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MARIANO GABRIELE GIULIANO FRIZ
Copyright 1982 by Ufficio Storico della Marina Militare
GAETA STABILIMENTO GRAFICO MILITARE(20371) del 1982 Pubbl. 2 000 d i 86 ff.
PREMESSA
PREMESSA •
Nel dare alle stampe questo nostro elaborato, è doveroso esprimere un ringraziamento sentito ai direttori ed ai collaboratori dell'Archivio dell'Ufficio Storico della Marina Militare di Roma, del Pubfic Record Office di Londra (Kew Gardens) e dei Services Historiques de la Marine di Parigi (Chfìteau de Vincennes Pavillon de fa Reine). La loro intelligente assistenza ha accorciato i tempi della ricerca ed ha certamente contribuito a renderla più valida.
Un non meno sentito ringraziamento va al Consiglio Nazionale delle Ricerche, il quale ha finanziato parzialmente l'indagine storica con il contributo n. 78.000552.08, concesso dal Comitato per le scienze storiche, filosofiche e filologiche.
M G. e G F.
PROBLEMI DI UN'ALLEANZA
1. Ne lla Triplice, contro la Francia. 2 Da Erode a Pilato. 3. Le ragioni degli altri . 4 ... . e quelle degli Italiani. 5. Strategia d'attacco della marina francese. 6. Le ferrovie ligur i nel mirino.
I. Come noto, il principale problema militare del paese, durante gli anni della Triplice, fu quello della difesa delle coste Uno scenario allarmante si presentò per decenni a coloro che dovevano provvedere a tenere lontana la minaccia nemica, che veniva valutata come reale e concreta, e condizionò in buona parte la politica estera e·la politica militare italiane. NeÌla Triplice, contro la Francia, il recente stato unit.ario italiano non si trovava·dinanzi a prospettive rosee. La filosofia di fondo degli alleati, stil piano militare consisteva nell'attribuire importanza determinante al fronte terrestre che, in caso di conflitto, avrebbe opposto ancora una volta, nelle regioni renane, le truppe tedesche a quelle francesi. Una vittoria tedesca, data per scont ata, avrebbe avuto come effetto, ai tavolo della pace, la ricostituzione dell'alleato meridionale di Berlino, l'Italia, che nella prevalente opinione militare germanica - non avrebbe potuto resistere all'attacco francese e saretibe andata in pezzi.
È evidente che una prospettiva di questo tipo non poteva soddisfare il governo di Roma. Eppure, pareva che ci si dovesse adattare come davanti ad un evento ineluttabile, dal momento che la superiorità della flotta francese su quella italiana sembrava indicare una strada obb li gata allo svolgimento di un conflitto nel bacino occidenta le del Mediterraneo e sulle coste italiane del Tirreno . Lo schema, ripetuto un poco da -tutte le parti, anche se talvolta con opposte motivazioni, ~ppariva costante: una battaglia navale di distruzione, dalla quale la flotta italiana sa r ebbe uscita con le più gravi perdite, sarebbe stata imposta dalla marina francese alle prime battute del conflitto, o ricercando ed obbligando al combattimento la squadra italiana o costringendola ad intervenire in difesa di qualche grande c:ittà marittima attaccata (Genova, Napoli, Livorno). Perduta la capacità di difesa marittima, l'Italia non avr~bbe potuto opporsi allo sbarco in forze di truppe francesi, sulla riviera ligure, o in Toscana, o addirittura nelle vicinanze della capitale. Nel primo caso, le forze terrestri italiane schierate in difesa della frontiera alpina avrebbero potuto essere prese di rovescio; nel secondo caso la stessa penisola avrebbe potuto trovarsi ta~iata in due, con la caduta di Firenze; nel terzo caso addirittura Roma sarebbe stata l'obiettivo immediato del corpo d'invasione.
A queste minacce principali che avrebbero potuto portare alla dissoluzione delle capacità di resistenza organizzata su scala naziona le se ne affiancavano numerose altre minori, ma non per ciò più accettabili : la distruzione delle linee di comunicazione ferrov iari e, che, nella conformazione geografica italiana, avrebbe potuto compromettere la mobilitazione e la concentrazione degli uomini nelle zone previste de l nord, appariva possibile lungo le coste sguarnite del paese . Le isole, inolt r e, dalle maggiori alle minori, risultavano difficilmente difendibili, sia per l'enorme estensione del fronte marittimo italiano, sia perchè l'iniziativa delle operazioni e quindi il vantaggio della sorpresa e della concentrazio ne delle forze navali sul punto presce lto veniva unanimemente attrib uit a a ll a marina francese. Non si può, naturalmente, dare una risposta esauriente circa la veridic ità di queste previsioni e di questi apprezzamenti, ma resta il fatto che si trattava di previsioqi ed apprezzamenti molto diffusi, cui si co ll egavano , a mutuo conforto, giudizi e pregiudizi significativ i . I Francesi ostentavano notevole ottimismo e, come poi vedremo, si p r eoccupavano quasi esclusivamente della conduzione di una stra te gia d'attacco ( I ). Gli Inglesi, a livello tecnico, non davano un giudizio positivo circa l'efficienza della marina ita liana, che non aveva alle spalle tradizioni recenti di vittorie e che era costituita, a loro giudizio, da unità troppo eterogenee e mediamente troppo po co protette (2). I Tedeschi, pur senza azzardare ancora troppi suggerimenti di natura navale salvo quello generico dell'offensiva, mostravano chiara mente di ritenere debole tutto il complesso militare italiano e tendeva no a sottolineare, a mo' di conforto per le pronosticate sventure dell'alleato, il carattere decisivo che assumeva in tale sit uazio ne una nuova marcia
( I ) Vedi M. GABRIELE, Le Convenzioni navali della Triplice, Roma 1969, pp. 9 2 1 e appendice 1° , pp. 4 15 19. Si può ricordare, in proposi to, anche il rapporto del CV Mirabello, addetto navale ital iano a Parigi, al min istro della Marina, da Pa rig i il 26 febbraio 1887, in cui l'ufficiale rifer iva di un suo non gradevole colloquio co l ministro francese de ll a Mar ina, ammirag li o Aube: "Tutte ques te sue considerazion i di offesa contro un nemico taciut.0, ma facile a comp re ndersi, mi spinsero a chiedergli se eg li trovasse umanita ri o e logico aggiungere agli orrori della guer ra l'a tta cco di città e cli centr i di popolazioni indifese sparse lungo le coste avversarie. Ri spose che nessuna considerazione varrebbe a smuoverlo dal portare la distruzione ovu nque , non so lo, ma che s'eg li comandando la sq uadra ricevesse dal s uo governo ordini in co n trar io, prenderebbe s ulla sua responsabi lità di dis u bb id ire", AMR, 122, 2.
(2) Vedi il rapporto da Londra dell'addetto nava le italiano, CV CAND I ANI, al ministro della Marina del 1° apr ile 1888, in AMR, 126, 3. Ved i a nche A . .I. MARDER, The Ana tom y of British Sea Power. A History of British Naval Policy in the Pre Dreadnought Era, 18801905, New York 1940, pp. 14 1-42.
ge rmanica su P a ri gi (3). Gli Austriaci, che si trovavano nella cur io sa situa zione di coloro che avrebbero dovuto impegnarsi più di tutti in favore del socio mediterraneo ma che desideravano farlo men o di tutt i, non mostravano alcuna seria disponibilità a fornire all'Italia quell 'aiuto navale che proprio a loro - gli alleati più tiepidi - veniva richiesto, a causa della loro contiguità marittima (4).
Nè si potevano dare tutti i torti al governo di Vienna L'Italia aveva costruito la propria unità ed identità naziona le contro gli Austriaci, durante il Risorgimento. Una parte notevole dei problemi austriaci erano derivati dalla costante ostilità italiana. Ed ora, in Adriat ico e nei Balcani occidenta li, il governo di Roma si propone va come concorrente diretto alle aspirazioni austriache di espansione verso il sud Si trattava di un concorrente scomodo ed esigente, sempre pronto a giocare la carta dell'irredentismo per ottenere compen s i , dal punto di vista di Vienna, assolutamente ingiustificati. Dieci anni prima il conte Andrassy, ministro degli E steri del !' Austria-Ungheria, aveva chiarito con durezza, a Jl'amba sciatore d'Italia
(3) Era opi nione d i Bi s marck, a ll'in izio delle Lrattati ve per la Tripl ice cbe "ogni accordo con l'Italia, qualunque possa esserne la redazione, debba in sostanza ri so lversi in un negozio unilateral e a vantaggio dell'Italia, tanto più che i l carattere inqu ieto e presuntuoso della politica italiana pot rebbe facilmen Le co invo lge r e gli amici dell'Ita lia io complicazioni": cfr G. VOLPE, L'Italia ne/fa Triplice affeanza (1 882 -191 5), 2• ediz., M il ano 1941 , p. 42. Ma quando fece queste affermazioni er a già disponib i le ad una t rattat iva: nel luglio 1881, invece, riteneva il " Mediterraneo sfera di espansione naturale del popolo francese", come riporta L. SALVATORELLl, La Triplice affeanza. Storia dipfoma1ica 1877-1912, M il ano 1939, p. 56. Del resto, i l punto di vista degli alleati dell 'llal ia, ancora nel 1893 , so no assai ch iaramen t e esposti dalle dichiaraz ioni seguenti, che il 17 luglio il comandante della Marina austro-ungarica, ammira glio Sterneck, ebbe a fare all'addetto navale i taliano, C V Volpe: "Nella grande guerra cont inentale, dal lato della T riplice, i dis a st ri militari o navali per lo Stato n. 3 per quanto gravi alle popolazioni del giovane regno non potevano costitu ire che una fase del tutto passeggera e, per i due Imperi alleati, di minima im portanza. Dislrulla la flotta i talia na dalla fra ncese fin ne' pri mi scontri ; supposta l'Italia invasa, in una volta, dal mare e dalle Alp i; considerato l'esercito italiano sco nfitt o, s ull o stesso s uolo nazionale , in due o tre battaglie campali; ed am messa pure, come conseguenza naturale, una rivolta o la guerra civile nel Mezzogiorno d'Ita lia, la marcia in avanti degli eserciti tedesclù su Parigi dovea rendere forzatamente inevitabi le lo sgombero affrettato del su olo italiano da par te delle armi francesi, le quali, sebbene fac il mente vinci trici in Italia, erano, qua si nel contempo, percosse da perentorie ed immani disfat te all'ovest dei Vosgi", CV VOLPE, Memorie (manoscritto), quaderno XVII, p . 18, in AMR, 142, I.
(4) Anche al primo rinnovo della Triplice, nel 1887 , l'accordo italo -aus triaco e ra più rest rittivo di quello i talo- tedesco e neppu re nominava il Mediterraneo, cfr A.F. PRIBRAM, Les traités politiques secrets de l 'A ulriche-Hongrie I 879-1914, Parigi 1923, pp. 59-65. Cfr p oi, per l'atteggiamento negativo di Vienna ad impegna rs i sul mare oltre la linea Anco na-Pola , per l e critiche ad uomini e cose della Marina italiana, ecc., GABRIELE, Le Convenzioni navali deffa Triplice, cit., pp. 136-39.
di Robilant, il punto di vista della duplice Monarchia in tema di compensi: " ... ove, per una ragione qualunque, venisse a verificarsi il caso ... che avessimo ad acquistare qualche territorio nuovo, non perciò ci rassegneremmo a cedervi una parcella qualunque del territorio situato al di qua della comune frontiera stabilita dal Trattato con Voi stipu lato. Neppure un villaggio cederemmo ed ove ci vedessimo minacciati di un'aggressione non l'aspetteremmo" (5). Su questo punto di vista il governo austriaco sarebbe rimasto sempre fermo. Del resto, sappiamo bene che l'alleanza, sollecitata dagli Italiani , era stata conclusa dopo difficili trattative, che avevano comportato, da un Iato, l'accettazione del fatto compiuto in Tunisia e, dall'altro, l'attenuazione dell'ostilità all'avanzata austriaca nei Balcani (6).
In simili circostanze, il ricorso agli alleati per puntellare una sfavorevole situazione navale non appariva direttamente praticabile per il governo di Roma. Durante la prima fase della Triplice, gli alleati dell'Italia non avevano nè la forza, nè la volontà necessarie per sostenere efficacemente sul mare l'associato meridionale, i cui problemi difensivi, considerati insolubili, non avrebbero dovuto condizionare la politica militare dell'alleanza. Tanto più che questa era stata in certo modo subita, e non ricercata, dagli imperi centrali (7).
II primo rinnovo della Triplice nel 1887 migliorò, come noto, la situazione italiana, sia nell'alleanza, sia in generale nel Mediterraneo. Alcuni interessi mediterranei italiani venivano riconosciuti dagli alleati: vi era un impegno austro-ungarico per lo status quo nei Balcani, in Adriatico e in Egeo, accompagnato dall'idea di compensi reciproci se fosse stato impossibile mantenerlo (8); e vi era un impegno germanico a sostenere l'Italia con le
(5) Il colloquio aveva avuto luogo il 16 ottobre 1876. Il rapporto di Robilant al ministro degli Esteri, Melegari, è del giorno successivo. L'ambasciatore concludeva che ogni ulteriore discussione per compensi in porzioni di territorio di lin gua italiana avrebbe condotto "senz'altro ad una quasi immediata rollura de lle relazioni", e che, ove s i fosse consentito a bande di volontari di tentare un'invasione di territori austriaci o s i fosse cercato di sostenere in altro modo le aspi razioni itali a ne, "ciò sarebbe senz'altro considerato come un casus belli, 'et du moment où f'ltafie montrerait d'étre décidée à aftérer à son profit la frontière actuelfe avec l'A utriche, nous nous mellrions en mesure de fa modijier au notre': queste sono le sue testuali parole", in AER, Gabinetto, Documenti confidenziali relativi alfa questione di Bosnia ed Erzegovina (/7 ouobre 1876-27 ottobre 1878), Serie politica, n. 550. Vedi anche GABRIELE, Su/fa possibilità di una espansione strategica iraliana nel basso Adriatico e nello Ionio qurante la crisi d'Oriente del 1875-1878, in "Storia e Politica", IV, II (aprile-giugno 1965), pp. 428-56.
(6) Gli Austriaci pensavano addirittura, all'inizio, ad una rinuncia italiana ad interessarsi dei Balcani, ved i W .L. LANGER, L'Europa in pace (1871-1890), Firenze 1955, I, pp. 565-66.
(7) Vedi SALVATORELLI, cit., pp. 45 72.
(8) Ma non si diceva nè dove nè come. Certo, secondo Vienna, nè a Trento, nè a Trieste, nè in Adriatico; se mai a Tripoli. Cfr anche la precedente nota (5).
armi se la Francia avesse tentato di impadronirsi di Tripoli o del Marocco senza consentire ad un'azione compensatrice italiana su Tripoli (9).
Ma l'aspetto più interessante degli accordi del 1887 riguardava l'ingresso dell'Italia in un sistem~ complesso di accordi sul Mediterraneo, che collegarono Roma con Londra, con Madrid e con Bucarest. Gli Inglesi avevano il problema di fronteggiare la Francia nel bacino occidentale del Mediterraneo e la Russia in quello orientale, contenendone la spint a al di là degli Stretti. In tale quadro, una çooperazione anglo-italiana contro una eventuale spinta espansiva della Francia era ipotizzabile, ma pur sempre, dal punto di vista britannico, in termini elastici e non troppo impegnativi: non certo, malgrado i ripetuti tentativi italiani, in termini di garanzia militare per la difesa delle coste di un'altra potenza (IO). Nè gli accordi con Madrid potevano supp lire anche se avessero contenuto clausole militari nava li, e non ve n'erano alla mancanza di certezza nella disponibilità della Mediterranean Fleet, perchè anche la Spagna aveva lunghi litorali esposti ad attacchi avversari e non aveva per coprirli una flotta potente e libera da altri impegni (11). M.eno che mai poi l'accessione italiana all'alleanza austroromena del 1883, avvenuta il 15 maggio 1888, poteva dare sollievo all'ossessionante problema della difesa delle coste (12).
Intanto, le manovre navali continuavano a dare risultati preoccupanti, se non addirittura allarmanti. Nel 1883 esse avevano dimostrato che era possibile, per una forza d'attacco, prendere terra abbastanza agevolmente sulle coste napoletane; nel 1885 si era tenta to di porre un obiettivo offen sivo alle manovre, lanciando la flotta al di là delle Bocche di Bonifacio , n ell' idea che una m inaccia sulla congiungente Algeri-Marsiglia valesse a trattenere lontano dal litorale tirrenico l'avversario, ma i risultati dovevano
(9) Il casus foederis non copriva però una iniziativa italiana su Tripoli.
(10) " questo paese non può promettere il proprio aiuto ad un a ltro paese fino a che non conosca quale sia il casus belli": Salisbury alla regina Vittoria, 5 febbraio 1887, cfr VOLPE , cit., pp. 88-9.
(11) Considerando che gli impegni navali della Spagna riguardavano colonie oltre oceano e, nella madrepatria, i litorali atlantico e mediterraneo , si sarebbe aggiunta debolezza a debolezza. Del resto anche nel decennio successivo, stando alle valutazioni dell'addet to militare tedesco a Madrid, Von Funke, le forze armate della Spagna, terrestri e ·marittime, erano "quantité négligeable", cfr F. CURATO, La questione marocchina e gli accordi italospagnoli del 1887 e 1891, Milano 1964, II, p. 525.
(12) Il testo dell'accord o in PRIBRAM, cit., pp. 45 7. Esso mirava a sbarrarela strada ai Russi verso il Mediterraneo ed i Balcani: comè tale, interessava soprattutto agli Inglesi ed agli Austriaci.
aver lasciato alq uanto perplessi i comandi, se nel 1887 le manovre furono indirizzate su una tematica d'attacco alle coste della To scana, ed evidenzia rono, al di là di ogni ragionevole dubbio che lo sbarco sarebbe riuscito perfettamente (13), Aggiungasi poi che tutto ciò avveniva mentre su pubblicazioni politico-militari francesi sì discuteva pubblicamente dove convenisse effettuare, in caso di conflitto con l'Italia, il previsto sbarco e come tale sbarco potesse o dovesse essere preceduto da una decisiva vittoria navale sulla marina italiana (14).
2. Questo contribuisce a spiegare perchè si insistesse con tanto impegno, da parte del governo di Roma, nei confronti di quello di Londra per ottenere un i mpegno che garantisse la collaborazione della marina britannica Ma più le insistenze italiane si facevano pressanti, più la posizione ufficiale britannica diventava elastica e sfuggente. li massimo che si ottenne fu la dichiarazione di Salisbury all'ambasciatore di Francia a Londra, l' 11 novembre 1889; " ... noi abbiamo una politica ben nota e spesso affermata, quella del mantenimento della pace in Europa e dello status quo in Mediterraneo. Noi siamo con quelli che difendono la stessa politica ed i cu i interessi sono simili ai nostri (15)".
Peraltro, gli Italiani non trascuravano alcuna occasione per ricercare l'aiuto degli alleati. Nell'intento di rafforzare la solidarietà militare in seno alla Triplice, fu stipulato, dopo l'incontro di Frìedrichsruhe tra Bismarck e Crispi, un'apposita convenzione. Firmata a Ber lino il 28 gennaio 1888, essa prevedeva che in caso di guerra con la Francia e la Russia, l'esercito italiano doveva attaccare la Francia sul fronte alpino ed inviare sul fronte rena no, per combattervi alle dipendenze del comandante in capo delle forze germaniche, sei corpi d'armata e tre divisioni dì cavalleria (16). Particolare significativo: il trasporto delle forze italiane in Germania, in base ai succes sivi accordi logistici, avrebbe dovuto aver luogo per ferrovia attraverso l'Austria e il costo del trasporto sarebbe stato a carico totale
(13) Relazione sulle manovre navali del 1887 del capo di S .M. della Marina, Saint Bon, al min istro della Marina, in AMR, 125 , 2.
(14) Per una serie di notizie, articoli e dibattiti in proposito, vedi Rivista Marittima, an nate 1883, 1884, 1885, passim
( 15) DDF , serie I, VII, doc. 504, riportato anche dal VO L PE, cit., p. 11 8.
(16) Ridotti poi a cinque corpi d'armata e due divisioni di cavalleria, cfr M. MAZZETTI, L'Italia e le convenzioni militari segrete della Triplice alleanza, in "Storia contemporanea", 1970, n. 2, pp. 395-419.
o quasi del governo di Roma (17). Il quale tentò di approfittare delle tratta tive relative alla convenzione militare, con la quale si impegnava a fornire un ·aiuto considerevole agli alleati (18), per ottenere un sostegno navale. Crisp i ne parlò il 4 gennaio a ll 'ambasciatore austriaco, che ne informò qualche giorno dopo il proprio ministro degli Esteri: "Q uello che più si desidera e di cui più si ha bisogno, è la nostra flotta ... " (19). Ma anche questa apertura era destinata all'insuccesso.
Il costante suggerimento di Bismarck e degli statisti austriaci era che l'Italia ricorresse alla marina inglese per garantire la propria sicurezza, minacciata dal mare (20). Ma nel dicembre dello stesso anno l'ambasciatore britannico a Roma dichiarava apertamente al min istro della Marina, Benedetto Brin che "l'Italia faceva meglio a non contare sull'assistenza dell' Inghilterra per la difesa delle sue coste" (21).
L'anno successivo, la sceneggiata si ripetè, sul medesimo canovaccio. Ag li approcci italiani di luglio, in cui si sottolineava il massimo interesse di Roma ad una collaborazione navale tra le marine della Trip li ce, la risposta dell'Ammiragliato berlinese era: "Sarebbe anzitutto nell'interesse del!' Halia pervenire ad un'intesa con l'Inghilterra" (22) Nè miglior esito avrebbero avuto i successivi colloqui con gli Austriaci in agosto, che si concludevano con un nuovo richiamo alla flotta britannica e con l'affermazione, confort ata da Bismarck, che in caso di guerra la flotta inglese avrebbe combattuto al fianco della Triplice (23). Ma era ormai chiaro che la marina britannica si
( 17) Ibidem, doc. 2 in appendice. Vi erano due poss i bili ri serve: da parte italiana, se i Frances i avessero a Ltaccato dalle Alpi con a l meno 12 corpi d 'armata; da pa r te austriaca, se la guerra fosse sta ra l im itata a Germania cd Italia con 1ro Francia: in tal caso Vienna poteva res tare neutrale e negare il passaggio. Vedi Die grosse Politik der europtlischen Kabinelle 1871 19/4, Ber lino 1922-1927, VI, doc. 307, 1311, 1312, 13 13, 1315 , 1317.
(18) 11 rafforzamemo della massa d'urto t riplicisla su l france franco-tede sco, ottenuto col trasferime n to di forze ital iane , avrebbe consencito un più efficace sos tegno germanico a li' Austria U ngh er ia sul france r usso.
(19) L'ambasciatore austriaco a Roma, Bruck, a l ministro deg li Es te ri Ka ln oky, 9 gennaio 1888, n. 3 AB segreto, SA W, Polit. Arch., r. 469.
(20) Cfr GABRIELE , .Le Convenzioni, ecc., cit., pp. 38-43.
(2 1) MARDER, ci t. , p. 143. Del resto , nel·febbraio 1888 l' addello navale inglese a Ro ma , convinto che le cos te ital ia ne fossero ir ri media bi lmente scoperte, temporeggiava per non prendere posizione e si giu s tificava affermando di aspeuare istruzioni: Bruck a Kalnoky, Ro ma, IO febb rai o 1888, SAW, Poli!. Arch., Xl, 99.
(22) Così l'am basciatore d'ltalia a Berlino, de Launay, il 30 lu gl io I 889: vedi "Promemoria co nfidenz iale " allegato alla leuera de l mini st ro degli Esteri di Ruclinì agli ambasciat0ri a Berlino e d a Vienna del 14 lu glio 1891, AMR, 139, 1.
(23) Ved i de Lau na y a Crispi, Berlino 15 agosto 1889, AER, Germania Rapporti politi ci, A. 389. Anche A.J. MAY, La monarchia asburgica, Bologna 1973, p. 414, sollo l inea c he quando Crìsp i c h iese, nel 1889, l'appogg io navale dell'Austria, a Vienna non s i r itenne di incoraggia re le ambizioni italiane in Mediterraneo , e Bismarck raccomandò "piutt osto all'llalia d i consol ida re la s ua intesa mediterranea con l'ln gh illerra".
sarebbe battuta solo in difesa degli interessi inglesi e in funzione di essi, non della copertura marittima di un'altra potenza, anche se questa avesse avuto interessi coincidenti. Del resto, ogni volta che se ne trattava in Parla mento, la ri sposta del governo britannico a coloro che chiedevano informazioni sull'argomento, consisteva in una costante conferma che Londra si considerava impegna ta a non impegnarsi (24).
Vennero gli anni '90 . Da molto tempo, ormai, la questione della difesa mari ttima italiana si trascinava senza soluzione I rapporti con la Francia continuavano ad essere caratterizzati dalla reciproca diffidenza: in tale atmosfera germogliavano improvvise paure, come quella di Crispi per un attacco alla Sicilia sul finire del 1890 (25) ;e avventurose speculazioni militari, come l'idea, nata nei circoli dell'esercito, di preparare un'operazione of. fensiva anfibia in grande stile contro i litorale della Provenza, bocciata dalla Marina (26) .
Caduto Crispi, il di Rudinì, che gli successe nel febbraio 1891, procedette alla stipula del terzo trattato della Triplice il 6 maggio successivo. Con esso, l'Italia otteneva un i mpegno più puntuale dalla Germania per il caso che fosse stata costretta ad azioni in Tripolitania ed in Cirenaica allo scopo di ristabilire un equilibrio che fosse stato rotto, nel Mediterraneo: da altra potenza . La situazione di fondo, comunque, non cambiava gran che, visto che le aspirazioni nordafricane di Roma avrebbero trovato copertura se pure solamente come risposta ad iniziative altrui. L'Italia era quindi distante come prima da Tripoli e, per quel che riguardava i suoi alleati, non avrebbe trovato certamente incitamento o sostegno in loro per acqui~irla.
A metà luglio, il di Rudinì ritenne venuto il momento per riprendere con gli alleati il tema della cooperazione navale, così importante per l'Italia. Nacque così la lunga missione del CV R. Volpe, inviato in qualità di addetto navale a Berlino ed a Vienna. Le trattative con la Germania si chiusero negativamente nell'autunno dello stesso anno 1891; quelle con l'AustriaUngh eria si conclusero egualmente con uno scacco completo, dopo una tormentata successione di contatti, nel luglio 1893: nel corso degli incontri non erano mancati i momenti difficili da superare ed i bocconi amari da ingoiare per il rappresentante italiano, nelle due capitali degli imperi alleati (27)
(24) Catalani a Crispi , da Londra , 23 febbraio 1888, AER, serie A, pacco 1638. L'incaricato d'affari riferiva sulla rispos ta data dal vice-segretario di stato, Ferguson, al deputato Labouchère.
(25) F. CRISPI, Questioni internazionali, Milano 1913, pp. 71-92. Per una puntuale analisi, anche in relazione a quanto esposto fin qui, vedi R MORI, La politica estera di Francesco Crispi, Roma 1974, pp. 83 177.
(26) Vedi le carte relative in GABRIE LE, Le Convenzioni, ecc., cit., appendice III, pp. 435-44.
(27) Cfr ibidem, pp. 83-143.
Nel frattempo, la po sizione francese si era rafforzata sul piano politico e militare, grazie all'intesa con la Russia, s tipulala nell 'agosto 1891 e la success iva convenzione militare franco-russa de l 18 agosto I 892. Rifl ess i della nuova s ituazione s i ebbero anche nel Mediterraneo, dove nuove preoccupazioni venivano a turbare le potenze imeressate. Di queste, la Gran Bretagna si acconciò a studia r e un collegamento altern at ivo, attraverso la rotta del Cap o di Buona Speranza, per as sicura re in ogni caso i collegamenti tra la madrepatria e l'India nel caso che l'uso della rotta di Suez divemasse troppo rischioso; l'Austria-Ungheria incominciava ad esaminare proposLe di serio potenziamento della propria marina; l'Italia restava nella difficile si tuazione pree sisten Le, senza che una so luzione fosse stat a trovala per la vecchia questione della vulnerabilità delJe s ue coste. La collabo ra zione tra le marine della Triplice era sempre insufficiente, nè un nuovo tentativo it a liano diretto, questa volta, a ll a sola marina austro-ungarica, ebbe, verso la fine del 1894, sorte migliore dei precedenLi, benchè Roma si fosse risolta ad offrire agli alleati "il porto di Taranto con tutte le sue ri sorse" (28) : s i sti mava in sufficiente la flotta imperial regia per impegnarla come chiedevano gli Italiani (29).
La Germania aveva assu nLo, poi, un alteggiamento di Lale disimpegno dal Mediterraneo che lo stesso Prim o ministro inglese se ne preoccupò e Kalnoky dovette rassicurarlo, pro vvede ndo ad informare R osebery che la Germania si disinteressava alla costa africa na ed agli Stretti, non anche "alla'. protezione dell' llalia co ntro minacce ed attacchi fran ces i ", dal momento che vigeva nella Triplice il principio della so lidarietà , per cui il ministro degli Esteri austro-ungarico riteneva di poter affermare che "in caso di invasione francese l'Jtalia potrà fare assegnamento non solamente su ll 'aiuto dell ' In ghilterra, qualunque s ia il motivo che l'abbia causala, tranne ben inteso la provocazione diretta" (30). È curioso come ciascuno degli imerlocutori dell'Italia te ndes se a chiamare costantemente altri ad occuparsi per primi, se non da so li , della difesa marittima della penisola. Un'estrema conferma si ebbe l' a nno succ essivo, quando Crispi, in occa sione delle stragi armene, inviò due corazzale, due in croc iatori e un esploratore al comando dell'ammiraglio Accinni, nel Le vante con l'ordine
(28) Vedi il rapporto del capo della sezione marina del ministero de ll a Guer ra d i Vienna, del 2 novembre 1894, al minimo degli Esteri, Kalnoky, in SAW, Polù. Archiv., 466, XX, che si fondava. a sua volta, su un rapporto da Roma, del 17 ottobre precedente, dell'adde110 navale Soltyk.
(29) Ibidem.
(30) Ka lnoky a Deym, amba sc iatore austriaco a Londra, 17 dicembre 1894, SA W, Poli!. Archiv., 470, XXVIII / C.
di "conformarsi alle istruzioni" dell'ammiraglio Seymour, che comandava la flotta inglese del Mediterraneo dislocata nel bacino orientale per fronteggiare la crisi; in tale occasione Crispi offrì anche truppe per attaccare i forti degli Stretti, ove si fosse ritenuto di tentare un colpo di mano per terra e per mare (31). Ma il rischio non gradito di un "compagno di strada" in posizio ne precaria come l'Italia che avrebbe potuto pretendere in cambio dei servigi offerti un impegno più preciso in ordine alla propria difesa, fece lar gamente prem io nel governo di Londra sulle considerazioni immediate, e l'Inghilterra si accinse ad impostare un cambiamento di portata storica nel la propria politica m ilitare in Mediterraneo, secondo i suggerimenti del!' Ammiragliato, piuttosto che accettare una co ll aborazione operativa con l'Italia e compromettersi in qualche modo con questo paese (32)
Per tre lustri (33) i governi italiani avevano tentato in tutti i modi di acquisire appoggi esterni per la propria politica militare in relazione al pro blema più grave che riguardava la difesa dello Stato . E per tutti quegli anni, Roma era stata rinviata costantemente da Erode a Pilato per trovare il sostegno richiesto .
Da un lato, la Gran Bretagna, anche se in più occasioni aveva riconosciuto che i propri interessi potevano coincidere con quelli italiani nel Me diterraneo, anche se varie volte si era trovata di fronte nella gara coloniale e nelle contese economiche Io stesso avversario che l'Ita lia mostrava d i temere, non aveva voluto sbilanciarsi mai in un accordo esplicito che contemp lasse una collaborazione navale a difesa delle coste italiane. Dall'a l tr o, gli alleati triplicisti di Roma non avevano voluto mai ascoltare gli appell i del socio mediterraneo per una cooperazione navale, sia pure nei limiti che le oggettive possib ilità consentivano. Certo, due potenze continenta li, con vocaz ioni e problemi militari essenz ialmente terrestri, non erano le più indicate per capire una tematica prevalentemente marittima e per impegnarvisi; tuttavia anche l'apporto non decisivo che avrebbe potuto essere concesso pon lo fu, specialmente da parte dell'Austria-Ungheria.
(31) Vedi E SERRA, Francesco Crispi e la questione orien1ale, in "Il Mes saggero " , IO maggio I 966; ID, La questione tunisina da Crispi a Rudi111: Mi lano I 967, pp. 252 53.
(32) E . .SERRA, L'Italia e la "grande svolta" della politica inglese nel Medite rraneo (1895 1896), in "Rivis la d i stud i pol i tici internaziona li", XXXII!, 3.
(33) Szèlgyény, ambasciatore austriaco a Berlino, a Goluchows k i, ministro degli Este ri, I • aprile 1896, SAW, Polit. Archiv , 470, XXVIll/D, relativamente alla richiesta italiana di accompag n a re con una dichiarazio ne il rinnovo dell'alleanza, intes a ad esp licitare, come nel 1882, che essa non era diretta contro l'Inghilterra.
3. Questo paese, in realtà, aveva un rapporto caratterizzato da molte riserve nei confronti dell'alleato italiano: dai vecchi conti del Risorgimento che nei circoli militari di Vienna non erano considerati come chiusi definitivamente specie alla luce dei ricordi del '66 che richiamavano alla memoria un'Austria vincitrice per terra e per mare sull'Italia, ma soccombente per motivi del tutto diversi al tavolo della pace e che in varie occasioni si sarebbe proposto di riaprire, fino alle nuove vertenze che ad ogni passo dell'Austria-Ungheria nei Balcani rischiavano di aprirsi. La spinta verso il sud portava a sempre nuove frizioni in Adriatico con lo strano alleato italiano, così attento ad ogni nuova mossa austriaca e così pronto a reclamare indennizzi, con la riserva mentale come si è detto di ottenerli da Vienna proprio là dove non era possibile, nel territorio nazionale della duplice Monarchia, dove gli irredentisti repressi e contenuti in omaggio all'alleanza, ma mai definitivamente stroncati aspiravano da sempre a fa re avanzare i confini del Regno d'Italia. E poi, la marina imperial e e regia non era stata costruita per impegnarsi in alto mare, meno che mai a coper tura del litorale occidentale italiano. In Adriatico, infatti, la piccola flotta asburgica aveva compiti militari di copertura costiera e politici di collaborazione con la marina commerciale, in forte espansione (34) prima di tutto verso gli sca li del Levante, su rotte caratterizzate proprio da un'accanita concorrenza italiana. Era chiaro che la politica austro-ungarica nei Balcani si poneva in rotta di collisione con le aspirazioni della politica russa, equesto problema bastava a rendere difficile la vita dei governi di Vienna, senza che proprio un paese alleato venisse a complicarlo con pretese diverse, ma molto sgradite, nello scacchiere adriatico (35) Nè la più volte rinnovata mediazione tedesca poteva bastare ad attenuare la diffidenza e la convinzione austro-ungarica che, tutto sommato, non fosse proprio il caso di bruciare risorse e disperdere capacità militari per puntellare la pericolante difesa navale di Roma.
Del resto, non si era apprezzato che il potenziale militare italiano sarebbe stato troppo debole per sostenere l'urto della Francia? Lo stesso governo di Berlino non aveva impostato una strategia globale contro la Francia che,
(34) Vedi F. BABUDIERI, L'indu stria armatoriale di Trieste e della regione Giulia dal /815 al 1918, in "Arc hivio economico dell'Unificazione italiana", Serie I, vo i. XIII, fase. II, Roma 1964, p. 139.
(35) Tanlo più che la progressiva disgregazione ot to mana allirava di nuovo nel 1895 l'at tenzio ne dell'Ita lia sull'Albania, che avrebbe garantito un significativo rafforzamento in Adriatico, come alternativa alle aspirazioni verso il Nord Africa T ripoli o Marocco che fosse le quali implicavano un rischioso contrasto con la Francia. L 'a nno successivo, poi, dopo le amare delusioni etiopiche , era natu rale che il pendolo delle ambizioni ita liane torna sse a muo versi, secondo le opinioni di Vienna, verso un rinnovato interesse nei Balcani. Vedi MAY, cit., pp. 413 e 423
in caso di conflitto, privilegiava come decisivo il fronte dell'Alsazia e Lore na, dal quale si sare bbe folgorata un'altra volta Parigi, col risultato di re cuperare a ll a fine della guerra, più o meno, l'unità italiana? Dopotutto, anche Roma aveva ader i to a tale concezione, quando si era impegnata ad inviare un importante contingente di tru ppe su quel fronte determinante. E allora? S i te nessero gli Italiani i loro guai, chè più erano deboli, meno fasti d i avrebbero dato in relazione ai Balcani e in generale al Levante.
La posizione tedesca era ancora più facile da sostenere dinanzi alle richieste italiane. La zona di gravitazione navale della Germania si esauriva ne l Baltico e l ungo le coste del mare del Nord: in quelle aree la flotta impe riale - peraltro ancora modesta si sare bb e mossa, e questo, va le a dire un'azione che in tempo di guerra la marina germanica avrebbe svolto comunqu e per fini propri , era tutto l'appoggio che si sarebbe potuto dare all'Italia . Detta azione avrebbe impegnato fuori dal Mediterraneo un'ali quota della marina francese, che non avrebbe potuto quindi essere concentrata, almeno nella temuta parte iniziale del conflitto, contro l'Italia. A questo punto i governi di Roma non avevano diritto di chiedere altro; tutt'al più, di quando in quando, si poteva condurre un'azione politica di mediazione nei confronti degli altri due alleati, quando le relazioni tra di essi si comp licavano, ed a tale opera di mediazione si potevano aggiungere esortazioni, dirette ali' Austria-Ungheria, perchè tenesse conto con una certa benevolenza delle richi este italiane. Nei limiti del possibile.
Peraltro, ripetutament e, la Germania aveva suggerito all'Italia la linea buona . Acquisiss e la collaborazione britannica: Londra aveva una flotta nel Mediterraneo, da utilizzare senza importanti impegni difensivi, in funzione della propria politica estera. Ebbene, un compito poss i bile per questa flotta che avrebbe muta t o radica l mente gl i equilibr i navali a favore de l l'Italia era defin i bi le in operazio n i contro la Fra ncia, o a copertura dei litorali della penisola. Tutto questo avrebbe, oltre tutto, fatto comodo anche alla Germa n ia, sul piano politico e su quello militare, perchè in tal modo la Gran Bretagna sarebbe stata in qualche modo legata al carro della Triplice, su cui era evidente l'egemonia di Berlino, e di conseguenza, in un'eventual e conflagraz ione generale, la marina inglese si sarebbe mossa contro la Francia non solo nel Mediterraneo, ma anche nella Man ica e nel mare del Nord, togliendo alla Germania qualche residua preoccupazion e di offe sa n em ica dal mare che, benchè assai marginale, poteva ancora sussistere (36).
(36) È noto che durante la g u erra 1.ra la P r ussia e la Franc ia del 1870 71, i Tedesch i man tennero corpi di truppe in prossimità del la front iera danese, sottraendo li a lla po ss ibilità d i gravitare sul fron te terrest re principale e decis ivo per timore di uno sbarco Questo avrebbe potuto essere propiziato, sul lit orale balt ico o su quello de l mare del Nord, o in Danimarca, dall'incontrastabile dominio del mare di cui godeva la flo t ta francese, che aveva inviato nel Baltico c nel mare de l No rd due squadre, rispettivamente al comando del Bouet de Willaumetz. e del Fourichon, che erano composte però di unità troppo grandi e di troppo elevato pe scaggio i n relazione al teatro geografico in cui dovevano opera re ed al l'avversario da fronteg g iare. Cfr A. V. VECCHJ, Storia genera le della marina militare, Firenze 1892, li, p. 638 .
4. Peraltro, anche la relativa maggior comprensione tedesca per le esigenze dell'ltalia incontrava dei limiti precisi nella evoluzione generale della politica di Berlino. Al momento del terzo rinnovo della Triplice, nella primavera del 1896, gli Italiani richiesero ch e allo strumento dip lomatico fosse allegata, analogamente al 1882, una "dichiarazione ministeriale" diretta ad affermare che l'accordo non avrebbe potuto avere carattere antin glese. Ma la Germania non volle, sos ten en do che tale dichiarazione non avrebbe avuto alcuna funzione, stan te l'improbabilità di uno scon tro della Trip li ce con la Gran Bretagna, e in ogni caso affermando che la "Trip li ce volge la sua punta contro ogni aggressore e non soltanto contro la Russia e la Franci a" (37) .
Vi era un altro aspetto della po litica tedesca che poteva, al di là delle val utazioni berlinesi che ostentavano di non tenern e conto, di vent are perico loso. L'ambasciatore d'Italia in Germania segnalava, I' 11 aprile 1896, che "l'Impero è sulla via di diventare una formidabi le potenza marittima" (38). Questo avveniva prop rio nei giorni in cui si concludeva la disputa tra gli alleati triplicisti circa la dichiarazione richiesta dall'Italia, di cui sopra . Ma la politica navale germanica di sviluppo non datava da allora. Negli anni '70 ed '80 la marina tedesca aveva avuto una espansione ed una evoluzione s ign ificative. Nata con obiettivi limi tati , essa ri cevette un impulso importante dai due primi capi dell'Ammiragliato, lo St0sch ed il Caprivi. Lo Stosch, già generale di fanteria, aveva sostenuto, a partire dal 1883, "che se n za il sostegno di unità di linea corazzate e la certezza di poter contare , in caso di necessità, sull'appoggio di una flotta di alto mare, le unità legg ere in servizio non sarebbero state in g rado di garantire più a lungo le posizioni mondiali deJJ 'impero tedesco e che, d'altro canto, l' alleanza tedesca non avrebbe avuto alcun valore per una potenza marittima qualo ra, nell'eventualità di un conflitto con un'altra potenza marittima che di sponesse però della s uperiorità sul mare, la Germania non fosse sta t a in grado di difendere le propr ie coste da sola" (39). Queste proposizioni contenevano in nuce la filosofia di base che sarebbe stata a monte dell'espansion-e della flotta tedesca nei due decennj successivi.
Un allro elemento avrebbe contribuito, oltre all'i n teresse ed alla competen za personale dell'imperatore (40), allo sviluppo della marina imperiale dopo Bismarck: le basi sociali degli ufficiali erano diverse da quelle dell'alta ufficialità dell'esercito . Nell'esercito, fino al 1914, tutti i ministri ed i capi
(37) SzOgyé ny a Goluchowsky, riservaLi s s ima, da Berlino, 12 apr ile I 896, SA W, Poli!. Archiv., 470, XXVlll / D.
(38) G. Ca lvi al ministro degli Esteri, 8er lino, 11 aprile 1896, AMR, b. 159, f. l.. (39) E. PELLEGRINI, La marina ne/l'impero tedesco e l'ordinamento navale del 1889, in "S toria e Po li tica" , Xl, 3, p. 461.
(40) Cfr A. S. HURD, The Kaiser's Dream of Sea Power, in "Ni neteemh Century ancl after". Londra , agos 10 1906 , p. 233.
di S.M. sarebbero usciti dalle file della nobiltà, come la maggioranza degli ufficiali superiori al grado di colonnello, mentre nella marina, fin dalle origini, era stata rilevante ia presenza dell'elemento borghese, che con il passar del tempo era destinata a diventare preponderante (41). Questo fatto non era privo di conseguenze: dal punto di vista politico, il baricentro della marina si collocava meno a destra di quello tradizionale dell 'es ercito di terra, dapprima nell'area di liberalnazionali e poi, negli anni '90, in quella del centro cattolico; ma soprattutto la carriera della marina costituì uno sbocco per giovani della classe media borghese, la medesima che negli stessi anni era protagonista dello sviluppo industriale, commerciale e finanziario nell e grandi città dell'Hansa e nella capitale I rapporti con tali ambienti influirono certamente sulla formazione e sulle idee della marina tedesca e ne predisposero la disponibilità a divenire uno strumento tipico al serv izio della politica mondial e germanica lanciata dopo il ritiro 'di Bismarck. Del resto, già lo Stosch, in occasione degli studi condotti dalla commissione Hollmann per la riorganizzazione della marina che diede origine al nuovo ordinamento sanzionato nell'ordinanza imperiale del 30 aprile 1889 (42) ave va redatto un memorandum nel quale sosteneva l'opportunità del coordinamento e del controllo, non solo della pianificazione strategica ' e delle co struzioni navali, ma anche dello sviluppo della marina mercantile e dell'espansione coloniale (43).
COI). l'inaugurazione della Weltpolitik, i circoli industriali e finanziari tedeschi vennero a pesare molto più di prima nelle formulazioni della politica estera.
(41) J. STEINBERG, li deterrente di ieri, Firenze 1968, p. 30, rileva che dal punto di vista politico sociale, la marina germanica poteva essere considerata in qualche modo figlia della rivoluzione del I948 e del liberalismo tedesco, avendo ereditato da tale esperienza tre c oncet ti fondamentali: il nazionalismo, l 'individualismo politico e il desiderio di potere. Nel 1898, a ll 'Uffic io navale imperiale, d i origine aristocratica risultavano solo 6 dei 33 ufficiali, 2 dei 12 capi diparcimento mariuimo e nessuno dei 3 ammiragli in servizio. Tra il 1899 e il 1918, su 57 ammiragli ed ufficiali s uperiori che prestarono servizio nello S.M. o come capo d ipartimento, pochissimi erano di origine aristocratica. Per contro, nell'eserci to, fino al 1914 nessun capo di S.M. o mini st ro della Guerra aveva avuto origini borghesi ed il 56% deg li ufficiali di grado superiore a colonnello apparteneva alla nobiltà.
(42) F u elim i nata la carica di capo d e ll'Ammiragliato e furono istituiti gli incarich i di ca po dell'Alto Comando della marina ( respons abile dei piani strategici e operativi, della difesa dei traffici e in genere della conduzione delle operazioni in tempo di guerra e di pace), di capo del Gabinetto nava le imperiale (organo person ale dell'imperatore, con compiti burocratici ed amministrativi) e di segretario di Stato dell'Ufficio navale imperiale, alle dirette dipendenze del Cancelliere (competente per i b ilanc i e quind i , co l passar de l tempo, dei programmi delle costruzioni navali).
(43) Vedi F.B.M. HOLLIDA Y, Bismarck's Rivai, A politica/ Biography of Afbrecht von Stosch, Durham (North Carolina), I 960, p. 257.
I limiti, che si era imposto Bismarck, di un equilibrio europeo caratterizzato da un'egemonia continentale germanica, non bastarono più, come non bastarono i vecch i mercati, e fu inscenato il Neue Kurs, i l nuovo corso della politica tedesca che assumeva di avere respiro mondiale, ed esigeva quindi nuovi impegni per l o sv iluppo della flotta e la partecipazione alla spartizione coloniale del globo.
Il gruppo sociale orig inari o degli esponenti della marina, inoltre, aveva contatti frequenti con un certo tipo di cultura universitaria tedesca portata ad affermare la necessità di una cultura germanica autonoma da quella deg li altri popoli occidentali. Un tale atteggiamento non fu privo di conseguenze nei confronti dei rapporti anglo-tedeschi, che si andarono deterio rando sempre più specie dopo che Tirpitz sostituì Hollmann, nel 1897 , a capo del s ottosegretar iato, poi ministero, della marina fino allo scoppio del primo conflitto mondiale. Storici ed economisti tedeschi non si resero conto della s tretta connessione esistente in Inghilterra tra liberalismo politico e lib e rtà di commercio e si convinsero che la prosperità economica bri tan nica derivava dal possesso del potere marittimo, e da quesro soltanto (44). Il Reventlov sostenne che l'Inghilterra si era sviluppata, commerciando liberamente, non per il gioco spontaneo delle forze, ma perchè essa era la sola forza esistente (45). Se il commercio era un'espressione della lotta tra le potenze, sarebbe diventato inevitabile uno scontro con la Gran Bretagna, che avrebbe tentato di eliminare la concorrenza commerciale germanica con la guerra (46).
Simili svolg imen ti interni in Germania non erano senza riflessi sulla situazione mediterranea che l'Italia doveva affrontare . Se già una prospettiva di co nflitto con la marina francese presentava problemi assai gravi e prospettive a ll armanti, l'idea di un'avventura c ontro I nglesi e Francesi riuniti non poteva neppure esser presa in considerazione . Gli ambienti navali italiani, sotto questo profilo, non avevano dubbio (47). La proposta del governo di Roma intesa alla "dichiarazione ministeriale" secondo cui il ri nnovo della Triplice del .·1 896 non avrebbe dovuto essere rivolto contro l'Inghilterra partiva dalla necessità di affermare un concetto che era essenziale per la stessa sopravvivenza del paese. E quando ' tale proposta fu respinta
(44) PELLEGRI N I , ci i., p. 459.
(45) E ZU REVENTLOW, Deutschlands Auswartige Politik, 3" ediz , Berlino 19 16, p 93.
(46) La scuo la neomercantilistica che faceva capo al prof. Schmoller sosteneva l' i nesis1 enza di una legge econom ica va lida per luni i tempi e faceva risalire il progresso economico all'efficie nza delle istituzion i politiche: cf r STEINBERG, cit., pp. 36-7.
(47) Si vedano, in proposito la "Rivista Mar ittima" , le a l tre rassegne militari e "La Nuo va Amo log ia" degli anni 1895, 1896, 1897.
dagli alleati e l'Italia dovette accettare il rinnovo d e l trattato senza la dichiarazione ch e la marina e il governo consideravano essenziali, il limite invalicabile degli impegni ch e si potevano assum e re fu chiarito senza possibilità di equivoci: "i ministri italiani .. . non hanno voluto fare a meno di riconoscere sinceramente che l'Italia , p e r la sua posi zione geografica e particolarm ente per tutta la lunghe zza della s ua cos ta estesa nel Mediterraneo non potrebbe sostenere in maritima la lotta contemporanea contro due importantissimi avversari" (48)
5. D'altra parte, non si può dire che certe paure n e i confronti della Francia fossero solo frutto di una propaganda interessata, diretta a sostenere su un livello elevato le spese navali, le quali, in termini reali, si erano trip licate ri spetto al periodo precedente l'occupazione di Tunisi da parte francese.
Le istruzioni all'addetto navale francese che partiva da Parigi nel maggio 1886 per prendere servizio a Roma erano ancora abbastanza generiche: egli doveva informarsi con cura di quel che si faceva nella marina italiana, visitare gli sta bilimenti di ri levanza militare, assistere ag li esperimenti su nuove armi o su perfezionamenti di armi esistenti e riferire particolareggia tamente sulle costruzioni navali e sugli armamenti, sulla difesa delle coste e sug li sbarramenti sottomarini fissi e mobili, sulla dislocazione delle batterie costiere (49). Successivamente, però, talune richieste divennero più precise: fotografie di punti della costa italiana , informazioni su ll e artiglieri e costie re e sulla difesa fissa e mobile del litorale: si era nel 1888, l'anno delle "paure navali" (50). E n el marzo di quell'anno giunse un'altra richiesta da Parigi , classificata "confidenziale": tra la Sardegna e il Continente esistevano cavi sottoma rin i per le comunicazioni telegrafiche; non erano molti, uno o due, ma dove si trovavano? Occorreva r accog liere dati, informazioni, "en un mot tout ce qui pourrait faciliter leur recherche et eventuellement leur destruction" (51).
Tra gli argomenti di interesse primario, che ritornavano costanteniente n ei carteggi tra gli addetti navali a Roma e il ministero della Marina a Parigi,
(48) Szògyény a Goluchowsh i, Berlino, 12 apr il e 1896, SA W, Polit. Archiv., 470, XXVlII/D
(49) Ministro della Marina e delle coloni e a TV Le Léon, Parigi 14 maggio 1886, AMF, BB 7 , 87-88.
(50) L' 11 novembre 1888 il ministro della Mar ina allegava l'elenco delle fotografie de ll a cos ta ital iana possedute dalla Marina francese a l precedeme 1° novembre, AMF, BB 7, 87 88.
(5 1) Il capo di S.M . della Marina francese al CF Le Léon, addet to navale a Roma, da Pa rigi il 9 marzo 1888, AMF, BB 7, 87-88.
emergeva soprattutto il tema della difesa costiera; le informazioni in proposito rammentava il capo di S.M. della Marina francese nel 1893 avevano la massima impor ta n za in tempo di guerra (52). Allre curiosità ricorrenti riguardavano l'isola d'Elba, in ordine alla quale si sottolineava l'utilità di conoscere, in occasione di manovre navali italiane, come si pensava di coprirla da un attacco e, più tardi, in quali punti si trovavano le sp iagge me glio abbordabili, quelle che più si prestavano ad operarvi uno sbarco (53). Alla fine di ogni anno, inoltre, gli addetti navali francesi dovevano redigere una relazione generale su ll o stato della marina ita liana, nella qua le occorreva dar conto di quanto in Ita lia era stato fatto nell'anno, dal materiale al personale, alla elaboraz ione di strategie, a ll a efficacia delle esercita zioni Per acquisire e lementi di co no scenza si poteva naturalmente ricorrere, se del caso, a fondi speciali (54), ed era necessario tener d'occhio la stampa, sopra ttutto quella specializzata in problemi navali di natura militare e politica Vale la pena di ricordare, a questo proposito, l'a ttenzione posta, a lla fine del 1894, ad un opuscolo, intitolato "L'aJleanza angloitaliana" in cui erano evidenziate le conseguenze disastrose di un eventuale sbarco francese; ove però le forze navali congiunte anglo-ital iane avessero conseguito ini zialmente una decisiv a vittoria navale, le truppe italiane di terra sareb be ro risultate disponibil i per essere impiegate secondo le diretti ve di Londra (55).
Nel 1895 , invece, si pose l'accen to anche sulla efficienza della flotta italiana e sui t empi di una sua eventua le mobilitazione, con una serie di apprezzamenti positivi circa lo s tato del materiale e la su a capacità di mobili tarsi rapidamente (56)
Spicca, invece, una certa mancanza d i enfasi sulla presunta minaccia di Biserta nei confronti della Sicilia e d ella penisola. Sebbene il Lockroy, che era stato ministro deJJa Marina, non avesse mancato di indicare nella base tunisina uno dei cardini del sistema navale francese nel mondo e di aggiungervi, con chiara impostaz ione offensiva, Ajaccio e Portovecchio
(52) Ibidem. Capo di S.M. ad addetto na va le a Roma, 20 ottobre 1893.
(53) Cfr capo di S.M de ll a Marina fran cese a C F Le Léon, 8 febbra io 1889 e rapporto "molto confidenziale" n. 339 del 20 ottobre 1897 dell'addetto navale francese a Roma, AMF, BB 7, b u s te 87 88 e 86, 13.
(54) Cfr la le i tera d ell 'add e l LO nava le a Roma al ministro d e lla Ma rina francese n. 41 de l 20 novemb re I 894, in cui dà con LO <li ave re speso 2 000 franch i per docum e nti confidenzial i, AMF, BB 7, 86, 3
(55) A d detto a minis t ro c.s. n. 51 del 30 dicembre 1894, ibidem.
(56) Addel 10 a m inistro c s , s tudio su ll a mobilitazione della f101 ta i ta liana del 30 novembre 1895 e lettera n. J 87 del success ivo 4 d icembre, in AMF , BB 7, 86, 9.
nel Mediterraneo (57) si ha la sensaz ion e che forse i politici ed i militari italiani abbiano esagerato, sullo scor cio del secolo scorso, nell'individuare in Biserta "la pistola puntata contro la Sici lia". Pur senza sottov alutare le argomentazioni portate a sostegno della pericolosità della base africana nelle mani della marina francese, non si può non tenere nel debito conto, almeno per questi anni finali del XIX secolo (58), le valutazioni dell'Ammiragliato britannico, il quale era convinto che Biserta fosse più un elemento di debolezza che di forza nel sistema marittimo francese in Mediterraneo, dal momento che avrebbe distolto da Tolone una parte della flotta per la propria difesa; n è da tal e opinione ritenne di doversi allontanare White Hall anche quando fu chiaro che, contrariamente a certe affermazioni francesi, la base tunisina non sarebbe stata solamente commerciale o quando addirittura si ventilò che nel quadro della Duplice intesa essa fosse stata offerta alla squadra russa del mar Nero (59). In effetti, non si vede neppure con quale utilità la Francia avrebbe dovuto andare ad impegolarsi lontano, in Sicilia, in uno sbarco difficile da alimentare e, pertanto, probabilmente non decisivo agli effetti della stessa sorte dell'i sola , all'interno della quale le forze di terra italian e avrebbero potuto resistere e venir rifornite con minore diffi coltà degli attaccanti . Certo è ch e l'opinione corrente in Italia doveva risentire pure di qualche eleme nto emotivo, anche se il giudizio di fondo dei cir coli navali romani non può essere collegato soltanto alJe esagerazioni di Crispi.
Ad ogni modo, ben altre possibilità apparivano a portata di mano della marina francese, da Tolone e dalla Corsica, se la sua generalmente su p posta superiorità su quella italiana avesse trovato riscontro nei fatti. Dalla frontiera di Ventimiglia, lungo le riviere liguri e la costa toscana, fino al li torale di Roma, obiettivi di prima grandezza si proponevano ad un attac cante. Dalle scorrerie sulle coste per intralciare i movimenti delle truppe terrestri, fino all'attua zio n e d i un grande sbarco strategico, vi era una gamma assai r icca di operazioni possibili per chi sì fosse trovato in condizioni dì superiorità marittima. Anche ì tanto temuti bombardamenti di città costiere potevano effettuarsi di sorpresa, passando a nord o a sud d e lla Corsi ca, o per il canale di Sardegna, senza bisogno dì appoggiarsi a Biserta. Se poi, come molti scrivevano, il bombardamento di una grande città doveva avere carattere provocatorio oltre che distruttivo, per costringere la flotta
(57) F uori del Mediterraneo si pu'ntava su Saigon, Diego Suarez e la Mar1inica, oltre ad un altro punto d'appoggio nel Pac ifico . Vedi CF Bianco, addetco navale italiano a Parigi, a ministro della Marina, 11 apr ile 1897, AMR, 16 1, 2.
(58) Jn cui la Francia era impegnata a fondo nella comperizione colo n ia le: GABRIELE, Le Convenzioni, ecc ., ci r. , pp. 161-63
(59) MARDER, c it. , p. 307.
italiana ad accettare il combattimento ed a sacrificarsi, logica avrebbe voluto che l'a ttacco fosse condotto spavaldamente dalla base più' comoda e più vicina, Tolone, contro un obiettivo non troppo lontano dalla medesima base principale o dalle altre ausiliarie della Corsica.
6. In ogni caso, le ferrovie sembravano interessare i comandi francesi più delle città litoranee, benchè anche su queste si raccogliessero come era naturale informazioni. Le nuove ferrovie Napoli-Reggio Calabria e Parma-La Spezia erano ritenute di notevole interesse per la Marina i.taliana e quindi per quella francese nel 1894 (60).
L'anno successivo, lo S.M. della marina francese elaborava un documento relativo ad "Operazioni contro le ferrovie del litorale italiano da Ventimiglia a La Spezia", che rias sumeva una lettera del 27 aprile 1895, sc ritta dal dipartimento della guerra in risposta ad una richiesta dello stesso S.M . della Marina, relativa all'ordine da eseguire nel tentativo di causare distruzioni sulla ferrovia litoranea tra Ventimiglia e La Spezia (61). L'ordine di priorità per gli obiettivi da colpire veniva precisato come segue:
"I 0 ) Sezione Savona Ventimiglia. La strada (ferrata) deve essere interrotta il più vicino possibile a Savona, per tener lontane dalla nostra frontiera le truppe italiane del 4 ° Corpo (divisioni Savona-Genova e Parma Piacenza), che sara nno c ertamente dirette sulla contea di Nizza, e dovranno necessariamente seguire, a partire da Savona, la l inea del litorale, quanto meno in attesa che sia completata la linea dell'interno in costruzione (da Cuneo a Ventimiglia).
2°) Sezione Genova-Savona. L'interruzione avrebbe per risultato di impedire agl i otto battaglioni d i Genova di servirsi della linea Savona Cuneo.
3°) Sezione Genova-La Spezia . L'interruzione della ferrovia in que sta sez ione ha meno importanza, visto che essa costringerebbe gli Italiani solo a dirottare i trasporti dell'8 °, 9° e 10° Corpo, di cui non appare sicuro l'invio sulle Alp i all'inizio della guerra" .
Dopo queste osse r vazioni, si chia ri va che la nota, tenendo conto anche delle ultime informazioni risa lenti ai primi giorni di maggio, aveva lo scopo di individuare i punti della ferrovia costiera ligure pi ù facili da tagliare e più difficili ~a ristabi l ire o da rimpiazzare mediante trasbordi. Vi era poi una osservazione generale che valeva per tutte le singole ope r azioni: vista la
(60) Addetto navale francese a Roma a minis tro della Marina francese, nota 25 de l 4 se t tembre 1894, AMF, BB 7, 86, i.2.
(61) AMF, BB 7, 123 , i
difficoltà di operare di giorno sfuggendo ai semafori ita liani e di indiv iduare esattamente come era necessario, trattandosi di opere d'arte di picco le dimens ioni di notte i punti di sbarco, appariva opportuno "avvicinarsi di notte, opera r e sul far del giorno".
Quanto al tratto di linea più importante, tra Savona e Ventimiglia, l'interesse s i conce n trava sul t ronco tra Savona ed A l benga, considerando che la ferrovia, mano a mano che si allontanava dal capoluogo savonese, assumeva un jnteresse decrescente. Non era possibile pensare ad un attacco tra il capo l uogo stesso e la galler ia d i Bergeggi , a causa delle difese esistenti nel settore Savona-Vado. D'altra parte, non c'erano altre opere importanti ne l settore, per cui si suggeriva un attacco a l tunnel di Bergeggi dal lato occidentale, stimandosi che su que l punto sarebbe stato facile procedere a ll 'avvicinamento ed allo sbarco, ment r e il contrario si doveva ritenere per la ga ll eria coperta (62). Segu i va poi un esame particolareggiato degli altri possib ili ob iettivi, il cui danneggiamento era ri t enuto generalmente p i ù facil e (63) . La condotta delle operazioni doveva comprendere due operazioni simultanee: q u e ll a principale vicino a Savona aveva per obiettivo le gallerie di Bergeggi (sempre che fosse possibile), il ponte e il tunnel di Spotorno, la galleria di Noli; quella secondaria il viadotto di Ceriale e i ponti nella zona del Rjo Anto_gna n a; ove po i tutto fosse proceduto per il meglio e vi fosse stato margine per ulteriori operazioni, si indicavano come obiett i vi comp lementari all'operazione principa le le gallerie di Varigotti, Malpasso, San Donato ed il ponte di Finale Marina, nonchè obiettivi complementari all'operazione secondaria i ponti di Pietra Ligure e le gallerie di Santo Spirito, Caprazoppa e Torretta, sempre che il capo Caprazoppa fosse risultato senza difesa. In caso es istesse un forte armato sulla Caprazoppa, si sti mava non vi fosse niente da fa r e a Finale Marina, ed analogamente diventasse impossib ile agire tra Vado-Savona e Finale se sul capo di Noli vi fosse st a to u n altro forte in efficienza (64).
(62) La ma rin a francese disponeva di un fascico l o che recava l'indicaz ione di ogni singola opera delle ferrov ie i n ques tione, contrassegnata da un numero progrcssiv,o , per rendere più agevole l'identificazione: ta l i numer i erano imp iegati nello s t ud io di cui s i parla, ed i numeri seguiti da as terisco stavano ad ind icare ob iett iv i " la cui d istruzione non avre b be causato un arresto assoluto nell' u til izzazione de ll a l inea ferroviaria" perchè la strada c h e la fiancheggiava avrebbe consentito trasbordi.
(63) Si t rallava delle gallerie di Spotorno, Chiaraventi, No li , d i Ma lpasso e Varigott i, di Costatell e, d i San Do nato, di Finale Mar ina, di Caprazoppa, di Samo Spirito e di Vadino; dei pont i di Fi na le, d i Pie t raligure e del Rio Antognana; oltre a l viadotto di Ceriate, nascosto alla vista dal ma re, ma d ista me solo 150 metr i da l litorale, caratterizzato da una sp iaggia abbordabile (64) Cur ioso che eserciw e marina francesi mancassero di questa i nformaz ione.
Gli obiettivi tra Genova e Savona si concentravano a l tratto di costa da Varazze ad Arenzano. Ad es Ldi Voltri si sarebbe sta ti troppo vicini a Genova e ad ovest di Varazze troppo vicini a Savona; inoltre fra Arenzano e Voltri " la popo lazione costiera diventa molto più densa, mentre la strada Litoranea, poco vu lnerabile e fiancheggiante costantemente la ferrovia, per metlerebbe di rim ed iare abbastanza rapidamente per trasbordo ad una interruz ione di que sta" . Pertanto, i punti da distrugg ere utilmente venivano indicali nell e gallerie di Fossa della Motta e di Rio Finale dove, minando all'imboccatura le opere d ' arte, s i sarebbe ragg iu nto contemporaneamente il risultalo di far sal tar e anche la strada che passava appunto sopra tali imboccature - e in altre opere e punti della ferrovia, sce lti in modo da rendere più difficoltoso un tra sbordo (65) Anche per le azioni da compie r e s u questo trat to di ferrovia si suggerivano due az ioni contemporanee, allo scopo di guadagnar tempo, una su l versante di Voltri ed una su quello di Varazze: i due g ruppi di guastatori avrebbero poi dovuto muoversi l'uno verso l'altro, compiendo altre distruzioni nel setLOre centrale della zona interessata a tutta que st a parte dell'operazione. ·
Tra Genova e La Spezia, pur concentrandosi sul tratto NerviBonassola ("ad ovest di Nervi si sarebbe troppo vicini a Genova, ad est di Bonassola troppo vicini a La Spezia") era possibile rintracciare bersagli importanti nei viadotti e nelle gallerie vicine al mare (Gropa ll o, Bogliasco, Sori, Zoagli, ecc.). Particolarmente utile sarebbe risultata la distruzione delle opere fe rroviarie in prossimità di Sori-San Rocco ("perchè la d eviaz ione della ferrovia non sembra poss i bi le, e la differenza di li vello dalla ferrovia a ll a strada rende difficile un tras bordo"), del viadotto di Recco (dove però occorreva fare attenzione al semaforo cli Portofino), del ponte sul tor rent e Cavi ("la g rande strada, fino a questo punto cost iera, lascia il litorale a Sestri Levante, e penetra nell' in terno a partire da Riva Trigoso, rimanendovi fino a La Spezia Interruzioni della ferrovia al di là d i questo punto acquistano un'importan za cons iderevole, perchè non è più possibile il tra sbordo per strada: i trasporti si opererebbero quindi per l'interno, e forzatameme con una grande lente zza") Assai positiva ai fini degli attaccanti sarebbe risultata poi una in terruzio ne della ferrovia tra Levante e La Spezia, perchè da Leva nte a Genova vi era una carrozzabile alternativa a quella litoranea e quindi il danno sarebbe stato risentito meno dalle truppe dir elte ad ovest che nel caso si fosse prodotta una interruz ione più ad est, ma la vicinanza della base naval e di La Spez ia rendeva un'operazione de l
(65) Si 1ra u ava, i n panico lare, di un gruppo di opere assai vicine I ra loro (Tunne l d'ln · vrea e del Forno e pon te d i Pa r t ig li olo), oltre che dei ponti su ll' Arrestra e su l La i rone, de l via dolio di Romaro e delle galler ie di Torretta.
genere con cep ibile solo di nott e , e in modo che di giorno si potesse evitare di mostrarsi nel golfo di Genova, per cui pareva da accantonare. Erano e scluse assolutamente altre op er azioni più vicine a La Spezia, ed anche quelle che s i foss e deciso di te ntare sulla ferrovia li gure orientale erano improntate ad una certa prudenza; gli incursori avrebber o dovuto esse r e messi a te rra per minar e g li obiettivi più occidentali, mentre gli altri av rebbe r o dovuto esse re attacca ti sol o con le artigl ierie di bordo, se il mare fosse ri masto libero, sfrutta nd o gli alti fondali che co nse n tivano alle navi di avvicinarsi mol to a terra (66).
Se s i paragonano queste istruzioni per una serie di colpi di mano contro le ferrovie ligur i co n quelle che erano state redatte nel 1888 per gli avvisi Papin e lnconstant (67) si ril eva che gli obi ettivi non mutano molto, ma che nel 1895 sono assai più precisati . P er l'ardita operazione sembrano prevalere, sp ecialmente nello studio più recente, considerazioni di prudenza, anzi chè manifestaz ioni di spavalderia . L 'attacco in pro gram ma rien tra nel quadro di una st rateg ia ge neral e all'inizio del conflitto, non tanto attribuibile ai comandi navali quanto allo S.M. dell'esercito, che chiedeva la collaborazione della flotta per ritard a re il più possibile l'arriv o s ulla fron tiera di imp orta nti contingenti di uomini mobilitati.
Anche nella relazione dell'addetto navale francese a Roma sulle manovre italiane del 1897 vi erano cenni su llo stesso probl e ma. Più in par tico la r e, cons tat ato un apprezzabile miglioramento nell'azione delle truppe italiane tra Genova e La Spezia, l'estenso re rilevava che la ferrovia GenovaLivorno ri s ultava abbastanza protetta all'ini z io dell a g uerra , fino a quando la flotta italiana fosse rima sta intatta nella vicina base di L a Spezia e fino a quando, di cons egu en za, fosse stato possibile assicurare un servi zio di protezione notturna della costa con torpedinier e. Ma se la squadra italiana fosse stat a di str utta, non si sareb be più potuto proteggere le ferrovie costiere e , in genere, il lito rale , che sa rebbe stato alla mercè de l nemico che avesse con servato la propria flotta dopo aver distrutto qu ell a italian a . In tal caso an che l'oppo s izion e ad un a invasione dal mare avrebbe dovuto es ser con dotta dall 'esercito nell'interno e, soprattutto, le forze d i terra avrebbero dovuto es se re dislocate, in chiave difensiv a, a prot ezione delle zone che gravitavano s ul mar e e non avrebbero potuto essere imp iegate come massa di manovra alla frontiera (68)
(66) Cfr "Opération s comre l e voies ferrées, ecc.", manoscritto cit., p. 12, A MF, BB 7, 123, i.
(67) Vedi GA BRI ELE, Le Convenzioni, ecc., cit., appen dice I , pp. 415 17.
(68) Rapp0no sulle manovre italiane del 1897 dell 'addetto navale francese a Roma al ministro della M ar ina, n . 393 del IO luglio 1898, AMF, BB 7, 86, d .
UNA POLITICA NAVALE ARTICOLATA
7. 11 dramma di esiste re. 8. La politica della flotta. 9. La marina mercantile. IO. La propaganda marinara. 11. Uomini della marina nella politica estera.
7. L'età dell'imperialismo economico, coloniale e po litico raggiungeva nell'ultimo scorcio del secolo il momento più concitato, forse, nella gara tra le Potenze. L'Italia se ne era resa ben conto quando si era vista portar via, nel 1881, la vicina Tunisia dalla Francia. La lezione era stata assai amara perchè sulla Tunisia, da molto tempo, si era fatto affidamento come un complemento naturale dello stato italiano, come la prima colonia alla quale la nuova nazione avrebbe teso, sia per la vicinanza geografica che per g li evidenti vantaggi strategici, sia per gli interessi economici già affermati che per la presenza di gruppi importanti di emigrati italiani. Il governo di Roma, solo, debole, spaventato, si era rifugiato in una politica estera di blocco europeo, insieme alle grandi Potenze dell'Europa centrale; in più, aveva cercato di accattivarsi l'amicizia di Londra. Ma gli obiettivi dell'Italia e dei suoi alleati non coincidevano L'una, giunta per ultima tra le Potenze che ambivano ad un qualche protagonismo, si proponeva politiche nuove ed espansive, nel Mediterraneo e nel mondo, che non potevano essere attuate senza modificare la situazione esistente a proprio vantaggio . Gli altri avevano di mira invece, prima di tutto, la conservazione di equilibri già definiti e considerat i favorevo li e convenienti: la Germania era il paese egemone dell'Europa continentale, le sue frontiere comprendevano, al di là del Reno, anche l'Alsazia e la Lorena, la sua potenza economica e militare appa ri va determinante sul continente, la sua influenza in politica estera era ta le da poter influire nell'indirizzare oltremare il rinnovato bellicismo e la frustrata sete di grandezza di Par igi, co me pure nell'indirizzare verso l'Oriente le capacità di espansione e la volontà di affermazione di San Pietroburgo. Certo, vi era differenza tra i programmi della Germania di Bismarck e quelli dell'Austria-Ungheria: al soddisfatto desiderio di conservazione ed a l controllo dell'Europa che Berlino voleva garantirsi, Vienna poteva opporre le proprie ambizioni ad una espansione nei Balcani. Ma anche il soddisfacimento di queste aspirazioni poteva rientrare in una linea comune accettabile ad entrambi, purchè i passi verso sud della duplice Monarch ia fossero stati compiuti con la dovuta cautela, al momento giusto, senza gravi complicazioni internazionali.
Inconci liabili i nvece apparivano i programmi di Roma , quelli manife sti e que ll i che si potevano indovinare. L'idea che il possesso d i tutta la co sta occidenta le dell'Adriatico autorizzasse l 'Italia a cons iderare le gittima la propria pretesa di controllare il più possibile questo mare e soprattutto iI passaggio che lo co ll egava al Medi terraneo, non poteva ri u scire g r adito agli Austriaci. Nè, come si è vis to, ess i potevano sentirsi lusingati dall'altro programma a l ternativo che di quando in quando s i accarezzava a Roma, vale a dire di ottene re senza combattere al t re t erre "irredente" che facevano parte del territorio nazionale cie li ' Austria Ungheria, a mò di "compenso" a fronte dell'acquisto di provincie balcaniche da pane di Vienna, che nei Balcani appunto cercava a sua volta un compenso per le diminuzioni subite in I ta li a in segui t o ad almeno tre guerre in una so la generazione. Si aggiungano a tutto qu esto le riva lità comme rciali per l'altività de l Lloyd austriaco e del porto di Trieste (1), la costa n te concorrenza ne l Levante e in Oriente, dove con stazioni navali che denunciavano nuove p retese imperia li stiche da parte del governo di Roma ai danni della Turchia, dove con insediament i e con progetti di insediamenti su ll e grandi rotte mar ittime (2).
Già in altra occasione si è parlato, a proposito de ll a fallita speranza italiana di metter piede in Tunisia nel 1864, dell'altro grande problema strateg ico -maritlimo che il Regno d'Ita li a dovette affrontare, da l momento dell'unificazione: quello d e l canale di Sicilia (3). Il possesso di entrambe le sponde di questo passaggio avrebbe offerto all'Italia prospettive estremamente suggestive nel Mediterraneo, quanto meno nel lungo periodo. Ma questo lo avevano capito anche altri, e sopratt utt o l 'Ammiragliato in g lese, che aveva preferito vedere s u Tunisi il trico lo re francese che que ll o ita liano. Restava Tripo li, con la sua regione e la C ir ena ica, come obiettivo da raggiungere nell'Africa de l nord; ma era proprio su lla strada di questa conquista che g li alleati della Tripli ce non erano disponibili a seguire l ' Italia: la lunga ed inutile d iatriba s ull'in terpretazione delle azioni coperte dall'al lean za lo aveva chiarito senza poss i bilità di equivoci . Gli Italiani non
(1) F. BABUD I ERI, L'industria armatoriale di Trieste e della reg ione giulia dal 18 15 al 1918, ci t. , r ipona , a p. 141, nota (2) u na s tatistica, dalla qua le emerge che i l Lloyd au st r iaco in base a i dati della "Hansa" occupava nel 1903 i l dod ices imo posto tra le compag n ie mondiali, con 180.295 ts l a fronte della Nav igazione Generale ital iana che, con 189.000 1sl , Io precedeva di un posto; ma secondo le s tati s\ iche de l Llo yd ne l 1903 la floua di ques ta compagnia era cost i tuita da 192.954 ts l, ed avrebbe dovuto occupare i l decimo posto
(2) È il caso di A ssab e i n genere dell'Africa orienta le. Quanto ai proge tt i, è cu ri oso come gli I ta liani ponessero l'attenzione, in più di una occasione, s u pu nti che avevano forma t o oggcuo, in precedenza, di in izia tiv e au st riache : così per le iso le N icobare, per il l it ora le soma lo e per quello d i Borneo. Cfr F. BABUDIERI, Trieste e gli interessi austriaci in Asia nei secoli XVIII e XIX, Padova 1966, pp . 94-108; G . FR ! Ze M. GABRIELE, Lajloua comestrwnento di politica nei primi decenni dello Srato un itario italiano, Roma 1973, pp 205 -62.
(3) Vedi M. GABRIELE, La politica na vale italiana dall'Unitò alla l'igilia di Lissa, Mi la no I 958 , pp. 367 474; FRIZ e GABRIELE, La fio/la come strumento, ecc., ci t. , pp. 115-45.
pensassero di poter essere sostenuti in un'avventura co loniale che rischiasse di complicarsi in conflitto europeo: tutt'al più si poteva garantire loro la soprav vivenza, come effetto finale di una lotta nella quale la sconfitta italiana fosse compensata dalla vittoria tede sca Anche l'Austria, quando indicava indiretta mente Tripoli all'Italia come il compenso da ricercare fuori dell'Adriatico, lontano dai confini veneti, a fronte delle proprie avanzate nei Balcani, non accompagnava mai tali indicazioni con una disponibilità diretta e vicina nel tempo per atti concreti militari o diplomatici che fossero in favore di Roma. E, naturalmente, persisteva, risolutiva, l'opposizione francese.
Nè era possibi le sperare in un deciso àppoggio britannico per risolvere positivamente la situazione italiana nel Mediterraneo centrale ed acquisire Tripoli. Si è visto che la politica londinese rifuggiva da ogni impegno troppo cogente e, in particolare, da un accordo militare che trasferisse alla natta inglese del Mediterraneo compiti gravosi inerenti alla sicurezza di un altro paese. Di copertura ad un'operazione contro Tripoli non era neppure il caso di parlare, anche perchè il governo inglese non aveva alcun interesse a turbare uno status quo che concedeva alla Gran Bretagna una posizione particolarmente forte nel Mediterraneo, da utilizzare in funzione della propria politica mondiale.
Inoltre , fin dai primi giorni di esistenza dello staro unitario, l'Italia aveva assunto, nel Levante nei rigua_rdi della Turchia e della Grecia, atteggiamenti che rivelavano di sovente l'ambizione o la pretesa di condurre co l piglio della grande potenza i rapporti con questi paesi. Ciò, naturalm ente, compl icava le cose ulteriormente, nè le rendevano più facili gli impegni che il governo di Roma aveva stimato necessario assumersi in mari lontani, nelle Amer ic h e, in Asia, in Africa, per mostrare la bandiera, sostenere le colonie dei compatrioti emigrati e partecipare a talune operazion i e presenze internazionali (4l.
La verità è che il Regno d'Italia dovette essere sub it o~ malgrado le sue debolezze strutturali e l' inadegua tezza degli strumenti di cui si trovò a disporre, e che, dati i tempi, essere s ignificava inserirsi nella logica dell'imperialismo (5), cercare di qualificarsi a livello di media potenza, perseguire
(4) Cfr GABRJELE , La politica navale, ecc., cii., pp. 315-66 e 475-500; FRIZ e GABRIELE, La floua come s1rume1110, ecc. , cii., pp. 87-1 14 e 207 98.
(5) Non è fo rse male richiamare a ques to propos ito , nella l oro crudezza, le parole con cui Gladstone delineava nel 1877 la nuova concez ion e imperialistica della G r an Bretagna: "Il no s t ro primo cant iere in Egitto, sorga esso per furto o per acq u isto, sa r à l' embrione di un Im pe· r o afr icano che crescerà s enza posa finchè non avremo congiunto le mani di là dall'equatore col Natal e con la Città del Capo, men t re pOLremo inghio t t ire come facili bocconi lungo la via Sta t i lib er i come quello dell'Orange e del Trans vaal, nonchè dcli' Abissin.ia e dello Za nzibar". Nè dall'altra parte dell a Manica si era stati più modesti, chè fin dal 1868, nella sua France nouvelle, Prévos1 Paradol aveva s cr iuo: "Possa venir presto i l giorno nel quale i nostri conci 1Ladin i,
fini e politiche pericolosi. Solo se si accettano questi concetti è possibile comprendere la politica di Roma, pragmatica e visionaria ad un tempo, talvolta istericamente preoccupata della propria sicurezza, talvolta oscillante nella posizione di chi non avendola vorrebbe condurre una politica di forza.
Che questa oggettivamente mancasse, al di là di ogni esageraz ion e, non c'è dubbio. La situazione geografica che si era determinata nel Mediterraneo con o senza Tripoli è chiaramente espressa nelle proposizioni che seguono, scritte venti o trent'anni più tardi da uno dei migliori analisti della nostra cond izione navale: "La Sicilia è la posizione fondamentale del nostro sistema strategico mediterraneo: domina i passaggi tra il bacino orientale e quello occidentale . .. La Sicilia, per essere molto vicina alla Tunisia e a Malta, è natura lmente ad un tempo minacciante e minacciata: per questo, affinchè costituisca nel suo complesso una poderosa base offensiva, deve essere resa imprendibile" (6), E tale certamente non era, anche se ne l corso degli anni qualche cosa si era cercato di fare, tanto che dal concetto della ritirata de ll e truppe di presidio dentro il ridotto di Castrogiovanni per resistervi data la scontata impossibilità di difendere le coste, che era stata
troppo rinserrati nella nostra Francia africana, st rariperanno nel Marocco e nella Tunisia, e fonderanno finalm ente quell'Impero mediterraneo che non sarà so ltanto una soddisfazione per il n ostro orgoglio, ma sarà anche certamente, nella fuwra s i tuaz ion e mondiale, l'ultima ri sorsa de ll a nostra grandezza" (cfr P. SILVA, Figure e momenti di storia italiana, Milano 1939, p 397); con tono altrettanto ispirato, Economiste Français r ibadiva nel 1884, a proposito deile possibilità offerte potenzia lmente da Biserta e dell'opportunità di sfruttarle a fondo , l'in citame n to con le stesse parole: "Fondiamo quell'Impero mediterraneo che sarà non sol ta nto una soddisfazione per il nostro orgoglio, ma anche certamente, nello stato futuro de l mondo, il più sicuro capo saldo della n ostra grandezza" (cfr GABRIELE, Le convenzioni, ecc., cit., p 20.
(6) G. FIORA VANZO, Geografia e strategia, in "Atti del XVI Congresso geografico italiano Padova Venezia 20-25 aprile 1954", Faenza 1956, p. 820; ID., Storia del pensiero tauici,-navale, Roma 1973, p. 2.68. Fin dal pri mo dopoguerra l'autore aveva accompagnato queste affermazioni con la seguente previsione: "La futura storia ripeterà con un ricorso fata le le vicende della guerra tra Roma e Cartagine per il dominio del Mediter raneo. Perduta la Si cilia, è per du t a la guer ra: non ritengo esagerata ques ta mia affermazione" Pera ltro , le affe r mazioni riportate nel testo e in nota , vanno interpretat e al la luce di quanto scriveva un altr o specialista di problem i militari mar ittimi, O. DI GIAMBERARDINO, ne L'arte della guerra in mare, .z• ediz. Roma 1938, p. 100: " :quando si par la di sbarramento a mare, per esempio come quello che potrebbe compiere l'Ital ia a s ud della Sici lia, per controllare il passaggio dal Mediterraneo occidentale a quello orientale, molti danno alla paro la 'sbarramento' un valore let terale assol uto, mentre essa significa nient'al tro che una relati va faci l ità di vigilanza, la qua le può essere integra ta da corri s pondente tempestività d'intervento di forze pronte in basi si tuate su lle sponde del passaggio. In conseguenza il nemico può tentare l'attraversamento, di giorno con forze superiori a quelle dislocate a protezione, e d i notte sottostando a quasi sicuri e continu i attacch i di si l uranti".
la filosofia militare prevalente nel secolo XIX si sarebbe passati al concetto della difesa mobile dell'isola, facendo perno sv Messina, all'inizio del nuovo secolo (7).
Strumento primario per condurre la politica estera, per assicurare presenze e mostrar la bandiera in ogni punto del globo, per sostenere imprese coloniali in terre lontane, e insieme strumento primario di difesa, in un periodo nel quale la minaccia per il paese veniva dal mare, la marina militare italiana si trovò dinanzi ad una serie di compiti difficili. E anch'essa, come il paese che serviva, dovette essere subito, improvvissandosi all'altezza dei problemi che le si proponevano, spesso tutti insieme e con un grado elevatissimo di urgenza. Alle spalle, questa marina non aveva molto: uno Stato debole, appena formato, predestinato a pagare ogni giorno lo scotto della distanza pesante che v'era tra le sue velleità e le possibilità reali. Non poteva cercare appoggio nella marina mercantile, travolta per lunghi anni da una grave crisi, dopo l'unificazione, ed afflitta da ritardi storici anche dal punto di vi sta tecnologico (8). Nè vi erano le tradizioni a sostenerla, chè i ricordi lontani delle repubbliche marinare - o quelli, più remoti ancora, degli ammiragli romani apparivano assai gravemente offuscati dal vicino e bru ciante ricordo dell'unica volta in cui la marina italiana, a Lissa, aveva affrontato il nel\lico. E l'Italia, con le sue grandi città sul mare aperte all'offesa avversaria, con le sue lunghe coste senza protezione, rappresentava in sè un problema strategico insolubile e assurdo, nel quadro di un'alleanza continentale dapprima statica e poi, quando nell'ultimo decennio del secolo le aspirazioni di Berlino alla conduzione di una politica mondiale rimisero in moto equilibri è schieramenti, anche pericolosa.
In tale situazione, la marina militare italiana si mosse ad occhi aperti. Ebbe, per sua fortuna, uomini di primo piano che la guidarono con energia ed equilibrio ed influirono sugli orientamenti generali del paese.
8. La politica della flotta si rivelò come elemento fondamentale e complesso, sia nei confronti della sicurezza nazionale che della realizzazione di adeguati strumenti industriali. Già orientata, fin dagli ultimi tempi della Destra, verso costruzioni navali di grandi dimensioni, la nuova filosofia
(7) Rapporto n. 73, s.d. (ma deve trattarsi della primavera: maggio?) 1902, dell'addetto navale francese a Roma al ministro della Marina, AMF, BB 7, 156, D. L'ufficiale probabilmente il CV Davin -r iteneva Messina inattaccabile dal nord, e non mancava di far rilevare che dalla Sici lia occidentale si sarebbe fatto presto a sbarcare un corpo di truppe in Tun isia.
(8) Cfr Commissione parlamentare d 'inchiesta sulle condizioni della marina mercantile, Atti, 7 voli. , Roma 1883 (Commissione BoseUi); Commissione parlamentare d'inchiesta sui servizi mariltimi, Atti, 3 voli., Roma 1906. Vedi, per i dati relativi alla notta a vela ed a propulsione meccanica, ISTAT, Sommario di statis1iche storiche 1861-1955, Roma 1958, p. 138.
della marina liquidate le navi di Lissa (9) parve riassumersi nella sfida che i progettisti italiani lanciarono con la realizzazione della "Caio Duilio" (10) La nave era stata costruita tra giudizi scettici e perplessità non mancò chi previde che s i sarebbe rovesciata al varo O i ) che contribuirono, per contraccolpo, a talune esa gerazioni straniere circa il valore militare dell'unità (12). Il progetto era stato impostato e condotto a termine cercand o di tradurre in chiave operativa rea lizzand o un a corazzata più veloce e più potente di quelle esistenti le indicazioni enunciate a suo tempo dal Saint Bon e dal Consiglio superiore della marina, che individuavano l'effetto risolutivo malgrado l 'o pposta esperienza di Lissa nell'impiego delle artiglierie di grosso calibro. L'impostazione strategica affidava alla squadra da battaglia la difesa delle coste, da attuarsi in maniera elastica attraverso interventi distruttivi condotti con la massima rapidità e con la massima poten za di fuoco consentita dallo stato dell'arte.
In un periodo di trasformazione dell'economia nazionale, che da essenzialmente agricola tendeva a dotarsi di una nuova st ruttura indu strial e, l'adozione di una tale line a comportò a n che l'applicazione di una serie di azioni promozionali, fondate sulla manovra della domanda pubblica di set tore. I programmi navali, infatti, ollre che dei dati militari, tecnic i, econo mici, commerciali e politici direttamente connessi all' imp iego dell'unità, tennero conto anche dell'obiettivo di far nascere nel paese una moderna industria, capace di produrre la corazzatura difensiva ed i mezzi principali di offe sa Per raggiungere tali fini, si adottarono anch e mis ure protezionisti che, come era probabilmente inevitabile nella s ituazion e del tempo. D'altra parte, se è vero che queste politiche di pro tezione comportano spesso conseguenze negative in ordine ai costi dei prodotti protetti e ad altri aspetti che penaliz za no la concorrenza è anche vero che se uno Stato ha veramen te bisogno della marina, deve essere capace di costruirsela {13).
(9) Il mini st ro Saint Bon presentò un apposito provvedimento in Parlamento nel dicembre 1873 e riu scì a farlo approvare dopo lunghe e dure polemiche, nel dicembre 1875. Cfr E. PRASCA, L'ammiraglio Simone de Sain1 8011, Rom a-Tori no 1906, p. 103; G. COLLIVA, Uomini e navi nella s1oria della Marina mi/ilare italiana, Milano 1972, pp. 44-46.
(10) Vedi G. GIORGERINI e A. NANI , le navi di linea italiane, 3• edizione, Roma 1969, pp. 165-74.
(11) L'ingegnere navale britannico E.F. Reed. 0 Per la polemi ca co n l'i s pe11ore del ge nio navale F . Mall e i, ibidem, pp. 161 -64.
(12) La relazione francese al bilancio della marina 1879 la definiva come "la più forte macchina da guerra che l 'a rte navale abbia creato", e il se Ratore americano Bonjean giunse a'cl affermare in a ss emblea: " La so la Duilio della marina italiana potrebbe distruggere 1u1 ta la nost ra flo t ta". Vedi anche B. BRJN, La nostra marina 111i/i1are, Roma 188 1, pp. 11 15; M. GABRIELE, Lo strumento della legge navale nello sviluppo della politica mariuima dall'U11i1à d'Italia in poi, Roma 1975, pp. 21 -22.
(13) Il 2 giugno 1860, rispondendo alla Camera al deputato Pareto, che aveva avanzato una interpellanza pe r conoscere lo s tato del le cose della Marina, il Cavo ur affermò, tra l 'ahro: "lamento una grandiss im a lacuna nell'industria del no s tro paese; noi non abbiamo ancora alcuno sta bilimento che si s ia dedicato alla costruzione di navi in ferro. Ques1a, ripeto, è una lacuna gravissima sia per il gov erno, ove venissero ad introdursi le navi corazza le, si a per l'indu
Dopo la paren tesi 1880 1883 in cui il ministero della Marina fu retto da Ferdinando Acton, favorevo le all'indirizzo opposto sostenuto dalla " Jeune École" (14) la medesima politica di costruzione di grandi unità co razzate fu rilanciata, col ritorno d el Brin, e furono completate le operazio11Ì già impostate in precedenza per il rafforzamento dell'industria pesante e di qu e lla d egli armamenti (15). Così la Terni venne a co st ituire "la prima pietra dell ' edificio siderurgico italiano con una impresa di tipo moderno" (16) , mentre anche la fabbrica di cannoni Armstrong di Pozzuoli, il silurificio di Venezia, gli stabilimenti mecc a ni ci Ansald o di Sampierdarena e Guppy d i Napoli venivano sosten uti con commesse d e lla Marina; a nalog a mente l'apparato cantieristico del paese n e usciva rafforzato, sia per lo svi lu ppo delle attività s iderurgiche e m eccanic h e in genere, sia per il beneficio diretto che i cantieri navali rica vav ano dalle costruzioni militari, c h e in varie occasioni valsero a soll eva r e talune aziende da congiunture critiche. Il miglioramento
sLria pr i vala, la quale è sempre costretta a ricorrere all'estero, tanto per la costruzione, q uant o per le rip arazio ni dej ballelli in ferro. Il gove rno desidera mol t o di poter favor ire questa indu s tr ia e vede r modo d'introdurla ne l nosLro paese; e per qua nco io non sia fautore del sis tema pro tezionista, per quanto io s ia disposto a mantenere, ad eccitare anzi la con correnza fra le fabbriche i nt erne e le es te re , tut tavia io c re der e i che, se vi fosse mezzo d'introdurre nel nostro paese que sta indust r ia delle cost ruzioni na val i in ferro, sareb be il caso non di accordare privileg i, ma di veder modo di secondare gli sfo rzi di quei cap i talis t i, i quali ve n issero a sta bilirsi fra noi " Anche da queste dichiaraz ion i gli uomini della s ini s t ra traev ano sostegno a ll a loro politica.
(1 4) In Francia i l su o più auto revole esponente, l'ammiraglio H .L. T Aube, accet tan d o · da ministro dell a Mar ina una riduzione su i fond i per l e cos tru zioni navali, nel 1886 , si tirò ad dosso una serie d i cri t i c he aspre, s pec ie da quegli ambienti naval i che rit e nevano l a nuova strategi a troppo d ifensiv a e destinata a r ivelarsi perdente nei confron t i della marina britanni ca In llalia Ferd inand o Acton, mini s tro d e lla Mar in a dal n ovembre 1879 al novemb r e 1883, sosteneva c he s i dovesse dar l a preferenza ad unità più picco le e manovri e r e, anche se b e n pro tet te con co r azze, co nv i nw che questo tipo di navi sarebbe stat o pi ù u t ile per la difesa della l unghi ssi ma linea d e ll e cos te i ta liane. Di qui le pol e miche con i l Saint Bon ed i l Br in, che pub blicarono, con rife r imento a ll a discussione i n att o , rispettivamente, La quest io , ie delle navi (Torino 1881) e La n os 1ra marina mi/ilare, cit. Cfr la voce Acton Ferdinando di R. BER NO TTI , i n Dizionario Biografico degli Ita l iani ( d' o ra in poi ind icalO con D.B.I.) , 1, Roma I960 , p. 205 , dove è r ipor tata una bib liografi a. Vedi anche GABRI ELE, Le convenzioni na vali, ecc., cit., pp. l 9-20.
(15) Ta le o pe razio ne secondo E. GUAITA, Alle origini del capitalismo industriale ita liano: la nasc ila della Temi, in "St udi sw rici", Xl ( I 970) , p. 309 fu "la diretta ri s u ltante d i una pre ci sa volontà poli ti ca del governo e dello Stato di porre in mani considera te sicure e fidate la nascente industr ia bell ica nazionale". Rico rda A. CA P ONE, nella voce Brin Be11e detro , D.B.I. , XIV, Roma 1972 , p. 3 13, che l'intervento prp tez ionist i co "se dava allo Stato la pos s ibilità di usufruire pienamente della di s pon i bilit à di vasti set t ori dell'industria privata , determinava pç,i a sua volta un processo di concentrazione ca pitali sti ca imp erniato intorno a q ues ti setto ri indust rial i"
(16) R. ROMEO, Aspetri s toric i dello sviluppo della grande impresa in l l alia, in "St0ria contemporanea", I ( I970), p. 8. Fino ad a ll ora le corazze erano s ta te fornite dalJ'industria estera, generalmente francese , A BOZZONI , Marina mi/ilare e cos1ruzio11i navali, in Cin quanl'anni di sloria ilaliana, Roma 191 I, I , p 49.
della qualità dei prodotti trovò conferma in una serie di esportazioni di na vi da gue rra che fruttarono, nell'ultimo lustro del sec. XIX, circa 100 mi lioni di valuta aurea (17).
Le vedute del Brin e del Saint Bon si integrarono abbastanza armoni camente malgrado lè crescenti difficoltà di carattere interno ed internazio nale che caratterizzarono il decennio di fine secolo con quelle del Bettolo, che successe loro al ministero d ella Ma rin a . Due punti erano ben chiari alla mente del Bettolo ed entrambi rappresentavano un progresso e una in t egrazione della filosofia di fo ndo che era sta t a applicata allo svi l uppo navale italiano. II primo rigua rdava il campo strettamente operativo, nel quale doveva trovar posto per un largo impi ego, a fianco deJle maggiori unità dotate di grosse art iglierie , il naviglio silurante: in un certo senso, questa visione più moderna consentiva di superare anche le vecchie polemiche in un quadro t attico e strategico più completo (18). Il secondo concerneva i rapporti più generali che occorreva ri conoscere tra lo sviluppo della marina militare e di quella mercantile, per la costruzione di un "potere marittimo" g lobale, capace di tener conto di ogni elemento di forza e di debolezza e, quindi, di esprimersi in maniera ottimale nelle politiche dello Stato.
Non si può trascurar di ricordare come durante tutto il per iodo in esame, strumento fondamentale siano state organiche leggi navali: Nella necessità di dislocare le spese per le costruz ioni su un ampio arco di tempo, sia per ovviare a problemi di bilancio, sia per definire un programma coe rente di rinnovo e di potenziamento della flotta, si era sempre cercato nella marina italiana di disegnare in anticipo piani poliennali di costruzioni.
Nel 1877, il ministro Saint Bon ottenne il consenso del Parlamento su una legge navale globale, che prevedeva un organico di 72 unità ( 19) da rag giungersi in 10 a nni , con una spesa ordinaria di 126 milioni ed una straordinaria di 20. Benchè fossero prev iste so lo due nuove grandi unità da batta glia, tutta una serie di rinnovi e di ammodernamenti consentiva di definire importante questa legge, partendo d a lla quale l'Italia raggiunse nei succes sivi decenni posizioni di tutto rispetto nel campo na vale . La sua realizzazion e compor tò in 10 anni l 'impostazione di 7 cor a zzate contro le 8 previste
(17) V.D. FLORE, L'industria dei trasporti marillimi in /rafia, 11 , Roma 1970, p. 306; B D .I., Brin Benede110, cit., p. 317.
(18) B.D I. , Berto/o Giovanni, IX, Roma 1967, pp. 768 70. L'autore della voce, R. GUEZE, r icorda che il Bettola fece costruire un a c lasse di cora zzate piccole e vel oc i ("V i tcorio Emanue le", "Reg ina Elena", "Roma" , "Napoli") che nel quadro po lic ico militare della Tri .pl ice e r a n o stale coslruitc con il "cr i1erio d i avere navi più forti degli incrocia1ori corazzati e più ve loc i delle corazzate francesi e in gles i, in modo da po ter acce1tare o rifiutare, secondo le even ienze, il comballimento" (p. 769).
(19) Di cu i 16 di t • classe, 10 di 2• classe e 20 di 3 a classe, oltre a 14 navi onerarie e suss idiarie ed a 12 des1ina1e ad im piegh i loca li.
in partenza, di 8 navi di seconda classe contro le 4 programmate, d i 15 unità di terza classe invece di J2, di due trasporti in luogo di uno, di 127 torpediniere a fronte d i un numero mollo minore indicato inizialmente. L'esperienza dimostrava la val idità e, nello stesso tempo, l'elasticità del prog r amma. li ministro Brin fu quindi incoraggiato a presentare, il 30 maggio 1887, una nuova importante legge navale che modificava il quadro del navig l io fissa t o nel 1877 (20), con una spesa straord i naria di 85 milioni in nove anni. Fu questa l'ult i ma importante legge nava le i tal iana de l secolo XIX, che consentì l'impos tazione e la realizzazione di nuovi tipi di unità militari che abbracciavano tutte le categorie di naviglio, dalle grandi navi di linea come i tipi "Filiberto" e "Regina Margherita" agli incrociatori co razzati come i tipi "Marco Polo", "Veuor Pisani" e "Garibaldi" alle si l uranti ed al naviglio ausilia r io. Pe r le navi maggiori, la tendenza generale era diretta al rafforzamento della corazzatura ed all'aumen to della veloci tà. Sebbene l'Ita l ia si trovasse ad attraversare, subito dopo l'approvazione della legge navale del 1887, una crisi economica pesante tanto che le s pese per la marina diminuirono in lir e costanti fino all'esercizio 1895-96 la flotta italiana venne valutata, tra i primi anni '90 e l'apertura de l canale di K ie l (1895), come la terza del mondo (21l.
Dal punto di vista organizzativo imerno, occorre ricordare che nel 1885 fu ist i tuito l'ufficio di S M., che col passare de l tempo era destinato ad assumere sempre maggiore importanza, benchè all'inizio fosse stato concep i to q uasi solo come un ufficio studi, con un totale di 13 ufficiali adde t ti, che due anni dopo sc endevano a 7 Intorno al 1890, tuttavia, la funzione di questo ufficio prese gradualmente ad essere più significativa, finchè ne l 1893, nel quadro di una nuova riforma, lo S.M. fu separato da l Gabinetto con cui aveva conv issuto ed "aggregato" al segretariato generale, nuovamente istituito e retto dal sottosegreta rio (22) Fin da questa prima fase l'uffic i o di S . M. ebbe certamente una funzione di preparazione notevole e ad alto livello, visto che da esso uscirono successivamente ministr i e massim i esponenti de lle ge r archie marittime .
La p rima fo rmazione dei q u adri ufficiali fu affidata ali' Accademia d i Livorno. Al momento dell'unificaz ione due scuole d i marina, a Napoli ed a Genova, avevano avuto il compi to di preparare i giovani uffic iali, ma lo stesso Cavo u r si era reso conto della opportuni tà d i superare ta le dualismo e il Persano, min istro della Marina, aveva proposto già nel 1862 l'istit uzione
{20) Portando lo a 20 unità d i 2• classe , 40 di 3 3 cl.asse, 16 t rasporti, 26 navi pe r impieghi loca li e 190 torped in iere; il numero del le unità maggiori restava i mmu tato.
(21) CfrGABR I ELE, Lostr11111en1odellalegge navale, ecc., ci t , pp 11- 12.
(22) G. GALUPPINl, li Minis1ero della Marina, s u pp lemenw alla "Riv ista Mar ittima" di luglio-agos t o I 970, pp. 13-25.
di una sola Accademia (23) Vi riuscì, dopo molti studi e molte discussioni, il ministro Benedetto Brin, con un ddl presentato nel marzo I 878. Inaugurata il 1° ottobre 1881, l'Accademia raggiunse rapidamente un alto grado di efficienza, che venne perfezionandosi nel tempo, specie dopo la riforma del I 894 attuata con l'anno accademico 1897 98 voluta dal ministro Mo rin, che era stato il sesto comandante dell'Istituto. L'Accademia di Livorno si preoccupava della formazione dei quadri dei giovani ufficiali, in di verse specia lità, ma soprattutto degli ufficjali di vascello, e divenne un organo di selezione e di preparazione di eccezionale valore, che co ntribuì sen za dubbio in maniera efficace all'aumento della cultura generale e specifica deg li ufficiali di marina, fornendo ai giovani alliev i le conoscenze teoriche e pratiche necessarie, oltre alla coscienza di essere partecipi di un ruolo im portante, in un momento di crescita della na zione. C iò diede agli allievi un grande prestigio sociale, che non si esauriva all'interno di un paese l' Italia che si era trovato ad impr ovvisare una moderna mentalità marittima, ma tra eva conforto dai giudizi positivi che venivano dall'estero (24).
9 . ......: Anche la marina mercantile dipendeva dallo stesso dicastero (2 5J, e le relative politiche di settore furono gradualmente articolate tenendo conto, nella misura del possibile, della opportunità di utili zza rle in funzio ne di una concezione globale del potere marittimo. Del resto, fin dall'inizio della vita unitaria era stato chiaro ai responsabili il rapporto costante c h e intercorreva tra marina mi litare e marina mercantile: "La marina militare si affermava neg li Studi per la compilazione di un piano organico della marina italiana eseguiti per ordine del ministro della Marina (26) non solo protegge ed estende il commerc io ove già esiste e ciò col mantenere stazioni
(23) C. PE LLION DI PERSANO, nelle sue Osserva zioni sugli studi sul piano organico della R Marina italiana, Genova 1863 ripubblicato da A. LUM.BROSO, // processo dell'am miraglio Persano, parte li, Documenti edili ed inediti sulla campagna navale di Lissa, Roma 1905, da cui è t ratta la c i taz io ne (p. 106) -r ichiamava, tra l 'altro, "la necess ità di una sola ac cademia navale per g li studi superiori .. . chè, o l tre dei vantagg i che ne ve r rebbero dall'unifor mità d'istruzione, concorrere b be potememente a tog liere ogni d u a lismo" .
(24) Come quello espresso dall'addetto navale a Roma , CV Da vin, al s uo m ini stro nella su a lellera n. 27 (otto bre?) del 1901, AMF, BB 7, b. 156, f.c È ben noto, d'altronde , che l 'Accademia di L ivorno fu sempre molto ricercata per la pre parazione da p'artc di ufficial i di a ltri paesi. Vedi, per notizie, la pubblicazione celebrativa del cinquancenario, AA. VV , La Regia Accademia Navale, Livorno 1931.
(25) Ved i FLORE, ci t., II, pp . 30 34 . A ll a stessa fonte s i è attinto amp iamente per quan to segue in relazion e a ll a marina mercanc ile: ad indicem , ma specialmente alle pp. 164 306, 363 72, 457 8 1, 540 57 e 601 30 .
(26) Torino 1863, p. 20 La pubb licazio ne era stata effelluata i n relazion e a dibatti t i par lamen ta r i che il P ersano aveva do vuto affrontare da ministro, e fu voluta dal s uo s uccessore Menabrea: cfr GABRIELE, La politica navale italiana dall'Unità, ecc ., cit., p. 165.
e crociere in quei mari, nei quali affluiscono i legni mercantili e col servire di esempio e d'istruzione ai naviganti ma stabilisce altresì, col solo presti gio della sua presenza, relazioni mercantili in quei mari ove interessi abitudinari non regnano per anco . Nessuno meglio che la marina da guerra può finalmente raccogliere quei lumi e quei dati che sono necessari al governo per stabilire pratiche, tratta ti e convenzioni cogli altri stati e potenze marittime, i quali dischiudanO'nuove vie d i lucro al commercio nazionale e faci li tino quelle esistenti".
Al momento dell'unificazione, la marina italiana era sostanzialmente a vela (9 .143 unità, per tsl 654.000, a vèla, e 57 unità, pe r I0.000 tsl, a va pore). La flo tt a a vela andò aumentando fino a superare il milione di lsl nel I 876, mentre que lla a vapore cresceva ad un ritmo inadeguato alle esigenze del tempo, sia per la frammentazione delle iniziative armatoriali, sia per difficoltà di natura finanziaria. I cantieri, inoltre, erano specializzati nell e lavorazioni in legno.
Ben presto, una crisi di assestamento si sovrappose a tale stato di cose, aggravando le carenze di fondo. All'interno del nuovo stato unitario siandarono stab il endo nuovi equi libr i tra i vari centri marittimi, in relazione anche ai diversi livelli di sviluppo economico, industriale, imprenditoriale che essi avevano raggiunto nei vecchi stati regionali e provinciali. Questi si erano fondati su economie più ristrette che non quella della nuova formazione statua le unitaria ed avevano condono politiche marittime indipendenti tra loro, ciascuno nei par ametri del proprio immediato orizzonte economico.
Anche la concentrazione delle notte sotto la medesima bandiera diede luogo a conseguenze rilevanti. I processi loca li di evoluzione che si fondavano sulla funzione ricoperta dai singoli centri marinari nei vecc hi st ati subirono modificazioni, arresti, talvolta penalizzazioni gravi per il nuovo tipo di concorrenza che si veniva ad instaurare. La caduta delle fron ti ere interne italiane modifi cò il raggio d'azione dei porti e, in generale, gli scal i maggiori ne risultarono favoriti, a discapito dei minori. E ciò non so lt anto in relazione al volume dei traffici, quanto anche per la qualità e la consistenza della flotta registrala nelle di\1 erse circoscrizioni marittime. La riluttanza ad investire in navi a propulsione meccanica e di stazza maggiore condizionò il ritardato adattamento della marina mercantile italiana alle nuove competizioni marittime. L a consistenza g lobale della flotta diminuì dal 1875 al 1895, poi ritorn ò ad espandersi, ma il lento sviluppo della navigazione a vapo re favorì il prevalere della concorrenza straniera (27)
(27) M. GABRIELE. Lo sviluppo della marina mercan1ile ilaliuna, in "l i Veltro " , IX, 3 (giugno I 965). pp. 327-48.
Nel complesso, prescindendo da considerazion i qualita tive, la marina mercantile i ta li ana si trovava, intorno al 1870, a gareggiare con quella francese per il 3 ° posto nella graduatoria mondiale delle flotte, collocandosi al di sopra di quella tedesca ed austro -u ngarica, che pure la s up erava no come navigl io a vapore; ma gia IO anni dopo la posizione italiana era scaduta al 5° posto, a grande distanza dalla Germania. Una serie di elementi avevano cont ribuito a d eprimere il settore del tra sporto marittimo nazionale: alla cr isi dei noli si aggiungeva la crisi dell'armamento, e quest'ultima travolge va con sè l'industria delle costruzioni navali. G li arma tori, carenti di capita li e di sp iri to associativo, non sostituivano più le navi che andavano fuori mercato e dall'estero non arrivavano più ordini di navi c h e l'evoluzione tecnica aveva ormai superato (28).
La costruzione della rete ferroviaria e il corrispondente dis i mpegno dello S t ato da gran parte delle linee costiere sovvenzionate e bb e l'effetto di sottrarre al trasporto marittimo, fin dall 'inizio, una parte del traffico, an che se poi, in r elazione all 'aumento generale del movimento delle merci cui proprio le ferrovie davano impul so, il cabotaggio potè riprendere fia to e raggiungere, tra il 1888 e il 1892 (con 3,3 e 3,2 milioni di t. trasportate), i propri massimi. Negli anni s uccessiv i , tuttavia, sop rattutto a causa dell'aumentata concorrenzialità della strada ferrata che trovava spinte moltiplica trici nel completamento e n e ll' espansione d e lla rete, s i ve rifi cò un lungo periodo di stas i . Per i passeggeri, poi, la flessione del traffico marittimo in favore di quello terrestre, aveva assunto fin dall'inizio il carattere di un fenomeno storico irreversibile (29)
Ne l traffico internazionale c he faceva capo agli scali italiani, la partecipazione nazionale in term ini di tonnellaggio delle navi arrivate e partite, diminuì dal 35 % del 1865-70 al 24% del 1885 -90. La tariffa doganale protezionist ica del 1887 costituì una svo lta n e lla po litica commerciale ita li ana, moderata solo parzialmen te dai nuovi trattati commerciali con i singoli altri paesi che seguiro no la denuncia gene rali zza ta dei precedenti accord i: e poichè i mercati del centro Europa sostituirono in buona parte que ll i tradizionali francesi, non se n e avvantagg iò la marina mercantile, che conobbe ann i di s tasi, da cui si riprese solo nel decennio di fine secolo.
(28) Ammeuendo che l'intera marina mercan t ile itali ana avesse un valore di 200 milioni cli lire dell'epoca, 130 andavano allribuiti al naviglio a vela, G . RONCAGLI, L ' induslria dei /rasponi mari/limi, in Cinquanl'anni di sio ria ilaliana, cii., p. 27 . E. CORBINO, in relazione a ta le requisito qua litativo, attribuiva alla marina italiana, per il 1877 , una consistenza nominale in termini cli to nnellaggio tale da si cu ar la a l terzo posto della graduator ia mondial e, ma un a quota non superio re a l 50Jo dei cra ffici mo ndiali, S1a1is1ica mari11ima, Napoli 1944, p. 64 .
(29) E CORBINO, Economia e polilica mari1rima, Napo li 1937 (ediz. litog rafa ta), pp 225 34.
Intanto il governo, preoccupato dell'andamento del settore, aveva ac cettato nel giugno 1880 la nomina dj una commissione parlamentare d'inchiesta (commjssione Boselli, dal nome del suo presidente), che nel 1883 consegnò un 'ampia rèlazione sulJe condizioni delle industrie marittime . Dalle analisi della co mmission e prese le mosse una serie di misure articolate che miravano con l'intervento pubblico a rilanciare la marina mercantile e le industrie connesse, alla lu ce anche di considerazioni di natura generale sulla rilevanza diretta e indiretta del settore nel quadro dei fini politici ed economici che guidavano la politica italiana in quegli a nni. Gli effetti che se ne ebbero non furono certamente tutti immediati, nè esenti da critiche, ma tuttavia sempre degni di essere richiamati.
Negli stessi anni in cui si sviluppava l'azione, di cui si è detto, di potenziamento dell'industria side rurgi ca e meccanica collegata alla flotta militare, furono varate misure dirette al sostegno dell'attività cantieristica navale. La legge del 1885 (30) prevedeva un contributo forfettario (vale a dire che teneva co nto del costo di costruzione dello scafo e del motore, avendo come indice di riferimento i prezzi inglesi) di 60 lire a t. lorda per le nuove navi a propulsione meccanica e scafo in ferro; il contributo scendeva a 15 lire per gli scafi di legno a propulsione velica. Qualche anno dopo (31) i contributi salirono a 77 lire per t. lorda per gli scafi in acciaio ed a 17 ,50 per quelli in legno; questi liv elli di sostegno furono riconfermati nel 1896 (32). Mentre la normativa del 1885 aveva dovuto registrare un sostanziale fallimento, le leggi che seguirono ebbero fin troppo successo, tanto che nel 1901 un nuovo provved imento legislativo intervenne ad abbattere il li vello dell'aiuto, ridimensionandolo a 35 lire per t. lorda per gli scafi d'acciaio ed a 13 lire per quelli di legno (33). ln quell'occasione, anche per opera del ministro della Marina Morin, si tentò di limitare il peso che l'indu stria siderurgica aveva avuto fino a que l momento. In ogni caso, è opinione corren te ch e dal 1896 sia decollata la nuova marina mercantile italiana, ed è un fatto che negli ultimi 5 anni del secolo i cantieri navali nazionali anche per le già richiamate esportazioni di nav iglio militare costruirono un tonnellagg io più di 5 volte sup e riore a quello de l periodo 1886-95 (34).
(30) Legge 6 dicembre 1885, n 3547, ser ie 3 3 •
(31) Legge 20 giugno 1889, n. 6230
(32) Legge 23 lu g lio l 896, n. 3 I 8.
(33) Falle sa l ve alcune eccezioni lemporanee legate a situazioni local i particolari, cfr E. CO RBI NO, Il proiezionismo mariuimo in !tedia, Napoli 1920, p. 43.
(34) Analogamente , nei quauro anni tra il l 896 e la fine d el seco lo il lonnellaggio a vapo re s ollo ban diera ital iana aumentò dell'80 0'/o, quando nel precedente decennio ave va a vulo una espansione del SOOJo
Per quanto riguarda l'intervento pubblico in tema di collegamenti marittimi, dopo l'abbandono delle linee costiere divenute superflue in relazione allo sviluppo della rete ferroviaria, nuove convenzioni furono varate nel 1877 con l'obiettivo di assicu r are servizi nazionali più frequenti per le isole maggiori e minori e servizi internazionali di interesse politico ed economico nel Mediterraneo e l'estremo oriente (Tunisi, Tripoli, Smirne, Salonicco, Singapore). Le compagnie di navigazione Rubattino e Florio si aggiudicarono praticamente tutti i servizi: le due compagnie avevano già una collaborazione operativa e commerciale ed acquistarono insieme la Peirano e Danovaro, che esercitava servizi postali.
I tempi sembravano maturi per la creazione di una grande compagnia nazionale. Fu que sta la Navigazione Generale Italiana, risultata dalla fusione della Florio e della Rubattino. La sede centrale della nuova società di navigazione fu portata a Roma, nell'intento di sfuggire alle rivalità regionali che peraltro finirono per veder prevalere negli anni '90 il gruppo ge novese. Ma al di là di questo motivo, ben altri ve ne erano perchè la sede centrale della Navigazione Generale Italiana si.localizzasse nella capitale: la compagnia aveva legami diretti con i ministeri degli Esteri e della Marina, dell'Interno e della Guerra. Essa fu utili zz ata al servizio della politica dello Stato, con riferimento non solo al settore marittimo, e fu strumento prezioso benchè spesso criticato perchè godeva del monopolio dei servizi postali in occas ione delle spedizioni colonià!i come in altri momenti di emergenza.
La creazione della grande compagnia nazionale fu prima di lutto una operazione politica, che nasceva dalla constatazione della utilità di un analogo strumento in altri paesi con i quali occorreva sostenere la concorrenza in Mediter raneo: e in effe tti l'Austria-Ungheria disponeva del Lloyd Aus triaco e la F rancia delle Messaggeries Maritimes. Il fatto poi che le reti di servizi della Florio e della Rubattino, pur gravitando prevalentemente su aree diverse, si intersecassero in varie zone, consentì un assetto più razionale dei servizi, anche se gli oneri conseguenti per lo Stato aumentarono, passa ndo da 7 milioni annui a 9 e poi quasi a 13 (35).
(35) Si osserva, in proposito, che le compagnie Rubattino e Florio avrebbero potu to ben diffièilmente competere, 'iiella loro dimensione aziendale genovese e palermitana, con le g ra n di compagnie nazionali straniere di navigazione. E ciò, probabilmente, se n za nemmeno van caggio per l'erari o, pcrchè po te va riu scire ben agevole t r ova re un acco r do per rego lare in regime di monopolio mascherato lo sfruttamento a due delle risorse che la mano pubblica poteva destinare ai ser vizi marittim i. Riunite insieme nella Navigazione Generale Ital iana, invece, le due socie tà madri assorbirono anche le llocte oceaniche delle compagn ie Raggio e Piaggio, per cui la Navigazione Generale n el 1885 disponeva già d i 105 navi a vapore per Ls l 91.589 ossia ci rca dei quauro quinti della mar ina italiana a propu ls i one meccanica e ne l 1903, come si è già avuto occasione di ricordare , di un tonnellaggio d i I 89 .000 tsl, che la pon eva al decimo po sto nel mondo. Cfr T. GROPALLO, Navi a vapore ed armamenli ilaliani dal 1818 ai giorni nostri (si fe rma in realtà alla prima guerra mondiale), Borgo San Dalmazzo 1948 , p. 142; BABUOIERI, I:. 'industria armatoriale di Trieste, ecc., cii., p. 14 1.
Dopo la nascita della Navigazione Generale Italiana, inoltre, disponibilità di capitale bancario in buona parte di origine straniera, come quello tedesco della Banca Commerciale furono attratte dall'investimento armatoriale, per cui si costituirono in Italia numerose altre compagnie di navigazione moderne e di notevoli dimensioni, come la Veloce (36).
Le nuove convenzioni del 1891, approvate solo due anni dopo, migliorarono notevolmente la situazione procedendo ad una razionalizzazione delle linee interne e consentendo di diminuire l'onere della spesa pubblica per le sovvenzioni . TI Bettolo, che doveva divenire successivamente per due volte ministro della Marina, criticò la politica spinta di incentivi tramite sovvenzione, affermando che lo sviluppo industriale e commerciale non ne era stato stimolato in modo da giustificare le spese sostenute; egli propose piuttosto un "contributo di nolo", via di mezzo tra la sovvenzione vera e propria ed il premio di navigazione, che gli appariva più producente, come dimostrava l'esperienza austro-ungarica. Il lungo e animato dibattito ebbe, tutto sommato, un effetto positivo: all'interno la Sardegna otteneva final mente un sensibile miglioramento delle comunicazioni e all'estero anche con qualche successiva misura le linee veramente importanti restavano assicurate. Il tutto con costi relativamente meno elevati e con l'ingresso, a fianco della Navigazione Generale che manteneva la concessione di quasi tutte le linee, di qualche nuovo concessionario per i collegamenti locali (37).
Al di fuori delle convenzioni marittime, l'attività armatoriale fu sostenuta con i premi di navigazione. Gli armatori, nel congresso di Camogli del 1880 , ne avevano invocato l'erogazione indiscriminata, sia per la navigazione a vapore che per quella a vela. La commissione Boselli finì per proporre, dopo esitazioni e discussioni, la concessione del premio, tenendo conto anche del fatto che nella marina mercantile francese questa forma di incentivo e di sostegno era già stata adottata a partire dal 1881. La legge 6 dicembre 1885, n. 3543, serie 3a, istituì premi di navigazione oceanica e per quella tra il Mediterraneo e gli scali non europei oltre Gibilterra ed oltre Suez. Bisognava che la nave fosse di costruzione nazionale e non superasse i 10 anni di età per i piroscafi ed i 15 per i ve li eri: venivano concesse 0,65 lire
(36) Altre compagnie di un certo rilievo furono la Puglia , l'Italia, il Lloyd Italiano, la Transoceanica, la Transatlantica, i Caricai.ori Riuniti di Brindisi, il Lloyd Sabaudo, la Siculo Americana, la Vene ziana, la Commercia le , l'Italo Brasiliana: cfr GROPALLO, cit., pp. 119, 126 27, 136,199,207, 25 1-53. Del resto anche altre banche si interessarono di armamento, come il Credilo Italiano, ed anche altri organismi che disponevano di capacità finanziari e.
(37) La Puglia ebbe in Adriatico , oltre a servizi locali, i collegamenti con l'Albania e la Dalmazia cui si attribuiva per motivi politici e strat egici una notevole importanza e le compagnie Siciliana e Napoletana i servizi locali, rispettivamente, con le Eolie e le isole pontine e panenopce; inoltre la Navigazione Generale subconcesse la linea Genova-Ba tavia, dopo essere stata a ciò autorizzata su motivazioni di natura tecnica, alla compagnia olandese Nederland.
per t. nett a ogni mille miglia per corse, indipendentemente dal carico, oltre a maggiora z ioni speciali per il trasporto del ca rbone. Nel decenni o 18861895 secondo i dati calcola ti dal Cor bino, critico sul pro tez ionismo marittimo (38) fu rono pagate ai piroscafi 7 .676.000 lire, di cui 4.257 .000 a lla Navig azion e Ge n e ral e Italiana e 1.363.000 alla Veloce, che asso rbir ono cos ì da sole qua si 1'80 0/o dell'erogato. Nello stesso periodo il tonnellaggio d ei piroscafi sotto bandiera italiana aumentò più del doppi o, ma si trattò in gra n part e di unità di secon da mano co mperate all'estero nel 1895 il 930/o del tonnellaggio ri su l tava di costruzione straniera che per tale motivo non potevano accedere ai premi, sempre che fossero st ate acquisi te dopo l'en trata in vigore della legge Durante il decennio di cui si tratta, che fu ca ratter izzato da una con g iuntura int ernaz ionale te ndente a l ribasso dei noli, aum entaron o s ia la percorrenza media per viaggio, sia ma meno la quan tità tras port ata per viaggio-na ve
La scadenza della normativa del 1885 ebb e luogo in un momento in cui la pratica d ei premi alla nav igazion e, in una forma o nell'altra, er a divenuta co mune a diversi paes i (Fran cia, Austria-Ungheria, Spagna, Giappone); ve nne quindi pressoch è naturale un rinno vo della vecchia legge, ed insieme un aumento della mi s ura del premio (portato da lire 0,65 a 0,80 a l. lo rda, invece che netta, ogni mille mi g li a) ed un allargamento genera le delle mag li e, ciò che ebbe effelli negativi sulla finanza pubblica, dal momento che g li sta n ziame nti previ sti si dimostrarono rapid amente insufficienti (ricorda il Flore ch e la media annuale della sp esa, neanche a m età percor so, era di oltre milioni 2,8 all'ann o, mentre per tutto il d ecen nio s i era no stanziati 18 milioni) (39)
Il mi g li orame nt o della congiuntura fece sì che gli armatori beneficiasse ro, contemporaneamente, di una normativa più favorevo le e del ria l zo d e i no li. Da qui la grande espan s ione dei traffici e della flotta nell 'u ltimo periodo del seco lo, e la conseguente decisione governativa di ridurre la mi s ura dei pr em i. La nu ova legge 16 maggio 1901 , n. 176, fissò in fatti a lire 0,45 per t. lorda e per mille miglia di percor so il premio di navigazion e dei piroscafi ed a 0,20 quello per i velieri la cui costruzione er a stata dichi ar ata entro il sette mbre pre cedente, ma che non erano ancora entrati in servizio .
(38) li pro t ezionismo marittimo in Italia, cit. , p. 30. Se mpre E. CO RBINO, in Economia dei trasporti mari/timi (Città di Cas tello , 1926), p. 319 , ribadiva che qu esta politica a veva daco "risultati non mo lto fel ici", come in Francia, da dove era sta ta pre sa a modello, cfr L. ROUX, La mari11e mar cllande, Parigi 1923, p. 143. Sul protezionismo marittimo vedi anche F. 01 PAL MA, La 11ostra marina merca11tife, La Spezia 1899; L. BARBERIS, Lo s viluppo marittimo n el seco lo XIX, s u pp le mento a "Rivist a mariu ima" , settembre I907 ; C SU PINO , Lo sviluppo mari1timo nel seco lo XIX, Roma 1907; M. VO C INO , Il pro t ez io11ismo mariti imo daffe origini nei vari stati. Napo li 1912; ecc
(39) L 'i11dustria dei trasporti marittimi i11 Italia, cit., Il, p. 553.
Anche questo genere di incentivazione obbedì al fine di accelerare i tempi dello sviluppo, stimolando le forze imprenditoriali del settore a muoversi in senso omogeneo con la politica generale di espansione all'interno ed all'estero, sia in chiave economica e commerciale, sia in chiave coloniale . Una critica a posteriori appare non agevole, se si tiene conto che taluni obiettivi apparivano nella logica del tempo e in quella particolare dettata dai bisogni dell'Italia irrinunciabili per motivi che riguardavano il ruolo medesimo della compagine nazionale nel mondo, e che gli strumenti di cui si disponeva neJJ'epoca per sostenere una linea forzata di sviluppo si riassu mevano, pur se in forme e misure diverse, sostanzialmente nel protezionismo.
Gli esempi della concorrenza erano sotto questo profi lo di una monotonia significativa, almeno per quella concorrenza che si sentiva di più: la francese e l'austriaca.
In campo portuale, l'amministrazione della marina si era trovata, nel 1867, a dover tener conto di ben 298 approdi, disseminati lungo le coste italiane. Per contro, nella dimensione modesta delle finanze degli stati preunitari, scali che avrebbero potuto essere rilevanti anche nel nuovo quadro na zionale non avevano ricevuto quegli adeguamenti che l'aumento della stazza unitaria e del pescaggio, come pure dell'estendersi della navigazione a vapore, avrebbero richiesto.
La situazione fu affrontata con una impostazione centralizzata ed unitaria, la sola che offriva la possibi lità di definire le priorità degli interventi alla luce degli interessi del paese e non di quelli locali. I lavori della commissione Boselli furono molto utili per i problemi degli scali marittimi e delle comunicazioni ad essi connesse, specie quelle ferroviarie . Nel 1885 fu emanato un testo unico (R.D. 2 aprile, o. 3095) che definiva una nuova classificazione dei porti, i n due categorie: la prima comprendeva i porti militari e quelli rifugio che interessavano la sicurezza della navigazione; la seconda abbracciava i porti commerciali, suddivisi in quattro classi in re la zione all'importanza del traffico, misurato sulla media delle merci manipolate ne l tr iennio precedente. Veniva introdotta quindi una logica precisa nelJa definizione della funzione d i ogni s i ngolo porto commerciale.
Contemporaneamente furono avviati intervent i significativi che ebbero effett i positivi sul complesso sistema portuale de l paese. Le medie decen nali degli i n vestimenti possono val u tarsi intorno ai 7, I i;nilioni ali' anno per il decennio 1871-8 I, in 14,5 per il decennio 1881 91 e in 11, I per il decennio 1891-1900: lo sforzo più importante fu condotto tra il 1876 ed il 1889.
Con tutto questo, alla fine del secolo il rita r do storico del s istema portuale italiano e l'acce lerazione e la moltiplicazione delle esigenze connesse a l suo esercizio, diedero luogo ad una situazione nuovamente critica per
l'aumento del traffico . Si ricorse allora ad un organo collegiale, per i porti di Genova e di Venezia, che era già stato in uso nel regno borbonico, vale a dire le "commissioni portuali", istituite, rispettivamente, a Genova nel 1888-89 ed a Venezia dieci anni dopo. Tali organismi avevano dato già buona prova in altri paesi realizzando una certa autonomia di gestione, ma in Italia non furono molto ben visti dall'amministrazione centrale. Comunque è da quelle esperienze che derivarono success ive strutture organizzative di riconosciuta utilità e validità, come il Consorzio del porto di Genova del 1903.
Anche dal sommario richiamo che si è fatto fin qui circa le politiche della marina mercantile, emerge chiaramente come gli uomini della flotta che s i trovarono a reggere il ministero avessero in mente un quadro abbastanza preciso delle esigenze che nei diversi comparti operativi concorreva no a formare, in senso più largo che non in quello strettamente militare, la componente marittima italiana nel mondo, quei' complesso di potenza navale globale che poteva pesare sulle sorti del paese. Il quale era impegnato, dal punto di vista della sicurezza, in una alleanza che non gli garantiva la difesa marittima; dal punto di vista economico, in una gara difficile contro avversari agguerrit i in una fase di generale espans ione dell'industria e della finanza; dal punto di vista delle esigenze specifiche, in una politica coloniale che implicava la creaz ione di capacità di trasporto adeguate per garantire la proiezione oltremare di una forza militare, e in una politica di relazioni che esigeva collegamenti regolari con i punti di preminente interesse nazionale nel Mediterraneo e nel mondo. Tutto questo avrebbe preteso strumenti organici e forti nel settore marittimo: coloro che ne portavano la responsabi lità fecero quanto era in loro per costituirli. Nei limiti della loro capaci tà e della loro fantasia, ma soprattutto nei limiti ristretti che i tempi, le vicende politiche, le possibilità del paese offrivano, essi cercarono di farli na scere operando su tutti i comparti della politica marittima. In questo, utilizzarono gli uomini che avevano (40) e le indicazioni che potevano trarre dal mondo contemporaneo.
10 E dal mondo contemporaneo venne loro il richiamo all'esistenza di un altro problema. L 'opinione pubblica, nei paesi retti a democrazia parlamentare, tendeva a pesare di più, anche sul continente europeo. Di qui l'esige n za di trovare un canale privilegiato per arrivare a ll 'opinione pubblica, per introdurla ed interessarla ai problemi della marina. Sappia mo che polemiche accese avevano accompagnato durante il seco lo XIX questa o quella decisione di impostare una nave da guerra, questa o quella
(40) Mi litari e civili, come i notissimi Randaccio e Comandù, direttori generali della marina mercantile.
decisione di influire su lle soni della m a rin a mercantile. L'ambiente c h e diba tteva questo genere di prob lem i era naturalmente abbastanza ristretto, in un p aese se nza suffra gio universale, con giornali a tiratura modesta e nor malmente a forte carallerizzazio ne poUtica o di gruppo. Occorr eva quindi tr ova re qualche m ezzo adatto a diffondere le conoscenz e dei problemi militari e mercantili della marina, affinchè le spese che si affrontavano per fronteggiarli trovasse ro più agevo lm ente comprensione ed accogl imento . E poi, a parte l'informazione, occorreva la propaganda, per influenzare un' op ini one pubb lica semp re più va sta , che fosse capace di recep i re le is t anze della marina e di sostenerle nel paese.
Dopo l' inchi est a Bose lli , il dibattito sulle questioni marittime si ampliò e si approfondì su lla stampa, (n teressando vecc hi e e nuove te state di quotidiani e periodici, specia li zzati come la "R iv is ta Marit tima", opp ure con in teressi istituzionali divers i o a carattere più ge n era le . N uo vo alimen to alla di scuss ione venne anche dalla polemica tra liberisti e protezionisti, ch e fu l unga ed aspra come per d ece nni era stata qu ella tra i sostenitori delle gra nd i uni tà corazzate ed i loro antagonisti favorevoli alle n avi mino r i. l na va li st i i ta liani erano quindi ben convinti della nece ss ità di procu rarsi qualche strumento nu ovo per acq ui s ir e c on senso e d i nteres se in torno ai prob le mi ed alle esigenze della marina (41 ), quando s i trovaro no davanti all'esempio che veniva da oltre Manica, dov e nel 1894 era s tata fondata la "Nava l League". l programmi dell'associazione britannica erano ambiziosi , e andavano inquadr at i, da un lato, n ella seco la re tradizione marittima ing lese, dall 'a ltro, nel particolare momento di ac cesa rivalità con la Germa nia , che andava accentuandosi mano a mano che il governo di Berlino procedeva alla realizzazione del proprio piano di rafforzamento d ella flotta.
L'anno successivo Augus t o Vittorio Vecchj noto scri ttore , anche con lo pseudo nimo di .Jack La Bolina, di cose navali sc ri sse a Benedetto Brin, n o n più mini s tro, p e r proporgli di farsi promotore di un'associazione im pegnata ad alimentare ed arricchire la coscienza marinara e ad influire i n pr o pos ito s ull 'o pinione pubbl ica na7Jonale. Il Brin r itenne però che la sua persona tan te volte e così a fondo co involta in polemich e politiche non fosse a datta per una iniziativa che do vev a stare a cuore a tutti gli italiani e porsi quindi al di sop ra d i ogni visione d i part e, e s uggerì l'ammirag lio De Amez aga; non esse ndo però nemmeno questi disponibile, la proposta p er il momento cad d e .
(41) Scri vendo a l suo mini si ro , l'a d detto na vale francese a Roma annotava, a ll a fine de l s uo r appono su ll e manov re ital ian e de l novembre 1897, che vi e ra la precisa intenzio ne di fa r prop aganda per o ttenere più fo nd i pe r la marina mil i lare, tene ra n. 393 del IO lug li o 1898 , AMF. BB 7 , 86, d.
I tempi pe rò maturavano: ne l 1896 il comandante Mantegazza pubblicò una serie di articoli s u un giorn a le s pezzino la base primaria della flotta e ra in qu e l tempo La Spezia sull e co ndizioni della marina m il itare, e nello stess o anno, n e l corso di conferen ze pubbliche su argom enti mari ttimi, di nuovo l'id ea di costituire una Lega Navale in ILalia ritornò e fece pro se liti. Il tono de gli articoli e delle con fere n ze era allarmistico: l ' Italia era circondata da pote nze più ricche e potenti e la sua esistenza dipendeva dalla difesa navale. L o stess o ta sto, sub ito d opo, ve nn e battuto dall'in gegner L o re nzo O ' Adda a Torino, nella sala della Borsa, presente anche il duca degli Abruzzi. In occa s ione della discussione del bilan ci o della m arina, nel maggio 1897 fu stampato a La S pezia un opuscolo da l titolo eloquente "Salvate l ' ltalia" e fu spe dit o a Lutti i parl a mentari. Sull'onda d e ll' eccitazion e pro dotta dall' episo dio e dal cont enu to dell'opuscolo, nel giugno s uccessivo si costit uì a La Spezia un co mi tato ce n tr ale della Lega n ava le i talian a (42) l primi tempi furono diffici l i, malgrado i con se n si, sopr att utto per il clima teso di pa ss ioni e di in ce rtezze in cui le prime manifesta z ioni della L ega si in ser irono , dando luo go a polemiche, reazioni ed anche a sc issioni in terne. Era, tuttavia, il prezzo che si do veva pagare al contin gen te, co me aveva ben intuito il Brin, da poli t ico navigat o Ma l'in s perato successo di un libro di fant ast oria e a l tempo stesso di divulgazione e di pol emica marinara - pubblicato nel 1899 dal segre tario generale d ella Lega Navale, il TV Gaetano L imo, dal titolo "La guerra del 190... "(43), costituì l 'occ asione per un rilan c io dell'associ az ione e per un
(42) V'erano i l conte Emilio Renaud di Falicon, CV della riserva; l'on. PaiLa, sindaco di La Spezia; l'on. Prospero De Nobili; il generale Men o11i Garibaldi; Ernesto Nathan; il TV Gae1ano L imo.
(43) Non era la prima vo lt a che s i ri cor re va alla fan1as ia per im press ionar e l 'op inione pubblica S eco ndo quanto racconta il Vecc hj JACK LA BOLINA (A. V. VECCHJ ), ;4/ser vizio del mare i1afiano, T orino 1928, p. 333 i l C F Carl o Rossi, in una nelle, ''. bu ttò giù i l racconto di una guerra immaginaria sulla falsariga di quel famoso opuscolo The Ballfe o/ Dorking, la cu i paternità fu erroneamente attribuita a D israeli". L'opuscolo C . RO SS I , !frac con 10 di un guardiano di spiagg ia. Tradu zione libera della ballaglia d i Dorking Cap raia 189 , Roma 1872 • fu apprezz a to, tr a g li a l1ri, dal Rib o ly, che ne favorì la d i ffu sio n e A ssa i nota fu po i, per i l mome nto e per i l co ntenuto che s i p res tava ad esse re sfruttato da lla propaga nd a, l'opera di C. ROPE, R ame et Ber/in. Opérations sur /es cl)les de la Médilerranée et de la Baltique au printemps de /888, P arigi-Nancy 1888: essa dava alimento a tulli i fanta sm i che per decenni avr ebbero tormentato poli ti ci e mili tari italiani, descrivendo le s u ccess ive dis falle della marina italiana e tedes ca ad opera di quella francese, la quale operava b o mbar damen ti su ll e coste italian e, co nduceva una s pediz ione co ntro Roma e batteva le flott e italotcdesc he, mentre n on da meno era no g li eserc it i frances i. Tipico vaneggiamento sciovinista, il libro concludeva: "Non dormiamo su l nostro trionfo: la Germania e l'Italia hanno senza dub bio perduto dei vascelli, perdita riparabile, ma co nservan o fa coscienza che è nata loro una forza nuova, c he le loro g i ovani marine si so no rivelate di fronte a ll' Europa e che esse hanno per lungo tempo disputato il s uccess o" (p. 286) P e r qua lc h e altro part i co lare s ul lavoro d el T V G. LIMO c he firmava con lo pseud on im o di ARGUS La guerra del /90 , L a Spezia 1899, cfr GABRIELE, L e convenzioni navali della Triplice, cit., pp. 169, 174.
più vasto dibattilo na zio nale su i problemi che essa agitava. Altre sezioni so rse ro a Milano, Genova, Venezia, Roma, Napoli, Firenze. L'istituzione conobbe grande popolarità e fortuna in tutto il paese: vi aderirono personaggi politici di spicco ed uomini insigni della cultura. l soci erano già 4.000 nel 1899 e passarono a circa 6.000 nel J 902; nel lo stesso anno, cons iderato lo svi lup po nazionale ormai assunto dall'assç,ciazione, si decise di portarne a Roma la sede cemrale .
Il primo sta tut o , approvato a La Spezia il 2 giugno 1899 dall'assemblea generale dei soci, definiva così i compiti fondamentali da assolvere: "L'associazione ha per scopo di esercita r e una benefica azione a favore dello sviluppo della marina militare e mercantile, di diffondere in Ita l ia il pensiero navale e l'amore delle cose di mare e di favo.rire qualsiasi misura che tenda a migliorare la marineria italiana. L'associazione curerà di raggiungere i suo i fin i a mezzo di una attiva propaganda, bandirà viaggi spe ciali per visi tare le grandi piazze marittime e .i grandi porti di commercio, organizzerà concorsi, terrà dei congressi", ecc. {44). Primo presidente fu il come E milio Rena ud di Falicon, che dimostrò capacità ed energia nella prima difficile fase organ i zzativa e che fu confermato set te volte.
È signi fica Li vo che osserva Lor i s Lrani e ri si occupassero del la Lega navale italiana fin dal suo sorgere e ne seguissero poi con interesse le vicende Si può ricordare, a conferma di questo panicolare, il quadro che il CV Da vin, addello navale francese a Roma, ne faceva a l suo ministro nel maggio 1901: "La Lega rnariuima iLaliana, come tutte le associazioni della stessa naLura, si propone di comribuire ai progressi della marina militare e della marina mercantile, spingen do con tutti i mezzi (soprat tu tto co n la stampa e le confe renze) il paese verso le cose di mare.
Questa società (sede centra le a La Spezia) si su ddivide in numerose sez ioni , che si stendono come una rete sui porti, le città dell'interno ed anche all'estero: Roma, Genova, Mi lano, Firenze, Venezia, Napol i , Torino, Ca ta n ia, Messina, Macerata, Trapani, La Spezia, Terni, Il Cairo , so no oggi i principali centri di attività della Lega navale. E il movimento contin u a: nuove sezio ni si formano a Palermo, a Terracina, a Cagliari, a Chieti, a Trieste, a Parigi, a Londra, a Rosario (Rep . Argent.ina) ed a Lima (Perù).
La sezione di Terni si è costi tuita soltanto I' 11 aprile scorso. In occasione della prima riunione dei s u o i membri, il presidente ha indiriz zato al ministro della Marina il telegramma seguente: 'Anche Terni comprende lo
(44) L.N.1., J,a/ia marinara (pubb li cazione celebrat i va nel c in quamena ri o), Roma 1947, p. 6. Per un raffronto con i programm i ispi r ator i de ll a Nava l League britannica· ben più ambiz iosi e impegnativi <.:f r MARDER, <.: il. , pp. 49 -61.
scopo patriottico che si propone la Lega navale, ed io sono felice di annunciare a Vostra Eccellenza la formazione in questa città di una sezione che conta già 340 aderenti. Evocando la gloria antica della Marina, io prego Vostra Eccellenza di ricevere i voti vivissimi che formulano i membri present i per l'accrescimento della potenza della marina italiana'.
Le sezion i contano spesso un gran numero di membri. Quella di Genova ne ha 1.200, la maggior parte Italiani, sebbene si contino tra loro un cer to numero di stranieri; e non è senza sorpresa che si vedono figurare su queste liste gli addetti navali degli Stati Uniti, di Russia e del Giappone, co me pure il console d'Inghilterra a Genova.
Un personaggio di rilievo presiede ciascuna sezione L'ammiraglio Lo vera di Maria è alla testa di quella di Torino.
La conferenza è il mezzo di volgarizzazione più u sato Gli oratori si spostano da una città all'altra e prendono frequentemente la parola dinanzi a membri della famiglia reale, che testimon ian o con la loro presenza l'importanza che attribuiscono all'istituzione.
Le conferenze fatte alla Lega di Genova hanno tutte per oggetto: 'Il pericolo francese'. Il tema più frequente è questo: 'Bisogna accrescere la flotta da guerra per assicurare la difesa nazionale, poichè le condizioni natura li della peniso la consentono ad un nemico che disponga di forze na vali important i di paralizzare la difesa dell'Italia con il semplice blocco della sua flotta e dei suoi porti: tutto ciò, senza oltrepassare le Alpi'.
Le conferenze fatte a Venezia durante il mese di aprile hanno trattato argomenti più generali: l'idea navale moderna, un secolo di storia marittima, Alcibiade e Nelson, l'importanza del mare per l 'avvenire economico dell'Italia.
Da qualche mese la Lega navale italiana ha avuto un incremento rapido nel paese; essa sem bra aver raddoppiato l'attività dopo la presentazione del progetto governativo che.reclama un aumento di crediti, se non per l'incremento della flotta, almeno per il rimpiazzo delle vecchie navi con nuove unità più potentemente armate.
Nello stesso tempo il comitato centrale di La Spezia, che è l'organo che trasmette l'impu lso all'insieme, ha pensato ad un ravvicinamento tra le Leghe navali d'Italia e di Germania. Questa idea, èhe si agitava da qualche tempo, ha preso corpo all'inizio del corrente anno In una riunione di tutti i delegati di tutte le sezioni della Lega italiana, tenutasi a La Spezia nel mese di gennaio, il signor Renaud di Fal icon, presidente della Lega, ha annun ciato la conclusione di un accordo tra la Lega nava le italiana e la Deutsche Flotten Verein. Il testo di questo accordo vi è stato se n za dubbio comunicato
dal ministero degli Affari Esteri, c h e l'ha ricevuto dall'ambasciata di Francia a Berlino. Tale movimento combinato, di cui vi è interesse a seguire l'evoluzione, non sembrerebbe avere, almeno per il momento, una portata pratica rilevante. Tutto si è limiLato, fin qui, a scambi di idee e di pubblicazioni.
Non mancherò di tenerv i informato di questa ques tione e dei fatti nuovi che poLranno sopravvenire" (45)
li rapporto, che s i è trascritto per intero, appare più sign ificati vo di cento pubblicazioni celebrative. L'uomo di fiducia della marina francese a Roma, rilevata l'importanza dei personaggi impegnati nella Lega navale italiana, soLtolineava la forte dinamica espansiva dell'associazione, in patria ed all'estero dove, in particolare, erano più forti interessi e gruppi ita liani con la partecipazione anche di qualificati funzionari stran ieri. A parte la generica propaganda marinara, l'azion e della Lega si concentrava su tem i concreti e precisi inerenti alla difesa marittima. Anche l'accenno al raccorcio con l' analoga assoc iazione tedesca aveva un suo sig nificaLO preciso, al l'indomani della firma della prima conve n zion e navale d e lla Triplice. Si può dire che, in perfetta sin tonia con gli ambienti della marina, la Lega batteva, nei riguardi dell'opinione pubblica, sui medesimi tasti che avevano condizionato per decenni la politica della flotta. E certamente un contributo ne venne, in un periodo agitato da dure po lemiche, a che le spese per la marina si mantenessero abbastanza elevate durante tutto il perio do in cui l 'Ita lia fu nella T riplice , cosi che un real e potere navale italiano dovesse sempre essere posto sulla bilancia. L'esistenza di questo deterrente fu in sè ri levante perch è, al di là di qua l unque previsione di successo o d'insuccesso, la presenza della flotta ita liana ne l Tirreno e ne l Mediterraneo restava un fatto e le conseguenze delle su e sempre possibi li azioni un'incognita 11 . - Quanto all'impatto della componente navale sulla politica estera, basti rich iamare quanto si è già detto sulla ricerca continua di sostegni presso gli allea ti e gli Inglesi. Non c'è dubbio che l'azione dei circoli marinari fosse martellante e continua, mirando costantemente - malgrado quasi vent'anni di di sillu sion i ad un obiettivo preciso, c h e si insisteva a perseguire stimandolo vitale per il paese. Eppure le condizioni obiettive di questo pae se, la s ua mis e ria, la sua debolezza sociale ed economica rendevano spesso impossibile, al di là di ogni sforzo, bruciare le tappe e adeguars i al ve rt iginoso incal za re dei tempi Si può capire quindi, che neg li anni vic ini al nuovo secolo, una sorta di malessere s i sia prodotta in Parlamento
(45) Allegato alla leltera n. 8, AMF, BB 7, 156, c
nei confronti della marina militare (46), per la quale si era fatto molto rispetto alle possib ilità italiane, ma al tempo stesso poco rispetto alle nuove esigenze della polit ica estera. L'intesa franco-russa aveva creato, ormai, u na pe r ico losa alternativa politica e militare alla Trip lice, ed aggravato a sfavore di quest'ultima lo squilibrio navale . Il progressivo, ma sempre più palese disimpegno della Gran Bretagna, dopo Fashoda, da un atteggiamehto antifrancese di potenziale fiancheggiamento della Triplice ad un opposto atteggiamento antitedesco aggravava notevolmente la situazione.
Il decennio di fine seco lo registrava così importanti cambiamenti nei rapporti internazionali . Occorre dire però che l'evoluzione di tali rapporti ve n iva chiaramente e tempestivamente apprezzata dai responsabili della Marina . Gli stessi uomini che così irriducibilmente si battevano per aumentare la pote nza mari ttima ed ottenere puntelli dall'estero influendo sui responsabili della politica it aliana perchè si bussasse ancora una volta a porte che non ,si e r ano mai aperte avevano detto recisamente di no alla eventua lità, per remota che fosse, di una guerra navale disperata contro Francia ed Inghilterra r iunite. Ciò era accaduto, come si è visto, nel 1896, al momento de l terzo rinnovo del trattato della Triplice, e il fatto era certo un indizio della consapevo lezza dei margini estrem i di rischio che potevano essere accettati responsabilmente dalla marina nei confronti dell'intero paese .
Si può ritenere che le mosse de i navalisti italiani non siano state dettate mai, in que l tempo, da militarismo forsennato, anche quando inventavano la Lega navale per premere su l Parlamento, chiusi nella loro visione di sett ore e preoccupat i dalla sproporzione dei mezzi di cui disponevano rispetto ai fini della po litica naziona le. Nè si può dire che abbiano peccato di contin uità e di coe r enza: di nuovo nell'ottobre 1897 uno studio dell'ammiraglio Bettolo riproponeva il prob lema della minaccia navale; l'anno dopo il capo di S.M. dell'esercito, generale Saletta, in un colloquio col suo collega germanico conte Schlieffen, chiedeva un intervento tedesco a Vienna per favor ire u n acco r do con l 'Austria Ungheria circa l'impiego delle forze marittime; e ancora la Comm iss ione suprema per la difesa dello Sta t o, nell'ottobre 1899, indicava la necessità di potenziare la flotta e di ass icurarsi il concors o naval e degli alleati (47)
(46) V i era l a "consapevole zza di avere prodo tf~, attraver so le leggi naval i pol iennali e attraverso le singo le inizia ti ve aggiunt i ve, uno srorzo pesan te per le possib il ità econom iche del paese, ma allo stesso t empo inadegualO alle es igenze de ll a po li tica estera". Di qu i l a prima inchies ta del 1899 relat iva alla gestione de l personale e del mater ia le, nonchè sui rapport i con l ' indus t ria forn itrice, inchiesta che fu affidata all'on. Randacc i o: GABRIELE, Lo strumento della legge navale, ecc., c i t., p. 12
(47) Ved i GABR I ELE, Le convenzioni navali della Triplice, cit., pp. 166-73 e 179 83.
Una rillessio ne sul l'auività di due uomini della Marina Benedetto Brine Felice Napoleone Canevaro che nel decennio di fine secolo divennero anche mini s tri degli E s t eri, con ferma ad un tempo quale prestigio e qua le peso godesse in quel tempo la flotta e come ai s uoi espo nenti si riconoscesse l a capacità di interpretare le linee di condotta più conve ni enti al paese nei rapporti internazionali.
Benedet t o Brin era gia s tato più vo lt e ministro della Marina, quando nel maggio 1892 fu nominato mini stro degli Esteri nel primo ministero Giolitti. Si può ricordare che, alla caduta del precedente governo di Rudinì, la s ua candida tur a e ra stata avanzata, i n accordo con lo Za nardell i , add i r i ttura per la presidenza del Con sig li o . Dagli Esteri il Brin non per s e occasione per cercar di premere sugli alleati in ordine allo s t esso scopo che aveva persegui to così tenacemente da ministro del la Marina. Ne l g iugn o success iv o accompagnò la famig li a reale italiana in visita ufficia le a Po tsdam, e sperò di r iaprire il discorso sulla collaboraz i one marittima, incoragg i ato, da un lato, dal fatto che l'imperatore Guglie lmo li sembrava disposto ad inviare in Mediterraneo un suo incrociatore in caw di conlli u o (48) ciò che potè essere interpre t ato come un fatto nu ovo e, dall'altro, dalla convinzione o dalla speranza che i Tedeschi tenessero tanto a ricevere i piani di costruzione delle nuove unità it aliane (49) ciò che s i rivelò un'illusione da poterl i condizionare con essi. Ma ogni te nta t ivo diretto, nei confronti del Cance l liere vo n Caprivi, non ebbe es i to felice, e nemmeno .s ucces s i ve i nsistenze condoue attraverso il nuovo mini st ro della Marina, Racchia, e l'addetto navale Volpe conseguirono risultali positivi, come in al t ra parte si è avuto modo di accennare.
Tutt av ia, in occasion e della rest i tuz ion e della v is i ta eia pa rt e di Gu g li e l mo Il ne ll a primavera 1893, ancora una vo lt a si cercò di impegnare il sovra no alleato in una inte sa navale . Purtroppo, le ese rcitazioni de ll a flot t a a Napo l i non furono molt o fe lici, e le opposizioni di Tirpilz e del pr i ncipe E nrico di Prussia, che nell'agosto assistellero alle manovre i ta li ane (50), trovarono t e rr e no prop izio anche presso l'imperatore.
Vi era, i n rea lt à, un equ ivoco a ll a base d i queste disillusioni. Da parte ital i ana s i credeva che la dimos t razione per rabulas della v ul nerabi li tà de ll e coste ita li ane convincesse gli alleati ad impegnarsi di più, mentre da pane
(48) VOLPE, Memorie V, p. 18, AMR. 141. I
(49) Ibidem, VI, pp. 56-7.
(50) La quadra a tt accante, a l comando de l VA Tommaso d i Sa v ,i 1a. du ca cl i Genova, era r i u,<.:ita 11ell' i nLenL O di r i cerc are e d1 , truggere allar go di Nap o li · la squatlra del part i l o nazional e, comandata dal VA Ferd 111 a11dc> AcLUn : g l i a 11ac<.:an t 1avevano ollt>nu w qu in di i l do minio del mare. Vedi la rela z ione s ulle mano v re de l 1893 . red a1 1a dal director .: delle mano v re , 1es,e VAL. Bc:rte l li per i l m i n is tro della Marina i l 4 d ic embre 1893, AMI< , 146, I.
germanica era proprio questo fatto ad aumentare le es it azioni e il desiderio di non farsi coinvo lgere in quelle che non potevano non essere considerate le oscure prospettive n avali italiane. Si agg iunga che, proprio i n quel mo mento, per motivi p oco ch iari (5 1) , la marina mil i tare italiana non attraver sava alme n o nell'opinione di taluni osservator i un periodo felice, mentre la German ia incominciava a raccogliere i primi frutti del proprio impegno in cam po mar i ttimo ed a pian i f i care la costruzione d i un prop ri o futuro sea power, concep it o senza equivoci al servizio della nuova politica mondiale d i Berlino e non certo a s upporto dei lontani alleati med i terranei (52).
Vi fu d unqu e un'a lt r a osc ill az i o n e del pendolo. Fu, questo, il "palliati vo Ro sebery", come l o d e fini sc e il Marde r (53), dell' otto b re 1893. La vi cenda nacque dall ' annu nc io della resti tu zione della visita della flotta francese alla base di K ronsta d t, effe t tua ta nel lu glio 1891, che la squadra russa del m a r Nero avrebbe attuato visitando Tolone nell'autunno success ivo. Allarme n e lla stam p a e nel governo bri tan n ic o indussero il primo ministro e ministro degli Esteri, l ord Rosebery, ad ordinare alla Mediterranean Fleet di v isi ta re contempora neamente basi na vali italiane. La d ecisione rappr esen tava un successo pe r il governo di Roma, c he riusciva i n ta l mo.do a contrapporre alla dimostrazione navale della Duplice u na controdimost razion e nello stesso momento, nelle s tesse acq ue del Mediterraneo. Disgraziatamente, l'imp erversare d i una epi d emia di colera fece sì che l e accog li enze di Ta ran to alla sq uadr a britannica non fossero parago n a b ili, soprattutto dal punto di vis ta propagandistico, a quelle di Tolone alla squadra russa. L ' operaz io ne, pe r ò, al di là di ogn i consideraz io ne di natura cont in ge nte, s i risolveva in un s ucces so po l i t ico pi ù per l'Ital ia, la qual e aveva ottenuto co n l 'aiu to de g li Inglesi la possibilità di contrapporre a lla minaccio sa radunata di Tolone una risposta a d eguata nello s t esso cod ice, che per l a
(51) "N on so che cosa non fu nzi ona ne ll a marina it al ian a Non è nelle n av i ; non è negli uffi ci al i non è nella preparazione non è nel coraggio e nel du r o la vo r o; n on è nel l a naviga zio ne E ppure c'è qua l che manche volezza , qualche cosa di cui n on pos so n on ess er consc i o E il r isul t a t o d i l utt o ciò è che, se avessi per l e man i un ' im presa difficile, anc he se le mi e forze fos sero molto i nferi or i , pre fer irei temar la se nza l ' aiuto i1ali ano piuttos10 che con esso": p er queslO gi ud i zio d i un amm irag l io i ng lese, cfr W.L. C L OWES, The Mills1one Round 1he Neck of England, i n "Nineth ee n t h Cent ur y ' ', 1895, marzo.
( 52 ) Cui t al voha non si r i sp arm i ava il d i sp r ezzo : cf r VOLPE, Memorie, Xli, pp. 50 60; X lii, pp. 13-24; XIV, p . 87 ; XV, pp. 3-6 1; i n AMR, 14 1, I , e ancora XXV , pp . 10-37 ; XXV I , pp . 41 69; XXVII, p. 16, AMR , 141, 2.
(53) The Anatomy of Britis h Sea Powe r, c iL., pp. I 77 78 . Vedi anc he W .L. LANGE R, La diplomaz ia dell'imperialismo (1890 -1902), M i lano 1942, I, pp 86 7; I.. SAL VATOREL Ll, La Triplice al/eam:,a Storia diplom atica 1877-191 2, Mi lan o I 939, p 188; CU RATO, ci1., li , p, 484
Gran Bretagna, la quale aveva avuto motivi di polit ica più generale quando aveva deciso di impegn a r si nella dimostrazione navale "con la flotta più forte possibile" (54)
E infatti, mentre dopo questo episodio in Inghilterra, anche a seguito di una frenetica campagna di stampa, si diede il via ad un potenziamento dell'apparato navale , il prestigio del ministro degli Esteri italiano non venne in alcun modo in Laccato, tanto che alla successiva c ri si politica, a dicembre 1893, cli nuovo il suo nome circolò tra quelli dei probabi li candidati alla presidenza del Consig lio.
Si può anco r a notare che la ,collocazione politica di Brin era nettamente anticrispina: egli, in pru·ticolare, non ne condivideva le posizioni autoritarie ed avventuristiche. Quando infatti Crisp i ritornò alla presidenza del Consig lio ed "inaugurò metodi autoritari di governo, e in special modo la sospensione dell'attività parlamentare fino al giugno de l '95, il Brin si avvi cinò a l di Rudinì dietro a l quale si andavano raccogliendo le correnti di opposizioni in senso liberale in politica in terna e anticolonialista in politica estera" (55).
Per sonagg io diverso l'ammiraglio Canevaro, il quale, succeduto al Brin alla s ua morte (1 ° giugno 1898) nell'incarico di ministro della Marina nel V ministero di Rudinì, fu ch iamat o al ministero degli Esteri nel successivo ministero Pelloux (29 giugno 1898 4 maggio 1899) . II Ca n evaro aveva g ià avuto una brillante espe ri enza internazionale al comando della forza navale delle potenze riunite nell ' affare di Creta, di cui si d ir à specificamen te in altro capito lo, e godeva di notevole prestigio personale anche all'estero. Rispetto al Brin che era conosciuto come costruttore navale di primo piano il Canevaro aveva forse maggiore duttilità diplomatica, e ne ebbe bisogno, perchè il suo soggiorno alla Consulta fu carat t er izzato da acute crisi interna zionali che g li imposero decisioni e politiche diverse . Canevaro si trovò alle prese con un mondo parzialmen te n uovo , in cui si andavano affermando due nuove grandi potenze: il Giappone e gl i Stati Uniti. Della loro irruz ione alla ribalta della politica mondiale dopo la vitt oria del Giappone sulla Cina nel 1895 e dopo quella degli Stati Unit i sulla Spagna nel 1898 (56) egli dovette tener conto e cercar di comprendere come i nuovi imperia li smi modificavano il panorama internaz ionale.
(54) Così dicevano le ist ru z ioni per l'ammi raglio M C. Seymo ur, comandante della notta del Mediterraneo. Era evidente che s i volevano far s comparire ne l confronto le cinque unità che componeva no la squadra russa de l mar Nero in visita a Tolone , sot to gli o rdi n i del l'amm i raglio T. Avellan.
(55) CAPONE, Brin Benedeuo, cil., p. 316.
(56) 113 lugl io 1898 eb be lu ogo la bauaglia di San tiago di Cuba, nel settemb re seguente le Filippine proclamavano l' in dipendenza, il 10 dicembre fu firma la a Parigi la pace tra la Spagna e gli Stati Unit i.
Nei confronti della Francia egli ripr ese la linea di Visco nti Venosta, cercando di arrivare ad una maggior distensione con la vicin a repubblica senza rin u nciare alle garanzie che offriva l'appartenenza alla Triplic e e mantenendo l'amicizia con l'Inghi l terra. I dati di un tale problema proponevano un'equazione insolubile ove si fossero pretesi grandi risultati, dal momento che proprio in quegli anni si acuiva la rivalità navale anglo tedesca e quella co loniale franco-britannica, cu l m in ata nell'episodio di Fa shoda. Tu ttavia, il Canevaro ottenne alcuni buoni risultati, facendo continuare le trattative per un accordo commerciale con Parigi, segretamente, da l Lu zzatto e pervenendo alla conclusione del trattato, che fu firmato il 21 novembre 1898 . Con ciò si poneva fine ad una gue rr a doganale durata un decennio, che aveva, oltre ai rifle ss i economici, influenzato sempre in senso nega ti vo i rapporti co n la Francia
Al tempo della crisi di Fashoda, il nuovo ministro degli Esteri sviluppò una intensa attività diplomatica in difesa delle aspirazioni i taliane su Tripo li . Sua fondamenta le preoccupazione era infatti che l'accordo anglofrancese del marzo 1899 ch e sanciva la rinuncia di Parigi al congiungi mento te rritorial e tra l'Africa occidenta le e la costa dei Somali, ma le riconosceva il diritto all'influenza sui paesi africani ad es t del Ciad finisse per realizzarsi a spese delle aspirazioni it al ian e sulla Libia (57) . Pur riuscendo ad ottenere una maggiore d istensione con la Francia, eg li non ebbe nè da Parigi, nè da Londra il desiderato assenso ad una sorta di " prenotazione" italiana per Tripoli (58). Ottenne però, nel quadro delle buone relazioni che riuscì a mantenere con gli alleati, un rinnovato impegno degli imp eri cen trali a che Tripoli fosse considerata intangibile senza il consenso italiano.
(57) Cancvaro era convinto che un 'introm iss ione francese nell'area dell'hinter land t r ipO· lino avrebbe modificato lo s tesso statu s quo del Med iterraneo, in modo inaccettabi le per l'Ita lia. C i ò appare chiarameme nel pro memoria de l 25 ottobre 1898 richiamato poi i l 16 marzo I 899 a Sa lì sbury dall'ambasc iawre i ta liano a Londra, De Renzis ne l qua le s i auirava l'alt enzion e delle autorità d i plomatiche ingles i su l fallo che l'Italia desiderava garamire lo status quo nel Mediterraneo e che cons iderava compat ib i le con esso la presenza della Francia nel la r egione de l C i ad, ma non nell'en t roterra di Tripo li. Il timor e che il governo d i Parig i, dopo aver acqu isito l a Tunisia, mirasse alle zone i nterne della Tripo lita n ia era s tato espresso, anche i n relazione al diballito parlamentare di q uei g iorni sulla po li t ica es tera, nella nota redatta i l 4 l u glio 1897 da un a ltiss i mo fun ziona rio del Ministero deg l i Esteri, G iacomo Agnesa. AMR, Carte Canevaro, busta 32.
(58) Significat iva è , in proposi to, l a lettera privata di De Renzis a Canevaro, da Lond ra, dell ' 11 aprile 1899, nella qua le l'ambasciatore riferisce che·sa l isbu r y, sul r etro del fog lio con il qua le gli ve niv a notificata l'asp iraz ione ita liana ad in sediare una guarnigione a Tripol i, aveva se r ino : "lo non s ono uso a fare la vivisezio ne degli sta ti". Nell a stessa mi ss i va i l De Renzis scr ive che il Sanderson, "che è il vero ispiratore della po litica estera", aveva osservaco come, "se anche la Francia aves se l'aria di prestarsi a un r iconoscjmento di di r itt i eventua li d'Ita lia su Tripoli'' , avrebbe certamente p r e teso Gadamès e gl i Inglesi avrebbero dov u to acconsen tire Poteva assicurare , tuttavia, che " l'Inghi lterra mantiene sempre gli stess i sent imenti e le i dee a ltre vol te manifesta te, su lo status quo ne l Medite r raneo". AMR, Carte Canevaro, busca 32.
Per altri problemi relativi ad aspirazioni a punti d'appoggio territoriali in Cina di cui pure si dirà specificamente allrove il Canevaro cercò di appoggiarsi agli Inglesi. Lo stesso fece in Mediterraneo per la questione di Creta, della quale d'intesa con Salisbury e contro l'opposizione della Germania sostenne l'autonomia nell'ambito dell'impero ottomano.
Dovette poi occuparsi anche di altre questioni, che avevano le radici nelle crisi interne dei paesi europei, come il progetto di una conferenza antianarc hica a scala continentale, che poi non si tenne (59). Non risulta invece che abbia preso ulteriori iniziative dirette per concludere accordi militari di coope razion e marittima.
Impegnati maggiormente nell'una o nell'altra direz i one, i due m i nistri degli Este ri provenienti dalla Marina ebbero in comune una caratteristica particolare . La politica navale c h e avevano gestito da ministri della Marina o in altri specifici incarichi si poneva in rapporto d1 osmosi con la politica estera, e questo senza nulla togli ere al riconosciuto valore degli uomini li aiutò ad in seri r si più rapidamente e più agevolmente anche nelle questioni internazionalL Gli argomenti di cui s i occuparono più particolarmente dipesero prima di tutto dal momento storico e dai fattori este rni, in un periodo particolarmente diffici le, nel quale occorreva tenere gli occhi bene aperti per non correre il rischio di vedere lravolle di colpo, in relazione a ìm" provvisi episodi lontani, le proprie speranze. Ed era al tempo stesso un periodo caratterizzato da avvenimenti diversi e contrastanti, tra i quali con cura ed attenzione occorreva discernere tempestivamente anche la minima occasione per rafforzare la posizione dell'Italia (60).
(59) L'idea di proporre ag li alt r i Stai i europei "un s istema di comu ne d i fesa" era derivaLa dal moltiplicarsi deg li allenta t i anarch ici e dall'uccisione dell'imperatrice au stro ungarica E lisabeua. Nel seilembre 1893 i l Canevaro diramò ag li altri paesi europei una circo lare che d i ceva: "Questi esaltati , non i n dietreggianti d inan1J qual sivogl ia p iù fiero attentalo, si danno ogg i il nom e di anarchici essi stessi; e serve alla loro propaganda, nelle peregrinazioni che fan no in Europa, una stampa clandestina che non desi s te dal fare appello a Lut te le violenze, che glorif ica t utti i de litti più atroci, e li bandisce come i mezzi più efficaci per prosegu i re ad o l tran za la guerra d ichiarata alla società. Ma s iccome quanto ha fatto fin qui il governo non è stato bastevol meme efficace, così sembra necessario che i govern i, i quali sono minacciati da llo s tesso perico l o anarchico, si un iscano in un sistema di com u ne difesa st udia to i n lutti i suoi partico lari" Il Canevaro raccolse d i verse adesioni pe r u na conferenza a ll a qua le avrebbero dovuto partecipare, oltre ai rappresentanti dip l omatic i, anche que ll i delle amministrazioni dell'imerno e della giust izi a. Vedi anche AMR, Biografie e Carteggi personali, carl. 4, 31 35.
(60) Per la quale permanevano preoccupazioni di natura marittima. Cfr nelle istruzioni del 3 maggio 1899 de l C anevaro al Nigra, ambasciatore a Vi e n na, per la conferenza dell'Aj a , le va lutazion i dei tecn ici in ord i ne al problema del disa r mo: si poteva accettare l 'arresto per lo sv iluppo dell'esercito, ma non, "senza grave danno", per la Marina, la cu i consistenza e potenza appar ivano inadegua te a ll e esigenze della d i fesa nava le Il traguardo d ' arresto per la flona andava quindi spos1at0 i n avanti nel tem po al momento in cui essa avesse raggiunto una sufficien te espansione. In AMR, Cane Canevaro, busta 32.
Peraltro, qualche cosa di nuovo era all'orizzonte, 111 coincidenLa con l 'arrivo del nuovo sec olo. Dopo le ricordate decisioni della Commissione suprem a per la difesa dello S1a 10 dell'ottobre 1899, il momento era pros!>imo in cui finalmente sa rebbe s1a10 firmato il primo accordo navale tra i paesi alleat.i del la Triplice. Una rinnovata azione diploma1ica di Roma, a~sunta nel febbraio 1900, condusse alla convenLione di Berlino del 5 dicembre successivo, che impegnava in una prima forma di collaborazione le marine militari tripli ci ste Per modesto che fos se, sa rebbe ~1a10 qu e~to un pri mo r isu l tato concrc10 ag l i sfo rzi della Marina per 01 t enere, ~e non altro, l'accorciamento del fronte mari1timo.
CAPITOLO IlI
LA MARINA IN AFRICA ORIENTALE
12. La Divisione naval e de l mar Rosso. 13. Ricostituzione della Divisione nel 1895. 14. La Marina e la penetrazione ita liana in Soma lia. 15. Attività in mar Rosso ed in Oceano Indiano ne l primo decennio del sec XX. 16. Dalla guerra italo turca alla prima guerra mondiale.
12 li più importante settore in cui la marina militare italiana ebbe ad operare negli ultimi quindici anni del XIX secolo fu quello dell'Africa orienta le. Ta li operazioni, come in ogni impresa coloniale, comprendevano un compito prevalentemente strategico, quello di assicurare il dominio del mare nel teatro de ll a gue rra e le comunicazioni marittime tra esso e la madrepatria; un compito logistico, quello di trasportare direttamente il corpo di spedizione iniziale o dj proteggerne il trasporto se effettuato per mezzo di unità della marina mercantile - e di assicurarne l'ulteriore rifornimento in uomini, armi e materiali in armonia con le successive esigenze operative; ed infine un compito di natura tattica, quello di appoggiare g li sbarchi delle truppe di terra con l'azione di appositi reparti da sba rco e di sostenere fin dal primo momento mediante il fuoco delle navi, in caso di necessità, le te ste di ponte stabilite sulle coste di paesi potenzialmente ostili.
Unità della marina militare erano quindi presenti sulle spiagge nordorientali dell'Africa fin dai primi giorni dell'anno 1885 ( 1), riunite in una Divis ione nava le del mar Ros so sotto il comando del CA P. Caimi : la corazzata Castelfidardo, l'incrociatore Amerigo Vespucci, la fregata Anco na, le corvette Garibaldi e Vettor Pisani, le unità minori Esploratore, Bar barigo, Messaggero e Vedetta, o ltre il piroscafo Conte di Cavour e le sei recentissime t orpediniere Sirio, Sagittario, Pegaso, Canopo, Procione a.._Cen tauro (2); la Caste/fidardo, di ec i giorni prima dello sbarco a Massaua, aveva occupato ne l sud, vicino ad Assab, Beilul, nei cui pressi, 1'8 ottobre pre cedente, era stato massacrato l'esploratore Gustavo Bianchi con i 16
(I) GABRIELE e FRIZ, op. cit., p 259.
(2) AMR, buste 202 e 203.
membri della sua spe dizion e (3), dei quali undici appartenevano all'equipaggio della Fieramosca. Il trasporlo del primo contingente del corpo di spedizione per Massaua venne effettuaLO per mezzo di un solo grosso piroscafo (4), il Gallardo della Nav igazione Generale Italian a, che partì da Napoli il 17 gen nai o 1885 dopo aver imbarcato 800 bersaglieri con 40 ufficiali, al comando del col. Saletta, e pervenne a destinazione nella notte tra il 4 e il 5 febbraio (5)
A ll o s barco del 5, che non incontrò resistenza, presero parte, insieme alle truppe terrestri, reparti del Corpo reali equipaggi: mezza compagnia della corazzata Principe Amedeo, che aveva accompagnato il Gottardo fino a Port Said, la quale prese possesso del forte d i Ras Mud ur , ed una com pagnia de ll a Garibaldi, attendatas i sulla penisola di Gherar (6). Entro lo stesso mese di febbraio giunsero dall'Italia un centinaio di uomini dell'artig li eria e del genio, mentre il 7 marzo il piroscafo Washington trasportava a Massaua una forza doppia di quella del primo inv i o, due battaglioni di fanteria ed unità minori di altre armi e servizi, per un tOLale di 1.600 uomini con 60 ufficiali.
Nel pe ri odo immediat am ente success ivo vennero occupati, con l'appoggio della Marina, Arafali, Archico e l'arcipelago delle Dahalac (7).
In seguito l'Esploratore, al comando del CFC. Marchese; visitò tutti gli approdi del litorale, trattando con i capi indigeni e preparando la proclamazione del protettorato italiano sull' in tera costa da Massaua ad Assab. Pertan to, in ciascuna fase dello svolgimento del piano di occupazione del 1885 notevole. fu l'importanza del contr ibuto della Marina, sia nell'azione
(3) Con l'impre!>a della Caste(fidardo si era quindi anche data soddisfazione all'opinione pubblica forte mente scossa dall a notiz ia della s trage, in cui con l 'esp loratore, due borg hesi e due indigeni, erano periti undici appartenenti alla marina militare. V. interrogazioni alla Camera pres entate dai deputati Carpeggiani, Gatteli e Brunialti e relativa risposta del ministro degli Esteri Mancini in data 15 gennaio 1885 (L'Africa italiana al Parlamefllo naz ionale /882 1905, Roma, 1907, pp. 26-3 1).
(4) Era di dimen sion i r i levanti per l'epo~a. stazza nd o 2.8 47 tonn. lorde, con una ve locità di 12nodi.
(5) G. MOLLI: Le spedizioni mili1ari moderne ed i 1raspor1i mili1ari a Massaua, Milano, 1897 ; e V. D FLORE: L'indus1ria dei 1raspor1i mari11imi in flalia, voi. 111, Rom a, I 973, p. 383.
(6) G. PO e L. FERRANDO: L'opera della R. Marina in Erùrea e Somalia (dall'occupazione al 1928), Roma, 1929, p. 81.
(7) Ad Arafali operò l 'avviso Esplora1ore, con a bordo il comandante in capo col. Salet 1a; ad Ar chil;o la frega l a Ancona, al comando del CV R Corsi che sostitu iva temporaneamente i l CA Caimi rimpatriato per malattia; nelle isole Dahalac le wrpedinicrc Procione e Canopo al comando del CC A. Delibero (L. CHIALA: La spedizione di Massaua. Narra zione docu111en1a1a, Torino Napoli, 1888; e PO e FERRANDO, cit., pp. 85-93).
militare diretta, sia nell'organi zzaz ione logistica dei trasporti e riforrùmenli, n e lla protezione dei reparti da sbarco e nel collegamento di essi tra loro e con le unità.
Nel corso dell'anno, in parziale sostituzio n e delle unità già elencate, giunsero in mar Rosso le cannoniere Cariddi, Andrea Provana e Varese, i trasporti Città di Genova, Città di Napoli ed Eridano, la goletta Mestre e la nave cisterna Tevere.
Verso la fine del 1885, venuta meno la funz ione protettiva della marina militare per l'assenza di minacce in atto contro Massaua e gU altri presidi costieri, le unilà da guerra furono inviate a riprendere il consueto lavoro di pattugliamento del mar Rosso e di repressione della tratta degli schiavi (8).
Nell'anno successivo si ebbe l'arrivo della cannoniera Scilla, al comando del CC C. Mirabello, futuro ammirag li o e ministro della Marina, la quale venne impiegata per rilievi idrografici, del piroscafo Calata/imi adibito alla perlustrazione del litora le, del trasporto Europa munito di appara ti per la distillazione dell'acqua e della nave cisterna Magra.
La necessità di ricorrere nuovamente alla Marina per la difesa attiva del porro p ri ncipale della colonia si ripresentò agli inizi del 1887, nella situazione di emergenza ver ifi catasi dopo l'episodio di Dogali, quando si ritenne necessario prendere delle precauzioni per la sicurezza di Massaua: delle unità dislocate in mar Rosso, due vennero adibite a navi ospedali (9) e le altre diec i distribuite nei quattro settori di difesa intorno a ll a città (10). Tuttavia, non essendosi in segu ito concretata la temuta minaccia, di lì a poco le navi da guerra furono rese a i loro compiti ordinari di sorveg li anza e di effettuazione di r iliev i idrografici lungo la costa.
Fra le unità che prestarono servizio in mar Rosso, per più o meno l unga durata, nel corso del settennio seguente, furono le na vi Minerva e Cri stoforo Colombo, la torpediniera Giovanni Bausan, la cannoniera Sebast iano Veniero, gli avvisi Archimede, Galileo Galilei e Marcantonio Co lon na e i brigantini Palinuro e Miseno . Importante, tra le a ltre, la missione af fidata nell'apri le del 1889 alla Cristoforo Colombo (comandante CV l. Guevara), spedita con la Sebastiano Venie ro e il Miseno a Hoheida per condurre a term ine le trattative con il loca le governatore turco circa le
(8) Q uest'ul ti mo compito venne affidato principalm ente a li' Andrea Pro vana e alla Cariddi (GABRIELE e FR I Z, c it. , pp. 292 e segg.) .
(9) La corve lla Garibaldi e il traspo rto Citlà di Genova (G. FIORA YANZO e G VITI: l'opera della Marina, Il voi. della serie s tor ico-m ilitare di L'Italia in Africa, a cura del min. degli Esteri, Roma, 1954, p. 4).
( 10) PO e FERRANDO, op. cii., cartina a p. 112; si veda anche l'Estra//o della relazione sommaria su i vari servizi affidati alla R. Marina a Massaua nel 1887, in Appendice A , ibidem, pp. 94 1-944.
riparazioni pretese per un trattamento ingiurioso subito dall'agente consolare italian o. Poichè i turchi tiravano in lungo le discussioni con i più sva riati pretesti, il comand. Guevara non esitò a notificare un ultimatum con la minaccia di bombardare la città in caso di mancata soddisfaz ion e entro le 48 ore. La sua energia ebbe pieno successo e furono immediatamente ottenute le chieste ripara zioni ( 1 I).
13. Nuova cri s i alla fine del 1895, con l'avanzata dell'esercito di Menelik verso il confine eritreo: venne allora ricostituita, come nel 1885, la Di vis ione navale del mar Rosso, alla quale furono aggiunte quattro nuove unità legger e ( 12) e l'incrociatore Etna: questo arrivò a Ma ssa ua il 7 gennaio 1896 recando a b ordo, con n umero s i r i nforzi di truppe, il contramm. C . Turi destinato ad assumere il comando delle forze navali. Le unità della Marina furono nuovamente dislocate intorno alla città per far fronte ad ogni evenien za (13)
P er tutto il pr i mo trimest r e d i que ll 'anno cruciale per la gue r ra d' Africa l'Etna rima se alla fonda a Massaua e da bordo di esso vennero diretli i diversi servizi di sbarco e di rifornimento: il suo personale cooperò al tra sporto a terra delle truppe, dei materiali e dei quadrupedi ed integrò anche il servizio sanitario in città, per l'eventualità che fosse reso carente da ll'eventuale partenza della maggior parte de l personale militare per l'altopiano; una parte del suo equipaggio sostituì le guarnigioni dei forti di Abd-el-Kader, del Gherar e di Taulud. Nel mese di marzo, dopo Adua, furono compiute varie ricognizioni e crociere nella zona meridionale del mar Rosso, allo scopo di reprime re il contrabbando di a r mi per l' A b issinia: in una di tali missioni l'Etna catturò il piroscafo olandese Doelwyk carico di 45.000 fucili e S milioni di cartucce a destinazione di Gibuti. Successivamente, superata la crisi determinatasi in conseguenza della batta glia di Adua , l'Etna ri mp atriò ai pr i m i di ottobre e le a l tre unità ritornarono ai loro compiti ordinari di polizia marittima e di lavori idrografici: giunse anche in mar Ro sso la nave Città di Milano appositamente attrezzata per la riparazione dei cav i telegrafici sottomarini .
(I i) Ibidem, pp. 157-160.
(12) Gli incrociatori Caprera e Aren~a, la torpediniera Etn1ria e la cannoniera Currarone.
(i 3) "Meno lo Scilla" riferisce il rapporto del CA Turi "c he ho credu to di rimandare a continuare l a sua miss ione idrografica, e che potre i richiamare subi to qua ndo imperiose c ir costa nze lo r ich iedessero, tr ova ndos i a lavorare mo lto vicino a Mas saua. Le alcre navi credo doverle tenere qui riuni1e, sia per eseguire le missioni che potessero venire ordinate dal Governatore, sia per provvedere agli armamenti dei forti di Abd cl- Kader , di Taulud e del Oherar, nel caso che le truppe di Massaua dovessero anda re a rinforzare il campo, e finalmente per provvedere alla l ontan issima ipotes i di dover le s ituare a difesa di Massaua, per battere coi loro ca nnoni le strade che v i immettono, ci oè l'Etna e la Curratone ad Archi co, I' Etruria a s ud di Tau lud, il Dogali nel seno sud di Gherar e lo Scilla a Kor Dakilat" (FIORAVANZO e VITI, cit., p. 7; si veda anche la cartina a p. 280 di PO e FERRANDO, cir.).
Tra le operazioni della Marina nella zona durante l'ultimo quinquennio del secolo, sono da ricordare le perlustrazioni dirette ad impedire la tratta degli schiavi (14), l'azione protettiva degli interessi di connazionali su entrambe le sponde del mar Rosso (15) e l'importante compito affidato ver so la fine del 1898 alla Vol:urno per l'occupazione di Raheita, all'estremità meridionale della co lon ia , e per la.. definizione del confine con l'adiacente Costa francese dei somali.
14. Se nel mar Rosso la Marina ebbe a svo lgere un'attività, per quanto varia, intensa ed efficace, tuttavia in un ceno senso marginale ri spetto all'azione militare delle forze terrestri impiegate nella conquista di quella che sarebbe stata la co lonia Eritrea (16), il concorso delle unità navali fu inve ce preminente nelle occupazioni che nel medesimo quindicennio vennero condotte a termine con successo sulla costa somala dell'Oceano Indiano.
Già alla fine degli anni '70 si eran6 avute due visite di unità da guerra italian e o ltre lo stretto di Bab-el-Mandeb, -a Tagiura, Zeila, Berbera e lun go il litorale della Somalia: l'avviso Rapido del com. De Amezaga e la corvetta Veuor Pisani al comando del duca di Genova (17)_
E r a dal I 870 che studiosi ed esploratori segna la vano all'attenzione del governo quella zona come l'unica ancora aperta ad una possibile penetrazione italiana e sollecitavano l'apertura di trattative con il su ltan o di Zanzibar, detene ore di una sovranità teorica s1ùla costa orientale africana dalla Migiurtinia a capo Delgado 08): traLtative che ovviamente avrebbero dovuto essere condotte per mezzo della Marina .
(14) Se ne veda un esempio in PO e FERRANDO, cit., pp. 268 270.
(15) Così la Volturno venne inviata nel g iugno 1899 sulla cos ta orientale de l mar Rosso, a Moka e Hoheida, per r isolvere il caso di due sambuchi baLtenti bandiera ital ia na e carich i di balle di tabacco, il Mu1sahel e i l Nasser , che erano s ta ti arbitrar iamente cattura li da guardacoste turchi: in conseguenza dell'aLtacco il Nasser era anda t o ad incagl iare e l 'a ltro era stato condono in acque Lurche. L'energico auegg iam ento del com. Del Giudice indusse le autorità di Hohe ida a ri lasc iare il Mu1sahel e a pagare un'adeguata indennità per i danni arrecati all'a l tr o sambuco e per la co nfi sca de l carico.
(16) Lo dimosLra anche i l paragone degli slanz iamenti: le spese per l a Ma rin a in mar Rosso ammon ta vano appena al 2 4,5 OJo di quelle sos lerllHe per le forz e di terra (L'Africa ita liana al Parlamen10 nazionale, c il., pp. 404 e segg.).
(17) AMEZAGA C. DE: R. Avviso "Rapido" nel mar Rosso e nel golfo di Aden, in "R iv is ta Marittima", ot t. 1879; PO e FERRANDO, cit., p 1 1 e segg.; GABRIELE e FRIZ, cil., pp. 26 1-262.
(18) Scriveva in quell'anno Cristoforo Negri a l ministro degli Esteri, raccomandando di avviare traua 1ive d i amicizia e di comme r c io, come con l'Abisshia, così anche con il su ltano di Zanzibar, "che dom ina da 1500 miglia di coste dal capo Guardafui a Mozambico e raccog lie i l commercio di tu lla quella parte d'Africa" (R. C I ASCA: S1oria coloniale de/f'/1alia con1empora11ea, I I ediz., Mi lano, 1940, p. 266). Questo su ltano, vassallo egl i s tesso fino a pochi an n i prima dell'Imam di Mascate, era s tato liberato da tale sudditanza ad opera dell' In ghilter ra e teneva guarnigioni in var i punti elc i li torale.
Lo stesso P.S. Mancini, che come mi n istro degli Esteri prese l'i ni ziativa dell o sb arco a M assaua, co m pì anche i prim i passi per lo stabi lim ento della sovranità dell' Italia su alcuni punti delle spiagge som ale (19). P er suo incarico l'esp loratore A ntonio C ecchi, raggiunta Aden con gli altri m e mbri d ell a sua m issio ne su ll a corve tta Gariba ldi , vi attese l 'avv iso B ar ba rigo, su cui prese imbarco per Zanzibar, dove arrivò il 16 aprile 1885. Dopo una sosta durante la quale il Cecchi e il CF Fecarotta comandante dell'avviso
(I 9) Sempre per sollecitazione del Negri, che alla fine del I 884, avendo sentito che il Cecchi sarebbe stato inviato i n esplorazione ne l Congo (v. C. ROSSE TTI : Una mancata mission e al C o ngo di Antonio Cecchi, in "Annali de ll 'Afr ic a Italiana", I V (1941), fase. 2, pp. 503 e segg.), cosi scriveva da Berlino al ministro: "Odo che il bravo Cecchi parte pel Congo l o l'avr ei creduto ancora più opportuno pel servizio nei Somali e specialmente lungo il co rso del Gi u ba ed alla foce del medesimo. Colà spero che s a rà sos titui t o da altri ... La spedizione de l Giu ba è i mpo rt ante che si faccia e s i riconosca se q ue l fiume s ia navigabi le, senza os tacoli di cateralte. Ove ciò fosse, una colonia alla s ua foce avrebbe ben convenevole sede. È però evi dente che non dovrebbe porsi precisamente alla foce, ma in quella posizione più prossima ad essa, dove le condizioni mar illime consigliassero e le circosta nze igieniche fossero buone o tol le ra b il i" (L'It alia in Africa, a c u ra del min. deg li Es ter i, se r ie sto rica, voi. II, tomo Il, Roma, 1967, p. 3). Il Mancini, difaui, comunicava al Cecchi a metà gennaio 1885: "li Governo del Re sarebbe venuto, verificandosi certe circos tanze, nella determinazione di affidarle, invece della missione al Congo che Le era s tata affidata, una mi ss ione sul la costa orientale dell' Afri ca, n e ll a reg ion e de l G iu ba Le istru z io ni relative a ll 'ade mp i mento d i essa si co nt e ngono nell ' unito memo riale ... Voss ignoria prenderà imbarco sop ra uno dei legn i che attualmente s i recano nel mar Rosso, seco ndochè è det10 nel memoriale stesso Nell'intervallo che dovrà decorrere prima che Ella assuma la nuova missione, è desiderio del Regio Governo che Ella com p ia nel mar Rosso stesso u na miss io n e confide n zia le d i informazio n e e di indagini di cui Le in dicai ve r ba lm ente i pa rticolari". Nel memoria le al legaw si preci sav a: "La miss ione al Congo è mantenuta, ma provvi soriamente differita ... Il capitano Cecchi, con gli altri componenti la mi ssion e diretta al Congo, prenderà imbarco a La Spezia o a Mes sina sulla Garibaldi. In un punto del mar R osso, che po trà essere o Massaua o Aden, il capitano C ecchi sba rcherà... da lla Garibaldi pigliando i m barco so p ra altro legno de ll a R. Marina, probab il mente il Barbarigo, il quale a quest'uopo muoverà a quella volta entr o un mese al più tardi. li capitano Cecchi a bordo del legno ove si sarà trasferito procederà verso le foci del Giuba , esplorerà la costa vicina, si recherà occorrendo a Zanzibar, ed acquistato il convin c imento che n o n o st in o ad una event ual e o ccupaz ione da pane d ell ' I ta l ia i mpe d iment i d' in dole po lit ica sia per le condizioni o le disposizioni dei capi indigeni di quei luogh i, sia pei rapporti che esistono tra quei capi indigeni e il s ultano di Zanzibar, intraprenderà una apposita e minuta esplo razione della regione interna da cui il Giuba deflui sce , con l'intendimento di addivenire nella regio ne s te ssa e s ulla costa, t ostoch è l'u tilità g li ene a ppa ia man ifes ta, ad u na pre sa di possesso o qua n to meno all o stabilim e nto del protettorato italiano sopra quelle co ntra de e so pra i capi che vi hanno attualmente dominio" (ibidem, pp. 9-10). Come si vede, al Mancini stava molto a cuore la segretezza che doveva circondare l'operazione, per non pregi udicarla in partenza: pu rtr oppo, il segreto era quell o di Pulc i ne ll a: il vice Conso le Maissa g li te leg rafava infalli da Suak in a ll a fine di febbra io : " L'expèd i t ion Cecchi a u Juba n'est plus un sec ret pour personne. Tout le monde ici en parie plus ou moins ouvertement. Si elle doit avoir lieu, il faudrait la hater p0ur ne pas etre dévancès".
stabilirono i primi cordiali rapporti con il sultano Bargasch ben Said (20), il Barbarigo sa l pò alla volta della costa africana, dove prese terra a Lamu, a Port Dunford (Bur Gobo) e a Refuge Bay (Chisimaio), dando agli esploratori la possibilità di visitare la foce del Giuba e di assumere informazioni su l regime del fiume (21).
Ritornati a Zanzibar, il Cecchi e il Fecarotta , che in precedenza si erano mostrati molto ottimisti (22), dovettero persuadersi che l'atteggiamento minaccioso della Germania rendeva esitante il sultano: Bargasch temeva, (20) Come suggerito nelle istruz ioni de l mini s tro Brin al com. Fecarot ta, nelle quali si di ceva: "li Regio Governo venne nella decisione di aff idare al Capitano Cecchi l'incarico di esplorare la r egione interna dell'estremo Nord-Est dell'A fr ica da cui i l fiume Giuba defluisce. Questa cos iddeua penisola dei Soma li può riteners i in massima parte indipendente da qualunque sovranità o protettorato di Potenza Europea; so ltamo è probabile che il s ultano di Zanziba r eserciti una certa sovran ità od influenza su parte cl i quel lit.orale. Anche per questo motivo sarà quindi opportuno l'approdo a Zanz ibar prima d i proce dere alla pros piciente costa del continente Africano. In Zanz ibar sarà faci le raccogliere informaz ioni esatte c irca le condizioni actua li dei tertit0ri solcati dal fiume Giuba e fornirsi anche di qualche interprete e di persona pratica di quella costa. In Zanzibar la S. V ed i l Capitano Cecchi potranno accertarsi se esistessero impedimenti cl 'indole politica ad una eventua le occupazione da parte cie li ' Italia". Al Cecchi il Mancini, r iferendosi alle suddette istruzion i del mini s tro della Marina, souolinea va la del icatezza dell'incarico: "30 marzo 1885 Istruzioni definitive sped ite per posta 18 cor rente da l mi ni ste ro di Marina a l Comandante Barbarigo. La missione deve essenzialmen te limitars i per ora accertare condizione politica regione e possibi lità che Giuba serva come via commerciale verso interno. Raccomando circa primo punto somma prudenza" (ibidem, pp. 12 14).
(2 1) Gli esplo ra tor i furono muniti dal sultano Bargasch di lettere di presentazione per i governatori locali, nelle quali, per sopire la diffidenza de i Somali, si parlava di una battuta d i caccia che i l Cecchi e i l Fecarot ta avrebbero effettuaro alla foce del Giuba: infatti le popolaz ioni della costa erano in grave apprensione per l' invadenza dei Tedeschi che in quei giorni cercavano d i allargare i loro s tabil ime nti nell'est africano (Useguha, Ukami, Uruguru e Usa go ra) e perciò, senza fare distinzioni di naziona lità, accomunavano tulli i bianchi nel loro sospe tt o. Una prima ricogn izi one con partenza da Bur Gobo non diede risultati sodd isfacenti perchè ci si internò per errore in un affluente anzichè seguire il vero corso del fiume principale : "Il signor Cecchi e io" scrisse il Fecarotta "ci recamm o i n una lancia a riconoscere il corso superiore d i questo fiume. Se noi lo avessimo percorso realmente, bi sognerebbe concludere che esso ha origine da ben povere sorgen ti ma dubico che c i siamo internati in un affluen te di poco conto, credendo di risalire il vero corso del fiume ... Tale conv in zione, e d'altra parte l 'imposs i bil ità di proseguire, ci determinò a ritornare indietro". Tuttavia, la s pedizione organizzata a Chisimaio fu più felice: in 4 giorni i due esp loratori, scortati da un drappello armato de l Barbarigo e da un variopinto codazzo di capi indigeni, interpreti, portat0ri e soldati del sultano , percorsero la re gione della foce del Giuba, assai difficile a r iconoscersi a causa delle paludi in cui la co rren te si disperde, e racco lsero no tiz ie sulla navigabilità, che era accertata sino a Barder a e a Ganane, salv o le difficol tà di imbocco alla foce (PO e FERRANDO, cit., pp. 102-105).
(22) Dispaccio de l Cecchi a l Mancini in data 21 apri le: "Sultano teme u lteriore occupaz ione German ia sembra disposto t r attare con noi cessione alcuni p unt i. P rego au t orizzarmi trattare: in v iisi Sultano autografo reale accreditament0" (L'Italia in Africa, vo i. cit., p. I 9).
infatti, che qualu n q ue concessione territoriale all'Italia avrebbe provocato un'ulteriore espansione del protettorato tedesco de ll 'Africa orientale (23), così che gli italiani furono costretti ad accontentarsi della stipulazio ne di un trattato di commercio, contenente il permesso di creare fattorie in ogni parte dei domini zanz ib aresi (2 4) e la concessione all'Italia del trattamento della nazione più favorita. Il trattato venne rat ifi cato il 16 ottobre 1885.
Tre anni dopo l'avv iso Staffetta, al comando de l CF R. Volpe, inviato i n crociera di circumnavigazione africana, sulla rotta del ritorno toccò Zanzibar e nell'assenza del su l tano in viaggio a Mascate, venne acco l to cordialmente dal generale ing lese Matthews, capo dell'esercito zanzibarita e vero padrone dell'isola Durante la permanenza d ella nave i talian a, Bargasch rientrò nel suo Stato, ma solo per morire poche ore dopo: il Matthews scelse a s uc cedergli il fratello Khalifa ben Said, al quale due g iorni più tardi vennero presentati, insieme con i comandanti delle altre navi ester e presenti in porto, anche il com. Volpe e il console Fi lonardi, mentre lo Staffetta eseguiva una sa l va di saluto di 21 colpi che de li z iò il nuovo s ulta no. Ma i buoni rapporti si incrinarono a distanza di poco tempo, quando il F ilonardi, su istruzioni del Crispi, chiese al Khal i fa di effettuare la promes sa cessione all'Ita li a dei territ or i intorno a Chisimaio: il su ltano, rivelatosi ta nto xenofobo quanto il fratello era stato ben disposto verso gli st ranieri, si comportò anzi in maniera così offensiva con il console, che si arrivò a una rottura di rapporti. Inv iate subito due altre unità da guerra nelle acque di . Zanz i bar (25), l'una vi si fermò sei mesi, l'altra vi rimase ancora più a lungo, ufficialmente per concorrere con le navi tedesche e britanniche al blocco del li torale africano nominalmente dipendente dal su l tanato, stabilito al fine d i imped i re il commeFcio degli schiavi ed il'contrabbando delle armi.
Fu nei primi mesi del 1889 che, rimanendo i mpregiudicata ·la questione di Chis i maio (26), l'Italia gettò le basi del suo protettorato su lla costa
(23) Bargasch s o leva d i re, a proposi to dei suo i rapporti con i german ic i, che ch i è st ato mors o una volta da un se rpen te, poi ha paura anche d i una f une arrotolata. D'ali ra parte, in quel momento, pe rs ino la semp lke r ichiesta di una ristretta concess ion e alla foce del Gi u ba av rebbe alla r mato le èancelle ri e èuropee (v. docc. 63, 64 e 68, ibidem, pp. 43 44).
(24) Il neo console italiano a Zanz iba r Vincenzo F ilonardi, che da anni v i esercitava il suo commercio, si dichiarava d isposto a stab ilire fatto ri e commerc iali nella zona di Chis im a io.
(25) L'avviso Archimede, a l comando de l CF Angelo B iancher i, arr ivato a Zan z ibar ne l g iugno 1888; e la torped i n ie ra Dogali, comanda n te CF F. Preve, un rn.ese dopo .
(26) Su C hisimaio s i appumavano le mire della l.B.E.A. (lrnperial British Eas t Africa Cornpany): dopo l u nghe tra t tative fra il Cecch i e i rappresen tanti di questa compagn ia si era pervenuti ad u n accordo, in base al quale la I.B.E.A. accon sen t iva a tra sfer ir e la concessio ne di Chisimaio all'Italia, a patto che q uesta r imanesse sotto un'ammin istraz ione congiunta i1alo-britann ica: accordo g rad ito a l sul Lano d i Zanzibar. Nuove consu l tazioni nell'agos to e nel no vembre 1889 mi r a rono po i a inc ludere nell'acc ordo la concessione all'Ita l ia de i poni di Brava, Me rca, Magadoxo (Mogad isc io) e Uarsceik, ma questa volta i n mancan za del l 'approva z ione de l s u ltano l ' i n tesa restò senza effetto (CIASCA, cit., pp. 271-272).
somala settentrionale, operando soprattullo con le unità della Marina. Rimpatriando, a febbraio, il Dogali imbarcò il console Filonardi e toccò Obbia, dove, a seguito di laboriose tra1tative (2 7) con il su ltano loca le J us uf Ali, venne concluso un accordo in forza del quale tutti i territori appanenenti ad Obbia erano posti sollo la proteLione italiana contro il pagamento al sultano di un canone annuo di 1.200 talleri, poi portati a ·1 .800: 1'8 febb r aio sulla garesa, residenza sultania lc, venne ammaina t a la bandiera di Zanzibar ed alzato il tricolore. In seguito il Filonardi sbarcò ad Aden e vi auese l'arrivo di due altre unità provenienti dalla madrepatria, gli avvisi Rapido, al comando del CFC. Amoretti, e Swfferra (comandante G. Por ce ll i), per mezzo de ll e quali s i sarebbero i nt avolate co n i l sultano dei Migiurtini, Osman Mahmud, che dominava la region e al nord di Obbia, trattative analoghe dirette ad estendere il protettorato italiano fino al limit e orientale de l Somaliland bri1annico. Lo Staffetta prese terra a Bender Ziada, Bender Kass im, Maraia, Alula e Olok: dovunque le accoglie n ze degli indigeni furono buone, venne ro scambiati doni e fu molto apprezzata l'opera del medico di bordo che visitò e curò parecchi ammalati. Nell'ultimo sca lo cosi comi nua la relaz.ione del com. Porcelli (28) avvenne l'in contro con il s ultano, che, ayvertito della presenza della nave, vi si era reca to dall'interno del paese, per incontrare gl i Italiani.
Le trattative continuarono poi ad Hafun, dove giunse pochi giorni dopo anche il Rapido, con a bordo il sultano Jusuf Alì, che l'avvi so era anda to ad imba rcare ad Obbia: con l'intermediaz i one di quest i si pervenne labo rio samente ad un accordo. Tutto il mese di marzo I rascorse in conversazioni e festeggiamen1i, durant e i quali O sman Mahmud, che dapprima appariva re s tio a concludere (29), visitò più vo l te· l e navi e ne fu favorevo l mente impressionato. Finalmente il 7 aprile s i addivenne alla firma de l trattato, alle stess e condizioni di quello di Obbia: con questi due str umenti si
(27) Alle quali partecipò auivamcme il TV Ferrara.
(28) 11 leslO completo della rela.done del com. Porcelli i: riportato da PO e FERRANDO. ci t. ,pp. 133 152.
(29) Osman Mahmud, infaui, aveva sempre ri fiu1a10 , fino ad allora, le propos1c di protezione offcnegli da ahre Poten ze. a!>!,erendo che "i Migiunini non hanno bisogno della co~1a. bastando loro i prodoui dell'interno per vivere. che egli e i suoi dipendenti volc,ano c,\ere amici deg li europei in generale e degli i taliani in particolare Non avendo bisogno della costa non avevano bisogno di appoggio a lc u no perchè 111 ,aso di ol'f.::~a dal ma r e ~i ,a rebbe r o 1u 11i ritirat i nel l ' in terno tull i si sarebbero unili aspcuando co là g li invasori, i qua li doHanno provare di avaruarsi ,e loro riu,cirà facile".
gettavano le basi della futura co lonia (30) . Il presidente del co nsiglio e ministro degli Esteri Francesco Cri spi comunica va alle Potenze, il 19 novembre 1889 , che l'Italia aveva assunto, dal 15 di quel mese, il protettorato di tutto il litora le somalo intermedio tra i quattro scali marittimi di Bra va, Merca, Mogadiscio e Uarsceik. Re stava no escluse dalla sfera d'influenza italiana soltanto quelle quattro località costiere zanzibarite che l'improvvisa resistenza del sultano Khalifa ben Sceik aveva impedito ve ni sse ro prese in affitto dalla l.B. E.A. e che erano indubbiamente indi s pensabili al controllo della reg ione somala accessibile dall'Oceano Indiano (31).
Int anto la marina militare doveva purtroppo registrare le sue prime perdite in quel teatro di operazioni: il STV Carlo Zavagli e il marinaio Angelo Bartorello, della nave Volta, ucci si dagli indigeni a Uarsceik il 24 aprile 1890 (32); in quello stess o anno, alle unità presenti in Oceano Indiano s i aggiunsero, dal marzo al luglio la Volturno che vi sostò nel corso del (30) "Questo dì 6 sciabban 1303 corr isponde nte al 7 di aprile 1889 , Noi sultano Osman Mahmud, sultano di tutti i Migiurtini mettemmo di nost ra piena volontà le nostre firme ed il nostro sigillo in quest'atto. Noi abb ia mo messo il no stro paese da Ras Awath a Ras el Kyl , Wadi Nogal e paese intern o compreso, sotto la protezione e Governo di S.M. il magnanimo Re d'Italia Umberto I. Ciò noi facemmo per mezzo dei rappresencanti di S.M. il Re d'Italia comandante Amorel!i comandante la regia nave Rapido, comandante Porcelli della regia nave S1ciffe11a e Console Fi lonardi. Noi acceniam o la bandiera del Governo d'Italia per inalberarla nei paesi sop ra men :i;ionati. Dich iar iamo che non faremo contraili co n altri Governi e persone, e che faremo uso della nostra forza per salvaguardare nei nostri possedimenti gli italiani e loro amici. Noi scrivemmo quest'atto di nostra piena volontà e coscienza, e ciò che abbiamo scri110 impegna noi, i nostri figli, fratell i, s udd it i e loro eredi. Quest'atto viene da noi firmato nella piena podestà delle nostre facoltà di corpo e di animo e fu firmat o nella data sovramenzionata in Bender Alula. Firmati: OSMAN MAHMUD JUSUF, Sultano dei Migiurtini JUSUF ALI JUSUF, Su ltano di Obbia Carlo Amoretti, Co mandante la Regia Nave Rapido Giuseppe Porcell i, Comandante la Regia Nave Staffe/la Vincenzo Fil onardi, Console". Dell'assunta protezione sui territori somali fu data subito comunicazione all e potenze. Un breve tratto di litorale intorno ad Athaleh (Itala), che si scopri poi risult are giuridicament e vacante, venne occupato stipulando un at to di cess ion e non i cap i locali il 24 maggio 1891. Docc. relativi e te s ti delle convenzioni in Somalia italiana 1885- 1895. Docum enti diplomatici presentati al Parlamento, ecc., XIX Legisl., 1• sess ione, n° Xlii q11ater, Roma, 1895; presentazioni alla Camera e relat ive discussioni, in L'Africa italiana, ecc., cit. , pp. 53, 80, 86-87, 167, 220, 318-320.
(31) Proprio a quei quattro sca li , gli unici abbastanza praticabili in circa 2000 Km di costa, il territorio doveva il suo nome di Benadir, che significa "paese dei mercati": erano infatti i soli sbocchi al mare delle vie ca rovaniere provenienti dall'interno, lungo le quali si svolgeva il traffico con l'Etiopia.
(32) li STV Zavagli era andato a terra con la barca a vapore del Volta, per invitare i capi indigeni della località a recarsi sulla nave a ritirare i regali destinati loro. Sbarcò con un sottonocchiere e un interprete: tutti e tre, disarm ati, a poca distanza dalla spiagg ia fur ono as saliti da una folla di indigeni fanatizzati, e dovettero ritirarsi verso l'imbarcazi one. Lo Zavagli, più volte ferito, riuscì infine, con il sottufficiale, a raggiungere la barca a vapore, dalla quale il marinaio Bartorello copriva con il fuoco della sua arma il salvataggio del suo superiore: ma nell'atto di s alire a bordo l ' ufficiale venne mortalmente colpi to da un giavellotto che gli reci se la caro tide: anche il Bartorello riceveva una grave ferita di fucile. Lo Zavagli giunse sul Volla già cadavere, il marinaio vi spirò il giorno seguente. Ambedue vennero sepolti in mare. Il comandante del Volta, CF G. Amari, bombardò la località, ma con scarso effett o, per l'i nsuffic ienza del s uo armamento di artiglieria (PO e FE RRA NDO, cit., pp 161 164).
suo viaggio verso l'Estremo Oriente (33), e dalla fine dell'anno all'aprile 1891 la cannoniera Curtaton e, la cui s ta zio ne a Zanz ibar se mbrò gradita a l s ult a no.
I ntanto, nel 1890 , l' I nghilterra, sta bilita finalmente con la Germania la delimitazion e delle r ispetLive zone d'influenza n ell' Africa Orientale, aveva ass unto i l protettoraLO su l s ultanato di Zan z ib ar ed aveva com unicat o a l governo italian o c he da ta le prote ttor a to rimanevano es clu si i quattro porti del Benadir, nel ris petto dei diritti e privilegi acquisiti in precedenza dall' Italia . D opo trattative durate a lcuni mesi, si ad dive nne alla fir ma di un pr otoco llo (24 marzo 1891) per stabilire i confini de l territ or io dichiar ato sottoposto all 'infl u enza ita liana (34). Perta nto con una success iva convenzione italo-zanzibarita del 12 agosto 1892 al governo italiano venne ricon osciuto il diritto di eser cita r e l'am min istrazione politica e giudiziaria, per un pe ri odo di tempo determinato, sugli sca li di Brava, Merca, Mogadisci o e Uar sce ik contro il pagamento al sultan o di un canone annuo di 120 . 000 rupie (35) La gestione dei quattro porti venne s ub concess a alla so cietà Fil onardi, la cui attività fu peraltro intralciata dalla sca rsezza di cap itali iniziali e dalla tenuità del co ntribut o finanziario e rogat o dal governo itali ano (36).
Mentre si svo lgeva no queste trattative dipl omatich e e si cer cava di dar forma, co n il minimo della s pesa, a l dominio itali ano su lla Somalia, la M arina continuava ad agire senza soste p er tradurre su l ter ren o pratico tali iniziative e per afferma re concre tament e l'i nflue n za dell'Ita li a s u quelle terre arr et rate e in ospita li. Dall a fine de l 189 1 l'avvi so S taffetta, ora a l comando del CF G. Sorr entino, percorse per du e mesi il li to rale so mal o, da Zanzibar dove otte nn e b u ona accoglienza da parte del con so le generale britannico P ortai (37l ri sa lendo verso nord e toccando Brava, Merca, Mogadiscio, It a la, Obb ia , fino ad Alul a nell'estrema punta sette ntrion ale o ltre il capo
(33) F. LEVA : Storia delle campagne oceaniche della R. Marina, Roma, 1936, voi. Il , p. 235.
(34) Il testo del protoco ll o 20 mar zo 1891 e di que ll i successiv i (15 april e 1891 e 5 giugno 1894), co me pure il testo delle note sca mbiate tra It a li a e In ghil t erra per la d e limitazione d e ll e rispetti ve zone di innuenza, sono reperibili in ROSSETT I : Storia diplomatica dell 'Etiopia, Torino, 1910, pp. 119 e segg
(35) La sovra nità teorica di Za n zibar, rimast a in essere e si mboleg gia ta dalla pre senza d e ll a band i e ra d el s ultano a fian co d i quella ita l ia na e co n i1 mant e nimemo in funzione dei wa lì, o governatori zanz ibariti, con poteri nominali, durò fin o a l 1905, quando fu l iqu id ata co n il riscatto del canone: sist emazione facilitata dallo stabili mento, intervenuto nel frattemp o, del protellorato britannico sul sultanato
(36) Ch e ammontava ad appena 300.000 lire annue, dalle qua li inoltr e doveva essere defalcat o il ca n one di l ire 20 1.600 da versare al s ultano di Zan zibar.
(37) "Che è i l vero su ltan o di Zanzi bar " commenta ne lla sua rel azio ne il coma nd Sorrentino (F IORAVANZO e VITI, cit., p. 9)
Guarda fu i (38) Quando si trattò di attua re il trapasso de ll 'amministrazio ne de i qu attro scali a lla società Filonardi, fu ancora lo Staffetta, ritornato in Oceano Indiano ne ll a tarda primavera del 1893 al comando del CF E Incoronato, che agì su lla costa, dapprima prendendo contano a Zan zibar con i capi arabi e somali delle qu att ro citt à, invitati dal sultano a ffinch è g iuras ser o fedeltà all'Italia (39). Successivamente lo Staffetta andò a Brava, dove la consegna delle dogane ai funzionari della società Filonardi si svolse senza incide nti; ma il 10 ottobre, quando la nave giunse a M erca , dopo le cerimo nie uffi c iali effett uatesi pacificamente, ment re il comand. I ncoronato e i s uoi ufficiali si accingeva n o a r ientrare a bordo, venivano assaliti da un indigeno che pugnalò alle spalle il TV M. Talm one, il qual e spirava poco dopo es sere st ato r e imbarcat o . Dinanzi a questo fat to, del quale gli abitan ti di Merca non potevano scaricare la respons abilità sui bimal, il comand. Incoronato depose il walì di Merca e fece arrestare i capi più influenti della città: indi procedette ad un seve ro bombardamento dell' abitato e dei villaggi c irco stant i. A Mogadiscio le operazion i di presa di posse sso si svo lsero senza inconvenienti, ma il comandante dell o Staffetta fu avve r tito di stare in guardia a Uar sceik, i cui abitanti si diceva avessero giurato che nes sun infedel e avrebbe mai più rimesso il piede nel lo ro pa ese Perciò, non di sponen do di forze sufficienti per effettuare operazioni di sbarco di una certa ampiezza, il com. I ncoronato prese a bordo il walì Soliman, uomo fidato e capace, con 50 uomini della guarni gion e di Mogadiscio, e salpò d i buon 'o r a il 26 otto bre p er Uarsceik, giungendovi verso mezzogiorno: colà walì e so ldati sbarcarono e si assicurarono della tranquillità del luogo, arre sta n do parecchi elem enti ostili, tra cui alcuni che avevano par tecipato all'aggr essione agli uomini del Volta, e disarmando la ma gg ior parte de lla popolazione: così si po tè prender
(38) La relazione del comand. dello S1affe11a è integralmente riportata in PO e FER RANDO , c it., pp. 176-243. Vi s i mette in r il ievo la cura pos ta dal Sorren t i no ncll' acca lliva rs i la si mp atia degli indi ge ni, per na tura poco ben d isposti a t o llerare l a presenza di cristi ani ne l loro paese. Le accoglienze alla nave italiana furono molto buone a Brava, meno cordiali a Merca , dove la popel azione, compOsta in gran parte di so mali della fanatica e selvaggi a tribù dei bi mal i c ui m embri so no descrilli come "sfacc iat i, bugiardi, tru ci e fa lsi", gua rd ava con sos pett o l 'ar rivo d egli infe deli , nonostante la co rrettezza del contegno ufficiale dei capi; a Mogadiscio la città fece gran festa agli ospiti , c he solleticarono l'ambizione del governatore zanzibarita t ributand ogli solenni onori e le salve di saluto spettanti a un vice ammiraglio. A Itala l'equipaggio dell o Staffeua ricevette l 'omagg io del sultano Imam Hamer, c.apo di una im port.ante t ri bù dell' interno, venuto a ppositam en te a lla costa pe r vedere la nave itali ana : colà·~i rimase alla fonda 15 g iorni e il conso le FiJonard i prese ufficia l mente possesso della località a l la presenza del com. Sorrentin o. Ouime furono le accoglienze ricevute anche nei due ultimi scali di Obbia ed Alula.
(39) In quella circost anza , mentre i capi di Brava e Mogadiscio ass ic uraron o assistenza e prote z ione ag li Italiani nelle loro c ittà e ne l territor io circostan te, i l capo di Merca affe rmò che poteva impegnarsi soltanto per l 'estensione dell'abita10, poichè nell'interno erano padroni assolu ti i feroci bimal, che non obbedivano a ness uno.
possesso senza incidenti del paese e lasciarvi una piccola guarnigione araba. In seguito lo Staffetta ritornò a Mogadiscio, poi si portò di nuovo a Merca, a Brava e a Zanzibar, per rimpatriare nel gennaio del 1893, lasciando la costa apparentemente pacificata.
Nel corso del quadriennio seguente la Marina continuò a sorvegliare i porti del Benadir: vi giunsero successivamente la Volturno (40), il Piemonte, la Curtatone, poi ancora la Volturno, il Dogali, lo Staffetta, la Gover nolo e il Volta. Nessun incidente degno di nota funestò quel periodo, fino a che, alla fine del 1896 , anno infausto per l'Italia in Africa Orientale, la Ma rina subì un'altra grave perdita in Oceano Indiano, con la strage dei comandanti F . Mongiardini della Volturno e F. Maffei dello Staffetta e di altri otto ufficiali e cinque graduati e comuni delle due unità. Tanto più doloroso fu l'episodio , in quanto l'eccidio avvenne improvvisamente e inaspettatamente in un territorio ritenuto pacifico e sicuro, nei pressi di Mogadi scio, a Lafolè, per un subitaneo scatenarsi di odio xenofobo in tribù mantenutesi fino allora abbastanza tranquille (41).
Rimpatriata la Volturno nella primavera del 1893, lo Staffetta, rimasto in Oceano Indiano , svolse azioni sulla costa, tra cui l'occupazione di Itala con una compagnia da sbarco, mentre le forze terrestri ivi di presidio partivano verso l'interno per una spedizione repressiva. 1Anche il Volta ritornò sul litorale somalo effettuandovi trasporti di truppe e di materiali, come il Dogali, restato in questa stazione fino alla metà dell'anno. Oltre
(40) Vi era imbarcato come ufficiale il duca degli Abruzzi. (41) ll 15 novembre 1896 da Zanz ibar la Volturno raggiunse lo Staffetla a Mogadiscio, trasportando in questo porto il conso le Cecchi. Nei giorni precedenti il CF Maffei, secondo le istruzioni ricevute, aveva cominciato ad organizzare una spedizione a Gheledi, sulla sponda destra deU 'Uebi Scebeli, per riconoscere le rive del fiume e per far visita al sultano l ocale, onde st ringere rapporti con lui i n vista di una comune azione difensiva nel caso di un'eventuale invas ione amhar ica, ritenuta non impossibile dopo l'infausta conclusione della guerra italo e ti op ica ne l nord: ma, avendo saputo che il s u ltano era tempo raneamente assente , iJ Cecchi, il Mongiardini e il Maffei de liberarono di li mitars i ad un'esc ursione, poco più di una gita, sulla sponda sinistra dell'Ucbi Scebel i, a pochi c h ilometri da Mogadiscio, sul Lerreno d i tr i bù dimostratesi fino allora pacifiche ed amichevoli Alla s ped iz ione presero parte, o ltre il Cecchi e i due comandanti delle navi, gli ufficia l i Baral di, Baroni , Sanfelice, De Cristofaro, Smurag l ia , Gasparin i, Guzolini , Oliv ieri, i graduati e marinai Ro lfo, Vianello, Ca ramelli, Buonasera, Gregan te, e il direttore delle dogane Qui r ighett i: 17 bianchi in tutto, scortati da una sett antina di ascari, che parti r ono ne l pomeriggio del 25 novembre. Acca mpatisi quella sera nella bosca g lia di Lafolè , a 20 km da Mogadiscio, verso l'una di notte vennero assal iti ne l sonno: ma J'aL tacco fu respinLO. Si decise allora la ri tirata verso il liLorale e all'alba questa ebbe inizio. Subi to gli indigeni, appos tati nella boscag l ia ai margin i della pista, cominciarono a to r mentare la carovana co n tiri di frecce e giave ll otti e con tiri di armi da fuoco. Dopo tre ore di tormentoso cammino, esse n do quas i tutti gli ascari caduti o fuggit i ed essendo quas i finite le munizioni, i bianchi , sp arpagliati e divis i, vennero uccis i ad uno ad uno, e so l tanto tre di ess i, il so ttocapo timoniere Vianello e i comuni Gregante e Buonasera, riuscirono a raggiungere, feriti ed esaust i, Mogadisc io.
que s te unità, g iuns e anche l'Elba, il cui comandante, CF Sorrentino, era sta to nom inato Commissario strao rdinari o del Benadir dopo la strage della carovana Cecchi. E gli a sso lse, tra gli altri, il doloroso incar ico di dare sepoltura alle prime sa lme cli caduti recu perate, i n forma solenne e c on la partecipazione d egli equipaggi delle nav i e della guarnigione cli Mogad isc io; qu i nd i curò il recupero de i co r pi degli al t r i cadut i rimast i a Lafolè, do ve f u stabi l ito un fortino. Nella primavera seguente , i l comandante Sorren tino organ izzò una spedizione punitiva contro le tribù Daùd, Uadalàn e Heib Mursala, responsabili dell 'ec cidio de l Cecchi, de i comandan t i Mon giardin i e Maffei e dei loro compagni , impiegando ascari eritrei giunti di rinforzo, unitam e nte agl i ascari loca li po sti al comando d i un guardiamar ina, mentre i marinai fornivano compagnie cli sba rco a presidio della città r i masta indifesa. Dopo vari scontri con gl i indi gen i ribelli, la spedizione raggiunse il s uo sc opo senza a lcuna perdita cli b ianchi e con un so lo caduto tra la truppa cl i col o re .
L'Elba e la Governolo continua r ono poi il loro compito di perlustrazione de l litoral e , alternandosi, durante l'ultimo triennio dell'SOO, con lo Staffetta e il Cristoforo Colombo, ed avvalorando con la loro presenza quanto aveva prev isto ne l 1893 il com Incoronato : "Sono convinto che, fin quando un a nave italiana risiederà a Z anzibar o percorrerà la costa del Benad i r, si può esse re si curi di non temer e di sordi ni" (42).
15. - Dal 1900 in poi, la Marina continuò ad asso lvere i suoi compiti di sorveglianza e di intervent o sulle cos te d e l m ar Rosso e nell ' Oceano In diano. Fu un compito faticoso ed oscuro, svo lto da unità di piccola stazza e cli mod esto armamento, affidato, più che al l 'imponenza delle nav i da g uer ra e alla mol e dei loro cannoni , a ll 'abn egazione d eg li equipaggi sottoposti a dure fatiche e a continu i disagi in un clima malsa n o (43), e soprattutto all'abilità d ei comandanti e de g li ufficiali che dov eva no traltare con le po polazioni costiere e tenere alto tra esse, con gli scarsi mezzi a disposizione, il prestigio d e lla potenza pro tet t r ice.
O ltre le molte unità che ne i pr im i anni de l sec olo furono in mar Rosso e ne ll 'Oceano Indiano di passaggio per l'Estremo Oriente (44), sono da c i ta re tra le navi s tazionarie l'Andrea Provana, che ebbe a so r vegliare i
(42) G. FIORA VANZO: la Mari n a militare nel suo primo secolo di vita (1861-1961), Roma, 1961, p. Il I.
(43) Al punto che alc une unità do vellero essere in vi ate all e i sole Seycel l es per un periodo d i riposo e d i eonvalesccnLa dei marinai , t ra i quali i n determinate stagion i il numer o degli am ma l ati risu lt ava no tevo l mente acc resci uto.
(44) Piemonte, E1na, E11ore Fiera111osc-a, Ve11or Pisani e Vesuvio nel 1900; Calabria, Lombardia, Marco Polo e Puglia nel 1901 .
maneggi del comandante tedesco F. Grapen della Marie s ulla costa turca dell'Arabia, la Governolo, la Volturno, la Vo lta, la Cristoforo Colombo, la Barbarigo . La G overnolo, i n partico lare, a l comando del CF L. Graziani, o l tre a compiere numerose crociere per la repressione della tratta deg l i schiavi, p er l'intercettamento de l co ntrabbando d'armi e per l'esecuzione di rilievi idrografici, dovette tener d'occhio l' atti vit à s o spetta del su ltano dei Migiurtini O sman Mahm ud e coo però al sa l vataggio d el piroscafo tede sco Asturia naufragato ad Hafun; quindi, in un seco ndo viaggio s ull a costa somala settentrionale, esercitò vigorosa pressione s ul sulLano che si stava se mpre più comprometten do ne l parteggiare pe r la fazione del Mad Mullah (45), il quale esercitava la guerriglia contro il Somaliland britannico; durame questa mis sio n e, ve nn e alzata la bandiera italiana nella loca li tà di Bender Ziada, approdo situa to al co n fine con il terr i torio ingl ese
Nel 1902 il Piemonte, trattenu to in Africa Orientale durante il s uo trasferi ment o nei mari della Cina, venne incaricato di effettuare un'azione su l litorale yemenita del mar Ro sso, in coope raz ion e con il Governolo, il Galileo Galilei e il Caprera, allo scopo di reprimere la pirater ia e di indurre le autorità turche ad agi r e secon do norme più civ ili verso i sambuchi mercantili appartenenti a su dd iti eritrei, di passaggio nei porti arab i per ragioni di comme r cio ; nel corso di tal e operazione venne bombardato il vi ll aggio di Medi e fu sostenuto un combattimento co n imbarcazioni indige n e e con fucilie ri appostati sulle spiagge, durante il quale cadd e il marinaio scelto G Filosa.
Il biennio 1902 1903 v ide anche le fo r ze marittime italiane impegnate nella co llaborazione con quelle britanniche contro il Mad Mullah (46). E ssend o stato concesso agli In g les i di sbarcare n el territorio del sultanato
(45) Le or igi ni di questo pe rsonaggio erano, all'epoca, p oco note: si chia ma va Mo ha mme d be n Abdallah ed appart e neva alla tribù somala dei Dollahanta. Dopo aver compi uto va r i pellegr inagg i alla Mecca, acceso da un fana ti co odio con tro t utti g li infede li, com inciò ad eccita r e i soma li della sua t r ibù e d i qu e lle vicine con t ro g li Ingle s i che avevano da poco a ssun to i l pro tett orat o su l s uo paese. I b r it ann ici dapprima non lo presero su l serio, ch iamando lo Mad Mullah, "p rete pazzo": ma in segu ito , crescendo le forze e l ' ar dire d ei seguac i di lui, si videro cos tr elt i ad intervenire militarmente con una sped i z ion e punitiva organizzata ne l 1901 dal co l. Swayne, la qua le fallì in pieno per l ' ina fferra bil ità de l Mullah, che co n osceva per fe nam cn te il re tr o ter ra d i Berbera e riusciv a a s ottrarsi ad ogni ricerca. L'anno seguen te lo stesso co l. Sway ne condusse una seconda spedi z ione contro i soma li rib elli, ma ne l corso di ques ta , a tta ccato d a l Mullah co n ingenti forze ne lla boscag lia d i Ereg , risc hi ò di perire con t u tti i su oi e rius ci a fati ca a raggiungere Berbera.
(46) Po ich è durante l e lo r o peregrinazioni per l'interno i mahdist i entravano ed uscivano da ll e non d e li mitate zone d'inlluenza bri tanni ca e i tal ia n a, i l nuovo comandan te militare d e l Soma li land, brig gen. Manning, fece chiedere da Lond ra la cooperazione i tal iana alle opera z ioni di repressione.
di Obbia, nostro protetto, per marciare contro il Mullah da sud, la Volturno effettuò, con la bri tannic a Pomona, una crociera per ricercare il punto più conveniente alla costituzione di una base di sba rco; più tardi la medesima unità cooperò con le navi inglesi Porpoise, Russar e Meriin in un'azione contro Bereda, dove si supponeva esistesse un deposito di armi del Mullah, ed affiancò 80 marinai italiani ai 260 britannici dei reparti da sbarco impiegati. Nel frattempo il Caprera effettuò l'arresto e la deportazione del sultano Jusuf Alì di Obbia, accusato dall'Inghilterra di connivenza con il Mullah (47) : tre mesi dopo la Vettor Pisani, battente l'insegna dell'amm ir aglio Mirabello, in transito nell'Oceano Indiano per raggiungere l'Estremo Oriente, fece sosta ad Obbia per l'investitura del nuovo sultano Alì Jusuf, figlio di quello deposto . Nell'ottobre del 1903 l'incrociatore Lombardia, di ritorno dai mari della Cina, ostilmente accolto ad Illig, dove cercava informazioni sulle mosse del Mad Mullah, bombardò quella località.
A questi anni risale l'ist ituzione, da parte della Marina, di sambuchi armati: Cervo, Gazzella, Antilope, Capriolo, Zebra, Camoscio, e più tardi il Daino. Tali imbarcazioni, particolarmente adatte all'uso locale, di impie go meno costoso di quello delle unità di linea e più redditizio per la maggiore manovrabilità ed ìl minimo pescaggio, vennero adibite nel mar Rosso a servizio isolato al comando di sottufficiali e nell'Oceano Indiano a servizio dì squadriglia effettuato da tre unità in gruppo, agli ordini di un tenente di vascello Su ognuno dì tali natanti erano presenti due o tre sottufficiali ed alt rettanti cannonieri bianchì per ì due pezzi da 76 montati a prora, mentre il resto dell'equipaggio era costituito da marinai indigeni diretti da un gra duato (nakuda).
Punto principale d 'appoggio dei sambuchi armati fu Bender Kassim In una delle prime azioni cadde il primo comandante di squadriglie, il TV C. Grabau, colpito mortalmente sull'Antilope durant e il bombardamento della località di Durbo presso Bender Filuk. li servizio dei sambuchf durò fino allo scoppio della guerra mondiale, quando essi furono sostituiti da grossi rimorchiatori tipo Lido. Fu, la loro, un'attività silenziosa ed ininter rotta, poco appariscente ma assai proficua: dalla loro bas e a nord del Capo Guardafui il raggio di azione di queste tartane copriva tutta la pa r te meridionale del mar Rosso e le coste settentrionali della Somalia; si distinsero più volte, catturando sambuc h i ottomani rei di aggressioni a imbarcazioni commercia li appartenent i a sudditi ·eritrei, sorveg li ando la pesca negli
(47) Sia lo sbarco degli Inglesi nel su l tanato proteuo di Obbia, sia la destituzione del su ltano Ju suf Alì, energ icamente chiest i dal governo britannico, vennero vivamente criticati in Itali a, come manifestaz ion i di una "eccess iva arrendevolezza" : cfr ClASCA, cii., p. 327. Si veda anche AMR, Ca rt. 2386.
arcipelaghi, dando la caccia alle na vi dei mercanti di sc hiavi e dei contrabbandier i d'a r mi, pat tu g l iando i litora l i e bombardando zone ostili, infine d ir i me nd o q u es t ioni tra g l i ind i ge ni de l le tri b ù cost ie r e (4 8).
Nel corso di quegli anni, mentre la sq uadriglia sa mbuchi svo lgeva questi compiti, varie unità da guerra vennero inviate come stazionarie nel mar Ros so e n e ll'Oceano In diano, tra le qua l i l'Uran ia, l'Aretusa, il Lombardia, la Vo ltu rno, i l Governolo, il Barba rigo, p o i n uova m e nt e i l Govern olo e l'Aretusa, la quale ebbe a so ccorrere il piroscafo egiziano Kenek i ncagliatosi a sud di Massaua e quindi andò a Hodeida con la missione di proteggere i connaziona li durante i torbidi ivi scoppiali per un a m mutinamento di tru ppe t u rc h e; i n seg uit o il Ca lab ria, poi la Capre ra, lo Staffe tt a, la V olta e il Marcantonio Colonna, che cooperarono all'occupazione· di Dana n e; i l Colonna si di s tinse anche nelle operazioni di disincaglio e di protezione del carico d i un vapore norvegese, il Normann, arenatosi presso Capo Guarda f u i (49). S u ccess i va m e nt e si ebbero le prese n ze de l Ma rco P o lo, de ll ' Elba, del Vesuvio, del Volturno e de l P uglia, che p arteciparono alle ope r azioni connesse con la persistente attività guerrigliera del Mad Mullah ne ll e regioni imerne della Somalia italiana e del SomaJiland britannico (50).
16. Ne l quinq u e n nio 1910 -1 9 14 l'az i one della Ma rin a i n m ar R osso e nell'Oceano indiano, per quanto marginale, fu intensa. Il Piemonte pacificò Durbo, località non più toccata da navi italiane dopo l'uccisione de l TV Grabau; lo S1ajfeua compì una lunga campagna idrografica e miss ion i va ri e l'in o a ll o scoppio d e lla gue rr a ita l o -tu rca. Do po l' ini z io de ll e ostilità, il Puglia affondò una cannoniera turca ne l golfo di Akaba (5 ottobre 1911) e 15 giorni più tardi, operando insieme al Calabria, bo m bardò concentramenti di truppe ottoma n e nella me d es i ma loca lit à ed una b att eria costiera nello s tr c ll o di Bab-e l Mand eb. Le croc i er e lun g o Je coste deII' Ar ab ia proseg u irono l'anno seguente: furono smantellate le fortificaz i oni di Scek Said (Puglia e Calabria) e il P iemonte, aJ comando del CF O. P aladini, accompagn ato dai cacc ia Artigliere e Garibaldino , assalì o tt o cannoniere turch e a C unfid a, affo ndand o ne alc un e , re nde ndo inutilizzabili le alt re cattu ran do lo yacht armalo Fauvette, che alzava l 'inseg n a de l co mm odoro o t tom ano. Così fu sventata ogni eventuale minaccia della T u rchia nel mar R osso.
(48) Co m andan ti de ll e squadr ig lie sa m b uch i, dopo i l T V Graba u , fu rono i parig r ado C. Spagna, G. Samasilia C. Maccaroni. P. Ferrere e G. Romano.
(49) Le I ribù stanziate presso il Capo Guarda fui erano dcdile da secoli al 5accheggio delle na vi inc.iglia1e doppiando il promomorio: anzi favorivano il verificarsi di tali incidemi accendendo fuochi su un r ili~vo vicino (de i 10 il Falso Guardafu i), per indurre in errore i bas1imc111i i n I ran~ i to.
·
(50) Il Mad Mullah co nr inuò a cos t itui re un grave problema 1an10 per i 1crri 1ori d i pro1e1 1orato i1aliano qua1110 per quelli inglesi, fino alla sua mane avvenuta nel 1921.
Più lardi l o stesso Piemonte, co n la Capr era, d istrusse i fo r ti turchi a nord di Hode ida, facen d o anche sa lt a re in aria due grandi depositi d i a r mi e mu n izioni. Fino all'autunno d e l 1912 il Bersag liere, il Governolo, la Caprera, la Curtatone, l'Elba e l o Staffetta cont i nuarono le operaz i oni di blocco e di bombardamento de l litorale arabo, sino alla pace di Ouch y ( 18 ottobre) .
Tra le uni t à ch e presta r ono servizio s u ll e coste or ientali dell'Africa dalla fine del 1912 al 1914, sono da segnalare : in mar Rosso il Capitano Verri (5 1), i l Galileo Galilei, il Misurata, i l Liguria, i l Verbano, i l Giuliana (52) e infine, di pa ssaggio d i r ett a in Cina, la cannonie r a Sebastiano Caboto; nell'Oceano I n diano la Volturno, lo Staffetta e il Piemonte, che intervenne ad A l ula, dove si erano verificati d iso rd in i e permaneva uno sta t o d i agitazione tra le tribù.
( 5 1) Ex yach1 !ureo Tarabulus.
(52) Que s1a n ave , a pac t ire da l se t1 em bre 1912, ven ne messa pe r manemememe a disposi z ione de l governo dell' Er itr ea pe r mi ss ion i s ulle c os 1c de ll a co lonia
LE STAZION I NAVALI NELL ' ATLANTICO MERIDIONALE
17. Navi italia n e n ell'est uario del Ri o de la Plata. 18. Brasile: dalla crisi de l 1893 a quell a del 1895. 19 Cos ti t uz ione d e ll a "S quadra dell'Atlantico" Lo s wdio clcll 'am m Accinn i. 20 Grav i ri schi co nnessi ad una spe di z ion e. Conc lus io ne della ve rten za 21. Term ina con la guerra italo turca una lunga presenza navale.
17. Con la partenza dell'incrociatore Flavio Gioia da Ri o de Janeiro ( 16 maggio 1888 ) la marina italiana non rimase rap presentata da nessu na unità sulle coste dell'Am e rica del Sud (1), dov e tuttavia gli interessi d ei connazio nali, con l'incrementarsi dell'immigrazio n e, si facevano sempre più vasti e importanti. In oltre la situazione politica ed economica dei tre Stati rivieraschi andava det eriorando si: in Brasile per la tensione derivata dall 'a bolizione della schiavitù e dal cambio di regim e con la caduta dell'im pero e co n l'avvento della repubblica federale; nell'Uruguay e in Argentina per la grave crisi conseguente alle sfrenate speculazioni sui ter r eni e all'arresto del commercio interno cd internazionale, crisi di cui soprattutto ebb ero a so ffrire le comun ità degli immigrati di origine italiana.
Così il mini ste ro Cri spi , appena semb rò attenuar si la minacc ia francese nel Mediterra n eo e diminuirono le necessità operative n e l mar Ro sso e nell ' O cea no Ind iano, in seguito alle ripetute insistenti richieste dei no stri rappresentanti conso lari e diplomatici nell'Ameri ca meridionale, dopo un anno e mezzo di assenza della bandiera italiana dal Sud Atlanti co, decise di ripristinare co là una stazione navale, inviandovi l 'incrociatore Amerigo Vespucci, cui avrebbero d ovuto seguire entro breve tempo due cannoniere, adatt e alla navi gaz ione fluvial e s u quei rii dai bassi fondali. Il Vespucci, la sciata Messina il 2 dicembre 1889, essendo stato ritardato dall'insorgere a bord o di casi di tifo e dal timore dello scoppio di un' epi demia, non gi unse a Mon tev ideo che il 5 febbrai o su ccessivo ed incrociò su ll e coste argentine , uru g u aia ne e brasi liane sino alla fine dell'anno, s pingendosi anche, per lo stretto di Magellano (2), nell'Oceano Pacifico, a toccare i litorali del Cile e del P er ù , accolto dovunque con entusiasmo daJle com unità itali a ne che erano numerosissime in quell e zone
(1) LEVA, c it., li, p. 184; GABRIELE e FRIZ, c il , p 28 1.
(2) Nel canale di Magellano il Vespucci ebbe ad eseguire il difficoltoso salvataggio dei superstiti della nave tedesca Adamam, ivi sul punlo di affondare.
Apparendo alquanto migliorata la situazione in Argentina, i l Vespucci, dopo l'arrivo de ll a cannoniera Andrea Provana (novembre), prese la rotta del r i torno, effettuando una breve sosta a Rio de Janeiro, dove in quel periodo, per la crisi che ag i tava le repubbl iche de l R i o de la Plata, l'immigrazione i t aliana si era notevolmente accresciuta. La Provano, rima sta nell'estuario, compì crociere lungo il Rio Paranà, rassicurando con la sua presenza le comunità italiane dell' i nterno, tra le quali il disagio econo mico manteneva uno stato di fermento e di timore. Ritornata alla fonda a Buenos Ayres, nel maggio 1891 fu raggiunta da ll a Sebastiano Veniero, il cui comandante, CC E Buono, come ufficiale più anziano di grado, assunse i l comando superiore della stazione navale . Nei mesi seguenti, l e due uni tà si a l ternarono nella navigazione sui fiumi e nelle crociere sulle coste del1' Argentina e dell'Uruguay.
Agli inizi del 1892 la Veniero r isalì i l fiume Paraguay per visitare le colonie delle ci t tà rivierasche, che da quindici anni non avevano più riveduto una nave da guerra italiana (3). Ad Asunc iòn la cannoniera r icevette accogl ienze entusiastiche dai connazionali e un cordiale benvenuto dalle autorità della repubblica paraguaiana . Tuttavia nel Paraguay la situaz ione politica era ancora piuttosto i nstabile e il danno maggiore di ciò ricadeva sugli stranieri, in gran parte Ita l iani, che vi esercitavano i l commercio : per cui, quando la Veniero fu costretta a salpare per la decrescenza del fiume, venne salutata con grande rammarico dai connaziona l i.
I 8. Frattanto, all'inizio dell'inverno australe, spiacevoli inc i denti erano accaduti tra Italiani e Brasil iani a Santos e a San Paol.o: quindi alla Venie ro, che si trovava in bacino a Montevideo per la normale pulitura della carena, arrivò l'ordine di raggiungere a l più presto le coste del Brasile, e la cannoniera diresse su Rio de Jane ir o, dove si fermò finchè fu raggiunto per via diplomatica un accordo onde porre fine a ll a vertenza; po i andò a Santos, ritornò a Rio ed i n fi ne si riun ì alla Provana a Buenos Ayres . A novembre, nella cap i tale argentina le due cannoniere furono raggiunte da ll'incrociatore Dogali, in arrivo dopo una sosta i n Bras i le.
Nella cap i tale brasiliana si era fermato i l Bausan, inv i atovi con il Dogali dall'America settentrionale, dove le due unità facevano parte, co n I' Etna, della d ivisione navale inviata a New York ne l 400° ann i versa r io della scoperta del!' Amer i ca, per ass istere a li 'inaugurazione del mon u mento a C r istoforo Colombo. Gli inizi del l 893 registraro n o u na difficile si tuaz i one in Bras i le, dove i primordi della repubbl ica e r ano segnat i da episodi violenti di guerra civile con l'epicentro negli St ati di Santa Caterina e di
(3) Vi era sta t a la Confienza agli inizi degli ann i ' 70 : v. GABR I ELE e FRIZ, c it.. pp. 270 27 1.
Rio Grande do Sul. Le circostanze andarono aggravandosi, fino all'aperta rivo lta del 6 settembre, quando il ministro della Marina, amm. Custodio De Mello, impadronitosi a Rio della corazzata Aquibadan, prese ufficialmente posizione contro il maresciallo Peixoto. Nei torbidi che ne seguirono venne coinvolto anche il Bausan, un cui marinaio rimase ucciso il 6 novembre dalle truppe regolari. li Dogali e la Veniero, subito accorsi a Rio, vitro varono altre sette unità della marina da guerra britannica, francese, tedesca e portoghese (4): il momento era grave e l'uccisione del marinaio italiano, anche se avvenuta per errore, il cannoneggiamento in atto tra le fortificazioni del porto in mano governativa e le navi aderenti alla rivolta, le continue sparatorie tra le imbarcazioni dei ribelli e le truppe di terra, l'impedimento posto al libero traffico mercanti le nella baia, rendevano necessaria l'adozione di misure concordate tra le forze navali estere allo scopo di pro teggere la vita, i beni e le attività commerciali degli stranieri . Anche senza un'intesa formale, i comandanti delle cinque forze navali si riunirono e presero accordi per un atteggiamento comune ed una attività coordinata: la direzione degli affari comuni delle squadre internazionali fu data, come uf ficiale più elevato in grado, all'amm. Magnaghi, sopraggiunto con l'Etna dal mar delle Antille.
Le condi zioni interne del Brasile non erano ancora mutate a favore di una d e lle parti contendenti (5), quando alla fine dell'anno giunse dall'Italia all'ammiraglio Magnaghi l'ordine di rimpatriare con l'Etna ed il Bausan; ed essendo la Veniero già ritornata al Rio de la Plata, il so lo Dogali r imase a rappresentare la marina italiana nella capital e del Brasile, dove da poco la
(4) Sirius, Beag/e e Racer dell'Inghilterra, Arethuse della Francia, Arcona e Alexandrine della Germania e Mindello del Portogallo.
(5) li teatro della guerra civi le si era allargato ad altri Stati c;!ella federazione brasiliana, dopo quelli di Rio de Janeiro, Santa Cater in a e Rio G rand e do Su l : oltre il "Governo de lle forze navali insorte degli Stati Uniti del Brasile" capegg iato dall 'arnm. De Mello, sorse un secondo "Governo provvisor io " a Desterro e da nessuna delle Lre parti, i due raggruppamenti degli insorti e i regolari, si disponeva d i forze sufficienti per venire ad una decisione. 1 marinai rivoltosi dominavano il mare; il maresciallo Peixoto e ra padrone dei forti e poteva contare su un notevo .le co ntingen te di truppe terrestri ma il suo potere cessava alle spiagge; nei vari Stati dell' int erno la s ituazione si ripeteva e governativi e ribelli si equivalevano; un quarto contendente, l'amm. Saldan ha da Gama, trincerato nella Scuola navale e in alcune isole di fronte a Rio, aveva dichiarato la sua neutralità e, pur senza unirsi ancora apertamente agli insoni, non s embrava disposto ad agire com ro di loro (soltanto più tard i si decise a passare definitivamen te da ll a pa r te di De Mello). Il governo di Desterro insisteva perchè le forze navali straniere lo ri conoscesse ro, ma que s te mantennero una rigorosa neutralità, il c ui rispetto potevano agevolmente imporre a tutte le part i, essendosi nel frattempo accresciute con l'arr ivo di a ltre unità , frances i (incrociatore Magon), o lande s i (corveua De Rujter), austriache (corvetta Zrinji), por wghesi (corvetta De Albuqu erque) e spagnole (incrociatore Cris tobal Colon).
direzione delle attività delle unità estere era stata assunta di fatto dalla marina statunitense, intervenuta con forze cospicue (6). Un pauroso flagello si aggiunse ai mali della guerra intestina: una epidemia di febbre gialla, divenuta gravissima nei primi mesi del 1894, alla quale le unità navali straniere pagarono un doloroso tributo con la morte del comandante della corvetta austriac~ Zrinji e di molti membri degli equipaggi dell'incrociatore americano Newark e della nave tedesca Alexandrine. Il Dogali, ricevuto l'ordine di lasciare l'ancoraggio e di portarsi al sicuro, ebbe a registrare cinque casi di febbre gialla, ma uno solo mortale: una volta lon tan o dalla zona infetta, anche se altri casi si manifestarono, si risolsero tutti rapidamente e le condizioni sanitarie della nave ritornarono normali. A Bahia, il Dogali assistè alla partenza per Rio de Janeiro della nuova squadra navale che i governativi avevano armato e posto agli ordini dell'amm. Gonçalvez: e poichè, come gli avvenimenti poi dimostrarono, questo nuovo fattore di potenza marittima ,avrebbe deciso la lotta con la sconfitta degli insorti, l'incrociatore italiano, ultima dell'unità che avevano fatto parte della divisione navale d'America, rimpatriò.
Durante la crisi brasiliana, infatti, le due cannoniere del Plat~ avevano continuato la loro stazione, compiendo crociere nei Rii Paranà e Uruguay, fronteggiando in difesa dei connazionali le ricorrenti agitazioni politiche interne che dilaniavano la repubblica Argentina. Rivolte a Rosario, a Santa Fè e a Corrientes, manifestazioni di ribellione nella flotta, chiamate alle armi della guardia nazionale (7), episodi di xenofobia ed insulti alle rappresentanze diplomatiche estere, tutto ciò esigeva una continua presenza ed un'incessante attività delle unità navali. Come si è visto, la Veniero e la Pro vana dovettero poi anche, a turno, nel corso dell'anno, recarsi in Brasile nei momenti di maggior tensione. Alla fine del 1893 ricevettero ordine di · rimpatrio e nel febbra io e marzo successivi raggiunsero l'Italia.
Per tutto il resto dell'anno 1894 la marina italiana non fu presente sulle coste americane. Soltanto al principio del 1895 vi fu mandato un altro piccolo incrocia tore, il Liguria, che trovò a Rio de Janeiro una situazione assai tesa, la- quale lo costrinse a fermarvisi per i due mesi di marzo e aprile. Anche se le relaz ioni diplomatiche tra Italia e Brasile rimanevano impron-
(6) Incrociatori Charleston, Newark, Detroit, San Francisco e New York, al comando del contramm. Benham, che prese ad agire segretamente quale intermediàrio per porre fi ne alle ostilità.
(7) Queste chiamate facevano correre il rischio agli stran ier i di essere reclutali a forza, per cui si verificavano pericolosi assembramenti presso i vari u,ffici consolari dove venivano dislribuite le "papeletas" o carte di nazionalità.
tate a normale corte sia, tuttavia l'amicizia di vecchia data (8) tra i due paesi appariva turbata, soprattutto per motivi inerenti alla presenza in vari Stati brasiliani di colo ni e di immigrati numerosissime ed in continu o aumento (9) . In conseguenza della guer ra civile degli anni precedenti, molti connazionali avevano subito danni di varia entità ed il governo italiano aveva avanzato richiesta di adeguati indennizzi presso il governo brasiliano: tardando tali indennizzi ad essere corrisposti, l'agitazione tra le masse immigrate c resce va. D'altra parte la situazione pol itica interna non poteva non risentire gli strascichi del travagliato periodo attraverso cui il paese era passato: gli animi della popolazione erano inas priti e tale tesa atmosfera si risolveva s pesso in attriti che avvelenavano i rapporti delle colonie italiane con gli abitanti del luogo. Non di rado la sta mpa cooperava a fomentare nel popolo i sentimenti di malcontento e di astio, anzichè sforzarsi di sedarli: ba stava poco perchè scop pia ssero tafferugli e tumulti. Anche la nuova unità inviata nella stazione dell'Atlantico meridionale doveva risentirne: a Pernambuco scoppiò una rissa tra marinai del Liguria in franchigia e militari brasiliani, che li avevano provocati.
Per contro, il lungo periodo trascor so dall'incrociatore in Brasile andò quasi indenne dalle infezioni, essendosi verificato a bordo un solo caso di febbre gialla: ma giunta che fu la nave nell'estuario de la Plata, si registrarono quattro casi di colera, di cui due letali. A luglio, con l'iruzio dell'inverno australe, la situazione sa nitaria migliorò alquanto e il Liguria prese a fare la spola tra Buenos Ayre s, Montevideo e alcuni sca li minori fino a che, a seuembre, giunse l'ordine di rimpatrio.
Jn rotta per l'Italia, il Liguria si incontrò all 'altezza delle isole Canarie (31 ottobre) con l'altro incrociatore dello stesso tipo, il Lombardia, che andava a so stitui rlo sulle coste sud-a meri cane . Era però destino che questa unità non arrivasse al Rio de la Plata: giunta in Brasile alla fine di novembre 1895, trovò che la primavera aveva portato una recrudescenza dell'epidemia di febbre gialla che ormai da· vari anni con ricorrente regolarità desolava quelle regioni, per quanto il fatlo che altre navi alla fonda a Rio de Janeiro non erano state toccate dal morbo p e rmettesse di s perare che le
(8) Gli stretti rapport i tra l' I talia e il Brasile risalivano ai primj anni del XIX secolo, cementati dalla fattiva presenza nella grande nazione transoceanica dj molte e dinamiche comunit à di immigrati italiani, co ntinuam ente accresciute, dopo la tragica epidemia del 1834 che le aveva decimate, da nuove cospicue ondate di arrivi. Finchè durò l'impero, un fortissimo vincolo fu rappresentalo dall'imperatrice Teresa Cristina di Borbone, sorella di Ferdinando II delle Due Sicilie, s posata dall'imperatore don P edro di Braganza nel 1843: in occasione di quel matrimonio qua s i l'intera notta napoletana aveva accompagnato la prin cipess a a Rio de Ja neir o (GABRIELE e FRIZ, cit., pp. 94-95).
(9) C'era stata bensì un'interruzione, quando, all'avvento della repubblica federale, l'immigrazione era s tala sospesa per un biennio, ma il s uccessi vo ingente arnusso aveva rista bilito la media degli arrivi annui.
norme profilattiche prescritte fossero sufficienti a tenere lontana la malat tia. Purtroppo, proprio l'inosservan za, cau sa la da leggerezza (10), delle misu re pr otettive por tò la febbre gialla a bordo del Lombardia, dove si diffu se fulmineament e con straordinaria viru lenza: nel mese di febbraio 1896, di circa 250 persone imbarcate su l piccolo incrociatore, appena una ventina rimasero indenni: tutti gli alt ri si ammalarono e il comandante, 5 ufficiali e 132 m embri dell 'equ ipag gio perirono. Condotto in isolamento in un'isolalazzaretto a 40 miglia da Rio d e Janeiro , il Lombardia vi rimase 50 giorni in quarant e na e gli ammalati vi furono assis titi e c urati, con i metodi allora.i n uso e con i mezzi disponibili, da medici e infermieri connazional i inviati dal minis tro italiano nella capitale brasil iana, conte Magliano, e da una commissione s anitaria mandata dal governo federale con la nave da guerra Pa ranahiba, e pres ieduta dal CA Carn eira de Rocha . A maggio, con un equi paggio più che d imezzato e con il personale di macchina rinforzato da el ementi arruolati su l posto, lo sfo r tunato incro cia tore ritornò in patria. Durante l'in verno au strale, in asse nza della marina italiana, si verificarono gravissimi incidenti, provocati dall'esacerbazione degli animi a causa del mancato pagamento degli indennizzi: nell'agosto, a San Paolo e a Santos (il 21, il 22 e il 23) e a Pernambuco (il 25) l'a g ita z ione cu lminò in una specie di insurrezion e pop olar e contro gli italiani. Specialmente a S anLos quant o accadd e fu inaspettatamente grave: nel suo rapporto telegrafico a l suo ministero degli E steri di Rom a, il vice conso le italiano in quella città riferì che, essend o s tata organizzata dalla comunità italiana una r ap pres.e n tazione di beneficenza per l'ospedale nazionale U mb erto I, "fin dal principio dello spettacolo una turba di forsennati, al grido di viva Menelik, mor te all'Italia, forzando l' entrata si pr ec ipitò nel teatro dove ebb e luogo una battaglia a colpi di bastone": da tale episo di o era deriva ta per le vie una cate na di scont ri isolati e di "agg res sioni continue, che av eva no luogo giorno e notte contro chi si fosse permesso di uscire di casa" (1 1).
Avvenimenti del gener e s i erano ve rificati anc he precedentemente, pur se nza raggiungere un così alto grado di viol enza, in tutti e tre gli Sta ti della c osta meridional e dell'Atlantico, ed ogni vol ta si era trovata, pr es to o tar di, una co mposizione nell'interesse sia dell e co lonie italiane sia d e lle stesse nazioni osp itanti: ma que sta volta si a rrivò da parte dell'Italia a prendere seriam e nte in considerazione l'ipotesi di un conflitto armato con il Brasile,
(10) Sembra che il portatore dell'infezione sia stato l'a11endente del comandante, inviato imprudentemente a terra pe r una co mmissione cd ammalatosi appena ritornato a bordo : questi fu i l primo decedu to tra l'equip aggio e imm e diatam ente dopo il com andante s tesso s i am malò (LEVA, c it. , II , pp. 327-328 ).
(11) Rapporto del vice console italiano a Santos, G. Eboli, al ministro degli Esteri Visco nti Venosta, in data 30 agosto 189 6 (AER, seri e pllliti ca P, pacco 282)
da condursi mediante l'invio di una vera e propria spedizione navale sulle coste americane. A questo curioso episodio ed alla serietà di tali intenzi_oni aggressive non meno strane, da parte di un'Ital ia che u sc iva proprio allora dal disastro di Adua e che avrebbe dovuto essere naturalmente portata dopo la tragica lezfone africana ad una condotta meno avventurosa, sarebbe difficile poter credere, se non ne esistessero le prove in documenti di archivio ( 12) .
19. Venne infatti immediatamente annunziata la costituzione della "Squadra cieli' Atlantico;' della mar i na mil i tare italiana. Sotto una simile pomposa denominazione, in verità, non era compresa un 'impo rtante forza navale: tuttavia l'annun z io sparse un certo allarme in Brasile e in Argentina (13). Sulla stampa locale si alimentavano ondate di ottimismo infondato circa le conversazioni segrete che il titolare della legazione italiana a Rio de Janei ro, conte Magliano, conduceva, ma ancora senza successo, con le autorità federali : era, per quei tempi, una specie di guerra dei nervi, che però non contribuiva minimamente a risolvere la questione (14) . TI 23 settembre giunse nella baia di Rio l'incrociatore Piemonte, recando il nuovo plenipotenziario De Martino mandato a sostituire il Magliano (15) Agli ufficiali fu subito impartito l'ordine di assumere informazioni di interesse militare intorno alla flotta brasiliana, alle fortificazioni costiere, alla consisten za delle forze armate che potevano essere messe rapidamente sul piede di guerra dal governo locale (16). Le informazioni, da questa e da altre fonti,
(12) M. GABRIELE: Su 11!1 proge110 di spedizion e navale italiana con1ro il Brasile nell'anno 1896, in "Storia e politica", anno Il. fase. Il, apri le-giugno 1967 .
(13) "El Diario" di Buenos Ayres pubblicò, il 31 agosto, un art ico lo int itolato "Exceso diplomatico un Buque fan tasma", nel quale, a proposito della cost ituzione della sq uadra atlantica firma~a dal re Umberto, si ce rcava di sd rammatizzare la ve r te nza ital o-brasi lia na e ci s i augurava che fossero ev i tate conseguenze più g r avi.
( 14) ln un suo rapporto del settembre, il De Mart in o lamentava che i giornali dessero il con nitto per r isolto, dato che ciò poteva contribuire ad irrigidire i brasiliani, nella convinzione che ormai quel c h e era s uccesso doveva intendersi superato, i l che, invece, era proprio quello c he da parte italiana non si intendeva assolutamente accettare: AER, loc. cit
(i 5) Ne l riferire l 'arrivo a Rio del Piemonte, il conso le i ta liano nella capitale bras i liana, Pal umb o, comun icava che le unità militari argentine, che si trovavano in visita in quel porto , erano partite: la quale decis ione fu interpretata dall' Antonel l i, reggente la legazione d i Buenos Ayres, come una man ifes tazione di compr ensione e di benevolenza da parte dell 'A rgentina verso l'Ita li a: v. i due rapporti, entrambi del 24 settembre, in AER, loc. cit..
(16) Il comandante del Piemonle, CF A. De Orestis, diramò il 30 settembre ai suoi ufficial i un o.d.g. riservato: "All o scopo d i riunire le maggiori ind icaz ioni possibi li s ul golfo di Rio per quanto si riferisce al punto di vista militare , i sigg. ufficiali si uniformeranno a lle seguenti prescrizioni.: J) il sig. Squarzini farà eseguire una p ianta de l golfo su tela luci da a scala quadrupla di quelia conte nuta nel le idrografie di bordo; 2) il sig . Di S tefano è incaricato di segnare su questa pianta le nuove cos truzioni cli indole mil itare e marittima che non so no portate s ulla pianta inglese, ·a seconda delle indicaz ieni che g li verra nn o fornite dagli altri ufficiali;
furono sollecitamente raccolte con cura e precisione; una serie di rapporti specifici, corr edat i da disegni, schizzi e fotografie dei forti (17), trad-ussero in dati concreti quegli elementi di conoscenza che dovevano servire a Roma per preparare la rappresaglia. In ottobre, una interessante documentazione (18) era pronta e si poteva procedere alla redazione di ,un piano.
A questo punto, a Roma, cominciarono le difficoltà, dal momento che, a quanto pare, non si sapeva esattamente che cosa s i voleva. Come purtroppo non era nuovo nel modo di agire di taluni circoli "responsabili" del nostro paese, il problema serio e difficile di una dimostrazione navale oltre Oceano era affrontato con idee ben poco chiare. L'azione non era precisata nei suoi limiti e nei suoi scopi, il che appariva estremamente pericoloso, dato che essa avrebbe potuto sconfinare in un conflitto e coinvolgere anche altri Stati, con il rischio di dar luogo ad effetti controproducenti proprio per quegli interessi che si sarebbero voluti salvaguardare.
Il ministro della Marina, Benedetto Brin, incaricato dal governo di studiare il problema, affidò al V A E. Accinni il compito di preparare una relazione su tutti gli aspetti di esso. Questi rimise al suo superiore, verso la fine di ottobre, un fascicolo di "Considerazioni generali", in cuiJ)oneva in rilievo senza eufemismi, accennando alle difficoltà e ai rischi di un'impresa tanto ardua quanto quella che si voleva progettare, come il prevedibile passiYO sarebbe stato in ogni caso di gran lunga superiore ai vantaggi ipotizzabili, senza contare la possibilità di complicazioni imprevedibili: ed ammoniva
3) il sig. De Brandi s rileverà la posizione, configurazione, armamento, ecc., delle batterie che difendono, il golfo; 4) il sig. Grabau eseguirà le fotografie di dette batterie pigliando pos s ibil mente i vari fronti marcando il loro orientamento r ispetto al piano; 5) il sig. Princivalle trac cierà i diversi stabi limenti marittimi, col nome e numero delle navi presenti, loro condizion i ri spetto ad un pronto armamento; 6) al sig. Berardelli è affidat o il compito di segnare su lla detta pianta gl i edifici pubblici e militari contro i quali dovrebbe specia l mente d iri gersi il fuoco in caso di bombardamento; 7) tutti gli ufficiali dovranno nelle loro gite lungo la costa od in luoghi elevati accertarsi se vi sono altre batterie, oltre quelle in muratura, coperte da vegetazione che non possono distinguersi dal mare e indicheranno la posizione approssimativa di quelle che potranno scoprire ... ". L'o .d.g . e la lettera del 5 ottobre del com . De Orestis al ministro della Marina a Roma, nella quale erano riportate .le prime notizie raccolte circa la marina mili tare brasiliana, si trovano in AMR busta 159, 1, fase. Brasile.
(17) V ibidem la relazion e del TV A. De Brandis, daH'8 ottobre, con la descrizione dei forti, schizzi e fotografie, con la posizione dei cannoni, le difese, ecc La relazione riguardava i forti d i Santa Cruz, San Joan, Lage, Villagagnon, Crabata e dell ' isola Cobras.
(18) Cfr ibidem la "Situazione generale della marina brasiliana nel 1896", con schizzi , tabelle e fotografie (dati ripresi da una relazione del capitano federai Elisario Josè Barbosa) e le "Notizie sulle navi da guerra brasiliane esistenti a Rio de Janeiro", in data Il ottobre, del TV E. Princivalle. ·
che nessun conto si poteva fare su un eventuale appoggio da parte delle colonie italiane in loco (19).
(I 9) Ibidem trova5i anche l'originale della relazione dell'amm. Accinni: "Eccellenza" così essa iniziava "quale azione dovremmo fare verso il Brasile, prima limitata e poi più vasta? Quale azione ella proporrebbe e quali mezzi occorrerebbero? V.E. mi commise di dare una risposta a tale quesito, mentre sommariamente mi mise a giorno delle relazioni nelle quali si trova l'Italia con il Brasile in questo momento, non riu scendo la nostra diplomazia ad una via di accomodamento nelle vertenze che restano ancora insolute tra i due gabinetti Nel dare la mia risposta e nell'esporre le-mie idee principali su di una spedizione navale al Brasile io farò astrazione da con siderazioni di politica generale. Prevarranno invece quelle essenziali in rapporto alla difesa dello Stato. E perciò: data la lontananza della spedi zione, dato che questa sarà principalmente i ntenta a salvaguardare il prestigio e la dignità nazionale, di fronte ad un atteggiamento a l tezzoso esconoscente dei propri doveri; dati i rischi di un'impresa lontana , su coste (salvo Rio-Janeiro) che anche senza essere ostili, non offrono mezzi appropriati a rilevanti riparazioni, penso che ci dob biamo guardare bene di allontanare dalle nostre cos te una gran parte delle maggiori navi, le quali non debbono essere distratte dal sacro compito di rimanere a guardia della nostra indipendenza e della integrità della nostra patria, e dobbiamo limitarci a formare la nostra squadra di spedizione in modo da assicurare un successo, senza sguernire il grosso e più importante naviglio della nostra flotta. Debbo pure dichiarare che non mi pungerebbe timore di alleanze a noi ostili da parte di altre potenze americane, se la nostra azione navale avesse breve durata, e fosse ristretta a semplici rappresaglie, come blocchi, cattura di navi, imposizioni di contributi di guerra, occupazioni d i dogane; ammesso pure che per ciò fare fossimo tratti a forza ad impegnare un combattimento navale. La più breve durata delle operazioni guerresche è raccomandabi le dal punto di vista della probabilità che le altre potenze d'America accettino i fatti compiuti. Credo che le vicine Repubbliche dell'Uruguay e dell'Argentina vedrebbero ben volentieri fiaccata la c9nsorella nel suo atteggiamento di superiorità, poichè quella è in continuo litigio per questioni di confine, i Brasiliani essendo invadenti, e questa mira ad acquistare per sè l'assoluto predominio nel Rio de la Pla ta Col protrarre a lungo l'azione na vale si darebbe al Brasile agio di adoperare tutte le risorse delle quali dispone, e si rischierebbe di provocare interventi ostili, mentre affronteremmo maggiori difficoltà, dovendo provvedere ai maggiori bisogni d'una più lunga permanenza su coste ostili e lontane dai centri di spedizione degli approvvigionamenti Prima di stabilire i termini del la mia proposta mi sono domandato: Potremmo noi contare s ulla nostra numerosa colonia laggiù, armandola per valerci d'una azione parallela nelle ostilità contro il Brasile? · Purtroppo sarei molto perplesso a sperare in bene, se si dovesse far grande assegnamento su tale cooperazione. Le nostre colonie libere si assimilano facilmente al paese dove si stabiliscono, ne abbracciano costumi, abitudini e finanche l'idioma, dimenticando quello della loro nazionalità. Esse non ricordano la patria se non per i sentimentali entusiasmi, e, mi rincresce il dirlo, ben poco quando, per compiere verso di essa forti doveri , debbasi provare virilità di animo. Ciò io stesso ho potuto accertare vivendo per parecchi anni fra di esse. E poi bisognerebbe organizzare con anticipazione il movimento della colonia, inviare le armi, dar tempo ai capi del movimento di intendersi fra loro, e ciò non si fa da un mese all'altro; nè noi s iamo a ciò preparati, nè ci mostriamo buoni organizzatori. Peraltro la colonia dovrà provvedere da sè alla propria difesa, perchè non è dubbio che, appena l'Italia aprisse le ostilità , i nostri connazionali sarebbero colà esposti ad ogni ingiuria, cosicchè suggerirei piuttosto di pensare senz'indugio alJ'organizzazione di questa difesa, il resto potrebbe svolgersi da sè nel corso degli avvenimenti. Io ignoro a quanto ascende complessivamente la somma delle indennità che noi reclamiamo in pagamento dal Governo Brasiliano; l'unica cosa che posso sapere, e per prevision,e abbastanza approssimata, quale spesa costerà la spedizione, ben'inteso senza mettere a calcolo quelle che occorreranno in seguito per riparazione delle avarie e per perdite di materiali subite in guerra, etc. etc.; quindi non potrei azzardare un ' ipotesi sulla convenienza della spedizione sotto il rapporto finanziario; posso soltanto affermare, con poco timore di essere smentito, che un'imposizione di guerra, la riscossione dei dazi per breve tempo, non compenseranno le anzidette spese, di modo che se il loro rimborso non s i esiga in un trattato finale, nel quale si stabiliscono le sicure garanzie d'una scrupolosa esecuz io ne, non dobbiamo fin da ora iscrivere le spese unicamente a conto della rivendicazione del nostro prestigio nazionale".
Passan do dalle considerazioni d'indole generale alle osservazioni di carattere tecnico , l'amm. Accinni poneva in rilievo che, quantunqu e la flotta brasiliana apparisse "mediocrissima", non erano da sottovalutare nè il forte sentimento nazionale e lo spirito guerriero dei suoi ufficiali, nè i grandi vantaggi che, in un confronto, quella marina avre bb e tratto dalla facilità di approdi, approvvigionamenti e riparazioni (20): d'altra parte per l'aggressore sarebbe stato arduo, non il conquistare una testa di ponte, ma·it mantenervisi. Circa la consistenza delle forze navali da inviare (21), l'amm. Accinni riteneva necessario che comprendessero due gross e navi
(20) "11 Brasile dispone di una flotta della quale danno n.otizic il quadro tratto dal Carne r de l'Officier de Marine e da al1re informa zioni che ho potulo attin ge re, e l'altro incompleto avuto dal ministero degli Esteri. Da una relazione parlam e ntare pubblicata a Rio Janeiro due anni or sono, risulta che parecc hie delle na vi sono in cauive condizioni. In detta relazione, per esempio, si giudica che l'incrociaiore Tamanderè, una delle navi più veloci della flotta, difetta nelle qualità evolutive; altre navi s ono dichiarate inse'rvibili perchè d'antica costruzione, altre che hanno bisogno di gra ndi riparazion i. È ci:rto che nell a guerra del 1893-94 la Marina, che v i ebbe una parte attivi ssi ma, rimase danneggiata, e dopo di allora non si è ancora riordinata. È da ricordare che la corveua Paranahyba combattendo comro un forte affondò non perchè colpiia dal nemico, ma perchè lo scafo della s ua carena per vetusià s i aprì ad acqua nel combattimen1 0. Ricord o che parecchi anni or sono fui molt o a contatto della marina bras ili ana, e me ne feci il concello di un medi ocrissimo ordinamento. Nei s uoi ufficiali però era forte il senti.mento nazionale e lo sp irito guerriero, malgrado le apparenze di una certa abituale fiac~hezza. Net misurarci con la flotta brasiliana, affrontandola noi con una forza navale bene ordinata e di una ce rta potenzialità, quella non avrebbe, io credo, altro vantagg io su noi che la facili tà di approdi, approvvigionam ent i, riparazioni e ripo so a l sicuro; mentre al contrario noi ci senti remm o tutti i di sag i ed i peri coli di tenere il mare su di una costa nemica, con la so la risorsa di temporanei approdi. L'impossessa r si di una base di operazioni non dovrebbe essere certo difficile, ma grave sarebbe il compito di manienervisi assegnando escl usivamente per questo una forza su fficient e per difenderla D'altronde una base di operazioni sa rebbe una necessità pe r una vasta azione navale, con obie ttivi di conqu ista od anche di tempo ranee occupazioni; ma non ne vedrei alcun bisogno per operazioni guerresche di rappresag lie. Il Comandante in Capo della forza navale, a seconda dei casi, troverà sempre un'eventuale base d'operazione per quei brevi servizi che si richiederanno dalle navi, sia in qualche punto della costa, sia nelle isole adiace nti".
(21) "La forza navale da inviarsi per operaz ioni di rappresaglie sarebbe costituita come segue: due navi tipo Italia; 4 navi da bauaglia di 4• classe: Fieramosca, Bausan, Erna, Strom boli; 4 navi da battaglia di 5 • cla sse: Piemonte, Dogali, Elba, Etruria; incrociatori del naviglio ausiliario: Elellric o, Candia, Nord America, Villoria; nave ausiliaria: Trinacria; tre o quattro navi t ipo Aretusa sarebbero utili ssime per la loro poca pescagione, temo però che sar ebber o d'impiccio per la loro scarsa autonomia. Le notizie ufficiali avute dal ministero assegnano a queste navi una mas si ma percorrenza di 2.500 miglia a IO miglia all'ora. In queste condizioni sarebbe assicurata la traversata oceanica, se non che io ricordo che l'ammiraglio S.A. R. il du ca di Genova non ebbe molta fiducia in quei l imi ti di autonomia, e ordinò che la Partenopee l'Aretusa rimpiazzassero, in un porto intermedio, carbone, nel viaggio da La Spezia a Darmouth (circa 1. 900 miglia). Ciò nonostante aggiungo almeno due di queste navi perchè sarebbero utili anche nell'impiego contro le torpedirnere. Una forza navale così semplicemente costit uita senza torpediniere e cacciatorpediniere lascerebbe incontestata superiorità al nemico quando sapes~ e valers i delle veloci ss ime torpediniere che possiede, e perciò stimerei necessario che ad essa fossero aggregate sei torpediniere tipo Ardent (inglese) e quattro Schikau d'alto mare ... Un convoglio composto di navi au si liarie con carico di carbone, di muni zioni e di acqua dovrebbe completare la spedizione Dirò brevemente le ragioni che mi hanno indotto a
da battaglia e otto minori, cinque incrociatori ausiliari, tre o quattro navi tipo Aretusa e da sei a dieci torpediniere. Dopo queste considerazioni,
scegliere Je navi qui innanzi indicate.L'Italia e la Lepan to hanno grande quantità di carbone e spazio sufficieme per servire d'appoggio a navi minori, oltre che hanno macchine utensili, occorrenti per lavori cli riparazioni. Escludendo, nell'azione più limitata da affidare alla spedi zione, quella contro i forti, queste due navi non avranno gran che a temere; ma certamente se s i trovasse mezzo di is tall arvi a bordo qualche cannone da 152 di p i ù, dovrebbero essere ben temerarie le navi nemiche che si cimentassero a soppo rtare per qua l che tempo il fuoco micidiale d'un buon numero di cannoni relativament e potenti. Non mi sfuggi ro no le più mature riflessioni sulle condizioni di queste due navi, tanto che mi detti pensiero della scarsa protezio ne della loro opera morta vedendola così soggetta ad essere danneggiata nei locali interni ed esposta ag li incendi; e non meno mi lasciò titubante la riflessione sulla grande pescagione di quelle navi, per l a quale si rendono impraticabili vari tratti della costa e si richiedono bacini di Tad dobbo corrispondemi alle grand i immersioni; malgrado ciò proposi dette navi a far pane della spedizione , per le rag i oni delle più innanzi, e perchè con le navi che potremo aver comro, l'im piego dei grandi cannoni da 431, al momento opportuno, può portare un colpo deci sivo a nost ro favore, facile essendo disciplinare il fuoco cli quelle artiglierie, diretto da tenenti di vasce llo, in modo da esser sicuri di colpire e di distruggere. Ho scel to g li incrociat0ri tipo Fieramosca per impiegare nella spedizi one !omana un materiale che risponde a' criteri esposti qui in nanzi. È indi s pensabile però che quelle navi abbiano maggiore quantità di viveri ed aumentino la provvista e la produz ione d'acqua. Non ho bisogno di dimostrare l 'utilità de' tipi Piemonte e Dogali in tale spedizione. Il concorso del naviglio ausil iario, rappresentato da quauro navi veloci , costituirebbe i l servi zio delle crociere od esplorazione, in ogni caso indispensabile ad una forza navale operante , e c iascuna di quelle qualtro navi sarebbe per la nostra l 'occ hio vigile, l'alato messaggiero, a l te mpo stesso che l'ardito cacciat0re, e però proporre i cli provve derle anche di qualche cannone da 120, giacchè l'armam emo di quallro can noni da 57 mm è debole per l e missioni cli guerra. Non avrei bisogno di dar ragione della richiesta di quattro torpediniere di alto mare, se non dovessi prevenire un 'obi ezione apparentemente giusta che si pot r ebbe fare circa le difficoltà di dare un riposo ai loro equ ipaggi. A quest'obiezi one rispon do che non è diffic ile far ri levare di tanto in tanto g li uomini stanchi da a l tri più riposati, e d'altra parte sono mclii i vantaggi che un Comandante in Capo può ritrarre dalle sue torpediniere, che a qualunque costo e a qualunque r ischio converrebbe aggregarle a lla squadra. L'esperienza mi ha dimostrato che su ll e nostre navi le disposizioni per l'imbarco cli carbone mal rispondono alla celerità e speditezza che si esigono in guerra. Quelle disposizioni provvedono medioc r emente all'imbarco ne ll e acque t ranqu ille per mezzo di barche lungo i l bordo, avendo la maggior parte delle nostre navi su i fianch i le bocche di car ico; ma mal s i adattano quando il carico debba prende rs i da una nave come si verificherà in guerra li lavoro procede lentissimo in calma, immaginiamo poi con mare agitato, e non diciamo poi quanti rischi vi sono cli far qualche danno. Quando dovetti far rifornire la squadra a Por t land accertai questi in convenienti per le navi tipo Umberto e Stromboli. E perciò prima cosa a farsi sa rebbe appunto la modificazione radicale delle clisposiziooi suddet te ed anche indipendentemente da questo caso sarebbe opportuno far le eseguire senza indugio. Non occorre dire che l'accor ta preparazione, la sollecita mob ilitazione e la segretezza della s pedizione, per quanto è possibile , contri buirebbero certamen te a cominciar bene e probabilmente a finir meglio. Una forza navale operante su di una costa nemica a 6.000 miglia di distanza dalla patria, senza possedimenti co lonial i vicini, resta isolata e deve anticipatamente prepararsi le comunicazioni che le occorrono per le informazioni dirette ed indirette sui movimenti del nemico, per la corrispondenza col proprio governo, per il servizio approvvig ionamenti, e così di seguit0. I Frances i nella guerra F r anco-Cinese 1883-84 furono molto accorti in tale preparazione, ed il facile s uccesso dell'ammiraglio Courbet nel fiume Mia fu preparato dalle esatte informazioni anticipatamente avute. Stimerei necessario, se s i pensa seriamente alla probabilità d'una spedizione, cli mandare fin da ora tre agenti a Buenos Ayres, a Montevideo e a New York, i quali essenzia lm ente dovrebbero, nell'esecuzione del loro mandato, essere un'anima sola col Comandante in Capo de ll a flotta operan te , ed al tempo stesso capaci di contribuire all'organizzazione della difesa della Colonia al Brasile"
l'amm. Accinni esaminava le notizie e i dati disponibili circa il commercio marittimo e la navigazione sulle coste brasiliane (22). li porto principale risultava esser e quello di Rio de Janeiro, al quale facevano capo traffici merceo logicam ente differenziati per l'esportazione e l'imp ortazio ne; subito dopo veniva Santos, "ove si raccoglie tutto il caffè della vicina provincia di San Paolo per esportarlo all'estero": i diritti doganali avevano fruttato a qu e l porto, nel 1889, redditi superiori a 9 milioni di lire italiane dell'epoca (23). Anche Pern amb uco aveva un florid o commercio, monopolizzato da Francesi ed In glesi, che vi controllavano anche un grande istituto bancario (24), mentre da Parahiba si esportava cotone, zucchero, rum, legumi, cuoio, gom ma, per un va lor e co mplessivo rilevante (25). Puerto Alegre era esse nzia lmente uno sca lo di importazion e e Nata! di es portazione. Da ta li elementi usciva confortata l'idea di dirigere la manifestazione navale contro i porti meridionali e in particolare contro Santos, perchè l'azione progettata avrebbe dann egg iato sensibi lmente le finanze brasiliane senza recare gran danno agli interessi di altri paesi (26).
Successivamente la relaz ion e affrontava lo sc ottante problema del costo della spedizione, senza però giungere a conclusionj definitive a causa delle molte riserve sulle voci dei costi parziali: era però certo che si sarebbe trattato di una so mma assa i inge nte (27). Infine, I' Amm. Accinni p~rveniva a queste conclusioni:
"Dopo quanto ho esposto rias s umo nei seguenti termini le due risposte al quesito fattomi.
L'azione limitata, che dovremmo fare verso del Brasi le , potrebbe rest ringersi alle rappresaglie per rivendicare il pre stigio della nostra nazionalità, offeso dalla inosservanza da parte del Brasile dei patti stabiliti da trattati esistenti: ed in que sto sens o è abbastanza va sto il campo de ll 'azione che si offrirebbe al Capo della spedizion e.
Non è il caso di svolgere un piano dettagliato per que ste operazioni di guerra e legare così ipoteticamente, sia pe r conto mio, sia per co nto di altri
(22) Molte utili notizie furono tratte da uno studio sul Brasile d i G. Guadagnini, In Ame rica, e da un lavoro di A. Lomonaco, intitolato Al Brasile, scri tti negli anni precedenti.
(23) Dati desunti da un rapporto del febbraio 1894 del co mandante del Dogali, CF A. Aubry
(24) Otto anni prima (1888) vi erano state registrate in ent rata 519 navi p-er 185.246 tonn. e in u scit a natanti per un t0nnellaggio complessivo di 110.594 tonn.; il valore delle importa zio ni assommava a lire 3.023.317 e quello delle esportazioni a lire 1.416.787.
(25) Sempr e nel 1888 le esportazioni vi avevano raggiunto il valore di 197.063 sterline.
(26) Ciò ri s ultava dal cit. rapporto de l coma nd. Aubry.
(27) Mag g iori elementi s ui dati di spesa prevent ivati avrebbe ro do vuto essere contenuti in un apposito "allegato 2", che però non è s tato possibile reperire.
l'azio ne di colui che comanderà in Capo, poichè egli solo deve essere arbitro di quel che dovrà fare di sua iniziativa, sotto la propria responsabilità a seconda dei casi, specialmente per quelli imprevedibili che sorgono all'improvviso e che vog lion o essere prontamente ri so lu t i. M a per chia rire meglio il significato che intendo dare alla mia risposta, dirò che, esauriti tutti i mezzi d'indurre, con un'azione diplomatica più energica e minacciosa, il Brasile a soluzioni più concilianti, e rotte le relazioni diplomatich e, la nostra squadra potrebb e immediatamente prendere possesso della dogana di Santos. Contemporaneamente catturare qualche piroscafo; aspettare verso il Sud le forze navali Brasiliane, per batterle se, com'è probabile, esse accorressero a difendere le proprie coste; assicurarsi in tal caso la padronanza del ma r e; preferire da principio di operare s ulla costa Sud, per essere in caso di combattimento più vicini al Rio de la Plat a, dove le navi danneggiate potrebbero prendere ricovero per le riparazioni.
Successivamente cont inu are le occ up azio ni delle Dogane s ull a costa Nord e bloccare Rio-Janeiro.
Tu tto ciò eseguito co n azione fu l minea, decisa, scev ra da sentime ntali smo, persuasi che più breve è il periodo della guerra, ancora che sia atroce, meno danno ne risente l'umanità.
Un'azione poi più vasta potrebbe estendersi a!J'occupazione della Ba ia di Rio J aneiro e di Bahia previa la distruzione d e i forti. In tal caso occ orr erebbe qualche nave protetta da corazza verticale; non escludo pe r ò che pot re bbes i ten tare l'at tacco anch e senza questo aiuto. Ma in concl u sione dop o avere esposto le nostre navi al fuoco dei forti, ai danni della loro artiglieria, e dato c h e ri u sc iss imo vittoriosi, quaJe vantaggio re ste rebb e da ll a nostra parte se la g uer ra non fosse co mpl etata dalle occupazioni o dalle con qui ste? Qual e spesa s i raggiungerebbe con la continuazione della guerra? Qui si ferma il mio compito ed in ultima ana li s i dico non credo ch e dovre m o r ic or rere a d un'azione più vasta, perchè son persuaso che le p rime rappresag lie basterebbero a fare intend er e ch e la pa zie n za, della quale abb iamo dato prova , posta a ci m ento, s i trasforma in quel giusto ri sentimento di onore na zio nal e che sap piam o ben so sten e re con le armi "
I n sostanza, il discorso dell' A ccinni era chiaro : se un'operazione navale avesse dovu to essere condotta sulle co s te del Brasile, biso gn ava co ntar e solamente sulla flotta; di qui la necessità di inviare oltr e Oceano una squa dra ben bilanciata tra i diversi ti pi di unit à, e dotata di artiglieria potente e di a utonomia operativa. All'esigenza di far presto perchè la dimostrazion e navale oLLenesse lo scopo di appoggiare le richieste italiane, si opponevano però gli infiniti sv antagg i d eriv an ti , più anco r a c he dalla presen za dell a flotta avversaria, dalla lontananza de l téatro operativo e dalla mancanza di
basi sicure. In più, la stessa operazione non avrebbe dovuto prolungarsi fino al punto che altre poten ze americane potessero essere indotte a schi erar si a fianco del Brasile
Con questa premessa, l'amm. Accinni indicava la composizione della sq uadra e delineava la po ssi bile condotta dell'affare come segue: dar luogo anzitutto a nuovi tentativi di co mpo sizione pacifica per via diplomatica;
falliti que sti, occupare la dogana di Santos forzando il porto con la squa dra , catturare unità commerciali, e tenere in pegno queste e quella per avere garanzie di ottenere soddisfazione da parte del governo brasiliano.
20. Ma proprio qui era uno dei fondamentali punti debol i di tutto il discorso. Infatti , se alle prime avvisaglie di una dimostrazione navale il governo del Brasile avesse ceduto, sarebb e stato possibile conseguire un sosta nziale successo di prestigio, sia pure con tutte le incognite che un'opera zion e tanto lontana poteva riservare, anche in relazione ai due viaggi transatlantici di andata e ri torno. Ma se invece il governo brasiliano avesse puntato i piedi, decidendo di non piegarsi alle richieste italiane, la situazione si sarebbe enormemente comp licata. La squadra italiana avrebbe potuto tentare altre occupazioni, o addirittura il blocco di Rio, ma nel far ciò a~rebbe certamente dovuto affrontare una serie di imprevist i e di rischi notevo li. Le forze disponibili avrebbero dovuto esse re disperse, il grosso delle unità avrebbe dovuto allontanarsi dalle coste meridionali del Brasile, relati vam ente prossime al Rio de la Plata, per avventurarsi in zone meno cono- · sc iute e prevedibilmente ostili. L'attacco a Rio avrebbe s icuramente implicato difficoltà maggiori di quello a Santos, sia per la presenza delle fortificazioni, sia per il maggiore impegno che le forze brasiliane avrebbero posto nella difesa della cap itale: sinto matico è in proposito l'accen no alle navi a corazza vert icale che l 'estensore della memoria poneva in relazione con le es igenze di un attacco ai forti costieri di Rio.
E poi, ancora più grave era l'impossibilità di risolvere alla lunga la vertenza, se il governo brasiliano si fosse accanito a resistere. G li I taliani non sa rebbero mai riusciti a sbarcare forze tanto ingenti da bastare per l'occupazione di importanti zone: avrebbero dovuto limitarsi a qualche edificio, al massimo a un porto. I Brasiliani, con alle spalle l'intero immen so paese, avrebbero potuto faci lmente determinare gravissime difficoltà alla sq uadra italiana, così lontana dalle proprie basi. Il grave rischio di un totale fallimento dell'impresa esisteva quindi in concreto e le con seguenze sa rebbero state, da un lato la ripresa ancor più vio lenta delle persecuzioni della colonia italiana, e dall'altro una pessima figura dell'Italia in campo internazionale, dopo la recente disastro sa vicenda afri cana.
Tutte queste ragioni avrebbero dovuto sconsigliare in partenza la stes sa presa in co nsid erazio n e dell'avventura transoceanica. Ma vi era un'altra, decisiva ragione: il costo della spe dizione. In proposito, nessuno aveva idee molto precise, ma era chiaro a tutti che si trattava di un impegno finanziario molto pesante, ben difficilmente recuperabi le e non agevo le a de terminarsi preventivamente, data anche la persistente incertezza sugli obiettivi. Se ne pre occ up ava anche il comand ant e della "divisione volante" con base ad Augusta, contramm. Palumbo, cui il mini ste ro della M arina aveva affidato l'incarico di redigere un nuovo studio, subito dopo ricevuto quello dell'amm. Accinni (28).
Comunque era evidente che alla fine di ottobre si era anco ra in alto mar e co n la pre pa razio ne, s ia pure a livell o teorìco, della spedizione . I gior ni passavano e mentre iJ ministro De Martino era ancora impegnato nelle tratLative a Rio de Janeiro, tutto quello che la Marina era in grado di co mpiere in Itali a, e ra un inventario di difficoltà un a più grave dell'altra, e per giunta un inventario incompleto, dato che mancava la definizione di un elemento fondamentale, la· spesa. Le informazioni .raccolte, poi, seb ben e numerose (29) e talvolta confortanti (30) non rispondevano a tutti i dubbi e a tutti gli interrogativi che si ponevano mentre si procedeva con gli studi (31) .
(28) Il Palumbo, al quale probabilmente si intendeva conferire il co mando della spedizione, cos i scr iveva il 30 Oltobre da Augusta al ministro della Marina: " Il mio slud io di operazio ni si basa sopra uno spazio massimo di tem1X> di circa cinque mesi, compreso il viaggio di andata e ritorno, e perciò occorrerebbe provvedere le navi, da mc ritenute necessarie per la s pediz ione, di ci rca q1taran1amila tonnellate di comb ustib il e e re l ative materie grasse, nonchè muni z ionam en t o e vive ri. Questo riforn im ento, da fars i in massima parte a Santos, dovrebbe esse r e compiuto a imervalli regolari seuimanali nello spazio di 4 mesi. Siccome non sono in grado dì conoscere quali potrebbero essere le condizioni di noleggio dei pir oscafi per il traspono dei materiali in paro la, mi rivo lgo all' E. V., affinchè s i compiaccia fa rmel e conoscere, a l men o ap prossimativan1en1e, per poter così portare a compimento, seco ndo le s ue intenzioni, lo studio affidatomi".
(29) Importante i l parLico lareggia t o rapporto de l co m De Ores ti s, intit o la t o Si111a zio11e dell'esercilo brasiliano nel 1895.
(30) In una lettera de l De Orest is al ministero a Roma, in data 2 novembre, ad esempio, si affermava che " la ma ri na brasiliana non ha torped ini da anco ram en lo per la difesa cos tie ra. Durame la rivolta di Rio Grand e do Sul furono effenivamente ancorate delle torpedini difensive nella Lagoa dos Patos: ma questo lavoro fu compiuto da ingegneri francesi che ebbero po i l'i 11 ca rico di s alpare alla ' fine della rivolta".
(31) e emergevano alcuni anche nella cit. lettera dell'amm. Palumbo al ministro Brin, a proposito della nona brasi liana, della c ui quaramina di unità non s i sapeva bene quali e quant e fossero ido11 ee al s ervizio: " In pari tempo sarei g ra t o a V .E. se po t esse farm i a vere a l cu ne indicalioni ~ull'armamento principale delle navi brasiliane comprese nella nota allegata al dispaccio \:italo, e farmi s apere anche se le navi Maranho e Pemambuco siano assolutameme al solo s t ato di progeuo e se le due navi i n cos tru z ione, di 3.162 lonnc l late ciascuna, i ndicate nella nota suddetta, siano in grado di pater in breve essere approntate per en t rare in azione".
D'altr a par te le comunicazi on i transoceaniche erano in qu ell 'ep o ca così lente che fra la data di raccolta delle info rma zion i e il momento in cui que ste potevano venire esa minat e e utili zzat e in It alia pas sa vano ta lvolta m es i, anch e perchè la delicatezza delle no tizie co mpli cava ancor più la diffi co ltà delle co muni caz ioni , potendosi le stesse affid are soltanto a corrieri sicuri che non erano sempre a disp os izione. So lid e ob ie z ion i s i frapponevano quindi alla realizzazione di una s ped izion e navale contro il Brasile. La dim ensio ne della spesa, la lontanan za, i ri schi obiettivi dell'impresa, l 'incertezza dell'efficacia dell'a zione quando anche fo sse possibile realizza rl a, le inco gnite del mare e della guerra, le p oss ibili tà di c omplicazioni interna zionali, cos tituivano sostanziali controindicazioni alla progettala dim os trazione navale. Ed erano co n tro indica zion i macroscopiche quanto in tuitive , per cu i si deve ritenere abbastanza s ingol are che un pae se pove ro, debol e, screditato, qu a le era l'Italia nel 1896, abbia potuto anc he sollanto pensare a questa avventura velleitaria: ben altre basi sare bbero state necessarie per intrapre nd e re un 'az ione ne llo stile delle grandi potenze ed imporre con la for za l'affermazione d el prest ig io nazi o nale e degli in te ressi it a liani. Se s i fosse giunti ad attuare il pr oposito aggre ss ivo, non si sa quale risultato positivo avreb be potuto avere per l'Italia l'impieg o della flotta come strumento di politica estera, ch e era t ipico di quell'epoca. Si può affermare, quanto meno, che si sa rebbe sp inta una par te della fl otta e, alle spall e della flotta, tutto il pa es e e quegl i ste ss i emigrati che avev an o cos titui to il casus belli in un 'avv entur a caratterizzata da difficoltà en o rm i e da incertissime pros pet tive di un risultato favorevole.
Perciò si può con siderare come fe licissima conclu s ione d e lla vert e nza il compromesso che il plenipotenziario De Martino riuscì alla fine a conseguire, pervenendo dop o not evo li sfor zi ad una transazione con il gov e rno brasiliano: transazione che, se non dava compl e ta soddi s fazion e a lle richi e ste degli immi g ra t i, cost itui va t utta via un' onorev ol e co mp osizio ne della questione degl i indennizzi Tale accordo rendeva superate le singolari fantasie aggr essive del governo italiano ed inutili i propositi di sbarco, di occupazi on i territoriali, d i rappresag lie armate: ed era qu esto , an che se l'opinion e pubblica lo ignorava, il maggiore vantaggio che il patto co nclu so in via diplomatica procurava all'Italia.
L 'all egg eriment o dell'atmosfera e il miglioramento d e lla s ituazi o ne politica a Ri o de J aneiro fecero sì ch e il Piem onte , che vi era rimasto di s tazion e cercando di evitare, an che a scopo profilattico, i con tatti con la terra ferma e i rapp ort i con la pop o lazion e, ed aveva tra l'altro curato nel fr attempo la sistemazione all' I so la Grande delle sa lme dei più di cento memhri
de l l' equip agg io del Lombardia col à sepolti (32), potè sa lpar e a no ve mbr e per Montevideo, dove di tanro in tanto si registravano tor bidi , c he sem bravano dive nuti d a qual che anno endemi ci nelle repubbl ic h e del Ri o de la Plat a . Verso la fine dell'estate (febbraio 1897) il Piemonte rimpatriò, lasc iand o a Buenos A yr es l'incrociatore della stessa cla sse Umbria, il quale a l te rnò le s ue s tazioni tra la ca pital e a r gentina e quella uruguayana , fino a che nell'aprile del 1898 partì definitivamente per la costa del Venezuela e i l mar delle Antille, dond e rientrò in Italia g iungendovi a lla fine dell 'ann o .
2 1. Nell'ultimo trienn i o del XIX sec olo, deterioratasi la situazione politica nel nuovo continent e in seguito ag li av ve nim enti di Cuba ed alle ostilità tra Sp a gna e Stati Unili, a Rom a ve nne d ec is a la cos titu zion e di un a divi s ion e n aval e ocea ni ca, destinata a operare su tutte le coste americane, meridionali , centrali e settentrionali; ne sa rebb e stato nave ammiraglia il nuovo incrociatore Carlo Alberto (33), varato nell'autunno 1896 ed il cui alles t im e nto era terminato ne ll 'a prile del 1898.
I n quell'anno i poni sud-amer icani videro la presenza, per br evi periodi , dell'Etna (aprile luglio), d el Carlo Alberto (ottobre 1898 gennaio 1899) e del Piem onte (ottobre 1898 febbraio 1899) : la prima e la terza di quest e unità proseguirono la rotta verso ovest nei loro viaggi di circumnavigazione, men t re più a lun go si fermarono il Calabria (dall'ottobre 1898 al gennaio 1900), l'Ettore Fieramosca (febbraio -n ovembre 1899), !'Etruria (gi ugno 1899 seue mbre 1900) e il Cristoforo Colombo (ott obre 1899 mar zo 1900).
Per tutto il 1901 la marina da g uerra i ta liana fu asse nt e dall'estuario del Rio de la Plata . Nella prima m età dell'ann o s uc cess ivo vi ricomparve l'Umbria , c he vi si trat te nne per circa 14 mesi, poi il Calabria (da ll 'agosto al dicembre 1902) , che quindi proseguì per l'Estremo Oriente nel suo via ggio di circumnavi g azione. La pri m a unità, ch e aveva tras cor so g l i ultimi 10 mesi incrocia nd o nel mar dell e Antille e nelle acque ven ezu elane, non appena arrivata a l R io de la Plata e mentr e si accingeva, come di co nsueto, ari sali re il R io Paranà p er prend e re conta tto co n le co munità ita liane dell ' in terno, venne spedita d'urgenza, da un ordine del m i ni st er o, nel Perù , che
(32) Una prima s is tema zio ne e ra stata c urata dall'equipaggio dell'incrociatore Cristoforo Colombo , c he aveva tocca to R io n e ll ' ag os to , durante il ritorno in patria dal s uo viaggio di circumnavigazione. Il Piemonte venne coadiuvato, nella sua opera pietosa, dalla co muni tà it a liana, dall e famiglie di a lcuni ca duti e dal governo brasiliano, che fece costru i re la recinzione d e l cimitero: LEVA, cit., 11 , pp . 3 15 e 334.
(33) l i progetto della Carlo Alberto e dell'incrociatore gemel lo Vet1or Pisani era derivato da quello degli incr ociato ri della classe Garibaldi, che presentavano un'armonica di strib uzione d e l tonnellaggio tr a le esigenze d i ar mam e nto, d i dife s a e di velocità. Poc o inferiori al Gari baldi per di s loca ment o ed armate so lt anto con pezzi di medi o ca li b ro, le nuove unità era no do tate invece di una maggiore autonomia che le rendeva idonee a missioni lontane, ed erano Qu i ndi di m aggio r valore b e llico che non le piccole n avi pr ecede nteme n te u sate nell e s tazioni navali del Ri o de la Plata. Il primo co mandante dell a divisione o ceanic a fu il CA Candiani , che alzò la sua insegna sul Carlo Alberto il I O maggio 1898.
raggiunse dopo una faticosa navigazione nel cuor e dell'inverno attrav er so lo stretto di Magellano; gettata l'ancora al Callao alla fine di agosto, vi fece una sosta di sei mesi, durante la quale il comandante, CF Viale, risolse varie questioni pendenti, a vantaggio dei c onn azion ali di L ima, e l'equipaggio e bbe modo di di sting uersi nello spe gn imento d ell'inc end io di un trasporto inglese, il Bakuin, carico di fusti di petrolio. A novembre l'Umbria fu raggiunta dal Calabria, che nel mese di sos ra al Callao cooperò all'azione politica iniziata dall'altra nave da guerra (34).
Nel 1903 fu la volta dell'Elba: pa rtita dall'Italia alla fine dell'anno p re cedente, restò nei mari del!' America centrale durante il primo trimestre del 1903; quindi visitò la stazione navale del Rio de la Plata e percorse le coste m er idionali dell'Atlantico e del Pacifico. Per poi dirigere, a ottobre, verso l'Estremo Oriente, dove assi stè a l primo a tta cco nipponico contro unità russe nella baia di Chemulpo (35) , che seg nò l'inizio del conflitto russo-giapponese. Nello stesso anno anch e il Ligu ria, al comando del du ca degli Abruzzi, comp iend o un v iaggio di circumnavigazione, rimase per un trimestre nel mar delle Antille e poi, al principio del 1904, percorse da gennaio ad aprile le coste sud-ame ri cane.
Il 1904 vid e a nche l'ini zio dell ' ultima campagna ocea nica dell'incro ciatore Dogali, che durò un intero quadriennio e si svolse nei due oceani, toccando le coste de ll 'America centrale, meridionale e settentrionale: tra le molte missioni compiute dal Dogali sott o tutte le latitudini, mem o rabile e mai più ripetuta da riavi della sua stazza fu la navigazione fluvi a le sul Ri o delle Amazzoni, che ve n ne risalito fino a un punto oltre Iqui tos, al di là de l confine peruviano (36) Durante la sua lungh issima crociera, il D ogali alte rnò la s ua presen za sulle coste del Sud Am e ri ca con que lle d el Liguria, dell'Umbria, del Calabria e dell' Eltore Fieramosca : vi restò, unica nave a mostrare la bandiera italiana, per tutto il 1907, finchè nel gennaio seguente venne ced u ta all'Uruguay (37) .
(34) Le condizioni della colonia italiana nel Perù differivano notevolmente da quelle delle comunità della costa a tlant ica. M eno numerosa, composta qua si esc lu sivam ente di l igur i, ess a si.distingueva dalle co munità dell'estuario del Plat a per ferv ido patr io tt ismo e pe r più e levato livello socia le: ouime erano le re lazioni con la popolazione indigena e çon le auw rità locali Rare perciò erano le volle che si presentasse la necessità di inviare al Callao un'unità da guerra.
(35) Il co mballim cmo avvenne 1'8 febbr a io 1904 , prima che s i fosse avut a una forma le d ic hia razione di guerra (v. cap. VI).
(36) LEVA, cil., lii, pp. 192-209 e 241-257.
(37) Il Dogali avrebbe dovuto esse re r adiato dal quadro del nav ig li o da guerra s ub ito do po il suo ritorno in ll a lia. Venu tone a conosce nza il governo peruvi a n o ch e intendeva svilup pare la s ua fino all ora inconsi stente mari na, inviò a Roma intermediari pe r trauare l'acquisto dell'incrociai ore. Mancato l'accordo sul prezzo, il Perù rinunciò e l'Uruguay offri a sua volta il prezzo che l'Italia aveva chiesto: la trallati va andò a termine rapidamente.
Le unità da guerra che quindi incrociarono nelle acque dell'America Meridionale furono il Puglia, il Calabria, il Pisa e, a più riprese, !'Etruria, che ne ripartì definitivamente il 22 settembre 1911. Tra le missioni di maggior rilievo affidate a queste unità, sono da ricordare quellà compiuta nel 1907 dall'Etruria, che insieme con il Varese rappresentò l'Italia ai festeggiamenti commemorativi del terzo centenario della colonizzazione britannica nel territorio dei futuri Stati Uniti; varie visite in diversi porti del centro America, specialmente in occasione di moti e àgitazioni rivoluzionarie che potessero minacciare la vita e i beni dei nostri co1rnazionali; la parteci pazione dell'Etruria e del Pisa alle celebrazioni del centenario dell'indipen denza argentina nel 1910. Oltre questi aspetti ufficiali o di emergenza del lavoro svolto dalle unità italiane in quella parte de l mondo, è da tener presente la continua, oscura, spesso estenuante e tediosa attività di crociera, sulle coste e sui grandi fiumi, di cui furono protagoniste le navi da guerra, in particolar modo !' Et ruria. Quando questa ricevette l'ordine di rimpatrio, avrebbe dovuto essere sostituita dal Piemonte, che però venne anch'esso richiamato ind ietro mentre faceva rolta per l'America meridionale, alla vigilia dell'impresa libica.
Così nel 1911 venne interrotta la tradizionale stazione americana della Marina, le cui origini risalivano ad ancor prima dell'unificazione italiana (38). Anche senza i gravi avvenimenti bellici del secondo decennio di questo secolo, non si sarebbe ormai più potuti ritornare alla vecchia forma della stazione del Rio de la Plata, essendo mutate profondamente le condizioni degli Stati rivieraschi del nuovo continente ed essendo cessata la funzione direttamente protettiva della nave da guerra come espressione di forza. Nel primo decennio del 1900, infatti, le unità ita liane svolsero soprattutto una funzione di propaganda nazionale e mostrarono la bandiera non più con fine di intimidazione, come avveniva mezzo secolo prima, ma per appagare il desiderio delle comunità connazionali e per rinsaldarne i sentimenti di attaccamento alla patria lontana.
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LA MARINA ITALIANA NELLA CRISI DI CRETA (1896-1898)
22. La crisi di Creta del 1896 23. Nuovi disordini e nuovo intervenLo delle p0ten ze 24 Il Consiglio degli Ammiragli: l'italiano Canevaro presidente. 25. Soluzione della questione.
22. Fu nel Mediterraneo orientale che, alla fine del XIX secolo, il periodo più acuto della crisi cti Creta offrì alla flotta italiana l'occasione cti distinguersi partecipando attivamente alle operazioni della squadra internazionale nelle acque dell'isola: squadra che, per comune accordo delle Potenze, agì agli ordini di un ammiraglio italiano.
La questione di Creta, nel quadro generale della questione d'Oriente, si sviluppò a partire dal secondo decennio dell'800, tra le sollecitazioni del movimento risorgimentale ellenico ed il complesso giuoco diplomatico delle maggiori nazioni europee, volte a controllare il progressivo disfacimento dell'impero ottomano e ad equilibrarne le conseguenze, cercando ognuna di trarne per sè il massimo vantaggio. Creta, passata nel 1669 daJ dominio veneziano all'occupazione turca, abitata da una maggioranza di Greci e malgovernata da un'ammistrazione ottomana tirannica e corrotta (I), registrò un pauroso calo della popolazione, ridottasi addirittura del 500Jo nel corso deJ secondo ventennio del secolo (2) e più tardi ulteriormente diminuita, tra l'imperversare della guerriglia e le continue sanguinose repressioni turche. Le concessioni (3) estorte a Costantinopoli dall a pressione diploma tica delle Potenze e ben presto rimangiate dal governo della Porta, non valsero a migliorare la situazione, che sfociò, alla primavera de l 1866, nell a
( I) "Nessun cretese" scrive E. JACQUET "era più padrone della sua casa, della sua donna, dei suoi fig li" (lntervention des Puissances en Crèce, Rochefort, 1904).
(2) Dai moli ellenici del 1821 alla fine dell'arnrninist ra:zione egiziana dell'isola (1841).
(3) li IO gennaio I 868 la Porta elargì, con un firmano, concessioni p01it icoamministrative comprensive, in particolare, della istituzione di un'assemblea e lett iva. li parz iale e soprattutto so ltanto nominale riconoscimento dei legittimi diritti della popolazione cretese era ben lungi dal so ddisfare le aspettative dei Greci dell'isola: pertanto, al profilarsi di un nuovo logico tentativo insurrezionale, l'intervento delle Potenze si fece più pressante e il 12 ottobre 1878, dopo lungh e traLtative, venne soLtoscritto il patto di Ha lepa. In base a Lale pat to, gli 80 seggi dell'as se mblea avrebbero dovuto essere cosi distribuiti : 49 ad elementi di estrazione cristiana, 31 a mussulmani; e prerogativa essenziale dell'assemblea, o ltre alla
costituzione di un comitato rivoluzionario cretese, il così detto "Elitropio", il quale impose ul tim ativamente al governo turco, come unica alternativa alla guerra civile, la convocazione dell'assemblea prevista dal patto di Halepa e l'attuazione immediata di una soddisfacente riforma tributaria. Le richieste dell'Elitropio furono respinte e così, nel maggio 1896, la questione cretese entrò nella sua fase cruciale.
Fu a questo punto che l'intervento europeo, ritenuto improbabile dalla Porta per la divergenza degli int eressi delle Potenze, cominciò a prendere forma concreta (4). La difesa dei connazionali in pericolo per l'addensarsi del turbine rivoluzionario, indubbiamente molto più grave di tutti quelli precedenti, fu all'origine dell'intervento: gli addetti consolari in Creta manifestarono ai rispettivi governi la loro preoccupazione e rivolsero concitati appelli e richieste di aiuto (~). È ovvio che al di là di tale motivo vi erano ben più pressanti ragioni politiche e strategiche che spingevano le Potenze, soprattutto Inghilterra e Francia, tradizionalmente filo-elleniche, le cui navi apparvero subito sulle coste dell'isola, in un inizio di azione avvolto dal reciproco sospetto e manifestamente non disinteressato (6).
competenza legislativa, sarebbero stati l'approvazione del bilancio e il controllo sull'operato del governatore. Poco dopo, tuttavia, dietro pressione dei Bey dell'isola, un nuovo firmano imperiale rese inoperanti le disposizioni del patto di Halepa: intervenne nuovameqté la diplomazia, europea e si giunse, nel 1895, alla nomina di un governatore cristiano, Karatheodori Pascià: provvedimento che valse soltanto a trasferire l 'iniziativa rivoluzionaria e il fermento antigovernativo dall'ambiente cristiano a quell'o mussulmano. Osteggiato dunque nel s uo operato dagli stessi organi amministrativi ottom?ni, ed ostacolato apertamente dal sultano, il Karatheodori si dimise.
(4) Probabilmente, a questo punto la Turchia avrebbe ancora potuto evitare l'intervento della diplomazia europea e ristabilire la situazione cretese con la concessione di Wla vera au tonomia all'isola, nella quale, su una· popolazione ridotta a 300.000 abitanti (meno di un terzo di quella esistente al principio del secolo), appena 50.000 erano tu rchi, accentrati in poche città costiere, mentre ben 250 000. erano greci e, per quanto in generale contrari alla "ènosis", all'annessione ellenica, pure si vedevano costretti ad appoggia rsi alla Grecia. Ma la cecità del governo ottomano e l'inettitudine della sua amministrazione periferica perdettero anche le ultime occasioni 'di salvare il salvabile. ·
(5) "La città di Canea è in armi ed atterrita: ci si batte per le strade... la truppa è insufficiente Stante l'impotenza delle autorità non posso rispondere della sicurezza dei nazionali. Ritengo necessario l'invio di una nave da guerra" (dispaccio telegrafico del console Medara in data 24 maggio 1896, in E. VISCONTI VENOSTA: Creta e il conflitto turco-ellenico. Libro verde presentato alla Camera I Sess. 1897 XX Legisl.); "Ca Russia si riserva di prendere provvedimenti" (telegramma dell'ambasciatore italiano a Pi etroburgo, ibidem); gli imperi centrali appaiono più riservati: "La Germania annuncia di non avere intenzione di inviare alèuna nave da guerra, dato l'esiguo numero di propri connazionali in Creta" ·e "L'Austria si adegua all'atteggiamento di Berlino manifestando l'intenzione di seguire il comportamento degli alleati" (dispacci degli ambasciatori a Berlino e a Vienna, ibidem).
(6) "Russia e Inghilterra intervengono timorose di lasciar agire l'altra isolatamente e la Germania aspetta .di poter approfittare di eventuali divergenze tra Russia e Francia: in realtà l'Europa si copre gli occhi e lascia correre gli avvenimenti, mentre la Sublime Porta fa strage dei rivoltosi" (E. DRIAULT-LHÉRITIER: Histoire diplomatique de la Grèce de 1821 à nos jours, Paris, 1926, voi. IV, p. 316).
Così il 28 maggio 1896 tre unità da guerra, la francese Neptune, la corazzata Hood, britannica, e l'italiana Piemonte, gettarono contemporaneamente le ancore nella baia di Suda. Tali arrivi costituirono le premesse di una decisiva azione delle sei Potenze marittime i cui interessi erano preva lenti nel Mediterraneo (Francia, Gran Bretagna, Italia, Russia, Germania ed Austria-Ungheria), mosse da motivazioni complesse e profonde (7): ovviamente, l'intervento · diplomatico non era ancora definito e lineare, perchè non concorde: il rappresentante francese a Costantinopoli aveva istruzioni dal suo governo di evitare per il momento qualsiasi impegno o ingerenza les ivi dei diritti della Porta; l'incaricato russo non poteva regolarsi in base a precise disposizioni; il rappresentante britannico aveva l'ordine di agire so ltanto in perfetto accordo con tutti gli altri diplomatici europei e sapeva che il suo governo accarezzava tacitamente, in tali confusi frangenti, la possibilità di un protettorato inglese su Creta. Certamente più efficace era l'azione svolta dalle terminazioni periferiche del sistema diplomatico: i conso li, pur evitando di coinvolgere la responsabilità dei propri governi, cercavano la via della conci li azione ed era appunto in seguito a questi tentativi che il comitato rivoluzionario sembrava accedere all'idea di una sospensione delle ostilità, ma soltanto in presenza di concrete garanzie.- Dagli insorti si richiedeva, in pratica, un diretto e vincolante intervento della diplomazia internazionale .
Ci sarebbe voluto del tempo perchè l'azione delle Potenze si precisasse. Il 18 giugno gli ambasciatori nella capitale ottomana approvarono una mozione austriaca, con la ·quale si richiedeva il ristabilimento della convenzione di Halepa con la convocazione dell'assemblea cretese, la nomina di un governatore cristiano ed una amnistia generale, come condizione sine qua non per una mediazione internazionale. Accolta, a parole, la mozione
(7) L' im portanza strategica di Cret a appariva fondamentale per ciascuna delle Potenze, essendo l'isola si tuata sulla ro tta delle navi dirette a Port Said provenendo sia da Gibilterra, Marsiglia o Genova, sia dall'Adriatico o da l mar Nero La stessa conformazione geografica delle coste si pensi alla baia di Suda ne faceva un'ideale base navale ambita da tutti gli Stati marittimi: l'In ghi lterra, già in possesso di Gibilterra, Malta e Cipro, avrebbe avuto il modo, con un ipotetico controllo di Creta, di dimezzare le distanze tra il centro del Mediterraneo e il canale di Suez; la Francia si sarebbe procurata con Suda una base d'appoggio più utile di Biserta; l'Italia reduce dalle sfortunate esperienze coloniali di quel decennio avrebbe avuto anch'essa la possibilità, ottenendo µn'eventuale base a Creta, di ridurre a metà la distanza tra Taranto e Suez; la Russia av rebbe potuto finalmente dare un concreto fondamento alle sue se colari aspirazioni mediterranee, rese costantemente vane dall'opposizione delle altre Potenze; Germania ed Austria infine, a dispetto delle es igenze italiane e del patto della Triplice, non avevano rilevanti interessi nel Mediterraneo, in quanto la Macedonia e Salonicco costituivano per gli imper i central i una preda ben p iù ambita di Creta, ma ritenevano indubbiamente che, pur non essendo ancora giunto il momento del fatale e completo smembramento dell'impero ottomano, l' essere in tervenuti a regolarne le vicende interne sarebbe valso più tardi come opzione per futuri compensi territor iali.
dai turchi, il cristiano Berovich Pascià venne nominato governatore di Creta e gli ambasciator i si decisero a diffidare la Grecia dal fomentare la rivolta nell'isola . Risposta evasiva di Atene, continuazione dell'afflusso a Creta di armi e volontari ellenici, come di truppe turche, riunione senza risultati dell'assemblea cretese (13 luglio): e ben presto la situazione giunse un'altra vol t a al punto di rottura Ora i cristiani miravano alla revisione del patto di Ha lepa e ad ottenere sostanziali concessioni politiche ed economiche; la Turchia continuava a mantenere un contegno ambiguo; la Grecia ad incoragg iare e aiutare i rivo l tosi; le Potenze apparivano sempre più in disaccordo tra loro (8) Fu quindi attraverso laboriose trattative che i diplomatici europei pervennero, a Costantinopol i, alla formulazione di uno statuto organico in modifica del patto di Halepa, attenuando le richieste cristiane ed estorc e ndo ai turchi il massimo ottenibile Il 25 agosto 1896 il progetto defi n itivo, sottoscri t to dai sei ambasciatori, venne trasmesso al Divano e ai deputati cretesi, con intimazione a questi ultimi di approvarlo entro tre giorni . L'8 settembre un iradè del sultano promu lgò le nuove disposizioni relat i ve al regime de ll 'isola (9). La Grecia espresse la sua gratitudine alle Potenze e la questione cretese parve ormai risolta.
23. Non era così. Le misure proclamate dovevano essere applicate: e qui cominciavano, a l solito, le difficoltà. Il testo turco dell'accordo contrastava in diversi punti con il testo greco: l'indennità ai danneggiati dalla guerra civile, necessaria soprattutto ai contadini mussulmani rifugiatisi nelle c i ttà perchè potessero ritornare al lavoro dei campi, non poteva essere corrisposta, stante il rifiuto della Banca ottomana di concedere un prestito; i lavor i della commissione per la riforma della gendarmeria, composta dagl i addetti mi lit ari delle ambasc ia t e (IO) non potevano iniziare a causa della mancata partecipazio n e dei tu r chi; l'inatt i vità del commissario ottomano imped i va la partenza de ll a commissione per la riorganizzazione giudiziaria (1 1). Anche quando le due commissioni avrebbero potuto iniziare finalmente i loro lavo r i (14 dicembre), la loro attività sarebbe stata ostaco lata dall'insipienza, dall'ostinazione e dal calcolo del governo turco, ansioso di dimostra re l'impossib ilità, per un governatore cristiano, di amministrare l'isola.
(8) "L'Ingh il terra lavorava a distruggere tutto ciò che g li altri edificavano . .. il Times de nunciava le immaginarie pretese della Francia al possesso di Candia i l console ing lese alla Canea proge u ava una sua t ournée nei d istrelli insorti per sostenerli ed aiutarli gl i agenti rus s i sembravano particolarmente disposti a trattare con ogn i r i gu-ardo la Grecia ... " (DRIAULTLHÉRITIER, cit., I V, pp. 32 1 e segg ).
(9) Il testo integrale de l documento è reper i bi le ne l Libro verde del VISCONTI VENO S TA, cit., pp. 58 e segg
(10) L'I ta l ia vi e r a rapp r esentata dal cap. Rugg ieri
(I l ) Composta da sei eminenti giurist i des ignati dalle Poten ze: lppen, Steimrich, Gazay, W r atislaw, Barone e Lagowsky.
II 4 gennaio 1897 scoppiarono disordini a Suda, mentre ancora non esisteva a Creta una polizia capace di intervenire: si dispose pertanto l'invio di contingenti di truppe austro-ungariche, bulgare, bosniache, montenegrine ed italiane, da integrarsi con reparti ottomani e da porsi sotto il comando di un ufficiale neutrale, belga od olandese. Di fronte all'aggravarsi della crisi, l'atteggiamento delle Potenze appariva sempre incerto: Vienna, conforme alle direttive di Berlino e perciò favorevole alla Porta, giunse a proporre ad Atene l'ingresso nella Triplice; l'Inghilterra rinfocolava il nazionalismo ell enico; la Russia attizzava il fanatismo mussulmano (12). La mancata applicazione delle riforme e le istigazioni della diplomazia riportarono il paese nel caos: pressioni greche e provocazioni turche ridesta rono la guerra, sempre più sanguinosa, nelle campagne e nelle città. li 27 gennaio insorséro Galata, Retymo ed Halepa; i contadini turchi abbandonarono nuovamente le campagne rifugiandosi nei centri costieri sotto la protezione delle truppe del sultano; il 5 febbraio La Canea era assediata dai cristiani: nell'interno della città i reparti turchi spararono sulla folla e i quartieri cristiani vennero dati alle fiamme. Il giorno seguente le navi euro pee raccolsero i superstiti alle stragi: "È da questo giorno" scrisse l'uomo che avrebbe poi comandato la squadra navale internazionale a Creta "che cominciò, su vasta scala, l'azione della nostra Marina a favore dell'isola di Creta, essendo appunto in quel giorno partita l'Etna, con 1.240 rifugiati a bordo" {13). Contemporaneamente, la Grecia dispose l'invio della corazzata Hydra; i mussulmani saccheggiarono l'arsenale militare di La Canea, mentre 700 insorti cristiani innalzavano ad Acrot iri la bandiera ellenica, annunciando con un proclama la loro volontà di annessione alla Grecia. II proclama di Acrotiri segnò una svolta decisiva nella complessa vicenda e dete r minò le misure eccezionali prese dalle Potenze: l'Italia mandò a Creta due nuove unità, lo Stromboli e il Ruggero di Lauria, la Germania annun ciò la partenza per La Canea dell'incrociatore Kaiserin Augusta; Francia, Inghilterra e Ru ssia spedirono a loro volta altre navi da guerra nelle acque cretesi. Così il proclama di Acrotiri costituì la premessa dell'intervento navale intereuropeo a Creta: esso infatti preluse ai difficili momenti dello sba r co greco nell'isola e all'ancor più grave conflitto turco ellenico che avrebbe minacciato la riapertura dell'intera questione orientale.
(12) DRIAULT LHÉRITIER, cit., IV, p. 334
(I 3) F. N CANEVARO: Affari cretesi 1897198 (Diario i nedito , in AMR, Carte Canevaro, cart. 34) .
Sulle prime, l'atteggiamento incerto e discorde delle Poten ze (14) indusse la picc ola Grecia, trasportata dall'esali.a zio ne patriottica, a sfidare apertamente l'E uropa divisa: il 12 febbraio la corazzata ellenica Miaulis attaccò il trasporto truppe ottomano Fuad, e il 13 salpò dal Pireo facendo rotta su Creta un corpo di spedizione al comando del col. Vassos e composto da 1.500 sold ati greci e da 1.200 esuli cretesi.
Se l'indecisione e i contrasti tra le sei Pot en ze - nonch è le segrete sollecitazioni di qualcuna di esse av evano spinto la Grecia verso tali pericolose iniziative, grande influ enza sugli avvenimenti avevano anche avuto sia l'eccitazio ne della stampa, sia l'esaltazione delle masse popolari. E a Creta gli eventi precipitarono: tra il IO e il 12 febbraio si contarono ce ntinaia di morti nelle sole città; le autorità apparvero impotenti; il governatore cristiano e la gendarmeria monten eg rina furono costretti a rifugiarsi sulle navi da guerra russe; giudici e funzionari abbandonarono i loro posti e si misero al sicuro. Tutto ciò giustificava agli occhi dell'opinione pubblica internazionale, e in particola r modo di quella britannica, francese e italiana, l'intervento g r eco in quella che ormai stava diventando terra di nessuno.
Vassos sbarcò sulle coste settentrionali dell'isola: il 16 ricevette l'ordine di prendere possesso di Creta in nome del re di Grecia e di scacciare i turch i dalle fortezze; e lo stesso giorno venne emanato il proclama di annes sio ne. Finalmente, di fronte alla gravità dei fatti, lé Poten ze, pur senza rinunciare apertamente ai propri convincimenti anteriori, trovarono un minimo di accordo, sufficiente a tamponare almeno momentaneamente la grave falla che gli errori, le esitazioni e gli antagonismi del passato non avevano permesso di prevenire Dopo ulteriori contrasti riguardanti i provvedimenti da adottare (15), si deci se di inviare ad Atene un memorandum
(14) È indispensabile accennare almeno a lle contrastanti prese di posizione delle Potenze dopo il proclama di Acrotiri: la Francia si preoccupò immediatamente, per bocca del ministro degli Esteri Hanotaux, di ammonire il governo di Atene che, s e era facile sostenere un moto insurrezionale a Creta, non era però altrettanto agevole difendere le sue frontiere contro even tuali operazioni dell'esercito turco, assolutamente preponderante; anche la Russia non mancò di redarguire i G reci, ma astenendosi da qualsiasi ini ziativa per timore di favorire l'In g hilter ra, cui attribuiva mire di occupazione della baia di Suda approfittando delle circostanze; anche l'Italia faceva pressione sui governanti ellenici , stando però ben attenta a non metterli in crisi, con pericolo per il mantenimento dello status quo balcanico; l'Au st ria-Ungheria, che molto probabilmente a veva segretamente incitato Atene, dinanzi alla reazione tedesca cercava di richiamarla alla realtà: la Germania, infaui, sosteneva essere assurdo la sci are mano libera ai Greci e contemporaneamente opporsi all'invio di truppe turche, affermando che so ltanto un diretto intervento navale a Creta e sulle coste elleniche avrebbe garantito il mantenimento della pace in Oriente. La proposta tedesca di un blocco navale trovò la dec is a opposizione bri tannica, sostenendo la Gran Bretagna che, prima di parlare di blocco, occorreva accordarsi sulle soni future dell'isola: al punto che, mentre la Germania proponeva di can noneggiare il Pireo, Londra auspicava l'autonomia per Creta come provincia privilegiata dell'impero ottomano.
(15) Pietroburgo propo se subito il ritiro deg li ambascia tori da Atene; Berlino reclamò una prova di forza; Inghilterra, Francia e Italia la esclud evano come as so lutamente contraria alle opinioni pubbliche dei rispettivi paesi.
congiunto d i disapprovazione e di operare sbarchi nelle principa li città costiere dell'isola, nell'intento di ristab ilire l'ordine nel r ispetto dei d i ritti di ambedue i gruppi etn ici: provvedimento, quest'ultimo, che riscosse l'approvazione della stessa stampa ellenica ( 16)
Così, nel corso di que ll 'anno, un r ilevan t e numero d i unità milita r i delle sei Potenze si sarebbe r o concentrate sulle coste cretesi ed avrebbero stazionato nei port i del Mediterraneo orientale per tenere in mano la situazione : ne avreb b ero fatto parte 19 corazzate (1 austriaca, 4 frances i , 4 i nglesi, 4 russe e 6 italiane), delle quali una dec i na stazionando nei porti cre tesi, le a l tre restando in minacciosa e vig ile attesa nelle acque greche e turche o essendo a d ibite alla ca tt ura dei natant i che eventualmente ten t assero d i rom p ere il blocco in t orno all'iso la; con esse avrebbero operato 17 incrociato r i (A u str ia 1, Ge r mania 1, Francia 4 , G r an Bretagna 2, Russia 2, Italia 7) u gualmente dislocati intorno a Creta (7), ne l go lfo Saron ico e presso le isole greche (6), e i n crociera per mantenere il blocco (4) . A q u este un it à si sarebbero. aggiunte, contemporaneamente o dandosi il cambio, una cin quantina di navi minori, anche queste con assoluta prevalenza numerica delle it a liane (16) rispetto alle a l tre : 4 russe, 14 inglesi, I germanica, 5 francesi e 12, d i minima stazza, aus t riache.
24 . L'Italia partecipava quindi alle operazioni della flotta internazionale con un apporto n o tevolmente preva len te di navi da guerra: circa 30 su un totale di 87.·A coma ndare il contingent e italiano era il VA F. N. Canevaro (1 7 ),
( 16) "La diplomaz ia" pubbl icava infa tt i in segui to il "Messagerd'Athènes" !'sotto l'in fluenza di incrighi ordit i nell'ombra, non fa sol itamente c he i ngarbug liare le quest ioni più semplici e chiare : sono q uesti b r av i marinai con la loro energ ia e con la loro ones ta sempl ic ità ad ave r dato u na prontà soluzione a l prob lema".
(17) Felice Lu igi Napoleone Canevaro era nato a Lima (Perù) il 7 lug lio I 838 Il pad re, Gi a como, v i si era stab il i to e v i aveva fallo fortuna, tanto che, nèl 18 59, e ra stato i n g rado d i contribuire mo l to gene rosamente a ll e spese d ella seconda guerra d i indipendenza ed aveva perciò ot.tenuto da Vi tt o rio Eman ue le I I il titolo di conte Dopo aver frequentato la scuola di ma ri na di Genov a , il g iovane Canevaro partecipò come tenente di vascello della squadra sarda alla campagna de l 1859; poi s i d imise per a r ruolars i nella marina sici l iana crea ta da Ga ribald i dura n te la campagna dei M ill e. Successivamente riammesso nei quadr i d ella mar i na ita li ana, prese pa r te a ll a battaglia di L issa con il grado d i luogotenente d i vasce ll o d i p ri ma classe sulla corazzat a Re di Portogal/o. Da l 1874 a l 1876 fu addetto navale presso l'ambasc iata itali ana a Londra Comandò poi, da l '76 al '79, l'incrociatore C ristoforo Colombo nella campagna di circumnavigazione i nt orno al globo . T e n ne qu i ndi il comando dell'Accadem ia n a va le e della co razzata Italia. Vice ammi rag lio ne l 1893 e comandante dell a Squadra att iva , partec ipò con essa a ll 'intervento delle Potenze a Creta ed ebbe il comando de lle fo r ze i nternazionali i n quali tà d i presi d en te del co·nsig li o deg l i a mmi rag li Mentre così s i svo lgeva la s u a ca r rie ra·in Mari na, era stato e letto deputato nella XV, XV I e X VI I legislatura e nom i nato nel 1896 senato re del Regno. Come sapp iamo, fu poi per un mese minist ro della Marina con il Rudi n ì e successi vamente , per poco meno d i u n anno, mi n is t ro d eg l i Ester i con il Pe ll oux. Dopo lo smacco c inese di San M u n, non ebbe p iù parte at tiva ne ll a vita po li t ica. Molto avan t i neg li anni, partecipò alla commissione di inch iesta per Caporetto . .Mori ne l 1926 .
il quale, alla prima riunione del Consiglio degli ammiragli (18), tenutasi il 15 febbraio 1897 a bordo della corazzata Sicilia, venne prescelto, come il più elevato in grado, a presiedere il Consiglio stesso e quindi a comandare, praticamente, la flotta internazionale.
Sino a tutto il 1897 le navi italiane vennero dislocate, insieme o in avvicendamento, come segue (19):
Nella baia di Suda: corazzate: Sicilia, Re Umberto, Morosini, Lauria, con le russe Navarin, Alexander I e Sissoi Veliky, l'inglese Revenge, le francesi A mirai Charner, Barf/eur e Nife, e l'austro-ungarica Kronprinzessin Stephanie; incrociatori: Marco Polo, Etna e Piemonte, con il russo Za porojetz, il tedesco Kaiserin Augusta, l'austrfaco Maria Theresia e il francese Suchet; naviglio minore: caccia Caprera, espi. Falco; RN Trinacria, Partenope, Sparviero e 3 torpediniere, con le unità russe Possandnik, Vestnik e 2 torpediniere, i caccia ingles i Forte e Bruizer e I torped i niera, 1 caccia francese, il Vautour, 7 piccole unità austro ungariche (Leopard, Komet, Star, Harpie, Marabu e Flamingo), e la torpediniera tedesca Oldemburg.
Negli altri porti cretesi: a Hierapetra (affidata alle sole navi italiane): l'incrociatore Stromboli, i caccia Euridice e Urania, le RN !ride, Nibbio, Aquila e Avvoltoio •
In altri punti: l'incrociatore Liguria e la torpediniera 64, con l'incrociatore russo Grosiastchy, le unità britanniche corazzata Trafa/gar, incro ciatori Nymphe e Fear/ess, caccia Boxer, Danshee, Ardente Harrier, unità minori Anson, Dragon, Hanke e 3 torpediniere, le navi francesi corazzata Chanzy, incrociatore Mattignies e torpediniere Bombe e Dague, ed un caccia austriaco, il Satellit, con altre piccole navi (Blitz, Krache, Kiebitz, Tiger ed Elester) .
Nelle acque greche stazionavano le corazzate Daria e Sardegna, gli incrociatori Vesuvio e Bausan e la RN Montebello, con la corazzata russa Ni colas I, il caccia inglese Dryad, le navi francesi Treville, Bugeaud e l'incrociatore Troude.
Nelle acque turche non stazionarono un i tà i taliane, ma solo inglesi (la corazzata Rodney) e francesi (l 'incrociatore Forbin).
Come si sperava nell'ambiente deJJa Marina di tutte le Potenze (20), il Consiglio degli ammiragli ebbe a svolgere, nell'ambito della questione di
( 18) Il Consiglio era composto, oltre che da l Canevaro, dal CA inglese R. Harri s, dal francese E Pottier, dal russo P. Andreeff e da l CV ausLriaco G. Brosch (pi ù tard i da l CA Hinke) ; vi fu poi aggregato anche il CV tedesco Koellner, comandante del Kaiserin Augusta.
(19) AMR, Carte Canevaro, cart. 35: Carteggio inedito Canevaro Appunti personali.
(20) "Mi auguro" scr iveva riservatamente da Smirne l'amm . G ualterio al Canevaro "che l'opera del Gran Cons iglio deg li Ammiragli possa essere un rimedio agli errori prodou i dalle chiacchiere troppo seguitate della diplomazia".
Creta, una funzione rilevante, caratterizzando il proprio operato con l'abilità e la decisione tipiche degli uomini di azione, abituati ad assumersi grandi responsabilità e non facilmente disposti a ricorrere ai mezzi della dip lo mazia: quando l' 11 febbraio il principe G iorgio di Grec ia, comandante della squadra ellenica, si recò sulla corazzata Charner dall'ammiraglio Pot tier, fu accolto da questi con le parole ben poco diplomatiche: "Sparite con la vostra squadra: è il più gran servizio che possiate rendere alla causa cretese!" (21) ·
Il primo provvedimento posto in essere dalla flotta internazionale ri guardava lo sbarco di un primo distaccamento di 250 marinai 50 per nazione, e sotto il èomando de l CV Amoretti a La Canea, posta da quel momento sotto la protez ione delle Potenze . Fondamenta le intento degli ammirag li era, in quei momenti, quello di separare le opposte fazioni, agevo lato peraltro dal fatto che i mussulmani dell'interno si erano ormai quasi tutti rifugiati nelle città e la maggioranza dei cristiani dei centri costieri era stata evacuata. Tuttavia continuava nelle campagne la caccia all'ottomano e nela le città la caccia al greco, stimolata quest'ultima dalla deleteria influenza esercitata sugli insorti dalla presenza delle truppe greche. Mentre richiedeva ai governi delle Potenze un'energica azione su Atene, il Consiglio dovette dunque passare all'intervento diretto per costr in genrgli insorti a sospendere le ostilità. I l 20 febbraio, essendo stato ordinato che ciascuna delle navi ammiraglie sparasse un colpo sulla costa presso Halepa, avendo cura di non fare vittime, avvenne che il tiro tedesco provocasse invece 15 morti tra gli insorti: donde una vio lenta reazione della stampa internaz ionale, diretta specialmente contro l'amm. Canevaro (22). Il giorno 23, con un proclama, gli ammirag li notificarono alla popolazione dell'isola g li scopi della flotta internazionale (23). Sarebbero state direttamente protette La Canea, Suda, Retymo, Cand ia , Sitia, Hierapetra, Se limo e Castelli, e sarebbe s tato impedito qualsiasi sbarco di truppe, armi e munizioni. Le stesse velleità ateniesi sembravano costrette a rientrare .
(21) JACQUET, cit., p. 7.
(22) Si veda, nel caneggio Canevaro , lellera firmata da 56 volontari italiani in G r ec ia al comandante della flotta internazionale, con teneme gravi accuse ed insulti: AMR, Carte Cane varo, cart. 3 I.
(23) "Gli Ammiragli ... fanno sapere ag li abitanti c he la loro presenza nelle acque dell'isola ha il solo scopo di tranquilli zzare il paese e di riportarvi la calma in attesa di una più conveniente soluzione del prob lema cretese. La squadra irÌternaz io nale ha preso sotto la sua direua protez ione La Canea, Suda, Retymo, Candia e Sitia. G li Ammiragli intendono cosi opporsi ad ogni atto di osti lità commesso in presenza dei propri bastimenti. È auspicabi le che il loro appello s ia inteso, perchè la so lu z ione della questione sarà tamo pi ù sodd isfacente e rap ida, se gli abitanti ne avranno seguito i consigl i d isin teressati" (AMR, Carte Canevaro, can 34 : CANEVARO, Diario inedito, ecc., cit., p. 37).
Mentre esisteva nel Consiglio degli ammiragli un completo accordo, proseguiva, quantunque attenuato, il contrasto de i governi da cui gli am miragli dipendevano : la Francia insisteva per la concessione di un'assoluta autonomia all'isola; la Germania non intendeva accettare un totale annu i, lamento de ll a sovranità ottomana; l'Ing h ilterra subordinava ogni pressione su Atene al riconoscimentò dell'autonomia cretese da parte del Divano e ad un riti r o dell e truppe turche da Crera. Quanto a ll 'Italia, essa sembrava afferma re in questa circos tanza una certa indipendenza dagli alleati della Triplice, contestando o semplicemente ignorando le iniziative austro-tedesche (24) Ai prim i di mà r zo, Grecia e Turchia ve nnero invitate dalle Potenze, la prima a ritirare uomini e navi, l'a ltra a concentrare i suoi effettivi in determi nate località della costa, sgomberando l'interno dell'i s ola Nel corso del mese, più di 3 .000 uomini appartenenti a ll e forze armate delle sei Potenze affluirono a presidiare vari settori : Sitia fu affida"ta al controllo de i france si, Hierape tra degli italiani, Candia dei br itannici, Retymo dei russi e Kys samo degli austriaci, mentre Suda e La Canea rimanevano sotto il controllo internazionale. In questo corpo di occupazione, l'Italia era presente con poco meno di 1.400 uomini, circa lo stesso contingente della Francia e del1' Inghilterra (25). •
Sembrava quas i che il programma delle P otenze di arrivare gradatamente all'autonomia cre t ese, che gli ammiragli ritenevano l'unica soluzione possibi le, fosse destinato a rea lizzarsi. Se non che, contrariamente alle speranze del Canevaro (26), quando le Potenze notificarono alla Grecia la
(24) Partico larmente con riferimento alle posizioni assunte da Germania e Aus t ria rispet to agli altri prob lem i che in quel momento interes s ano la Consul ta: cfr P . PASTORELLI: Albania e Tripoli nella politica estera italiana durante fa crisi d'Oriente del 1897, in Rivista di Studi Politici Interna z ionali, anno XXVIII (1961) n. 3, pp. 370-421.
(25) li contingente i taliano, a l comando del co l. Crispo, era costituiIO da 1.379 uomini, così d i vis i per <irm i e corp i: marina 128, fanteria 600, bersag lieri 496 , art ig lieri 126, carabinier i 29, variamente distribuiti tra Candia (624), La Canea ( 446) , Halepa (107), Subachi (106) , Acro tiri (9 I) e Hierapetra (5). L'Austria Ungheria pa r tecipava con 600 fanti, 450 a Suda e 150 a La Canea ; la Russia aveva d islocato 300 fanti a La Canea , e 1.200 fa n t i con 200 artig lieri a Re tymo; la German ia non aveva c he 20 marinai a La Canea; i 1.200 fanti francesi, con 275 marinai, erano a Sitia, Spinalonga, Subach i, Halepa e La Canea; l'Inghi lterra, infine, aveva 200 fanti a La Canea ed il resto de i suoi 1.448 uomini a Candia (179 artiglieri, 373 fùci lieri del Ga ll es, 660 H igh landers e 3 6 t ra genio, sanitari e vari): AMR, Carte Canevaro, cart. 35, Car teggio inedito Appunti personali
{26) " i cretesi saranno interamente liber i da l controllo della Sublime Porta nel riguar do deg li affar i intern i. . le Poten ze prep a reranno d i comune accordo un complesso d i misure per regolare il f unzionamento de l regime autonomo e garan t ire a tutt.i senza disti nzione di raz za e religione , la libertà e la sicurezza dei ben i, facil itando, con la ripresa del lavoro agricolo , lo $viluppo p rogressivo delle risorse del paese ... Un'era nuova s i schiude per Creta..." (VENOSTA, Libro verde, cil., p. 194: lettera riservata del Canevaro al Brin , minist ro della Marina).
loro decisione circa l'autonomia, si sentirono ri spondere dal re G iorgio: " ... se l'Inghilterr a s i è appr opr iata senza diritto di Cipro, la German ia dello Schleswig-Hol stein, l ' Au st ria de ll a Bos nia Erz egov ina, senza peraltro accampare affinità di razza, io non chi edo più l' a nn essio ne di Creta, ma .dichiaro l'a nn essione alla Grecia" (27)
Confor mem ente alla presa di po sizione del governo ellenico, g li insorti cretesi comunicarono all'amm. Canevaro c he anch 'ess i non accettav ano altra so lu zion e che l'"enosis" (28) Gli ammi ragli, ch e il 17 mar zo avevano notificato alle Po tenze il blocco di Creta, cui si era g iunt i dopo una laborio s a attività diplomatica, comunicar ono allora ufficialmente a Grecia e T urchia il blocco stesso, esistente g ià di fatt o (29) e la squadra intern az ionale ricevette ordine dal Ca nevaro di aprire il fuoco, a partire dalle 8 a .m. del 21 marzo, s ui natanti che tentassero di violarlo. Di venne imminente un ape r to co nflitt o turco-ellenico e le Potenze, dopo estenuanti contrattazioni e pat teggiam ent i, si convinsero d e ll 'o pportunit à di bloc care anch e i porti gr eci, in parti c olare que lli di Volo s e del Pireo: provvedimento che però non sa rebbe divenuto operativo, poichè la g ue rra era ormai alle porte e, parado s salmente, le responsabilità ne pesavano, ollre che sui diretti conte ndenti , sulle stesse Poten ze, che con le loro in certezze e il loro antagonismo ne avevano reso inevit~bil e lo scoppio.
Ai primi di aprile, essendo imminente l 'apertura delle ostilità sul fronte macedone, le P otenze addivennero, su proposta di Vienna, alla decisione , di nominare governatore in te rinale di Creta il pr es id ente del Co nsig lio de gli ammiragli, Canevaro: il provvedimento te ndeva a rass icurare i cretesi s ul futuro dell'isola e a dissuadere la Gr ec ia dall'attaccare, malgrado la dispa rità delle forze, l'impero o ttoma no . Ma fu lo stesso Canevar o a sc onsigliare l'ini z iativa: "Non ho attitudini ammin istrative" scriveva il 5 apr ile 1897 all'ambasciatore italiano in Austria, Avarna (30)" e la disastro sa condizione di C r eta richiede una persona di ben più alte aderenze, che, no n destan do gelosi e t ra le diverse nazioni, possa valid amente contrastare l 'infl ue nza
(27) DRIAULT LHÉRITIER, cit. , IV, p. 359 (dichiarazioni del Re di Grecia).
(28) "No us- ne voulons rien autre chose que l'annexion à la Grèce et nous nous feron s tuer jusqu'au dernier pour l'obtenir" ( MINISTERO AFFARI ESTE RI , Procès verbau..'< des séances tenues par /es amirau.x commandants de la jloue internationale dans !es eau..'< de Créte, Roma, 1899, p. 37). •
(29) Le disposizi on i re la ti ve al blocco sono re peribi li ibidem , p. 48. Le prin c ipali erano: I) limita zione d ella visita ai natanti trovati entro i limiti del blocco ; 2) seg nali d'arresto; 3) modalità della visita, seq uestro immediato dei carichi di armi, munizioni o approvvigionamenti; 4) sequ estro immediato, senza bisogno di visita, dei natanti batiemi bandiera greca; 5) equipaggi di pred a; 6) riunione delle navi sequestrate a Suda; 7) arresto di qualsiasi mari naio o militare greco t rovato a bord o delle navi ispezionate; 8) redazione deg li inven t ari dei materiali trovati a bordo delle na v i seq ue strate.
(30) Carteggio inedito, cit., in AM R , Carte Canevaro, èan. 35.
della Grecia ed ottenere dalle Potenze mezzi d'azione morali e materiali adeguati, tutto essendo qui da rifare": e tre giorni dopo, in un'altra lettera al medesimo, precisava: " ... non credo che al governo italiano e al nostro paese possa convenire la mia nomina a simile carica, perchè già pare troppo a tutti che io mi trovi alla suprema direzione della squadra internazionale" (3 1)
25. Nel frattempo la guerra era cominciata, e rovinosamente per i Greci, sconfitti da forze ottomane triple delle loro, a Kalalaka, a Grysonadi, a Melene~ poi più gravemente a Mati in Tessaglia, costretti quindi aripiegare ulteriormente, abbandonando anche Volos, per essere infine completamente disfatti a Farsala e a Domokos. Le Potenze corsero ai ripari e tentarono di indurre i contendenti a un armistizio: ora, però, receduti i Greci dal loro bellicoso furore, era la Turchia vittoriosa che appariva poco malleabile (32), finchè il 14 maggio il sultano accondiscese a sospendere le ostilità. Il 4 giugno ebbero inizio a Costantinopoli le trattative per giungere a una pace, protratte si no al 18 settemb r e; il trattato di pace, detto appunto di Costantinopoli, venne firmato il 9 novembre: l'intervento diplomatico delle Potenze era valso a salvare la Grecia dalla rovina militare e politica. Se però la questione otientale sul continente poteva intendersi risolta, al contrario il problema cretese, momentaneament e emarginato, non soltanto restava aperto, ma si apprestava a vivere i momenti più delicati sul piano politico.
Durante il breve conflitto, a Creta si erano verificati import anti avvenimenti. Appena iniziate le ostilità sul fronte tessalo-macedonico, il Canevaro aveva fatto occupare dalle truppe internazionali i capisaldi fortificati di Suda, Izzadin e Animbali. I cristiani, depressi per le disfatte subite dalla madrepatria, se ne stettero abbastanza tranquilli: nella seconda metà di maggio, le truppe elleniche, in ottemperanza alle condizioni armistiziali, evacuarono l'isola e le forze ottomane rimasero senza avversari diretti. Il 9 luglio il Divano, imbaldanzito dai successi militari, diede ordine alla squadra navale d ei Dardanelli di fare rotta per Creta, suscitando, in seno al Consiglio degli ammiragli, la reazione di Canevaro, Harris e Pottier, i quali, in base agli impegni assunti ed agli accordi precedenti, si opposero recisamente a un aumento delle truppe ottomane a Creta, anzi richiesero l'immediato sgombero degli armati turchi che si trovavano ancora nell'isola. II sultano annunciò l'invio di un nuovo governatore nella persona di Gevàd Pascià: e la sera medesima il Canevaro convocò in seduta straordinaria il
(31) Ibidem.
(32) Con umanis tica civetteria il console italiano a Sa lonicco , Bottesini, scrivendo al Ca nevaro così commentava l'insorgere dell'o staco lo turco sulla via della pace, dopo rimosso quello g reco: "l ncid it in Scyllam qu i vul t vitare Carybd im" (lettera in data I maggio , in Carteggio inedito, c it., AMR, Carte Canevaro, cart. 31).
Consiglio sulla Sicilia e dichiarò agli ammiragli: "Sono convinto che l'arrivo di Gevàd Pascià ci creerà innumerevoli complicazioni: Vassos ha provocato il nostro intervento, Gevàd ne provocherà il prosieguo. Propongo di opporci al suo sbarco" (33). L'ammiraglio italiano comunicò inoltre che il Caprera attendeva già sotto pressione per riportare a Smirne il funzionario ottomano senza fargli nemmeno toccare il suolo cretese. Benchè a malincuore, il Consiglio, ispirandosi alla "moderazione" austro~russa, respinse la proposta italo-francese: con l'arrivo di Gevàd Pascià i turchi si rianimarono, e ricominciarono a verificarsi le scorrerie notturne anti-cristiane dei basci-bugak e degli irregolari bengasini già distintisi in passato per crude ltà e barbarie (34). II Consiglio reagì e aderendo finalmente alla tesi di Canevaro e Pottier decise che la squadra internazional e aprisse il fuoco contro qualsiasi nave tentasse di trasportare truppe turche a Creta. La squadra ottomana dei Dardanelli, in navi gazione verso l'isola, invertì la rotta.
Dopo la conclusione della pace di Costantinopoli, le Potenze ripresero a negoziare per Creta. Venne redatto il progetto di_ uno Statuto organico in base al quale l'isola, dichiarata neutrale, avrebbe goduto di una forma di autogoverno, pur cont inuando a far parte dell'impero ottomano (35). Si discusse a lungo sulla scelta di un governatore, fino a che, scartando per iniziativa del Canevaro i nomi di funzionari turchi proposti dalla Russia, si giunse a un accordo sulla persona del principe Giorgio di Grecia, figlio ca detto del r e Giorgio I. ·
Nel marzo del 1898 la Germania, e poi anche l'Austria Ungheria, si ritirarono dalla flotta internazionale: le rimanenti unità delle quattro Potenze si ridistribuirono tra loro le zone di sbarco e di sorveglianza delle coste (36). Canevaro rimase a presiedere il Consiglio degli ammiragli e a comandare la flotta sino a metà maggio, poi rientrò in patria dove il mese successivo avrebbe assunto per breve tempo le funzioni di ministro della Marina. A rappresentare l'Italia nel Consiglio restò interinalmente il CV A. Carnevali, capo di S.M. della divisione navale italiana, poi ne prese ufficialmente il· posto il CA Bettolo.
Usciti di scena gli imperi centrali, con l'Inghilterra che si accontentava di tenere sotto controllo lo svolgersi degli avvenimenti, e con la Russia ridotta in minoranza, in seno al Consiglio degli ammiragli Italia e Fra ncia
(33) JACQUET , cit., p. 12.
(34) Anche i cristiani si abbandonavano spesso ad efferate zze, dalle torture e mutilazioni degli avversari all'uccisione di persone anziane e al sequestro di fanciulli da restituire dietro riscatto: cfr Procès verbaux, etc. , cit., pp . 89-90, 135, 136, 150, ecc ..
(35) Il testo del progetto è reperibile in CANEVARO: Creta. libro verde presentato alla Camera Atti parlamentari Leg. XX Il Sess., Roma, 1898, pp. 26 27.
(36) Procès verbaux, etc., cit., pp 154-155.
rimasero arbitre delle decisioni, mentre, a Creta, l'estate del 1898 trascorreva apatica e calma. Una forte recrudescenza dei disordini si ebbe invece in set tembre, con rilevanti perdite per il corpo di occupazione internazionale (37): in conseguenza, l'iniziativa italo-francese sboccò in una mossa decisiva, un ultimatum alla Turchia che valse a liquidare la questione cretese con ìl ritiro di tutte le truppe ottomane. Con l'accettqzione della Porta finalmente ottenuta a novembre, si pot~ procedere anche al ritiro delle navi e delle forze di terra delle Potenze e il 20 dicembre 1898 il principe Giorgio di Grec ia potè assumere il governatorato dell'isola L'ultimatum al Divano che tagliò il nodo del problema di Creta fu dovuto principalmente all'amm. Canevaro, divenuto dal 29 giugno ministro degli Esteri. Così lo stesso uomo che al comando della flotta i nternaziona le tanto si era adoperato per contenere la crisi cretese e per alleviare le sofferenze della popolazione dell ' isola in ambedue le componenti etniche, ebbe a decidere della mossa diplomatica destinata a chiudere la vertenza. La felice soluzione tornò a vantaggio della marina italiana che si era dimostrata un efficace strumento per affermare il prestigio nazionale nel concerto europeo (38): per la prima volta l'Italia, in quello scorcio di secolo, si compor tò autonomamente nei confronti degli alleati della Triplice, assumendo la mentalità e il ruolo di grande Potenza a conferma delle proprie aspirazioni: quella conferma che aveva con poca fortuna cercato in Africa e che lo squilibrio, nella Triplice, tra vantaggi e impegni dell'Italia aveva pregiudicato. Che poi gran parte del merito andasse personalmente al Canevaro, fu all'~poca unanimemente riconosciuto, tanto in patria quanto all'estero (39).
(37) Il 5 s ettembre a Candia i mu ss ulmani che vi erano in grande maggioranza, tanto che contribuivano con non meno di 10.ÒOO armati alle bande di basci buzuk • ricominciarono la caccia al cristiano. Le truppe britanniche a cui spellava il mantenimento dell'ordine in quel settore vennero s elvaggiamente assal ite da ogni pane e dovelle ro impegnars i in corpo a corpo con la popo lazione; gli Inglesi, caduto l'ufficiale in comando e lasciat i 14 mor ti sul terreno, furono costretti a ritirarsi lungo la marina per ricongiungersi con le r imanenti forze britanniche raccoltesi sui bastioni, che coprirono la ritirata dei supersiiti con un fuoco serrato di fuci leria. Soltanto a questo punto le truppe turche intervennero senza molto impegno in aiu to degÌi Ing lesi , ma gli assalti della popolazione eccitata cessarono sol t an t o quando su l bas tio ne venne ammainato l'Union Jack ed alzato al suo posto il vessillo ottomano Nello scontro perdet te la vita anche il vice-console inglese. Nei settori italiano, francese e russo scoppiarono pure tu mu lti, ma l' insurre zione musulmana venne energi_cameme e rapidamente posta sotto controllo.
(38) Realizzando quanto aveva auspicato l'anno pr ima il console italiano a La Canea, Me dara, illustrando al governo di Roma "i vantaggi che al nostro prestigio , scosso da precedenti sventure, derivano dalla preponderanza da noi assunta nel regolamento deg li affar i cretesi" (Carteggio inedito, ecc., cit., in AMR, Carte Canevaro, cart. 31 e 35)
(39) Il 3 dicembre 1898 il giornale "Le Messagerd'Athènes" scriveva: "l giornal i europei ci invitano ad essere riconoscenti a ques ta o a quella Potenza. Noi lo saremo innanzi tutti nei riguardi di que l bravo marinaio dell'ammiraglio Canevaro, che è stat o per l'affrancamento di Cre ta ciò che Codrington fu per quello della Grecia".
LA MARINA IN ESTREMÒ ORIENTE
26. Le relazioni con la Cina e il Giappone. 27. L'episod io d i San Mun. 28 La guerra dei boxers. 29. La concessione di Tien Tsin.
26. Gli scambi commerciali con i paesi dell'Estremo Oriente, di cui il Cavour, ancor prima della fondazione dello Stato unitario, auspicava e prevedeva l'incremento nei decenni a venire (I), erano stati potenziati e difesi quasi unicamente per tramite della marina da guerra, rimanendo tuttavia assai scarsi fino agli ultimi anni del XIX se.colo. Fu per mezzo della Magenta nel suo primo viaggio di circumnavigazione che vennero stipulati i primi trattati di commercio con il Giappone e con la Cina nel 1866 (2); dopo la corvetta del comandante Arminjon, varie altre nostre unità visitarono i porti nipponici e del celeste Impero (3), facendovi soste più o meno prolungate.
Se tuttavia i rapporti commerciali italo-cines i restarono per molto tempo ad un livello di gran lunga inferiore a quello dei traffici delle altre Potenze, ciò fu dovuto al fatto che pochissimi erano i connazionali stabiliti in Cina; ed anche la presenza dei mis sionari fu quasi insignificante rispetto, ad esempio, a quella dei francesi, alle cui missioni l'Italia fece costantemente riferimento ogni qualvolta cercò di ottenere autorizzazion i e vantaggi dalle autorità cinesi (4). Vers o la fine del secolo, essendosi aggravato il
(I) Fin dal 1859, infatti, il Cavour suggeriva il progetto di scam biare merci italiane con t ro bozzoli cinesi (CIASCA, cit., pp. 325-326).
(2) GABRIELE e FRIZ, cit., pp. 215 -217
(3) Negli anni ' 70, la corvetta Principessa Clotilde, comandante Racchia; la Vettor Pisani, com. Lovera De Maria; la Vedetta, com. Cassone; la Governolo, com. Accinn i; di nuovo la Ve/lor Pisani, al comando del De Negri; e il Cristoforo Colombo. Ne l decennio seguente, ancora una breve apparizione della Ve/lor Pisani a l comando del Palumbo; poi il Cristoforo Colombo, com. Accinni , e l'avviso Rapido, com. Cravos io; negli anni '90; stabi lita da l mini stro Brin la staz ione navale dell'Estremo Oriente, vi furono presenti le cannoniere Volturno e Curtatone, quindi il piccolo incrociatore ("ariete corazza to") Umbria e il Cristoforo Colom bo; infine il Marco Polo, primo incrociatore corazzato della flotta ita li ana, il cui comandante, CV E Incoronato, e bbe a sostenere un importante ruolo nella nostra az ione in Cina del 1899 (4) Nel trattato di amicizia del 1866 (il cui testo in tegrale è reperibile in V. ARMINJON: La Cina e la Missione ltaliana nel 1866, Firenze , 1875), si in sisteva soprattutto sull'aspetto commerciale delle relazioni tra i due Stati, nel cui quadro l 'Italia si garantiva il trattamen to della nazione più favorita: di missioni religiose s i parlava molto genericamente sta bilendo il principio della liber tà di culto e assicurando la tutela dei missionari. Ma già nel 1888 si faceva riconoscere dal governo cinese la concessione ai sacerdoti italiani di tutti i pr ivilegi goduti in Cina da quell i francesi . ·
fenomeno della corruzione interna dell'Impero ed essendo stati aperti alle navi europee mo lti porti dopo la conclusione della guerra dell'oppio, si ini ziò, partendo dalle province periferiche (Indocina, Birmania, Stati Himalaiani, regioni settentrional i ed orientali), lo smembramento della Cina: questo processo si r ese più man ifesto nell'ultimo decennio dell'800, quando Germania, Russia , Franc ia, Inghi lterra ed infine anche il Giappone, an nettendosi notevo li territori e facendo ormai credere ad una imminente completa dissoluzione della compagine statale cinese (5), indussero l'Italia a ri t enere van t agg ioso partec ipare anch'essa alla penetraz ione europea nella parte estremo orientale del conti nente asiatico. Come era giunta ultima ne l la grande compet izione coloniale, così a nch e nel camp o delle concess ioni (6) da ottenere a spese della dinast ia Ts ing il nostro paese si presentò per ultimo, suscitando, malgrado la modestia delle nostre pretese, l'astiosa oppo sizione delle nazioni concorrenti (7)
L'ammi r ag lio Ca nevaro, divenuto il 29 giugno 1898 ministro degli Esteri nel primo gabinetto Pe ll oux, riprese con entusiasmo un progetto abbozzato qualche mese prima dal suo predecessore Visconti Venosta, il qua le app u nto in vista della rea lizzazione delle sue intenzioni aveva spegito in Cina il Marco Polo ed aveva destinato alla legazione di Pechino il De Ma rti no c he molto stimava e che pareva aver dato b u ona prova di sè r appresentando l'Ita li a a T okio . Questi era fortemente propenso ad un'azione imme diata ed energ ica dell'Ita lia al fine di ottenere una concessione come le a ltre Potenze, ri t ene ndo il momento opportuno ed essendo sicuro di non trovare
(5) Alla fine della guerra ci no -g iapponese de l 1894 1895 , dete r minata dalla compet iz ione pe r il dom i nio della Corea, tune le nazioni europee, me no l'Ita lia, man te nevano in Es t remo Orien te notevol i forze naval i No i mandammo l 'Umbria, ch e fu presente alle operaz ioni di Wei-H a i-Wei e che s i t rovava in Giappone q u ando f'u fi r ma to il t rattato d i pace d i Shimonosc ki. Dopo la fi ne del conflitto Ru ss ia e Franc ia avevano ottenuto importa n ti vantaggi, la prima nel n ord, in Manc iuria, prolungando la t ransiber iana fino a P ort A r thur, l'a l t ra n elle regioni meridiona li, rettificando la s ua front iera indocinese; l' Inghilterra aveva avuto m ig lioramenti in Birman ia, privi leg i nello Yun Nan e la ba ia di Wei Hai Wei; la German ia aveva occupato Kiao Chow.
(6) Il fenomeno delle "concessioni territ0 rial i" in C ina, posto in essere dalle nazioni eu ropee e da l G iappone , va dis ti nto dalla vera e p ropria po li tica co lon ia le dell'epoca , i n quanto tali concessioni appaio n o come formaz ion i non p rop riamente colon iali, bensi "non mo lto lontane dal ti po delle fatto rie commercial i de i La ti ni ne l vicino Oriente dur a nte il basso me d ioevo" (CIASCA, c ii., p 335)
(7) Pa ri clamo re s i e r a avuto, de l res t o, ma lgrado la t rascurab ile nostra presen za in Estremo Or ie n te, a n che quando, già prima, negoziando noi con il G iappone l'autori zzazio ne ai cit tadi ni ita li a n i a viagg iare nell' i nterno del p a ese, le Potenze prote~ ta r ono e r iu sc irono ad impedir e la ratifica dell'accordo (K. M. PANIKKA R : Storia della domina zione europea in Asia, Tor i no , 1958, p. 222) . Sull'argomento in gene ra le, cfr anche C. MASI: fl alia e Italiani nell'Oriente vicino e lontano, Bol ogna, 1936; M. C. CATALANO: Orme d'I talia nell'Estremo Oriente, Bol ogna, 1937; C. PESTALOZZA : Estremo Orieme, ieri, oggi, domani, Mil ano, 1938.
alcuna opposizione (8). Della stessa opinione era anche il comandante Incoronato, che già nel marzo, arrivando in Estremo Oriente e stando il Marco Polo alla fonda a Hong-Kong, scriveva a Roma: "Dato che l'Italia non voglia mantenersi estranea, questo è il momento per intervenire. Un ritardo nell'agire potrebbe dar tempo all'Inghilterra di richiamare la sua attenzione, ora distratta dagli avvenimenti in corso"; onestamente, però, egli sentiva il dovere di precisare che un'operazione di forza non poteva trovare ap poggio nel prestigio del nome italiano: "Per quanto possa riuscirmi doloroso il dirlo, mi sento in obbligo di rilevare quanto esso (prestigio) sia diminuito in tutte le regioni d'Oriente che ebbi occasione di attraversare finora, in confronto di quello che potei rilevare or sono dieci anni. Indagare le ragioni che hanno potuto causare questo fatto, è per me compito molto difficile ... Certo è che non deve aver poco contribuito il troppo raro apparire in questi mari del tricolore; nè parlo solo delle navi da guerra, ma sì, e specialmente delle mercantili: e queste oltre che di rado, anche indecorosamente rappresentate ... Nè credo essere di seconda importanza il fatto di non avere a nostri rappresentanti consoli di carriera, che sarebbero certamente più volenterosi e diligenti nell'attendere alle delicate funzioni della loro carica e ne riuscirebbe più sentita e sviluppata l'influ enza politica" (9).
Più tardi, nello stesso anno, il Marco Polo, dopo aver risalito lo YangTse fino a Han-Kow ed avere in seguito compiuto una breve crociera in Giappone, visitò poi i principali porti occupati dalle Potenze europee. Quindi, d'accordo con il De Martino, e conformemente alle istruzioni ricevute in patria, la nave ripartì alla ricerca del luogo più adatto ad ospitare un'eventuale concessione italiana: e l'Incoronato giudicò migliore di ogni altra la baia di San Mun nella provincia del Ce-Kiang (IO).
(8) Cfr G. BORSA: Italia e Cina nel secolo XIX, Pavia, 1961, pp. 80 82.
(9) LEVA, cit., 11, p. 353.
(I O) In base alle info rmazioni ricevu te dal comandante e dagli ufficia li de l Marco Polo, il De Martino così r iferiva: "(Pechino 9 dicembre 1898 arrivata a Roma il 4 febbraio 1899) La baia di Sam Sah essendo esclusa nella provincia del Ce-Kiang due sole località sarebbero possibili per una nostra s tazione: Nim-Rod (che, per essere cont igua a Ning Po, po r lo aperto al commercio internazionale, è poli t icamente da escludersi) e San Mun. Q ue sta bai a raccoglie tutte le migliori condizioni. È ottima sotto l 'aspetto marittimo; e i diversi ancoraggi sono ecce llen t i. Per il presente e cioè per lo scopo nostro immediato la stazione carbonifera sarebbe da collocarsi su di un'isola che ha nome Ta Fu havvi, a man sin istra entrando, un magnifico bacino. Due fiumi vi sboccano. Tutta la baia tanto s'indentra che le comunicazioni con l 'interno della provincia s arebbero facili e il commercio di essa vi sarebbe naturalmente attratto Quanto poi alle disposizioni degli indigeni sparsi nelle vicinanze , gli ufficia li del Marco Polo mi hanno elogiata la loro mitezza e l'accoglienza che fecero, confermando così ciò che è noto su lla indole deg li abitanti della fertile e ricca provincia. L'Eccellenza Vost ra essendosi degnata chiedermi i l mio parere persona le, ho creduto dover le dichiarare che, considerando i vantaggi industriali, commerciali , ed anche i politici, che ci verrebbero da quella stazione, il mio parere è più che mai, dopo la comp iuta ispezione, in favore dell'occupazione; e il comandante Incoronato
27. Il Canevaro, spinto dai dispacci del De Martino, e avendo iniziato dei sondaggi diplomatici presso le Potenze (11), si illuse di ess ersi assicurato l' ap poggio b r itannico e l ' indifferenza delle altre nazioni, basando si anche sulle notizie che giungevano da Pechino circa le reazioni dell'ambiente diplomatico della capitale cinese al progetto di occupazione italiana (12).
mi ha c hies to, che aggiungessi che questo mio parere è confermato da lu i. La fortuna nos tra avrà volulO che a noi, giunti dopo tutti gli altri e non avendo più modo di scegliere, wccherà la parte che sino dai primordi avremmo dovuto preferire e come località per la nostra stazione e come provincia per la nostra innuenza e operosità" (n. 338 / 126 = AER, P. 86, Cina 1899). Mentre questa lettera veniva esaminata al mini s tero degli Esteri a Roma, un'altra unità italiana visitava San Mun: l'Elba in ar rivo dall'Italia e d iretta a Cc-Fu. Il suo comandante, CF O. Cecconi, si dichiarava d'accordo con l'Incoronato: "La baia di San Mun è molto vasta ... vi si contano circa cinquanta isole ... quasi tutte abitate e coltivate. Il terreno è fertile, l'aspeuo è pittoresco e le coltivazioni bene ordi nate ... Nessuno dei contadini cinesi che vennero a bordo, aveva veduto un europeo nè conoscev a le armi da fuoco. Il mandarino e i notabili de l paese sono fe licissimi dell a mia vis i ta e mi co lma no di co mp l imenti e d i regal i Qua lora il Governo italiano no n potesse avere altro in Cina per il momento, meglio San Mun che niente" (LEVA, cit., Il, pp. 361-362).
(11) Particolarmente l'Inghilterra: ma il Canevaro non fece attenzione· o non diede importanza al fatto che l'approvazione inglese era espli citamente s ubor dinata alla condizione che l'Ital ia non r icorresse alla for za. Dato che l'ambasciatore britannico a Pech ino, s i r C laudc Mac Donald, aveva assicu r ato il Foreign Office che senza l'uso della forza l'Italia non avrebbe ottenuto nulla dallo Yamen, il Salisbury aveva ritenuto che il suo gesto di amicizia, con quella riserva, sa rebbe rimasto puram ente teorico. Così avvenne che il Canevaro prendesse troppo alla lettera la comunicazione fattagli dall'amba sciato re britannico a Roma il 2 febbraio 1899: "L'Ambasc iatore It a liano in Londra è stato ricevuto dal Mar chese di Salisbury l ' 11 u.s. ed ha manifes ta!O a Sua S ig noria il desiderio del Governo Italiano di avere una stazione carboni era nel Mar della Cina In rispo s ta al Sig. De Ren zis, Lord Sali sb ury ha dichiara IO che è desiderio del Governo di Sua Maestà che il Governo Italiano abbia ogni opportunità di estendere il suo co mmercio in quei mari e che a prima vista non trovava nulla in tale proposito a cui il Governo di Sua Maes tà potesse fare ob iezio ne, ma desiderava un breve rinvio per poter considerare più auentamente la que.st ion e pr ima d i dare una risposta defin itiv a . Ora, ho l'onore di informare V.E. che ho ricevuto istruzioni dal Marchese di Sa l isb ury di fare al Governo Italiano la segue nte comunicazione sull'argomento. li Governo di Sua Maestà, avendo riguardo alle amichevolissime relazioni esistenti fra l'Italia e l'Inghilterra, come pure all'identità degli scopi commerciali perseguiti dai due paesi nell'Estremo Oriente, non formula alcuna obiezione al proposi to del Governo Italiano di Ollene re dalla Cin a la concessio ne dell e menziona te iso le nella baia d i San Mun da usare come stazione carbon iera". È anche da osservare che il Canevaro non era s tato molto chiaro con Lord Sali sb ury, accennando appena al proposito di farriconoscere dallo Yamen una zona di esclusiva innuenza italiana nel Ce-Kiang e proponendo si di porre sul tavolo quest'altra ques tione dopo il fatto compiuto dell'occupazione delle iso le.
(12) De Martino aveva assicura to il mini s tro che il rapprese ntante russo aveva r isposto: "li y a de la p ia ce pour tout le monde. S' ils (gli Italiani) ont le bo n sens de rester là- ba s ver s le sud, pourquoi !es empecher?"; il ministro di Francia aveva dichiarato che era desiderabile che in Cina "ognuno ci avesse un piede"; il ministro germanico si era dimostrato indifferente ad eventuali occupazioni italiane nel s ud, lomano cioè dallo S hang Tun,g dove s i trova KiaoChow. Il rappresentante britannico, infine, aveva detto che "non vedeva perchè l'I nghi lterra avrebbe impedito ai G iappones i di avere quanto altri ottennero", agg iun gendo che "meglio vi s ian o i Giapponesi (epperò, meglio ancora gli Italiani), che i Frances i o i Russi" (n·. 339 / 127, in AER, P. 86, Cina 1898).
Perciò, dietro ordine di Roma, il De Martino presentò il 4 marzo 1899 allo Tsung-Li Yamen, per iscritto, le richieste italiane che aveva già esposto oralmente a quei ministri cinque giorni prima: cessione della baia di San Mun per stabilirvi una stazione navale e riconoscimento degli interessi esclusivi de ll 'Italia nella provincia del Ce-Kiang. Il governo cinese si irrigidì : non so l tanto le richieste vennero duramente respinte, ma addirittura la nota in cui esse erano formulate fu restituita alla legazione d'Italia con il commento che nell'interesse delle' 'relazioni finora esistenti di amicizia e di fiducia tra i due Stati" si pregava il ministro d'Italia di r i prenderla (13). Ne seguirono u r genti e concitate sollecitazioni de l De Martino a Roma, alle qua li si associava anche il com. Incoronato, affinchè lo sgarbo non fosse to ll erato: e quantunque il Canevaro sapesse che l'Ita li a non aveva al mo mento nelle acque cinesi che due unità, il Marco Polo e l'Elba, mentre una terza era in arrivo, ordinò al ministro di ripresentare le richieste sotto forma di ultimatum, alla scadenza del quale la baia di San Mun avrebbe dovu to essere occupata (14) .
Il via per questa azione diplomatico-militare fu dato dal ministero con un telegramma partito da Roma 1'8 marzo verso mezzogiorno (15) Immediatamente il Canevaro ne diede notizia all'ambasciatore britann ico nella capitale italiana, P. Currie, chiedendogli di spiegare al Foreign Office che il governo italiano si era visto costretto a metodi coercitivi per la gravità dell'affronto ricevuto: il Currie se ne mostrò allarmato e dichiarò che Lord Salisbury nÒn avrebbe mai tollerato di essere messo di fronte ad un fatto compiuto; e mostrò un dispaccio del Foreign Office da cui risultava che il min istro britannico a Pechino era stato già sollecitato ad intervenire presso lo Yamen affinchè questi desse soddisfazione all'Italia, con la richiesta che la nota respinta venisse nuovamente presentata. Dopo ta le colloquio il Ca nevaro, deluso e preoccupato, spedì al De Martino nel pomeriggio un nuovo telegramma urge n te, disponendo che fosse sospesa la consegna dell'ultima t um (16). P urtroppo pare che a Pechino i due messaggi giungessero in ordine inverso a quello di partenza (ev identemente perchè il secondo era st ato spedito con urgenza), così che il ministro, a quanto sembra in buona fede, ino ltrò l'u l timatum la sera del IO marzo.
(13) BORSA, cit., cap. V.
(14) Ibidem.
(15) Esattamente, con il teleg ramma n. 563, wedito alle ore 12,30: "Ricevuto suoi te le et tele Incoronato Autorizzo presentare ultimatum chiedendo che entro quattro giorni Governo cinese accetti in pr incipio la nos tra domanda e s i d ic hiari pronto amichevole negoz iato per sta bi lire i partico lari" (D.D.I., serie III , voi. III, doc. 18 1).
( 16) li d ispaccio n. 569, trasmesso urgente alle ore 16,20, diceva: "Mio precedente tele gramma esprime nostre in te nzioni rispetto atteggiamento Governo cinese. Però la prego sospendere consegna ultimatum fi no nuova mia istruzione. Accusi ricevuta presente telegram ma" (D.D.I., ser ie lii, vo i. lll, doc. 184).
Intanto l'amm. Canevaro, ricevuta dal De Martino la richiesta conferma del secondo telegramma, si era tranquillizzato, aveva dato assicurazioni all'ambasciatore Currie di aver fatto sospendere la consegna dell'ultima tum ed avviava consultazioni per risolvere la faccenda (17). Ma la mattina del!' 11 il Currie e l'ambasciatore tedesco a Roma conte Karl von Wedel si fecero ricevere alla Consulta e mostrarono un dispaccio dell'agenzia Reut e r da Pechino, in cui si dava notizia della presentazione dell'ultimatum italiano alla Cina. Il Canevaro smentì recisamente: però la sera stessa ricevette dal De Martino conferma telegrafica dell'avvenuta presentazione. L'ammiraglio reagì immediatamente ed energicamente: senza consultare nè il presi dente del Consig lio nè gli altri colleghi del gabinetto, alle 24 (il dispaccio da Pechino era giunto alle 20,50) telegrafò: "Ricevo con indicibile sorpresa il te leg ramm a di Lei che annunzia la avvenuta consegna dell'ultimatum. Il mio secondo teleg ramma del giorno 8, di cui a mia richiesta Ella segnò ricevuta, Le ingiungeva di sospendere la consegna fino a nuova istruzione. Ci spiegheremo più tardi . Intanto Le ordino in nome di S.M . il Re di ritirare immediatamente l'ultimatum e di consegnare la legazione, compresa la ci fra, a l collega britannico, al quale pregai Lord Salisbury di tosto telegrafa-. re l'occorrente autoriz:?azione. Lei ritorni in Italia a rendere conto d " lla sua condotta" ( 18) .
Oggi, il completo esame della documentazione esistente iul malaugurato episodio (19) fornisce una conferma della buona fede del De Martino, il quale peraltro sembra fosse già inviso al Canevaro per taluni discutibili comportamenti nella vita privata. Sta di fatto che la questione di San Mun, incre sciosa di per sè ma poi anche ingigantita nella stampa e negli ambienti parlamentari, sollevò la Camera contro il ministero del gen. Pelloux. Questi, senza attendere di essere rovesciato da un voto di sfiducia, di lì a poco preferì dimett er si, per costituire un secondo gabinetto di cui non faceva più parte il Canevaro, sostituito dal suo predecessore Visconti Venosta. La trattativa per San Mun venne precipitosamente abbandonata, con notevole "perdita della facc ia" (20), cui a fatica tentò di rimediare il nuovo
(17) Cfr la relati va documenta zione in G . BORSA: La crisi italo cinese del marzo 1899 nelle car1e inedi1e del ministro Canevaro, in " Il politico", 1964, n. 4 (dicembre), pp. 622-623, no ta 17.
(18) Tel. 621, in AER, P. 86 , C in a 1899.
( 19) BORSA, La crisi i1alo cinese, ecc., cit., pp. 624 638. Vedi anche il carteggio Cina San M un in AMR, Carte Canevaro, cart. 31.
(20) L'amm. Gre net fu l'ultimo a par lare di San Mun, in un rapporto che assomig lia alla favo la della volpe e dell'uva : la baia, d iceva , che n on aveva visitato personalmente ma su cui aveva r accolto ampie informazioni ad Hong-Kong, non possedeva in verità t u tti i requisiti necessari per lo scopo a cu i s i in tendeva adibirla, avendo l'accesso aperto ai monsoni, fonda li in s u fficienti per gr andi navi, essendo priva di foci di fiumi navigabili ed eccessivamente lontana da grossi centri commercia li.
rappresentante italiano in Cina, Salvago Raggi, il quale aveva già retto la legazione di Pechino prima del De Martino in qualità di incaricato di affari: egli trovò lo Tsung-Li-Yamen soddisfatto e imbaldanzito di esser riuscito ad avere la meglio, una volta tanto, di fronte ad una delle odiate nazioni europee e meno che mai disposto a concedere alcun compenso che mitigas se in qualche misura l'offensivo rifiuto (21). Nelle acque cinesi giunse a maggio con lo Stromboli il CA F. Grenet, nominato comandante della divisione navale dell'Estremo Oriente appena istituita e munito di istruzioni redatte prima della conclusione della vicenda d i San Mun.
28. A ll 'arrivo in Cina, l'ammiraglio trovò la situazione radicalmente cambiata, tanto più che le sue istruzioni, per marziali che fossero, specificavano come fosse "lontano dalle intenzioni del R . Governo l'avviarsi ad una politica di avventure coloniali o di conquiste territoriali" e gli raccomandavano "l a condotta più prudente verso il Governo cinese". Le unità poste agli ordini del Grenet furono, oltre lo Stromboli, i due incrocia tori Elba e Marco Polo che s i trovavano già sul posto: in seguito, per periodi più o meno lunghi, l'Etna, il Piemonte e la nave-scuola Amerigo Vespucci. Quando, alla fine de l 1899, quest'ultima rimpatriò con l'Etna , il Piemonte, lo Stromboli e il Marco Polo, arrivarono per sostituirle nel mar della Cina il Carlo Alberto e il Liguria
L'andirivieni di queste navi da guerra italiane, per quanto fosse contenuto nel tempo e non desse mai luogo a tensioni con le forze cinesi, non po teva non destare una certa preoccupazione nello Tsung Li-Yamen che pure aveva ben altri motivi, interni ed esterni, di allarme (22). Era già in atto allora, infatti, una generale agitazione che segnava l'inizio dell'episodio
· (21) M. VALLI : Gli avvenimenti in Cina del 1900 e l'azione della R. Marina, M il ano , 1905, pag. 117: "Questo li nguaggio, ed in generale il contegno del Governo Imperiale, a ri guardo de ll 'Itali a , c ompromise grandemente il prestigio deg li Italiani, non perchè le minacce avessero una qualche importanza, ma s o lo perchè esse e rano poss i bil i, mentre, da anni, i sudd it i di tutte le Potenze st raniere er ano abi t uati a veder la Ci na piegars i a lla vo lontà dei loro Governi. E com inc iò, dopo San Mun, un triste pe ri odo per noi in Estremo Or ieme: per iodo che ebbe term ine soltanto nel '900 , con l' intervento armato dell'Italia nell'azione collett iva delle Poten ze".
(22) Scriveva un g iorna le di T ien Tsin nel dicembre 1899: " Corre voce che l'ammirag lio Yen, comandante della flotta cinese del No rd , quando negl i scorsi g iorni le navi da guerra ita liane facevano crociera nelle acque setten triona li , abbia temuto di attirarsi u n rimprovero per non ave r appròfittato dell ' ouima occas ione per aggredirle. Sembra quindi che abbia teleg rafa to a Pech ino pe r sapere come regolarsi. Lo T sung-Li Yamen avrebbe immed iatamente discus so la questione i nsieme col Gran Consig li o e a ll'ammi raglio Yen s a rebbe stata inviata questa rispos ta. Nel caso che le navi italiane dirigessero vers o un punto importante della costa, con ver rebbe certame n te aprire il fuoco contro di esse. Bisognerebbe però avere somma cura di conservare inco lum i le nostre navi ed i cannoni : n on converrebbe quind i aggredire all'impaz zata e ris c hi a re con leggerezza tutto in un co l po" (LEVA, cit., li, p. 415).
cruciale dello scorcio del secolo, noto con il nome della maggiore delle so cietà segrete che fomentavano la xenofobia: quella dei boxers (23). Cresceva di giorno in giorno il fermento.contro gli "Yang Kuei-Tsen", i diavoli stranieri, e per riflesso contro i Cinesi convertiti al cristianesimo: contro i primi i tumulti si esaurivano per lo più in insulti e soltanto qualche volta la folla si abbandonava ad atti ostili, ma i convertiti correvano spesso pericolo di vita Fino al febbraio 1900 le navi italiane presenti in Cina, si limitarono a collaborare con le unità delle altre Potenze nell'attività di protezione delle persone e degli interessi europei n ei luoghi dove la minaccia appariva maggiore. Proprio quançio le m~nifestazioni ostili si andavano moltiplicando 7 a un anno esa tto dalle trattative per San Mun il ministro Salvago Raggi chiedeva a Roma che le nostre navi da guerra partecipassero ad una dimostrazione coUettiva .delle flotte delle Potenze (24);. il ministero degli Esteri italiano.dispose invece il rimpatrio del Carlo Alberto, così che rimanevano nelle acque cine$i, andando incontro a giorni che si preannunciavano molto oscuri , soltanto..J'Elba e il Calabria richi amato precipitosamente dall' America. Con il Carlo Alberto rimpatriò aRche l'amm. Grenet e all'arrivo della nave a Napoli la divisione navale dell'Estremo Oriente venne sciolta: provvedimento tanto più inopportuno, in quanto proprio a'llora gli svilupp i della situazione in Cina stavano per richiamare in quei mari il più gran nu mero di navi da guerra di ogni Stato, unitamente a cospicue forze di occupa zione pronte per l'impiego: pertanto si dovette, non molto dopo, ricostituire la divisione, che prese il nome di forza navale oceanica e fu posta al co mando del CA C. Candiani.
Tra marzo e maggio 1900 la situazione precipitò e i boxers insorsero apertamente contro lo Tsung Li Yamen che secondo loro non agiva abbastanza energicamente contro i diavoli stranieri; il 20 aprile avvennero
(23) La società segreta dei boxers, la più potente tra quelle che sorsero alla fine del XIX secolo, nacque nello Shang-Tung per opera dell'ex governatore Li Ping-Heng e, sotto la co pertura di società ginnastica a scopo pedagogico patriottico, diffuse l' odio contro i barbari d'Occidente, in uno strano miscuglio di addestramento mili tare e di misteriosi riti , che dovevano dare agli adepti l'immunità c'o n tro le armi da fuoco dei diavoli stranieri. Dif(usasi rapidamente anche nel Ci-Li , la setta comi nciò nel maggio 1899 i suoi atti di violenza contro i con vertiti, le missioni, poi gradatamente anche comro le ferrovie e le linee telegrafiche, segni este riori di un progresso che i boxers ripudiavano. Nel la primavera del 1900 il movimento dilagò i n aperta rivolta. I boxers erano divisi in gruppi tattici di 500 uomini che dormivano e consu mavano i pasti in comune; si riconoscevano dai vestiti azzurri con fasce rosse a ll a testa, alla cintura, ai polsi e alle caviglie. Erano muniti di armi amiquate e di scarso valore bellico: ma la loro arma m igliore era il fanatismo.
(24) In data 9 marzo 1900 il ministro spediva il seguen te te legramma a Roma: "Agitazio ne contro i missionari accenna aumentare. Unanimemente giudichiamo che, qualora la situazione non migliori, sarebbe opportuna una dimostrazione, con le na~i delle cinque Potenze i nteressate, nel Pe Ci-Li" (VALLI, ci t., p 210).
massacri di convertiti a Pao Ting Fu, non lontano da Pechino, e cominciò un tragico esodo degli europei da quella località; altre stragi si verificarono nel mese di maggio (25).
Alla fine del mese, avendo i diplomatici delle Potenze convocato le rispettive forze navali a Ta-Ku, il porto più vicino a Pechino, il Salvago Raggi, senza perdere tempo ad attendere istruzioni da Roma, fece altrettanto (26) ed ordinò al CF G. Casella, succeduto al Cecconi nel comando dell'Elba, di portarsi con la sua nave a Ta-Ku (da Ce-Fu dove si trovava all a fonda) e di preparare lo sbarco di un distaccamento da inviare a Pechino per la difesa delle legazioni, insieme ai contingenti delle altre navi da guerra europee. L'Elba giunse il 30 e il comand. Casella, d'accordo con i comandanti delle unità russe e francesi presenti nella baia, fornì un distaccamen to di 39 uomini agli ordini del T V F. Paolini è del STV A. Olivieri, che iniziò, insieme alle altre forze europee, la marcia verso Pechino, dove la colonna arrivò l'indomani . Il I O giugno entrò nel golfo di Ta-Ku l'altra unità italiana, il Calabria e il Casella, come ufficiale più anziano, assunse le funzioni di comandante superiore. Frattanto altre navi da guerra delle Potenze continuavano ad arrivare e il 5 giugno, dietro pressanti sollecitazioni del ministro Salva,go Raggi ("Situazione peggiorata . Oggi ferrovia interrotta presso Pe chino, sembra sarà riattivata domattina. Tentate far venire distaccamento Calabria"), il secondo incrociatore mise a terra un altro contingente di 39 uomini, al comando del TV G. Sirianni e del STV vasc C. Premoli, che, unitamente a un drappello francese, riuscirono a raggiungere T ien- T sin ma non poterono proseguire, restando bloccati da ingenti masse di boxers.
A Pechino, l'arrivo dei marinai europei schieratisi a difesa del quartiere delle legazioni esercitò all'inizio profonda impressione sui cinesi così da riportare la calma ne lla città: ma non dm~ a lungo. L a Corte imperiale e lo Tsung-L i-Yamen si trovarono in difficoltà, divisi tra il timore dei diavoli stranieri e quello dei ribelli boxers, contro i quali non si aveva nè la voglia nè la capacità di reagire energicamente.
(25) I massacri di converti t i aumentarono alla fine di maggio ed ai primi d i giugno cominc iarono ad essere ucc isi anc he gli europei. Altre stragi avvennero a Pao Ting-Fu , f u rono perseguitat i i vescov i ital ia n i e ci n esi; tr a le monache assassinate, ve ne erano d ue it aliane li VALLI (cit., p. 254) calco la che il totale dei r el igios i eu r opei uccisi ammontasse a 242, di cui 60 do n ne e 61 b ambini, e che il n u mero dei convertiti che erano rimasti vittime d ei boxers n ella so la zo na di Pechino superasse i 10.000 .
(26) Lo stesso giorno in cui impartì l'ordine alle n avi, il Salvago Raggi comunicò a Ro ma : "Pechino 28 maggio 1900 Le Legazion i d i Francia, Ger mania , Russia e Inghilterra ch ia marono le loro navi a Ta Ku per sbarcare distaccamenti Faccio altrettanto, senza aspettare istruzion i precise, perchè si suppone imminente la rottura del telegrafo . È probabil e che non po t rò dare u lteriori not iz ie per qualche t empo" (ibidem, p. 215) .
li 1° giugno gli attacchi ricominciarono: venne distrutta la chiesa cattolica, uccisi due missionari inglesi, sterminati altri europei che ten tavano di fuggire a Tien -Tsin ed altri ancora provenienti da Pao-Ting-Fu, del qua le ultimo gruppo facevano parte anche due ita l iani. Si andò avanti così per una set tim ana, tra proditori assalti e proteste diplomatiche, finchè, il IO, preva lso allo Yamen il partito reazionario, ve nnero dep ost i i ministri meno xe nofobi e sostituiti con elementi tra i più fanatici.
Al VA britannico Seymour, ufficiale più elevato in grado tra quelli a bordo delle navi di Ta-Ku (27), giunse il 9 giugno, sulla Centurion, un di speralo appello della 1egazione inglese a Pechino: "La situazione è estremamente grave: se non si provvede ad avanzare immediatamente su Pechino, sarà t roppo lardi" In segu ito a ta le d ispacc io, l'amm. Seymour, con il consenso di tutti, d ecise di radunare a terra tutti gli uomini disponibili sulla squadra int e rnazi onal e e di condurli egli stesso ve r so la capitale cinese. Le unità i t al iane riuscirono a mettere insieme un terzo drappello di 20 marinai con il STV, E. Carlotta. La colonna Seymour partì subito e raggiunse in giornata Tien Tsin: qui il di st accamento Sirianni si aggregò alla co lonna e i 20 uomini con Carletto restarono a fa r parte d el presidio di quella città. li 16 giugno l'amm. russo Hiltbrandt, imbarcato su ll 'incroc iatore Rossia che dopo la partenza di Seymour era rimasto l'ufficiale più a1i.ziano della flotta internazionale (28), ri unì di nuovo i comandanti superiori delle singole nazioni: in considerazione del fatto che forze regolari cinesi erano st ate viste mentre si accingevano a sbarrare la foce del fiume Pei Ho, ciò che avrebbe impedito ogni movimento a ll e unità ancorate nella baia, e che altre truppe imperiali avevano occupato la ferrovia per Pechino, la
(27) Tre giorni prima l'amm. Seymour aveva in v itato i coma ndanti s uper io ri delle forze navali present i nella baia a stud iare ins ieme i provvedimenti che s i potevano prendere d i com une accordo per far fron te alle circostanze che apparivano sempre più gravi: "In vist a della gravità della silllazione a Pechino e ne lle sue vicinanze, ed essendo probabile che le com uni cazio ni siano inLerro1te dai bo xe r s fra la capitale e T i e n-Tsin, lasciando i nos1ri iso la t i nell'impossi bi lità di comunicare con i propr i g ove rni e con noi, sembra opportuno che cucii i comandant i delle forze nava li presenti s i riuniscano per s tud iare in s ieme la silllazione. Come i l più anzia no fra lulli , ho l'onore d i avanzare queste propos te " premes s o che le navi erano chiamate ad una missione di difes a, a proteggere cioè le vite e le proprie1à de i connazionali, che non s i 1rallava c ioè di operare contro il gove rn o cinese, bensì di agire con1ro i boxers ribelli, as s is i en do anzi il governo cinese stesso per r istabi lire l 'o rdine, ovvero pro vvedendo se nza il suo concorso se esso s i fosse dimostralo incapace, ogni operazione avrebbe do vu co ess ere c ompi uta con i l consenso de i rispellivi capi di legazione , o anche d i propria in iziativ a dai comandam i su per iori se le comunicazio ni fo ssero s 1a 1e rea lmente in1erroue e non vi fosse tempo e mod o di chiedere istruzioni ai ri speltivi govern i E rano già a eerra 830 uomini delle navi (di c ui 80 ita lia ni) e s i poteva contare , a l momento, su ll 'impiego di altri 950 : le due unicà ita li a ne, però, non avrebbero potuto darne che una ventina, Lenendo conto del numero dei fu cili, della consistenza deg li equ ip agg i e della possibilità d i dover eseguire altri s barch i in altre local ità (LEVA, ciL. , pp. 427-428) .
(28) Vi erano ormai nella ba ia di Ta-Ku più di una quarant i na di navi da guer r a: 7 un ità britanniche, 16 ru sse , 6 francesi, 6 tedesche, 2 americane, 3 giapponesi, 2 italiane ed una austroungarica (M. VALLI, cit., p 293).
riun ione decise di chiedere con un u ltimatum la consegna dei fort i cines i entro le ore 2 d el gio rno 17. Sei cannoniere (una inglese, una tedesca, un a francese e tre ru sse) presero a bordo la forza di sbarco c he dov eva prendere parte alle operazioni contro i forti Avendo i cinesi aperto ìl fuoco sulle canno n iere che aveva no appe na sbarcato i distaccamenti europei, tutte le navi nella baia (29) iniziarono il bomb a rdamento delle fortificazioni, che vennero ben pre sto distrutte o smantel late e quindi occ upate. A questa ope razione prese parte un drappello di 24 uomini dell' E lba e del Calabria, comandato dal T V G. B. T anca, che non lamentò alcu na perdita. Ma pur troppo due giorni più tardi a Tien-T sin , co mbauend o contro g li assalitori box ers, ca dde ferito mortalm e nte il STV Carlotto, a lla cui me moria venn e poi conces sa la medaglia d'oro al val or militare. Nel frattempo la colonna Seymour, aven do trovato la linea ferroviaria inte rrotta a lla stazio ne di Lan g -Fang, a una quaramina di chilometri da Pe chino, ave va tentato invan o di proseguire a piedi verso la capitale, essendo ne sta ta impedita da grandi orde di boxers, che min acc ia vano di acce rchi are e sop r affare i 2.000 uomini della colonna. Dalle legazioni a sse diate giungevano all'ammiraglio inglese disperate richieste di ai uto, mentr e alle spalle, in lonta nan za, i socco rrit or i udivano tuonare ininterrottamente i cann oni a Tien- Tsin e scorgevano le fiamme e il fumo de gli incendi. Non vedendo il modo di avanzare nè d i r etrocedere, quando, il 19 g iugno , giunsero contemporaneamente, da T a-Ku la noti zia della pre sa dei forti e da Pechin o quella dell'intimazione del go verno c in ese alle Pot e n ze di sgomberare le lega z ioni , il Seym o ur decise di ap rirsi la via d e lla ritir ata s u Tien T s in: oper azione ch e condusse a termine in otto giorni di contin ui combattimenti che furono necessa ri per coprire i 70 km di di sta nza. De l distaccam ento Sirian ni che faceva par te della co lonna Seym ou r caddero com battend o il sottocapo V. Rossi, anch'egli poi decorato di medaglia d'oro alla· memoria, il tromb ettie re O. Painelli, il can n on iere scelto F . Basso e i comuni A. Autu ori e C S androni, tutti del Calabria.
Il 21 giugno lo Tsung -Li- Yamen, ormai domin a to dalla fazione xeno foba, dich ia rava la g u er r a a ll e Poten ze: si inaspriva pertant o a Pechin o l'assedio delle legazioni, a ssalt ale contemporaneamente dalle bande dei boxers e dalle truppe impe ri a li Essendo intanto arrivati a Ta Ku nuovi reparti da s barco e contingenti di truppe terr es tri deg li Sta ti c he, avendo coloni e in A sia, e rano s tati in grado di inviare ce le rmente socco r s i, si potè alleggeri r e la pressione nemica su Tien-Tsin e quindi liberare le concession i europ ee circondate dai boxers e dai r epa rti rego la ri. Ne ll 'ultima decad e di g iugn o il
(29) Eccetto le uni1à statuniten si, che non presero parte all'azione comro i forti.
comandante britannico Craddock fu messo a capo di un corpo di spedizione che marciò su Pechino: ne facevano parte anche i marinai reduci della colonna Seymour e il distaccamento Tanca che aveva partecipato all'occupazione dei forti (30).
Il corpo ve nne diviso in due co lonn e, che dovevano risalire dai due Iati il corso del Pei-Ho: su ll a riva destra del fiume il grosso (12. 700 uomini, tra inglesi, americani e giapponesi) e sulla sinistra un contingente minore (russi, frances i , tedeschi e italiani, per complessivi 5.000 uomini) . In nove gior ni di marcia e di combattimenti continui, il corpo .di soccorso raggiunse Pe chino ne lla notte tra il 13 e il 14 agosto e all'alba prese d'assalto le mura irrompendo nella città mentre la Corte imperiale e il governo fuggivano dal Iato opposto verso Sing Han-Fu.
Tra gli europei liberati nella città tartara erano anche il ministro Salvago Raggi con il persona le della legazione italiana e il drappello dei marinai dell'Elba, che si era battuto eroicamente durante l 'assedio: il comandante, TV Paolini, rimasto gravemente ferito, fu decorato di medaglia d'oro al valor militare, come pure il STV A Olivieri, che aveva sostenuto un asse dio non meno grave al Pe Tang, missione catto lica e chiesa cattedrale di Pechino, dove 3.500 convertiti con 40 religiosi francesi si erano asserraglia ti sotto la protezione di un drappello di marinai (30 franc e si e 11 italiani) ed avevano resistito ad attacchi al tr ettanto micidiali di quelli sferrati contro le legazioni (31)
Fu soltanto a metà agosto che cominciarono ad arrivare a Ta -Ku le unità della fo r za navale oceanica dell'amm. Candiani: giunsero alla spicciolata poichè, data l'urgenza della situazione, erano state fatte partire
(30) Per non lasciare sguarnita la parte dei forti affidata agl i Italiani, il comandante Ca se lla sbarcò a ltri dieci uomini a l comando de l guardiam. E. Minisini: con quesLa nuova dimi nuzione l'equipagg io dei due incrociatori si riduceva ad un minimo appena s ufficiente per na vigar e a velo ci tà econom ica.
(31) La motivazione della medaglia d'oro concessa al TV Paolini diceva: "per avved u tez :/.a, coraggio e sangue freddo dimostrali d uran te la d i fesa delle legazioni a Pechino , r iman endo ferito i l l O l uglio 1900, mentre alla testa dei s uoi u o min i si lanc iava all ' assalto di una barricata, sotto la cui protezione un pezzo nemico cagi onava gravi danni"; quella del STV O l ivier i: "per avvedutez za , coraggio e sangue freddo dimostrat i durante la difesa delle missioni cristia ne al Pe Tang (Pechino). Allq tes ta dei suoi marinai costr in se a s loggiare due cannoni nemici che tiravano contro le improvvisate difese, salvando la parte nord del Pe-Tan g (24 g iugno 1900). Rimase inoltre sepol to, per circa 40 minuti, s otto le macerie prodotte dallo scoppio di una mina , che cagionò la morte di cinque marinai italiani e di più di cento cristiani cines i r ico verati nella missione". Oltre il STV Carlotto e i cinque uomini del distaccamento Sirianni, di cui si è già detto, caddero in C i na: al Pe Tang i l capo cann. P. Marielli, i cann. A. Roselli, L. Fanciulli, D. Piacenza e i comuni G. Colombo e V. Danese; e nella legazione i l capo cann. A. Milani, i cann G. Marsili, F Manfron, F Melluso e F. Zolla, e i marina i L. Mazza e G Bo scarin: in tu tto 19 uomini, le cui salme vennero riunite n e l cim itero in tern azionale di Pechino, all'angolo sud es t della c illà tartara, insieme c on quelle dei marinai e sol dati decedu ti per ma " lattia e per incident i durante la campagna V. anche altr i docc. i n AMR, 172 (rapporti R.N. Elba e Calabria), 2.385 e 2.386.
dall'Italia isolatamente , a mano a mano che venivano approntate. La prima fu il Fieramosca, su cui l'ammiraglio aveva alzato la sua insegna; una settimana più tardi arrivò il Vettor Pisani; alla fine del mese lo Stromboli, scortando i tre piroscafi Giava, Singapore e Marco Minghetti, che trasportavano le truppe terrestri destinate a formare il corpo di spedizione italiano per le operazioni che s i sarebbero svolte nell'autunno: circa 2.000 uomini (un battag lione di fanteria ed uno di bersaglieri) agli ordini del col. V. Garioni. L'ultima nave della forza oceanica, il Vesuvio, costretta ad una lunga sosta a Singapo r e per una grave avaria all'apparato motore, non si presentò a Ta-Ku che alla fine di ottobre .
Appena ancorato nella baia, il Fieramosca mise a terra due compagnie da sbarco, al comando dell'ufficiale in 2a, CC E. Manusardi: questo contingente, con un trasferimento assai arduo, parte in treno, parte in giunche sul Pe i- Ho, parte marciando penosamente lungo le sponde del fiume su un terreno inondato e quasi impraticabile, raggiunse Pechino, non in tempo ormai per partecipare alla liberazione delle legazioni, ma in tempo almeno per unirsi, il 28 agosto, all'ingresso trionfale delle truppe internazionali nella città proibita.
A partire da questo momento, le truppe terrestri delle Potenze prevalsero numericamente in misura assai rilevante sui contingenti della Marina nel condurre le operazioni contro i soldati regolari e le superstiti bande dei bo xers. Per quanto concerne l'Italia, la Marina, oltre a fornire la guardia alla legazione (un battaglione), provvide ad organizzare i servizi logistici per assi curare ai reparti dell'esercito (32) il vettovagliamento e i rifornimenti necessari: tale organizzazione funzionò tanto bene che, nonostante la rigida economia praticata dal governo di Roma nelle spese per la campagna di Cina, marinai e soldati non ebbero a soffrire privazioni e andarono indenni da affezioni a carattere epidemico da cui furono afflitti i militari di a ltre nazioni.
29. Le OJ?erazioni delle fqrze armate internazionali (33), riunite sotto il comando de l feldmaresciallo tedesco von Waldersee, si protrassero sino ad oltre la metà del 1901, quando con il trattato di Pechino venne
(32) Questi, alla fine di agosto, portarono il totale degli uomini a terra a 26 ufficiali e 552 uom ini, s u u n tota le di 53."9 I 3 combattenti delle truppe int ernaz ionali (poco più çlell' I OJo), mentre erano s tati fino ad allora appena un centinaio su diverse migliaia; una settimana più tard i, con i nuovi sbarch i, essi giunsero ad essere 96 ufficiali e 2.445 uomini su un tota le di 65.610 (circa 40Jo).
(33) Sullo svolgimen tò delle operazioni, oltre la cit. opera del VALLI, si vedano anche: G. DÈ LUIGI: La Cina contemporanea, Milano, 19 12, pp. I 14 e segg.; F LAMPERT!CO: li protettorato in Oriente, Torino , 1913; A. TOSTI: La spedizione italiana in Cina {1900 1901), Roma, 1926; G. FACCI: La Cina, l'interesse de{{e maggiori potenze e l'Italia, in "Nuova An tolog ia", luglio 1929 , pp. 116 e segg ; E. DRIAULT: La question d'Extrème Orient , Paris, 1932, pp. 318 e segg .. Per magg iori partico lari circa l'apporto della Marina a ll e operazioni, cfr L'opera de{{a Marina Italiana in Cina, a cura dell'Ufficio Storico della Marina Militare, Fi renze, 1935
posta fine alle ostilità (7 settembre). L'Italia, per la sua partecipazione alle azioni militari delle Pot e n ze, ottenne finalmente una sua concessione a Tien-Tsin: 46 kmq con 17.000 abitanti, tra la concessione russa e l'austriaca, con un fronte di 900 m sulla riva s inis t ra del fiume Pei-Ho (3 4).
Nel dicembre 190 I, al Candiani successe nel comando della forza navale oceanica il CA C. Palumbo, ed anche le unità vennero quasi tutte sostituite: rimpatriarono il Vettor Pisani, il Fieramosca e l'Elba (il Calabria era già ripartito in primav e ra) e giunsero al loro posto il Marco Polo, il Puglia proven iente da ll 'America e il Lombardia, ritornato all'estero per la prima volta dopo la dolorosa epidemia che ne aveva decimato l'equipaggio i n Brasile ne l 1896 . Queste navi si unirono al Vesuvio che sarebbe rimasto in Estremo Oriente fino al marzo dell'anno successivo; nell'au tunno seguente ritornò in Italia il Puglia All'inizio de l 1903 l'amm. Palumbo ric e vette l'ordine di r i mpatriar e con il Marco Polo, lasc iando nelle acque cinesi il solo Lombardia, ch e però dopo non molto venne raggiunto dal Calabria e dal Piemonte. Il 15 luglio di quell'anno arrivò il Vettor Pisani su cui alzava l'insegna il CA C. Mirabello, nuovo comandante della stazione navale; dieci giorni più tardi, rimpatriò il Lombardia.
Negli anni successivi, tornati ormai in patria quasi tutti i soldati e i marinai che avevano partecipato alla campagna internazionale, e mentre la guerra russo-giapponese sconvolgeva nuovamente e in maniera anche più grave la situazione politico militar e dell'Estremo Oriente, si alternarono nelle acque cines i varie unità: l'Elba, che, come si è detto, fu presente all'azione navale de l 9 febbraio 1904, a Chemu l po in Corea, e il Puglia; in segu i to, le navi già not e in quei mari Marco Polo, Vesuvio, Calabria e di nuovo il Marco Polo. Soste più o meno lunghe ne ll e acque della Cina effettuarono anche il Liguria, il Calabria e il Puglia nei loro viaggi di circumna vigazione .
Molte unità e d i versi comandanti si succedettero così nella s tazion e del mar Giallo lungo il ventennio che precedette la prima guerra mondiale: ma più di ogni altra nave da guerra tennero alto il nome del!' Italia quei due piccoli incrociatori, l'Elba e il Calabria, che vi si trovarono n e i mesi cruciali dell'estate 1900. I lo r o u fficiali e marina i , in un paese sconosciuto e senza
(34) Era l a più piccola delle concess ioni europee a Tie n T s in e per un decennio il governo ital iano non se ne curò, non fece prosc iugare i vast i tratti paludosi nè vi cost ruì alcun edificio, sa lvo una casermetta per g l i ouo carabinier i e il ma r esc iallo che vi rapprese mavano l'Italia. So ltanto a par t ire da l 19 12 vi fu apportato qualche m ig lioramento e le costruzion i cominc iaro no a svilupparvisi: lavor i che furono eseguiti princ ipa l me me per opera della Marina (v. CIASCA, c it., pp. 466-468; V. FILET I : La co ncessione i1afiana di Tien Tsin, Genova, 1921; G. E. PISTOLESE: L'extraterritorialità in Cina , in "Rassegna italiana", novemb r e 1930)
poter contare su un affermato prestigio di bandiera nè su conoscenze e rapporti precostituiti, ma sfru ttando al massimo sia le scarse disponibilità, sia l'intelligen za, l'operosità e lo spirito di sac rificio degli uomini, presero parte attiva, oltre che alle operazioni militari, a tutt i quei gravosi servizi di vettovagliamento e di rifornimento ai qua li la flotta in t ernazio nal e e r a ch iamata (35), durando anche più fatica degli altri a provvedere tempestivamente al carbone ed ai div ersi materiali che occorrevano in modo da esser pron ti per qualsiasi evenienza: in una parola, gli Stati Maggiori e gli equipaggi delle due piccole navi sep p ero cont inu a r e la tradiz ione della marina italia na, di ottenere grandi risultati con pochi mezzi, e nello stesso tempo, in circostanze partico larmente pericolose e di ffic ili , si batterono con valore, conquistando il rispetto e l'ammirazione delle altre marine le cui unità erano numerose in quelle acque (36).
(35) Vale la pena, ad esemp io, di r ip onare quan to scriveva a quesco proposito il VALLI: "Elba e Calabria , con g li equipaggi diminuiti per g li sbarchi, senza altri mezzi d i trasporto che le piccole imb a rcazioni d i bordo in adatte ad una traversata così lunga (dal luogo di fonda fino a ter ra a Ta Ku), con mare quasi sempre agitato, dovettero fare uno sforzo per mantenere con tauo con la ter ra e avviare ve r so Tien-Tsi n il materiale che ven i va di continuo richiesto. Gli altr i s i t rovavano in condiz ioni molto migliori, e non soltanto per ragioni di numero, ma per ché avevano per cos ì d i re un piede a terra nel paese già da molto tempo Rimorch iat or i, pontoni e g iunche furono naturalmente noleggiati e requisiti in b locco da quelli che conoscevano gl i a rmatori e i negozianti e che avevano v aste re lazioni tra gli stessi indigeni. Le navi i taliane, interrotte le relazioni con Pechino, rimasero a trarsi d'impaccio da so le. L'agente consolare di T ien-Tsin, sudd ito e commerciante ted esco, non v ale va na turalmente un conso le nazionale e, malgrado l'ottima vo lontà dimostrata, non poteva diment icare per un t ito lo onorifico i suoi molli interes s i part ico l ari . Eg li fece que l che potè a ll ogg ia ndo i nostri ma r inai e quest i, dal canto lo r o, protessero la sua c a s a e i suoi magazzini durante i più grand i disordini. Ma a Tong Ku, dove avven iva il mov ime.nco più impor tante de i gallegg iant i, non v'era neppure un i taliano li comandante Casella dovè provvedere co n i s uoi giovani ufficiali che andavano su e giù, tr a la rada e il f iume, colle lance di bordo, impiegando quasi una g i ornata per ogni viaggio. Pure eg li r iusci a mantenersi di cont inuo a l corrente di quanto s uccedeva a terra ... coadiu vato dag li ufficiali sba rcac i che, secondo gli ordini suoi, non lasc iava no sfuggire occasione di man dare notizi e alle nav i".
(36) Per altre notizie s ull a presenza nava le i tal iana i n Cina tra i l 1900 e il 1907, cfr anche AMR, 2385, 5 e 2386, I.
IL XX SECOLO : SVOLTE P OLITICHE E PROBLEMI NAVALI
30. La prima conven zio ne nava le della Triplice. 3 1. Un'alleanza meno compatta. 32. Uno stu dio ingle se del settembre 1906: "Guerra co.n la Germania". 33. Preoccuparioni ad est. 34. L'Adriatico in primo piano. 35. Contraddizioni ed ambizio ni.
30. Si è già avuto occasione di ri co rdare come il Canevaro, scrivendo da ministro degli Esteri all'ambasciatore d'Italia a Vienn a nel 1899, esprimesse le proprie preoccupazioni sullo stat o e la co nsistenza della flot t a. Esse e rano tali da indurre la convinzione nei tecnici e nel ministro che non si potesse a ccedere a proposte di disarmo navale, se prima non si fosse raggiunto un livello di mag giore tranquillità sul potere naval e italiano. Queste preoccupazioni non nascevano da una miope visione corporativa del problema co me qualcuno potrebbe pensare di fronté alla diversa valutazione data per le fo rze di terra e di mare in prep arazio ne alla conferenza per il di sarmo dell ' Aja: esercito sì, Marina no ma discendevano piuttosto da l confronto tra le possibilità reali delle forze navali ita liane e le esigenze che la congiuntura internazionale proponeva alla politica dello Stato. Esigenze complesse e contraddittorie, pur se nza essere drammatiche, tali da far ritenere che non fosse po ss ibile, "senza grave danno" (1), accettare l'arresto dei p ro grammi di costruzione ed una sorta d i stand stili per la Mar ina.
Nè la prima convenzione navale della Triplice poteva essere considerata risolutiva, ri spetto ai problemi marittimi dell'Italia. Es sa statuiva come noto (2) che le forze navali dell'all eanza avrebbero dovuto operare, di norm a, separata mente su d iversi teatri ma r ittim i, d i cui ciasc un a avreb b e portato la responsabilità primaria. La zona d'operazioni italiana comprendeva il Mediterraneo dallo stretto di Gibilterra si no alla linea Capo S. Maria di Leuca Ras el Tin, vale'a dire tutto il fronte occidentale aperto aJla minacc ia francese , mentre la zona d'o pe raz ioni a ustriaca si fe rm ava all'uscita dal!' Adriatico; il resto del Mediterraneo restava di pertine n za di entrambi gli alleati. I noltre, nell'interesse della difesa delle coste adriatiche italiane,
( I ) Ca neva ro a Nigra , da Roma, 3 maggio 1899, AMR, Carte Canevaro, busta 32.
(2) GA BRIELE, Le conven zioni navali, ecc., cit., pp. 256-8 4 Il testo dell'accordo in appendice Vlll, pp. 490-94. ·
"saranno al più presto possibile messi a disposizione della marina austroungarica gli elementi navali italiani combattenti destinati alla difesa di dette coste che al principio delle ost ili tà si troveranno nell'Adriatico".
Certo, la convenzione navale segnava un momento nuovo nell'auspicata collaborazione marittima tra le potenze della Triplice, in quanto si de finivano di comune accordo aree di impegno primario per ciascuna flotta e si sanciva in qualche modo il principio della cooperazione. Per l'Italia, poi, l'accordo pareva garantire un accorciamento sostanziale della frontiera marittima da difendere, con l'estensione a tutto l'Adriatico dell'impegno austro-ungarico.
Tuttavia l'intesa raggiunta era ben lungi da garantire un assetto tranquillo alla situazione navale italiana. E non solo perchè permaneva pesan te, sullo scacchiere occidentale del Mediterraneo, lo squilibrio a favore della marina franéese, pericolosamente affacciata alle porte del Tirr eno. Dall'altra parte, ad est, la pressione austro-ungarica sull'Adriatico e sui Balcani dava luogo ad altre preoccupazioni di natura politica e, militare, che non potevano non avere implicazion i preoccupanti.
La crisi armeno-cretese del 1897 aveva visto a Vienna manifestarsi due diverse tendenze circa il modo con cui gestire la congiuntura internazionale. La prima, che faceva capo al ministro degli Esteri Goluchowski, era f~vorevole al mantenimento dello status quo, equesto significava che la Rus sia non avrebbe dovuto avere gli Stretti e l'Austria-Ungheria si sarebbe do vuta fermare ai traguardi già raggiunti n eJla penisola balcanica. La seconda, sostenuta dai circoli militari, éra dispo"sta a concedere ai Russi il con trollo qegli Stretti in cambio di un'avanzata austro-ungarica verso. il canale d'Otranto, dell'annessione della Bosnia, dell'Erzegovina e del Sai1giaccato di No vi Pa zar. È evid ente éhe quei;ta seconda linea avrebbe leso a fondo gli int eressi italiani in Adriat ico e nei Balcani , per i quali la sofa copertura possibile appariva nella deboiezza militare ed ·economica da cui era afflitto il paese il mantenimento dello status quo .
Colloqui austro-russi portarono ad una generale conferma dello status quo, sebbene a Vienna la linea espansionistica andasse guadagnando terreno (3). Il Goluchowski potè quindi smentire a d i Rudini ed a Visconti Venosta, nell'incontro di Milano del 6 e 7 novembre 1897, la " leggenda" delle aspirazioni austriache sull'Albania e su Salonicco, accompagnando p~rò la smentita con la minacciosa affermazione che a Vienna si era "allo stesso
(3) Cfr P. PASTORELLI, Albania e Tripoli nella politica estera italiana durante la crisi d'Oriente del 1897, in "Rivista di studi politici internazionali", XXVIII, 1961, n. 3, pp. 370 410 e 420 21.
modo decisi a non permettere che una qua lsiasi altra Potenza vi si possa stabilire" (4). L'Albania in particolare e l'Adriatico in generale si ponevano sempre più come elementi di diffidenza e di discordia tra i due alleati trip licisti . Nella stessa direzione venivano a svilupparsi altri avve n ime n ti : il miglioramento dei rapporti italo frances i ed 1,ma certa ripresa de ll 'i rr edenti smo. Dopo l'accordo sulla Tunisia del settembre 1896 (5), Roma e Parigi pervenivano il 16 dicembre 1900 ad un'intesa segreta su lla'Tr ipol itania, che dava finalmente spazio alle ~nnose asp ir az ioni it a liane verso il controllo di una parte della costa africana d e l Mediterraneo, e il 30 giugno 1902 a d una reciproca assicurazione di neutralità. A Trieste i nazio n alist i li berali italiani vincevano le elezioni de l 1897 e negli anni seguenti si riac u tizzarono i contrasti, sfociando in episodi di ostilità e d i tens ione (6)
31. All'inizio del nuovo secolo, la T r ip lice all eanza ap p ariva ce r ta mente meno compatta che nel passato. Alla convenzione n a va le de l 1900 si sarebbe oppos t a, di lì a qualche anno, la "missione d i pace" della seconda divisione francese del Mediterraneo nei porti italiani (7). Ma, soprattutto,
(4) E infatti Visconti Venosta, "parlando dell'Albania, disse che Ita li a ed Aus t ria aveva no avuto l'occasione di discutere i loro comuni inter essi sulle coste turc he dell'A dr iatico , e si erano trovate d'accordo che quegli interessi avrebbero avuto l a mig liore protezione co l mante nimento dello status quo", Currie a Lansdow ne, Roma n. 197 del 19 dicem b re 1900, P R .O., F.O., 170, 555, cui è a ll egato anche il testo in francese delle dic h iarazion i di Visconti Venos ta sulla po lit i ca estera, r i po r tati da "L'Italia" del 19 d icembre
(5) Vedi , pe r i commenti di u n dipl omat ico di po t enza terza, i l rapporto confidenz iale d i Edwards a Salisbury n. 209 del 7 ollobre 1896 da Roma, in P.R.O., F . O., 170, 502. I n esso , dopo aver dato conto dei te r min i de l t ra tt ato e dell'avvio ad una riconci l iaz ione it a l o francese , Edwards concludeva che l'evento po teva n on porsi in senso favo revole all ' allea nza che legava l 'Italia, e che l'az i one de ll a Francia i n occasione del trattaLO di Tu n isi a veva fatto d i m i nuire mol to l'antipatia verso di essa, facendo probabilmente so r gere ne i pol itici i ta l iani deg l i inte rrogat ivi su lla bontà della linea segu i ta ne l passat0: po t eva dars i che la p o l itica migl io r e fosse invece quella dell'app r occio di rello co n Pa rig i e d i relaz ioni miglio ri con la Fra ncia. N atu ra l me n te i concetti erano in buo n li nguagg io diplomatico • molLO più sfumal i, m a q uesto sembra essere il senso delle caule frasi de l rapporto.
(6) Nel 1898 i l consiglio comu n ale r ifi utò d i dare al Corso il nome dell' impe r atore Fran cesco G iu seppe; in occasione dell'assass in io de ll ' i m p e r atr ice Elisabetta d 'Aust ri a· p ugn al ata a Ginevra , nel.1898, daWanarchico it a liano Luigi Luccheni scopp iarono i n cid en ti a causa del mancato l utto de i t r iestini, i qual i invece p r oclamarono I Og iorn i di lutto qu and o , nel 1900, fu assass in ato a Monza i l re d'Ital ia Umberto I. Il 14 febbra io 1902 ebbe l uogo a Tr ieste un comizio, connesso ad uno sc iopero gene r a le di retto a soste ne r e una ve r tenza tra i fuoc h ist i nav al i e il Lloyd, dal qua l e derivano inc id en ti con la truppa, sco nt ri e mo r ti ; gli incidenti cont inuaro no ne i giorni successivi. I l 20 settembre 190 3 , p oi, il t r icol ore fu alzato su ll a to r re tta d el p alazzo municipale, ecc Per le dimostrazioni irredentistiche ed antiaustriache de l I 90 3 in Ita lia, c fr G. GIOLITTI (dalle carte di) , Quarant'anni d i politica italian a (doc um e n ti ined i ti), II , D ieci anni al potere, a cura di G . CAROCCI , M i la n o 1962 , pp. 296-98 .
(7) Le unità francesi visit arono Napo li e Genova, ostenta n do fra ternizzazione co n so ld a ti e mar ina i i ta l ian i Vedi i l carteggio tra il m i nist r o d egl i Es teri Delca ssé e il mi n ist r o dell a M ar i n a, con i rappo r ti e i l cartegg io allegato in AMF, BB 3, 124 3. Vedi anc h e , per alt ri a spe tt i, G. ZUCCONI, La politica italian a nel processo d i riavvicinamento f ranco italiano (1896-1902), in "Rivis1a di S!Udi poli1ici internazionali", XXVI, 1959, 2, pp 243 62.
poco dopo la stipula dell'accordo marittimo intertriplicista, nella prima metà del 1901, il governo di Roma lasciava cadere l'impegno italiano sul Reno, che assunto nel lontano 1888 era stato perfezionato proprio il 5 novembre 1900 con la definizione del piano di mobilitazione della III armata italiana per il fronte r enano, in caso di conflitto . Aveva visto giusto l'ambasciatore britannico a Berlino, quando aveva scritto che "le crescenti aspirazioni degli slavi ... potranno un giorno sottoporre la Triplice alleanza ad un grande sforzo" (8). Ben IQ si vide durante le trattative per il quarto trattato della Triplice, quando le potenze centrali opposero un netto diniego ai tenta tivi italiani di inserire clausole di sa lv aguardia per gli interessi di Roma nei Balcani e di ottenere l'assicurazione formale e ga ran tita che l'Austria -Un gheria non avrebbe invaso l'Albania, offrendo in cambio il proprio disimpegno dalla causa irredentista Nè i reciproci sospetti erano infondati, chè dopo il 1900 le aspirazioni concorrenti ai porti alb;mesi si erano fatte più concrete, sia in Italia che in Austria (9).
In ogni modo, il quarto trattato della Triplice fu regolarmente sottoscritto il 28 giugno 1902, ma il suo reale significato ritornò ad essere quello di uno strumento difensivo. La cordialità dei rapporti italiani con le Poten ze marittime occidentali ne affievoliva sensibi lmente la caratterizzaz ione antifrancese, dopo gli accordi Prinetti-Barrère, mentre il rifiuto degli impe ri centrali ad accettare, sia pure parzialmente, le richieste italiane sui Balcani concorreva a rend ere meno solida l'alleanza.
La situazione, peraltro, restava confusa. L'addetto navale francese a Roma notava che l'Italia puntava ogni sforzo su l T irreno, mentre l'Adriatico era parfaitement nég/igée; tuttavia, in un altro rapporto, rilevava che la marina italiana manteneva l'arsena le di Venezia in piena efficienza e che, da un momento all'altro, poteva accadere che il governo di Roma fosse indotto a puntellare in Albania o in Montenegro la propria posizione adriatica ( I O). Come aveva dichiarato alla Camera dei deputati il 19 dicembre 1900 il ministro degli E steri Visconti Venosta, l'Italia manteneva una politica di prudenza basata su due condizioni: non perdere il posto nel concerto delle po tenze·per le questioni di interesse generale e non compromettere a proprio detrimento i problemi che la toccavano più diretta~ente. Ma in questa seconda direttrice bisognava leggere anche una difesa preventiva dell'avvenire,
(8) Rumboldt a Salisbury, Vienna 18 settembre 1900, P.R.O., F.O., 7, 1299
(9) GABRIELE, le convenzioni navali, ecc., c it., pp. 290 98; I. D., Aspe/li del problema adriatico, con particolare riguardo al primo rinnovo della Triplice, in Memorie Storiche mili tari 1980, Roma 1981, pp. 43 -8 9.
(10) CV Davin, addetto navale a Roma, al ministro della Marina, rapporti n. 20, s. d , e 32 del 12 novembre 1901 , AMF,·BB 7, 156 C. Davin citava dalla "Patria", definita "germanofila": "Meg lio la Russia a Costantinopol i che la Germania a Trieste".
delle occasioni e possibilità future che av,rebbero potuto presentarsi, indipendentemente dalla zona geografica e dagli interessi che tali occasioni avrebbero potuto colpire. E per questo si pÙò dire che la prudenza del momento non poteva soddisfare l'alleato e competitore austriaco (1 1).
Intanto, la situazione balcanica, ebbe una svolta, con il complotto militare che condusse all'.assassinio di Alessandro di Serbia e della regina Draga. La liquidazione degli Obrenovic, filoaustriaci, dal trono di Belgrado, doveva indurre un cambiamento radicale nella politica estera serba. Il nuovo sovrano, Pietro I Karageorgevic, avrebbe assicurato maggiore stabilità alla vita interna del paese, rafforzandolo innegabilmente, ma nelle relazioni internazionali avrebbe mirato a sottrarre la Serbia dal vassallaggio a Vienna, orientandosi contro l'Aus tria Ungheria e contro la Turchia. È vero che nuovi contatti diplomatici austro-russi e lo scoppio della guerra in Estremo Oriente indussero un ennesimo impegno reciproco tra Vienna e Pietroburgo per lo status quo nei Balcani, ma ormai la congiuntura internaziona le andava assumendo un andamento precipitoso e pieno di pericoli, caratterizzata com'era dalla caduta di credibi lità delle Poten ze e dalla sfiducia reciproca (12)
La Russia, dopo il disastro della guerra col Giappone ed i moti interni , tendeva a rientrare nel gioco ba lcanico, e il timore che Pietroburgo cercasse una rivincita proprio ne ll a torm e ntata penisola accentuò la diffidenza di Vienna, la quale per conto proprio aveva immaginato sviluppi diversi, ' mentre la potenza rivai e era impegnata lontano:'
(11) Zanardelli presidente del Consigl io e Prinetti ministro deg li Esteri erano sgr aditi alla corte di Vienna, cfr SALVATORELLI, ciL, p. 238; TOMMASINI, F., L'Italia alla vigilia della guerra. La politica estera di Tommaso Ti//oni , Bologna 1934, I, p. 79; DDF, serie II , I, doc. 120 (i l nuovo gove rno aveva destato a Vienna una "pénible impression", secondo il rap porto del 2 marzo 1901 del marches e de Reversaux , ambasciatore francese, a l ministro degli Esteri Delcassé).
(12) Si può ricordare l'accentuarsi dei sospetti ing lesi circa le inte nzi on i russe nei con fronti degli Stretti, fin dall'inizio del seco lo. In un carteggio dell'Ammiragliato P.R.O :, Admiralty, 121, 70 , x/11 , 0559 è riportato il punto d i vista del re di Grecia, il quale, incontrando a Mi lo il comandante della Bussar, ebbe a sostenere che l'attenzione pol itica br itannica agl i intrighi franco russi nel Marocco era pericolosa, perchè rischiava di distogliersi dal magg iore pericolo, che cons isteva nella possibile irruzione dei Russi att ra verso i Dardanelli : la Russia poteva portar e in 24 ore ben 80 :000 uomini a Costantinopoli. A C reta, nel tempo stesso , i de legati s i erano s pacca ti: da una parte l'inglese e l'italiano, dall'altra il francese e il russo. L'ammiraglio Fisher, allora comandante della Mediterranean Fleet, si preoccupava molto di questo preteso pericolo, e mandava unità in ricognizione sulle coste del mar Nero, insistendo nel contempo con il suo abi t uale allarmismo per ottenere rinforzi. Scrivendo al segretario dell'Ammiragliato, 1'8 settembre 1901, Fisher lamentava che il Bosforo fosse praticamente in difeso e mostrava molta preoccupazione per taluni movimenti di unità russe. Suggeriva, in proposito, di occupare Gallipoli con ,5.000 uomini e di impadronirsi dei Dardanelli, ritenendo che i Russi, da un momento all'altro, potessero assumere il controllo della sponda settentrionale del Bosforo.
Il 28 novembre 1905 l'imperatore tedesco Guglielmo II tenne un bellicoso discorso a Berlino, e nel gennaio successivo ebbero inizio conversazioni militari tra Francesi ed Ingl esi. Ormai, l'Ammiragliato londinese avrebbe visto di buon ocèhio la distruzione prev~ntiva della flotta tedesca (13)
La diffidenza nei confronti della Germania era alimentata durante le crisi marocchine anche dal timore che, in un modo o nell'altro, i Tedeschi mirassero a stabilirsi sulla costa africana del Marocco (14), da dove si sareb bero potute minacciare rotte di grande importanza strategica e commerciale, fino ad allora sotto controllo britannico. Nè la fiducia che ostentava lo zar ne i co n fronti di Guglielmo II "lo zar e ra convinto che la guerra fosse impossi bile perchè la Germania era decisa a preservare la pace"(l5) valeva
(13) Quandò Fis her giunse all'Ammiragliat o , rio rgan izzò i l s istema delle basi ed incrementò le costruzioni navali, accentuando l'attegg iamento osti le verso la Germania, e probabilmen te str umentalizzandone la minaccia per favorire lo svi l uppo della floua. Nel 1905 progettò di sba rcare 100.000 uomini nello Schleswig, poi più volte accarezzò l'idea di un'ag g re s s ion e preventiva a lla marina tedesca, cfr H. H ALLMANN, La Spagna e la rivalità anglo france,se nel Mediterraneo (1898-1 907), Mila n o 1942, pp. 86 7, 124 28, 136 37, 189 202. An che l'ambasc iatore tedesco a Roma, Monts , scrivendo al cancelliere von Biilow il 18 aprile 1907, affermò di avere app reso dal Luzzatti che una m i no ranza attiva avrebbe visto , di buon occhio in Inghil ter ra una g uerra contro la German ia che consentisse di distruggere la flotta te desca prima che d iventasse troppo pote nte : in Die Grosse Politik der europtiischen Kabinette 1871-1914 , Berli no 1922-26, n. 72 15. L'imperatore Guglielmo Il vi aveva an no ta to sopra il nome dell'ammiragl io Fis her. Peraltro , da pane tedesca, si ricambiavano ana loghi sentime n ti. Dopo le due leggi navali d e l 1898"e del 1900, non si perdevano occasioni per dimos trarlo. A l re di Spagna, in visita a Berlino, s i c hiesero 200.000 uomini da schierare comro la Franc ia in mo do da distogliere tru ppe dal Reno ( H ALLMANN, cil. , pp. 132 33). Ne l discorso d 'apertura d e l Reichstag del 28 novem b re 1905 , poi, Gug lielmo II non s i accontentò di confermare con toni be ll icosi la politica tedesca di armamen t i navali, ma discrim inò pubblicamente i dive rsi paesi, a seconda che le relazioni della Germania con essi fosse ro " buone ed amic hev o li", co me nel caso dell'Austria Ung heria, dell'Italia, della Russ ia , d e l Giappone, degli USA e della Norvegia, o s olamente "corrette", come nel caso, di al t ri, tra cu i coh1e rivelò prontamente l;i stampa· la Francia, l'Inghilter ra , la Spagna. Vedi Whitehead a Lansdowne , Berlino 1° di c em br e 1905 e a llegat i, P .R. O., F .O. , 425,270. lbidem anch e altri rapporti in cu i s i pa rla de ll ' intensificaz ione degli armamenti navali germanici e dell'attegg iam en to poco amichevole d ella stam pa tedesca.
(14) Grey a Bertie, ambasciatore a Parigi, da Londra 10 genna io 1906, P.R .O., F O., 371, 171. P er una denuncia circa una pretesa "invasione del Medite rra neo da parte d e l com mercio marit timo tedesco», cfr il rapporto n. 47 1 de l 28 giugno 1905 dell'addetto navale francese a Roma al mini str o della Mari na , AMF, BB 7, 156 F.
(15) Ceci! Spr i ng Rice a Grey, da Pietroburgo 31 genna io 1906, P R.O., F O , 37 1,171. Lo stesso pensava i n sostanza l'ambasciatore francese a Londra, P Cambon, che accompa gn a va però tale valutaz ione con Ì'altra, secondo cui Guglielmo II "perseg u iva una pol itica molto pericolosa", il che lo portava a ritenere "che nulla avrebbe avuto un'infl uenza più paci fica su ll'lmp erawre di Germania quan to la convinzione che , se la Germania avesse attaccato la Franc ia, essa avreb be t rovat o l' Inghil terra alleata contro di lei" Grey suggeriva , pertanlO, che fossero presi contatt i t ra l'Ammiragliato e il War Office br ita n nici e g li addeui navale e militare francesi a Londra, pe r il caso che i due paesi si fossero trovati alleati in un conflitto con i Te deschi. Grey a Bert ie, IO ge nn a io 1901, P.R .O . , F .0., 146, 3877. Bert ie a s ua volta il
a far r icredere gli Ingles i , come non bastavano a confortarli indizi significativi circa la disponibilità degli altri alleati triplicisti a considerare con una certa elasticità i propri impegni verso l'alleanza ( 16). I n rea ltà, secondo i re sponsabi li poli t ic i e m ilitari britannici, la lezione degli u ltimi due seco li era che la Gran Bretagna era stata trasc inata nel vo rt ice della po litica continenta le per prese r vare l'equ ilibrio quando una Potenza aveva dato la scalata a posizio n i egemoniche che le avrebbero consen t ito d i dominare l'Europa. A c iò gli I nglesi si erano opposti ne l passa t o e si sarebbero opposti àncora, soprattutto se si fosse profilato il rischio di modifiche importanti nella mappa terr itoriale del continente.
32 È in q u est'ottica che si poneva un interessante documento segreto de l 1° se tt embre I 906, int itolato "Guer(a con la Germania" e prepa rato dal comandante S lade del "War College" (17). Riprese le considerazioni generali di cui sopra, Io studio ind ividuava t re probabili direttrici di espansione dell'impero tedesco :
I) l' assorbimento dell'Olanda e del Belgio, con conseguente incremento di terr itorio, popo lazione e potenza ed annessione delle colon ie dei due stati costieri;
13 gennaio 190 1, P.R O., F.O , 146, 3886, seg n a lava che la prospett iva di un'assistenza armata inglese alla Francia in caso di aggressione tedesca appariva neces saria a Parigi a causa della condotla irragionevole della German ia. La Francia durame la primave r a e l'estate precedenti si era sentita mil itarmente imprepara ta ed u n anacco tedesco avrebbe po t u to provocare un dis a s tro , ma si riteneva che la Germania non avrebbe auaccaLO la Franc ia se avesse saputo che l 'Ing h ilterra avrebbe marci ato al suo fianco. Pertan to, in seguito ad un colloq u io di Grey con il seg r eta ri o d i stato alla guerra, Ha ldane, furono ind icati pe r i primi app r occi i l genera le britan n ico Grierson e l'addello m il i tare francese a Londra. Grey a Ben ie, 15 gennaio 1901, P.R O., F O., 146, 3886. I colloqui incominciarono d u e giorni dopo. Griesson r iferisce che i l dire11o re delle operazion i del War Office, i n contrando il Capo di S.M. dell'eserc ito francese, gen Brun, accennò alla poss ibi lità d i t rasfer ire 100.000 uom i n i su l conLi neme, ma insistetle pe rchè operassero in Be lgio, cfr Nota del W.O. del 18 sctlembre 1906, DDF, serie 2, torno X, doc. 208. Può essere interes s a n te ri levare a nche, da l predetto rapporto d i Spring Rice, che l 'az ione deg li eb rei in ogni pane d'Europa s i sv iluppava, secondo l'a u to r e, "as 1he devoted agent of the German Empire, as the promoler of Cerman interesl''
(16) Ve di la le u era d i W . E. Qoschen , ambasciato r e br i tann ico a Vienna, a Grey de l 14 apr il e 1906, P. R .O , F.O., 371, 175, nella quale si r iportava c he lo "Zeit" sono li neava come l'Ita li a, 3 ann i p ri ma, no n aveva ritenuto che la sua appartenza alla Trip li ce le imped isse di stabil i re buo ne re lazio ni con la Fra ncia "Noi non avemmo di conseguenza" , scriveva il gior n a le viennese "un obb li go a d a d empiere agli impegn i dell'a llea n za in man iera p iù s t r ingente di que l c he faceva l'It ali a". I n effetti, era opinione diffusa, che l'I talia fo sse un alleato "trop po indipendente" : rapporto de ll 'ambasciatore francese a Berlino a l mini st ro deg li Es teri, DDF, serie 2, tomo X, doc 227
( 17) Lo studio ("War with Ge rmany"), fi rmato da Edward J. W. Slade, è in P.R.O . , Admiralfy, 116, 1036 B.
2) l'assorbimento dell'Austria Ungheria alla morte di Francesco Giuseppe, con conseguente intromissione inevitabile nei domini turchi d e i Balcani; ·
3) la formazione di colonie in Sudame ri cà.
Nel primo caso la Germania avrebbe incrementato in maniera notevo le il proprio potere navale, minacciando seriamente l'Inghilterra. Si sarebbe dovuto, quindi, occupare tempestivamente Borkum, la più importante strategicamente delle iso le Frisone, prima che i Tedeschi la potessero fortificare ed assumere il controllo della bocca dell'Ems e di quella de l canale Jade tra Emden e lo stesso fiume Ems Ciò avrebbe consenti t o di interferire sul fianco nelle' operazioni den'esercito tedesco in Ò landa e di prevenire a ttacchi di torpediniere; l'op erazione era considerata così importànte da giustificare i rischi, che si riconoscevano consistenti, proven ie nti da un impie go massiccio di mine da parre germanica. Ma, anche a costo di muoversi da sola, per ev itare un ' espansione tedesca sulla costa olandese della Manica la Gran Bretagna avrebbe dovuto combattere.
Se poi fosse stato attac:cato il Belgio, si faceva conto su un'inter ve nto francese, mentre si riteneva .che la Russia fosse già troppo piena di impegn i pèr entrare in gioco. Gli Inglesi avrebbero dovuto impadronirsi degli approcci a l porto di Anversa, occupando Flessinga e l'isola di Walcheren.
Le isole da conquistare a ridosso del continente avrebbero potuto ser vire da base per le siluranti ed avrebbero consentito un certo controllo sulle mosse della flotta avversaria, che continuava a costituire la preoccupazione maggiore. Se si fosse occupata qualche isola olandese o tedesca, la flotta tedesca avrebbe potuto essere forzata ai combattimento e si sperava disfatta dalle forze superiori che la marina britannica poteva mettere in campo Era questo l'obiettivo di fondo cui si doveva puntare, perchè dietro a tutti i discorsi che si facevano ·vi era, prima di tutro, la paura dell'invasione, ed a questo propos ito veniva ricordato che neÌla filosofia militare tedesca s i rite neva che fosse giustificabile anche la perdita della flotta, se a t al prezzo si fosse garantito per un periodo di· tempo sufficiente il ·controllo di un tratto di mare per il trasporto delle truppe 08), evidentemente in vista di una vittoria decisiva. Per evitare tutto ciò, bisognava impegnare una parte preponderante delle forze navali britanniche, perchè un successo sulla flotta germanica, anche se non ave ss e risolto la guerra, avrebbe allontanato lo spettro dell'invasione ed avrebbe avuto un effetto morale e politico molto importante, rendendo possibile il mantenimento di una costante minaccia sul fianco dell'avversario ed il controllo assoluto delle rotte commerciali transoceaniche.
( 18) A questo proposito , nello studio era citata l'opera Funzioni dello Stato Maggiore Generale, del generale Von Schellendorff.
Tenuto conto di tu t to ciò, le linee d'azione consigliate erano quattro: occupare immediatamente, tra la rottura diplomatica e l'inizio del le operazioni mìlitari, una posizione sul fianco del nemico; sfruttare tale bas e p er sostenere lo sforzo difensivo olandese; assumere il controllo dell'imboccatura della Schelda; coprire questa operazione controllando strettamente la flotta tedesca con una forza sufficiente ad avere la certezza di vittoria in caso di scontro ( 19).
La seconda prospettiva d'espansione riguardava, come si è detto, l'assorbimento totale o parziale dell'impero asburgico da parte della Germania. Ciò avrebbe potuto aver luogo alla morte di Francesco Giuseppe, allora 76enne, cui le tavole di probabilità di vita del Whitaker's Almanack assegnavàno ancora circa 6 anni La crisi avrebbe quindi potuto aver luogo intorno al 1912 . Appariva scontata, come conclusione di una lunga competizione incominciata a metà del secolo precedente, l'assunzione da parte di Berlino di una leadership pangermanica attra verso l'unificazione del mondo tedesco, ciò che avrebbe relegato l'Austria ad un ruolo subalterno. Meno chiara appariva invece la futura sorte dell'Ungheria, ed insieme a questa della Dalmazia , della Croazia e degli altri territori slavi dell'impero di Vienna.
Si supponeva che l'Italia avrebbe avuto molto da dire in proposito, soprattutto in relazione ai problemi delle coste adriatiche, che erano italiane più che altro . Inoltre, era logico ritenere che ~I governo di Roma si sarebbe opposto fermamente a che una potenza forte come là Germania si stabilisse nel !'1editerraneo . Esso avrebbe potuto ritenere che la stessa Tr ipo li uscisse minacciata da un'avanzata germanica lungo la costa orientale dell' Adriati co fino alla frontiera greca. Anche le comunicazioni italiane con le colonie del mar Rosso avrebbero potuto essere minacciate sul fianco dalla possibile irruzione della potenza tedesca nel Mediterraneo e dall'eventuale stabilimento di basi germaniche sulla rotta per l'Estremo Oriente.
(19) Si rite neva probabile che la Germania, per prevenire le azioni b ri tanniche, avrebbe fortificato Emden e l'isola di Borkum, concentrato s iluranti e navi da difesa costiera all'im boccatura dell'Ems, ricercato e attaccato con siluri la flotta che sorvegliava i port i tedesch i. Inoltre c ' erano da aspettarsi auacch i nelle acque costiere germaniche contro le unità br itanni che più vicine, anche per coprire movimenti militari e navali lungo la costa; v'erano pure da as pettarsi finte diversive da Kiel attraverso lo Skagerrak, per cui sarebbe stato bene per gl i Ing lesi avere un s istema d'informazioni in Da1iimarca ed una piccola squadra di guardia nello Skagenak. I Tedeschi avrebbero cerca to di coinvolgere la Danimarca per avere mano libera nel Baltico, mentte nello scacchiere del mare del Nord avrebbe ro fatto ogni sforzo per far ri ti rare dalla sua posi zione la flotta da battaglia inglese.
L'incremento di potenza della Germania sarebbe stato notevole, in termini di popolazione e di forza militare (20), ma nella flotta austroungarica la maggioranza del personale proveniva dalla Dalmazia ed aveva sentimenti italiani, raramente conosceva il tedesco e non si sarebbe adattata ' facilmente al cambio di sovranità. Anche il materiale navale di cui la marina germanica avrebbe potuto impadronirsi in Adriatico non avrebbe dato luogo ad un incremento significativo di potenza militare marittima, ma l'acquisizione della base di Po la con i suoi cantieri ed il silurificio di Fiume -e del porto commerciale di Trieste potevano aprire prospettive nuove sul piano strategico e mercantile (21).
Se la Germania si fosse stabilita in capo ali' Adriatico attraverso l'assorbimento del!' Austria, essa avrebbe potuto con le sue crescenti e formidabili risorse minacciare seriamente anche la posizione britannica nel Mediterraneo. La po litica di costruzioni navali tedesca avrebbe potuto ricevere un nuovo impulso da ll 'accesso al mare meridionale. La presenza di una forte flotta germanica nel mare del Nord avrebbe costretto gli Ingle si a mantenere in zona per fronteggiarla la massima parte della loro marina, e ciò anche se le unità tedesche si fossero limitate a restare nei porti pronte a prendere il mare, perchè la vicinanza delle iso le britanniche avrebbe. reso il pericolo di un'invas ione molto c.oncreto e immediato . Di conseguenza sareb be stato più difficile agire nelle acque dell'Adriatico con forze sufficienti .
Ma una discesa de ll a Germania verso sud avrebbe scatenato anche altre r eazioni e toccalo altri interessi. L'Italia avrebbe cercato di ottenere il Trentino, l'Istria e la Carniola; l'Ungheria, se fosse rimasta autonoma nella dissoluzione dell'impero asburgico, avrebbe aspirato alla Croazia, alla Dalmazia ed alla Slavonia, mirando ad affermare nei confronti degli S la vi occidentali una propria egemonia.
In ogni caso, restava ferma l'esigenza di evitare che la flotta austriaca cadesse nelle mani della Germania, ed a tale scopo occorreva occupare Po la e Trieste. Gli Ungheresi avrebbero potuto inv est ir e Pola da terra e gli Inglesi dal mare, stab ilendo una base carboniera e per i cacciatorpediniere a Port Tajer nell'isola Grossa. Ove poi si fosse dato luogo ad un accordo con
(20) L ' Austria, secondo le stime riportate nel documento, aveva 27,8.mi l ion i di abitanti e poteva mettere i n campo un esercito di 1,5 milioni di uomini, mentre l 'U ngh er ia contava 20,6 m il ioni d i abitanti e un esercito di I ,I mil i oni di uomini. La flotta riun ita metteva in campo 27 .000 uomini. La German ia aveva una dens i tà di 300 persone per miglio quadrato, la Gran Bretagna d i 360, l'Au str ia d i 240 , l'Ungheria di 163. Ma la Germania registrava un incremento di popolazione di 5 uniLà per miglio quadrato all'anno.
(21) L'ant ica appartenenza di Tries te a ll 'impero germa nico aveva fatto scrivere nel I 876 alla berlinese "National Zeitun g" : "Nessuno porrà in dubbio anche al di là delle A l pi che un attacco contro Trieste e l 'Is tri a incont rerebbe la punta di una spada che i1on è austriaca".
l'Italia, si sarebbe poLutO contare anche su Ancona pur nei suoi limi ri operativi - e l'attacco alle basi austriache deU' Adriatico settentrionale avrebbe dovuto essere condotto soprattutto dal mare, trasportando eventualmente truppe da Malta.
Ma prima di tutto restava ferma l'esigenza di sta1'ilire un blocco stret to della flotta tedesca dal momento della dichiarazione delle ostilità, con l'intento di trascinarla in un'azione risolutiva e di distruggerla. Fino a quando tale flotta fosse esistita, avrebbe cercalo in ogni modo di spargere il panico in Inghilterra ed avrebbe causato serie difficoltà alle forze navali britanniche. Nel teatro meridionale, con ogni probabilità i Tedeschi avrebbero cercato di dimostrare agli Ungheresi, se questi fossero stati con Londra, che Ja marina britannica non era in grado di sostenerli dal mare e, nel caso invece di un'alleanza inglese con l'Italia, c'era da aspettarsi un at Lac co su Venezia, con l 'intento di colpire gli Italiani e di minacciare il fianco delle possibili operazioni inglesi nell'Adriatico settentrionale.
La strategia dell'Ammiragliato doveva pertanto avere. di mira, prima di tutto, la distruzione della flotLa tedesca. A tale scopo venivano esaminate ta l une azioni offensive che avrebbero avuto lo scopo di provocare l'u scita della marina germanica dalle sue basi e la decisione di ingaggiare battaglia con gli Inglesi nel mare del Nord. Se la presa dell'isola di Borkum non fosse bastata a tal fine, si sarebbe potuto operare a nord, alla base della penisola danese, contro il canale Guglielmo o contro l'isola di Sylt. Se poi la Russia si ~osse dichiarata ostile alla Germania in segu ito all'assorbimento dell'Austria, si sarebbe addirittura potuto tentare un attacco nel Baltico contro l'isola tedesca di Ri.igen, a 80 miglia da Berlino. Restava-aperto il problema di come, bloccando strettamente e con forze sufficienti la flotta tedesca, avrebbe potuto la marina britannica agire al nord con la necessaria cre dibilità e poten.za e, in Adriatico, catturare o distruggere la flotta · austriaca.
Minori preoccupazioni davano altre prospettive. In caso di iniziative german iche in Sudamerica, si riteneva che sare bb ero intervenuti gli Stati Uniti e che la Gran Bretagna sarebbe sta ta coinvolta meno direttamente. Anche l'obiettivo di attaccare il commercio marittimo avversario e le colonie tedesche era considerato secondario, nello studio dell'Ammiragliato. l i punto centrale restava sempre l'esigenza di esorcizzare il minaccioso fantasma della marina militare tedesca (22)
(22) "Se la n atta tedesca diventa super iore al la nostra" aveva scritto Grey a re Edoa rdo VB il 31 lug li o 1908 "l'eserciLo tedesco può conquistare queslo paese". A l contrario, una villoria navale non avrebbe porlalo gli Ing lesi più v icini a Berlino Cfr il Memorandum di Grey al re de l 3 1 lugl io 1908, in preparazione dell'incontro di Cronbe rg, DDB, VI, Appendice 111, p. 779
33. È soprattutto da prendere in considerazione come le alleanze ufficiali fossero considerate labili. La Triplice, in particolare, usciva dal documento che abbiamo riassunto come un blocco in dissoluzione. La Germania era sospettata di vo ler assorbire l'Austria, suo maggiore allea to , alla prima occa~one e il terzo socio, l'Italia, era ritenuto come un probabile alleato dei futuri nemici di Berlino . Questo, per la verità, non mancava di logica , ove si fossero tenuti presenti gli interessi italiani in Adriatico, ed anzi proprio in quegli anni, anche senza la sconvolgente discesa della Germania nel Mediterraneo, rivalità e frizioni erano molto attua li nell'area adriatica.
Il governo di Vienna andava impostando una ser ie di azioni ostili contro la Serbia, che considerava fuori dalla propria orbita, dopo la fine degli Obrenovic. Vi fu dapprima un tentativo di guerra economica fallita cui la Serbia reagì riuscendo invece ad accentuare il proprio sviluppo . Seguì la "guerra delle ferrovie", con l'annuncio di un progetto di linea ferroviaria che dalla Bos nia avrebbe dovuto raggiungere Salonicco attraversando il Sangiaccato di Novi Pazar e tagliando fuori la Serbia dall'Adriatico e dalla Grecia, oltre che da l Montenegro . Questo programma che non poteva piacere agl i Italiani fu reso noto tra la fine del 1907 e l'inizio del 1908 e, se realizzato, avrebbe isolato la Serbia e vanificato l'altro progetto della fer rovia trasversale fra l'Adriatico e Bel grado, che avrebbe consentito di valorizzare gli accordi commercia li stip ulati dai Serbi con l'Italia, la Gran Bretagna, la Francia, la Svizzera e la Svezia (23). Anche in Italia maturavano rapidamente preoccupazioni nuove. II vice capo di S . M. della Marina, in uno studio intitolato "Confronto tra la flotta italiana e la flotta austro ungarica", redatto per il ministro ne l gennaio l 904, concludeva: "L'Austria-Ungheria gode nell'Adriatico di una posizione privilegiata rispetto-all' ltaìia . Infatti, mentre questa non ha in quel mare che una debole base navale, Venezia, situata all'estremo nord del lungo litorale indifeso, e che può facilmente essere bombardata dal mare, l'Au stria, con Pola faci lmente difendibile da mare e da terra, con l'arcipelago della Dalmazia, con Cattaro, che si può reputare inespugnabile, pos siede basi navali di superiorità strategica incontestabile. A questi vantaggi, già così importanti, si aggiungono gli altri che derivano dalla possibilità che ha la flotta austriaca di poter eseguire violente operazioni contro le nostre città indifese, mentre a noi non sarà permesso di agire in egual modo con- · tro le città del litorale, che è politicamente austriaco, ma in gran par te
(23) A. N . DRAGNICH, Serbia, Nikola Pasic and Yugoslavia , New Brunswick (N. J.) 1974 , pp. 93-8.
geograficamente ed etnograficamente italiano ... L'Austria-Ungheria ha spiegato in questi ultimi anni un'attività navale che non può essere guarda ta con indifferenza e, mentre gravi eventi si preparano nella penisola balcanica, l'Italia non dovrebbe trovarsi imp r eparata, e correre il rischio che quel mare, il quale una volta era sottoposto all'incontrastata egemonia ve neta, diventasse un mare straniero'~.
Poco dopo, nell'agosto, il marchese Cusani, ministro d'Italia a Cettinje, trasmetteva un promemoria segreto al ministero degli Esteri per chiedere l'inv io di un ufficiale esperto per praticare lo spionaggio ed eventualmente preparare sabotaggi ai danni delle fortificazioni austriache sulle coste del Montenegro. Il promemoria cominciava così: "Le assicurazioni scambiate recentemente fra l'Italia e l'Austria Ungheria danno attua lmente la garanzia che lo status quo nei paesi balcanici, specialmente per quanto riguarda l' Albania, sarà mantenuto . Ma . .. la differenza fra l'Italia e l'Austria-Ungheria è che questa, padrona già di tutta la costa orientale adriatica, sta facendo fin d'ora tutto quanto è necessario per assicurarsene eventualmente anche il restan t e, mentre l'Italia ha dovuto rimanere spettatrice passiva di una simile attività ogni giorno crescente". li diplomatico proseguiva poi rilevando che il solo punto d'appoggio per l'Italia sulla riva occidentale era, anche per vincoli dinastici, il Montenegro, "questo piccolo Stato che, per la sua situazione, pot r ebb~ dare occasione a grandi mutamenti" . E si continuò a tener d'occhio la scomoda vicina adriatica, registrando con accuratezza i progressi della marina imperiale e regia che, nel 1907, sarebbe risultata, secondo un alt r o studio della marina italiana, in posizione relativamente più favorevole che qualche anno prima (24).
Non è senza significato, in proposito, che uno studio sull'impiego del · le forze da sbarco prendesse in considerazione, in quel tempo, sia lo scac chiere occidentale ch e que ll o orienta le , per ipotizzare operazioni in partenza dalla penisola (25), mentre i rapporti di forza nei confronti della marina aus t riaca si modificavano a discapito di quella italiana (26).
Dopo il riavvicinamento italo-francese, molte cose andavano cam biando . S i e ra molto lontani da que ll 'atmosfera costante di ~llarme e da quei dibattiti accesi che avevano caratterizzato le discussioni su come c i si
(24) GABRIELE, Le convenzioni navali, ecc • cit.. pp. 296 97 e, nell'appendice, pp. 5 I 316, dove sono riportati i documenti citati.
(25) Ved i lo studio sull'impiego delle forze italiane da sbarco (1907) ad est e ad ovest in AMR, 195, 1, e la memoria su ll a Corsica, AMR, 191, 3.
(26) Cfr GABRIELE, Le convenzioni, ecc., cit. , pp. 301 07.
poteva difendere meg li o dall' invasione per mare nel periodo precedente (27). Ormai gli stessi francesi evitavano di spendere troppo per Biserta e le altre basi nordafricane (28), considerando che l'attenzion e dell'Italia fosse rivolta prevalentemente altrove .
" La polit ica navale dell'Italia durante l'anno' 1908" scriveva l'addetto navale francese a Roma "sembra diretta sempre più unicamente contro la marina austriaca, i cui progress i ed accrescimenti sono sorvegliati con cura gelosa dal governo e dall'intero paese
Gli avvenimen'ti d'Oriente, i moti univers it ari che hanno segnato la fine dell'anno hanno solo accentuato un sentimento di diffidenza che regnava gi à da molto tempo tra i due paes i . Dura n te la discussione di po li tica estera al Parlamento italiano, il signor Fortis, già Presidente d el Consiglio, ha. potuto dire tra gli applausi di tutti i deputati ed anche delle tribune: "Il paese col quale abbiamo la maggiore probab ilità d i avere la guerra è l' Aust r ia, nost ra allea t a".
È evidentemente sotto l'impero di queste preoccupaz ion i che il Capo di S .M. della Marina ha compiuto durante l'estate una visita completa delle coste del!' Adriatico, che si arma d i 305 il fronte a mare di Venezia ; che si costruisce una darsena di siluranti ad Ancona, c he il centro di s ta zionamen to delle si luran ti è stato spostato da Civitavecchia a Messina. L a confi gura zione delle coste non permette attualmente di fare molto di più , ma i lavori di sondaggio eseguiti ne ll a baia di Manfredonia sembrano indicare l'intenzione di creare uno stabilimento naval e in tale punto. Se d'altra parte si accostano a queste disposizioni marittime i preparativi mi litari del m inistero della Guerra: costruzione di nuo ve opere all'ingresso de ll e numerose valli che sboccano in Ita lia dalla Valtellina fino all' Isonzo, rafforzamento di screto delle guarnigioni di NE per mezzo di truppe fino ad ora accantonate
(27) Basti r ich iamare, tra gl i a l t ri, la d iscuss ione che oppose, nei pr i mi mesi del I 902, il contrammi ragl io Gavott i e il gene rale da l Ve r me, e che atti rò anche l' a t tenzione dell'addetto navale francese, c h e ne fece argomento di una lunga re lazione al minis t ro de lla Marina. Il Ga vot t i sos te neva l'es igenza di costru ire una Ma rina abbastanza forte per combattere nel Tirreno, si a )) ure con una st ra teg ia di fensiva. Il dal Verme, invece, affermava che non bas ta v a sta b il ire un parametro (I :2, 2:3) di forze navali disponib il i in rapporto a quelle de l pro babi le av versar io, come mostrava di c redere il gruppo vic ino a lla L ega Navale; occor revano, in vece, fl otta, esercito , fortificazioni ed alleanze, se si voleva garant ire da vvero il paese da ll a minaccia di un 'invasione , per mare o a ttraverso le A lpi, da dove era n o ve nu te nel passat o molte sped izioni s traniere. CV Davin a min is t ro della Marina, 26 marzo 1902, AMF, BB 7, 156 D (28) CF Sai m Pair , addetto n avale a Roma, a m i nistro della Ma rina, 20 d icembre 1908, AMF, BB 7, 123 i. Vedi anche la lettera del Residente generale a Tunisi al ministro degli Esteri, Ste fa n o Pichon, d el 24 gi ugno 1908, in c ui si conferma ch e dop0 l' entente cordiale gli in vestiment i negli stab ilim enti militari di Bise rta e d i Sid i Abdall ah si erano contratti, AMF, BB 3, 1272.
stùla nostra frontiera, ci si può fare un'idea abbastanza esatta delle preoccupazioni e dei progetti militari del Governo italiano" (29)
34. Seguivano alcuni giudizi di valore. "L'esercito attuale, nè co-. me armamento, nè come addestramento, nè come stato mora le ispira una fiducia completa al paese . La Marina, a l contrario gode di tutte le simpatie, po r ta co n sè tutte le speranze e tutte le ambizio ni de l popolo italiano. Il suo ruo lo, nelle presenti circostanze politiche, è nettamente definito, il suo programma discende del tutto naturalmente dalla necessità di mantenere una supe r iorità consi derevole sulla mar in~ austr iaca . La si tuazion e finanzi.aria consen te sforzi seri in questo senso; si può esser certi che l'amminis trazione, così popo lare, dell'ammiraglio Mirabella saprà utilizzare queste condizioni favorevo li ed otterrà senza fatica il voto di 200 milioni di crediti supplementari che deve chiedere prossimamente al Parlamento" (30) .
Quell'anno si erano svolte le grandi manovre. Esse erano state "le più importanti c he fossero ma i state eseguite in Italia, per il numero d elle navi e l'estensione del tema iniziale, che comportava per la prima volta manovre combinate con l'ese r ci to di terra.
Fino ad ora le manovre italiane si limitavano piuttosto ad esercitazioni difensive, sia controra Francia, sia contro l'Austria. Si è cercato quest'an no di ricostruire una pagina di storia del 1796 (31) ... I punti particolari che me r itano di attirare l'attenzione sono i seguenti:
1°. L'assenza totale di incrociatori nell'uno e nell'altro partito ha cond9tto ad affidare la so rveglianza e la ricerca a delle siluranti comp letamente inadatte a questo compito, ciò che ha condotto a sorprese reciproche che toglie vano ogni interesse a certe fasi delle manovre.
2° Le navi non hanno navigato mai a t u tta forza, ciò che diminuisce molto il me rito che esse hanno avuto di non aver subito avarie di macchina.
3°. I sottomarini, mai:1cando di addestramento, non hanno re~o alcun se r vizio .
4° .· Le for ti fieazioni di Genova si sono dimostrate completamente in sufficienti dal p un to di vista dell'armamento, attualmente su pe rato.
(29) CF Saint Pair , addetto navale a Roma, a ministro de ll a Marina, lett. 166 del 20 dicem b re 1908, AMF, BB 7, 123 i.
(30) Ibidem.
(31) In quell'anno il genera le B. Schére r , dopo ave r battuto gli Austr iaci a Loa no, occupava una par te della Rivi era Tra Francesi ed Austro Sard i era intervenuta una tregua d'armi, ma g li In gles i, che occupavano Livorno e la Corsica, di st urbavano i rifornimen ti alle truppe francesi , disseminate lungo la costa. ·
5°. Lo stabilimento di una base provvisoria all'isola d'Elba, copia della base giapponese delle isole Eliott, non corrisponde ad alcuna utilità per chi possiede La Maddalena.
6° . Lo sbarco delle truppe a Vado è stato molto mal preparato ed altrettanto mal eseguito. Mancanza assoluta di mezzi e di metodo.
7 °. Le siluranti hanno lavorato veramente solo alla fine delle manovre. Grazie agli errori del partito A che ha voluto bloccare una costa troppo estesa senza le necessarie risorse in navi, gli ultimi isolati e coloro che com~ mettevano l'imprudenza di restar fermi in mare hanno potuto essere distrutti uno dopo l'altro. Ciò non assomiglia affatto alla vera guerra.
8° . Gli equipaggi hanno dimostrato resistenza e addestramento. Bisogna aggiungere che la stagione e la corta durata delle manovre non hanno sottoposto le loro forze ad una forte prova" (32)
Tutravia, la situazione generale della marina italia na e le sue capacità operative andavano migliorando Nel rapporto generale relativo all'anno successivo, ne dava atto !o stesso addetto navale francese a Roma, rilevando che, dopo molta difficoltà, la precisione del tiro navale era aumentata. I maggiori sforzi riguardavano il settore orientale, dove si potenziavano le difese lagunari di Venezia e vi si preparava una base per mezzi sottili. Tuttavia l'impressione era che in caso di guerra si intendesse da parte italiana abbandonare Venezia alle difese locali, predisponendo la flotta ad uno scontro nel canale d'Otranto, al traverso di Brindisi, dove avrebbe dovuto aver luogo la battaglia decisiva. A tal fine si organizzava il porto di Brindisi come punto d'appoggio e di rifornimento di notevole importanza, mentre la base primaria del naviglio pesante restava Taranto (33}
In effetti, essendo la marina austro ungarica assai meglio sostenuta, ai fini di una eventuale lotta in Adriatico, dalla base di Pola e dagli arcipelaghi dalmati, una scelta come quella sopra ricordata appari va idonea alla situazione, tenuto conto anche del fatto che la costa tra Venez ia e Trieste non si prestava a grandi operazioni navali, ma piuttosto ad una collaborazione tra forze terrestri ed unità minori della flotta (34). Intanto, la marina italiana cresceva, sia ne ll a qualità del materia le che in quella del personale, e presto, superato il periodo di transizione dopo la precedente fase di svi-
(32) Saint Pair a ministro della Marina, 20 dicemb re 1908, AMF, BB 7, 123 i. (33) .Saint Pair a ministro della Marina, allegato alla lett. 328 del IO gennaio 19 10, AMF, BB 7, 123 bis j. Quanto alla precisione nel tiro, già l'anno precedente era stato segnalato che la percentuale dei bersagli centra t i durante le manovre andava dal 400/o al 75'1/o.
(3.4) TV Jousselin a ministro della Marina , confid. del 14 nov 1909, AMF, BB 7 , 0 86, 13.
luppo di fine secolo, il paese avrebbe potuto contare su una flotta "non numerosa, ma rapida, potente, omogenea, offensiva" (35). Dopo la crisi del 1908, originata dall'annessi one austro-ungarica della Bosnia e dell'Erzegovina, la situazione politica internazionale era cambiata decisamente. Malgrado le smentite ufficiali annotava nel settembre 1909 il solito attento osservatore della marina d'oltralpe "l'Adriatico occupa oggi un posto d'onore nelle preoccupazioni del governo italiano" (36).
E poichè la Germania aveva fornito al governo di Vienna, in occasione della destabilizzante vicenda balcanica· del 1908, il sostegno più deciso <37), il rapporto politico italiano tendeva a deteriorarsi ulteriormente anche nei confronti del socio più potente della Triplice. · Secondo l'ambasciatore inglese a Berlino era piuttosto difficile descrivere le relazioni italo-tedesche: '''Ufficialmente esse sono senza dubbio ec cellenti e in occasione dell'incontro tra il principe Bulow ed il signor Tittoni sono state date e ricevute e comunicate alla stampa le assicurazioni più amichevoli e le a li. Ma sarebbe un errore prendere queste assicurazioni troppo sul serio e pensare che tra i due all~ti tutto è come dovrebbe essere.
Il fatto è che la Germania crede che l'Italia, e bisogna ammettere che questa ha dato frequentemente motivo a tale opinione, sia un membro molto poco solido della T riplice alleanza, che il suo cuore non è in essa, e che essa non consentirà mai che gli interessi dei suoi alleati prendano il posto dei suoi. Ci si lam enta che la stampa italiana non perda alcuna opportunit à per eccitare l'opinione pubblica contro la Germania e per seminare dubbi circa la linearità deila politica tedesca" (38).
Nè si può dire che le diffidenze italiane fossero mal riposte, dal mo mento che il Capo di S.M. imperiale e regio, Conrad von H6tzendorff, non
(35) Ma lgrado vi fosse, secondo l'osse rv atore transal pino, qualche problema per adeguare il numero degli ufficiali superiori naviganti alle nuove esigenze de lla marina italiana.
(36) Jousselin a ministro della Marina, 14 novembre 1909, AMF, BB 7, 86, 13.
(37) " ... the most unstinted suppor!", E. Gosche n, ambasciatore a Berlino, ad E. Grey, ministro deg li Esteri, P.R.0., F.O . , 425, 320, dove si par la anche dei contrasti e delle polemi che ang lo-tedesche i n campo navale, particolarmente vivaci in quell'anno (1908).
(38) I motivi più particolarmente sottolineati nel rapporto riguardavano l'atteggiamento it aliano riguardo alla ferrovia del Sangiaccato, per la quale pareva a Berlino che Roma si fosse avvicinata alle ved ute di P ietroburgo; la non ch iara posi z ione di Roma nei confromi de l movi mento per le r ifo rme cost ituzionali in T urchia, verso le quali pareva vi fosse approvazione a parole ed oppo sizione nel cuore; i numerosi incidenti tra Italiani ed Austro Tedeschi nel T irolo merid ionale e in altre zone di fr ontiera, più frequenti che nel passa to e regolarmente esage rati dalla stampa pangermanica.
ln conclusione, benchè non si potesse affermare che le re lazioni tra i due paesi formalm ente alleati toccassero proprio allora il loro punto più basso, diffidenze e sospetti reciproci caratterizzavano il rapporto , con una Italia quasi sempre indecisa e talvolta indecifrabi le ed una Germania che cercava di influenzarla alternando lusinghe a minacce.
mancò di considerare una buona occasione il terremoto di Messina per proporre aJl'imperatore Fra nce sco Giuseppe di attaccare l'Italia, sfruttando la confusione alle frontiere derivante dalla catastrofe e dall'esigenza di spostare al sud, il più rapidamente possibile, uomini e mezzi. Per far <:iò, lo sc hieramento normale delle forze armate, terrestri e marittime, era entrato in crisi e realisticamente non c'è dubbio che, se si fossero voluti "fare i con ti del '66", il momento poteva essere propizio per Vienna.
In quelle circostanze la Marina, malgrado le polemiche che non mancarono circa la tempestività dell'intervento (39), il 2 gennaio 1909 - il terremoto era avvenuto alle 5,20 del 28 precedente aveva sul posto tutto quello che era riuscita a mobilitare: 48 unità con 6.400 uomini, che diedero un contributo rilevante ai soccorsi (40).
Comunque fosse, il vecchio imperatore Francesco Giuseppe non ascoltò il suo Capo di S.M .. Ma i rapporti tra gli alleati della Triplice non migliorarono, ed era facile agli osservatori stranieri cogliere nell'opinione pubblica e nei circoli politici e militari italiani disponibilità pronunciate ad operazioni difficilmente prevedibili con sicurezza. Gli in teressi nazionali del paese e le sue aspirazioni avrebbero fatto premio su tutto, a l momento opportuno.
35. "Ben presto dopo le tristezze (per il terremoto), l '~pinione pubblica ricominciò ad appassionarsi per i contrasti continui che, sul tema dell'istituzione di una Uni versità italiana a Trieste, non cessavano di prodursi tra l'Austria e l'Italia, e tutti gli spiriti furono ricondotti alla grande questione della difesa nazion ale.
(39) "L'inizio dell'anno I 909 è stato segnato dal terremoto che ha d istru tto Messina , Reggio e i loro dintorni. La flotta ita li ana era in quel momento dispersa in tutti i poni, occupata in riparazioni, ed aveva in oltre una gran parte degli equ i paggi in permesso; essa pertanto è potuta arrivare sui l uoghi del sinistro so l o poco a poco e sen s ibi lm ente meno rap idam ente delle squadre stra ni ere. Ta le ri tardo ha ' avuto un forte impatto sull'amor proprio italiano, e malgrado una memoria g iu st ificativa pubblicata dallo S.M. Genera le , ne è rimasto un senti mento abbastanza vivo di scontento contro l'ammiraglio Mirabella, che si è trovato dopo di aHora sottomesso frequentemente ad acerbe critiche. In realtà, la marina italiana ha abitudini i.nveterate .di svernamento che la rendono poco capace, in questa s tagione , di un'azione inaspettata e rapida; e malgrado le spiegazion i abbastanza diffuse del ministero, si è dovuto constatare che i rimproveri fatti ali' Amministrazione della Marina erano in parte giustificati. A l di là di questa lentezza di mobilitazione, g li avvenimenti di Sicilia e di Ca[abria hanno fatto constatare una mancanza d'iniziativa, una sor ta di torpore di spi ri to che ha mo lto colpito, da parte di tutte le autorità, sia civili che militari. Dal momento che la cata s trofe di Messina pre sentava un carallere d'impresa che può essere paragonato alle condizioni del tempo di guerra, vi è là un fatto interessante da notare>', Saint Pai r a ministro della Marina, allcg. alla lett. 328 del 10 gennaiQ 1910, AMI;, BB 7, 123 bis, j.
(40) Per l'opera della marina militare nel terremoto di Messina, vedi AMR , 197, 5. Cfr anche, per la marina militare e mercantile, // terremoto di Messina: corrispondenze, testimo nianze e polemiche giornalistiche, Roma 1959; V.D. Flore, L'industria dei trasporti marittim( in Italia, Parte IV Le emergenze nazionali, Roma 1973, pp. 387 92.
Per ben cogliere l'importanza di queste difficoltà po litiche, bisogna rendersi conto dello stato di nazionalismo acutissimo che regna in Italia . Mai il desiderio, il bisogno di avere un posto nel mondo, di essere conside rati come uno dei fattori importanti della politica europea si è fatto più vivamente sentire nell'animo ancora infant ile di questo popolo. Coscienti delle prop r ie realizzazioni molto concrete nell'industria e nel commercio, avendo finanze non soltanto migliorate ma anche prospere, gli Italiani si vedono chiamati ad un grande ruolo, e vogliono un esercito e una Marina che permettano di sostenere ambizioni tanto imprecise che illimitate Ci si può dunque attendere di veder progredire le spese italiane fino ai limiti del possibile, il paese acconsentirà senza difficoltà a tutti i sacrifici che gli sa ranno richiesti a tale proposito
L'annuncio dell'impostazione nei cantieri austriaci di grosse unità corazzate ha dato una nuova forza a questi sentimenti, e l' a mmiraglio Mira bello deve solo domandare nuovi crediti straordinari per ottenerli.
In pochi anni i cred iti destinati alle costruzioni navali hanno quadruplicato, ed i progressi realizzati in tutte le branche de l servizio hanno camminato di pari passo con tali accrescimenti costanti del bilancio. Le ultime costruzioni nuove, soprattutto quelle degli incrociatori tipo Pisa sono riu scite molto bene e molto adatte alle condizioni del Mediterraneo, le esercitazioni di tiro danno, per quel che se ne può sapere, risultati notevoli, l'in tero Corpo degli ufficiali è animato di spirito eccellente; dal canto suo il ministero compie ogni sforzo per mantenere e secondare queste buone di sposizioni: esso ha notevolmente aumentato le paghe, ha creato una Scuola superiore e una Scuola di tiro con risultati molto positivi; esso d'altra parte cerca, con perseverante tenacia, di ringiovanire sempre più i quadri degli ufficiali; le Commissioni d'avanzamento non esitano a proporre e il Ministro a mettere in pensione tutti gli ufficial i che sembrano poco adatti ad un se r vizio attivo; anche negli ultimi giorni un Vice Ammiraglio, Pre f etto Marittimo (4 1), è stato moralmente costretto a chiedere il proprio passaggio nei quadri de ll a riserva .
L'arrivo al potere dell'ammiraglio Bettolo, capo designato in caso di guerra, uomo d'azione per eccellenza, non può c h e dare un impulso ancora più vivo a questo movimento di progresso.
Ad un tale quadro certamente brillante senza esager azione (42), si deve tuttavia aggiungere qualche corrett ivo. T ra gli uffici al i di vascello e q u ellì
(41) Comandante di distretto o di dipartimento marittimo.
(42) Per la verità, di altro parere doveva essere il destinatario parigino del rapporto, il quale vi annotava in calce: "L'avvenire ha niostrato che tutto questo quadro era esagerato. Il difetto di ottica è dovuto al fatto che il nostro addetto navale raccoglieva le sue informazioni in un ambiente ufficiale", AMF, BB 7, 123 bis, j, p. 5.
di macchina s'è prodotto un sentimento di rivalità e di gelosia che alla lunga potrebbe presentare degli inconvenienti seri. Detta animosità tra i due corpi, la cui unione sarebbe indispensabile, proviene quasi soltanto ·dalla situazione molto sfavorevole fatta al personale di macchina da regolamenti superati. Basterebbe qualche misura tanto giusta che liberale per facilitare l'avanzamento e aumentare il prestigio del Corpo perchè tutto rientri nell'ordine. Vi si arriverà certamente in un prossimo avvenire.
· Va segnalato anche il progresso che il socialismo ha fatto negli equipaggi, progresso che si è manifestato con atti di sabotaggio ed anche con qualche sorta di piccole ribellioni. Ma non bisogna esagerare l'importanza di questi fatti isolati: presi nella massa, il Corpo degli Equipaggi italiani è eccellente e molto disciplinato
. . . l'anno 1909 è stato un anno ben impiegato per la marina italiana, che di qui a qualche anno costituirà una forza veramente importante. Che uso faranno gli Italiani di questa potenza? L'esercito francese, la flotta inglese hanno Òbiettivi perfettamente definiti; la Marina italiana non ne ha, o meglio ne ha due, diametralmente opposti. Mentre la popolazione, l' esercito e la Marina non cessano, in ogni occasione, di esprimere i loro sentimenti di diffidenza e di antipatia verso l'Austria, il governo non smette di sforzarsi per riannodare e consolidare i legami di un'alleanza che sembrano sempre pronti a rompersi ... ma il giorno del p~ricolo tale dualismo scomparirà in maniera del tutto naturale, ed è molto probabile che la nazione intera si allineerà a quella delle due politiche che le sembrerà offrire maggiori probabilità di successo 1' (43)
Continuava intanto, sempre vivace, la polemica nella pubblicistica specializzata e non circa le reali esigenze della Marina. Il dibattito era orig inato, natu.ralmente, dalle richieste di crediti per le costruzioni navali, che non mçtncavano di scatenare tempeste giornalistiche e parlamentari. I socialisti conducevano uiia campagna accanita contro le spese per la flotta, cui rispondevano per le rime i navalisti più accesi.
{43) Ibidem, pp. 5 7. Quest o ricbiamo ad un supposto machiavellismo italiano era raf forzato da un'altra precedente affermazione: "Tale doppia tendenza di spirito conviene perfettamente alla natura italiana, ch e non cerca mai le soluzioni chiare". Il rapporto pr osegu iva poi rilevando che era giunto il materiale navale ordinato negl i Stati Uniti: si trattava probabilmente dell'ultimo ordine passato all'estero perchè "il sentimento pubblico obbligherà sempre più la Marina ad indirizzarsi esclusivamente all'industria nazio nale, od almeno alle officine straniere stabilite in I talia e ad impiegare manodopera italiana" La Vickers Maxim, infat ti, aveva aperto una nuova officina a La Spezia.
Continui perfezionamenti in tema di armi ed accessori navali venivano apportati al materiale; anche le corazzate tipo Vittorio Emanuele venivano riviste alla luce degli insegnamenti della guerra russo-giapponese, mentre gli incrociator i Pisa ed Amalfi compivano splendide prove in mare, superando le veloci t à cont rattuali Nuovi silur i ven ivano approntati , ma i nuovi programmi apparivano imperniati più sulle grandi navi da battaglia monocalibro, che sulle siluranti ed i sommergibil i.
Senza voler entrare nel merito specifico del dibattito che, legato a diverse impostazioni ideologiche, si muoveva su linee ed argomentazioni già largamente sfruttate nel passato (44) sembra da registrare, per quanto riguarda i rapporti di forza tra le marine della Triplice, la testimonianza di una fonte estranea all'alleanza. Secondo l'addetto navale francese a Roma di lì a pochi anni, nel 1915, le tre diverse flotte avrebbero potuto contare sul seguente numero di unità (45):
Corazzate lncroc. corazz Esploratori Cacciatorped. Paese con con + con con + con con + con con+ 25 anni 25 anni 25 anni 25 anni 25 anni 25 ann i 25 anni 25 anni
Germania 41 - 15 39 156( + 6grandi incroc. protettij
Italia 14 6 IO 9 4 23 17 (senza il nuovo programma) Austria 15 4 3 8 4 13 7
Nel prospetto non figuravano altri tipi di naviglio. Restava però evidente che al di là dei problemi di gravissima portata derivanti alla marina italiana da un eventuale confronto con quella francese o addirittura con questa sommata alla flotta britannica del Mediterraneo il rapporto di relatività nei riguardi dell'Austria-Ungheria sì era notevolmente deteriorato. Il nuovo sforzo che veniva richiesto al paese per potenziare la Marina appariva quindi abbastanza giustificato, nel quadro di una situazione europea sempre più tesa, tra le crisi balcaniche e marocchine Contraddizioni
(44) Vedi, ad esempio, VERITAS, La verità sulla marina da guerra, Roma 1905, dove era riproposta la polemica de "La patria" col critico militare de "L 'A van1i", Sylva Viviani, a proposito di sbarchi, bombardamenti e blocchi , emigrazione, colonie, commercio marittimo. Conclusione comune ad ogni argomento trattato era l'es igenza di dotare il paese di una forte marina militare.
Quanto all'identi tà dell'autore che si celava dietro lo pseudonimo, si può ricordare che lo stesso VERIT AS fu usato dall ' ammiraglio Giovanni Bettola per firmare un altro opuscolo di propaganda, Statistica e Marina, Napoli 1908, nel quale, utilizzando dati statistici si sosteneva "una g rande dolorosa verità: la notta italiana nelle condizion i in cui si trova, è un organismo destinato a vivere s tentatamente... troppe navi vecchie, tropp i e difettosamente organizzati arsen ali" , G. V. BACCINJ, Giovanni Bettola. La vi1a, l'opera, il pensiero, Roma 1924, pp. 60-1. Il Bettolo fu pure autore dell'altro noto opuscolo: 1912? Armate la Marina, Roma 1912, di in tonazione antiaustriaca .
(45) Rapporto del CF Saint Pair al ministro della Marina allegato alla leLt. 328 del IO gennaio 191 O, AMF, BB 7, 123 bis, j. Vedi anche, per un confronto tra marina italiana e ma rina austro ungarica, GABR IELE, Le convenzioni, ecc., cit., pp. 301-7.
continue si proponevano al governo di Roma, cui riusciva sempre più ar duo conciliare i propri interessi e le proprie alleanze, i propri impegni e le proprie forze. Ad aggravare tutto, ora, si aggiungevano le ambizioni che un periodo di prosperità economica e di sviluppo avevano contribuito ad ' alimentare, in un paese che non aveva ancora raggiunto il mezzo secolo di unità politica, ma che avrebbe vo l uto degnamente celebrarlo.
LA NU OVA MARINA
36. L'inchiesta Franchclli. 37. Le costruzioni navali militari. 38. Riorganizzazione e riforme. 39. L'evoluzione della marina mercantile. 40. Canti eri e porti.
36. li nu ovo secolo si era aperto t ra due g r an di baltag li e navali av venute in E stremo Oriente , che avevano dato una svolta deci s iva alle concezioni ope rati ve delle marine da guerra ed influenzato i n maniera soslanziale le costruzioni n avali e gli armamenti marittimi. L a battaglia dello Yalu , nel conflitto cino- g iappone se degli anni 1894 95, av eva seg nato la s uprema z ia del cannone su ll o sp eron e, cont rariamente agli in segnam enti che molti avevano c r eduto di dover t r ar're da Li ssa, e la battaglia di Tsushima del 1905, durante il conflitto russo-giapponese, veniva a confermare il definitivo trionfo del cannone come a rma d'offesa s ul mar e . L'eterna ga ra c ann o n ecorazza trovava da tali lezioni sto ri che un nuovo rilancio, che si concretò nella r ealizzazione delle g r andi unità monocalibro, definite Dreadnouglus.
La Dreadnoughc fu rea lizzata a tempi da primato dall'Ammiragliato brit ann ico, tr a l' a utunno del 1905 e qu e ll o del 1906, e rappr esentò il mod e l lo per le nuov e unità da battaglia che s i sa rebb ero realizzate nelle di verse marine, nell'intento di dotarsi di uno stru mento valido a conseguire il dominio del mare. Come diceva il suo nome, la prima corazzata "che non teme nulla" appariva talm ente pot e nt e che il precedente naviglio pesante parv e di co l po s uperato: essa aveva un dislocamento di 18 ,200 t , si po teva muovere a 21 nodi di velocità, poteva contare su 10 cannoni da 305 . Le m aggio ri marine militari la presero subito a modello, e ciascuna secondo le propri e c apaci tà tecniche cercaro n o di imitarla.
In Italia il discorso non era nuov o Potrebb e anzi affe rmarsi che la Dreadno ughl derivava da rifless ioni e da s tudi it a liani, dal momento che l 'ammiraglio Bettola e l'ingegnere V. Cuniberti, colonn ell o allora del genio nav a le, avevano progettato verso la fine degli anni ' 90 una unità da ba ttaglia avre b be dovuto chiamarsi Ama(fi - di 8 .000 t, veloce e a rmata da 12 cannoni da 203. Succ ess i vament e, n e l 1903, il Cuniberti avev a pubblicato sul Jane's Fighting Ships il progetto di una nave ancora più pote nte, armata co n cannoni da 305. Di là e ra di scesa direttamente la Dreadnoughr Cl).
( I) A.J. MARD E R , Th e anaromy of Brirish Sea Power. A. Hiswry of Brirish Naval Policy in rhe Pre-Dreodnoughr Era, (880-1905, New York 1940, p. 527.
Ma in Italia il momento non era favorevole alla Marina . Le polemi che, in parte giustificate, che avevano accompagnato le decisioni di spesa per le costruzioni navali, le corazze ed i cannoni negli ultimi anni del sec. XIX, avevano avuto ulteriore incremento dalla denuncia clamorosa di Enrico Ferri, deputa t o socialista, che dall e colonne dell'Avanti! attaccò con estrema violenza l'ammiraglio Bettolo, ministro della Marina dal maggio 1899 al giugno 1900, accusandolo di malversazioni e di peculato L'articolo di denuncia più duro fu pubb li cato sul quotidiano socialista il 18 maggio I 903, quando il Bettolo era stato nuovamente nominato ministro della Marina nel governo Zanardelli, e diede luogo ad un processo, dal quale il direltOre dell'Avanti! uscì condannato per diffamazione, nel febb r aio 1904 (2).
La gravità delle accuse ed il loro persistere nel tempo, tuttavia, avevano scosso l'opinione pubblica e lo stesso mondo politico. Il 2 giugno 1903 !'on . Leopoldo Franchetti presentò alla Camera la proposta di promuovere un'inchiesta sugli affari della Marina, proposta che sfociò, dopo un lungo dibattito, nella L. 27 marzo 1904 che costituiva una Commissione parlamentare composta da 6 senatori, 6 deputati e 5 membri nominati dal Consiglio dei ministri, con il compito "di indagare soprattutto quanto concern e l'organizzazione e l'amministrazione della Marina".
Le conclusioni della Commissione, che lavorò int ensamente 'per quasi un anno, riconoscevano quanto di positivo e di valido vi era nella Marina italiana, ma dava conto anche delle disfunzioni operative che si erano potute ri scontrare e del gioco di interessi che ruotava intorno alle commesse militari.
Rilevato che "la squadra naviga solamente nella buona stagione e troppo spesso tra i medesimi porti", la Commissione affermava: "Ciò è un danno perchè il personale non si avvezza al mare cattivo . Si evita di navigare con mare grosso per timore di avarie" (3). Queste affermazioni confermavano che le critiche degli stranieri Inglesi, Tedeschi, Francesi erano esatte e che qualche affermazione che abbiamo più sopra riportato non era dettata solo da malevolenza od albagia.
Il personale aveva bisogno di addestramento e di istruzione. Soprattutto appa r iva necessario ripartire meglio i mezz i disponibili, assegnando una quota più cospicua ai materiali di consumo e di ricambio che venivano usati per assicurare la preparazione degli uomini.
Per contro, vecchie unità continuavano a far parte della flotta, malgrado il loro scarso valore militare e l'elevato costo di manutenzione, gonfiandone artificialmente la consistenza; era meglio radiarle e dedicare le risorse disponibili a migliorare l'efficienza operativa delle unità più moderne
(2) BACCINI; cit. pp. 51-2.
(3) G. COLLIVA, Uomini e navi nella storia della marina militare italiana, Milano 1972, p. 68 .
Gravi appari vano le conclusioni circa il risultat o che la Marina aveva tratto dalla politica d i spese ch e e ra stata condotta nello scorcio finale del sec. XIX, e sulla vicenda delle forniture.
Quanto al primo punto, malgrado i notevoli sfor zi finanziari compiuti, i vecchi problemi della flo tta po st unitaria e rano in part e rima sti e nel complesso la Commissione giudicava che lo strumento mili tare mari tti mo non era adegua to al costo ch e aveva avuto per l 'erario . Sarebbern occorsi migliori controlli sul!' efficienza e si richiedeva esplicitamente che il Con s iglio Supetiore di Marina non si limitasse ad es aminar e ed approva re i programmi navali, ma ne controllass e l'attuazione e la rispondenza a ll e proposte originarie (4).
Sul secondo punto , la Commission e espr im eva molte critiche : "per le forniture dei privati alla Marina non venivano rispettate le da te di consegna e venivano spesso abbonate le multe pr eviste nei contratt i; le corazze fornite dall'industria nazionale erano molto più care di quelle reperibili all'es tero, tecnicamente inferiori e non venivano sott opo ste a collaud i così accurati come sarebbe stato invece necessario ; i cannoni erano venduti a prezzi ec ce ssivi e il loro mat erial e non e ra di ottima qualità; non era st ata accumulata una sufficiente riserva di proiettili e, infine, ci rca car bon e e viveri numerose erano state le frodi, le irregolarità e, per i secondi, le so fisticazioni" (5). Si trattava degli aspetti 11egativi del prot ezionismo, c he consentiva abusi all'industria iLaliana degli armamenti e della s iderurgia, privilegiata da una situazione di monopolio dell'offerta nei confronti del committente pubblico (6); ma si trattava anche di un prezzo quasi inevitabi le - per esecrabile che fossepagato a l processo di sviluppo forzoso dell' industria pesa nt e in Italia.
37. Appare evidente che il mom ento tra sc andali e inchiesta non era il migliore per promuovere lo sviluppo della flotta, e in particolare per impegnarsi a fondo proprio su quella linea di nuov e grandi unità da batta glia, molto costose, che avrebb e caratterizzato la g ara tra le P otenze navali nello scorcio iniziale del nuov o secolo. Questo spiega perchè vi si a st ato uno iato, peraltro non molto lungo , tra l'intuizione certamente anticipatr ice e l'adattamento della Marina italiana alla nuova filo sofi a na va le
(4) COMMISSIONE D'INCHIESTA SU LLA R. MARINA, Relaz ione generale, Roma 1906, l, p. 357.
(5) Secondo il Corriere deffa Sera de l 5 l ugl io 1906, si e ra siati "corriv i", sia per i prezzi che per la qualità.
(6) Vedi R .A. WEBST E R , L ' imperialismo industriale italiano. Studio s ul prefascismo /908 1915, Torino 1974, pp . I 19 24. Vi s i parla a nche degli accordi con la Krupp e del d umping tedesco dell ' accia io, come pure dell'An saldo e dellà pres en za f ran cese . Cfr an che V. CASTRONOVO, La Storia Economica (in Storia d'lra lia da(('Unità ad oggi), Tor ino 1975, pp. 117 206
In ogni caso, anche se le realizzazioni non furono pionieristiche, come era stato decenni prima per la Caio Duilio, esse neppure tardarono molto, nel quadro della gara in corso tra le Potenze marittime e che ormai veniva coinvolgendo anche l'Austria-Ungheria. Furono quindi impostate le grandi unità da battaglia, come era non so lo moda del tempo, ma necessità, dal momento che le altre Potenze con cui ci si trovava a competere le costruivano.
Mano a mano però che il problema adriatico diventava più acuto ed aumentavano le probabilità di scontro con l'Austria-Ungheria, le caratteristiche peculiari di quel r istretto bacino marittimo dovettero essere prese in maggiore considerazione dai responsabili della flotta Nacque così, a fianco della direttrice che mirava a dotare la Marina dei formidabili colossi Dreadnought, una seconda direttrice, che puntava, tenendo conto della particolare geografia adriatica e delle innovazioni più recenti, alle siluranti, ai sommergibili, alle armi insidiose.
Nella Marina italiana, mentre al periodo dei ministri Mirabello e Bettolo (7) si deve far riferimento per quanto concerne la strategia delle grandi unità, l'ammiraglio Thaon di Revel si fece depositario della nuova filosofia, prima ancora di diventare capo di S . M. della Marina, ritenendo che non si delineasse nel futuro della Marina specie in Adriatico una lotta di squadre, quanto piuttosto una serie di azioni da condurre e da controbattere con mezzi diversi.
"Convinto della potenza dei sommergibili e della utilità di un forte stuolo di siluranti, ne promosse l'impostazione in cantiere, reputando di potere in tempo relativamente breve e con una spesa proporzionata alle ri sorse del paese, ottenere due scopi: e cioè diminuire la grande sproporzione fra la nostra flotta e quella franco-inglese del Mediterraneo e nello stesso tempo attenuare il vantaggio derivante alla flotta austriaca dalle privilegiate condizioni geografiche dell'opposto versante Erano allora in progetto le grandissime corazzate tipo L di oltre 30.000 tonnellate c h e avrebbero as sorbito tutte le risorse del bilancio a scapito del naviglio subacqueo e si lu rante. Perciò egli, nella primavera del 1913, poche settimane dopo di avere assunto la carica di Capo di Stato Maggiore de ll a Marina, risolutamente insistette presso il Presidente del Consiglio (Giolitti) affinchè si fosse desistito dalla loro costruzione, in quanto i piani di allora non garantivano la loro incolumità contro le offese subacquee. In una successiva memoria presentata al ministero della Marina, ritornò sull'argomento ed ebbe infine ragione" (8).
(7) Senza che tuttavia si debba schemati zzare troppo, identificando l'azione prevalente del periodo co l pensiero dei ministri, i quali, per la verità, tenevano presenti anche i compiti delle si lu ranti, a lmeno per quel che riguardava la loro concezione d'assieme del quadro tecnico strategico. Cfr BACC!Nl, cit. , pp. 98 1I .I.
(8) G. PO, Il Grande Ammiraglio Paolo Thaon di Revel, Torino 1936, p 61.
Analogamente, un chiodo fisso di Thaon di Revel erano le torpedini. Prima dell'entrata in guerra avrebbe voluto che si costituisse una scorta di 5.000 mine, che riteneva necessarie per condurre un conflitto moderno. Queste vedute non erano condivise da tutti e si ritenne sufficiente la scorca di 1.500 torpedini Bollo, con cui l'Italia entrò in guerra nel 1915, salvo poi averne bisogno di 10.000 per gli sbarramenti durante il conflitto. inoltre, a metà 1913, lo stesso ammiraglio istitui e presiedette personalmente una Commissione per l'aviazione dalla Marina. Egli era convinto che la nuova arma, ancora non del tutto fuori dalla fase pionieristica, avrebbe potuto dare un efficace contributo alla guerra marittima, e per questo motivo creò una sezione apposita, ampliata successivamente in reparto aeronautico, presso lo S. M.
Come noto, erano le "leggi navali" lo strumento che alimentava le costruzioni per la flotta . E sse stabilivano nei bilanci dello Stato un flusso poliennale di risorse finanziarie destinate ai programmi della Marina.
La spesa per le costruzioni, in termini reali, riprese a lievitare all'inizio del secolo e seguì un trend ascendente fino alla guerra. Assumendo come punto di riferimento tre momenti particolarmente significativi il 1900, il I 911 e il 1915 vediamo crescere in termini correnti la spesa da 121 a 239 ed a 550 milioni del tempo, che riconvertiti a valore 1959 ci danno la s ucces sione seguente: milioni 38.618 al 1900, 69.766 al 1911 e 151.221 al 1915. Contestualmente sale il costo per tonnellata in valore reale: 100.727 nel 1900, 137.687 nel 1911, 295.352 nel 1915; questi dati dovrebbero indicare un netto miglioramento qualitativo della flotta. ln termini quantitativi, la Marina italiana aveva in servizio naviglio per t. migliaia 382,4 nel 1900; 506,7 nel 1911; 512,0 nel 1915; negli stessi anni, il per sonale in servizio era salito da 24.875 a 30.525 ed infin e a 41.140 (9). È evidente, malgrado le polemiche ed i contrasti politici interni, l'espansione dello strumento militare marittimo del pae se in quegli anni.
I provvedimenti legislativi più importanti che si susseguirono manten nero una sostan zia le coerenza di linea, pur nel progressivo ampliarsi dell'orizzonte ri spetto ai possibili avversari. Con legge del 13 giugno 1901, il bilancio della Marina fu con solidato nella somma di 123 milioni per l'esercizio 1900-190 I e di 121 milioni per gli esercizi successivi fino al 19051906. Con questo provvedimento, proposto dal ministro Morin, si poterono impostare, tra il 1901 ed il 1903, le quattro navi da battaglia del tipo Vittorio Emanuele: si trattava di unità corazzate medie quasi una sorta di (9) G. FIORAVANZO, la Marina militare nel suo primo secolo di vita, Roma 1961, pp. 52-54. I coefficienti di trasformazione dei valo ri sono stat i calcolati dall' Istituto Ce ntrale di Statis tica
"corazzate tascabili" dell'epoca che erano state concepite per fronteggiare, in caso di conflitto, unità similari francesi. "A concetti analoghi, ma con dislocamenti minori, viene ispirata la costruzione degli incrociatori corazzati Pisa e Amalfi e dei due San Giorgio e San Marco, che rappresentano un miglioramento del tipo Garibaldi. Una notevole ripresa si registra nel settore del naviglio sott il e, dove, tra il 1904 e il 1906, vengono impostati 11 cacciatorpediniere della classe Bersagliere, 6 torpediniere classe Sirio, 18 tipo Pegaso, 4 tipo Orione e la torpediniera costiera Gabbiano. Con questo gruppo di 40 unità viene iniziato il rinnovamento del naviglio silurante, visto che ormai quello esistente comincia a dare chiari segni di obsolescenza. Viene infine iniziata la costruzione nell'arsenale di Venezia di 5 sommergibili classe Glauco, per dotare anche la nostra marina di una prima serie operativa di questo tipo di unità" (10).
A prosecuzione dello sforzo iniziato, con legge del 2 luglio 1905 proposta dal ministro Mirabella e integrata da altro provvedimento del mese precedente, nella parte straordinaria dei bilanci della Marina degli esercizi dal I 904-1905 al I 9 I 6-1917 furono stanziati 132 milioni destinati alle costruzioni navali ed all'approvvigionamento di siluri, munizioni e mine. Dette leggi navali definivano per i dodici anni in questione le previsioni di spesa per il bilancio della Marina: 125 milioni per l'esercizio 1904-1905, 126 per l'esercizio 1905 1906, 133 per gli esercizi 1906-1907 e 1907-1908 e 134 per quelli successivi fino al 1916-1917. Ormai, dopo i primi interventi dello scorcio iniziale del secolo, si varava una legge navale dodecennale, che - sia pure integrata da altri provvedimenti decisi in relazione agli sviluppi di altre Marine o sotto il pungolo della congiuntura internazionale avrebbe consentito ai responsabili della flotta di delineare una coerente politica di sviluppo nel lungo periodo.
Due nuove leggi del 7 luglio 1907 e del 5 luglio 1908 incrementavano le risorse già disponibili per le costruzioni navali, stabilendo l'anticipo ai due esercizi in corso delle somme straordinarie (11 milioni per anno) già stanziate, rispettivamente , per gli anni finanziari 1916-1917 e 1915-1916.
Lo sforzo, in coincidenza con le crescenti preoccupazioni per l'espansione della flotta austriaca, fu intensificato negl i anni successivi. Con legge 27 giugno 1909, il bilancio della Marina per il 1909-1910 fu portato ad oltre
(IO) COLL!VA, cit., p. 67. Per più precise e complete indicazioni vedi la se rie Navi d'Italia, pubblicata dall'U FF1CI0 STORICO DELLA MAR INA MILITARE: P.M. POLLINA , Le torpediniere ila lia ne 1861 1964, Roma 1964; G FIO RA VANZO, F. GNIFETI' I, P.M. POLLINA, G. RICCA RDI, I cacciatorpediniere italiani /900-1966, Roma 1966; F. BARGONI, Esploratori, fregate, corvette ed avvisi italiani 186/ -/969, Roma 1969; G. GIORGERINI, A. NANI, Le navi di linea italiane 1861 1969, 3• ed., Roma 1969; E. BAGNASCO, I MAS e le motosiluranti italiane 1906 1968, Roma 1969; G. GIORGERINI, A. NÀNI, Gli incrociatori italiani /861-1971 , 3• ed., Roma 197 1; P.M POLLINA, I sommergibili italiani 1895 -1971 , Roma 1971.
163 milioni, mentre le somme già previste dalla legge del 1905 per costruzioni ed accessori salirono ad oltre 52 milioni per l'esercizio 1909-1910, a 60 per l'~nno finanziario successivo, a 70 per il 1911-1912 e 1912-1913 e ad 80 per i tre esercizi dal 1913-1914 al 1915-1916. Un successivo provvedimento legisl·ativo del 2 luglio 1911, n. 630, venne ad aggiungere altri 80 milioni all'anno per nuove costruzioni nei due esercizi 1916-1917 e 1917-1918. Dette misure consentirono alla marina italiana di riguadagnare un certo margine sulla flotta austriaca e di sostenere il proprio ruolo strategico di dominio assoluto del mare nel conflitto libico con la Turchia.
Ma non erano tempi tranquilli. Alla legge 31 marzo 1912, n. 194, che prevedeva uno stanziamento straordinario aggiunt ivo seguirono, con il bilancio 1913-1914, provvedimenti atti a finanziare, oltre ai programmi già approvati con le leggi precedenti, un nuovo programma complementare di costruzioni che comportava un aumento rilevante di impegni: 270 milioni, comprensivi dei 15 decisi nel 1912. Altri incrementi nelle disponibilità destinate alla flotta si ebbero nell'anno successivo e, infine, la legge 16 dicembre 1914, n. 1354 varata durante il periodo della neutralità italiana stabilì un'ulteriore quota di 200 milioni ai finanziamenti già assicurati con i precedenti provvedimenti (11).
• Può essere interessante rilevare come , sul canovaccio della legge navale del 1909, si siano innestati i successivi interventi dfretti ad accelerare e ad integrare le risorse disponibili, tenendo conto dell'evoluzione della situazione politica e militare. E sembra che i nuovi provvedimenti in questione abbiano potuto conseguire lo scopo per il quale erano stati concepiti in virtù dell'esistenza di un programma di lungo periodo, che aveva favorito la formazione di un apparato produttivo nazionale capace - pur con taluni aspetti negativi che conosciamo 02) di rispondere alle sollecitazioni della domanda. Ciò può avvenire soltanto nel temp o lungo, attraverso la realizzazione di programmi poliennali suscettibili di delineare la realizzazione di progetti non episodici. Si favorisce così la specializzazione produttiva, laricerca costante del miglioramento e dell'adeguamento tecnologico nella difficile e delicata costruzione navale militare e nella sua sofisticata gamma di equipaggiamenti.
Vale la pena di ricordare, in proposito, come in Italia, alla vigilia del coinvolgimento del paese nel conflitto, sia stato possibile garantire l'allestimento accelerato delle corazzate monocalibro ed il completamento del
( 11} MINISTERO DELLA MARINA, Pro-memoria dimostrare lo sviluppo progressivo delta R. Marina nel personale, nel materiale, nell'ordinamento e nelte spese, Roma, ottobre 1924, p. 68; GABRIELE, Lo strumento delta legge navale, ecc., cii., pp. 12-14.
(12) Peraltro, anche V. CASTRO NOV O, cit. , p. 134, accenna agli "effetti positivi a lunga distanza de l protezionismo".
naviglio sottile e so mmer gibile, secondo le richi este del nuovo capo di S.M. Thaon di Revel.
38. Ma il primo quindicennio del secolo vide anche diverse e importanti deci sioni di riorganizzazione e di riforma nella marina italiana. Un decreto del 23 gennaio 1904 riorganizzò i comandi e la struttura delle forze navali .
Le unità migliori della flotta furono raggruppate nella forza naval e del Mediterraneo, c ui era confidata l'azione difen siva ed offensiva principale e che disponeva di tre basi principali: La Spezia, Napoli e Messina. La collocazione delle basi, tutte s ul Tirr eno, appare abbastanza indicativa dell'ori e ntamento che pre siedeva a questa riorganizzazione, de s tinata ad articolarsi in seguito, sempre più, anche verso l'Adriatico . Vi erano poi una divisione di riserva, comprendente le allre unità di minore efficienza bellica e i Comandi speciali: la divisione navale oceanica, il Comando s uperiore delle torpediniere, le stazioni navali del mar Rosso e dell'oceano Indiano, la stazione navale dell'America.
La Commi ss ione Franchetti aveva rilevato, oltre alle questioni di maggiore carica polemica perchè più facilmente utilizza bili ai fini della lotta politica, che molto vi era da migliorare nell'amministrazione della Marina. Anzi, aveva addirittura s uggerito che ministro fo ss e nominato un civ ile, col comp ito primario degli affari ammini stra tivi, la sc iando allo Stato Maggiore la cura dei problemi militari . Non se ne fece nulla, ma diversi prov ved imenti furono assunti allo scopo di promuovere una migliore efficienza nel settore marittimo militar e. Nel 1906 fu istituita la direzione ge n erale dei servizi ammini s trativi e delle contabilità ( 13), nell'intento di garantire un controllo più efficace sugli affari della Marina. Nella prima metà dello stesso anno altri provvedimenti migliorarono le condizioni del personale e sta bilirono che la Marina avrebbe potuto procedere direttamente ai propri approvvigionamenti di carbone. Altre misure rigu ardaro no la riorganizzazione dei depositi di munizioni e di viveri.
Il 10 febbraio 1907 fu is tituita, con apposito RD, la carica di capo di Stato Maggior e della Marina, attribuila a far data dal 1° aprile seguente a l V A Giovanni Bettol o, che era già s tato due volte mini stro. l poteri con feriti al capo di S.M., tuttavia, non erano particolarmente ampi, dato che i s uoi compiti principali sembravano essere "in tempo di pace, l'alta direzion e degli studi per la preparazione della guerra delle forze marittime", o ltre alla predisposizione dei piani di mobilitazione in relazione alle d i rettiv e del ministro. A questi restavano praticamente affidate tutte le attività militari , politiche ed amministrative - contra riam ente alle proposte della Commissione Fran che tti, senza alcuna suddivisione per materie.
( 13) RD 15 luglio 1906, n. 402.
La legge 27 giugno 1907, n. 404 riordinò i corpi consultivi. li Consiglio superiore restava l'organo consultivo principale ed il ministro era tenuto ad interpellarlo "sull'utilità, opportunità ed equità dei provvedimenti proposti, sull'armonia di essi con le leggi ed i regolamenti in vigore e, se implicano spesa, sulla loro convenienza economica, sia assoluta che relativa". Vi si affiancava un Comitato ammiragli, cui dovevano essere sottoposte "le questioni di alta importanza relative al programma delle costruzioni navali, a ll a costituzione delle forze navali ed a ll a preparazione organica tanto nei riguardi del personale che de l materiale", e un Comitato per l'esame dei progetti di nave , che doveva stabilire ''i criteri informativi dello studio sui p r ogetti, non che le direttive e le istruzioni necessarie per la esecuzione del programma generale stabilito dal ministro per le nuove costruzioni e per le trasformazionj e grandi riparazioni delle navi" (14).
Con decreto del ministro della Marina Mirabello del 19 gennaio 1908 fu istituita la "Scuola navale di guerra", che incominciò a funzionare il successivo 8 settembre a La Spezia e tenne quattro sessioni prima della grande guerra. Suo scopo era "di promuovere un pensiero navale sulla nostra preparazione militare, mercè il più largo contributo intellettuale"; pertanto, vi si dibattevano terni generali e tattici specifici, spaziando dalle considerazioni storiche di fondo all'esame di compiti spec ifici operativi in un determinato teatro di lotta marittima 05).
Dopo la riorganizzazione dei dipartimenti marittimi Alto Tirreno con comando a L a Spezia, Basso Tirreno con comando a Napoli, Jonio e Basso Adriatico con comando a Taranto, Alto Adriatico con comando a Venezia avvenuta agli inizi del seco lo, nell'aprile 1910 i comandi marittimi furono riorganizzati nelle piazzeforti di Genova, La Spezia, La Maddalena, Gaeta, Messina, T aranto, Brindisi, Ancona, Venezia. Nello stesso anno fu riordinato il servizio degli equipaggi e furono prese altre disposizioni dirette a favorire una migliore funzionalità delle varie branche di attività della Marina . Al ministero, dopo 20 anni, fu ripristinato l'incarico di segretar io generale, affidato ad un militare, mentre l'incarico di sottosegretario passava ai politici.
Anche la collaborazione con le forze di terra riceveva nuovi impulsi. In cooperazione con l'esercito fu studiato e redatto, in quello stesso periodo, l'Ordinamento per la difesa maritt ima cui prestò attenzione e cura
(14) COLLIVA, cit., p. 70. Cfr anche G. GALUPPINI, Il Ministero della Marina /8631966, in Rivisla Mari/lima, supplemento a l fascicolo d i luglio agost o 1970, pp. 27 8.
(15) BACC!N I , cit , pp. I 15 33. Dal 1921 divenne l'Is t ituto di guerra marittima. L'lsti· Lu Lo idrografico della Marina, fondato nel 1872, estese tra il 1900 e il l915 la propria attività di rilevamento idrografico dal l'Adri atico all'Oceano Ind iano, cfr L. Dl PAOLA, L'Istituto idrografico della Marina, 1872 1972, Genova, 1972 pp. 38 42.
particolari il Be ttolo e successivame nte furono assunte nuove di spos iz ioni per la creazione di un ente per la radio-telegrafia e le comunicazioni, in comune con l'esercito.
Col nuovo seco lo uno spi rito nuovo aveva pervaso la Marina. Al di là di ogni contrarietà e di ogni polemic a, si manifestava un'azione continua di mig l ioramento e di preparazione . Anche certi atteggiamenti tipici del pas sato, caratterizzati dal pessimismo che consigliava so lo rìpiegamenti difensivi, furono sempre più frequentemente integrati quando non addirittura sostituit i da int ent i offensivi. Contribuiva a ciò, naturalmente, anc he la modifica del quadro politico e strategico, che non era più fermo alla prospettiva del disastroso confronto con i paesi marittimi occidentali, ma che andav a evidenz iando sempre più un'altra ipotesi di guerra, quella con l 'A u stria Ungheria
39. In quegli stessi anni ebbe un'espansione rilevante anche la marina mercanti le e l'attività economica e commerciale ad essa collegata Quell'atteggiamento di intervento attivo a sostegno che lo Stato i t aliano aveva assunto n ei confronti delle attività marinare dopo l 'inchiesta Boselli, divenne una costante, sia pure con una diversa modulazione di intensità a se conda dei periodi e del tipo di intervento. So la eccezione furono i premi di navigazione, che furono aboliti perchè si ritenne che avessero dato cattiva prova. Il prob lema che stava alla base della scelta di fondo consisteva nel fatto c h e la marina mercantile di un paese del livello nazionale dell'Italia unitaria aveva molto poco in comune con quelle degli s tati regionali preunitari, per cui la costruzione di uno strumento mercantile marittimo doveva essere affrontata in tempi lunghi, duran te i quali occorreva rassegnarsi all'idea che la marina mercantile italiana avrebbe avuto bisogno di aiuti non solo per decollare, "ma anche per sopravvivere" (16)
Malgrado, infatti, lo svil uppo che il settore registrò in Italia col nuovo se colo, dopo la grave crisi postunitaria, il ritmo di crescita risultava ancora lento , di fronte a quello delle grandi nazio ni marittime , che erano in grado di far af flu ir e forti investimenti nell'industria armatoriale ed in quella cantieristica, av. valendosi anche di un ambiente più maturo dal punto di vista economico (J 7).
(16) F LORE, cit., 11 , Roma 1970, p 306. Per t ulio quanto segue cfr ibi(jem, II, pp. 305 11 , 373-97 , 477 -87, 552 62, 625 4 1 e III, Roma 1973, pp. 187-334
(17) Osservava, in falli, la Comm issione Pantano che "mentre le maggi ori nazion i mar i1 1i me dedicavano fortissimi capitali al rapid o incri:menlo e alla pron 1a 1r asformazione delle loro floue, in Italia, l'inc r emen10 e la 1rasfo rmazio.ne avvenivano assai len lament e", COMMISS IONE PARLAMENTARE D'INCHIESTA SUI SERVIZI MARITTIMI, Alli, Ro ma 1906 (3 vol umi), I , p. 20 . E in fai ti in quel periodo nei por l i i taliani facevano capo 97 li nee di arma1ori nazionali e ben 386 di arma1ori s tranie ri (104 inglesi e altrellante tedesc he, 42 francesi, 36 auslriache, 22 spagnole e altre11ance olandes i): meni r e gl i ila li a ni avevano d i norma i l capo li nea negli scal i nazionali, gli stran ie ri po1evano serv ir li con semplici " 1occate" , c he rendevano più a11iva la line a, in teg randola meg lio con altre rel azion i es1ere
Dal punto di vista tecnologico, inoltre, le flotte commerciali attraversavano allora un periodo di trasformazione, che complicava il problema degli investimenti. E tuttavia malgrado una posizione geografica al centro del Mediterraneo che il Bettolo definiva "disgraziatissima" (18) la spinta all'espansione traeva fondamentali motivazioni politiche dalle ambizioni italiane, dai nuovi insediamenti coloniali, dall'esigenza insopprimibile di affermare concretamente anche nel campo economico marittimo una presenza dovunque fosse utile. Ed era utile ess ere presenti nel Lèvante, se si voleva prenotare una posizione importante dalla disgregazione dell'impero turco . Era utile essere presenti nel _ bacino centrale per rafforzare le proprie aspirazioni libiche, nel bacino occiden tale per contrattare l'intens ità della propria componente commerciale contro quella degli altri concorrenti nei porti medesimi dello Stato, in A dria tico per la rinnovata rivalità con gli Austriaci, in Atlantico per supportare l'emigrazione.
Di qui una scelta quasi obbligata, cui non mancò, peraltro, anche la spinta di concreti interessi diretti, soprattutto liguri.
La flotta mercantile, che nel 1900 era composta da 5.957 unità per 945.000 t., contava 5.534 unità per 1.026.000 t. nel 1905, 5.459 unità per 1.107.000 t. nel 1910, 5.381 unità per 1.267.000 t. nel 1915. È evidente, dall'andamento opposto della consistenza delle navi e del loro tonnellaggio, l'aumento del tonnellaggio unitario medio , che nel quindicennio crebbe dell'80%. Ma i cambiamenti più importanti erano di carattere qualitativo , chè nel 1900 le navi a propulsione meccanica erano 446 per 377.000 t. a fronte di 5.511 velieri per 568 000 t., mentre nel 1915 le unità a vapore erano diventate 644 per 934.000 t. a fronte di 4 .737 velieri per 332.000 t. (19). ln termini di tonnellaggio, il naviglio a vapore si era quasi triplicato, mentre quello a vela aveva subito una co ntrazione del 40% . Lo sviluppo della flotta a propulsione meccanica appariva fortemente concentrata in Liguria, specie a Genova, poi in Sicilia; la marina a vela, invece, appariva più distribuita, con le unità maggiori -e quindi il maggiore tonnellaggio ancora in Liguria, seguita dalla Campania,
( 18) Perchè le navi italiane dovevano spi ngersi fuori del Mediterraneo per controbattere la concorrenza in maniera consis tente. Citato da N. ALBINI, li problema dei cantieri navali, in Riforma Sociale, 1932, p. 45 6. Analogamente il FLORE , cit., lll, p. 209, pone l'accento sugli svantaggi 1:omparativi che derivavano all'Italia dalla sua posizione geografica in ordine alla concorrenza internazionale.
(19) ISTAT, Sommario di s1atistiche storiche italiane 1861 1955, Roma 1958, p. 138. Vedi anche M. GABRIELE, Lo sviluppo della marina mercantile italiana, in li Veltro, 1965 (IX), n. 3, pp. 327-48.
dalla Sicilia e dalla Toscana (20). Tale situazione evidenziava l'andamento non uniforme del processo di sostituzione del vapore alla vela nel territorio nazionale, processo che aveva privilegiato la regione marittima più industrialmente e finanziariamente forte, anche nel settore siderurgico ed in quello meccanico.
Prendendo in esame gli stessi anni considerati a proposito della flotta, appare evidente la grande espansione del traffico. Il movimento generale della navigazione per operazioni di commercio salì da un tonnellaggio complessivo delle navi arrivate e partite nei porti nazionali pari a milioni tsl 60,3 nel 1900 a milioni tsl 102,4 nel 1910 ed a 79 nel 1915 (incise su questo anno la diminuzione del complessivo movimento per operazioni di commercio indotto dalla guerra); contemporaneamente le merci sbarcate e im barcate passarono da t. milioni 16,9 nel 1900 a t. milioni 27,6 nel 1910 e nel 1915 ed i passeggeri complessivi da 1 milione nel 1900 ad oltre 2 .milioni nell'ultimo quinquennio considerato Enucleando dai dati sopraesposti quelli corrispondenti al traffico internazionale nei porti dello Stato, il tonnellaggio totale saliva tra il 1900 e il 1910 da 14,4 milioni tsl a 25,9 nel 1910 per ridiscendere, in relazione ai noti avve nim enti, a 16,6 nel 1915. Ma la partecipazione della bandiera italiana a tale traffico internazioqale com plessivo, sebbene la flotta mercantile nazionale avesse avuto una crescita quantitativa e qualitativa, diminuiva nel tempo, passando dal 670/o del 1900 al 260/o del 1910 ed al 440/o ne l 1915, con l'aiu to della guerra (21). È evidente che l'apertura ai traffici dell'Italia ed il suo complessivo sviluppo furono, in questi anni, super iori ai pur apprezzabili progressi della sua marina mercantile, nella quale andavano affermandosi, dopo le vecchie compagnie di navigazione legate alla storia del Risorgimento, grandi imprese moderne. "Si diffondeva un fenomeno che appariva assai importante, perchè si era a vuto ne l passato e si sarebbe riprodotto a ritmo sempre più accelerato nel periodo successivo: le concentrazioni. Ogni passo innanzi che l'armamento italiano compiva, era contrassegnato da rimaneggiamenti delle partecipazioni, assunzioni di pacchetti di controllo, movimenti finanziari ed azionari,
(20) Seccndo i da ti desumibili dalle Relazioni ufficiali della direzione generale della mari na mercantile i cui dati sono un pò diversi da quell i utilizzati fin qui in Liguria ri sultavano imma trico late , nel 1900, il 64% delle unità a vapore ital iane, passate al 68% nel 1910 ed al 71% nel 1914, benc hè il complessivo tonnellaggio nazionale a vapore si fosse quas i t rip l ica to n el quindicennio; nell o stesso periodo i vapori della Sicili a, seconda r egione in quanto a vapori iscritti, scese dal 25% del totale nazionale al 14%, malgrado un incremento assoluto del ton nellaggio del 56%. Quanto alla no tta a vela, pur scontando la forte diminuzione verificatasi nel periodo con s iderato, ancora nel 1914 la magg ior quota de l tonnellaggio era lig u re, cui se gu ivano quelli campano , siciliano e toscano; ma il numero delle unità era molto p iù alto in queste ult ime region i : eviden te appariva l ' i nfer ior it à media di stazza unitaria del navig lio non ligure , che di norma s ign ificava i nferiorità quali t ativa.
(21) ISTAT, Sommario di statis1iche storiche 1861 1955, cit., pp. 139, 142.
tutti tendenti in pratica alla eliminaz ion e delle imprese minori e più fragili per dar luogo alla affermazione di imprese dimensionalmente più idonee a sostenere l'impegno della gestione e della concorrenza" (22) .
Venti anni dopo l'inchiesta Boselli, una nuova indagine su lla marina mercantile fu compiuta dalla "commissione Pantano", così detta dal suo presidente, deputato repubblicano di Enna. Il tema principale dell'esame che la commissione parlamentare doveva comp iere era circoscritto ai servizi marittimi sovvenziona ti, ma l'inchiesta si allargò a tutti gli aspetti della vi ta marinara e rappresentò certamente un episodio di grande importan za nella stor ia della politica italiana del settore (23). L'occas ione era stata offerta dalla scadenza, al 30 giugno I 906, delle precedenti convenzio ni marittime, ma non si poteva isolare un fenomeno dall'intero con tes to della marina mercantile, per cui i lavori della commissione fornirono una serie di giudizi e di indicazioni sulla si tuazion e e su ll e prospettive del settore marittimo nelle sue var ie articolazioni. Si può forse affermare che, a differenza della posiz ione assunta dal Boselli, che era stata prevalentemente "difensiva", la commiss ion e Pantano puntò a rilanciare la marina mercantile italiana in chiave "offensiva", nella convinzione che lo Stato doveva sostenerla e non lasciarla indi fesa di fronte alla forte concorrenza stran iera. Quanto alle convenzioni, la commissione criticò la mancanza di "cura avveduta e previggente per uno svi luppo graduale dei servrz i in rapporto all'evolversi del commercio nazionale": nel passato si era "proceduto quasi per sovrapposizioni successive so tt o la pressione del momento", ossia in una visione costantemente congiunturale e non di medio lungo periodo. Constatato che le compagnie italiane beneficiarie delle sovvenzioni finivano per porre fuori mercato la quota dell'offerta nazionale non sovvenzionata sulle relazioni da esse servite, senza peraltro riuscire a scon figger e la concorrenza estera, veniva rilevato che il na vig lio impiegato dalla compagnia convenzionata la potente Navigazione Generale Italiana (NGI) era obsoleto e lento. Per le nuove convenzioni venivano proposte le linee per le iso le che avevano minore svil uppo economico e quei collegamenti interna zionali di "grande intere sse commerciale e politico che non possono trovare alimento sufficiente nel traffico". Questo comportava l'aumento delle linee sovvenzionate da 44 a 63; il tonnellaggio avrebbe dovuto aumentare da 196.000 t. a 396.000 ed essere distribuito con equ i tà tra i vari compartimenti marittimi.
La presentazione delle conclusioni della commissione, nel J 906, diede il via ad una diatriba tra coloro che volevano, come il Pantano, la fine del monopolio di una sola compagnia e coloro che sos tenevano essere questa,
(22) GABRIELE, Lo sviluppo della marina 1mercanrile italiana, c iL , pp. 333-34.
(23) COMMISSIONE PARLAMENTARE D'INCHIESTA SUI SERV IZI MARITTIM I, Atti , J vo lum i, Roma 1906.
dopot u tto, lo strumento più forte dell'armamento italiano. Si diede luogo cos ì a div e rsi rinvii, anche per chè si volevano co llegar e le nuove di spos izioni con a l tre p rov v iden ze a fav ore della marin a libera e dei cant ieri. Fu fii1almente varata la L. 5 aprile 1908 n. 111 ·c h e prevedeva l'attribuzi one alle FS di 4 linee per la Sicilia e la Sardegna, che avrebbero dovuro essere servite co n navi co ncepite per fungere da incrociatori ausiliari e com and ate da uf ficiali iscritti a lla ri serva navale. Ne l frattempo infuri ava no le pol e miche, sia in r elazio ne alla distrib u zione del naviglio tra i vari compa rtim enti, sia i n rel azione all'atteggiamento assunto dalla NG I , che affermava di avere, pe r i servizi sov venzionati, oneri maggiori che non per quelli liberi e ch iedeva quindi ·di dismetl er li.
Fu cost i tuito un Comitato per i servizi ma r ittimi, ma i problemi della marjna mercantile erano ormai diventati un punto di scontro nella politica interna. Jl presidente pro-t em pore, Giolitti, tentò un accordo con il sen . Piaggio la cosiddetta "sol u z ion e ge nove se" ma d ovet te ri nun c ia re e, ne ll'infuri a r e delle polemiche, pur essendos i proceduto in q ualch e modo a l le' aste di aggiud icazio n e dei servizi, Giolitti preferì passar la mano e si dimise. Il Rettolo, qtini stro della Mar in a nel successivo governo Sonnino, ot tenne dai precedenti vincitori un a c erta redi st ribuzione (oltre ai v in citori Parodi e P e irce entravano anche il Lloyd Saba udo, la Ve n ez iana e la Pu g lia) , ma il di\>attito si fece .ancora più aspro ed il governo cadde proprio sul problema delle convenzioni .
Il nu ovo min is tr o de lla Marin a, L e onardi Ca ttolic a, esc ogitò una sol u zione tran sitoria con sa crata d a ll a L. 13 giugno 1910, n. 306 ch e prevede va la creazio ne di una compag ni a consorti le tempo r anea, incaricata di ge sti re provvi so riamente i serv izi: la Società nazio nale dei serv izi marittimi. Lo s tes so provvedimento conteneva altre di spos izioni s ignifica ti ve, come il contri buto di nolo, il sos tegno ai ca ntieri e la c reazione di un Istituto per il credito navale.
L 'assetto definitivo si ebbe con la L. 22 dicembre 1912, n. 3 16 integrata dall e L. 685 e 686 del 30 giugno 1906 che sta bili va per i servi z i nazio na li un a nuova d isrribu zione tra la Società marittima ila liana (filia zione ciel Lloyd Sabaudo, cui f u attribuito il setto r e del Tirreno s uperiore), la Sici lia (T irreno inferiore), ! ; I talia serv izi marittimi (filiazi one della NG I , cu i fu attribuito l'Adriatico e la linea celere p~r l'Egitto). La nuova ripartizione favoriva ancora l 'armamento gen ovese , tenuto a nche como dei traffi ci com plessivi n e i diversi settori co s tieri (24). P er le rotte i ntern az io n a li definite
(24) Per averne un'id ea, basta scorrere i dati seguenti che indicano, in migliai a di t. im barcate e sbarcate , i l t raffico co mp lessivo dei divers i se u ori cost ier i n egl i an ni 1900 e 1914: Li g ure, 6.668 e 9.934; T irren o, 3 .918 e 9.41 3 ; Jo nio, 189 e 652 ; Adriatico, 2 . 883 e 4. 822; Sard o, 603 e 912; Sicu lo, 2 837 e 3.424. Peraltro, rìspe110 a l passato, le posizioni relat ive di Venezia e di Palerm o migliorarono.
con le L. 29 maggio 1913, n. 500, 501, 502- il quadro era più ampio che nel passa to: una ottantina di se r vizi, di cui uno so lo quello per Batavia, confermato alla Nederland affidato ad armatori stra nieri.
La rete comprendeva probabilmente più servizi per le coste africane e balcaniche di quanto la situazione commerciale effettivamente richiedesse, ma a lla luce delle nuove amb izioni italiane se ne comprendeva l'intima ragione, dovuta più a fattori politici e militari la dipendenza delJa marina mercantile da ll o stesso dicastero della marina militare favoriva una gestione unitaria dello sforzo che a fattori economici (25).
Per i trasporti marittimi liberi, la L. 16 maggio 1901 aveva diminuito i premi di navigazione, mantenendoli praticamente dimezzati solo per le navi di costruzione nazionale, in ragione di lire 0,45 per 100 miglia e per t. di stazza lorda per i piroscafi e 0,20 per i velieri p i ù recenti. Successivamente il Bettolo e il Mirabello pensarono ad un intervento basato su un "contributo di no lo" commisurato a l t. di carico in importazione ed esportazione trasportate da navi italiane e relativo, in entrata, alle materie prime ed ai semi lavorati per l'industria e, in uscita, ai prodotti agricoli e industriali nazio nali. Una parziale riserva di bandiera fu poi fissata, con L. 6 luglio 1911 n. 674, per l'importazione di 700 .000 r: di carbone, da destinare per 600.000 alle FS e 100.000 alla marina militare. NeJlo stesso anno un a ltro provvedimento (26) riconfermava i premi di navigazione del 1901, che furo no però riassorbiti dalla nuova L. 22 giugno 1913 , n. 784, la quale stabiliva che avrebbero potuto essere corrisposti contributi di nolo pari al 2,50 % del va lore delle navi stazzanti più di 10:'0 tsl, purchè avessero meno di 20 anni
(25) U n g iud iz io cr i t ico ven iva espresso, s ull 'insieme di quest e m i sme, dall'addetto nava le francese a Roma , TV d'Huart, nel suo rapporto annuale del 30 dicembre 1912 a l ministro della Marina, AMF, BB 3, 126. q: • 'Da ques to insieme di misure legislative p i ù o meno in cor so d'esecuzione emerge che i l gove rno cerca d i i ndicare lui stesso l a via a lla sua flotta mercan t il e per mezzo di sovvenz ion i assegnale a l inee sc elte a p r ior i. Fi no ad oggi il risultato non è molw soddisfacente. In genere, le grandi compagnie come la Navigazione generale, il Lloyd Sabaudo, il Lloyd italiano, l a Veloce, d isertano le aste, si formano all'ultimo momento società d'esercizio che ricomprano i! mater ia l e de i predecessori e lo cedono a lla sca denza del contratto con un buon u tile, senza contribuire affatto allo sv iluppo mar ittimo del paese. È cosi che il fondo dei serv iz;i sovvenz ionati è assicurato da un vecchio res i duo d i navi della Naviga z ione general e che le ha passat e ai Ser vizi marittim i , i quali li passeranno ai nuov i concessiona ri In tutto c iò lo Slato italiano sos t ituisce la propria iniziativa a quella dei privat i , ed io credo che l 'errore iniziale di guidare invece di i nc oraggiare produca queste delus ioni. li movimento mariuimo deve r estare in rapporto con il movime n to economico di un paese e non può sv ilup parsi indipendentemente da esso. Un'inge renz a troppo attiva del governo fa in t e r venir e co nce tti po l it ici che non so no necessariamente in a rmoni a con i bisogni del commercio. lo non considero quindi come vantaggi ose le misure assunte fino ad ogg i per svi luppare la marina mercantile italiana".
(26) L. 13 luglio 191 I, n. 745.
di età e fino ad un massimo di 160 giorni di navigazione effettiva all'anno . Si trattava, in sostanza, di un cont ributo di interesse sugli investimenti n e l naviglio di una certa consistenza unitaria, che aveva lo scopo di attirare nell'armamento maggiori capitali (27).
40. -:- L'industria cantieristica fu sostenuta, all'inizio del secolo, con provvedimenti di sanatorie e di rifinanziamento, che tendevano a riconfer mare la linea di aiuti precedentemente fissata. Il ministro Morin, con la L. 21 maggio 1901, riorganizzò i termini de ll ' int ervento pubblico cercando di collegare in termini econom ici gli interessi della siderurgia e que lli dei cantieri navali che lavoravano in ferro . furono· quindi concessi prem i di costruzione per tsl in relazione alla velocità per le navi in ferro; anche per i velieri, sia pure ad un livello inferiore, furono fissati contributi: in entrambi i casi, la quantità di tonne ll aggio assistita era regolata da un tello annua le; le provvidenze erano decrescenti nel tempo, nell'ev idente speranza di avviare gradualmente le imprese di costruzione navale verso un proprio natural e ' · equilibrio economico.
La commissione Pan ta no criticò aspramente il s is tema di sostegno, ri 1evando che si veniva costituendo una catena di beneficiati che dagli armatori risaliva ai cantieri e.da questi alla siderurgia. Si proponeva, pertanto, di e liminare i premi e di articolare in loro vece l'aiuto attraverso esenzioni doganali e vantaggi fiscali e creditizi. Ciò avrebbe aperto la porta ad importazioni massicce dalle industri e si d erurgiche straniere e gli esponenti nazionali del settore ottennero prima una proroga de l vecc hio regime, poi la L. 13 luglio 1911, proposta dal ministro Luzzatti, che manteneva i contributi modulandoli in relazione alle cara tteristic h e degli scafi ed alla ve loci tà delle macchine motrici. Anche le riparazioni navali ricevevano un aiuto. Sia per le costruzioni che per le riparazioni veniva fissato un tetto massimo per' la produzione assistibile.
La produzione cantieristica navale di piroscafi venne a collocarsi intorno alle 20.000 t. nel 1904 dopo il massimo di 57 .000 t. nel 1901 per poi registrare 34 . 500 t. nel 1905, 16.900 nel 1911, 46.000 nel 1913: probabilmente il reale carico di lavoro era più lineare, tenuto conto dei tempi inter correnti tra l'impostazione e il varo delle navi. Dal punto d i vista qualitativo non c'è dubbio che s i sia prodotto nel tempo, anche se a costo di sacrifi ci dell'erario, 'un considerevole miglioramento, mano a mano che venivano reali zzate le grand i unità transa tlantiche per merci e passeggeri, queste ultime in relazione anche alla domanda di trasporto proveniente dall'emigra zione, che fu gradua lm ente recuperata alla bandiera italiana (28).
(27) C fr anche E. CORBINO, Annali dell'economia i1aliana, Napoli 1930-38, V, p. 306 (28) Ved i F LORE, cii ., lii , pp. 157 208.
La localizzazion e dei cantie ri navali e delle officine meccaniche ad essi collegate era significativa. La Liguria faceva la parte del leone, con 6 can tieri navali e 17 officine e stabilimenti meccanici nel 1902 che diventarono al 1914, rispettivamente, 9 e 32: per avere l'idea del peso preponderante dell'industria navale ligure, occorre tener presente che il totale italiano as sommava 13 cantieri e 37 officine e stabilimenti meccanici nel 1902, che nel 1914 passarono a 17 ed a 68 (29).
Essenziale per i traffic i marittimi r estava, naturalmente , l'infrastruttura portuale, per la quale si era speso molto, durante il sec . XIX, ma non sempre con i risultati che si erano s perati La commissione Pantano ritenne di individuare due ordini di errori caratteristici nella pol_i tica portuale italiana . Il primo consisteva ne l ced imen to alle istanze dispersive dei piccoli poni, che avevano finito per condizionare una serie di interventi sca rsa0 mente coerent i , nei quali era assente una vera strategia di fondo. li secondo derivava dalla cattiva abitudine di non programmare compiutamente, con i mezzi necessari e in tempi stretti, gli interventi nelle opere marittime che si decideva di realiz za re, con la conseguenza di ritardare molto il compimento dei lavori e quindi la realizzazione del disegno che aveva dato origine alla scelta, di far levitare enormemente i costi nei tempi lunghi tra uno spezzone di opera e l'altro e, infine, di favor ire la stessa di st ruzione di manufatti in costruzione ad opera delle mareggiat e . La diagnosi era esalta, e l'esperienza ben diversa di Genova confermava che s i sarebbe dovuto cambiare regist ro. Occorreva s tabi lire con coraggio le priorità che erano ut il i a l paes e e concent r arvi tempestivamente la spesa necessaria.
Fu nominata un a comm iss ione ne l 1904, con il compito di preparare un piano r egolatore dei porti del Regno (30). Essa avrebbe dovuto esaminare la situazione portua le italiana con l'eccezione di Genova e di Napoli, per cu i e rano s tati previsti interventi speciali; in rea l tà i problemi di Napoli erano così acuti ch e non si potè fare a meno dj prenderli in considerazione anche nel piano . Durante i lavori s i andarono accumulando, naturalmente, le istanze p i ù varie e nel 1906 il ministro Gianturco chiese alla commissione di elaborare un piano organico generale delle proposte. Ne u scì un programma che comprendeva interventi per 186 milioni in 94 scali; da questo abbozzo fu
(29) Quanto alle altre reg ioni, la Toscana 2 cantie r i (2 officine e stab ilimenti meccanici) aveva ne l 1900 e 2 (3 officine) nel 1914; la Campania scendeva da 2 (3) ad I (3); il medio basso lit orale adria 1ico (Romagna, Marc he, Puglia) sa liva da 1 (6) a 2 (I I); i l Veneto da I (4) sa li va pu re a 2 (5); l a Sicilia ne aveva I (4) nel 1900 ed I (7) nel 1914. ln Sardegna non v'erano cantier i : le officine salivano da I a 3 nei 14 ann i in questione.
(30) COMM ISS I ONE PER IL PIANO REGOLATORE DEI PORTI DEL REGNO, Atti e rela zione riassumiva, 2 vol umi, Roma 1910
tratta la L. 14 luglio 1907, n. 542, che prevedeva interventi in 25 porti "principali" (31) e 69 minori; la spesa complessiva era prevista in oltre 137 milioni , di cui 30 per gli scali minori , dislocata in 15 esercizi finanziari. Ai porti di IV classe sarebbero stati destinati 6 milioni.
A parte gli interventi speciali per Napo li (32), lo Stato si sarebbe accollato una quota che poteva andare fino al 500Jo del costo delle opere, mentre in precedenza ci si era fermati al 300Jo. I risultati furono molto positivi, e l'attuazione delle nuove infrastrutture fronteggiò efficacemente l'aumento del traffico, che nel 1913 avrebbe visto 5 scali ital iani superare nel traffico merci il milione di t. (33), con incrementi anche di 10 volte rispetto ai primi anni di vita dello Stato unitario italiano.
Come scrive il Flore, il grandioso sforzo costruttivo era stato coronato da un successo sostanziale: ''il sistema portuale non costituiva più una strozzatura dello sviluppo economico della nazione" (34). Naturalmente, la maggiore efficienza del sistema dei porti e degli ap prodi rappresentava un potenzia mento per tutto il settore marittimo, militare e mercantile. Il potere navale italiano, nella sua accezione più larga, usciva rinforzato in maniera apprezzabile da tu tta l'opera svolta dai ministri della Marina, sia in relazione alla espansione delle flotte che al rafforzamento delle basi e dei porti, sia - infine - al consolidamento dell'industria sider.urgica, cantieristica e degli armamenti. Che poi questa ultima azione , la più controversa, fosse costata molto al paese, è un fatto. Che fosse troppo, è difficile dire.
(31) Erano: Ancona, Bari, Brindis i , Cagliari, Carlofor te, Catania, Civi tavecchia, Golfo Aranci , Livorno, La Maddalena, Napoli, Palermo, Ravenna-Porto Cors ini, Porto Empedocle , Porto Torres, Reggio Ca labria, San Benedetto del Tronto, Santo Stefano, Savona, La Spezia , Torre Annunziata, Trapani, Venezia, Chioggia, Villa San Giovanni . Come si vede, le spinte locali erano riuscite ad essere ben presenti. '
(32) A Napo li, dopo gli st udi della COMM ISSIONE
REALE PER L'INCREMENTO
INDUSTR IALE DI NAPOLI, istitu ita nel 1902 (vedi Relazione, Napoli 1903) e di altri orga ni, erano sta ti assegnati, per interventi portuali, 15 milioni con la L. 13 mar zo 1904 n. 102; 12,5 mi lioni con la L. 8 luglio 1904, n 35 per la rinascita economica della città; 11 milioni con la L. 14 luglio 1907, n. 542; 41, 3 milioni con la L. 12 marzo 1911, n. 258.
(33) Si tra ttava dei porti di Genova (7,4 t. milioni), Venezia (2,8), Napoli (2, 4), Savona ( 1,8), Livorno (1,6).
(34) FLORE, cit., II, p 64 1.