantaggio, però, cli offrire anche la possibilità cli un valido sbocco offensivo grazie all'ampio rovescio costituito dalla conca di Mai Ceu ed alla vasta antistante piana di Mecan ed ai suoi numerosi appigli tattici e tale, quindi, da farsi senz'altro preferire. Gli ordini per il 11 C.A. (All. 183) prevedevano il passaggio del Tacazzé, la costituzione di una testa di ponte nella zona di Haida- Addi Areai e la pianificazione di un' avanzata nello Tzellemtì e nel Sernien, sulla direttrice Debarech-Dacuà-Gondar. Al lil C.A. era richiesto di raggiungere al più presto la zona di Samré-Fenaroà e preparare l'occupazione dell'importante centro carovaniero di Socotà. Il IV C.A. doveva organizzare stabilmente il Tembien, rastrellandolo completamente, mentre il C.A. Eritreo, riserva del Comando Superiore A.O., doveva concentrarsi nella conca di Buié. Dal punto di vista logistico, soppressa la base cli Mai Macdem diventata ormai troppo arretrata, venivano costituite, rispettivamente per i CC.AA. Eritreo, I e lll, le basi di Meyda Merra (presso Passo Falagà), di Enda Meclani Alem (presso Passo Alagi) e cli Bet Mariam (a Sud di Antalò), dotate di 12 giornate di viveri e cli 3 giornate di fuoco. 2 - LA PENETRAZIONE NELL' A USSA E NELLO U...\G
Frattanto, sempre nella prima decade di marzo, aveva preso avvio un' operazione destinata all'occupazione cieli' Aussa, nel lontano settore di Assab, in prossimità del confine con la Somalia francese. Obiettivo principale dell'azione era il capoluogo Sardò, la cui presa di possesso da parte italiana era vista come espressione di affermazione politica e, sotto l'aspetto nùlitare, quale possibile base di partenza per future operazioni aeree e terrestri.
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La campagna icalo-etiopica, 1935-1936
TI sultanato del!' Aussa era situato nella parte meridionale della Dancalia, fra questa e l'Hatrnrglùé, attraversata dal corso inferiore dellAuasc e da una discreta carovaniera unente Assab a Dessié passando per Sardè>. TI te1Titorio era nominalmente soggetto all'impero etiopico ma, in pratica, era avulso dal resto della struttura statale. Il SLLltano Mohainmed Jajo governava quindi pressoché autonomamente sui 40.000 abitanti della regione, che per la sua lontananza era rimasta sempre emarginata. Sin dall' autunno del 1935 il Comando Superiore A.O. aveva rivolto l'attenzione ad una spedizione, caldeggiata in particolare dal col. Vittorio Ruggero e dal barone Raimondo F ranchetti (3°2) . Jajo era stato a lungo in contatto con emissari italiani senza mai prendere posizione. Si rendeva pertanto necessaria un'azione di forza per indurlo a rompere gli indugi e nello stesso tempo per esercitare dalla Dancalia una minaccia contro la ferrovia Gibuti-Addis Abeba (303). Il progetto era passato alla fase esecutiva, quando era stata allestita a Beilul una colonna interamente cammellata composta da circa 350 mercenari assoldati nei porti del Mar Rosso e del golfo di Aden, dal momento che non si era ritenuto opportuno mettere a repentaglio il prestigio dell'esercito regolare. Come 1icorda un testimone diretto "c'era di tutto: somali, beduini, copti e musulmani, profughi abissini ed ex predoni della Dancatia, evasi, vagabondi, pellegrini, della Mecca, ragazzi senza barba e vecchi pirati col muso sciabolato" (3°4).
302 li tcn.col. Ruggero era SLatO inviato in Etiopia nel 1930 quale Addetto Militare, con specifiche mansioni informative, iJ1Catico che aveva rivestito sino al I934. Promosso colonnello e divenuto capo dell'Ufficio Politico del Comando Superiore A.O. (ente di tilevante imponanza, avendo il compito di organizzare i territori occupati secondo i criteri e le esigenze di quello che sarebbe stato l'assetto coloniale dei territori conquistati), era considerato il massimo espeno di questioni etiopiche, c subito prima e durante la campagna era stato il vero protagonista e coordinatore delle attività i11tellige11ce. Sarebbe stato improvvisamente ri.J11patriato nel maggio 1936, e da alcuni fu adombrato che il repentino provvedimento fosse stato preso per evitare che mettesse a disposizione di Graziani, nominato Viceré d'Etiopia, la propria vasta esperienza. Franchcni Ila rivestito un ruolo particolare nella storia coloniale italiana dopo la 1° guerra mondiale. Era un ricco signore che aveva potuto sin da giovane soddisfare l'anelito per l'avventura c l'esplorazione di territori ex tra-europei. Verso la fine degl i anni Venti, grazie alla propria spregiudicata intraprendenza ed agli appoggi dei quali godeva negli ambienti politici, diplomatici e finanziari, era entrato nella complessa questione dei rapporti italo-etiopici con l'intento di contribuire ad annettere all'Italia almeno una parte dell' impero negussiw per congiungere l'Eritrea e la Soìnalia. Negl i anni succ,essivi, sarebbe staia protagonista di una ser.ie di iniziative frmto di una politica personale che, più o meno esplicitamente avallata da Mussol ini, spesso non era in linea con quella del ministero delle colonie e degli affari esteri. Nella fase immediatamente precedente l' inizio della campagna in A.O., il suo atti vismo oltremodo esuberante f'u subordinato al controllo del col. Ruggero, e sarebbe poi stato bruscamente interrotto il 7 agosto 1935 dall'esplosione in volo del vel ivo lo con il quale stava rientrando da Roma ad Asmara e per la quale fu ipotizzato un sabotaggio peraltro mai comprovato. 3o:, Proprio nei primi giorni di marzo, la Dancalia era stata oggeno di uno studio riguardante la creazione di un grande lago all'interno del proprio territorio, con una superficie di 5000 km. quadrati ed una profondità che in alcuni punti avrebbe su perato i I00 ml. L'opera avrebbe potuto essere utiliizata come base logistica, al sicuro da ogni 111.inaccia verso Sud, e quale base di idrovolanti per missioni offensive verso il Mar Rosso e verso le regioni interne dell'Etiopia (AUSSME, DI-27/3, promemoria senw indicaz. di prot. del 3.3.1.936, da Ministero Guerra-Gabinetto a S.E. Capo del Governo. sen7.a indicazioni di firma, ri portato nel]' All.1 84). 304 Bconio Brocchieri V., "Cieli d' Etiopia", Mi lano, Mondatori, 1936, pag. 118.
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Schizzo n. 63 - La regione dell' Aussa
o
50 100 E:==c::==:::i km
Da: "La conquista dell' Etiopia", cit .. pag. 90.
Al comando della colonna era stato posto il s.ten. di cavalleria Gian Franco Litta Modignani, che era subentrato a Franchetti nella gestione cli quell'attività così atipica, mentre il coordinamento aereo era stato affidato al ten.col.pil. Simon Pietro Mattei, anch'egli orbitante nella struttura ùitelligence gestita da Ruggero. Dopo un addestramento di poco più di un mese, il contingente era partito il 19 gennaio 1936, giungendo il 2 febbraio ad lnuninù dopo aver percorso 230 km di
La campagna italo-etiopica, 1935-1936
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deserto. In questa località vi fu una sosta fino al 7 marzo, attuata per valutare le positive ricadute in termini politici di questa prima fase, nella quale erano state raccolte le sottomissioni delle t1ibù dei Kiou, degli Anchebà e dei Maasara (3°5). Rifornita di viveri per via aerea, 1'8 marzo la colonna riprendeva la marcia verso Sardò, con alla testa lo stesso col. Ruggero che la guidava per gli ultimi J.30 km. attraverso il deserte di pietra, irto di lastroni basaltici e di colate laviche. Anche l'ultimo tratto cli cammino veniva percorso senza incidenti di rilievo e, nel tardo pomeriggio dell' 11 marzo, la colonna sboccava finalmente nella piana sabbiosa di Sardò occupandone il centro abitato. Se la spedizione era stata scevra di difficoltà cli carattere militare, notevoli erano state invece quelle di natura ambientale, con le asperità del terreno pieno di spaccature e di rupi vulcaniche dai margini affilatissimi, la temperatura torrida (fino ad oltre 60° al sole), la scarsità di acqua, nonostante il costante appoggio dei velivoli che arrivarono a compiere 97 atterraggi fuori campo per portarsi a contatto il più diretto con gli uomini in marcia. A Sardò venne subito approntata una pista di fortuna, a 160 km. circa da Schizzo n. 64 - La zona di Gondar e del lago Tana
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Da: Cabiati A., cit., pag. 178.
305 Del Boca A. , op.cit. pag. 604.
L'avanzata generale verso Sud (1 0.!Jl- 15.IV. !936)
3 1I
Dessié, pari a 1/2 ora di volo, ed a quasi 200 da Dire Daua, il che avrebbe costituito una base di partenza per le incursioni sulla prima di queste località e sulla stessa Addis Abeba. Un'importante minaccia sul fianco dell'esercito avversario e sulla linea ferroviaria Gibuti-Addis Abeba, una virtuale connessione aviatoria tra il fronte Nord e quello Sud. Come afferma Del Boca, comunque, se l'occupazione cli Sardò non avrebbe influito direttamente sul corso della campagna, essa sarebbe tuttavia servita ad accelerare il crollo della resistenza etiopica. In ottemperanza agli ordini ricevuti, a partire dal giorno 6 marzo le GG.UU. iniziavano i movimenti previsti. TI III C.A., concentratosi nella zona Samré-Fenaroà e dedicatosi subito alla costruzione cli una pista fra Antalò e lo Tzellarì, prima ancora che questa fosse ult.imata distaccava il giorno 21 su Fenaroà una colonna mista composta da 2 btg.ni e da un gruppo d'artiglieria (in rappresentanza di tutte le truppe nazionali della G.U.) e eia una banda irregolare per procedere all'occupazione di Socotà, capoluogo clell'Uag, importante nodo carovaniero eia! quale si dipartivano le comunicazioni per il lago Tana e per il Goggiam. La marcia sarebbe stata oltremodo faticosa. Gli uomini, che avevano appena concluso il grande rastrellamento della zona di Abbi Adcli dopo la seconda battaglia ciel Tembien, erano in precarie condizioni psicofisiche, soggetti in buona parte alla pediculosi ed alla scabbia per la mancanza d'acqua e quindi di ogni possibilità cli igiene personale, ed anche il vestiario e l'equipaggiamento erano onnai usurati. La costruzione della pista si rivelava ardua, con temperature che a volte superavano i 45° all' ombra, fra le esalazioni pestilenziali delle m.igliaia di cadaveri che segnavano la fuga precipitosa degli armati di ras Mulughietà verso il Seloà ed il Lasta. Si consideri che, ad esempio, lungo un tratto dell'aspro percorso verso Socotà, là dove il terreno sabbioso non consentiva agli automezzi di tener dietro alle colonne in marcia e mentre i quadrupedi erano tutti impegnati nel trasporto delle munizioni ovvero in gran parte decimati dal mande_f; le truppe stesse dovettero portare a spalla i viveri. A tal fine, due mute di 2000 uom.ini ciascuna spostarono in due giorni, per 36 km., un carico complessivo d i 60 lonn., pari ad un'aggiunta individuale cli circa 30 kg. al peso normale dell' armamento e dell'equipaggiamento. Del nemico, nessun segno cli presenza. Il 27 marzo la colonna al comando ciel gen. Bertini entrava in Socotà. L'occupazione del suo nodo carovaniero ci consentiva non soltanto di estendere il possesso sulle fertili regioni dell'Uag e del Lasta ma, essendo Socotà più a Sud di Mai Ceu, dove il grosso delle forze etiopiche stava fronteggiando il l C.A., di costituire una minaccia ben più grave di quella rappresentata dalla conquista di Sardò. Sarebbe bastato che una nostra grossa unità avesse puntato su Quoram o Lalibelà per essere in grado di piombare sul fianco e sul retro dell'esercito nemico (3° 6).
3 - LA
PROGRESSIONE VERSO GONDAR ED IL LAGO TANA
Intanto, fra il 12 ed il 14, le truppe ciel bassopiano occidentale occupavano con rapida marcia Noggara e Abel el Rafi e si preparavano a muovere su Caftà e 306 Cfr. Bottai G., op. cit., pagg. l 05- I 09: Bas tico E., op. cit.. pagg. 228e 241 -242 e, del.lo stesso au tore, " La conquista delle Colonie" giugno 1939, pag. 779.
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Adi Remoz, raggiunte poi fra il 19 ed il 28, con il che ci saremmo assicurati il possesso della vasta regione dell' Uolcait compresa fra il Setit ed il Casà. li JJ C.A., a sua volta, con una colonna costituita dalla III Brigata eritrea e dalla Div. Gavinana, dopo aver riattato il prolungamento della vecchia pista sino a Dembeguinà ed allestito una nuova camionabile di una cinquantina di chilomet1i sino al Tacazzè, fra il 26 ed il 29 marzo guadava il fiume e, dopo aver costituito la prescritta testa di ponte nella zona di Haida-Addi Areai, proseguiva la penetrazione attraverso l' impervio territorio del Semien occupando Debarech e Dacuà, capoluoghi della regione ed importanti centri commerciali sulla via di Gondar. li movimento si sviluppava lungo le pendici occidentali del massiccio superando le numerose catene da esso dipartentisi, su un teJTeno poco conosciuto, accidentato e scosceso, molto arduo, su un sentiero appena tracciato, di percorribiSchizzo n. 65 - La regione clcll'Uolcait, adiacente al confine con il Sudan
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L'avanzara generale verso Sud ( IO. lll-15.IV.1936)
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lità difficoltosa così da rendere spesso necessario il trasporto a spalla dei carichi de i quadrupedi. A questa occupazione con le truppe eritree (che procedevano in prima schiera) seguiva, poco dopo, l' avanzata di tutta la Div. Gavinana la quale, muovendo il 2 1 anch'essa dal Tacazzè, giungeva a Debarech il 23, provvedendo contemporaneamente alla sistemazione della preesistente via di comunicazione con lo Tzellemtì al fine di consentire un pii:1 agevole transito alle salmerie sulle quali, dal Tucazzè, veniva totalment.e a gravare il compito dei rifo rnimenti. La Divisione, dopo aver costituito presid i lungo questa via e in Debarech, proseguiva con un'aliquota delle prop1ie forze su Dacuà, consentendo il contemporaneo movimento de lla lll Brigata eritrea da q uesta località verso Gondar. T te legrammi ri portati negli AH.ti 185, 186, 187 compendiano l'evoluzione de i vari eventi operativi svoltisi fra il 24 ed il 27 marzo. Gondar, già capitale dell ' impero etiopico sino alla metà del XIX secolo, era la località più importante del vasto te rritorio degli Amh ara, la cui fisionomia pri ncipale è datu dalla sua orografia. Dal grande arco che limita a Nord la conca ciel lago Tana si stacca verso settentrione un'alta ed impervia catena che, dal modesto altipiano di Debarech, si apre in due grandi rami comprendenti la vallata del Mai Dequiquò. Il ramo orientale presenta le più elevate cime dell'intera Etiopia, e culmina a 4620 mt. co l Ras Dasciàn, costri ngendo il Tacazzè ad un vasto arco di cerchio con la convessità a Nord-Est. 11 ramo occidentale, pur non ragg iungendo tali altezze, è pur sempre elevato ed inLransitabile e si interpone fra il Mai Dequiquò ed i vari affluenti dell' Angareb. All'epoca, le piste carovaniere attraversavano e percorrevano la regione amhara collegandola con i territori dei Cunama, degli Adi Abò e dello Scirè, ma erano anch'esse in condizioni di percorri bilità mo lto precarie. Le più importanti , quanto meno agli effetti militari, potevano essere considerate quelle che d a Gondar attraverso Dabat passavano nei pressi de l!' Amba Bircute n dirigendosi su Barentù, in territorio eritreo, ed ancora que lla che da Dabat, per Debarcch e Adi Arcan, oltrepassava il Tacazzè al guado di Mai Timchel, proseguendo poi verso Axum. L'occupazione di Gondar era stata prevista e studiata dal gen. De Bono fin dal settembre 1935 . La città, situata al centro di una ricca zona e vicina al lago Tana, era importante dal punto cli vista economico ed anche politico, in quanto da tempo si stava sviluppando proficuamente tra quelle popolazioni una attiva opera di propaganda coesiva. La pista che univa Gondar alla nostra colonia eritrea era stata tracciata c costruita da un ufficiale italiano fin dal 1905, ma dopo d i allora era stata percorsa solo raramente da qualche colonna di salmerie, mai però da auto mezzi di qua lsiasi genere . Le informazioni raccolte assicuravano comunque che essa risultava ancora abbac;tanza praticabile. il 29 febbraio, mentre era ancora in corso la battaglia ciel Tembien, il Comando Superiore A.O. decideva di dare attuazione concreta agli studi già da te mpo iniziati per l'occupazione della città. L' importanza dell' obiettivo e la situazione favorevole che andava delineandosi indicavano che il momento era quanto mai opportuno per un ' azione diretta alla conquista delle vaste e fertil i regioni del lago Tana. L'impresa non si presentava di agevole realizzazione : l'elevata temperatura, la distanza di oltre 300 km., il terreno poco conosciuto, avente inizialmente carattere desertico e success ivamente alto ed impervio con valichi che giungevano a
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Schizzo n. 66 - La zona del lago làna
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Da: "La conquista dell'Eciopia", cit., pag. 100.
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2700 ml. di altitudine, scarso di risorse cd attraversato dalla suddetta pista appena tracciata e la cui percoJTibilità con autocarri era tutta da dimostrare, ed infine la scarsezza delle informazionj, rappresentavano altrettante incognite che avrebbero potuto influire in senso negativo sullo svolgimento dell' impresa. Unico fatlore positivo, la pressoché nulla probabilità di imbattersi in nuclei di forze avversarie. Badoglio decideva quindi cli costitLrire una spedizione autoca1rnta che avesse sufficiente snellezza per non aggravare il problema logistico ma nello stesso tempo leggerezza ed autonomia tali da opporsi con successo ad ogni tentativo avversario tendente ad ostacolarne o ad insidiarne la progressione. La colonna, formatasi il 12 marzo, era articolata su 4 btg.ni (3 di bersaglieri e 1 di CC.NN.), una compagnia autoblindo, un gruppo da 77/28 autotrainato, uno squadrone motomitraglieri ed elementi del Genio e dei servizi per un complesso di 3348 uomini e 433 autoca1Ti; in appoggio, una sezione di velivoli da ricognizione. Il conti ngente, a l comando de l quale era stato posto il Segretario del P.N.F. luogotene nte generale della M. V.S .N. Ach ille Starace, partiva il 15 da Schizzo n. 67 - La marcia su Gondar
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Da: "La conquista del l' Etiopia". cil., pag. 93.
Asmara e, portatosi iI 19 ad Om Age r, iI giorno successivo muoveva verso il proprio obiettivo che raggiungeva il I O aprile (Ali. 188) unitamente ad un ' altra colo nna aut.ocarrata della III Brigata e ritrea proveniente da Dacuà dove, come s'è visto, la G.U . era pervenuta negli ultimi giorni di marzo. La marci a si era svolta regolarmente, senza difficoltà di rilievo (a parte il caldo e qua lche arduo passaggio s ul fiume Angareb e s ulle pendici del!' Amba Samboccò), usu-
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fruendo di aerorifornimenti, seguendo la pista che si era rivelata ancora percorribile una volta che fosse stata individuata tra la fitta vegetazione che l'aveva ormai completamente ricoperta. Il nemico era presente, sotto forma di nuclei armati che però non mettevano in atto alcun proposito aggressivo limitan -. dosi ad un'osservazione a distanza, atteggiamento dovuto in buona parte anche al lavoro preparatorio del nostro S.I.M. Durante 12 giorni, la puntata della colonna Starace - per dare la precedenza alla quale gli eritrei ciel gen. Cubedclu, giunti alle porte della città, erano stati fatti sostare per mezza giornata sarebbe stata oggetto di una risonanza senza du bbio eccessiva, in relazione al1' effetto propagandistico che ne poteva conseguire stante la presenza ciel Segretario del P.N.F., il che peraltro non inficia il merito di una spedizione che, se pur con le caratteristiche più rallistiche che non militari, aveva posto le premesse per la successiva penetrazione fino al lago Tana - obiettivo importante, fo rse il solo reale interesse inglese in E tiopia - raggiunto congiuntamente dalle due colonne il 12 aprile nella sua parte settentrionale, la peniso la di Gorogora, ed il 24 nel l'ansa meridionale, il Bahar Dar, nonché per l'occupazione di Debra Tabor nel Beghemeder avvenuta il 28 e cli Marcòs nel Goggiam il 20 maggio, totalizzando in 65 giorni 1700 km. di percorrenza ed assicurando il possesso di circa 100.000 km2 di territorio. L'Ali.I 89 riporta l'ordine di battaglia delle colonne Starace e Cubeddu. 4 - 0BIErnvo ASCIANGHI
Nell'arco cli poco meno di un mese le truppe italiane (3° 7) si erano attestate nel cuore dell'Etiopia per un arco di 600 km. e la cartina in All.190 riproduce tutti i movimenti effettuati dalle GG.UU. e dalle varie colonne di formazione ai fini dello sfruttamento del successo conseguito nel Tigrai. Nella ricostruzione cronologica degli avvenimenti operativi abbiamo intenzionalmente lasciato per ultimi quelli concernenti il TC.A., e ciò perché la G.U. fu l' unica direttamente impegnata in un combattimento cli rilevante importanza. In ottemperanza agli ordini ricevuti fra il 6 ed il 17 marzo il C.A., dopo aver organizzata a difesa i valichi di Alagi spingeva una colonna leggera di eritrei a Corbettà occupando tale centro, capoluogo dell'Enda Moeni, attivo mercato ed in posizione favorevole per proseguire l'opera cli influenzamento fra le popolazioni azebò-gal la. Successivamente la Div. Alpina Pusieria con rapide tappe occupava le posizioni cli monte Bohorà e del Passo Mecan orientale sulle quali gradatamente serravano le altre forze del C.A. iniziando la sistemazione stradale cli quella impervia regione di alta montagna nella quale si prevedeva che sarebbe stata combattuta a breve scadenza una nuova battaglia.
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La consisten2.a approssimativa delle forze in Eri1rea a.Ila datll del 15 marzo 1936 era la seguente: ufficiali: 11.597 - truppa (nazionali 254.491 - indigeni 55.614) - quadrnpedi: 76.162 - fucili/moschetti: 302.000 - rnilragliairici: 7429 - cannoni/mortai: 897 - carri veloci: 156 - auto/rnotoblindo: 28 - motomitragliatrici: 8 - autocarri armati: 8 - autocarri efficienti: 7911 - motocicli: I 132 (AUSSME, DJ - 113/1, prot.16662 ciel 3 I .3. 1936, da Ministero Guerra, Comando del Corpo di S.M. - Uff. Colonie senza indicazione del destinatario, f.lo il Sottocapo di S.M. Pariani).
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È stato menzionato, all' inizio del capi tolo, l' intento di Badoglio di raggiungere Addis Abeba con una autocolonna di un mig liaio di automezzi; esso era però rientrato per il fatto che la cosiddetta "strada imperiale" era più o meno percorribile agl i automezzi solo nel tratto da Quoram in direzio ne Sud fino a Dessiè e Addis Abeba. Ne conseguiva quindi che l' avanzata del l C.A. e de.I C.A. Eritreo a Sud della zona dell'Amba Aradan e della conca di Antalò doveva essere completata dalla costruzione di una rotabile che dal vecchio schieramento a Sud di Macallè consentisse al traffico motorizzato cli ragg iungere e superare il massiccio dell'Amba Alagi e poi proseguire verso il Passo Mecan fino a Quoram ed oltre. Se l'avanzata era potuta procedere senza eccessivi sforzi la costruzione della strada, alla quale era destinata una buona parte de lle unità, poteva realizzarsi con molta diflicoltà, afliclandonc il completamento della sistemazione al Genio. Po i, mentre i reparti più avanzati si stavano po1tanclo, fra il 6 ed il 17 marzo, all 'altezza di Mai Ceu e del Passo Mecan, la costruzione del suo proseguimento, così da consentire una sufficiente alimentazione dello sforzo fino alla zona di schieramento, veniva demandata allo stesso I C.A. ecl avrebbe potuto essere realizzata solo ai primi di aprile. Ma ancora tanti chilomeu·i di rotabile avrebbero dovuto essere aperti al traffico per raggiungere Quoram, a circa 80 km. di distanza, ed innestarsi sulla via per Dessié. Il Comando Supc1iore A.O. era preoccupato che il Negus potesse continuare il suo ripiegamento verso il cuore dell ' impero, attenendosi alla sua strategia di attrarre l'avversario in profondità costringendolo ad assottigliare il proprio dispositivo ed in pratica ad arrestarsi fino ali' esaurirsi de lla stagione delle piogge. li 12 marzo Badoglio se ne faceva interprete presso Lcssona, affermando come se gli etiopici avessero accettato lo scontro nei pressi di Quoram e fossero indietregg iati di un centinaio di chilometri sino a Dessié, allora non sarebbe rimasta altra soluzione - il mio vecchio progetto - che quella di agire massicciamente con l'arma aerea su lutti i centri più importanti, Addis Abeba compresa (3°8). L' inciso in corsivo si riferisce all 'auto1iz2azione da 11!.li richiesta a Mussolini il 20 febbraio per un' azione terroristica da condurre anche sulla capi tale, accolta dal Duce con l'esclusione però di questa e di Dire Daua. e che faceva seguito ad analoghe richieste avanzate fra l' inizio dello stesso mese ma anch 'esse decisamente respinte dal capo ciel governo (309) .
30~ ASD-MAE, A.O.I.. pos. 18 1/ 15, f. 74, telegramma S. del 12.3.1 936 da Com:111do Superi ore A.O. a Ministro Colonie. f.to Badoglio. 309 Del Boca A.. op. cit., pagg. 577-578. Gli auacchi con bombe all'iprite sarehbcro stati ripresi fra il 16 ed il 29 mar,:o su acc,1 mpamcnti e concc ntrnmenti di tnippe nella zona <li Quoram, Ciollc Amodin e Passo Agumbcrtà (Pedri ali l'. , op.cit., pag. 110- 111). Quello del 29 in quest' ultima locali ti\ avrebbe rappresentato l'ultimo impiego dell' iprite da parte della R.A. sul fronte Nord (Gentili i R., op. cii. pag. 89). Jl 28 marzo. 13° anniversario della fondazione della forza armata, erano stati resi noti i dati statistici sul suo impegno dall'inizio della cn mpagna sino al 5 marzo: 637 azioni di bomb:1rd.imento per un totale di 6477 ore di volo ed il lan cio di J089 101111. di esplosivo, 17 1O missioni di ricognizione per un complesso di 3615 ore di volo, e 762 di esploral.ione lontana (delle quali 19 a di stanze variabili fra i 1200 e i 1800 km.) per un totale di 2730 ore di naviga,:ionc. !\elle azioni di mitragl iamento erano stati sparati 155.000 colpi. Le missioni di aerorifornimento avevano visto impegnati 178 velivoli per 324 ore di volo ed il lancio di 45 tonn. di material i (Gentili i R. , op. cic.. pag. 87).
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Il 14 marzo il C.A., unitamente al C.A. Eritreo, riceveva ordini per l'occupazione di Quoram che prevedevano lo stabilirsi sulle basi di partenza per le ore O ciel 22.Tuttavia le difficoltà nella sistemazione delle linee cli comunicazione facevano slittare al 25 il concentramento dei due CC.AA. nella zona di Mai Ceu. Ma, contemporaneamente, pervenivano le notizie circa l'afflusso di armati etiopici al Passo di Agumbertà e nella zona del lago Ascianghi, che andavano a mano a mano aumentando mentre si veniva a conoscenza, attraverso le intercettazioni radiotelegrafiche, della decis.ione nemica di dare battaglia e del trasfe1imento del Negus verso il fronte per assumere personalmente il comando dell'ultima armata rimastagli. Il 19 Badoglio, dopo averne dato il giorno prima comunicazione telegrafica a Mussolini (Al I. l 91), decideva cli realizzare per il 31 il concentramento delle forze sulle posizioni previste e di iniziare il 1° aprile - utilizzando questa settimana per prolungare la rotabile fino a Mai Ceu e portare avanti artiglierie e matetiali - quella progressione offensiva che avrebbe dovuto consentirgli di raggiungere Dessié entro un termine di tempo valutabile in I 0-15 giorni (All. 192). Secondo l'ordine di operazioni, il I C.A. avrebbe dovuto muovere all'attacco partendo dalla posizione Passo Mecan-Bohorà e quello etitreo, dislocato fra l'altop.iano e la sottostante piana cli Corbettà a disposizione del Comando Superiore, doveva teners.i promo ad intervenire nella battaglia od a manovrare ad amSchizzo n. 68 - Le direttrici della progressione italiana +
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pio raggio nelle retrovie nemiche medi.ante un inseguimento in profondità che consentisse di sfruttare al massimo il successo (Ali. 193). Menu-e da parte italiana persisteva no le difficoltà nel! ' alimentazione de llo sforzo connesse ai problemi della viabilità, l'improvviso spostamento in avanti de ll'armata etiopica sulle posizioni di Aià-Agurnbertà-Assacattì-Asscl Ghertì, a meno di 10 km. dalle linee ital iane, coglieva di sorpresa Badoglio, già predisposto ad inseguire il Negus, e lo costringeva a passare piuttosto rapidamente da un atteggiamento offensivo ad uno difensivo. Ciò imponeva la predisposiz ione, necessariamente affrettala, cli una linea cli difesa che si estendeva per una decina di chilometri ma dove mancavano i material i necessari quali cavalli di frisia, filo di ferro spinato e cemento. Bisognava accontentarsi di scavi fatti con il piccone e la vanga, di ridotte e di ridottini con muri a secco e cli abballute di alberi. Ancora il 31 marzo, a poche ore dall'allacco etiopico, la linea era ben lontana dall 'essere idonea: i ripari erano miseri e poco robusti, e per sgombrare il campo di tiro si erano tag liali gli arbusti, adoperando faticosamente le baionette e le mani. La linea difensiva era fragile, e per cli più ancora dotata di artig lierie cli piccolo calibro la cui gittata era inferiore a quella d ei cannoni da 75 del nemico. Oltre a ciò. il loro munizionamento era scarso e difficoltalo nel rifornimento dalla mancanza di rete stradale e dalla moria dei muli c he costringevano gli artiglieri da montagna dei gruppi Lanzo e Belluno a caricarsi sulle spalle i proiettili ed a portarli in linea con una marcia di 14 ore (3'°). I servizi funzionavano infatti esclusivamente con mezzi a soma: le salmerie dalla conca cli Mai Ceu dovevano rifornirsi alla già costituita base di Enda Colcos, effettuando marcie di 10 ore e superando lre valichi uno dei quali, il Dubbar, ad oltre 30 00 mt. sul livello del mare. L ungo la mulattiera i quadrupedi cadevano sliniti pe r la fatica e per lo scarso nutrimento, ri dotto alla sola razione di avena e non sempre completa. Da paite etiopica, lo spostamento in avanti dell'armata era stato deciso il 20 marzo dal Negus dopo aver appreso che gli italiani avevano lasciato i valichi di Alagi per scendere nella conca di Mai Ceu, movimento che lo aveva indotto ad attaccarli pr ima che avessero potuto concentrare nella stessa conca forze più consistenti. lnfaui, atu-averso notizie giuntegli da info rmatori e poi confermate dai suoi consiglieri militari europei, gli ita liani pervenuti fino a quel momento nella zona di Mai Ceu sarebbero stati solo qualche migliaio e dotati cli artiglieria unicamente di piccolo cal ibro. Ciò conferiva alla decisione di attaccare un carattere di fondatezza e le attribuiva non poche possibilità di andare a buon fine, pur se il possibile, eventuale successo in questa battaglia non avrebbe certamente influito più di tanto sull'esito finale della guerra, ma avrebbe permesso solo un' ordinata ritirata verso Addis Abeba in contemporanea con l' inizio della stagione delle piogge e della stasi operativa che ne sarebbe seguita. Oltre, naturalmente, al significato morale insito in una vittoria che, se pur parziale, avrebbe contribuito a salvaguardare l' immagine dell ' imperatore e la sua onorabilità sul piano militare. Ma dal momento della decisione a quello dell'attuazione sarebbero intercorsi una
310 Tomaselli C., op. c it. , pag. 189 e Battisti F..• " li 7° Alpini in A.o:·. ID° Rgt. Alpini editore. Roma 1937, pag. 109.
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decina di giorni rivelatisi essenziali per la vanificazione del progetto di Hailé Selassié che, notevolmente esaurito sul piano psicofisico, dal 20 aveva trasferito la sua sede di comando eia Quoram sull'Amba Aìà e poi a Ba' Tawayo, proprio aridosso delle posizion i avversarie. Tra il 22 ed il 29, infatti, si sarebbero susseguiti una serie cli consigli di guerra, di riunioni e cli conciliaboli con ras Cassa e ras Sejum, presenti con quel poco che era rimasto delle rispettive annate, e con altri capi minori (3 11) compresi quelli degli azebò-gaJla che stavano in realtà facendo il doppio gioco cercando di lucrare il massimo possibile dalle controparti. Le inte1111inabili discussioni davano luogo ad un susseguirsi cli rinvii circa la data dell'attacco, protrattisi fino al 30, che non impedivano peraltro al Negus cli definire il proprio piano operativo. Questo prevedeva la suddivisione delle forze in quattro masse. La prima di esse, che sarebbe restata ai suoi ordini diretti e che avrebbe costituito la riserva, comprendeva fra le altre forze la Guardia Imperiale, comandata dal cagnasmac Muk.ria Bantirgu. Una seconda massa, di circa 10.000 armati, e ra affidata a ras Ghetacciou Abaté ed aveva come obiettivo, sulla sinistra, l'Amba Bohorà e le posizioni tenute dagli alpini della Pusteria. Una terza aliquota di 15.000 uomini era posta agli ordini di ras Cassa Hailù ed aveva il compito più oneroso e difficile, quello di attaccare il centro dello schieramento italiano, tenuto dalla 2° Div. eritrea, e di sfondarlo in direzione del villaggio cli Mai Ceu. La quarta massa, infine, di 3-4000 uomini, era affidata a ras Sejum Mangascià ed aveva come obiettivo, sull 'estrema destra, le posizioni tenute dall l O Div. eritrea. A questo contingente era anche demandato l'incarico di tentare di aggirarle con una manovra a largo raggio per irrompere nelle nostre posizioni di Mai Ceu. La settimana persa dagli etiopici era stata invece proficuamente utilizzata dagli italiani che avevano rafforzato le loro difese, spostato in avanti le unità di riserva ed acquisito, attraverso un' ultima elargizione di talleri e di fucili, l'adesione degli azebò-galla i quali, al corrente dei piani del Negus, li rivelavano confennando anche come l' inizio dell'attacco fosse imm.inent.e (3 12). Il tutto sembrerebbe poter smentire quanto adombrato eia alcuni, e che cioè Badoglio fosse stato colto di sorpresa, così come poteva evincersi dalla sua assenza dal campo di battaglia e dalla delega data al gen. Santini per la direzione delle operazioni (3 13) . Un altro elemento probativo in tal senso, secondo altri, potrebbe essere rappresentato dal fatto che nonostante tutti gli avvertimenti ricevuti, le duè divisioni eritree disponessero di munizioni per le artiglierie soltanto per pochissime ore, e che i rifornimenti non sarebbero arrivati a Mai Ceu che venti ore dopo l' inizio della battaglia (3 14) . Lo schieramento delle forze contrapposte (per quelle italiane, ordine di battaglia in Ali. 194) era il seguente:
311 Tra que,ti, i degiac Hailì1 Chcbrcdé, Mangascià Hilina e Adafrisau Ycnadu , i cagnasinac Abcbe Redda, Bejné Belainé e Chefflé Ergatu, il ficaurari Ashenafi, i ligaba Tasséu Ualelu e Mes/in Sci lese i cd il bigerondi Latibelù (Konovaloff I., op. cit., pagg. 157- 158). 3 12 Tomaselli C., op. ci t. , pag. 200. m Xilandcr R., op. cit., pag. 115. 3 14 Del Boca A., op. c it., pag. 630
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Schizzo n. 69 - Lo schieramento delle GG.UU. italiane alla "igilia della battaglia di Mai Ceu
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Da: Cabiati A., cit., pag. 156.
- italiane: sul davanti, la Pusteria, rafforzata dall'8° Gruppo Btg.ni e1itrei, teneva le posizioni fra Passo Mecan ed il monte Bohorà, mentre sulla sua sinistra il C.A. Eritreo era raccolto fra Mai Ceu e Corbettà. Le altre GG.UU. erano sistemate in profondità, la Sabauda fra Belagò e Passo Dubbar, la 3 Gennaio ed il 6° Gruppo Btg.ni CC.NN. fra Passo Dubbar ed i valichi di Alagi e l'Assietta a Nord di questi ultimi. Un totale di circa 40.000 uomini per le tre divisioni di prima schiera, non tenendo conto degli organici delle altre tre divisioni dislocati in seconda linea ammontanti ad un numero pressoché eguale; - etiopiche: circa 5000 armati nelle posizioni di Aià e 30-35.000 in quelle di Agumbertà-Assel Ghertì; fra queste forze, in seconda schiera, la Guardia Imperiale su 6 btg.ni di fanteria ed uno cli artiglieria con alcune decine di pezzi, tutti modernamente armati ed equipaggiati, addestrati all' europea, animati da un elevato spirito offensivo che la presenza del Negus contribuiva certamente ad accrescere. Gli etiopici era dotati cli 300 mitragliatrici, un cannone Schneider eia 75, 8
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cannoni controcarro da 37 di fabbricazione tedesca, 6 mortai belgi Stokes-Brandt da 81 e 11 cannoncini antiaerei Oerlikon svizzeri (3 15). 5 - LA
BArfAGLIA
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L'attacco etiopico aveva inizio alle 5.45 del 31 marzo, e poco dopo gli armati entravano in contatto con gli alpini dei battg.ni Entra, Feltre e Pieve di Teco, trincerati sulle pendici dell'Amba Bohorà e sul lato occidentale del Passo Mecan, e con le truppe eritree che ne presidiavano il lato orientale. Pur sottoposti al violento fuoco di numerose mitrag]jatrici e di un crumone da 75, gli alpini resistevano bene, perdendo solo qualche trincea fra le più avanzate nonostante la veemente imienza degli attaccanti, "suscitanti il senso arcano e terrificante di un'alluvione umana" (3 16). Gli etiopici attaccavano in grandi squadre intervallate di qualche decina di metri; appena ricevuto l'ordine, si lanciavano di corsa contro le nostre posizioni, assottigliandosi per le perdite fino a rimanere uno sparuto gruppo di pochi uomini che finiva per scomparire anch'esso sotto le rafii che. Ma se una squadra spariva annientata dal fuoco, un' altrn ne subentrava, buttandosi innanzi con la stessa violenza della prima ed a1Tivando con i suoi caduti qualche metro più in avanti. Ma nonostante l'impeto dei loro attacchi - nelle prime fasi del combattimento, in poco tempo il btg. Entra perdeva due comandanti di compagnia ed una batte1ia di bombarde rimaneva priva di t11tti gli ufficiali - gli etiopici non riuscivano ad avere ragione dei caposaldi del Bohorà ed a raggiungerne la vetta, evento che, oltre a compromettere il fianco del nostro schieramento avrebbe consentito loro di dominare tutto il campo di battaglia. "Subimmo una certa sorpresa. - avrebbe dichiarato lo stesso Hailé Selassié - Invece di semplici muretti edi trincee a fior di terra, i nostri primi soldati si trovarono di fronte solide fort(fìca zioni alle quali si appoggiava l'artiglieria da campagna giudiziosamente sistemata" (3 17). Come sarebbe stato accertato in seguito, si era trattato di una manovra diversiva, condotta tuttavia con tale temeraria irruenza da mettere in seria prova la valida organizzazione dei fuochi incrociati delle mitragliatrici e dei cannoni predisposta dalla Pusteria nei giorni precedenti. Respinti dagli alpini (AlI. 195), gli etiopici insistevano con i loro attacchi in direzione del Mecan orientale che costituiva in realtà il loro obiettivo principale. Essi speravano infatti di trovare, nel settore centrale tenuto dagli eritrei della 2° Div., una resistenza meno accanita e per un' ora intera, dalle 7 alle 8, reiteravano i loro assalti sempre sostenuti dalle loro esigue artiglierie e dalle mitragliatrici. Riuscivano in effetti ad occupare qualche trinceramento, se pur pagandolo con ingenti perdite, ma dopo le 8 intervenivano in massa una settantina cli bombardieri italiani decollati dai campi di Macallé, Gura ed Asmara che, nonostante i violenti temporali e le nubi basse che costringevano i piloti a scendere ad una quota inferiore a quella delle montagne circostanti e quindi a trovarsi esposti alla nutrita reazione antiaerea - lo stesso Badoglio P., op. cii., pag. 178; cfr. anche Sceer, op. cit., pag. 302 e Gentilli R., op. cit., pag. 112. C., op. cit., pag. 202. 3 17 "La vérité sur la guerre italo-é1hiopienne. Une victoire de la civilisation par le Negus", Supplemento di "Vu", Paris, luglio 1936, pag. 32. 3l5
3l6 Tomaselli
L'avanzata generale verso Sud ( JO.lll-15.JV.1936)
323
Hailé Selassié, unitosi ai serventi di un Oerlikon, sparava sui velivoli-, si avvicendavano senza interruzione sul campo di battaglia, sulle retrovie e sulle linee di rifornimento nemiche che iniziavano a mostrarsi in crisi. In realtà, intorno alle 10.40 gruppi di armati sul Passo Mecan erano stati attaccati da tre Ca 133 e due proiettili di Oerlikon avevano centrato un aereo tranciando il primo un montante dell'ala mentre il secondo, infilatosi nella fusoliera, aveva mancato di poco il pilota, s.ten. Bruno Mussolini, figlio del capo del governo, fracassando una mitragliatrice alle sue spalle (3 18). Questa era stata una delle poche azioni tattiche ciel bombardamento sul campo di battaglia. Tutti gli altri repruti della specialità avevano appoggiato l'impegno difensivo delle truppe italiane attaccando le fom,azioni etiopiche di rincalzo schierate nella zona del Passo Agumbertà (3 19) . Prima della comparsa degli aerei italiani, il Negus aveva fatto intervenire contro il settore centrale del nostro schieramento, là dove gli eritrei avevano già perso un po' di terreno, i Kebur-Z.Obagnà, i soldati della sua guardia personale, che andavano all'assalto avanzando a sbalzi, sfruttando il terreno, dando prova di saldezza e di un buon grado di addestramento unitamente ad un notevole sprezzo del pericolo, come avrebbe dato loro atto lo stesso Badoglio nelle sue memorie (320) . L'attacco dei battaglioni dalla Guardia Imperiale era molto vibrato e si protraeva con la stessa intensità per oltre tre ore, sostenuto anche dagli armati dei ras Ghetacciou e Chebbedé e del bigerondi Latibelù. Gli assalti etiopici portavano alla conquista di alcune alture e costoni del Passo Mecan, sempre vigorosamente contrastati dai batt.Jli eritrei, specie ciel X, i cui ufficiali erano quasi tutti uccisi o fe1iti; tra i caduti, lo stesso comandante di batt.ne, ten col. Dialma Ruggero ed il ten. col. Gianfranco Zuretti, capo di stato maggiore della 2° Div. Alle 11.30 muovevano al contrattacco con la baionetta in canna i btg.ni IV, V e XIX, con alla testa lo stesso gen. Dalmazzo ed alcun.i altri ufficiali superiori; dei reparti, usciva per primo dai trinceramenti, "per antico privilegio", il IV Btg. Toselli, quello che poitava la fascia di lana nera quale segno di lutto in memoria ciel fatto cl'aimi dell'Amba Alagi di 40 anni prjma (3 21 ). Il contrattacco, appoggiato dalle nlitragliatrici dei btg.ni alpini Exilles e Pieve di Teco, al quale partecipavano tutti gli uomjni disponibili della 2° Div. compresi i 250 artiglieri rimasti senza munizioni, il personale delle salmerie, i mensieri e gli attendenti e che era stato condotto inizialmente con grande slancio, perdeva progressivamente vigore poiché gli ascari si attardavano per raccogliere bottino e l'azione si affievoliva permettendo al nemico di contrattaccare a sua volta con forti nuclei sopravvenuti da tergo e costringendo gli eritrei a retrocedere sulle posizioni di partenza (3 22). Mentre al centrn dello scllieramento italiano accadevano questi episodi e la 2° Div. eritrea riusciva a contenere a stento la spinta etiopica registrando i 4/5 delle per-
318 AUSSMA, A.O.I., cart.2/2, D.S. Acronaucica A.O. , "Relazione IV Gruppo B.T. de l 31.3. l 936" (allegaco). 319 Pedriali F., op. cit., pag. l 14. Nel corso della giornaca furono sganciati sul teatro della battaglia 3 l.948 kg. di bombe (Gentilli R., op. cit., pag. 89) e sparati 6200 col pi di mitragliatrice (Pedriali F.. op. c ic.. pag. 115). Metà dei velivoli erano stati col piti, con diversi feriti tra gli equipaggi. 320 Badoglio P.. op. cii., pag. 180. 321 Piecra I., "Le giornace del lago Ascianghi", in: "Illustrazione Italiana", luglio 1956. 3 22 Battisti E., op. cic., pag. 117.
324
La campagna italo-etiopica, /935-1936
Schizzo n. 70 - La battaglia risolutiva cli Mai Ceu
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Da: Del Boca A., cit., pag. 629.
L'avanzata generale verso Sud ( IO.lii-I 5. / V. 1936)
325
dite dell'intera giornata, sulla destra la colonna di ras Sejum, che già all'alba aveva occupato i passi sopra l'abitato di Uorrabaiò, cercava di insinuarsi fra le posizioni tenute dalla l O Div. eritrea e di realizzare il previsto aggiramento incanalandosi nel letto del torrente Mai Ceu, ma veruva respinta sia dal fuoco dell' aitiglieria divisionale che dalle puntate degli Azebè>-Galla. Anche successivi attacchi, appoggiati da forze dei ras Ghetacciou e Chebbedè e da reparti della Guardia Imperiale non avevano successo, ed il gen. Pesenti poteva anzi ordinare verso le 15 al 6° Gmppo Btg.ni (II, XIIl e XXIV) di passare al contrattacco per impadronirsi delle alture sulle quali sorgeva il villaggio di Degan ed alleggerire così la folte pressione alla quale era esposta la 2° Div. Un nuovo disperato attacco ven.iva tentato verso le 16 contro entrambe le ali dello schieramento italiano: alimentate da forze fresche, tre colonne di etiopici investivano l'intero fronte, accanendosi in modo paiticolare all'estrema sinistra contro le posizioni tenute dal btg. lntra e, sulla destra contro il 6° Grnppo Btg.ni eritreo che, sostenuto da reparti del 6° Gruppo Btg.ni CC.NN. e dalla banda dello Scimezana, si era airoccato sulle alture di Degan. Questo estremo, disperato tentativo durava quasi due ore e si faceva particolarmente intenso nel punto di sutura fra la l O e la 2° div. eritrea, là dove, avendo conquistato alcune trincee, gli etiopici cercavano di infiltrarsi e di allargare la breccia per puntare sul villaggio di Mai Ceu. Alle 18, mentre cominciava ad imbmnire, Hailé Selassié, avendo visto mo1ire il meglio della sua gente senza conseguire alcun risultato apprezzabile, ordinava il ripiegainento anche se un po' più in là, davanti alla 66° compagnia ciel Feltre, il combattimento non si esautiva che alle 20.30. La battaglia era terminata, dopo oltre 14 ore cli lotta accanita. Come si legge sul Diario Storico del Comando Superiore A.O. alla data del I 0 aprile, essa era stata " ...da ambo le parti bravamenle combattuta. L'avversario, ben addestrato e
dotato di ottime e mode me armi (cannoni, mortai e mitragliatrici) ha condotto gli attacchi con. violenza estrema e con. un superbo sprezzo del pericolo" (323 ) . Le perdite erano state pesanti per entrambi i contendenti. Fra gli italiani, 68 ufficiali (2 1 caduti + 47 feriti), 332 uomi ni di truppa nazionali (68 caduti + 244 feriti) e 873 eritrei (204 caduti + 669 feriti) (324). Per gli etiopici, le cifre risultano molto variabili: o ltre un migliaio per Konovaloff, 5000 secondo Pesenti e Tomaselli, 8000 per Badoglio (3 25 ). TI ripiegamento etiopico avveniva abbastanza ordinatamente, e nuclei di retroguardia permanevano per alcune ore a ridosso delle postazioni della Pusteria, nella zona di Ezbà ed intorno all'abitato di Degan, attivando qualche .iniziativa aggressiva peraltro cli breve durata e con l'evidente scopo di mascherare per quanto possibile la ritirata del grosso. Da parte italiana, la situazione permaneva critica per ciò che riguardava il munizionamento: la IO div. eritrea aveva consumalo durante i combattimenti 400.000 colpi e d isponeva solo di 15 ca1tucce per ogni fuci -
323 AUSSME,
D6-6/3, D.S. del Comando Superiore A.O., 1°.4.1936. AUSSME, D5-86/3, "Relaòone sugli avvenimenti militari nell o scacch iere Nord ...", c it., Ali. n° 5 "Specchio delle perdite dal 1°.1 2. 1935 a l 5.5.1936". 325 Konovaloff T., op. cii., pag. I 63; Pesenti G., op. cii., pag. 139; Tomaselli C., op. cit., pag.211; Badoglio P.. op. cit., pag. 184. 326 Pignatelli L., op. cit. , pag. 226. 324
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La campagna italo-etiopica, 1935-1936
le e cli due caricatori per ogni mitragliatrice (326) . La situazione era ancora più seria per ciò che concerneva le aitiglierie: la 2° Div. era del tutto a secco, la Pusteria disponeva di soli 20 colpi per pezzo (3 27) e la I O Div., consumati i 2/3 della dotazione, non poteva contare che su una cinquantina di proiettili per cannone (3 28). In sostanza, tutta la nostra artiglieria concentrata fra l'Amba Bohorà e Corbettà non sarebbe stato in grado di fornire più cli un paio d'ore di fuoco.
6·
VERSO ÙESSIÉ
Nonostante l' esito negativo dello scontro, il 1° aprile gli etiopici persistevano nel condurre sporadici attacchi sempre a scopo di copertura ciel ripiegamento, il più consistente dei quali sarebbe stato quello condotto fra il torrente Mecan ed il villaggio cli Saeftì, ed il giorno successivo il I° C.A. si attestava con le sue divisioni sulle posizioni di Passo Mecan mentre il C.A. Eritreo discendeva nuovamente a Corbettà, per mettersi in condizioni di agire sul tergo dell'avversario che intensificava il 1ipiegamento dalle zone cieli' Amba Guclclamì - Passo Ezbà - Aià in direzione del lago Ascianghi e delle alture intorno a Quoram, in stato di crescente precarietà (All. 196). Il 3 le due GG.UU. si mettevano in movimento verso Sud; il I C.A., dopo aver superato vivaci, residue resistenze, raggiungeva a sera il colle di Ezbà, mentre il C.A. Eritreo si attestava al torrente Agurnbertà assumendo una configurazione tattica tale da far rimarcare la propria azione aggirante (Ali. 197). All'alba ciel giorno 4 i due CC.AA. riprendevano l'avanzata. Mentre il I C.A., debolmente contrastato dall'avversario, superava la stretta di Agumbertà e si affacciava alla sottostante piana cieli' Ascianghi, il C.A. Eritreo completava velocemente il movimento avvolgente e sbucava da Est nella zona cli Mekaré, pochi chilornet1i a Nord cli Quoram, sorprendendo in questa zona la coda della colonna avversaria che stava ripiegando lungo l'itinerario orientale del lago ed infliggendole gravissime perdite (Ali. 198). Costringeva inoltre g li elementi nemici che ancora fronteggiavano il I C.A., a desistere ed a cercare scampo lungo la mulattiera che correva ai piedi delle alture della riva occidentale del lago, dove andavano a costituire un facile bersaglio per l'azione dei nostri velivoli protrattasi per tutta la giornata ed anche per quella successiva (3 29 ). In un lungo ed alquanto trionfalistico telegramma al Ministero delle Colonie, il Comandante Superiore A.O. riassumeva le vicende svoltesi tra la fine delle operazioni nel Tigrai ed il 4 aprile (All. 199). Proprio il giorno 5 Badoglio ordinava al C.A. Eritreo di preparare il proseguimento della marcia su Dessié e di occupare la città non oltre il 15. Dessié era
327 Battisti E.. op. cit., pag. I I9. 328 Pesenti G., op. cit., pag. 1.35. 329 Già il J erano stati sganciati 21.500 kg. di bombe sugli etiopici in ritirata, ma la giomata cnicialc sarebbe stata proprio il 4, con J55 missioni e l' impiego di 64.713 kg. di esplosivo e di 30.000 colpi di micragliatricc. Le.azioni di bombardamento sarebbero andate progressivamente decrescendo, come dimosu·ano le cifre che seguono relative al consumo di esplosivo u·a il 6 ed il 9 pari, per ogni giorno, rispenivarnentc a kg. 24.700, 13.709, 8064 e 1260 (Gentilli R., op. cit... pag. 9 1). Dal IO aprile, l'impegno della RA sarebbe stato indirizzato alJ'aerorifornimento delle truppe in marcia verso Gondar e Dessié, con l'approvvigionamento di. oltre 120 tonn. di materiali vari i (AUSSMA, cart.176, "Dati statistici A.O. 1935-1 936").
L'a vanzata. generale verso Sud (}O.lii- I 5./V. 1936)
327
un importante centro carovaniero dal quale si Ì!Tadiavano strade in direzione di Gondar, Gibuti, Macal lé e Addis Abeba; inoltre, la Missione Militare Europea ne aveva fatto il centro strategico etiopico, dotandola di caverne, depositi, polveriere, centrali telefoniche e telegrafiche, ospedali ed un campo d'aviazione. Gli ordini per il I C.A. prevedevano che, rafforzato da altre uni_tà provenienti da vari settori, sostasse tra Quoram e Mai Ceu, provvedendo pure ad incrementare anche i lavelli stradali forzatamente rallentati durante la battaglia ed assumendo il coSchizzo n. 71 - La situazione operativa fra il 2 ed il 4 aprile
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Da: Cabiati A., cit., pag. 159.
mando di tutta la linea delle operazioni nonché il coordinamento dei rifornimenti per entrambe le due GG.UU. Nella mattinata sempre del 5 gli eritrei occupavano Quoram, non senza aver dovuto superare una breve ma accanir.a resistenza da parte del locale presidio. Quoram costituiva un importante nodo stradale verso Dessié, distante 180 km. ,
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La campagna italo-etiopica, 1935-1936
Schizzo n. 72 - Sintesi cronologica dell'avanzata su Dcssié
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con due vie una delle quali in direzione di Cobbò, sul versante orientale dell'altopiano verso la Dancalia, e l'altra che valicava l'aspra catena ciel Cosso Amba, fra il Tacazzé e lo Tzellarì, e scendeva a Magclala proseguendo poi fino a Dessié. Nel pomeriggio dello stesso giorno, intanto, Hailé Selassié presiedeva un altro consiglio di guerra al termine del quale veniva presa la decisione di abbandonare per il momento ogni proposito di rivincita e di sganciarsi il più rapidamente possibile dai due CC.AA. italiani incalzanti per ripiegare nel Lasta o nel Jeggiù ed in quelle terre, che rientravano nella giurisdizione di ras Cassa, tentare un'ulteriore resistenza. Nell'arco di una settimana, marciando solo di notte per sottrarsi all'osservazione aerea, si trasferiva a Telasferre Selasse, nei pressi delle sorgenti del Tacazzé, ed infine il 13 aprile, diramati i proclami e riorganizzata alla meglio l'annata, Hailé Selassié prendeva all'improvviso la decisione di staccarsi momentaneamente dalla colonna principale e di recarsi in pellegrinaggio alla città santa di Lalibelà. Secondo il commento di Del Boca, si trattava di "una diversione che appare di primo acchito inutile e pericolosa, che non manca di sorprendere e cli irritare i suoi più fedeli collaboratori e che farà perdere alcuni giorni preziosi, ma è un gesto che rivela assai bene la complessa e sconcertante personalità dell'imperatore. Il viaggio a Lalibelà vuol essere, innanzitutto, prima ancora che un atto di fede religiosa, la dimostrazione che la fuga disordinata e in preda al panico è finita, che la vita del millenario impero etiopico, che sembrava cessata per sempre a Mai Ceu, riprende invece con le sue abitudini, le sue creden-
Da: Cabiati A., cit., pag. 177.
330 Del Boca A., op. cit., pag. 647. Nella stessa giornata, una formaòone di 13 Cal33 del IV e XLIV Gruppo B.T. scortata da 9 Ro37 del Il Gruppo R.T., decollata da Macallé, effettuava una missione su Addis Abeba per lanciarvi manifestini di propaganda, che si sarebbe risolta piuttosto negativamente a seguito di tuUa una serie di errori di navigazione e disfunzioni tecniche che avevano annullato l' operatività di una decina di velivoli (GentiUi R., op. cit., pag. 92).
L 'avanzata generale verso Sud (JO.lll-15.JV.1936)
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ze, le sue funzioni" (330). Nel frattempo le due divisioni eritree, dopo una sosta di tre giorni a Quoram per riorganizzarsi, il 9 aprile iniziavano l'avanzata su Dessié, che si sarebbe rivelata una marcia speditiva senza ostacoli degni di nota ad eccezione di quelli dovuti al maltempo, sotto forma di fiumi e to1Tenti in piena e terreno paludoso e fangoso, ed alla elevata mortalità di quadrupedi da soma. Dopo aver percorso in una settimana circa 250 km., sempre supportato dal l'aviorifornimento, il C.A. Eritreo (ordine di battaglia in Ali. 200) entrava il 15 aprile a Dessié, abbandonata dal principe ereditario Asfauossen Tafari, senza aver incontrato una benché minima opposizione. Si era conclusa così, con la fine di ogni forma di resistenza coordinata sul fronte settentrionale, la fase operativa che sarebbe stata quella risolutiva per l'esito della campagna, in buona parte per merito nostro ma in parte anche per demerito etiopico. Il Negus, infatti, aveva commesso un grosso errore strategico-tattico, muovendo all'attacco di posizioni occupate da un' annata europea dotata di tutta la più moderna tecnologia, senza preparazione d'artiglieria, il che non avrebbe potuto dar luogo che ad un sicuro fall imento. Inoltre, nella successione degli altri suoi errori aveva giocato un ruolo importante anche la propria struttura caratteriale, incline all'incertezza, agli sbalzi d'umore ed ai troppi mutamenti decisionali. Un' efficace sintesi delle risultanze delle operazioni che avevano portato gli italiani sul lago Ascianghi, a circa 350 km. da Addis Abeba, è quella redatta da Paul Gentizon, corrispondente di guerra francese sul fronte italo-etiopico che è riportata in lingua 01iginale nell'All.20 l. Nell'All.202 è invece riprodotta una caitina riassumente il quadro delle operazioni svoltesi dalla battaglia dello Scirè a quella dell' Asciangb i.
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CAPITOLO XIII
L'OFFENSIVA NELL'OGADEN E NELL'HARRARGHIÈ (14.-30.IV.1936)
1 - LA RIVALSA
DI GRAZIANI
L'occupazione di Dessié, determinante per l'ultima progressione verso Addis Abeba, se aveva quindi posto le premesse per la soluzione vittoriosa della campagna non avrebbe d' altra parte fatto assumere alla conquista della capitale etiopica un connotato di effettiva completezza operativa in quanto, di per sé stessa, non sarebbe stata realmente risolutiva se contemporaneamente non si fosse realizzata un'avanzata da Sud dando così luogo alla chiusura della tenaglia strategica. Infatti, la colonna mot01izzata diretta su Addis Abeba si sarebbe trovata pericolosamente isolata in un territorio ostile, con tutte le possibili implicazioni, mentre per contro lo spostamento verso Sud dell' intero corpo cli spedizione avrebbe comportato la necessità cli organizzare una vasta e complessa alimentazione logistica su una notevole distanza e con la stagione delle piogge ormai prossima. Diventava pertanto indispensabile assicurarsi il possesso di Harrar, ed in patticolare ciel tronco ferroviario Addis Abeba-Gibuti che aveva nel capoluogo clell'Harrarghié, con Dire Daua, uno dei propri nodi principali. Ne conseguiva un'inversione nel ruolo prioritariamente difensivo attribuito sino allora al nostro dispositivo militare sul fronte meridionale, sia in base ad un concetto strategico, condivisibile o meno che fosse, sia in chiave di opportunismo personale. Quest'ultima espressione è riferita a Badoglio, per il quale era una costante il cercare cli neutralizzare la concorrenza, reale o virtuale che fosse, cli ogni potenziale rivale; adesso era la volta di Graziani, così come in precedenza era toccato, fra gli altri, a Cavallero ed a Grazioli. Già dalla metà di settembre del 1935 Graziai1i, nel dare assicurazione al Comandante Superiore A.O. del proprio adeguamento, se pur non convinto, al concetto del mantenimento di una condotta "difensiva attiva" per richiamare e trattenere sul fronte Sud il massimo delle forze etiopiche, si era dettO persuaso cli poter attivare un movimento offensivo con obiettivo Harrar "sempre che sia realizzata adatta organizzazione motorizzata che ho Lenacernente perseguita ma che non est stata ancora completata" (33 1). Aci una specifica richiesta trasmessagli da Lessona alcuni giorni dopo circa il quantitativo di uomini e mezzi del quale avrebbe avuto bisogno per
33 1 "La guerra italo-etiopica. Fronte Sud" , voi. III, al l.247, pag.224, tele 44687 del 17.Xl. 1935 a S.E. Badoglio, f.to Graziani.
332
La campagna italo-etiopica, 1935-1936
l'attuazione del progetto, aveva 1isposto con un lungo messaggio nel quale, dopo aver fatto il punto sulla consistenza delle proprie forze al momento, sintetizzava in uno specchio le necessità che si riassumevano in 35.000 uomini e, per quanto concerneva i mezzi, in un consistente aumento di essi rispetto a quelli già posseduti (Ali. 203). Ma dopo uno scambio di comunicazioni anche con Baistrocchi, dimostratosi sensibile al problema ed incline ad agevolarne la soluzione fors'anche come compensazione alla recente crisi nei loro rapporti personali, la cosa andò progressivamente ammortizzandosi, senza che Graziani fosse stato messo a conoscenza degli intendimenti ciel Comando Superiore A.O. e lasciando quindi in lui il convincimento di una sottovalutazione dell'impo11anza del prop,io settore. E non a torto, perché i successivi eventi quali la manovra ciel Canale Doria e la marcia su NegheUi avrebbero confermato quali e quante possibilità si aprissero da Sud in direzione di Harrar qualora i mezzi necessari fossero stati forniti nella quantità e nei tempi richiesti dal Comandante delle FF.AA. Somalia. In un uomo dalle caratteristiche temperamentali quali erano quelle di Graziani, il risentimento per tale stato di cose non poteva tardare a farsi strada, come si evince chiaramente dall'espressione da lui adoperata appena due anni dopo ed in una sede quanto mai ufficiale come il suo volume sulla campagna: "Lunii da me l 'idea di attribuire questa negativa a rnalvolere di chicchessia ..." (3 32) . La proiezione del proprio geloso risentimento era ovviamente rivolta verso la persona di Badoglio al quale attribuiva, senza per questo peccare di ecce~siva malignità, la volontà cli decidere le sorti del conflitto nell'ambito del settore di prop,ia pertinenza convogliando così su di sé tutti gli allori. Non è un caso, come rileva giustamente Del Boca, che da parte di Badoglio non sarebbero state dedicate nelle sue memo,ie che poche righe agli avvenimenti sul fronte somalo, espressione della scarsa importanza da lui sempre attribuita a questo scacchiere (3 33). Il 25 gennaio 1936 Graziani si era rivolto direttamente a Mussolini: "... Se avessi avuto altri caterpillar in questo mmnento avrei potuto sferrare subilo offensiva su Harrar. Se li avrò nel più breve tempo possibile, potrò sferrarla in piene piogge effettuando sicura so,presa quindi garantendo successo. Duce inviatemi oltre autocarri richiesti al più presto altri cento catetpillar da 50HP con 200 rimorchi, facendoli imbarcare in un unico piroscafo che me li porti in maniera poterli alacremente sbarcare et vi darò Harrar quanto prima" (3 34).
Avrebbe ottenuto i mezzi richiesti grazie allo zelo di Baistrocchi (All.204 e 205) nonostante il quale essi non sarebbero però giunti in Somalia che alla fine cli marzo, me1iu-e la Div. Libia non sarebbe stata sbarcata che a fine febbraio e sarebbe stata concentrata a Dauan solo nella prima decade di aprile (3 35). 332 Graziani R., op. cit., pag. 282. 333 Del Baca A., op. cit., pag. 658. 334 Graziani R. , op. cit.., pag. 285. 3 35 La G.U. comprendeva 270 ufticiali, 600 uomini di truppa nazionali e 8000 ascari. Appena sbarcata, aveva ·avul.O ordine di raccogliersi al completo nella zona di Mustahil, effettuando il movimento a pied i da Brava ad Afgor (200 km.) e successivamente in tre scaglion i autocarrati fino a lvlustahil (400 km .). salvo i quadrnpccli che avrebbero proseguito per via ordinaria. Entro la fine di marw sarebbe giunta nella zona di radunata; alla relativa autonomia si era provveduto assegnandole un treno di 16 caterpillar e 32 rimorchi ("La guerra italo-etiopica. Fronte Sud", cit, voi. I, pag. 293).
o P.
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La campagna italo-etiopica, 1935- 1936
L'inversione cli tendenza circa il nuovo ruolo offensivo da assumere da pa1te delle nostre forze del fronte Sud era iniziata il 3 marzo con un telegramma di Badoglio dal tenore uionfalist:ico con il quale informava Graziani di aver annientato in 20 giorni, nel corso delle operazioni nel Tigrai, tre annate etiopiche, al quale il destinatario non si faceva scrupolo di rispondere ti.lori dai denti, con la durezza che gli era congeniale:
"Esprimo a V.E. mie subordinate vivissime felicitazioni per geniale manovra che in venti giorni ha distrutto interamente armate nemiche. Non senza rammarico del fatto che se io fossi stato creduto ed esaudito fin da un anno fa nelle richieste fatte e nelle possibilità intraviste su questo fronte avrei ora a mia volta potuto battere l'armata del Baie e quella dell'Ogaden, segnando così la.fine della guerra iJalo-abissina. La storia preciserà a chi attribuire tale manchevolezza. lo ho la coscienza serena" (3 36). Lo scambio di frecciate fra i due continuava nelle settimane successive culminando il 22 con la risposta data da Graziani alla richiesta di Badoglio circa il momento stabilito per attaccare l'annata di ras Destà, che faceva seguito ad altre sollecitazioni ad assumere l'iniziativa. In essa Graziani, dopo aver ribadito come sarebbe stato necessario poter disporre prima di quei mezzi che solo ora cominciavano ad affl uire con ritmo accelerato, affennava che non era possibile pensare di chiedere agli uomini ed alle macchine uno sforzo maggiore di quello che si stava compiendo, ed aggiungeva che non era in grado di stabilire quando avrebbe potuto dare inizio al movimento offensivo verso Nord, la cui profondità ed estensione erano tali da far sì che non potesse affidarsi alla sorte ciò che doveva essere invece basato su una solida preparazione, quella che appunto egli stava cercando di portare a termine. Ad ogni modo, poiché riteneva opportuno sostenere in qualche modo l'azione che Badoglio stava per i1ùziare, non potendo ancora agire con le forze di terra lo avrebbe fatto con l'arma aerea, per cui notificava di aver.disposto il bombardamento distruttivo di Giggica e di Harrar e riservandosi di proseguire questo impiego strategico dell'aviazione anche sulle trnppe avanzate di Nasibù onde aggravarne la già precaria situazione alimentare (All. 207). Giggica sarebbe stata bombardata nei giorni 22, 23 e 25 marzo, mentre il 29 sarebbe stata la volta di Harrar (337). Ma 336 "La guerra italo-etiopica. Fronte Sud", vo i. IV, ali. 395, pag. 69, tele 1620 del 3.3.1 936 da Badoglio a Graziani, e te.le 10381 del 4.4.1936 da Graziani a Badoglio (riponati in Ali. 206). 337 li peso dell'offensiva aere;i suU'Ogaden ordinata da Graz.iani cominciò a farsi sentire il 22 marzo, quando 6 Cal33, 15 Cal 11 e 6 Ro37bis bombardarono Giggica con 10 tonn. di dirompenti. L' incu rsione fu ripetuta l'indomani da 3 Ca 111 ed il 25 la cittì1 fu nuovamente attaccata da 6 Ca 133, 13 Cal 11 e da tutti i Ro37bis della I08° Sq. i quali, nonostante una certa reazione comraerea, si abbassarono anche a sparare 4130 colpi di mitragliatrice dopo aver lanciato le loro bombe da 12 kg. Ali' azione aveva panecipato. a.Ila testa dei suoi reparti, il comandante dell'Aeronautica della Somalia gcn. Ranza (Ali. 210). ll 29 marzo arrivò la volta di Harrar. Osteggiati da una vivace reazione contraerea, 29 Ca l 11 e 8 Ro37bis colpirono il Ghebì imperiale con i relativi depositi, la stazione radio, le caserme ed i vari i magazzini cui erano destinati i 1360 spezzoni incendim·ii che costituivano un decimo del carico esplosivo. Agli equipaggi erano state consegnate fotografie della cittì1, con accuratamente segnati l'ospedale svedese, il consolato inglese ed il lebbrosario, con precise istruzioni di non colpirli. I Ro37bis erano stati aggiunti alla forma;:ione anche per mitragliare veli vo li etiopici eventualmente presenti sul campo d'aviazione della città (Pedriali F., op. cit., pag. 121). Particolari ci rca l' incursione su Barrar costituivano l'oggetto di un telegramma inviato da Graziani il 30 marzo a Less(ma ed a Badoglio, riportato in Ali. 21 1.
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l'offensiva aerea di fine marzo non sembrava sufficiente a contenere le sollecitazioni da parte tanto di Badoglio quanto d ello stesso Mussolini (All.208), e pertanto Graziani il secondo giorno di aprile comunicava di essere pronto a muovere, salvo imprevisti, per il I 5 dello stesso mese (338) . 2 - L'APPRONTAMENTO
I tennini essenziali del problema, g ià impostati ed elaborati, come si è visto, fin dal mese di novembre, vennero ulteriormente precisati dal comandante delle FF.AA. Somalia in una riunione tenuta a Mogadiscio il 2 marzo alla quale intervennero i comandanti destinati all' operazione e gli organi del comando e dei servizi. TI giorno dopo le disposizioni venivano concretate in una "Memoria segreta operativa per l'azione su Harrar n° 609 Op" (All.209). il concetto di fondo prevedeva come obiettivo l' isolamento e la distruzione dell'annata cli Nasibù con conseguente occupazione di Giggica ed Harrar, avendo quale direttrice generale del movimento quella del Faf (339). Condizione essenziale per la riuscita dell 'operazione era l'intem1zione della ferrovia di Addis Abeba per impedire l' affiusso ad Harrar di rinforzi dalla capitale, e tale compito sarebbe stato demandato alla componente aerea (340). L' avanzata, dalle basi di partenza di Danan, Gabreclarre e Uarcler, doveva avvenire su tre colonne lungo le direttrici: a) Danan-Segag-Dagamedò-Dagahbur o Farso (km. 280); b) Gorrahei-Gabredan·e-Sassabaneh-Dagahbur (km. 2 I 3); e) Uarder-Ado-Curati-Bullaleh-Dagahbur (km. 260).
338 "La guerra italo-etiopica. Fronte Sud ... voi. IV, all.414, pag. l 16, 1ele 759 del 2.4.1936. da Comando FF.AA. Somalia a Mi nisiro Co lonie, lf.10 Graziani. 339 A Giggica facevano capo le carovan ie re di Zeila e d i Be rbera, che alimentavano con il loro incessante traffico i 3/4 de lla resistenza etiopic a. Come dichi arato dal mini stro inglese de lle colonie, dall' inizio delle sanzioni erano passati da Berbera, direui in Eliopia, 14.000 fucili con 14.500.000 cartucce, 1020 mitragliatrici. 8 mitragliere a.a. con 20.000 colpi. 36 cannoni a.e. con 17.000 proieltili e 13.000 gran;:ue (Cabiati A .. '·La conquis1a dell"l mpero". Milano, Sonzogno. 1936, pag. 135). Harrar era l' cpicen1ro di un campo trincerato che comprendeva le opere del triangolo Harrar-Giggica-Dire Daua, trasformato in vasta piazza d' armi d i raccolta e di manovra. proietto sulla fronte da lle opere avanzale del sistema fort ificato che aveva per centro Sassabaneh e che si estendeva a Dagamedò, Hamanlei, Bullalch e Dagahbur. Tutte le opere emno scavate in roccia e profondamente interrale. Ulilizzando abi lmenie gli ostacoli natural i. cd erano protellc da pit• ord in i di reticolati. 340 L'Aeronautica de lla Somalia, nel maggio del 1936. e ra così cos1i1u ita: 7° Stormo: XXV Gruppo A.O.: Ca lOlbis: 8° Sq.: 2 scz. Mogadiscio- l scz. Go1rnhei -9° Sq.: 2 sez. Mogadiscio; XXXI Gruppo A.O.: Ca 111: 65° Sq. 3 scz. Belet Ucn, Mogadiscio - 66° Sq. 3 scz. Lugh Ferrandi , Mogadiscio: XLV Gruppo A.O.: Ca 133 2° Sq. Mogad iscio (i n organ izzai.ione) - 22° Sq . Mogad iscio (in organiu azionc); Gr. Autonom. C.T. e R.T.: Sq.Ro. I Somala: I scz. Lugh Ferrandi; I sez. Gorrahei: I se1.. Mogadiscio; I scz. Neghelli - 107° Sq. CR. 20: I se,.. Gorrahei; 3 sel. Mogadiscio - 108° Sq. Ro.37: 2 sez. Lugh Fcrrandi; I ,ez Mogad iscio: Sq.S .M. Ca. IOI E - Mogad iscio; Ca. IO I Bis Mogadisc in: Ba.39 Mogadiscio; 1.la.39 Lugh rerrandi ; Apparecchi privati: Ba.39 " I-MASS" Mogadiscio: Fairchild "I-PAR I.. Mogadiscio; Totale apparecchi efficienti: 69.
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La campagna italo-etiopica, 1935-1936 Schizzo n_74 - Le direttrici per la progressione verso Giggica ed Harrar
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Da: Archivio personale dell'autore.
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Elementi di riserva autocarnti avrebbero eventualmente concorso con l'intento di serrare le forze nemiche verso il confine del Somaliland una volta che questa regione fosse stata isolata da Addis Abeba. Il concetto d i manovra rappresentato nello studio, sottoposto alla valutazione del Sottocapo di Stato Maggiore, era stato giudicato logico e redditizio, anche se il gen. Pariani formulava qualche riserva circa alcuni aspetti, e precisamente: " a) - è però basato su una situazione del nemico... a distanza di tempo: il progetto porta infatti la data del 3 marzo u.s., la situazione sarà quindi di febbraio, l'azione avrà luogo in aprile. b) - ,nette conte "condizione essenziale" il bombardamento della ferrovia Dire Daua- Addis Abeba, mentre sembra vi siano forti d(ffi.coltà di carattere internazionale che vi si oppongano. c) - non considera le piogge carne elemento di arresto, mentre altre informazioni le darebbero come ostacolo insormontabile. Ma su questo argomento S.E. Graziani ha la pratica dei luoghi, che lo rende il miglior giudice in proposito. cl) - infine non sembra tener molto conto della orrtanizwzione difensiva nemica, inquantochè rinvia all'ultimo momento la relativa ricognizione. Ma anche a ciò non occorre dare eccessiva importanza perché, se il nemico si è immobilizzato nelle trincee, viene a trovarsi nelle migliori condizioni per essere sopraffatto dai mezzi di S.E. Graziani". Paiiani poi esponeva il proprio orientamento operativo in base al quale, e dopo aver premesso che la mancata conoscenza del terreno rendeva questa sua alternativa puramente teorica, avrebbe privilegiato le due direttrici di Ghigner ed Barrar per gettarsi su quella che sembrava opporre resistenza minore in quanto, se la minaccia su Barrar era ce1tamente redditizia, ancor più lo sarebbe stata quella su Mingiar-Addis Abeba, specie in concomitanza con l'azione da Nord (34 1). Per l'azione sarebbero state impegnate 3 GG.UU. , la Div. Libia in prima schiera, integrata da altri repa1ti a livello di grossi raggruppamenti tattici tra i quali due unità speciali di RR.CC. organizzate in bande autocam1te (342), e le Divisioni Il Comando aeronau tica della Somalia dava inizio alla dislocazione delle unità aeree nel settore Scebeli, trasferendo dapprima a .Belet Uen una sezione da bombardamento e successivamente a Gorrahci tutto il 7° Stormo B.T. ed un Gruppo da ricognizione. Con queste unità, che al momento opportuno sarebbero state rinforzale da aliquote sottratte ai due nuclei di Lugh e di Neghelli, la R.A. doveva svolgere, a cominciare dal 20 marzo, le azion i aeree preparatorie delle operazioni per le quali vigevano le di reUive emanate personalmente da Mussolini circa il div ieto di bombardare Addis Abeba, Dire Daua e la ferrovia . mentre la massima libertà d' azione era lasciata per quanto riguardava Giggica, Ha1rnr e tutto il territorio a Sud di tale allineamento. Dai primi del mese di aprile, la R.A. ricevette l'ordi ne di dedicare la propria attività soprattullo ad obiellivi di carattere tattico, anche se il giorno 8 sarebbero stati eseguiti bombardamenti con iprite in varie 7.one del rronte (A II. 212). 34 1 AUSSME, Dl-114/5, prot. 264 Ris. P-ers. del 23.3.1936, promemori a per Souosegretario Guerra, f.to Pariani. 342 I due reparti speciali del!' Anna,ciascuno comprendente 500 carabinieri volontari, erano stati configurati in 4 '·bande" aur.ocan·ate con una cinquamina di Fiat 618 ed una decina di autocarri pesanti. La loro assegnazione al Comando FF.AA. Somalia era stata disposta da Baist.rocchi il 4 febbraio e già alla fine ciel mese i reparti si apprestavano a partire (AUSSME, D2-5, tele 27809 del 6.2.36 e 28768 del 16.2.36, da Ministero Guerra-Gabinetto a Comando FF./\/\. Somalia f.to Baistrocchi, riportati in Ali.ti 2 13 e 2 14, men tre nell' All.2 15 è riprodotto un promemoria del Comando Generale dcli' Anna in data 18. L.36 esponente le linee di massima del progetto.
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Tevere e Peloritana in seconda schiera. Le prime sarebbero avanzate dalle predette basi di partenza su tre colonne (sinistra, centro e destra) per un complesso di circa 20.000 uomini, mentre le seconde, ammontanti anch'esse a 15-20.000 elementi, avrebbero costituito una riserva autocarrata a disposizione del Comando FF.AA. Il problema logistico rappresentava l' aspetto principale dell'intera attività di predisposizione organizzativa. Nel determinare l'epoca approssimativa del1' operazione, Graziani aveva calcolato di valersi del fattore piogge quale componente favorevole ai fini della sorpresa, poiché era noto che gli etiopici escludevano ogni possibilità operativa in grande stile da parte nostra in quel periodo sfavorevole. Ma se ciò rappresentava un elemento positivo dal punto di vista della soqJresa, il suo peso nel campo della preparazione e dello svolgimento delle operazioni era decisamente avverso. Ciò comportava il dover tenere nel debito conto il problema della percorribilità delle vie di comunicazione, che nello scacchiere somalo era reso più arduo dalla natura del terreno, caratterizzato dalla presenza cli una polvere rossa, impalpabile, che si tramutava facilmente in fango ad ogni minimo acquazzone e sul quale gli automezzi si impantanavano inesorabilmente. Nel documento si metteva in rilievo come per effettuare l'operazione su Harrar nel periodo delle piogge fosse pertanto indispensabile assicurare il transito ininterrotto delle autocolonne sulla strada da Mogadiscio a Gorrahei, e quindi si rendeva necessario far eseguire imponenti lavori riguardanti la costruzione o la sistemazione di quasi 280 km. da Ferfer a Gorrahei e la costruzione di 9 ponti dei quali 3 di lunghezza superiore ai 65 mt. La necessità della preventiva sistemazione della strada da Ferfer a Gorrahei i fini della marcia su Harrar era stata rilevata al momento cieli' occupazione di quest' ultima località, ed al momento l'Ufficio Strade del Genio Militare aveva allestito 8 centri dall'Uadi Ferfer a Scillave per l'apertura di una nuova rotabile ad Est di quella già esistente. Verso la metà cli marzo, lo sforzo compiuto sino allora sarebbe stato ulteriormente intensificato. L'attraversamento di frequenti guadi, la necessità di costruire deviazioni in massicciata per interi chilometri, là dove il fondo sabbioso si opponeva al consolidamento, e di rafforzare con pietrame quasi tutto il rimanente percorso, moltiplicavano infatti l'entità dei lavori. Sarebbero stati gettati 21 ponti in muratura od in ferro e legno o su palafitte per una lunghezza complessiva di 540 rnt., allestiti altri centri idrici, nuove cave di pietra con frantoi, macchinari, ecc. Nella seconda quindicina di marzo erano preposte agli apprestamenti logistici 7000 persone fra militari e civili. 11 problema della percorribilità delle vie di comunicazione era connesso a quello della disponibilità dei mezzi di trasporto, che alla data cli compilazione della memoria operativa ammontavano a 2194 autocarri ordinad dei quali però 1543 risultavano facenti parte sia dell'aliquota organica del le varie unità, sia assegnati sine die al Genio per i lavori stradali ed alle basi costiere e cieli' interno, per cui il numero a disposizione della Delegazione Intendenza del Comando FF.AA. Somalia era di soli 651 autocarri, ai quali se ne potevano aggiungere altri 260 attraverso forniture e requisizioni che avrebbero portalo il numero a 911, suscettibile peraltro di un incremento dovuto agli autocarri segnalati in partenza dall'Italia il 25 febbraio tale da stabilizzare il totale a 1565. La dispon ibilità degli
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automezzi speciali era calcolata a 158, mentre per i trattori caterpillar ed i rimorchi il numero indicato era rispettivamente di J20 e 226. Nessuna preoccupazione di rilievo derivava dalla situazione degli approvvigionamenti id1ici che, del tutto carenti all' arrivo di Graziani in Somalia (le uniche risorse erano quelle offe1te dai fiumi e dai pozzi di tipo indigeno), erano stati da questi sviluppati tenendo sempre conto della principale azione offensiva diretta su Harrar. Erano stati pertanto costruiti 30 impianti fissi di distribuzione lungo la strada eia Afgot a Mustahil, ed in particolare lungo la rotabile operativa fino a Ferfer erano stati allestiti pozzi, azionati distillatori e costituiti depositi largamente sufficienti per il .rifornimento cli GG.UU. nazionali. Nelle ultima settimane era stato risolto anche l'approvvigionamento idrico lungo il tormentato percorso eia Ferfer a Gorrahei, sabbioso e bruciato dal sole, per le migliaia cli soldati ed operai addetti ai lavori stradali a favore dei quali erano stati scavati pozzi e relativi impianti cli estrazione dell'acqua. In complesso, vennero messi in funzione 5 reparti cli sezioni cli sanità, 12 ospedali eia campo dei quali 3 attrezzati a centri chirurgici, una sezione sussistenza e tre nuclei di sezione, 11 forni Weiss oltre i panifici delle basi. Furono avviati alle basi stesse 10 milioni di cartucce, 150.000 bombe e 31.000 colpi di artiglieria per un totale di 630 tonn., 33.000 attrezzi da lavoro e circa 7000 tonn. cli materiali del Genio (eia difesa, da costruzione, idrici, per il passaggio dei corsi d' acqua, ecc.). Il solo trasporto delle vettovaglie cli primo rifornimento (colonne operanti e dotazioni alle basi) ammontò a l 650 tonn., alle quali anelavano aggiunte altre 140 tonn. di vettovaglie pari a circa 180.000 razioni per nazionali e indigeni, che furono tenute permanentemente cariche a Gorrahei su un treno caterpillar di secondo rifornimento. Alle u-e colonne operative furono assegnati complessivamente 1500 autocarri (500 per ciascuna) per l'autotrasporto cli truppe e per lo scaglione di rifornimento autocarrato, e 47 trattori caterpillar con 95 rimorchi per lo scaglione costituente dotazione mobile intangibile. L'approntamento logistico riguardava, ancor prima delle esigenze belliche ad avanzata in corso, anche gli aspetti relativi al concentramento delle forze, tenendo conto che soltanto una metà della massa di circa 35.000 uomini destinati ad operare era già in posto. I rimanenti dovevano affluire da tutto il territorio della colonia, da distanze cioè di centinaia di chilometri, bisognava organizzare i loro movimenti, curarne il vettovagliamento in marcia, dotarli di mezzi e servizi autocarrati, assicurarne la vita ed i rifornimenti nelle zone di radunata durante l'attesa dell' avanzata. Occorreva inoltre dare a questo complesso in movimento, che operava a 1000 km. dalla costa, la capacità di vita e di penetrazione per altri 500 km. in un tenitorio privo cli ogni risorsa e dove il nenùco era ancora convenientemente organizzato, mettendo in bilancio temporanee soste e tempi di ritardo a seguito di notevoli avversità atmosfe1iche o per la reazione dell' avversario. Bisognava infine che consistenti aliquote di questa massa potessero permanere nel territorio appena lo avessero conquistato, pronte ad intervenire subitamente a largo raggio per le necessarie operazioni di rastrellamento e bonifica del territorio, senza che queste attività fossero subordinate almeno per qualche settimana ai rifornimenti eia tergo. Fra la metà e la fine di marzo, con l'affluenza ormai completata della Div. Libia e di altre unità minori, le forze armate della colonia assommavano a
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102.409 uomini, dei quali 60.576 nazionali e 41.833 indigeni, con un complesso di 90.000 tra fucili e pistole, 1600 mitragliatrici fra pesanti e leggere ed oltre 200 pezzi d'artiglieria, con un centinaio fra carri d' assalto ed autoblindo, 5000 autocarri fra ordinari e speciali e 89 velivoli dei quali una sessantina concentrati a Gorrahei (343 ) . Erano state disposte anche alcune modifiche ordinative: i reggimenti di fanteria della Peloritana, ad esempio, costituiti per necessità di carattere essenzialmente difensivo, vennero modificati trasfom1ando il terzo btg.ne mitraglieri in modo da includervi anche repa1ti fuci lieri, e le unità carriste, accresciutesi di recente per l'affluenza di altre due compagnie, vennero ordinate in due gruppi ciascuno dei quali su tre compagnie ed una squadriglia autoblindo. Fu anche rinforzato il caposaldo di Danan con un intero gruppo bande ciel raggruppamento Bertello e con la banda di Olol Dinle; vennero fatte affluire a Uarder le prime bande della Migiurtinia, costituendo presso una di esse una batte,ia ed una compagnia mitraglieri cli formazione con i materiali già adibiti alla difesa fissa; furono inoltre inviati a Mustahil ed a Gorrahei rispettivamente un gruppo obici eia 100/J.7 per la colonna cli sinistra e per quella centrale, e venne anche costituito un comando di raggruppamento tattico da affidarsi al console generale Franco Navarra Viggiani in arrivo dall'Italia. Nella seconda decade cli marzo il Comando FF.AA. Somalia dispose che, in relazione alla nuova dislocazione assunta da alcune de lle unità dipendenti ed agli altri movimenti già stabiliti, il territorio operativo fosse ripartito in base ad una nuova sistemazione rispetto a quella già adottata circa un mese prima. Tale nuova formulazione prevedeva un Comando Somalia Occidentale (gen. Carlo Geloso) con sede a Baidoa, comprendente un Settore Giuba (gen. Annibale Bergonzoli) con sede a let ed un Settore Scebeli (col. Martini), un Comando Somalia Orientale alle dirette dipendenze cli Graziani e con due sottosettori a Danan (gen. Nasi) ed a Uarcler (luogotenente generale Agostini), includente il territorio dalla valle dello Scebeli (esclusa) al confine del Somalilancl, ed un Comando della Zona extraterritoriale Mustahi l-Ferfer-Belet Uen-Bulo Burti agli ordinj del comandante della Div. Peloritana (Ali. 217). 3 - lL DISPOSITJVO
MILITARE ETIOPICO
Dopo la caduta di Gorrahei e di Gabrecla1Te nel novembre 1935 gli etiopici avevano abbandonato tutto il basso Ogaden per ripiegare sui campi trincerati di Dagahbur e Giggica, convinti che Graziani non avrebbe interrotto la sua offensiva. Successivamente, invece, dovevano constatare con meraviglia che gli italiani 343 I dati sono tratti da l promemoria "Situazione approssimati va dei movimenti delle forze .in A.O. alla daw de l 1°.4 .1 936", prot. '16662 del 31.3.36, da Ministero Guerra, Comando del Corpo di S.M.-Uff. Colonie a Sottosegretario di Stato Guerra, f.to il Sottocapo S.M. Pari ani (AUSSM E, D 1113/1), e dal telegramma 19033 de l !0 .4.36 da Comando FF.AA. Somalia a M inistero Colon ie e Comando Superiore A.O., f. 10 Graziani ("La guerra italo-etiopica. Fronte Sud", voi. IV, ali. 4 12 , pagg. 112- 113, riportato in All.2 I 6). Nel primo dei due documenti s i riscon tra una differenza nel totale de l personale corrispondente a + 4976. Lo stesso promemoria riporta anche le c ifre re lative agli organici delle forze presenti alla stessa data negli altri scacchieri oltre mare, e precisamente: Eritrea 32 1.702, Libia 59.084, Egeo 6036.
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stavano rafforzandosi sulla linea Danan-Gabredarre-Uarder senza manifestare propositi di estendere la loro occupazione. Questa tregua, che si protraeva dal dicembre 1935 all' aprile 1936, aveva consentito a ras Nasibù non soltanto di perfezionare i due sistemi difensivi di Harrar-Harehò-Giggica e Dagamedò-Dagahbur ma di assumere anche qualche iniziativa. A decorrere dalla fine cli dicembre, infatti, rioccupavano gran parte dell'Ogaden, spingendo le avanguardie fino a Bircut, Hamanlei e Gunu Gadu. Ciò gli era consentito, oltre che dall'inattività italiana, dall'aver ricevuto notevoli rinforzi, circa 18.000 uomini dalle regioni viciniori un terzo dei quali proveniente dai contingenti regionali dell'Ilu e cieli' Abba Dor capeggiate dal degiac Maconnen Endelaccioù, la cui validità era data, oltre che dalla consistenza numerica, anche dal fatto che erano dotati di un ragguardevole complesso di armi automatiche. Una sintesi della situazione etiopica tra la fine di febbraio ed i primi giorni di marzo esposta da Graziani a Lessona e Badog lio è riportata nell' All. 218. Dopo la sconfitta di ras Destà nel Borana, Nasibù era stato invitato dall'imperatore ad intensificare la propria attività nell'Ogaden per impedire che Graziani, sfruttando il successo della battaglia del Canale Doria, puntasse su Addis Abeba per la via di Irgalém. Nasibù aveva spinto perciò ancora più a Sud le sue avanguardie occupando Ducun, Maleico, Dane e fortificandovisi, attivando poi piccoli nuclei di guerriglieri in incursioni contro il dispositivo di difesa italiano per saggiarne la consistenza. Uno di questi nuclei aveva attaccato all'alba del 10 febbraio il posto avanzato di Curati,sito a circa 70 km. da Gabredarre con compiti di osservazione verso Gunu Gadu e Bullaleh dove erano stati segnalati armati etiopici adibiti a lavori difensivi, annientandone il presidio composto da 60 dubat. L'episodio aveva suscitato la riprovazione di Graziani, che già in precedenza aveva espresso perplessità circa l'insediamento nella località e che ribadiva ora come i posti osservazione dovessero essere numericamente poco consistenti, non dovessero impegnarsi in combattimenti difensivi contro forze superiori ma limitarsi a proiettare piccole pattuglie a larghissimo raggio per poter essere informati e non colti di sorpresa. L'.azione di Curati, di per sé stessa cli scarsa rilevanza, era invece importante perché costituiva il modello di quell'attività di gueniglia che, agli occhi dei consiglieri militari europei di Nasibù, rappresentava la forma primaria di attività bellica da condurre contro gli italiani. Secondo il generale turco Mehmed Wehib, meglio noto come Wehib Pascià, competente esperto militare con alle spalle le esperienze belliche della guerra italo-turca del 1911, dei Dardanelli nel 1915 e delle lotte al fianco di Kemal Ataturk ed ora primo consigliere di Nasibù con fun zioni di capo di uno stato maggiore composto cli ufficiali belgi e turchi, il piano ideato dal ras per la seconda fase della sua iniziativa offensiva che prevedeva l' attacco in forze su Danan e la rioccupazione di Gorrahei era troppo ambizioso, e non avrebbe portato che ad un totale fallimento poiché allungava le linee di rifornimento etiopiche. Ma Nasibù, troppo o rgoglioso per accettare i suggerimenti dei suoi consiglie1i militari, proseguiva nella preparazione dell'offensiva ed ai primi di marzo inoltrava a Sud anche i contingenti dei degiac Abebé Damtéu, fratello cli ras Destà, e Maconnen Endelaccioù, ammassando così, quasi a ridosso delle linee italiane, 20.000 uomini, cioè i 2/3 di tutte le forze a sua disposizione valuta-
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bili infatti intorno ai 30.000 armati. Egli persisteva nei suoi propositi anche quando, nella seconda metà di marzo, tutta I' Aeronautica della Somalia aveva iniziato la propria offensiva attraverso la quale, per la sua estensione e rilevanza, Nasibù avrebbe dovuto comprendere che Graziani era ormai in procinto di attaccare. Egli comunque sperava di poterne prevenire le mosse e di attaccarlo mentre si trovava ancora nella fase delicata della preparazione. L' 8 aprile Abebé Damtéu e Maconnen Endelaccioù, proseguendo nella loro marcia verso Danan, giungevano a Gianagobò, località sull'Uadi Korràk, disponendo di circa 7000 uomini ben armati; un complesso consistente che, se lanciato immediatamente su Danan dove la Div. Libia non aveva ancora completato il proprio concentramento, avrebbe potuto mettere in diffico ltà Graziani e, se proprio non far fallire la sua offensiva, sicuramente provocarne un ritardo. Ma gli etiopici indugiavano a fortificarsi a Gianagobò, e quando decidevano cli riprendere l'avanzata era ormai troppo tardi perché la Libia stava venendo loro incontro. L'allegato n°1 alla menzionata "Memoria segreta operativa per l'azione su Harrar" riguardava proprio la situazione militare etiopica nel settore Ogaclen alla data del 1° marzo 1936, e da esso l'armata di quel settore risultava costituita dai contingenti regionali dell'HaJTarghié (degiac Nasibù Zamanuel), di Cullò (degiac Apte Micael), di Baco, Gofa, Conso e Guardullà (degiac Abebé Damtéu), degli Arussi (degiac Amedé Micael, più noto come Amdié), di llu ed Abba Borro (degiac Maconnen Endelaccioù) e degli irregolari somali (Omar Samantar e Atò Alì Nur). A differenza degli altri contingenti, quello dell'Harrarghié comprendeva alcuni reparti regolari - 2 btg.ni di fanteria, 2 compagnie mitragliatrici, 2 batterie di lanciabombe Stokes-Brandt, 2 squadroni di cavalleria, 1 compagnia meharisti ed 1 squadriglia automitragliatiici - formati presso i centri di addestramento di 1-Iarrar e Giggica coordinati e diretti dal maggiore belga Dotheé. Lo schieramento delle forze etiopiche era articolato su due linee distanti fra loro circa 170 km. delle quali la prima, più robusta, comprendente circa 18.000 armati, lungo la camionabile Dagahbur-Dagamedò, con grossi cunei spinti verso 1-Iamanlei nella valle del Faf e verso Ducun e Maleico sulla direttrice di Danan, e la seconda, costituita da I 2.000 uomini, nella zona di Giggica, con prevalenza di truppe sulle alture immediatamente ad Ovest dell'abitato che sbarravano la pista camionabile Giggica-Harrar. Fra le due linee erano dislocati 2000 armati, scaglionati lungo la camionabile Dagahbur-Giggica con il compito cli provvedere alla sicurezza della linea di tappa, dal che si potava dedurre come fra le due linee non dovesse esservi alcuna interdipendenza. Tre massicci sbarramenti con appostamenti in caverna e camminamenti e fortemente presidiati a Gianagobò sull'uadi Korrak, ad Hamanlei (Birgot e Dane) alla confluenza del Fafan e Giarer ed a Gunu Gadu, anch'esso sul Giarer, costituivano le posizioni avanzate destinate a spezzare l' urto delle colonne italiane. ln sostanza, un dispositivo difensivo arricchito da vari accorgimenti tecnici e quindi di tutto rispetto, al quale non sembrava eccessiva, pur nel dovuto rispetto delle proporzioni, la definizione attribuitagli da Wehib Pascià di "deuxième Verdun" nonché di "linea Hindenburg". Per quanto riguardava l'armamento le forze etiopiche dell'Ogaden, oltre a fucili quasi tutti di tipo moderno di fabbricazione tedesca e belga, risultavano dotate di circa 300 mitragliatrici leggere (in prevalenza si trattava di fucil i mitragliatori) e 200
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pesanti, di 45 cannoni di vario tipo compresi gli Oerlikon e di una decina di autocarri a1mati con mitragliatrici. 4 - LE OPERAZIONI
Dopo alcuni solleciti di Mussolini ed anche di Badoglio perché l'inizio dell'offensiva fosse anticipato al giorno 3 aprile, richiesta per la quale Graziani era sembrato inizialmente possibilista ma alla quale aveva poi dovuto opporre un diniego dato il sopraggiungere di piogge torrenziali (344 ), il 7 vennero emananti gli ordini di operazioni attraverso due documenti dei quali il primo riguardante quelle vere e proprie (Ali. 219) ed il secondo l'organizzazione e il funzionamento dei servizi. Le truppe di prima schiera, di massima non autocarrate erano ripartite su tre colonne: - colonna di sinistra (gen. Nasi), costituita dal Ragg.to Celere Navarra (Il e IV Gruppo bande e le bande irregolari di Olol Dinle e di Hussein Ailé) e dalla Div. Libia rinforzata da due compagnie catTi armati, un gruppo artiglieria e unità chimiche, del genio e delle varie specialità. Da Danan doveva muovere lungo le due direttrici Maleico- Segag-Dagamedò e Birkut-Ducun- Segag-Dagamedò; - colonna centrale (gen. Frusci), costituita da 1°e 2° Ragg.to Arabo-Somalo per un totale di 7 btg.ni indigeni, due compagnie carri armati e aliquote autoblindo, II e IV Gruppo bande, tre gruppi di artiglieria ed unità del genio, chimiche, lanciafiamme. Da Gabredarre doveva agire lungo la direttrice Uarandab-Hamanlei-Sassabaneh-Dagahbur; - colonna cli destra (luog. ten. gen. Agostini), costituita dalle 4 bande CC.RR., dalla Coorte Milizia forestale, da 4 bande operanti della Migiurtinia più unità minori, operante lungo la dirett1ice Uarder-Ado-Curati-Gunu Gadu-Bullaleh. La costituzione organica iniziale delle tre colonne sarebbe stata comunque più volte modificata per esigenze operative, durante le varie fasi della manovra. Le truppe in seconda schiera comprendevano aliquote della Tevere e della Peloritana, di entità diversa a seconda delle possibilità consentite dall'autocarramento, e dovevano costituire riserva del Comando FF.AA. per agire in un secondo tempo, non appena le forze nemiche fossero state tagliate fuori da Addis Abeba, in modo da serrarle entro il confine del Somaliland. Fino all'altezza di Dagahbur il te1,-eno era quello consueto di boscaglia, arido, coperto, a piano inclinato, intersecato dal corso degli affluenti dello Scebeli, dal Tugh Fafan e dai modesti rilievi collinosi ad andamento me1idiano che fanno da quinte fra i suddetti torrenti. Dal parallelo di Dagahbur a quello di Giggica-Harrar 34'1 In particol,ire, fra i collaboratori di Graziani che si erano pronunciati per l'impossibilità di un anticipo dell'offensiva a causa dei non pochi problemi logistici ancora in via di riso luzione, il più categorico era stato il gen. Nasi, comandan te della Div. Libia. Questi, nel rappresentare le difficoltà già emerse durante il percorso fino allora effettuato dalla propria G.U. da Brava verso la wna d'i mpiego e quelle che con tutta probabilità si sarebbero verificate nella seconda parte del trasferimento in direzione di Danan, concl udeva con il prendere in esame proprio l'aspello rnetereologico che, con le piogge al luvionali e la conseguente impraticabilità del terreno, avrebbe certamente pregiudicato l' impiego dei mezzi tecnici al punto tale da richiedere la sospensione dell'intera operazione ("La gue1Ta italo-etiopica. Fronte Sud", vo i. Il, ali. 41 7, pagg. 122- 124).
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Schizzo n. 75 - L'offensiva di Graziani nell'Ogaclen
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la boscaglia lasciava il posto a zone prative più es1ese, e gli stessi rilievi costilUivano un unico tavolato di moderata pendenza, inciso da vallale più ampie ma sempre poco profonde. A Nord del parallelo Giggica-Harrar il terreno acquistava le forme di zona montuosa con rilievi elevati e vallate profonde dove allignava la vegetazione di alto fusto . Nel complesso, nessuna particolare accidentalità poteva intercettare il movimento fino quasi all' altezza di Giggica, ma la percorribi lità delle piste era vincolata dalle condizioni del fondo e d alla presenza di frequenti uadi trasversali che durante le piogge diventavano un serio ostacolo al transito . Secondo il concetto operativo di base, le tre colonne avrebbero dovuto aprirsi la strada superando le resistenze organizzate dal nemico lungo le tre diretu"ici d' avanzata e convergere poi sul campo trincerato di Dagahbur da tre lati per attaccarlo simultaneamente. li primo sbalzo fino a Dagahbur, di circa 250 km., avrebbe dovuto essere affrontato per successivi attestamenti, e precisamente Bircut-Maleico-Uarandab-Curati, Ducun-Piano Sibi-Hamanlei-Gunu Gadu e Dagamedò-Sassabaneh-Bullaleh. ln relazione alle notizie che sarebbero pervenute sull'efficienza delle difese di Giggica e sull'atteggiamento che avrebbero assunto gli etiopici Graziani si riservava, una volta presa Dagahbur, di compiere sollecitamente il successivo sbalzo fino al parallelo Harrar-Giggica ( 170 km.) facendo uso delle due direttrici Dagamedò-Hareo e Dagahbur-Giggica, ovvero di confluire in forze su Giggica, prenderne possesso ed infine da lì dirigersi su Harrar sulle due camionabili di Hareo e di Fiabiro, previo accertamento in merito alla viabilità della prima di queste piste la cui percorribi lità con autocarri risultava al momento piuttosto incerta. l reparti potevano fruire di una buo na autono mia fra le dotazioni organiche e quelle dello scaglione autocarrato, tutto su autocarri Fiat 634; o ltre a questo, ve ne era un secondo su caterpillar che trasportava altre numerose dotazioni. Era stabilito che i consumi dovessero essere reintegrati alla base con prelevamenti dallo scaglione autocarrato mentre le dotazioni su caterpi llar dovevano essere mantenute intatte. In questo modo le unità si sarebbero mosse avendo al seguito in ogni momento 20-25 razioni di viveri e foraggi, 3-4 e persino 6 razioni d'acqua, 5 unità di fuoco per armi portatili e 2 per le artiglierie nonché 600 km. d i autonomia per ciascun autome7.zo. Alla base era prevista la rimanenza di 30 razion i viveri, 2 unità d i fu oco per armi p ortati li cd artiglierie ed altri 700 km. di autonomia. Ogni colonna disponeva in proprio di 1-2 plotoni idrici , mentre un'intera compagnia era a disposizione del comando de l Genio per le necessità che si sarebbero venute a determinare nel corso dell'avanzata. il giorno successivo all'emanazio ne degli ordini di operazio ni, 8 aprile, al Comando FF.AA. pervenne la notizia c he i contingenti dei dcgiac Maconnen ed Abebé Damtéu, già segna lati in movimento verso Sud nel settore di Danan, avevano raggi unto Gianagobò sull' uadi Ko rrak, a soli 50 km. da Danan. 11 pro!ilarsi di questa minaccia si era andato sviluppando g ià un mese prima, su iniziativa del Negus che aveva sollecitato Nasibù a ·'fare qualcosa nell'Ogaden" . Gli armati etiopici si e rano quindi approssim ati al nostro schieramento dopo aver percorso quasi 400 km. in condizioni logistiche decisamente precarie. Questo contegno nemico contrastava con le informazioni pervenute dal Comando Superiore A.O. la cui valutazione era orientata a ritenere non improbabile che Nasibù ripiegasse
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per coprire la capitale. Ad ogni modo la circostanza avrebbe potuto rivolgersi a nostro favore se opportunamente sfruttata ed in tal senso, tenendo conto che a causa del maltempo l'attestamento della Div. Libia non si era ancora completato, Graziani ordinava al gen. Frusci di tenersi pronto a rinforzare Danan con elementi autocarrati in caso di attacco nemico ed al gen. Nasi di studiare urgentemente un piano d ' attacco con base di partenza Danan che prescindesse dal piano generale delle operazioni, troppo influenzabile dalle condizioni metereologiche, tale da conseguire un successo iniziale e bloccare il nenùco a così ampia distanza dalla propria base ed avendo alle spalle popolazioni angariate che al primo cenno di disfatta sarebbero diventate altrettanti nemici (Ali. 220). Si giunse così, dopo che nei giorni successivi i comandanti delle colonne avrebbero impartito gli ordini cli ,ispettiva competenza, alla vigilia dell'offensiva. Proprio il 14 Mussolini inviò a Graziani un messaggio che, nella sua concisione e perentorietà, non poteva certamente giungere gradito per il tono ultimativo che lo caratterizzava. Dopo avergli ricordato come sul fronte Nord le nostre avanguardie stessero per giungere a Dessié e come anche sul piano politico internazionale la situazione stesse accelerando il proprio ritmo, il testo si concludeva infatti così: "Caro Graziani, è necessario non indugiare più oltre. Attendo annuncio inizio marcia su Harrar". Nella risposta soffusa cli malinconia e deJusione, Graziani non perdeva occasione per far echeggiare ancora una volta quel risentimento per aver visto misconosciuto da 5 mesi il suo .iniziale concetto strategico ed al quale ora lo si sollecitava come se proprio lui ne fosse un esecutore recalcitrante e bisognoso di pungolo (Ali. 221). Il Duce, al quale lo stato d'animo del Comandante FF.AA. Somalia non poteva essere certamente sfuggito, gli avrebbe a sua volta inviato un messaggio il 18, quando già eia 3 giorni erano in corso i combattimenti che deponevano per un inizio a noi favorevole, riconfermandogli la propria fidu cia ed esortandolo a stare tranquillo, con animo sicuro per quanto concerneva i suoi sentimenti verso di lui (Ali. 222).
"Inizialo movimento dalla sinistra. Divisione li.bica Nasi muovendo da Da.nan stamane punta su Bircut. Centro Frusci pronto m.uovere at Gabredarre. Destra Agostini idem a.t Uarder. Avanzerò et articolerò varii elementi at seconda permetteranno condizioni piogge che conLinuano cadere violente ovunque. Non auendersi perciò ji,lminea avanzata". Questo, diretto il 14 aprile eia Graziani al Ministro delle Colonie ed al Comandante Superiore A.O., era il primo dei messaggi trasmessi durante questo che avrebbe costituito l'ultimo impegno bellico delle truppe ciel fronte Sud.
a) Gianagobò Il primo contatto con il nemico lo ebbe la colonna di sinistra, che sostenne uno scontro a fuoco verso le 9.30 del giorno 15 contro nuclei etiopici sulle rive dell'uadi Ko,i-ak, un ton ente pieno di caverne naturali in contropendenza e contornato da una fitta boscaglia. Dalle trincee e postazimù così ricavate gli armati cli Abebé Damtéu e di Maconnen colpirono con violento e preciso fuoco incrociato i soldati libici di Nasi e quelli somali di Navarra che avevano vanamente
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tentato di attraversare l'uadi ingrossato dalla pioggia che continuava a cadere incessante. Gli etiopici, come avrebbe poi riferito lo stesso gen. Nasi nella sua "Relazione sulle operazioni effettuate per l'occupazione cli Harrar (14.4-8.5 1936)" riportata interamente nell'Ali. 223, si battevano gagliardamente, dotati cli munizioni in abbondanza e sfruttando a l meglio, "in modo direi geniale" tutte le numerose asperità del ten-eno. Solo nel tardo pomeriggio alcuni elementi erano riusciti a guadare il corso d'acqua attestandosi sulla sponda opposta, ma la situazione non era cli fatto cambiata; la costituzione cli questa piccola testa cli ponte, infatti, sarebbe stata ben presto vanificata dalla reazione avversaria che respinse gli attaccanti cercando a sua volta di aggirare il fianco destro dello schieramento italiano con truppe fresche fatte affluire da Dabanach (345). Allo scopo di contrastare l'azione del nemico Nasi chiedeva al Comando FF.AA. il concorso di una colonna autocarrata che, indirizzata su Bircut, piombasse sul retro etiopico, lo costringesse a sgombrare dalle sue posizioni e gli sbarrasse anche la via della ritirata verso Nord. Venne pertanto rapidamente a llestito a Danan questo contingente, formato da due gruppi dubat, un btg. eritreo, una batteria eia 75/27 ed una sezione autoblindo, affidandone il comando al vicecomandante della Tevere luog. ten. gen. Vittorio Verné. Gli scontri continuarono asperrimi per tutta la giornata del 16 (Ali. 224) nel corso della quale comunque l'azione si sviluppò più intensamente su entrambe le al i del nostro schieramento: a sinistra il Ragg.to Navarra tentava ripetutamente di forzare il Korrak mentre a destra il II Btg. libico ed il 1° Rgt. Fanteria rinforzato dal VI Btg. libico, guadando anch'essi il Kon-ak in piena, avvolgevano il fianco sinistro nemico e riuscivano ad avere ragione della vivace reazione della difesa. Le truppe del Navarra continuavano invece a permanere in una situazione critica. I dubat, presi sotto violento fuoco incrociato, erano costretti a tornare sulle posizioni di partenza; a causa dell'energica reazione avversaria l'urto frontale, riecheggiante a tratti una vera e propria fisionomia cli guerra di trincea di isontina memoria, non approdava ad alcun risultato, per cui non restava che tentare il metodico sgretolamento delle posizioni nemiche continuando nel frattempo la manovra sul lato destro che sembrava procedere più agevolmente anche se non con la auspicata speditezza. Verso mezzogiorno, ad ogni modo, il 1° Rgt. era già pervenuto ad un paio di km. a Nord di Gianagobò. La notte sul 17 fu caratterizzata da continui allarmi cui fecero seguito intense azioni di fuoco di fucileria e mitragliatrici. Gli etiopici tentavano ripetutamente, dalle caverne di Gianagobò e da quelle antistanti il Ragg.to Navarra, di contrattaccare o, più verosimilmente, di cercare di uscire dal fondo dell'uadi Korrak per trovare scampo nella boscaglia fra Danan e Gianagobò. Ma alle 9 del giorno 17 tutta la Div. Libia era ri uscita a passare il torrente ed a concentrarsi sulla sua sponda sinistra, raggiunta un'ora dopo anche dal Ragg.to Navarra che, superata infine la resistenza nemica, lo aveva varcato iniziando a rastrellarne il corso. Alle 17 la Div. Libia entrava in Dabanach, dopo aver incontrato solo frammentarie opposizioni, mentre la colonna autoportata Vemé anziché puntare su Bircut come
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lVl icalctti R. , "'Nell'Ogaden con gli ascari libici". Senigallia, S.T.M.. 1938, pag. 87.
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LA SECONDA OffENSIVA DELL' OGADEN Siluulone delle colonne operanti olle ore 12 del 16 aprile 1936-XN.
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L'o.ff'e11siva nell'Ogaden e 11e/f 'Harrarghiè (14.IV-30. IV.1936)
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previsto in un primo momento, veniva indirizzata attraverso Maleico su Segag. Un consuntivo della situazione aggiornata alle ore 20 del 16, sotto forma di un messaggio di Graziani agli orgaiù superiori, è riportato ncll' All.225 mentre nel1' All. 226 il resoconto operativo stilato il 17 rappresenta una sintesi di quel giorno cruciale dando atto al gen. Nasi della sua efficace azione di comando che era definita "degna de l massimo encomio". Nel telcgrairuna si faceva anche cenno alle altre due colonne, quella di centro e quella di destra. La prima aveva spinto innanzi due batt.ni oltre Uarandab, ed il 16 aveva dato vita alla colonna Verné; nella notte sul 17, in seguito ai favorevo li eventi dell'azione su Gianagobò ed ai progressi della suddetta colonna, riceveva l'ordine di iniziare la marcia per raggiungere ed attaccare Hamanle i il giorno 22. Il reparto muoveva nella stessa notte e l'indo mani si accampava nella piana di Uarandab, dopo aver percorso 47 km. di terreno impervio sotto la pioggia battente ma senza incontrare alcuna resistenza. La colonna di destra era stata tenuta ferma a Uarder sia iI 15 che iI 16, li mitando la propria attività all' invio di alcune pattuglie in ricognizione lino a Curati che era stata trovata sgombra. ed attendendo a lavori di riattamento stradale sino a Gorile e da lì a Mersin Gallarò, dove si sarebbe raccolta il 17 per attaccare anch ' essa Gunu Gadu il 22.
b) Bircut Il 18 la colonna Nasi , dopo una marcia forzata di 32 km. resa ancora più onerosa dal fatto che il maltempo aveva immobilizzato lo scaglione dei 1ifornimenti nonché aliquote dei reparti motorizzati e dopo aver facil mente debellato timidi accenni di resistenza nemica, pervenne nei pressi dei pozzi di Bircut, ad una dozzina di km. dal villaggio. Nel fratte mpo Navarra aveva potuto portarsi a Dabanach e Vemè era giunto a Dudamori, a circa 40 km. da Segag. Alle prime luci dell'alba del 19 la Div. Libia venne attaccata dai contingenti etiopici che, òtiratisi su Gianagobò, avevano marciato dmante tutto il giorno precedente parallelamente alla G.U. ma eludendone il contatto. Il combattimento si delineò subilo come molto duro in particolare nel seuore di pertinenza del 3° Rgt. Ftr. , frammentato in molteplici ed accaniti scontri, con il nemico che cercava ostinatamente di forzare il passaggio salvando almeno le salmerie. L' azione italiana era appoggiata dall 'artigl ieria someggiata da 65/1 7 e dal concorso di 5 veli volo Ro37bis che si alternavano nel cielo della battaglia spezzonando e mitragliando efficacemente. TI gen. Nasi faceva assegnamento sul supporto del Raggr.to Celere Navarra, del quale era stato preannunc iato l'arrivo in mattinata, per prendere fra due fuochi gli attaccanti, ma poiché questo ritardava (346) doveva alla fi ne gettare nella lolla anche il rgt. d i riserva (4° Ftr.) e contrattaccare il nemico riuscendo così verso mezzogiorno a disperderlo. Se nel corso dei combattimenti di Gianagobò 346 li Ragguo Navarra era stai.O fermato a Dabanach da una com unicazione del Comando FF.AA. che lo preavvisnva che avrebbe dovuto retrocedere a Danan per esservi rilevato da un 'autocolonna che lo avrebbe trasportato nel seuore centrale. a disposizione del gen. Fmsci. Il mancato funzionamc1110 della radio di Bircut dovuto al maltempo aveva impedito che l"ordina fosse pervenuto al gen. Nasi prima del 19 sera.
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e Bircut erano state inflitte al nemico perdite elevate, valutabile nell'ordina di 3000 morti, anche le nostre non erano state poche: 213 caduti (206 libico-somali e 7 nazionali) e 501 feriti (3 47). La parte più interessante, a nostro avviso della citata relazione compilata dal gen. Nasi è quella delle considerazioni riassuntive, espressione delle capacità di osservazione e di analisi critica, sorrette dalla lunga esperienza di guerre coloniali, che caratterizzavano quel brillante ufficiale. Articolate in 12 punti, esse spaziavano dagli argomenti tattici a quelli tecnici ed a quelli ambientali, e rappresentano tuttora anche nella metodologia espositiva e nella stilistica un efficace modello di sintesi operativa. In quello stesso giorno 19 la colonna Verné aveva raggiunto Segag tagliando completamente la ritirata agli scampati della battaglia di Gianogobò. Il gen. Fmsci era fermo a Sciec Hosc in attesa ciel gittamento dei ponti sui quali attraversare il Faf in piena, ed Agostini era arrivato fino a Curati. Il combattimento di Bircut segnava la fine deJJa prima fase dell'offensiva, e ciò consentiva anche di operare un'analisi critica degli eventi appena sviluppatisi onde trarne utili risultanze per quelli successivi. Lo sbalzo compiuto dal I 6 al I 9 in condizioni atmosferiche avverse aveva messo in evidenza le difficoltà di uno spostamento di masse autocarrate su piste prive di ogni manutenzione e di opere. Queste difficoltà erano state particolarmente aggravate per la colonna di sinisu·a e per quella centrale, i cui itinerarii risultavano intersecati da frequenti torrenti. li Genio era dovuto intervenire alacremente: fin dal giorno I 5 reparti zappatori-artieri e pontieri avevano operato sulla strada a Nord di Gabredarre migliorando rampe, gettando ponti e tentando cli consolidarne il fondo. Il 19 essi avevano rinforzato circa 64 km. di rotabile e gettato 4 ponti logistici eia 27 tonn. ciascuno per il passaggio dei caterpillar. In particolare, sulla direttrice cli avanzata della colonna di siliisu·a il Genio aveva dovuto realizzare passaggi di circostanza, dal momento che la conformazione delle sponde dei corsi d'acqua impediva il gittarnento di ponti che avrebbero potuto essere messi in opera solo dopo alcuni giorni. Lungo l'iti nerario della colonna di destra le difficoltà erano state di natura diversa. Il terreno piuttosto unito e consistente non aveva dato luogo ad impaccio per la viabilità, ma la colonna aveva dovuto costruirsi del tutto la pista poiché quella preesistente, onnai abbandonata, era stata completamente ricoperta dalla vegetazione. Le piogge, viceversa, avevano contribuito a risolvere il problema piuttosto serio dell'approvvigionamento idrico. Fra Uarder e Latu Bocllih non esistevano pozzi, cisterne o risorse d'acqua di alcun genere, e le stesse riserve naturali dei laghetti di Ado e di Latu Bodlih sarebbero venute meno in assenza della pioggia. La colonna di destra avrebbe quindi dovuto muovere all' attacco cli Gunu Gadu rifornendosi di acqua a Uarder, il che significava un percorso di quasi 400 km. fra andata e ritorno. L'attivazione di potabilizzatori, filtri e pompe a Latu Bodlih aveva invece messo la colonna in grado di risolvere facilmente l'oneroso problema, un risultato tanto più apprezzabile in quanto la colonna era composta in
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" La guerra iia lo-etiopica. Fronte Sud". voi. IV, ali. 488, pag. 289.
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maggioranza eia elementi nazionali. Se in questo caso il fattore "pioggia" aveva g iocato un ruolo senz'altro favorevole, lo stesso avrebbe potuto influire in modo del tutto difforme nei suoi van aspetti e tramutarsi in un e lemento decisamente avverso. E ciò tanto piL1 nello sviluppo ulteriore dell'azione perché, dopo questo primo sbalzo di c irca 100-150 km., avre mmo incontrato una zona incisa da torrenti e uadi a regime molto variabile e sempre più profondi, costretti a superare forti dislivelli (dai 700 mt. di Segag e dai 1000 di Curati ai 2000 circa di Harrar), a disboscare piste, a costruire passaggi e deviazioni nell ' incassata valle del Fafan, ad attraversare il Giarer a Bullaleh cd altro ancora, problemi destinati ad aggravarsi a seguito delle continue e copiose precipitazioni piovose. Per non parlare della vanificazione de ll'effetto sorpresa, un fattore sul quale, come s'è detto, il Comando FF.AA. faceva assegnamento. A prescindere da tali incognite, Graziani intendeva dare il massimo impulso al proseguimento dell'avanzata, specialmente della colonna di destra che era la più penalizzata dalle condizioni stradali, per cui la sera del 19 ordinava al gen. Navarra di effettuare il trasferimento del proprio Raggr.to Celere a Danan dove avrebbe trovato gli autocarri. Contemporaneamente sollecitava l'afflusso dei due reparti della Div. Tevere già partiti il 17 da Mogadiscio e destinati anch'essi alla colonna centrale per reintegrarne la consistenza dopo i] distacco degli effettivi che avevano costituito la colonna Vemé. Si trattava della 22 1° Legione Fasci Italiani all'Estero e del VI Btg. Universitario Curtatone e Montanara che, per essere pronto all'impiego era andato trasformandosi in battaglione mitraglicri ed i cui i componenti, già da oltre un mese con la nomina a s.ten., avevano 1inunciato al grado pur cli essere inviati in combattimento. Specialmente la Legione, comandata dal console Piero Patini e costituita solo per motivi propagandistici, era priva di un adegualo livello addestrntivo, anche se animata eia spirito patriottico e buona volontà. Aveva inizio, a questo punto, la seconda fase della manovra, con l'attacco concentrico delle tre colonne al sistema fortificato di Sassabaneh. Alla fine della giornata ciel 20 la situazione era la seguente: sulla sinistra la colonna Nasi, dopo aver neutralizzato qualche attacco alla propria retrnguardia portato da nuclei etiopici che cercavano di aprirsi un varco per continuare a ritirarsi, aveva guadato lentamente e faticosamente il torrente Osbolei in piena e si trovava ora attestala a Sud di Ducun, mentre la colonna Verné era sempre ferma nella zona di Segag; la colonna di centro del gen. Frusci si trovava anch'essa in sosta a Sceic Hosc, così come quella di destra del luog. ten. gen. Agostini a Curati. Il Comando FF.AA. si trovava cli fronte al problema di non far affluire altre forze e non gravare così ancor di più sui rifornimenti che, a causa delle perduranti piogge, procedevano con difficoltà, - si consideri che il trasporto a/r tra Mogadiscio e Gorrahei di un autocarro necessitava cli un tempo medio non inferiore a due settimane - ma la sosta di queste due colonne era motivata anc he dal fatto che in quello stesso giorno il XXXI cd il XLV Gruppo B.T. avevano effettuato un'incursione con una dozzina di bombe a gas C500T, che era stata preceduta il 18 da analoghe azioni su Gunu Gadu e Bullaleh. Tre giorni dopo l'avanzata riprendeva secondo quanto stabilito dalle direttive operative. S ull'ala sinistra la colonna Yemé, sopravanzando la Div. Libia in virtù della propria completa autonomia motorizzata, raggiungeva Dagamedò, trovato
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La campagna italo-etiopica, 1935-1936
Cartina n. 77 - La seconda offensiva dell'Ogaclen Situazione delle truppe operanti alle ore 12 del 19 aprile 1936 - XIV
LA SECONDA OFFENSIVA DELL' OGADEN Situazione delle truppe operanti alle ore 12 del 19 aprile 1936 - XIV.
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Da: Graziani R. , op. cit., pag. 313.
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completamente sgombro; solo il giorno dopo sarebbe stata oggetto di un attacco da parte di un grosso reparto etiopico forte di circa 2000 armati, peraltro contenuto e respinto dopo un accanito combattimento dal V Gruppo dubat e dal XLV Btg. eritreo. L'occupazione di Dagamedò era importante in quanto veniva a rappresentare una minaccia sul fianco del dispositivo difensivo avversario (Dagahbur-Bullaleh-Sassabaneh). Al centro la colonna Frusci, rinforzata dalla 221 ° Legione di Parini (3 48 ) giunta proprio la sera precedente e dal Ragg.to Navarra, arrivato nella stessa giornata del 23 proveniente da Gabredarre. All'ala destra, la colonna Agostini era avanzata cli 50 km. attestandosi a circa 8 km. da Gunu Gaclu. Intenso, fra il 21 ed il 23, l'attacco della R.A., che colpiva reiteratamente Hamanlei, Uarreh e Sassabaneh con bombe sia convenzionali che al fosgene; ma proprio il 23 era pervenuto un categorico telegramma cli Graziani che notificava l'ordina ciel Duce di "non impiegare per nessun motivo mez.zi chimici contro il nemico" (349). Al mattino del 24 , mentre sul fronte Nord Badoglio iniziava la marcia su Addis Abeba, i combattimenti riprendevano in tutto il settore clell'Ogaclen da Dagameclò a Gunu Gadu. Graziani decideva di attaccare con le colonne Frusci ed Agostini, la prima contro le posizioni nemiche di Hamanlei(Dane e Birgot), la seconda contro quelle di Gunu Gadu. Le due colonne, qualora le prime opposizioni si fossero rivelate facilmente superabili, avreb bero dovuto poi eventualmente proseguire l'azione su Sassabaneh e Bullaleh. Pe r quanto riguardava la colonna Nasi, questa avrebbe dov uto raggiungere il giorno seguente Dagameclò con tutti gli elementi autocarrabili così eia poter infliggere un duro colpo al fianco destro nemico operando in direzione di Dagahbur, salvo poi riportarsi a Dagamedò con il grosso e puntare su Harrar quando, occupata Dagahbur, ci si sarebbe diretti su Giggica. Poco prima delle 6 gli stessi uomini del presidio etiopico di Dagamedò che lo avevano sgomberato prima dell'arrivo della colonna Nasi ritirandosi sulle alt11re vicine, rinforzati da altri regolari fatti affluire in autocano da Dagahbur che ne portavano il totale a circa 2000, attaccavano il villaggio venendo però respinti dagli uomini di Vemé ma conseguendo ad ogni modo lo scopo di ritardare di qualche giorno l'investimento di Dagahbur, la struttura po1tante del dispositivo difensivo etiopico (3 50). e) Birgo1 Ma fu in corrispondenza della colonna Frusci, al centro del nostro schieramento d 'avanzata, fra le alture di Dane ed i pozzi di Birgot, che si verificarono gli scontri più violenti. Gli amiati etiopici al comando ciel fitau rari Mellion, il migliore fra i 348 Giunta il 20 a Bcle.t Ucn la Legione, dopo aver superato piuttosto bene i diffi col tosi pani.ani di Mahaddc i, Bu io Burti e Gigliei, aveva co mpiuto l' ultimo sbalzo di circa 380 km. fino a Seic Hose raggiunta il 22 sera marciando ini nterrottamente per oltre 30 ore, seguita ad un centinaio di km. di distanza dalla testa del Btg. Universitario. 349 AUSSMA, A.OJ., carl. 52/l, prol. 566 del 23.4.1936, da Comando FF.AA. Somalia a Comando Aeronautica Soma lia, f.to Graziani. L'ordline di adoperare nuovamente gl i aggressivi chimici, con esclusione dell' ipri le, sarebbe stato rinnovato da Mussol ini il 27 quale rappresaglia per il prosegu imento all'uso di palloltole dum-dum da parte etiopica (Dc Bono E., op. cit., pag. 677). 350 Verné V., "Alla battaglia dell'Ogaden con la colonna Verné", ìvlilano, Soc. Na:i;. Edit. Prop. da, 1937, pagg. 349-354.
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Cartina n. 78 - La seconda offensiva dell'Ogadcn Situazione delle colonne operanti alla sera del 23 aprile 1936 - XIV
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Da: Graziani R., op. cit., pag. 316.
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capi del fronte Sud, dotati di armi europee tra le quali numerose mitragliatrici ed alcuni caimoni a .e. ed a.a., disponevano di circa 4000 uomini in gran pa1te schierati sulla posizione principale a cavallo ciel Faf, in robusti appostamenti immediatamente a Nord dei pozzi cli Birgot, coperti sul davanti da un distaccamento di circa 200 elementi sulle colline cli Dane e da pattuglie di osservazione nella piana. La posizione principale si appoggiava ad Ovest ai marabutti di Birgot, ad Est alla collina di Gumar ed era anche fiancheggiata da postazioni in cavema sulla sponda destra del Faf mimetizzate con tronchi d'albero, ramaglia e terra di riporto tali da occultarle all'osservazione aerea così come anche a quella teJTestre se non eseguita immediatamente a ridosso. La strettoia di Birgot costituiva un passaggio assolutamente obbligato, passandovi in mezzo la pista per Dagahbur-Harrar, che però avrebbe potuto essere aggirabile con oppo1tuna manovra tattica. È quella che metteva in atto inizialmente il gen. Frusci, salvo poi a modificarla in un vero e prop1io mto di forza in relazione ali' evoluzione del combatti.mento. Schierava pertanto sulla destra la 221 ° Legione con obiettivo le colline di Gumar, ed a sinistra il 2° Ragg.to arabo-somalo avente come obiettivo i marabutti di Birgot. Il teneno d'azione, piano e scosceso verso Sud, diveniva poi sempre più coperto ed accidentato, tale da non consenti.re movimenti trasversali e difficoltoso anche per gli spostamenti in avanti e la disposizione delle armi. La pista carovaniera, dalla valle dell'Uebi Scebeli per Buio Burti e Belet Uen, raggiungeva la valle del Tugh Fafan e la rimontava per Gorrahei, GabredaiTe e Uarandab, precisamente attraverso la piana di Gabredor. Si ingolfava quindi nella stretta di Dane (fra le ultime pendici collinose ed il fiume) mantenendosi sempre sulla sinistra orografica del Tugh Fafan e volgeva su Sassabaneh ove si divideva in varie altre piste, delle quali la principale continuava fino a Giggica che, a sua volta, era collegata ad HaJTar attraverso una pista carreggiabile stradale. Provenendo però dalla piana cli Gabreclarre, dopo le alture e la stretta di Dane e prima di arrivare ad Hamanlei, questa pista carovaniera superava ancora due catene di alture e passava per altre due strettoie, fra gli speroni tem1inali di queste alture ed il totTente. Erano le alture e le strettoie denominate di Birgot e, successivainente, cli Hamanlei, immediatamente sotto la confluenza del Tug Gerrer con il Tug Fafan (351 ). L'.azione d'attacco venne subito impegnata, e già alle 8 del mattino i legionari di Parini prendevano possesso delle alture di Gumar, praticamente senza incontrare resistenza degna di nota, mentre sul resto della linea le alt.re truppe stabilivano il contatto di.retto con il nemico che reagiva con un fuoco molto violento. Solo verso le 13 il 2° Ragg.to A.S., proseguendo nella manovra aggirante, riusciva ad occupare i marabutti di Birgot. li concorso aereo, pur quantitativamente rilevante - 24 velivoli da bombardamento e I 5 da caccia per un totale di 25 missioni e lo sgancio di 12 tonn. di bombe - non determinava un risultato risolutivo perché la cope1tura del terreno e la vicinanza delle opposte linee rendevano ince1to il tiro (352 ). Durante
351 Bassi M., "Quadro d'insieme della battaglia dell'Ogaden", in: "Con L'esercito itali ano in A.O.", II, Milano, Mondatori, L936. 352 Quel giorno lo stesso Comandante dell'Aeronautica della Somalia, gen. Ranza, rimase nel c ielo del combattimento per 4 ore, mitragliando gli appostamenti nemici e comunicando via radio lo svolgimento della battagli a al comando di Graz iani, ritrovandosi poi con 7 colpi nemici nella fusoliera (Genti l li R.. op. cit. pag. 99).
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tutto il pomeriggio la lotta si prolungava sanguinosa, spezzata in numerosi corpo a corpo in quanto il terreno impediva l'azione d'insieme e l'appoggio delle artiglierie. Nel settore del I O Ragg.to, il IV Btg. prima da solo e poi con il rincalzo del Ill, aveva ripetutamente attaccato per sfondare le posizioni nemiche ma era stato inchiodato al terreno, e lo stesso risultato ottenevano anche il V Btg., posto fra il I O ed il 2° Ragg.to, ed il li Giuppo Bande. La situazione, a questo punto, stava assumendo toni drammatici e Frusci, dopo aver gettato nella mischia quasi tutte le riserve, riteneva necessario inviare a Graziani il seguente messaggio:
"Posizioni raggiunte sono tenute, nonostante vivissima reazione nemica ed attività che lascia prevedere un contrattacco. Forze nemiche rilevanti. No stre perdite finora una quindicina di ufficiali et circa 200 indigeni. Ritengo indispensabile concorso Agostini". Ma la risposta del Comandante FF.AA. era decisamente negativa:
"Giudico la situazione prospettato da VS. normale, né eccezionale il numero delle perdite riportate. Le forze a disposizione di VS., sussidiate dall'aviazione, sono sufficienti a sostenere qualsiasi contrattacco e soprattutto a progredire nell'avanzata al momento opportuno" (3 53) . L'espressione di Graziani, pur se perentoria come era del resto tipica delle sue caratteristiche di comandante, aveva una sua ragion d'essere più che logica in quanto intesa a non esporre la colonna Agostini, che già era stata impegnata nell'occupazione di Gunu Gaclu, con il rischio cli essere eventualmente attaccata sul retro quando essa si fosse portata su Hamanlei invece cli procedere verso Bullalleh. Inoltre, nella brusca risposta cli Graziani a Frusci non poteva escludersi che avesse una qualche parte anche la considerazione ché il contingente di quest'ultimo, tutto sommato, dopo essere stato rafforzato con la Legione Parini ed il Ragg.to Navana, disponesse di una forza ammontante, anche defalcanclo le perdite, a circa I0.000 uomini, più del doppio quindi cli quelle etiopiche (3 54) . Nel corso della notte il nemico operava ripetute sortite per insinuarsi nello spazio fra il I O ed il 2° Ragg.to o per aggirare le nostre ali, respinto ogni volta con un concentrato lancio di bombe a mano. La stimolazione di Graziani a Frusci di riprendere l'iniziativa per il prosieguo dell'avanzata non appena fosse stato possibile trovava un riscontro nelle prime ore del 25 allorché, dopo una breve ma intensa preparazione dell ' artiglieria, tutti i battaglioni di primo scaglione muovevano contemporaneamente all'assalto, aperto dagli arditi arabo-somali, i cosiddetti "coraggiatori", armati solo di sciabole e bombe a mano, riuscendo infine a scacciare il nemico anche dalla posizione centrale. Mellion aveva ricevuto durante la notte l'ordine di Nasi cli abbandonare Birgot e di ripiegare sul sistema difensivo Hamanlei-Harehò-Giggica ne l quale gli etiopici erano intenzionati ad attuare una resistenza ad oltranza. I combattenti di Birgot riuscivano a sottrarsi alla com353
" La guerra italo-etiopica. Fronte Sud", voi. I V, ali . 449, pag. 193. Secondo Steer (op. cit., pag. 345), il totale di queste non avrebbe superato le 2500 unità, compreso il migliaio di armati inviati da Sassahanch come rincalzi durante la battaglia. 354
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pleta distruzione solo grazie al sacrificio cli tenaci e coraggiose retroguardie. Al loro inseguimento prendeva parte anche il Raggruppamento Navarra che, scavalcato il 1° Ragg.to, rastrellava tutto il Faf e costiniiva ad Hamanlei una testa di ponte a protezione del grosso che seguiva. Le perdite erano state notevoli eia entrambe le parti: gli etiopici avevano lasciato sul terreno oltre un migliaio di mo1ti, mentre da parte italiana si contavano 143 morti ( IO ufficiali e, per la trnppa I 32 arabo-somali ed I nazionale) e 504 feriti (11 ufficiali più 132 arabo-somali e 14 nazionali fra gli uomini di truppa). Da segnalare, in particolare, il tributo pagato dal VI Btg. che aveva perso il 40% della forza tra morti e feriti e, fra i primi, hen 6 ufficiali (355). Tn All.227 la relazione del gen. Frusci sulla battaglia di Birgot.
d) Gunu Gadu Nella stessa giornata del 24 nella quale aveva avuto inizio il fatto d'arme di Birgot, la colonna Agostini muoveva all'alba dalla zona di attestamento raggiunta la sera prima. In avanguardia erano le quattro bande dubat (ten. col. Bechis); il grosso era costituito dalle tre bande CC.RR. (1 ° cap. Fragola, 2° magg. Mauro e metà della 3° al comando del magg. Crocesi) e dalla coorte forestale (sen. Larice), mentre in retroguardia c'era la 4° banda CC.RR. (magg. Vadalà). Le ultime notizie da parte degli informatori deponevano per una forza nemica cli circa 1000-1500 armati, anche se nessun elemento stava a confermare questa presenza, neanche con l'ausilio clell' osservazione aerea dal momento che il presidio era nitto occultato dalla fitta vegetazione che circondava i pozzi. Questi si trovavano sul letto del Giarer, là dove il fiume formava un deciso gomito a 90° su entrambe le sponde del quale erano state rilevate alcune caverne mentre altri trinceramenti visibili circondavano la fitta macchia boschiva posta intorno ai pozzi, anche se alla ricognizione aerea ed alle fonti informative umane sfuggiva l'organizzazione allestita dagli etiopici all'interno della macchia. Il piano di manovra del gen. Agostini prevedeva di aggirare il campo trincerato da Nord e da Sud contemporaneamente. Dalla prima direzione con due bande CC.RR. (la I O e la 3°, costituenti un gruppo agli ordini del ten. col. Citerni) e dalla seconda con il ragg.to Bechis, che doveva avanzare con due bande in primo scaglione e due in secondo. Le due colonne dovevano prendere contatto con le ali esterne, a monte di Gunu Gadu, puntando entrambe sul Giarer e di là impegnare da vicino le difese. Il grnppo del ten. col. Ci terni doveva inoltre salvaguardarsi da eventuali attacch i provenienti da Bullaleh, mentre la 2° banda CC.RR. doveva proteggere le provenienze da Hamanlei ponendosi a cavallo del fiume, in posizione a valle dei pozzi. La coorte forestale fungeva da riserva, a disposizione del comandante. Alle 7.30 la colonna si trovava a circa 4 km. da Gunu Gadu e si sdoppiava, iniziando il duplice accerchiamento appoggiata dal tiro dell'artiglieria e, dopo circa un'ora, dalle missioni di bombardamento dell'Aeronautica. Sulla sinistra il ragg.to dei dubat di Bechis poteva portarsi al coperto a breve distanza dai trince-
355 " La guerra italo-etiopica. Fronte Sud", voi . IV, a li. 45 1. pag. 202.
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ramenti nemici, ma sul lato destro invece la colonna Citerni veniva rapidamente investita dal fuoco dei difensori. Quest.i si erano portati fuori dalle trincee già rilevate e sottoposte al bombardamento aereo, sistemate in molte buche egregiamente scavate a fior di terra nelle radici degli alberi e sulle sponde del torrente, collegate poi fra loro da camminamenti e fiancheggiantisi efficacemente. l carabinieri del ten. col. Ci temi erano duramente provati dal radente e rn.icicliale fuoco etiopico. Il gen. Agostini inviava a supporto la 4° banda del magg. Vadalà ma senza esito, perché il rabbioso fuoco nemico continuava a tenere inchiodar.i i carabinieri della l O e 3° banda. Agostini dava allora ordine al magg. Mauro di risalire il Giarer in direzione dei pozzi e rastrellarlo, ed alla coorte forestale di investire frontalmente le difese dell'ansa del fiume congiungendo così le ali interne dei carabinieri e dei dubat. Il combattimento si faceva piLl accanito, protraendosi ancora per qualche ora. In tarda mattinata gli italiani si approssimavano ai pozzi dalla destra del Giarer, ma ogn i tentativo di varcare il torrente era sanguinosamente stroncato, e così per tutto il pomeriggio. Nella notte, finalmente, una parte dei difensori ripiegava lungo il corso d ' acqua, mentre altri tentavano vanamente di aprirsi la strada verso Bullaleh. L'azione di rastrellamento proseguiva per tutta la mattinata del 25, neutralizzando buca per buca con il fuoco molto ravvicinato delle artiglierie (30-40 mt.) ed incendiandole poi con bombe a mano dopo averle cosparse di benzina. I difensori etiopici, avrebbe poi scritto Graziani nel suo libro sulla campagna, avevano ceduto soltanto quando erano stati freddati con le bombe a mano e con l'arma bianca. Inoltre, era stata evidenziata la notevole perizia e tenacia nell ' organizzazione del terreno, nella scelta delle posizion i e nell'utilizzazione delle riserve naturah e delle coperture, fattori tutti nei quali aveva peraltro certamente pesato l'apporto cli consulenti e tecnici europei (3 56). Per quanto riguardava le perdite, quelle italiane corrispondevano a 12 morti (tutti ufficiali) e 19 feriti tra i nazionali ed oltre 600, tra morti e feriti, per gli arabo-somali (3 57 ), dati da prendere con riserva in quanto contrastanti con quelli, 1iferentisi ai soli carabinieri, precisati un anno dopo dal magg. Vaclalà ed ammontanti a 22 morti ed alcune decine cli feriti (3 58). Le perdite etiopiche erano valutabili in oltre un migliaio cli morti. Si chiudeva così questa importante giornata del 25 aprile, una sintesi della quale è riportata nell' All.228, che come quelle precedenti aveva comportato, oltre all' impegno propriamente bellico, anche un grosso sforzo logistico. ln quelle giornate, infatti, accanto alle truppe combattenti un prezioso fattore del successo era stato rappresentato dal funzionamento di tutti i servizi, dai trasporti dei soldati ai rifornimenti, dallo sgombero dei feriti all'approvvigionamento idrico e quant'altro ancora. Si consideri che nella zona delle operazioni erano presenti 38.000 uomjni, dei quali 15.600 nazionali, e 4800 guaclrupecli, disseminati su circa 100 km. di fronte e 200 di profondità, alle esigenze dei quali doveva provvedere l'Intendenza dal momento che nessun supporto sarebbe potuto provenire dai 356 Graziani R.. op. cit., pag. 326. 357 AUSSME, D J-33/2, prot. 5472/5476 MPA su tutte MPA del 26.4.1936, da Comando
FF.AA. Somalia a Com.te Sup.re A.O., Llo Graziani. 358 Vadalà R., "Fiamme d'argento in Abissinia" , Roma, Unione Editoriale d'Italia, 1937, pag. 165.
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reparti, i cui automezzi si trovavano continuamente in movimento tra i vari settori .o verso Nord. Si tenga conto, in proposito, che i soli rifornimenti alimentari avevano dato oiigine ad un movimento giornaliero di 500 q. e che, mentre le colonne puntavano su Dagahbur, l' Intende nza aveva allestito a Gabredarre un treno caterpillar con 1800 q. di derrate cotTisponclenti a 172.000 razioni (3 59) . Graziani poteva essere giustamente soddisfatto dei risultati sino a quel momento ottenuti, anche se, in un messaggio trasmesso nella prima mattinata del 25, nella parte conclusiva le ultime tre parole erano tali da deporre, a nostro giudizio, per il persistere del iisentimento da parte del responsabile del fronte Sud nei confronti del più "reclamizzato" omologo di quello Nord: " ... Prego dare maggiore risalto alla batta~lia aspra e durissima che qui da 10 giorni si sta combattendo contro il nemico che resiste accanitamente ovunque favorito dal terreno e dal tempo. essendo stato ad esso fatJ.o dire da autorità abissine che pace è vicina e pertanto resistano lutti oltranza. Oues/0 è staio assicurato da segretario dagiac Nasibù fatto prigioniero. Tale maggiore risalto oltre che mettere in evidenza nostro titanico sforzo. ciò che ci ~ioverà ali' estero. servirà a tenere alto morale miei dipendenti perché essi fanno paragone" (3 60 ). e) Dagahbur
I giorni successivi dal 26 al 28 vennero utilizzati per riordinare le colonne ed assestarle sulle posizioni raggiunte per poi condurre l'azione contro Dagahbur, attaccandone il campo trincerato simultaneamente su tre lati con la conversione da Ovest della colonna Nasi, in fase di raccolta a Dagan1edò, e ,icongiungirnento con la colonna autocarrata Yerné, da Est della colonna Agostini e da Sud della colonna Frusci (3 61 ) . L'impegno maggiore, nella concezi;ne operativa di Graziani, avrebbe dovuto essere quello proveniente da Dagamedi), in relazione alla maggiore vulnerabilità del fianco destro etiopico così come era stato possibile desumere dagli scontri cli Birgot e Gunu Gadu, anche se il concorso della Div. Libia doveva forzatamente essere dime nsionato su una colonna più leggera data l' impossibilità, segnalata da Nasi il 26, di adunare tutta la G.U. a Dagamedò per le difficoltà di approvvigionamento idrico, appena sufficiente alle esigenze del Ragg.to Yerné. Non ultima, fra le difficoltà, il perdurare del maltempo, che rendeva complesso ed oneroso il passaggio dei corsi d'acqua nonostante il prodigarsi del Genio che riusciva, ad esempio, a gettare un ponte di 45 mt. sul Giarer in sole 19 ore ed un altro di 40 mt. sul Faf in un tempo ancora minore. 359
"La guem1italo-etiopica. Fronte Sud", rela:done, voi. I, pag. 339. AUSSME, Dl -33/2, prot. 5401 MPA del 25.4.1 936, da Comando FF.AA. Somalia a Lessona e Badoglio, f. to Graziani. 361 1126 vennero precisale le perdite com[)lessive subite nei tre fatti d ' arn,e principali d i Giana· gobò, Birgot e Gunu Gadu, che corrispondevano per i nazionali a 48 morti (dei quali 21 ufficiali) e 63 feriti, mentre gli indigeni avevano totalizzato 1367 elementi fuori combauimenLo fra morti e feriti (AUSSME. D 1-33/4, prOL. 5522 del 26.4. I 936 da Comando FF.AA. Somalia a Lessona e Badoglio, f.to Graziani). 360
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La campagna italo-eliopica, 1935-1936
L'ordine di operazioni per l'attacco al dispositivo difensivo di SassabanehBullaleh-Dagahbur venne emanato il 28. In base ad esso, l'avvicinamento alle prime due località avrebbe dovuto essere condotto il 29 dalle colonne di centro e cli destra, mentre la divisione leggera autocarrata Nasi da Dagamedò avrebbe dovuto attestare al Tugh Tufan e costituirvi una testa di ponte che le avesse permesso cli passare il fiume sulla sinistra. L'attacco ai due primi sistemi di sbarramento era previsto per il 30, ed il successivo inseguimento sarebbe stato proseguito fino alla linea Dagamedò-Dagahbur; il contingente leggero cli Nasi avrebbe dovuto tenersi pronto a sboccare dal Faf all' alba del 30, non muovendo però su Dagahbur se non dopo esplicito ordine. Ma la situazione era destinata ad evolvere in senso a noi favorevole perché una missione di ricognizione aerea effettuata nelle prime ore del 29 rilevava lo sgombero degli etiopici eia tutte e tre le località-obiettivo, per cui veniva ordinato a Nasi di occupare senza indugi Dagahbur ove avesse valutato di poterlo fare con le sole sue forze, a Frusci di portarsi subitamente su Sassabaneh e ad Agostini di anticipare anch'egli al giorno 29 il movimento su Bullaleh. L'anticipazione del movimento generale portava quindi nelle prime ore pomeridiane all' occupazione dei predetti centri, compresa quella cli Dagahbur avvenuta da parte solo cli un nucleo celere distaccato dalla colonna Verné su ordine cli Nasi che, attardato da un'improvvisa piena dei fium i Fafan e Sullul, avrebbe fatto pertanto il suo ingresso in città il giorno successivo. Nell' All.229 è riportato l'ordine di battaglia delle varie colonne. Nessuna opposizione da parte etiopica, se si eccettuano sporadici episodi di disturbo sotto forma di cecchinaggio. 1 documenti di cui agli AH.ti 230 e 231 riassumevano lo svolgersi degli avvenimenti. Nel primo di essi, nella sua parte finale, riaffiorava il risentimento di Graziani nei confronti cli Badoglio che nel bollettino del 28 aveva menzionato quest'ultimo sforzo offensivo delle truppe del fronte ·sud in termini semplicistici, come un fatto di ordinaria amministrazione (362) . Il comandante delle FF.AA. Somalia chiedeva pertanto al ministro delle colonie che il suddetto sforzo trovasse l'adeguato riconoscimento ufficiale, doveroso nei riguardi dell'opinione pubblica e necessario a lui per poter continuare ad "insanguare" i propri dipendenti dai quali doveva esigere ancora sforzi altrettanto duri prima cli raggiungere l'obiettivo finale . Il risentimento suonava ancora più aspro nel telegranuna inviato direttamente a Badoglio, nel quale lo accusava esplicitamente di deprimere lo spirito de.i suoi uomini e di misconoscere l'organicità della manovra strategica da lui concepita e condotta, il tutto in contrapposizione con il trionfalismo con il quale veniva rappresentata l'attività sul fronte Nord. Nel suo volume sulla campagna, Badoglio avrebbe persistito nel proprio atteggiamento rninirnizzatorio nei confronti delle operazioni nello scacchiere meridionale alle quali, pur dando atto al comandante di quel settore "dell' opera infaticabile e della ferrea, tenacissima volontà", non riservava che una pagina e mezzo sulle 249 del suo libro (363 ). Ben 362 Nella stessa data del 30 aprile, Graziani comunicava le perdite com plessive sino allora so stenu te dall'initio dell'offensiva, che risultavano pari a 50 ufficiali ed a 2000 uomini di u·uppa ("La guerra italo-etiopica. Fronte Sud", voi. IV, alJ. 473, pag. 238). 363 Badoglio P., op. cit., pagg. 195- 196.
L'off ensi va nell'Ogaden e nell'Harrarghiè ( 14.!V-30.IV.1936)
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Cartina n. 79 - La seconda offensiva clell'Ogaclen Situazione deHe colonne operanti al 29 aprile 1936 - XIV
LA SECONDA OFFENSIVA DELL' OGADEN Situazione delle colonne operanti al 29 aprile 1936 - XIV.
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La campagna italo-etiopica, 1935-1936
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Schizzo n. 80 - Operazioni nell'Ogaden (14.IV-30.IV.XIV)
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diverso, invece, lo stato d' animo di Graziani nei riguardi di Baistrocchi al quale, il giorno dopo, inviava un caldo ed affettuoso messaggio di 1ingraziamento per il contributo da questi dato al conseguimento della vitlo1ia (Ali. 232).
L'o.flensiva nel/'Ogaden e nell'Ha rrarghiè ( 14.JV-30.IV.1936)
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Cartina n. 81 - La seconda offensiva dcll'Ogaden 30 aprile: Dagahbur - 8 maggio: Harrar
LA SECONDA OFFENSIVA DELL' OGADEN 30 APRILE · DAGABUR -
Da: Archivio privato.
8 MAGGIO · HARRAR
CAPITOLO XIV
GLI OBIETTIVI FINALI: ADDIS ABEBA E BARRAR
l - L 'EVOLUZJONE DEL QUADRO POLITICO INTERNAZIONALE P1ima di ultimare la descrizione dell'andamento delle operazioni militari è opportuno riprendere l'esame degli avvenimenti politico-diplomatici quali si erano venuti sviluppando dall'inizio di quel 1936 che, nel corso dei suoi primi quattr:o mesi, sarebbe ris ultato decisivo per le sorti del conflitto. Si è visto nel cap. VIII come Mussolini, verso la fine di gennaio, avesse rivolto una particolare attenzione agli Stati Uniti tendente a scongiurare il pericolo di un embargo da parte loro, ed un'iniziativa diplomatica sarebbe stata assunta subito dopo anche nei confronti della Francia e della Germania. Delle due, quella diretta verso la Francia fu senza dubbio la più impegnativa, confermando come la nazione d'oltralpe continuasse ad esse re l' asse portante della politica etiopica italiana anche ora che a Lavai era subentrato al governo Albert Sarraut avendo quale ministr"o degli esteri Pierre-Etienne Flandin. A dire il vero, la trattativa attivata dall' Italia ebbe poco di diplomatico, sia sul piano sostanziale che sotto l'aspetto formale, e nell'ultima decade di febbraio assunse addirittura un tono ultimativo, centrato sull'asserzione che, qualora la Francia avesse permesso in sede ginevrina l'estensione delle sanzioni, l'amicizia fra le due nazioni ne avrebbe risentito i contraccolpi e proprio sotto quell'aspetto che stava tanto a cuore a Parigi, e cioè il problema delle garanzie circa l'atteggiamento del!' Italia nei 1iguardi della Germania (3 64 ) . In un colloquio con l'ambasciatore francese a Roma Charles De Chambrunne, Mussolini dichiarò esplicitamente che qualsiasi accentuazione delle misure sanzionistiche avrebbe ineluttabilmente ricollocato l' Italia in una posizione di isolamento dalla quale sarebbe stato suo inderogabile dovere rimuoverla a qualsiasi costo, ed a questo punto sarebbe spettato all'Inghilterra ed ancor più alla Francia il dovere e la convenienza di non respingerla. L' autorevolezza della Francia nell'ambito politico internazionale era tale da influenzare notevolmente il
364 Circa un anno prima. nel gennaio l 935, erano state geliate le basi per una stretta collaborazione militare franco-italiana in base alla quale ne sarebbero derivati il 13 maggio una convenzione aeronautica e, fra il J9 ed il 28 giugno, una serie di accordi segreti fra i generali Badoglio e Gamelin, all 'epoca vice-pres idente del Consiglio Superiore della Guerra. Questi ultim i prevedevano una stretta collaborazione contro la German ia nel caso che questa avesse attentato all' indipenden7.a dell'Austria, nonché l'invio di truppe italiane tra Belfort e la Svizzera e di truppe francesi nel Veneto.
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complesso delle nazioni minoritarie che, in sede di S.d.N., avevano a torto delegato il futuro della propria sicurezza e contribuito così ad indirizzare il corso degli eventi verso una direzione estremamente pericolosa il cui esito sarebbe verosimilmente sfociato in una guerra europea. Se la Francia, aveva ribadito Mussolini, avesse omesso di far pesare il proprio carisma politico nell'assemblea ginevrina, l'Italia avrebbe reagito con energia uscendo dalla S.d.N., rifiutando di firmare ogni accordo navale e - evento che doveva suonare ancora più dolente per il suo interlocutore- denunciando tutti gli adempimenti che erano stati convenuti fra i rappresentanti militari dei due Paesi. Il discorso chiaro ed inequivocabile di Mussolini dovette soitire il proprio effetto, perché l'atteggiamento francese si orientò ben presto nel senso da questi indicato. A parte comunque le motivazioni legate al problema della salvaguardia di fronte al riproporsi del pericolo tedesco, un altro elemento giocò a favore della subitanea disponibilità di Parigi, il fatto cioè che, nonostante l'andamento ormai decisamente favorevole assunto a quella data dalle nostre operazioni in Etiopia, Mussolini avesse fatto chiaramente intendere all'ambasciatore francese come se la S.d.N. si fosse orientata in senso più ragionevole nei confronti dell'Italia, questa avrebbe anche potuto chiudere la questione etiopica senza nessuna imposizione ultimativa al Negus. A conferma di ciò, in un editoriale su li Popolo d'Italia del 1° marzo, attribuibile verosimilmente a Mussolini o comunque da lui sicuramente ispirato, si leggeva come con la conquista dell'Amba Alagi l'annoso contenzioso italo-etiopico fosse ormai da considerarsi regolato sia dal punto di vista morale che militare. Inoltre, a P,uigi si era consapevoli che Roma, anche dopo il fallimento del progetto Hoare-Laval, avesse sempre continuato a pensare ad una soluzione concordata del conflitto, come dimostravano i vari tentativi, più o meno ufficiali, attuati da parte italiana per fom1alizzare questo proposito mediante contatti stabiliti quà e là, ma in particolare a Gibuti e ad Atene, con emissari del Negus e dei quali, nonostante la segretezza con la quale erano condotti, il governo francese era venuto egualmente a conoscenza attraverso i propr'.i' canali informativi. In base ai suddetti elementi proprio nei primi giorni di marzo, alla vigilia della possibile decisione ginevrina di estendere le sanzioni, l'atteggiamento francese divenne ancora più filoitaliano. li governo Sarraut subordinò in pratica la propria eventuale adesione all'iniziativa ad un preciso impegno inglese a sostenere la Francia nel caso che la Germania avesse inteso approfittare della situazione e, di fronte allo scontato defilamento di Londra, riuscì a far aggiornare a Ginevra la discussione sulla decisione circa le sanzioni ed a far approvare, in sua vece, il suggerimento di far pervenire alle due parti in causa un invito a ricercare una nuova formula di conciliazione che, accolta eia entrambe, non avrebbe avuto esito (Ali.ti 233 e 234) a seguito della rimilitarizzazione tedesca della Renaiùa. (Ali. 235) D' altro canto, la diplomazia italiana non perdeva mai di vista altri, possibili sviluppi di una situazione dai contorni generali tutt'altro che chiari. Lo attesta un interessante documento prodotto il 28 febbraio 1936 dall'Ufficio Ill Affari Politici del Ministero Affari Esteri, un appunto indirizzato al sottosegreta,io di Stato Fulvio Suvich, nel quale si adombrava la possibilità che, a seguito del possibile disgregarsi dello Stato etiopico per effetto della nostra pressione militare, le masse di armati sbandate potessero abbandonarsi a eccessi xenofobici e che i maggiori no-
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tabili lasciassero l'imperatore per cercare di salvaguardare le proprie posizioni personali. Ciò avrebbe potuto far sì, secondo il compilatore, che da questi eventi avessero cercato di trarre profitto altri Paesi aventi interessi in Etiopia per tentare, con il pretesto di tutelare i propd cittadini ovvero attraverso contatti diretti con qualche capo locale, di assicurarsi il controllo di determinati territori o località prossime ai confini dei loro possedimenti o di altre che comunque essi ritenessero conveniente sottrarre alla nostra occupazione. È significativo, a questo proposito, come da una mappa ciel territorio etiopico compilata ai primi di marzo e sottratta da un nostro agente ad un dirigente dell' lntelligence Service inglese, risultasse la marcatura di una rete completa di strade progettate per quelle zone che avrebbero dovuto rimanere di esclusiva giurisdizione economica britannica, nonché un progetto di spartizione dell'Etiopia che, nei confronti dell'Italia, era riduttivo rispetto al piano Hoare-Laval (Ali. 236). Una mossa del genere, una volta abilmente inserita nel contesto dell'azione societaria ginevrina ed anche quale espressione dell'inevitabile spirito revanchista che avrebbe fatto seguito al crollo dell'Etiopia per mano italiana, avrebbe sicuramente dato luogo ad una susseguente sanatoria. Pertanto, se l'azione di Graziani su Neghelli aveva scongiurato ogni eventuale occupazione inglese delle regioni confinanti con il Kenya, alt1i territorii importanti quali l'Harrarghié, il Goggiam, la zona mineraria dell'Ovest etiopico e la stessa Addis Abeba, al momento ancora lontani dalla nostra occupazione, avrebbero potuto essere oggetto di una presa di possesso tanto inglese che francese che si sarebbe trasfo1mata in un diritto acquisito non più modificabile in sede diplomatica. Ne conseguiva la necessità, sempre secondo il compilatore dell'appunto, di trovarsi pronti a giocare d'astuzia per prevenire il tutto, compito di pertinenza del Ministro delle Colonie e dell'Alto Commissa1io in A.O. (Ali. 237). La seconda iniziativa diplomatica italiana, quella diretta verso la Germania, trovava già una propria matrice nell'atteggiamento flessibile e conciliante assunto da Mussolini sin dalla primavera del 1935 nella sua politica nei riguardi di Hitler, che sarebbe aumentato di tono dopo il fallimento del piano Hoare-Laval in virtù, soprattutto, dell'orientamento filotedesco del nostro ambasciatore a Berlino Bernardo Attolico. ln effetti, i rapporti italo-germanici non erano stati sino allora molto chiari e, da parte tedesca, certamente ambigui se non addirittura ostili. Da qualunque lato si esamini il problema, secondo l'analisi di De Felice, Hitler aveva tutto l'interesse a che la guerra in Etiopia fosse per l'Ttalia lunga ed onerosa e che scavasse un solco incolmabile fra questa e le altre grandi potenze occidentali. 11 cancelliere tedesco, agendo sottobanco con questo intento, mirava a conseguire una serie di risultati positivi: favorire l'isolamento internazionale dell'Italia e di conseguenza la necessità cli sfuggire ad esso avvicinandosi alla Germania, privare Francia ed Inghilterra dell'amicizia italiana, indebolire il nostro Paese economicamente e militarmente, giovarsi del s uo impegno etiopico e dei relativi oneri finanziari per rimuoverne l'influenza in Austria ed in Ungheria e subentrarle nella leadership economica della penisola balcanica. Né era eia escludere, secondo l'analisi interpretativa clefeliciana, che tra gli intenti tedeschi vi fosse anche quello cli egemonizzare in qualche modo a livello ideologico tale influenza, facendo leva - quando non attivandola - sulla crescente convinzione in molti ambienti fascisti che l'orientamento anti-italiano di ampi settori dell 'opinione pubblica internazio-
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nale legata alla campagna in Etiopia fosse il prodotto di un complotto globale preordinato dalla massoneria e dal bolscevismo (3 65 ) . Hitler aveva cercato, inizialmente, di rendere inevitabile il conflitto italoetiopico e, successivamente, di inasprirlo a danno dell'Italia. Nel gennaio del 1935 aveva inviato ad Addis Abeba in missione segreta il console onora1io Steffen, con l' incarico di convincere il Negus ad attaccare di sorpresa l'Eritrea e la Somalia prima che gli italia1ù si muovessero. Il suo scopo era di mettere in difficoltà Mussolini per avere mano libera in Austria: cercò di perseguirlo anche nella immediata vigilia delle ostilità quando, su richiesta del diplomatico etiopico Hall, concesse al Negus un credito straordinario di tre nùlioni di Reichsmark, praticamente a fondo perduto, che servì per l'acquisto di armi tedesche guaii 10.000 fucili Mauser, 10 milioni di proiettili, 30 cannoni a.e. da 37 mm. ed altro materiale bellico. I cannoni furono comprati per intervento personale di Hitler presso le acciaierie Borsig di Berlino ed inviati in Etiopia con una nave inglese dopo che i tecnici della ditta avevano tolto i marchi di fabbrica per impedire indiscrezioni. Durante gli ultinù mesi ciel 1935, a campagna già in corso e con un andamento tutt'altro che lusinghiero per le nostre sorti, Mussolini, nel timore ciel peggio, aveva fatto sapere all'ambasciatore von Hassel che l'Italia avrebbe tollerato un' iniziativa tedesca in Austria se l'azione non fosse intervenuta troppo presto od improvvisamente. Avrebbe cambiato prontamente idea quando, sostituito De Bono con Badoglio, sarebbero arrivati i successi militari dell 'Ende1tà e del Tembien; i rapporti fra Roma e Berlino si fecero di nuove tesi e Mussolini conùnciò a riavvicinarsi alla Francia. A quell'epoca Hitler si fidava così poco di Mussolini da pretendere che l'Italia pagasse in oro i suoi debiti con la Germania, ammontanti a 300 milioni di Reichsmark, un gesto di scoperta inimicizia che mise in grave crisi la possibilità di un'alleanza fra i due Paesi (3 66) . E fino alla prima vittoria militare italiana del 1936 anche l'atteggiamento di buona parte della stampa tedesca sarebbe stato scarsamente amichevole e spesso ostile all ' Italia e tendente, al contrario, a valorizzare la resistenza etiopica (367 ). Nonostante questi precedenti, nel gennaio 1936 Mussolini avviò una politica cli riavvicinamento alla Germania, ce1iarnente per far uscire l'Italia dall'isolamento ma
Dc Felice R. , op. cit., pag. 730. ' Funkc M., "Sanktionen und Kannonen", Dusseldorf, Drosie, 1970, pagg. 36-48. 367 Un interessante ed esauriente resoconto del!' atteggiamento tedesco (stampa, istituzioni pubbliche, opinione popolare, ecc.) era stato e laborato da Massimo Magistrati e trasmesso a Galeazzo Ciano alla fine del 1935 (ACS, Fondo Mincu lpop, b. I 13, fase. 4, prot. illeg. le del 30.12.1935, da R. Ambasciata d'Itala a Berlino a Sottosegretario Slampa e Prop. da, f.to Magistrati). Nel luglio dello stesso anno erano pa rtiti da Brema per l' Egitto 146 tedeschi (ufficiali di complemento, tecnici, piloti) che si recavano in Etiopia attraverso il Sudan per arruolarsi qua li volontari nell 'esercito del Negus, regolarmente autorizzati a ciò da uno s peciale permesso dei ministeri dell'interno e dell a guerra del Reich (AUSS ME, H3-39/2, prot. 1118 dell' 11.9 . I 935, da S.I.Jvl.-2° Sei. a S.I.M., f.to tcn. col. Lu igi Mondini). Alu·ettanto signilicaiivo era il progetto per la costituzione di una "Legione Africana" destinata ad operare con le annate etiopiche sotto il comando tedesco, attivato a Parigi da agenti germanic i; uno schema del contratto di arruolamento è ri ponato ne lr All.238, mentre per altri panicolari d i dettagl io si rimanda a LE.Longo, "L'attività degl i Addelti Militari italian i all'estero fra le due guerre mondial i", Roma, USS!v!E, 1999, pagg. 207-208. 365
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ancor più per procurarsi uno strumento di pressione verso la Francia. Questo nuovo atteggiamento fu subito al centro dell'attenzione di varie cancellerie ed in particolare di quella francese, suscitando perplessità e preoccupazioni nonché, da parte di alcuni, esplicite richieste di chiarimenti. In linea di massima, Parigi 1'1.1 indotta a dare credito alle assicurazioni italiane che nulla era cambiato nella politica italiana verso la Germania e che nulla sarebbe cambiato se le vicende ginevrine non lo avessero reso inevitabile, anche se naturalmente incertezze, dubbi e timori avrebbero continuato a pcnnanere, il che era proprio quello che Mussolini desiderava. A fine marzo, dopo la manovra strategica nel Tigrai e l'avvio dell'avanzata generale verso Sud, la campagna italo-etiopica appariva ormai decisa ed a Roma diventava urgente prendere una decisione circa una risoluzione politica del conflitto, dal momento che se era vero che vi fossero varie possibi)jtà era altrettanto vero che non si sarebbe potuto prescindere da quelle che avrebbero potuto essere le reazioni sul piano internazionale, e ciascuna di esse avrebbe dovuto essere valutata anche e soprattutto in riferimento all'indirizzo che il governo italiano avrebbe inteso dare al proprio disegno di strategia politica al termine della campagna africana. La decisione venne presa ai primi di aprile. Stante la posizione intransigente assunta dall'Inghilterra circa l'estensione delle sanzioni, alla quale si erano associati numerosi Stati mfoori, non sarebbe stato pensabile eia parte di Mussolini cercare una soluzione della guerra sulla scorta dell'invito formulato dalla S.d.N. ai primi di marzo su proposta francese, sia per ragioni di immagine e sia perché presso la Lega il successo ottenuto manu militari sarebbe stato mutato in un insuccesso sul piano diplomatico assolutamente inaccettabile. Nel contempo, però, respingere completamente l'invito ginevrino avrebbe potuto rivelarsi pericoloso, perché ci avrebbe alienato le simpatie francesi e fatto definitivamente tramontare il progetto mussoliniano di una distensione con l'Inghilterra e quindi, in prospettiva, di quell'accordo internazionale generale che continuava ad essere l'obiettivo strategico primario del capo del governo italiano (Ali. 239). Pertanto, stando così le cose, nella prima decade di aprile Mussolini decise di giocare la carta di un accordo extrasocietario che potesse contemperare le esigenze militari con quelle cli immagine e di prestigio, ed elaborò quindi un progetto di compromesso in base al quale dare avvio a trattative con Hailé Selassié ed impegnare la Francia a sostenerlo sia presso l'Inghilterra che presso la S.d.N. A Badoglio, che il 6 dello stesso mese gli aveva sottoposto una bozza ciel messaggio che avrebbe avuto in animo di inviare al Negus ne l quale gli prospettava la possibilità di entrare in trattative con lui, e che comunque avrebbe marciato su Addis Abeba per garantire la tranquillità della capitale e dello stesso Negus, aveva risposto che prima di inviargliela occon-eva attendere l'epilogo dell'azione su Hari-ar e la conclusione dei lavori del comitato g inevrino. La proposta di Mussolini era la seguente: 1. Territori da annettere all'Eritrea: a) il Tigrai, in senso largo, sino al lago Ascianghi; b) il Uag, il Lasta, l'.Teggiù, il Uollo, il Bassopiano orientale, abitato dalle popolazione dancale consanguinee delle nostre, annessione necessaria per formare il retroterra economico ad Assab e per sviluppare una linea indipendente dalla ferrovia di Gibuti;
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c) la regione Beghemeder, Quarà, Aletà, necessarie per dare il dominio del Tana. 2. Territori da annettere alla Somalia: Sidama, Borana, Baie, Ogaden, Hararghié per troncare l'azione svolta dal Kenia verso l'Etiopia e troncare allo Scioa ogni speranza di sbocco al mare, l'Harrarghié per la giunzione territoriale tra le colonie e per assicurare, oltre i supposti giacimenti petroliferi, il controllo della ferrovia di Gibuti. 3. Territori sotto protettorato italiano: il Goggiam restituito alla famiglia originaria. 4. Tutte le regioni comprese nel basso corso del Nilo Azzurro fino al lago Rodolfo, come Beni Sciangul, Uommega, Gimma, Gherir, Limmau, Caffa affidate in mandato tipo C. 5. Un regno nello Scioa autonomo, ma disannato e sotto nostro controllo, con l'attuale famiglia regnante (368) . II progetto elaborato dal Duce era però destinato a non vedere la luce perché le operazioni militari non potevano subire eccessivi rallentamenti, dal momento che così facendo c'era il rischio che gl i etiopici potessero in qualche modo riorganizzare le proprie forze approfittando anche dell'ormai imminente periodo delle grandi piogge, ed anche perché il Negus era restio ad accettarlo sperando in un estremo intervento dell'Inghilterra (Ali. 240) il cui governo, a sua volta, rifiutò decisamente di prenderlo in esame interpretandolo come il timore da parte cli Mussolini cli osare fino in fondo una soluzione di forza, confe1111ando con ciò il convincimento, che non era solo inglese, che gli italiani non sarebbero riusciti a concludere la campagna entro la primavera. Tutto questo spiega e giustifica ampiamente, ad onta delle facili, strumentali e demagogiche critiche, le sollecitazioni rivolte dal capo del governo alla fine di aprile a Badoglio ed a Graziani affinché affrettassero i tempi per giungere rispettivamente ad Addis Abeba e ad Harrar, e nello stesso tempo la sua decisione di mettere in atto un ultimo, deciso pungolo sulla Francia per distaccarla dall'Inghilterra (Ali. 241 ). Il 18 aprile, durante un colloquio ufficiale con l'ambasciatore francese, Mussolini gli precisò come, per quanto concerneva un attacco tedesco al suo Paese, questo poteva fare totale affidamento sugli accordi Bacloglio-Gamelin, e come solo una guerra con l'Inghiltern avrebbe potuto impedire all'Italia cli intervenire in forze per difendere la linea del Danubio e l'indipendenza dell'Austria. La Francia fece tesoro di queste affermazioni, ed il riscontro si sarebbe avuto in tempi molto brevi a Ginevra. Di fronte al deciso atteggiamento cli Parigi, Eden attenuèi la tracotanza del proprio linguaggio e si adattò a chiedere l'appoggio francese per cercare di indurre Mussolini a moderare a propria volta le pretese e ad agevolare una soluzione tale da non umiliare la S.d.N. Ma nonostante questa dimostrazione di buona volontà, almeno apparente, ciel ministro degli esteri inglese, l'ultima settimana cli aprile raggiunse toni molto aspri, avendo la stampa britannica continuato nei suoi violenti att.acclù all ' Italia, al fascismo ed al suo capo, alimentando nell'opinione pubblica uno stato di sovreccitazione che rinnovò in Eden i mai sopir.i propositi cli intransigenza. A questo punto non restava a
368 De Felice R .. op. cii., pag. 740.
Gli obiettivi finali: Addis Abeba e Harrar
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Mussolini che pervenire a una soluzione radicale, sia pure cercando di drammatizzare il meno possibile la situazione ed in particolare di non creare troppi problemi al governo francese, e ciò tanto più in quanto era ormai prossima l'entrata in Addis Abeba ed era ormai venuta meno ogni possibilità di trattare con gli etiopici dopo la partenza del Negus per Gibuti. Fra le iniziative adottate dal Duce che ne comprovano l'intento di non esasperare la situazione politica internazionale, sono eia menzionare la notevole attenuazione delle polemiche antibritanniche da parte della stampa italiana e, ancor più, l'incontro fra il ministro degli esteri Dino Grandi con il re d'Inghilterra Edoardo Vlll promosso personalmente eia Mussolini. Di esso si ha un interessante e dettagliato resoconto in una lunga re lazione inviata da Grandi al capo del governo dopo averla stilata "a caldo" il 29 aprile, il giorno successivo ali' incontro stesso, riportata integralmente nell' All. 242, contenente anche una disamina della situazione politica inglese e della sua prevedibile evoluzione, condotta in profondità e con un realismo che potrebbe suscitare ancor oggi qualche perplessità sulla sempre e tanto sbandierata, eia lui medesimo dopo il 25.7.1943 e dai suoi biografi, propensione liberal del compilatore. 2 - LA MARCIA SU ADDIS ABEBA
Con l'occupazione incruenta di Dessié era caduto quello che fino alla battaglia del lago Ascianghi aveva costituito il più forte baluardo militare dell'Etiopia, ed a quel punto la via di Addis Abeba era aperta a lle truppe italiane. Ma prima cli dare il via a qualsiasi operazione a Sud di Dessié era indispensabi le portare a compimento la camionabile Mai Ceu-Quoram-Dessié e spostare da Macallé in quest'ultima località la base logistica più avanzata. TI compito dell'Intendenza era infatti quello di garantire l'afflusso continuativo dei rifornimenti necessari ai due CC.AA. in marcia a Sud del lago Ascianghi e di consentire, contemporaneamente, il rapido concentramento cli una colonna mot01izzata a Dessié per le successive operazioni. Il problema non era semplice, in quanto si trattava di trasportare celermente decine di migliaia di tonnellate attraverso un tenitorio estremamente .arduo. La catena dei rifornimenti venne comunque assicurata con ogni mezzo disponibile, dal mulo al canunello e dall'autocarretta all'aereo. L'alimentazione logistica terrestre fu suddivisa in tre tronchi, dei quali il primo gestito da autocarri pesanti, il secondo da automezzi leggeri ed il terzo da autocarrette. Queste ultime, anche per evitarne l'usura, venivano trasportate su autocarri pesanti fin dove questi erano in grado di giungere e poi, una volta scaricate dagli automezzi trasportatori e caricate a loro volta di materiali, proseguivano fino al punto dove anch'esse erano costrette ad arrestarsi a causa dell'impraticabilità ciel te1Teno. A quel punto subentravano i quadrupedi, gli unici in grado di muovere in quelle condizioni di viabilità. Tutto il problema organizzativo fu comunque risolto in tempi brevi ed infatti il 25 aprile, a soli 10 giorni dall' occupazione di Dessié, una colonna di truppe eritree sarebbe stata in grado di muovere da questa città verso Addis Abeba. Come è già stato in precedenza accennato, sin dall'8 marzo Badoglio aveva dato incarico al gen. Dall ' Ora cli predisporre a Macallé l'allestimento di un migliaio di automezzi per muovere su Addis Abeba, un progetto che se al momento
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si era rivelato prematuro ritornava d'attualità a distanza di un mese. Il 6 aprile, infatti il Comandante Superiore A.O. emanava gli ordini perché un'autocolonna di non meno cli 1300 autocarri fosse pronta a muovere da Dessié fra i giorni 23 e 25 per giungere nella capitale etiopica entro la fine del mese o nei primissimi giorni cli maggio. La marcia su Addis Abeba e l'avanzata generale verso Sud che aveva avuto il suo acme nella prima metà di aprile non avevano impedito a Badoglio di attuare una prima forma di ordinamento politico-militare del vasto territorio oltre il Tacazzé compreso fra il confine con il Sudan, il Setit ed il fiume. Quale Commissario per gli affari politici fu nominato Jacopo Gasparini, uomo di vasta esperienza amministrativa coloniale maturata attraverso incarichi a vari livelli in Somalia e nella stessa Eritrea della quale era stato governatore per un quinquennio, ed il territorio venne suddiviso in tre settori: - "Uolcait" (Uolcait-Tzaghedè) agli ordini del gen. Couture con sede a Chencher; - "Semien" (Tzellemti-Uoldebba-Semien-Uogherà-Cuollo Uogherà-Belesa) agli ordini del gen. Villasanta, con sede a Debarech; - "Gondar" agli ordini del luog. ten. gen. Starace, con sede nelle città omonima. 11 numero degli automezzi costituenti la colonna predisposta per muovere su Addis Abeba era nel frattempo salito a 1725, diversi fra loro per tipo, portata, velocità, carreggiata, varianti dall'autocarro OMI2 o Fiat 634 o R034 da 50 q. al furgoncino leggero; si trattava quindi di un complesso tutt'altro che omogeneo, richiedente durante il percorso lavori di adattamento al fondo stradale reso fangoso e viscido dalla pioggia, rettifiche in corrispondenza delle curve e dei tornanti, drenaggi in corrispondenza dei guadi continuamente asportati dall'acqua, ecc. Anche i conducenti erano misti essendo in parte costituiti da autisti civili. Per il movimento vennero scelti entrambi i due itinerari che collegavano Dessié con Addis Abeba. Si trattava di due piste polverose e prive di qualsiasi opera, impropriamente denominate camionabili, delle quali quella orizzontale, interna, si dirigeva verso Sud-Ovest raggiungendo Uorra Illù (2872 mt.) sui contrafforti fra la valle del Sobola e quella dell ' Uacit, affluenti entrambi del Nilo Azzurro; la strada passava quindi dalla valle dell'Uacit in quella del Mafer, risalendo di un migliaio di metri, dopo di che procedeva quasi pianeggiante sino ad Addis Abeba. Il chilometraggio totale corrispondeva a circa 31 O. Il secondo itinerario, quello orientale od esterno, scendeva dall' altopiano sul versante dancalo ed impegnava i pendii orientali della montagna, mantenendosi ad una quota fra i I 000 ed i 1500 mt. Seguiva in parte la valle del torrente Borchenna, tributario cieli' Auasc, poi volgeva decisamente verso mezzogiorno per Majetié, Hangar e Makfud tagliando a mezza costa le alte vallate degli affluenti dell' Auasc; oltrepassato il torrente Robi, la strada iniziava con larghi tornanti la salita dell'altopiano portandosi all'altezza di 3000 mt., superava a 3500 il passo di Ternaber e raggiungeva Debra Brehan. Da qui non vi erano più ostacoli degni di nota; la camionale lasciava a sinistra Ancober, antica capitale dello Scioa e, descrivendo un vasto arco verso occidente, si dirigeva su Addis Abeba dove terminava dopo circa 350 km. Il movimento venne organizzato su tre colonne:
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Da: "La conquista dell'Etiopia", cit., pag. I 06.
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- una autoca1Tata agli ordini del gen. Gariboldi, costituita dalla Div. Sabauda, eia tm gruppo di btg. nazionali di formazione comprendente una rappresentanza cli tutte le armi e specialità, dalla Il .Brigata eritrea, eia tre gruppi di artiglieria motorizzata da 77/29, da uno squadrone di cavalleria e da repa1ti speciali del Genio, doveva muovere da Dessié il 26 e percorrere la strnda Makfud-Debra Brehan; - una eritrea appiedata comandata dal gen. Gallina, costituita dalla l .Brigata eritrea rinforzata eia un gruppo di squadroni e eia un gruppo di artiglie1ia someggiata, doveva partire il 25 e seguire l'itinera1io Uorra Tllù-Leghedadi-Embert.erà; - un'altra infine, anch' essa appiedata, con a capo il ten. col. De Meo, costituita da un gruppo cli 4 btg.ni eritrei e da un gruppo di artiglieria someggiata da 75/13, doveva muovere da Dessié il 24 e seguire lo stesso itinerario della colonna autocarrata dalla quale avrebbe dovuto essere raggiunta e scavalcata poco prima del colle Terna ber. La forza complessiva delle colonne ammontava a 10.000 nazionali, altrettanti eritrei, 11 batterie ed uno squadrone carri veloci; sugli autocarri erano stati caricati anche un paio di centinaia cli quadru pedi tra cavalli e muletti per consentire a Badoglio ed ai suoi ufficiali di entrare in Addis Abeba in forma trionfale. In All.243 l'ordine di battaglia del contingente, del quale Badoglio, che il 20 aveva trasferito il suo Q.G. da Enda Jesus a Dessié, aveva assunto personalmente il comando. Si erano aggregati alle colonne anche Bottai e Lessona. L' eventualità di una resistenza etiopica, quanto meno in termini tali eia poter essere considerata come un fattore cli rischio, era in realtà solo ipotetica in guanto le informazioni segnalavano che per opporsi alla nostra marcia su Addis Abeba gli etiopici disponevano di non più di 5-6000 uomini dei quali solo la metà addestrata e neanche in maniera adeguata (3 69) . Preceduta cli due giorni. dalla colonna De Meo e di uno dalla colonna Gallina, il 26 aprile la colonna autocarrata iniziava il movimento articolata su due autogruppi pesanti di manovra e due autogruppi d i autocarri civili, e dotata di un'autonomia logistica tale da garantirsi l'efficienza ben oltre il numero dei giorni previsti in sede di pianificazione. L'Aeronautica forniva con continuità il proprio appoggio, attraverso aviolanci cli rifornimenti e missioni di ricognizione e pattugliamento. Durante il tragitto veniva fatta oggetto il 29 di un primo tentativo di disturbo - chè tale era, non potendosi neanche parlare di una vera e propria resistenza - sotto forma di alcune scariche di fucileria a pochi chilometri eia Makfud, al passaggio sul fiume Robi, che causavano un morto ed un ferito. Il secondo tentat.ivo per contrastare la marcia della colonna Garibolcli era messo in atto il giorno successivo da un piccolo nucleo di non più di una dozzina cli armati etiopici che, dopo aver provocato il brillamento di alcune mine posizionate in corrispondenza di un paio dei tornanti più angolati della ripida salita che conduceva al Passo Ternaber, 35 km. a Sud di Debra Sinà, si erano rifugiati in una grotta per difendere l'interruzione e venivano poi stanati ed eliminati da un reparto di alpini fra i quali si aveva un morto (3 70) . 11 danno causato alla strada dall'esplosione era 369 AUSSME, 06, D.S. Comando Superi ore A O., Notiziario Uff. Informazioni n° 350 de l 1°.5 1936. 370 AUSSME, D6, D.S. Comando Superiore A.O., al l.40. tele 846 del 6.5.1936 da Comando Superiore A.O. a Mini,t.ro Colonie, f.to Badoglio.
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notevole, avendo la frana asportato un migliaio di metri cubi di materiale creando un dislivello di alcune centinaia di metri. Per un giorno e mezzo, sotto una pioggia battente, molti uomini, parecchi dei quali legati in cordata, si impegnavano alacremente per costruire un muraglione di sostegno alto 30 metri e lungo altrettanto e porre termine al blocco dell'autocolonna ed alla giustificabile ansia di Badoglio che com inciava a temere di non poter essere ad Addis Abeba entro il termine stabilito, anche se a rasserenarlo contribuiva la notizia pervenuta nel pomeriggio del 2 maggio che il Negus aveva abbandonato la capitale. Al rientro da Lalibelà, dove si era recato in pellegrinaggio dopo la battaglia di Mai Ceu, Hailé Selassié era rientrato il 30 aprile in Addis Abeba dove indiceva un consiglio supremo con alcuni autorevoli esponenti quali il ministro degli esteri Heruy con il suo funzionario Tesfai Tegagne, i ras Cassa e Ghetacciù, il direttore della municipalità della capitale Tecle Uolde Hawariat, il fitaurari Burrù Uolde, il suo segretario Lamzo Taezaz ed altri notabili e personalità. Dopo aver esposto il proprio intento di ritardare l'entrata in città degli italiani con le forze che gli erano rimaste - rappresentate soprattutto dai 6000 armati cli presidio nello Scioa, risultando di scarso peso i resti in ritirata dell'armata sconfitta a Mai Ceu nonché i cadetti della scuola militare di Olettà - e poi cli trasferirsi con il governo in altra sede, ad Harrar (qualora non fosse ancora troppo esposta alla minaccia delle truppe cli Graziani) od a Gorè, capoluogo clell'Tlù Babòr, decentrata e vicino al Sudan, ovvero, nel peggiore dei casi, di raggiungere gli armati di ras Immirù e darsi con loro alla guerriglia fra le montagne del Goggiam, il Negus riceveva i rappresentanti diplomatici di Inghilterra, Francia e Stati Uniti che deludevano qualsiasi sua speranza in un inasprimento delle sanzioni contro l'Italia. Riunitosi nuovamente con le personalità cli cui sopra, prendeva atto cli quello che sembrava anche il loro orientamento generale, e cioè di proseguire per quanto possibile la lotta approvando anche il trasferimento della corte e del governo a Gore. Ma in un secondo consiglio tenutosi il giorno dopo, ras Cassa, che già in occasione del primo era stato fra i pochi contrarii a questa sol uzione, ribadiva il proprio parere suggerendo invece all'imperatore di recarsi a Ginevra e perorare di persona la causa etiopica abbandonando così anche il proposito cli difendere Addis Abeba, spalleggiato in ciò da ras Ghetacciù e eia altri capi m.ilitari che accampavano vari' pretesti per evitare cli continuare a battersi. Il 2 maggio, nel corso cli una terza riunione, la proposta di ras Cassa otteneva la maggioranza dei voti, compresa l'adesione sia pure forzosa e malinconica del Negus che era troppo intelligeme e sensibile per non real izzare che, in effetti, la sua partenza dalla capitale altro non sarebbe stata che una vera e propria fuga (37 1) . Prima cli prendere il treno per Gibuti insieme alla consorte Menem, ai cinque figli e ad alcuni alti dignitari, Hailé Selassié disponeva perché le istituzioni governative passassero sotto il controllo ciel presidente del senato e governatore dell'Ilù Babor Uolde Tzadek, investendolo quindi di una sorta di reggenza da esercitare da Gore, e perché non fosse opposta alcuna resistenza agli italiani ordinò altrcsì la liberazione di cinque di loro in stato d i prigìonia e l'affidamento al rappresentante diplomatico francese. Il Ne-
37 I
Stee r G.L., op. cit., pagg. 367-368.
Gli obiellivi.fìnali: Addis Abeba e Harrar
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gus sarebbe arrivato a Gibuti il 3 maggio, e nella stessa giornata si sarebbe imbarcato sull'incrociatore inglese Enterprise, attivato sin dal 26 aprile per un'eventualità del genere, con un seguito di 25 persone. Salpata il giorno successivo per Haifa, la nave vi sarebbe giunta dopo quattro giorni di navigazione, sbarcando il suo illustre passeggero diretto a Gerusalemme, prima tappa del viaggio verso l'Europa per un esi lio che sarebbe durato un quinquennio (3 72). Ritornando alla colonna autocanata, solo verso mezzogiorno del 2, riparata l' interrnzione, gli automezzi potevano ,i prendere la marcia, anche se nel tratto danneggiato essi dovevano essere alleggeriti dal carico e sospinti a forza di braccia, faticosamente, dagli uomini temporaneamente appiedati. Si rendeva necessaria un'altra giornata e mezza perché tutta l'autocolonna giungesse alla sommità del Passo e potesse pervenire nelle prime ore del mattino del 4 sul versante opposto del colle. Nello stesso giorno veniva occupata Debra Brehan, mentre le avanguardie si spingevano a circa 40 km. oltre la suddetta località, ed in serata si giungeva in vista di Addis Abeba. Frattanto la I Brigata eritrea, che marciava lungo l'itinerario interno ad una media giornaliera di oltre una quarantina di km. e non aveva incontrato nessuna resistenza o difficoltà degna di nota al di fuori del persistente mal tempo, era arrivata anch'essa in vista della capitale addirittura nella notte ciel giorno 2, e solo per motivi di immagine - era ovvio che nella città dovessero entrare per prime le truppe nazionali - era stata fatta sostare per lasciare il passo agli uomini di Gariboldi. Negli Allegati da 244 a 247 sono riportati i messaggi di Badoglio che ricostruivano le varie tappe della marcia della colonna autocarrata per superare gli ultimi 60-70 km., ed alle 16 il Comandante Superiore faceva il suo ingresso in città alla testa delle truppe, rinunciando al cavallo a causa della pioggia e preferendo invece l'autovettura personale scortata da motociclisti, mentre nel cielo alcuni velivoli Ro37 disegnavano acrobazie (Ali. 248). Addis Abeba, dopo la divulgazione della partenza del Negus, era da tre giorni oggetto di devastazioni cli ogni genere: quasi tutte le abitazioni ed i negozi europei saccheggiati ed incendiati, gli edifici pubblici distrutti, gli stessi palazzi impe1iali devastati e persino i leoni, simbolo dell'ormai sfaldatosi impero, erano stati abbattuti. Se la popolazione, d'altrnnde, non avesse avuto l'incitamento e il permesso di compiere quella che era la più desiderata e gradita aspirazione abissina, la razzia, l'hezzeggiò, la folla avrebbe senz'altro giudicato che il Negus mancava con la sua fuga a un debito d'onore e probabilmente lo avrebbe ucciso. Una ventata di selvaggia furia devastat1ice si era diffusa sulla città che appa1iva tuttora nel caos più totale, priva di qualsiasi servizio, ingombra di cadaveri, di carogne di animali, di mobili e suppellettili sparse per le vie, attraversate da sciftà, da milizie reduci dal fronte ed onnai allo sbando e da predoni di varia tipologia, mentre numerosi colpi d i arma da fuoco risuonanti per le strade confermavano il protrarsi della più anarchica delle violenze. Seconda la particolareggiata ed obiettiva sintesi di Steer, "il più povero saccheggiava il più ricco, se questi opponeva resistenza. La guerra di classe, senza 372 Per un resoconto deuagliato sulle ultime fasi della permanenza di Hailè Selassiè in Addi.s Abeba, nonché dei particolari del suo viaggio verso l'esilio, si rimanda al citato volume di Del Boca (pagg. 690-696).
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distinzione di razze e spontanea come un uragano africano, divampò su tutta Addis Abeba con un crepitio di.fucili" (3 73 ). Soltanto le Legazioni estere, nelle quali si erano 1ifugiati la maggior parte dei 6000 stranieri, seppur persistentemente minacciate da bande annate ma comunque dotate di un certo numero di am1i e persino di rifugi sotterranei (3 74 ), alcuni edifici privati e la stazione ferroviaria - la cui difesa era stata organizzata dall'Addetto Militare francese col. Guillon con soldati senegalesi fatti affluire da Gibuti e con alcuni zabagnà (poliziotti municipali) locali - risultavano ancora indenni dalla distrnzione (375 ). Nella stessa sera del 5, pertanto, pattuglie italiane prendevano possesso dei punti e degli edifici più importanti, intervenendo con la necessaria energia per ristabilire l'ordine. Già nei giorni precedenti il governo francese, preoccupato per la so11e dei propd compatrioti e degli altri europei, si era 1ivolto a Mussolini pregandolo di provvedere per l'occupazione la più rapida possibile di Addis Abeba, ed il 3 il Duce aveva invi tato Badoglio a far sorvolare Ja città da nostri aeroplani per dare coraggio agli europei asserragliati nelle Legazioni ed intimidire i saccheggiatori etiopici, aprendo il fu oco con le armi di bordo laddove fosse stato possibile individuarli.Ed il giorno successivo ribadiva di far replicare le missioni di volo, aviolanciando anche alcuni fucili mitragliatori o mitragliatrici ed il relativo munizionamento entro il recinto della Legazione francese (3 76) . Sempre il giorno 3, mentre Badoglio si trovava a Debra Brehan, gli aveva inviato direttive ancora più dettagliate circa le misure da adottare per prevenire e stroncare il clima di violenza in atto nella capitale, consapevole che la situazione dell'ordine pubblico era giunta ad un punto tale da richiedere la mano dura, il che, a parte le considerazioni umanitarie, lo esigeva anche il prestigio dell'Italia, la quale, ormai prossima a dotarsi anch'esso di un impero coloniale, doveva dimostrare all 'opi-
3 73 Steer
G.L.. op. cit., pag. 374. Nel corso del c<mlliuo, in previsione dell 'occupazione ili.I liana e dei possi bili problemi connessi a quel periodo, ad alcune Legaz.ioni erano state assegnate truppe per la protezione dei residenti e dei cittadini di altre nazionalità. In particolare l' Inghilterra aveva organizzato una forza di protezione che ern stata utilizzata non solamente dai residenti ma anche da appartenenti ad altri Paesi. Essa era costituita da soldati indiani del 5° Btg. del 14° Rgt. del Pungiab. Era stata istituita una zona protetta con trincee e filo spinato attorno agli edifici della Legazione cd erano state inoalzate tende per ricoverare i rifugiati. Anche la Legazione tedesca aveva approntato un sistema di proiezione a difesa dei propri concittadi ni. All'avvicinarsi del fron te la popolazione protetta dall'lnghi llerra, consistente in circa l 000 persone, era stata concentrata nel campo approntato intorno alla Legazione. Successivamente anche cittadini appartenenti ad altre comunità straniere affluirono al campo portando il nurnero de i rifugiati a circa 2000. Ciò ebbe inizio intorno al 20 aprile e raggiunse il culmine alla fine del mese. (Sciaky R., "Protezione delle Legazioni straniere durante l'occupa7.ione italiana di Addis Abeba", in: "La posta militare", n" 83/2000, pagg. 12- 14). 375 Per un resoconto minuzioso della situazione dell'ordine pubblico in Addis Abeba nei giorni immediatamente precedenti l'ingresso delle truppe italiane, si veda il ci tato vo lume di Del Boca (pagg. 697-70 1). In merito al numero delle vittime di quelle giornate, un'autorevole fonte francese parla di 500 morti, 14 dei quali stranieri (Rousseau Ch., ·'Le conflit italo-éth iopienne devant le droit internationncl''. Paris, Pedone. I938, pag. 205), mentre una fonte italiana altrettanto affidabi le ri ferisce di 600-700 morti dei quali circa il 4.5 % stranieri (Emanueli E., "Ri cognizione di Addis Abeba la prima notte della conquista", in: "La Nuova Antologia", agosto 1936, pag. 257). 376 ASD-MAE, Etiopia, Fondo Guerra. b. 112, fase. 6. 374
Gli obiettivifì11ali: Addis Abeba e Harrar
379
nione pubblica internazionale di essere in grado di gestire questo nuovo ruolo con la necessaria prontezza cd autorevolezza:
"Occupa,a Addis Abeba V.E. darà ordini perché: 1) siano .fucilati sommariame111e tutti coloro che in città o dintorni siano sorpresi colle armi alla mano; 2) siano fucilati sommariamente tutti i cosiddetti giovani etiopici, barbari crudeli e pretenziosi, autori nwrali dei saccheggi; 3) siano fucilati quanti abbiano partecipato a violenze, saccheggi, incendi: 4) siano somm.ariame111e fucilati quanti, trascorse 24 ore, 11011 abbiano consegnato armi da fuoco e munizioni. Attendo una parola che confermi che questi ordini saranno - come sempre - eseguiti" {377 ). Con l'occupazione di Addis Abeba la campagna d 'Etiopia era terminata, con un pedaggio, in termini di perdite. pari a 1976 morti ( 1154 nazionali. dei qua li 127 ufficiali, e 822 indigeni) e 3357 feriti ( 19 18 nazionali , dei quali 178 ufficiali, e 1439 indigeni) (3 7l'). L'ordine del giorno diramato il 7 maggio da Badoglio (Ali. 249) poco o nulla concedeva alla retorica trionfalistica se non un aggettivo, ''prodigiosa", anribuito all'impresa e che forse ad un primo impano avrebbe poluto suonare in po' ridondante ma che trovava invece la sua ragion d 'essere nella spiegazione che il compilatore dava di quella espressione, una sintesi in effetti quanto mai ve1itiera nella sua semplicità:
" ... e il prodigio è stato possibile perché ogni combattente aveva il senso e l'orgoglio cli essere cirtadino italiano; perché ognuno era conscio della grave impresa nella quale la Patria e ra impegnata e della parte che aveva in essa e perché in questi sentimenti trovava la forza per ajfromare ogni fatica, per superare ogni ostacolo..."
3 - LA PROGR ESS IONE VERSO H ARRAR Nelle intenzioni del Comando FF.AA. Somalia la sosta a Dagahbur avrebbe dovuto essere ridotta al minimo indispensabile per ricostituire le dotazioni da destinare alle colonne onde mettere in atto il successivo, ultimo movimento di 250 km. verso Harrar. Il maltempo continuava ad ostacolare notevolmente le comunicazioni, ma il Genio era riuscito a gettare faticosamente un solido ponte di 30 tonn. sul Giarer consentendo così alla colonna di destra, della quale nel frattempo aveva assunto il comando il console gen. Navarra, di attestarsi al mattino del 3 sulla riva omolaterale de l fiume. Nel contempo era stata individuata una nuova pista lungo il decorso della riva sinistra d i questo, non riportata sulle ca11e e adducente a Giggica con un arco più amp io verso oriente. Nella giornata del 3 il Comando FF.AA., che il giorno precedente si era trasferito a Dagahbur, emanava gli ordini per la prosecuzione dell ' avanzata, dando quali obiettivi del primo tempo Farso per la colonna di sinistra e Uarroch per quel-
377 AUSSM E, D.S. Comando Superiore A.O., te le 5007 dc.I 3.5.36 da Capo del Governo a Comandante Superi ore A.O .. f.to Mussolini. 378 "La guerra italo-etiopica. Fronte Sud''. voi. IV, ali. 500. pag. 304.
380
La campagna italo-etiopica, 1935-/936
Schizzo n. 84 - Situazione delle colonne operanti al 5 maggio 1936 - XIV
Situazione delle colonne operan ti al 5 maggio 1936 - XIV SCALA 1 : 1.500.000
Da: " Fronte Sud. Relazione", cit., voi. IV, pag. 254 , ali . 48 1.
Gli obieuivi finali: Addis Abeba e Harrar
38 1
la cli destra. Ignorando la situazione logistica della Div. Libia, ormai tutta 1iunita a Dagahbur ma le cui retrovie erano intransitabil i per il maltempo e per gli allagamenti nella zona di Gianagobò, lasciava al gen. Nasi la scella della data d'inizio del movimento (Ali. 250). ll 4 mattina, approfittando di una tregua nelle condizioni rnetereologichc. le due colonne muovevano verso gli obiellivi assegnati. Que lla di Navan-a sboccava infatti sulla destra, ma nel pomeriggio il maltempo riprendeva con violenza ed a sera non si trovavano al di là del fiume che poche decine di autoca1Ti sui 700 dei quali disponeva la colonna. Ne conseguiva l'ordine della sospensione del movimento lungo il Giarer, riservandosi di bloccare a Farso anche lo scaglione Verné che nel frattempo si stava radunando .• Poi veniva disposto che all'alba del 5 una forte colonna celere a l comando del sen. Verger della Milizia Forestale si spingesse su quella nuova pista, individuata con la ricognizione del giorno precedente sulla riva sinistra, portandosi il più avanti possibile. Graziani sperava così di poter uscire dalla piana di Dagahbur ed occupare Harrar in contemporanea con l'imminente entrata in Addis Abeba delle truppe di Badoglio. Ma anche se quell'obiettivo non avesse potuto essere materia lmente conseguito in quello stesso giorno, non si sarebbe poluto non ammettere, precisava Graziani in un messaggio a Mussol ini, come Harrar fosse da ritenere virtualmente conquistata e che la vitt01ia assoluta ottenuta nell'Ogaden con la distruzione dell 'armata cli Nasibù non avesse affrettato la fuga del Negus (A li. 251 ). Quest'ultima, esplicita messa a punto del Comandante del fronte Sud per cercare di contenere il ridondante e reclamistico t1ionfalismo badog liano, avrebbe avuto due giorni dopo la rassicurante malleveria del capo del governo (Ali. 252). Graziani sollecitava Nasi ad inviare in direzione Harcho un nucleo autocarrato leggero cui avrebbe fatto seguito il grosso a marce forzate, ed ordinava a Navarra di muoversi a sua volta sull'itinera rio orientale avendo come obiettivo Giggica, sulle tracce della colonna Verger che avrebbe agito da avanguardia. mentre quella cli Frusci doveva seguire la pista lungo la destra del corso del Giarer non appena fosse stata segnalata come transitabile. Raggiunta dopo 120 km. I ' avanguardia del sen. Vcrger, alle ore 2 del 6 maggio la colonna Navarra giungeva in vista cli Giggica, dopo aver percorso 170 km . in 12 ore senza alcuna sosta. La città appariva completamente saccheggiata da nuclei di predoni che attuavano un molesto cecchinaggio, peraltro elimi nati in poche ore dalla reazione delle nostre truppe le quali, all'alba del 6 maggio, prendevano possesso dell'abitato (Ali. 253) . Nella stessa giornata s i procedeva anche all'occupazione del Passo di KaraMarda, dominante dai suoi 2000 mt. la strada per Harrar. Sulla sinistra, intanto, il gen. Nasi dava il massimo impulso alla colonna Verné, in ottemperanza agli ordini del Comando FF.AA. che, visto il saccheggio subito da Giggica, intendeva fare il possibile per preservarne Harrar. Al mattino del 7 la colonna Verné occupava Hareho, controllando quindi completamente le comunicazioni fra Giggica cd Harrar, e nella stessa giornata Graziani diramava l'ordine di operazioni per l'occupazione di quest' ultima. Ad essa avrebbero preso parte le truppe della colonna Navarra, alquanto alleggerita, quelle dello scaglione Verné già attestata ad Hareho ed un 'aliquota motorizzata della Div. Libia. Il gcn. Nasi avrebbe assunto il comando dell'intera colonna non appena lo scaglione Navarra, giunto ad Hareho, si fosse riunito con
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La campagna italo-etiopica, 1935-1936
quello di Yerné. Al mattino la colonna Navarra muoveva da Giggica e la sera raggiungeva Hareho, avendo a copertura delle proprie retrovie il distaccamento Pizzorno, dislocato al Passo Kara-Marda. Nello stesso giorno era pervenuto a Graziani un messaggio cli Badoglio nel quale questi gli chiedeva di comunicargli quando prevedeva di enu-are in Harrar e gli notificava di aver disposto l'occupazione della linea ferroviaria per Gibuti allo scopo di assicurare i rifornimenti alle sue truppe (All. 254). Poco prima delle 13 dell' 8 maggio la colonna Nasi percorreva i 60 km. eia Hareho ad Harrar e si affacciava con l'avanguardia sulla conca della città, accolta da un rado fuoco di focileria eia parte delle sparute retroguardie etiopiche. Entrata nell' abitato, amp_iamente saccheggiato anche dalle trnppe regolari di Nasibù, ne occupava gli edifici pubblici e ne organizzava la difesa (Ali.ti 255 e 256). Graziani non aveva potuto entrare in I-larrar alla testa della sue truppe, come aveva divisato e come avrebbe giustamente meritato, perché il giorno precedente, mentre stava visitando la chiesa copta di Giggica, era caduto in una buca profonda circa 6 mt., probabilmente una trappola predisposta dal nemico, riportando notevoli contusioni diffuse che peraltro non gli avrebbero impedito di continuare ad esercitru·e il comando. Un' amara beffa, per il comandante del fronte Sud, questa di dover rinunciare ad essere protagonista nel raggiungimento del traguardo finale, che probabilmente - e senza tener conto delle connotazioni temperamentali del personaggio- veniva vissuta in modo ancora più iroso non potendola neanche addebitare a Badoglio, il cui ostruzionismo anche a tale proposito aveva certamente adombrato presso Mussolini o con lo stesso Badoglio, così come è confermato da un telegramma da quest.i inviatogli nel giorno precedente nel quale l'ultima frase, conoscendo alcuni suoi precedenti, non può non lasciare alquanto perplessi:
"Non ho mai pensato di togliere a VE. la soddisfazione di entrare ad Harrar. At S.E. il Capo del Governo ho telegrafato da Dessié che Harrar era giusto compenso alle fatiche di V.E. et delle truppe della Somalia. Si tranquillizzi quindi V.E. che io non sono abituato a compiere cattive azioni" (379) . Nel primo pomeriggio dello stesso giorno 8 lo scaglione di coda del gen. Navarra, attardato dal passaggio cli un corso d' acqua sul quale aveva dovuto improvvisare un ponte di circostanza, raggiungeva Harrar (Ali. 257) dove riceveva l'ordine di riprendere immediatamente la marcia verso Dire Daua, in concomitanza con l'arrivo delle truppe provenienti da Addis Abeba. La marcia della colotrna Navarra era effettuata nella stessa notte in ottimali condizioni stradali nonostante il nemico avesse cercato di interrompere la camionabile con varì accorgimenti. Alle ore 2.30 del giorno 9 l'avanguardia perveniva all 'altezza dei reticolati di Dire Daua, dove aveva luogo l'incontro con due autoblindo del distaccamento francese il cui comandante man.ifestava la propria sorpresa nel veder giungere gli italiani a quell'ora e dal Sud mentre erano attesi l' indomani e provenienti da Addis Abeba. L'occupazione della città, rimasta fortunatamente indenne, aveva luogo in forma del tutto pacifica con la 221 ° Leg. del corn,. Parini alla quale, per ov-
379 ACS, Fondo Graziani, se. 14, fase. 20, prol. 888 lvl.CSAO, da Comando Superiore A.0.-Ufficio OPR a S.E. Graziani, f.to Badoglio (riportato in Ali. 258).
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Gli ohie11ivi fina li: Addis Abeba e llarrar
vi motivi propagandistici, veniva consentito di entrare per prima (All. 259). Il distaccamento francese, formato da un battaglione senegalese e da una compagnia coloniale, effettuava la regolare consegna degli edifici pubblici. L'occupazione di Dire Daua costituiva un evento importante anche oltre l'aspetto politico, perché da quel momento essa diventava prezioso organo collettore dei rifornimenti c he da Gibuti o eia Mogadiscio dovevano afflui re ad Addis Abeba per ali mentare la città ed il suo presidio. G ibuti preoccupava i francesi, perché in effetti il ruolo e l' importanza di questo loro possedimento coloniale dipendeva intensamente dal traffico ferroviario, come attesta il documento d i cui ali ' All. 260 (3 80). Poco dopo mezzogiorno giungeva da Addis Abeba il li Btg. del 46° Ftr. della D iv. Sabauda al comando del magg. Pittau che scambiava il presentat'arm con un repa1to della 22 1° Lcg . agli ordi ni del sen. De Gennaro, congiungendo così , a distanza di quasi 1000 km . dalle antiche frontiere ed a ci rca 1300 dalle basi cli partenza, le due armate deg li scacchieri Nord e Sud (All. 261 ). In quel g iorno, lo stesso nel quale il Duce proclamava la fo ndazione del!' Impero, le operazioni avevano avuto termine anche sul fronte Sud. Le perdite su questo teatro operativo durante tutta la campagna erano state le seguenti: 1298 morti (269 nazionali, 33 dei quali ufliciali, e 960 indigeni) e 19 I O feriti ( 12 1 nazionali, de i q uali 37 uffic iali, e 1789 indigeni) (3 81). 380 Mentre nel seuore orientale si svolgeva l'offensiva dell'Ogaden in quello occidentale del Giuba-Scebeli il gen. Geloso. assunlO il comando del settore e de lla Div. Speciale cos1i1uiia dalle lruppc che vi erano slanziate dalla fi ne di marto. aveva dato nuovo impu lso ,tll 'organizzazione politico-mililare del settore stesso perlustrando auivamente il lerrilorio afi idmogli. costiLUcnclo bande irregolari presso le cabile souomcssesi e promuovendo proficu i comaui politici con quelle ollre frontiera e provvedendo nel contempo all'organiv.azionc logistica. Fino quasi alla fine di aprile il nemico non aveva preso alcuna iniziativa in quel seuore; ma ,.l\'ula notizia che nel territorio del Baie penmmeva sempre il contingcme di Beiené Merid. forte di circa 2-3000 uom ini. e che nel Sidamo i due luogotenenti di ras Dcstà, Maconnen Uossenien e Gabrè Mariam, stavano cercando di ricoslituirc l' armata del ras, e poiché anche le inizia1ive delle autorità inglesi del Kenya ai nostri danni e le loro pretese sui pozzi di Gaddaduma diventavano sempre più accentuate, Geloso proponeva di occupare Moyale e Mega, in modo da eliminare definitivamente ogni ingerenza ed aiuto ing lesi su quella importante linea di rifornimento, senza che peraltro G raziani approvasse tale progetto per non cl.islnuTe energie cl.i l frome ddl' Ogaden. Esso sarebbe stato invece ripreso verso la fine di maggio ed anmuo fra la seconda decade di giugno e la metà di onobre (Terragni E.. "La conquisia della regione dei laghi equatoriali'', Roma. Ministero Guem1-Comando del Corpo di S .~ .. Uff. Storico, 1938: cfr. anche Pedriali F., "La fine d i ras Destà'', in: "Storia Militare". n° 84nOOO, pagg. 38-47). 38 1 " La guerra italo-etiopica. Fronte Sud ... voi. IV, ali. 500. pag. 305. Ne llo stesso documento. a lla stessa pag ina, è riportala anche una sintesi dcll' attivilli dell' Aeronautica dell a Soma lia durnnte la campagna: - !\. 4760 voli con I0.000 ore di volo di cui: - N. 950 a2.ioni di bombardamenlo: • " I 230 ricognizioni ; - " 2580 servizi van . Esplosivo lancia10: tonn. 383. Colpi sparal i: 90 nùla. Perdite: 5 ufficial i morti per ferite; 6 avieri morti per incide nti ; 6 avieri feriti: 3 apparecchi abbattuti: 54 apparecchi colpiti con 274 colpi.
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PARTE TERZA
CONSUNTIVI E CONSIDERAZIONI
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I capi e l'azione di comando
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CAPITOLO XV
I CAPI EL' AZIONE DI COMANDO
Le considerazioni conclusive, desumibili da quanto è stato esposto nella pagine precedenti nonché dall'analisi della vasta documentazione esaminata e solo in parte menzionata, necessitano di una sistematizzazione tematica tale da evitare l'inconveniente, altrimenti abbastanza probabile, di un riversamento di molteplici elementi sicuramente interessanti ma la cui esposizione non troppo coordinata potrebbe ingenerare nel lettore una certa ridondanza nella loro corretta assinùlazione. Se è vero, come è vero, che gli eventi storici sono il frutto delle azioni degli uomini che ne sono stati i protagonisti, nell'esame critico di una campagna bellica un ruolo prioritario è rivestito dai capi militari. Nella campagna italo-etiopica, i personaggi di maggior rilievo lasciarono in essa un' impronta caratterizzante, e si identificano essenzialmente nelle figure di De Bono, Badoglio e Graziani alle quali va aggiunta, per la parte determinante che vi svolse, quella di Baistrocchi. I - DE BONO
Emilio De Bono era forse il personaggio più onesto e tranquillo fra gli esponenti di punta che avevano contribuito a condurre al potere il movimento fascista. Era un galantuomo, più propenso a fare del bene al prossimo che a nuocergli, istintivamente port~ito all'amicizia ed alla fedeltà e riluttante a modificare tali sentimenti anche di fronte a prove palesi che i beneficiari non ne fossero più meritevoli. Dotato di energia e coraggio personale, aveva messo in luce queste qualità durante la prima guerra mondiale, nel corso della quale era stato un buon comandante di reggimento, di brigata, di divisione e di corpo d ' armata, amato e stimato dai suoi soldati per il buon senso e l'impronta umanamente istruttiva della propria azione di comando, anche se non era associata a spiccate attitudini strategiche mancandogli quella sicura ed immediata percezione del problema operativo, del rapporto esistente fra l'obiettivo ed i mezzi e le modalità per conseguirlo che contraddistinguono il vero conduttore di uomini. Non era privo, peraltro, della capacità di vedere lucidamente, in chiave di analisi critica professionalmente acuta, gli errori nella conduzione delle operazioni militari. Eppure, nonostante questi presupposti positivi, sarebbe stato sempre oggetto di un'autentica sottovalutazione da parte di quasi tutte le persone che, lungo il percorso della sua lunga esistenza, avrebbero avuto contatti con lui. Una spiegazione cli tale giudizio globalmente negativo potrebbe essere individuata in certi suoi comportamenti desti-
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nati a suscitare disistima, sarcasmo o fastidio. L' uomo era infatti petulante, incline alla lamentazione, ipocondriaco, soggetto a sbalzi dell'umore con crisi depressive, molto suscettibile e tendenzialmente invidioso, incapace di nascondere le proprie ambizioni (che erano, tutto sommato, abbastanza contenute o comunque nella norma; la più grande era quella di poter continuare a rivolgersi a Mussolini, al quale sarebbe stato sempre intimamente devoto, dandogli del "tu"), portato a frequenti e disinvolte citazioni in un latino inzeppato di errori grossolani, il tutto aggravato da un aspetto fisico minuto ed eccessivamente scattante, conedato da barba e baffi risorgimentali, che dava luogo ad un atteggiamento bersaglieresco al quale amava indulgere non rendendosi conto della sua connotazione spesso decisamente macchiettistica (3 82 ) . De Bono, inviato in Eritrea nel gennaio 1935 con l'incarico di preparare quel territorio pastorale e dai ritmi sonnolenti, privo dei vitali suppo1ti logistici, a fare da base alla campagna il cui inizio era previsto per l' autunno successivo, era riuscito in nove mesi ad attivare le strutture indispensabili alla bisogna, svolgendo nel complesso un buon lavoro senza il quale non sarebbe stato possibile condurre le operazioni a tanta distanza clall' Italia. Di ciò gli sarebbe stato dato atto eia più parti, compreso uno dei critici meno benevoli nei suoi confronti, il Finkelstein, che ha scritto come nonostante i rilievi circa le sue capacità militari egli avesse completato tutti i preparativi necessari per la guerra, inclusa la 1iorganizzazione del porto di Massaua così che truppe e rifornimenti potessero sbarcare rapidamente (383). E Bottai, ribadendo come De Bono non si fosse solamente occupato di questioni militari ed organizzative strettamente collegate con le imminenti operazioni belliche ma si fosse anche dedicato a considerevoli problemi di amministrazione civile, metteva in evidenza quella che a suo parere era la dote principale del personaggio, un buonsenso che poteva arrivare alla genialità: " ... .Ripenso ai 70 anni di De Bono e mi domando se non ne promanava un senso più vivace dei problemi. La giovinezza non è solo un'età, è un costume. De Bono sapeva indossarlo" (38 4). Sotto l'aspetto operativo, la sua prima avanzata si era svolta in modo confuso, con criteri generali piuttosto discutibili, da guerra di trincea. Cinque GG.UU. si erano mosse pesantemente su un terreno difficile, trascinandosi dietro un polveroso e d'altra parte indispensabile codazzo di salmerie e tutto ciò, in fondo, per effettuare una pacifica progressione non contrastata se non da qualche esiguo nucleo etiopico. Dopo l'occupazione di Axum e cli fronte alle sollecitazioni di Mussolini per un successivo obiettivo da raggiungere il più rapidamente possibile, De 382 Fucci F., "Emilio De Bono, il Maresciallo fucilato" , Milano, Mun; ia, 1983, pagg. 178-180. Per gli aspetti biografici relativi a Dc Bono cfr. anche: Araldi V., "De Bono", Napoli, Rispoli, 1940 e "CC.NN. a Montecitorio", Milano, Mursia, 1974; Algardi Z ., "Processo ai fascisti", Firenze, Pesen ti. 1958; Bucc iante G., "I generali della dittatura", Milano, Mondadori, 1987; Caudana M. , "I fuci lati di Verona'', Roma, C.N.E., 1961; De Bono E ., "Nell 'esercito nostro pri ma della guerra", Milano, Mondatori, 1931 e "La guerra come l'ho vista e combattuta io", Milano, Mondatori, 1935; Bozzoli G., "I ras del regi me", Milano, Bompiani , 1972; Finkclstein M.., " De Bono", in: "Uomini e volti del fascismo", Roma, Bulzoni , s.i.d.; 383 Finkelste in M.S., op. cit., pag. 199; 384 Bottai G., "Diario 1935 -1 944", Milano, Riizoli, 1982, pag. 56.
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Bono cercò di convincere il Duce che sarebbe stato pericoloso buttarsi in una sconsiderata marcia in avanti e che invece sarebbe stato più opportuno attendere. Entrambi avevano una parte di ragione., tenendo conto che le loro erano valutazioni condotte da prospettive diverse, Mussolini da quella politica, De Bono da quella militare. Egli temeva, forse con eccessiva prndenza ma non a torto, di avere i fianchi sguarniti, di non essere in grado di rifornire le truppe, di dover affrontare una controffensiva che lo avrebbe potuto cogliere in crisi logistica e di mobilità; Mussolini sentiva sul collo l'incal.zare delle vicende ginevrine che stavano per votare le sanzioni, il che avrebbe potuto costringere l'Italia a tirare i remi in barca, magari interrompendo l'offensiva, e se ciò fosse avvenuto era più che mai necessario che le nostre truppe avessero occupato quanto più territorio possibile. A proposito del successivo esonero del Comandante Superiore A.O., Rochat giunge alla conclusione che questi doveva essere sollevato dal comando perché non era in più in grado di seguire la linea del capo del governo che esigeva successi spettacolari, anche perché essendo egli considerato l'uomo di Mussolini e del P.N.F., ogni suo insuccesso si sarebbe ripercosso sul prestigio del Duce (3 85). Sin dall'inizio delle operazioni, d'altra parte, De Bono aveva dato l'impressione di essere sopraffatto dagli avvenimenti e di perdersi a sua volta in particolari seconclar1, senza più 1iuscire a capire le ragioni della premura fattagli. La sua azione di comando appariva pertanto frammentaria ed oscillante, aperta a tutte le pressioni ed impressioni. L'uomo aveva certamente doti di animatore ma non cli organizzatore e non era in grado di padroneggiare compiutamente la complessa macchina bellica che contava già 200.000 uomini e montagne cli rifornimenti. Per di più De Bono non aveva alle spalle un gruppo cli potere organizzato: nel gennaio 1935 aveva lasciato il ministero delle Colonie al sottosegretario Lessona, un gerarca di secondo piano che però aveva colto l'occasione ed iniziato una politica di intrighi personali, attaccando De Bono e Baistrocchi ed appoggiandosi a Badoglio e Graziani. L'ex ministro delle Colonie doveva quindi guardarsi dai suoi stessi collaboratori di un tempo, dai militari che non avevano digerito la sua nomina e da antichi colleghi come Balbo e De Vecchi che aspiravano entrambi alla sua successione. Mussolini prese tempo: l'ostentata fedeltà personale cli De Bono gli tornava abbastanza uti le perché esitasse a mettere fuori causa l'anziano gerarca. Egli sapeva di avere una grossa carta di riserva, la nomina di Badoglio, che per rango, esperienza e prestigio avrebbe avuto l'appoggio degli ambienti tradizionali e neutralizzato ogni eventuale avversione di quelli fascisti . Con la nomina del piL1 autorevole esponente dei vertici milita1i, Mussolini si sarebbe coperto le spalle, perché un eventuale insuccesso sarebbe stato addebitato a Badoglio anziché a lui ed al regime, ed inoltre l'invio in Africa di uno dei personaggi-chiave della grande guerra avrebbe messo in risalto la continuità fra questa e l'impresa etiopica ed il carattere nazionale di quest'ultima. La prima iniziativa fu compromissoria, incaricando Badoglio di recarsi in Eritrea subito dopo l'inizio delle operazioni per
385 Rochat G. , "Militari e politici nel .la preparazione de lla campagna d'Etiopia 1935-1936", Milano, Franco Angeli , 1971, pag. 232.
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studiarne l'evoluzione e riferire in me1ito. In realtà, il vero significato della missione era quello di sensibilizzare governo ed opinione pubblica sulla candidatura di Badoglio quale successore di De Bono, anche se sul piano formale era più che legittimo il diritto-dovere del Capo di Stato Maggiore Generale cli compiere un' ispezione al teatro operativo. 2 - BADOGLIO
La designazione cli Badoglio in sostituzione di De Bono dimostrava inoltre come non si potesse fare una guen-a scavalcando quasi lo Stato Maggiore ed attribuendo i comandi superio1i sulla base di motivazioni politiche ancorché tecnico-professionali. I p1imi atti di Badoglio dopo l'assunzione del comando furono diretti alla riorganizzazione dei servizi logistici, alla ripartizione precisa dei compiti e delle responsabil ità tra i vari comandi e ad assicurare la sua piena fiducia negli ufficiali che avevano fatto parte della gestione De Bono, così da dar luogo ad un clima disteso e collaborativo. L' azione di comando di Badoglio fu rivolta in particolare al miglioramento della fragile rete delle comunicazioni, alla creazione di un efficiente servizio logistico ed al rafforzamento dello schieramento con le truppe che affluivano progressivamente sulle posizioni raggiunte (All.264) nonché alla organizzazione politico-militare dei territori occupati. Il maresciallo diede ordine ai comandi dipendenti di studiare operazioni offensive, anche se al momento non era affatto intenzionato ad intraprenderle; egli infatti non aveva alcuna intenzione di muoversi fino a che non avesse portato a termine il completo allestimento del proprio dispositivo, per cui resistette con fermezza a tutte le insistenze di Mussolini perché avanzasse. Ma la messa a punto del dispositivo era ancora lontana quando i contingenti nemici, una volta effettuata la radunata, presero contatto con lo schieramento italiano. Gli etiopici dettero subito prova della grande mobilità dei loro combattenti, che riuscirono a circondare presso il valico di Dernbeguinà il gruppo bande dell'Altopiano che potè solo a fatica, ed a prezzo di gravi perdite in uomini e mezzi, aprirsi un varco; e quanto fossero temibili gli etiopici per questa loro mobilità su un terreno montuoso e privo di strade sarebbe stato altresì dimostrato dalla prima battaglia del Tembien. Con iJ parziale insuccesso che ne era seguito, la posizione di Badoglio avrebbe potuto farsi delicata, tanto più che alcuni dei possibili successori avevano continuato a brigare a Roma, e se egli non fu sollevato ciò non avvenne, probabilmente, tanto per l'impatto negativo che una nuova sostituzione avrebbe potuto avere nei confronti dell'opinione pubblica quanto per il profilo professionale del maresciallo che, se attraverso l'essere subentrato a De Bono aveva sancito la rivincita dell'Esercito nei riguardi dei "coloniali" e del P.N.F., ora con il permanere al proprio posto avrebbe garantito a Mussolini il benevolo assentimento del Re. Che non si trattasse di una decisione errata sarebbe d' altra parte stato dimostrato dal fatto che Badoglio, una volta predisposto al meglio il proprio strumento bellico, passò risolutamente ali' azione debellando, nel febbraio 1936, le forze di ras Mulughietà, di ras Cassa e di ras ltru11irì:t e movendo poi, tra marzo ed aprile, verso i ten-itori dove si trovavano agli ordini ciel Negus le ultime truppe etiopiche. Questo sintetico riepilogo operativo consente di precisare il ruolo assunto da Ba-
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doglio nella campagna, nel cui ambito Mussolini necessitava di successi parzial i concreti e di occupazioni territoriali in profondità da stìuttare come obiettivi acquisiti in caso di soluzioni pacifiche di compromesso, evitando al massimo, per contro, insuccessi anche parziali o battute d'arresto comunque pregiudizievoli tanto ai fini interni quanto a quelli esterni, e favorendo ce1tamente un'opposizione più convinta da parte soprattutto britannica. Badoglio, oltre alle doti di prudenza e freddezza, aveva un prestigio sufficiente per assorbire eventuali incidenti di percorso senza allaimare più di tanto l'opinione pubblica e compromettere l'azione propagandistica molto accuratamente predisposta dal regime, creando così intorno alla sua persona un alone di indispensabilità ed insostituibilità. Era, tutto sommato, la conferma che "sempre, dopo ogni sconfitta, errore od omissione, dopo ogni ventata di polemiche, di attacchi, si ritrovava Badoglio più in alto di prima, riconfe,mato negli incarichi ed anzi promosso, osannato, decorato, ricompensato lautamente, caricato di nuovi onori", secondo il felice compendio di Bertoldi (386). Se si va ad esaminare in concreto l'azione di comando di Badoglio, è possibile rilevare la quasi totale assenza di iniziative sensazionali o di gesti clamorosi, così come d'altronde era insito nella "piemontesità" del suo stile, e fino alla marcia alquanto trionfalistica su Addis Abeba il suo unico intento fu quello di garantire al massimo l'efficienza delle truppe ai propri ordini, senza concessioni di sorta ad esigenze esterne. I suoi primi provvedimenti organici furono di affidare ad un allo ufficiale il vice-governatorato dell'Eritrea e la delega per la responsabilità delle retrovie, di creare un nuovo C.A., di affidare ai principali generali precise responsabilità operative, di inserire l'Intendenza nella normale struttura gerarchica anziché attribuirle una diretta dipendenza da lui, provvedimenti che annullavano l'eccessivo accentramento di poteri realizzato da De Bono. Badoglio era l'esatta proiezione dell' ufficiale di stato maggiore tradizionale, caratterizzata da una precisa conoscenza ed esperienza dei meccanismi burocratici ed amministrativi della macchina militare e da una genuina attitudine per il comando, senza ulteriori interessi o vocazioni in settori di altro genere che non fossero quelli del controllo dell'Esercito, obiettivo cli facile acquisizione dal momento che all'interno di questo contava proseliti e collaboratori di piena affidabilità e presso i quali godeva di sicuro ascendente. Era ast11to, cli un'astuzia lenta e silenziosamente opportunista come quella dei contadini della sua terra, ma non era intellettivamente brillante: "la parte intellettuale dell'arte gli sfuggiva, gli mancava la parte costrut/.iva dell'intelligenza" (3 87 ), secondo il profilo professionale fattogli da Gatti. Ecco come Giulio Douhet descriveva l'egemonia burocratica del gruppo facente capo a Badoglio: " È come un fungo nato nell'Esercito e che lo avvelena. È limitato ad una stretta e chiusa cerchia di persone che non ha altra idealità se non la propria convenienza e che vive parassitariamente nel gran corpo dell'Esercito e lo deprime .... È una vera degenerazione, che si riassume nel concetto di far servire l'Esercito a sé" (388 ).
386 33; 388
Benoldi S., "Badoglio", Milano, Della Volpe, 1967, pagg. 10-1 \. De Biase C., "Badoglio, Duca di Caporeno", Mi lano . ed. Il Borghese, 1965, pag. 17. Douhet G., "Alla prova", in: "Il Dovere" del J 9.6.1920.
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Sul versante positivo, Badoglio aveva molta fiducia in sé stesso, la capacità di farsi rispettare, tratto umano verso i dipendenti ai quali non chiedeva più di quanto non potessero dare, emanava ordini chiari e realistici assumendone le responsabilità; in altri termini, era un uomo dell' ambiente, in grado di offrire ai propri ufficiali un modello comprensibile, senza differenziarsi da loro per livello culturale, doti di fantasia od eccentricità né per legami esterni. Insensibile al fascino dell'ignoto e del l' esotico, chiuso nei suoi orari, nel suo stile di vita e nei problemi concreti che la situazione gli poneva. Anche le linee strategiche della sua concezione operativa furono sempre ispirate ad una estrema semplicità, nel senso di dare innanzitutto un'assoluta sicurezza alle posizioni raggiunte e 1isolvere pienamente il problema dei rifornimenti, e solo dopo affrontare lo scontro campale con il massimo delle probabilità di uscirne vitto1ioso. Badoglio aveva tentato a più riprese di far rinviare la campagna, spintovi da un duplice ordine di ragioni, la consapevolezza di una solida preparazione logistica connessa alla propria innata prudenza, da un lato, e, dall'altro, l' intento di eliminare De Bono per assegnare la gestione delle operazioni a qualcuno del suo clan ovvero per assumerla egli stesso. Secondo l'interpretazione di Rochat, anche la rinuncia ad impegnarsi a fondo per la riorganizzazione dell'alto comando era il prodotto del proprio substrato psicologico: posto di fronte ad una incongrua ripartizione delle responsabilità, il Capo di Stato Maggiore Generale cercò solo soluzioni nell'ambito personale comunque legate agli umori di Mussolini, per cui tutti i suoi sforzi si concentrarono nella lotta contro De Bono che doveva sembrargli l'unico modo per mantenere la propiia posizione di preminenza, in aderenza all'innata tendenza ad anteporre i suoi interessi a quelli dell'Esercito, disponibile comunque a rimuovere qualsiasi riserva in me1ito alla politica governativa non appena Mussolini avesse accennato ad un irrigidimento (3 89).
389 Rochat G., op. cit., pag. 63. A proposito delle mai sopite antipatie degli ambienti fascisti nei confronti di Badoglio, è significativo quanto scritto da Farinacci a Mussolini nel settembre 1936 circa il fatto che, con lo spirito delle truppe inviate in A.O. e con i larghi mezzi messigli a disposizione, chiunque avrebbe vinto I.a guerra, e che comunque Badoglio avrebbe fatto bene a smettere di comportarsi come un divo del cinema: "È stato quasi un mese a Fiuggi e ha dedicato 4 ore al giomo per gli autografi, vantandosi di aveme concessi 18.0001" (Pieri P., Rochal G. , "Pietro Badoglio", Torino, Utet, I 974, pag. 720). Alcuni mesi dopo, il 25.1.1937, commentando il conferimento di una laurea "ad honorem" al Maresciallo da parte dell 'Università di Pavia, Farinacei così commentava il fat.to in una lettera al Duce: "Caro Presidente, anche la laurea! Non rimane che Jàrlo Canonico o Cardinale!" (ACS, SPD-CR, b. 67/2). Un uomo indubbiamente scomodo, Farinacci ("la suocera del regime", secondo la definizione di Mussolin i), come avrebbe confermato anche uno scambio di lettere fra lui e Pariani intercorso sei mesi dopo. Il giornale di Cremona "Regime Fascista" da lui diretto aveva pubblicato 4 articoli sulle esperienze tattiche desumibi li dalla guerra che si stava combattendo in Spagna il cui contenuto critico non era piaciuto al Sottosegretario di Stato per la Guerra. In panicolare, Pariani si era risentito per la definizione di "scatole di latta" attribuita ai carri leggeri, ed aveva pertanto protestato con Farinacei adducendo l'affermazione piuttoslO singolare che "ritengo dannose tutte le critiche, che sollevano dubbi e tolgono q11i11di.forza alla.fede". Farinacci, forte anche dei consens i ricevuti da personaggi quali Caviglia e Grazioli, aveva risposto che "tener.fede incrollabilmente alle proprie idee e teorie è cosa eccellente per chi deve comandare s11l campo di battaglia, ma 11011 sembra 11na linea di condotta consigliabile per chi, invece, deve studiare ed attuare in 1e1npo di pace la preparazione delle Forze Anna se. In quesro campo. aver fede nelle proprie esdusive idee e
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Del suo astuto tempismo nel chiamarsi fuori da ogni situazione non appena questa accennava a rivelarsi potenzialmente pericolosa o comunque foriera più di oneri che di onori, una probante testimonianza è offerta dalla richiesta avanzata a Mussolini, subito dopo la proclamazione dell'Impero del 9 maggio 1936, di poter rientrare in Italia non più tardi del 20 dello stesso mese. Era una decisione ponderata, maturata già un paio di mesi prima, nella valutazione che fosse bene raccogliere meriti e ricompense nel momento della maggiore popolarità e che, guarda caso, coincideva come già altre volte con ragioni di opportunità politica che andavano oltre la sua persona. Il rientro in Italia di Badoglio avrebbe infatti sancito ufficialmente la fine della campagna, estendendone il successo propagandistico, mentre il prolungarne la permanenza in Etiopia avrebbe potuto invece assumere il significato di un persistere di difficoltà operative. 3 - GRAZIANI
Rodolfo Graziani, rispetto alla media degli ufficiali della sua epoca, compresi quelli più giovani di lui, era caratterizzato eia un'immagine insoli·,a, quella di un militare di rango elevato che alla consueta ortodossia gerarchica tendeva a sostituire un rapporto diretto con il capo dell'esecutivo, privilegiandolo rispetto al connaturato e tradizionale lealismo nei confronti della monarchia e delle relati ve istituzioni, anche se a questo proposito ci sembra pertinente l' osservazione di Rochat circa il significato di copertura ideologica per una solidarietà di casta nel!' ambito cli una precisa collocazione classista (3 90) . Tale atteggiamento trovava probabilmente origine nella propria matrice "irregolare" quale ufficiale, mancandogli il pedigree del!' Annuario e dei corsi cli stato maggiore, nei trascorsi coloniali e nel risentimento verso un ambiente dal quale, a torto od a ragione, non si sentiva apprezzato come riteneva di meritare. L'uomo aveva infatti una grande coscienza cli sé, notevole ambizione ed una estrema suscettibilità che si traduceva spesso in un vero e proprio complesso di persecuzione. In positivo, era accreditabile della fama di eccellente comandante di truppe, acquisita attraverso il caiisma clerivantegli dall'ene rgia temperamentale e dall'indubbio coraggio personale ed accentuato dall'innata teatralità e dall'affascinante componente somatica e comportamentale: figura alta e slanciata, capelli scompigliati e ciuffo ribelle, "sahariana" e maniche di camicia, tutto scatti , bollori, scoppi d'ira, pugni sul tavolo, fremiti. Anche sotto questo aspetto, il contrasto con la figura di Badoglio era notevole, quando si tengano presenti di questi la testa rotonda, la fronte a grondaia e gli occhi infossati, sfuggenti, gli
radicarle nei propri collaboratori respingendo a priori ogni obbiezione ed ogni fauo contrario col pretesto che indebolisce la fede, puù significare irrigidirsi in un preconcello 1eore1ico. Se poi quelle idee si rivelassero i11esa11e, ne potrebbe risuliare 1111 disasm1 in rni 11011 sarebbe solo compromesso l'amor proprio di un Generale. né naufragherebbe solo una teoria, bensì sarebbe compromesso l 'o· nore del Paese e ncwfragherebbe il suo avvenire. Pe1fi110 11n errore sul carnpo di baflaglia si può ripa rare, meni re un ermre nella preparazione d(fficilme111e si ripara più", (ACS, SPD-CR, b. 44/6, lettere da Pariani a Farinacci de l 22.6.1937 e di Fari nacci a Pariani del 7 .7.1937). 390 Rochat G., op. cii., pag. 169.
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sguardi di soppiatto, Ja flemma, i finti sdegni, la freddezza calcolatrice sotto un'apparenza bonaiia d'impronta contadinesca. I due si erano incontrati la prima volta a Roma nel 1908, ventiseienne sottotenente dei granatieri in procinto di partire per l'Eritsea il prin10, trentasettenne capitano in servizio di stato maggiore il secondo. Ma il momento reale del loro rapporto si sarebbe realizzato una ventina di anni dopo, allorché Graziani, divenuto generale di divisione e vice-governatore della Cirenaica dopo le brillanti campagne di rioccupazione di quella regione e della Tripolitania, si era ritrovato agli ordini di Badoglio in base al duplice incarico da questi rivestito di capo di stato maggiore generale e di governatore della Libia. La rivalità fra i due era nata allora, all'inizio degli anni Trenta. Quelle campagne condotte vittoriosamente da Graziani per quasi nove anni avevano rivelato, e non solo all'Italia, la comparsa sulla scena militare di un comandante coloniale di nuovo tipo, e ciò non poteva non dar fastidio a Badoglio, da sempre diffidente e geloso nei confronti di chiunque avesse potuto rappresentare una potenziale minaccia alle proprie estese ambizioni. La reciproca avversione sarebbe proseguita negli anni successivi, tra accuse bilaterali di ingratitudini, scorrettezze, inganni e tradimenti, vissute l'uno con la distaccata freddezza ciel professionista delle anni proveniente dalla più ortodossa tradizione militare piemontese, l'altro con il temperamento vulcanico di un autodidatta della strategia e figlio del proprio valore personale in guerra (3 91 ). Graziani, come si è visto nei capitoli precedenti, ebbe il merito di trasformare l'orientamento strategico stabilito dallo Stato Maggiore Generale per la Somalia da difensivo in offensivo, cont1ibuendo così con grande efficacia alle operazioni principali sul fronte settentrionale dirette da Badoglio, anche se il colpo di 391 A proposito della scarsa considerazione attribuita al ruolo da lui rivestito nella campagna d 'Etiopia rispetto a quello di Badoglio, della quale si è g ià detto nelle pagine precedenti, un'ultima testimonianza del risentimento perdurante in Graziani ritenendola, giustamente, determinata da ll o stesso Badoglio e da quanti facevano parte del suo clan, è data da un fonogramma dell'ottobre 1936 inviato ad un funzionario del Ministero delle Colonie e, per conoscenza, a Lessona. Il riferimenl.O al gen. Bastico era dovuto alla rievocazione radiofonica effettuata da questi in occasione del primo anniversario dell'inizio della guerra contro l'Etiopia. li messaggio era il segueme: "Leggo su Popolo d ·/.
ral ia anico/o "Sguardo d'insieme" rievocazione giorno 3 compiuta gen. Bastico./Se testo del medesimo n.011 est errato conslato che prefaro oratore ha dimostrato una piccola cosa, che cioè fra il 18.11.1935 ed il 15.2.1936 c'è stato 1.m piccolo episodio nella campagna. Et cioè la bauaglia del Ca nale Doria con occupazio11e Neghelli el radicC1le distruzione amuua Ras Destà che inflisse, at deua di llltti i capi, nowbili e/. stra11ieri qui prese11ti primo colpo mortale at morale esercito abissino. eh.e ebbe pieno, incancellabile riconoscimento del Duce, che ebbe risonanza in luUo il man.do et che mise k.o. Ginevra nel momemo allora più opportuno per la Patria./Cerwmente gen.. Bas1ico soffre di am11esie che 111/lavia 110n possono ca11cellare né tampoco sminuire falli srorici eone quelli dimenticati, anzi ne accrescono l'importa11za./Questa faccenda fa penda111 co11 la m.r111cC1tC1 rico,npensa al Gruppo Squadro11i Cavalleria che di quella vittoria furono pane m.assima.!Onde vien ft1110 farci be.f}i1 di quanti ... (etc.-vedi Tacito A11naliffan10 per inserire agli Aui./Cordialìtù. Graziani (ACS, SPD-CR, Carte Graiian i, se. 6-22/6, prot. 4768 dell' 11.10.1936, da Governo Generale A.O.I. a cornm. Mcrcgazzi, Ministero Colonie-Gabinetto, e p.c. il S.E. Lessona, f.to Graziani). Lo stesso stesso Mussolini aveva cura di rispondergli, il giorno dopo, in questi termini: "Circa conferenza Bas1ico, V.E. ha perfettamente ragione, ma ritengo che 110n ci sia dolo.I Comunque la storia ha già consacrato in. lunghe pagine la vi11oriosa barraglia del fronte somalo". (ACS, SPD-CR, Carte Graz iani, sc.6 - 22/6, prot. 21904 del 12 .10.1936, da Capo Govemo a S.E. Graziani, f.to Mussolini).
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testa magistrale lo fece con la logistica, autorizzato ed agevolato in ciò dall'appoggio determinante di Mussolini. Circa i criteri che improntavano la propria azione di comando, riteniamo comunque piì:1 che probanti alcuni stralci delle direttive da lui impartite il 22 gennaio 1936 al gen. BergonzoLi: " .... 5°) - Reagire con ogni mez.zo al formarsi di mentalità fragile, timorosa, tendenle ad ingiganlire i pericoli di una reazione avversaria. 6°) - formare sempre più uno spirito aggressivo, di assalto, considerando il ridotto difensivo un "punto" per la difesa dei magazzini. La vera d(fesa starà in.vece nella manovra e nella aggressione lontana dal nemico ovunque si presenti. 7°) - Aver fede nel Comando e nella valutazione che esso fa della situazione conlrollata sempre da informazioni sicure, e che saranno comunicate per infondere sereni1à. Ma bisogna credere, credere e credere (tre volte sottolineato nel testo - n.d.a.) nel Comando che vigila anche da 1.000 km. di distanza. 8°) - Studiare le ipotesi operative di cui ho parlato a voce. Muoversi, muoversi, muoversi (tre volte sottolineato nel testo - n.d.a.), tutti riuniti o per frazioni, muoversi sempre. Dominare il territorio, non racchiudersi nel caposaldo. 9°) - Chi in situazioni come l'attuale si limita a difendere il "pun10" non difende che quel "punto". Ciò che invece occorre conseguire è il dominio del territorio (sottolineato nel testo - n.d.a.) col movimento, specie quando sì possiede un così poten/.e organismo autocarrato. 10°) - Non temere le perdite. Il timore di esse paralizza ogni azione di comando. Sono dolorose ma necessarie. Costituiscono l'essenza della guerra. Rammentarsi poi sempre che un Comandan/.e timido e timoroso di esse esporrà sempre il proprio reparto e le proprie forze a subirne di più che non attaccando sempre, infondendo così nei suoi un senso di sicurezza ragionata e trasmettendo al nemico quello dello sgomento. 11°) - Tenere elevati in lutti i ruoli i fattori morali. Ques/.a è l'esperienza condensata di 15 anni di vita d'Africa" (3 92 ). 4 - BAISTROCCHI
La più incisiva immagine di Federico Baistrocchi ci sembra essere quella formulata da Francesco Saverio Grazioli: "La sua maggior disgraz ia fu di essere chiamato da Mussolini nel 1933 a fungere da Sottosegretario alla Guerra con poteri di Ministro. Animato dal più sacro fuoco e da una traboccante devozione per il Duce, si fece in quattro per seguirne, esagerandole, le non sempre ponderate direttive in materia di educazione disciplinare e .f<nmale delle truppe, rompendo troppo bruscamente certe costumanze d 'ordine e d'austerità che erano tradizionali nelle
392 AUSSME, L3-84/I, prot. 28 del 22. l. I 936, da Comando Corpo Sped.ne in Somali a a gen. Bergonzoli, Llo Graziani.
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nostre forze armate. Tuttavia anche il bene che fece non fu poco. Spronò lo spirito di iniziativa ed impresse attività dinamica manovriera. Dettò norme più aggiornate per l'impiego delle GG. UU. - Durante la guerra etiopica, tenne assai bene il suo posto dirigendo in Patria i poderosi apprestamenti logistici ed assicurandone il trasporto in A.O." (3 93 ). Effettivamente, la sua aperta professione di fascismo, che ne aveva favorito la designazione all'alta carica, non mancò di influenzarne l'azione di comando. In conu-addizione con il proprio orientamento politico, Baistrocchi si oppose però a qualsiasi diretta ingerenza delle autorità del P.N.F. nelle questioni militari e ciò, verosimilmente, non tanto in considerazione del fatto che un ulte1iore svilimento dell'indipendenza dei militari avrebbe aumentato nel corpo ufficiali il risentimento nei suoi confronti - già manifestatosi quale espressione del timore di vedere compromessa quell'autonomia di cui l'Esercito aveva sempre goduto quanto in conseguenza della sua ultima convinzione che l'Esercito doveva essere sì ideologicizzato dall'interno per inserirsi a pieno titolo in una società su·utturata dal regime fascista, ma non poteva né doveva essere direttamente subordinato alle gerarchie del Partito. Questa contraddizione nell'atteggiamento di Baistrocchi, comune anche ad altri militari dichiaratamente fascisti, derivava dalla necessità di conciliare la concezione per la quale l'Esercito, rappresentando tutta la nazione, non poteva identificarsi con un pattito, (una concezione nella quale questi militari erano stati educati), con una realtà nuova rappresentata dalla tendenza a costruire in Italia uno stato totalitario incentrato sul P.N.F., alla quale d'altronde essi aderivano pienamente (394 ). In sostanza, come conferma anche Bovio, pur avendo pubblicamente dichiarato di voler "fascistizzare" l'Esercito, l'opera di BaisU'occhi al ministero della Guerra fu molto equilibrata, preoccupata di migliorare l'efficienza della forza armata (3 95 ). In effetti Baistrocchi era perfettamente conscio della necessità di tenere separate le competenza politico-amministrative, che in quel momento spettavano al Sottosegretario che era in pratica il vero ministro della Guerra, da quelle tecnico-militari del Capo di Stato Maggiore. L'esonero del predecessore Bonzani, avvenuto per contrasti con Mussolini, e la successiva assunzione della carica da parte di Baist1·occhi facevano parte di un processo di concentrazione di potere che si stava attuando specie in quel periodo. Esso, più che a rifarsi alla concezione gerarchica del fascismo, rispondeva a criteri di comodità da parte di Mussolini; infatti il capo del governo e ministro di tutte le forze armate, per il suo stesso modo di gestire il potere in forma quasi esclusivamente personalizzata, riteneva indubbiamente più comodo e pratico avere rapporti con un solo responsabile per ciascuna forza armata. L'attivismo del nuovo capo dell'amministrazione militare non era, ovviamente, destinato a far aumentare il numero dei suoi sostenitori all'interno dell'Esercito, non solo perché turbava il tranquillo andamento della vita cli caserma ma 393 Longo L.E., "Profili di capi militari tratteggiati da uno di loro", in: "Studi Storic;o-Mi litari 1994", Roma, USSME, 1996, pag. 563 e scg .. 394 Mazzetti M., op. cit., pag. 125. 395 Bovio O., "Storia dell' Esercito Italiano", Roma, USSME, 1996, pag. 582.
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anche per le conseguenza non sempre positive del tentativo di dinamicizzare la vita dell'istituzione (All. 265). La suddetta tendenza implicava anche un mutamento d 'orientamento per quanto riguardava la preparazione dei quadri. Mentre durante la gestione Badoglio le scuole ed i corsi si moltiplicavano, per cui "metà dell'Esercito fingeva di insegnare all 'al1ra metà il modo di fare la guerra" (3 96), Baistrocchi mutò anche in questo campo indirizzo riducendo l'attività di formazione a vantaggio di quella pratica. Anche per l' addestramento delle truppe le cose cambiarono dopo il 1933, in quanto nella convinzione che non più con reclute si avesse a che fare ma con veri e propri soldati già impostati dal regime attraverso la premilitare, il tempo disponibile parve eccessivo e lo si ridusse. Non era un criterio troppo peregrino, anche se forse eccessivamente ottimistico, e pertanto non riteniamo di poter condividere le critiche mosse in proposito dal gen. Armellini secondo le quali si sarebbe persa la capacità di distinguere fra quanto fosse essenziale e quanto invece accessorio ai fini dell' addestramento (397). L'azione di Baistrocchi incise profondamente anche sulla dottrina tattica dell'Esercito, fortemente impregnata di spirito offensivo, e nel 1935 venivano emanale le nuove "Direttive per l'impiego delle GG.UU." nelle quali l'orientamento dottrinario era ispirato al concetto di risolvere la battaglia con la manovra. Nelle azioni offensive si suggeriva perciò di preparare due masse, una di rottura ed una di manovra, quest'ultima costituita da una riserva di fuoco ed una mobile (3 98) . Nel documento si valorizzava la fanteria come arma decisiva della lotta, concetto riaffermato nelle "Norme per il combattimento della divisione" pubblicate l'anno successivo, ma si sottolineava anche la funzione dell'artiglieria nelle fasi dell' avanzata; alle G.U. Celeri di nuova formazione erano demandati i compiti di esplorazione ed inseguimento del nemico battuto, sino allora riservati tradizionalmente alla cavalleria. Oltre a questa normativa furono emanate disposizioni attinenti all ' addestramento ed al combattimento delle singole Armi tendenti ad esaltarne lo spirito offensivo e ad adeguarne l'impiego ai nuovi mezzi bellici in distribuzione. Nel complesso, le predette norme tattiche m_iravano a rendere più fluida l'azione dei reparti affrancandola, almeno formalmente, da ogni schematismo preconcetto e da remore teoriche, così da conferire la più completa aderenza alla realtà tattica contingente. In sostanza, Baistrocchi si era reso ben conto che le GG.UU. erano ancora dotale di un armamento e di mezzi di mobilità che sarebbero stati appena sufficienti negli anni Venti. Si propose perciò di mantenere lo schema di mobilitazione del 1926, dimostratosi eccellente, ma di rinnovare l'armamento almeno delle divisioni permanenti, rendendole più potenti e più mobili, attraverso l'impiego degli stanziamenti di due trienni finanziari, il 1933-36 ed il 1936-1939. Dette subito alla fanteria armi più moderne, ordinò lo studio dei progetti per la trasformazione
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Canevari E., "La guerrn italiana, retroscena della ùisfo1.ta", voi. I, Roma, Tosi, 1949, pag. 2 12 . Armellini Q., "La crisi dell'Esercito", Roma, Priscil la, 1945, pagg. 65-66. Ministero Difesa, .. L' Esercito Itali ano fra I" e 2• G.M.", cit., pagg. I 15-J J 6.
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delle artiglierie leggere ed il rinnovamento delle pesanti e elette inizio allo sviluppo della motorizzazione, costituendo le prime unità corazzate ed autotrasportate (3 99 ). L'altra faccia della medaglia dell'attività di Baistrocchi è rappresentata dall'eccessiva flessibilità comportamentale nei confronti dì Graziani. Dopo che alla fine dì novembre 1935 si era opposto, con l'appoggio di Badoglio, alla subitanea disponibilità di Lessona nei confronti delle esigenze del comandante delle FF.AA. della Somalia per muovere rapidamente su Barrar, ai primi di gennaio 1936, allorché la posizione dì Graziani risultava notevolmente rafforzata a seguito del vittorioso esito della battaglia del Canale Dorìa, Baistrocchi si era reso protagonista di un subitaneo cambiamento di posizione per cui egli, che aveva sempre definito assurdo il piano di puntare su Harrar, ali' improvviso invece lo approvava ed anzi lo caldeggiava in un promemoria diretto a Mussolini. Dietro tale atteggiamento c'era una lunga e faticosa marcia di avvicinamento a Graziani ed un ribaltamento delle alleanze. Pur di avere subito ì mezzi che gli occorrevano, infatti, Graziani accettava a sua volta di rivolgersi direttamente al Sottosegretario alla Guerra e di lasciare in disparte Lessona. E d'un tratto, rapidamente, Graziani otteneva tutto quello che prima gli era stato negato in tema di automezzi, di trattori d'artiglieria e di caterpillar. Questo risultato era stato ottenuto non tanto sulla base di una scelta strategica motivata quanto di una nuova alleanza di potere, perché dal momento che Graziani si appoggiava a lui anziché a Lessona, Baistrocchi gli concedeva quello che gli aveva negato meno dì due mesi prima. Un atteggiamento che certo infirma l'immagine di un alto esponente della gerarchia militare il quale, per affermare la propria autorità, doveva ricorrere ai medesimi metodi dei suoi antagonisti, contribuendo così alla disgregazione etica e funzionale dell'organizzazione di comando dell'Esercito (400). Riteniamo comunque che, come già per Graziani, l' azione di comando di Baistrocchi nell'imminenza della campagna in Etiopia sia efficacemente espressa da un documento del luglio 1935 riportato nell' All. 266, mentre per quanto attiene ai suoi tentativi per succedere a Badoglio nella carica di Comandante Superiore in A.O. una significativa testimonianza, che depone anche per la manifesta tendenza ad una piaggeria tanto più molesta quanto più la statura del personaggio era per altri versi elevata, è data dal documento di cui ali' Ali. 267. In esso Baistrocchì perorava l'inopportunità che il Capo di Stato Maggiore Generale si identificasse con il Comandante Superiore A.O. poiché la situazione politica internazionale faceva prevedere l'accensione di un conflitto nel teatro europeo, per cui si rendeva più che mai necessario per l' Italia disporre di un Capo di Stato Maggiore Generale "non incapsulato nel solo settore etiopico" ma ben presente a Roma per orientare e coordinare la preparazione di tutte le FF.AA.". Auspicava quindi un unico comandante militare, che non avrebbe potuto avere miglior proiezione che nella stessa figura di Mussolini , coadiuvato
399 Ministero Difesa, "L'Esercito Italiano fra 1• e 400 Rochat G., op. c it. , pagg. 254-255.
2" G.1vl.", cit., pag. 117. ·
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da un Segretario Generale le cui specifiche, guarda caso, corrispondevano pienamente alla sua persona anche se, forse per un residuo pudore, suggeriva i nomi cli Pari ani e di Ago. Sempre per quanto attiene all' azione di comando, significativi ci sembrano altri due documenti prodotti dai generali Bastico e Maravigna, comandanti ciel II e III C.A., e riportati negli All.ti 268 e 269.
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Un aspetto di particolare interesse è senza dubbio rappresentato dai rapporti con le popolazioni locali e dalla conseguente organizzazione politico-militare dei territori occupati. Al riguardo, va detto che ancora prima del periodo della vera e propria preparazione militare, un'azione di "attrazione periferica" era stata instaurata nei confronti dei capi e delle genti più vicine ai confini delle nostre colonie, ed il raffronto che queste facevano tra l' ordine, la relativa prosperità, le garanzie cli giustizia esistenti nei territori italiani e le condizioni in cui si trovavano invece le loro regioni dove non era nemmeno percepita la presenza ciel governo centrale era, naturalmente, favorevole alla nostra penetrazione. Le sottomissioni avvenute sin dall'inizio delle operazioni militari, soprattutto nel Tigrai e nell' Ogaden, rappresentavano un risultato cli quella lunga e paziente azione svolta dai governi cli Asmara e di Mogadiscio e dai nostri consoli in Etiopia, in quanto le direzioni degli affari politici dei due governi coloniali studiavano e seguivano attentamente questo Paese sotto ogni punto di vista, per cui ogni evento ed ogni attendibile notizia venivano registrat.i accuratamente dando luogo, nel complesso, ad un mosaico informativo su un territorio che non si offriva soltanto alla nostra occupazione militare ma anche alla nostra conquista politica (401 ). Nel settembre 1935 erano stati costituiti presso le GG.UU. "Uffici Politici" che dovevano fungere eia supporto all'azione degli stati maggiori, dotati di una certa autonomia e senza che si creassero interferenze con gli organi informativi veri e propri dei CC.AA. (All. 270); analoghe strutture sarebbero state predisposte sette mesi dopo, poco prima della fine delle ostilità, nel!' ambito 'regionale o distrettuale di maggior rilevanza ed interesse (All. 271). Significativo risulta anche il messaggio inviato dal Sottosegretario agli Affari Esteri Suvich ai nostri rappresentanti diplomatici a Teheran, al Cairo ed a Baghdad con l'invito a sensibilizzare gli ambienti locali circa le nuove prospettive di libera professione del proprio culto da patte dei mussulmani d'Etiopia, sino allora impediti in ciò dalla predominante componente copta (All. 272).
40 1 A prop~sito dell 'az ione intelligence, in ambito però solo militare, una relaz ione finale sull'attività dell'Uffic io Informazioni del I C.A. compilata al termine de lle ostili.tì1, rivestente interesse quale elemento esplicativo di tale particolare lavoro, è custodita presso l'arch ivio USSlvtE con la col locazione D5-24/3.
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In merito al contegno con le popolazioni etiopiche, presso le fonti archivistiche consultate abbiamo reperito un'ampia documentazione una sintesi della quale, dopo la necessaria selezione, è riprodotta negli AH.ti da 273 a 279. I predetti documenti riguardano direttive, norme, raccomandazioni, richiami e rimproveri emanati dal Comando Superiore A.O. e dai Comandi cli GG.UU. sin da prima dell' inizio delle operazioni e fino al termine delle stesse, che testimoniano l'attenzione e la determinazione con le quali il problema veniva seguitO e che siamo lieti cli presentare al lettore, il quale potrà così rendersi conto della strumentale pretestuosità cli certe "denunce", espresse da parte cli storici e scrittori nostrani pur cli indubbio livello professionale, circa il frequente atteggiamento violento delle truppe italiane. Le manifestazioni scellerate, efferate, tutte quelle su base comunque delinquenziale di stampo criminogeno o psicopatico fanno parte del genere umano e trovano nelle situazioni belliche le più agevoli modalità di estrinsecazione, in tutti i tempi e le epoche (402 ). Ciò che è importante è la precisa volontà di prevenirle e di reprimerle da parte degli organi responsabili, il che nella fattispecie inficia ogni tartufesca ricerca ed attribuzione di colpa collettiva. Ancora più ampia è la documentazione repe1ita circa gli aspetti disciplinari, per la quale anche si è resa necessaria un'opportuna selezione pur se effettuata a malincuore stante l' interesse di molti dei fogli in questione, che avrebbero meritato il riporto in allegato o quanto meno la citazione. La disciplina, nel corso della campagna italo-etiopica ed anche nel periodo immediatamente precedente, sembrò costituire un risvolto in negativo rispetto alle prove di efficienza offerte in più occasioni sia a livello individuale che collettivo. E probabilmente proprio il successo operativo portava ad un rilassamento nel comportamento esteriore che le particolari circostanza ambientali tendevano ad accentuare anziché a contenere. Ciò riguardava sia i reparti cli CC.NN., i cui limiti in fatto di "nùlitarità" e d'inquadramento erano noti (403) , e sia quelli dell'Esercito, di più antica e consolidata tradizione disciplinare. Al cli là di ogni altra considerazione, riteniamo molto chiarificanti ai fini dell'azione di comando dei capi i documenti che abbiamo prescelto fra quelli esaminati e che sono riportati
402 L'aggressività non possiede un proprio· ritmo biologico, ma viene mobi li tata ogniqualvolta agl i individui si presenti un ostacolo alle proprie pulsioni, ai propri desideri, ai propri bisogni. In altri termini, essa si configura in un ' interazione dei soggetti con il mondo esterno, ed è in questo contano con l'ambiente che l'aggressivitì1 si riveste di un colorito fortemente emozionale e può assumere una connotazione eminentemente ostile. Può cioè trasformarsi in "aggressione" e "violen,:a", elementi mediante i quali l'individuo cerca di perseguire il proprio obietLivo con la forza o con la minaccia di questa. Se l'aggressività è la risultante di matrici biopsicologiche e socioculturali coestensivc all 'essere umano che vive nelhi società, la violenza è un mezzo che si imparenta alla potenza, uno strumento posto al servizio del pOLere. Quest'ultimo corrisponde all'atti tudine dell' uomo ad agire in forma concertata; esso non è solo una propriet;i individuale, è l'attributo di un gruppo e continua fino a che questo gruppo non si divide. In altri termini, la violenza aggressiva si basa essem.ialrnente sull' incapacità od impossibilità dell' indiv iduo di identificars i con gli altri. 403 Tn AUSSME Df-38/40 e nel D.S. del C ..S.A.0., fase. 10/9, sono documentati ri levanti casi di indisciplina fra le CC.l\'N. della l" e 2" Divisione.
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la campagna italo-etiopica, 1935-!936
secondo il criterio cronologico negli Ali.ti compresi fra 280 e 286. Di questi, alcuni trattano aspetti comportamentali particolari di vario genere quali ad esempio l'abuso da parte di alcuni comandi di avvalersi di ufficiali 1ivestenti anche cariche politiche per rivolgersi direttamente all'Intendenza onde agevolare le richieste di materiali, ovvero la sottrazione di effetti personali ai cadaveri dei nemici; ci piace sottolineare all'attenzione del lettore anche l'ultimo della serie, relativo alla punizione inflitta direttamente da un comandante di brigata ad un soldato, che pur nella sua futilitĂ riteniamo sia emblematico di una concezione etica ancor prima che disciplinare.
CAPITOLO XVI
IL PERSONALE
1 - LE TRUPPE METROPOLITANE Si è già detto nel cap. Il del positivo andamento della mobilitazione del personale, ispirata al duplice criterio dell'impiego di GG.UU. snelle, alleggerite negli organici, e della ricostituzione immediata nella madrepatria delle unità mobilitate con organici regolari, impiegando ufficiali richiamati dal congedo esuberanti alle esigenze dell'A.0., reclute della classe 1914 e personale in eccedenza delle altre classi. Nel febbraio 1935 furono mobilitate due divisioni, Peloritana e Gavinana ed un gruppo di battaglioni della Milizia, venne richiamata parzialmente la classe 1911, limitatamente al fabbisogno per le due divisioni mobilitale e vennero costituiti due gruppi squadroni carri veloci, mentre nel marzo furono mobilitate altre tre divisioni dell'Esercito (Sabauda, Sila e Gran Sasso) e cinque divisioni di CC.NN. (23 marzo, 28 ottobre, 21 aprile, 3 gennaio e 1 febbraio) e venne predisposta la contemporanea chiamata di due classi di leva. Nel frattempo, si provvide a ricostruire le GG.UU. mobilitate ed inviate oltremare, e cioè la Gavinana lfl\, la Peloritana 111\, la Sabauda }li\ e così via; successivamente vennero mobilitati ed inviati in A.O. altri battaglioni, gruppi di artiglieria ed elementi vari non indivisionati. Tutto fu realizzato cercando di turbare il meno possibile i piani di mobilitazione generale, cercando di evitare abusi e sperequazioni di trattamento, ed il I O marzo 1936 fu costituito il comando della Div. Fanteria Speciale "S" destinata in Somalia. Nel frattempo, dato che la situazione generale si era fatta troppo gravida di minacce, si volle provvedere a garantire la difesa della Libia rinforzando le truppe che vi erano dislocate con l'invio cli unità dall'Italia. In un primo momento vennero completate le unità coloniali e le organizzazioni logistiche, ed intensificata la costituzione della divisione indigena Libia destinata poi in Somalia. Nel settembre 1935 si provvide all'invio dall'Italia di tre divisioni, Cosseria, Assietta e Mewuro; poiché però la situazione internazionale sembrò presentare una schiarita, quest'ultima G.U. potè, nel novembre dello stesso anno, essere rimpatriata, tanto più che sul posto si era frattanto provveduto a mobilitare altre unità. Ma la schiarita ebbe breve durata e, tra la fine del 1935 ed i primi del 1936, la situazione politica internazionale subì una recrudescenza che, nel quadro della nostra organizzazione militare, determinò nuove misure le quali ci misero in grado di poter considerare tranquillamente ogni possibile eventualità difensiva e controffensiva in Africa Settentrionale. Le misure furono concretate disponendo:
404
La campagna italo-etiopica, 1935-1936
- cbe fosse mobilitata ed inviata dall'Italia la divisione motorizzata 1ì-ento, di recente costituzione, per un eventuale rapido impiego come elemento cli manovra; - che fosse completata, con altri batt.ni, artiglierie e servizi, la div. Eritrea; - che venisse costituita una nuova divisione della Milizia, la Cirene , formandola con un grosso raggruppamento snodabile in gruppi; - che al posto della div. Assietta, partita per l' A.O., fosse subito costituita nella stessa Libia la div. Assietta Il"; - che si provvedesse alla formazione ed invio dall'Italia di numerose nuove unità di artiglieria, genio, servizi e di materiali vari. In ultima analisi, al 1° giugno 1936 erano alle armi 38.800 ufficiali de ll'Esercito (dei quali 18.700 richiamati e con esclusione di quelli dei Carabinieri e della M.VS.N.); di essi, 14.960 si trovavano in A.O., 2798 in Libia e 185 in Egeo. Per i sottufficiali e la trnppa, alla stessa data erano alle armi 732.000 uomini in patria e 476.429 oltremare, di cui 402.580 in A.O., 67.699 in Libia e 6.150 in Egeo. In totale, sarebbe stato ti-asportato oltremare il seguente personale: Tabella n. 86 ufficiali
cappellani
assimilati
souuff.
lruppa
totali
Eritrea Somalia
8.098
79
205
8.134
1.902
-
36.802 2.979
40.495 3.246
-
-
1.902 2.0 1 I 140
234.813 52.763
J.641 140 4.826
15 13
218.297 48.981
Libia Egeo
43 28
2.554
39.053
46.433
150
233
14.741
346. 112
377.750
con le unitì1 organ iche:
complementi totali
16.5 14
"Totali del personale militare trasportato in AO" (da: Montanari M. , "Il progeno AO ed i suoi "sviluppi", cit., pag. 712).
Gli oltre 400.000 uomini impiegati in A.O. costituirono: - in Eritrea 4 comandi di C.A. con relativi supporti tattici e logistici, 5 divisioni di fanteria (Gavinana, Sabauda, Gran Sasso, Sila, Assietta) ed una divisione alpina (Pusteria) dell'Esercito, 5 divisioni CC.NN. (23 marzo, 28 ottobre, 21 aprile, 3 gennaio e I febbraio) della M.V.S.N.; - in Somalia una divisione cli fanteria (Peloritana), una di CC.NN. (Tevere) e la cliv. Libia., oltre a supporti di ogni tipo. Per quanto concerne il personale, l'onere della guerra italo-etiopica, comprendendo fra le esigenze anche quanto fu inviato in Libia, è dato dalle seguenti cifre aggiornate alla data del 5 maggio 1936: ufficiali 17.959 (al 1°.1.1935 erano 1.261), sottufficiali e truppa 476.543 (al I 0 .1 .1935 erano 39.768), operai 100.000 (404). In merito alla ripercussioni della mobilitazione per l' A.O. sulla struttura organizza-
404 Mon1anari M., "Il progetto A.O. cd i suoi sviluppi", cit. pagg . 71 1-712.
405
Il personale
tiva dell'Esercito, la situazione generale delle unità per la mobilitazione generale riferita alle date del l <' febbraio 1935, 1° febbraio 1936 e l O aprile 1936 sono espresse dallo schema che segue. Tabella n. 87 COMANDI, UNITA' SERVIZI • Comando di Annata con relative truppe e servizi - Comandi di Corpo d'Armata con relative truppe e serv izi - Div isioni di fanteria - Divisioni celeri - Divisioni alpine - Divisioni motorizzate - Btg.ni CC.NN.
SITUAZIONE ALLE DATE INDICATE DIM INUZIONI I O febbraio 35
I O febbraio 36
I O apri le 36
5
4
5
-·
16 40
IO 25 3 4 I 12
l3
3 12
3 4
28 (più 20 in approntamento)
28 3 4
-
--
- 21
27
"Situazione generale per la mobi litazione delle GG.UU." (405) .
Una valutazione circa il rendimento offerto dal personale militare durante la campagna d' Etiopia non può che risultare positiva, tenendo conto in particolar modo delle specifiche condizioni ambientali e climatiche della zona di operazioni che avevano messo a dura prova le potenzialità psicofisiche di ciascun combattente, sia quelli impegnati direttamente contro il nemico che quelli addetti all ' alimentazione logistica delle operazioni stesse. A colmare, se pur parzialmente, le non poche lacune nella preparaz.ione professionale dei quadri (soprattutto degli ufficiali richiamati dal congedo, lontani da tempo dal contatto con le truppe) contJibuirono le iniziative addestrative tendenti a fornire, oltre ai principi cli impiego delle maggiori e minori unità, le fondamentali, opportune conoscenze in merito alle caratteristiche degli uomini al cui comando erano destinati, del nemico da fronteggiare e del terreno nel quale sarebbero stati chiamati ad operare (406 ) . 4 05 AUSSME, Dl -239, prnmemoria senza ind.ne d i prot. del 10.4 1936, da Ufficio Capo S.M.Gcn. per Capo di S.M.Gen., oggetto "Argomenti tractati dal Consigl io de ll'Esercito nella seduta della 24 febbraio u.s.", f.to col.Bollea. 406 AUSSME, M7-250/4, prot. 487 del 24 .5. 1935, "Direttive per l'addestramento dei quadri e delle truppe nel periodo maggio-settembre l935", da C.S.A.0. a comandi dipenden ti (fino a livello btg. e reparto corrispondente), f.to De Bono; AUSSME, DI-92/T, C.S.A.0., Stato Maggiore - Uff. OPR, "Addestramento e impiego dei reparti nella colonia Eri trea", fase. I (Criteri generali; il teatro d 'operazioni) e II (L'addestramento della fanteria indigena), Asmara, Tip. Cicero, 1935; AUSSM E, D5-5, prot. 24300 <lell'8.4.1936 "Addestramento dei quadri ", da Ministero Guerra-Gabi.neuo ai comandi d i GG.UU. e agli Ispettorati d'Anna, f.to Baist.rocchi
406
La campagna italo-eriopica, 1935-1936
Alle GG.UU. della M.V.S.N. è già stato dedicato un paragrafo nel cap. III, nel quale sono state esposte le loro caratteristiche ordinative ed i criteri di impiego dei battaglioni destinati ad operare con l'Esercito; questi avrebbero dovuto agire come truppe leggere da lanciare in combattimento nelle migliori condizioni di spirito per azioni non statiche ma di movimento, quali ,incalzi e riserve per attacchi e contrattacchi, tmppe cioè spiccatamente idonee a sfruttare il successo ne l combattimento offensivo e difensivo (407 ). La campagna d'Etiopia offrì alla M.Y.S.N. l'occasione per il primo, ampio impegno militare, anche se già negli anni Venti tre legioni erano state mobilitate per le operazioni di repressione della ribellione araba in Libia attivata dai turchi durante la prima guerra mondiale. Le CC.NN. si batterono bene sopperendo con l'entusiasmo e la grinta alle indubbie deficienze addestrative, dimostrando con i fatti cli non essere quei "pretoriani" di Mussolini come da alcuni sarebbero stati poi etichettati, anche se è logico che la componente ideologica e politica della campagna contribuì certamente ad accrescere di molto il vigore combattivo del quale dettero prova. Il Sottosegreta,io alla Gue1Ta aveva emanato direttive piuttosto chiare riguardanti l'addestramento, la disciplina e gli aspetti comportamentali in genere (Al !. 287), ribadite anche dai comandanti di divisione più energici quali ad esempio Bastico (Ali. 288). In Totale la M.V.S.N. impiegò in Etiopia 115.855 uomini, dei quali 3.751 ufficiali e 112.104 militi (408) . L'Anna dei Carabinieri, per le esigenze della campagna in A.O., aveva richiamato dal congedo circa 12.000 uomini, ed i suoi reparti mobilitati giunsero a 70 Sezioni (55 di carabinieri da montagna, 6 a cavallo, 6 miste e 3 sezioni zaptiè) oltJe a 23 Nuclei, alle bande autocarrate, a quelle di irn~golari indigeni ed a 3.143 zaptiè e 2.500 dubat somali inquadrati in reparti diversi. I carabinieri, oltre a partecipare a tutte le fasi ciel ciclo operativo combattendo con le altre truppe, si resero indispensabili nei servizi di polizia militare e civile di loro specifica competenza. In particolare le Sezioni Carabinieri presso l'Intendenza curarono la sicurezza delle vie di comunicazione e la disciplina del traffico, esercitando inoltre un'azione cli controllo ed assistenza sui contingenti di operai che affluivano dall'Italia per la costmzione di strade e di altre strutture cli supporto logistico alle truppe operanti. 2 - L'ORDINE DI BATTAGLIA AL 1° APRILE 1936 A poco più cli un mese dal termine della campagna d'Etiopia, l'ordine di battaglia relativo alle GG.UU. ed ai Comandi di Zona e di settore al l O aprile J 936 era il seguente:
407
AUSSME, I 4 -68/1 , prot. 3500 del I 0.5. I 934 "Organizzazione, impiego e addestramento dei repani CC.NN. operanti con l'Esercito", da Ministero Guerra, Comando Corpo S.M.-Uff.Add.to ai comandi di CC.AA. e p.c. agli Enti ceatrnli, f.to Bonzani ,ws Lazzero R., " Il P.N.F.", Mi lano, Rizwli, 1985; secondo altre fonti , gli ufficia li sarebbero stati 5.61 1 ed i milici 162.390 (Gallesi M , "Le CC.NN. della campagna d'Etiopia", in: "Uniformi cd Armi", 5/1989).
407
Il personale
COMANDO SUPERIORE AFRICA ORlENTALE P. Badoglio
Comandante
= Maresc. d'Italia
Capo di S.M.
= Gen. di C.d' A.
M. Gabba
S.Capo di S.M.
= Gen. di brig.
F. Cona
Quartier Generale
=Magg.
M. Mancini
Com. Sup. Artiglieria
= Gen. di brig.
E. Garavalli
Com. Sup. Genio
= Gen. di Div.
A.Caffo
Com. Sup. CC.RR.
= Col.
A. Hazon
Com. Sup. Aeronautica Brig. bombardam. A.O. 8° Stormo A.O. 27° Gr. A.O. (2 Sq.) 28° Gr. A.O. (2 Sq.)
= Gen. di Brig. Aerea = Gen . di Brig. Aerea
M. Aymone Cat A. Matricardi A. Notari U. Baistrocchi G. Fresia R. Sandalli L. Fortuna P. Piacentini A. Amantea A. Tessore A. Amantea A. Ferroni O. Liuzzi A. Borello R. Colacicchi
9° Stonno A.O. 26° Gr. A.O. (2 Sq.) 29° Gr. A.O. (2 Sq.) 14° Stonno A.O. 4° Gr. A.O. (3 Sq.) 44° Gr. A.O. (2 Sq.) Stormo ricogn. tatt. I O Gr. R.T. (3 Sq.) 2° Gr. R.T. (3 Sq.) Gr. Caccia A.O. (6 Sq.) Intendenza A.O. Direzione A1tiglieria Direzione K Comp. mista del Genio Direz. posta militare Direz. Traspo1ti e tappe Direz. Sanità militare Direz. Commissa1iato Direz. Veterinaria Direz. Genio militare
= Col. = T.col. =Magg. = Col. =T.Col. =T.Col. =T.Col. =T.Col. = T.Col. = T.Col. = Magg. =T.Col. =Cap. = Gen. di Div. =Ten.Col. =Ten.Col. = 1° Cap. = Ten.Col. = Col. =Gen. = Col. = Ten. Col. = Col.
F. Dall'ora L. Pica E. Venditti A. Albano C. Cimino G. Siniscalchi F. Martoglio E. Sacerdote G. Conti A. Miele
Comando Zona Agamè = Gen. di brig. O. Mariotti XXVI btg. eritreo - Banda di Massaua - Banda Uoldegabriel Tellà - 315° e 4 12° btg. presid. CC.NN. = Ten. Col. Com. Artigl. Agamè 3 btr. N.P. - 1 btr. contraerei - 1 btr. camellata VI Gr. cannoni 77/28 autoc. erit.
J. Lupi
408
La campagna italo-etiopica, /935-1936
Colonna celere A.O. 3 ° Rgt. bersaglieri
= Luogoten.Gen. = Col.C. De Simone
A. Starace
III B rig. Eritrea 2° Gr. btg. (III-XI-XXIII btg. er.)
= Gen. di brig.
L. Cubeddu
= Ten.Col.
L. Natale
= Magg.
C. Giorelli
= Cap.
E. Melillo
VITI Gr. autotr. 77/28
= Ten.Col.
M. Guidielli
LXXXII btg. CC.NN.
=Sen.
G. Spazzoli
VI Gr. artigl. er. 65/17: (2 btr. 65/17) Gr. Bande Altipiano Banda del Seraè Banda dell'Hamasien Banda di Cheren
I CORPO d ' ARMATA Comandante Capo di S.M. Comand. Artiglieria Comand. del Genio
= = = =
Truppe di Corpo d'Armala: 6° Gr. btg. CC.NN. (Hl-LXXXI-CLXXI btg. CC.NN.) V Gr. Carri Veloci
= Cons. = Magg.
Artiglie1ie: I O Raggruppamento leggero I Gr. 100/17 (3 btr) V Gr. 105/28 (3 btr.) CXV Gr. 149/13 (3 btr) 7° Raggruppamento TTT Gr. 100/17 (3 btr.) CXXV Gr. 149/13 (3 btr.) l Gr. autotr. erit. 77/28 (3 btr) TTT Gr. autoportato VII Gr. Cannoni 77/28 autoc.eiti
=T.Col. = T.Col. = T.Col. =T.Col. =Col. = Magg. = T.Col. =T.Col. = Magg. =Magg.
Comando Artiglieria Endertà II Gr. naz.. pos. (3 btr) VII Gr. naz. pos. (3 btr) V Gr. naz. pos. (2 btr 77 /28) XV Gr. eritreo (2 btr 77/28)
= Col. = T.Col. = Magg. = Magg. =Magg.
Gen. di C.d ' A. Col. S.M. Gen. di brig. Col.
R. Santini G. Van den Heuvel B. Fiorenzoli G. Di Palma
R. Montagna M. Grignolo
A. De Agazio
P. Malvani A.Moy A. De Simone S. Bonini F. Rebuzzi E. Sacchi G. Cinti S. Russo A. Ferrario R. Ruggiero G. Repossi A. Pecorini S. Agnello F. Reciputi
409
Il personale
XIX G r. naz. pos. (5 btr) I btr. cannoni da 20 mm. Divisione "Sabauda": Comandante Capo di S.M. XXX Brig. di font. 46° Regg. Ftr. 60° 530° Btg. mitragl. 16° Regg. Art. Div. (3° Gr.) Gr. btg. bersaglieri (2 btg.) Divisione "Pusteria": Comandante V. Comandante Capo di S.M.
= Magg. =Ca p.
F. Picone M. Finamore
= Ge n. di Div. = T.Col.
I. Gariboldi
= Ge n. di brig. = Col. = Col. = Magg. = Col. =T.C.
L. De Biase G. Stefanelli E. Broglia G. Chiriatti A. Carta A. Luridia11a
= Gcn. Div. =Col. = M agg.
L. Negri V. Paolini L. Manfredi
7° Regg.Alpini (btg.Pieve di Teco, Exilles,Feltre) = Col. 11 ° Regg.Alpini (btg.Salu1.1.o, lntra, Trento) = Col. 5° Regg. art. alp. (Or.Belluno,Lanzo) = Col. Divisione "Assietta": Comandante V. Comandante Capo di S.M. 38° Regg. Ftr. 63° Regg. Ftr. 504° Btg. mitragl. 49° Regg.Art.Div. (2 gr.som.) 4" Div. CC.NN. "3 gennaio": Comandante V. Comandante Capo di S.M. 101 ° Legione libica 104° CC.NN. CC.NN. 215° TV Btg. mitragl. TV Gr. cannoni 65/ .17
= Gcn.di Div. =Gcn.di Brig. = T.Col.
= Col. = Col. =T.Col. = T.Col.
= Gcn. di Div.
= Gen.cli Brig. =T.Col. = Cons. = Cons. = Cons. = Se n. = M agg.
A. De Leone
E. Banisti G. Varda L. Mazzini
E. Riccardi F. Romero C. Primjero O. Tntini G. Vecchi C. Ferrero O. Traniello
A. Traditi V. Tessitore M. Gloria L. Fcrraudi F. Pcrtoldi M. Savini U. Grosele A. Pasquali
410
La campagna italo-etiopica, 1935-1936
II CORPO d' ARMATA Comandante Capo di S.M. Comand. Artiglieria Comand. Genio
= Gen. di C. d ' A. = Col. = Gen. = Col.
P. Maravigna R. Pentimalli M. Merzari F. Amoroso
Truppe di Corpo d' Annata: Bande indigene Com. Gr. Spahis Libia
= = Magg.
A. Ajmone Cat
= Col.
F. Gazzola
Artiglierie:
TI Ragg. mob. misto II Gr. autotr.eritreo
77/28 (3 btr) = T.Col. IV Gr. autotr. 105/28 (3 btr) =T.Col.
Raggruppamento Axum - Scirè: Xlll Gr. naz. pos. (5 btr.) XIV " (3 btr.) XX " (4 btr.) XXI " (6 btr.)
R. Lamborghini L. Lorito
= T. Col. = T. Col. =T. Col. = Magg. = T. Col.
A. Riva A. Castagnola M. Schimachen F. Tromby A. Cabano
438° Btg. presid. CC.NN. XXX Btg. Artieri TI Btg. trasmissioni
= Sen. =Magg. =T. Col.
D. Del Greco M. Tanferna S. Donati
Divisione "Gavinana": Comandante Capo di S.M.
=Gen. di Brig.
N. Villasanta L. Clerico
XIX Brig. di Ftr. 70° Regg.Ftr. 83° 84° 5 .19° B tg. mitragl. 19° Regg.Artigl. Div.(3 Gr.) Divisione "Gran Sasso": Comandante Capo di S.M. XXIV Brig. di Ftr. 13° Regg. Ftr. 14° " "
= T.Col.
=Gen. di Brig. =Col. = T.Col. = Col. =T.Col. = Col.
L. Gambelli G. Binacchi A. Borghesi G. Masina C. Chiarandà U. Scanagatta
= Gen.di Div. S.A.R.Adalberto di Savoia, Duca di Bergamo A. Norcen = T. Col. = Gen. di Brig.
= Col. = Col.
O. Giachino R. Vaccari F. Riccioli
4 1l
IL personale
225° Regg. Ftr. 523° Btg. mitragl. 18° Regg.Artigl.Div.(3 Gr.)
= Col. =Magg. =T.Col.
3" Divisione CC.NN. "21 Aprile": Comandan te = Gen.d.i Div. V. Comandante = Com;. Gen. = Tcn. Col. Capo di S.M. 230° Legione CC.NN. 252° 263° W Btg. mitragl. UJ Gr. cannoni 65/17
=Com;. = Cons. = Cons. = Sen. =T. Col.
E. Conti R. lmbriani A. L ubrano
G. Appiotti A. Mischi E. Magliano T. Bottari G. Passeroni Ivan Doro R. Gammelli A. Mucciacciaro
lfI CORPO d' ARMATA
= Geo.di C.d ' A.
E. Bastico
= Col. S .M. = Col. = T. Col.
M. Calderini G. Gianni
Truppe di Corpo d'Armata I Btg. Artieri Ill Btg. trasmissioni
= Magg.
V. Mazzei
Artiglierie: llI Gr. bombarde da 81 Com. artigl. Avergallè - Seloà
= Magg.
Comandante Capo di S.M. Comand. Artiglieria Comand. Genio
VTII Gr. naz. pos. 77/28 (4 btr.) Divisione "Sila": Comandante Capo di S.M. XXVII Brig. di Ftr. 16° Regg . Ftr. 19° 20° 527° Btg. mitragl. I 2° Regg. At1igl. D iv. (3 Gr.75/13)
E. Rea
=Cap.
=M agg.
L. Gaione G. Monneret de Villard V. De Paolis
=Gen. di Div.
F. Bertini
=T.Col.
R. Pelligra
= Gen. di Brig. =Col. = Col. Col. = Magg.
C. Spatocco E. Pelosi M. Zaccone V. Della Mura M. Celentani
=Col.
L. Pinto
=T.Col.
=
I" Divisione CC.NN. "23 marzo": = Gen.di Div. Comandante
D. Siciliani
412
La campagna italo-etiopica, 1935-1936
V. Comandante Capo di S.M.
= Gen.di Brig. =T. Col.
A. Galamini G. Gambara
135° Legione CC.NN. 192"
= Cons. = Cons. = 1° Sen. =Sen. = Magg.
E. Francisci G. Conticelli I. Magrini V. Farulli M. Mazzari
202" l Btg. mitraglieri I Gr. cannoni 65/17
IV CORPO cl'ARMATA Comandante Capo di S.M. Comandante A1tiglieria Comandante Genio
= Gen.di C.d' A. = Col. =Gen. = Col.
Truppe di Corpo d ' Armata: I Gr. Btg. CC.NN. d'Eritrea (Btg. I, II, III, IV) 367° Btg. presicl . CC.NN. 420° " XXXV Btg. Artieri IV Btg. trasmissioni
= Cons. Gen. = Sen. = Sen. = Magg. =Magg.
Artiglierie: Comando Artigl. Aclua "Tembien" IV Gr. naz. pos. 77/28 (3 btr.) XI Gr. naz. pos. (5 btr.) IX Gr. naz. pos. (4 btr.) VI Gr. naz. pos. (5 btr.) Divisione "Cosseria" Comandante Capo cli S.M. 41 ° Regg. Ftr. 42° 505° Btg. mitragl. 29° Regg.Attigl. Div.le (2 Gr.75/13)
= T. Col.
E. Babbini
U. Santovito D. Labruna G. Rocca
F. Diamanti G. Masper V. Bellocci G. Ziotti L. Ferri
= T. Col.
G. Lama U. Tedesco V. Caggiano F. Castelli U. De Benedetti
= Gen. di Div. = Magg.
A. Olivetti G. Stirati
=Col. = Col. = T. Col.
A. Graziosi L. Mugnai P. Piumatti
= Col.
P. Foresi
=T. Col. = Magg.
= Magg.
5" Divisione CC.NN. "1° Febbraio": Comandante V. Comandante Capo di S .M .
= Luogot.Gen. = Col. =T.Col.
A. Teruzzi B. Gioda F. Serra
413
Il personale
I07" Legione CC.NN.
128" 142" V Btg. mitragl. V Gr. cannoni 65/ l 7 Bande indigene (Arresa, Cohain,Tucul)
= Cons. = Cons. = Cons. = 1° Sen. = Magg.
2" Divisione CC.NN. "28 ottobre": Comandante = Gen.di Div. V. Comandante = Cons. Gen. Capo di S.M. = T.Col.
114" Legione CC.NN. 116" 180" 11 Btg. mitragl. II Gr. cannoni 65/17
= Cons.
= Cons.
= Cons. = Sen. = T. Col.
A. Lusana r. Romegialli A. Sebastianelli P. Nini G. Rossi
U. Somma G. Moscone A. Benfatti G. Riccioui N . Serrai A. Biscaccianti G. Caorsi E. Cecconi
CORPO d' ARMATA ERITREO = Gen. cli C.d' A.
Comandante Capo di S.M. Comancl. Artiglieria
= Col.
Comancl. Genio
=Gen.
A. Pirzio Biroli A. Scucro G. Scarampi del Cairo A. Foriero
=Magg.
T. Lequio
= Ge n.di Brig. =T. Col.
G. Pescnti A. Corclero di Mont:czemolo
= Gen.di Brig. = T. Col. = T. Col. =T. Col. =Magg. = Magg.
S. Gallina M. Fattori C. Citterio M. DeMeo B. Chiarini L. Marchini
Truppe di Corpo d'Armata: Gr. Squadroni cavali. Eritrea Compagnia Artieri Compagnia telegrafisti Compagnia idrici Compagn ia R.T. I" Divisione Eritrea Comandante Capo di S.M.
l Brigata E ritrea I O Gr.Btg.(Btg.1-Yl-XVl) 5° " "(Btg.Yll -XV-XYill) 6° " "(Btg.IT-Xlll-XXIV) I Gr. artigl. da mont. Il[ "
= Gen.
414
La campagna italo-etiopica, 1935-1936
2A Divisione Eritrea Comandante Capo di S.M. II Brigata Eritrea 3° Gr.Btg. (Btg. V-X-2 lACp.rnitr.) 4° Gr.Btg. (Btg.IX-XIT- 17ACp.mitr.) 7° Gr.Btg. (Btg.IV-XIX-22/\ Cp.mitr) 8° Gr.Btg. (Btg. VIII-XX-XXV) IV Gr.artigl. da mont. II Gr. "
= Gen.di Brig. = T. Col.
L. Dalmazzo G. Zuretti
= Col.
R. Tracchia
= Col.
F. Scotti
=T. Col.
U. Buttà
= T. Col.
C. Corsi
= Col.
C. Tosti C. Arizio C. Spezzaferro
=Magg. =Magg.
ZONA BASSOPIANO ORIENTALE (Sett.. Assab,Thiò) Comandante
= Col.
G. Malta
Vlll Btg. libico - Banda Dancalia Merid Banda Dancalia Sett. - Comp. aut. mitragl.Plotone carri veloci - Comp. genio CVII Gr. Artigl. erit. (3 btr. 77/28) ZONA BASSOPIANO OCCIDENTALE Comandante
= Gen.di Brig.
Raggruppamento celere . = Col. Gr. Bande a piedi Banda camellata Banda a cavallo Squadr. carri veloci Btr. camellata XIV - XXVII - xxvm Btg. eritrei
A. Couture C. Gastinelli
Z ONA TERRITORIALE Comandante
= Gen.di brig.
Coorte M.V.S.N. - Compagnia CC.RR. I Gr. art. controaerei - 24° Gr. art. controaerei 38A Btr. nazionale - l A Btr. erit. da pos. 65/17
A. Redini
li personale
R.MARINA Comandante Superiore Marina R. Torpediniere: R.Navi:
Cisterne: Rimorchiatori: Squadriglia M.A.S. :
= Contramm.
A.Ascoli Canto re, Carini. Azio, Niobe, Istria, Lussin, Ostia, Berta, Urano, Sesia, Garigliano, Porto Corsini. Frigido, Sebeto, S.Maria A., Bacchiglione. Ausonia, Mala111occo
FORZE ARMATE DELLA SOMALIA Comandante Capo di S.M. Com. Sett.Somalia occ.
- Gen. des.d' Armata R. Graziani - Col. A. Ollearo - Gen. di Div. C. Geloso
Com. CC.RR. Com. Genio 33° Btg. artieri 34° " Btg. pontieri trasmissioni " idrici
- Ten.Col. D. Marcello - Col. M. Molinari - Magg. A. Ferrero - Magg. G. Tosorti - Ten.Col. F. Paladino - Ten.Col. F. Candido - I °Capit. G. Francescheni
Delegazione Intendenza Direzione artiglieria Direzione genio Direzione sanità mi litare Direzione commissariato Direzione trasporti e tappe Direzione veterinaria Direzione Posta militare Direzione K. Ufficio imbarchi e sbarchi
- Col. E. Giordano - Ten.Col. L. Del Lupo - Co I. M. Perrell i - Col. M. Bedei - Col. N. Glorioso - Col. L. Zo - Ten .Col. C. Caramanna - Maggiore Pudclu - Ten.Col. A. Strinati - 1°Capit. G. Patroncini
Aeronautica della Somalia (IO squadr.)
- Generale F. Ranza
Coorte Milizia forestale
- Sen. S. Larice
6" Divisione CC. NN. " TEVERE" Comandante - Gen. dì Divis. E. Boscardì - Ten.Col. G. Martinat Capo di S.M. - Cons. E. Galbiati 219" legione CC.NN. - Cons. M. Mazzetti 2W"
415
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La campagna iwlo-etiopica, 1935-1936
221/\ legione CC.NN. 32]/\
VI Btg. Studenti VI Gr. cannoni
- Cons. P. Parini - Cons. G. Gangemi - Ten.Col. A. Vinciguen:a - Maggiore U. Sofia
Divisione "PELORITANA" - Gen. S . Bertoldi Comandante - Ten.Col. R. Cassata Capo di S .M . XXIX Brig. di fanl. - Gen. G. Morelli di Popolo 3° regg. font. - Col. A. Fantoni 4° regg. font. - Col. G. Romano - Col. M. Piccone 75°regg. fanl. - Ten.Col. F. Mazzarella 529° btg. mitragl. 24° regg. art. div. (3° gr.) - Col. V. De Paris - Magg. P. Pasquini Gr. pos. "S" Com genio div. - Ten.Col. G. Minniti 2 compagnie artieri, 1 compagnia trasmissioni Divisionefanteria colon.le "LIBIA " Comandante - Gen. G. Nasi Capo di S.M. - Ten.Col. E. Duranti - Col. M . Marghinotti 1° regg. fant. 3° regg. fant. - Col. G. Cerio 4° regg. fant. - Col. A. De Guidi - Ten.Col. L. Biasucci VI btg. fanteria Gr. cannoni 65/ 17 1 comp. trasmjssioni, 1 plotone artieri - idrici CORPO INDIGENI DELLA SOMALIA Comandante - Gen. L. Frusci Capo di S.M. - Ten.Col. G. Pizzorno Com.te Settore Giuba - Gen. A. Bergonzoli Com.te Artiglieria 1° Raggrupp. a.s. (3 btg.)
20 30
50 Raggrupp.mitr.autoc. (3 btg.) Raggrupp.celere (4 gr. squadr.) Raggrupp.carri ass. (2 gr.c.a.) XXBtg.C.A. XLV Btg. eritrei 5 rep. mitr. contraerei I Gr. btr. cammei!.
- Col. R. Buoni - Col. P. Maletti - Col. I. Carnevali - Col. G. Molinero - Col. A. Martini - Col. B. Zambon - Col. C. Micheli - Ten.Col. A. Pederzini - I° Capit. P. Calini - Maggiore A. Castellano - Maggiore C. Giorio
Il personale
II Gr. btr.cammell. Gr. btr. autr. 77/28 4 Gr. obici II Gr. legg. 100/ l 7 119° Or.obici 149/13 8° Sez. cann. da 70/15
- Maggiore E. Mameli - Maggiore S. Raudino
Btg. genio artieri indig. Gruppi bande Bande teIT.
- Cap. A. di Dato - Col. A. Bertello - Ten . Col. C. Bechis
417
- Ten .Col. M. Manfrone - Ten.Col. T. Trulli
(409)
3 - LE TRUPPE L'IDIGENE Dopo la proclamazione di Assab in colonia italiana e fin dai primi tempi dell'occupazione di Massaua nel 1885, si crearono truppe di milizie locali nell'intento di trarne futuri combattenti. All'inizio si trattò di bande irregolari al comando di ufficiali italiani, che fornirono subito buoni risultati contribuendo a salvaguardare l'insidioso territorio prima dalle incursioni dei predoni e poi coadiuvando le truppe metropolitane nelle operaziotù nùlitari coloniali. In seguito vennero costituiti reparti organici regolari indigeni di Milizia Mobile e di Milizia Territoriale, che con l'ordinamento del 12 aprile 1902 furono inquadrati nel R.C.T.C. dell'Eritrea. Con la legge ciel 5 aprile 1908 furono riunite sotto un'unica anuninistrazione le regioni dell' Africa Orientale soggette alla sovranità italiana dando loro la denominazione di Somalia Italiana, e vennero creati nuclei di milizia posti anch'essi agli ordini di ufficiali italiani e rispecchianti la struttura di quelli eritrei anche nella denominazione di R.C.T.C. della Somalia. Furono anche costituite "bande" di irregolari, che però non dettero buoni risultati. Con Decreto ciel 24 dicembre 1923 fu istituito il Corpo Zaptiè della Somalia Italiana, e vennero poi costituite le Bande dei Dubat, preparate a compiti di antigueJTiglia contro le minacce provenienti dall'altopiano etiopico e dal Kenya. Con lo stesso procedimento adoperato antecedentemente in Eritrea e in Somalia, furono create ed organizzate le truppe coloniali libiche. Dapprima furono nuclei indigeni che costituivano le bande, in seguito cabile e mehalle riformatesi sotto la bandiera italiana con graduati propn e con a capo sempre ufficiali italiani. Raggiunta una forza di oltre 1.000 armati, si iniziò la trasfo1111azione delle bande in battaglioni e la costituzione di reparti regolari già iniziata nell'estate del 1912. Il R.D. del 22 gennaio 1914 sancì la formazione del R.C.T.C. della Tripolitania e della Cirenaica, in base al criterio che pur rimanendo unico l'ordinamento generale tecnico ed anuninistrativo per tutta la Libia, ciascuno dei due govenù coloniali disponesse di proprie forze. Con R.D. del 12 settembre 1935 i due Corpi vennero fusi nel R.C.T.C. della Libia. Nella seconda metà dello stesso anno fu costituita in
4o9 AUSSME, Dl-223/16 e L3-84/8; cfr. anche Anesi R., "La lunga storia della Fanteria ilaliana", in: "Uniformi", n° 68/nov. 1996.
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La campagna italo-etiopica, 1935-1936
A.S. la Divisione Libia, su 800 militrui nazionali (250 ufficiali, L50 sottufficiali e 500 soldati) ed 8.500 libici, che il 3 febbraio 1936 partì per r A.O (410). Le truppe indigene, come si è visto nella seconda parte ciel volume, svolsero un ruolo importante durante l'intero ciclo operativo etiopico, tanto quelle inquadrate nei tre Corpi Truppe Coloniali dell'Eritrea, della Somalia e della Libia quanto quelle facenti parte delle "bande" regola1i ed irregolari. Nel 1935, alla vigilia della campagna, l'organico delle truppe coloniali fu notevolmente ampliato: in Eritrea il numero dei batt.ni fu portato da 15 a 28, in Somalia passò da 6 a 12 ed in Libia fu costituita una divisione. Nel complesso la mobilitazione portò in linea poco meno di 200.000 uomini, uno sforzo di ampie dimensioni che produsse buoni risultati ma in cui l'eccessivo espandersi della quantità iniziò ad incidere sul livello qualitativo delle truppe. Ciò nonostante il loro rendimento nel corso della campagna rimase valido: gli eritrei, inquadrati in brigate (in All. 289 l'o.d.b. delle unità eritree al febbraio 1936), si distinsero in parecchie azioni, furono utilizzati come una delle punte di lancia delle nostre fo1mazioni e se non entrarono per primi in Gonclar ed Addis Abeba ciò fu dovuto soltanto a considerazioni di opportunità politico-militare. Libici e somali mossero invece insieme dalla Somalia affrontando, agli ordini del gen. Nasi, una cruenta setie di combattimenti (411 ). Il termine ascaro (dall'arabo ascar = soldato) ha in sé un significato di validità, quasi di nobiltà, che sin dall'epoca giolittiana era stato adoperato in senso positivo come espressione di assoluta fedeltà ad un capo; nella tem1inologia politica successiva, in un Paese come il nostro, senza memoria e con un pessimo rapporto con la propria storia, ha invece progressivamente assunto un significato di mercenario sino ad acquisire, nell'attuale linguaggio politichese, quello di lacchè e di docile strnmento della volontà altrui. Superficialità e sciatteria culturale, incongrui complessi di colpa e volontà di rimozione del nostro passato hanno così condannato ali' oblio ed ancor peggio al vilipendio il ricordo ed i1 sacrificio dei nostri soldati africani. E lo stesso dicasi per gli zapliè, i carabinieri indigeni che fornivano anche i quadri per le guardie vicereali e governatoriali, gli spahis, gli speciali reparti a cavallo, ed i meharisti, i loro omologhi cammellati, ed infine i dubat (turbante bianco, nell'idioma somalo), una specie di truppa celere d'assalto, con un equipaggiamento ridotto al minimo indispensabile ed anni leggere ma capaci di una sobrietà di sussistenza incredibile. Circa l'impiego delle truppe indigene, era diffusa la convinzione che i battaglioni eritrei potessero, al massimo, essere riuniti in GG.UU. elementari quali la brigata e la divisione, che comunque li avrebbero utilizzati non esattamente secondo la regolamentazione tattica in vigore. Pertanto, la costituzione d i un C.A.eritreo non appariva molto convincente. In realtà, proprio tenendo conto delle caratteristiche peculiari di quelle truppe e quindi per non incorrere nell'errore di un impiego inusuale per esse, le divisioni eritree ricevettero di volta in volta compiti confacenti alle loro caratteristiche. Quando però si trattò di procedere al-
4 10 Cfr. Giachi A., 'Truppe coloniali italiane", Firenie, Litio, 1977, e Cucchi G. , "Ascari, storia delle truppe indigene delle colonie italiane", in: Rivista Militare", 4/1990. 4 11 Rovighi A., "La fomoglia Nasi di Modena", Modena, Mucchi, 1999.
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lo sfruttamento del successo, come dopo la battaglia dell' Ascianghi, allora iI C.A. fu ricompattato e lanciato in avanti. Dopo circa un mese dall'inizio delle operazioni, comunque. le due divisioni - ciascuna con due brigate miste - furono trasformate in GG.UU. ternarie, articolate su 9 batt.ni e 3 gruppi di artiglieria più truppe del genio e servizi. Esse. alla data del 1° maggio 1936, sarebbero state poi disciolte lasciando in vita le sole brigate, indubbiamente più snelle, veloci, manovriere e, soprattutto, più autonome; tutto ciò, infatti, che poteva appesantire le unità indigene, maggiori o minori che fossero, era pregiudizievole alla loro funzionalità operativa. Le truppe indigene potevano percorrere disinvoltamente più tappe di 50 Km. e marce forzate fino a 70, beninteso lasciando loro abbigliamento ed equipaggiamento adatti e cioè piedi nudi od al massimo sandali per cere.i terreni speciali, una leggera e comoda uniforme di tela con mantellina o baraccano per coprirsi la notte, un fucile, molte cartucce, niente zaino, niente attrezzi ed il minimo di cinghie, cinture, cinturoni, tascapani e le altre buffetterie del soldato europeo. Si trattava di elementi sobri, che si accontentavano di poco: farina , datteri, the e zucchero e carne e solo quando fosse capitata l'occasione, che non avevano mai saputo cosa fosse una casa in muratura ed un letto propriamente detto; guai quindi ad accasermarli, una tenda in operazione ed un t11cul in guarnigione erano più che sufficienti. Altra caratteristica di base delle truppe indigene era che si dimostravano brillanti fin che si avanzava o si attaccava, perdendo invece molto quando si ripiegava fino a divenire vacillanti se impiegate in combattimento di retroguardia per coprire una 1itirata. Volendo stabilire un parallelo fra le truppe libiche e quelle eritree, si potrebbe dire che queste ultime erano più impressionabili e meno adatte per proteggere un ripiegamento. Queste considerazioni concordano con quanto, in proposito, avrebbe scritto il comandante della Div. Gavinana gen. Villasanta nella sua già menzionata relazione in risposta ai quesiti formulati da Badoglio: "Massima unità indigena, dunque, dovrebbe essere la brigata. rnista non appesantila da. elementi nazionali e costituita da reparti (battag lioni o batterie) a.i quali siasi restituita la antica caratteristica di velocità e resistenza nelle marce e sopra/lui/o quella delle limitate esigenze logistiche consentita dalla inna,a sobrietà degli indigeni. Essi sono stati invece viziati proprio da noi, che abbiamo concesso loro razioni viveri sim.ili e fòrse anche più complesse ed onerose di quelle previste per i nazionali; ritengo indispensabile e possibile tornare all 'antico; agli ascari, se mai, si aumenti la paga ma non la razione e si eviti di creare in lo ro delle abitudini che poi diventano necessità; si dia loro una razione di.farina e di carne in piedi abbondante quando possibile, acqua potabile o non e qualche distribuzione di zucchero e caffè o e thè, ma niente più. Dei reparti indigeni deve far parte il numero minimo indispensabile dinazionali, anch'essi abituati, per quanto riguarda il vettovagliamento, a vivere nei periodi operativi, se non all 'indigena, quasi" (41 2) . ·
4 12 ACS,
Fondo Badoglio, b.9, f. 11 3.
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Uno dei problemi di fondo riguardante le truppe indigene era comunque quello degli ufficiali preposti al loro inquadramento, che le conoscessero e ne fossero a loro volta conosciuti. Una psicologia tutta particolare, quella degli ascari, felicemente compendiata dal giudizio di un comandante delle prime bande eritree e consumato conoscitore della vita coloniale (4 13). L'aforisma tali le truppe quali gli ufficiali aumentava di valore per tali soldati; l'ufficiale in colonia, creava il reparto a sua immagine e somiglianza, per cui questo valeva o meno a seconda cli chi ne era a capo. E l'autorità dell'ufficiale non derivava dal grado ma dalla persona in quanto tale:
"Il maggiore, il colonnello non hanno sopra un ascaro la decima parte dell'autorità che esercita su di loro un capitano od un tenente. Il colonnello lo vedono. lo salutano, lo rispettano, ma col tenente e col capitano ci vivono, si consigliano delle minime faccende, ci stanno insomma come si s/Cl con uno di famiglia. Poi son loro che li pagano .... Finchè dura questa scambievole cordialità e non vi è nessuna ragione perché abbia a finire, si puà essere tranquilli: gli ascari seguiranno fedeli i loro 1~fjiciali, obbediranno ai loro ordini, combatteranno al loro fianco e per loro, se occorrerà, si faranno tutti ammazzare" (414) . Si trattava di elementi la cui potenzialità intellettiva relativamente ridotta non escludeva un certo senso pratico e sicurezza di giudizio, e così consideravano la mancanza di energia o l'assenza di carattere come prova di debolezza, tali da infirmare l'autorità del bianco e pregiudicarne il prestigio. Se l' indigeno commetteva una colpa doveva essere punito. li perdono o la condanna condizionale non erano capiti né apprezzati. Naturalmente ciò non escludeva l'indulgenza, ma soprattutto le sanzioni dovevano essere int1itte con calma e senza passionalità, poiché collera ed impazienza nuocevano all'efficacia delle misure repressive. Le sanzioni più sentite da queste truppe erano quelle pecuniarie e quelle corporali, identificantesi nella fustigazione, che però doveva essere inflitta solamente su ordine di un ufficiale superiore e mai lasciata alla discrezione di ufficiali giovani e poco esperti (4 15) .
413 "Allegri, ciarlieri, spensierati, di indole fanci11/lesca, impulsiva, mobilissima. Miti, docili nelle ordinarie circostanze. diventano cmdeli e sanguinari in guerra: so1w so.1pettosi, dissimulatori, ammiratori dellaji>rza e del valore, adulatori; bugiardi, ma capaci d'azioni altruistiche e cli tenerfede alla parola data. Relariva111e11te intelligenti, amanti del lavoro quanto basta a procurargli il necessario a vivere; ospitali, a/laccati alla propria religione nu1 non.fanatici; oppor1w1isti, cercatori di regali, sensuali, fanfaroni, orgogliosi, affezionati alle loro terre ed alle avite costumanze 1na amanti delle novità che riescano utili e pratiche. Sono vendicarivi, sensibili ai benefici ricevuti ma facili a di1nenticarli, lenti nel decidere, discordi nell'operare, }Ì'ugali per necessirà. incontinenti nell 'abbondanza, prodi in guerra, maestri nell'arte di ,!{fendere il nemico, cerimoniosi. amanti della giustizia, ma soprattutto dediti allefesre, alle cacce, alle spedizioni avveruurose, alle razzie, alla viw all'aria aperta". (Mulazzani V., "Geogralia della Colonia Eritrea", c itato in Pesenti G., cit. , pagg. 39-40). 4 14 Martinì F., "Nell'Africa Italiana", Mi lano 1896, citato in Volterra A., "[I curbash, il padre e la madre. Le truppe indigene nella rcalt11 e nell ' immaginario colleu ivo", Atti del Convegno " Il colonialismo italiano", (Roma, 18.Xl. 1996). 4 15 La fustigazione aveva un proprio rituale elle, in una pubblicazione del 1935, era descritto come segue: "La punizione della fustigazione è applicma ai soli ascari ed in presenza di 11.t110 il re-
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Ne conseguiva come q uesti necessitassero di una preparazione a tale del tutto particolare azione di comando, tenendo conto che l'indottrinamento doveva toccare molteplici aspetti di carattere psicosociologico che presupponevano a loro volta nozioni culturali generali. Nell' Ali. 290 è riprodotto il "Promemoria per l'ufficiale subaltemo destinato in Eritrea al comando di reparti indigeni" prodotto il 15 febbraio 1935 dall'Ufficio Colonie del Ministero della Guerra. Non era comunque un problema di agevole soluzione, considerando come si sarebbe resa necessaria anche una preventiva azione di selezione che il convulso stringere dei tempi rendeva invece piuttosto aleatoria. Infatti, nelle guerre coloniali più che nelle altre, il carattere e la sua proiezio ne volitiva contavano indubbiamente più di qualsiasi dottrina. La rapidità e la spregiudicatezza delle decisioni dovevano accompagnarsi ad una profonda fiducia in sé, nei propri mezzi, nelle proprie capacità. Bisognava affrancarsi dalla eccessiva teoria ed anche da ingombranti reminiscenze storiche, privilegiando istinto e temperamento ed autoassunzione di responsabilità a scapito della funziona lità cerebrale riflessa, in ossequio al concetto che chi opera concretamente crea la teoria sull'azione che compie, pronto a misconoscerla od a ripudiarla in quella successiva, osando dimenticare dottrina, nonne e regolamenti. Nelle guerre coloniali, anche quando il combattimento avesse assunto caratteristiche "europee", sarebbe stata necessaria la massima articolazione tattica, del genere tip and nm; not pushes, but strokes (4 16). Significativo, al riguardo, ci sembra il commento del gen. Pesenti, comandante della I" Div. Eritrea:
"Quell'apparente disordine delle nostre unità indigene, che dava ai nervi e tanta brava gente cristallizzata nelle forme regolarnentari e nel ritmo della regola, proprio dei reparti nazionali, è ordine nel diso1dine; perché al momento dato gli sforzi convergono, per propulsione naturale, allo scopo: lo parto riuniro. \li assiste sempre un ufficiale. Chiamaro fuori il colpevole, s i espone prima, nei giusti termini, la mancanza commes.rn, in. modo che rutti si convincano della colpa; si }ti quindi seguire un breve commento al fatto e si .fànno poi infliggere dal comandante di huluk, il quale deve essere della sressa religione del punito, le.fi1s1igazionifissate lenendo prese/Ile che la.fì'usra del curbash non balla per rerra. Le fastigazioni debbono essere date 11ella regione glurea del corpo, metà da una parte e melà dall'altra, dopo aver osservaro che. il curlmsch 11011 presenti alcun nodo nella parre flessibile. li punito deve indossare semplicemente i ptm1alom:ini di prescrizione, fare il saluto prima di metlersi a terra per ricevere le scudisciate e rifarlo quwulo si sia messo in ordine, con.fascia e wrb11.1·c, per ri1orn.are al posto. Al "rompete le righe" il reparto risponde normalmente col tradizio11ale grido di "lwrrai" in segno di approvazione. Se, per caso. tale ;::rido mancasse e le righe venissero rotte in. sile11zio, si avrebbe un indizio certo che nel reparto vi è del malumore causato dalla convinzione che la punizione non sia stata inflitta secondo giustizia. Per opporhmità religiosa è buona regola, potendolo. astenersi dal far subire la fus1igazione nei ;::iorni di domenica per i cristiani, nei giorni di vcne1ilì per i musulmani". (S. Gunardi, La ;::es/ione dei reparti i11,ligeni e misti in. Eritrea, Roma, 1935, pp. 88-90). li curbash, la frusta di nervo d.i ippopotamo, era anche detto "dizionario". L' introduzione del termine derivava dal fatto che, nonostan te il diffondersi dcl i' italiano fra gli indigeni (per passare di grado fra gli ascari o per di ventare zaptiè era obbligatoria la conoscenza dell a lingua italiana), resta vano però sempre problemi di compre nsione e comunicazione che, da parte di un certo numero di uffici ali, si ritenevano superabili a colpi di scudiscio, da cu i la denornina1.ione di " dizionario" data al l'attrezzo. 41 <i P11111are e lanciarsi; non spingere, ma 1 .1nare colpendo sodo e deciso.
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sforzo dominato dalla volontà del comandante, porta necessariamente a raigrupparsi, nelle formazioni di manovra, decuplicando il valore personale, e possiede virtù di coesione capaci di risultati insperati" (4 17). Nelle unità indigene il potenziale morale, per quanto non comparabile con quello dei reparti di più remota formazione soprattutto per la indisponibilità di personale di inquadramento idoneo rispetto all'ampiezza dei nuovi reclutamenti, era andato consolidandosi, anche se qualche avvisaglja negativa c'era stata verso la metà di settembre I 935 con la diserzione di una quindicina di elementi. Una preoccupazione maggiore era derivata da un'altra ventina di casi analoghi, verificatisi nell'ambito della 2/\ Div. Eritrea, attribuiti alla provenienza di alcuni militari da regioni etiopiche ed all'indignazione per i danneggiamenti ad un luogo di culto copto compiuti eia nostri soldati. Ma il culmine sarebbe stato raggiunto nel settore somalo a metà gennaio del 1936 con la defezione di 800 ascari del 4 ° Ragg.to eritreo, episodio già rievocato nel cap. IX. Per una coincidenza, fortuita o meno, anche sul fronte Nord si verificava un episodio analogo, con la diserzione di un primo gruppo di 100 ascari che si sarebbe progressivamente ingrossato fino ad arrivare, dopo circa due mesi, ad oltre 1.000 (418 ). A parte l'efficacia della propaganda etiopica (Ali. 291), manifestatasi attraverso scritti stilati in forma semplice e fondata su larghissime promesse di gradi, regalie ed onori in caso di vittoria del Negus, una parte influente nel divenire di questi episodi andava poi ricercata nel fatto che le esigenze della guerra avevano costretto a destinare ai reparti di colore anche ufficiali assolutamente nuovi, mancanti di ogni conoscenza dello spirito, dei costumi dei loro uomini e del modo di comando da usare con essi. I comandanti, pressati dalle esigenze del momento, non potevano esercitare tutta quella oculata vigilanza e svolgere quel personale controllo che avrebbe dovuto essere una norma costante nelle unità minori. Lo aveva ricordato, con parole fuori dai denti e di severa critica nei confronti delle inadempienze da parte delle superiori autorità, lo stesso comandante del C.A. eritreo in una lettera inviata ai comandanti delle divisioni dipendenti dopo i fatti di metà settembre ( 4 19). Nel caso ciel 4° Ragg.to si era aggiunto anche, da parte del suo comandante, un comprensibile ma non opportuno orgoglio di "vecchio" d'Eritrea desideroso cli mettere in risalto le eccezionali doti di resistenza delle sue truppe in confronto ai somali ed agli arabi, che gli aveva fatto richiedere troppo agli uomini con lunghe e sfiancanti marce a piedi e non tenendo conto, nonostante la pregressa esperienza, del fatto che presso gli indigeni le differenziazioni sfavorevoli non erano tollerate. In sostanza, il problema delle manifestazioni di mancata fedeltà da parte di alcuni nuclei di truppe indigene può essere analizzato in chiave psicologico-etnica, rifacendosi appunto alle loro connotazioni temperamentali di base ad impron41 ;
Pcsenti G. , op.cit., pag. 172. ASD-MAE, A.O.I., I 81/l 5, f. 74, tele del 4.2. 1936 da C.S.A.0. a Ministero Colonie, f.to Badoglio. 4 19 AUSSME, D6-332, prot. 335 del 25.9.1935, da Com.te C.A. Indigeno a Com.ti GG.UU. di pendenti, f.to Pirzio Biroli. 4 1s
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ta infantile e delle quali si è già fatto cenno. È tipico dei bambini, infatti. così come delle genti primitive in genere, l'attaccamento fisico verso chi provvede a quanto loro occorre per la vita, trasformato poi dall'educazione ambientale in sentimenti superiori; e lo sono egualmente la facile impressionabilità, l'esagerata reazione per fatti di scarsa importanza, il faci le sconforto come la facile esaltazione, gli slanci affettuosi e l'abitudine alla bugia anche senza fondamento, quelle detta appunto "bugia infantile". Negli indigeni si aggiungeva l'atavica passione per la lotta, sia per scopi di preda che per la gioia ciel combattimento in sé, un' occasione per mostrare il proprio ardimento, e l'istintivo rispetto verso chi è forte ed è investito dall ' autorità ciel comando. Ma l' iJ1sieme dei sentimenti, che nell ' animo del bianco aveva un diverso e più ampio respiro sconfinando dall'ambito strettamente personale per estendersi alle idealità inerenti alla comunità ambientale, era invece in loro limitato e si proiettava su poche persone espressione del potere diretto, vicino, daJle quali dipendeva il loro vivere quotidiano, come il capo del villaggio od il capo della regione. Una volta alle armi, queste figure emblematiche ciel potere erano sostituite dal comandante e dagli altri ufficiali i quali compendiavano tutto, e la fedeltà ed il rispetto ~e, formalmente, erano rivolti anche a certi ideali non sentiti e non compresi, erano nella realtà limitati alle persone predette; il resto era vago, lontano, indefinito, non direttamente percepito. Da tale attaccamento nasceva la completa armonia che rendeva facile ogni azione, sia durante i periodi di pace che durante la guerra. Ma era sufficiente una nota errata, una mancanza di tatto, un gesto inopportuno da patte di chi era investito del comando per mutare la situazione rendendola irta di difficoltà. Era il bambino che si ribellava. Dagli episodi di diserzione del gennaio 1936 aveva tratto spunto Badoglio per diramare una circolare avente appunto come oggetto "Disciplina, trattamento ed inquadramento delle unità eritree", riprodotta nel!' Ali. 292. Per quanto riguarda le bande, quelle "irregolari" erano composte da uomini di quasi tutte le età, reclutati nei villaggi e nei mercati per lo più ali' improvviso, quando le circostanze lo imponevano, e che conferivano alla suddetta aggettivazione un significato in positivo. Erano gli zaptiè che di solito operavano questi reclutamenti fuori della norma, dicendo che iI governo aveva bisogno del loro aiuto per difendere i villaggi minacciati dai ribelli. Non pochi erano più che riluttanti a lasciare d'improvviso il lavoro e la famiglia per un'avventura di cui ben poco capivano e per la quale era loro promessa una ricompensa non certo troppo allettante. La maggior parte di essi, pastori e contadini, non aveva mai adoperato un fucile e per prima cosa bisognava insegnarne l'uso e l'impiego. Le dotazioni di cartucce erano distribuite suggerendo cli custodirle in una specie di fagotto fatto alla meglio annodando un angolo dello sciarnma, spesso il loro unico indumento. Con le cartucce venivano distribuite alcune manciate di farina per il pasto. Si avviavano come smarriti, a piccola corsa dietro allo sciumbasci delle truppe regolari che li guidava cavalcando un muletto ed accompagnato dal portabandiera. Procedevano stretti in gruppo, quasi per farsi coraggio, impacciati dal fuci le e dai fagotti, quasi tutti scalzi. Per essere riconosciuti durante la marcia e soprattutto in combattimento, sulle loro teste erano state annodate delle strisce di tessuto. Molti erano seguiti, talvolta per intere giornate, dalle mogli, alcune con i bambi.1ù sul dorso, che durante le tappe si davano da fare per preparare il cibo cuocendo la farina in dotazio-
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ne e qualche pollo e uova raccolti nei villaggi nei quali erano transitati; poi le donne, entrando in territorio ritenuto ostile, si staccavano dai loro uomini e rientravano alle sedi di provenienza ad aspettarne il ritorno. Ciò che i comandanti di questi repa1ti temevano cli più era il momento che precedeva il primo scontro o la prima sortita, perché nessuno poteva prevedere come quei pastori e contadini avrebbero reagito alle prime fucilate e raffiche cli mitragliatrice. Erano state insegnate loro delle brevi frasi che esaltavano, ancor prima di averlo provato, il proprio coraggio paragonandoli al simba, il leone. Pronunciavano quelle parole a ritmo sempre più concitato fino al momento in cui il grido "Savoia!" comandava di uscire allo scoperto, sotto il fuoco, dietro ai loro ufficiali. Le risultanze che si potevano ricavare dall'impiego di questi reparti erano globalmente positive. Sul piano strettamente operativo, la loro utilità era emersa in particolare nelle fasi cli esplorazione, ricognizione, acquisizione info1111ativa e di presa di contatto; soprattutto in quest' ultima evenienza, avevano dimostrato specifica capacità di infiltrazione, fornendo un valido rendimento durante l'avanzata, quando si trattava cli liberare il terreno e di aprire la strada alle colonne regolari, mentre questo era sembrato scemare allorché si erano trovati di fronte a forme cli resistenza che, se pur non particolarmente vigorose, erano state sufficienti a dete1111inare in essi manifestazioni reattive di immediata perdita di controllo e di fuga disordinata. L'affidamento che si era potuto fare su queste formazioni era apparso comunque direttamente proporzionale al successo che in un determinato momento arrideva o meno alle nostre armi, e quindi alla sua ricaduta sul prestigio nazionale. Il problema di fondo che derivava da queste considerazioni era quello clell'inquaclramento, a proposito del quale si erano verificate tre evenienze. La prima era stata quella di bande affidate ad un capo locale, demandandogli la scelta dei graduati dagli elementi della banda stessa, coadiuvato in qualche caso eia un nostro ufficiale inferiore con compiti più di amministratore dei fondi e dei materiali che non di vero e proprio consigliere nliLitare; ne era derivato il vantaggio di assicurare la coesione, la disciplina e quindi il rendimento in relazione all'ascendente diretto ciel capo sui gregari della propria giurisdizione, e per contro cli disporre cli una struttura prop1io per questo eccessivamente personalizzata e troppo dipendente dalla fedeltà del capo alla nostra causa, venendo meno la quale l'intero organismo si sarebbe dissolto. In altri casi, si era trattato di bande irregolari costituite con quadri tratti dalle unità regolari, quindi inquadrate eia ufficiali italiani e graduati di colore (420 ) con esclusione totale di capi e notabili indigeni, il che, se
420 La gerarchia dei militari indigen i era la seguente: ascaro=,oldato - uachil=ascaro scelto muntaz=caporale - bulucbasci=sergente (bu.luc=squadra; il graduato in questione comand ava il buluc in fanteria e cavalleria ed era capo-pezzo o capo-sezione in artiglieria) - bulucbasci capo=serg.magg. - sciumbascr=mare~ciallo - sciumbasci capo=maresciallo capo o aiutante. Poco prima della fine della campagna, il c.s:A,0. aveva disposto che le promozioni straordinarie " per merito di guerrn" fossero stabilite dai. comandi di C.A. fino al grado di bulucbasci mentre quelle a sciumbasci erano di competenza dello stesso C.S.A.0. (AUSSME, DI-94/8, pn)t. 8566 del 18.3.1936, da CSAO-Uff.Ord.to a Ministero Guerra, f.to gcn. Gabba). In precedenza, considerando che molti graduati eritre i erano caduti alla testa dei loro reparti e valutando come tali perdite fossero dov ute, oltre che al senso del do-
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aveva eliminato l'inconveniente di cui sopra, le aveva anche in pa1te penalizzate nella loro leggerezza dal momento che la maggiore organizzazione aveva anche significato maggior irrigidimento. Infine , si era dato il caso di bande ad inquadramento misto, comandate cioè da ufficiali italiani coadiuvati da graduati tratti dagli stessi indigeni della banda, un sistema che aveva presentato i vantaggi e gli svantaggi insieme degli altri due.
4 - LE PERDITE E LE RICOMPENSE AL V.M. Per quanto riguarda le perdite umane, anche per la campagna d'Etiopia così come in genere per tutti i conflitti, risulta piuttosto arduo poter pervenire a quantificazioni univoche e definitive. Le varie fonti consultate forniscono infatti cifre diverse, anche perché diversi sono i criteri temporali e le reali causali de i decessi. Un primo, abbastanza attendibile studlio è quello prodotto nel novembre 1936 dall'"Ufficio Centrale Notizie per le famiglie dei militari richiamati alle armi", riferito al periodo luglio 1935 - luglio 1936 poiché si era ritenuto utile considerare, per la opportuna comparazione, la fase prebellica di preparazione, qu•:lla vera e propria di guerra gue1Teggiata e quella successiva di assestamento, e che riporta la cifra di 2.911 caduti dei quali 1.8 11 per l'Esercito, 959 per la M.V.S.N., 131 per la R.A. e 10 per la R.M .. Rispetto alle province di appartenenza dei caduti, Milano (142), Brescia ( 112), Roma (89), Torino (86), Firenze (85), Napoli (83), Genova (73) e Udine (72) occupavano in ordine numerico i primi posti, mentre quelle di Macerata (10), Agrigento (9), Pescara (8), Fiume (7), Terni (6), Enna (5) e Zara (1) fornivano le cifre minori (42 1). In un successivo rapporto di poco più di un anno dopo i suddetti totali salivano a 2.3 17 per l'Esercito, 1.165 per la M.V.S.N., 193 per la R.A. e 56 per la R.M., ai quali andavano aggiunte le 78 vittime dell'incursione al Cantiere Gondrand che pottava il totale generale a 3.809 unità (422), una cifra abbastanza vicina a quella di 3.981 indicata da Caccia Dominioni (423 ) . Cecchini parla di 2.3 13 morti nazionali, dei quali 1.304 caduti in combattimento e I .009 deceduti per servizio o malattie ed ai quali andavano aggiunte 86 perdite fra il personale di volo de lla R.A. ed i 2.493 indigeni (4124). Infine, secondo un computo globale
vere ed allo slancio che animava i medesi mi , anche ai troppi vistosi distintivi di grado c;he adornavano la giubba rendendoli quindi più vis ibili al nemico quali bersagli preferenziali, lo stesso C.S.J\.O. aveva istituito per i graduati eritrei e libici nuovi distintivi di grado per la sola uni forme di marcia (AUSSME 01-77/5, prot. 073 del 4.1. 1936 e prot. 02975 del 31.1.1936, da C.S.A.0. a Intendenza A.O. e p .c. ai comandi dipendenti, f.to gen. Gabbia - Ali. 293); cfr. anche C ucchi S., "Ascari: l'iconografia delle truppe coloniali", in: " Rivista Militare", 6/1990). 421 AUSSi\•IE, I 4-1. Ufficio Centrale Notizie pe r le famigl ie de i militari richiamati Hlle armi. "Notizie statisti che dei Cadu ti per la Fondazione dell' Impero (lugl io '35 - luglio '36)", Roma. novembre 1936, f.to il presidente prof. G. Giardina; cfr. anche AUSSME, 14-1, Ufficio del Capo di S.M. Generale, promemoria per Capo S.M. Gen. del 19. 11.1 936, f.to col. Bollea. 422 Giard ina G. , "Uno sguardo alla guerra d ' Africa", in: " Giornale di Medic ina Mil itare", 211938. '123 Caccia Dominioni P., "Ascari K7. 1935 - 1936", Milano, Longanesi , 1966, pag. 608. 424 Cecchin i E., op. cit.. pag. 34 .
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operato da Del Boca, le perdite umane fra il 1° gennaio 1935 ed il 31 dicembre 1936 ammontavano a 4.350 morti e ad un numero quasi doppio di feriti per i nazionali, mentre per gli indigeni risulterebbe più difficile stabilire cifre esatte in merito ai caduti, oscillando le valutazioni tra un minimo di 1.593 ed un massimo di 4.500 (425 ). Più specificamente, l'Arma dei Carabinieri annoverò 208 caduti e circa 800 feriti, mentre la M.V.S.N. ne contò rispettivamente 1.290 e 1.681. Per quanto riguarda le truppe indigene, il R.C.T.C. dell'Eritrea avrebbe subito le seguenti perdite: ufficiali 40 morti + 80 feriti, graduati di truppa (bande comprese) 3.500; il R.C.T.C. della Somalia avrebbe pagato un tributo di 960 morti e 1789 feriti (426). In merito alle ricompense al v.m., i dati appaiono indubbiamente più univoci, e depongono per la concessione di ben 16.737 decorazioni, cifra che, prendendo in considerazione i dati sulle perdite forniti eia Caccia Dominioni, dà luogo ad una proporzione di 4 medaglie per ogni morto, "un 'orgia .~fi·enata che spezzò un'antica e severa tradizione" (427 ). Per l' Arma dei Carabinieri vennero concesse ai singoli 4 medaglie d'oro, 49 d'argento e 108 di bronzo al v.rn., oltre a 435 croci di guerra, e la bandiera dell'Arma fu insignita della Croce di Cavaliere dell'Ordine Militare di Savoia (ora d'Italia). La M.V.S.N. annoverò 7 Ordini Militari di Savoia, 20 medaglie d'oro, 237 d'argento, 625 di bronzo e 1.282 croci di guerra al v.m. individuali, mentre ai labari dei reparti vennero assegnate 4 medaglie d'argento, 11 di bronzo e 3 croci di guerra. L'Ordine Militare di Savoia fu concesso indistintamente alle bandiere ed ai labari di tutte le Forze Annate e Corpi che avevano preso parte alla campagna. Per le truppe indigene, alla bandiera ciel R.C.T.C. dell'Eritrea e della Libia, così come a quella del IV Btg. , fu assegnata la medaglia d'oro al v.m.; le ricompense individuali vennero così ripartite: 32 medaglie d'oro, 1.881 d'argento, 4.056 di bronzo e 2.415 croci di guerra. Anche la bandiera ciel R.C.T.C. della Somalia venne decòrta di medaglia d'oro al v.m. mentre ai singoli furono attribuite 82 medaglie d'argento, 145 cli bronzo e 97 croci di guerra. Agli ufficiali, sottufficiali ed ascari della Divisione Libia furono concesse complessivamente le seguenti onorificenze al v.n1.: I Ordine Militare di Savoia, 3 medaglie d'oro, 55 d' argento, 153 cli bronzo e 230 croci di guerra. Di medaglia d'oro venne anche insignita la bandiera della G.U .. Limitandoci comunque alle sole medaglie d'oro nazionali concesse entro i termini temporali del reale ciclo operativo (3 ottobre 1935 - 9 maggio 1936), abbiamo condotto la nostra ricerca su due testi ufficiali monografici (uno coevo e
42) Del Boca A., op. c it. , pag. 177. Lo stesso autore riporl.a le valutazioni circa le perdite etiopi· che, necessariamenle approssimative, e che si aggirerebbero fra i 40-50.000 uomini su l fronte Nord e 15-20.000 su l fronte Sud (pag. 720), mentre secondo quanto registrato da Cabiati il totale delle perdite ammonterebbe incorno alle 250.000 unità (Cabiati A., op. cit. , pagg. 173-174). 426 Cfr. Comando Generale Arma CC- a cura del - "I Carabinieri 18 14-1980", Roma, 1983, pagg. 438-449, e Pezzolct V., "Organizzazione ed attività dell'Arma dei Carabinieri nelle colonie e nei territori d'o ltremare", in Atti del Co nvegno " Il Co lon ia li smo" (Roma, l 8.1 1.1996); Comando Generale M .V.S.N. - a cura del - "La Milizia per l' Impero", Roma, l.G.T., 1937; Pesenti G., "S toria della I" Div. Eritrea, Milano, l'Eroica, 1937; Lucas E. e De Vecchi G., "Storia delle unit.à combanenti della MVSN", Roma, Volpe, 1976; Documento Storico Italiano · a cura di - "Le Camice Nere in A.O .", Roma, Edizioni Occidentali, 1996; Ilari V. , Sema A., ''Marte in orbace", Ancona, Nuove Ricerche, 1988. 427 Caccia Dominioni P. , op. cit., pag. 608.
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l'altro successivo di 30 anni) relativi agli insigniti di tale decorazione (428 ), ed è un elenco che riportiamo direttamente in queste pagine e non in allegato proprio come memore e doveroso omaggio nei loro confronti . Come si vede, si tratta di 73 attiibuzioni del massimo riconoscimento al v.m. alle quali, relativamente ali' intero arco del 1936, andrebbero aggiunte le 35 concesse per le operazioni di controguerriglia condotte dopo il 9 maggio (429): - ten. 5° Rgt. Alpini Ezio Andolfato - cap. VII Btg. E1itreo Giuseppe Arena - s. ten. Nizza Cavalleria Francesco Azzi - alpino l I O Rgt. Attilio Bagnolim i - centurione 215" Leg. CC.NN. 3 Gennaio Camillo Hindry Barani - milite 263° Leg. CC.NN. 21 Aprile Francesco Battista - capo manipolo 1° Gruppo Btg.ni CC.NN. Eritrea Fausto Beretta - serg. mot. R.A. Dalmazio Birago - cap. RR.CC. l" Banda Carabinieri autocarrata Antonio Bonsignore - 1° centurione 1° Gruppo Btg. CC.NN. Eritrea Francesco Saverio Capparelli - seniore 116" Leg. CC.NN. Francesco Carnevalini - capo manipolo med. 4° Btg. CC.NN., 1° Gruppo Btg.ni Diamanti Luigi Chiavellati - ten. 4° Autoraggr.to Agostino Cìarpaglini - s. ten. 7° Rgt. Alpini Antonio Cicirello - carabiniere Vittorio Cimmaruli - cap. X 0 Sq. C.Y. del "Nilo" Ettore Crippa - serg. Michele Crippa - capo manipolo 202" Leg. CC.NN. Cacciatori 1èvere Orazio Vincenzo Criso - cap. magg. Banda Indigena Pellizzari Giovanni De Alessandri - ten. pii. R.A. Alfredo De Luca - magg. 1° Gruppo Art. Mont. 2" Div. Eritrea Aldo Del Monte - ten. XXII Btg. Eritreo Renato De Martino - cap. Lancieri Aosta Amedeo Thesauro De Rege - s. ten. pii. R.A. Umberto Degli Esposti - camicia nera scelta 114" Leg. CC.NN. 28 Ottobre Francesco Di Benedetto - .centurione 1° Gruppo Btg.ni CC.NN. Eritrea Ugo Di Fazio - vice brigadiere I° Coorte Volontaria Milizia Forestale Panfilo Di Gregorio - seniore 1° Gruppo Btg.ni CC.NN. Eritrea Amerigo Fazio - cap. magg. 2° Rgt. Art. Gino Forlani - cap. 3° Rgt. Bers. Antonio Franzoni
428 Trischilla R.C., "Corona Aurea Colon iale. Monografia delle medaglie d'oro in A.O.I.", Torino, S.E.T., 1938; Gruppo Medaglie d'Oro al v.m. d'Italia, "Le medaglie d 'oro al v.111.", voi. J(band iere I 929-1 954; ind ividuali I 925- 1941 ), Roma, Tipografia .Regionale, I 965. 429 È pertanto con stupore che ri leviamo il numero di 180 segnalato da Del Boca (op. cit. pag. 725), che in una nota in calce sia pure per accennare alla fragilità di certe motivazioni, dimostra di avere anch'egli consultato la prima delle menzionate fonti bibliografl@ke; data l' accuratezza dell 'autore, quanto meno nella raccolta dei dati anche se non sempre nella loro successiva interpretazione ed utilizzazione, possiamo solo avanzare l' ipotesi che la differenza di + 75 s ia forse il frutto di concessioni successive, anche se la cosa ci lascia perplessi né Del Boca cita da dove abbia eventualmente tratto il dato.
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- camicia nera I0 Gruppo Btg.ni CC.NN. Eritrea Filippo Freda - centurione 114A Leg. CC.NN. 28 Ollobre Romolo Galassi - carabiniere 111 Banda autocarrata Mario Ghisleni - centurione cappellano 1° Gruppo Btg.ni CC.NN. Eritrea Reginaldo Giuliani - serg.46° Rgt. Ftr. Michele Griffa - s. ten. XXIV Btg. Eritreo Sergio Laghi - s. ten. XXVII Btg. Eritreo O.Battista Lapucci - s. ten. 3° Rgt. Ftr. Coloniale Ottavio Lazzarini - capo manipolo 128A Leg. CC.NN. Emanuele Leonardi - magg. pii. R.A. Antonio Locatelli (2A concessione) - cap. VI Btg. Arabo - Somalo Renato Lordi - s . ten. 1° Gruppo Btg.ni Eritrei Aldo Lusardi - capo manipolo J92A Leg. CC.NN. Emilio Maccolini - centurione 1° Gruppo Btg.ni CC.NN. Diamanti Annando Maglioni - cap. magg. 83° Rgt. Ftr. Giovaimi Marini - ten. cav. IV Gruppo C.V. Franco Martelli - s. ten. cav. IV Gruppo Sq.ni mitraglieri autocarratiAosta Ludovico Menicucci - ten. col. Corpo Indigeni della Somalia Arturo Mercanti - ten. Ili Btg. Arabo - Somalo Luigi Michelazzi - ten. X 0 Btg. Eritreo Stefano Mileto - s. ten. pii. R.A. Tito Minniti - ten. col. pii. R.A. Ivo Oliveti - s. ten. art. Flavio Ottaviani - centurione I J4A Leg. CC.NN. 28 Ottobre Guido Paglia - cap. Ili Btg. Arabo - Somalo Dante Pagnoltini - capo squadra 114A Leg. CC.NN. 28 Ottobre Alessandro Paoli - bers. 3° Rgt. Ottone Pecorari - b1ig. RR.CC. Salvatore Pietrocola - s. ten. pii. R.A. Gastone Pisoni - ten. col. 84° Rgt. Ftr. Francesco Positano - ten. 7° Rgt. Alpini Efrem Reatto - cap. XVII Btg. Eritreo Lorenzo Righetti - ten. col. X Btg. Eritreo Dialma Ruggero - ten. XXII Btg. Eritreo Enrico Santoro - cap. IV Btg. Eritreo Luigi Santucci - serg. magg. l O Rgt. Ftr. d'Africa G.Battista Sarotti Rosolino - av. se. mol. R.A. Mario Tadini - cap. X Btg. Eritreo Raffaele Tarantino - s. ten. IV Btg. Eritreo Geremia Trinchese - seniore 1° Gruppo Btg.ni CC.NN. Eritrea Luigi Valcarenghi - maresc. pii. JA Classe R.A. Luigi Veschi - serg. pii. aerofotografo R.A. Livio Zannoni - ten. V Btg. Libico Gino Zucchelli - ten. col. II Div. Eritrea O.Franco Z uretti
CAPITOLO XVII
L'ARMAMENTO
1 - LE ARMI DELLA FANTERIA I materiali d'armamento si dimostrarono adeguati anche qualitativamente alle esigenze della campagna e questa loro idoneità rappresentava il frutto del parziale rinnovamento al quale l'Esercito era stato sottoposto a partire dall'inizio degli anni Trenta e che sotto l' aspetto tecnico aveva raggiunto il culmine proprio fra il 1934 ed il 1935, con la graduale entrata in servizio di nuove armi per la fanteria. Queste furono la mitragliat1ice leggera Breda mod. 1930, assegnata alla squadra fucilieri non come .arma d'accompagnamento (vero e proprio "fucile mitragliatore) ma che invece era destinata a precederne spesso il movimento, da non impiegare pertanto a distanze superiori ai 500 mt.; la versione 1935 (cal. 8 mm.) della mitragliatrice pesante Fiat 1914, efficace a puntamento diretto fino ai 700-800 mt.; la mitragliatrice Breda mocl. 1936; il mortaio d'assalto Brixia mod. 1935 - caratterizzato da leggerezza, minimo ingombro, tiro teso e curvo, possibilità di coprire rapidamente di fuoco la zona da neutralizzare, nessuna necessità di collegamenti - nei tipi leggero e medio, e quello da 81, semplice, preciso e potente, trasportabile anche a braccia, particolarmente idoneo ad operare da posizioni defilate contro bersagli altrettanto defilati, con possibilità di allungare il proprio raggio d'azione oltre i 3.500 mt.; il cannone da 65/17. per il fuoco d'accompagnamento in attacco e di arresto in difesa e con possibilità di tiro controcarro alle distanze inferiori ai 500 mt. utilizzando la granata pe1forante (430 ); il cannone anticarro da 47/32 mocl. 1935 per l'azione e.e. alle brevi distanze fino ai 500 mt. ed eventualmente per il fuoco d'accompagnamento impiegando la granata per fanteria, un'arma di dimensione, peso e visibilità ridotti, adattabile per il someggio, trainabile con quadrupedi, con automezzi ed anche a braccia, agente per pezzo isolato, a puntamento diretto e con portata cli tiro sicura.
430 Era stata sciolta la sezione cannoni da 65/17 per fanteria, sostituita nei reggimenti da una balleria d'accompagnamento su 4 pezzi, milizzando lo stesso materiale da 65/17 ed affidata al comando di un ufficiale d'artiglieria. In tal modo Ja cooperazione tra fanteria ed artiglieria ebbe una saldatura pratica ed immediata, nello stesso ambiente della prima. La nuova batteria abbandonò i criteri restrittivi di impiego della sezione e fu impiegata con quelli artiglieristici veri e propri', con il compito di integrare o sostituire il tiro delle artiglierie divisionali quando 1' azione di queste ultime risultasse insufficiente o venisse a mancare ("L'Esercito italiano fra la l" e la 2" G.M.", cit., pag. I 19).
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Il rinnovo del materiale si era reso necessario in quanto le armi sino allora in servizio non si erano dimostrate più idonee, né per numero né per qualità, a garantire l'autonomia tattica della fanteria dal momento in cui cessava il fuoco dell'artiglieria. La fanteria doveva restare però l'arma della manovra per eccellenza, per cui l'aumento ciel volume di fuoco non doveva incidere negativamente sulla mobilità tattica ma doveva determinare invece un incremento e non una diminuzione della velocità di progressione. A tal fine sarebbe stato necessario non appesantire troppo le varie unità con un armamento che, sebbene migliorato nelle prestazioni, implicasse servitù riduttive dell 'agilità e della snellezza indispensabili alle forme di lotta dinamica e rallentatrici ciel ritmo della lotta stessa. Armi che avessero richiesto un numero di serventi e di fornitori elevato, o che fos sero state comunque troppo onerose ai fini del trasporto e del rifornimento, non sarebbero servite allo scopo quali che fossero stati i maggiori effetti morali e materiali (43 1). Un cenno particolare va riservato ai lanciafiamme, un alu·o sistema d'arma specificatamente studiato per l'impiego da parte della fanteria, già utilizzato nel corso della prima guerra mondiale e rapidamente ritirato dal servizio al tem1ine della stessa, al pari di altri mezzi adottati per la guerra di u·incea quali le bombarde, i mo1tai Stokes, le bombe da fucile e le mitragliatrici leggere Fiat mod. 15. Già nel giugno del 1919 tutte le sezioni lanciafiamme dei reggimenti di fanteria e dei battaglioni alpini vennero disciolte, lasciando l'arma base completamente priva di tali mezzi. Anche le nove compagnie del Genio in linea alla data dell'armistizio del I 918 vennero soppresse. Per ritrovare reparti lanciafiamme operativi nel quadro organico della forza annata si sarebbe dovuta attendere la metà degli anni Trenta e prop1io la campagna d 'Etiopia; per oltre 15 am1i, infatti, le formazioni di pace dell'Esercito non previdero reparti lanciafiamme (432). II vasto programma di riequipaggiamento dei sistemi d'arma in dotazione al R.E. intrapreso negli stessi anni Trenta aveva portato all'adozione di un nuovo modello spalleggiabile, risultato molto pit1 leggero e maneggevole del precedente risalente al primo conflitto mondiale, ed in seguito si pensò di distribuù:e questa nuova versione 1935 a sezioni speciali "L" divisionali. Nel gennaio di quell'anno erano in servizio 120 lanciafiamme di nuova costruzione, dei quali uno ceduto alla Scuola Carabinieri di Firenze e 20 in corso di spedizione a Zara, menu·e ne risultavano in ordinazione altri 400.
43 1 Ministero della Guerra, Comando del Corpo di S.M. - Uff. Add.to, "Armamento della fanteria e dell'artiglieria anno XIII. Azion i di fuoco", Circolare n° 3500 del 21.4.1 935, Tipografia del Comando del Corpo di S.M., Roma, 1935; Mi nistero della Guerra, Comando del Corpo di S .M. Uff. Add.to, "Nonne di impiego delle anni dell'anno XIII", Roma, 1935. 432 Uno studio molto accurato ed approfondito, forse il più completo e dettagli ato sull'argomento, è quello di Filippo Cappellano "I lanc.ialiamme itali ani", pubblicato sul n. 78 di marzo 2000 di "Storia Militare" (pagg. 4-18), al quale abbiamo l'alto riferimento per I.e notizie riponace. Le tabelle organiche di mobi litazione contemplavano 12 compagn ie specia li "L" di prevista assegnazione ai CC.AA. il cu i personale era richiamato fra que llo istruito in tempo di pace presso il btg. dimostrativo della Scuola Centrale di Fanteria di Civitavecchia. La s imazione relativa al materi ale vedeva la presenza di I .053 apparecchi lanciafiamme immagazzinati , in maggioranza del tipo DLF (Direzione Lancia-Fiamme), 351 dei qual i presso il Deposito del 29° Rgt. Ftr., 234 presso quello de l 30° e 468 distribuiti fra il 57° e 43° Rgt..
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Le caratteristiche salienti del lanciafiamme mod. 1935, derivante da un precedente modello messo a punto nel 1933, erano le seguenti: peso dell'apparecchio pronto per l'uso circa 28 kg., someggiabile e spalleggiabile per brevi percorsi; poitatore alquanto legato nei movimenti dal peso dell' apparecchio e dal vestito antivampa; fac ile visibilità e vulnerabilità sul campo di battaglia; gittata del dardo di fiamma circa 18 mt.; zona di intenso calore in direzione del lancio a circa 35 mt. dall'apparecchio, variabile lateralmente sino ad un massimo di I 5-20 mt.; getto intermittente o continuo della durata massima di 20"; tempo occon-ente per ricaricare l'apparato circa 20' (caricamento possibile soltanto al coperto ed in località an-etrata); vento contra1io o trasversale con velocità maggiore di 5-6 mt. al secondo potenzialmente dannoso per i reparti cooperanti. Nel corso della pianificazione della spedizione contro l'Etiopia il Ministero della Guerra, nel febbraio-marzo 1935, dispose la costituzione in seno alle divisioni Gavinana, Gran Sasso, Sila , Peloritana e Sabauda di apposite sezioni lanciafiamme da assegnare alle GG.UU. in ragione di due per ciascuna (una sezione mobile ed una da posizione, equipaggiate entrambe con apparecchi mocl. 1935). Nel maggio successivo vennero mobilitate la 7/\ ed S1' compagnia speciale "L", e nel giugno lo Stato Maggiore decise un sensibile incremento dei reparti lanciafiamme da assegnare al corpo di spedizione metropolitano in A.O .. Ad ognuna delle divisioni del R.E. e della M.V.S.N. doveva essere destinata una compagnia speciale "L" con I 08 apparecchi (433 ) ed ogni reggimento o legione doveva disporre cli una sezione leggera mobile con I 2 apparati. Si valutò anche l'opportunità di inviare in Eritrea ed in Somalia una compagnia mista e.mi veloci per ciascuna delle 10 divisioni di fanteria del R.E. o della M.Y.S.N., articolata su 3 plotoni di 5 carri dei quali tre armati di mitragliatrici e due anche di lanciafiamme. L'Esercito riponeva evidentemente grande fiducia sui sistemi d' arma di nuova concezione quali le armi chimiche, i carri armati ed i lanciafiamme, tutti di presumibile grande impatto emotivo sulle truppe etiopiche, scarsamente addestrate ed equipaggiate per fronteggiare questi tipi di minacce. Sen1pre nel 1935 venne diramata la pubblicazione "Nonne tecniche per l'impiego degli apparecchi lanciafiamme portatili" a cura della Direzione del Servizio Chimico Milita:re, contenente prescrizioni sul funzionamento e la manutenzione dei lanciafiamme DLF e mod. 33/35. Ma nel novembre dello stesso anno, su proposta del Comando Superiore A.O., venne sospeso l'invio dall'Italia delle compagnie lanciafiamme divisionali; quelle già presenti in Eritrea furono prima trasformate in compagnie fucilie,i e poi d isciolte. Venne mantenuta soltanto la 29/\ compagnia della Peloritana di stanza in Somalia; ,imasero a disposizione delle divisioni dell'Esercito e della Milizia le sole sezioni "L" reggimentali. Per assicurare i complementi ai reparti operanti in A.O. si costituirono sul territorio metropolitano due compagnie lanciafiamme supplementari, una da parte del R.E. e una da
433 L'assegnazione era la segue nte: 19" (già 7"), 24", 27", 29" e 30" (già 8") cpg. spec. ''L" rispettivamente alle division i Gavinana, Gran Sasso, Silll, Pe/orirana e Sabauda, e l". 2", 3", 4" e 5" 0 cpg. spec. "L" rispettivamente alle div isioni CC..NN. 23 Marzo, 28 01tobre, 21 April e. 3 Gennaio e / Febbraio (Cappellano F., cit., pag. 5).
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parte del Comando Generale della M.V.S.N., quest'ultima successivamente affluita in zona di operazioni (434). ln effetti l'impiego dei lanciafiamme in Etiopia non era stato prodigo di risultati positivi, come attestato dal giudizio dei comandanti di GG.UU .. II gen. Santini affermò che i lanciafiamme erano stati impiegati pochissimo e non avevano reso affatto, per cui si poteva assetire che meglio sarebbe stato lasciarli senz'altro nelle retrovie (come era stato messo in pratica da qualche G.U.) evitando di appesantire le colonne. H trasporto dei materiali occorrenti richiedeva infatti una grande quantità cli autocarri e pertanto si reputò conveniente, date Je priorità nel fabbisog no di questi, cli non distoglierli per questo servizio, nella considerazione che i casi di impiego di tale sistema d'arma sarebbero stati molto limitati e quindi nùnimo anche il suo rendimento. Avevano bisogno di 1i forrnimento, e quindi dovevano essere utilizzati principalmente neJla difensiva, ed allocati nelle reu-ovie, là dove fossero possibili i depositi del liquido igneo o quanto meno più agevoli le comunicazioni per il rifornimento. Presso la Div. Sila non avevano avuto impiego tattico (erano stati utilizzati eccezionalmente dopo la battaglia dell'Endertà per la cremazione dei cadaveri nemici), ed avevano costituito un grave ingombro. Per il loro peso, per la complicazione dell'alimentazione, per i lavori che si rendevano necessari per il loro apprestamento, i lanciafiamme apparivano adatti più alla guerra stabilizzata che a quella di movimento; sembrava perciò meno utile l'assegnazione di tali anni ai reggimenti cli fanteria, che ne risultavano appesantiti, ed alla stessa divisione che non sempre poteva farne uso. Invece, sarebbe stato forse più conveniente prevedere l'assegnazione dei reparti "L" al C.A., e costituirli in modo tale da poterne decentrare le aliquote alle divisioni che avessero l'oppo1tunità cli farne proficuo impiego (435 ). Per quanto riguardava le artiglierie, il parco era rimasto quello della prima guerra mondiale ma, comunque, la prevalenza dei mezzi disponibili rispetto ali' avversario conferiva una induscussa superiorità specialmente nell'azione difensiva, ed anche in quella offensiva quando esercitata in modo coordinato.
2 - I CARRI ARMATI Per tutti gli anni Venti e fino al 1934, da parte dello Stato Maggiore italiano l'ipotesi di operazioni coloniali era stata orientata più verso fonne di, guerriglia che non di vera e propria guerra, fatta eccezione per l'eventualità di un intervento in Etiopia dove il potenziale avversario avrebbe avuto, quanto meno in linea teorica, la possibilità e la capacità di manovrare a massa. Ed infatti fu proprio nel 1934 che il predetto orientamento cominciò a mutare direzione, nella consapevolezza che fosse necessario rivedere tutta l' impostazione dei problemi operativi coloniali e, in particolar modo, quelli connessi all'impiego di mezzi blindati ecorazzati in quel territorio, a proposito dei quali la sintesi più rappresentativa era individuabile in quanto affermato dall'allora col. Nasi nella sinossi di "Operazio-
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Cappell ano F., cit. pag. 4; ACS, Fondo Badog lio, b.4, f.34, re lazione Santini, pag.24.
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ni Coloniali" destinata agli ufficiali fre quentatori del 56° corso della Scuola di Guerra svoltosi nel t1iennio 1926-1929: " ... .I carri d'assalto, per il loro raggio d 'azione limitato, per il debole rendimento in relazione al consumo di benzina e parti di ricambio, non sono pratici in colonia, e d'altra parte non vi sono obiettivi che valgano la pena di impiegare un tale costoso materiale. Tuuavia, in determinati casi, per esempio per la bonifica delle oasi, possono essere molto utili, soprattutto nell'intento di risparmiare delle perdite. Sarà pertanto conveniente poter disporre di qualche sezione da impiegare solo in quei pochissimi casi nei quali quest'arma può rendere effeuivamente" (436) . Per quanto attiene alla regolamentazione specifica sull'impiego dei carri l'Italia affrontò la campagna d'Etiopia del 1935-36 con una normativa che risaliva al 1925. Successivamente la nuova organizzazione ordinativa della specializzazione, l'aumento del numero delle unità, il perfezionamento dei mezzi e le esperienze fatte nelle numerose esercitazioni, indussero lo Stato Maggiore dell' Esercito ad elaborare una nuova regolamentazione che perfezionava quella di base. Si trattava delle due pubblicazioni: - Addestramento delle unità carri armati mod. 1921 -1930, ed fstruzione provvisoria sui carri armati veloci. La prima pubblicazione, edita nell'aprile 1931 da.I Ministero della Guerra, confermava i criteri d'impiego di base delle unità carriste, che vedevano nella "sorpresa" il principio essenziale; i compiti fondamentali erano invece la distruzione o neutralizzazione delle difese nemiche che si fossero opposte all'avanzata dell'unità di fanteria cui i carri erano assegnati. La seconda pubblicazione seguiva cli un mese la precedente e ne modificava in parte la regolamentazione di base.
Dalle esperienze desunte dalle Grandi Manovre svoltesi nel 1934 sull' Appennino tosco-emiliano avrebbero preso corpo le già menzionate "Direttive per l'impiego delle GG. UU." emanate l'anno successivo, incentrate sulla necessità della ricerca cli una guerra non di logoramento ma di movimento e nelle quali si esaltavano i concetti di qualità, potenza, mobilità ed iniziativa del comandante (437 ). Ma, come commet1tano Botti ed Ilari, concepite essenzialmente come provvedimenti tampone in vista della gueffa etiopica e dei rischi di un conflitto in Europa, non tenevano conto de1le effettive possibilità dello strumento militare quale esso era in quel momento e quale sarebbe 1imasto per il medio termine p reso in considerazione nel documento. Le 436 Pignato N. (a cura di ), "Mezzi corazzati e blindati 1935-1939", Roma: Curcio, s.i.d., pagg. 13-14. Per ulteriori approfondime nti e dettagli , s i rimanda alle seguenti pubblicazioni: Pugnani A. "Storia della rnotoriua2.ione militare italiana", Torino, Ruggero e Torti a, 195 l; Pignaco N., "AtlanJe mondiale dei mezzi corazzati", Albertelli, Parma, 1971; Benvenuti B., Colonna U.F., " Carri armati in servizio f'ra le due guerre", Roma, Bizzarri, 1972- [973; Ben ussi G .. "Carri armati e autoblindate del R.E. italiano 1918-1943", Milano, Intergest 1973; Stel'ani F., "La storia della dottrina e degli ordinamenti dell'eserci to italiano", Roma, USS ME, 1985, voi. 11, tomo 2°, pagg. 102-104 : Barlozzetti U. , Pirell a A., "Mezzi dell'esercii.O italiano 1935- 1945", Firenze, Olimpia, 1986; Ceva L., Curami A., "La meccanizzazione dell'Esercito l'i no al 1943", Roma, USSME, 1989, voi. I. 437 Zelli Jacobuzzi G., " Il comandante di truppe celeri", in: " Riv ista di Fanteria", 12/1937, pagg. 1789-1793.
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ipotesi operative avrebbero comportato il confronto con eserciti moderni, mentre quello italiano del 1935, nonostante una certa evoluzione, era senza dubbio impreparato ad un simile salto qualitativo che avrebbe richiesto lunghi anni di preparazione soprattutto intel lettuale e culturale (438) . Ed a proposito dei mezzi corazzati si affermava che i carri armati, che per i terreni italiani avrebbero dovuto essere molto leggeri e veloci, non andavano considerati solo come mezzi di lotta da impiegarsi intercalati e seguiti dalla fanteria e dalle truppe celeri (439) ma altresì come massa che sorprendeva, sfondava e passava decisamente oltre. Una visione senza dubbio corretta e tatticamente valida, che però non apriva la porta delle possibilità dei mezzi corazzati ma la socchiudeva appena, continuando a porre l'accento sulle truppe celeri e perpetuando così un equivoco concettuale poiché si attribuivano loro possibilità che solo le forze corazzate avrebbero potuto avere (440) . La porta avrebbe dovuto invece essere spalancata, poiché solo le forze corazzata - terreno pennettendo - avrebbero potuto attuare la guerra di movimento contro eserciti moderni quali erano quelli delle maggiori potenze europee. E la visione piuttosto riduttiva circa l'impiego dei carri armati sarebbe stata ribadita dal ten.col. Canevari in due libri editi nel 1935 (441 ) e dal col. Visconti Prasca (442 ). Su tale mancata apertura avrebbe inciso, sfortunatamente, prop1io l'impressione suscitata dallo scontro di Dembeguinà del 15 dicembre: meno di venti giorni dopo il Ministero della Guerra avrebbe emanato le "Norme sull'impiego delle unità carriste" (Ali. 294), nelle quali si sottolineava come i cani non avrebbero dovuto essere mai usati senza ricognizione e senza uno stretto coordinamento con la fanteria. In aggiunta, l'Ispettore della Moto1izzazione gen. Pugnani avrebbe desunto dalla campagna etiopica che conveniva puntare più sulla motorizzazione (ruota e cingolo) dell'artiglieria e dei servizi che non sulla meccanizzazione, ovvero sulla costituzione di unità corazzate (443) . 43 ~ Botti F., Ilari V., ''Il pensi.ero .militare ital iano dal primo al secondo dopoguerra", Roma, USSME, 1985,pag.219. 439 Le Truppe Celeri erano state istirnite nel 1928 con la fusione di bersaglieri ciclisti e cavalleria e si erano sviluppate poi con la costituzione, nei primi mesi del 1930, di due divisioni con questa denominazione. Si era traWllO, almeno sulla ca1ia, della creazione di un nuovo tipo di G.U. fondamentale caratterizzata dalla capacità di svolgere in proprio, in determinate condizioni di terreno e di tempo, una manovra che non fosse basata solo sulla rapidità e sulla sorpresa ma anche su un 'adeguata potenza di fuoco. Tutto ciò in teoria, in quanto l'eterogeneità dei mezzi (cavall i, bic iclette, motociclette, automezzi, carri armati leggeri) e la vul nerabil ità dei rep:uii montatj riducevano a ben poca cosa la capacità operativa della G.U .. 440 Trabucchi A., Quercia A., " Note sull a divisione motoriz.zata", in: "Rivis ta di Fanteria", 10/1937, pagg. 1456-1472, e Badino M., "Sguardo sull'impiego dei celeri", in "Rivista di Fanteria", l l/ 1937, pagg. 1599-1608; cfr. anche Zoppi O., "I Celeri", Bologna, Zanichelli, 1933, pag. 85. 44 1 Canevari E., " Lo spirito della guerra moderna" e "La lotta della fanteria", Cremona. Edizioni Cremona, 1935. 442 Visconti Prasca S., "La guerra decisiva", Milano, Grossi, 1934. 443 Botti F.,. Ilari V., op. ci t. , pag. 199. La differenza fra i due orientamenti è insita nel fatto che mentre la motorizzazione si riferisce a mezzi preposti al solo trasporto di uomini e materiali, ad andatura veloc.e su strada e ridotta su terreno vado, destinati rispettivamenl.e a combattere cd a essere adopenlti in man iera tradizionale e senza che i veicoli siano più necessari fino al momento di un successivo trasporto, in quello di meccan iua7.ione sono compresi quei mezzi a i quali demandare compiti di
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Fino al 1934 l'Italia disponeva in A.O. soltanto di 20 carri armati, metà in Eritrea e metà in Somalia, rappresentati dai carri leggeri veloci L3/33, armati con una mitragliatrice cal. 6,5, e da qualche esemplare Fiat 3000, antecedente ai primi ed ormai tecnicamente superato; entro il 1935 sarebbero stati inviati 172 carri L3/35, modello analogo al precedente ma armato con due mitragliatrici cal. 8 gemellate (444) . La denominazione cli "carro armato" per il piccolo 13 era decisamente impropria dal momento che la mancanza di una cannone lo rendeva infatti più simile
combattimento che, attraverso la mobilità e l'armamento dei mezzi stessi, ne sfmttino la potenzial ità dell' apparato motore tanto su strada quanto al di fuori di essa, e ciò sia per quanto au iene alla capacità traente che per quanto concerne velocità e forza d' urto. Nei mezzi meccanizzati, in altri termi ni, armi da fuoco ed uomin i devono costituire parte integrante della macchina che non abbandonano mai. Sotto questo aspetto, rientrano pertanto nei mezzi meccaniuati non solo i carri armati, le autoblindo, i cingolati da combattimento, le aniglierie semoventi, ma anche veicoli meno complessi concepiti per il trasporto (autocarri, autovetture, motociclette) purchè però portino armi e personale armato in grado di condurre un 'azione di combattimen to rimanendo a bordo. Da un pu nto di vista di ortodossia terminologica, come fanno osservare Ceva e Curami, sarebbe quindi più oppo11t1110 parlare di moto-meccanizzazio11e (Ceva L. Curami A , op. c it. . voi. I, p agg. 15-16). 444 Nel 1928 il Sottosegretario alla Guerra gcn. Cavallero aveva esaminato per la prima volta l' opponunilà di studiare un carro armato veloce, leggero, idoneo all' esplorazione e ad accompagnare le fanterie in terreni montuosi e collinosi, e l' Ispettorato Automobilistico aveva fermato l'attenzione sul carro inglese. Carden-Loyd MK IV. Lo studio successivo, affidato ali ' Ansaldo ed alla Fiat, aveva dato luogo ad un prototipo sperimentato nel 1931. L'anno successivo lo Stato Maggiore aveva iniziato le 1.rauative per l'acquisto di un lotto di tali can-i e , dopo un'u lteriore, accurata sperimentazione, si era giunti alla produzione in serie del "Carro Veloce 33", così denominato dalle ulti me due cifre dell 'anno di adozione. Nel 1934 vennero approntate alcune centinaia di C.V. 33 destinati alla Somalia, e l'anno dopo si studiò di sfmttare le caratteristiche del mezzo per le previste operazioni in Etiopia, teatro operativo a carattere montuoso assomigliante a que llo alpino. Furono inviate aliquote di carri così distribuite: V Gmppo Cavalleria 46 C.Y. al l C.A. - X Squadrone del IV C.A. (15 cani) al li C.A. - gli altri squadroni del IV C.A. (31 carri) al C.A. Indigeno. Era poi dislocato, nella zona del Bassopiano Occidentale, lo Squadrone Carri Veloci dell'Eritrea (20 cani), mentre restava in riserva il XX Btg. Can-i d'Assalto (46 carri) ed una compagnia carri mod. 21 (Petrilli P., "La guerra d' Etiopia e le prime esperienie italiane di corazzati", in: "Studi Storico-Militari 1988", Roma, USSME, pagg. l74- 175). L' istimzione dei repani carristi può farsi risalire all'ordinamento Mussolini del marzo 1926, che stabi liva le norme di base per la costituzione della nuova specialità che , successivamente modificate, avrebbero ponato il I O ouobre dell'an no successivo alla formazione in Roma del Reggimento carri armati. L' 11 ottobre 1934 la specialità carri armati sarebbe tornata a far parte dell'Anna di Fanteria con la denominazione di "Fw11eria Carrista". Per quanto riguarda i soli cfnTi armati il reggimento, dal luglio 1934, costituì per le colonie dell'A.0., oltre alle unità (4) montate su au tobl indo, i seguenti reparti: 14.7.34: uno sq uadrone carri veloci con CV33 per l'Eritrea; 3 1.1 2.34: lo squadrone speciale CV per la Somalia; 12.3.35: il V Gruppo CV " Bald.issera" su CV33 per l' Eritrea; 16.9.35: il XX Btg. Carri d ' Assalto "Randaccio" con carri d'assalto mod. 35 per l' Eritrea; 22.12.35: la l" e 2" cpg. carri d'assalto "S" con carri d'assalto rnod. 35 per la Somalia. Gli squadroni carri "L" sarebbero stati scciolti al termine della campagna d' Etiopia, conservando solo un'aliquota per la costituzione del Grnppo Squadroni Cavalleggeri di Neghe/li, l'unico reparto di cavalleria in A.O.I., montato in parte a cavallo ed in parte su carri (Puletti R., Dal cavallo al cavallo motore, Rivista di Cavalleria, 5/2004, pag. 3). Nominativi diversi venivano attribuiti allo stesso c,mo a seconda dell'unità che rurnava; in proposito, la c lass ificazione dei carri armati prevedeva: Carri di rottura: i carri armadi medi (che sarebbero stati però realizzati un paio di a nni dopo la campagna d ' Etiopia)- Carri d'assalto: i carri armati leggeri speciali per la fonteria-Ccirri veloci: i carri armaci leggeri delle trnppe celeri. La " Fanteria Carrisw" era costituita dalle prime due ti pologie di carri (Pugnani A., op. cit., e "La motorizzazione dell' Esercito e la conquista dell 'Etiopia", in "Rivista trasporti e lavori pubblici", 5/ 1936).
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ad una base di .fuoco mobile che ad un carro vero e proprio mancandogli, delle tre componenti tattiche del carro armato - la potenza cli fuoco, la mobilità e la protezione - giusto quella forse più importante in una simile campagna. L'impiego dei mezzi corazzati fu diverso nei due scacchieri. In quello settentrionale, a causa del terreno montuoso e rotto, essi furono impiegati saltuariamente, e molti mezzi vennero distaccati per la sco,ta ai convogli dei rifornimenti; sul fronte somalo, le diverse e più favorevoli condizioni del terreno consentirono un impiego più razionale dei carri anche se, ad eccezione dell'episodio di Hamanlei, non vi furono scontri tra formazioni similari data la pressoché totale mancanza di tali mezzi da pa1te etiopica (tra carri ed autoblindo, non più di una ventina). Nel complesso, l'impiego dei nostri carri ebbe luogo con compiti di avanguardia esplorante, di copermra e di appoggio delle fanterie e dei reparti autoportati, cli neutralizzazione di nidi di mitragliatrici, cli "sterilizzazione" di forre e caverne (utile, in questo senso, il carro veloce nella configurazione lanciafiamme) e cli esplorazione lontana. Dal punto cli vista tecnico, gli L3 forn irono prestazioni soclclisfacenti, mostrando un motore generoso, organi meccanici efficienti, velocità apprezzabile per i cingolati dell'epoca e comunque migliore dell'omologo inglese. Circa le valutazioni sul loro rendimento operativo, già le prime relazioni sulle operazioni iniziali indicavano una scarsa idoneità di questi mezzi all'impiego sui difficili terreni rocciosi dell' altopiano data la facilità di rottura dei cingoli metallici; costituivano inoltre fattori negativi di rilievo l'armamento in casamatta e la scarsa corazzatura. In verità il mezzo era nato come suppo1to mobile di fuoco d'appoggio per l'attacco delle fanterie, in grado di superare i reticolati nella fase ciel' assalto alle posizioni avversarie. Ma la mancanza della torretta e le altre carenze limitavano in pratica le effettive possibilità di intervento, e lo rendevano particolarmente vulnerabile quando si fosse trovato immobilizzato per lo scingolamento, come era stato dimostrato, sia nel fatto d'armi di Hamanlei sul fronte Sud sia in quello di Dembeguinà in quello Nord. Fuller ebbe a dichiarare, già alla fine del 1935, che i carri senza torretta avrebbero potuto essere impiegati solo per interventi risolutori ed in terreni pianeggianti, e ricordava al riguardo la loro utilizzazione in India, dove carri con torretta interrati innanzi allo schieramento amico avevano consentito, a torretta volta all'indietro, di prendere tra due fuochi le formazioni avversarie (445 ). Ancora più interessanti risultano, a nostro avviso, i giudizi dei comandanti italiani. Lo stesso Badoglio ebbe a riconoscere che "su terreno rollo, impervio, privo di strade ed a grandi altitudini, il carro armato non sempre si era dimostrato utilmente e facilmente impiegabile" (446), ed analogo giudizio venne formulato da Pirzio Biroli e da Guzzoni (447 ), da Babini (448 ) e da Santini. Questi, dopo aver considerato se fosse valsa proprio la pena di impiegare materiale tanto costoso ed oneroso contro un nemico che non disponeva di
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AUSSME, DI-237, foglio datato 18.1.36, senza altre indicazioni di riferimento. Badoglio P. , op. cit., pag. 2 14: 447 AUSSME, Dl-5, relazione de l 30.7.36, f.ta Pirzio BiroJi, e relazione del 3.8.36 da Governatorato Eritrea a Governo Generale A.O., f.ta Guzzoni. 448 ACS, Fondo Badoglio, b.4, f.34, Foglio d'Ordini n" 4 del 26.1.36 del Comando IV C.A., " Impiego dei carri d'assalto", f.to gen. Babini. 446
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sistemazioni difensive organizzate mediante ostacoli passivi di nessun genere, operò un' analisi dettagliata sul carro attraverso la quale emerse come in marcia, su buona strada, occorreva procedere a non più di 7 km. orari onde evitare, anche se solo parzialmente, varie rotture nel delicato sistema delle sospensioni, il che era causa di apprensione ed eccessiva prudenza da parte dell 'equipaggio. Santini concludeva così la sua disamina critica: "Dove il terreno offre grandi difficoltà, e dove la fanleria, oltre a non usufruire dei vantaggi che apportano, non è in condizioni di sostenerli nel caso di azione .~favorevole, i carri veloci sono destinati ad essere distrutti. Questo è tutt'altro che difficile, perché aggirati non si possono difendere da tergo, e se anche lo possono, la difesa è di scarsa efficacia. Tanto sul davanti quanto sul tergo sparano assai male, a causa della ristrettez.za della feritoia e del movimento del carro che porla a sobbalzi. Puntano contro gli uomini ben visibili dalla feritoia, mentre lateralmente sparano a caso. Vero è che il carro spostandosi verso destra e sinistra agevola il tiro, ma questo non è mai ben mirato. Contro i fianchi e al di sopra di esso il carro si trova disarmato. Le modificazioni tecniche non potranno mai rimediare completamente a questi difetti, per cui il carro non si può considerare come una forte zza isolata, ma come istrumento di guerra che agisce, dove il terreno lo consente, a favore delle truppe a piedi e la sua tattica è streltamente connessa con la tattica di queste" (449).
Interessanti anche le considerazioni formulate da Maletti sulla scorta di quanto era avvenuto ad Hamanlei: "Nel combattimento di Hamanlei ( 11 nov. I 935) la compagnia carri d'assalto che impiegai, si portò benissimo, rese bene, ma denotò nel materiale manchevolezze gravi. Un carro, sceso nel letto del torrente Giare,; s'impantanò in un banco di melma, sotto un nido di mitragliatrici. Ogni sforzo del carro per trarsi fuori dàl banco di fango fu vano. Tl motore, surriscaldato per il lavoro e per la temperatura. elevala non rendeva. Dopo alcuni tentativi di trarsi da quella. critica. .situazione il motore cessò di fun zionare per un guasto che non era possibile all'equipaggio di riparare. Non c'era da fare altro che tentare di rimorchiare il carro in avaria. Feci perciò avanzare a questo scopo un altro carro d'assalto, fu agganciato con pena indicibile il cavo rimorchio del carro soccorritore a quello incagliato ( e ciò sotto intenso fuoco di fucileria e raffiche di mitragliatrice nemica), ma quando il secondo carro si mise in forza per disincagliare l'allro, perdette un pattino ed affondò esso pure ne/fango del torrente. Un terzo carro che s'accostò al secondo per dargli aiuto, ebbe il conduuore ucciso al volante ( serg. magg. Battino). Stante l'angustia. dello spazio nel-
449 ACS, Fondo Badoglio, b.4, f'.34, documento isolato, senza alcuna indicai ione di riferi mento, f.to gen. Santini.
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l'interno del carro, il mitragliere non potè rimuovere il cadavere del conduttore per prenderne il posto, e anche questo carro rimase immobilizzato. Per cui in sintesi: - motore troppo debole rispetto al peso del carro e allea reali difficoltà del terreno in talune circostanze; - surriscaldamento eccessivo e conseguente diminuzione di rendimento del motore (studiato per le ternperature medie della valle padana e non per quelle equatoriali); - Impossibilità di riparare le avarie di motore stando al riparo nell'interno del carro; - Corazzatura non a prova di pallottola, tanto che vi furono uomini degli equipaggi feriti e uccisi nell'interno dei carri da proiettili normali (non anticarro); - Impossibilità per il mitragliere di sostituirsi al conduttore, per mancanza di spazio, qualora questi venga ucciso al suo posto di guida (caso Battino); - L'uscita e l'entrata dell'equipaggio nel carro, per l'alto, è la meno indicata in combattimento perché obbliga il personale ad esporsi troppo, e richiede che questo sia incolume. Fare entrare o uscire un ferito dal carro è operazione lunga e complicata. Altre osservazioni: - L'equipaggio, nel carro, è sordo per il rumore del motore e cieco per la polvere che il carro solleva anche su terreno bag.wto come era quello di Hamanlei. - In queste condizioni il collegamento tra i carri è aleatorio, ed il comandante non può agevolmente trasmettere i suoi ordini e far sentire la sua volontà. Di qui alla conseguente azione slegata, il passo è breve. - Ad Hamanlei la JA Cp. carri d'assalto era comandata da un magnifico, valorosissimo ufficiale, che associava la competenza tecnica all'entusiasmo e ad uno spirito di organizzazione molto elevato. Quanto inferiori a lui in tutto, e quanto mediocri ed anche incapaci si rivelarono gli altri comandanti di compagnia carri cl' assalto che ebbi alle mie dipendenze durante la carnpagna! Reparti simili vanno messi in mani esperte e sicure, e affidati a ufficiali saldi di carattere ed intrepidi di cuore" ( 450) .
Nel 1936 lo Star.o Maggiore R.E. diramò la Circolare 9000 "Impiego e azione dei carri veloci", alla quale fece seguito la 47000 "Addestramento ed impiego dei carri veloci" nel giugno dello stesso anno, abrogata poi nel settembre successivo dalla omonima pubblicazione edita, previa approvazione del Capo dello S.M.R.E., dall'Ispettorato delle truppe celeri, che era stata preceduta poco prima da un'altra pubblicazione concernente l'"Istruzione formale dei carri veloci". Nell'agosto sempre del 1936 vide la Juce anche la Circolare 10500 "Impiego e
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addestramento carri d'assalio", che confermava e completava i criteri delle precedenti pubblicazioni e, in particolare, il contenuto della 47000. Nell'evoluzione della dottrina d'impiego dei carri il 1936 fu dunque un anno molto importante e significativo, decisivo per la determinazione dei vari ruoli da assegnare ai carri armati nel combattimento futuro. La distinzione fra carri veloci e carri d'assalto, che poteva sembrare addirittura artificiosa in quanto riferita, fatta eccezione per il carro cannone ed il carro lanciafiamme, ad un tipo di mezzo identico per caratteristiche e prestazioni, traeva invece la sua fondata ragion d'essere dalla diversità di taluni criteri e provvedimenti da seguire da parte delle unità carriste a seconda che fossero chiamate ad operare nell'ambito delle truppe celeri o della fanteria. La separazione ordinativa dei cani cooperanti con la fanteria dai carri cooperanti con le truppe celeri si presentava ormai come indifferibile. Essa avrebbe aperto la strada alla concezione d'impiego dei carri armati nel campo strategico e determinato la creazione delle GG.UU. corazzate che avrebbero visto la luce l'anno successivo mediante la costituzione delle brigate Centauro ed Ariete, anche se si sarebbe trattato di un evento importante, sÏ, ma giunto malauguratamente in ritardo (45 1). Purtroppo, la vittoria rapidamente conseguita in Etiopia, con le conseguenti conclusioni troppo ottimistiche che non tenevano conto del nemico che si era affrontato, avrebbe dato luogo anche ad effetti negativi il cui scotto sarebbe stato pagato nella seconda guerra mondiale. Essa aveva infatti trasformato i concetti di guerra decisiva, dinamica, di movimento nell'illusione della guerra facile: secondo la felice si ntesi di Botti e Ilari, "si scambiò il desiderabile - una guerra di rapido corso, per porre le condizioni della quale, peraltro, era staio fatto poco o nulla - con il sicuro" (452) .
4 5 1 Scefani
452 Botti
F., op. cit., pagg. 534-542. F., Ilari V. op. cit., pag. 247.
'
CAPITOLO XVIII
LA CONDOTTA DELLA GUERRA
Considerata sotto il duplice aspetto politico e militare, la campagna 19351936 in Africa O,ientale fu un grande successo. Essa smentì tutte le previsioni di una durata poliennale con un minimo di 2-3 anni ed il superamento solo con sforzo di rilevanti difficoltà interne ed esterne. Indubbiamente le decisioni di Mussolini per un'azione decisa ed un impegno più adeguato costituirono l'elemento primo del successo. In effetti, questa fu la prima volta che le forze annate italiane furono chiamate ad operare con organici e mezzi sufficienti ed idonei, che la direzione politica e n,jlitare seppe utilizzare e portare al successo dimostrando capacità organizzative e decisionali adeguate. Si trattò dell'unica gue1Ta della nostra storia recente combattuta con una larghezza di mezzi veramente "americana", valutata naturalmente in relazione ai tempi e non con metri odierni (453 ); per quantità e qualità dei mezzi impiegati da parte italiana, le operazioni I 935- 1936 e la repressione del la successiva guerriglia si differenziarono nettamente dalle precedenti imprese coloniali, presentando caso mai qualche affinità con le operazioni francesi in Indocina ed in Algeria del secondo dopoguerra ed ancor più con quelJe americane nel Vietnam. La condotta della guerra da parte italiana apparve, sotto la gestione Badoglio, decisa e sicura, pur se condizionata dall'evoluzione della situazione politica internazionale e, sotto l'aspetto tattico, dalle caratteristiche ambientali. Nello scacchiere settentrionale, infatti, le condizioni del terreno - già descritte nel cap. TV - imponevano che, dopo ogni avanzata, si facessero ingenti lavori per aprire strade alle spalle delle truppe; al termine di essi, d'altra parte, si era soltanto assicurato il regolare rifornimento dei repar ti, che per muovere e combattere non potevano servirsi in alcun caso degli autocarri, specie di quelli pesanti i quali, se preferiti per la loro grande portata, presentavano però l' inconveniente di rovinare rapidamente le strade appena costruite. Da ciò derivava ineluttabilmente che le unità italiane risultavano molto meno manovriere e mobili di quelle etiopiche. In queste condizioni, si sarebbe avuta garanzia di sicuro successo solo aspettando in posizioni predisposte a difesa e convenientemente rifornite l'urto nemico, ovvero muovendo offensivamente su un terreno ben studiato, con forze considerevoli ed attenti a che l'obiettivo fosse relativamente vicino. ln assenza cli tali presupposti, la superiore mobilità etiopica avrebbe potuto isolare e soverchiare alcune delle
453
Pieri P., Rochat G. , "Pietro Badoglio". Torino, Ute t, 1974, pag. 679.
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La campagna i1a/o -e1iopica, 1935-1936
nostre unità. Anche se non sarebbe stato possibile per gl i avversari pervenire ad un successo completo, è fuor di dubbio che loro vitto1ie locali avrebbero potuto portare, ad esempio, all'abbandono di Macallè, ed un insuccesso italiano di queste proporzioni avrebbe potuto condurre anche ad una pace di compromesso che non sarebbe stata certamente disonorevole per l'Etiopia. L'occupazione dì Macallè aveva rappresentato il frutto dì un'avanzata rapida e profonda quanto intempestiva, poiché creava un pauroso vuoto fra le due ali del nostro schieramento, scopriva il fianco si,ùstro in corrispondenza del Tembien e dava origine ad una situazione che non poteva sfuggire al Negus ed ai suoi consiglieri militari stranie,i i quali potendola giudicare a ragione la conseguenza di un rimarchevole errore nella condotta della campagna - non tardavano a dimostrare l' intendimento di volgerla a loro favore. Il grave pericolo che così prendeva forma e che poteva seriamente e forse irreparabilmente compromettere l'esito dell'intera campagna, fu sventato in tempo anche se non senza grave rischio: sarebbe stata la prima battaglia del Tembien a risolvere la situazione, arrestando la minaccia nemica e consentendo che il regolare andamento delle operaziotù riprendesse poi il suo corso.
J - lLNEMICO Sempre nel cap. IV sono stati fonùti elementi in merito alla preparazione dello strumento bellico etiopico, accennando anche ai criter1 che ispiravano la condotta tattica delle operazioni. L'andamento cli queste avrebbe confennato più o meno compiutamente tali presupposti, con l'aggiunta di altre risultanze ancora più attendibili derivando dalla realtà stessa dei combattimenti. Il comando etiopico mancava della preparazione e della competenza tec1ùca necessarie per poter battere l'avversario con gli su-umenti operativi che questi invece conosceva a fondo . Risultò chiaro, alla fine. come il maggior svantaggio etiopico fosse stato rappresentato dalla carenza di coord111amento fra le varie masse di armati e dalla mancanza cli un'adeguata organizzazione di comando in grado cli armonizzarne l'azione (454). Il nostro avversario non dispose mai di uno staff capace, né la presenza di consiglie1i ed istrutto1i militari aveva apportato in tal senso benefici di sorta (455 ) . Va peraltro anche considerato, per quanto riguar-
454 Badoglio. nel suo volume, parla di ..caotica primitivi tà dell'alto comando etiopico" (op. c it .. pag.211 ). Fra i principali esponenti mil itari e1iopici figuravano ras ,vlulughictà, ministro della guerra cd elaboratore del piano generale operativo. uo1110 che pur 11011 vantando origini aristocratiche era molto popolare fra le truppe; ras Cassa, discendente diretto della stirpe dei re scioani cd arbitro della situazione interna dell'impero; ras Sejum. che oppose la prima resistenza, peraltro affatto vigorosa, alla penetrazione italiana oltre il Mareb; ras hnmirù, il più energico oppositore delle nostre forze che non esitò ad affrontare in campo aperto con azioni anche tauicarnente ragionevoli, cercando di neutral izzare il II C.A. prima che avvenisse il suo congiungimento con il IV ed ordinando ternpestivarnente ia mirata non appena si rese conto dell ' impossibi lità di un ·ultcriore resistenza, tramutata poi in rotta soilamo Jalri1Tu<:nza dell'offe nsiva del 11 C.A. e dall' azione aerea d' appogg io. ·' 55 A proposito di questi ulti mi , e· è una testimonianza abbastanza interessante !ratta da una leuera del colonnel lo cubano Alejandro De! Vallemy Suero. che fece anch'egli pane dell'entoura;:e del Negus ed autore del libro "Un hombre '7/anco en e! iliferno negro.. pubblicato a L' Avana nel 1937, inviata ad uno storico inglese nel luglio del 1970. Ne stralciamo un brano oltremodo significativo: "Alcuni uflìciali
La condotta della guerra
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dava l'alto comando etiopico, come questo si fosse trovato sin dall'inizio fortemente penalizzato daJJa difficoltà dei collegamenti e dalla reale difficoltà di veder ottemperate le proprie disposizioni da parte dei va1i ras, nonché dalla lentezza e dal disordine che caratterizzavano le operazioni di radunata. Tutto ciò rese impossibile approfittare della relativa vulnerabilità iniziale degli italiani durante il loro concentramento per effettuare puntate offensive in Eritrea ed in Somalia, poiché una simile iniziativa avrebbe infatti rivolto contro l'Etiopia l'opinione pubblica mondiale. Anche dopo l' inizio delle ostilità la situazione politica e la proporzione delle forze in campo consigliavano di temporeggiare, dal momento che il risentimento sempre maggiore che andava maturando contro l'Italia sembrava migliorare sempre più la situazione nel Paese; anche lo spazio e la natura del terreno favorivano d'altronde questa tattica temporeggiatrice. Essa sarebbe stata abbandonata circa tre mesi dopo allorcbè gli etiopici condussero un attacco in massa che dette luogo alla prima battaglia del Tembien. In effetti, essi riconobbero essere a quel punto del tutto inutile continuare a cercare di guadagnare tempo, essendosi dimostralo come, sotto l'aspetto politico-diplomatico, le sanzioni contro l'Italia stavano palesando la loro inconsistenza e d'altra parte la proposta anglo-francese di cessioni territoriali a quest'ultima, benchè fosse naufragata, aveva dimostrato quanto poco valesse l'appoggio che sarebbe potuto venire da quella patte. E poi, dal punto di vista militare, avevano compiuto la radunata delle forze al momento disponibili; l'unico tipo di gue1Ta che riusciva spontaneo agli etiopici, e che fino ad un ceno punto erano capaci di svolgere, era l'offensiva. Ora era giunto il momento di effettuarla: l'attacco da parte dei contingenti che si trovavano nel Tembien avrebbe potuto mirare a sfondare il centro del fronte Nord per ottenere l'isolamento del1' ala orientale italiana. Mancò però la distribuzione e l'impiego adeguato delle forze, perché tanto nel Ternbien quanto nell'Ogaden meridionale le colonne all'attacco erano troppo deboli; non ricevettero inoltre aiuto dai gruppi vicini, e l'armata di riserva non partecipò affatto alle operazioni. Dalle truppe al comando supremo, tutti credettero di poter con un solo colpo annientare i nemici, in quanto sopravvalutarono loro stessi ed anche perché erano ingannati dalle notizie diffuse tanto nel proprio Paese quanto all'estero secondo le quali gli italiani assediati a Macallè erano demoralizzati e quasi alla fame. Inoltre, essendo completamente prive di servizi, le annate ciel Negus erano vincolate alle regioni dalle quali ricavavano i viveri - anche se qualche progresso nell'organizzazione del vettovagliamento rispetto al 1895-1896 aveva consentito il concentramento di masse più forti di allora, fermo restando che in zona di ope-
europei avevano un contratto con il govemo dell'Etiopia, erano 20 o 30 persone e si era110 organizzati in un 'unità militare souo il commuto del più anzianil, credo fosse svedese. Quesri ufficiali e molli giomalisri passavano gran parre del loro rempo in un bar di Addis Abeba ingerendo eno1111i quantirà di whisky e chiacchemndo. Ebbi l'impressione che pensassero che non ci sarebbe swta la guerra e chefossem lì solo per diver1irsi. Furono molto sgradevolmente sorp1·esi quando gli i1aliani iniziamno le ostilità e fu de.110 loro di prepararsi per andare a co111ba1tere al fronte. Mi fii raccomaro che si r(fìutarono di balfersi, ad<lucemlo che eremo stati ingaggiati co111e istn.lflori militari e non come for?,e da combattimento. Non se.ntiwmo affa110 la causa dell'Etiopia. (Pank.hurat R., "Le memorie del cap. Alcjandro Del Vallcmy Suero: due lettere sull 'invasione fascista dell 'Etiopia", in: "Studi Piacentini", n° 15/1994, pag. 238).
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razioni ogni combattente poteva contare, per viveri e munizioni, solo su quello che era in grado di portare sulle spalle - e ciò spiega perché lo schieramento effettuato con la radunata sarebbe rimasto immutato fin quasi alla fine della guerra. Sul piano propriamente tattico, gli etiopici erano più inclini all'attacco che alla difesa, una circostanza nella quale aveva poco gioco l'esaltazione gueniera della quale necessitavano per battersi al meglio, Più che soldati, erano guerrieri, uomini che non potevano che adottare il metodo di attacco di 2000 anni prima, quello falangistico ; guerrieri valorosi, sprezzanti del pericolo al massimo grado, ma tendenti a cercare la battaglia corta, violenta, decisiva. "L'etiope - ha scritto il gen. Canevari, che di quelle truppe era un profondo conoscitore - è un combauente barbaro e perciò disconosce l'arte tattica alla quale la complessità delle armi moderne offre innumerevoli combinazioni ed inoltre, mentre è pronto a sacr(ficarsi in un assalto .furibondo, è facile a perdersi d'animo in caso d'insuccesso e a darsi ad una non meno rapida fuga" (456 ). In combattimento, sfruttando con grande abilità il terreno, sapevano avvicinarsi alle posizioni nemiche, tentando anche l'infiltrazione negli intervalli della linea del fronte, per poi assalire di sorpresa; l'importanza dell'aggiramento e dell'attacco a tergo era loro perfettamente noto. Anche le azioni offensive più importanti venivano svolte senza preparazione di fuoco; avanzavano con ampi clamori indossando le stesse ji,te e gli stessi sciamrna del 1895 e dei tempi di Adua, sparando durante la corsa e cercando lo scontro ali' arma bianca (lancia, sciabola, scimitarra o coltello). Durante il combattimento, il guerriero etiopico non sparava con il suo fucile sino a quando non era sicuro di colpire il nemico, poi solitamente lasciava l'arma nel posto dal quale aveva sparato e, adoperando solo la sciabola, correva là dove il nemico era caduto per impadronirsi della sua arma e delle munizioni. L' intento di sottrarsi al contatto e di condurre contemporaneamente veri e prop1i attacchi ovvero azioni di guerriglia offensiva contro i fianchi del nostro dispositivo fu sostanzialmente raggiunto; queste iniziative vennero peraltro contenute, mentre le masse più consistenti dell' esercito etiopico furono progressivamente neutralizzate, per cui la battaglia offensiva decisiva sarebbe sarebbe stata sostenuta solamente dalle forze al diretto comando del Negus. Gli etiopici, come s'è visto, avevano anche potuto fare al'ficlamento, in alcune c ircostanze, su armi moderne che però erano state ripartite fra i combattenti senza un criterio organico e funzionale e spesso senza che quadri e g1>egari ne conoscessero le caratteristiche tecniche e tattiche. Non potendo inoltre contare su artiglieria di medio calibro né su un numero sufficiente cli quelle dei calibri minori, gli italiani avevano sempre potuto operare, quando si trovavano fuori dalle zone battute dal tiro delle armi portatili, senza preoccupazioni e limitazioni. Molto realistica ed equilibrata risultava quindi la conclusione alla quale giungeva il gen. Santini nella sua relazione finale: "Tale stato di fatto deve essere valutato in tutto il suo valore ed in tutti i campi e ci deve quindi rendere molto cauti nel trarre conseguenze ed am-
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Canevari E., op. cit., vol. I, pag. 355.
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maestramenti, per evitare che si radichino nei combattenti e specie nei comandanti che hanno partecipato a questa brillante campagna, falsi concetti inform ati a situazioni eccezionalrnente favorevoli che, in altre guerre, difficilmente si ripeteranno" (457). Da parte di alcuni critici militari è stato addebitato alle armate del Negus di aver voluto affrontare combattimenti in linea anziché attuare la guerrig lia, ma al riguardo va considerato come per praticare questo metodo di lotta sarebbe occorso un com bauente non solo tenace e freddo ma ancor più dotato d i spirito di iniziativa e scaltrito nell'uso di tutti i mezzi bellici a disposizione, qualità che non avevano certo i rappresentanti delle multi formi etnie dell 'impero neg ussita. Inol tre, una forma di guerrig lia, offensiva o difensiva che sia, può essere adot.Lata da una delle due parti belligeranti sempre c he abbia l'aiuto, se non proprio l'adesione e la complicità, delle popolazioni locali . Nella fattispecie, queste invece si sottomisero di buon grado e spontaneame nte alle autorità italiane, salvo in alcune località come Debrì, Abbi Addì ed Arbì dove però il comportamento degli amhara fu talmente prepotente e violento nei confronti degli abitanti da determi nare la loro violenta reazione (458). Inoltre, secondo la giusta interpretazione di R ochat, l'impero etiopico, basato sullo sfruttame nto feudale delle masse contadine e sulla soggezione militare delle regioni di più recente acquisizione, era roso da profonde contraddizioni interne per cui i suo i capi non potevano metterne in discussione la struttura evitando uno scontro cam pale con gli attaccanti e puntando su una guerriglia di popolo , che se avrebbe certamente creato loro non pochi problemi sarebbe stata interpretata all ' interno come una aperta ammissione di debolezza. Per il Negus sarebbe stato preferibil e cadere in piedi, nel rispetto della tradizione e senza pregiudicare il futuro, che prolungare di qualche tempo una guerra comunque persa in partenza, salvo interve nti esterni sempre meno probabili (459 ) . Gli etiopici furono protagonisti, durante la campagna, di tutta una serie cli atrocità nei confronti dei militari ital iani catturati, ovvero dei cadaveri dei caduti , o ltre all'uso delle pallottole a frammentazione durante le azioni di fuoco (460) . Di tutto ciò s i hanno numerose prove e testimonianze, a rappresentare le quali ri teniamo più che suffi cienti i verbali delle deposizioni di alcuni membri della missio ne sanitaria egiziana e che sottoponiamo all ' attenzione del lettore (Ali. 295) pur consapevoli dell'orrore che certamente susciteranno questi resoconti. Non vogliamo peraltro esporci anche noi, sull'onda cli una passionalità che non s i confarebbe ad un ' analisi storica, ad un giudizio sin troppo scontato sull'effcratez1,,a di certi comportamenti. Ci limitia mo semplicemente a mettere in evidenza un dato di fatto - senza peraltro volerlo giustificare sul piano morale, anche per457 ACS,
Fondo Badoglio, " Questionario sulle operaz ion i in A.O." , b. 9, f. 34.
458 Konovaloff Th .. op. cit., pag. I 82. 459
Rochat G., " Le guerre italiane in Libia e in Etiopia", op. cit., pag. 107.
460 Gl i etiopici limavano abitualmente o deformavano la punta dei proiettili o addirittura la ca-
povolgevano rendendoli così cs trcm;i mente pericolosi anche se meno precisi. I vari ras acquistavano d irctt,1 men1e dai residenti inglesi ne l Kenia, Somaliland e S udan muniò oni per caccia grossa, conf'e zionale con palloll ole esplosive sparabil i con le m itragliatrici Wickers (AUSSME. DI-J 16, prol. 2232 del 10.3.1936, da UIT. Add. Mii. Bruxelles a S. I.M., r.10 magg. Duca) .
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ché una ricostruzione storiografica non dovrebbe assumere il significato di una valutazione etica da parte del suo autore - e che cioè la crudeltà verso il nemico costituiva un qualcosa di insito nella struttura biologica e temperamentale, e quindi comportamentale, di genti assolutamente primitive - tipo gli Apaches, i Guayachi o i Nambikwara - quali erano ancora quelle etiopiche dell'epoca (e quali avrebbero continuato ad essere fino ai giorni nostri, come le cronache dell'annoso conflitto con l'Eritrea stanno a dimostrare). Un atteggiamento simile a quello di tanti altri popoli, che si sarebbe perpetuato anche nella seconda guerra mondiale da parte delle milizie marocchine e senegalesi, ad esempio, ma anche di quelle senz'altro più evolute tipo le australiane e le neozelandesi per arrivare infine alle violenze dei soldati giapponesi verso le popolazioni birmane, malesi e filippine nonché nei confronti dei prigionieri americani. Il trattamento decisamente bestiale nei riguardi di questi ultimi non era tanto il prodotto di una malvagità premeditata quanto il frutto di una concezione dell'onore militare per la quale il soldato nipponico considerava infamante la resa (461 ) , il che valeva per lui come per gli "altri" per cui il prigioniero nemico era considerato non più che una sottospecie umana e come tale andava trattata. Si aggiungevano, per gli etiopici, Ie costumanze tribali e le ritualizzazioni di stampo barbarico tipiche di un'aggressività iperstenica, legata cioè ad un eccesso pulsionale (462). Ben diverso, ovviamente, il trattamento da noi riservato ai loro prigionieri, nei cui confronti era stato rigorosamente vietato qualsiasi atto violento, anche al fine di ricavarne maggiore disponibilità di fron te alle richieste di informazioni (Ali. 296). Il nostro comportamento umanitario verso i prigionieri etiopici, e senza alcun intento utilitaristico, è confermato da un documento relativo alle direttive sanitarie per i campi dove gli stessi venivano custoditi, riportato nell'Ali. 297. 2 - ASPEITI ORDfNATlVJ E ·t<1.'JTICI
Sul piano militare, la campagna d' Etiopia comportò per l'Italia l' immagine illusoria di una potenza che non corrispondeva ad una realtà quale quella che si prospettava di fronte a programmi di riarmo portati avanti dalle altre nazioni europee proprio nel periodo 1936-1939. Né va sottovalutato il fatto, difficilmente contestabile anche se spesso esageratamente enfatizzato soprattutto nei riguardi del depauperamento di materiali preziosi (463 ) che la campagna, così èome quella di Spagna, distolse all'Esercito risorse fondamentali per la sua preparazione. Se è vero, infatti, che una parte dell'ingente e costoso materiale logorato nei due con-
461 A conferma di ciò, nei pubblici registri anagrafici giapponesi .il nome di colui che era caduco prigioniero ven iva cancellato dai ruoli , ritenendo così che non potesse infa ngare il nome dell'intero casato. 462 L' uomo, essendo un an imale con un corredo biologico ereditario possiede. come tutti gli altri vertebrati superiori , un impulso aggressivo assolutamente spontaneo, soggeno ai processi di apprendimento ed all ' induz.ione dell 'ambiente, le due componenti di ciò che va sono il termine di "cultura". L' aggressività, nell' uomo, ha sempre risentito dell' ampia frattura tra il lentissimo processo di evoluz ione biologica e quello rapidissimo delJ'evo luzione culturale. 463 Montanari M., "L'Italia alla vigilia della 2" G.M.", Roma, USSME, 1982, pag. 256.
La condo/la della guerra
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nini non sarebbe stato utilizzabile per una guerra in Europa, è altrettanto vero che l' usura non riguardò esclusivamente i mezzi ma anche risorse preziose come carburanti, mun izioni, vettovagliamenti, salmerie, personale; e ciò senza contare gli oneri economico-finanziari della mobilitazione e del trasporto oltremare di decine di migliaia di uomini e di numerose unità. Inoltre, la campagna in A.O. influì negativamente suglì orientamenti dottrinari in favore di un alleggerimento degli organici e su una certa diffidenza nei riguardi dell'effettiva possibilità di impiego del carro am1ato sui nostri ten-erù, solo parzialmente compensata dalle positive applicazioni cli mezzi veloci per il trnino delle artiglierie in zone di ardua percorribilità e delle autocarrette, confermatesi di buon rendimento su strade di montagna a piccola carreggiata. Nelle sue memorie, Badoglio affermò che si era trattato di una guerra "dalla cui esperienza potranno essere traui grandi anunaesrramenti per la condotta dei conflitti futuri" (464), fossero coloniali o non. Prop1io sulla base di tale presupposto, alcuni mesi dopo il termine delle operazioni aveva inviato ai comandanti delle GG.UU. che avevano partecipato alla campagna un dettagliato questionario per ricavare osservazioni e proposte utili, con la premessa ammo1ùtrice di non indulgere nel giudicare ·'troppo coloniale", e come tale irripetibile, un conflitto portato. peraltro, contro un Paese primitivo, dotato di un'organ izzazione militare molto sommaria e pertanto non in grado di affrontare un confronto risolutivo con una potenza europea. La lcllera che accompagnava il questionario così proseguiva: "Non bisogna dimenticare infatti che la campagna d'Etiopia è stata condotta, in ogni carnpo, con concetti ispirati alla nostra dottrina militare studiata essenzialmente per una guerra nello scacchiere europeo. Guerra di masse cosrituite da grandi unirà metropolitane; guerra di movimento nella quale lei manovra e le forme più redditizie di essa hanno avuto g rande sviluppo; guerra in cui il.fuoco come mezzn per muovere e per manovrare è stato largarnente impiegato; guerra che ha aperto nuovi orizzonti all'arma aerea rivelando insmpellate possibilità; guerra in cui lo sfruttamento del successo è stato spinto fino all'audacia più esasperante; guerra, irifine, combauuta in buona parte in uno scacchiere montano, ne(quale i vincoli logistici avevano, come nella nostra frontiera hanno, importanza clete1mina11te nella condotta delle operazioni. Sollo quesro punto di visra, anche tenendo crmro dei metodi e dei mez-;.i di un avversario. isti11tivomente aggressivo, leggero, manovriero, ma povero di mezzi, di fuoco e sopra/lulto di arriglieria, molti sono i punti di conwuo fra la condoua delle operazioni nella guerra d'Eriopia ed i caratteri e la condotta di una guerra nel teatro europeo" ( 465) .
Appare evidente che i citati punti di contatto fra la campagna etiopica ed una guerra europea non potevano che consistere nei principi di fondo dell'arte bellica. immutabili da sempre anche se adattabil i di volta in volta alla situazione
464 Badoglio P.. op. cit., pag. 410. 465 ACS, Fondo Badoglio, "QuesLionario sulle opera1.ioni in A.O.", b. 4. r. 34.
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ed allo scenario operativo, il che, se confermava le affermazioni legittimamente orgogliose anche se forse eccessivamente trionfalistiche cli Badoglio, non poteva escludere fondati motivi di perplessità allorché si fossero solo considerati l'assenza di un'opposizione a carattere europeo, l'impiego unilaterale ed incontrastato dell'aviazione e l'abbondanza assolutamente inusuale dei mezzi logistici a disposizione, fattori tutti che rendevano piuttosto arbitraria la convinzione di aver svolto una guerra di movimento di tipo moderno ovvero motorizzata. In verità, non si può dire che lo Stato Maggiore italiano non avesse del tutto avvertito l'esigenza di dare alle operazioni un carattere cli mobilità e di manovra. L'esperienza desunta dalla campagna d'Etiopia contro un' esercito disordinato e scarsamente armato avrebbe enfatizzato nell'ambito strategico questo concetto della guerra di movimento dando luogo al mito della guerra "di rapido corso", per la quale mancò peraltro l'intendimento e la possibilità alla costituzione cli GG.UU. particolarmente mobili, dotate cli mezzi moto-meccanizzati e corazzati idonei e la realizzazione di una stretta cooperazione tattica dell' arma aereea con tali unità, che pure veniva intravista ed auspicata da non pochi precursori. Nonostante il fervore di questi, però, la specialità dell'aviazione "d'assalto", presentatasi per la prima volta al proscenio nel corso delle Grandi Manovre del 1934, continuava a trascinarsi dietro tutte le riserve e le ostilità formulate sin dal I 926, all'atto dell'enunciazione dottrinaria da parte del suo patrocinatore magg. pil. Amedeo Mecozzi. Essa, in aperto contrasto con quella di Douhet, sosteneva che l' impiego dell'arma aerea, autonomo ed indipendente, avesse ad esplicarsi con un' azione da attuarsi in stretta collaborazione con le forze terrestri e navali; trovava pertanto proprio in seno all'Aeronautica i più accaniti contestatori, i quali vedevano in tale concezione un pericolo alle prospettive cli supremazia della loro forza armata sulle altre due. Le "Direttive per l'impiego delle GG.UU." emanate nel giugno del 1935, che suggerivano orientamenti validi non solo per una guerra coloniale di ampie dimensioni quale quella che ci si accingeva ad affrontare in A.O. ma anche per un eventuale conflitto europeo, si limitavano come s'è già detto a socchiudere la porta, senza aprirla, alle possibilità dei mezzi corazzati, continuando invece a porre l'accento sulle Truppe Celeri e perpetuando così un grosso equivoco. Allorché, infatti, nelle "Norme per il combattimento della Divisione" emanate nel ' 1936 si affermava che
"[ ... .] unità celeri motorizzate, autotrasport.ate ed aerei da esplorazione operanti in. si.retta collaborazione e sollo la guida di un capo audace e geniale, possono raggiungere risultati decisivi specie nell'occupazione preventiva di importanti posizioni, nello :,fruttamento del successo e nell'inseguùnen.to. Da ciò la necessità di tener conto del poderoso apporto che questi mezzi possono dare alla manovra" (466 ) .
466 Botti F., !lari V., " ll pensiero militare italiano dal primo al secondo dopoguerra", Roma, USSME, 1985, pagg. 199-200; cfr. anche Trabucchi A., Quercia A. , " Note sulla divi sione motori zzata", in: "Rivista di Fanteria", 10/1937, pagg. 145 6-1472, e Badino M. , "Sguardo sull' impiego dei Celeri", in: "Rivista di Fanteria", 11/1937, pagg. 1599- 1608.
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non si teneva conto che si trattava di compiti che non potevano certo essere assolti dalle Divisioni Celeri e dal materiale leggero e piuttosto eterogeneo del quale erano dotate, adatto fors ' anche ai nostri terreni ma certamente meno a quelli coloniali o cli particola1i aree europee, specie quelle orientali. Inoltre, ricompariva nel documento in questione la tendenza ad assegnare all'aereo in cooperazione diretta il solo compito dell'esplorazione e non anche quello dell'appoggio tattico, mentre la motorizzazione era limitata agli aspetti puramente logistici. Sotto l'aspetto ordinativo, lo stesso Badoglio, sulla base della personale esperienza africana, giudicò troppo pesante e poco manovriera, almeno in quel teatro operativo, la divisione ternaria. Si sarebbe giumi così, con l'ordinamento tattico patrocinato da Pariani, all'introduzione della divisione binaria, che non avrebbe rappresentato un semplice mutamento organico bensì una radicale modificazione delle funzioni dell'unità divisionale, che perdeva la propria capacità di manovra per trasformarsi in una colonna d'urto e di penetrazione lasciando che la manovra divenisse così una prerogativa specifica dell'armata (manovra a largo raggio) e del corpo d'armata (manovra a piccolo raggio). Durante la campagna d'Etiopia erano state inviate prima due e poi u·e divisioni (Assetta, Cosseria e Metauro) in Libia, tutte su due soli reggimenti di fanteria, allo scopo cli renderle più facilmente autotrasportabili. Indubbiamente queste GG.UU., non impiegate però in combattimento, si erano rivelate più snelle e più manovriere e Pariani ritenne che in quell'espediente, ciel tutto occasionale, risiedesse la soluzione del problema. Come osserva Dorello Ferrari, l'adozione dell'ordinamento ternario ciel 1926 non era nata tanto da considerazioni di carattere tattico quanto da un problema di economia delle forze, perché si era calcolato che le esigenze difensive ital iane compo1tassero un minimo cli una trentina di divisioni, 19 contro la Francia e 10 contro la Jugoslavia, e d ' altra parte le esigenze di bilancio non consentivano di costituire più di 90 reggimenti di fanteria e granatieri, cioè tre per ogiù divisione. Furono quindi le esigenze tattiche ad essere rapportate paradossalmente ai limiti organici, e non viceversa. Le prime divisioni binarie apparvero nel 1934, quando la 30"', cli stanza in Sardegna, fu sdoppiata in due divisioni più leggere, Sabauda (poi ridiventata ternaria con l'invio in A.O.) e Caprera. Fra l'estate ed il novembre del 1935 le esigenze della mobilitazione per l' A.O. e la motorizzazione di due divisioni (Po e Trento) portarono alla trasformazione o costituzione di altre sette divisioni binarie, il cui numero si sarebbe ridotto a quattro nel 1936. L'adozione definitiva e generalizzata cieli' ordinamento binario sarebbe avvenuta nel corso ciel 1937 per l'effetto concomitante di parecchi fattori ma non per conseguenza - come si è spesso affermato - di presunti insegnamenti della guena d'Etiopia, nel corso della quale le divisioni a ordinamento binario inviate in A.O. (Cosseria ed Assietta) non furono in realtà impiegate. Tre furono invece i fattori decisivi, due cli carattere strategico e finanziario ed uno di carattere tattico. I primi due si riassumevano nell'opposta esigenza di accrescere il numero cli unità per ragioni di immagine e di equilibrio strategico internazionale, ed al tempo stesso di non aumentare troppo la forza bilanciata ed i reggimenti di fanteria, dato che proprio in quel momento l'Esercito era impegnato a far approvare dal governo un piano decennale di ammodernamento e potenziamento che avrebbe in pratica comportato il raddoppio ciel bilancio annuale eia
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2,5 a 5 miliardi. Il fattore tattico era dato dall'esigenza di rendere le divisioni più idonee a condurre la guerra di movimento fissata dalle Direttive del 1935. TI progetto sarebbe stato avviato nel luglio 1937, ed una prima G.U. di questo tipo fu collaudata, anche se ad organici incompleti, durante le Grandi Manovre in Sicilia effettuate nello stesso anno (467 ) .
3·
LE CONSIDERAZJON I DEI COMANDANTI DI
GG.UU.
I quesiti proposti da Badoglio ai generali che erano stati ai suoi ordini riguardavano tre tematiche cli fondo: l'organica, con particolare riguardo alla validi tà dell'ordinamento ternario o binario delle divisioni dell'Esercito e della M.V.S.N. e dei rispettivi reggimenti di fanteria e delle legioni CC.NN., la logistica e l'impiego delle GG.UU. con tutti i relativi problemi specifici. A prescindere comunque dai quesiti e soprattutto dalle risposte, era indubbio come l' esperienza maturata nella campagna africana non potesse fornire riscontri riportabili in termini di affidabilità anche ad una guerra europea, stante le già menzionate diversità di ambiente operativo. Le relazioni di risposta dei vari comandanti erano più o meno sovrapponibili; fra quelle di cui abbiamo potuto prendere visione, il documento elaborato dal gen . Santini, comandante del I C.A., appare come il più esauriente e riassumente anche la sostanza delle risposte degli altri colleghi (468 ). Secondo il predetto, il C.A. costituito con una divisione del R.E. ed una cli CC.NN. non era apparsa ben equilibrato ed era risultato inadatto a consentire la necessaria rotazione di compiti per le GG.UU. dipendenti. Forse, per la speciale guerra che si era dovuta affrontare, sarebbe stato preferibile disporre almeno in parte di formazioni più leggere ed elastiche ciel tipo "brigate miste" (5 o 6 batt.ni, 1-2 gruppi d'artiglieria, qualche elemento celere e servizi) da assegnare a costituendi CC.AA. dotati di un certo numero delle stesse. Ad ogni modo, la d ivisione dell'Esercito era apparsa nel complesso preferibile a quella di CC.NN. sia per la maggior dovizia di possibilità tattiche, sia per la possibilità di alimentare più energicamente un'azione offensiva, anche se la seconda si era rivelata più leggera e più mobile ma meno a,monica, più povera di combinazioni di manovra e tal-
467 Ferrari D., "Dalla divisione ternaria alla binaria: una pagina di storia dell'Esercito Italiano in: "Memorie Storico-Militari 1982", Roma, USSME, 1983, pagg. 49-77; cfr. anche Montanari M. "L'Eserc ito italiano alla vigilia della 2" G.M.", Roma, USSME, 1982; Betiinaria P.L., "L'Esercito italiano dal 19 18 al 1940: dottrina d'impiego ed ordinamenti", in "S tudi Storico-Militari 1986", Roma, USSME; Fcrrari D., "Per uno studio della politica militare del gen. Albeno Pariani", in "Studi St0rico-Militari 1988", Roma, USSME, e Botti F., "I generali italiani e il problema dei corazzati: la riunione tenuta dal gen. Pariani il 23 e 24 novembre 1937 sul carro armato ed i suoi riflessi", .in "Studi Storico-Militari 1993", Roma, USS ME. 468 Lo stesso comandante del I C.A., già alla fine di agosto 1935, aveva diramato alcune diretti· ve a corollario di quelle emanate dal C.S.A.0. circa l' impiego de lle unità delle varie Armi ne llo scacchiere eritreo. In esse Santini sottolineava all'attenzione dei comandi dipendenti la particolare natura del terreno operativo e la conseguente necessità di "elasticiuare" la mentalità tattica e le conseguenti applicazioni pratiche {AUSSME, D5-20/l, prot. 652 Op. del 26.8. 1935, da Comando 1° C.A. a comandi dipendenti, f.to Santini).
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volta impari per i compiti che potevano esserle att,ibuiti. La costituzione del reggimento di fanteria per l' A.O. su due btg.ni fucilieri ed uno mitraglieri era stata, secondo il compilatore, la causa principale dell'eccessiva pesantezza delle divisioni dell' Esercito: " .. ..Tale costituzione rispondeva probabilmente all'ipotesi di una g uerra caratterizzata da: a) - operaz ioni condotte con colonne molto intervallate; b) - operazioni qffensive condotte contro organizzazioni embrionali non richiedenti sforzi p,v/ungati in prqf'ondità; c) - operazioni difensive contro nemico mobilissimo e che agisce a fondo con masse ragguardevoli, ed è portato ad assaltare d 'impeto a qualunque dislanza. In pratica la Div. Sila ha talvolta impiegato i btg.ni mitraglieri anche in primo scaglione, sia nelle azioni offensive che in quelle dU'ensive, ma con un rallentamento dell'azione che ha richiesto accorte provvidenze. I furibondi contrattacchi nemici portati a fondo con estrerna energia e con notevoli forze sulle nostre teste di colonna durante la battaglia dell 'Endertà, sia il 12 sia il 15 febbraio, hanno potuto essere stroncati prevalentemente con il fuoco del batt.ni mitraglieri senza soverchia difficoltà, ed i batt.ni fucilieri hanno avuto impiego nella successiva manovra. In complesso si è cioè combattuto offensivamente con la più grande energia jìnchè il nemico era debole e lontano, si è combattuto dif'ensivamente, e prevalentemente con il fuoco, non appena il nemico svelava potenti azioni qffensive. Il sistema certamente è stato efficace, ma è risultato artificioso, molto legato al terreno e non scevro di inconvenienti gravi, fra i quali il maggiore è apparso quello di legare tulio il movimento delle colonne di attacco a quello detrelemento più lento e più pesante. Altro inconveniente è stato quello di dover destinare alla funzione esplorativa elernenti tolti dai btg.ni fucilieri rompendone l'organicità. L 'evidente vantaggio della grande potenza di fuoco disponibile con la costi1uzione che esaminiamo non è risultato fos se del tutto equilibrato dagli evidenti svantaggi sopraelencati. ed anzi è sembrato talvolta che si potesse temere un consumo esagerato di munizioni nella fase iniziale del combattimento a scapito della fase risolutiva. Ciò ha imposto al comando apposite provvidenze addestrative ed una rigida disciplina di fuoco, che diedero in combattimento risultati molto soddisfacenti. Tutti i comandanti avrebbero pere) preferito avere tutti e tre i btg.ni fucilieri, intercambiabili fra loro, con vantaggio evidente di leggerezza, di elasticità e di facilità di manovra. La potenza di fuoco disponibile nel reggimento pur essendo minore (2 compagnie mitragliatrici pesanti in meno e 3 compagnie fucilieri in più) sarebbe staia sempre esuberante a quella richiesta dalle circostanze che praticamente si realiz:.z.arono. Le considerazioni precedenti hanno forse un valore più imperativo se si considera la costituzione del reggimento in una guerra europea. Le nostre "Norme" sono tutte pervase da spirito qffensivo ed ispirate a con-
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cetti tallici di slancio e di movimento. L'agilità e la semplificazione ta11ica derivante dall'a vere i tre battaglioni eguali ed intercambiabili costituirebbe in tale situazione un vantaggio sicuro e forse di valore ingente" (469).
La dotazione del reggimento d' artiglieria della divisione R.E. era risultata in pratica largamente sufficiente, anche se occorreva tener presente che il nemico non ne disponeva o quasi e che quindi non era stata necessaria l'azione di conlrobatteria da parte dell ' artiglieria di C.A .. Era inoltre mancata ogni iniziativa contro organizzazion i difensive robustamente sistemate, e pertanto non si e ra dovuto ricorrere ad azioni di spianamento. Secondo Santini , in una guerra di tipo europeo od in una guerra coloniale contro un nemico fornito di artiglieria, la dotazione corrispondente de lla divisione di fanteria sarebbe risultata insufficiente, ed a maggior ragione lo sarebbe stata quella della divisione CC.NN. (470). Per quanto riguardava i comandi, questi in A.O. erano risultati sempre un po' rigidi e più pesanti ciel neces/:iario. Ne era emersa, ad ogni modo, l'opportunità di evitare di richiedere inulili pareri e re laziotù su fatti ed argomenti troppo noti, di ribadire dati già oggetto di comunicazio1ù periodiche e di ridurre anche queste ultime all'indispensabile. Tutto ciò che avesse potuto essere escogitato per ridurre il lavoro di tavolino, che comportava numeroso personale e mate1iali ingombranti e - questo era l'inco nveniente maggiore - limitante di molto la possibilità da parte dei comandi e degl i stati maggiori di vedere, controllare e constatare di persona, avrebbe rappresentato un alleggerimento migliorativo estremamente utile ai fini di una guerra di movimento, rapida e manovrata. Un rilievo interessante era quello relativo al funzionamento dei servizi:
"/ .....I Nel corpo d 'Annata le funzioni logistiche sono di mole notevole ma non premine/Ile e non tale da nuocere e da togliere al co,po d'armata la sua caraueristica prevalentemente tattica. Non sembra consigliabile accrescere le funzioni logistiche del C.A . appesantendolo se 11011 se ne verificherà un imperioso bisogno. L'intendenza d'Armata può sempre provvedere, anche rendendo più elastico il .funzionamenlo dei servizi col fra zionarli e spingerli più vicino alle truppe [. .... /. /. .... ] Per qua1110 riguarda i11 particolare la divisione, l'autonomia logistica di essa, intesa nel senso della possibilità di rifornirsi coi suoi mezzi ad una testa di tappa alla quale arrivano i 11e·cd automobilistici, è oggi molto modesta. Con difficoltà, coi mezzi attuali, si può arrivare a 10 - J5 km. e per un tempo assai breve. Non è i11fa11i opportuno costringere a marce troppo lunghe i quadrupedi (oltre i 30 km.) senza inconvenienti irreparabili. E ciò più volle in A.O. si è stati costretti a fare difronte ad esigenze imprescindibili.
r. 34, "Questionario .....", re lai.ione Santini, pag. 4-6. Però Santini non spiegava il motivo di questa sua affermazione, tenendo conto che, ad esempio. la divisione francese e quella tedesca erano articolate su tre gruppi d'artiglieria pluricalihro. 469 ACS, Fondo Badoglio, b. 4, 470
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Né sembra utile aumentare l'assegnazione organica di mezzi di trasporto per non appesantire le unità" (471 ). In proiezione futura, aggiungeva Santini, bisognava considerare che erano le divisioni che combattevano e ad esse andavano pertanto rivolte tutte le attenzioni: l'ideale, peraltro in molti casi non raggiungibile, sarebbe stato quello di togliere loro ogni funzione logistica, lasciando solo quella di comunicare a tergo dati cli forza per quanto concerne il vett0vagliarnento giornaliero e dati relativi ai consumi per i reintegri quotidiani o periodici. Durante la campagna, deternùnante nella pluralità dei casi era stato l'impiego dell'automezzo fatto su vastissima scala, in condizioni cli terreno ed atmosfericoclimatiche ritenute dai tecnici quasi proibitive, ed era lecito e logico ritenere che dagli automezzi si potesse ottenere ancora di più, in scacchieri europei 1icchi cli strade e nello stesso ambiente climatico per il quale le va,ie componenti delle macchine, in special modo i motori, erano state progettate e costruite. L'ingente massa cli mezzi automobilistici che si era stati costretti ad impiegare aveva collocato in primo piano il problema delle costruzione delle strade e della loro costante manutenzione, problema che più cli una volta aveva avuto riflessi notevoli sulla condotta delle operazioni. Ad ogni ampio sbalzo era sempre corrisposto un logorio cli mezzi che in qualche momento era divenuto impressionante, e ciò nonostante il nemico non disponesse cli aviazione, né di artiglieria cli grande gittata e né sulle direttrici cli marcia avesse attivato azioni di guerriglia di sensibile portata. La campagna in A.O. aveva consentito, malgrado la modesta rete stradale, cli ricorrere su larga scala non solo all'autotrasporto delle truppe ma anche, specie sul fronte Sud, al vero e proprio impiego di repa1ti autocarrnti da impegnare in combattimento. Ne erano derivate alcune utili considerazioni così riassumibili: - nel trasporto di truppe, ed a maggior ragione nell'impiego cli reparti autocarrati, sarebbe stato conveniente disporre in futuro di autocarri opportunamente attrezzati che consentissero cli trasportare ciascuno un ' intera squadra (od un pezzo d'artiglieria ed il relativo personale) con il prop1io materiale al completo, viveri e munizioni compresi e , dovendo percorrere un territorio ostile, anche il carburante conisponclente alla distanza eia compiere; - specie per quanto riguardava i reparti autocarrati, si sarebbe dovuto tener sempre presente la grande profondità che assumevano le colonne e quindi la loro estrema vulnerabilità, nonché il tempo occorrente per prendere terra, schierarsi, spiegarsi e combattere, da cui la necessità della ripartizione in scaglioni il primo dei quali con funzioni di avanguardia; - il fotto che gli autotrasporti cli truppe avessero dato buoni risultati senza bi sogno cli particolare addestramento né di lunga preparazione, induceva a considerare se fosse proprio necessario ed opportuno disporre di apposite unità motorizzate, che comunque non avrebbero potuto essere certamente numerose, ovvero se non fosse più conveniente prevedere che i corpi d'armata o meglio le armate fossero dotati di autoreparti di manovra eia decentrarsi per determinati compiti strategici, logistici e tattici a seconda delle circostanze, evenienza per la quale sareb47 1 ACS,
Fondo Badoglio, b. 4 , f. 34, " Que.stionado.. ..", rela;i;ione Santini. pag. 12-13.
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be stato necessario - ma non impossibile né difficile - addestrare le truppe e soprattutto i quadri a questo genere cli movimento e cli impiego. Nei riguardi dell' apporto fornito dall'arma aerea, esso era stato, in complesso, più di ordine morale che materiale. La ricognizione tattica era stata in gran parte penalizzata dagli accorgimenti adottati dal nemico (rapidi occultamenti, marce notturne, minima reazione contraerea) e dalla natura del terreno, montuosa sul fronte Nord e boschiva in quello Sud, mentre anche il bombardamento di centri abitati aveva reso meno di quanto ci si potesse attendere in relazione alle tonnellate cli esplosivo impiegato. Molto più utile invece si era dimostrata l'azione ciel mezzo aereo quale collegamento fra le colonne e fra esse ed i comandi ed in ambito logistico per il ri fornimento dei vari tipi di materiali. Ma ancora più determinante era risultata l'azione della R.A. nello sfruttamento del successo, quando il nemico, trascurando ormai ogni misura precauzionale per le proprie masse disordinatamente in rotta, non aveva avuto a ltra preoccupazione all'infuori cli quella di sottrarsi definitivamente alla nostra offesa terrestre; era allora che i bombardamenti a bassa quota ed i mitragliamenti avevano inflitto all'avversario perdite molto ingenti e ne avevano stroncato qualsiasi velleità di ulteriore resistenza. In conclusione, le considerazioni formulate dal gen. Santini circa l' impiego futuro dell' arma aerea erano incentrate sulle seguenti affermazioni: - non sarebbe stato più possibile immaginare importanti azioni belliche terrestri senza il concorso cieli' aviazione; - i compiti fondamentali di questa si riassumevano nel combattimento aereo, nell'esplorazione strategica, nell'impiego a massa contro i centri vitali avversari, nello sfruttamento del successo e nel concorso al combattimento terrestre; - la cooperazione logistica (1ifornimenti, sgomberi sanitari, servizio postale, ecc.) avrebbe dovuto essere riservata a circostanze contingenti e particolari; - gli aviosbarchi avrebbero potuto essere già considerati come operazioni fattibili, specie se in concorso ad unità celeri terrestri, anche se realizzabili in circostanze e condizioni che non si sarebbero veri ficate frequentemente. La relazione si concludeva con una serie di considerazioni compendiantisi nel fatto che la campagna in A.O. aveva ancora una volta dimostrato che lo scopo della battaglia doveva essere sempre la distruzione dell'esercito nemico, in quanto l'importanza di occupazioni materiali era secondaria anche se cli notevole valore pratico e morale. Essa aveva altresì espresso aspetti molto particolari, ma non aveva rivelato elementi o fattori ciel tutto nuovi e sostanzialmente diversi eia quelli che si erano avuti o che si sarebbero potuti avere in una guerra europea. La nostra dottrina tattica conteneva, di massima, concetti generali, lasciando al comandante, come mai in passato, un grande rilievo nella risoluzione di volta in volta, a seconda delle circostanze e senza falsarighe o schemi, dei singoli problemi. Ne risultava però anche più netta la necessità, nei comandanti cli ogni grado e specialmente in quelli di battaglione, reggimento e di brigata, di una completezza fisica e morale superiore a quella normalmente necessaria. U n'altra relazione interessante può essere considerata quella del gen. Maletti, che aveva operato nell'Ogaden fino a Dire Daua con reparti a piedi e poi, nella
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regione di Neghelli e dei Laghi Equatoriali, quale vice-comandante della Div. Speciale autoportata. La guerra, affermava Maletti. non era più statica ma eminentemente dinamica e manovrata. La G.U. coloniale non ne aveva generalmente altre a tergo o sui fianchi, come avveniva in Europa, ma agiva quasi sempre isolata. Di conseguenza essa iniziava, sviluppava e conduceva a termine il combattimento con i suoi soli mezzi, e con essi sfruttava il successo, cosa questa che si ripercuoteva sul modo di attuare il proprio schieramento frontale e di assumere lo scaglionamento in profondità. Più divfaioni, dirette sullo stesso obiettivo, vi sarebbero giunte probabilmente per itinerari diversi in modo di arrivare contemporaneamente o quasi sul davanti o sul fianco del nemico nel giorno dello scontro, evento non diffici le per GG.UU. snelle e leggere, collegate dalla radio e dall'aviazione e largamente dotate di autonomia logistica e tattica. Sotto l'aspetto organico, occorrevano truppe che potessero muovere fuori delle strade e su qualsiasi terreno, supportate da truppe celeri cli sostegno o di riserva autocarrate. In conseguenza, necessitava disporre di grossi battaglioni (900- I .000 uomini), di brigate miste leggere o raggruppamenti, di una divisione snella, agile e leggera e di un corpo d'annata di due o più divisioni. Le autocolonne marcianti sul nemico su ten eni poco praticabili e sconosciuti, come era appunto avvenuto nel corso della campagna etiopica, avrebbero dovuto essere leggere, formate da automezzi omogenei per tipo, qualità e stato d'uso così eia assicurare una marcia regolare, epossibilmente avviate su strade che avessero consentito almeno il transito nei due sensi. In conclusione, il compilatore riteneva che la brigata mista, articolata su un numero variabile di batt.ni (da 4 a 6) e da un adeguato numero di batterie da 65/17, da 75/27 o da 77/28, fosse l'unità che più si avvicinava al "Gruppo Mobile" che aveva operato così proficuamente in Libia ed al Raggr.to Arabo-Somalo che a sua volta si era brillantemente comportato in Somalia e nell'Harrarino. Ma sarebbe stato un errore, aggiungeva Maletti, voler fissare per la brigata mista una formula organica definitiva, optando invece per adattarne la costituzione al compito che si presumeva dovesse assolvere. Poiché il quadro tattico coloniale era molto diverso da quello europeo, non tanto per le caratteristiche topografiche e climatiche quanto per l'entità limitata del nemico da fronteggiare, ne sarebbe conseguito che non solo il C.A. ma anche le GG.UU. minori si sarebbero venute a trovare nella condizione di combattere isolate, su un terreno tanto ampio e libero da pe1111ettere loro ogni libertà di manovra. Pertanto, a differenza di quello che si sarebbe visto in Europa, in colonia si sarebbe verificato il caso di una G.U. isolata marciante sul nemico per batterlo ma sapendo di non poter contare che sulle proprie forze, dovendo sostenere lo scontro da sola dall' inizio alla fine; ciò le avrebbe d'altro canto assicurato piena libertà di movimento su un terreno ampio, consentendole di poter tentare l'agginunento dell'avversario per una o per entrambe le ali. In conclusione, la battaglia coloniale sarebbe stata unitaria nella condotta e rapida nello svolgimento, una battaglia probabi lmente d'incontro, manovrata, a sfondo più artistico che scientifico (472 l-
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ACS. Fondo Badoglio, b. 4, f. 34, "Questionario .. ...", relazione Maleui.
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Deduzioni tatticamente interessanti sono anche quelle contenute nella relazione del gen. Villasanta, comandante della Div. Gavin.ana: a) - La. manovra ottiene il massimo risultato soltaruo se riesce a sorprendere il nemico nelle con.dizioni di luogo e di tempo a lui sfavorevoli; b) - la manovra che non riesce ad assicurare la sorpresa è generalmente destinata all'insuccesso, o quanto meno, a pagare il risultato a prezzo carissimo; c) - l'assicurazione della sorpresa è oggi assai più difficile che nel passato per l'esistenza di mezzi celeri di esplorazione, di segnalazione e di mezzi di osservazione aerea; d) - il calcolo preventivo dei tempi costituisce il problema cruciale di una manovra di avvolgimento. Un anticipo o un ritardo nell'entrata in azione della massa avvolgente, possono mandare a vuoto il miglior piano e tradurre la manovra in un insuccesso; e) - la massa avvolgente deve avere forza e mezzi tali da far fronte a qualsiasi eventualità specialmente quando è destinata ad agire a largo raggio; f) - in generale una manovra d'avvolgimento, se non può avvantaggiarsi del.favore delle tenebre pei movimenti preliminari di preparazione, deve essere agevolata da preponderante impiego di aerei. g) - la massa incaricata di attanagliare la massa nemica da avvolgere deve evitare di spingere intempestivamente a fondo la propria azione e deve, specialmente, sapersi adattare a un cornbattimento temporeggiante, mantenuto in condizioni di movimento tali da ingannare l'avversario sui reali scopi perseguiti.
In sostanza, si poteva affermare che l'esperienza della campagna in A.O. aveva dimostrato quanto fosse difficile, all 'epoca, portare velocemente a fondo una manovra di avvolgimento sia in ambito strategico che in quello tattico, e come la mancanza di aviazione non avesse impedito agli etiopici di avvertire in tempo il pericolo e di sottrarvisi quasi sempre tempestivamente. Era infine da tener presente che una manovra avvolgente poteva dirsi felicemente compiuta quando fosse riuscita a serrare nella sua stretta un'importante aliquota delle forze avversarie e non quando le avesse indotte e ripiegare, il che sarebbe stato possibile con truppe europee mentre la stessa cosa sarèbbe risultata di difficile effettuazione con truppe indigene, etiopiche o non, che sapessero tempestivamente sottrarsi al pericolo della stretta comportando quindi la necessità di una manovra di accerchiamento, un tipo di manovra alla quale, in uno scontro su teffeno libero, avrebbe dovuto essere data la preferenza sempre che ve ne fosse stata la possibilità (47 3). Da menzionare anche le considerazioni formulate dal comandante dell'artiglieria del Comando Superiore A.O., gen. Garavelli, secondo il quale parlando di terreno montano veniva naturale il considerare come sistema normale ed adatto a
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ACS, Fondo Badoglio, b. 4, f. 34, "Questionario ...... ", relazione Villasanta.
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tutte le soluzioni il someggio. Ma altri fattori quali la condotta di operazioni in grande stile e con truppe nazionali e quindi con necessità logistiche imprescindibili, la natura stessa del terreno dell'altopiano etiopico che non presentava come quello montano europeo condizioni proibitive per il traino, il grande valore logistico dell'automezzo che aveva minori esigenze del quadrupede in relazione al suo rendimento, le notevoli difficoltà dj mantenimento e di conservazione di quest'ultimo, soggetto a malattie epidemiche che ne facevano strage, avevano messo in risalto, anche e specialmente in colonia, la motorizzazione. Da qui la conclusione dell'uso dell'autotraino in linea generale, del someggio per compiti e casi speciali e del ripudio dell'ippotraino. In merito agli automezzi, quando tecnica e industria fossero state in grado di fornirne un modello potente, in grado di sviluppare velocità sulle strade, e che munito di altro tipo di ruote e di cingolj ed ingranaggi fosse capace di strisciare e di inerpicarsi superando fuori strada qualsiasi ostacolo, allora si sarebbe avuto il mezzo ideale per tutte le esigenze belliche, e non solo in colonia. Ma fino a che questo problema non fosse stato risolto, i mezzi utili all'artiglie1ia, in colonia e non, erano il trattore (opportunamente modificato), l'autocarretta (ar1ch'essa messa a punto per eliminarne alcuni difetti) e l'autocarro, solido, a grossi pneumatici e forte aderenza. In qualsiasi teatro operativo, concludeva il compilatore, non occorreva che i reparti corressero, ma che fossero in grado di andare dapertutto ed in continuità (474 ). Di un'altra relazione della quale riteniamo opportuno riportare le conclusioni non siamo 1iusciti ad identificare il compilatore (gen. Bertini?), che aveva dato al proprio elaborato un'impronta organico-tattica di indubbio interesse. Dei due tipi di struttura divisionali impiegati in Etiopia, rispettivamente su 3 e 2 reggimenti (10-7 btg.ni) e con aliquote cli artiglieria ridotte 1ispetto alla formazione di guerra per il teatro europeo, la seconda era quella che aveva risposto meglio risultando più mobile e meno condizionata dal problema dei rifornimenti, più faci le a manovrare e quindi suscettibile cli più svariate combinazioni tattiche, anche se per contro meno potente e bisognevole di una sostituzione più frequente in relazione all' intenso logorio del campo di battaglia. Entrando nel merito della guerra di movimento, il compilatore affermava come, tenendo conto che questa presupponeva la possibilità di grandi spazi, in un conflitto europeo ci saremmo trovati subito a contatto con le forze di copeitura nenùche e poi con il grosso, in uno scenario operativo dove le fronti sarebbero state continue e vi si sarebbero riscontrate solo differrenti densità di occupazione, eia cui la necessità di sfondare la linea avversaria e dilagare sul suo tergo, e ciò, per noi italiani, nel più breve tempo possibile considerando la necessità di contenere al massimo i tempi in l'unzione dei vincoli finanziari ed industriali dai quali la nostra condotta bellica sarebbe sempre stata condizionata. Perciò, masse di sfondamento (divisioni corazzate in concorso con quelle di fanteria) e riserve di manovra. Da quanto esposto discendeva la necessità cli una adeguata preparazione mentale dei quadri ufficiali, modificando l'impostazione delle esercitazioni del
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ACS, Fondo Badoglio, b. 4, f. 34, "Que.stionario ..... ..", relazione G,m1vell i.
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tempo di pace che, sino allora, continuavano a sfuggire all'essenza del problema presupponendo lo svolgimento dello scontro in un terreno poco od affatto rinforzato. Addestrare alla capacità di manovrare era giusto, per non essere poi sorpresi quando se ne fosse verificata la possibilità, ma era altres) necessario addestrare al modo cruento per arrivarvi nella fase più difficile. Circa gli aspetti pratici di questa preparazione, da parte del compilatore veniva mossa una critica ai criteri sino allora adottati per la formazione professionale degli ufficiali, che avrebbe dovuto essere più rispondente al livello al quale si erano invece portate le direttive e le norme per l'impiego delle GG.UU.. In particolare, entrando nello specifico della campagna d'Etiopia, veniva rimarcato come i quadri delle divisioni di CC.NN., che avevano peraltro risposto molto bene per lo slancio che li animava, avessero palesato non poche lacune nel loro addestramento, per cui era auspicabile che queste GG.UU. combattivamente valide fossero inquadrate in più larga misura da ufficiali in s.p.e. o da esso provenienti (475 ). Degne di nota anche le considerazioni del comandante della Div. Pusteria, gen . Negri, circa lo snellimento delle strutture dei servizi per le truppe, abolendo quanto di non strettamente indispensabile ancora vi si riscontrasse, rinunciando all'annoso criterio di voler tutto prevedere e tutto specializzare, avendo immediatamente al seguito delle truppe operanti ogni cosa, dal personale per i servizi vart ai bossoli per untume, dalle candele steariche alle pletoriche squadre portaordini e similari. Mentre era ovunque sentito ed affermato l' impellente obbligo di alleggerire le divisioni di fanteria e di mantenere inalterate le caratteristiche dei loro uomini - nell'Ali. 298 sono riportate le norme per la corretta esecuzione delle marce di trasferimento elaborate dal comando del IV C.A. -, soprattutto la capacità di procedere in maniera sollecita e spedita, con le recenti assegnazioni organiche di nuovi mezzi alle divisioni stesse (compagnie carri d'assalto, batterie antiaeree, sezioni anticarro e mortai d'assalto) si era forse giunti oltre il limite del giusto equilibrio fra potenza di fuoco ed agilità di movimento. Per quando riguardava la struttura organica della G.U. alpina da lui comandata, il relatore affermava come essa, sia pure nella sua formazione volutamente binaria, rappresentasse ancora uno strumento molto complesso e pesante, di difficile impiego e forse anche di discutibile utilità ai fini delle particolari esigenze della guerra in montagna. Egli auspicava l'avvento di una dottrina che riconoscese la necessità di rendere idonea tutta Ja nostra fanteria, per equipaggiamento ed addestramento dei quadri e dei gregari, a muovere, vivere e combattere incondizionatamente in zone di media montagna, vale a dire in ampi e profondi settori della cerchia montana, riservando così alle fanterie effettivamente specializzate come "alpine", ridotte di numero e più selezionate di guanto non fossero al momento, il compito di operare nelle zone dell'alta quota, là dove le condizioni climatico-ambientali richiedevano l'impiego di reparti fisicamente idonei, organizzati, allenati ed addestrati secondo modalità specifiche. Se poi si fosse
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ACS, Fondo Badoglio, b. 4, f. 34, "Questionario .....", relazione Benini (?).
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ritenuto opportuno persistere nel concetto di mantenere invariato il numero dei batt.ni alpini e di prevederne la riunione unicamente nell'ambito di una unità di ordine superiore, allora tre erano le eventualità di impiego della divisione alpina che sembravano ravvisarsi al compilatore ai fini della dimostrazione del proprio asserto, e precisamente in un settore montano di notevole ampiezza e di normale praticabilità, in uno piL1 ristretto di media difficoltà ed in zone prevalentemente impervie con tutte le limitazioni dell'alta quota. Nella prima evenienza, la divisione avrebbe "invaso" un campo non confacente alla prop1ia specializzazione che avrebbe potuto invece essere lasciato, senza apprezzabili inconvenienti, ad una comune divisione di faanteria, per poco che fosse allenata alla montagna e dotata cli un adeguato equipaggiamento. Nella seconda ipotesi, si sarebbe venuta a creare una dannosa saturazione di uomini e soprattutto di mezzi di ogni genere, senza contare che limitazioni di spazio e deficienze di comunicazioni avrebbero impedito alla divisione stessa l'attuazione di qualsiasi manovra lungimirante, a largo respiro, caratteristica essenziale della guerra alpina. Nella terza eventualità, infine, in nessun modo una divisione alpina, anche del tipo "binario", avrebbe potuto operare con il numero relativamente grosso dei suoi battaglioni e dei suoi gruppi; anche qui si sarebbe incorsi non solo nel frazionamento ma addirittura nello sminuzzamento delle forze, e con ogni probabilità si sarebbe imposta la sfavorevole soluzione di rinunciare all'utilizzazione di una notevole parte delle forze medesime. Pratiche possibilità cli impiego non avrebbero potuto essere riservate che a reparti esigui, a poche compagnie disgiunte e separate spesso da ostacoli insormontabili nonché a qualche pezzo issato a forza di braccia su una cima. Premesso quanto sopra, la conclusione ciel relatore era che in nessuna delle evenienze adombrate, senz'altro le più probabili, avrebbe potuto ravvisarsi la necessità cli disporre di una G.U. complessa e pesante quale era sempre stata e quale rimaneva pur sempre la divisione alpina. Nell'un caso o nell'altro, si trattava di un impiego improprio della specialità, o perché chiamata ad agire in ambiente estraneo alle proprie caratteristiche di fanteria alpina ovvero perché riunita in un blocco di forze incapace cli un rendimento proporzionato alla sua struttura ed alla sua potenzialità. La soluzione migliore sarebbe stata quella di un ritorno all'antica: niente divisioni o brigate alpine, nessuna preordinata e stereotipata formazione organica ma piuttosto raggruppamenti occasionali cli battaglioni e di batterie, articolati in varia misura e perciò commisurati a necessità constatate e concrete, reparti veramente agili e leggeri quali la guerra alpina effettivamente richiedeva. D'altronde, una piì:1 razionale visione dell'impiego delle truppe da montagna avrebbe pennesso cli ridurle di numero, con innegabile vantaggio nella loro costituzione poiché nella scelta del personale eia inserire annualment.e nei battaglioni e nelle batterie si sarebbero incontrate minori difficolt.à cli quelle in atto. Con espressioni che, lette a quasi 70 anni di distanza, stupiscono per la loro aderenza alle problematiche militari odierne, il gen. Negri terminava la sua relazione rilevando come la montagna, impoverita nelle sue risorse e degenerata in gran parte dei suoi abitanti, offriva una massa sempre più scarsa di giovani incondizionatamente idonei non solo al la vita alpina ma a quella militare in genere; bisognava avere il coraggio cli riconoscere questa verità e tagliare impietosamente nel vivo delle formazioni in organico, ri-
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portandole ad una consistenza più modesta quale solo avrebbe potuto consentire l'inaridito gettito del reclutamento alpino (476 ) . Dal punto di vista specificatamente tecnico-militare, la campagna d'Etiopia rappresentò indubbiamente un impulso all'ammodernamento, se pur parziale, delle armi della fanteria, consentì di manifestare la possibilità per una cooperazione a livelli più elevati fra unità dell'Esercito e della M.V.S.N. (questa al suo vero esordio sul campo cli battaglia), ed offrì anche ammaestramenti tattici, ordinativi e logistici validi soprattutto nella particolare situazione ambientale ma non estensibili che in parte al quadro generale cli una guerra moderna combattuta fra eserciti adeguatamente armati, equipaggiati ed addestrati. Di tale assunto ci sembra che anche le menzionate relazioni dei comandanti di GG.UU. in A.O. abbiano fornito una probante testimonianza che però, così come sarebbe accaduto per altre attestazioni, non sarebbe riuscita ad impedire il negativo trasferimento dal particolare al generale di riscontri di per sé validi se riferiti alle contingenze di quella campagna ma privi di senso ciel reale qualora applicati in situazioni diverse. In effetti, la conseguenza più deleteria si sarebbe manifestata sulla mentalità e sulla dotu·ina, in quanto la vittoria avrebbe trasformato i concetti di "guerra dinamica", "di movimento", in quello illusorio di "guerra facile", scambiando l'auspicabile, ovvero un conflitto di breve durata, con l'immancabile. Concorse a ciò la carenza della necessaria osmosi fra l'attività di ricerca applicata, tipica del lavoro di Stato Maggiore, e due altre attività che si collocano rispettivamente a monte ed a valle di questa, la ricerca pura e la divulgazione, che possono essere attivate soltanto attraverso una valida pubblicistica militare; in quella seconda metà degli anni Trenta, la prima fu opera di pochi e spesso emarginati cultori, mentre la seconda si ridusse a portavoce esclusivo della propaganda di regime. Riecheggiava come attuale, nella sua amara verità, l'affermazione espressa una dozzina di anni prima da Ettore Bastico relativamente alla situazione italiana alla vigilia della prima guerra mondiale, e che cioè molto più della mancanza di una nostra dottrina militare quello che faceva a noi difetto era la disciplina delle intelligenze e delle ideazioni lungimiranti (477 ). 4 - IL RUOLO DELLA R.AERONAUTICA E DELLA R.MARINA
Anche in Etiopia l'Aeronautica, che era stata posta alle dipendenze del Comando Superiore delle forze terrestri così come sarebbe avvenuto nel successivo conflitto di Spagna, vide confermate le prop1ie inclinazioni ad un'azione autonoma, concedendo ad una stretta cooperazione le sole unità di ricognizione aerea e finendo per trascurare le possibilità cli assegnazioni di uomini, mezzi e strutture per una reale, più efficace cooperazione aeroterrestre eia considerarsi almeno tanto impo1tante quanto l'azione strategica autonoma, anche se questa era stata in
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ACS, Fondo Badoglio, b. 4, f. 34, "Questionario .....", relazione Negri. Bastico E., "L'evoluzione dell'aJte della guerra'', Firenze, Carpigiani e Zipoli, 1924, voi. Il (La guerra nel XX secolo), pag. 205. 477
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pratica resa inattuabile dalla mancanza di obiettivi che fossero corrispondenti a tale configurazione. Va detto che, sotto certi aspetti, furono confermate le valutazioni di coloro che dubitavano delle possibilità ricognitive e di offesa su obiettivi paganti nel particolare ambiente etiopico; non mancano, ad esempio, notizie ci.rea il timore, da parte degli uomini del Negus, dei carri annati più che degl i aerei, alla cui osservazione avevano imparato presto a sottrarsi con movimenti notturni e dispersioni diurne. Sul molo svolto dalla R.A. nella campagna d'Etiopia sono state già formulate alcune considerazioni di massima, così come nei capitolo relativi alle operazioni sono stati esposti elementi essenziali circa l'azione delle forze aeree. Un compendio dell' attività dell'Aeronautica in A.O. nel periodo ottobre 1935 - maggio 1936 si basa comunque sui seguenti dati: 6.852 missioni per un totale di 38.418 ore di volo, 1.529 tonn. di esplosivo sganciate e 705 di material i aviolanciate, 346.200 colpi di mitragliatrice sparati (478 ). Sempre dal 3 ottobre 1935 al 9 maggio 1936 furono inviati in A.O. 247 velivoli, dei quali 159 in Eritrea e 88 in Somalia, che andarono ad aggiungersi agli alitri 170 già presenti sul posto, 132 nella prima e 38 nella seconda colonia (479). Le perdite, nel periodo IO marzo 1935 - 5 maggio 1936, ammontarono a 76 aeromobili, dei quali 8 abbattuti e 3 messi fuori uso dalla contraerea nemica e 65 per incidenti va1i; 251 erano stati colpiti in azione cd altrettanti avevano riportato danni per incidenti. Per quanto riguardava le perdite fra il personale, queste furono 162, comprendenti i deceduti per infermità, per cause accidentali di vario genere ed a seguito di attacchi di guerriglia; fra gl i equipaggi, 26 elementi erano caduti in azione e 25 per incidente di volo (480) . Anche per quanto concerneva l'arma aerea l'attività organizzativa fu imponente. Inizialmente esistevano nelle due colonie 4 basi aeree, dotate di servizi proporzionati ai pochi velivoli che vi erano schierati, 8 aeroport i con servizi oltremodo ridotti e 45 campi di atterraggio di fortuna, il tutto per una superficie totale di circa 24 milioni di mcLri quadrati. In previsione della campagna, le basi furono portare a 6 e gli aeroporti a 18, con una superficie totale cli circa 67 milioni cli metri quadrati. I terreni sistemati a campi d' atterraggio cli circostanza divennero 84 per una superficie di circa 50 milioni di metri quadrati. Per tali approntamenti vennero impiegate più di 36 milioni di ore lavorative. Furono anche attrezzale alcune basi con proiettori e fari d'avvistamento e d' atterraggio per le operazioni notturne, vennero costruiti pontili cli sbarco riservati alla R.A. nei principali porti del Mar Rosso ed a Mogadiscio, equipaggiandoli con gru di grande po1.1ata. Per assicurare l'attività operativa furono predisposti distillato1i d'acqua, forni, lavanderie, frigoriferi e carri-frigoriferi su rimorchio, centrali elettriche e telefoniche. La capacità dei serbatoi di carburante fu portata da 80.000 a 4.315.000 litri, ed i nuovi serbatoi furono interrati per proteggerli da possibili attacclù, ed infine,
478 AUSSMA, AOI, cart. 11, "Attività aerea svolta dai repaiti in A.O."; cfr. anche Pe<lriali F., op. cit., pag. l 30, Geotilli R.. op. cit., pag. l 18 e Rochar G., "G uerre italiane . . ..." , op. cit., pagg. l 32-135. 479 AUSSMA, AOI, cart. l76, "Dati statis tici". 480 AUSSMA , AOl, cart. 125, " Elenco caduti in AOI"; cfr. anche Pedriali F., op. c it., pagg. 129 - 130 e Gentil li R., op. cit., pag. 203 - 205.
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centinaia di autocisterne furono trasportate in A.O. per assicurare il rifornimento sui campi avanzati (48 1). L'attività operativa dell'Aeronautica italiana era stata seguita con particolare attenzione dagli osservatori nùlitari internazionali, dal momento che l'arma aerea si era già andata prefigurando come uno dei fattori determinanti delle guerre fu ture, e ciò anche se l'assenza di un valido contrasto da pa1te etiopica abbassava di molto il valore delle indicazioni che se ne potevano traJTe. Non pochi fra gli espe1ti militari stranieri attribuirono la rapida conclusione della campagna al largo impiego de] mezzo aereo fatto dagli italiani (482) pur se Badoglio, forse intenzionalmente o fors'anche inconsapevolmente, ne aveva ampiamente ridotto la valenza strategica definendo il ruolo dell'aviazione proprio al contrario cli quello preconizzato da Douhet e dai suoi epigoni, e cioè come un'artiglieria a più lungo raggio d'azione, una specie di cavalleria tecnologicamente più dotata, ovvero una sorta di Intendenza con le ali (483 ). Si trattava di un'interpretazione quanto mai riduttiva, che non lasciava spazio ad un'indipendenza operativa per la componente aerea se non nello sfruttamento del successo e secondo la quale il suo rendimento sarebbe stato tanto maggiore quanto più avesse agito in coordinamento con le forze terrestri e subordinata al comandante di queste (484). 481
Cecchini E., op. c it., pag. 27. il gen. inglese Fuller, sin dal gennaio 1936, espresse l'opinione che il ricorso eccessivo all'arma aerea si era risolto negativamente in quanto aveva indotto gl i etiopici ad operare con formazioni disperse e ad adottare una tattica di infiltrazione tra ed oltre le posiz ioni occupate dagli italiani, passando in pratica ad azioni di guerriglia certamente non convenienti per le nostre truppe {AUSSME, DI-237, foglio senza indicazioni di riferimento datato 18. 1. 1936). 4R3 Ecco quanto scriveva Badoglio, in alcuni appunti stilati nell ' inverno 1936 - 1937 come traccia per una relazione sulla guerra d'Etiopia che non sarebbe stata mai compilata, sui risu ltati ottenuti dall'Aeronautica: "a) nel campo strategico: azioni di massa scarse per mancanza di obieuivi e perché quelli esistenti non erano colpibili (ferrovia, Addis Abeba, ecc.). Difficoltà delle azioni di bombardamento, ad Adigrat, Dessiè, ecc. ovunque l'aviazione assicurava di aver distrurro, poi a,1da,u/o a vedere non aveva distrutlo niente. Bombe che non scoppiavano ["l'Addetto Militare inglese in Addis Abeba, che ha assistito al bombardamento di Dessié, ha detto che il 70% delle bombe italiane non sono esplose" (ASD-MAE Gabinetto, b. 255, fonogramma 8 1 del (illeggibile) 1936, da MAE a Ministero Aeronautica, f.to il Sottosegr. di Stato Suvich - n.d.a.)J o andavano a cadere altrove. Ricognizioni: difficoltà di vedere; b) nel campo taltico: bornbardameruo, mitragliamento, incendio: azioni efficaci ma difficili; ricognizione: vedeva. poco perché il nemico aveva imparaÌo bene a nutscherarsi e perché il terreno facilitava ciò; c) nel campo dei servizi: utilissima perché ha reso possibile l'ejfetwazione di operazioni che altrimenti 11011 sarebbe staro possibile eseguire (Gondar; Aussa, Dessiè, ecc.). Però occorre una seria organizzazione: apparecchi adatti, involucri adarri, pilori di eccezionale capacità, inoltre 1111 numero enorme di apparecchi." (Rochat G .. "Le guerre italiane.. .. ", op. cit., pag. 115). In precedenza, guerra durante, anche Graziani si era espresso in termini piuttosto tiepidi , considerando l'aviazione "un'arma efficacissima ma ,telicau,.... bomba11Jamento 11011 ejfetruato con crirerio esr più dannoso che efficace .... solo Comando Centrale puà affidare missioni sicure al Aviazione, come mi confo rta esperienza 13 c11111i impiego Libia i11 condizioni polilico-111i/i1ari assai simili alle presemi" (AUSSME, D2-6, tele 1401 del 18.10. 1935, da Governo Somalia Italiana a Comandi Seuori dipendenti. Lto Grai.iani). 484 Nel novembre 1938 il gen. Francesco Pricolo, Souosegretario di Stato e Capo di Stato Maggiore della forza armata, in una relazione compilata dopo un'ispezione ai reparti impegnati nella guerra di Spagna, aveva pole micamente rivend icato come la R.A. , pur conservando una parvenza di autonomia, continuava come in Etiopia ad essere sonoposta alle dirette e complete dipendenze dei co482 Solo
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Ad ogni modo, anche se l'arma aerea aveva espresso la propria potenzialittà in un contesto fortemente limitato per la mancanza di un adeguato spazio strategico conseguente all'assenza cli obiettivi validi, nel conflitto italo-etiopico emersero comunque alcune esperienze di rilevan.te interesse operativo. La prima fu quella relativa alla cooperazione interforze, che si era rivelata molto efficace, poiché, in funzione del comando unificato e dell'efficienza delle comunicazioni, gli ordini che partivano da questo arrivavano immediatamente ai reparti sotto forma di direttive operative; la seconda 1iguardò la constatazione che anche i velivoli migliori necessitavano di una lunga messa a punto, cli accurati interventi tecnici per poter essere operativamente validi (485 ), e la terza infine fu quella della reale adattabilità dei campi di volo alle caratteristiche climatiche ed ambientali del teatro operativo, tenendo conto che per allestire un aeroporto, pur se di circostanza, non erano sufficienti neanche all'epoca solo un terreno pianeggiante ed un certo numeri di officine mob.ili ma sarebbero occorse macchine per movimento terra ed attrezzature in grado di creare in breve tempo terreni drenati permanenti, come avrebbero dimostrato gli americani nella seconda g uerra mondiale attraverso l' adozione delle cosiddette "grelle" (liste metalliche traforate per dar vita a piste di volo). A l di là degli aspetti strategico-tattici e tecnici, ad ogni modo, ci piace concludere queste brevi note sull' apporto della R.A. alla campagna d'Etiopia con il
mandi dell'Esercito i quali, per ab ito mentale, od anche per situazioni contingenti superiori alla loro stessa volontà. persistevano ad impiegarla solo o sopral.lutto a diretto sostegno delle loro truppe (Pricolo F., "LA Regia Aeronautica nella 2" guerra mondia le", Mi lano, Longanesi, 197 1. pagg. 29-30). In effetti, secondo una considera7.ione di Gcntilli, la campagna d' Etiopia fu il primo e per l'Italia unico esempio di Air Land Baule, una specie di Desert Stomi di 60 anni prima, dove al posto delle divisioni corazzate e' erano i batt.ni eritrei e le colonne autocarrate ma con le stesse caratteristiche di superiorità tecnologica, specie aerea, lllilizzati per bauaglie di 111ovimento con stre1tissi111a coordinazione interforze. Come per la Desert Scorm, si era determinata in Etiopia una rara co111binazione, quella cioè di un comando unico, dislocato direttamente sul fronte e non vincolalo dalla direzione politica in Patria ad alcuna decisione militare obbligata se non il 111ini1110 imposto da considern:cioni di opportunità internazionale, quali il divieto di bombardare Addis Abeba, Dire Daua e la ferrovia (Gentilli R., op. cit. pag: l 17), obiettivi peraltro indicati come possibili e paganti, così come l' incendio sistematico di tlltta la brughiera somala, in sede di pianificazione aerea per l'esigenza A.O. (ACS, Fondo Badoglio, b.3, pr<iLI 3 lO del 12. l.J 935, da Sottosegr. Stato Aeronautica a S.E. Ci!po S.M. Gen., f.to Valle; AUSSME, D5- I l, prot.8/0p/S del 23.9. 1935, da Comando Aeronautica A.O. a Com.te Sup. A.O e com.ti I e TIC.A., f.to "d'ordine" il Capo di S.M. Ajmone Cat). La considerazione di Genti lii, ad ogni modo, non risult.a del tuuo esatta poiché la realizzazione di un comando operativo unificato in A.O. non era stata, per qualll() riguardava l'Italia, né il primo né l'unico episodio, dal mo111ento che un ' analoga struttura era già stata predisposta durante la riconquista della Libia e sarebbe stata rinnovata nel corso della seconda guerra mondiale sia durante la campagna di Grecia che in A.S. 485 Rimandia1110 qui ad una opportuna precisazione di Genti lii, secondo il quale i risultati completamente negativi di aerei eo111e J'S8l ed il Ro37 non erano dovuti a loro difetti int ri nseci 111a ad una serie di inconvenienti minori, i cosiddetti teeth ing troub/es anglosassoni, per i quali non si può ritenere che un nuovo modello appena uscito dalla linea di montaggio possa essere impiegato in combattimento senza sottostare a molteplici, piccole modifiche suggerite dalla pratica operativa, quelle stesse osteggiate oltre il lecito dalle industrie italiane pri ma e durante la 2" guerra mondia.le e che avrebbero comportato l' invio allo sbaraglio di macchine ottime come il Macchi C200 cd il P.1 08 e di altre pessime quali l'SM84 ed il Breda 88 (Gentilli R., op. cit., pag. 122).
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ricordo di un evento rimasto in chiave di potenzialità ma non per questo meno significativo per quanto riguarda la sua grande connotazione ideale. Allorchè, verso la fine del 1935, si minacciò l' embargo sul petrolio, la chiusura del Canale cli Suez e l'invio della Home Fleet nel Mediterraneo, ai piloti italiani fu proposta un'iniziativa di cui si ignora tuttora il promotore, l'organizzazione dello "Stormo del sacrificio", attraverso la diramazione di una circolare segreta che aveva appunto come oggetto tale dicitura. Non è nota la data precisa dell'invio di questa circolare, ma molto probabilmente era della prima decade del novembre 1935. Fu indirizzata a tutti i comandi dei reparti, che ne dettero visione ai piloti. li numero delle richieste, raccolte dai comandanti stessi ed inollrnte per via gerarchica, superarono notevolmente il numero previsto. Non abbiamo reperito alcuna documentazione precisa in proposito, ma la notizia è confermata in alcuni scritti di Aldo Franco Pagliano, appassionato aviatore che ha approfondito con particolare cura non pochi aspetti della storia aeronautica fra le due guerre mondiali e durante e dopo l' ultima. Egli infatti, con una lunga nota apparsa sul "Corriere dell'a viatore" del giugno 1957 e poi riportata sul quindicinale "Ali nuove" (n° 14 del 26 luglio) aveva rievocato gli entusiasmi e, soprattutto, l'orgoglio un po' incosciente ma nobilissimo con il quale centinaia di aviatori chiesero di far parte dei "volontari della morte". Ed aveva precisato come non si fosse trattato di un'adesione di massima, fornita in uno stato di esaltazione collelliva, ma di un atto individuale e determinato, sancito da una domanda scritta che doveva essere inoltrata al Ministero per via gerarchica ed accettata soltanto dopo un attento esame della situazione familiare dell'interessato. La domanda era così formulata:
"il sottoscritto ..... dopo attento esame e severa riflessione, in piena lucidità e coscienza, fa dornanda di essere ammesso al reparlO speciale di volontari piloti per eseguire incondizionatamente senza riserve, commenti o ripensamenti, qualunque ordine o incarico gli venisse impartito, anche dei più impegnativi e rischiosi, che si impegna di eseguire e portare a termine anche a costo del sacrificio supremo. Si impegna altresì al segreto assoluto" (486) . Alcune domande, verosimilmente, non seguirono tale formulazione ma risultarono più "libere" e personalizzate, come attesta quella di un pilota del 9° Stonno A.O. riportata nella sua stesura autografa nell'Ali. 298. Uno Sto,mo, il 15° di stanza a Montecelio, fu trasformato in quello dei "volontari della morte"; articolato su 4 squad,iglie annate di bombardieri Fiat B.R.3, vi furono radunati i piloti che avevano risposto positivamente alla richiesta di portare contro le navi britanniche ordigni esplosivi ad alto potenziale spingendo l'attacco alle estreme conseguenza (487 ). Questo Stormo s i dette ad una attività intensa, apparentemente normale ma che consisteva principalmente in missioni 486
Nard i E.,. "Lo Stormo del sacrificio", in: "Rivista Aeronautica", 11° 2/1980, pag. J05. li Fiat BR3 era un biplano dalla caralteristica architettura real izzata dall'i ng . Rosatelli, monomotore su Fiat A.25 da 950 CV, prodotto nel 1930 in olu·e 100 esemplari ed in servizio ormai solo come addestratore. Le sue carntteristiche tecniche gli avrebbero consentito di portare l'offesa, in mi ssion i "senza ritorno", fino ed oltre i 13.000 km .. 487
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sul mare a grande raggio. L'addestramento aveva lo scopo di imparare a volare bassi sull'acqua, e ad orientarsi (ossia a "navigare") in modo da raggiungere bersagli in movimento effettuando lanci a distanze nùnime (488 ). Questa attività non era sfuggita ai servizi informativi inglesi e francesi, ma non giunse mai alle orecchie degli italiani e, se mai vi pervenne, fu considerata la "solita montatura propagandistica", convinzione del t11tto errata ma protrattasi s ino agli inizi degli anni Ottanta. All'epoca, alcuni superstiti dei testimoni di quella vicenda uscirono dal riserbo, e ci sembra che il più esaustivo compendio in proposito sia espresso dalle parole di uno di essi, allora comandante di squadriglia preso 1'8° Stormo da bombardamento:
" ... .Seguirono gli anni grigi dopo la sconfitta e, come un sogno, seguitam1no a ricordare quei giorni. Mantenemmo fede alla parola data ed il segreto non ji, da noi svelato. Del resto, il clima politico che si era creato e che, ostile ed assurdo, dura tuttora, non invitava a rivelare ciò eh.e in fondo all'anima era gelosamente custodito e rappresentava, senza rimpianto, l'entusiasmo, gli slanci, l'amor di Patria radicati in quella bella giovinezza, magari povera ma colma di voli e di pro,nesse. Sentivamo, allora, che la Patria meritava la nostra abnegazione e tutto quanto potevamo donarle" (489). o o o
li contributo offerto dalla Marina a lla campagna italo-etiopica costituisce un argomento marginale in quanto, essendo assolutamente mancati scontri armati navali, questa forza armata svolse solamente una funzione strategica complementare ed un compito logistico, senza prendere mai parte attiva al conflitto sotto l'aspetto tattico. Allorché nel 1935 l'Inghilterra rafforzò la Mediterranean Fleet concentrando le proprie forze navali nel Mediterraneo Orientale, la R.M., pur a conoscenza delle carenze che impedivano a questa flotta di affrontare un conflitto di se1ie dimensioni, prese una serie di precauzioni dislocando efficienti unità in Mediterraneo ed in Mar Rosso, armando numerose basi, sorvegliando le vie cli comunicazione, predisponendo piani operativi, tutte misure che ebbero il merito indiscutibile di contribuire ad impedire che la crisi meditenanea si ingigantisse trasformando ·un problema politico tutto sommato secondario come quello italo-etiopico in una guerra europea. Non è pri vo cli significato, in proposito, il giudizio espresso nel Naval Annua! del 1937: "/tal)' has shown that as a martial na/.ion she is in a much hi-
gher class than she was given credit for bifore the Abissinian war" (490).
488 Sil vestri A., " Lo Storrno del sacrificio", in: Riv.Aeron.", 6/ 1979, pagg. 95-97: cfr. anche Colliva G., "Obiettivo Alessandria", in: "Storia Militare", 39/1996, pag. 46. 4~9 Nardi E., op. ciL , pag. 105. 4 9° Chiavarelli E., "L'opera della Marina I tal iana ne lla guerra italo -etiopica", Milano, Giuffrè, 1969, pag. J34; cfr. anche Cecchini E., "Organiua1.ione, preparazione e supporto logistico nella campagna J935 -1 936 in A.O.", in: " Memorie Storico-Mi litari 1979", Roma, USSME. pag. 26-30 e Gabriele M., "Mediterraneo !935-1936", in: "Riv. Marittima", maggio 1986. Una tematica interessante, ana loga per certi versi a quella della R.A. espressa con lo "Stormo del sacrificio", è quella relmiva ad
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Rilevante fu il contributo della R.M. al problema sanitaiio. Le autorità sanitarie marittime, infatti, forti dell'esperienza acquisita nelle campagne d'Africa di fine Ottocento e del 1911-1912, non mancarono di occuparsi e preoccuparsi del1' efficienza del servizio sanitario, con particolare riguardo alla problematica del rimpatrio dei militari feriti in combattimento e degli anunalati provenienti dallo scacchiere operativo in A.O .. Venne quindi deciso, in tempi 1idotti, il noleggio e la trasformazione di 8 unità passegge1i che erano state segnalate come idonee, delle quali le prime due, Tevere e California, furono approntate già nell'aprile ciel 1935 con materiale sanitario all'uopo accantonato nei depositi della R.M .. Con la successiva entrata in servizio di altri 6 bastimenti, per un totale complessivo di 73.672 tonn., la disponibilità ricettiva delle unità raggiunse i 7 .000 posti-letto, che si dimostrarono sufficienti alle dure esigenze di una guerra combattuta in zone malsane. Il problema sanitario si ripercosse in modo notevole anche sulle operazioni di mobilitazione gestite dalla Marina: la guerra africana non prevedeva solo il ricovero ed il rimpatrio dei feriti bensì anche quello degli ammalati, presumibilmente di gran lunga più numerosi dei primi ed affetti da gravi l'onne infettive ed epidemiche (malaria, dissenteria, tifo, febbri tropicali, vaiolo, beri-beri, scorbuto e malattie veneree). Per far fronte a queste esigenze, la Marina dovette creare un'efficiente organizzazione sanitaria imperniata sulla disponibilità di un buon numero cli navi-ospedale da adibire non solo al rimpatrio degli infermi clal1' A.O., ma tale da creare un'importante rete di ospedali stazionari galleggianti completamente gestiti da personale medico e paramedico (49 1) .
un progetto di azione contro il porto di Suez che prese corpo nel settembre del I 935. Il piano prevedeva il blocco di questo porto, l'unico attrezzato per poter ricevere, sbarcare ed avviare verso il Delta del Nilo riforn imenti e material i pesanti in affluenza dal Mar Rosso dopo l'avvenuto sbarramento del traffico da Occidente in seguito alla messa in atto del "Dispositivo del Canale di Sicilia", vero perno nei piani dello S tato Maggiore della R.M. per l' in tera strategia di guerra navale italiana contro l'Inghiltecrn. L' azione avrebbe dovuto essere condoua da un contingente de l Btg. San Marco rinforzato da elementi del Genio de l R.E. che, una volta giunta la nave trasporto all ' imboccatura del poeto, avrebbe dovuto prendere terra procurando la maggior quantità possibile d i danni alle installazioni (gru e depositi) e , in particolare, al locale bacino galleggiante, l'u nico fra Malta e Durban, in Sudafrica. L'eventuale esito positivo dell a sua missione e la sua importanza propagandistica avrebbero d i per sé largamente com pensato la perdita, scontata, del mercantile, del suo equipaggio e dei quasi 800 uomini del San Marco, lutti destinati , nella migliore delle ipotesi, alla prigionia. 11 25.3.1936, con lanave già in rotta, il piano venne annullai.o (Lernusch i E., "L'Jmbot.tigl imnento", in "Storia Militare", 78/2000, pagg. 25-29). Sulle vicende dei "fanti da mar" in Etiopia. cfr. Il Rtg. San Marco in Africa Occidentale (senza indicazione dell'autore), in "San ì\farco" (trimestra le dell'Associazione omon ima) n° 44, aprile-giugno 2004, pagg. 14- 15. 49 1 Miozzi O., " li servizio san itario m ilitare marittimo", in: "Bollettino d 'A rch ivio de ll' USSMM" , anno Ili, n° 3/sett. 1988, pag. 303.
CAPITOLO XIX
L'IMPIEGO DEI GAS
Sull' impiego degli aggressivi chimici nelle operazioni d i conquista dell'Etiopia vi sono state, a partire dagli anni Sessanta e sino a tempi relativamente recenti, molte polemiche sia sul fatto che esso vi sia stato o meno, sia sull'entità di tale impiego, sia sull'influenza avuta nell'esito delle operazioni, sia sull' autorità che ne aveva disposto di volta in volta l'esecuzione e sulla reale necessità operativa di questa e sia, infine, sull'opportunità in senso lato cli fare ricorso a questi mezzi bellici. Va chiarito subito un aspetto a nostro avviso fondamentale, e che cioè la guerra chimica rientrava appieno nella cultura mi li tare degli anni Trenta, anche se le opinioni erano discordi sui vantaggi che offriva rispetto ai rischi ed alla paura che ispirava anche alle truppe amiche. Gli ufficiali italiani appartenevano alla generazione che aveva preso parte alla prima guerra mondiale e che aveva impiegato e subì to i gas. Per loro si trattava di " un mezzo cli guerra come tanti altri" (492) , con due sole differenze rispetto alle armi da fuoco o bianche: che i risultati dell 'arma chimica erano estremamente incerti perché condizionati eia molti fattori e che, per contro, il loro impatto psicologico era di gran lunga superiore. In definitiva, una volta garantiti dalla coper tura politica di Mussolini, tanto Badoglio che Graziani trovarono più che naturale impiegare anche i gas qualora, in base alla loro valutazione, le circostanze operative lo avessero richiesto, e tenendo anche conto che la guerra aveva luogo in un territorio lontano ed isolato, abitato da popolazioni primitive, e della assoluta irnpossibifità di analoga ritorsione eia parte etiopica. Una volta terminato il conflitto, la sua componente chimica venne cancellata dalla stampa, dalla produzione documentaria e memorialistica e dalla coscienza popolare con un'immediata ed indubbia efficacia: tutti i comandanti italiani, i reduci ed i giornalisti che inondarono il mercato cli decine di volumi di ricordi, gli stessi s torici, rinunciarono a menzionare l'impiego dei gas anche quando non potevano non averne avuto conoscenza diretta od indiretta, come era il caso dei piloti dei bombardieri che pur non esitarono affatto a descrivere i micidiali effetti delle azioni aeree convenzionali.
492 AUSSME, DI- I0/1 , Ministero Guerra - Direz. Serv. Chimico Militare, "Impiego tattico dell'arma chimica", Roma, 1936.
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Questa rimozione collettiva sul problema dell'impiego dei gas ebbe particolare rilievo presso i reduci della campagna, il che ha una sua logica quando si tenga conto che nessuno dei nostri combattenti potè avere conoscenza diretta degli effetti dell'iprite poiché le bombe aeree dovevano essere sganciate solo ad alcune giornate di marcia dalle linee italiane o comunque là dove nessun nostro reparto avesse potuto giungere prima di alcuni giorni, anche se il ricorso agli aggressivi chimici non doveva essere del tutto sconosciuto ai soldati italiani, non foss'altro per la documentazione fotografica di carattere personale nonché per i sempre efficienti canali di "radio naja". Ma a distanza di 2-3 decenni, come risulta dalle centinaia cli testimonianza raccolte a partire dal 1965 da Del Boca fra gli ex-combattenti, dell'uso dei gas non si aveva alcuna ammissione ovvero, di fronte ad attestazioni di altre fonti prodotte dallo stesso autore o da altri, si verificavano manifestazioni cli incredulità e sdegnato stupore. Le polemiche in proposito si 1iaccesero cli tanto in tanto, alimentate anche da autorevoli firme del giornalismo (493 ). Per quanto attiene alle ragioni dell'impiego della guerra chimica in Etiopia, l'ipotesi che essa sia stata adoperata anche come mezzo cli ritorsione e dissuasione di fronte ai barbari metodi cli lotta degli avversari ha un fondamento di verità, in quanto l'uso di pallottole a frammentazione, il massacro di prigionieri e le mutilazioni dei cadaveri da loro messi in pratica erano tali, come frequenza ed intensità, da suscitare moti cli reazione del tutto naturali e comprensibili, ma non si può non concordare con Rochat quando afferma come sarebbe far to1to sulle capacità delle autorità politiche e militari italiane credere che tante migliaia di bombe e proietti a gas fossero inviate in Africa Orientale soltanto come misura precauzionale e non come mezzi di guerra ciel tutto legittimi, demandando all'azione di propaganda il compito di giustificarli come mezzi di ritorsione perdiminuirne l'odiosità (494 ) .
493 Riportiamo, per necessittà di sintesi, so lo gli e lementi essenziali della polemica fra Indro Montanell i ed Angelo del Boca intercorsa nell'agosto del I 995. Il primo così scriveva su " Il Corriere della Sera" del 12.8. in un trafiletto "Non c'era bisogno d'iprite. Ma apriamo gli archivi": '· .. ... ci di-
ca110 .finalmente se /"ordine di la11ciare i gas.fu realmente impartito (il che è probabile); e se fu realmeme eseguito, il che rn.i sembra difficile, per 11011 dire impossibile, per l'assolwa mancanza di bersagli contro cui usarli. L'esercito eriopico no11 aveva posizio11i eforrificazicmi di difesa. basi operative, accanto11arn.enti, linee di schieramento, ecc.. Non era nemme110 un. eserciro. Era un mosaico di ba11de che apparivano e scompariva110 dopo /'azio11e, la quale co110.1·ceva una /artica sola, l'agguato. La notiizia non faceva in tempo ad arrivare ai comandi che già la banda si era scomposra per ricmnporsi chissà dove. Su quale bersaglio i nostri sca.u atissimi bombardieri, privi perfino di carte geografìche, potevano scaricare i loro ias? Ed i nostm Comandi ci avrebbero lasciati avanzare nelle zone infeswte senza avvenirci ed imporci qualche precauzione"'?
Il secondo, contestato il presupposto di Montanelli "Io c'ero e non ho visto segni di iprite", in un corsivo su "La Stampa" del 18.8. replicava come segue: " ..... Desidero anche spiegare perché Indro Mo111an.e/li, che ··era sul posro ", 110n ha visto gli efferti dell'iprire. A differenza del napalm, che riduce in cenere uomini e cose e devasra la 11a111rc1, l'iprire no11 lascia tracce perché si dissolve rapidamente. Ulcerava i piedi .1111di dei soldati abissi11i, ma 1111 'ora dopo il suo impiego non avrebbe danneggiato i nostri soldati, che i11dossavano mbusti scwponi. /\nche nell'acqua si dissolveva rapidamente, e questo spiega perché Mo11ta11elli ha potu/0 dissetarsi nel lago Ascianghi senw alcun danno". 494 Rochat G., "L'impiego dei gas nella guerra d'Etiopia 1935- 1936", in: " Rivista di Storia Contemporanea", 1/1988, pag. 107.
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li primo conflitto mondiale aveva sensibilizzato tutte le principali potenze militari nei confronti delle nuove atmi chimjche, per cui in quelle tecnicamente più evolute gli anni Venti e Trenta sarebbero stati caratterizzati dalla nascita e dallo sviluppo di sempre più sofisticati Servizi o Corpi chimici militari per addivenire alla sintesi di nuovi aggressivi, in pait icolare ciel tipo vescicante, e per ottimizzare le loro tecniche di impiego, nonché per realizzare materiali e mezzi per la rilevazione, la protezione e la bonifica dei vari prodotti tossici (495 ) . Nel settore dei mezzi d'impiego si evidenziò la completa afermazione de lle granate a caricamento liquido, ma contemporaneamente un nuovo vettore, l'aeroplano, cominciò ad affiancarsi ai mezzi dell' artiglieria. La possibilità cli disseminare aggressivi dall'alto e cli portare attacchi con l' impiego di composti tossici anche a distanza di centinaia di chilometri diveniva ora una possibilità reale grazie all'uso di velivoli sempre più veloci ed affidabili. E proprio l'Ilalia, forte di una struttura aeronautica giovane ma già assurta ai vertici mondiali e di uno dei migliori servizi chimici militari, sarebbe stata la prima a sperimentare la combinazione di un'arma chimica tossicologica con l'aereo (gas asfissiante) in Tripolitania nel 1924, durante le operazioni per la riconquista del Gebel e deUa Sirte, e poi più massicciamente nel corso della campagna d'Etiopia, durante la quale i nostri bombardieri impiegarono l'iprite contemporaneamente a bombe con esplosivi convenzionali. Inizialmente furono adoperate bombe rudimentali o addiri ttura semplici, come fusti riempiti con il liquido tossico e sganc iati sulla verticale clel1' obiettivo, ma ben presto il rendimento delle missioni aerochimiche aumentò con la comparsa dei primi veri irroratori d'aereo, che consentirono la disseminazione rapida ed efficace di vescicante nebulizzato, con passaggi a volo radente sull'obiettivo, e che tuttora compaiono·, in configurazioni naturalmente perfezionate, tra i vettori aerei più validi per la versione liquida degli aggressivi chimici. Questi subirono quindi in tali circostanze un' ulteriore evoluzione, esprimendo la propria potenzialità come anni aeree ed assumendo per la prima volta il carattere
495 Nel 1925 la S.d.N. si fe<;e promotrice di un trattato internazionale che interdiceva ogni utili:i:zazionc delle armi chimiche e batteriologiche. Firmato il I7 giugno dai rappresentanti di 26 Stati, il trattato fu ratificato senza condizioni dall' JLalia il 3.4. 1928 e da molte altre nazioni (altre vi avrebbero aderi to successivamente). Poco più di un anno dopo il nostro ministero della Guerra avrebbe emanato le pr ime"Direltive sommarie sull'addestramento alla difesa da aggressivi chimici". Altri Paesi, come Francia, Inghilterra ed Unione Sovietica, lo sottoscri ssero con la riserva che l'impegno era valido soltanto verso gli altri firmatarl' ed a condizione che questi non impiegassero per primi le armi vietate; altri ancora rifiutarono di sottoscriverlo, a cominciare dagli Stati Uniti che lo avrcbbew ratificato solo il I 0.4. I 975, con le stesse riserve di cui sopra. L' Etiopia lo avrebbe fatto con procedura d'urgenz.a il 7.10. 1935, ad ostili tà già in allo. Ad ogni modo, per doverosa precisazione storica, va ricordato come la prima convenzione internazionale per bandire le armi chimiche in guerra era stata siglata dalle maggiori potenze alla Conferenza Internazionale della Pace tenutasi a l' Aia nel luglio 1899. Gli Stati con traenti si ernno impegnati a 11011 usare proiettili a venti come unico scopo quello di spa11dere gas asfìssianti o deleteri. Un' ulteriore convenzione più perfezionata, preparata nel 1907, non sarebbe però stata w uoscritta da cinque delle maggiori nazioni che. pochi anni dopo. si sarebbero affrontate nella prima guerra mondi ale facendo larghissimo uso di aggressivi chimici (rrailè R., "La gnerre chimique et biologique. Le sort d' une interdiction' Paris, 1982, pagg. 194- 199; Ri che D., "La guerre chimiq ue et biologique", Paris, 1982, pagg. l l l -11 2; Rochat G., op. cit., pag. 75-76).
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moderno ed attuale che tuttora mantengono, soprattutto per particolari impieghi tattici (496 ). Il primo accenno alla possibilità di ricorrere a tali mezzi è contenuto in un promemoria dell'Ufficio Operazioni del ministero della Guerra datato 14 marzo 1934, nel quale si affermava "l'indubbia utilità di prepararsi anche nelle Colonie all'eventualità dell'uso dell'arma chimica". Il documento proseguiva poi in questi termini:
"Speciale importanza potrebbe assumere quest'arma in un confliuo contro l'Etiopia la quale, pur non risultando, almeno per ora, attrezzata alla guerra chimica, potrebbe giustificare da parte nostra l'uso di tale arma per ritorsione agli usi inumani da essa praticati in guerra contro.feriti e prigionieri" e terminava adombrando la possibilità di un impiego della guerra chimica anche nello scacchiere libico come risposta all'eventuale sua utilizzazione da parte delle truppe francesi (497 ). Un successivo cenno alla possibilità di utilizzare tale mezzo si trova in un messaggio pervenuto in data 26 diccembre dello stesso anno dall'addetto militare in Addis Abeba:
"Cc>r/fermo timore che nulla potrà più fermare Etiopia. Poiché etiopici ricorreranno certamente noti barbari sistemi noi potremo avere diritto usare mezzi proibiti per esempio gas. Penanto necessario prevedere et predisporre" (498) . Ad una guerra senza quartiere, rapida e definitiva, era ispirata la direttiva di Mussolini del 30 dicembre sempre del 1934 ed indirizzata alle maggiori autorità, che disponeva per il conseguimento di una superioriti'. assoluta di artiglieria e di gas. Era dell' 11 febbraio 1935 un promemoria inviato dalla Direzione del Servizio Chimico Militare al Sottosegretario di Stato alla Guerra, nella cui lettera di accompagnamento il finuatario , gen. Ricchetti, sosteneva come
"[ .. ...] Contro un nemico che certamente condurrà la guerra in modo barbaro, infierendo sui caduti, non è il caso di avere falsi scrupoli. L'arma chimica molto può rendere se bene impiegata. Non bisogna farsi però delle illusioni; essa va preparata accuratamente ed impiegata a massa con. giusto
496 In effetti, si possono cogliere alcune analogie fra l' uso di iprite in Etiopia da parte italiana e l' impiego di am1i chimiche effettuato ad esempio agli inizi degli ann i Quanta in Afghanistan dalle truppe sovietiche contro i guerrigl ieri delle wne montane, od ancora più recentemente durante alcune fasi del conlliuo indo -pakistano. In entrambe le circostanze si è assistito all'impiego di composti tossici, in funzione antigueni glia, per mezzo di sistemi d'arma aerei rivelatisi oltremodo efficaci contro avversari difficilmente vulnerabili con le usuali opera1,ioni mi lit.ari terrestri, su di un terreno a loro favorevole ma incapaci di contrapporre un'efficace difesa antiaerea ed un'adeguata protezione chimica. 497 AUSSME, Dl/14/3, promemoria per te SS.AA. "L'anna chimica nelle Colonie", senz.a ind.ne di prot. del 14.3.1934, da Ministero Guerra, Comando del Corpo di S.M. - Uff. OPR, f.to ten .col. M.L. de Castigtioni. 498 AUSSME, H9-4, prot. 552 del 26.12.1934, da Ministero Guerra, Comando del Corpo di S .M. - S.J.M., alle LL.EE. Sottos.io Stato Guerra, Sottocapo S.M. Esercito, Ministro Colonie, f.to col. Ruggero.
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criterio. Ed il giusto criterio è strettamente legato alla buona conoscenza che si può di essa avere".
Nel documento tecn ico vero e proprio, tenendo conto delle caratteristiche ambientali che comportavano l' impiego di aggressivi con densità maggiore di quella prevista per i teatri di guerra europei (le elevate temperature avrebbero presurnjbilmente creato forti correnti ascensionali per le quali sarebbe risultata difficile la fo rmazione di concentrazioni elevate), si suggeriva l'impiego dell a cloropicrina come soffocante, dell'iprite distillata come vescicatorio e della arsina come irritante, indicando per ciascuno dei suddetti agenti le possibilità cd i limiti , le modalità di utilizzazione, le quantità da predisporre per sei mesi di operazioni, le scorte al momento disponibili . Era anche previsto l'onere linanziario, 40 milioni dei quali 35 per la componente offensiva e 5 per quella eventualmente difens iva, cifra che non doveva essere valutata come elevata laddove si fosse tenuto conto che essa corrispondeva all'incirca alla spesa per il mantenimento in colonia di una divisione cli fanteria per sei mesi (499 ). Tre giorni dopo, in un appunto per il gen. Pariani, Baislrocchi poneva la seguente annota7.ione: "Capo ordina che si prepari guerra senza quartiere. Nessun mezzo deve essere risparmiato" (500). In un altro promemoria in data 9 marzo 1935 lo stesso Pariani esprimeva l'avviso che si potesse far ricorso a tutti i mezzi idonei ma solo se sicuri e di ampio raggio, che potessero essere un forte mezw di lotta e non un semplice "inasprimento atto a determinare delle accuse senza per contro dare sostanziali risultati". Esprimeva inoltre giudizi sull'impiego dei vari tipi di aggressivi e sulle modalità di impiego, tutti favorevoli ad un ricorso a prodotti da impiegare con bombe a tempo da aerei e non con proiettili d'artiglie1ia. Proponeva quindi la predisposizione di un certo quantitativo di aggressivi (iprite, cloropicrina, arsina) in maggior parte per l' Aeronautica ed in minor misura per l'Esercito, nonché di personale idoneo al loro impiego (50 1). li 13 aprile 1935 vennero stabiliti il numero dei deposi ti di aggressivi chimici da organizzare in colonia (17 +Idi riserva) e le relative dotazioni, pari a 17.610 colpi da 77/28 e 2044 eia 120/25; riguardo alle caratteristiche aggressive, i proiettili dovevano essere in numero di 33.850 sia per i gas lacrimogeni che per quelli irritanti, cd inoltre era previsto il ca1icamento con i predetti gas cli 2.000 bombe a mano (502). Da pane sua il Capo di Stato Maggiore della R.A. gen. Valle, nel "Progetto di massima per l'attuazione dell'Esigenza A.O." del 1° febbraio 1935, aveva messo in
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AUSSME. Dl-72, di prol. 135-9 dcli' 11.2.1935, da Ministero Guerra - Servizio Chimico Militare a S .E. S0t1os.io di S1a1o Guerra. f.10 gcn. div. A. Ricchctti. (Del promemoria allegato, relativo a "La guerra c him ica nelle Co lonie'' si fa qul riferimento ali:, seconda. dc tinitiv,1 stes ura porwnte la clala del 23.2.35 e ri prodotta integralmente ne l l" AII. 300). 500 AUSSM E. 01-72, appun to (anno1azione autografa) Mi nistero Guerra - Gabineno del 15.2. 1935 per S.E. Pariani. f.10 Bai,trocchi. SOt AUSSME. RR47- IO. promemoria da S011ocapo S.M.R.E. a S011os.io Stato Guerra. f.to Pariani. 502 AUSS ME, D l- 1521 148, prot. S.2734 del 13.4.1935. dn Mi nistero Guerra - Gabi neHo a DireHore Serv. Chim. Mil itare e. p.c., a Sottocapo S.M.R.E. e Direttore Gener;1lc d" Artiglieria, f.to l:laistrocchi.
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preventivo l'invio di 250 velivoli con munizionamento per il 10% a gas (50 3). Lo stesso Valle, dopo aver esposto, nel corso di una riunione con i suoi omologhi delle altre due forze armate svoltasi il 9 maggio sotto la presidenza di Badoglio, la situazione degli aeromobili in Eritrea, esprimeva il parere che il ricorso a piccole bombe con carica ad iprite sarebbe stato poco efficace e comunicava di aver disposto la fabbricazione di 5.000 bombe da 500 kg. dotate di spoletta a tempo regolabile da bordo per consentirne lo scoppio alla q. cli 500 mt. sul terreno, producendo l'irrorazione ipritica di un cerchio avente diametro uguale alla quota di scoppio (504). Nei mesi estivi del 1935 venne definita la "Organizzazione del servizio chimico in A.O." che, per quanto riguardava il personale e prescindendo dai reparti lanciafiamme e relativi impianti (37 sezioni reggimentali con 1.003 armi), avrebbe raggiunto al termine della campagna un totale di 43 ufficiali, 71 sottufficiali e 1.487 uomini di truppa - ai quali andavano sommati 6 ufficiali, 10 sottufficiali e 96 soldati distaccati presso le basi della R.A. - inquadrati in 13 plotoni ed una compagnia per le singole divisioni, dotati di 52 automezzi specifici e con 270 tonn. di aggressivi chimici a disposizione. Per la sola iprite, si sarebbe raggiunta la cifra cli 1.200 tonn . fra Esercito ed Aeronautica, inviate senza intaccare le dotazio1ù di mobilitazione; ciò fu possibile perché da tempo il Servizio Chimico, ritenendo insufficiente la potenzialità produttiva di 3 tonn. giornaliere, aveva 1ichiesto ed ottenuto i fondi per almeno tripicarla. Il 28 luglio fu costituito in Asmara l'Ufficio Servizio Chimico, che dal 19 ottobre avrebbe eliminato il p1imo termine della denominazione, a capo del quale venne posto il ten. col. E. Yenditti. In agosto analogo ente venne costituito anche in Somalia, e posto agli ordini del ten. col. A. Strinati con una forza che avrebbe progressivamente totalizzato 26 ufficiali e 622 tra sottufficiali ed uomini di truppa (505). Il 20 agosto il gen. Ricchetti, direttore del Servizio Chimico, indisse in A.O. una riunione per concretare l'impiego dell'arma chimica ed il 23 dello stesso mese vennero diramate le "Norme per l'impiego di aggressivi chimici" (506). Una valutazione complessiva circa la reale importanza assunta dall'impiego dei gas nella campagna d'Etiopia non è facile. Va innanzitutto operata una distinzione fra la loro utilizzazione terrestre e quella aerea. L'uso con l'artiglieria fu in pratica limitato alla battaglia per l'Amba Aradam, allorcbè i due Gruppi da 105/28 ed uno da 109/14 aprirono il fuoco con proiettili ad arsine contro l'amba, sparando complessivamente nei quattro giorni dei combattimenti 22.908 colpi; in particolare, le batterie eia 105/28 ne spararono 4.335, dei quali l.367 caricati ad arsine (circa una tonnellata e mezzo di aggressivo chimico). L'arsina non era tra i prodotti più letali: era stata prescelta per le sue caratteristiche di stabilità, che ne 503
AUSSMA, Fondo AOI. 14l/3, senza indie.ne di prot. de l 1°.2.35, da Capo S.M.R.A. a
LL.EE. Capo del Governo e Capo S.M. Generale, f.to gcn. Valle. 504 AUSSME,
H IO, verbale della riunione del 9.5.1935. AUSS!vIE, L3-84/l65, "Relazione sulle previdenze attuate e sull'auiviLà svolta nell' imminenza e durante le operazioni in A.O.", senza altre indicazioni di riferimento. Per i dettagli sull'organizzazione de l Servi1/,ÌOChimico in A.O. efr. Rochal G., op. cit., pagg. 83-86. 506 AUSSME. D6, D.S. del 23.8.1935 del Comando Superiore A.O., all..ti n° 68 e 73. 505
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consenLivano l'inserimento nei proiettili già in Italia, in contenitori di bachelite, senza particolari problemi per il trasporto. La granala da 105/28, che pesava una quindicina cli chili (involucro, ca1ica esplosiva tradizionale e circa un kg. di aggressivo chimico), al momento dello scoppio spargeva schegge e vapori cli arsina che agivano sulle mucose e sull'apparato respiraLorio con effetti tali da essere, a seconda della concenLrazione, irritanti o mortali. Pur in assenza di osservazioni dirette, è probabile che sul terreno montuoso cieli' Amba Arndam questi e ffetti fossero stati relativamenle trascurabili (salvo quando un proiellile centrava l'ingresso di una caverna) e comunque inferiori a quelli del fuoco d'artiglieria tradizionale e dei bombardamenLi all' iprite dell'aviazione. Quanto alle compagnie ed ai plotoni chimici , questi reparti non ebbero modo di util izzare gli aggressivi dei quali erano dotati. Secondo il Servizio Chimico, c iò fu dovuto soprattullo alla scarsa lìducia, anzi al timore che gli stessi ufficiali italiani avevano dei gas per carenza di addestramento specifico (507); certamente le armi dei reparti chimici erano pericolose anche per chi le maneggiava ed il loro impiego non era mai stato sperimentato in combattimenLo. ll Comando Superiore, poi, era incline a non utilizzare i gas troppo vicino alle proprie truppe per ragioni politiche e di sicurezza. Ba doglio non avrebbe ricevuto un'impressione positiva dell' impiego terrestre dei gas, definendolo addirittura "fallimentare" (508), ed in effetti nessuna delle varie relazioni presentate sull 'argome nto sarebbe stata ulteriormente chiarificatrice in proposito. Per quanto attiene alla modalità di impiego per via aerea, non v'è dubbio che essa assurse invece a vera protagonista, attraverso l'azione della R.A. e delle sue bombe C.500.T. caricate ad iprite. Questo era un liquido corrosi.ve i cui vapori prodotti da un'esplosione erano mortali, ma che agiva soprattutto sollo forma di goccioline che penetravano attraverso g li indumenti e la cute producendo lesioni interne di gravità variabile, fino alla morte, anche a distanza di uno o più giorni. Ai fini militari, una caratteristica molto utile era la sua persistenza, che rendeva intransitabili per alcuni giorni i terreni colpiti in relazione alla loro composizione, alla temperatura ed alla densità di irrorazione. La bomba C.500.T., messa a punto poco prima del cont1itto, pesava 280 Kg. e conteneva circa 2 12 kg. di iprite; grazie ad un meccanismo a tempo, cli manovra non agevole, doveva esplodere a 250 mt. dal suolo dando luogo ad una pioggia di goccioline in grado di coprire un'area e llittica di 500-800 x 100-200 ml. a seconda ciel vento. Gli effetti dell'iprite in quest'area erano generalmente mortali, anche se non sempre immediati; anche chi la avesse attraversata nei giorni successivi sarebbe stato variamente colpito, pur se il caratteristico odore di senape avrebbe potuto consentire di rilevare il pericolo ( 509). Le missioni cli bombardamento porLate contro armati, retrovie, strade, incroci, guadi e passaggi obbligati erano denominate "azioni di sbarramento C" per distinguerle dagl i altri interventi della R.A .. Le suddette missioni erano co507
Dell'Ora F.. op. cit., pagg. 217-221. 9, fase. 34 senza ind ie. ne di prot. del 18.12. 11936, ai cornandan1i di GG.UU. partecipant i alla campagna d 'Etiopia, f. to Badoglio. Sl)l) AUSSMA. Fondo AOI, 176/l. "Istruzioni su lla bomba C.500.T", senza altre indicazion i di riferimento. 508 ACS , Fondo Badoglio, cart.
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munque sempre eseguite a notevole distanza dalle nostre linee. Badoglio aveva infatti ravvisato la necessittà di evitare qualsiasi rischio alle sue eruppe, e probabilmente anche l'opportunità di occultare gli effetti dell'iprite a combattenti e giornalisti. Le bombe C.500.T., come già detto in precedenza, dovevano pertanto essere sganciate soltanto ad alcune giornate di marcia dalle linee italiane, o comunque dove nessun reparto italiano avesse potuto giungere p1ima di alcuni giorni. Anche se i piloti e gli specialisti della R.A. non potevano non sapere del largo ricorso a ll 'iprite, sul fronte settentrionale, nessun italiano ebbe conoscenza diretta dei suoi effetti (5 10). In conclusione, fra il 1935 e la tarda primavera del 1936 la R.A. inviò in A.O. 3.300 bombe C.500.T. contenenti un totale di circa 700 tonn. di iprite. Di queste ne risultano lanciate su entrambi i fronti settentrionale e meridionale 1. 100, oltre a 132 vecchie bombe da 21 kg. utilizzate solo in Somalia. L' iprite contenuta in questi ordigni assommava a 236 tonn .. Ai fini cli un confronto, varicordato come nel 19 18, in soli dieci giorni cli offensiva sul fronte francese, i tedeschi lanciarono 2.500 tonn. di iprite. Alle 1.232 bombe caricate con questo gas, si aggiunsero 134 bombe al fosgene da 41 kg., per cui il tonnellaggio delle bombe chimiche raggiunse circa il 20% del totale degli esplosivi lanciati dall' Aeronautica in tutta la campagna (5 11). Jn Somalia gli aggressivi chimici furono impiegati su scala notevolmente inferiore 1ispetto al fronte Nord, anche tenendo conto della minore entità delle forze contrapposte e delle bombe utilizzate (44 tonn. di ordigni chimici, circa 1/9 sulla quantità totale di bombe - 380 tonn. - impiegate dalla R.A. della Somalia), associate sempre a bombe esplosive ed incendiarie, il che rende evidentemente ancora più diffici le la valutazione dei loro effetti. Da notare infine che gli aggressivi chimici furono impiegati prevalentemente contro uomini, bestiame e boscaglie da dicembre 1935 a febbraio I 936. poi contro i presidi fra Gorrahei e Dhagabur (con effetti non risolutivi, come confermato dall'asprezza degli scontro sostenuti dalle nostre truppe per la ìoro occupazione) e mai su località abitate pur fatte oggetto di pesanti incursioni come Giggica ed Harrar 512 ( ). Nell'Alt. 301 è riportato l'elenco completo dei bombardamenti aerei a gas sul fronte Nord e su quello Sud. Da parte etiopica si indicò nell'uso dei gas il principale fattore della vittoria italiana. Lo stesso Negus avrebbe affermato, negli anni Sessanta, che la guerra chimica, oltre al gran numero cli perdite umane, aveva ottenuto il risùltato di annientare la forza morale e le capacità di resistenza delle sue truppe, giungendo poi piuttosto disinvoltamente ad affermare come senza l'impiego di questo mezzo la vittoria non sarebbe loro sfuggita (51 3) . Sarebbe stato successivamente smentito dal figlio di ras lmmirù il quale, nel corso di un'intervista concessa alla televisione italiana, dichiarò che gli etiopici, dopo l'iniziale smarrimento di fron te alla sconosciuta offensiva chimica, trovarono il modo quanto meno per indivi-
5 10 5 11
Rt.Ji;nat G.. ,,p. cit.. pag. 92.
Pedria lì F.. "] gas ìn Etiopia". in: ·'Rivista Aeronautica". l/ 1996. pag. 115. Rochat G.. op. cit., pag. I 00. Sl .1 Gambino A., ..11 Negu:; racconta". in: ..L'fapresso". 26.9.1965. 5 12
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duare le zone contaminate dall'iprite così da poterle evitare (514). In realtà. una volta trovati i mezzi per individuare le zone ipritizzate. era abbastanza facile aggirarle, sia perché tutto sommato non era poi così penalizzante abbandonare una rete stradale primitiva costituita per la maggior parte da carovaniere, sia perché sull'esteso altopiano non mancava certo lo spazio per percorsi alternativi . Inoltre. il riconoscimento delle zone contaminate era abbast.anza agevole. dal momento che il caratteristico odore dell ' iprite era già percepibile allorchè la sua concenrazione era 28 volte più bassa d i quella letale. e le macchie brune prodotte sulla vegetazione rappresentavano inoltre un eccellente indicatore, visibi le anche ad una certa distanza. Gli etiopici non avevano invece molte possibilità cli evitare gli effetti del gas quando g li attacchi erano portati direttamente sui loro accampamenti. La tesi sostenuta da Hailè Sclassiè è p iù che comprensibile quale tentativo giustificatorio della sconfi na subita, ma in effetti un ' analisi anche sommaria della campagna può chiarire senza dubbi di sorta come l' impiego degli aggressivi chimici ebbe certamente un effetto positivo ma non determinante ai fini dell ' andamento delle operazioni: ne l momento, infatti, in cui lo strumento militare italiano fu pronto per forza re i tempi ed assumere decisamente l'iniziativa offensiva. le sorti de lla guerra non avrebbero po(llto essere diverse da quelle che furon o. Una parz iale riprova è data dal fatto che dei tre maggiori successi de ll'aviazione italiana. ovvero i pesanti bombardamenti che trasformarono in una rotta definitiva la ritirata delle armate di ras Mulughietà nell'Endertà. di ras Immirù nello Scirè e di Hailè Selassic a Mai Ceu solo i prim i due furono caratterizzati da un largo impiego di ipri te, mentre il terzo venne condotto con munizionamento tradizionale ottenendo risultati egualmente decisivi (515) . Si può pertanto affermare che tutti gli scontri fondamentali furono vinti dagli italiani con mezzi ed armi convenzionali. ed in particolare con il massiccio e corretto impiego dell'artig lieria. Le armi tradizionali ebbero in definitiva effetti molto più decisivi e mortali degli aggressivi chimici, i qual i furono so lo complementari nei riguardi clell 'esit.o finale (516). Senza i gas, non sarebbe cambiato nulla. ma sarebbero state risparmiate all'Italia cd alle sue forze armate le successive riserve circa la reale valenza della vittoria africana. Il d iscorso si sposta a questo proposito sul tema dell'indispensabi lità o meno del ricorso ali ' arma chimica. E' pen sabile che tra la fine del 1935 ed i primi del I 936 il Comandante Superiore A.O . lo abbia ritenuto effeuivarnente necessario, quando s i tenga conto come dal punto cli vista operativo il primo e prevalente impiego di bombe all'iprite fosse rivolto piuttosto ad impedire cd a ritardare l'avanzata avversaria verso il settore occidentale del nostro schieramento, che per la dislocazione avanzata sulla sinistra, in corrispondenza cli Macallè, risultava più
514 Per il 1es10 dell'intervi. 1a. cfr. Pedriali F., op. cit., pag. 6 1: circa l'effe uo più mora le che pratico dell'impiego del gas, cfr. anche il giudizio del gen. inglese J.F.C. Fuller, in Fai-ago L., "Abissyninn stop press", London. Halc, 1936. 515 Rochat G.. o p. cit. , pag. 102 e. dello stesso au tore, " L' impiego dei gas ne lla guerra d'Et iopia 1935- 1936", in: ''Guerre ita liane in Libia ccl in Eti opia" (cap. I V). Padova, P:,gus, 1991, pagg.
161-162. 516 Pedriali F,., op. cit., pag. 115.
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esposto, e ciò mentre erano ancora in afflusso forze che dovevano rafforzare le difese contro eventuali puntate offensive avversarie dallo Scioa e dall' Adi Abò verso il ten-itorio e1itreo, anche se è lecito chiedersi se fosse prop1io così necessario ritardare la progressione delle forze etiopiche o non convenisse anzi che una loro avanzata le portasse a più immediato contatto con il nostro schieramento nella zona di Enticciò e di Adua-Axum, dove ci si era portati proprio per sostenervi una battaglia difensiva considerata a suo tempo come un' occasione favorevole per logorare i nemici. E' ipotizzabile, ancora, che in successive circostanze operative quali la battaglia dell ' Endertà e dello Scirè, Badoglio abbia ritenuto l'impiego dei gas meno utile per accelerare la rotta delle annate etiopiche ed evitare così altri onerosi scontri, mentre eia parte di Graziani esso fu limitato al campo tattico e verosimilmente con intenti prevalentemente ritorsivi. A prescindere comunque dalle motivaz ioni strategiche e/o tattiche che portarono al l'utilizzazione dell'arma chimica, sul piano politico internazionale l' iniziativa non può non essere rubricata come un errore (aggravato dal fatto di aver violato una convenzione internazionale ratificata 7 anni prima e che ammetteva una sola deroga, che cioè le armi chimiche non potessero essere usate se non come risposta ad attacchi di natura analoga), anche se, come sostiene Rochat, il regime fascista non era in condizione di valutare appieno il prezzo che il ricorso ai gas avrebbe comportato cli fronte all'opinione pubblica mondiale dal momento che aveva impedito lo sviluppo di movimenti pacifisti e la diffusione di timori dinnanzi alle prospettive della guerra aerochimica, ed anche perché era in condizione di controllare ed influenzare organi di informazione ed opinione pubblica nazionali. Gli ordini e contrordini di Mussolini sull' impiego dei gas che si sarebbero susseguiti sono la migliore dimostrazione, secondo l'autore citato, dell'accentuata sensibilità del capo ciel governo italiano dinanzi a reazioni internazionali che aveva evidentemente sottovaluato (5 17). Anche se, in realtà, non risulta che i circoli politici e militari stranieri prestassero una particolare attenzione alla guerra chimica italiana, come confermato dalle ricerche eseguite dallo stesso Rochat nelle biblioteche e negli arclùvi militari francesi e che lo portano a concludere che essa non avesse suscitato scandalo né specifico interesse negli ambienli delle forze armate d'oltralpe. In effetti, la mobilitazione dell'opinione pubblica internazionale nel 1935-36, che raggiunse dimensioni e diffusione notevoli (518 ) anche perché sapientemente e strumentalmente orchestrata, fu indirizzata solo secondariamente verso l' uso dei gas. Sempre secondo Rochat, giocò probabilmente il fatto che le notizie sul loro impiego cominciarono a diffondersi nei primi mesi del 1936, in modo frammentario ed incompleto passando in secondo piano rispetto alla reazione nei confronti dell'evento generale, tanto più che anche questa andava ormai scemando stante i progressivi successi delle nostre armi, né l'evoluzione fallimentare della formu la sanzionistica invitava ad aprire nuovo processi (5 19) .
5 17
Rochat G., op. cit., pag. !04. reazione all'iniziativa italiana in A .O. da parte dei movimenti anticolonial isti internazional i cfr. Procacci G., "Dalla parte dell'Etiopia", Milano, Feltrine lli, I984. 519 Rochat G., op. c it., pagg. 104 - !05. 518 Sull'estensione della
L'impiego dei gas
477
Un errore politico, quind i, dalle imp licazioni ridotte e che avrebbe evitato cli essere aggravato in virtù del parere decisamente contrario di Badoglio, ed avallato da Mussolini, in merito ad un progetto addirittura di gueJTa batteriologica prospettato dalla Direzione Generale della Sanità Militare (520). Al termine di quanto esposto e non volendo certamente sottrarci all'obbligo di un parere personale, riteniamo che il problema dell'impiego dei gas durante la campagna d'Etiopia sia in realtà uno pseudo-problema, che trae questa connotazione espressiva dalle motivazioni su base demagogico-strumentale e farisaicamente umanitaristiche che lo hanno determinato. Non riteniamo di dover prendere nemmeno in esame la prima di tali aggettivazioni, riferibile alla scontata e stucchevole demonizzazione di tutto ciò che ha comunque attinenza con il periodo storico nazionale compreso fra il l 922 ed il 1943, mentre per quanto concerne la seconda si rende necessario un minimo di ricostruzione storica. Anche se l'inizio della guerra chimica si fa generalmente risalire alla prima guerra mondiale, la storia è ricca di episodi bellici nel corso dei quali fu rono utilizzati composti tossici o velenosi inizialmente realizzati in forma empirica, come ad esempio l'anidride solforosa, un gas incolore fortemente irritante per le mucose delle vie respiratorie ottenibile molto facilmente bruciando polvere di zolfo ed iI cui primo impiego bellico risalirebbe addirittura al 43 1 a.C. , durante la guerra del Peloponneso fra spa1tani ed ateniesi . Un rilevante impulso all'uso militare cli gas tossic i si ebbe nei secoli XV e XVI, in virtù del rinnovato interesse per i segreti della natura attraverso la pratica dell 'alchimia, ed ancor più nel secolo XVTT, contemporaneamente ai progressi compiuti dai materiali d 'artiglieria: ma è nel secolo XIX, allorchè la chimica cominciò ad assumere un aspetto scientificamente 1igoroso dando luogo ad un a produzione sempre più abbondante e di versificata, che si videro realizzati i primi veri proiettili fun zionanti con caricamento chimico. Nei decenni successivi la chimica raggiunse risultati eccezionali e le industrie, in forte espansione, iniziarono a sfruttare su larga scala le scoperte che si venivano a realizzare nei laboratori. Soprattutto ne l settore della chimica organica molti composti cominciarono ad essere prodotti in gran quantità sia in Inghilterra che in Germania, ed alcuni di questi rivelarono ben presto proprietà tossiche molto elevate, come ad esemp io il gas fosgene, il c loro e la c loropicrina, utilizzati nella preparazione dei coloranti. Comparve sulla scena l'iprite, liquido altamente vescicante che sarebbe divenuto tristemente famoso durante la prima guerra mondiale. Molti aggressivi chimici cominciarono quindi ad essere disponibili in gran quantità, soprattutto da parte delle nazioni con industrie chimiche svi luppate, che già trattavano tali composti per scopi pacifici, o che avrebbero potuto sintetizzarli agevolmente in caso di necessità. Nel primo decennio del XX secolo si pervenne quindi alla possibilità di ottenere veleni chimici in grande quantità ed a basso costo. e proprio per questa duplice ragione gli stati maggiori delle principali potenze, allo scoppio del primo conflitto mondia le si interessarono con rinnovata artenzione alle scoperte della
520 AUSSME, HS-47/10, prot. RR illeg.lc del 13.2. 11935. da Direuorc Gen. Sani1à Militare a Sou.o capo S. M.R.E., f.10 il Direttore Generale; cfr. anche de l I.loca A., op. ci t. pag. 489.
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chimica, allo scopo di realizzare l'impiego di gas o vapori con densità superiore a quella dell'aria, capaci di conseguenza di penetrare nelle strutture fortificate resistenti ai proiettili convenzionali. Storicamente, la responsabilità del primo uso di aggressivi chimici è dei francesi, i quali lanciarono proiett.ili caiicati con composti lacrimogeni già nell'ottobre del 1914; dopo questo episodio, il conflitto sarebbe stato caratterizzato da un'incessante intensificazione nel!' impiego di composti sempre più micidiali e di mezzi d'impiego sempre più affidabili e precisi. Ma il primo attacco chimico con prodotti asfissianti avvenne il 22 aprile 1915 presso Ypres, in Belgio, con l'uso del gas cloro da parte dei tedeschi, determinando circa 15.000 perdite tra morti ed inabilitati nelle linee francesi, ed un analogo attacco avvenuto due giorni dopo causò altri 5.000 morti. Probabilmente, se i tedeschi avessero sfruttato più a fondo la sorpresa con immediati e ripetuti attacchi lungo vari settori del fronte, la prima guerra mondiale avrebbe avuto un esito diverso. La neutralizzazione dell'effetto sorpresa, causata dalla realizzazione delle prime maschere antigas, portò ben presto all'impiego di un aggressivo ancora più tossico del cloro, il fosgene, capace di attraversare i p1imi filtre rudimentali e di originai·e acido cloridrico all'interno dei polmoni del personale che lo respirava. Il fosgene fu utilizzato in bombole e, successivamente, in granate d'a1tiglieria, caratterizzato però da uno scarso rendimento a causa della elevata volatilità del prodotto. Ne facemmo un'amara esperienza anche noi italiani il 29 giugno 19 16 sulle alture del S.Michele, un obiettivo strategicamente essenziale tanto per gli austriaci, rappresentando il punto chiave del fronte isontino centrome1idionale, quanto per noi poiché controllava contemporaneamente l' altopiano carsico di Doberdò e la testa di ponte di Gorizia. Quattro brigate di fanteria (Pisa, Regina, Brescia e Ferrara) furono investite all'alba dalla venefica nube di gas emessa eia circa 6.000 bombole accuratamente predisposte. L'effetto fu devastante: migliaia di uomini morirono in pochi istanti, altrettanti si contorsero in una più o meno lunga agonia, molti furono quelli che subirono gli effetti deleterì con ritardo, spirando i giorni successivi negli ospedali delle retrovie o prigionieri degli austriaci. La stima approssimativa delle perdite ri ferita al giorno dell ' attacco depone per 200 ufficiali e 6.500 uomini di truppa colpiti con, rispettivamente, I 00 e 2.600 morti (521 ). Nella corsa all'arma più temibile e risolutiva, i tedeschi cominciarono ad utilizzare l'iprite, che si rivelò immediatamente e drammaticamente come un aggressivo nettamente diverso dai precedenti. Infatti, aveva la proprietà di essere assorbito dall' organismo non soltanto sotto forma di vapore, attraverso le vie re521
A causa della velocità troppo bassa del vento che inoltre diminuì costantemente durante tutto il lancio, i gas si fermarono nelle trincee italiane più del necessario, cosicchè gli austriaci che pene-
trarono nelle linee operarono in un ambiente saturo di veleni e, a causa dell'agitazione motoria della lotta, in condizioni di massima espansione polmonare. Pertanto anche loro, se pur dotati di una sa lvaguardia migliore (la maschera antigas, munita di una scatola-fìllro sostituibile a protezione polivalente, e ra all'epoca la più idonea fra quelle in dotazione agli eserciti belligeranti), risentirono degli effetti letali del gas e concarono, fra caduti cd incossicati, 7 ufficiali e 216 soldati. Per di più ad un certo punto il vento, cambiando direzione, riportò il gas tossico verso le trincee daJle quali era partito (Rendu lic L., "L'attacco con i gas su ll 'altopiano di Doberdò", in: Riv. di Ari. e Genio", 1926. pagg. 195 11968; Momagnani M. , "Quattro brigate per un mome", in: "Storia Mi litare", 87/2000. pagg. 35-45).
L'impieRo dei ga.1·
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spiratorie. ma anche sotto forma liquida attraverso gli indumenti e la cute, rendendo quindi inutile la protezione offerta dalla maschera antigas, ed inoltre di evaporare molto lentamente e di permanere sull'obiettivo contaminando per molti giorni il terreno, le infrastrutture ed i materiali. TI primo attacco con iprite, condotto il 22 luglio 1917 anche questa volta presso Ypres (i l vescicante deve il suo nome proprio alla località belga dove fù usato per la prima volta), causò circa 3.000 vittime, e da allora e sino alla fine del conniuo la Germania e gli Imperi Centrali utilizzarono diffusamente il nuovo aggressivo abbinato alle granate d' artiglieria, tanto da produrre nel 1918 1.000 tono. di iprite al mese con il 50% delle granate di artiglieria a caricamento chi mico: la stessa iprite venne utilizzata per proteggere la ritirata delle truppe germaniche dai territori francesi e belgi. ln totale, furono lanciate dalle due parti più di 9 milioni di granate all' iprite, causando circa 400.000 vittime, e venne impiegalo un quantitativo complessivo di 124.000 tonnellate di composti tossici (522) . Negli anni Venti e Trema alcune nazioni fecero uso dell ' iprite durante i loro conflitti coloniali, come la Spagna fra il 1923 ed il 1924 in Marocco e l' Inghilterra nel 1930. quale ritorsione per l'uccisione da parte dei curdi di due funzionari britannici , e nel 1935 per domare la ribellione di alcune tribù afganistane. Non intendiamo appesantire la no!)tra rievocazione con quanto accaduto nel corso della seconda guerra mondiale ad opera di tutte le nazioni belligeranti, essendo sufficiente in proposito menzionare località quali Covent1y, Dresda, Hiroshima, Nagasaki che comprovano esaustivamente il carattere di consapevole e pianificata brutalità che ha caratterizzato le vicende legate ai loro nomi . Accanto a questi eventi più noti, sarebbe possibile elencarne numerosi altri (523) . che non farebbero che confe rmare come la guerra possieda una propria grammatica ma non una sua logica. La grammatica della guerra conLinua ad essere la conduzione - coordinata, efficace, ottimizzata per quanto è possibile - delle operazioni belliche. In una dimensione storica universale, è infarti dimostrato, ineluttabilmente, come la maggior parte dei gruppi ed entità socio-politiche, si sono, o sono state, organizza te in fun zione della capaciLà di fare la guerra. Questa diventa di per sé un sistema - o meglio, il sistema - sociale di base, nell'ambito del quale altri modi secondari di organizzazione sociale possono combattersi od armonizzare. E' il sistema che, piaccia o non piaccia, ha sovrinteso alla maggior parte dei raggruppamenti umani dei quali si conosce la storia e che governa la società odier522 C ifani 1\f., .. Le armi chimiche... in: .. Riv. Aeronautica". 6/1981 , pagg. l!ì-23. 523 A proposito di iprite. va ricordato quanto accaduto nel corso del bombardamento aereo te-
desco del po rto di Bari del 2.12.1943. che provocò l' affondamento di 17 navi alleate ira cui il piroscafo statu nitcn~e John Jlarvey che trasportava un centinaio di tonnellate cli iprite in bombe da 45 kg .. G li effetti furono notevo li , aggravati dal fatto che tale carico era considerato rop secret e la volontà di mantenere il vincolo di segretezza per molti giorni causò la morte o l'invalidità di molte centinai a di militari alleati e di civi li italiani che furono colpiti sia dall'iprite diffusa dall'esplosione nell'aria in forma gassosa, sia da quella che, ricaduta in man:. si era m.:scolaia allo strato di nafta e benzina , hc ricopriva il porto ed impregnava i vesti ti di quanti cercavano scampo in mare dagli ince ndi che divampavano sulle navi (cfr. In field G.13.. .. Disast ro a Bari·', Bari. Adda. 1977: Ferrari M. e Leuz;,.i A .. " L' incursione tedesca sul porto di Bari" , in: ''Storia Militare", 14/1984; Lembo D .• "L'i prite americana sulla città d i Bari", in: '\toria del XX Secolo", 55/200).
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La campagna italo-etiopica, /935 -1936
na. Un sistema sulla cui assurda vacuità non si può unanimamente non concordare, ma così connaturato alla natura umana da doverlo considerare inestirpabile e del quale pertanto va preso atto. Così come va preso atto che in barba a convenzioni, accordi e trattati - la diplomazia, secondo una definizione inglese, è l'arte cli dire "che bel cagnolino" fino a quando non si riesce a raccogliere un sasso non è mai esistita una guerra "pulita", perché anche gli episodi cavallereschi costituiscono un'esigua minoranza, si manifestano solo a livello individuale ed in contesti del tutto particolari, con carattere appunto "episodico". La vera guerra è la guerra di massa, la guerra dei "tanti", ed è sempre stata un coacervo cli spietata brutalità, sul piano concettuale e su quello applicativo, spesso anche gratuita, per cui non esiste nessuna entità nazionale che possa guardare i prop,i trascorsi bellici con innocente candore. Gli armadi di tutti sono pieni di scheletri, dove la trasposizione dell'immagine va oltre il suo significato simbolico. Partendo eia questo realistico presupposto, ribadiamo la nostra personale opinione che il "problema" dell'impiego dei gas in Etiopia sia, in quanto tale, solo un'espressione alquanto pretestuosa e rappresenti non altro che l'ennesima manifestazione cli italica autoflagellazione, tanto più fuori luogo quanto più altri popoli, che dovrebbero essere portatori di sensi di colpa ancora più consistenti, non se ne fanno invece carico affatto, di questo come di tanti altri comportamenti eticamente censurabili indotti dallo stato di guerra.
CAPITOLO XX
L'IMPEGNO LOGISTICO E FINANZIARIO
Dal punto di vista logistico la campagna d'Etiopia rappresentò, ancor più della prima guerra mondiale, una grande impresa, riuscendo a far vivere, muovere e combattere un contingente europeo forte di alcune centinaia di migliaia di uomini in un ambiente particolarmente ostico, creando dal nulla ed in pochi mesi la relativa organizzazione e smentendo lo scetticismo di non pochi accreditati esperti italiani e non. Essa, inoltre, sottolineò l' importanza cli un principio che solo in apparenza potrebbe sembrare ovvio, e che cioè la reale capacità offensiva e le annesse componenti di superiorità di fuoco e di mobilità erano, allora come oggi, direttamente condizionate eia una preparazione accurata, senza false "economie", e nel cui ambito la logistica occupava certamente il primo posto. Nel lll capitolo sono già stati forniti alcuni dati circa l'approntamento e l'allestimento dei materiali ed il loro afflusso verso le zone di operazioni, il tutto relativo ai mesi precedenti l'inizio della campagna, così come nel corso dei vari capitoli relativa alla sua evoluzione sono stati evidenziati altri elementi riguardanti le predisposizioni logistiche via via adottate. Giunti al termine della nostra esposizione, si rende pertanto necessario procedere ad un bilancio finale per quanto attiene al globale impegno logistico, il fiore all'occhiello di tutta la campagna il cui merito precipuo va ascritto all'Tntenclenza Generale ed al suo capo, il gen. Dall'Ora (524). I documenti riportati negli allegati esprimono in dettaglio le dimensioni dello sforzo bellico italiano, che nei dati generali sono così riassumibili: alla vigilia delle operazioni, nell'ottobre 1935, erano disponibili in Eritrea 1 I 1.000 militari nazionali e 53.000 indigeni, con 35 .000 quadrupedi, 4.200 mitragliatrici, 580 cannoni, 112 carri armati, 126 aerei e 3.700 automezzi, ed in Somalia 24.000 nazionali e 29.500 indigeni, dotati cli 7 .900 quadrupedi, 1.600 mitragliatrici, l 17
524 li merico dell ' Intendenza è tanto più elevato quando si consideri che ai primi di otwbre de l I 935 il persona le cli commissariato era in 4u;intità sorprendentemente esigua a fronte della massa di truppe in continuo aumento e delle preved ibili d ifficoJt.à da affrontare: 20 uffic iali commissari, 5 I ufficiali di s ussistenza, 2 ufficial i d'arma con funz.i<)ni amrni nistrntive, 3 ufficial i d'amm inistrazione, 3 ufficia li (civil i) assimil ati per serv izio casse mil itari , 85 souu fficiali , 1.900 mili cari di truppa. Nel maggio 1936 l'aumento sarebbe stato notevole, m a non esaltante se s i tiene conto dell a forza: 161 ufficiali per l'Intendenza, di cui 42 commissari, e 159 per le GG.UU . di cui 50 comnùssari, per un totale di 320 dei quali solo 77 in s.p.c., più I 11 sottufficiali e 5.000 militari di tnippa (Botti F., " La logistica dell 'Esercito Italiano (1831- 1981)", Roma, USS\vlE, 1994, voi. llI, pag. 601).
La campagna italo-etiopica, 1935-/936
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cannoni, 45 cani armati, 38 aerei e 1.850 automezzi. L'attlusso di uomini e materiali sarebbe proseguito senza soste raggiungendo al l O maggio 1936, per quanto riguardava il personale, la cifra di 407 .289 uorn.ini(dei quali 14.091 ufficiali) tra nazionali ed indigeni, che disponevano di 388.625 tra fucili e moschetti, 14.618 pistole, 1.123 pezzi d'artiglieria, 235 carri veloci e 52 autoblindo, 10.344 mitragliatrici, 89.130 quadrupedi, 1.435 stazioni radio da campo, 16.612 automezzi(con una media di quasi J ogni 25 uomini) e 350 velivoli, ai quali erano da aggiungere circa l 00.000 lavoratori militarizzati e quantitativi proporzionali di uomini, materiali ed equipaggiamenti (525). L' entità del nostro impegno può essere confe1111ata anche in chiave comparativa quando si tenga conto che il consumo medio giornaliero di benzina superò quello cli tutto l'esercito nella prima guerra mondiale. Per quanto riguarda i vari settori, l'organizzazione dei trasporti via terra, per trasferire ai porti d'imbarco i circa 400.000 uomini, i 90.000 quadrupedi e l' oltre mezzo milione di tonnellate di materiali vari che si dovettero inviare in A.O., richiese l'impiego cli più di 70.000 carri ferroviari; per il trasferimento in colonia, poi, furono impiegati complessivamente 563 piroscafi-viaggio, e la stazza lorda del naviglio noleggiato raggiunse, nel periodo febbraio 1935 - giugno 1936, un totale complessivo di 4.332.000 tonnellate. Gli autotrasporti, dal 1° gennaio 1935 alla fi ne di maggio 1936, richiesero, oltre ai mezzi in dotazione organica ai reparti, l'utilizzazione di 10.517 automezzi nello scacchiere eritreo e di 3.875 in quello somalo. Per ciò che concerneva le munizioni, furono inviati complessivamente in A.O. 821 milioni cli cartucce per fucili e mitragliatrici e 24 milioni per pistole, 4 milioni di proiettili per artiglierie, oltre 3 milioni di bombe a mano, circa 230.000 granate per mortaio e 400.000 per segnalazion i. Infi ne, per quanto at-
525 Ministero della Guerra, "Relazione... .", cii., tavole II, IV, IX , X, XI, Xli , XIII, XIV, XIX, XXI. L'attività della Base Principale di Napoli, dal febbraio 1935 al maggio 1936 e comprendendn
anche le spedizioni per la Libia e l'Egeo, comportò i seguenti movimenti: Tabella n. 88
-
movimento di personale
ufticiali sottufficiali e truppa operai TOTALE
-
17989 361979 67113 447081 61110
movimento di quadrupedi movimento di materiali (t):
sanità commissariato artiglieria genio servizio automohi listico vario TOlì\LE
11547,757 280529,341 66484,430 95921,438 53989,694 61644 770 570117,430
I soli materiali di commissariato occupavano il 50% del l(ltale dei materiali inviati in colonia. (fiotti F., op. cil., pag. 575).
L'impegno logistico e finanziario
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tiene alle esigenze aeronautiche, fino al 9 maggio 1936 furono eseguiti 5.000 trasporti ferroviari con l'impiego di 6.550 carri, 2.473 trasporti con automezzi, 1.980 trasporti con carri stradali trainati, I 36 trasporti via mare, che fecero pervenire(citando solo il materiale di volo e d'armamento)386 velivoli, dei quali l 70 da bombardamento pesante, con 309 motori di riserva e circa 2 milioni di bombe di vario tipo (526). Secondo Montanari, i consumi delle 15 divisioni operanti in A.O. più quelli delle 5 inviate in Libia, sarebbero stati equivalenti alle dotazioni di 75 divisioni binarie. La valutazione, evidenziante il forte logorio provocato dall'impresa etiopica che, unitamente a quello della successiva guerra di Spagna, sarebbe stato causa cli gravi difficoltà nel 1940 allorchè l'Italia avrebbe iniziato la 2" guerra mondiale, merita a detta del lo stesso autore un chiarimento. Anzitutto i dati devono comprendere anche le GG.UU. mobilitate in Patria ed i numerosi supporti operativi, ed in secondo luogo essi hanno valore soltanto ai fini della spesa, giacchè gran parte dei materiali e delle scorte non fu consumata ma rimase in A.O. per le necessità delle truppe dell'Impero o rientrò in Italia con le GG.UU. rimpatriate (527). Va precisato come la campagna d'Etiopia aveva messo in luce che il fun zionamento dei servizi in tempo di pace non trovava, all'epoca, adeguato riferimento alla loro funzionalità, in particolare per quanto concerneva i primi grandi organismi logistici del la scala gerarchica, cioè le Intendenze d'Armata. Gli organi tecnici dei servizi, per loro natura e specializzazione, erano preminentemente portati allo studio nel ramo tecnico di competenza attribuendo minore importanza, anche per scarse possibilità di pratica applicazione, alla co.m ponente organizzativa in aderenza a reali necessità e situazioni operative. Gli stati maggiori, a loro volta, erano prevalentemente orientati all'esame de i problemi operativi nei loro aspetti tattici , e sovente compendiavano la parte logistica in brev i cenni, se non la sorvolavano addiri ttura. Ma non si improvvisavano stati maggiori così come non si improvvisavano le intendenze, organismi complessi, che abbisognavano di tempo e di particolari cure per essere costituite e messe in grado di funzionare con regolarità e rendimento. Per la campagna in A.O. si era addivenuti alla precostituzione dell'Intendenza del Corpo di Spedizione, ed erano occorsi parecchi mesi di preventivo ed intenso lavoro da parte dei vari Servizi: Artiglieria, Genio, Trasporti, Commissariato, Sanità, Veterinario, ecc. (528). 526
Ministero Guerra, " Relazione ....", cit. , tav. XXVlll, XXX, XXXI. Montanari M., op. cit., pag. 7 13. 528 Una n1enzione a parte va ri servata al Servizio Sanitario. particolarmente importante date le cond izion i c limatiche ed ambientali del teatro operati vo. L' Eserci to aveva in A.O. 135 ospedali di base e da campo, dei qual i i primi disponevano c iascu no di un laboratorio batteriologico e di un gabineuo radiologico, 55 ospcdalctti someggiati, 13 unità chinirgiche, 15 ambulanze radiologiche, I I am bu lanze odontoiatriche, 4 istituti centra li di ana lisi. 12 sezioni di disi nfezione, 6 stazioni di bonifica . l 39 potabi lizzatori e 4 magazzini general i d i materiale san itario. La Marina aveva 20 ospedali cd infermerie lungo le coste ed 8 nav i ospeda li . 6 delle quali con aria refrigerata e condi1,ionata. L'Aeronautica disponeva di 22 infe rmerie. ed il Serv i7.io Colon iale Medico aveva messo a disposizione della Sa nitì1 Mi lit.are i propri 30 ospedal i, infermerie e laboratori delle due colonie. Per quanto riguardava il 527
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La campagna italo-etiopica, 1935-1936
La spedizione era stata decisa in relazione alle possibilità della preparazione logistica, e le date di aftluenza delle GG.UU. e l'inizio delle operazioni erano state subordinate al fattore della stessa natura. Ciò aveva richiesto, sin dal primo momento, Intendenza e Servizi il più possibile a posto, funzionalmente aderenti alle varie necessità e situazioni. Più di ogni altra parola, il prodotto della loro attività è sintetizzato nelle tavole, schemi e tabelle che sono riportate negli AH.ti da 302 a 329. Di particolare valore, in quanto incentrate su problematiche di ordine morale e comportamentale che attengono all'azione di comando, le due circolari emanate dal gen. Bastico, comandante della 1/\ Div. CC.NN. 23 Marzo e riprodotte negli AH.ti 330 e 331, deponenti la prima d i esse per l'elevato senso dello Stato che animava il compilatore e la seconda per la sua concezione disciplinare pragmatica ed improntata alla massima compostezza anche formale.
* * * Uno sforzo logistico del tipo descritto, oltre a tutti g li altri adempimenti di va1io genere connessi con la preparazione e la gestione cli un'impresa oltremare di quelle dimensioni, non poteva non comportare rilevanti oneri :finanziari la cui reale, effettiva entità è peraltro di difficile precisazione. E' certo che, così come messo in atto dai governi dell'epoca relativamente ai nostri primi insediamenti africani di fine secolo e, nei primi decenni di quello successivo, alle operazioni per il mantenimento delle colonie già acquisite e per la conquista ed il consolidamento di altre, anche il governo presieduto eia Mussolini cercò cli esercitare una sorta di "rimozione contabile" che servisse a celare ali' opinione pubblica l' esatto onere dell' iniziativa militare in Etiopia. Secondo un'elaborazione su dati forniti dalla Ragione1ia Centrale dello Stato nel 1969, la suddetta campagna avrebbe comportato l'impiego del 20,8% del bilancio statale (529); dal I 931 -1932 al I 936-1937 le spese annue effettive normali dello Stato italiano erano oscillate tra i 23 ed i 25 miliardi cli lire, e ad esse si erano aggiunte le spese eccezionali per la conquista, l'organizzazione e la valorizzazione dei territori cieli' Africa Orientale (e poi per la personale, erano presenti l.889 ufficiati medici del R.E. , I 17 della R.M. , 42 della R.A ., 316 della M .V.S.N. e 120 medici del Servizio Coloniale , per un totale di 2.484 sanitari , ai quali potevano essere aggiunti una mezza dozzina di medici di ai.iende private pronti a co llaborare con i colleghi militari. C'erano inoltre in Africa 178 ufficiali fannaeisti dell'Esercito e IO dell a Marina, e 384 infermiere della C.R.I.. Coadiuvavano i predetti ul'fìcial i 15.500 soldati di sanità ed infermieri civili e 639 aiutanti di sanità della Marina. Le condizioni di sa lute delle truppe s ia prima che durame il c ic lo operativo si mostrarono buone, e la morbilità complessiva e la mortal ità nelle file dell 'Esercito in A.O. furono addi rittura in feriori a quel le sul ten·itori o nazionale. Era stata svolta un'e nicacc azione di prevenzione anche attrave rso la diramaiione di appropriate pubblicazioni e circolari, tra le quali si ricordano: Ministero Guerra, Dir. Gen. San. Mii., "Nonne di igiene per le truppe dell'Erilrea e della So,nalia", Roma, Moyne & Alessandrini , febbraio 1935; idem, " Per l 'igiene tlei mi/ilari a bordo durante la lmvers(lfa" , Roma, febbraio 1935; idem, " Suggerimeflli igienici per le /ruppe des1i11c11e al/'A .0 .", Roma, Moyne & Alessandrini , luglio I 935. ("L'Organ izzazione sanitaria e la sal ute delle truppe durante la guerra d'Etiopia", conferenza tenuta il 31.7.1936 ali ' Istituto di Saniti1 Pubb li.c a dal ten. gen. meò. prof. Aldo Cas1e llan i, Ispettore Su periore Generale dei Servizi Sanitari Mili.tari , Naval i e Civili delI' A.O.). 529 Maione G., " I costi delle imprese colon ial i", in: De l Boca A., ''Le guerre colon iale del fasci smo", Bari, Laterza, 199 I, pag. 40 I.
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L'impegno logistico e.finanziario
partecipazione alla guerra di Spagna) pari ad un miliardo di lire nel 1934-35, a 12 miliardi nel 1935-36 e a 18 miliardi ne] 1936-37, che avrebbero p011ato le spese effettive totali dello Stato dai 25 miliardi del 1931-32 ai 43 miliardi e mezzo del 1936-37, un livello che sarebbe stato mantenuto negli anni successivi (530). Per quanto concerneva in particolare gli stanziamenti sul bilancio dell' amministrazione militare, è necessario considerare che per l'esercizio 1934-1 935 il ministero della Guerra provvide soltanto ai propri oneri; per quello 1935-1936, invece, lo stesso m.i.11-istero sostenne le spese effettuate comunque in Italia anche per le truppe coloniali, mentre il ministero delle Colonie si accollò l' onere delle spese fatte in A.O. tanto per le truppe metropolitane che per quelle coloniali (assegni compresi). Come specificato da Montanari, sul capitolo 64 bis, istituito con R.D.L. n° 121 del 28 febbraio 1935 per acquisti e lavori inerenti l'esigenza A.O., vennero fatte le assegnazioni di 270 milioni per l'esercizio 1934-35 e di 4.688 milioni per quello 1935-36 per un totale di 4.938 milioni. Per contro, l'ammontare degli impegni assunti a tutto il 31 maggio 1936 corrispondeva a 8.067 milioni, derivante dalla somma per arrotondamento di quelli definitivi (5.015, di cui 270 per l'esercizio 1934-35 e 4.745 per il 1935-36), di quelli provvisori (1.000) e delle spese ad economia, pari a 2.000 milioni (53 1). L'intero costo della campagna sarebbe stato comunque indicato dal Ministro delle Finanze, nel corso di una seduta alla Camera del 20 maggio 1936, in oltre 12 miliardi - 975 per l'esercizio 1934-35 e 11+136 milioni per quello 1935-36 (532) - con un disavanzo, per quest' ultimo, pari a 6 miliardi e 121 milioni (533) . Secondo i dati del ministro della Guerra, alla data del I 5 giugno 1936 i materiali per l'esigenza A.O. tratti dalle dotazioni di mobilitazione erano stati rein530 Rochat G., "Il colonialismo italiano", Torino, Loescher, 1973. 53 1 In particolare, le spese risultano cosÏ rip,artite:
Tabella n. 89 Impegni, esci.use
Spese ad economia
Totale generale
spese ad economia
-
Servizio chi mico Oneri amministrati vi
1.438.708 087 140.152.938 71 1.786.080 1.274.038.342 423.551.866 918.731.087 99.608.490 8.979. 163
5 l.368 000 552.963.000 82.740000 103.863.000 96.579.000 13.329.000
Totali
5.0 15.556.073
900.942.000
Assegni fissi e spese di trasporto Servizio Sanitario Servizio di Commissariato Servi zio di aniglieria Servizio genio Servizio trasporti
-
1.438.708.087 191.720.938 1.264.749.080 1.356.778.342 527.314 866 1.0 15.3 10.087 112.937.490 8.979.183 5.9 16.498.073
(Montanari M., op. cit., pagg. 704-7 15) 532 Pignaiell i L., op. c iL.. pag. 276. 533 Fondazione Einaudi, Archiv io Thaon di Rcvcl,
1/190, "appunto" del 25. 1.1937 da Ragion iere Generale dello Stato a S.E. Mi nistro delle Finanze, f.to Ettore Cambi.
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La campagna italo·etiopica, 1935·1936
tegrati pressoché al I00% per armi, munizioni, materiali e mezzi del servizio sanitario e del genio, ed al 50% per il servizio di commissariato e per gli automezzi. Va peraltro anche ammesso come ancor prima della campagna etiopica le dotazioni fossero largamente incomplete, per cui il dato del ripristino al 100% risulta inattendibile in quanto riferito ai soli quantitativi utilizzati e non alla g lobalità delle dotazioni. E d'altronde è un fatto che i numerosi dati riportati dalle varie relazioni ciel ministro delle Guerra non sempre risultano chiari, e talvolta non concordano con quanto indicato in altri documenti prodotti dalla stessa fonte. Nell'Ali. 332 è riportato un promemoria relativo al costo mensile cli una divisione dislocata in Eritrea per l'esigenza A.O., calcolato in base alle due diverse situazioni di organici completi ovvero ridotti, con un divario di circa un milione a favore della prima; l'onere totale, comprensivo anche delle spese per i trasporti e di quelle rappresentate dal valore delle dotazioni individuali e di reparto, si aggirava intorno ai I05- 106 milioni. Gli AH.ti 333 e 334 riproducono invece gli specchi riassuntivi delle spese per l' A.O. alla data ciel 15 giugno I 935 e del I O maggio 1936, a distanza quindi di 4 mesi dall'inizio delle operazioni e di 5 giorni dalla fine ufficiale delle stesse. I documenti riportati negli All.ti 335, 336 e 337 riguardano invece rispettivamente l'attribuzione di un "assegno giornaliero coloniale" ai graduati e nùlitari d i truppa in servizio in A.O., la corresponsione dei sussidi dispensati alle famiglie bisognose di militari cli truppa e sottufficiali richiamati e volontari in A.O. o trattenuti alle armi in Par.ria, ed infine la misura del trattamento economico per i militari di ogni grado, categoria e forza annata comunque mobilitati per l'esigenza A.O ..
CAPITOLO XXI
I GIUDIZI STRANIERI
In merito ai giudizi conclusivi da patte straniera, non c'è che l'imbarazzo della scelta, stante la doviziosa massa documentale reperibile, dalle informative a carattere diplomatico a quelle "intelligence", dagli articoli di giornali e riviste ai libri, alle conferenze ed alle interviste. Abbiamo dovuto pertanto necessariamente procedere ad una selezione, impietosa quanto rammarichevole, limitandola ad una campionatura delle fonti piì:t qualificate e significative e tale comunque da mettere a fuoco gli aspetti piì:t importanti senza appesantire la nostra esposizione. Già verso la fine del febbraio 1936, a meno di tre mesi dalla fine delle ostilità, una missione militare composta dal gen. austriaco Bohne, dal col. albanese Pervizi, dal col. ungherese Nemeth, dal magg. americano Fisch e dal cap. giapponese Seike aveva espresso la più grande ammirazione per la "fo1111idabile preparazione logistica operata dall'Intendenza". In particolare, il generale austriaco aveva affennato che solamente uomini del mestiere potevano rendersi pienamente conto del poderoso sforzo compiuto e che non aveva precedenti nella storia militare dei popoli bianchi, perché mai nessuna nazione aveva concentrato in territorio coloniale un esercito altrettanto poderoso, mentre nelle guerre di tipo europeo non esistevano problemi come quello del porto di Massaua. Il colonnello ungherese, riferendosi alla situazione logistica ed alla abbondanza dei materiali presentì nei magazzini e depositi, aveva dichiarato che le sanzioni non sarebbero state comunque in grado di impedire all'Italia il proprio piano militare poiché essa aveva tutto predisposto per una guerra anche lunga e difficile. Il maggiore americano aveva affermato che da quando gli USA erano entrati nella prima guerra mondiale non si era mai ve,ificata un'impresa così colossale relativamente al trasporto oltremare dì uomini, e anche l'invio dagli Stati Uniti dì truppe al fronte occidentale durante quel conflitto era stato notevolmente agevolato dall'organizzazione già esistente nei porti d'imbarco e di sbarco. li capitano giapponese, infine, paragonando l'impresa italiana in Etiopia a quella eseguita dal Giappone in Manciuria nel 1931 , avva rilevato la grande differenza a favore cleJJa prima per la ben diversa distanza (534). Dopo la fine della campagna, nell'agosto del 1936, su una rivista culturale inglese comparve un articolo del ten. col. De Watteville. Dopo aver premesso che
534 AUSS1v1E, D 1- 15, prot. 28794 del 20.2.1936, da Ministero Guerra - Gabinetto a Comando Corpo S.M. ed a S. l.M. , f. to d'ordine il gcn. brig. capo di gabinetto U. Soddu.
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la campagna i1alo -e1iopica, 1935-1936
l'intero svolgimento del conflitto italo-etiopico era stato così oscurato da influenze politiche e di altro genere che era diventato estremamente difficile farsi un' idea chiara degli avvenimenti militari occorsi in Etiopia, e che persino in ambienti che avrebbero dovuto essere considerati del tutto competenti sembrava si fossero verificati alcuni errori di giudizio circa il significato degli eventi militari della campagna, l'articolista affermava come il combattente etiopico fosse stato sopravvalutato persino dallo stato maggiore italiano. Se gli etiopici fossero stati le tribù arabe della Libia, la campagna avrebbe avrebbe avuto un corso molto diverso, secondo l'opinione apertamente manifestata eia ufficiali italiani, che peraltro non avrebbero mai commesso l'errore di sottovalutare il nemico. Uno studio accurato delle operazioni francesi e spagnole nel Riff e nel Marocco aveva costituito il terreno di base per lo studio preliminare della campagna etiopica. In particolare, era stato analizzato in tutti i dettagli l'uso di autoveicoli, armati e non, fatto dai francesi, come pure l'impiego dell'arma aerea da parte degli stessi; la medesima cosa era stata fatta per le operazioni giapponesi in Manciuria e nel Gehol. Si poteva quindi effettivamente sostenere che le manovre cli Graziani in Somalia fossero state modellate sui tipi di queJJe svolte in Marocco ed in Oriente. Di conseguenza, era del tutto errato affermare che, essendosi dimostrati di basso profilo militare l'organismo ed i procedimenti bellici etiopici, non vi fosse nulla da imparare dalla campagna. Anzi, dal punto di vista puramente militare si poteva trarre la conclusione, molto importante, che le risorse moderne potevano essere applicate ai meno promettenti terreni di guerra con risultati rilevanti, e per di più che grossi eserciti potevano essere vantaggiosamente impiegati in terreni anche particolarmente difficili se appoggiati da metodologie di traspo1to e rifornimento tecnicamente aggiornate. Il che, ovviamente, comportava l'aver dietro di sé un si stema stradale ben congegnato che permettesse il movimento cli trasporti meccanizzati per l'alimentazione logistica. Le opere compiute in questa campagna dagli italiani erano state, sotto questo punto cli vista, forse fra le più notevoli di tutti i tempi, e ciò faceva si che fosse del tutto legittimo che essi fossero altrettanto orgogliosi di questo aspetto come di qualsiasi altro, anche se andava riconosciuto come questi lavori non fossero mai stati interrotti da attacchi aerei della contropa1te. Ad ogni modo, concludeva l'ufficiale britannico, pur non essendosi combattute delle battaglie veramente grandi, pur godendo l'Italia del beneficio di una superiorità schiacciante in fatto di armamenti e pur trovandosi di fronte un avversario primitivo, statico, mal guidato e poveramente equipaggiato e che faceva affidamento solo sul proprio innato valore e su una condotta tattica di massa, la grandezza dello sforzo militare italiano non ammetteva dubbi di sorta (535 ) . Nell' autunno del 1937 il gen. Fuller, ciel quale abbiamo già anticipato alcuni giudizi tecnici, dava a lle stampe un volume dal titolo "The jì.rst of the League war", nel quale asseriva come senza l'intervento della S.d.N. l'Italia avrebbe condotto delle operazioni militari di grande durata a carattere prevalentemente politico aventi per scopo piuttosto l' occupazione pacifica dei territorio che non il
535 AUSSME, Dl- 125, De Wauevil le H., "The italian-eLhiopian war", in: "The Nineteenth Century'', n° 714, august 1936.
I giudizi stranieri
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conseguimento di immediati e decisivi 1isultati militari; avvenuta invece l'applicazione delle sanzi01ù, l'Italia sarebbe stata costretta a cambiare tattica e ad iniziare una guerra condotta con risolutezza e con l'uso di tutti i mezzi militari a sua disposizione. Fuller riteneva di trovare una prova della propria tesi nel fatto che fino al 18 novembre 1935 il maresciallo De Bono si sarebbe linùtato, a suo parere, a conseguire risultati militari graduali, preceduti da un'adeguata preparazione politica fra Je genti dell'Etiopia; nel secondo periodo del contlitto, che l'autore sosteneva costituire la vera guerra, egli considerava due fasi. Nella prima, il maresciallo Badoglio si sarebbe ispirato ai principi bellici classici, nella seconda, che comprendeva all'incirca le ultime sei settimane delle ostilità, egli, per ordine ed intervento diretto cli Mussolini, avrebbe adottato i nuovi criteri della guerra moderna e quale solo uno stato totalitario poteva condw-re, una guerra cioè basata sull' impeto, sull'audacia, sull'offensiva condotta senza esitazioni da colonne mobili e sull' uso integrale dei mezzi più recenti, in primo luogo l'arma aerea (536). Ma tra le fon ti inglesi più autorevoli non si può sottacere il commento di Liddel Hart, critico militare del Tim.es ed esperto di chiara fama. Ne l volume Eumpe in Arms edito nel 1937, egli metteva in evidenza le proprie te0Cie sulla preminenza da accordare alla mobilità rispetto alla massa, principi antitetici e conflittuali ma ciò nonostante contemporaneamente perseguiti in vari eserciti, tra cui quello italiano, dando luogo ad una rischiosa ed inceppante commistione. L'analisi di Liddel Hart diveniva ancora più penetrante allorché, dopo aver constatato come quello inviato dagli italiani in Etiopia fosse un esercito vecchio stile, rilevava che l'impiego di qnesto esercito fosse stato modificato negli ultimi due mesi della campagna. All'inizio, automezzi ed aerei erano poco piì:1 che un ornamento rispetto alla prevalenza della fanteria , il cui addensamento in Etiopia era dipeso dal timore delle masse avversarie, prodotto del]' "ossessione" cli Aclua, nonché de lla necessità di costruire strade impiegando, oltre a numerosi lavoratori, altrettanto numerosi soldati atti a proteggerli. Le avanzate dei primi due mesi avevano confermato la difficoltà da parte italiana cli impiegare utilmente elementi di superiorità quali la potenza di fuoco, i mezzi motorizzati e l'aviazione. Venendo poi alle operazioni condotte da Badoglio e da Graziani, Liddel Hart notava come gli italiani avessero imparato molto presto a valersi correttamente del la potenza difensiva anche agendo offensivamente; ma, soprattutto, essi sembrarono aver improvvisamente assimilato alcune lezioni relative alla prevalenza della mobilità sulla massa. Un'invasione iniziata con centinaia di migliaia di uomini fu condotta infatti a risultati decisivi eia piccole forze ben proporzionate e da uomini ed autoveicoli riforniti, oltrechè appoggiati, dall' aviazione. Alla fine fu dunque la meccanizzazione, intes a in senso ampio come utilizzazione bellica ciel motore a combustione interna, a dare l'impulso decisivo, a rendere paganti in forma rapida e concreta i successi preparati con il fuoco dell ' artiglieria e delle armi d' accompagnamento nonché con l'arma chimica (537 ).
536 Fuller J.F.C .. "The first o f 537
che Leag ue war" , Londo n, Casse!, 1937. L id de l Han B.H., "Europe in Arms", L<mdon , Weide nfeld & N icolson, 1937.
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La campagna italo-etiopica, 1935-1936
Per quanto riguarda i giudizi espressi da parte tedesca, un editoriale comparso su un quotidiano nel luglio 1936 poneva l'accento soprattutto su quanto gli italiani avevano fatto per la rapida organizzazione delle comunicazioni di retrovia, per l'inoltro degli ingenti rifornimenti e per la costruzione di strade. Nel campo della condotta tattica, invece, poco vi era stato di nuovo: guerra di movimento e di difesa con modalità antecedenti alla guerra mondiale. Gli etiopici non avevano saputo sfruttare la loro attitudine alla guerriglia, particolarmente favorita dal terreno, né la vulnerabilità delle lunghissime linee di comunicazione degli italiani. Gli istruttori europei, per lo più avventurieri, avevano fatto più male che bene, non sapendo sfruttare gli istinti guerrieri della razza e dimostrandosi inadatti alla preparazione di un idoneo piano di operazioni. Ma, continuava l'estensore dell'articolo, era necessario infine riconoscere come l'esame degli insegnamenti tattici e tecnici della campagna non fosse sufficiente per giungere al nocciolo di tutti gli ammaestramenti e di tutte le esperienze, che era da ricercarsi nella formazione di tutto il popolo italiano ad uno spi1ito combattivo, per cui l' aumentata capacità delle truppe regolari e la pronta efficienza delle formazioni volontarie non dovevano attribuirsi al caso: la stupefacente capacità di resistenza del soldato italiano alle avversità di clima e di teneno, alla fame ed alla sete doveva ricercarsi unicamente nello spirito nuovo, franco e vitale, impresso dal regime fascista . E soltanto sotto una forma di governo autoritario e che sapeva chiaramente quello che voleva si era potuti essere vittoriosi anche nella contemporanea guerra economica contro una cinquantina cli Stati di tutto il mondo (538). Di paiticolare interesse per gli insegnamenti di ordine generale che, a eletta del suo autore, si potevano trarre dalle vicende italo-etiopiche, era un a1ticolo pubblicato in giugno su un giornale cli Dresda. Tali insegnamenti erano così sintetizzati:
1. Di fronte ai discorsi, ai sentimenti e alla propaganda, soltanto i fatti hanno valore. Soltanto il fatto compiuto crea la decisione. 2. Non esiste uno status quo europeo, come non esiste una pace mondiale. Fino a che vi sia soltanto una Società delle Nazioni e non una comunanza di popoli, basata non su privilegi, ma sulle reali esigenze di ciascuno, vi saranno guerre. 3. Alla lunga non esiste nessuna politica del sentimento. Vedi amicizia italoinglese, vedi fratellanza latina. 4. Passi collettivi o sanzioni, anziché indurre il popolo colpito alla resa, determinano una più forte unione nazionale contro l'azione internazionale. Non servono alla pace, la loro ultima espressione logica è sempre la gue1Ta, anche se si vuole il contrario. Non si deve sottovalutare la propaganda internazionale, condotta senza scrupolo. Occorre contrapporle all'estero una contropropaganda altrettanto efficace, come insegna .il caso italiano. 5. Nella nostra era di nazionalismo, ogni pressione esterna provoca un rafforzamento della unità nazionale. Le cosiddette dittature sp1igionano dalle 538 AUSSME, Dl-128, editoria le su "VoJkischer Beobachter" del 19.7.1936.
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I giudizi stranieri
nazioni forze insospettate, perché in realtà non si tratta di dittature, ma della più forte espressione della volontà di un popolo, che si mette al seguito di colui che soltanto è capace di fargli raggiungere le mete stabilite (539). Di carattere più specificamente tecnico erano le considerazioni espresse da un esperto militare sovietico, Victor Khovalev, secondo il quale la campagna in A.O. era stata, innanzitutto, una dimostrazione di cosa poteva consentire la tecnica moderna della guerra di montagna ed in un teatro d'operazioni senza risorse; in secondo luogo essa aveva insegnato molto dal punto di vista dell'organizzazione delle retrovie di un esercito moderno. Prima dell'inizio del conflitto, molti erano dell'avviso che l'esercito italiano non sarebbe stato capace di condurre la guerra in zone cli alta montagna, che in esse i mezzi tecnici non avrebbero trovato utile impiego, che l'alta capacità di manovra delle truppe etiopiche avrebbe dato loro la possibilità di distruggere le vari.e colonne italiane, e che tanto più gli italiani avessero cercato di penetrare nel cuore del Paese tanto piLl facilmente gli etiopici avrebbero potuto svolgere azioni contro le loro vie di comunicazione. Ora, a guerra conclusa, vi era invece la tendenza a spiegare tutti gli insuccessi etiopici con la superiorità dei mezzi tecnici italiani, e talvolta persino con soltanto una parte di questi, e cioè con gli aggressivi chimici. Indubbiamente le forze dei contendenti erano inuguali, essendo l'esercito italiano moderatamente attrezzato e dotato, al contrario di quello avversario, di mezzi tecnici avanzati; tuttavia, chiedeva l'articolista, era stata soltanto la tecnica la causa dei successi italiani? Per rispondere a questa domanda, iniziava la sua analisi dal principale argomento di coloro che avevano profetizzato per gli italiani un pronto e completo insuccesso, e cioè che l'Etiopia era costituita da monti, vallate e foreste. Ma sul fronte settentrionale erano state inviate divisioni italiane provenienti appunto da regioni di montagna, ed in particolare la Div. Pus1eria, l'ultima arrivata in Africa, era composta di speciali reparti alpini, ed era proprio ad essa che il maresciallo Badoglio doveva la vittoria dell'Amba Aradam. la presa dell'Amba Alagi e l'accanita resistenza contrapposta alle truppe del Negus presso il Lago Ascianghi. Passando poi all'analisi della condotta delle operazioni da parte etiopica, specifica attensione era riservata alle possibilità che sarebbero potute derivare dal ricorso alla guerriglia. A tale proposito, l'articolista esprimeva non poche perplessità, anche in vista di future guerre su scenari europei. Se le truppe italiane fossero state seguite, come gli eserciti del 1914, da intere colonne di convogli carichi di vettovaglie e munizioni - ad esempio, un convoglio carico di vettovagliamento di un corpo d'armata dell'esercito zarista era composto di 750 carri a due cavalli ed aveva uno sviluppo cli 7- J O km. - ogni piccolo distac-camento di guerriglieri avrebbe avuto la possibilità di sparare qualche cartuccia per colpire i cavalli; la ferita di uno di essi recava un danno cli 448 kg. di vettovagliamento o di foraggio, cioè i viveri di una giornata per una compagnia o per 50 cavalli. Ma una tale situazione ora non esisteva più. La costruzione delle strade ed il trasporto automobilistico avevano semplificato i rifornimenti delle truppe. 11 fabbisogno giornalie539
AUSSME, Dl - 125, prot. 710 del 9.6.36 da Uff. Add. Mi i. Berlino
Mancinclli.
1J
S.I.M. , f. to ten. col
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La campagna italo-etiopica, 1935-1936
rodi una divisione si calcolava in 27 tonn. cli viveri e circa 40 tonn. di foraggi, che rappresentavano il carico cli 45 autocarri che facevano 150 - 200 km. al giorno. Una simile colonna, lunga dai 450 ai 1.500 mt., era facilmente difendibile con autoblindo e gli automezzi potevano essere armati con una decina di mitragliatrici. Un autocarro, inoltre, costituiva un bersaglio molto più piccolo di un carro trainato da due cavalli, ed un piccolo reparto di guerriglieri non poteva far nulla contro una colonna autocarrata. La tecnica moderna aveva cambiato l'aspetto delle linee di tappa e le aveva rese molto meno vulnerabili. Era quindi comprensibile, concludeva il Khovalev, come i successi dell'attività guerrigliera etiopica durante tutta la campagna fossero stati minimi (540). Ma i giudizi ancora più interessanti sono quelli ricavabili dagli "lntelligence Summaries and Appreciation" del War Office inglese, stilati guerra durante, allorché le vicende erano tuttora in corso, una stesura quindi "a caldo", con tutti i limiti ma anche i pregi che essa comporta, più importanti i secondi dei primi sia perché consentono di valutare realisticamente, sulla scorta degli elementi conoscitivi del momento, la qualità del lavoro svolto da quello che, all'epoca, era considerato il più organizzato ed efficiente servizio informativo, e sia perché scevra cli quelle elaborazioni a vicende concluse che non possono non giovarsi di una conoscenza a posteriori dei fatti. Nella ricerca che abbiamo effettuato direttamente presso il Public Record Office inglese abbiamo visionato un'ampia documentazione in tal senso, costituita da una se,ie di rapporti nei quali era sintetizzata con britannica sostanzialità la situazione militare nei due scacchieri etiopici principali, quello settentrionale e quello meridionale, con saltuari accenni anche a quella italiana in Libia, Egeo e Dodecanneso nonché a quella in atto in Addis Abeba. Scarse e piuttosto brevi le valutazioni cli carattere politico. La maggior parte dei predetti documenti opera una rievocazione cronologica degli avvenimenti operativi, sostanzialmente esatta se messa a confronto con quella reale e fatte salve alcune discrepanze, soprattutto statistiche, inevitabile riscontro di ogni ricerca informativa fatta "sul tamburo". Stante il loro interesse, riteniamo opportuno riprodurre in allegato qualcuno tra i più significativi (AH.ti da 338 a 345) sia per la data di compilazione e sia per la tematica trattata (uno solo è antecedente all'inizio delle ostilità, essendo datato 22 agosto 1935, e lo riproduciamo nell' All. 346 perché accenna alla disponibilità, da patte delle divisioni CC.NN., di strutture per la guerra chimica), riportandoli per esteso o solo nelle parti più rilevanti, sottolineando all'attenzione del lettore soprattutto le conclusioni nelle quali si esprime l'essenza dell'attività valutativa. Nell 'ambito dei rapporti "intelligence" va anche menzionato quello rappresentato dal Diary and reports of the U.S. Naval Observer qf ltalian Opermions in East Africa, edito nel marzo del 1937 a cura dell'Ufficio ciel Capo delle Operazioni Navali del Naval Jntelligence americano. Custodito per oltre 30 anni negli archivi riservati di Washington, è stato declassificato e reso disponibile solo alla fine degli anni Sessanta. Il compilatore del rapporto è il ten. col. del Marine
540
AUSSME, D 1-125, documento isolato senw a.lcun elemento di riferimento.
I giudizi stranieri
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Cmps Pedro A. Della VaJJe che, non appena apparve prossimo l'inizio della campagna italo-etiopica, fu designato quale Assistente Speciale dell'Addetto Navale presso l'ambasciata statunitense in Roma, con l' incarico di seguire quale osservatore, previo permesso delle autorità italiane, lo svolgersi delle operazioni. Espletò la missione in tre diverse fasi, dal 3 marzo al 22 novembre 1935, dal 14 dicembre 1935 al 1° febbraio 1936 e dal 21 al 30 marzo 1936, redigendo un dettagliato resoconto degli eventi bellici, alcuni dei quali aveva potuto seguire direttamente, ed una serie di annotazioni tecniche che risentivano, peraltro, di una conoscenza alquanto sommaria delle procedure operative terrestri. Più interessanti, a nostro avviso, quelle relative alle persone incontrate, ufficiali italiani di ogni grado, rappresentati diplomatici di varie nazioni, giornalisti, uomini d'affari, che lo portarono alla conclusione che la guerra fosse una carta moschicida su cui andavano a posarsi avventurieri, affaristi, filantropi, mercanti d'armi, informatori, giovani sognatori in cerca di gloria e persone di ogni rango sociale assetate di emozioni forti (541 ).
54 1 AUSSME, D 1-239, "Diary and Reports of the U.S. Naval Observer of italian operations in East Africa", Office of the Chief of Naval Opcr:ations - Naval lntclligence, Washington, rnarch 1937 ; cfr. anche ··un amico americano alla conquista dell 'Etiopia", in: " La Stampa", l 7 .8. I 995.
CAPITOLO XXH
IL CONSENSO E LE MOTIVAZIONI PER L'IMPRESA: UN COMMENTO DI CHIUSURA
La guerra d' Etiopia fu un successo strepitoso per il regime fascista, che raggiunse nel 1935-1936 il massimo della popolarità, e le cause erano state molteplici. Tra esse, una campagna propagandistica abilmente organizzata mediante l' utilizzazione dei mezzi d i comunicazione di massa, lo spirito di reazione conu·o le manifestaziorù di ostilità internazionale, il miraggio della facile conquista di una buona terra e di un rassicurante futuro oltremare e, non ultima, il fascino misterioso di una regione esotica ma pur sempre familiare legata com' era ai ricordi di fine Ottocento. La campagna d 'Etiopia fu la pi ù popolare di tutte le guerre italiane, coloniali e non, e forse come non mai le sorti della nazione e del fascismo apparvero indissolubilmente legate. L'opposizione esterna si rivelò, tuuo sommato, un sostegno ed un impulso vitali stico per una rapida conclusione, mentre quella interna ebbe dimensioni assolutamente esigue, riducendosi ad azioni di inconsistente e sterile propaganda cartacea fra gli emigrati in Francia ed in Svizzera che non raggiunsero peraltro mai il territorio na7.ionale. Per quanto riguarda l'attività d i propaganda svolta pro e contro l'Italia e la sua azione poJitica e militare in Etiopia, r iteniamo che per il primo aspetto possa risultare significativo il documento riportato nell'Ali. 347, una si ntesi del contributo offerto dal li C.A. allo sviluppo socio-econonùco ed ambientale in genere del Tigrai Occidentale che, pur nella sua configurazione genuinamente resoconti:;ta, per la fonnulazione statistica crediamo abbia av uto più una destinazione propagandistica, da svilupparsi a cura del la struttura superiore alla quale era indirizzata (il C.S.A.0.), che non semplicemente informativa. Un altro documento molto più esplicito in tal senso è quello rappresentato dalle direttive trasmesse dal S.l.M. ali' Addetto Mi litare in Francia relativamente all'indirizzo da seguire per le pubblicazioni di carattere storiografico sul la campagna etiopica (Ali. 348). Circa l'azione di propaganda anti-italiana, i documenti che siamo in grado di riprodurre in allegato come emblematici al riguardo sono rappresentati da un volantino del Partito Comunista d'Ital ia del dicembre 1934 (A li. 349), eia un promemoria di una fonte informativa in Svizzera che re laziona sull ' attività contro l'impresa etiopica svolta dalle organizzazioni soeialcomuniste a Zurigo e nel Canton Ticino (A li. 350), da una comunicazione della nostra ambasciata a Parigi in me,ito all'organizzazione cli una legione cli fuoriusciti ita liani eia inviare a combattere a lianco deg li etiopici (Ali. 351), da un provvedimento di trasferimento in Sardegna di alcuni militari alloglotti di origine altoatesina che avevano
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manifestato sentimenti antinazionali e propositi di diserzione (Ali. 352) ed infine da un rapporto sull'affidabilità di altri militari alloglotti di matrice slovena dislocati in A.O. in relazione alla propaganda disfattista degli stessi attivata fra i commilitoni (All 353). A livello satirico, vanno ricordate le vignette pubblicate sul settimanale inglese Punch tra il maggio l 935 ed il luglio 1936, interessanti in quanto rievocano lo svolgersi degli avvenimenti interpretati da molti dei principali caricaturisti inglesi dell'epoca, il cui lavoro era impo1tante poiché contribuiva a formare e cristallizzare l'opinione pubblica su quello che il periodico considerava uno dei temi più impo1tanti del momento. Negli Ali.ti da 354 a 357 sono riprodotte 4 vignette ritenute a nostro giudizio tra le più attraenti fra la trentina di quelle esaminate. Ma ciò che va altresì tenuto presente è che il "clima" della campagna, al di là del canale di Suez, fu tutt'altro che "imperiale". L'inevitabile atmosfera retorica della quale erano permeate strade e piazze e che assumeva proporzioni ridondanti attraverso le colonne dei giornali, non sembrava capace di attecchire in terra africana. L'impresa d'Etiopia, del resto, era in linea con il carattere e le aspirazioni nazionali, e l'italiano - soldato, generale, impiegato, operaio, imprenditore, studente, avventuriero che fosse - andò laggiù obbedendo ad un richiamo naturale, molto più naturale di qualunque altro appello più o meno aulico. Si andava, in primo luogo, per conquistare la nuova terra, per cercarvi un piccolo terreno da coltivare, un modesto commercio od una piccola industria da attivare; Con-ado Alvaro, nel suo diario, racconta di soldati che andavano in Africa portando con sé un sacchetto di sementi d'una specie selezionata e familiare, una notazione piccola, apparentemente banale, ma che rappresenta invece una delle chiavi per comprendere cosa fu per tanti italiani la campagna d' Etiopia ed il consenso che si stabilì nei suoi confronti (542). Una riprova è data da alcune centinaia di lettere di operai italiani di quel periodo p ubblicate nel 1938 dall.a massima organizzazione sindacale dei lavoratori (543 ) ed il cui testo è pertanto sopravvissuto alla distruzione degli archivi nei quali erano state conservate. Da quelle missive, quasi sempre molto semplici, traspare chiaramente lo stato d'animo dei combattenti e degli operai. Oltre all ' unanime entusiasmo per l'impresa militare e per le realizzazioni civili, denominatore comune appare anche il convincimento di essere portatori di civiltà, di porre fine ad un sistema primitivo ed ancora feudale caratterizzato dalla persistenza della schiavitù (544). Si può affermare, 'J)erciò, che l'impresa ebbe una propria grandezza, tutta consistente nei fatti più che nelle parole, una grandezza, in alt1i tem1ini, di contenuto più che di forma . Ne consegue come tutte le odierne critiche cli carattere moralistico-demagogico non abbiano alcun valore storico essendo influenzate dal senno del poi, mentre l'attitudine del popolo italiano verso questa guerra va vista nel quadro delle idee, dei sentimenti
542
Alvaro C., "Q uasi una vita", Mil ano, Longanesi, pag. 163. Confederazione Fascista dei Lavoratori de ll' Industria, "l i cuore dei lavoratori nell a guerra fascis ta", Roma, Unione Edi1oriale d'Italia, 1938. 544 Lodolini E., "Le fonti della politica colon iale negl i Archivi di Stato italiani ", in: "fo111i e problem i della politica coloniale italiana" , (Taormina-Messina, 23 -29 ottobre 1989, Alti de l Convegno). 543
Il consenso e le motivazioni per l 'impresa: un commento di chiusura
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e degli interessi del tempo. E che esso fosse favorevole nella pressocchè totalità è confermato anche dall'adesione di non pochi oppositori del fascismo sia in Italia che all'estero. ln contemporanea con la radicalizzazione della situazione internazionale, il tema centrale divenne però sempre più quello dell'egoismo e della "perfidia" inglese e dell' antifascismo societario, simboleggiati nella figura di Eden. Specie nella seconda metà del 1935 la polemica antibritannica divenne il fulcro della campagna propagandistica. Le contraddizioni della politica inglese ed alcune sue mosse psicologicamente e materialmente errate perché non attuabili in pratica, come l'invio della Home Fleet nel Mediterraneo, fornirono ottimi argomenti a questa polemica, facendone un po' a tutti i livelli un fattore decisivo ai fini della mobilitazione e dell'esaltazione dell' orgoglio nazionale (Ali. 358) e contribuirono in misura determinante a far convergere sempre maggiori consensi attorno alla figura di Mussolini. E per avere un quadro completo di quel periodo va adeguatamente valutata l'influenza che sull' orientamento dell'opinione pubblica ebbe l'atteggiamento della Chiesa. Ufficialmente la Santa Sede tenne durante tutta la vicenda etiopica un atteggiamento di neutralità, anche se in pratica la sua posizione sarebbe stata però sempre favorevole alla politica italiana, pur se ufficialmente essa avrebbe cercato, come da antica costumanza, cli non compromettersi con manifestazioni e prese di posizione pubbliche che, oltre tutto, sarebbero riuscite sgradite a settori non trascurabili del mondo cattolico fuori d'Italia. Coloro che, invece, sin dall'inizi.o si impegnarono sempre più esplicitamente a favore della politica mussolini ana furono, nella loro quasi totalità, l'episcopato, il clero, la stampa cattolica e, sulla loro scia, gran parte delle organizzazioni del laicato cattolico, facendo proprie molte delle tesi che venivano proposte dalla propaganda del regime, e ciò con tanta maggior presa sull'opinione pubblica considerando che tra i loro promotori vi erano anche religiosi e laici che sino a qualche anno prima avevano assunto verso il fascismo un atteggiamento critico o addirittura ostile (545) . Anche a livello di quei settori della classe dirigente che avevano avuto sino allora un atteggiamento perplesso o, in qualche caso, decisamente critico, la realtà della guerra ormai in atto fece scattare la molla morale del patriottismo, del dovere di ogni cittadino di porre la Patria al di sopra di tutto e cli sacrificarsi se necessruio per essa. Giusta od ingiusta, opportuna o meno che fosse, la guerra metteva ormai in gioco il destino stesso dell ' Italia, il suo avvenire, il suo posto fra le altre nazioni: per la quasi totalità della classe dirigente italiana, allevata e nutrita al culto dei valori nazionali ed alla tradizione nazional-patriottica risorgimentale, ciò eliminava alla base ogni altro problema ed in certi casi rendeva l' impegno morale anche più forte, una sorta cli sacrificio della propria personalità individuale a beneficio di quella collettiva de lla Patria, una Patria che, in quanto ta-
s45 cfr. D~ Fe lice R., op. cit.. pagg. 623-624 e "La Santa Sede ed il confl illo italo-etiopico ne l d iario di Bernardino Nogarcl", in : "Storia Contemporanea"', 3/1979, pagg. 823-833; Lazzero R., " Il P.N.F.", Milano. Rizzoli , 1985, pag. 60; Zaghi C., " L'Africa nell a coscienza europea e l' imperialismo italiano", Napoli, Guida, J973, pagg. 450-45 1.
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le, trascendeva lo stesso fascismo. Se non si valuta adeguatamente questa situazione morale, riprodottasi poi in larga misura anche nel 1940, è impossibile, secondo l'analisi di De Felice, rendersi veramente conto del perché attorno alla guerra d'Etiopia si realizzò un'unità degli italiani tanto vasta da coinvolgere anche molte persone che fasciste non erano e talvolta financo degli antifascisti. Si correrebbe il rischio di non capire o, peggio, di fraintendere (attraverso un giudizio cli opportunismo) come uomini che pur non erano fascisti fossero andati a combattere quali volontari in Africa, convinti di offrire così il maggior sacrificio alla Patria e, forse, di contribuire ad un'auspicabile, futuro rinnovamento del regime e delle sue principali connotazioni (546). Nel capo cli esso, Benito Mussolini, soprattutto in quello scorcio fra il I 935 ed il 1936 un rilevante intuito si sommò ad un realistico "senso del limite", un connubio essenziale per penetrare la condizione psicologica di base che dominò in tale periodo il personaggio, lo sorresse anche nei momenti più diffi cili, gli diede la certezza che l' Inghilterra, alla fine, non si sarebbe veramente opposta alla sua politica etiopica e gli fornì il coraggio per giocare fino in fondo una partita che, se questa certezza si fosse dimostrata errata, aveva per posta il suo potere ed il futuro dell'Italia in quanto grande potenza, Se infatti fu il suo intuito politico a dargli la certezza che avrebbe vinto la partita, fu grazie al suo senso del limite che riuscì, anche nei momenti più drammatici, a non recidere mai il sempre più esile filo di collegamento con Londra e ad evitare che, nonostante tutto, si potesse mettere in dubbio il suo interesse di fondo a non rompere irrimediabilmente la solidarietà con Francia ed Inghilterra a livello europeo. In termini cli capacità di autocontrollo personale e di utilizzazione di quel tatticismo spregiudicato del quale era dotato, non v'è dubbio che la guerra d 'Etiopia fu il capolavoro politico cli Mussolini, perché egli credette in essa profondamente, come probabilmente in nessun 'altra sua iniziativa politica. E v i credette, aggiunge De Felice, non solo strumentalmente, in funzione del suo prestigio personale o, se si preferisce, della logica della sua visione dei rapporti internazionali e della politica estera italiana, ma intimamente, come qualcosa che corrispondeva alla ragion d'essere della propria fig ura storica, per cui essa assunse per lui il valore di una missione che doveva far sì che la nazione riconoscesse nella sua la propria vocazione, il proprio dovere assoluto, e si realizzasse quindi quella identificazione tra vox ducis e vox populi che sino allora il fascismo non era stato in grado di realizzare compiutamente. Da qui la tensione anche morale con la quale egli visse gli avvenimenti del 1935-1936 e la capacità di dominarli tatticamente di volta in volta, anche quando essi sembravano smentire le sue previsioni e portare verso sbocchi diversi da quelli inizialmente previsti ed auspicati, senza per questo turbarsi p iù di tanto e tanto meno rinunciare ai propri propositi (5 47 ) . Non resta, giunti al termine di queste considerazioni conclusive, che cercare di rispondere al quesito forse piL1 realistico di tutta la questione, e cioè se l'inizia-
546 Dc Fel ice R., op. ciL, pag. 626. 547 De Fel ice R., op. cit. , pag. 642.
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tiva militare contro l'Etiopia sia stata o meno un e1Tore da parte dell'Italia e se, comunque, il gioco valesse la candela. Se cioè, in altri termini, le final ità utili alla nazione per le quali essa fu attivata si sarebbero potute conseguire, in tutto od in prute, con altri mezzi che escludessero l'impiego della forza nel modo in cui fu messo in atto. Sotto più punti cli vista la conquista dell'Etiopia potrebbe considerarsi come un errore. Si può affermare che quell ' iniziativa turbò irreparabilmente l'equilibrio della nostra politica estera distogliendoci dall'assolvere, con Francia ed Inghilterra, una necessaria fu nzione di arginamento nei riguardi della politica tedesca di riarmo ed espansione. Si può inoltre sostenere che i vantaggi offertici dall'impresa etiopica non valevano, e non avrebbero mai ripagato, i mezzi che vi furono da noi prodigati. Si può infine affermare come l'iniziativa fosse quanto meno anacronistica, dal momento che il colonialismo aveva già imboccato il viale del tramonto, e pochi anni dopo ne sarebbe iniziato il rapido crollo sotto la spinta della crescente aspirazione all'indipendenza da parte dei popoli soggetti. Ma in particolare a quest'ultima considerazione si può agevolmente opporre come essa non tenga conto di un dato, semplice ma fondamentale, che cioè qua'ii che fossero i segni premonitori dei nuovi tempi, ancora, di fatto, nel 1935, nessuna potenza coloniale aveva restituito o dichiarato di voler restituire l'indipendenza ai propri sudditi: tutta l'Africa era in mano a potenze colonizzatrici né esisteva, praticamente, principio operante della vasta e rapida trasformazione che, dopo il secondo conflitto mondiale, avrebbe portato al l'indipendenza la quasi totalità de!Je colonie straniere del continente (541\ Anche a proposito dei vantaggi che il possesso dell'Etiopia offriva, chi li ha prospettati come esigui od insussistenti ha avuto buon gioco contrastando le retoriche magnificazioni che erano state fatte da chi sosteneva il contrario. Secondo gli antifascisti dell'epoca, la campagna contro la guerra avrebbe dovuto essere condotta non tanto in nome di principi morali e di argomenti giuridici quanto attraverso la dimostrazione dell'esiguità e dell'inutilità della conquista. Ma è certo che non si rimedia all'esagerazione esagerando nel contrario: come afa ferma giustamente Pignatelli, che un Paese come l'Etiopia, dal territorio tre volte più grande di quello italiano ed abitato da una popolazione cinque volte inferiore per numero alla nostra; dal clima salubre in gran parte del Paese; dalle poco esplorate riserve minerarie già, però, in qualche luogo promettenti; 54 8
Un' indipende111.a, per molte di esse, pagata comunque a carissimo prezzo. Paolo Granzotto ha ri lasciat<1 in proposito una sign ificativa testimonianza, a seguito di un incontro con Siad Barrè, cx presidente della repubbl ica somala. Questi ebbe a dirgli: "E' molto confonanre essere padroni in casa propria. Ma durante l'occupazione italiana, se arrivava la cares1ia, toccava a voi darci da mangiare. se l'epidemia 1occava a voi curarci, se gli erilrei ci auaccavano toccava Cl voi difenderci. E finta n10 che c'erava/e voi 11011 abbiamo mai pali/o lafa11r.e, mai s1atifalcia1i dC1lle epidemie, mai in.vasi dal nemico". Era lo stesso Barrè che aveva risposto, alla deleg,1zione governativa italiana la qua le, indignata dalla profluvia di simboli fasc isti ancora presenti a Mogadiscio, pretendeva che fossero abbattuti: ''Io lajàrò quando voi abballerew il Colosseo. Perché come il Colosseo appar1ieise a/ICI vo.1·1ra sioria, i fasci li110rio. i nodi Savoia e i Dux appartengono alla nostra" (Granzotto P. , "Le guerre tribali del buon selvaggio". in: " Il Giorna le", 9 .6.2000).
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dalle foreste vaste e ricche delle più varie essenze; dalle ancora non valutate possibilità di sviluppo cli un'agricoltura quanto mai arretrata; che tutto ciò potesse definirsi esiguo ed inutile non era certamente meno eccessivo che vedere in quel territorio una specie di terra promessa dalle sconfinate ricchezze (549). Il documento riportato nell'Ali. 359, frutto di un ' intercettazione radiofonica del 7 maggio 1936 di un' emittente londinese, rivela quali fossero i progetti di Mussolini circa il conquistato impero etiopico, che si sarebbero ispirati al modello britannico per l'India. Per quanto attiene infine ai risultati che si sarebbero potuti ottenere con modalità diverse da quelle di un'azione militare, larisposta dipende da ciò che si intende con la parola "risultati", dal momento che se ciò a cui si mirava era un'affermazione di prestigio, è chiaro che questa poteva essere perseguita solo attraverso l'uso delle armi. Ma anche laddove le proposte per un compromesso avessero potuto sortire un qualche effetto, è da considerare come le stesse arrivassero un po' troppo tardi perché fossero accettabili da chi aveva già compiuto uno sforzo sufficiente a garantire risultati ben maggiori di quanto quelle offerte promettevano. Pure, non è certo da escludere che il più vantaggioso di quei compromessi, quello prospettato nel piano Hoare-Laval, sarebbe stato accettato se le trattative fossero state condotte in modo diverso da come lo furono. Quello che è lecito porre fortemente in dubbio è la stabilità di una situazione che fosse nata da un accordo così raggiunto e che, in definitiva, avrebbe scontentato quas.i tutti: gli inglesi per aver visto accresciuta la potenza italiana in una zona per loro strategicamente vitale, sia per il controllo delle rotte del Mar Rosso, sia per la dominante posizione dell'acrocoro etiopico nell'Africa Orientale; Mussolini per non aver raggiunto gli obiettivi integrali verso i quali s'era clamorosamente avviato; l'Etiopia, infine, per aver subìto mutilazioni che l'avrebbero ridotta, nel territorio e nella sovranità, ad una parvenza di Stato (550). Un'analisi tra le più serene ed equilibrate è, a nostro avviso, quella operata da Raffaele Guariglia, che proprio fra il 1935 ed il 1936 coordinò a Palazzo Chigi l'attività dei vari uffici che si occupavano deJJa questione etiopica e pertanto ne conobbe direttamente a fondo le vicende, che offre d'altro canto valide garanzie di obiettività essendosi espresso, in merito ad altri aspetti della politica estera mussoliniana, in termini senz'altro critici. Guariglia, nelle sue memorie, ha affermato che l'Italia, per la sua posizione geografica, per la quantità e Ia,qualità della sua popolazione, era destinata ad essere una potenza coloniale africana e doveva far di tutto per diventarlo e per accrescere il più possibile la sua sfera d'azione in quel continente, ed in particolare che il naturale teatro dell'espansione italiana dovesse essere, per tutta una serie di motivi storici, politici e psicologici, proprio l'Etiopia, Aveva altresì aggiunto come la campagna contro cli essa costituì non solo una bellissima pagina militare ma anche un'azione politica, audace sì ma brillante e fo1tunata, e che i suoi risultati sarebbe stati utilissimi per il nostro popolo se le ulterio1i vicende politiche non li avessero frustrati, principalmente a
549 Pignatell i
L., op. cit., pagg. 29-30. op. cit., pagg. 31 -33.
550 Pignatelli L.,
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causa della situazione determinatasi in Europa per opera della Germania e della Russia ( 551 ) . Ad ogni modo a prescindere dalle considerazioni e dai giudizi di storici e protagonisti, per quanto ci riguarda non possiamo, e non vogliamo, esimerci dall'esprimere anche una nostra personale concl usione, la quale prende innanzitutto le mosse da una constatazione semplice ma essenziale, che cioè con il senno del poi è agevole - e comodo - riaffermare meriti profetici ed emanare sentenze in chiave di supponente onniscenza, così come risulta caratteristico della maggior parte degli opinionisti contemporanei. Certo, a ripensarci oggi, è facile comprendere la vanità e l' illusorietà dell'impresa, solo meditando sul fatto che di Etiopia, in casa, ne avevamo già abbastanza. L'estesa Italia del sottosviluppo, quella che malgrado gli sforzi finanziari del primo dopoguerra non era ancora riuscita a raggiungere un adeguato Iivello di reddito e di vita, ci avrebbe dato ben maggiori soddisfazioni se avessimo concentrato in essa l'immenso sforzo e l' esteso impiego di risorse che la campagna africana richiese. Non solo, ma già J'orizzonte politico mondiale era sufficientemente chiaro e minaccioso, nelle sue linee evolutive, perché apparisse evidente che l'ultima cosa al mondo da desiderarsi da parte nostra era la dispersione delle forze militari su una moltitudine di frontiere. Né, infine, si può misconoscere l'indubbia validità dell' affermazione di H. C. Bywater, uno fra i migliori esperti di strategia marittima degli anni Trenta-Quaranta: "Una grande potenza mediterranea che costituisca un impero al di fuori di questo mare, consegna degli ostaggi al corso degli eventi e si rende molto più vulnerabile all'influenza del potere marittimo altrui di quanlO non lo fosse in passato" (552). Ma l'ansia delle giovani generazioni di allora era, in effetti, quella di dimostrare al mondo, che da secol.i ci considerava un popolo imbelle e codardo perché per secoli tale eravamo stati, che quell' Italia era finita: ora ce n' era un'altra, con la quale bisognava fare i conti. A questo punto, meglio di ogni altra nostra considerazione riteniamo più essenziali ed esaustive le parole di un partecipante alla campagna d'Etiopia, uno dei tanti che, lasciate le aule universitarie, si era imbarcato per l' A.O. con in test.a un casco coloniale sul quale probabilmente, come usava allora, era scritto "W la classe 1911 ":
"[.... J D'accordo, fu tutto irrazionale, tutto fì.t dettato assai più dal sentimento che dalla ragione, avverandosi il deuo di Pascal che "il y a des raisons que la raion ne peut pas comprendre". Ma con ciò? Dovremmo forse cospargerci il capo di cenere e rinnegare gli impulsi disinteressati della gioventù e ridere di noi stessi per avere fatto ciò che, in quel momento ed in quel clima morale, giudicanuno essere il nostro dovere per contribuire al miglior destino della Patria? Non so, carissimi amici di ieri, di oggi, come la pensate voi. lo, che scrivo queste brevissime note, so soltanto come la
551 Guariglia R., " Ricordi (J922-1 946)'", Napoli, Gu ida, I 949, pagg. 172 e 235. 552 Giorgeri ni G., "La guen-a italiana sul ma(e", Mil ano, Mondatori, 200 I, pag. 37 .
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penso io, e non ho alcuna esitazione a dirvi che ritengo la inia scelta di allora come il dono più bello che la mia gioventù potesse fare al sogno, essendo il sognare l'essenza stessa della gioventù" (553). e aggiungeva che fra i molti motivi cli amarezza della sua vita vi era stato il fatto di essere stato chiamato a discolparsi, nel 1945, clall' accusa di "essere stato volontario nella campagna cieli' Africa 01ientale". Come in tutti i tentativi di analisi ed interpretazione di eventi storici, la soggettività riveste un ruolo di primo piano nel modo cli collocarsi, da parte del commentatore, di fronte all'oggetto della propria indagine. Né potrebbe essere altrimenti, quando si prenda atto che si tratta di una soggettività strettamente correlata al proprio schema storico personale, articolato in quelle componenti biografiche, socioculturali, ambientali ed esistenziali che per forza di cose non possono non condizionarne, guanto meno parzialmente, il giudizio, a prescindere dal livello intellettivo e maturativo di chi lo formu la. E, vorremmo aggiungere, forse una parte ancora piL1 pregnante è riservata a quella componente congenitamente strutturale, un ibrido di caratteriale, temperamentale e viscerale che, in maniera del lutto irrazionale e proprio per questo tanto meno preordinata, risulta avere così larga parte anche nelle valutazioni apparentemente più "scientifiche" ed asettiche. Il valore logico ed il valore istintivo non coincidono quasi mai. L'uomo tende a dimostrare vero solo ciò che crede, che "sente" vero. E gli uomini sentono vero solo ciò che ha un appoggio di realtà istintuali, affettive e sentimentali. E' in base a queste considerazioni del tutto personali, condivisibili o meno, e nell' intento di "dare un'anima" a questo nostro lavoro per molti aspetti necessariamente tecnico e pragmatico, che riteniamo opportuno concluderlo con alcuni brani tratti dalle pagine scritte da un combattente in Etiopia, la cui impronta intimistica sembra esprimere al meglio lo spi1ito ed il sapore cli un 'epoca:
"[ ....] Giornate di marcia faticosa, di avanguardia rischiosa, di combattimento; non sembrano più nostre tanto sono lontane, e paiono impossibili tanto sono belle.... . ... Passammo baluardi di montagne spremuti di ogni goccia di sudore su rampe di roccia rovente; incontrammo magici boschi d'acacie ombrellifere e di tamarindi e di prati leggeri come isole; sfiorammo baratri di deserte giogaie sotto cieli d'indaco vertiginoso .. .. .. .. Notti di veglia trepida e ansiosa, quando il battaglione isolato e lontano non aveva che gli occhi vigili delle sentinelle per scrutare il buio, e tu percorrevi incappottato la trincea attento all'urlo lamentoso delle iene ed all'inquietante risata degli sciacalli.... .... Tende d'Africa: tutte, sono una _fila lunga e bizzarra. Tende di tutte le stagioni, di tutte le soste, di tutti i climi; tende di tutte le forme, fatte alla meglio per il sonno di una notte o per l'attesa lenta di mesi ... .
553 Zappu lli C., "La ragione e il sentimento", in: "Il Tempo", 16. 10.1985.
Il consenso e le motivazioni per l'impresa: 1111 com.memo di chius11ra
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. ... Erano i giorni della nostra povertà: non s'aveva nulla di nostro intorno, nulla che aiutasse a trascorrere un 'ora. Si era soli con i propr'ì pensieri e quasi sempre con la stanchezza che è savia compagna .... .. .. Allora ti accadeva di pensare ch e quella tua fatica era bella e che potevi offrirla a Dio, e Gli sarebbe piaciwa; e fini vi di essere tanto contento di poterla fare che 11011 la sentivi più, e dentro te provavi soltanto una irragionevole gioia" (554 ) .
Questo, anche questo, fra il 1935 ed il 1936. è stata la campagna d' Etiopia.
554 Badano N .. "Ri torno i n A.O.". Roina, Carrocc io, 1986, pagg. 25-27, 157, 186.
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F OTOGRAFI E
Il gen. designato d'Armata Emilio De Bono, Comandante Superiore in A.O. all'inizio della campagna, con alcuni ufficiali del suo stato maggiore (Foto USSME).
Il Maresciallo d'Italia Pietro Badoglio (a destra) cn il Ministro delle Colonie Alessandro Lessona (Foto USSME}.
Il gen. C.A. Rodolfo Graziani, Comandante delle FF.AA.della Somalia (Foto USSME).
HalilĂŠ SelassiĂŠ, Negus dal 1928 e Negus Neghesti (Re dei Re) dal 1930 (Foto USSME).
Veduta di Addis Abeba negli anni Trenta (Foto USSMA).
Il GhebbĂŹ Imperiale, residenza del Negus nella capitale (Foto USSME).
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Sentinelle della Guardia Imperiale etiopica (Foto USSME).
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Il settore di prua di un piroscafo italiano, in transito lungo il Canale di Suez, affollato di legionari festanti (Foto USSMM).
Obici da montagna da 75/13, preda bellica austroungarica della prima guerra mondiale, sulla banchina del porto di Massaua (Foto 1.N.L.).
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Sbarco di quadrupedi (Foto USSMM).
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Il passaggio per le vie di Napoli di un trimotore da bombardamento a cui sono state rimosse le ali per consentire il transito verso il porto (Foto USSMA).
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• Lo sbarco a Massaua dalla MN Miraglia della fusoliera selezionata di un velivolo della R.A. (Foto USSMA).
li labaro della 135a Legione CC.NN. di La Spezia che, al comando del console Enrico Francisci, era inquadrata nella 1a Divisione CC.NN . 23 Marzo (Foto USSME).
Personale del Genio intento alla costruzione di una strada. (Foto USSME).
Alcune autocarrette OM mod. 32 in colonna sull'altopiano etiopico (Foto USSME).
Munizionamento aereo di caduta sull'aeroporto somalo di Lugh. (Foto USSMA).
Il guado di un torrente da parte di un automezzo della Divisione Sabauda (Foto USSME).
Cannone d'accompagnamento cal. 65/17 in procinto di aprire il fuoco (Foto USSME).
Una troupe fotocinematografica impegnata su terreno montuoso (Foto 1.N.L.).
Panorama dell'aeroporto di Axum (Foto USSMA).
Trattori medi Pavesi mod. 26 in sosta lungo una pista dell'altopiano in prossimitĂ di Hauzien (Foto USSME).
Il campo trincerato di Gorrahei prima dei bombardamenti subiti all'inizio del mese di novembre 1935 (Foto USSMA) .
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. .....-, . Reparto di cavalleggeri eritrei, denominati "Penne di falco". (Foto USSME).
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Un Ca11 1 in volo sulla zona dell'Amba Aradam (Foto USSMA).
L'Amba Uork, con tratteggiato il percorso seguito dai rocciatori per procedere alla sua occupazione. (Foto USSME).
Veduta dell'Amba Alagi
Appostamento avanzato di alpini della Pusteria dotati di mortaio d'assalto Brixia mod. 35, cal. 45 (Foto USSME).
da Nord (Foto USSME).
Il Capo di Stato Maggiore della A.A. gen. Giuseppe Valle, con al suo fianco (a sinistra) il gen. Mario Aymone Cat, Comandante della A.A. dell'A.0., ed (a destra) il gen. Ferruccio Aanza, Comandante della lii Brigata Aerea Mista. (Foto USSME}.
Elementi di una nostra banda della Dancalia Settentrionale (Foto USSME).
Aviorifornimento di bestiame da macellare per i nuclei avanzanti della Divisione Gavinana (Foto USSMA).
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Bulucbasci (sergente) appartenente probabilmente ad una Banda; sull'insegna del grado figurano i distintivi di una promozione per merito di guerra (corona) e di 14 anni di anzianitĂ di servizio (le due stelle sottostanti) (Foto USSME).
Ras lmmirĂš, in una fotografia scattata all'atto della sua resa avvenuta nel 1937 (Foto USSME).
Badoglio con in mano alcuni effetti personali di ras Cassa abbandonati durante il ripiegamento dei suoi armati al termine della 28 battaglia del Tembien. (Foto USSME).
Truppe del C.A. eritreo in azione durante la battaglia di Mai Ceu (Foto USSME).
Un bulucbasci degli ZaptiÊ (Carabinieri d'Africa) funge da interprete durante un colloquio di nostri ufficiali con alcuni abitanti di Om Ager. Il sottufficiale apparteneva ad una sezione mobilitata di una divisione di fanteria, come attestato dallo scudetto divisionale posto sull'insegna del grado, ed aveva maturato un'anzianità di servizio di 1O anni comprovata dalle tre stelle sottostanti. Il secondo person aggio da destra è il luogotenente generale della MVSN Achille Starace, Segretario del PNF. (Foto da collezione privata).
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Guerriglieri Galla (Foto USSME)
:clementi della Guardia Imperiale negussita durante un addestramento con mortai di medio calibro (Foto USSME).
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Automezzi della colonna marciante su Add is Abeba alle prese con le asperità del terreno (Foto USSME).
Un camion della stessa colonna, in difficoltĂ sul Passo Ternaber, viene trainato a mano (Foto USSME).
Il rientro in Patria del Btg. San Marco della R.M. al termine della campagna. Accanto al cap. di fregata, un console della MVSN sulla cui manica sinistra è visibile lo scudetto divisionale peraltro non leggibile (Foto USSME).
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INDICI
INDICE DEGLI ALLEGATI
1 - Accordo tripartito franco-britannico (13.12.1 906} 2 - Trattato d'amici1,ia italo-etiopico (2.8 .1928) 3 - Il problema dell'espansione italiana come problema politico 4 - Notifica dell 'entitĂ del debito contratto dall'Etiopia verso l'Italia per acquisto di anni nel J930 5 - Appunto di Suvich su "La preparazione diplomatica nei riguardi della Gran Bretagna" 6 - Rapporto Maffey sulla possibilitĂ di accordi italo-inglesi circa l'Etiopia (JII parte) 7 - Informativa in merito all ' intesa fra Gennania ed Etiopia contro l' Italia (25.4. I935) 8 - Informativa circa assicurazioni di Hitler per l'appoggio tedesco all'Etiopia nella vertenza con l'Italia 9 - Lettera di Mussolini all'ambasciatore inglese a Roma IO- Infomiativa circa atteggiamento del Pontefice 11 - Rapporto sui lavori del Consiglio di Gabinetto inglese nella seduta del 2 1.9. I935 12- Relazione dell'Addetto Militare italiano a Londra sull'atteggiamento inglese nella vertenza italo-etiopica (26.9. I935} 13 - Relazione del l'ambasciatore italiano a Bel'lino circa la posizione dei circoli politici e diplomatici locali (26.9. 1935) 14 - Lettera al Duce dell'ambasciatore italiano a Parigi 15 - Lettera al Duce dell'ambasciatore italiano a Bruxelles 16- Relazione dell'ambasciatore italiano a Londra in merito al colloquio con Winston Churchill (29.9. 1935} 17 - Studio del Ministero delle Colonie sulla preparazione militare italiana in Africa Orientale nel 1932 18 - Lettera di Mussolini a De Bono in merito alla questione etiopica
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(19.8.1934) 19 - Lettera di Badoglio a Mussolini circa il "progeu.o Etiopia" (20.1.1934) 20- Leuera di Badoglio a Mussolini per la richiesta di un'assegnazione straordinaria di fondi (3.3. 1934} 21 - Lettera del gen. Bonzani al gen. Baistrocchi circa il piano di difesa della colonia Eritrea (17.3.1934) 22 - Lettera di Badoglio a Bonzan.i in merito alle operazioni in Eritrea (26.4. I934) 23 - Lettera di Badoglio a De Bono esprimente perplessitĂ circa la
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convenienza di un conllillo con l'Etiopia
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La campagna italo-etiopica, 1935-1936
24 - Relazione del col. Visconti Prasca sulla missione ispettiva compiuta in Eritrea (25.5.1934) 25 - Lettera di Badoglio a Mussolini riguardante la pcrsonalitli di De Bono ( (29.5.1934) 26 - Promemoria del Ministero della Guerra per Mussolini concernente il costo delle operazioni militari in A.O. (9.9.1934) 27 - Promemoria di Mussolini per Badoglio su direltive e piani per risol vere la questione italo-etiopica (30. 12. 1934) 28 - Relazione di Badoglio a Mussolini sull'esito della riunione con i vertici militari circa la preparazione m.iliwre in Eritrea ed in Somalia (I 9.1.1935) 29 - Lettera del Comando Superiore A.O. concernente la sistemazione logistica del personale in A.O. (6.6.1935) 30 - Lettera di Badoglio a Mussolini riguardante le direttive strategiche per gl i scacchieri eritreo e somalo (6.3. 1935) 31 - Re lazione del gen. Babbini su una ricognizione in Eritrea (marzo 1935) 32 - Lettera di Baistrocchi a De Bono sulle predisposizioni di carattere militare in A.O. (27.5.1935) 33 - Promemoria di Badoglio a Mussolini sull'organizzazione del Comando Superiore A.O. (6.5.1935) e risposta del Duce 34 - Relazione di Lessona a Mussolini sullo stato della preparazione bellca in Eritrea (21 .61935) 35 - Direnive del Comando Superiore A.O. per eventua li operazioni offensive oltre confine (29.7.1935) 36- Lettera di Badoglio a Mussolini circa il piano operativo per l' A.O. (9.7 .1935) 37 - Promemoria di Baistrocchi per Mussolini relativo al piano offensivo in A.O. (1°.10.1935) 38 - Telegramma di Graziani a Lessona e a De Bono richiedente l'approvazione delle ipotesi operative messe allo studio (27.3.1935) 39 - Lettera di Baistrocch i a Graziani (26.3. 1935) 40 - Telegramma di Graziani a De Bono (8.4. 1935) 41 - Lettera di Badoglio a Mussolini in merito al concetto operativo di Graziani (4.4.1935) 42- Memoria segreta sull'organizzazione militare della Somalia (3.8.1935) 43 - Lettera di Graziani a De Bono ed a Lessona sul concetto d'azione e l'organizzazione del territorio (12 .7. 1935) 44 - Riepilogo generale del personale e dei mezzi occorrenti per la costituzione delle Unità Lavoratori (26.8.1935) 45 - Memoria su ll'impiego delle GG.UU. in A.O. 46 - Direttiva di Mussolini sulla necessità di attuare al massimo l'autarchia (19.10.1935) 47 - Dotazioni individuali di vestiario ed equipaggiamento per i militari appartenenti alle unità nazionali ed indigene 48 - Informativa della Direzione Generale dell a Marina Mercantile circa voci su tentativi di sabotaggio contro le navi dirette in A.O. 49 - Telegramma di Graziani sottolineante la necessità dcli' impiego dei caterpillar (24.8. 1935) 50- Telegramma di Graziani richiedente la fornitura di un altro blocco di caterpi llar e rimorchi (9. IO. I 935) 5 1 - Elenco del S.I.M. relativo ai bianchi al servi:cio dell'Etiopia ( I 0 • 1.1936) 52 - Ordine di battaglia della colonna Santini durante il primo balzo offensivo verso la conca di Adigral 53 - Relazione sull'avanzata del l.C.A. oltre il confine meridionale della Colonia (3-6.10.1 935)
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Elenco deglli allegati 54 - Ordine di battaglia della colonna Pirzio Biroli durante le operazion i per il possesso dell'Amba Augher (3-6 .1 0. 1935) 55 - Ordine di battagl ia della colonna Maravigna durante le operazioni per l'occupazione di Adua (3-6.10. 1935) 56 - Messaggio di De Bono a Mussolini notificante l'occ upazione di Axum (15 .10. 1935) 57 - Rela7.ione del gen. Maravigna sulle operazion i per l'occupazione di Axum (1°.12. 1935) 58 - Dichiarazione rilasciata dai capi del clero <:opto di Axum (J 0 .J 2.1935) 59 - Telegramma di De Bono evidenzian te l'irrilevanza dell'opposizione avversaria (4. 10.1935) 60 - Promemori a di Baistrocchi per il Duce relativo alla necessità della riservateu.a da pane della stampa nazionale (1l. 10.1 935) 6 1 - Rapporto dell'ambasciatore italiano a Londra in merito ai contatti Hoare-Laval (2.1 l.l 935) 62 - Relazione di Badoglio sulla visita ispettiva in Eritrea (3. 11.1935) 63 - Promemoria di Baistrocchi a Mussolini concernente la necessità di avanzare il più speditamente possibile (27. IO. I 935) 64 - Promemoria di Baistrocchi a Mussol ini con valutazioni varie (28.10. 1935) 65 - Promemoria del gen. Maravigna circa un progetto di operazioni offensive nella sottozona del Tigrai (8. 11.1935) 66 - Dislocazione delle truppe italiane al I 0 . 11. 1935 67 - Studio del C.S.A.0. sulla costinizione ed impiego delle bande isregolari 68 - Norme emanate dal Il C.A. circa la costituzione di bande irregolari (27.11. I 935) 69 - Progetto per la condotta di una guerra non ortodossa oltre il Tacazzè 70 - Telegramma di De Bono concernente gli sviluppi delle operazioni (8. ! l.l 935) 71 - Telegramma del gen. Gabba concementc gli sviluppi delle operazioni (13.11.1935) 72 - Telegramma del gen. Gabba concernente g li svi lupp i delle operazion i (15.11.1 935) 73 - Te legramma di De Bono a Mussolini concernente gli sviluppi delle operazioni (17. I 1.1 935) 74 - Telegramma del gen. Santini concernente gl i sviluppi delle operazioni (23. I l.1935) 75 - Telegramma del gen. Santini concernente gli sviluppi delle operazion i (25.11.1935) 76 - Telegramma di De Bono a Mussolini notificante la precarietà della situazione logistica (17 .1 1.1935) 77 - Carta topografica dello scacchiere somalo (scala I: 1.500.000) 78 - Organizzazione difensiva del territorio de lla Somalia 79 - Ord ine di operazioni n° I ("Milano") emanato dal Comando del Corpo di Spedizione in Somalia (9.9.1 935) 80 - Consistenza del Corpo di Spedizione in Somalia alla data del I 0 • I 0.1935 81 - lntercetta1.ione radio del STM circa la conosce111.a da parte etiopica dei preparativ i offensivi italian i in Somalia (3.10 .1 935) 82 - Ordine di battagl ia relativo alle operazioni inizial i in Somalia (4- J 8.10.1 935) 83- Te legramma di Graziani notificante lo sv iluppo delle operazioni (19 .1 0.1935) 84- Direttive di Grazian i per la battaglia difensiva ( 14.10.1935) 85 - Telegramma d i Graziani concernente la sistemazione del campo trincerato di Gorrahei (15.10.1935) 86 - Ordine d i battaglia per il combattimento di Gorrahei e della valle del Fafan (5-6. I 1.1935)
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La campagna italo-etiopica, 1935-1936
87 - Telegramma di Graziani circa l'evolu,,ione delle operazioni (8.11.1935) 88 - Direttive di Mussolini in tema di "politica delle forniture mi litari " (15. 11.1935) 89 - Telegramma dell 'ambasciatore italiano a Washi ngton relativo alle misure adottate dagli USA per il conflitto italo-etiopico 90 - Situazione approssimativa dei movimenti e della forza in A.O. alla data del I 0 . 12. 1935 91 - Diretti ve del C.S.A.0 . per l' ulteriore sviluppo delle operazioni sul frome Nord (21.11. 1935) 92 - Direttive emanate dal Comando Bassopiano Orientale relati.vamente alt' atteggiamentO operativo da assumere (28. 11.1935) 93 - Telegramma di Badoglio notificante l' esito di un'ispezione alla linea difensiva (3. 12. 1935) 94 - Telegramma di Badoglio riferente sugli sviluppi dell a situazione sul fronte Nord (3.1 2. I935) 95 - Telegramma di Badoglio relativo alla consistenza approssimativa della forza in Eritrea al 30.11.1935 96 - Te legramma di Badoglio aggiornante sulla sistemazione della base logistica a Macallè (8. 12. 1935) 97 - Telegramma di Badoglio notificante la dislocazione delle truppe ( I 0. 12. 1935) 98 - Telegramma di Badoglio circa le predisposizioni contro azioni di guerriglia nelle retrov ie ( I 0.1 2. I 935) 99 - Telegramma di Badoglio in merito all'azione di rastrellamento nella regione de l Tembien (30. 11. I935) I00 - Documento concernente il concetto strategico-tattico d i Badoglio per la ripresa dell'attività offensiva (1 0.12.1935) IO I - Telegramma di Badoglio a Mussolini giustificante il ritardo nella ripresa dell' iniziativa (17.12.1935) I 02 - Telegramma di Badoglio che com unica il negativo esito del lo scomro di Dembeguinà (17 .1 2. 1935) 103 - Rapporto del com.te int.le del 10° sq.nc C.V. sul combanimento d i Dembeguinà del 15. 12. 1935 I04 - Telegramma di Mussolini a Badoglio richiedente chiarimenti circa la responsabilità del gen. Maravigna in merito all 'esito negativo del combattimento di Dembeguinà (6. 1.1936) 105 - Risposta di Badoglio a Mussol ini fornente le spiegazioni richieste (7. I .1 936) I 06 - Telegramma di Badoglio a M.ussolini con valutazioni sulla siwa:i:ione operativa (30.12.1935) I 07 - Lettera di Badoglio a Suvich notificante i motivi del persistere di un atteggiamento orientato alla difensiva (30. 12.1935) 108 - Memoria operativa de l Comando di Settore Uebi Scebeli del R.C:r.C. della Somalia circa le direttive per la battag lia d ifensiva (26. 10. 1935) 109 - Telegramma di Graziani relativo ai criteri da seguire nell'organizzazione logistica (25. 1 I.1935) 110 - Telegramma di Graziani sintetizwnte lo svolgimento dell 'incursione su Lama Scillindi (25.11.1935) I I I - Situazione avversaria nel seuore Giuba al I 0 • I 2. 1935 I 12 - Telegramma di Grazian i notilicanle la nuova organizwz ione senoriale (30.11.1935) 113 - Telegramma di Graziani contenente inforrnai ioni sull 'annata di Ras Destà (6. I 2.1935) 114 _ Telegramma d i Badogl io a Graziani (6.12.1935) l LS - Telegramma di Graziani relativo alla ricogn izione strategica affidata ad Olol Dinle (14.12 .1935)
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Elenco deglli allegati 116 - Telegramma di Graziani sullo svilu ppo della situazione operativa (23.12.1935) 117 - Telegramma di Graziani annunciante la so1tomissione al governo italiano dei capi notabili dell'Ogaden (16.12. 1935) I 18 - Telegramma di Graziani ordinante appostamenti per neutralizzare i ri forn imenti eti opici provenienti dal Kenya (I 0 . 1.1 936) 119 - Situazione delle forze italiane in Somalia al I0 . 1. 1936 120 - Telegramma di Graziani aggiornante sugli sviluppi generali delle operazioni (4.1. 1936) 12 1 - Telegramma di Graziani facente il punro della situai.ione operativa (6. 1 1936) 122 - Consistenza delle for/.e nel settore Giuba ( 11.1.1936) 123- Ordine di battaglia dei repani impegnati nella conquista di Neghelli (12-16. l. l936) 124 - Lettera di Graziani al gen. Bernasconi per l'eventuale impiego di gas da parte della R.A. ( 10.1.1936) 125 - Ordine di operazioni del Comando Forze Annate della Somalia per l'azione offensiva contro le truppe di ras Destà (10.1.1936) 126 - Ordine di Graziani trasmesso a mano al col. Zambon inerente predisposi1.ioni logistiche ( I0.1.1936) 127- Lettera di Graziani al gen. Bcrgonzoli notificantegli l'assunzione in prima persona del comando della colonna centrale ( 18. 1.1936) 128 - Telegramma di Mussolini a Graziani attesr.ante l' importanza della villoria ottenut a sul Canale Doria (19.1.1 936) 129 - Ordine di operazioni n° 9 emanato da Graziani per l'avanzata su Neghclli (I 8.1. 1936) l 30 - Telegramma di Grnzi,mi relativo agli sviluppi delle operazioni (18. 1.1936) 131 - Telegramma di Graziani annunciante l'occupazione di Neghclli (20.1. 1936) 132 - Telegramma di Graziani notificante l'occupazione di Malca Murri (25.1.1936) 133 - Telegramma di Lessona a Graziani riferente in merito ad una corrispondenza della Svezia di un giornalista inglese (29. 1.1936) 134 - Telegramma di Graziani al gen. Bernasconi au torizzante l'impiego dei gas da parte della R.A. (17. 12.1935) 135 - Telegramma di Graziani a Lessona ed a Badoglio richiedente la massima libcrt/1 d'azione per l'uso dei gas (15. 12. L935) 136 - Tclcgranmia di Mussolini a Badoglio recriminante conLro il bombardamento aereo italiano di un ospedale della Croce Rossa svedese ( I0 .1.l 936) 137 - Telegrammi di Graziani a Lessona (1 °.1.1936) e di Lcssona a Graziani
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(pari data) relativi allo scempio dei cadaveri del s.tcn. pii. Minni ti e del serg. fot. Zannoni Telegramma di Graziani a Lessona e Badoglio per evidenziare il contributo al successo della battaglia del Canale Doria offcno da tutti gl i appartenenti ai vart servi zi (27. l.l 936) Direttive per l'organi:u.azionc politico-mi litare del territorio conquistato nello scacchiere Sud (21. 1.1936) Promemoria del Comando FF.AA. Somalia circa le possibilità di autotrasporti e rifornimenti (:l.2. 1936) Telegramma di Mussolini a Graziani ribadente I' importania di Harrnr quale obiettivo primario dello scacchiere Sud (6.2.1936) Telegramma di Graziani a Lessona annunciante l'avvenuta liberazione dalla schiavitù delle popolazioni dei territori sino allora conquistati
(27.2. 1936) 143 - Relazione di Badoglio sulla situazione operativa (3.1.1936) 144- Direttive diramate da Badoglio ai comandanti dei CC.AA. per l'azione nel settore di Macallè (7. 1. 1936)
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La campagna italo-etiopica, 1935-1936
145 - Direttive diramate da Badoglio ai comandanti dei CC.AA. per l' azione nei settori del Tigrai, Dechi Tesfà e Bassopiano Occidentale (14. 1.1936) 1. 46 - Situazione poli tico-militare dell'Etiopia al l 0 • I. l936 147 - Dislocazione delle truppe in Egitto al I 0 .1. 1936 148 - Dislocazione delle truppe nel Sudan al 1°. 1. 1936 149 - Direttive impartite da Badoglio per un'operazione offensiva nel Tembicn (15. 1.1936) 150 - Ordine di battaglia nella l" battaglia del Tembien 151 - Relazione sulle operazioni nel Tembien dal 19 al 24 gennaio 1936 del com.te del C.A. Indigeno (22.2.1936) 152 - Promemoria di Baistroechi per Mussolini (28. I. l 936) I 53 - Promemoria di Baisrroechi per il Duce proponente un nuovo ordinamento gerarchico-funzionale del teatro operativo in A.O. (30. 1.1936) I 54 - Ordinamento dei reparti della R.A. dell'Eritrea alla data del I 5. 1. 1936 155 - Situazione operativa del Tcmbicn 156 - Sintesi grafica della situazione militare dopo la l" battaglia del Tembien 157 - Studio di massima del Comando IIl C.A. per l'occupazione dell'Amba Aradam 158 - Direl.tive emanate dal Comando III C.A. per l'avanzata verso Amba Aradam (5.2.1936) 159 - Sintesi grafica della battaglia dell'Endertà 160 - Direttive di Badoglio per la prosecuzione de ll 'azione (13.2. 1936) 16 1 - Relazione riassuntiva del Comando I C.A. sulla battaglia dell'Endertà (24.3. 1936) 162 - Telegramma di Badoglio ufficializzante l'esito vittorioso della battaglia dell' Endeità e la conquista del!' Amba Aradam (15.2.1936) I 63 - Ordine del Giorno di Badoglio relativo alla battaglia dell 'Enderl.à (J 6.2.1 936) 164 - Situazione efficiem:a ve.livoli dell'Aeronautica dell 'Eritrea alla data del 22.1. l936 165 - Lettera del Capo di Gabinetto dell'A lto Commissario per l' A.O. a Suvich (20.2.1936) I 66 - Direttive di Badoglio per l' avanzata del I C.A. sulle posizioni di M.Gomolò-Garadasciam (18.2. 1936) I 67 - Norme tattiche emanate da Badoglio (21.2. 1936) I 68 - Situazione approssimativa della forza in Eritrea alla data del 15.2. 1936 169 - Direuive impartile da Badoglio per le operazioni re lative alla 2" battaglia del Tembien (24.2. 1936) I 70 - Direttive emanate da Badoglio per l'occupazione dei valichi di Alagi (25.2. 1936) 17 l - Schieramento delle GG. UU . italiane alla data del 26.2 .1936 172 - Ordine di battaglia per la conquista dell'Amba Alagi (28.2.1936) I 73 - Telegramma di Badoglio annunciante la presa di possesso deU' Amba Uork (27.2.1936) 174 - Ordine di ba1tag lia re.lai ivo alla 2" b,111aglia del Tembien (27.2 .- 1°.3. 1936) 175 - Telegramma di Badoglio ufficia lizzante l'esito vittorioso della 2" battagli a del Tembien ( l 0 .3.1 936) l 76 - Sintesi grafica delle operazioni per la 2" battaglia del 'lcmbien 177 - Telegramma di Badoglio riferente in merito all'uso per scopi militari, da parte etiopica, del contrassegno della Croce Rossa (4.3.1936) 178 - Direttive_emanate dal gen. Maravigna in tema di sicurezza nelle opere e negli alloggiamenti (14.2.1936) 179 - Studio del Comando Il C.A. per l'offensiva nello Sc irè ( 16.2. 1936) 180- Ordi ne di battaglia per l'avanzata nello Scirè (29.2-3.3. I 936) l 8 I - Sintesi grafica della battaglia del lo Scirè
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Elenco deglli allegati 182 - Ordine del Giorno di Badoglio relativo all'occupazione cieli' Amba Alagi ed alle bauaglie del Tembien (2°) e dello Scirè (3.3. 1936) 183 - Ordine di operazioni 11° 27 del li C.A. per la ripresa dell'avanzata (20.3.1936) 184 - Progeuo di allagamento della depressione dancala (3.3.1936) 185 - Telegramma di Badoglio aggiornante sugli sviluppi delle operazioni dell'avanzata verso Gondar cd il Lgo Tana (24.3.J 936) 186 - Telegramma di Badoglio aggiornante sugli sviluppi delle operazioni dell'avanzata verso Gondar cd il lago Tana (26.3.1936) 187 - Tcleg,-amma di Badoglio aggiorname sugli sviluppi delle operazioni dell'avanzata verso Gondar ed il lago Tana (27.3.1 936) 188 - Telegramma di Badoglio ufficializzante l'occupazione di Gondar ( 1°.4. 1936) 189 - Ordine di battaglia per la marcia su Gondar e sul lago Tana 190- Sintesi grafica dello sfruttamento del successo seguito alla battaglia strategica del Tigrai [91 - Telegramma di Badoglio a Mussol ini notificante il concentramento delle forze per l'inizio della progressione offensiva su Oessiè (18.3.1936) 192 - Di rettive di Badoglio per l'avanzata sulla direttrice Amba Alagi-Dessiè (19.3.1936) 193 - Ordine di opera1.ioni del Comando Superiore A.O. per l'avanzata su Quoram (28.3.1936) 194 - Ordine di ba11aglia per i combanimenti nella zona del lago Ascianghi (31.3.-4.4.1936) 195 - Relazione del Com,mdo Div. Alpina Pusteria sul combattimenco di Mai Ceu (2.4.1936) 196 - lntercellazione telegrafica di un messaggio etiopico denunc iante la precarietà della si tuazione mi litare (2.4. 1936) 197 - Telegramma di Badoglio riassumente gli ,1vvenimenti operativi del 3 aprile (4.4. 1936) 198 - Telegramma di Badoglio annunciante l'epilogo vittorioso della bauaglia del lago Ascianghi (4.4.l 936) 199 - Telegramma di Badoglio riassumente le vicende svoltesi tra la fine delle operazioni nel Tigrai e la battaglia del lago Ascianghi (4.4.1 936) 200 - Ordine di bauaglia relativo alravanzata da Quorum a Oessiè (9- 15.4.1936) 201 - Sintesi delle risu ltanze operati ve relative all'arrivo deg li italiani sul lago Ascianghi. a cura del giornalista francese Paul Gen tizon 202 - Sintesi grafica degli avvenimenti militari dalla battaglia dello Scirè a quella dcli' Ascianghi 203 - Telegramma di Graziani rappresentante le necessità di uomini e mezzi per il prosieguo delle operazioni al fronte Sud (23.11 . 1935) 204 - Promemoria di Grniani per Uaistrocchi concernente i preparativi per l'avanzata su Harrar (29.1.1 936) 205 - Telegramma di Baistrocchi per Graziani assicurante l'invio dei caterpillar richiesti (3 1. 1.1 936) 206 - Scambio di telegrammi polemici fra Badoglio e Graziani (3 e 4.3. 1936) 207 - Telegramma di Graziani notificante la momentanea impossibilità a stabilire l'inizio della progressione verso nord (22.3.1 936) 208 - Telegrammi di Mussoli ni e Badoglio a Graziani sollecitanti a passare rapidamente ali' offensiva (I O e 2.4.1936) 209 - Memoria segreta operativa elaborata da Graziani per l'azione su Harrar (3.3.1936) 2 1O- Telegramma di Graziani notilicante le incursioni aeree su Giggica del 22 e 25 marzo (25.3.1 936) 211 - Telegranuna di Graziani fornente panieolari in merito al bombardamento aereo su Barrar del 29 marzo (30.3.1936)
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La campagna italo-etiopica, 1935-1936
212 - Telegramma di Graziani attestante i bombardamenti aerei a mezzo iprite su varie Jocalit:¾ etiopiche ( I 0.4.1936) 213 - Telegranuna di Baistrocchi che dispone per l'assegnazione al fronte somalo di un migliaio di carabinieri organiuati in "bande" (4.2.1936) 214 - Telegramma di Baistrocchi confermante la prossima partenza per la Somalia delle "bande" dei RR.CC. ( 16.2. 1936) 215 - Promemoria del Comando Generale dell'Arma dei RR.CC. esponente le linee di massima del progetto di costituzione delle "bande" (18.J.J936) 216- Consistenza numerica delle forze armate della Somalia alla data del 1°.4.1936 217 - Nuova ripartizione del territorio operativo da parte del Comando FF.AA. Somalia (24.3.1936) 218 - 1elegramma di Graziani sintetizzante la situazione avversaria nello scacchiere Sud (5.3. 1936) 219 - Ordine di operazioni n° 6 del Comando FF.AA. Somalia relativo alle operazioni nell'Ogaden (7.4.1936) 220 - Telegramma di Graziani al gen. Nasi con l'ordine di studiare un piano di atlacco prescidente dal piano generale delle operazioni (12.4.1936) 22 1 - Scambio di telegrammi fra Mussolini e Graziani tra il 14 ed il 15 aprile 1936 222 - Telegramma di Mussolini a Graziani riconfermantegli la propria assoluta fiducia (18.4. 1936) 223 - Relazione del gen. Nasi sulle operazioni effettuate dalla Div. Libia per l'occupazione di Harrar (20.5.1936) 224 - Telegramma di Graziani sui combattimenti in corso nella zona di Gianogobò (17.4.1936) 225 - Telegramma di Graziani notificante gli sviluppi della situazione operativa nella predetta zona (18.4.1936) 226 - Telegramma di Graziani circa la condotta delle tre colonne operanti (17.4. 1936) 227 - Relazione del Comando della "colonna Frusci" sul.la battagl ia di Birgot (27.4.1936) 228- Sintesi dei combattimenti svoltisi il 25 aprile nella zona di Gunu Gadu (25.4. 1936) 229 - Ordine di battaglia per l'offensiva nell'Ogaden ( 14-30.4. 1936) 230 - Telegramma di Graziani aggiornante sulla progressione delle tre colonne verso Dagahbur (30.4.1936) 23 l - Telegramma di Graziani annunciante l'occupazione di Dagahbur (30.4. l 936) 232 - Telegramma di Graziani a Baistrocchi per ringraziarlo del contributo offertogli per il vittorioso esito delle operazioni nell'Ogaden ( 1°.5.1 936) 233 - Comunicazione della Delegazione italiana a Ginevra circa un appello del Negus al re d'Inghilterra nell'aprile 1936 234 - Informativa del SIM circa intenti etiopici per addiven ire alla cessazione della guerra con l'llalia (16.3.1936) 235 - Le!lera dell ' Adde110 Mil itare italiano a Parigi concernente un progetto francese di conciliazione fra l' Italia e l' Inghilterra (6.3.1936) 236 - Comunicazione dell'Ufficio Informazioni del C.S.A.0. riguardante un progetto segreto inglese di spanizione dell'Etiopia (12.4.1936) 237 - Appunto dell'Ufficio III - Affari Politici del MAE per Suvich mirante a stimolare la tutela degli interessi nazionali in Eliopia (28.2.1936) 238 - Schema di contratto di arruolamento in una "Legione Africana" organizzala dai tedeschi per combattere a fianco degli etiopici 239 - Informat.iva del Ministero dell' Interno circa l'intento dell'Italia per giungere ad una distensione internazionale, reso noto attraverso una radio-intercettazione inglese ( I 5.3.1936) 240 - Informativa dcli' Ambasciata italiana a Londra circa l'eventualità di un prestito inglese all'Etiopia ammontante a 500.000 sterl ine (25.4.1 936)
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Elenco deglli allegati 24 1 - Lettera di Mussolini a Grandi (6.4. 1936) 242 - Re laziooe di Grandi a Mussolini relativa al l'incontro con Edoardo Vlll d ' lnghiltcrra (29.4. 1936) 243 - Ordine di battaglia per la marcia da Dessiè ad Addis Abeba (24.4.-5.5. 1936) 244 - Te legramma di Badoglio informante sulle fasi iniziali della marcia su Addis Abeba (1.5. 1936) 245- Telegramma di Badoglio notificante le diffi coltà legate all'imerruzione stradale al Passo Ternaber (1°.5.1936) 246 - Te legramma di Badoglio aggiornante sugli svi luppi della marcia (3.5.1 936) 247 - TelegranUTia di Badoglio annunciante l'ormai prossimo raggiungimento della capirnle etiopica (4.5. I 936) 248 - Te legramma di Badoglio proclamante l'crmaLa in Addis Abeba (5.5.1936) 249 - Ordine del Giorno diramato da Badoglio al termi ne delle operazioni sul fronte Nord (7.5.1936) 250 - Direllive emanate da Graziani per l'occupar.ione di G iggica (3.5. 1936) 25 1 - Telegrammi di Graziani a Mussolini ed a Badoglio rivendicante comunque la vi rtuale conquista di Harrar (5.5.1936) 252 - Te legramma di Mussolini a Graz iani confermante il pieno diriu.o all'occupazione di Harrar da pane delle tn1ppe del fronte Sud (6.5. 1936) 253 - TelegranUTia del Console Generale Navarra annunciante la presa di possesso di Giggica (6. 5. 1936) 254 - Scambio di telegrammi fra Badoglio e Graziani rela1ivi allo sviluppo delle operazion i in corso (6 e 7 .S. 1936) 255 - Ordine di bauagli a della marcia su Harrar (4-8.5.1936) 256 - Telegramma di Graziani preannunciante l'imminente ingresso delle nostre truppe in Harrar (8.5.1936) 257 - Telegramma di Graziani confermante l'occupazione di llarrar (K.5.1936) 258 - Telegramma di Badoglio a Graziani ribad enie la propria lealtà nei suoi coafront i (7.5.1936) 259 - Telegramma di Graziani notificante l'ingresso delle truppe italiane a Dire Daua (9.5. 1936) 260 - Comunicazione di fonte francese esprimente la preoccupazione di quegli ambienti per le sorti del collegamento ferroviario con G ibuti (9.5.1936) 26 1 - Telegramma di Graziani notificante il congi ungimento a Dire Daua di rappresentanze di reparti italiani degli scacchiere settentrionale e meridionale (9.5.1936) 262- :'Foglio d'Ordini" n° 156 del P.N.r:. contenente il disposto del Gran Consig lio del Fascismo circa la sovranità del Regno d' Italia sull' Impero d'Etiopia (9.5.1936) 263 - Bando bilingue del Comando Superiore de l R.E. itali ano in Eti opia proclamante la sovranità italiana su tutto il territorio e tiopico (9.5. 1936) 264- Dircllive emanale da 13adoglio per l'organi zzazione di posizioni difensive (19. 1. 1936) 265 - Diretti ve formulate da Baistrocchi sulla preparazione mjlitare (30.3.1935) 266 - Direttive e laborate da Baistrocchi sulla pre parazione bellica (6.7. 1935) 267 - Promemoria di Baistroechi al Duce su "L'alto comando" (1°. 12. 1935) 268 - Diretti ve diramate dal gen. Maravigna sulle modalità di elahorazione di re la1/,ioni cd informir,.ioni (14.2. 1936) 269 - Diretti ve generiche sui servizi emanate dal gen. Bast ico (2.1 2. 1935) 270 - Norme di De Bono circa la costituzione degli Uffici Politici delle GG.UU. (14.9. 1935) 27 I - Studio del gen. Santini su ll'organizzazione politico-mi litare del territorio occupato (8.4.1936)
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272 - Lettera di Suvich agli ambasciatori italiani in M.0 . per rassicurare g li ambienti locali circa il. libero esercizio del proprio culto da parte dei mussulmani d'Etiopia (17.4.1936) 273 - Circolare del C.S.A.0. sul contegno verso la popolazione indigena e e le relazioni con le autori tà civi li (25.4.1935) 274 - Direttiva di De Bono su lla condotta verso le popolazioni di oltre confine (10.9.1935) 275 - Lettera del Comando I C.A. sulle azioni di rappresaglia (31 .1 .1936) 276 - Direttive del Comando II C.A. in merito al contegno verso gli abitanti delle zone recentemente occupate (8.3.1936) 277 - "Foglio d'Ord ini" n° 29 del Comando IV C.A. circa la pacificazione del territorio (27.3. 1936) 278 - Disposizioni del gen. Santini sul contegno dei mi.liwri verso la popolazione (17 .4. I 936) 279 - Considerazioni del Comando 5" Div. Alpina Pusteria sulle popolazion i indigene (2.5.1936) 280 - Ordine del Giorno del Comando I" Div. CC.NN. 23 Marzo avente come oggetto la disciplina (6.8.1935) 28 1 - Direttive disciplinari emanate dal gen. Bastico (9.12 .1935) 282 - "Foglio d ' Ordini" 11° 3 del Comando IV C.A. riguardante gli aspetti disciplinari (24.1 . I 936) 283 - Lettera di Badoglio ai com.ti de l CC.AA. contro il rnalveizo dell'uso di cariche pol itiche per richieste dirette di mate ri ali presso l' Intendenza (4.2.1936) 284- Lettera del gen. Santini ribadente quanto sopra ai com.ti delle GG.UU. del I C.A. (7.2 .1936) 285 - Ordine del C.S.A.0. che proibisc.e la spol iazione dei cadaveri dei soldati etiopici (15.2.1936) 286 - Biglietto di punizione intl itta ad un soldato direttamente da un generale com.te di brigata (1 I .4. 1936) 287 - Direttive complementari diramate da Baistrocchi ci rca la disciplina e J'addestramento delle divisioni CC.NN. (7.5. 1935) 288 - Diret.tive disciplinari emanate dal Comando della I" Div. CC.NN. 23 Marzo (2.5.1935) 289 - Ord ine di battagl ia delle Unità Eritree al febbraio I 936 290 - Promemoria per l' ufficiale subalterno destinato in Eritrea al comando di reparti ind igeni ( 15.2.1935) 29 J - Disposizioni del Colllando Superiore A.O. ci.rea il trattamento da riservarsi ai militari eritrei disertori (25.2.1936) 292 - Circolare del C.S.A.0. in merito alla discipli na, !rattamento ed inquadramento delle unità eritree ( I 6.1. 1936) 293 - Rappresenta:tione grafica dei disti ntivi di grado per i graduati eritrei e li bici (31.1.J 936) 294 - Nonne sull' impiego delle unità carriste (1 °. J. l 936) 295 - Atrocità etiopiche contro prigionieri italiani corredate dalle tcstilllon ianze di membri neutrali (dicem bre 1935 - marzo I 936) 296- Suggerimenti del C.S.A.0. per l' interrogatorio dei prigionieri (15.2. 1936) 297 - Direttive sanitarie per i calllpi di conc.entrarnen to per i prigionieri di guerra etiopici (25.3.1 936) 298 - Nom1e per la corretta esecuzione delle marce di trasferimento e l11borate dal Comando IV C.A. (8.2.1936) 299 - Riproduzione autografa di domanda per l'ammissione nei ranghi dello "Stormo del sacrifi cio" ( 19. 12. I 935) 300 - Promemoria della Direzione del Servi zio Chimico Militare in merito alla guerra chilllica nelle colon ie (23.2. 1935)
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Elenco deglli allegati 301 - Elenco completo dei bombardamenti a gas sul fronte Nord e su quello Sud 302 - Personale, quadrupedi, mezzi di traspono ed anni delle GG.UU . del R.E. trasportati in A.O. 303 - Personale, quadrupedi, me:u:i di trasporto ed armi delle divisioni di CC.NN. trasportati in A.O. 304 - Formazione della Di.v. Libia 305 - Prospetto riassuntivo della forza inviata in Eritrea 306 - Prospetto riassuntivo della fona inv iata in Somalia 307 - Prospetto generale della forza inviata oltre mare (A.O., Libia ed isole italiane dell' Egeo) 308 - Munizioni inviate nelle colonie (comprese le dotazioni di reparto) 309 - Armi portatili inviate nelle colonie 3 1O- Pistole e bardature inviate nelle colonie 3 1l - Cannoni inviati nelle colonie 312 - Carri veloci, autobli ndo ed autocarri armati inviati nelle colonie 313 - Material i per i collegamenti inviati nel le colonie 3 14 - Materiali per i lavori di rafforzamento, att.reai e materiali vari inviati nelle colonie 3 15 - Materiali idrici, ferrov iari e da ponte inviati nelle colonie 316 - Material i vari del Gen io inviati nelle colon ie 317 - Specchio dei principali materiali del Servizio Chimico inviati in A.O. ed in A.S. da marz.o l 935 a maggio 1936 318 - Materi ali di vettovagli amento inviati nelle colonie o consumati in territorio 319 - Prodotti scatolati ed imbottigliati occors i per l'esigenza A.O. 320- Effeni di vestiario, equipaggiamento e casermaggio inviati nelle colonie o trallenuti in Patria per necessità locali o costituzione scorte 321 - UnitÏ1 sanitarie e veteri narie e materiale dell a stessa natura inviate in A.O. 322 - Quadmpedi trasportati nelle colonie 323 - Automezzi commissionati per l'invio nelle colonie 324 - Autome:a.i trasportati via mare nelle colonie 325 - Carburanti (benzina e gasolio) inviati nelle colonie 326 - Lubrificanti e petrolio inviati neHe colonie 327 - Trasporti ferroviari impiegati per l'esigenza A.O. 328- Materiali van traspoitati per ferrovia e vi,1 mare per l'esigenza A.O. (valori in tonnellate) 329 - Sintesi schematic,1 dei dati temporali relativi all'imbarco delle GG.UU. per l'A.O. e la Libia 330 - Circolare diramata dal gen. Bastico in merito all a conservazione dei materiali (30.6. l 935) 331 - Circolare emanata dal gen. Bastico circa gli aspetti comportamentali ed il correll(l porto dell' uniforme 332 - Dati relativi al costo mensile di una divisione mobi litata per l'esigenza A.O. e dislocata in Eritrea (8.3. I 935) 333 - Specch.io ri assuntivo delle spese per I' A.O. ( I 5.6. 1935) 334 - Specchio riassuntivo delle spese per l' A.O. (10.5.1 936) 335 - Normativa di Lessona sulrattribuzione di un '"assegno giornaliero coloniale" a graduati e soldati in A.O. (18.7. 1935) 336 - Schema dei provvedimenti re lativi ai sussidi per le famiglie dei sottuffic iali e soldati comu nque impiegati per l'esigenza A.O. 337 - Normati va del M i. n.istero dell a Guerra c irca la misura del trattamento economico per tutti i militari mobilitati per l' esigenza A.O. (2.l .1 936) 338 - Jntelligence Summaries and Apprec iation n° 14 (20.20.1 935) of Di rectorate of Mil itary Operations and Intelligence
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La campagna italo-etiopica, 1935-1936
339- lntelligence Summaries and Appreciation (13. 11 . 1935) of Directorate
of Military Operations and lntclligence 340 - Lettera dell'ambasciatore inglese a Roma ad Hoare con informazioni varie (2 .1 2.1935) 341 - "Memorandum" sulla situazione italiana in Etiopia inviato da un funzionari<> del War Office britannico ad un collega del Dominions Office ( J 6. J . 1936) 342 - lntelligence Summaries and Appreciation n° 36 (5.2.1 936) of Directorate
of Military Operations and lntelligence
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343 - lntelligence Summarics and Appreciation n° 40 (24.3. 1936) of Directorate
of Military Operations and lntelligencc
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344 - lntelligence Summaries and Appreciation n° 42 (20.4.1936) of Directorate
of Military Operations and Intelligence
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345 - Intelligence Summaries and Appreciation 11° 44 (l 2.5. l 936) of Directorate
of Military Opermions aml Intelligence
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346 - "Memorandum" n° 6 18 del 20.8 .1935 dell' Addetto Militare inglese
a Roma al Foreign Office che in l'orma sulla disponibilità di strutture per la guerTa chimica da pane delle division i italiane di CC.NN. 347 - Relazione del Comando Il C.A. sul contributo fornito dalla G.U. allo sviluppo socio-economico del Tigrai Occidentale (30.3.1936) 348 - Direttiva del SlM all'Addetto Militare a Parigi circa l'indirizzo da seguire per le pu bblicazioni storiografiche sulla campagna in Etiopia (27 .6. I 936) 349- Vol,111tino propagandi stico del Partito Comunista d'Ital ia contro l' impresa africana (dicembre 1934) 350 - Informativa di fonte svizzera sull'anività propagandistica contro la
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guerra in Etiopia svolta da organizza1.ioni socialcomunistc a Zurigo e nel Canton Ticino (26.5.1 935) Comun icazione dell'ambasciata italiana a Parigi in merito alla costituzione di una legione di fuoriusciti italiani da inviare a combattere con l' Etiopia (1 I. I I.I 935) Provvedimento di neutralizzazione dei sentimenti antinaziona.li maninfestati da militari italiani altoatesini in servizio in A.O. (15. 11 .1935) Rapporto sull'affidabilità di mil itari italiani di origine slovena dis.locati in A.O. (2.3.1936) Vignella satirica del settimanale inglese Punch (1 4.8. 1935) Vignelta satirica del settimanale inglese Punch (8.4.1936) Vignetta satirica del settimanale inglese Punch (20. 11 .1935) Vignetta satirica del settimanale inglese Punch (29.4.1936) Testo di strofette cantate dai soldati italiani durante il trasporto marittimo verso !'A.O. Intercettazione radiofonica di un 'emittente londinese notificante i progetti di Mussolini nei riguardi del conqu istato impero etiopico (7.5. 1936)
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INDICE DI CARTINE, SCHIZZI E TABELLE
PARTE PRIMA
Cartina no I - Suddivisione politico-militare del l'Etiopia (in apertura) Schizzo n° 2 - Dislocazione prevista il 16.8.1935 per le GG.UU. del Corpo di Operazioni in Eritrea Tabella no 3 - Richiami alle anni apportati in dipendenza dell'esigenza A.O. "làbella no 4 - Complementi inviati in A.O. Tabella no 5 - Riepilogo Divisione CC.NN. Tabella no 6 - Formazione di una Divisione di Fanteria A.O. Tabella n• 7 - Unità mobilitate ed inviate in A.O. alla data del 2.10.1 935 Tabella no 8 - Armi e mezzi inviati in A.O. per i reparti nazionali e per i RR.CC. 1T.CC. Tabella n• 9 - Munizioni inviate in A.O. comprese le dotazioni di reparto Tabella 110 IO - Composizione della razione viveri per nazionali e indigeni 1àbella no J I - Stazza lorda del naviglio noleggiato a conto del Mi nistero Guerra per i trasporti in A.O. Tabella no 12 - Specchio cronologico delle partenze delle GG.UU. e degli elementi di truppe e servizi più importanti del Corpo di Spedizione (febbraio-senembre I935) Tabella no 13 - Riepi logo spedizioni carburanti e lubri ficanti in A.O. (Eritrea e Somalia) per esigenze militari Tabella ·no 14 - Zone climatiche e distri buzione pluviometrica annuale dell' A.O. Tabella Ilo 15 - Precipitazioni e temperature medie in A.O. 0 lì1bella no 16 - Situazione approssimativa della forza presente in Eritrea il I • 10.1935 Tabella no 17 - Situazione approssimativa della forza presente in Somalia il I0 • 10.1935 Canina no 18 • Somalia: dislocazione unità terrestri Tabella n• 19 - Elenco dei comandi militari dell'impero etiopico Cartina n• 20 - Somalia: dislocazione delle forze etiopiche a fine settembre 1935
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PARTE SECONDA
Schizio Schiu.o Schizzo Schizzo Schizzo Schizzo Schizzo
n° n° n° n° 11° n° n°
21 22 23 24 25 26 27
- Le direttrici della penetrazione iniziale dei CC.AA. italiani • li terreno d'azione della colonna Santini
- Il terreno d' azione della colon.na Pio .io Biroli - Il terreno d'azione della colonna Maravigna - Lo schieramento dei servi.-:i in previsione dell'avanzata - Il terreno delJe operalioni nel Tigrai - Schizzo oroidrografico del Tigrai
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La campagna italo-etiopica, 1935-1936
Canina no 28 - La zona delle operazioni Schizzo n° 29 - li terreno deJle prime operazioni sul fronte meridionale Cartina no 30 - Operazioni di rellifica del la copeitura (ottobre 1935) Cartina 110 31 - La prima offensiva deJl'Ogaden: s ituazione iniziale dello schieramento al I0 • I 1.1935 ed occupazione di Gonahei Schizzo n° 32 - Scacchiere eritreo, seuore orientale (Tigrai): situazione schematica al 29.11.1935 Schizzo n° 33 - La zona delle operazioni sul Tacazzè Schizzo 11° 34 - La posizione dei carri annali italiani nello scontro di Dembeguinà Schizzo n° 35 - Le direttrici della controffensiva etiopica Schizzo n° 36 - La zona delle operazioni nel Tembien Schizzo n° 37 - La zona di svolgimento della manovra del Cana le Doria Schizzo n° 38 - La zona operativa nell a seconda metà di novembre 1935 Schizzo n° 39 - Il teatro operativo somalo aJla fi ne del I935 Schizzo n° 40 - La bauaglia del Canale Doria: lo schieramento controffensivo al 12.1.1936 Schizzo n° 41 - La battaglia del Canale Doria: s ituazione al 17.1.1936 Schizzo n° 42 - La banaglia del Canale Doria: lo schieramento offensivo sul Giuba Schizzo n° 43 - Si mesi operativa nello scacchiere somalo a metà febbraio I936 Schi uo n° 44 - Il disegno strategico etiopico nel Tembien, prologo alla prima battaglia nel settore Schizzo n° 45 - li movimento difensivo del III C.A. Schiu.o n° 46 - Schema della manovra preludente alla battaglia Schizzo n° 47 - La prima battaglia del Tembien: quadro d'insieme Cattina n• 48 - Panorama del Tembicn dal passo Uarieu Cartina no 49 - Prima battaglia del Tembien Schizzo n° 50 - 11 combattimento d.i Passo Uarieu Schizzo n° 51 - La zona della battagl ia dcll'Endertà Schizzo n° 52 - Gli spostamenti delle GG.UU. italiane il giorno 11 febbraio Schizzo n° 53 - 15 febbraio: i movimenti offensivi delle nostre truppe Schizzo n° 54 - li te1Te no della seconda battaglia del Tembien Schizzo n° 55 - La wna di Amba Alagi Schiuo n° 56 - L'avanzata verso Amba Alagi dell e colone del I C.A. Schizzo n° 57 - La manovra offensiva italiana nella zona di Abbi Addi Schizzo n° 58 - La situazione operative al 27 febbraio Schizzo n° 59 - Quadro d'insieme della seconda battaglia del Tembien Schizzo n° 60 - li terreno della bauaglia dello Scirè Caitina n• 61 - Operazioni nello scacchiere eritreo dal 24 febbraio a l 4 marzo 1936 Schizzo n° 62 - Le direttrici dell' avanzata verso Sud Schizzo n° 63 - La regione dell ' Aussa Schizzo n° 64 - La zona di Gondar e del lago Tana Schizzo n° 65 - La regione dell' Uolcait, adiacente al confine con il Sudan Schiz,:o n• 66 - La zona del lago Tana Schizzo n° 67 - La marcia su Gondar Schizzo n" 68 - Le direurici della progressione italiana Schi zzo n° 69 - Lo schieramento delle GG.UU. italiane alla vigilia della battaglia di Mai Ceu Schizzo n° 70 - La battaglia risolutiva di Mai Ceu Schiz.zo n° 7 1 - La situazione operativa fra il 2 ed il 4 aprile Schizzo n° 72 - Sintesi cronologica del!' avanzata su Dessiè Schizzo n° 73 - Lo scacchiere meridionale delle operazioni Schizzo n° 74 - Le direttrici per la progressione verso Giggica ed Harrar Schino n° 75 - L' offensiva di Graziani nelJ'Ogaden
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Indice delle cartine, schizzi e tabelle Caitina no 76 - La seconda offensiva nell'Ogaden: situazione delle colon ne operan ti alle ore 12 del 16.4. 1936 Carti.na no 77 • La seconda offensiva nel l'Ogaden: situazione delle truppe operanti alle ore 12 del 19.4.1 936 Cartina n" 78 - La seconda offensiva nell'Ogaden: situazione delle colonne operanti alla sera del 23.4.1936 Cartina no 79 - La seconda offensiva nell'Ogaden: situazione delle colonne operanti al 29.4. 1936 Schizzo n° 80 - Operazioni nell'Ogaden (14-30 apri le 1936) Cartina no 81 - La seconda offensiva nell'Ogaden: 30.4. Daghabur - 8.5. Harrar Schizzo n° 82 • La marcia su Addis Abeba Schiao 119 83 - Azione su Addis Abeba: situazione al 29.4.1936 Schizzo n° 84 - Situazione delle colonie operanti al 5.5. I936
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PARTE TERZA no n" n• no
- li Ministero della Guerra durame l'esigenza A.O. • Totali del personale militare trasportato in A.O. - Situai.ione generale per la mobilitazione delle GG.UU. - Dati statistici sull ' attiv ità della Base Principale di Napoli (1.2. I935 - maggio 1936) Tabella n• 89 - Ammontare degli impegn i finanziari al 31.5.1936
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INDICE DEI NOMI DI PERSONA CITATI NEL TESTO
A Abba Gifar, capo etiopico, 125 Abebè Damtéu, degiac. 142,341,342,345,346 Aberrà Tclfà. degiac. 142 Accili Antonio, I 31 Adafrisau Yenadu, dcgiac, 320 Ademè, fiteurari, 2 I8, 224 Admasù. degiac, 142 Afework, grasmac, 143, 185, 187, 188 Agnello S., 408 Ago Pietro, 261. 400 Agosti, magg .. 134 Agostini , luogoten. gcn., 220, 224, 23 l , 232, 234, 235, 24 l, 340, 343, 350, 350, 353, 356, 357,358,358,360 Ajaleu Burrù, dcgiac, 142, 201 Albamonte Minnelli M .. 131 Albano A., 407 Algardi Z., 388 Aloisi Pompeo, 164 Alvaro Corrado, 496 Amantea, generale, 407 Ambaccion, degiac, 142 Ambrosio V., 397 Amdè Micalc, degiac, 143,342 Amoroso F., 4 1O Andol fato Ezio, 427 Appioni Giacomo, 130. 211,411 Apte Micael, degiac, 342 Araldi V., I34, 138 Arena Giuseppe, 427 Arizio C..414 Armellini Quirino, 50, 398 Artesi R, 4 17 Ascoli A.,415 Asfaousscn Cassa. degiac, 246 Asfauossen. merdiazmàc, I 25. 141, 329 Ashcnafi, fite urari. 320
Astuto Riccardo, 63 Ataturk Kemal Atò Alì Nur, capo somalo, 342 Attolico Bernardo, 367 Averrà Darghiè, 246 Ay mone Cat Mario. 128. 139, 159, 290, 291, 407,4 10,463 Azzi Francesco, 427
B Babbini Ezio, 65, 130,151,245,261.301, 412 Badano Nino, 502 Badessa Lig, guerriero etiopico, 280 Badi Tito, I 30 Badino M., 448 Badoglio Pietro, 48, 50, 51, 52. 53. 54, 55, 56. 57,60.61, 62,63,65, 66,67 , 69, 70, 71, 72, 73, 85. 96. 161 173 174, 175, 180, 181, 197, 198, 199, 202, 203, 206,207,208,209,210, 211,213,220,236,237,243,244,247,248. 250, 259, 260, 26 1, 265, 267, 269, 27 1, 273, 275, 276, 277, 278, 280, 282, 288, 289, 290. 292,294,295,296,297,298,304,307,315, 317,318,319,320,322,323,325,326,332, 334,335. 337,34 1,343,353,359, 360,365, 368. 369, 372, 374,376, 377,378,379,38 1, 382. 387,389,390,391,392,393,394,396. 398,399,417,419,422,423,432,436,437. 44 1,442,445, 447.449. 450, 452, 453, 455, 456,457, 458,460.462, 463,467, 472, 473, 474,476,477,489,491 Baer W., 26, 28 Bagnolini Attilio, 427 Baistrocchi Federico, 50, 52, 53, 57, 58, 61, 63, 64, 65, 67, 69, 71, 73. 83, 86, 111, 174, 196. 260,261,331,332.362, 387,389,395,396. 398. 399, 405,471
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La campagna italo-etiopica, 1935- 1936
Balbo Italo, 57, 389 Baldini F., Baldissera Antonio, 68 Bal.dwin , politico inglese, 39, 40 Bancale E., 91 Bancale F., 397 Bandini Franco, 292 Barani Hindry Cam illo, 427 Baraticri Oreste, 21, 68 Barbasetti di Prun Carlo, 36 Barlozzatti U., 433 Barone Pietro, I 28 Barrè Siad, 499 Bassi M., 355 Bastico Euore, 131, 246, 270, 279, 394, 406, 41 [, 460, 484 Battista Francesco, 427 Battisti Emilio, 3 I 9, 323, 326 Bauzano Augusto, 13 1 Bechis, ten. col., 357,417 Bedei M., 415 Bejenè Merid, degiac, 143 Bejnè Be lainè, cagnasmac, 320 Bellucci V., 412 Benussi G., 433 Benvenuti B., 43 3 Beretta Fausto, 427 Bergonzoli Annibale, 223, 229, 230, 231 , 234, 235,238,241,340 Bertello, col., 134,222,340,417 Bertinaria Pier Luigi, 91, 450 Bertini F., generale, 31 l, 411,457, 458, Bertoldi S., 4 16 Bertoldi Silvio, 391 Bertolini Ermanno, 29 l Bes C., 397 Biagini Antonello, 61, 62 Bianchi G.F., 65, 67 Binacchi G., 410 Binacchi Gaetano, 130 Birago Dalma7.io, 179, 427 Biscaccianti Alessandro, 130, 493 Bizzarri, ten. 233 Boccolari, magg., 134 Bohne, generale austriaco, 487 Boldi Gino, 131 Bolla A., 255 Bollati Vittorio Emanuele, 270 Bollea, col., 405 Bonfatti A., 41 O Bonini S., 408 Bonsignore Antonio, 144 Bonsignorc Antonio, 427 Bonzani Alberto, 52, 53, 54, 57, 69, 396, 406
Barello A., 407 Borghesi A., 410 Boscardi E., 4 15 Bottai Giuseppe, 127, 260,265, 31 I, 374,388 Bollari Tommaso, 130, 411 Bolli Ferruccio, 62, l 10, 434, 439, 448, 450, 48 1, 482 Botti Giuseppe, 270 Botto Goffredo, 13 l Boute Tesamma, fiteu rari, 2 Bovio Oreste, 396 Brocchieri Beonio V., 308 Brogl ia Enrico, 130, 409 Brundu Olla P., 38 Bucciame Giuseppe, 388 Buoni, ten. col., 133 Burrà Jaleu, degiac, 157 Burrù Admasù, capo etiopico, 204 Burrù Menelik, 1° fitcurari dell' Impero, 137, .142 Burrù Uolde, fiteurari, 376 Burrù Zeudè, capo etiopico, 204 Bussetti, ten. , 233 Buttà, col. 248, 251, 414 Bywatcr H.C., 50 l
e Cabano A., 410 Cahi ati A., 372 Caccia Dominioni Paolo, 68,204,261,425,426 CaffoA., 407 Caffo Aventino, l 28 Caggiano V., 4 12 Caioli A., 21 Calderini Mario, 134, 144,411 Calini P., 416 Cambi Euore, 485 Canale A., 397 Candido F., 4 l5 Canevari Emilio, 398, 434, 444 Caorsi G., 413 Capparelli Francesco Saverio, 427 Cappellano Filippo, 430-432 Caranianna C., 415 Carnevale Ouavio, 131 Carnevali J., 416 Carnevali, col.1 33 Carneval ini Francesco, 427 Carocci G. , 25 Carrara Verdi Luig i, 131 Carta A., 409 Carta Angelo, l 30
573
Indice dei nomi di persona Cassa Hailù Darghiè, ras, 125, 142. 167. 205, 244,246,247, 248, 250, 258, 259, 263,265, 276, 278, 279, 280, 289, 29 1. 292, 302, 304, 320, 328,376 Cas sa Sebhat, degiac, 485 Cassata R., 416 Castagnola A., 409 Castellani A., 484 Castellano A., 416 Castelli F., 412 Catalano F., 28 Caudana Mino, 388 Cavagnari Domenico, 49 Cavallero Ugo, 261, 33 1. 435 Cavicchioli S., 25 Caviglia Enrico, 392 Cavour C. B., 30 Cecchini E., 78, 87. 92 Cecooni E., 4 I3 Celentani M., 411 CerioG., 416 Ccrrini Salvo, 130 Ccva Lucio, 62, 435 Chabod M., 29 Chebbedè Mcngasciù, ras, 142, 276, 323, 325 Chebredè Hailù , degiac, 280 Chefnè Ergatu, cagnasmac, 320 Chiarandà C., 4 1O Chiarini Bruno, 13 1,413 Chiarizia E., 397 Chiavarelli E .. 128,465 C hiavellati Luigi, 427 Chirialti G., 409 Churchill Winston, 32, 45 Ciano Galeazzo. 159, 368 C iarpag lini Agostino, 427 C icirello Antonio, 427 Cifo.n i M., 479 Cimino C., 407 Cimmaruta Robcno. 33, 34 Cimmaru ti Vittorio, 427 Ci nti G., 408 Citerini, ten.col., 357, 358 Ciuerio C., 4 I3 Clerico L., 4 IO C lifford, col. inglese, 34 Cohen S., 2 1 Colacicchi R., 407 Colett i Mass imo. 131 Collina G., 106 Co lonna U.f., 433 Cona F., 407 Contarini S.25 Conti E. , 41 I
Comi G., 407 Conti Rodolfo, 131 Conticell i Giuseppe, 13 1,412 Cordero di Montezemolo A., 4 13 Corsi C., 4 I4 Couturc Amedeo, 13 I, 372, 414 Criniti Luigi, 130, 205, 207 C rippa Ettore, 205, 427 C rippa Michele, 427 Criso Orazio Vincenzo, 427 Crispi Francesco, 30 Crocesi, magg. RR.CC .. 357 C ubeddu Luigi, 47, 63, 13 1, 158, 3 16, 408§ Cucchi S., 425 Curami Andrea, 435
D Dall'Ora Fidenzio, 55, 67, 106, 128, 209, 304, 371,407.481 Dall 'Ora G., 397 Dallo I io Alfredo, I 94 Dal mazzo Renzo, 131 , 2 1O, 248, 251 , 323. 404 Damiano Franco, I 30 Dani F., 292 De Agazio A. , 408 De Alessandri Giovanni, 427 De Benedetti U., 4 12 De Biase Carlo. 391 De Biase Luigi, 130, 409 Dc Bono Emi lio . 48, 49, 5 1, 52, 53, 54, 56, 57, 6 1, 63. 65, 66, 67, 69, 70, 7 1, 73, 74, 110, 128, 130, 134, 158, 163, 165, 166, 173, 174, 175, 179, 180, 181,198, 203, 208.313, 353, 387,388,389,390,391 , 392. 405,489 De Castiglioni M.L.. col.470 De Chambnmne Charlcs, 365 De Cristoforis Tommaso, 2 1 Dc Fel ice Renzo, 29, 35, 40, 45, 59, 195. 197, 367,368, 370, 377,378 De Gennaro, scniore M .V.S.N., 383 DeGuidiA .,4 16 De Leone A., 409 De Luca Alfredo, 427 De Magistris Raffaele, 130 De Maria , cap.. 134 Dc Martino Renato, 427 De Meo M., 413 De Paolis V.. 411 De Pari s V.. 416 De Paris, col., 133 De Pignier A., 397 De Rege Amedeo Thesauro. 427
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La campagna italo-etiopica, 1935-1936
De Simone A., 408 Dc Simone Carlo, 130 De Vecchi Cesare Maria, 57, 389 De Watteville H., col. inglese, 488 Degli Esposti Umberto, 427 Del Boca Angelo, 22, 57, 104, 163, 173, 181, 232,238,239,243,244, 251 , 254,258,275, 292, 295, 3 10, 3 I I, 3 17 , 320, 328, 337,426, 427,468, 477, 484 Del Greco D., 4 10 Del Lupo L., 415 Del Monte Aldo, 427 Del Wallemy Suero Alejandro, col. cubano, 442, 443 Dell'Era Renato, 140 Della Mura V., 41 l Della Valle P.A., ten. col. USA, 493 Destà Damton, ras , 125, 143, 191,2 15,2 17, 218,220,223,224,227,228,230,232,235, 236, 334, 341, 383 Diamanti Filippo, 131,209,210,251,254, 255, 261 , 4 12 Di Bello, magg., 134 Di Benedetto Francesco, 427 Di Dato A., 417 Di Fazzo Ugo, 427 Di Gregorio Panfilo, 427 Di Nolfo E., 42 Di Palma G., 397 Di Pietro Salvatore, 130, 153 Dolfuss Alwine, 51 Donati S., 4 IO Doro Ivan, 130, 4 1 I Douhet Giu lio, 391, 448, 462 Duca G iovanni, 445 Duranti E., 416
E EdenAnthony,33,39,41 , 164. 195,370 Edoardo VIII, 371 Einaudi Luigi, 485 Elena di Savoia, 1. 94 Emanuele Fi libe110 di Savoia, 270 Ernanueli E., 378
Fattori M., 413 Fava, magg., 134 Fazio Amerigo, 427 Fazzini Luigi, 270 Federico Guglielmo, re di Prussia, 136 Federico II, re di Pnissia, l 36 Federzoni Luigi , 25 Feleui Edgardo, 130 Ferooni A., 407 Ferrante, magg., 134 Ferrari Dorello, 87,449,450 Fe1rnri M., 479 Ferrari, magg., 134 Ferrario A., 408 Ferraudi L., 409 Ferrcro A., 4 15 Ferrero C., 409 Ferri L. , 4 12 Ferrighi , magg., 134 Finamore M., 409 Finkelstein, M.S., 388 Fiorenzoli B., 408 Fish, magg.Usa, 487 Flandin, politico francese, 32, 365 Florio, sott.le R.A ., 291 Focanti, ten . col., 133 Follini Giuseppe, 131 Foresi P. , 41 2 Foriero A., 41 3 Furlani Gino, 427 Fortuna L., ten. col., 407 Frà Ginepro, 292 Fragola, 1° cap. RR.CC., 357 Frailè R.L., 469 Franceschetti G. , 4 15 Franchetti Raimondo, 308, 309 Franchi L., 397 Francisci Enrico, 131, 41 2 Franzoni Antonio, 427 Freda Filippo, 428 Fresia G., magg., 407 Frusci Luigi, 63. 70, 133, 187, 188, I 90, 343, 346, 349, 350,351,352,355, 356, 357,360, 4 16 Fucci F., 388 Fullcr J.F.C., 239,462, 475,488 Fumagalli. ten.col.., 133 Funke M., 368
F Fantone, col., 133 Fantoni A., 416 Farago L., 475 Farinacci Roberto, 159,392,393 Farulli V. , 412
G Gahba Hassan, capo etiopico. 228 Gabba Melchiorre, 128, 199, 261,424,425 Gabrè Lel ibelù, bigcrondi, 209, 246
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Indice dei nomi di persona Gabrè Maria, 383 Gabriele Mariano , 42. 465 Gaione L., 41 I Galamini A., 4 12 Calassi Romolo, 428 Galbiati. 41 5 Galli ani E1tore, 13 1 Gall ina S., 4 13 Gallina Sebastiano, 130 Gallina, generale, 374 GalloM., 28 Gambara G., 4 12 Gambelli L. 4 I O Gambino A., 474 Gamerra E., 397 Cammelli R. , 4 1 I Gangemi G. , 4 16 Garave lli E. , gen.brig ., 128, 407, 456. 457 Gariboldi, generale, 374, 377,409 Garret G., 291 Gaspari Paolo. 13 I Gaspari ne1ti A. , 99 Gasparini Jacopo. 25, 26, 204, 372 Gasti nelli Carlo, 131,414 Gaui, Angelo, 391 Gazzera Pietro, 52, 58 Gazzo la F., 4 .1 O Ge loso Carlo, 360, 383. 4 15 Gcntilli R. , 128, 179, 2 11 , 2 12, 264, 277, 29 1, 302.3 17,322,326, 328,355,461 , 463 Gcnti zon Paul, 329 Ghebriel, degiac, 153 Ghe~sese Belù, capo etiopico, 2 12 Ghetacciou Abaté, ras, 125, 143,320,323, 325 Ghisleni Mario, 428 Giacchino O., 4 10 Giachi A., 4 18 Gi anni G., 4 11 Giardina G., 425 Gibbs N. H., 38 G inocchie1ti A., 106, 110 G ioda B., 41 2 Gi onfrida Al essand ro, 6 1, 62 Giordano Edoardo, 133. 475 Giorclli C., 408 G iorio C., 417 G iorio, magg., 134 G iu liani Regina ldo, 2 10, 255, 428 G iuliano A., 397 Gloria M., 409 Glorioso N., 4 15 Goglia Luigi, 26, 27, 204,226 Goltz (von der), gen. prussiano, 136 Gondrand S.p.A., 280, 292
Gounod Carlo. 205 Grandi Dino. 25. 38, 41,37 1 Granzotto P., 499 Grassi F., 27 Graziani Mario. 130 Graziani. Rodolfo, 57. 63. 71. 72, 73, 74, 83, 116, 13 1, 133, 187,1 90. 220, 228,229,230, 23 I , 232, 234, 235, 237, 238, 239, 24 1, 243, 308,33 1,332,334, 335,337, 338. 339, 340, 341,342,343,345,346,349,351,353,355, 356,358,359,360,362.367,370,376. 381, 382,383,4 15, 468 Graziolì Francesco Saverio, 26 1, 331 , 392, 395 Graziosi A., 4 12 Griffa Michele. 428 Grignolo M. , 408 Groselc U., 409 Grotti , ten. co l., 134 Guariglia Raffaele, 25,500,501 Guarneri Felice, I 93 Guazzaroni Gastone, 131 Gugsà, degiac, 277 G uidelli Marco, 130, 408 G uillon, col. francese, 378 Guzzardi S., 421 G uzzoni Alfredo, 26 1
H Hallcsellasiè Gugsà, deg iac, 141 , 157, 158, 177 Hamilton A., 37 Harris B. jr.. 197 Hassan Gabba, capo etiopico, 224, 228 Hassel (von). diplomatico 1cdesco, 368 Hayla Scllase (Hailé Sc lnss ié o ras Tafari). 22, 33, 125, 224, 263, 320, 322, 323, 325, 328, 369,376, 377 Haz.on Azolino, 128,407 Hcruy, ministro c1iopico, 376 Hitler Adolf, 48, 367, 368 Hoare, poli tico inglese, 39 , 44, 172, 195, 196, 366,367,500 Hundenburg Paolo Ludovico, 342 Hussein Ailè . 343 Hylandr Fride. 236
I lhaio Mohamed, dcgiac, 125, 142 Ilari Virgilio, 426, 434,439,448 lmbriani R., 4 11
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La campagna italo-etiopica, 1935-1936
Immirù, ras, 125, 142, 201, 203, 204, 205, 207,
208, 2 11, 2 12, 244, 248, 250, 258, 266, 279, 280, 281, 292, 296, 297, 298, 301, 302, 305, 376,390, 442, 475 Infield G.B., 479 lntini O., 409
J Jajo Mohammed, 308 Jalla Davide, 270 Jung Guido, 193
Long B., diplomatico Usa, 194, 197 Longo Luigi Emi lio, I 95, 368, 396 Lordi Renato, 428 Lorenzini Orlando, 131 Lorito L., 4 1.0 Lubrano A.. 41 I Lucas E., 254, 426 Luciano, magg. 134 Lupi I, 407 Luridiana A., 409 Lusardi Aldo, 428
M K Karnvasilis Saba (o Mussa Saba), 224, 228, 229,
230 Khovalec VicLor, 49 I , 492 KonovaloffTh., 279. 291. 320,325
L La Predelle (dc) A., 43 Labruoa D., 412 Laghi Sergio, 428 Lama G., 412 Lamborghini Renato, 131 , 410 Lamzo, Taezaz, rum.ionario etiopico, 376 Landi Mina Alfredo, 270 Lanza di Scalea, ministro, 25 Lapucci G.Battista, 428 Larice, seniore M .V.S.N ., 57,405 Latibelù, bigerondi, 320, 323 Lazzarini Ottavio, 428 Lazzeo R., 406. 497 Lcger Alexis, 36 Lembo D., 479 Leonardi Emanuele, 428 Lequio T. , 413 Lernuschi E., 466 Lessona A., ministro, 22, 57, 63, 66. 85, 96,
173, 175, 317, 331, 334, 34 1, 359, 374, 389, 394, 399 Lcuzzi A. , 479 Liddel Hart B.H., 489 Lindstrom Gunnar, 236 LioyV., 290 Litta Modignani Gian Franco, 309 Liuzzi O., 407 Locatelli Antonio, 428 Lodolini Elio, 496
Mac Donald, politico inglese, 34, 38 Maccolini Emil io, 428 Maconnen Endelaccioù, degiac, 34 1, 342 Maconnen, Demissié, bitoudded, 273 Maconnen, ras, 22, 125, 142,345, 346 Maffey John, 39 Magistrati Massimo, 368 Magliano E.. 411 Maglioni Armando, 428 Magrini I., 412 Maione G., 484 Malaga Marisa, 261 Malaga Ugo, 261 !vialetti Pietro, 133, 185, 188, 190, 2ll, 219,
4 16,437,438, 454,455 Malta G.. 414 Malvani P., 408 Mameli E. , 4 17 Mameli, magg. , 134 Mameli, ten. pii., 29 1 Mancini M ., magg., 407 Mancini Stanislao, 30 Manconne Demsou, bitouddc, 142 Manfredi L., 409 Manfrone M. , 417 Mangascià Hi lrna, degiac, 320 Mangascià Se iurn, ras, 125 Maravigna Pietro, 130, 153. 157, 163, 207, 293,
295,296, 297,298, 4 10 Marcello D., 415 Marcheggiano Alfredo, 130 Marchini L. , 413 Marder A. , 38 Marghinotti M., 416 Marini Giovanni, 428 Mariotti Oreste, 131, 176. 178, 407 Martelli Franco, 428 Martina! G. , 415 Martini F., 420
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Indice dei nomi di persona l\,1artini, 2 18,220, 238,340, 416 Marù Arram, degiac, 209 Masina Giorgio, 130,410 Masper G., 412 Matricardi A., gen. B.A., 159, 407 Matte i Simon Pietro, 309 Mauro, magg. RR.CC., 357, 358 Mayda Giorgio, 72 Mazzarella F., 41 6 Mazzari M., 41 2 Mazzei V., 41 I Mazietti M ., 416 Maa etti Massimo, 50, 58, 396 Mazzini L., 409 Mecozzi Amedeo, 448 Medlicott W.N. , diplomatico inglese, 32 Melillo E., 408 Mellion, fiteurari, 353, 356 Menelik Il0 , sovrano etiopico, 218, 246 Menern. consorte del Negus, 376 Menghescià l bma, degiac, 143 Menghietà, ras, 143 Me nicucci Ludovico, 428 Mentasti L., 397 Mercanti Arturo, 428 Meregazzi, funzionario, 394 Merzari M., 4 10 Mescescià Uold iè, degiac, 143 Mesfin Scilesci, ligaba, 320 Mesteniè, lìteurari, 142 Micaletti R., 347 Michelazzi Luigi, 428 Michel i, col. , 218,219,416 Miege J.L., storico inglese, 38 Miele Alighiero, 133 Migliorati Giuseppe, 270 Mi.leto Stefano, 428 Minniti G. , 4 16 Minniti M., 51 , 64 Minniti Tito, 237, 428 Miozzi O., 466 Mischi A., 41 I Molinari M ., 415 Molinero, col., 134, 41 4 Mondadori, col., 43, 44 Mondini Luigi, 368 Monnerel de Villard G .. 411 Montagna Pietro, 130 Montanari Mario, 42, 80, 84, 404, 446, 450, 483 Montanari, ten. col., 134 Montanelli Indro, 468 Moramarco, col., 134,220, 232,416 M.orell i di Popolo G., 4 16 More lli, gen .. 220, 225, 230, 23 I, 232
Morgantini Mario. 155 Mori R. , 172 Moscone G., 413 Moy Armando, I 30, 408 Mucciacciaro A., 411 Mugnai L., 412 Mukria Bantirgu, cagnasmac, 320 Mulazzani V., 420 Mulughietà, ras, 201 , 2 11, 244, 246, 247, 248, 250,258, 263,265, 266, 267,275,276,277, 278,279,280,304, 390,442, 478 Mussa Saba (o Karavasilis Saba), 224, 228, 229, 230 Mussol ini Benito, 22, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 32, 34, 37, 38, 39, 40,4 1, 44,48, 49,50, 51,52, 53, 54, 55, 57, 58, 59, 60, 6 1, 62, 63, 64, 65, 66, 67, 70, 71 , 72, 73, 74, 75, 94, 104, 116, 149,157, 165, 173, 174, 179, 180, 193, 194, 196, 197, 198, 203, 207,234, 236,237, 241 , 243,260, 261, 304, 308, 3 17 , 3 18, 332, 335, 337,343,346,353,365, 366, 368, 369, 370, 371, 379, 381, 382, 388, 389, 390, 39 1, 392, 393, 394. 395. 396, 399, 406, 467, 470, 476, 477, 484, 489, 497,498, 500 Mussolini Bruno, 159, 327 Mussolini Vito, 159 Mussolini Vittorio, 159,292
N Nardi E., 464, 465 Nasi Guglielmo, 240, 313, 340, 346, 349, 350, 351, 353, 356,359,360,381 , 382, 416,418 Nasi Mario, 130 Nasi bù, degiac, 185, 224 , 228, 303, 334, 335, 34),342, 345,359, 381 Natale Leopoldo, 13 I, 408 Navarra Viggiani Franco, 340, 346, 349, 351 , 379. 38 I, 382 Negri Luigi , 409, 458,459, 460 Negussiè Tsagai, sciumbasci, 232 Nemeth, col. ungherese, 487 Nicolosi M., 397 Nitti P. , 413 Nogarel Bernardino, 497 NorcenA.,4 10 Notari A. , 407
o Olgiani, cap. vasc. 133 Oliveti Ivo, 428
La campagna italo-etiopica, 1935 -1936
578
Olivetti A., 4 l 2 Ollearo A., 415 Olol Dinle, su ltano, 187, 22 1, 222, 225, 237, 330,343 Ornar Samantar, capo somalo, 342 Ottaviani Flavio, 428
p Pace B., 255, 258 Paglia Guido, 428 Pagliano Aldo Franco, 464 Pagnottini Dante, 428 Paladino F., 415 Pankhurat R. , 443 Paoli Alessandro, 428 Paolini V., 409 Pariani Alberto, 58, 196, 260, 3 16, 337, 340, 392,393, 400,449, 450,472 Parini Piero, 351, 353, 382, 416 Pasquali A. , 409 Pasquini P., 41 6 Passerone Giovanni, 130 Passeroni G., 4 11 Patrnncini G., 415 Paturno M., 110 Pavolini Alessandro, 159,258 Pavone Giuseppe, 133 Pecorari Ouone, 428 Pecorini A. , 408 Pederzini, ten . col. 134, 220,416 Pedriali F., 258, 261, 264, 302, 3 17, 323, 334, 383,475 Pe lligra R., 4 11 Pelosi E., 411 Peluso Alfredo, 26 Pentimalli R., 410 Perfetti Francesco, 32 Perrelli M., 415 Perrelli Mario, I 33 Perria A., 259 Pertoldi F., 409 Pervizi, col. albanese, 487 Pesenti Gustavo, 13 1, 122,325, 326,413,420, 421 Pelrilli P., 91, 435 Petroni, magg., 133 Pezzolet, V., 426 Piacentini P., 407 Pica R. , 407 Piccone, col., 133, 416 Picri Piern, 50, 62, 392, 441 Pietra I., 323
Pietrocola Salvatore, 428 PigliM.,21 Pignatelli L., 43, 111,292,325, 485, 499,500 Pignato N., 433 Pini, magg., 134 Pinto L., 4 11 Pirella A., 43 3 Piroli Alberto, 13 I Pio.io Biroli Alessandro, 57, 130, 149, 153, 258, 259, 261, 287,288,4 13 Pisoni Gastone, 428 Pittau, magg. , 383 Piumatti P., 4 12 Pizzorno, ten. col., 133,416 Polo Tito, 285, 286 Positano Francese.o, 428 Prall L.R. , 38 Pricolo Francesco, 462 Prigiotti , ten. col. 134, 220 Primiern C., 409 Prncacci G. , 476 Puddu, magg., 415 PugnaniA.,434,435 Puletti R., 435 Puntoni Paolo, 38
Q Quarenghi Enzo, l 2 1 Quartararo R., 25, 35, 38, 172 Quercia A.. 434, 438
R Ragazzi Corrado, 133 Rambaldi Gustavo, 285 Rango, s. ten., .131 Ranza Ferruccio, 159, 334, 355, 434 Raudino S., 417 Rava Maurizio, 63 Rea E., 41 I Reatto Efrem, 428 Rebuzzi F., 408 Reciputi F., 408 Redini A., 414 Rendulic L., 478 Repossi G., 408 Reteuna Augusto, 270 Riccardi E., 409 Ricchetti A., 397 Ricchetti, 470,471,472 Riccioli F., 410
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Indice dei nomi di persona Ricciotti Giovann i, 130, 413 Riche D., 469 Righelli Lorenzo, 428 Rigolone Virgilio, 133 RivaA.,410 Robotto D., 397 Rocca G., 41 2 Rochat Giorgio, 28, 49, 50, 54, 57, 58, 60, 61, 62, 63, 64, 66, 69, 73, 74, 75, 83, 389, 392, 393,399,441,445,468,469,472,474,475, 476,485 Romano, col., 133,416 Romegialli L. , 4 I 3 Romcro F., 409 Roosevelt Delano, 197, 243 Rosatelli, ing., 414 Rosati, ten. col., 134 Rosi E ., 397 Rosseau Ch., 378 Rossi G .. 413 Rovighi Alberto, 418 Rudini Alberigo, 130 Ruggero Dialma, 323, 428 Ruggero Vittorio, 159, 308. 309, 310 Ruggero, col., 31, 470 Ruggiero R., 408 Russo S., 408
s Sacchi E., 408 Saccorotti F., 397 Sacerdote E., 407 Salerno, magg., 134 Samantar Omar, 33 Sandalli Renato, 407 Santini Ruggero, 130, 149 270, 320, 432, 437, 444,450,452,453 Santoni A., 38 Santoro Enrico, 428 Santovito U. , 4 12 Santucci Luigi, 428 Sarolli Rosolino G. Battista, 428 Sarraut Alhert, 365, 366 Savini M. , 409 Scal ia Giovanni, 134 Scanagatta Ubaldo, 130, 4 1O Scarampi G., 413 Schek Ogialle, capo etiopico, 142 Schiavi, magg., 134 Schimachen M., 4 10 Schneider Enrico, 13 1 Schubert Francesco Pietro, 205
Sciaky R. , 378 Sciferra, fiteurari , 33, 34, 204 Scolli Francesco, 131, 414 Scuero A.. 4 13 Sebastianelli A., 4 13 Seikc, cap. giapponese, 487 Scjum, ras, 146, 159, 160, 167,179,201,244 Sema Antonio, 426 Serra E., 32 Serra G., 412 Serrai Nicolino, 130, 413 Seuanni, ten. col., 133 Siciliani D., 4 11 Siliprandi, ten . col. 133 Silvestri A., 465 Simeoni Guglielmo, 270 Simon, politico inglese, 39 Siniscalchi G., 407 Soddu Ubaldo. 487 Sofia U. , 4 16 Somma Umberto, 130, 151 ,209, 251,255,261, 289,413 Spatocco C., 41 1 Spazzoli G., 408 Spezzaferro C., 414 Starace Achi lle, 315, 316, 372, 408 Steer G.L., 228,280,322,356,376,377,378 Stefanell i Giuseppe, 13 Stefani Filippo, 438, 439 Stefanon G., 68 Stcffcn, diplomatico tedesco, 368 Stirati G., 41 2 Strinati A., 415,472 Suvich Fulvio. 32. 366,400
T Tacito Cornelio, 394 Tademè, fiteurari, 2 18 Tadini Mario, 428 Tafari, ras (vd.Hayla Sellase) Taiè Gulelatié, degiac, 143 Tamburell i Renato, 131 Tanfema M., 4 10 Tansill C.C., 33 Tarantino Raffaele, 428 1àsseu Ualelu, ligaba, 320 Tecle Uolde, Hawariat, 376 Tedesco Ubaldo, 130, 41 2 Tefferi Makonnen, ras. 30 Terrac ina Amedeo, 93 Terragni E.. 283 Teruzzi A., 4 12
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La campagna italo-etiopica, 1935-1936
Tcscfai Tegagne, 376 Tessitore V., 409 Thaon di Revel, Paolo, 193,485 Tomasell i Cesco, 205,319,320, 322,325 Toselli Pietro, 205, 284 , 323 Tosoni G., 415 Tosti C., 414 Trabucchi A., 434, 448 Tracchia Ruggero, I 31 , 2 1O, 248, 4 I4 Traditi, gen ., 270, 409 Traniello O., 409 Trifogli G. , 397 Trischitla R.C., 427 Tromby F., 4 IO Trulli T., 417
u Uaghscium Chebbedé, 142 Ubertalli R., 397 Ugolini Adeodato, 131 Uoldetzadek, bituodded, 142, 376 Uonduosscn Darghie, figlio di ras Cassa, 246
V Vaccari R., 41 O Vaccaris i Achille, 13 1, I 59, 209, 258, 26 I Vadalà R.. 357, 358 Valle Giuseppe, 49, 53,463, 471 , 472 Van den Heuvel G., 130 Vansittart, diplomatico inglese. 172 Varda Giovanni, 270, 405 Venditti E., 407,472 V.erger, sensiore M.Y.S.N., 381
Vcrné Vittorio, 347, 349, 350, 352, 353, 359, 360,381 , 382,383 Veschi L uigi, 428 Villari L., 22. 194 Vi llasanta Nino, 130,410 Vinciguerra A., 416 Visconti Prasca Sebastiano, 54, 66, 67, 434 Vittorio Emanuele III, 55, 390 Volterra A., 420.
w Walters F.P., 22 Wehib Mchmcd (o Weib Pascià), 341,352
X Xilander R., I I l , 134, 320
z Zacone Ivi., 411 Zaghi C., 27,497 Zambon, col. , 220, 231, 4 16 Zannon Livio, 237,428 Zappulli C., 502 Zel li Jacobuzzi G., 433 Zeudù, fitaurari , 143 Z il iani Umberto, 270 Z iotti G ., 41 2 Zo L., 4 15 Zoppi O., 397 Zucchelli Gino, 428 Zureui Gianfranco, 146,323,414,428
INDICE DEI TOPONIMI CITATI NEL TESTO
'
Abai Dar, 120 Abaiu, (o Ni lo Azzurro), 118, 120, 121 Abarò, 244, 246, 247, 248, 249, 251, 254, 258, 261, 263, 282, 284 Abassi, I 18 Abba Borro, 342 Abba Dor, 341 Abba Salama. 247, 248, 250 Abbi Addi, 126, 150, 170, 179, 207, 208, 209, 220,244,246,247, 2510, 254,261 , 263, 267,283, 284,289,311,445 Abiata, 12 1 Abj El Rafi, 3 I I Aborà, 125 Abuille, 126 Abuna Josef, 120 Acab Saat, 295, 296, 297 Addelè Gubò, 126 Addì Aitecheb, 203, 205 Addi Areai, 307,312,313 Addi Colò, 202, 268 Addi Encatù, 205 Addi Hotzà, 247 Addi Rassi, 213 Addi Zubbahà, 247, 249,254, 258 Addimarà, 271 Addis Abeba, 22, 26, 30, 3 1, 64, 71, 124, 125, 127, 134, 136, 146, 149, 239, 243, 265, 22, 304,308, 31 I , 317, 319,326,328,329, 33 1, 335,337,341,343,353,365,367,368,369, 370,371 ,372,374, 376, 377, 378, 379, 381, 382,383,443,462, 463,470 AddisAlem, 120, 125, 126 Adeile, 220, 223, 224, 228 Aden, 119, 123,308 Aderat, 284 Adi Abò , 126, 141, 158, 198,201,207,282, 292,298, 305,3 13 AdiAbò, 178
Adi Abrit, 284 Adi Abuna, 155, 157, 168, 169,265 Adi Achè, 273 Adi Acheiti, 272 Adi Agnys, 248 Adi Ahà, 249 Adi Arbatè, 280, 292 Adi Berich, 296 Adi Caieh, 157 Adi Colò, 274, 275 Adi Danagul, 250 Adi Elchìn, 271 Adi Farris, 284 Adi Haimanal, 295, 297 Adì Nefas, 159 Adi Onfitò, 293 Adi Qualà, 128, 157, 168,294 Adì Remoz, 312 Adi Sembet, 273 Adi Seratit, 271 Adi Ugri, 168 Adìet, 305 Adigrat,47,64,66,67, 126,1 45,149,150,15 1, 153, 158, 159, 160, 168, 169, 170, 175, 198, 199,201,202,282, 300 Ado, 127,335,343,350 Adri Debrì, 248 Adua, 21, 27, 47, 48, 64, 66, 118, 120, 125, 126, 149, 150, 151 ,1 55,156, 157. 158,159,160. 161, 163, 168, 169, 170, 175, 176, 198, 199, 201 , 203,208, 2ll, 215,225,244,245,246, 255. 258, 265, 266. 282, 293, 305, 306, 476, 489 AfGagà, 207,211,248,250,258,298 Afdub, 185 Afgol Gheorghis, 179 Afrera, 170 Agamè. 14 1, 144,208 Agamè, 199,266, 305
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La campagna italo-etiopica, 1935-1936
Agaumeder, 120 Agheresalam, 126 Agrigento, 425 Agulà, 170 Agumbeltà, 170,317,318,3 19,321,323,326 Ai Mai Ciai, 272 Alagi (Amba), 149, 158, 172, 174, 179, 198, 202, 205, 208, 246, 265, 267, 271, 276, 279, 280,28 1, 284,287,295,307, 317, 323,366 Alagi (Passo), 47, 170, 267, 271, 279, 280, 281, 282,290,307,3 16,319 Albamalè, 179 Alefa, 370 Alequ11, 149, 150 A lomatà, 291 Amba Addima.ri, 272, 273 AmbaAià, 170,3 19,320,321, 326 Amba Angher, 153, I59 Amba Aracà, 272 Amba Aradam, 208, 244, 246, 247, 267, 268, 27 1, 272,273,274,275,276,277. 279,317 Amba Betlem, 279 Amba Birculam, 159 Amba Bircuten, 313 Amba Chernalé, 255 Amba Corcorà, 286 Amba Cossà, 250 Amba Cosso, 327 Amba Dcber Ania, 284 Amba Eulala, 157 Amba Ferrà, 307 Amba Gabalà, 176 Amba Ghedem, 273 Amba Ghermadò, 27l Amba Guddamì , 326 Amba Mairà, 284 Amba Mamù, 153 Amba Samboccò, 3 15 Amba Sebhat, 155, 156 Amba Sellat, 155 Amba Tzellerè, 209,210,264,282, 289 Amba Uork, 254, 255, 267, 282, 284, 285, 286, 288,290 Amba Warrà, 153 Amhara, 1 18, 141 , 172, 204, 246, 313 Amino, 224, 230 Anchebii, 31 O Anchierè, 280 Ancober, 372 Andè, 291 Andinò, 209, 246, 289 Angareb, 313, 315 Angarebn 120
Ankober, 125, 126 Antalò, 179,273 Anta lò, 305, 307, 3 I I, 317 Antoccià, J42 Ardibbo, 12 1 Areri, 230 Arì, 178, 448 Arocò, 276 Arresa, 199 Arussi, 122, 142, 143,225, 342 Asar, 205 Ascianghi, 47, 55, 121 , 126, 144, 149, 167, 170, 174, 175, 176, 201, 215, 290, 306, 307, 316, 318,326,329,369,371 Asmara, 21, 52, l 12, 124, 128, 130, 179, I 98, 199,290,293, 295,308,315, 322 Assab, 126 Assacattì, 3 I 9 Asse! Ghertì, 319,320 Assifa, 126 Atbara, 120 Atergallè, 14 1 Athara, 120 Auasa, 12 1 Auasc, 308, 372 Aulalè, 141 Aulien, 24 1 Aussa, 119, 120, 125, 126, 142, 143, 144, 159, 305, 307, 308 Auzebà, 271 Avergallè, 305 Ax um, 47, 66, 126, 14 1, 149, 150, 155, 157, 159, 163, 172, 175, 176, 178,198, 201,203, 204, 207, 209, 2 11, 244, 246, 258, 266, 293, 305,313, 476 Az Darò, 293, 298 Az Nebrid, 178,293,296,297,300 Azbì, 167, 170, 176,178, 244 Azebò Gall a, 280, 325 Azebò, 305 Baarus, 289 Baco, 143 Baco,342 Bahar Dar, 3 I 6 Bahr dar Ghiorghis, 120 Baidoa, 70, 119,215,217,219,220,224,225, 238, 241, 340 Balci, 126 Balé, 123, 143, 144. 191,218,221 , 238,334, 370,383 Banana, 185 Bander, 230, 231 , 232 Barachù, 15 1
Indice dei toponimi Bardera, 119, 120, 215,224,232 Barenl.ù, 313 Baro, 118, 126 Bascilò, 120 Bascinolò, 118 Bassopiano Occidentale, 245, 3 11 Bassopiano Orientale, 271 , 369 Ba Tawaio, 320 Batié, 126 Beghemeder, 120, 125, 143,204,316,370 Behat, 151 Beilul, 170 Beilul, 308 Belagò, 321 Belés, 249, 250, 284, 290 Belcsà, 14 1, 168 Belesa, 372 Belesat, 275 Belet Uen , 70, I 19, 127, 133, 183, 185, 186, 222, 225, 226,236, 241,335,337,340,353, 355 Belfort, 365 Beloet, 178 Ben Quinat, 237 Benadir, 119, 123 Bengasi, 108, 232 Beni Sciangul, 141 Beni Sciangul, 370 Berbera, 126, 335 Bet Maira, 284 Bet Micael, 177 Biana, 126 Bila Gherir, 222 Bila Gherire, 222 Bircut, 225, 341, 343, 345, 346, 347, 349, 350 Birecutan, 142 BirgOl, 342, 353,355,356,357, 358,359 Boerà Ogazcn, 273, 275 Bogol, Magno, 2 19,223, 227,230,231 Bohorà, 307,316, 318, 320,321 , 322,326 Bohtlech, 149 Bolbalà, 178 Bootà, 170 Borà, 276, 305 Borana, 122, 142, 143, 144, 232, 235,238,334, 370, 383 Borchenna, 372 Boru Micda, 126 Brava, 332 Brescia, 425 Bucurale, 224, 24 I Bugnì1, 142 Buiè, 170, 208, 282, 307 Buja, 179
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Bullaleh, 225,335,341,345, 351 ,353,357, 358,360 Buio Bu1ti, 187,340,353,355 Bur Calane, 222 Buree, 126 Cacci amò, I70, 208 Caffa, 118, 123, 125, 141 , 142, 143,370 Caftà, 20 I, 3 11 Calaminò, 244, 260, 27 1 Calium Gurà, 142 Callafo, 149, 183, 186,187,215, 222 Callegia, 231, 232 Canale Doria, 185,215,219,221,222, 223, 224, 228, 229, 230, 23 1, 235, 236, 237, 238, 239, 341,332,341 Canale,5 17,227, 229,230, 231 , 239 Caranle, 222 Casà, 3 12 Cassala, 126 Celecot, 271, 282 Celga, 144 Cercer, 126 Chencher, 372 Cherseber, I53 Chessad (o Csada) Ambà, 254 Chessad Abahò, 298 Chessad af Currò, 176 Chessad Allà, 155 Chessad Dagamit, 176 Chessat Dembeguinà, 305 Ch.isimaio, 13 1 Ciamò, 118, 12 1 Ciarasigà, 205 Cinferes, 244 Ciollc Amodin, 317 Cobbò, 126,306,327 Cogoni, 228 Coietzì1, 293, 294,297,298 Comso, 143 Conso, 349 Contà, 143 Corbettà, 306,316,318,321 , 326 Correi, 224 Costa Francese dei Somali, 117 Cuachene ScelicoL, 178 Cuit, 247 Culloò, 143, 342 Cunama, 31 3 Cuollo Uoghcrà, 372 Curati, 127, 335,34 1,343, 345.349, 350, 31 Dabanach, 347, 349 Dabat, 144, 313
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La campagna italo-etiopica, 1935-1936
Dacu/1, 2 12,307,312,313,315 Dagahbur, 126, 127, 1853, 187, 190, 225, 236, 335, 340, 34 1, 342, 343, 345, 353, 355, 359, 360, 379,381 Dagamedò,335,341,342,345, 353,359,360 Dagnerrei, 149, 183, 187 Dalo l, 170 Damalè, 178 Damo Gali là, 178 Damole, 230 Damot, 142 Danan, 126, 127, 187, 19l, 222,225, 228, 244, 335, 340, 34 1, 342, 343,345,346, 347,349, 351 Dancalia, 119, 122, 123, 144, 165, 167, 170, 178,308,327 Danc, 341, 353 Dane,342,353,355 Dansa, 273 Dansa, 273 Dardanelli, 341 Darò Taclè, 15 1, 155, 159, 161 Daua Panna, 185, 191, 2 15, 217, 219, 223, 225, 228, 229,230,24 1 Daua, 120, 215, 222, 223, 225, 226, 228, 229, 230,23 1,235,238,239,241 Dauan,332 Ddei-ddei, 230, 23 I, 234, 238 Debarech, 212,305,307, 312,313,372 Debrà Ailà, 267, 268, 276 Debra Amba, 209. 250, 251, 254, 282. 289 Debra Brehan, 372,374, 377.378 Debra Marcos, 26, 125, 126, 29 1 Debra Sinà, 157, 374 Dcbra Tabor, 125,126, 143,3 16 Dcbra, 250 Debri Cheli, 202 Debrì Mariam, 208, 244, 246, 293 Debuc, 284, 288 Decameré, l 11, 162, 20 I Dechì Tesfà, 158, 198, 208, 266. 292, 293 Degan.325 Dembeccià, 126 Dcmbegu inà, 203, 206,208,2 13,280,297, 312, 436 Oembeklà, 250, 255, 287 Oe1nbià, 142 Derà, 176, 244 Deragà, 178 Dessà, 178 Dessiè, 26, 47, 125, 126, 136, 149. 167, 168, 170, 20 I, 212, 236, 265, 271 , 277. 279. 282, 304 ,305, 307,308, 31 I, 317,3 18,326,327, 328,329,331, 346,371,372,374,382
Oida Liban, 234 Dida Rcngi 234 Didessa, I 18. 120 Didiml.U., 228 Digherà, 178, 271 , 273 Dlgodia, 122,228,241 Dila (Gheriba), 126 Dire Daua 26, 127, 454 , 467, 31 I , 3 17,331, 335,337,383 Doberdò, 478 Dogali, 21 Dohonta, 23 I Dolo, 120, 126, 127, 133, 149, 170. 176, 177, 183, 185, 190, 2 15, 2 1. 7, 218, 2 19,220,223, 224 ,226,227,228,23 1, 233,234,236,238. 239, 240, 241,244 Dresda, 479,490 Oubbur, 307,31 9,321 Ducun, 19 1, 225, 228, 341 , 342, 343, 345, 351 Dudamori, 349 Dugub, 176, 282 Durban, 466 EdagàAmus, 157, 159,167,170, 186 Edaharà, 275 Eddaga Sciaha, 205 Efrata, 142 Efrem, 142 Eicallet, 27 I El Fu rruc, I 87 Elgon, 117 Eli fan, I 78 Ellot, 222, 241 Enda Abuna Abiesghi, 271 Enda Colcos, 3 19 Enda Debra Ai là, 282 Enda Gaber, 272, 273 Enda Ghiorghis Afgol, 155, 156, 273 Enda .lesus, 177, 259, 265. 374 End a Johannes, 155, I57 Enda Manuel, 26 1 Enda Marian Quasar, 209, 244. 247, 27 1, 289, 296, 305 Enda Meconni, 142, 305 Enda Medani Alem, 305, 307 Enda Micael. Den,bdà. 288 Enda Micael Gullè, 274 Enda Micacl , 155, 170, 177. 199, 258 Enda Moen i. 3 16 Enda Selass iè, 178, 206 Endà Scmbét, 287, 288 Enda Teclè Haimanot, 170 EndH Uoizerò, l 70
Indice dei toponimi Endertà, 47, 120, 142, 170, 199, 208, 2 11 , 246, 265,266,267, 268,271 , 274, 276,277, 278, 279,293,305,368,451,475, 476 Enna,45 Ennaria, 142 Enticciò, 47, 67, 149, 151, 153, 158,175,208, 266, 300, 305, 476, Entolto, 126 Ennacioccò, 142 Ezbà, 325,326 Faf, 120, 186, 19 1,225,226,241, 342, 350, 355,357, 359,360 Fafan, 185, 187, 188, 190, 342, 760 Falagà, 267, 279, 284, 308 Farso, 127, 335, 379. 38 I Fenaroà, 3 1 1 Feres Mai , 149, 159, 176,266 Ferfer, 127, 187, 188,338,339,340 Fiabiro, 345 Filtu, 126, 219, 224, 232,234 Finè, 126 Firenze, 425 Fiume, 425 Focadà, 168 Fremona, 157, Fundinai, 282 Gabalà, 177 Gabat, 21 I, 246, 248, 250, 268, 271 , 273, 300 Gabba, 222 Gabredarrc, 185, 187, 190,225,335, 34 1,343, 346,350,353,359 Gabredor, 355 Gaddaduma, 241, 383 Galadi, 185 Galgallò, 229,230,232 Galla Boràna, (regione dei), 123, 234 Galla Borana, (territorio del), 238 Galla, (laghi), 1 I 8, 120. 126 Gallabat, 126 Garnbatta, 143 Gambcla, I 26 Gamu, 142 Ganana, 185 Garadasciam, 282, 284 Gardulla, 142 Gasc Bahar, l 20 Gasciorchè, (passo), 15 1, 155, 165 Gauzien, 150, 168, 170, 176, 177,211, 244, 247, 251,255,259, 260, 283.282 Geddu, 126 Gchol, 488 Genova, 186, 425
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Genova, 425 Genova, 425 Gernsalemrne, 377 Gcstro, (Uebi), 120, 185,217, 219,221, 222, 241 Gheraltà, 120, 141 , 170, 179 Gheraltà. 180, I 99, 202, 208, 246, 305 Gheriba, (Dila) , 126 Gherir, 2 19,222,270 Gherlogubi, 183, 185, 188, 190,225 Ghcvà, 179, 244, 246, 247, 259, 260, 264 , 280, 282,284, 288,289,29 1 Ghevrì1, 199, 208 Ghigner, 126. 127, 337 Ghimirra. I23 Ghirnirrà, 142 Gh inda, 11 l Ghol imos, 222 Ghuraghé, 142 Giam Giam, 143 Gianogogò, 191, 342, 345, 349, 350, 359, 38 1 Giarer, 190, 191 ,342,351 , 357, 358, 359. 379, 381 Giarer, 190,194, 341,35 1,357, 358,359,37 1, 381 G iarsa, 228, 232, 24 1 Gibilterra, 35 Gibuti, 22, 30, 3 1, 7 1, 126, 187,14 1,215, 243, 305, 311., 326, 33 I, 366, 368, 370, 371, 377, 378,380, 383 Giggica, 33, 125, 126, 127, 185, 225, 334, 336, 337,340, 341 ,342,343,345,353,355, 356, 379,38 1,382,474 Gigliei, 352 Gildessa, l 26 Gimma, 123, 125, 143,231,370 Ginevra, 165, 238,243,303, 366.370, 376 Gingina, 120 Giren, 125 Giuba, 70, I 19, 120, 121, 149, 183, 185, 187, 19 1. 199, 2 17,218,219,222,223, 224 , 225, 226,228, 229,236, 240,283 Goba, 127 God Bogol, (regione del) , 228 God Dere, 222, 223,225, 241 Gofa, 342 Goggiam , 41, I I 8, l 25, J 50. 20 I, 2 12, 294, 298, 306,31 1,3 16,367, 370. 374 Gogia, 126 Gogorù, 223, 230, 236, 238 Gomolo, 284 Gondar, 26. 124, l 26, 145, 167, 305, 307, 3 1 I, 312,3J3.326,370,372 Goré, 126, 376
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La campagna italo-etiopica, 1935- 1936
Go rrahei, 126, 127, 183, 184, 185, 188, 218, 222,224,225,228,236,335,337,338,339, 340,35 1,355 Gozzano, 99 Greenwich, 117 Guardafui , (capo), 117, 118 Guardullà, 342 Gubbà, 14 1 Guder, 118, I 20 Gugù, 123 Gunuu·, 355 Gundi, 177 Gunu Gadu, 34 1, 342, 343, 344, 345, 349, 350, 351,353,356,357, 359 Gurn, 128 Gura, 290 Gura, 322 Gurafardà, 143 Gurdrù, 14 1 Gutba Hairat, 284 Hadama, 127 Haddi Uno, 150 Haic, 121 Haida, 203,307,312 Haifa, 377 Hamalne i, 225, 297, 335, 34 1, 342, 343, 345, 349,353,355,356,357, Hanasce, 11 8 Hanase, 11.9 Hangar, 372 Haramt, 305 Harardighet, 225 Hareò, 127, 34 1,345,356,381,382 Harra Deri, 227 Harrarghié, 143, 144,191 ,224,308, 331,342, 367,370 Hasamì, 305 Hasamò, 66 Hauasc, 120, 121, 126 Hiroscima, 479 lddidole, 127 !et, 215, 217,223,236, 238,241,340 Ilu, 341 , 342 Ilù, Babor, 142,376 Imi, 127, 222 l mminù, 309 Irgalem, 127,341 !scia Baidoa, 126 lsiolo, 232 Isonzo, 259 Jeggiù, 328, 369 Jelakà, 27 l, 277
Kara Marda, (passo), 381,382 Kartum, 68 Ke nya, (monte), 117, 226, 232 Ke nya, (stato), 68, ll7, 121, 138,2 17 , 223,227, 234 ,241,367,370,383,445 Kcrketà, 247,248,249,250 Kilimangiaro, I 17 Kiou, (td buù dei), 3 IO Korràk, 342, 345, 346, 347 Ladu Bodlih, 350 Laghi Equatoriali, 238, 455 Lagòna, 121 Lalibellà, 311, 328, 376 Lama Sci lli ndi, 2 19, 220, 222, 223, 224, 226, 236,238,335,337 Langanò, 118 Lasguddi, 170 Lasta, 118, 120, l 26, 142, 208, 311 , 328, 369 Lata,247,249,250,251,254,26 1 LazGal, 187 Lccachellon, 142 Lechemti Sibu, 142 Legudà, 15 1 Lelegheddì, 178 Liceca, 142 Limm u, 142,370 Londra, 22, 32, 36, 39, 40, 172, 195,366 Lugh Ferrandi, 70, 124, 133,2 15,217,2 18, 2 19,220,222,223,224,226, 228,236,238, 335,337 Maarà, 267 Maasara, (tribù dei). 3 IO Macallé,47, 125, 126,145,149,150, 158,166, 167, 168, 170,171, 172, 173, 174, 176, 177, 180, 198, 199, 201 , 202,203,208, 2 1 l, 243, 244,246,247, 248, 25 1,254,259,263,265, 266, 267,268,271 , 278,279,300,304,317, 322,326,328, 37 1.475 Macamat O ur, 276 Macerata, 425 Macerata, 425 Mafer, 372 Magalo, 126, 127 Magdala, 126, 170, 328 Magdillè, (streuoia), 15 l Magi, 143 Mahaddei, 353 Mai Addi Abaghiè, 176 Mai Agais, 284 Mai Ainì, 176 Mai Bararus, 282 Mai Betà, 284
Indice dei toponimi Mai Ce u, 155, 279 .306, 307, 3 11 , 31 7,3 18 , 319, 320,32 1,322,325.326, 327, 328,371 , 376 1'•1ai Daarò, 153 Mai Oanderà. 178 Mai Dequiquò, 3 13 Mai Edagà, 157 Mai Enda Baria, 155. 161 , 168 Mai Macdèm. 170. 176, 177, 244, 265, 2 82, 304,307 Mai Merettà, 247, 248, 249 Mai Mesanò. 272, 273 Mai Scium, 178 Mai Serau, 168 Mai Tanquà. 209,247 Mai Timchct, 203,204, 313 Mai Toboctò. (passo). 15 1 Mai Tzada, 297, 300 Mai Uccc, 169. 176 Mai Zurbabit, 284 Maiuurcu~.. 155 Majctiè, 372 Makfud, 372, 374 1'falca Buba, 238 Malca Ghers i. 232, 234 Malca Libai. 235, 238 Malca Murri, 230. 232. 235, 238. 241 l\falca Rie, 2 15, 22, 224 , 225, 230 Malcico, 34 1,342,343,345,349 Mal ra,466 Manciuria, 408. 488 Mandera, 215,227 Mar Rosso, 12, 308 Marcòs, 316 Mare Arabico, 123 Mareb, J 18, 149, 150, 15 1, 153, 155, 158, 205, 207. 246,261,265,280,284,293.295, 296, 442 Margherita, (lago), 118. 12 l, 234 Mariem Scioaiutù, 151, 157 Maroccò, 143 Marocco, 488 Massaua, 2 1, 52, 55, 95 , 102, 106 , JJ(l, 111, 118,124,128, 157. 162,266,293.300 Meca n, (passo), 307,3 16 ,3 17, 318, 32 1,322, 323. 326 Mccan, (torrente), 326 Mccatèn, (passo), 15 l MedebàiTabo~292.293,305 Medri Senatè, 170 Mega. 127,226,229,232,238, 240,241 ,383 Megheb, 151 Mehcnò. 249 Mekarè, 326
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Me ltà, 179 Mc lfa, 247,248. 249, 25 1 Mcrca, 131, 232 Mererale, 188 Meri Mitì, 27 l Mersa Fatma Hcri, 170 Mersin. Gallarò, 349 Messina, 101, 104 Metc m1ua, 126 Meyda Mcrra. 203 Meyda Mcrra. 307 Mezwcammino, 100 Mi Ucri, 150,247 Migiurtinia, 119,340,343 Milano.425 Mingiar, 337 Mogadiscio, 68, 70, 72. 95. I Ol, I 16. 124, 13 l , 133, 184,19 1,2 15. 2 18, 228, 236,335,338, 35 l, 383 Moggio, 125. 126 Monoxeit, 15 l Monrcu da Po. 100 Mota, 126 Moyale, 127,240, 24 1, 383 Muggia, 203 Mugher, 120 Mustahil, 126, 183, 187,228,332,339,340 Nagasaki, 479 Nanamba, 205 Napo li. 30, 93, 95, l(Jl. 104, 106. 110 Ncfasit. 162. 295 Ncgaidà, 246, 247, 248 Negetiè, 126 Neghclli, 126, 127. 215,218,219.222. 223, 226,229.230, 23 1, 232.233, 234, 235,236, 238.239.240,241,332.335. 337,367 Nevoso, (monte), 7 1 Nilo Azzurro. 370,372 Nilo Bianco, 122, 126. 466 Noggara, 3 1l Nonno, 143 Nudlà. 142 Nuoliso, 143 Obcl, 295 Oddo, 183, 185, 190. 215. 223, 224, 227, 228. 230,232 Oddur, 2 I8, 220, 238, 241 Ogadcn, 33. 34, 40, 122, 123, 143. 144, 165, 173, 187. 190, 19 1,205,223,224, 225,228, 23 I. 237. 239, 241. 331. 334, 340, 341. 342, 345, 370,381,383,443,454 Olcttà. 376
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La campagna italo-etiopica, 1935-1936
Oltre Giuba, 119, 191,2 17,223,239 Om Ager, 146, 157, 305,3 15 Omo Bonego, 120 Onà Amber, (passo), 151 Osbolei, 351 Otumbo, 128 Parigi, 31, 36, 37, 172, \95 , 366,369,370 Pescara, 425 Piano Sibi, 345 Piave, 7 1 Quarà, 142,370 Quihà, 178, 30 I Quoram, 168, 265,271,279,291, 304,311 , 3 17,318,320,326,327,328,371 Ras Dasciàn, (monte), 3 13 Rebbi Arienni, (passo), 15 1 Reggio Calabria, I 08 Renania, 303,304,366 Rènda Còma, 170, 176, 178 Rer Ugaz, I87 Riff, 488 Ringi, 233, 234 Robi, 372, 374 Rodolfo, (lago), 118, 121 , 370 Roma, 22, 32, 36, 4 1, 101, 158, 16 1, 162, 172, [95,243, 265, 308,364,369,425 Rubà Uonì, 248, 249 Ruvenzori, I 17 Saar, 303 Saartè,276 Saati, 21 Sabotino, 278 Sadei, 223,228, 231 Saeftì, 326 Saint, 142 Saio, 142 Salalè Derrà, 142 Salalè, 26 Samrè, 305, 307, 3 11 San Michele, 478 Sardò, 125,307, 308, 3 IO, 31 I Sarole, 227, 228, 230 Sassabaneh, 126, 225, 335, 343, 345, 351, 353, 355, 356,360 Scebeli, 127, 187,19 1,215,219,221,222, 223, 225, 226, 228,237,239,241 ,337,340,343, 383 Sceftà, 177 Scclicot, 170, 178 Sciafat, I99
Scialà, (lago), 11 8, 121 Sciarrada, 125 Sciaveli, (regione degli), 122,187,221 Sciec Hosc, 350, 35 I, 353 Scillave, 126, 183, 184, 185,186,187,338 Scimarbò, 255, 284 Scimczana, 66 Sdoa, 118, 120, 125, 126, 136, 142, 145, 205, 304,370,372, 376,476 Scirè, 120, 142, 144, 158, 179, 198, 201, 2 11, 244,250,266,279,280,282,291,292, 293, 294,298,305,3 13,329,475,476 Segag, 127, 343,349,350,351 Seganeiti, 168 Selaclacà, 178, 206, 207, 208, 21 I, 244, 284, 292,293,295,297,298 Selaculla, I26 Scllà,305 Sellat, (passo), 177 Seloà, 142,210,265,267,276,280,284, 31 I Semaima, 159 Semanà, 292, 293 Semien, I 18, 120, 142, 150, 172, 298, 307, 312, 372 Senatè, 128, 151, 168 Seraè, 66 Sctit, 120, 126,167,312,372 Sidamo, 125,143, 144, 145,19 1,232,236, 370, 383 Siri, 126 Siria, 104 Soban Allah, 220, 228 Sobat, 126 Sobola, 372 Socotà, 126, 170, 208, 267, 276, 284, 305, 307, 31 I Somaliland Britannico, 117,337,340,343 St.Cyr, 137 Stefania, (lago), 118, 121 Stresa, 32, 33, 36, 37 Subba, 178 Sud Africa, 466 Sudan anglo -egiziano, 68, 117, I 20, I 22, I 38, 211,245,368,372,376,445 Suez,58, 197,464,466, 495 Sullò, 177 Sullodì1, 157 Sullul, 360 Tacazzè, I 18, 120, 150, 167, 170, 171 , 176, 178, 179, 199, 202, 203, 204, 205, 207, 208,212, 244, 266,277, 28l, 301,305,307, 312, 313, 328,372 Tacossà, I42
Indice dei ropo11i111i
59 1
Taga-Taga, 27 1. 272, 273 Tameia, 120 Tana. (lago), I 18, 120, 121, 122, 126, 144, 167, 3 1I , 3 I 3, 3 I 6, 370 lànquà,209.247,249 Taraghè, (passo), 284 Taranto, I 09 Teclc llaimanot. 177 Telasferre Sciasse, 328 Tcmbien, 142, 143, 150. 167, 172, 179. 199, 20 I , 202 , 203, 208, 2 11 , 238, 243, 244, 246, 247,248, 250.254, 258. 260,264. 265. 266. 267,27 1,277, 278,279,280, 28 1.282, 289, 290, 292, 295, 30 I , 304, 305, 308. 31 1, 3 13, 368,442. 443 Teramni, 168 Temaber, (pa~so), 372, 374 Terni, 425 Tigieglò, 220 Tigrai Occidentale, 47, l 18. 125, 142, 172. 175, 203, 290,300,303,304,305,3 16, 326,334, 369 Tigrai Ori entale, 125,142,1 49,166,17 1, 172 Togorà, 267, 279,284 Tomat, 120 Tripo li, 109 Tucul , 208 Tug Gerrer, 355 Tug Tufan. 349, 355. 360 Twchcdè,372 Tzana,305 T1:echedè, 141 Tzcl larì, I 18, 277,307, 3 11,328 Tzcllemtìn 120, 150,305. 307, 31 3,372 Tzcllerè, 2 1O, 2 11 Tzcmbelà, 205, 305
Uarandab, 126,343,345, 349,355 Uaricu, 2 10, 2 1 I, 238, 244,247,248, 250,251, 254. 258,259,26 1,278, 279.282.284, 285. 287 Uarrch. 353 Uarroch, 379 Udine, 57, 71, 425 Uebi Scebcli, 70. I 19. 120, 183. 186,355 Uegit, 215,2 17,220,236, 238 Ueri , 120,171 , 246 Ugcrrat, 142, 144 Uoffà, 142 Uogherà, 120. 142,372 Uogorò, 170. 177 Uolamo, 143 Uolcait, 142, 144, 3 12,372 Uoldebbà, 142, 372 Uollcgà, 118, 142 Uollo. I 18. 120, 125. 126, 142,144,369 Uommega, 370 Uopricghè. 287 Uorra lllù, 370. 374 Uorrabaiò, 325 Utok Emnì. 292
Uaci t, 372 Uadarà. 234. 235,238 Uadcr, 33, 127, I 85, 335, 340, 34 1. 343, 346, 349.350 Uadilà, 118 Uagh, 142, 208, 209, 246, 307, 3 I I, 369 Ual Ual. 32. 33, 34. 40. 133, 185. 225 Ualaddaie, 185,21 7,220. 236 Uanci t. 118
Zabul, 142 Zara, 425 Zeban Kerkatà. 247,249 Zebandas, 250, 255. 287 Zeila. 126, 335 Zeuf Emnì. 295 Zut,i. (lago), I t 8, 12 1, 125 Zuqualà, 11 8 Zuri go, 495
Verdu n, 342 Versailles, 48. 103 Vienna. 34 Virunga, 11 7 Viuoria, (lago), J 17 Wash ington. 165, 197 Yeggiù, 142 Yprcs, 478,479
'
INDICE DEI COMANDI E REPARTI ITALIANI (NAZIONALI E COLONIALI), SINO AL LIVELLO DI BATTAGLIONE OD EQUIPOLLENTE, CITATI NEL TESTO
'
Comandi superiori
Comando Superiore Africa Orientale, 56, 77, 90, 92, 149, 160, 16.l, 163, 168, 178, 179, 183, 197,198, 199, 201,202,203,207,213, 243,244, 245, 246, 247,259,266,268,271, 272,275,276, 277,280,292, 305,307,308, 313,317,318, 325,332,345, 374,382. 422, 424,430,450,456, 473, 495 Comando Forze Annate Somalia, 224, 229, 230, 232,337,338, 340,343,347,348,349,351 , 353,379,381, Corpo di Spedizione in Somalia, 220, 222, 223 Comando Somalia Occidentale, 340 Comando Somalia Orientale, 340 Comando Settore Giuba, 340 Comando Settore Scebèli, 340 Comando Souosettore Danan, 340 Comando Sottosettore Uarder, 340 Comando Zona Extraterritoriale Mustahi l-Ferfer-Belet Uen-Bulo Burli, 240 Comando Superiore Artiglieria Eritrea, 128 Comando Superiore Genio Eritrea, 128 Comando Superiore RR.CC., 128 Comando Superiore in R.A. in A.O., 128 Comando A.R. Eritrea, 290 Comando Superiore R.M. in A.O. , L28 Intendenza A.O ., 56, 78 , 112, 129, 133, 282, 300,371 Delegazione d' Intendenza FF.AA. Somalia, 101 , 338 Delegazione d' Intendenza "S", !07
Corpi d'Annata
l Corpo d'Armata, 89, 130, 131, 149, 151, 164, 168, 176, 199, 202, 207,244,263, 266, 268, 27], 272, 273, 274, 275, 282, 284,290,295,
305, 306,307,3 11 ,3 16,317,318,326,327, 408 II Corpo d'Armata, 108, 109, 130, 13 1, 149, 153, 158, 160, 163, 168, 176, 178,201,208, 21 1, 244,246,248, 2150, 258, 26~ 282, 292,293, 294,295, 296,297,298,305, 307, 3 12 lii Corpo d'Armata, 199, 202,244,246,247, 250,254, 258,26 1,266,270,272,273,274, 275, 278, 280, 28 l , 282, 288, 289, 300, 305, 307, 3 I O, 41 I IV Corpo d' Armata, 245, 266, 267, 268, 271, 280, 282, 285, 291, 393, 294, 295,296, 297, 298,300,301,305, 307,4 12 Corpo d'Armata Speciale, 56, 77 Corpo d'Armata Ind igeno, ( poi Eritreo), 56, 103, 130, 149, 153, 158, 159, 160, 176, 177, 178,199,20 1,202. 230, 244,246,247,259, 266, 267, 280, 282, 284, 287, 288, 289, 305, 307,3 17,318,321 , 326, 329,413
Divisioni
Div. Ftr. Assietta, 81, IO !, 109, 266,268, 271, 279,300,321, 403,404, 409, 449 Div. Ftr. Caprera, 448 Div. Ftr. Cosseria, 81,109, 245, 284,292,297, 298,412, 449, Div. Ftr. Gavinana, 56, 65, 78, 81, 90, 100, 107, 108, 130, 153, 155, 160, 176,199,201, 244, 284,295, 296,297, 298,312, 313,410 Div. Ftr. Gran Sasso, 56, 79, 81, 90, 100, !09, 129, 176, 206, 208, 244, 284, 295, 296, 297, 410 Div. Ft.r. Merauro, 60, 109,403, 449 Div. Ftr. Peloritana, 56, 7 1, 78, 90, 100, 107, 132, I33, 228, 338, 340, 343, 403, 404, 4 16, 43 1
596
La campagna italo-etiopica, 1935- /936
Div. Ftr. Sabauda, 65, 78, 81, 90, 100, 108, 130, 15 1, 176, 177,178, 270, 27 1,272,284,321, 374,383, 409 Div. Ftr. Sila, 56, 78, 81, 90, 100, 109, 176, 199, 244,246,260,270,273, 274,277,284, 411 Div. Alp. Pusteria, 266, 270, 27 1, 273, 274, 275, 284, 316, 320, 321, 322, 325, 326, 404, 408, 458, 49 1, Div. Motorizzata Po, 449 Div. Motorizzata 1i·ento, 404, 449 l" Div. Eri trea, 130, 153, .176, 178, 244, 247, 254,268,284,288, 32 1,325,326 2• Div. Eritrea, 131 , 153, 176. 178, 209, 244, 247, 254, 258, 26 1, 284, 320, 322, 323, 325, 326
Raggr.10 Are. "Dc Paris", 220 5° Raggr.to Bande, 134 Colonna Autocerrata 'Vernè", 347, 349, 350, 352,353, 359,360 Colonna Dancala "Mario1ti", 244 Colonna "Verger", 38 1 I Raggr.to Arabo-Somalo, 133, 187, 343, 356, 357 II Raggr.to Arabo-Somalo, 133, 187, 225, 343, 356,357 lll Raggr.to Ambo-Somalo, 220, 228, 229, 233 V Raggr.to Ambo-Somalo, 220, 228, 229, 233 4° Raggr.to Eritreo, 134,220,230, 232,422
Reggimenti Brigate Brig. Ftr. Brescia, 478 Brig. Ftr. Ferrara, 478 Brig. Ftr. Pisa, 478 Brig. Ftr. Regina, 478 XIX Brig. Ftr., 270, 41 O XXTV Brig. Ftr. 41 0 XXVII Brig. Ftr. 270,411 XXIX Brig. Ftr. 416 XXX Brig. Ftr. 130,270, 409 I Brig. Indig., 374, 377 ll Brig. Indig., 374 III Brig. Indig., J 55, 157, 158, 160, 284, 295, 299, 312 IV Bri g. Jndig., 153 I Bri g. Mista Eritrea, 130 Il Brigata Mista Eritrea, 131,210 III Brigata Mista Eritrea, 2 10 IV Brigata Mista Eritrea, 13 J
Raggruppa menti di forze I Raggr.lO Celere "Gastinclli", 131 Raggr.to Celere "Navarra", 343, 347, 349, 351, 353, 356,357 Raggr.to Tattico "Pavone", 220 Raggr.to iVfitr.ri AutocarralO, 220 Raggr.to Squadroni Mitragliatric i Pesanti, 220 Raggr.to Tattico di Manovra, 228 Raggr.to Mitragl iatrici Leggere "Zambon", 229 Raggr.to Squadroni Mi tr.ri "Michcli", 230 I O Raggr.to Art. Leggero, 408 7° Raggr.to Art. Leggero, 408 I Raggr.to Obici da I 00/17 Motorizzato, 90 II Raggr. to Art. Mobile Misto, 410
1° Rgt. Ftr. , 347, 41 6 3° Rgt. Ftr., 416 4° Rgt. Ftr., 349,416 13° Rgt. Ftr., 410 14° Rgl. Ftr., 410 16° Rgt. Ftr., 270, 48 1 19° Rgt. Ftr., 270, 411 20° Rgt. Ftr., 270, 41 1 29° Rgt. Ftr., 430 30° Rgt. Ftr., 430 38° Rgt. Ftr. , 409 4 1° Rgt. Ftr., 296 42° Rgt. Ftr., 412 43° Rgt. Ftr., 430 46° Rgt. Ftr.. 130, 159,176,273,409 60° Rgt. Ftr., 130, 151,176,273,409 63° Rgt. Ftr., 409 70° Rgt. Ftr., 130,153, 155,296,410 83° Rgt. Ftr., l 30, 153, 155, 157, l78, 295, 296, 410 84° Rgt. Ftr., l30, 153, 155, 157,296,410 95° Rgt. Ftr. , 80 96° Rgt. Ftr., 80 97° Rgt. Ftr., 80 127° Rgt. Ftr., 80 128° Rgt. Ftr., 80 132° Rgt. Ftr., 80 146° Rgt. Fu·., 80 2 13° Rgt. Fu·., 80 222° Rgt. Ftr., 80 224° Rgt. Ftr., 80 225° Rgt. Ftr., 80 239° Rgt. Ftr., 80 240° Rgt. Ftr., 80 243° Rgc. Ftr., 80 244° Rgt. Ftr., 80 7° Rgt. Alp., 270, 273, 275, 409
Indice dei Comandi e Reparti Italiani 11 ° Rgt. Alp. , 270,273,409 3° Rgt Bers., 159, 176 12° Rg1. Art. da Camp. , 270, 4 11 16° Rg1. An. da Camp., 130, 151 ,156,270, 409 18° Rgt. An. da Camp .. 4 1 l 19° Rgt. Arl . da Camp., 130, 153 , 155, 157. 296,410 24° Rgt. Art. da Camp.. 416 29° Rgl. Ari. da Camp., 41 2 49° Rgt Art. da Camp., 409 5° Rgt. Art. da Mont., 270, 409 Reggimento Carri Armati, 435
Gruppi G mppo Btg.n i Bersaglieri (XX X Brig. Flr.), 409 l O Gruppo Utg.ni (I O Div. Er.), 130, 41 3 2° Gruppo Btg.ni ( 1° Div. Er.), 131 3° Gmppo Btg.ni (2° Div. Er.), 13 I, 414 4° Gmppo Btg.ni (2° Div. Er.), 13 1, 21 0, 254, 414 5° Gmppo Btg.ni (] 0 Div. Er.), 13 1, 4 13 6° Gruppo Btg.ni (I° Div. Er.), 131,325,413 7° Gruppo Btg.ni (2° Div. Er.), 13 l, 270,414 8° Gruppo l3tg .ni (2° Div. Er.), 131, 32 1 U Gruppo Dubat, 187 IV Gruppo Dubat, 187 V Gmppo Dubat, 187 I Gruppo Squadroni Milr.ri a piedi , 90, 108, 187 li Gruppo Squadroni Mitr.ri a pi ed i, 90, 108. 109 111 Gruppo Squadroni Mitr.ri a piedi, 90 l V Gruppo Squadroni Mitr.ri autocarrato. 90 llJ Gruppo Squadroni Aosta, 234 rv Gruppo Squadroni Aosta, 220, 229, 230 Gruppo Squadroni Cavalleggeri Eritrei, 131. 234 Il Gruppo Squadroni Mitr.ri Genova, 234 Gruppo Squadroni Cavalleggeri di Neghe/li, 435 Gruppo Spahis. 284, 295. 297 l Gruppo 19° Rgl. Art .. 155 11 Gruppo 18° Rgt. Art., 13 1, 211 li Gruppo Cannon i da 65/17, 257 lii Gmppo Cannoni da 77n8 autotr.to, 130 IV Gruppo Cannoni da 105/28 autotr.to, 130. 270 V Gruppo Cannoni da I 05/28. J30 Vl Gruppo Cannoni da 77/28 autocarr.to. 13 I, 210,254 I Gruppo "S" ArL da posizione, 90, 408 Gruppo Obici da 100/1 7, 229 Gruppo Art. da I05/28 motorizzato. I08 I Gruppo Art da mont. e ritrea, 210, 413
597
li Gruppo Art. da mont. eritrea, 21 O, 270, 41 4 III Gruppo Art. da mont. eritrea. 13 l , 229 IV Gruppo Art da molll. eritrea. 270,414 Gruppo An. da mont . IJel/11110 (Div. Pusteria), 270. 3 19, 409 Gruppo Art. da mont. lanzo (Div. P11steria), 270,3 19, 409 I Gruppo Carri Veloci , I 08 IV Gruppo Squadroni Carri Veloci , 90, 131 V G ruppo Squadrnni Carri Ve loci, 90, 130, 13 l V Gruppo Carri Ve loci " Baldissera", 435 X Gruppo Carri Veloci. 130 I Gruppo Cammellato , 134 Il Gruppo Cammellato, 134 7° Gruppo Salmerie, 90 Gruppo Bande Altopiano. 130, 204. 21 1, 408 I Gruppo Bande, l34, 185, 229 II Gruppo Dande, 134, l 87, 356 m Gruppo Bande, 134. 185 IV Gruppo Bande, 134, 185 Gruppo Bande a piedi, 13 l, 414 1° Grnppo Bande Lam a Sci llindi , 2 19
Battaglioni J Btg. Granatieri Spec iale " E", 90 I Btg. 46° RgL Ftr., 273 Il Btg. 46° Rgt. Ftr. , 27. 383 I Btg. 84° Rgt. Ftr., 155 li Btg. 84° Rgt. Ptr., 155 Btg. Uork Amba, 285 504° Btg. Mitr.ri, 409 505° Btg. Mitr.ri, 412 5 19° Btg. Mitr.ri, 410 523° Btg. Mitr.ri , 411 527° Btg. Mitr.ri, 270, 41 l 530° Btg. Mitr.ri, 270,409 XIV B1g. Mitr.ri Autonomo, 230 Btg. Alpini (7° RgL) Pieve di Teco, 270, 322, 323 B1g. Alpini (7° Rgt.) Exilles, 270, 323 Btg. A lpini (7° Rgt.) Feltre, 270, 322. 325 Btg. Alpini ( 11 ° Rg1.) /111m, 270,322,325 Btg. Alpini ( 11 ° Rgt.) Trento, 270 13tg. Alpini (l 1° Rgt. ) Sal11zzo, 89,270 VIII 81g. Alpini Complementare P11steria, 285 Btg. Carri Veloci "Pedcnini", 220 Btg. Carri d ' Assalto "Randaccio". 435 XX Btg. C .irri d' Assalto. 90. 284 I Btg. Trasmi ssion i, 90 Il Btg. Trasmissioni, 90 XV Btg. Radio, 90 XV Btg. Telegrafisti , 90
598
La campagna italo-etiopica, 1935-1936
XIV Btg. Teleferisti, 90 I Btg. Zappatori Attieri (Div. Gaviniana), !08 IV Btg. Zappatori Attieri, 90 XXX Btg. Zappatori Artieri, 90 XXXI Btg. ZappaLOri Artieri, 90 XXXII Btg. Zappatori Artieri, 90 Btg. Speciale G.d.F., 279, 284 R.C.T.C. Eritrea, 129, 130. 134, 226 I Btg. Er., 413 li Btg. Er, 133,412, 413 lil Btg. Er., 408 IV Btg. Er., 356,414 V Btg. Er., 131 ,323 VI Btg. Er., 413 VII Btg. Er., 270, 41 4 IX Btg. Er., 2 1, 254,4 14 X Btg. Er., 323,4 14 Xl Btg. Er., 408 Xli Btg. Er., 4 14 Xlii Btg. Er., 254,413 XIV Btg. Er., 131,178, 414 XV Btg. Er., 270, 4 13 XVIBtg. Er., 178, 25 1, 4 J3 XVII Btg. Er., 13 I,. 153, 284 XVIII Btg. Er., 13 I, 155, 270, 413 XIX Btg. Er., 153,323,414 XX Btg. Er., 270, 414 XXII Btg. Er., 210,285 XXIII Btg. Er., 130,13 1,155, 157,408 XXIV Btg. Er., 325,4 13 XXV Btg. Er., 130, 15 l, 270, 41 4 XXVI Btg. Er. , 131, 407 XXVIIB tg. Er., 131, 4 14 XXVIII Btg. Er., 131, 414 XLI Btg. Er. , I 34 XLII Btg. Er., 134 XL!ll Btg. Er., I 34 XLIV Btg. Er., 134 XLV Btg. Er., 215,353, 416 R.C.T.C. Somalia, l 12,133, 418,426 R.C.7:C. Libia, 418, 426 R.C.7:C. Tripolitania e Cirenaica, 417 I Btg. Arabo-Somalo, 133 li Btg. Ambo-Somalo, I 33 Il! Btg. At-abo-Somalo, 134, 356 IV Btg. Arabo-Somalo, 134 V Btg. Arabo-Somalo, 134, 356 Vl Btg. Arabo-Somalo, 134 Vfl Btg. Arabo-Somalo, 134,353 VIII Btg. Arabo-Somalo, 134 IX Btg. Arabo-Somalo, 133 X Btg. Arabo-Somalo, 133, 234 Xl Btg. Arabo-Somalo, 134 Xli Btg. Arabo Somalo, 134
lii Btg. Libico, 347 VI Btg. Libico, 347
Reparti della M.V.S.N.
l 0 Div. CC.NN. 23 Marzo, 81, 90, 109 , 131 , 159,199,244, 246,270,273,275,284, 411 2° Dlv. CC.NN. 28 011obre, 81, 90, I 30, 15 I , 170, 176, 177, 178, 209, 244, 246,247, 250, 25 1,254,258, 259,260,284,285,143, 3° Dlv. CC.NN. 2/ Aprile, 81, 90, 109, 130, 176,240,284,295, 296,298, 41 I 4° Div. CC.NN. 3 Gennaio, 81 , 201, 244, 270, 271,272,273, 284,409 5° Div. CC.NN. JV Febbraio, 201, 208, 244, 245,284,297,298,412 6° Div. CC.NN. Tevere, 87, 217, 220, 228, 338, 343,347,351, 404,415 7° Div. CC.NN. Cirene, 87, 404 101° Legione CC.NN. Libica, 270,273,409 102° Leg ione CC.NN., 273 104° Legione CC.NN., 270,409 107° Legione CC.NN., 4 13 128° Legione CC.NN., 296,413 135° Legione CC.NN., 270,412 142° Legione CC NN., 4 13 180° Legione C'C.NN., 130, 151, 177, 254,413 192° Legione CC.NN., 13 1, 270, 412 202° Legione CC.NN., 131,270,4 12 215° Leg ione CC.NN., 270,409 2 19° Legione CC.NN., 415 220° Legione CC.NN., 416 22 1° Legione CC.NN., 35 1, 353, 355,356,382, 383,416 230° Legione CC.NN., 130, 211 252° Legione CC.NN., 130,4 11 263 ° Legione, 130, 4 I I I Gruppo Bcg.ni CC.NN. d'Eritrea, 174, 178,
210,244,247,284~294
'
IV Gruppo Btg.ni CC.NN. d'Eritrea 177, 178 Gruppo Btg.ni CC.NN. "Diama11ti", 209, 210, 240,260 I Gruppo Cannoni da 65/1 7, 270,412 II Gruppo Cannoni da 65/ 17, 413 III Gruppo Cannoni da 65/17, 411 fV Gruppo Cannoni da 65/17, 409 V Gruppo Cannoni da 65/17, 412 IV Gruppo Cannoni da 105,270 VI Gruppo Cannoni, 416 Jl Btg. CC.NN. (1 Gruppo), 210,253 IV Btg. CC.NN. (I Gruppo), 254 Il Btg. CC.NN. (VI Gruppo), 210, 254, 255) LXXXII Btg. CC.NN., 408
Indice dei Comandi e Reparti Italiani I Btg. .Mitr.ri, 270, 412
II Btg. Mitr.ri, 413 llI Btg. Milr.ri, 4 11 IV Btg. Milr.ri, 270, 408 315° Btg. Presidiario CC.NN ., 407 367° Btg. Prcsidiario CC.NN ., 412 4 12° Btg. Presidiario CC.NN., 407 420° Btg. Presidiario CC.NN ., 4 12 VI Btg. Studenti U niversitar1 "Curiatone e MonTanara", 4 I 6 2° Gruppo Speciale Genio CC.NN., 254 Coorte M il izia Forestale Autocarrma, 220, 228, 230,343,357
Bande Banda dcli' Aibà, 27 1 Banda A ira, 284 1° Banda autocarrata RR.CC. , 337. 343, 357, 358 2° Banda amoccarrata RR.CC., 337, 343, 357 3° Banda autoccarratìl RR.CC., 337, 343, 357, 358 4" Banda autoccarrma RR .CC., 337, 343, 357. 358 Banda degli Azebò Galla, 271 Bande Cammell ata, 414 Banda a cavallo, 4 14 Banda di Cheren, 204, 2 1 l Banda confinaria del Tessenei, 158 Banda della Dancalia Settentrionale, 131 , I78 Banda della Danca lia Meridionale, 13 I Bande Dubat, 357 Banda dell'Endertà, 271 , 273 Banda d.i Hamasien, 3 I I Banda dell'Hasamò, 131 , 305 Banda di Hussein Ai lé, 343 Bande Indigeni (Arresi, Cohain, Tucul), 413 Banda di Massaua, 13 J, 178 Banda della .Migiurtinia. 343 Bande irreg.ri dello Sciaveli , 22 1 Banda dello Scimezana, 130, 15 1, 177, 305, 325 Banda del Seraé, I 53, 155, 16 l, 204
599
Banda Mista Thiò, I 78,221 , 222,225, 227, 340, 343 Banda irreg.re di Toclù, 21 I Banda di Olol Dinle, 187, 22 1, 222, 225, 277, 340,343
Reparti della R.A. Brigata Aerea Mista, 23 1, 263 Brigata da bombardamento, 264 7° Stormo B.T., 159,236,335, 337 8° Stormo B.T., 290, 465 9° Stormo B.T., 264, 290 14° Stormo, 264, 29 1 I 5° Stormo, 464 III G ruppo R.T., 290 IV G ruppo B.T. (7° Stormo), 150, 290 IV Gruppo B.T. (8° Stormo), 21.2 XXI Gruppo B.T., 236 XXV Gruppo A.O ., I36, 237, 335 XXV II Gruppo A.O., 212 XXXI Gmppo A.O., 335, 35 1 XLV Gruppo A.O., 335, 35 I Gruppo Autonomo C.T. e R.T., 335 Gruppo Tattico, 290 G ruppo Autonomo R.T., 236, 238
R.M. Base Principale Napoli, I04 Torpediniere: Cantore, Carini, 415 Navi: Azio, Niobe, /s1ria. Lussin, Ostia, Bena, Urano, Sesia, Garig/iano, Porto Corsini, 415 Cisterne: Frigido, Seheto, S. Maria A., 8acchiglione, 4 15 Rimorch iatori: Ausonia, Malamocco, 415 Squadrigli a M.A.S., 415 Nave Ospedale California, 466 Nave Ospedale Tevere, 466 Btg. San Marco, 466
'
INDICE GENERALE
- Presentazione
pag.
7
- introduzione
pag.
Il
- Abbreviazioni e sigle
pag.
13
pag. pag. pag. pag.
21 21 27 31
pag. pag. pag. pag. pag.
47 47 60 68 71
pag. pag. pag.
77 77 94
pag . pag. pag. pag.
117 117 125 127
pag. pag. pag. pag. pag.
149 149 160 161 163
- Parte prima: le premesse causali ccl organizzative
. Capitolo i: Gli antefaui politico-diplomatici I - Il colonialismo italiano fra mito e realtĂ 2 - Le ragioni di una guerra 3 - Come si giunse al connillo
. Capitolo Il:
La pianifh-azi<me e le direttive militari 1 - 1932-1934: un biennio preliminare 2- Il 1935, l'anno cruciale 3 - La pianificazione per la Somalia 4 - L'entrata in scena di Graziani
. Capitolo Ili: La preparazione I - Gli organici 2 - I materiali
. Capitolo IV:
Lo scenario operativo 1 - L' ambiente fisico 2 - L'ambiente antropico e le vie di comunicazione 3 - Le forze contrapposte
- Parte Seconda: lo sviluppo del conflitto
. Capitolo V¡ Le operazioni iniziali a/fronte Nord (3-15.X.1935) I234-
La prima iniziativa offensiva Note tecnico-taujche Il consolidamento difensivo Gli svi luppi politico-diplomatici
604
La campagna italo-etiopica, 1935-1936
• Capitolo V!: La seconda iniziativa offensiva. (3-28.XJ.1935)
I234-
pag. pag. pag. pag.
L'approntamento logistico Le connessioni stradali Il piano operati vo L'avanzata
• Capitolo VI!: Le prime operazioni alfrome Sud (4.X. -22.XT./935)
I - La rettifica delle posizioni di confine 2 - La progressione iniziale nell'Ogaden • Capitolo Vffl: La reazione etiopica (29.Xl. -22.Xff.1935)
I - Le sanzioni economiche 2 - L'inizio della gestione Badoglio 3 - Il combattimento di Dembeguinà ( I 5.XIl.1 935) 4 - Gli scontri intorno ad Abbi Addì
pag.
167 167 170 171 176
pag. pag. pag.
183 183 187
pag. pag.
pag. pag.
193 193 197 203 207
pag. pag. pag.
2 15 2 15 222
pag. pag. pag. pag.
226 230 235 238
pag. pag. pag. pag. pag.
243 243 248 254 258
pag. pag. pag. pag. pag.
265 265 268 279 292
pag.
303 303 307 31 I 316 322 326
pag.
• Capilo/o IX: La manovra del Canale Doria 1 -L'azione d'arresto (13.Xl. -J.Xll. 1935) 2 - Gli adempimenti per l'organizzazione difensiva (4 -25.Xll. I 935)
3 - L'attività offensiva: a) Le opposte situazioni alla vigilia del confronto (29.Xll. 1935 - 11 .1.1936) b) I combattimenti e l'occupazione di Neghelli (1 2-20.l.1936) 4 - L'appoggio aereo 5 - Gli effelli dell 'operazione • Capitolo X: La prima bauaglia del Tembien (20-24. J. 1936) I - Le premesse strategiche
2 - La bauaglia 3 - Il combattimento di Passo Uarieu 4 - Le risultanze • Capitolo Xl: La "tenaglia" strategica del Jigrai (}0.ll. -3.lll.1936)
l - I presupposti 2 - La battaglia dell'Endertà ( I0- 15.ll.l936) 3 - La seconda battaglia del Ternbien (27-29.11.1936) 4 - La battaglia dello Scirè (29.II.-3.111.1936)
' • Capitolo Xl!: L'avanzata generale verso Sud ( IO.!lf- !5.!V.1936)
I23456-
I presupposti strategici La penetrazione ncll' Aussa e nello Uag La progressione verso Gondar ed il lago Tana Obiettivo Ascianghi La battaglia di MaiCeu (3 I .lll. 1936) Verso Dessiè
• Capirolo XllI: L'offensiva nell'Ogaden e nell'Harrarghiè ( /4.IV.-30.JV. /936)
I234-
La rivalsa di Graziani L'approncarnento li dispositivo militare etiopico Le operai.ioni
pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag.
331 331
335 340 343
Indice generale
.
Capirolo XN: Gli obie11iviji11a/i: Addis Abeba ed Harrar I - L'evoluzione del quadro politico intern azionale 2 - La marcia su Addis Abeba (26. lV.-5. V. 1936) 3 - La progressione verso Harrar (4-8. V.1936)
605 pag . pag. p11g. pag.
365 365 371 379
pag . pag. pag. pag. pag.
387 387 390 393 395
pag . pag. pag. pag. pag.
403 403 406 4 17 425
I - Le anni de lla fanteria 2 - I carri armali
pag . pag. pag.
429 429 432
Capitolo XVIII: la co11do11t1 della guerra I - li nemico 2 - Aspetti ord inativi e tattic i 3 - Le consideraz ioni dei comandan ti di GG .UU. 4 - Il ruolo della R.A. e della R.M.
pag . pag. pag. pag. pag.
441 442 446 450 460
. Capitolo XIX: L'impiego dei gas
pag .
467
.
pag .
48 1
pag .
487
pag.
495
- Forografie
pag.
507
- Bibliografia
pag.
535
- Parte terza: Cons untiYi e considernzioni
.
Capitolo XV: I ca11i e l'azione di comando I - De Bono 2 - Badoglio 3 - Graziani 4 - Baistrocchi
. Capirolo XVI: Il personale I234-
Le truppe metropolitane L'ord ine di battagl ia a l I O apri le 1936 Le truppe ind igene Le perdite e le ricompense al v.m.
. Capitolo XVII: l'amwmemo
.
Capitolo XX: L'impegno logistico e finanziario
. Capitolo XXI: I giudi;j srranieri
.
Capitolo XXII: Il co1l.l'eriso e le molivaziorii per l'impresa: 1111 commemo di chiusura
- Indici - Indice degli Allegati
pag.
551
- Ind ice di c,1rti ne, schizzi e tabelle
pag.
565
- Indice dei nomi di persona citati nel testo
pag.
57 1
- i ndice dei toponimi c itati nel te.osto
pag.
583
â&#x20AC;˘ Indice dei Comandi e Reparti italiani (nazionali e coloniali). s ino al livello d i battaglione od equipollente. citati nel testo
pag.
587
â&#x20AC;˘ Ind ice generale
pag.
603