STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO UFFICIO STORICO
FILIPPO STEFANI
LA STORIA DELLA DOTTRINA E DEGLI ORDINAMENTI DELL'ESERCITO ITALIANO VOLUME II * TOMO 1° DA VITTORIO VENETO ALLA 2a GUERRA MONDIALE
ROMA
1985
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© Ufficio Storico SME - Roma 1985
PRESENTAZIONE
Quest'opera costituisce il primo tomo del secondo volume sulla Storia della dottrina e degli ordinamenti dell'Esercito Italiano; opera fondamentale per l'intelligenza dell'evoluzione della nostra Istituzione e per la comprensione delle cause alla base dei successi o degli insuccessi militari nei quali essa è stata coinvolta quale protagonista. La fatica del generale filippo Stefani è questa volta tesa a rappresentare lo sviluppo dello strumento bellico fra la prima e la seconda guerra mondiale: un periodo delicato e cruciale in cui il lavoro svolto dai vertici militari avrà la sua verifica nelle vicende del secondo con/ fitto mondiale. IL CAPO UFFICIO STORICO
CAPITOLO XX
POLITICA E STRATEGIA TRA LE DUE GUERRE MONDIALI. 1. La Società delle Nazioni. 2. La Germania 3. L'Unione Sovietica. 4. L 'Italia. 5. Il Giappone. 6. Gli Stati Uniti d'America. 7. La Gran Bretagna. 8. La Francia. 9. L'evoluzione delle dottrine e dell'annamento.
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La prima grande guerra dell'epoca industriale, benché propriamente né mondiale né totale, era stata molto c;li più di un fenomeno meramente militare. Strategia, tattica, logistica, mezzi d'impiego, comando unico non erano stati soli a condizionare lo sviluppo. L'arma psicologica non era stata meno determinante della mitragliatrice e del cannone. L'eliminazione di ogni residua volontà di combattere dell'esercito russo era stata anche la conseguenza della propaganda dei soviet che, attivi fino dal 1905, si erano scatenati dopo il fallimento dell'offensiva del Brusilov e della rivoluzione borghese del febbraio del 1917 ed avevano provocato l'insurrezione del novembre successivo abilmente preparata e guidata da Vladimir Jlic Uljanov (1870-1924) - Lenin - e dagli altri capi bolscevichi. Le iniziali simpatie degli Stati Uniti d'America verso gli Imperi Centrali erano state spente, più che dalla pirateria della guerra sottomarina condotta dai tedeschi a vista contro le navi dei paesi neutrali, dalla propaganda dei finanzieri di Wall Street, impegnati nel recupero di mezzo miliardo di dollari prestati all'Intesa contro i 27 milioni dati agli Imperi Centrali. Il fallimento dell'offensiva del Ludendorff - che era stata sul punto di separare le armate alleate costringendo i francesi a ripiegare su Parigi ed i britannici sui porti della Manica - aveva determinato uno scoramento morale tale che capi, soldati e l'intera popolazione tedesca si erano sentiti sconfitti quando ancora non lo erano stati. La guerra era costata 28 miliardi di dollari, aveva provocato la perdita tra morti ed invalidi permanenti di 20 milioni di uomini, aveva acceso debiti finanziari spaventosi, ma, prima ancora, aveva segnato il tramonto della filosofia dell'ottocento ed il declino dei valori morali tradi-
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zionali ed aveva generato altresì in tutti i paesi smarrimento sociale ed incertezza economica. La rivoluzione delle coscienze e delle economie reclamava, per la prima volta nella storia, che il flagello della guerra venisse considerato il massimo dei mali e che la libertà e l'eguaglianza tra i popoli venissero garantite da un sistema politico internazionale capace di rassicurare l'umanità che non vi sarebbero state più guerre. Il risanamento delle economie e delle bilance dei pagamenti, la riconversione delle industrie di guerra, l'ammodernamento delle agricolture, il superamento della crisi degli scambi valutari e commerciali e l'eliminazione della disoccupazione erano problemi comuni a tutti gli Stati ed erano strettamente legati a quelli di un nuovo ordine politico ed economico internazionale. La pace internazionale nella sicurezza e l'equilibrio di ogni singolo Stato erano concenzioni divenute comuni alle maggioranze di moltissimi paesi le quali valutavano con esattezza le conseguenze fisiche e morali della guerra appena terminata sulla compagine poliLica e sociale del mondo intero. La conferenza per la pace apertasi a Parigi il 18 gennaio del 1919 ed alla quale parteciparono 27 paesi - Potenze Alleate ed Associate - tradì le aspettative fiduciose dei popoli sull'inizio di un 'era sicura per la democrazia e di un'era di pace garantita, che erano state propagandate come il fine principale, anzi unico, della conferenza stessa. I quattrodici punti del presidente degli Stati Uniti, Thomas Woodrow Wilson (1856-1924) - nazionalità e autodeterminazione dei popoli per la sistemazione territoriale dell'Europa, libertà dei mari, rimozione delle barriere economiche, diplomazia aperta, liberazione dei popoli coloniali, creazione della Società delle Nazioni, ecc - che avevano formato oggetto d'intensa propaganda (unica arma rimasta attiva dopo la cessazione del fuoco), non trovarono la rispondenza dovuta nell'ambito della conferenza (anche perché non al di sopra di ogni sospetto) che già nel marzo entrò in crisi per la pretesa del Reno. Nell'aprile successivo la conferenza rischiò la rottura in sede di definizione dei confini orientali italiani. Il revanscismo del presidente del Consiglio francese, Georges Clemenceau (1841-1929), presidente della Conferenza, la blanda ed interessata opera di mediazione del premier britannico David Lloyd George (1863-1945), le opposte tendenze franco-statunitensi, l'egoismo egemonico della Francia e della Gran Bretagna, le quali si spartirono tra di loro i 3 milioni e mezzo circa di chilometri quadrati dei territori delle ex colonie tedesche, in uno con i reciproci sospetti, gelosie, ambizioni di tutti i partecipanti finirono con il togliere, sino dalla nascita, ogni credibilità al progetto wilsoniano della sicurezza collettiva tanto che tra il 1920 ed il 1921, quasi contemporaneamente alla nascita della Società
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delle Nazioni, la Cecoslovacchia, la Iugoslavia e la Romania, appoggiate dalle potenze occidentali, specialmente dalla Francia, conclusero un'alleanza difensiva - la Piccola Intesa - per garantirsi da sole da un' eventuale aggressione da parte dell'Ungheria e da eventuali tentativi di una restaurazione asburgica. Un esempio che avrà largo seguito nel ventennio tra le due guerre, durante il quale molti Stati cercheranno di supplire all'insufficienza della Società delle Nazioni mediante il ricorso ad alleanze difensive ristrette, a patti regionali di garanzia reciproca nelle aree particolarmente agitate ed ad accordi bilaterali. La Società delle Nazioni, nata dalla conferenza di Parigi, cominciò a funzionare a Ginevra il 10 gennaio del 1920. Il suo statuto impegnava gli Stati membri ad astenersi dal ricorso alla guerra per comporre le vertenze ed a mettere in opera ogni altro mezzo per salvaguardare la pace, compresa l'adozione di sanzioni di carattere economico e militare a carico dell'eventuale aggressore. Scopo fondamentale avrebbe dovuto essere il mantenimento della pace ed il suo ristabilimento mediante l'intervento collettivo degli Stati membri operanti per il tramite degli organi societari (Assemblea, Consiglio, Segretariato, organi settoriali specializzati) (1). Essa avrebbe dovuto bastare a sé stessa per garantire la sicurezza almeno degli Stati aderenti applicando i procedimenti statutari predisposti per la soluzione pacifica delle controversie politiche e giuridiche ed attuando quelle azioni preventive come, ad esempio, la riduzione degli armamenti necessarie al mantenimento della pace ed a diminuire i pericoli di guerra. Il diverso modo d'intendere il ruolo della nuova istituzione e gli obblighi che derivavano dal patto societario determinarono la tendenza di taluni Stati a ridurre quanto più possibile la sfera d'intervento. La Francia, non avendo ottenuto l'esplicita garanzia di sicurezza da parte anglo-americana contro un'eventuale rivincita tedesca, avrebbe voluto che la Società o Lega delle Nazioni disponesse in proprio di un esercito internazionale in grado d'imporre colla forza lo status quo della conferenza di Parigi. La Gran Bretagna considerava la Società delle Nazioni il luogo d'incontro in cui la diplomazia potesse comporre le divergenze, anziché con la forza, con il metodo della discussione e del compromesso. La Francia e la Gran Bretagna godettero nella Società delle Nazioni di una posizione di costante preminenza e privilegio sia perché membri permanenti di diritto del Consiglio sia perché riuscirono a fare del Segretariato Generale - organo tecnico incaricato inizialmente dell'attuazione delle delibere dell'«Assemblea» e del Consiglio - un influente centro di potere del quale la Gran Bretagna mantenne la direzione dal 1920 al 1933 e la Francia da 1933 al 1940. Sebbene non del tutto sterile di risultati in altri settori, il lavoro
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della Lega ginevrina non conseguì il raggiungimento del fine per il quale la Lega stessa era stata creata. Ciò dipese da molti fattori, primo dei quali la mancata universalità dell'istituzione dalla quale rimasero fuori fin dall'inizio gli Stati Uniti d'America, che ne erano stati gli ideatori, la Germania, che vi entrò nel 1926 e ne uscì nel 1935, il Giappone, che ne fu membro originario ma ne uscì nel 1935, e l'Unione Sovietica che, ammessa solo nel 1934, ne fu espulsa nel 1939. Il numero massimo dei membri fu nel momento più favorevole di 55; i membri originari, nel 1920, erano stati 48 . Lo stàtuto della Lega per iniziativa delle grandi ·potenze vincitrici - Francia, Giappone, Gran Bretagna, Italia e Stati Uniti d'America - venne incorporato nei trattati di pace conclusivi della prima guerra mondiale: Versailles, Saint Germain, Neuilly e Trianon (2) . Ciò tolse all'organizzazione ginevrina l'ampia base che le sarebbe stata indispensabile fin dall'inizio per il successo, impedì di farne parte agli Stati Uniti d'America che non ratificarono i trattati di pace, ritardò l'ingresso della Germania umiliata ed offesa dal trattato di Versailles e ferì l'orgoglio della nascente Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. La mancanza di universalità, l'insufficienza dei poteri e dei mezzi coercitivi, la debolezza verso i regimi totalitari, che gradatamente prendevano piede in Europa ed altrove come conseguenza della guerra e dei trattati con i quali era stata conclusa, e lo stesso spirito di vendt:Lta e di discordia che aveva animato la conferenza di Parigi concorsero congiuntamente, sia pure in tempi diversi, a vanificare l'organizzazione ginevrina generata, nata e vissuta male, e rimasta quasi estranea ai grandi avvenimenti di politica internazionale maturati nel ventennio tra le due guerre. Bene o male i generali dell'Intesa erano riusciti, sia pure faticosamente, a vincere la guerra; i capi politici alleati non seppero invece, nella conferenza di Parigi, neppure impostare con senso del reale e con adeguata immaginativa la battaglia per la pace, che fu definitivamente persa nel 1939 quando Adolf Hitler (1889-1945) dette inizio alla seconda guerra davvero mondiale e totale.
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La' prova più evidente dell'insipienza dei capi politici alleati nel 1918 - '19 fu il trattato di Versailles, del quale il maresciallo Foch con spirito profetico disse: «Questa non è la pace, ma un armistizio di venti anni». In base a tale trattato la Germania dovette: restituire alla Francia l'Alsazia - Lorena nei limiti geografici del 1870, al Belgio Eupen e Malmédy, alla Danimarca lo Shleswig settentrionale, alla risorta Polonia la
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Posnania ed il corridoio di Danzica, alle potenze vincitrici, in blocco, Memel e le colonie africane ed oceaniche; accettare la smilitarizzazione della Renania e l'occupazione di essa da parte dei vincitori per 15 anni, la creazione della città libera di Danzica, le riduzioni e le limitazioni delle forze armate terrestri e navali, la rinunzia a qualsiasi aviazione militare; impegnarsi a pagare le riparazioni di guerra, a rispettare l'indipendenza dell'Austria, e sottoporre a plebiscito la Saar, lo Schleswig meridionale, la Prussia orientale (Allenstein e Marienwerher) e l'Alta Slesia, a s·pogliarsi della proprietà dei cavi telefonici sottomarini, dei macchinari industriali, dei crediti commerciali e finanziari; sottostare all'internazionalizzazione del canale di Kiel e ad altri numerosi provvedimenti punitivi di carattere vario . Una pace così imposta non poteva essere né stabile né duratura. Le durissime clausole territoriali ed economiche, oltre quelle militari, resero difatti agitata fin dall'inizio la vita della repubblica di Weimar che già prima di darsi la nuova costituzione (aprile 1919) dové soffocare la rivolta comunista di Berlino degli spartachisti (gennaio 1919) e reprimere la repubblica bolscevica di Monaco (aprile 1919) ed altri moti insurrezionali di ispirazione analoga nella Ruhr e nella Vestfalia. Nonostante i successivi tentativi insurrezionali di destra (putsch di Kupp a Berlino nel 1920 e di Hitler a Monaco nel 1923) e di sinistra (a Berlino cd altrove m:gli anni 1920-'23) e nonostante la svalutazione del marco con la conseguente crisi economica ed occupazionale, i governi democratici della repubblica di Weimar riuscirono a contenere fino al 1928 le varie crisi che afflissero il paese ed a consolidare, dopo la stabilizzazione del marco, sia la posizione politica che quella economica. Il sopraggiungere della crisi internazionale del 1929 distrusse gran pa~te del lavoro di riassetto fino ad allora compiuto, gettò sul lastrico 6 milioni di lavoratori ed esasperò l'insoddisfazione politica ed economica del paese. L'ambiente divenne propizio alla propaganda dell'ideologo del nazional socialismo, Alfred Rosenberg (1893-1947), il quale riusd a persuadere molti elettori che il programma di Hitler offriva la soluzione congiuntiva dei problemi nazionali e sociali, tanto che nelle elezioni del 1932 i nazisti ottennero 230 seggi su 609, non sufficienti per una maggioranza parlamentare, ma bastevoli a condizionare il governo di coalizione formatosi il 30 gennaio del 19 3 3 . La violenza nazista fece il resto ed alla morte del maresciallo Hindenburg, presidente della repubblica, Hitler assunse anche la carica di capo dello Stato facendo legalizzare l'innovazione costituzionale mediante un plebiscito (1934). Fino all'avvento al potere di Hitler la Germania aveva seguito una linea di politica estera moderata e prudente, ma non rassegnata alla situazione imposta dal trattato di Versailles . Tl 1(; aprile 1922 aveva fir-
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mato con l'Unione Sovietica il trattato di Rapallo con il quale i due Stati contraenti rinunciavano a chiedersi reciprocamente i danni di guerra, rispristinavano i rapporti diplomatici e si concedevano nei rapporti commerciali la clausola della nazione più favorita, uscendo così dall'isolamento in cui i due Stati, entrambi fuori dalla Società delle Nazioni, si trovavano dalla rivoluzione sovietica dell'ottobre del 1917 e dalla capitolazione tedesca. Nel 1925, dal 5 al 16 ottobre, la Germania aveva sottoscritto i patti di Locarno con la Francia, il Belgio, l'Italia e l'Inghilterra per giungere al superamento della tensione politica ereditata dal trattato di Versailles sulle frontiere occidentali, ed aveva altresì stipulato altri trattati bilaterali di arbitrato con i paesi confinanti (Belgio, Francia, Polonia, Cecoslovacchia). Il 27 agosto del 1928 aveva aderito al patto Briand-Kellogg con il quale 15 Stati - saliti a 56 nel 1931 - s'impegnavano ancora una volta a rinunziare alla guerra come strumento di politica nazionale. Nello stesso periodo però la Germania si era posta sulla via del riarmo eludendo le condizioni militari di Versailles mediante il ricorso a misure ingegnose per impedire alle commissioni alleate di svolgere efficacemente il lavoro di controllo della demolizione delle industrie di guera e della limitazione delle forze armate. Lo stato maggiore generale, che avrebbe dovuto essere soppresso, era stato mantenuto sotto il nome di truppen amt, o uHicio militare; l'esercito, che non avrebbe dovuto superare le 100 mila unità, era stato portato in pratica a più del doppio con i 150 mila uomini della Schutz polizei, teoricamente poliziotti, ma praticamente addestrati ed armati come soldati; eserciti privati illegali, come i Freikorps, ed organizzazioni paramilitari di veterani, come la Stahlhelm, erano stati incoraggiati e sovvenzionati dalla Reichswehr; scuole civili private di volo a motore e con alianti e linee aereee erano state sostenute dal governo ed avevano preparato la via per il giorno in cui sarebbero stati disponibili aerei militari; sotto il titolo di Progetti di sviluppo sulla tecnologia sperimentale dell'imbarcazione a motore erano stati coperti la progettazione e l'esercizio dei sommergibili, taluni effettivamente realizzati in cantieri spagnoli per conto della Turchia; carri armati di cartone erano stati utilizzati per I' addestramento delle unità fino a quando, dopo il trattato di Rapallo, il governo sovietico aveva consentito l'addestramento dei carristi tedeschi sul suolo russo; le limitazioni numeriche erano state, inoltre, compensate dall'alto livello di addestramento e di specializzazione conferito ad ogni soldato che era in potenza un ufficiale od un sottufficiale pronto ad assumere il comando di un'unità operativa; la Reichswehr, costretta a ricorrere a ripieghi e sotterfugi, aveva avuto modo e tempo per ricercare e
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studiare nuove dottrine d'impiego, nuovi ordinamenti tattici e nuovi procedimenti di azione. Senza tali valide premesse di politica estera e militare della repubblica di Weimar per la riconquista della libertà e della parità tedesca, annullate a Versailles, Hitler non avrebbe potuto mettere subito a segno, dopo l'effimera parentesi del Patto a quattro (3), l'aperta e sfrenata politica revanscista che in circa 6 anni egli condusse fino ·a ·determinare lo scoppio della seconda guerra mondiale. Gli sarebbe stato impossibile se non altro mettere in piedi in così breve tempo quel superbo apparato militare che dal 1939 metterà a soqquadro tutta l'Europa. Giunto al cancellierato con l'aiuto dei partiti borghesi, portavoci della grande industria e della proprietà agraria, convinti di poterlo controllare in un governo di coalizione, Hitler, persistendo nei metodi arroganti e violenti propri del nazionalsocialismo, riformò lo Stato in senso autoritario e totalitario sottomettendo all'ideologia partiti ed organizzazioni o trasformandoli in strumenti di potere, togliendo l'autonomia ai Llinder mediante l'accentramento del potere al governo sulla repubblica, fondendo i sindacati degli operai e degli imprenditori in un fronte del lavoro addomesticato, sciogliendo successivamente i partiti e riducendo la stampa, le organizzazioni giovanili, quelle assistenziali, la stessa cultura, la scuola e le Chiese sotto il controllo del regime. Nel 1934 epurò il partito dagli elementi di sinistra più riottosi, anche per ingraziarsi le forze armate, assunse il comando della Reichswehr ed accentuò la politica dei crediti all'industria ed all'agricoltura e dei grandi lavori pubblici mediante l'impostazione <li piani quadriennali in fun'.lione autarchica e militare. Sul piano della politica estera Hitler ruppe subito ogni indugio, bruciò le tappe e giunse molto più in là della revisione del trattato di Versailles. Nel 1933 ritirò la Germania dalla conferenza mondiale per il disarmo e dalla Società delle Nazioni; nel 1934 tentò il putsch per l'annessione dell'Austria durante il quale venne assassinato il cancelliere austriaco Engelbert Dollfuss (1892-1934); nel 1935 ristabilì, dopo l'annessione della Saar ottenuta con plebiscito, il servizio militare obbligatorio; nel marzo del 1936 rioccupò la Renania; nell'ottobre dello stesso anno rafforzò l'alleanza politico-ideologica con il fascismo impostando l'Asse Roma-Berlino, preludio all'alleanza militare che verrà successivamente sancita con il «Patto d'acciaio» del 22 maggio 1939; sempre nel 1936, nel mese di novembre, si alleò con il militarismo nipponico mediante la firma del Patto Anticomintèrn (4); negli anni 1936-' 38 intervenne nella guerra civile spagnola inviando materiale bellico e volontari a sostegno del governo nazionalista del generale Francisco Franco (1892-1975); nel 1938 procedé all'annessione dell'Austria (12 marzo) ed ottenne dal-
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la Francia, dalla Gran Bretagna e dall'Italia, nella conferenza di Monaco (29 settembre) (5), il territorio cecoslovacco dei Sudeti tedeschi; nel marzo del 1939 ridusse l'intera Cecoslovacchia a protettorato tedesco (Protettorato di Boemia e Moravia e Stato indipendente della Slovacchia asservito alla politica nazista) ed occupò la città lituana di Memel; nel!' estate del 1939 chiese alla Polonia, con la quale nel 1934 aveva sottoscritto un patto di non aggressione, la restituzione della Prussia occidentale costituente il corridoio polacco al mare e, non avendola ottenuta, previa intesa con l'Unione Sovietica circa la spartizione dell'intera Polonia mediante la fama a Mosca, il 23 agosto, del Patto MolotovRibbentrop, attaccò il 1 ° settembre la Polonia, sperimentando per la prima volta con pieno successo la tecnica della Blitzkrieg. Già negli anni venti il Ludendorff aveva prospettato con esattezza il carattere totale di un'eventuale guerra futura che sarebbe stata perciò combattuta dall'intera nazione e non dalle sole forze armate, che avrebbe dovuto essere preceduta· da una minuta preparazione in tutti i settori della vita nazionale, che avrebbe richiesto l'autorità incondizionata del comando militare, che avrebbe dovuto abbracciare l'intera estensione del territorio nemico e che avrebbe dovuto utilizzare tutti i metodi ed i mezzi della propaganda per rafforzare il fronte interno e debilitare la volontà di resistenza dell'avversario. Tale teoria - che lo stato maggiore tedesco aveva accettato fin da prima dell'avvento al potere di Hitler e che aveva completato con il principio dell'offensiva rapida e di breve durata - fu alla base della ricostruzione, prima quasi clandestina poi palese, delle forze armate tedesche. La guerra totale e la guerra lampo assursero a valore di dogma nella ideologia geopolitica e razzista del nazionalsocialismo e nello Stato totalitario monopartitico di Hitler. Per limitare le incidenze negative su sé stessi della guerra totale, occorreva mettere a servizio della strategia e della tattica concenzioni, procedimenti tecnici-e mezzi capaci di realizzare grandi velocità operative. Fuori della Germania non erano mancati, sebbene pochi, studiosi di cose militari che avevano capito ed illustrato nuove concezioni strategiche e tattiche basate sull'importanza della totale mobilitazione del personale umano della nazione, sulla grande potenzialità dei carri armati e degli aerei e sull'efficacia di una completa motorizzazione delle forze armate terrestri. Basti ricordare il Fuller (6), il Liddell Hart (7), il Douhet (8) ed il De Gaulle (9). Lo stato maggiore tedesco aveva studiato con attenzione i loro scritti e ne aveva tratto utili insegnamenti per l'elaborazione della strategia delle manovre a tenaglia, dei bombardamenti aerei indiscriminati e della tattica basata sull'impiego congiunto dei carri armati e degli aerei. Esso aveva troncato al suo interno la discussione, accesasi
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in quasi tutti i paesi, tra i sostenitori degli eserciti professionali e quelli della nazione in armi, pervenendo alla conclusione che nella guerra totale sarebbero stati necessari entrambi gli elementi nello stesso tempo ed aveva valutato con esattezza il ruolo offensivo e difensivo dell'arma della propaganda, dell'efficacia dell'azione delle quinte colonne operanti in territorio nemico per indebolire il morale dei difensori, dell'utilizzazione dei Quisling (10) disponibili per ragioni ideologiche a vendere il loro paese all'aggressore. Tali nuove concezioni e tecniche belliche consentirono ai tedeschi, anche in situazioni d'inferiorità numerica rispetto ai difensori, di realizzare in modo brillante ed in tempi limitatissimi, quali sarebbero parsi inverosimili anche agli strateghi più ottimisti, vittorie schiaccianti e decisive contro eserciti numericamente superiori ma non adeguatamente preparati alla guerra moderna e utilizzanti strategie e tattiche del tutto superate. La validità della dottrina e degli ordinamenti tattici, in relazione ai mezzi disponibili e soprattutto al matrimonio tra carri armati ed aerei, compensò le deficienze che l'esercito tedesco accusava in altri settori e che non ne facevano una forza perfettamente efficiente, organizzata e pronta ad affrontare una guerra su vasta scala, stanti la persistente ritrosia di molti generali ad uscire dalle concezioni strategiche e tattiche tradizionali e la struttura generale ancora decisamente antiquata. «In breve, l'esercito tedesco poté conseguire la sua sbalorditiva serie di vittorie non perché avesse dalla sua una schiacciante superiorità numerica o una struttura del tutto moderna ed efficiente, ma solo perché rispetto agli eserciti avversari era un poco più avanzato, quel poco che bastava» (11). Sta di fatto che l'accettazione delle teorie e delle tecniche belliche basate sulla rapidità della manovra offensiva aveva consentito la creazione di un piccolo numero di formazioni di nuovo tipo - 6 divisioni corazzate armate di carri medi (nessun carro armato pesante), 4 divisioni «leggere» (meccanizzate), 4 divisioni di fanteria motorizzate, 1500 ·aerei da bombardamento - che, pur rappresentando un'esigua percentuale del totale (98 divisioni, delle quali 36 non organicamente complete e virtualmente non addestrate), influì sull'esito della guerra contro la Polonia in misura assai più determinante delle 40 divisioni di fanteria di struttura tradizionale impiegate dai tedeschi in quella campagna.
3. Poco più di 15 anni prima che in Germania, il regime totalitario era stato instaurato anche in Russia. Entrambi conseguenza della guer-
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ra, sebbene i principi sui quali si fondavano fossero molto anteriori e risalissero a varie fonti ideologicamente contrapposte, i due regimi ebbero sul piano pratico molti denominatori comuni, quali l'identificazione dello Stato nel partito, il potere assoluto del partito in tutti i settori della vita nazionale, l'eliminazione delle libertà dei cittadini, comprese quelle religiose e sindacali, e la inammissibilità di ogni opposizione. Contro la dittatura del proletariato che i bolscevichi venivano instaurando in Russia, la Francia e la Gran Bretagna avrebbero voluto impegnarsi nell'inverno del 1918-'19 ad inviare truppe in sostegno della controrivoluzione, ma l'apposizione degli Stati Uniti d'America fece fallire il progetto e le potenze occidentali dovettero limitarsi a provvedere di armi e di munizioni i bianchi. Questi, dopo avere attaccato le forze bolsceviche di Pietrogrado e di Mosca senza riuscire a sopraffare la loro resistenza, furono costretti a ritirarsi, vennero ripetutamente battuti nel1'inverno del 1919-1920 e definitivamente sconfitti nel novembre del 1920 dall'Armata rossa che Lev Davidovic Trotzkij (1879-1940) aveva nel frattempo organizzato, contro il nemico dei fronti interni ed esterni, utilizzando i quadri tratti in parte dalle armate imperiali ed affiancandoli con commisari politici destinati a garantire la fede comunista del nuovo esercito. Nel 1920, prima ancora di battere i resti dell'esercito bianco del generale Peter Nikolaevic Wrangel (1878-1928), l'armata rossa aveva dovuto ricacciare fino alle porte di Varsavia le forze polacche del marescialloJ6zef Pilsudski (1867-1935) che aveva invaso la Bielorussia e l'Ucraina giungendo fino a Kiev (7 maggio 1920). L'armata rossa, sostenuta nella lotta contro il nazionalismo polacco dalla reazione patriottica di gran parte dei russi, era riuscita a liberare l'Ucraina e ad inseguire Pilsudski fino alla Vistola, ma qui si era dovuta arrestare ed era stata sconfitta essendo nel frattempo giunto tempestivamente ai polacchi l'aiuto dell'Intesa. In conseguenza delle varie riconquiste e conquiste dell'armata rossa, che nella primavera del 1918 contava solo 300 mila uomini, il 27 dicembre 1922 fu decisa dal congresso panrusso dei soviet la creazione dell'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche alle quali fu resa comune la Costituzione promulgata il 10 luglio del 1918 dal Consiglio del popolo presieduto da Lenin che, riconosciuto quale unico detentore dell'autorità del paese, impostò la dittatura dei lavoratori urbani e della terra proponendosi «in un periodo di transizione la eliminazione completa della borghesia, l'abolizione dello sfruttamento dell'uomo e la realizzazione del socialismo». Dal 1918 al 1921 venne abolita la proprietà fondiaria: fu programmato un primo sviluppo della industria; venne istituita una polizia segreta (CEKA) contro i gruppi antisovietici; fu sciolta l'assemblea costituente; fu firmato a Brest-Litovsk un oneroso trattato
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di pace con la Germania (3 marzo del 1918), il quale, peraltro, permise la costituzione dell'armata rossa; fu avviato, in sintesi, il processo rivoluzionario politico e sociale che, conclusasi vittoriosamente la guerra civile contro le forze bianche controrivoluzionarie, trovò un nuovo assetto nel X congresso del partito comunista. In tale congresso Lenin fece approvare la nuova politica economica (NEP) contro la crisi e le difficoltà politico-sociali, segnando così il passaggio dal comunismo di guerra a quello di pace e dallo stato di emergenza a quello della legalità bolscevica (accentramento dei poteri nel partito e nei suoi organi: Comitato centrale, Politburo, Orgburo, Segretariato; sostituzione della CEKA con la GPU; ecc). Alla morte di Lenin, il 21 gennaio 1924, s'iniziò la lotta per la successione che ebbe come protagonisti Trotzkij e Stalin (Josif Vissarionovic, 1879-1953). Questi, nominato nel 1922 segretario generale del Comitato centrale, riuscì a trasformare in breve tempo tale carica, originariamente di scarso rilievo, in un formidabile trampolino di lancio per l'affermazione del suo potere personale che venne consacrato nel X V l congresso (dicembre 1925) dove egli si affermò definitivamente come il nuovo cape (459 voti a favore, 65 contrari, 41 astenuti). Il pretesto iniziale della lotta tra Stalin e Trotzkij fu di carattere ideologico: il primo sosteneva che l'Unione Sovietica, per la sua marcia socialista, doveva contare soltanto sulle sue forze nazionali - «socialismo in un solo paese>>-; il secondo condizionava il progresso della Unione Sovietica al successo rivoluzionario in occidente - «rivoluzione permanente» - . Prevalse Stalin che nel 1926-'27 estromise dal potere la sinistra del partito e fece prima deporre, poi espellere ed esiliare, ed infine assassinare Trotzkij. La lotta condotta da Stalin contro i suoi avversari non ebbe tregua, neppure dopo la promulgazione della nuova Costituzione (1936), più elastica e meno radicale della precedente, ma anzi si fece ancora più spietata contro la stessa vecchia guardia rivoluzionaria impietosamente decimata negli anni 1936-' 38. Stalin identificò sé stesso nel partito e nello Stato e creò un regime poliziesco di terrore all'interno del partito e fuori senza termini storici di paragone. Seguì la politica della mano di ferro non solo nell'eliminazione dei rivali, dei borghesi, dei Kula,ki (contadini agiati), delle popolazioni infide e di tutti gli altri cosiddetti nemici del regime, ma anche nella realizzazione degli sforzi per far compiere al paese un grande salto di qualità traendolo dalla situazione di sotto-sviluppo sociale ed economico in cui l'avevano lasciato gli zar. La collettivizzazione forzata della terra e la produzione programmata in base ai piani di sviluppo quinquennali (1 °: 1928-'32; 2 ° : 1933-'37; 3 °: 1938-'42), che privilegiarono l'industria pesante, conse-
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guirono grandi risultati. La progressiva crescita industriale - nonostante il contrappeso delle carestie, della qualità scadente dei prodotti finiti, della povertà dei contadini e del malcontento delle campagne, della penuria dei beni di consumo, degli abusi dei funzionari e delle impressionanti repressioni poliziesche - cambiò il volto del paese, specialmente nei settori dell'industria dell'acciaio, di quella metalmeccanica e di quella estrattiva, della meccanizzazione dell'agricoltura, dell'energia e dei trasporti. Lo stimolo alla produzione mediante l'emulazione (stakanovismo), la reintroduzione della differenziazione dei salari, la protezione degli intellettuali fedeli alla ideologia, il ritorno della disciplina nelle scuole, la rivalorizzazione del concetto di patria e del ruolo delle forze armate, il ripristino del culto delle tradizioni, degli eroi e degli scrittori della vecchia Russia valsero a dare al paese un assetto sociale e nazionale meno travagliato e più solidale a mano a mano che vennero immesse nel ciclo produttivo le classi dei giovani educate fin dall'adolescenza al comunismo e si assottigliarono quelle più anziane meno duttili e ricettive. Lo sforzo compiuto da Stalin fra mille difficoltà fu immane e consentì all'Unione Sovietica, divenuta uno Stato plurinazionale di 75 milioni di russi e di 65 milioni di non russi, di superare vittoriosamente la durissima prova della seconda guerra mondiale, nonostante che l'opera di unificazione spirituale e di potenziamento materiale e militare fosse ancora solo a metà. Il primo atto di politica internazionale di Lenin era stato il decreto sulla pace dell'8 novembre 1917: un appello ai governi per la pace ed alle masse lavoratrici di tutto il mondo per la liberazione dalla schiavitù e dallo sfruttamento ai quali erano sottoposte nei paesi capitalisti. Esso provocò l'ostile reazione di tutti gli altri paesi ed accrebbe il timore, già esistente negli Stati borghesi, del «pericolo rosso» sì da indurli ad intervenire anche militarmente contro i bolscevichi, quando ancora la guerra mondiale non era finita. Quando gli accordi di Brest-Litovsk - che Lenin aveva accettato come mezzo per impiantarsi solidamente nel paese e per liquidare i resti dell'opposizione interna senza dover contemporaneamente affrontare il nazionalismo dei polacchi, dei finlandesi, degli ucraini, ecc. - persero la loro validità per la sconfitta dei tedeschi sul fronte occidentale e degli austro-ungheresi in Italia, la Russia si trovò del tutto isolata sul piano internazionale. La messa fuori legge del nuovo Stato sovietico fu praticamente, se non formalmente, concordata nella conferenza di Parigi dove i capi politici occidentali ritennero che i dirigenti sovietici non sarebbero stati in grado di dominare la prostrazione, lo sfinimento, la guerra interna, la fame, le discordie ed il caos politico economico sociale nei quali in quel momento la Russia si trovava. Per
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evitare il diffondersi del contagio comunista i paesi occidentali istituzionalizzarono iÌ cordone sanitario come se si potesse, nell'epoca industriale, isolare con trattati o con manovre diplomatiche uno dei potenziali umano ed economico più vasto d'Europa, benché temporaneamente in condizioni estremamente disastrate. Naturalmente l'isolamento pesava sul nuovo Stato, anche in ragione dell'insufficiente stabilità interna e soprattutto della crisi alimentare e produttiva, per cui i dirigenti sovietici fecero del tutto per romperlo o ridurlo. Già nel 1921 conclusero due trattati con l'Afghanistan e la Persia, ed il 16 aprile del 1922 riuscirono a stringere un patto di amicizia con la Germania: il già ricordato trattato di Rapallo, che sollevò le preoccupazioni di tutto I' occidente europeo. Nel 1928 firmò il patto orientale con la Polonia, la Romania, l'Estonia e la Lettonia e i patti bilaterali con la Finlandia, la Lettonia, l'Estonia e la Polonia, mentre dopo il 1930 riusd finalmente ad aprire un dialogo con la Francia e l'Inghilterra fino ad allora irriducibili nemiche del regime sovietico. La teoria staliniana del socialismo in un ' solo paese non mutò nella sostanza l'indirizzo strategico della politica estera sovietica ferma ai principi di Lenin consistenti nell'attendere l'inevitabile disgregazione del mondo capitalista, e non contenne nessuna rinunzia all'esportazione della ideologia rivoluzionaria mediante il Komintem, ma mirò alla prudenza in politica estera per salvaguardare lo sforzo di trasformazione interna del paese. Il persistere dell'attività del Komintem, sebbene questo cominciasse ad usare un linguaggio meno aggressivo e rivoluzionario, restò pertanto una spina nel fianco delle democrazie occidentali e costitul la causa della diffidenza con la quale gli altri paesi continuarono a guardare la politica estera sovietica. Dopo che la Germania nel 1934 ebbe firmato il patto di non aggressione con la Polonia, l'Unione Sovietica si affrettò ad aderire alla Società delle Nazioni (settembre 1934) ed a concludere una serie di patti di assistenza con la Francia e la Cecoslavacchia (1935), mentre nonostante tutti gli approcci e le proposte avanzati agli Stati Uniti d'America ed alla Gran Bretagna non riuscì a diminuire la freddezza ed il distacco di queste due potenze nei suoi riguardi. Eppure nella ricerca sovietica della pace non vi er~'no né falsità né ipocrisia. Bisogna rendere giustizia ai dirigenti sovietici dicendo che nel periodo compreso fra il 1934 e il 1939 essi non fecero mai mistero del loro obiettivo - mantenere l'Unione Sovietica fuori della guerra - e non finsero che il loro odio per il fascismo fosse maggiore del desiderio di non essere trascinati in un conflitto militare (12). Nel 1935 Stalin ed il suo ministro degli esteri Maksim Maksimovic Litvinov (1876-1951) avanzarono - dopo il fallito tentativo d'indurre la Germania ad aderire aJ uua Lucamo orientale per concludere un trar-
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tato di non aggressione e di reciproca garanzia - proposte per organizzare un insieme di trattati che obbligassero la Germania a rendersi conto che se avesse attaccato un qualunque paese avrebbe avuto contro tutta l'Europa. «Il commissario agli esteri fece capite anche che un accordo con l'Unione Sovietica corrispondeva agli interessi francesi e britannici, e che in realtà sarebbero stati forse essi, e non la Russia, a venire attaccati per primi dalla Germania. La Reichswehr... è sempre disposta a ra?,2,iungere un accordo con l'Unione Sovietica. Ne ho avuto le prove da fonti segrete. Il piano della Reichswehr è ancora quello di liquidare la Francia per prima, per non perdere tempo ed energie preziose con la Russia ... e non bisogna credere in quello che dice Hitler, neppure quanto afferma di aver rinunciato all'Alsazia-Lorena>> (13). Litvinov non avrebbe potuto esprimersi con maggiori esattezza e franchezza durante la visita che l'allora lord del Sigillo privato britannico, sir Robert Antony Eden (1877-1977), compì a Mosca nel 1935. Ma né la Società delle Nazioni, né la Francia, né la Gran Bretagna - nonostante l'insuccesso della politica della conferenza di Parigi, il fallimento del patto Briand-Kellogg, il nulla di fatto delle conferenze per la limitazione delle armi e della conferenza mondiale per il disarmo (14) - vollero impegnarsi in un'alleanza con i sovietici per fronteggiare l'espansionismo tedesco. Dd pari infruttuosi erano stati i tentativi compiuti in precedenza dai sovietici nei riguardi degli Stati Uniti d'America, dopo il ristabilimento delle relazioni diplomatiche avvenuto nel novembre del 1933, per indurli ad assumere un atteggiamento deciso contro l'espansionismo nipponico nell'Estremo Oriente e particolarmente in Cina. Gli Stati Uniti si erano dichiarati indisponibili a proporre un patto di non aggressione in Estremo Oriente sottoscritto dalla Cina, dal Giappone, dalla Russia e da loro stessi e si erano limitati a non riconoscere le conseguenze delle iniziative giapponesi di aggressione. Litvinov aveva affermato di essere convinto che tutto quello che si sarebbe potuto fare per far credere ai giapponesi che gli Stati Uniti erano pronti a collaborare con la Russia sarebbe stato utile, anche se questa persuasione fosse stata infondata, ed aveva chiesto anche se non sarebbe stato possibile che una squadra navale o anche una sola nave da guerra americana effettuasse in primavera una visita a Leningrado o a Vladivostokc (15), ma gli Stati Uniti non vollero spingersi al di là del rifiuto di riconoscere lo stato fantoccio giapponese del Manciukuo e al di là dell'allacciamento di relazioni diplomatiche normali. Di fronte alla debolezza della Francia e della Gran Bretagna nei riguardi di Hitler ed alla quasi indifferenza degli Stati Uniti nei riguardi del militarismo nipponico, l'Unione Sovietica con il saldo proponimento di evitare ad ogni costo di essere lrasciuala in una guerra mondiale, preferendo caso mai
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assistere da fuori ad uno scontro tra Stati capitalisti che si sarebbero dissanguati reciprocamente, si sentì delusa nelle sue speranze di sicurezza collettiva da ovest e da est e procedé per proprio conto, mediante accordi bilaterali, ad intendersi con la Germania e con il Giappone, rispettivamente con il Patto Molotov-Ribbentrop firmato a Mosca il 23 agosto 1939 e con il Trattato di neutralità nippo-sovietico del 13 aprile 1941. Con il primo l'Unione Sovietica si assicurò la spartizione della Polonia con la Germania, a rimanere neutrale nel caso di attacco da parte di una terza potenza e ad astenersi dall'aggressione reciproca. La guerra contro la Finlandia del 1939-'40 - conclusasi con la pace di Mosca del 13 marzo del 1940 mediata dagli Stati scandinavi - l'occupazione, per ultimatum, della Romania, della Bessarabia e della Bucovina settentrionale nel giugno del 1940, l'incorporazione degli Stati baltici nell'agosto dello stesso anno furono in un certo senso la conseguenze non volute da I Iitler della situazione determinata dal patto Molotov-Ribbentrop. L'Unione Sovietica approfittò infatti della situazione nella certezza che i tedeschi non fossero in grado di opporsi alle proprie iniziative e che queste non l'avrebbero coinvolta in un conflitto militare che avrebbe potuto interessare le grandi nazioni e che essa, secondo l'intima convinzione degli stessi dirigenti sovietici, non sarebbe stata in grado di sostenere. Stalin si adoperò - anche quando, in seguito all'intervento del Giappone a fianco dell'Asse Roma-Berlino, i rapporti con la Germania si guastarono - nelle discussioni Molotov - Hitler del novembre 1940, per lasciare fuori il suo paese dal conflitto in corso e fu convinto fino all'ultimo che Hitler non avrebbe intrapreso, senza prima aver liquidato la Gran Bretagna, un'avventura strategicamente folle. Ancora nei primi di giugno del 1941 Stalin si rifiutò di credere, nonostante la penetrazione tedesca nei Balcani, alle notizie che prevedevano l'imminenza di quell'offensiva che i tedeschi avrebbero poi scatenato il giorno 21, ritenendole provocazioni franco-inglesi tendenti a fargli compiere atti ostili preventivi nei confronti della Germania. I rivoluzionari bolscevichi erano stati costretti fin dal 1917 ad occuparsi della politica militare quando si erano trovati nella necessità di difendersi dalla controrivoluzione dei «bianchi» e, all'esterno, dai tedeschi e da un eventuale intervento alleato. L'armata rossa, con la quale. essi avevano sostituito l'esercito zarista, era nata, in aderenza alla teoria comunista, come milizia di lavoratori armati, ma ben presto, di fronte ai pericoli incombenti dall'esterno e per il fatto che la sopravvivenza del regime comunista, perché minoritario, dipendeva dalla forza, essa venne gradualmente a riprendere la natura degli eserciti tradizionali (struttura gerarchica, classe di ufficiali non più eletti ma formati nelle scuole,
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simboli legati alla professione delle armi, ecc). Mentre nel 1924 l'armata rossa era composta per il 75 per cento da truppe di milizia, nel 1939 era costituita esclusivamente da militari di professione e di leva. Un'armata però che continuava a subire l'influenza dell'ideologia comunista e nella quale i commissari politici, incaricati del controllo degli ordini dei comandanti militari tecnici nei riguardi delle implicazioni politiche e della vigilanza sull'indottrinamento politico delle truppe, costituivano un elemento molto importante dell'organizzazione. L'armata rossa sviluppò quella che fu chiamata la dottrina militare marxista, la quale combinava l'esaltazione di una strategia offensiva, fondata sulla convinzione del morale più elevato del solato comunista, con l'uso della guerra politica, ossia della propaganda e dell'attività sovversiva o partigiana dietro le linee nemiche. La guerra difensiva di posizione del 1914-1918 fu respinta con disprezzo, e gli scritti di Fuller e di Liddell Hart furono studiati con attenzione (16). Convinti, d'altra parte, che le debolezze del1'esercito zarista erano state l'arretratezza industriale e la scarsa coesione sociale dello Stato, i dirigenti sovietici dedicarono tutte le cure possibili a sviluppare, secondo le linee dei piani quinquennali, l'industria pesante ed a controllare tutta l'attività culturale e economica del paese mediante una direzione centralizzata ed autoritaria secondo un modello assai più ri~do di quello al quale le altre nazioni avevano fatto ricorso durante la prima guerra mondiale. In fatto di politica militare e di dottrina di guerra, i sovietici si mossero sullo stesso binario che seguirà poi la Germania nazista spingendosi anzi molto più in là, al fine di indirizzare l'economia dalla produzione di consumo a quella di guerra. Diversamente, l'Unione Sovietica non avrebbe potuto produrre dal 1940 al 1945 ben 90 mila carri armati e 99 mila aerei e allineare in prima linea all'inizio dell'aggressione tedesca - senza tener conto della fronte finlandese dove erano schierate 15 divisioni di fanteria, 54 brigate corazzate di 200 carri ciascuna, 3 divisioni di ~avalleria - 158 divisioni di fanteria e circa 6 mila apparecchi contro le 145 divisioni, 20 delle quali corazzate con 350 carri ciascuna, e i 3200 apparecchi tedeschi. Tale grandioso apparato militare sembrerebbe contraddire la volontà sovietica di tenere il paese fuori da un conflitto con un'altra grande potenza, mentre ne è la confer~a, poiché i dirigenti sovietici, impegnati nella lotta ideologica rivoluzionaria contro tutti gli Stati capitalisti, paventavano una loro reazione militare e contemporaneamente si sentivano, nel loro isolamento, minacciati sia dall'espansionismo nipponico che da quello tedesco. Quando le truppe tedesche attraversarono la frontiera orientale non trovarono in prossimità della fronte alcun segno di preparativi offensivi attuati dai sovietici.
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4. Delle grandi potenze occidentali europee uscite vittoriose dal primo conflitto mondiale l'unica ad accettare il regime totalitario fu l'Italia, uscita spezzata dalla guerra - che le era costata 680 mila morti, 1 milione e 50 mila feriti dei quali 675 mila mutilati, 400 miliardi di lire oro - e delusa dalla conferenza di Parigi. Al termine della guerra, ai vecchi problemi se ne sommarono dei nuovi, come quelli del reinserimento dei reduci nella vita civile, della riconversione delle industrie di guerra, del rinnovamento dell'agricoltura, della ricostruzione del naviglio mercantile perduto, del risanamento del bilancio appesantito dai debiti di guerra e dal prezzo politico del pane, del ristabilimento dei cambi valutari. In un intricarsi di cause e di effetti crebbero le tensioni politiche e sociali, le aspettative rivoluzionarie, le recriminazioni per la vittoria mutilata, gli egoismi degli abbienti e dei privilegiati e la disperazione dei nullatenenti. Le tensioni economiche preesistenti, ora aggravate dall'alto costo della vita e dalla disoccupazione, e le agitazioni operaie e contadine provocarono periodicamente esplosioni di disordini su vasta scala, violenze, ribellioni, conflitti con la forza pubblica e una situazione di guerra civile strisciante. La battaglia nazionalistica contro il rinunciatarismo, i fermenti per le conclusioni della conferenza di Parigi, l'impresa di Gabriele D'Annunzio (1863-1938) a Fiume ed il Natale di sangue, il Trattato di Tirana (3 agosto 1920) - con il quale l'Italia riconosceva l'indipendenza dell'Albania e s'impegnava a restituirle iterritori in suo possesso mentre l'Albania cedeva all'Italia l'isolotto di Saseno - ed il Trattato di Rapallo, concluso il 2 novembre del 1920 (17), fomentarono ulteriori discordie, acuirono lo stato d'insoddisfazione generale ed indebolirono ulteriormente l'autorità dei governi, ben 9 in 5 anni (18). Si ebbe così una rapida eclissi dei vecchi partiti - già nel 1919 i liberali avevano perso la maggioranza-'- e l'affermarsi del Partito socialista e del nuovo Partito popolare italiano, di ispirazione cattolica, i quali nelle elezioni guadagnarono rispettivamente 156 e 160 seggi. Il 23 marzo 1919 Benito Mussolini (1883-1945) fondava a Milano i Fasci di combattimento, un partito senza un programma politico e sociale ben definito, se non quello dell'esaltazione dell'azione, nel quale si riconobbero molti reduci e combattenti, ed il 21 gennaio del 1921 si costituiva a Livorno, ad opera dell'estrema sinistra del partito socialista, il Partito comunista d'Italia, d'ispirazione e di osservanza bolsceviche, con il programma di guidare il proletariato all'attacco dello Stato borghese dato che il partito socialista aveva fallito la prova rivoluzionaria. Le agitazioni per l'occupazione delle fabbriche e l'usurpazione delle terre, gli
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scioperi, i soprusi e le violenze fisiche e morali furono all'ordine del giorno. Le istituzioni costituzionali - monarchia, parlamento, governo, giustizia, polizia, amministrazione publica - non seppero imporre l'autorità dello Stato nella lotta tra le opposte fazioni e dimostrarono grande debolezza, quando non benevolenza, particolarmente nei riguardi delle squadre d'azione fasciste che andavano moltiplicando illegalità, prepotenze ed assassini, ai quali non mancavano di rispondere, con atti non meno moralmente e penalmente rilevanti, gli estremisti di sinistra. Neppure il Giolitti, richiamato al potere nel 1919, riuscì a mettere un freno alla situazione sebbene facesse cessare l'occupazione delle fabbriche. Nelle elezioni del 1920 Mussolini fu eletto al Parlamento e frattanto il fascismo continuò a registrare crescenti adesioni e notevoli sovvenzioni finaziarie da parte dei grandi proprietari di terre e dei grandi industriali che vedevano in esso una specie di scudo contro i sindacati, le cooperative, i partiti di sinistra. La debolezza dei governi del riformista Ivanoe Bonomi (1861-1930), succedutisi negli anni 1921-'22, favorì l'ulteriore ascesa del fascismo, che disponeva oramai di una vasta cerchia di complicità negli stessi gangli vitali dello Stato. Di fronte al rifiuto del re di firmare lo stato di assedio per bloccare la marcia su Roma dei fascisti, che nel congresso di Napoli del 1922 avevano affermato la volontà di conquistare il potere, il Facta si dimise ed il 28 ottobre del 1922 il re chiamò Mussolini, rimasto a Milano durante la marcia su Roma, e lo incaricò di formare il nuovo governo al quale participarono liberali e popolari. In novembre, il nuovo governo di coalizione ottenne dal Parlamento i pieni poteri. Ottenuti i pieni poteri, Mussolini trasformò (gennaio 1923) le squadre di azione in un vero e proprio esercito (Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale) messo direttamente agli ordini del capo del governo; creò il Gran Consiglio del Fascismo (gennaio 1923) destinato nel 1928 a diventare l'organo supremo di tutte le attività dello Stato; estromise nel 1923 i popolari dal governo; fece approvare nel 1924 una nuova legge elettorale - sistema maggioritario - ed ottenne nelle elezioni dello stesso anno la maggioranza assoluta (64% ) dei voti nella lista nazionale (fascisti e nazionalisti uniti} e la quasi totalità dei seggi (374), nonostante le opposizioni avessero riportato 2.373.632 voti su oltre 7 milioni divotanti. Il deputato socialista Giacomo Matteotti (1885-1924), che aveva denunziato alla Camera dei deputati le intimidazioni, le violenze ed i brogli delle elezioni, venne ucciso pochi giorni dopo. L'assassinio di Matteotti gettò sul fascismo un'ondata di sdegno generale, ma il re non ne colse le conseguenze che ne avrebbe potuto trarre e l'opposizione altro non seppe fare che ritirarsi dalla vita parlamentare. Mussolini per supe-
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rare la grave crisi si assunse la responsabilità morale e storica dell'accaduto e reagì con un discorso pronunziato alla Camera il 3 gennaio del 1925 proclamando la fascistizzazione totale dello Stato, seppellendo definitivamente tutti i normali meccanismi dello Stato di diritto ed i fondamenti delle libertà civili e politiche. Tra il 1925 ed il 1928 lo Statuto Albertino del 1848 fu svuotato di significato reale, la vita nazionale venne tutta irregimentata nell'ambito del Partito nazionale fascista, ogni opposizione dovette ridursi alla clandestinità, la volontà di Mussolini divenne in pratica l'unica sede del diritto e dell'ordinamento politico. Venne istituito il tribunale speciale per la difesa dello Stato che ebbe il compito d'imprigionare o di mandare al confino molti dei vecchi leaders politici e gli oppositori che non trovarono modo o non vollero riparare ali' estero; quelli che rimasero in patria non superarono l'ordine di qualche migliaio. Frattanto mediante una serie d'iniziative di politica interna ed estera di successo - opere pubbliche spettacolari (riassetti urbanistici, strade, bonifiche, trasporti, colonizzazioni della Libia), interventi sociali di rilievo, Concordato e Trattato con la Santa SeJe, guerra di Etiopia, ecc. - Mussolini raccolse sempre più il consenso della grandissima maggioranza degli italiani anche per effetto della monopolizzazione delJ'informazione, la quale, congiutamente allo scioglimento dei partiti e dei sindacati, tolse all'opinione pubblica le sedi ed i mezzi di formazione dello spirito critico. La punta massima di consenso Mussolini la raggiunse durante e subito dopo la vittoriosa campagna etiopica; dal 19 36 il mutamento che impresse alla politica estera ed interna mediante una più stretta solidarietà con l'ideologia e la pratica di Hitler (come l'adozione della politica razziale e la promulgazione della Carta della razza nel 1938) ed una più impegnativa intesa di carattere militare con la Germania nazista tramite la comune partecipazione alla guerra civile spagnola e la firma del Patto d'acciaio, gli alienarono molte simpatie e raffreddarono molti dei vecchi e recenti entusiasmi, ma il regime totalitario e la dittatura autoritaria di Mussolini erano ormai impiantati in maniera talmente solida che nulla potevano più temere all'interno del paese. Anche nei riguardi dell'Italia, sia pure per motivi diversi da quelli che ispirarono il comportamento nei riguardi della Germania e dell'Unione Sovietica, la Conferenza di Parigi dette prova d'insufficienza culturale e d'incomprensione politica, defraudando il Paese dei vantaggi politici e degli arricchimenti territoriali dei quali si appropriarono invece la Francia e la Gran Bretagna. Ciò dipese anche dalle discordie e dalle divisioni interne del Paese e del Parlamento, come pure dalla modesta capacità politica del presidente del consiglio dei ministri, Vittorio Emanuele Orlando (1860-1952), e del ministro degli esteri, Giorgio Sidney Sonnino
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(1847-1922). Il loro gesto di abbandonare la conferenza in seguito alla tenace opposizione degli alleati nei riguardi delle richieste italiane fu interpretato come la confessione dell'intriseca debolezza italiana e, proprio durante l'assenza dei due, furono adottate le risoluzioni sfavorevoli all'Italia, come appunto la spartizione delle ex colonie tedesche. Quando l'Orlando ed il Sonnino, forti del voto di appoggio di entrambi i rami del Parlamento, si risolsero a tornare a Parigi, i giuochi erano stati fatti, e l'inutilità, anzi il danno, del loro precedente gesto di abbandono non era più rimediabile. Con il Trattato di Saint Germain, firmato il 10 settembre 1919, vennero assegnati all'Italia il confine del Brennero e la penisola istriana, mentre rimasero aperte le questioni di Fiume e della Dalmazia regolate successivamente, il 2 novembre 1920, mediante il Trattato di Rapallo - firmato dal Giolitti tornato a presiedere il governo nel giugno di quell'anno - con il quale l'Italia rinunziava parzialmente ai territori che le sarebbero spettati per il Patto di Londra del 1915 ed otteneva la frontiera dell'Istria dal monte Nevoso ad Abbazia, la città di Zara e le isole di Cherso, Lussino, Lagosta e Pdagosa. Fiume, già dichiaratasi italiana ed occupata dai volontari dannunziani contro la volontà del governo presieduto dall'onorevole Francese Saverio Nitti (1868-1953), succeduto nel giuno del 1919 all'Orlando, venne creata a Stato indipendente come ponte tra l'Italia e la Jugoslavia e successivamente, con il Trattato di Roma del 27 gennaio 1924, firmato dal nuovo presidente del consiglio Mussolini, il territorio della città libera venne diviso tra i due stati. Mussolini adottò fin dall'inizio e mantenne per oltre 12 anni una politica estera di sostanziale allineamento con le politiche delle altre potenze uscite vittoriose dalla guerra nei riguardi delle riparazioni chieste ai vinti, dei debiti di guerra interalleati e dei trattati di pace . Nonostante non perdesse occasione di manifestare il suo antipacifismo ed antineutralismo e non si stancasse di ripetere che il desiderio, il bisogno e la volontà di espansione fossero la leg,ge eterna ed immutabile della vita e che la guerra fosse avvenimento irrinunciabile e fatale nella storia dei popoli, si mosse con prudenza diplomatica e con senso del reale nella salvaguardia degli interessi nazionali e considerò preminenti i beni della sicurezza collettiva e della pace rispetto ad ogni altro pur legittimo bisogno. Sebbene irritato verso la Francia, la Gran Bretagna, il Belgio e la Spagna popolare per l'accoglienza e la risonanza che in tali paesi ricevevano gli antifascisti in esilio, non andò mai oltre gli sfoghi di rabbia, le minacce e le rivendicazioni verbali e retoriche, gli appoggi ai movimenti revisionistici d'Ungheria e di Bulgaria e la solidarietà generica con i movimenti ed i regimi autoritari ed antidemocratici, ovunque si mani-
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festassero e prendessero piede. Svolse nell'insieme una politica estera cauta e ragionevole, benché spesso incoerente, che in definitiva gli valse la stima e la considerazione di molti governi e di non poche personalità politiche delle democrazie occidentali che giudicavano con favore il suo atteggiamento d'irriducibile ostilità al comunismo. Fu fino al 1935 solidale con la Francia e con la Gran Bretagna contro il revisionismo tedesco al quale si oppose con atti concreti quali: l'accordo di Roma del 7 giugno 1933 - Patto a quattro - che fu un tentativo d'imbrigliare la politica tedesca in quella della Francia, della Gran Bretagna e dell'Italia in un quadro comune per il quale le quattro potenze convenute si ergevano ad arbitre della convivenza europea (patto che non fu mai ratificato per l'uscita della Germania dalla Società delle Nazioni e per la reazione della Piccola Intesa che si sentì minacciata dall'accordo); la concentrazione di forze militari al Brennero nel luglio del 1934 in occasione del primo putsch nazista; la formazione del fronte di Stresa nella conferenza tenuta nella località italiana tra i capi di governo ed i ministri degli esteri della Francia, della Gran Bretagna e dell'Italia in seguito alle nuove minacce alla sovranità dell'Austria ed alla denuncia unilaterale delle clausole militari del Trattato di Versailles da parte della Germania. Mussolini in tale occasione si unl al primo ministro francese, Pierre Laval (1883-1945), ed al premit:r inglese, James Ramsay MacDonald (1866-1937), nel condannare ogni ripudio unilaterale dei trattati, nel confermare gli obblighi di garanzia di Locarno e nel ripetere la dichiarazione in favore dell'indipendenza austriaca. La rottura del fronte di Stresa, provocata dalla guerra italo-etiopica e dalle conseguenti sanzioni applicate dalla Società delle Nazioni all'Italia, segnò il mutamento di linea dalla politica estera. Mussolini da allora in poi dette preminenza agli interessi ideologici rispetto a quelli nazionali. Anziché considerare che le sanzioni della Società delle Nazioni erano state piuttosto blande e che l'impresa etiopica era stata condotta a buon fine anche per la passività dell' Home Fleet tenuta volutamente distratta dal canale di Suez dallo stesso governo inglese, Mussolini, seguendo l'impulso personale del dispetto anziché la logica dell'interesse politico, dette libero sfogo al mito del nazionalismo imperialistico e della teoria geopolitica dello spazio vitale, ammantata dall'orpello retorico di Roma dominatrice del Medite"aneo, e, sia pure forse senza essere intimamente convinto della bontà della scelta, allineò la politica fascista a quella nazista. Ebbe qualche ripensamento quando, su invito del premier britannico Arthur Neville Chamberlain (1869-1940) , strinse l'accordo angloitaliano del 16 aprile 1938 diretto a limitare l'espansionismo nazista, ma il 29 settembre dello ~tesso anno, nel Convegno di Monaco, la sua me-
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diazione tra la Francia e la Gran Bretagna da una parte e la Germania dall'altra fu di sostanziale sostegno delle pretese di Hitler sul territorio dei Sudeti tedeschi e, dopo Monaco, estese l'alleanza ideologica con la Germania al piano militare mediante la firma del Patto d'acciaio - maggio 1939 - che nell'intendimento di Mussolini non avrebbe però dovuto costituire un impegno da onorare in tempi brevi. La firma di tale patto era stata preceduta dall'ulteriore già ricordato smembramento della Cecoslovacchia da parte della Germania (marzo 19 39) e dall'occupazione dell'Albania (aprile 1939) da parte dell'Italia (19). Quando Hitler, d'intesa con Stalin, invase la Polonia, Mussolini non rese automatico l'intervento militare dell'Italia contro la Francia e la Gran Bretagna che dichiararono guerra alla Germania, ma escogitò (dicembre 1939) la formula della non belligeranza - dobbiamo essere tanto forti da non poter essere costretti da nessuno ad entrare in guerra - che 6 mesi dopo abbandonò per effetto della suggestione che i fulminei successi tedeschi sul fronte occidentale esercitarono in quel momento su grandissima parle <lell' upiniune pubblica italiana e mondiale inducendo
a credere nella imminente fine della guerra, che durerà, invece, altri 5 anni. Un errore di prospettiva politico-strategica comprensibile se si vuole, ma che non giustifica affatto la decisione dell'intervento dell'undicesima ora. Se la guerra fosse stata davvero per concludersi vittoriosamente per la Germania, l'Italia non avrebbe potuto trarre dalla sua tardiva partecipazione nessun vantaggio serio e concreto né sul piano morale, né su quello del prestigio, né su quello dell'interesse politico ed economico e neppure su quello dell'Europa fascista indivisibile che stava a cuore a Mussolini, in quanto Hitler non avrebbe certamente condiviso con altri la direzione dell'ordine nuovo che avrebbe imposto all'Europa sconfitta e non avrebbe concesso all'Italia, giunta tanto in ritardo, il ruolo di coprotagonista della vittoria. D'altra parte, che merito avrebbe potuto vantare l'Italia agli occhi della Germania con un intervento che Mussolini stesso definl di stretta difensiva su tutte le fronti riservandosi di veder poi il da farsi? Un criterio addirittura grottesco se si tiene presente che era l'Italia a prendere l'iniziativa della guerra senza che nessuno ne minaccesse né la frontiera alpina occidentale né la frontiera con la Tunisia e con l'Egitto. La verità è che l'ordine di non intraprendere, in caso di ostilità, alcune azione oltre frontiera, di non far varcare i confini a nessun reparto o nucleo e di non aprire per primi il fuoco su truppe e posizioni di frontiera nemici era la conseguenza della piena consapevolezza che Mussolini ed i capi militari avevano delle condizioni d'impreparazione bellica dell'intero apparato militare italiano nella Madrepatria ed oltremare. Tale impreparazione, come vedremo più avanti, era
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il risultato della superficialità, della trascuratezza e dei ritardi con i quali l'Italia aveva atteso alla politica militare nel ventennio tra le due guerre, oltre che la conseguenza della povertà di materie prime, delle difficoltà finanziarie, delle insufficienze dell'apparato industriale e, da ultimo, del logorio prodotto dalla guerra etiopica e dalla partecipazione alla guerra civile spagnola. 5. Fuori dell'Europa, il paese che dalla seconda metà degli anni venti si lasciò sedurre dal militarismo e da un'ideologia per alcuni aspetti analoga a quella dei fascismi occidentali, fu il Giappone. Uscito vittorioso dalla guerra contro la Germania ed ottenuta nella conferenza di Parigi la ratifica delle conquiste effettuate - le isole tedesche del Pacifico, cioè le Marianne, le Caroline e le Marshall - il Giappone s'inserì nel novero delle 5 grandi potenze mondiali del periodo postbellico (Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Italia) e riprese il suo processo di sviluppo economico molto accentuato che stimolò i grandi gruppi monopolistici a premere per una politica di liberi scambi. L'avvio verso programmi pacifici e ordinati fu però ostacolato dalla crisi <ld sovrappopolamento e dalla insufficienza delle risorse e dei mercati con il conseguente squilibrio interno. In tale situazione trovarono buon giuoco le correnti espansionistiche ed imperialiste che riaccesero le mai sopite mire sulJa Cina, svilupparono una politica antisovietica e fomentarono in tutti i modi il risentimento contro gli Stati Uniti per le misure da questi adottate contro l'immigrazione. Con inizio dal 1931 il Giappone si lanciò in un aggressiva politica di espansione dei punti di appoggio sul continente asiatico a spese dei cinesi indeboliti dai conflitti interni e a danno degli interessi americani e britannici. Fu prima la volta della Manciuria che nel 1932 il Giappone proclamò impero indipendente, ma che in realtà rimase suo vassallo. Nel 19 32 il Giappone nell'interno della stessa Cina e nel 1937, dopo averne occupato vastissime aree, creò un governo fantoccio a Nanchino, tentando così di assoggettare al proprio dominio tutto l'immenso paese. Nel 1941, approfittando dell'impotenza della Francia, estese l'occupazione protettiva all'Indocina francese suscitando questa volta la reazione concreta degli Stati Uniti e della Gran Bretagna che, in seguito al rifiuto giapponese di ritirare le truppe dall'Indocina, decisero il congelamento di tutti i crediti giapponesi e l'embargo delle forniture di petrolio essenziali all'economia giapponese. Da qui l'improvviso attacco giapponese alla flotta statunitense il 7 dicembre del 1941
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nella baia di Pearl Harbor con l'affondamento e la messa fuori combattimento di 7 corazzate, la distruzione di 200 velivoli al suolo e la morte di 2300 soldati statunitensi. Pearl Harbor fu l'estrema conseguenza come l'invasione della Polonia da parte di Hitler - della politica imperialistica e militarista che il Giappone aveva cominciato dieci anni prima in Manciuria ed in Cina e che era venuto sviluppando, anche sul piano delle relazioni internazionali, in funzione antiamericana ed antisovietica attraverso: il ritiro nel 1935 dalla conferenza di Londra per la riduzione degli armamenti navali e dalla Società delle Nazioni; la fir. ma nel 1936 del patto antikomintern con la Germania; la stipulazione nel 1940 del Patto tripartito con l'Italia e la Germania con il quale ciascuno dei 3 paesi firmatari s'impegnava a dichiarare guerra a-tutti quei paesi che si fossero schierati al fianco degli Alleati. Obiettivo primo del patto era chiaramente quello di scoraggiare l'intervento degli Stati Uniti nel conflitto. Il congelamento dei crediti e l'embargo sul petrolio, provvedimenti paralizzanli dell'economia giapponese, posero il paese nell'alternativa di scegliere la strada della guerra o di abbandonare la politica espansionista. «È dunque degno di nota» scrisse Liddell Hart - «che prima di decidersi a scendere sul terreno della guerra il Giappone lasciasse trascorrere più di quattro mesi, compiendo nel frattempo lenad sforzi per negoziare la revoca dell'embargo sul petrolio. Ma la condizione pregiudiziale posta dal governo degli Stati Uniti era che il Giappone si ritirasse non solo dall'Indocina, ma anche dalla Cina, ed è ovvio che nessun governo, e meno di tutti quello giapponese, avrebbe potuto accettare di perdere completamente la faccia piegandosi a condizioni così umilianti. Esistevano dunque tutte le ragioni per aspettarsi che da un momento all'altro, a partire dall'ultima settimana di luglio (1941), nel Pacifico scoppiasse la guerra. In questa situazione americani e inglesi furono fortunati ad avere quattro mesi di grazia prima che i giapponesi attaccassero. Ma ben poco essi fecero per sfruttare questo intervallo in modo da prepararsi in vista dell'imminente attacco» (20). La dottrina di guerra sulla base della quale i giapponesi elaborarono i loro piani strategici era tra le più progredite di quel periodo e le forze armate di cui disponevano erano tra le migliori del mondo. In aderenza al loro progetto di riunire l'Asia orientale ed il Pacifico in una sfera soggetta alla loro dominazione politica ed economica, i giapponesi avevano equilibrato molto armonicamente le proprie forze armate esercito· e marina - e le avevano dotate di mezzi efficaci e moderni. Le forze aeree non erano autonome, ma suddivise tra la marina e l'esercito: nel 1941 5 divisioni aeree (1. 500 velivoli) erano inquadrate nel-
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l'esercito e 3500 aerei erano parte organica della marina. Alla base delle operazioni terrestri avevano posto il binomio forze mobili-aerei e di quelle navali il binomio navi-aerei. I loro piani strategici erano ispirati al criterio di assestare colpi offensivi robusti e rapidi per ottenere prima di tutto la superiorità aerea necessaria a dare sicurezza alle successive operazioni terrestri o navali. La strategia e la tattica delle offensive sferrate nella guerra contro la Cina erano valse ad esperimentare, nonostante la particolarità della situazione e l'enormità degli spazi, quanto fossero determinanti nella guerra moderna per il successo delle operazioni terrestri la mobilità, e perciò i mezzi corazzati, e la libertà di movimento, e perciò la superiorità aerea. Da quelle guerra, inoltre, i giapponesi avevano tratto molti insegnamenti per lo sviluppo ed il perfezionamento delle loro armi e dei loro mezzi di equipaggiamento. Quando scese in guerra l'esercito giapponese era composto di 51 divisioni per un totale di circa 750 mila uomini dei quali 400 mila rappresentati da truppe combattenti, mentre gli alleati disponevano in tutto l'estremo oriente di circa 340 mila uomini raggruppati in unità non omogenee e con problemi di comando e di lingua molto difficoltosi ed intrecciati (134 mila inglesi, 31 mila statunitensi, 110 mila filippini, 25 mila olandesi regolari e 40 mila miliziani). Ciò che rendeva superiore l'esercito giapponese non era però tanto la sua consistenza numerica - nelle operazioni nel Pacifico sudoccidentale esso impiegò solo 11 delle 51 divisioni per un totale di circa 400 mila uomini dei quali meno di 250 mila combattenti - quanto la tattica utilizzata, l'elevatissimo grado di addestramento, la compattezza delle unità, il fanatico coraggio e la spietata ferocia oltre la perfetta tecnica nell'impiego dei mezzi di lotta. La consistenza delle forze navali alleate presenti nel Pacifico nel dicembre del 1941 era di 10 corazzate, 10 portaerei, 18 incrociatori pesanti, 18 incrociatori leggeri, 113 cacciatorpediniere, 69 sommergibili. Il notevolissimo vantaggio per quanto riguardava le portaerei, che sarebbero assurte nella seconda guerra mondiale a protagoniste delle batteglie sul mare, era la conferma della maggiore modernità delle concenzioni belliche nipponiche anche in tale settore e conferiva alla flotta dell'impero del Sol Levante una superiorità qualitativa di grande rilievo aumentata, inoltre, dalla migliori prestazioni e dal migliore armamento dell'intero naviglio oltre che dal miglior grado di addestramento, specialmente al combattimento notturno, rispetto a quello delle unità navali alleate. Le navi nipponiche erano più veloci delle corrispondenti unità navali alleate; i siluri più precisi; gli aerosiluranti giapponesi disponevano di dispositivi per agire in acque poco profonde; i bombardieri di alta quota erano equipaggiati di proietti perforanti da 381 e da 406 mm che, dotati di piume direzionali, cadevano
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come bombe e se sganciati verticalment~ penetravano qualsiasi corazza. In conclusione, il Giappone affrontò la guerra con un piano politicostrategico chiaro e preciso, con un apparato militare potenzialmente adeguato ad attuare il piano, con una dottrina strategica e tattica di avanguardia, con unità operative spiritualmente e tecnicamente agguerritissime, con armi e mezzi di ultimo grido. Nessuna delle altre grandi potenze, Germania compresa, possedé al momento di entrare in guerra il livello di capacità operativa e di efficienza combattiva del Giappone.
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. Il graduale affermarsi e consolidarsi di regimi totalitari in Europa ed in Asia - dal'1917 in Russia, dal 1922 in Italia, dal 1930 in Giappone, <lal 1933 in Germania, oltreché in altri stati minori (Portogallo, Spagna, Polonia, Ungheria e Jougoslavia) - avrebbe dovuto indurre le grandi potenze a regime democratìco e in particolare gli Stati Uniti d'America, la Gran Bretagna e la Francia ad un riesame delle decisioni della conferenza di Parigi del 1919 che continuavano a fomentare recriminazioni, malcontenti ed insofferenze tra le stesse nazioni alleate, oltre che nella Germania, ed avrebbe <lovuto produrre il rafforzamento dei poteri della Società delle Nazioni e della sua autorità, l'adozione di una linea comune di fermezza contro le mire espansionistiche e gli atti aggressivi dannosi al mantenimento della pace e della sicurezza collettiva, come pure avrebbe dovuto suggerire la riparazione concordata delle ingiustizie e delle assurdità di taluni trattati di pace congegnati a Parigi ed altrove. Sarebbe stata inoltre necessaria una miriore diffidenza verso l'Unione Sovietica che, nonostante l'aggressività ideologica perturbatrice, veniva manifestando un interesse concreto per il mantenimento <lella pace. Vi furono, è vero, tentativi verso tali direzioni, ma risultarono sterili in quanto privi di concreta determinazione politica. L'indifferenza degli Stati Uniti nei riguardi dell'espansionismo nipponico ed il loro ostinato rifiuto a sottoscrivere un patto di non aggressione in Estremo Oriente, proposto dall'Unione Sovietica nel 1933, furono due atti che non troyano una giustificazione valida nel fatto che l'amministrazione democratica fosse tutta assorbita dai problemi interni creati dalla grande crisi e neppure nel fatto che l'atteggiamento prevalente fosse quello isolazionista, in quanto il Giappone veniva portando un attacco diretto agli interessi politici ed economici essenziali della repubblica stellata. La costante debolezza della Gran Bretagna di fronte agli atti aggressivi di Hitler ed il rifiuto opposto nel 1935 alla proposta sovietica di un trattato
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franco-angolo-sovietico di non aggressione e di reciproca garanzia furono atteggiamenti e decisioni di assoluta miopia politica in quanto dettero ad Hitler l'illusione di poter proseguire sulla strada dell'arroganza e dell'egemonismo facendo appunto affidamento sulla rassegnazione britannica al compromesso e sull'irriducibile antagonismo tra l'Unione Sovietica ed il Regno Unito. Il principio-base della politica estera degli Stati Uniti d'America nell'intervallo tra le due guerre mondiali fu l'isolazionismo. Uscito sconfitto dalla conferenza di Parigi, l'idealismo wilsoniano fu subito dopo sconfitto sul piano interno ad opera del Senato che non volle ratificare il trattato di pace con la Germania perché ad esso era agganciato il patto istituitivo della Società delle Nazioni. La reazione contro il wilsonismo riportò al potere, nelle elezioni del 1920, i repubblicani e questi vi rimasero fino al 1933. Furono gli anni del «ritorno alla normalità», intesa come riaffermazione di una «prosperità» sfrenata basata sullo strapotere e realizzata senza riguardo alle enormi sperequazioni sociali che ne derivavano. Fu il crollo della Borsa di New York nell'ottobre del 1929 a mettere a nudo tutta l'intima miseria morale e tutto il profondo guasto economico contenuti in una siffatta concezione e lo sfacelo fu tale che dopo 3 anni di crisi poco mancò che non sopravvenisse il crollo definitivo: produzione industriale calata ad un quinto, 17 milioni di disoccupati, centinaia di banche fallite, risparmiatori ridotti sul lastrico, miseria generale, sconvolgimento oltreché dell'economia anche delle strutture sociali e delle stesse convinzioni morali del paese. Il programma di politica economica New Dea! - varato dal nuovo presidente democratico Franklin Delano Roosevelt (1882-1945), eletto nel 1932 e poi rieletto altre 3 volte - consentì la correzione dell'individualismo sfrenato e garantì simultaneamente la tutela dell' «uomo comune» mediante misure immediate di risanamento economico (controllo delle banche, svalutazione del dollaro, effettuazione di una vasta rete di lavori pubblici) e riformi radicali a lungo termine riguardanti l'agricoltura, l'industria, gli investimenti ed i rapporti sociali (assicurazioni sociali, regolamentazione delle relazioni sindacali, assistenza, ecc.). Senza sovvertire le preesistenti strutture politiche ed economiche, il nuovo presidente riuscì a realizzare un sistema di governo più moderno, introdusse definitivamente il principio dell'intervento federale, attuò un moderato controllo politico sullo sviluppo dell'economia, creò forme di sicurezza e di assistenza sociale fino ad allora sconosciute al capitalismo e, in definitiva, salvò la democrazia americana e sconfisse sul piano ideologico e sociale il comumsmo. Il settore nel quale il presidente Roosevelt non poté, stante la deci-
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sa ostilità dell'opinione pubblica del paese a correre qualsiasi rischio per motivi di conflittualità circa questioni extra moenia, o non volle, o non ebbe la capacità d'intervenire, fu quello della politica estera, che rimase attaccata al principio dell'isolazionismo. Tale immobilismo non subl modificazioni di sorta e gli Stati Uniti dormirono sonni profondi che neppure i rumori della guerra del Giappone contro la Cina e quelli della guerra civile spagnola - prologo della seconda guerra mondiale e campo sperimentale delle nuove tattiche e tecniche belliche - riuscirono ad interrompere. Sempre presenti e parte attiva nelle iniziative per il disarmo e per la pace, i governi degli Stati Uniti sottoscrissero gli accordi conclusivi della Conferenza di Washington (6 febbraio 1922) con i quali venne fissato il numero delle navi da battaglia e delle portaerei delle flotte statunitense, britannica, nipponica, francese ed italiana (21) e venne posto un limite massimo nel tonnellaggio e armamento di tali navi. Rinnovarono tali impegni nella conferenza di Londra del 1930 nella quale però la Francia e l'Ttalia non accettarono le nuove proporzioni del tonnellaggio navale proposte dalle altre tre potenze. Fallito un nuovo tentativo di accordo sugli armamenti navali esperito nella conferenza di Londra del 1935 a causa della mancata firma del Giappone, che si ritirò dalla conferenza, e della diserzione dell'Italia, che non partecipò alla sua conclusione in seguito alle sanzioni societarie ad essa applicate per la guerra in Etiopia; risultati altresì infruttuosi i lavori della conferenza mondiale per il disarmo convocata a Ginevra nel 1932 dalla quale Hitler nel 1933 ritirò la delegazione tedesca; venuta meno l'efficacia del Patto KellogBriand al quale il governo statunitense aveva aderito, gli Stati Uniti non presero nessuna ulteriore iniziativa e continuarono sulla loro linea di poltiica isolazionista. Di fronte all'occupazione dell'Etiopia da parte dell'Italia, della Renania da parte della Germania ed alla cancellazione dalla carta politica dell'Europa di due Stati sovrani ed indipendenti - Austria e Cecoslovacchia - rimasero pressoché indifferenti o limitarono il loro intervento alla protesta diplomatica. Dové scoppiare la seconda guerra mondiale perché gli Stati Uniti rinunziassero alle loro illusioni isolazioniste, modificassero la legge sulla neutralità, si trasformassero in un arsenale delle democrazie (1939) e successivamente (1941) spalancassero le porte dell'arsenale, mediante la legge sugli affitti e prestiti, ai paesi alleati. Per deciderli ad entrare direttamente in guerra fu necessaria l'aggressione giapponese di Pearl Harbor. Con la politica di neutralità e di isolazionismo alla quale erano tornati alla fine della prima guerra mondiale gli Stati Uniti armonizzarono, durante l'intervallo tra le due guerre, la loro politica militare, limitando le loro forze armate allo stretto bisogno Jella Jifesa strategica del loro
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territorio, sul quale non incombeva nessuna minaccia diretta, e dei loro interessi economici nell'estremo oriente, anch'essi non soggetti a minacce dirette, ma solo a quelle indirette dell'espansionismo giapponese. Da qui la preminenza data al potere marittimo e l'interesse agli accordi per le riduzioni degli armamenti navali al fine di conservare la superiorità operativa della loro flotta rispetto a quelle degli altri paesi e in particolare del Giappone che per essi era un nemico più naturale degli altri (comprese la Germania e l'Unione Sovietica). Nella costituzione della flotta tennero conto della trasformazione radicale alla quale le battaglie navali sarebbero andate incontro nel futuro in seguito allo sviluppo dell' aviazione ed assegnarono un ruolo di primo piano alle portaerei che, difatti, diventeranno durante la seconda guerra mondiale le protagoniste delle battaglie dell'Atlantico e del Pacifico, battaglie che si svolgeranno a distanza senza il contatto balistico tra le corazzate delle opposte flotte. La loro marina da guerra nel 1939 era costituita di 17 corazzate, 7 grandi portaerei, 1 portaerei leggera di scorta, 3 7 incrociatori, 172 cacciatorpediniere, 100 sommergibili, 5 mila aerei, comprendeva 175 mila uomini ed era la più grande e forte marina del mondo. Circa le forze terrestri gli Stati Uniti, sulla base della teoria che un esercito regolare è immensamente superiore a una popolazione armata, subito dopo la prima guerra mondiale erano tornati al vecchio sistema di un piccolo esercito composto di volontari arruolati per periodi di ferma molto lunghi.
7. Anche la Gran Bretagna, subito dopo la prima guerra mondiale, rinunziò alla coscrizione obbligatoria e ridusse le sue forze militari terrestri al livello necessario a fare fronte al servizio imperiale di guarnigione. Uscita vittoriosa dalla guerra e raggiunto il massimo di espansione del suo impero, essa si trovò a dover risolvere: nel quadro della politica interna, il problema dell'ammodernamento delle sue istituzioni politiche, economiche e sociali, in conseguenza dei mutamenti introdotti dalla guerra stessa e dell'incombente pericolo di diffusione del comunismo; nel quadro de1la politica estera, il problema della determinazione di nuovi rapporti con i possedimenti e le colonie in relazione al crescere della coscienza nazionale dei popoli ad essa legati ed alla partecipazione attiva che taluni di essi avevano preso a1la guerra. Da tempo era nato il partito laburista, espressione politica della Trade Unions, i sindacati dei lavoratori, e nel periodo postbellico esso s'impose dopo quello conservatore quale secondo partito nella vita politica in
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glese. Nel 1918 fu accordato il suffraggio universale agli uomini e nel 1928 fu esteso alle donne e ciò portò il partito laburista a un notevole successo elettorale nel 1918 (30% dei voti), e poi al potere nel 1924. Il governo di coalizione (laburisti e liberali) non consenti riforme e rinnovamenti incisivi, quali sarebbero stati negli intendimenti dei laburisti, ma valse a salvare la democrazia ed a garantire a tutti i cittadini i vantaggi della libertà con quelli di una maggiore giustizia sociale, negando così spazio al comunismo. Incamminatasi da tempo sulla strada della concessione dell'autogoverno ai paesi dell'impero - 1867: Canadà, 1901: Australia, 1907: Nuova Zelanda, 1909: Africa del sud - dopo la prima guerra mondiale la Gran Bretagna estese tale concessione all'Irlanda (1921), all'Egitto (1922) ed all'Iraq (1932) e regolò diversamente sul piano giuridico i rapporti con gli altri paesi dell'impero mediante lo Statuto di Westminster (1931) in base al quale trasformò l'impero in una vasta comunità dinazioni autonome - British Commonwealth of nations - così da farne veri e propri stati indipendenti aventi in comune la persona del sovrano (Irlanda, Unione Sudafricana, Canadà, Terranova, Federazione australiana, Nuova Zelanda), mentre lasciò immutata la condizione giuridica dell'impero coloniale comprendente le colonie della corona ed i protettorati. Nel periodo tra le due guerre la politica inglese verso l'Europa fu volta, secondo la secolare tradizione diplomatica britannica, a mantenere l'equilibrio tra i maggiori Stati continentali e ad evitare la preponderanza francese sulla Germania, favorendo il principio della sicurezza collettiva. Il partito laburista assecondò le naturali tendenze pacifiste della nazione, ed i vari governi che si succedettero in quegli anni, anche nell'intento di ridurre il più possibile le spese di bilancio per gli armamenti, non si discostarono dalla ricerca costante della pace e del disarmo mediante i negoziati e gli accomodamenti anche quando, dopo l'insorgere del nazismo e le continue aggressioni di Hitler, sarebbe stata necessaria una linea di fermezza e di reazione più che la politica della pazienza, del far finta di niente, del non rispondere, del subire anche i fatti più inaccettabili. L'unico modo di evitare la tragedia, che la Gran Bretagna certamente non voleva, avrebbe dovuto consistere nel mostrarsi forti fin dall'inizio. La decisione di dare l'avvio ad un modesto piano di riarmo, adottata nel 1934 dal governo di coalizione di Mac Donald, e l'appoggio alla politica societaria delle sanzioni contro l'Italia nel 1935 furono due atti di scarsa potenzialità dissuasiva, tanto più che al primo fece seguito nel 19 35 un accordo bilaterale con la Germania (già ritiratasi dalla conferenza mondiale per il disarmo) con il quale si fissava il
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limite del riarmo navale tedesco - accettando così anche de iure la violazione di un trattato internazionale - nella proporzione del 35% rispetto alla flotta britannica, ed al secondo segul un cambiamento radicale di opinione del governo retto dal premier Stanley Baldwin (1867-1947) nei riguardi del comportamento verso l'Italia. I tentativi di limitare l'espansionismo di Hitler, ai quali prese parte attiva di persona il nuovo premier Arthur Neville Chamberlain (1869-1940), succeduto nel 193 7 al Baldwin, sia cercando di staccare l'Italia dalla Germania (accordo anglo-italiano del 16 aprile 1938) sia stabilendo un'intesa con Hitler per evitare una guerra generale sul problema dei Sudeti, non ebbero altro effetto che rafforzare la convinzione di Hitler circa la debolezza politica delle democrazie e circa la possibilità di nuove iniziative aggressive alle quali egli già pensava mentre discuteva a Monaco con Chamberlain, Mussolini ed il presidente del consiglio francese Edouard Daladier (1884-1940). L'avallo dato all'occupazione tedesca dei Sudeti da Chamberlain, che nonostante le violente critiche degli oppositori - tra i quali Wiston Leonard Spencer Churchill (1874-1965) che da anni contrastava in misura sempre più accentuata e con voce sempre più forte la politica di distensione (appeasement) di Mac Donald, di Baldwin e di Chamberlain - partecipò al convegno di Monaco, fu atto di estrema debole:aa dal quale derivò, poco più di 6 mesi dopo, lo sfascio complelo della Cecoslovacchia. Quando la Gran Bretagna, congiuntamente con la Francia, si fece garante dell'integrità territoriale della Polonia per trattenere Hitler dall'occupare Danzica ed il corridoio polacco, la notizia di tale garanzia, diffusa il 1 aprile del 1939, venne interpretata da molti e dallo stesso Hitler più come mossa di propaganda che non come l'affermazione del passaggio dalla politica distensiva a quella di rigida intransigenza. La garanzia, per essere, nel caso particolare della Polonia, strategicamente credibile, avrebbe presupposto l'apporto politico e militare dell'Unione Sovietica, apporto che né la Gran Bretagna né la Francia erano riuscite a procurarsi, e avrebbe presupposto altresì un diverso grado di preparazione e d'intesa militare tra la Gran Bretagna e la Francia. L'Inghilterra non era certo preparata alla guerra in modo soddisfacente giacché, sentendosi protetta dalla Manica, aveva poggiato la sua difesa soprattutto sul potere marittimo. La sua flotta era costituita nel 1939 di 15 corazzate, 7 portaerei, 34 incrociatori, 169 cacciatorpediniere, 57 sommergibili e comprendeva 12 mila uomini. Ma l'ammiragliato britannico fin dall'inizio della guerra aveva dimostrato scarso interesse nei confronti delle forze aeree e in pratica la dottrina di guerra inglese, diversamente da quelle statunitense e da quella giapponese, non aveva assimilato appieno i mutamenti delle tecniche belliche pii1 mo-
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derne e in modo specifico l'effetto della potenza aerea su quella navale. Inoltre, sebbene la strategia e la tattica dei mezzi corazzati fossero state inventate dagli inglesi e l'impiego dell'aviazione in cooperazione con le forze di terra e di mare o in autonomia avesse trovato i più illustri sostenitori proprio in Gran Bretagna, la dottrina ufficiale, gli ordinamenti tattici e l'addestramento delle unità non erano sufficientemente intonati alle nuove esigenze del campo di battaglia. Le forze terrestri ed aree che la Gran Bretagna poté trasferire sul continente europeo per affiancarle a quelle francesi furono quantitativamente modeste e qualitativamente poco preparate ad affrontare le tecniche di combattimento tedesche e ad utilizzarne, da parte loro, altre analoghe.
8. La Francia, nell'intervallo tra le due guerre mondiali, visse uno dei periodi più difficili e travagliati della sua vita nazionale. La politica di durezza nei confronti della Germania sostenuta dalla maggiore parte del1' opinione publica favorì nell'immediato dopo guerra l'ascesa al potere della destra, che vi rimase fino al 1924, quando le nuove elezioni diedero la maggiorama al Cartello della, sinistra travolto, a sua volta, dalle difficoltà finanziarie e sostituito nel 1926 da un governo di Unione Nazionale presieduto da Raymond Poincaré (1860-1934), che era già stato presidente del consiglio dal 1922 al 1924 e che, di fronte all'insolvenza tedesca, aveva disposto l'occupazione della Ruhr (gennaio 1923), ma che si era poi dovuto dimettere sotto la spinta delle pressioni diplomatiche degli Alleati, che non erano stati consenzienti a tale occupazione, e della congiuntura economica esasperata dalla grave crisi finanziaria. Tornato a presiedere il governo nel 1926 chiese ed ottenne i pieni poteri ed avviò una serie di provvedimenti con i quali riuscì a raddrizzare la situazione economica. La crisi economica mondiale (1929), che raggiunse la Francia nel 1932, e gli scandali vari che scoppiarono in quegli anni - Poincaré si era già dimesso nel 1929 per una grave infermità - misero in crisi l'intero sistema politico in un clima di violenze e di sommosse (1934), alimentate da leghe di estrema destra, clima che favorì alla fine l'insediamento di un governo sostenuto dalle forze conservatrici. Come reazione a tale governo nel 1936 nacque il fronte popola,re che riunì comunisti, socialisti e radicali e che alle elezioni legislative si affermò con netta maggioranza. Il nuovo governo presieduto dal socialista Léon Blum (1872-1950) fece votare la settimana di quaranta ore, stabil1 il diritto alle ferie retribuite, l'obbligatorietà dei contratti collet-
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tivi, la nazionalizzazione delle ferrovie ed altri numerosi provvedimenti di carattere politico e sociale. Aspramente osteggiato proprio per tali motivi dai moderati e dalla destra, Blum dovette ritirarsi nel giugno del 1937. Il potere tornò ai moderati che non riuscirono però a sollevare la terza repubblica dalla debolezza morale che continuava a prostrarla e che si dimostrarono, al pari degli altri, incapaci a frenare Hitler. La Francia finl così per essere trascinata contro voglia in una guerra che la portò ad una catastrofe militare senza precedenti nella storia del paese. La linea di estrema durezza nei riguardi della Germania, dettata oltreché dalla paura di un'eventuale terza invasione anche da esacerbato spirito di vendetta, seguita dalla Francia nella conferenza di Parigi con la condiscendenza dei paesi alleati e perseguita anche negli anni successivi, fino all'occupazione della Ruhr, osteggiata da quasi tutti i paesi e, in particolare, dalla Gran Bretagna, favorì il determinarsi di una situazione psicologica rovescia a quella che sarebbe stata utile alla sicurezza degli stessi francesi. Unica delle 5 grandi potenze vittoriose a restare in contatto fisico con la Germania la Francia aveva ben donde di temere una nuova dolorosa esperienza, ma non altrettanto idonei ed adeguati politicamente furono gli atteggiamenti ed i mezzi da essa scelti per garantirsi da tale eventùalità. La nuu <.:oincidcnza degli interessi politici, economici e coloniali con quelli della Gran Bretagna, esistente già in passato, riaffiorò, seppure meno palesemente, nel periodo postbellico, ma ciò che impedì ai due Stati di esprimere una politica estera concorde fu soprattutto il diverso modo d'intendere quasi sempre i rapporti con la Germania: comprensivo, indine alla modifica dello stato d 'impote~za tedesca creato dal trattato di Versailles e favorevole alla concessione concordata della parità dei diritti l'atteggiamento inglese; irriducibilmente antirevisionista sotto tutti gli aspetti quello francese. Tale disaccordo si tradusse in debolezza di entrambe le linee di condotta. Quando i francesi attenuarono la loro intransigenza - Patto a quattro - i tedeschi dalla richiesta di revisione erano già passati, ad opera di Hitler, alla volontà di rivalsa e poi di rivincita. La maggiore intesa, peraltro mai completa, tra la politica estera francese e quella britannica degli ultimi anni precedenti la seconda guerra mondiale non fu tale da indurle a legarsi con l'Unione Sovietica nel patto di non aggressione e di sicurezza europea proposto da Stalin, ma finì con il condurle a Monaco, le legò per la garanzia alla Polonia in un patto fatale alla Polonia stessa e costrinse il 3 settembre del 1939 il governo inglese di Chamberlain e sei ore dopo quello francese di Edouard Daladier (1884-1970) a dichiarare guerra alla Germania, una gue"a non gue"eggiata, una gue"a
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fasulla o balorda come fu chiamata, che non arrecò nessun aiuto alla Polonia sommersa in un mese dalle forze armate tedesche. La Francia, che non poteva contare su di una difesa naturale come quella delle isole britanniche, conservò alla fine della prima guerra mondiale la coscrizione obbligatoria che la rivoluzione del 1789 aveva radicato come caratteristica peculiare di uno Stato democratico. Il sistema della nazione in armi fu però più un'affermazione di principio che non una realtà concreta. La necessità di ridurre all'osso le spese militari e di limitare il più possibile la durata della ferma - ridotta a 18 mesi nel 1923 ed a 12 mesi nel 1928 - non consentì la disponibilità di truppe bene organizzate e addestrate. In fatto di pensiero militare e di dottrina non mancarono gli innovatori ed i progressisti tra i quali l'allora colonnello Charles de Gaulle (1890-1970) che fu tra i primi teorici dell'impiego delle unità corazzate. La dottrina ufficiale d'impiego fu ispirata all'azione offensiva, alla tattica dell'attacco per infiltrazione e della difesa elastica secondo concezioni moderne e procedimenti nuovi. I capi politici e militari finirono però in pratica con il mettere in essere un' organizzazione militare aderente più agli schemi tradizionali che non ai requisiti dell'evoluzione prodottasi nelle armi e nei mezzi disponibili. La sicurezza e la difesa del paese furono ricercate in primo luogo nella fortificazione permanente mediante la costruzione di un robusto complesso di opere permanenti - la linea Maginot (22) - presidiata da notevoli forze di copertura che avrebbero dovuto garantire l'arresto del1'eventuale aggressione tedesca contro la quale sarebbero poi intervenute le unità mobili con una poderosa azione controffensiva. «Così, mentre la Germania riusciva a crearsi nel periodo tra le due guerre un esercito molto efficiente formato da un quarto di milione di uomini, la Francia ... aveva poco più di una milizia territoriale dietro le armate che presidiavano le linee difensive» (23). La nazione ritenuta in quel periodo la potenza dotata delle forze terrestri più potenti del mondo disponeva sì di un grosso esercito, ma questo era orientato più alla difensiva che all'offensiva e non possedeva sufficienti capacità d'urto e mobilità. Nonostante la superiorità numerica complessiva in uomini, armamento ed equipaggiamento rispetto all'esercito tedesco, l'esercito francese non fu messo in grado, nel periodo tra le due guerre, di partecipare ad una guerra moderna di vaste proporzioni, tanto è vero che si guardò bene, nonostante il rinforzo del corpo di spedizione britannico - costituito nel settembre del 1939 da due corpi d'armata ciascuno su due divisioni e da un contingente della Royal Air Force - dall'attaccare la Germania sulla sua fronte occidentale mentre questa era impegnata contro la Polonia. Quando nel maggio del 1940 l'esercito francese forte di 80 divi-
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sioni con a fianco 10 divisioni inglesi - in quel momento gli alleati poterono contare su 146 divisioni contro le 126 tedesche - fu attaccato uscì completamente sconfitto dallo scontro durato solo poco più di un mese. «Ciò che si dimostrò fatale per i francesi non fu, come molti credono, il loro atteggiamento difensivo o il famoso complesso della linea Maginot - che pure ebbero un'incidenza notevole sull'impreparazione di quell'esercito e sulla sconfitta - bensì proprio l'aspetto più offensivo del loro piano. Spingendosi in Belgio con la loro spalla sinistra essi fecero il giuoco del nemico e si cacciarono in trappola: proprio come era accaduto nel caso del loro quasi fatale piano XVII nel 1914. L'errore fu tanto più grave, questa volta, in quanto l'avversario era più mobile, potendosi spostare a motore anziché a passo d'uomo. La punizione, inoltre, fu tanto più severa in quanto nell'avanzata della spalla sinistra, compiuta da 3 armate francesi e dagli inglesi, fu impegnata la parte di gran lunga più moderna e più mobile di tutte le forze alleate. A ogni passo in avanti che queste armate compivano nella loro precipitosa avanzata in territorio belga, scoprivano sempre più le loro spalle all'avanzata aggirante di Rundstedt (24) attraverso le Ardenne. Come se ciò non bastasse il cardine dell'avanzata alleata era coperto da poche e scadenti divisioni francesi composte di soldati piuttosto anziani e dotati di un equipaggiamento del tutto insufficiente per quanto riguardava i due tipi di armi più indispensabili: i cannoni anticarro e i cannoni contraerei. Quello di affidare a forze così deboli e inefficienti il compito di coprire il cardine dell'avanzata fu il tocco finale, il degno coronamento della serie di grossolani errori compiuta dall'Alto Comando francese agli ordini di Gamelio e Georges (25). L'avanzata tedesca attraverso le Ardenne fu un operazione astuta e uno straordinario esempio di efficienza» (26). Tali osservazioni e giudizi riferiti soprattutto alla condotta dei capi mettono a nudo anche l'impreparazione generale intellettuale, professionale ed organizzativa e la scarsa capacità combattiva del momento dell'esercito francese.
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Vincere la guerra era stata un'impresa difficilissima che bene o male i generali dell'Intesa erano riusciti a condurre a fine; nel ventennio che seguì, i capi politici non furono altrettanto abili ad evitare una nuova guerra. Tutti i popoli volevano la pace e per la prima volta nella storia, come abbiamo ricordato, il flagello della guerra veniva considerato il massi mo dei mali. La reazione alla guerra era diffusa ovunque. I capi politici
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succedutisi dalla conferenza di Parigi in poi alla guida dei loro paesi o per incapacità culturale, o per insipienza politica, o per superficialità nella valutazione delle situazioni e dei fenomeni, o per malinteso senso di difesa degli interessi nazionali e settoriali, o per altri motivi d'insensibilità o d'insufficienza, contribuirono indistintamente, chi più chi meno, quasi tutti inconsapevolmente o sulla base di calcoli sbagliati o·di rischi azzardati, a preparare la nuova guerra che avrebbe potuto essere evitata e che neppure Hitler, che pure ne fu la causa scatenante, forse voleva. È fuori discussione che le responsabilità maggiori della seconda guerra mondiale ricadano sul nazismo tedesco e sul militarismo nipponico e sulla stessa Unione Sovietica per l'appoggio iniziale dato alla Germania nel1' aggressione alla Polonia, come pure sul fascismo che dal 19 35 in poi sposò senza riserve la politica di Hitler, ma ciò non basta a sollevare dalle loro gravi responsabilità la Francia, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti d'America per essere rimasti indifferenti, inerti, quando non addirittura accondiscendenti, nei riguardi dei regimi totalitari, figli della guerra ed a loro volta provocatori di nuove guerre. È vero che nelle democrazie occidentali dove maggiori erano le speranze nella creazione di un sistema efficace di sicurezza collettiva e dove gli elettori avevano un'influenza più diretta sugli stanziamenti di fondi a fini militari (27) era assai difficile
e delicato condurre una politica estera di decisa fermezza nei confronti dei paesi a regime totalitario e sostenerla con un'aderente ed adeguata politica militare, ma la non risposta, il non aggiornamento dell'indirizzo politico e militare, l'inoperosità insomma di fronte alle graduali iniziative nipponiche e naziste furono quanto meno gravissime colpe di omissione, non semplici atti di negligenza, per cui la responsabilità morale e politica della guerra non può essere addebitata a senso unico. All'infuori del Giappone, della Germania e dell'Unione Sovietica, le altre grandi potenze, compresa l'Italia, rimasero molto indietro sul piano di una concreta efficienza bellica. Il compiacimento per aver vinto la guerra, il conservatorismo proprio degli stati maggiori, la fiducia nella validità dei procedimenti 'tattici e tecnici già sperimentati e la convinzione di un futuro di pace non favorirono il processo dottrinale ed ordinativo, anzi ostacolarono i mutamenti di orientamento e l'adozione delle nuove concezioni che, nate fuori della Germania e dell'Unione Sovietica, trovarono proprio in questi due paesi accoglimento ed attuazione. In generale si può dire che, dovunque, il progresso nelle armi e negli equipaggiamenti fu nel ventennio tra le due guerre in ritardo rispetto al progresso simultaneo nella scienza. Fatta eccezione per gli aerei, le innovazioni tecniche dal 1918 al 1939 furono assai poche. Nell'ambito delle forze terrestri furono accresciute le prestazioni dei carri armati
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(corazza, velocità, armamento, autonomia), nacquero i cannoni controcarri, furono migliorati i mortai che divennero arma di accompagnamento della fanteria, furono perfezionati i fucili mitraglitori sui quali tutti gli eserciti imperniarono la tecnica d'impiego delle minori unità di fanteria e venne accentuata la tendenza alla motorizzazione dei trasporti. L'unica arma nuova che fece la sua comparsa nel 1939 nella guerra navale fu la mina magnetica tedesca che provocò molti danni al naviglio francobritannico. L'aviazione, invece, che aveva rivestito scarsa importanza nella guerra 1914-'18, ebbe nel ventennio uno sviluppo gigantesco e soprattutto fu oggetto di perfezionamenti straordinari e fu essa a dettare le nuove concezioni strategiche e tattiche della guerra terrestre e di quella navale. Il suo impiego strategico rese la guerra più totale. L'aviazione ebbe un ruolo di primo piano fin dal primo anno del conflitto e particolarmente nella battaglia d'Inghilterra nella quale il radar, che rappresenLÒ un'altra arma nuova della fase iniziale della guerra, rese un servizio di capitale importanza alla Royal Jlir Force. Ben altri furono i progressi e la loro rapidità di sviluppo nelle armi e nel materiale bellico in genere durante i cinque anni di guerra, come anche i perfezionamenti delle armi già esistenti (carri, sommergibili, aeroplani) che faranno apparire al termine del conflitto residuati storici le armi dell'inizio. Gli aerei a reazione, i missili teleguidati e la bomba atomica apriranno poi l'epoca scientifico-tecnica della guerra o meglio, porranno fine a quel tipo di guerra che si era iniziato secoli prima con l'apparizione della polvere da sparo. Nelle operazioni terrestri della fase iniziale della seconda guerra mondiale non furono né il numero delle divisioni, né la comparsa di armi nuove, né la qualità dei materiali a determinare i risultati strategici e tattici. Ncssun'arma, che non fosse già nota, venne utilizzata, e nella battaglia di Francia tra le armi tedesche e quelle dei franco-britannici non vi erano sostanziali differenze: i carri armati di cui Hitler disponeva erano meno numerosi e meno potenti di quelli dei suoi avversari (28). Alcuni tra i carri armati alleati, considerati singolarmente, erano più potenti di quelli tedeschi, come ad esempio l'inglese Matilda (29). Si trattò di uno scontro tra idee moderne e idee sorpassate e la vittoria appartenne alle prime. Era accaduto che lo stato maggiore tedesco aveva restituito, nell'intervallo tra le due guerre, il primato all'azione offensiva e conseguentemente nell'elaborazione della dottrina, nell'organizzazione dell'esercito, nell'addestramento e nella elaborazione dei piani operativi aveva onorato i principi di massa, di potenza, di sorpresa e di velocità. Sul piano strategico non aveva inventato nulla di nuovo; utilizzando appieno le caratteristiche della guerra moderna aveva conferito
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alla strategia un'estrema mobilità e si era impeganto a fondo nello studio e nell'applicazione di una tattica e di un'organizzazione che sfruttassero il più possibile le prestazioni dei carri armati e degli aerei al servizio dei principi di potenza e di velocità, sorprendendo così l'avversario con l'intendimento di batterlo prima che potesser pervenire alla stessa tattica ed alla stessa organizzazione. Da qui le profonde penetrazioni strategiche con forze corazzate indipendenti, le incursioni in profondità dei carri armati destinate a tagliare le vie di comunicazione nemiche, l'impiego non più dei carri armati a sostegno della fanteria ma di questa al servizio di quelli, l'impiego degli aerei con il compito di garantire la libertà di movimento e la continuità dello sforzo in profondità delle truppe corazzate, e di sostenere queste fino al sopraggiungere delle fanterie. Tale, in sostanza, la dottrina della Blitzkrieg alla quale la Germania era stata spinta dalla consapevolezza che la guerra dell'epoca industriale sarebbe stata, più di quella del passato, guerra di materiali e che conseguentemente avrebbe dovuto essere la più breve possibile per la Germania, il cui potenziale di materie prime necessarie alle industrie belliche e lo stesso potenziale industriale ed economico erano di gran lunga inferiori a quelli dell'avversario. La tattica studiata per la «Biltzkrieg>> era basata: sulla concentrazione degli sforzi; sulla penetrazione in profondità senza ritardi; sulla ricerca della sicurezza, della rapidità delle manovre e degli atti tattici e sulla assoluta determinazione di sopraffare e disperdere l'avversario. La battaglia e lo stesso combattimento non erano più problemi delle sole forze terrestri, ma del binomio forze terrestri-forze aeree, le quali ultime dovevano cooperare con l'artiglieria da campagna attaccando obiettivi terrestri, demoralizzando le unità nemiche e rifornendo le forze di attacco di uomini e di materiali, mentre i carri armati, appoggiati dalla fanteria, dall'artiglieria e dall' aviazione, dovevano creare le brecce nello schieramento nemico e proseguire poi anche da soli in profondità preceduti, quando necessario, da paracadutisti o seguiti, in altri casi, da truppe aviotrasportate. Protagonisti della lotta diventavano così i carri armati e gli aerei, e perché i secondi potesero adempiere tutti i loro compiti era necessario che essi conquistassero la superiorità aerea - solo in termini di potenza aerea, il fattore di gran lunga più decisivo, egli (Hitler) godeva di una chiara superiorità (30) - e che si specializzassero nei vari compiti. A tale ultimo fine i tedeschi avevano costruito gli ottimi bombardieri Junker 88, i bombardieri in picchiata Junker 87, i caccia Messerschmitt 109 e 110 con i quali iniziarono la guerra e condussero le invasioni della Polonia, della Norvegia e dell'occidente. La prova decisiva della validità della dottrina e dell'organizzazione
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tedesche fu data soprattutto dalla battaglia di Francia <<uno dei più impressionanti esempi offertici dalla storia dell'effetto decisivo di una nuova idea, tradotta in pratica da un esecutore dinamico (31)»_ Un'idea - frutto di una nuova scuola di pensiero sviluppatasi in Gran Bretagna dopo la prima guerra mondiale e di cui il Royal Tank Corps era stato il primo a dare una dimostrazione nella pratica dell'addestramento (32) - che era stata accolta in Germania da parte di molti generali con uno scetticismo non minore di quello delle autorità inglesi e francesi, ma che tradotta in pratica dal generale tedesco Heinz Guderian (33), nonostante i dubbi e le indecisioni dello stesso Hitler e degli altri superiori del generale, ebbe un risultato altrettanto decisivo di quelli che avevano coronato l'applicazione di altre idee nuove in precedenti epoche storiche: l'impiego del cavallo, la lancia, la falange, la versatilità della legione, l'ordine obliquo, l'arciere a cavallo, l'arco, il moschetto, il cannone, l'organizzazione degli eserciti in divisioni separate e manovrabili. Anzi l'idea del carro armato si dimostrò decisiva forse in modo ancora più immediato (34). Ossequio ai principi strategici tradizionali, integrale sfruttamento dei mezzi di combattimento moderni, concezioni tattiche e ordinative nuove e progredite, preparazione professionale dei quadri e addestramento delle unità spinti al parossismo, accurata organizzazione del comando e logistica, disponibilità di capi, come appunto il Guderian ed altri, in grado di esercitare l'azione di comando con competenza, capacità e determinazione eccellenti: questo il patrimonio che l'esercito tedesco si era impegnato a procurarsi nell'intervallo tra le due guerre e che poté mettere a frutto nella fase iniziale del conflitto. I brillanti risultati che ne trasse in tale fase sbalordirono tutti, molti degli stessi capi militari tedeschi, mortificarono i paesi e gli eserciti che avevano inventate ed esperimentate alcune delle novità senza trarne, quali che fossero stati i motivi dell'omissione, le conseguenze applicative, e determinarono un processo di necrosi degli eserciti che avevano continuato a ragionare e ad organizzarsi nei termini della guerra 1914-'18. La sconfitta finale alla quale andò poi incontro l'esercito tedesco sui vari campi di battaglia dipese da motivi e da errori di carattere polito e strategico e dal fatto che gli alleati poterono adeguarsi alle nuove tecniche tedesche grazie alla disponibilità di un potenziale bellico pressoché illimitato. Nella evoluzione del processo scientifico e tecnologico che quella disponibilità favoriva , riuscirono a mettere in campo armi e mezzi nuovi e ad accrescerne enormemente il numero, migliorando e perfezionando inoltre le prestazioni di quelli già esistenti. A questo punto ci sembra di poter chiudere i richiami sommari fatti alla politica delle grandi potenze mondiali durante l'intervallo di pace
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degli anni 1918-'39 ed alle concezioni ed organizzazioni delle loro forze armate e, in particolare, dei loro eserciti; tali richiami, sebbene per sommi capi e non completi, ci sono sembrati sufficienti per passare ora ad illustrare il contesto generale nel quale s'inserì la politica militare italiana, e ad analizzare quali furono gli sviluppi della dottrina e dell'organizzazione d'impiego dell'esercito nel periodo di maturazione della seconda guerra mondiale, alla quale l'esercito italiano dové partecipare in una situazione che ebbe in sé fin dall'inizio non solo il germe della sconfitta finale, ma anche le premesse di tutti gli insuccessi strategici e tattici subiti sulle varie fronti in circa 40 mesi d'impegno. Questi furono illuminati solamente dal senso del dovere e della disciplina, dallo spirito di sacrificio e di adattamento, dalla dedizione all'ideale di Patria senza aggettivi che animarono la grandissima maggioranza dei combattenti e dalle numerose prove di coraggio e di valore di singoli e di intere unità. Per il resto fu buio assoluto.
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NOTE AL CAPITOLO XX (1) La Società delle Nazioni o Lega delle Nazioni fu istituita il 10 gennaio 1920 e cessò praticamente di esistere con l'invasione tedesca della Polonia nel 1939. Membri originari furono la Francia, la Gran Bretagna, il Giappone, l'Italia e i tredici Stati rimasti neutrali durante la guerra. Ad essi si aggiunsero via via altri in seguito ad ammissione approvata da due terzi dei membri preesistenti. Scopo fondamentale della Lega era di assicurare il mantenimento della pace internazionale, ed il suo ristabiHmento, se fosse stata turbata, mediante la vigilanza e l'intervento collettivo degli Stati membri operanti tramite gli organi della Lega. La Lega perseguì anche finalita di progresso umano favorendo la collaborazione degli Stati nel campo delle scienze, dell'economia, del lavoro, della sanità e della lotta contro le piaghe sociali. Organi della Lega erano: l'Assemblea, che comprendeva le delegazioni di tutti gli Stati membri; il Consiglio che constava di due tipi di membri: permanenti (le 5 «potenze alleate ed associate» durante la guerra) e temporanei (4 designati dal!' Assemblea); il Segretariato, concepito come organo tecnico, divenuto in pratica un centro di potere anche nella trattazione dei problemi concreti di politica internazionali coinvolgenti la Lega; gli organi specializzati, fra i quali, in particolare, di carattere permanente, le Commissioni per la cooperazione intellettuale, per la lotta contro la schiavitù, per le questioni sociali, per la lotta contro il traffico illecito dei narcotici, per le questioni sociali, ecc. Istituzioni collaterali furono l'Organizzazione Internazionale del Lavoro e la Corte permanente di giustizia internazionale. (2) Trattato di Versailles: 28 giugno 1919 tra la sconfitta Germania e le 27 potenze alleate. Trattato di Saint Germain en Laye: 10 settembre 1919 tra l'Austria e le potenze dell'Intesa. Trattato di Neuilly-sour-Scine: 27 novembre 19 19 tra la Bulgaria e le potenze dell'Intesa. Trattato del Trianon: 4 giugno 1920 tra l'Ungheria e le potenze dell'Intesa. (3) Patto a Quattro: accordo del 7 giugno 1933 approvato a Roma dai delegati della Germania, Francia, Gran Bretagna e Italia per il quale le quattro nazioni s'impegnavano a regolare concordemente le questioni europee. (4) Patto Anticomintern: convenzione firmata il 25 novembre 1936 a Berlino in base alla quale Germania e Giappone s'impegnavano a cumballert: le attività sovversive e le minacce alla pace dell'Internazionale comunista (Comintern). Con la successiva adesione d ell'Italia (6 novembre 1937) si crearono le premesse del futuro Patto tripartito. Altri aderenti furono il Manchukuo, l'Ungheria, la Spagna e poi la Bulgheria, la Romania, la Slovacchia, la Danimarca, la Croazia, la Finlandia e la Cina. Il Patto tripartito fu l'alleanza conclusa il 27 novembre 1940 a Berlino tra Germania, Italia e Giappone, che s'impegnavano al pieno appoggio reciproco in caso di attacco a uno dei tre paesi da parte di una potenza non ancora belligerante. Il patto, che la Germania invano tentò di estendere all'Unione Sovietica, prevedeva anche un abbozzo di spartizione del mondo: Germania e Italia avrebbero creato un «nuovo ordine» in Europa, il Giappone in Asia. Al patto aderirono successivamente i paesi satelliti dell'Asse. (5) Conferenza e Patto di Monaco: 29 settembre 1938. Vi parteciparono la Germania, l'Italia, la Francia e la Gran Bretagna. La Francia e la Gran Bretagna (Daladier e Chamberlain), preoccupate di evitare la guerra, accolsero, con la formale mediazione dell'Italia (Mussolini), le pretese tedesche (Hitler) nei confronti della Cecoslovacchia, consegnando alla Germania l'intero territorio dei Sudeti. li governo di Praga non poté che rassegnarsi alla volontà delle 4 potenze. Il patto segnò il culmine della politica franco-britannica di acquiescenza nei confronti dell'esp,msionismo nazista.
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(6) fohn Frederick Charles Ful/er (1878-1926). Scrittore inglese di storia militare, stratega e pioniere dell'arma corazzata. Partecipò nel 1899 alla guerra del Sud-Africa e dal 1915 al 1918 alla 1 • G.M. in Francia. Come ufficiale addetto alle operazioni del Corpo dei Carri Armati pianificò il primo grande assalto in massa di carri nella battaglia di Cambrai nel novembre 1917. Sull'esperienza della 1 • guerra mondiale scrisse libri di tattica; dopo il passaggio nella riserva, scrisse circa le conseguenze politiche e sociali della guerra, ed anche libri di storia militare. La sua influenza sul pensiero di un'intera generazione europea fu molto grande, ed è legata più ai problemi generali che non a quelli settoriali. (7) Basi/ Henry Lidde// Hart (1895-1970). Scrittore militare inglese che ebbe una grande influenza sul pensiero strategico del XX secolo. Servi nell'Esercito britannico come ufficiale di fanteria durante la 1 • guerra mondiale, e fu ad Ypres sulla Somme. Si ritirò dal servizio con il grado di capitano nel 1927. Nel suo primo libro, «Infantry Training Manual», del 1920, sostenne la validità della tattica d'infiltrazione. Formulò poi la teoria dell'importanza del potere aereo e della mobilità, meccanizzazione, corazzatura dei mezzi per il combattimento terrestre. Le sue teorie sui mezzi corazzati furono accolte con favore in Germania e, solo dopo molte apposizioni, in Inghilterra. Scrisse oltre trenta opere, tra le quali fondamentali le Memorie, i Carri, la Storia della prima guerra mondiale, la Storia della seconda guerra mondiale, la Guerra futura. (8) Giulio Douhet (1869-1930), ufficiale e teorico militare italiano. Teorizzò la funzione e il futuro impiego dell'aeronautica e nel 1912 fu, da maggiore di artiglieria, il primo C.te
del btg. aviatori. Colonnello nella 1 • G.M., l'audacia di alcune sue posizioni gli valse l'ostilità dello stato maggiore e l'allontanamento dal servizio. Espresse le sue tesi in numerosi volumi: TI dominio dell'aria (1921), I probabili aspetti della guerra futura (1928), ecc. nei quali previde la forza risolutiva dell'aviazione nei conflitti futuri e ne illustrò le implicazioni strategiche e tattiche. (9) Charles de Gaulle (1890-1970) generale e statista francese. Nell'intervallo tra le due guerre propugnò in alcuni scritti l'esercito di professione e la strategia basata sui mezzi corazzati piuttosto che su rigide linee fortificate. Ciò lo pose in conflitto con lo stato maggiore francese per cui nel 1936 abbandonò il consiglio superiore di guerra di cui era segretario dal 1932. (10) Vidkun Quisling (1887-1945) militare e uomo politico norvegese. Ministro della Difesa (1931-'33), fondatore dell'Unione Nazionale, d'ispirazione fascista, quando le truppe del teno Reich invasero la Norvegia collaborò con i nazisti diventando capo del governo nel 1942. Il suo nome è entrato nel vocabolario politico come sinonimo di collaborazionista. (11) B.H. Liddell Hart, Storia della seconda guerra mondiale, Arnaldo Mondadori. Verona, 1971, pg. 30.
(12) Adam B. Ulam, Storia della politica estera sovietica (1917-1967), Rizzoli editore, Milano 1970, pg. 314. (13) Ibidem, pg. 318. (14) Gli sforzi per la limitazione degli armamenti ebbero inizio fin dal 1921 quando, dal 13 novembre di tale anno al 6 febbraio di quello successivo, si tenne a Washington la prima conferenza per il disarmo navale alla quale parteciparono gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la Francia, il Giappone, l'Italia, il Belgio, i Paesi Bassi, il Portogallo e la Cina. La conferenza si concluse con la firma di 3 trattati distinti: il Trattato delle quattro potenze (Stati Uniti, Gran Bretagna, Giappone e Francia) con il quale venne garantito lo status quo dei possedimenti e dei domini occidentali nell'Estremo Oriente; il Trattato delle Nove Potenze con il quale tutti gli Stati partecipanti alla conferenza riconohhero la ~ovranità della Cina
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ed affermarono il principio della porta aperta; il Trattato delle Cinque Potenze con il quale venne stabilito il rapporto massimo proporzionale delle sole navi da battaglia tra gli Stati Uniti (5), la Gran Bretagna (5), il Giappone (3), la Francia (1,5) e l'Italia (1). Alla conferenza di Washington fece seguito quella di Londra del 1930 nella quale, però, la Francia e l'Italia non accettarono le proporzioni di tonnellaggio del naviglio da guerra proposte dagli altri Stati. Il tentativo di un nuovo accordo per la riduzione dell'armamento navale da guerra esperito di nuovo a Londra nel 1935 faID anch'esso per il ritiro dalla conferenza del Giappone e per la diserzione dell'Italia dalle riunioni conclusive. In esecuzione dell'articolo 8 del patto costituivo della Lega delle Nazioni, che faceva obbligo agli Stati membri di «ridurre gli armamenti nazionali al limite compatibile con la sicurezza dello Stato e con l'azione comune intesa ad assicurare l'adempimento degli obblighi internazionali», si riunì a Ginevra nel 1932 la Conferenza mondiale per il disarmo, la cui convocazione, decisa finalmente nel 1931, aveva richiesto quasi un decennio di preparazione. Le difficoltà obiettive del tema, collegato ad una serie complessa e delicata di molti fattori di ordine vario - culturale, sociale, industriale, finanziario, di posizione geostrategica, di definizione del concetto di sicurezza e della quantità e qualità degH armamenti terrestri, navali ed aerei per garantirla, di raffronto tra i potenziali bellici, di grado dello sviluppo scientifico e tecnico, ecc - furono aggravate durante la discussione da un altrettanto intricata molteplkità di remore di carattere politico e procedurale frapposte dai vari paesi. Tutto il lavoro di preparazione e quello dei primi sviluppi della conferenza andarono in fumo per il ritiro nel 1933 della delegazione tedesca disposto da Hitler in contemporaneità dell'annunzio del riarmo unilaterale della Germania. (15) Adam B. Ulam., op. cit., pg. 309. (16) Richard A. Preston e Sydney F. Wise, Storia sociale della guerra, Mondadori Editore, Verona, 1973, pg. 355. (17) Trattato di Rapallo: 2 novembre 1920, concluso tra Italia {Giolitti e Sforza) e la Jugoslavia {Vesnié e Trumbié). Il secondo Trattato di Rapallo fu concluso il 16 aprile 1922 tra l'Unione Sovietica (Cicorin) e la Germania di Weimar (Rathenau). Con esso i due Stati rinunciavano a chiedersi reciprocamente i danni di guerra e le riparazioni, ripristinavano i rapporti diplomatici e consolari, si accordavano nei rapporti economici e, infine, la Germania rinunciava a chiedere indennizzi per le ex imprese tedesche nazionalizzate nell'Unione Sovietica a condizione che non fossero accordati indennizzi ad altri paesi per lo stesso motivo. Il trattato pose fine all'isolamento nel quale si trovavano i due Stati dalla rivoluzione dell'ottobre del 1917 e dalla capitolazione tedesca del novembre del 1918. (18) Governo Orlando dall'ottobre 1917 al giugno 1919; 1° governo Nitti giugnonovembre 1919; 2° governo Nitri dal dicembre 1919 al maggio 1920; 3° governo Nitti maggiogiugno 1920; governo Giolitti dal giugno 1920 al maggio 1921; 2 ° governo Giolitti giugnoluglio 1921; governo Bonomi dal luglio 1921 al febbraio 1922; 1° governo Facta febbraioagosto 1922; 2° governo Facta agosto-ottobre 1922. (19) L'Albania con l'accordo di Tirana dell'agosto 1920 era stata riconosciuta Stato indipendente e l'Italia, in seguito all'accordo, aveva ritirato le truppe da Valona conservando l'isola di Saseno. Il 17 dicembre 1920 la conferenza di Parigi aveva riconfermato l'indipendenza. Nel marzo del 1926 l'Albania strinse con l'Italia il Patto di Tirana e nel novembre del 1927 una vera e propria alleanza. Subito dopo l'occupazione dell'Albania (aprile 1939), il re Zogu fu costretto a fuggire: Vittorio Emanuele Ili fu proclamato re di Albania. (20) B.11. Liddell Hart, op.cit., pg. 280. (21) Ved.s precedente nota n° 14.
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(22) André Maginot (1877-1932), uomo politico francese, deputato di sinistra, sottosegretario alla guerra (1913-1914) e più volte ministro dal 1917 al 1932, fece approvare la legge per creare il sistema difensivo di fortificazione permanente della frontiera nord-est della Francia. Tale linea consisteva in un notevole complesso di solide costruzioni in cemento armato ed era completata con sbarramenti nei punti di passaggio obbligato e con immense difese campali. (23) Richard A. Preston e Sydney F. Wise, op.cit., pg. 349. (24) Kar/ von Rundstedt (1875-1953) generale tedesco e poi feldmaresciallo (19 luglio 1940). Fu posto al comando del gruppo armate sud durante la guerra contro la Polonia e nel maggio del 1940 ebbe da Hitler l'incarico di sfondare la linea Maginot nel quadro di esecuzione dal «Piano Giallo» elaborato dal generale e poi feldmaresciallo Erich von Lewinski von Manstein (1887-1973). Quest'ultimo, che Liddell Hart giudicò «il migliore generale tedesco della seconda guerra mondiale», e von Rundstedt, che il generale Eisenhower considerò «il più capace generale tedesco» e il feldmaresciallo Montgomery «il migliore generale tedesco che ho avuto di fronte in questa guerra» furono certamente tra i più preparati e capaci capi tedeschi ed ebbero grandissima parte anche nelle campagne successive a quella polacca ed a quella francese. (25) Maurice Gustave Game/in (1872-1958), generale francese. Nel 1931 fu nominato capo di stato maggiore dell'esercito francese e nel 1935 comandante in capo. Diresse le forze francesi e inglesi dal 3 settembre 1939 al 19 maggio 1940 quando, dopo il crollo della fronte, fu esonerato dal comando. Alphonse-Joseph Georges (1875-1951), generale francese che comandò l'esercito alleato del nord-est allo scoppio della seconda guerra mondiale. (26) B.H. Liddell Ilart, op.cit., pg. 96-97. (27) Richard A. Preston e Sydney F. Wise, op. cit., pg. 353.
(28) B.II. Liddell Ilart, op.cit., pg. 91. (29) Feldmaresciallo Montgomery, Storia delle ?,uerre, Rizzoli editore, Milano 1970, pg. 532. (30) l:I.H. Liddell, Hart. op. cil., pg. 91. (31) Ibidem. pg. 91. (32) Ibidem. pg. 92. (33) Heinz Guderian, generale tedesco (1888-1954). Ufficiale nella prima guerra mondiale, si dedicò poi agli studi di strategia militare e di tattica (Achtung! Panzer, 1937). Affermatosi come il maggiore teorico tedesco nella guerra dei corazzati, ispettore delle truppe celeri nel 1938, comandò poi il XIX corpo d'armata corazzato, un Panzergruppe nel giugno del 1940, una Panzerarmee nell'ottobre del 1941. Fu sui campi di battaglia di Polonia, di Francia (nelle Ardenne), dell'Unione Sovietica (davanti a Mosca). Esonerato da Hitler proprio per l'insuccesso della battaglia di Mosca, fu da Hitler stesso richiamato nel marzo del 1943 e fu capo di stato maggiore dal luglio 1944 al marzo 1945 . Fu prigioniero degli alleati fino al 1950. Scrisse Erinnerungen egines Soldaten (1951). (34) B.II. Liddell llart, op. cit., pg. 92.
CAPITOLO XXI
GLI ORDINAMENTI DELL'ESERCITO ITALIANO DAL 1918 AL 1926. 1. L'incertezza de/la, situazione. 2. L'ordinamento A/bricci. 3. L 'ordinamento Bonomi. 4. La <<nazione armata» nei progetti di Gasparotto e Di Giorgio. 5. L 'ordinamento Diaz. 6. Evoluzione dell'organizzazione di comando de/l'amministrazione centrale e di quella periferica. 7. La legge che costituisce la, carica di capo di stato maggiore generale e la legge per la mobilitazione nazionale. 8. Lo sviluppo della rego/a,mentazione dal 1918 al 1926. 9. L 'ordinamento Mussolini.
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Le tremende sofferenze subite ed il dissesto morale ed economico del primo dopoguerra accesero un po' dovunque il desiderio di una pace internazionale duratura e tolsero il favore della pubblica opinione alle istituzioni militari. I sacrifici fatti avevano esaurito ogni disponibilità a sopportarne altri. La posizione privilegiata di isolamento e la tradizione del volontariato facilitarono negli Stati Uniti ed in Gran Bretagna l'immediata rinunzia alla coscrizione obbligatoria ed il ritorno dei due eserciti ad un modesto contingente di volontari. In Francia, dove prevalse inizialmente la scelta di un esercito professionale permanente, alle cui spese fare fronte con la tassazione, nel 1924, dopo l'avvento al potere del Cartello delle sinistre, il Parlamento decise il ritorno alla concezione della obbligatorietà. In Italia il problema sulla natura dell'esercito futuro si pose in termini molto radicali e più che del dilemma tra coscrizione obbligatoria ed esercito professionale si discusse di quello dell'abolizione totale o della riduzione al minimo delle spese militari. Uscita vittoriosa dalla guerra, ma sconfitta dalla conferenza di Parigi, unica delle potenze dell'Intesa, l'Italia visse gli anni del primo dopo guerra nel caos politico, sociale ed economico che ebbe il suo sbocco finale nella perdita delle libertà e delle guarentigie statutarie conquistate nella lotta risorgimentale. La disfatta diplomatica debilitò ulteriormente l'autorità ed il
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prestigio dello Stato nei rapporti interni ed internazionali, scavò un primo solco separatore tra il Paese e le potenze ex alleate, inasprì la lotta politica tra pacifisti e rinunciatari da una parte e nazionalisti e sostenitori della riscossa dall'altra; questi ultimi si sentirono defraudati di ciò che ritenevano di aver guadagnato con tante lacrime, sacrifici e sangue. I movimenti contro le istituzioni militari giunsero al vilipendio, all'ingiuria ed alla violenza morale e fisica. «Il mondo va a sinistra, la sinistra è la pace, la pace è disarmata» divenne lo slogan martellato quotidianamente da buona parte della stampa ed anche uomini politici responsabili e moderati, già meritevoli di considerazione per i loro atteggiamenti ed atti, si lasciarono sopraffare dal conformismo, dalla paura e dai sentimenti di parte. Il ministro della guerra, onorevole Bonomi, rifiutò, per paura di scioperi generali e di dimostrazioni popolari ostili, l'invio di rinforzi al contingente militare italiano in Albania; il presidente del Consiglio, onorevole Giolitti, arrivò a dire «meglio la rivoluzione che un'altra guerra» e si affrettò a ritirare le unità italiane dall'Albania umiliando l'esercito; un altro presidente del Consiglio, l'onorevole Nitti, amnistiò i disertori e gratificò con il titolo di traditori i volontari fiumani datisi ad un'impresa che, al di sopra di ogni interpretazione di comodo o di parte, non fu certamente diretta ad attentare alla personalità dello Stato. Il marasma politico generale e lo sfacelo dei poteri statali non potevano non avere conseguenze sulla compattezza e sulla disciplina del1'esercito e non indurre molti, tra i quali anche capi militari di chiara fama, ad avvicinarsi al fascismo, specialmente dopo l'abiura delle idee repubblicane, in quanto movimento politico che prometteva la restaurazione dell'ordine, la rivalutazione dei valori morali nazionali, ripudiati e vilipesi da molti tra la passività e l'indifferenza degli altri, il rispetto delle istituzioni militari minacciate da più parti di morte, la resurrezione di un Paese che tornasse ad essere ascoltato all'estero in forza della sua concordia interna e la liberazione da quel senso di sfiducia generale nelle possibilità della ripresa economica ostacolata, oltre che dalle gravi difficoltà obbiettivamente esistenti, anche dall'incertezza e debolezza della classe politica larga di promesse demagogiche e povera di capacità di governo. In una situazione siffatta - nella quale non esistevano linee di politica estera, o quanto meno esse erano confuse e labili, e quelle della politica interna non si dimostravano capaci a ripristinare in primo luogo l'impero della legge contro i delitti dei vari estremismi - nessuno spazio era disponibile per la definizione della politica militare strettamente legata in un rapporto d'interdipendenza con le altre e, in particolare, con quella estera. L'instabilità dei ministeri - 12 ministri della guerra
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dal novembre del 1918 all'aprile del 1925 (1) - l'alternanza di ministri militari e di ministri civili, il conservatorismo delle alte gerarchie militari convinte che poco vi fosse da mutare in un esercito reduce da una guerra vittoriosa, le discordie dei generali divisi oltre che dalla diversità delle opinioni che manifestavano anche, e forse soprattutto, dalle gelosie, delle ambizioni e dalle rivalità personali, le lotte per il controllo del1'esercito divenute più aspre dopo il delitto Matteotti quando molti generali rettificarono il loro giudizio sul fascismo e se ne allontanarono - altri continuarono ad appoggiarlo favorendone la continuità e procurandosi vantaggi personali - furono tutti insieme un altro dei fattori che concorsero a rendere dubbie le stesse scelte di carattere tecnicomilitare adottate in un clima di turbinose passioni e non di attenta meditazione sulla recente esperienza, di serena prudenza nella valutazione del presente e di grande apertura nella preparazione del futuro. Mancò una politica militare e conseguenzialmente l'elaborazione di un programma razionale ed armonico di rinnovamento dottrinale e ordinativo e di ammodernamento delle armi e dei mezzi. L'esercito visse alla giornata ed alla mercé degli uomini politici, vale a dire nell'incertezza e nella provvisorietà, nei limiti della precarietà contingente, senza darsi una nuova dottrina d'impiego e senza riuscire a mettersi addosso una veste ordinativa che non fossero troppo larga o troppo stretta. Eppure mai, come nel periodo che va dal 1919 al 1926, gli studi e i dibattiti sulle questioni e sulle materie militari erano stati all'interno dell'esercito altrettanto fervorosi, vivaci e ricchi di idee e di proposte anticipatrici dei tempi. La Rivista militare e le molte altre pubblicazioni periodiche, di carattere militare e non, furono sedi di discussioni culturali e tecniche di altissimo pregio che smentiscono il luogo comune dell'inerzia del pensiero militare italiano. Il dominio dell'aria del Douhet fu pubblicato nel 1921 quando in nessun altro paese erano state teorizzate l'evoluzione futura della guerra e la funzione che vi avrebbe avuto il potere aereo, ma, a parte il Douhet (2), teorico di fama mondiale osteggiato e contestato dal1'establishment ufficiale, non mancarono storici e teorici militari che, sulla base dell'esperienza della prima guerra mondiale, indicarono strade di sviluppo della dottrina e della tecnica d'impiego i cui postulati saranno confermati dagli eventi futuri. Nonostante la ricchezza di tesi e d'indirizzi la dottrina ufficiale rimase ferma fino al 1926 alle Direttive emanate dal Comando Supremo nel settembre del 1918 ispirate ed improntate alle caratteristiche dell'attacco in grande stile condotto da masse articolate in due aliquote principali - una di rottura, l'altra di manovra - e della difesa imperniata su sistemi organizzati in profondità ciascuno a dnplice fascia - una di osservazione e una di resistenza - delle
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quali la prima presidiata da nuclei di forza radi e la seconda articolata in profondità su tre strisce: una di combattimento che rappresentava l'ossatura della resistenza statica, una dei rincalzi e una delle riserve che rappresentavano le basi di partenza per le reazioni di movimento ai due diversi livelli (3). Le Direttive aveva segnato senza dubbio un salto di qualità, rispetto alla regolamentazione precedente, circa l'impiego delle grandi unità su terreni organizzati, ma a guerra finita la ripresa delle concezioni dinamiche della lotta, in contrapposizione alle manifestazioni prevalentemente statiche che si erano avute in passato, avrebbe imposto una larga revisione dei criteri e dei procedimenti d'impiego meglio armonizzandoli alla fisionomia del campo di battaglia degli ultimissimi mesi di guerra. In questo settore non vi fu, invece, nessuna evoluzione e la regolamentazione che vide la luce in quel periodo trattò, come vedremo più avanti, solo argomenti di tecnica d'impiego d'arma, rimasta anche questa arretrata addirittura rispetto alle Direttive e con segni evidenti di sfasatura. Dove il passaggio dal dibattito teorico all'impegno operativo non ammise tempi lunghi fu nel settore dell'ordinamento nel quale - malgrado l'immaturità dei tempi per riflessioni definitive sull'esperienza bellica, per elaborazioni compiute di nuove ipotesi operative relate alla situa:done internazionale ed all'andamento del nuovo confine nazionale, per deduzioni decisive sui nuovi indirizzi dottrinali - si rese improrogabile la scelta di un punto di arrivo per la smobilitazione e di una corni-
ce provvisoria entro cui raccogliere quella parte di esercito che si riteneva di dover conservare.
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A tale fine il Comando Supremo inviò nel febbraio del 1919 al ministro della guerra un progetto di ordinamento provvisorio avente come presupposti il mantenimento della coscrizione obbligatoria e l'obbligatorietà del servizio militare per tutti i cittadini, salve pochissime eccezioni. Due i criteri-base del progetto: la massima indipendenza possibile della struttura ordinativa dell'esercito di pace dalla consistenza della forza bilanciata e dalla durata della ferma e la massima economicità possibile della struttura stessa, fermo restando che questa dovesse essere stabilita in rapporto alle unità di guerra. I punti qualificanti del progetto erano: la riduzione della durata della ferma ad un anno riducibile ad 8 mesi per tutte le armi ad eccezione della cavalleria e di pochissime altre specialità a condizione che venissero assicurate la disponibilità
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quantitativa e qualitativa degli ufficiali e dei sottufficiali d'inquadramento e di mobilitazione; un'adeguata preparazione premilitare delle reclute e la piena utilizzazione del periodo di ferma ad esclusivo vantaggio dell'addestramento; la riduzione della forza bilanciata - che nel periodo prebellico aveva oscillato tra i 225 mila uomini dell'esercizio finanziario 1909-'10 ai 250 mila dell'esercizio 1913-'14 - a 210 mila uomini mediante la chiamata del contingente annuo in 3 periodi diversi, in uno dei quali l'intera classe di leva avrebbe dovuto trovarsi contemporaneamente alle armi, e mediante il contenimento del limite minimo della forza non al di sotto dei 122 mila uomini e di quello massimo non al di sopra dei 255 mila (esclusi i richiamati). Durante gli 8 mesi di discussioni e di scambi di vedute che precedettero la presentazione del disegno di legge (4) da parte del generale Albricci (5), ministro della guerra, il generale Diaz, capo di stato maggiore, non mancò di ribadire che la condizione fondamentale per la validità del progetto era <<che durante gli 8 mesi di ferma, l'esercito non fosse distolto dalle istruzioni e che in caso diverso non basterebbe più la ferma di 8 mesi, ma sarebbe necessario prolungarla» (6). Concetto che venne ripreso dal generale Albricci nella relazione di accompagnamento del progetto nella quale, tra l'altro, si leggeva: «A tali caratteristiche» - cioè quelle che abbiamo sopra indicate - «alla cui attuazione non si potrà giungere che gradatamente ed in prosieguo di tempo, occorre evidentemente che risponda una struttura dell'esercito tale da garantire l'efficienza dell'esercito in caso di mobilitazione, e quindi consentire un completo addestramento del contingente nel breve periodo di permanenza alle armi; e perciò occorre un sufficiente numero di unità e un inquadramento con ufficiali e sottufficiali raffermati atti a rispondere all'importantissimo compito. Pur tenuto presente le anzi dette esigenze, le ben note necessità delle finanze dello Stato hanno imposto di infonnare la progettata sistemazione del!'esercito al criterio di rigorosa economia e della migliore utilizzazione della spesa .. . ed infine colla forza bilanciata al minimo indispensabile, si ritiene di aver contenuto la spesa per l'esercito stesso nei limiti consentiti dalla potenzialità economica del paese, e di avere efficacemente assicurata la difesa nazionale, imprenscindibile necessità di ogni ordine civile, pur senza pregiudicare quelle ulteriori trasformazioni dell'organismo militare che potranno essere consigliate in avvenire». Frattanto nel dicembre del 1918 ebbe inizio la smobilitazione che il generale Caviglia (7) decise di sospendere successivamente dinanzi allo sfavorevole andamento delle trattative di Parigi - con carattere di gradualità e di lentezza suggerito, oltre che dall'incertezza della situazione internazionale, dalla remora di reimmettere di colpo nel Paese
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l'ingente massa di uomini in un periodo nel quale la crisi economica, aggravata dal passaggio all'economia di pace, costringeva a chiudere le fabbriche od a ridurre i livelli di produzione. La lentezza dell'operazione generò per contro inquietudini e malumori e mantenne elevato, senza nessuna corresponsione produttiva, l'onere delle spese militari fino al livello di due miliardi al mese. Quando l'onorevole Nitti sostitul come presidente del Consiglio 1'onorevole Orlando si rivolse al generale Diaz ed al generale Badoglio (8) per un più rapido andamento della smobilitazione e per una economica normalizzazione dell'esercito e, trovatili consenzienti, sostituì il generale Caviglia con il generale Albricci come ministro della guerra, ma a parte la decisione di sospensione adottata dal Caviglia, le operazioni di smobilitazione erano di per sé necessariamente lente e riguardavano 3 .044.414 uomini, quanti erano i soldati al momento dell'armistizio (2 .232.976 combattenti e 811.438 territoriali), 185. 955 dei quali erano ufficiali (21.926 in servizio permanente, 437 in congedo provvisorio, 2218 in posizione ausialiaria, 105.491 di complemento, 48.314 della milizia territoriale, 7 .569 della riserva) . Le classi interessate erano 27 , dal 1874 al 1900, per cui la smobilitazione durò oltre i primi mesi del 1920. L'ordinamento Albricci - così chiamato dal ministro che lo propose e lo fece approvare - prese come punto di riferimento l' «ordinamento Spingardi» del 1910 rispetto al quale aumentò il numero delle unità in relazione all'incremento della popolazione e del territorio, introdusse alcune innovazioni importanti - costituzione di un gruppo di carri armati, ampliamento e potenziamento dell'aeronautica, creazione di nuove specialità (radiotelegrafisti, automobilisti, artiglieria antiaerea) ereditate dalle riforme del Cadorna e dall'evoluzione dei mezzi d'impiego -, ridusse le armi a cavallo ed il traino animale e snelll l'intera organizzazione militare mediante il decentramento di organi e servizi . In particolare, furono aumentati da 4 a 5 i comandi designati di armata, da 12 a 15 i comandi di corpo d'armata, da 25 a 30 le divisioni di fanteria di linea, da 47 a 53 i comandi di brigata di fanteria di linea, da 3 a 4 i comandi di brigata alpina, da 12 a 22 le legioni carabinieri, da 94 a 106 i reggimenti di fanteria di linea, da 8 a 9 i reggimenti alpini, da 2 a 3 i reggimenti di artiglieria da montagna, da 2 a 15 i reggimenti di artiglieria pesante campale, d a 2 a 3 i depositi scuola antiaerei, da 6 a 15 i battaglioni genio zappatori e genio telegrafisti, da 88 a 130 i comandi di distretto militare; furono, invece, diminuiti da 3 a 2 i comandi di divisione di cavalleria e da 8 a 6 i comandi di brigata, da 29 a 16 i reggimenti di cavalleria, da 36 a 30 i reggimenti di artiglieria da campagna, da 12 a 6 i reggimenti di artiglieria pesante, da 10 a 4 i reggi-
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menti di artiglieria da fortezza o da costa; conservarono la consistenza prebellica la brigata (1) ed i reggimenti (2) granatieri, i reggimenti bersaglieri (12), il reggimento artiglieria a cavallo ordinato su 2 anziché 4 gruppi, i reggimenti genio pontieri-lagunari (1), battaglione minatori (1), battaglione ferrovieri (1); furono costituiti ex novo 6 comandi di brigata bersaglieri, 15 comandi di brigata di artiglieria di corpo d'armata, 7 comandi di gruppo legioni carabinieri, 1 gruppo carri armati (su 1 reparto di carri d'assalto, 1 reparto autoblindomitragliatrici, 1 deposito), 1 reggimento di artiglieria autoportata (su 1 comando, 5 gruppi, 1 deposito), 1 reggimento genio radiotelegrafisti (su 1 comando, 5 battaglioni, 1 deposito), 1 reggimento genio specialisti (su 1 comando, 4 battaglioni, 1 deposito) per trasformazione del preesistente battaglione, 3 raggruppamenti aeroplani (1 caccia, 1 bombardieri, 1 ricognitori), 2 gruppi aerostieri, 1 gruppo dirigibilisti, 15 centri automobilistici, 15 gruppi treno in luogo delle 32 compagnie treno di artiglieria e delle 9 compagnie treno del genio; furono soppressi il reggimento genio zappatori ed il reggimento genio telegrafisti; venne abolito il Corpo di stato maggiore e sostituito con il Seroizio di stato maggiore e vennero, infine, costituiti il Corpo automobilistico ed il Corpo del treno. Non si può dire che il nuovo ordinamento, avuto riguardo al suo carattere provvisorio, non raccogliesse alcune delle principali indicazioni circa l'importanza dei nuovi mezzi - carri armati ed aerei - che sul finire della guerra avevano restituito il suo primato all'azione offensiva e non fosse orientato verso una certa modernizzazione e tecnicizzazione dell'esercito, ma non si può certo affermare che desse spazio sufficiente ad alcune riforme attuate presso altri eserciti prima o durante la guerra. Nella divisione di fanteria il rapporto fanteria-artiglieria rimase inferiore a quello di una batteria per ogni battaglione di fanteria e non si ebbe nessun miglioramento della mobilità, in quanto il trasporto delle artiglierie e dei servizi rimase affidato al traino animale . Il battaglione di fanteria costituito di 3 compagnie fucilieri (ciascuna di 3 plotoni di 3 squadre ciascuno) e di una compagnia mitragliatrici pesanti (di 4 plotoni di 2 squadre ciascuno ed ogni squadra di una arma) - unica novità rispetto all'ordinamento Spingardi - venne privato degli altri mezzi di fuoco che aveva utilizzato in proprio durante la guerra e non si accostò affatto al modello che il generale Diaz aveva disposto venisse sperimentato durante gli ultimi mesi del conflitto. Il nuovo ordinamento, in definitiva, nonostante gli incrementi della potenza di fuoco e della mobilità al livello di corpo d'armata ed il credito concesso al futuro sviluppo della motorizzazione, dell'aviazione e del carro armato, rimase ristretto nell'ambito della vecchia concezione della preminenza della massa
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rispetto agli altri fattori. D'altra parte, nella incertezza e nel disordine della situazione generale e dopo appena un anno dalla fine della guerra, era essenziale salvaguardare l'adeguatezza dell'intelaiatura operativa e la solidità addestrativa, fine che i generali Diaz e Albricci pensarono di poter conseguire, tenendo conto delle esigenze di risparmio, anche con una forza bilanciata ed una durata della ferma ridotte, purché venisse assicurata la validità dell'inquadramento mediante il ricorso ad ufficiali e sottufficiali raffermati e l'estensione del sistema dei fuori quadro, senza bisogno di aumentare il numero totale degli ufficiali in servizio permanente rispetto al periodo prebellico. L'ordinamento Albricci non soddisfece però il presidente del Consiglio che avrebbe voluto una spesa assai più ridotta, indipendentemente dalle conseguenze di carattere operativo e addestrativo delle quali si preoccupava poco. In breve tempo egli riuscì in tale intento mutando i vertici dell'apparato dell'esercito. Il giorno stesso dell'approvazione dell'ordinamento Albricci sostituì il generale Diaz nella carica di capo di stato maggiore con il generale Badoglio e circa 4 mesi dopo il generale Albricci nella carica di ministro della guerra con l'onorevole Bonomi, il quale, dopo 38 giorni dal1' assunzione della carica, stabilì mediante l'emanazione di un decretolegge un nuovo ordinamento (9).
3. L'ordinamento Bonomi previde la riduzione della forza bilanciata da 210 a 175 mila uomini; mantenne la durata della ferma a 8 mesi per la maggioranza dei cittadini portandola a 3 mesi per i militari in particolari condizioni, con l'intendimento di considerare l'istituto della ferma breve come l'inizio dell'avviamento al sistema della «nazione armata»; trasferì di colpo 5. 900 ufficiali effettivi nella posizione ausiliaria speciale, anticamera del congedamento, con un trattamento pensionistico al di sotto del minimo necessario alla sopravvivenza; operò tagli drastici mediante la soppressione di unità grandi e medie, il ridimensionamento organico di quelle lasciate in vita e la riduzione della forza effettiva delle unità minori. Rispetto ali' ordinamento Albricci furono ridotti da 5 a 4 i comandi designati di armata, da 15 a 10 i comandi di corpo di armata che riunirono 3 anziché 2 divisioni, da 30 a 27 i comandi di divisione di fanteria, da 2 a 1 i comandi delle divisioni di cavalleria, da 5 3 a 51 quelli delle brigate di fanteria di linea, da 6 a 2 quelli delle brigate bersaglieri e da 6 a 4 i comandi delle brigate di cavalleria, da 106 a 102 i reggimenti
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di fanteria di linea, da 12 a 4 i reggimenti bersaglieri, da 16 a 12 quelli di cavalleria, da 30 a 27 i reggimenti di artiglieria da campagna, da 15 a 14 quelli pesanti campali, da 15 a 10 i battaglioni genio zappatori ed i battaglioni genio telegrafisti, da 2 a 1 i gruppi aerostieri, da 130 a 106 i comandi di distretto militare, da 15 a 10 i centri automobilistici. Le brigate di fanteria avrebbero dovuto trasformarsi all'atto dell'emergenza in divisioni completandosi con nuove unità create per sdoppiamento per cui furono mantenuti in vita 8 reggimenti di fanteria appartenenti a brigate decorate di medaglia d'oro al valor militare in luogo dei disciolti 8 reggimenti bersaglieri. Le grandi unità di fanteria furono dotate anche di artiglieria someggiata per metterle in grado di agire sui terreni montuosi delle zone di frontiera . Le truppe alpine vennero ordinate su 3 divisioni, ciascuna su 3 gruppi alpini e 1 reggimento artiglieria da montagna, mentre vennero aboliti i comandi di brigata alpini. Venne sciolto anche il reggimento artiglieria a cavallo lasciandone in vita un solo gruppo e passandolo in forza ad un reggimento da campagna. Venne soppresso il corpo del treno e non si fece più cenno agli ispettorati d'arma e al reggimento genio specialisti. Il corpo aeronautico assunse la denominazione di arma aeronautica e fu ordinato su 1 comando superiore (in luogo dell'ispettorato), 2 comandi di aeronautica (1 aviatori, 1 aerostieri e dirigibilisti), 3 reggimenti (1 da caccia, 1 da bombardamento, 1 da ricognizione), 1 gruppo aerostieri, 1 gruppo dirigibilisti, 1 comando scuole, 1 direzione dei servizi di armamento, 1 servizio fotografico. Nei reggimenti di fanteria uno dei 3 battaglioni fu ridotto a battaglione quadro, privo cioè di forza effettiva, da costituire in caso di richiami o di mobilitazione. Nessuna variante numerica, di articolazione ed organica fu introdotta nei riguardi dei carabinieri, dei granatieri, degli alpini, dei carri armati, dell'artiglieria autoportata, pesante, da costa, da montagna e del genio minatori, radiotelegrafisti, pontieri-lagunari e ferrovieri. Ad eccezione dell'assegnazione di aliquote di artiglieria someggiata alle divisioni di fanteria e del riordinamento dell'aeronautica, nessuno dei provvedimenti ebbe una qualche motivazione tattica e tecnica, neppure la costituzione dei corpi d'armata su 3 anziché su 2 divisioni e la riunione in 3 divisioni anziché in 4 brigate delle truppe da montagna, ma vennero tutti determinati da intenti riduttivi. Non è detto che la riduzione dell'intelaiatura dell'esercito di pace sia di per sé un male od un errore; molte volte può presentare una necessità irrifiutabile e addirittura tradursi in un aumento dell'efficienza operativa, purché però la diminuzione del numero sia compensata dal miglioramento della qualità delle articolazioni, degli organici e dei procedimenti tattici e soprat-
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tutto delle armi e dei mezzi. Quando, invece, il ridimensionamento strutturale altro non è che una pura e semplice riduzione numerica - come nell'ordinamento Bonomi - operata senza che sia giustificata da nuove e diverse esigenze operative e addestrative, ma solo da ragioni economiche, costituisce sempre e indistintamente un calo non solo della capacità operativa dell'intero esercito, ma della stessa efficienza morale e materiale delle grandi e minori unità che si vedono affidare in esclusiva, senza che nulla sia mutato, compiti che prima dividevano con altre. Quando il ridimensionamento accresce, oltre tutto, il divario tra organici di guerra e forza di pace, incide nevativamente sull'efficacia dell'addestramento di tutto il contingente della classe di leva e non assicura la disponibilità immediata di riserve veramente istruite, necessarie alla mobilitazione ed alla guerra. Il calo di forza va misurato secondo la scala delle proporzioni geometriche e raggiunge valori tanto più elevati quanto maggiormente le riduzioni quantitative si riflettono sul morale dell'intero apparato militare. Sotto tale aspetto l'ordinamento Bonomi fu di una gravità senza precedenti, non tanto per l'impostazione tecnica - che, tra l'altro, non poté trovare completa rispondenza sul piano dell'attuazione in quanto, ad esempio, la classe del 1901 che avrebbe dovuto essere congedata dopo 8 mesi rimase alle armi dai 19 ai 21 mesi - quanto per lu spirito che l'informò e per il momento scelto per la sua applicazione. I provvedimenti vennero interpretati, non senza fondamento, come l'inizio della liquidazione definitiva dell'esercito - della quale, in verità, nel clima di propaganda della pace universale e del disarmo, si parlava molto e da tanti - che appariva venisse considerato come un oggetto indifeso a disposizione della volontà politica che se ne serviva a piacimento non tanto in relazione alle esigenze sociali ed economiche quanto per la realizzazione di disegni di parte. La sostituzione del ministro militare con quello civile male motivata dal Nitti, la liquidazione improvvisa di circa 6 mila ufficiali effettivi tutti reduci dalla guerra, il non ancora conseguito assetto della riforma strutturale precedente rafforzarono la convinzione dell'imminenza dell'ultima ora, della quale non potevano non essere considerati complici l'inerzia ed il silenzio dello stato maggiore e la discordia delle alte gerarchie militari incapaci, nonostate la rappresentanza parlamentare, di esprimere un indirizzo univoco di politica militare: alcune impegnate nel difendere l'efficienza dell'esercito, altre rassegnate ai tempi, altre infine disponibili ad assecondare le varie parti politiche. Forse lo stesso ministro della guerra non si rese sufficientemente conto all'inizio del disagio sp4"ituale, del malumore morale, della gravità delle condizioni materiali e del dissesto ordinativo che sarebbero sta-
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ti provocati dalla riforma; è meno credibile che non se ne sia reso conto il capo di stato maggiore che non scisse la sua dall'altrui responsabilità ed avallò tutto con il suo silenzio senza. dire se era stato interpellato e non ascoltato o se si era espresso favorevolmente sul progetto. Non senza ragione l'onorevole Luigi Gasparotto (1873-1954) disse alla Camera: «Si critica il ministro della guerra Bonomi, ma la diminuzione dell' esercito, la riduzione dei quadri ufficiali, la dimenticanza delle macchine e di altre innovazioni o limitazioni non furono concepite dal ministro Bonomi col capo di stato maggiore Badoglio?» Per placare gli animi il governo sottolineò il carattere di provvisorietà dell'ordinamento, s'impegnò a presentare entro il 1920 un nuovo disegno di legge per un ordinamento definitivo e nominò una speciale commissione composta di parlamentari e di tecnici per coadiuvare il ministro nella preparazione del nuovo disegno di legge, «nella raccolta e nell'esame dei dati tecnici forniti dagli esperti, nella valutazione degli elementi sociali, politici e finanziari connessi al]' organizzazione del Paese per la difesa nazionale» (10). L'ordinamento rimase in vigore per poco meno di 3 anni, durante i quali la brevità della durata dei 6 ministeri succedutisi e le conclusioni della speciale commissione orientate verso il sistema della Nazione armata resero vano il tentativo di un nuovo ordinamento fatto dal ministro Gasparotto e consentirono solo l'introduzione di poche e non rilevanti modifiche nell'ordinamento in vigore (11).
4. Il progetto Gasparotto - che non venne neppure presentato in Parlamento perché il ministro fu sostituito prima che il Consiglio dell' esercito potesse esprimere il proprio parere - s'ispirava alla concezione della nazione armata e prevedeva la costituzione dell'esercito su 2 blocchi, uno con il compito di copertura e l'altro di istruzione e di mobilitazione: il primo permanentemente in servizio in ogni epoca dell'anno e dislocato a ridosso delle frontiere, il secondo articolato in regioni e queste suddivise in zone militari con compiti territoriali e di organizzazione degli enti per l'istruzione premilitare e di quelli di reclutamento, come pure della preparazione in pace e della mobilitazione in guerra delle unità e dei servizi di previsto impiego e dell'approntamento delle predisposizioni per la mobilitazione industriale del Paese (12). Le linee schematiche del progetto prendevano base: la ferma unica per tutto il contingente della durata di 6 mesi, salvo casi particolari in cui la ferma sarebbe stata ridotta a 2 mesi; la chiamata del contingente annuo in 3 scaglioni;
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la forza bilanciata di 175 mila uomini (come nell'ordinamento Bonomi); il costo dell'esercito contenuto entro i limiti di quello anteguerra fatto il debito ragJ?,uaglio del valore della moneta; la sistemazione degli elementi ritenuti essenziali per la preparazione e l'avviamento dell'organizzazione del Paese alla nazione armata. L'esercito permanente, destinato ali' addestramento in pace e ad una prima difesa in caso di conflitto, avrebbe compreso 10 corpi d'armata su 2 anziché su 3 divisioni ed ogni divisione avrebbe assunto un ordinamento ternario anziché quaternario, costituendosi cioè su 3 reggimenti di fanteria di linea o bersaglieri e su 1 reggimento di artiglieria da campagna, ed il territorio dello Stato sarebbe stato organizzato e diviso in 20 «zone militari>> per il completamento delle unità di pace e la formazione delle unità di guerra; i reggimenti di fanteria sarebbero stati ridotti a 60 e quelli di artiglieria a 20 ed in tempo di pace i primi avrebbero ricevuto le reclute da due diversi depositi e questi sarebbero stati in numero uguale ai reggimenti da mobilitare, e cioè 120. Il progetto Gasparotto era molto simile al progetto di nazione armata elaborato dalla commissione parlamentare consultiva nominata nel luglio del 1920. Sebbene prevedesse un'intelaiatura più ampia di quella della commissione parlamentare, che riduceva la forza bilanciata a 150 mila uomini circa, dei quali 80 mila per le truppe di copertura permanentemente in servizio, il progetto stesso avrebbe compreso: 1 reggimento granatieri, 18 reggimenti di fanteria di linea, 2 reggimenti bersaglieri, 3 reggimenti alpini, 1 gruppo motomitragliatrici, 4 reggimenti di cavalleria, 6 reggimenti di artiglieria da campagna, 6 gruppi pesanti campali, 5 reggimenti da montagna, 1 autoportato, 1 autocampale, 6 pesanti, 6 da costa, 1 contraerei, 6 battaglioni genio zappatori-minatori, 10 compagnie telegrafisti, 1 battaglione pontieri, 1 battaglione ferrovieri, squadriglie aviatori e servizi. In tutto: 6 divisioni di fanteria, di cui 4 dislocate nell'Italia settentrionale e 2 in quella peninsulare, 1 brigata mista di bersaglieri, 1 divisione di cavalleria e unità alpine e bersaglieri dislocate nelle zone montane di frontiera. Per i compiti addestrativi e di mobilitazione sarebbero stati costituiti 18 circoli o dipartimenti comprendenti, ciascuno, 3 centri per fanteria, centri per altre armi, magazzini e stabilimenti per i servizi sì da poter mobilitare per la guerra 54 divisioni di fanteria su 3 reggimenti, 2 divisioni bersaglieri e 6 brigate alpini su 2 reggimenti. In guerra ogni comando di regione si sarebbe trasformato in comando di armata, i comandi di circolo in comandi di corpo d'armata e i comandi di centro in comandi di divisione. Un tale ordinamento avrebbe richiesto di mantenere permanentemente in servizio in tempo di pace i quadri occorrenti per l'inquadramento delle truppe
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di copertura, quelli necessari per il comando in guerra delle maggiori unità fino al reggimento incluso e quelli indispensabili al funzionamento dei centri di mobilitazione, mentre gli ufficiali di complemento per la cui formazione l'ordinamento Bonomi aveva prevista la costituzione di scuole allievi ufficiali e sottufficiali - sarebbero stati tratti dai reclutati di leva forniti di determinati titoli di studio. Diverse dalle conclusioni della commissione parlamentare consultiva furono quelle alle quali pervenne, dopo un'ampia discussione durata dal novembre 1921 al giugno 1922, il Consiglio dell'esercito che, senza ripudiare il concetto della nazione in armi e senza d'altra parte sostituire al sistema della coscrizione quello dell'esercito professionale, suggerl, sulla base dei risultati del rendimento della classe 1902 - 415.878 inscritti, 29.146 riformati, 70.817 rivedibili, 315.915 arruolati - un ordinamento (13) le cui basi fondamentali di calcolo non variabili avrebbero dovuto essere, volendo mantenere il numero delle 60 divisioni in guerra, una forza bilanciata che non scendesse al di sotto dei 250 mila uomini (esclusi i richiami obbligatori da computare extra forza bilanciata) ed una durata della ferma che non fosse al di sotto dei 12 mesi, ferma restando la questione dell'istruzione premilitare e dell'indirizzo educativo da dare alla scuola, concedendo una limitata abbreviazione (da 1 a 3 mesi) ai giovani istruiti in sede premilitare, dai quali trarre i graduati, e prevedendo la riduzione a 3 mesi per alcune categorie di inscritti in particolari condizioni di famiglia. Tali presupposti avrebbero soddisfatto contemporaneamente le esigenze di una rapida mobilitazione delle grandi unità indispensabili a garantire il confine in caso di guerra e ad istruire tutto il contingente valido di ciascuna classe di leva assicurando ad ogni battaglione il minimo di forza occorrente per completare l'istruzione. Il Consiglio dell'esercito optò perciò per un'intelaiatura piuttosto vasta nella considerazione che un'intelaiatura minore «avrebbe anche potuto rispondere ugualmente, forse, ai compiti riserbati all'esercito in tempo di pace, ma non ne avrebbe garantito né l'istruzione, né la mobilitazione rapida, né la forza sufficiente in guerra>>. Il concentramento del contingente disponibile in un numero minore di reparti di maggiore consistenza effettiva avrebbe offerto il vantaggio di togliere la preoccupazione di costituire, all'atto della mobilitazione, nuovi reparti dalle unità esistenti, in quanto questi si sarebbero costituiti ex novo, mentre il mantenimento in pace del maggior numero di reparti possibile, anche se di forza effettiva limitata, avrebbe offerto il vantaggio di poter provvedere molto meglio e con maggiore facilità all'inquadramento delle unità di guerra. Il Consiglio dell'esercito considerò la seconda soluzione più vantaggiosa della prima e concluse la sua relazione ammonendo «che non
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concedendo la forza bilanciata richiesta, si sarebbe messo l'esercito in condizioni di non poter più rispondere alle richieste di truppe per i servizi non militari» e «che se si volesse come conseguenza della riduzione della forza bilanciata, ridurre le unità, l'esercito non avrebbe avuto più l'intelaiatura necessaria per una rapida e regolare mobilitazione e che, comunque, con tale riduzione il numero di uomini disponibili non verrebbe a cambiare, onde sarrebbe stato egualmente impossibile soddisfare a tutti i servizi a cui l'esercito provvedeva». Quanto al costo del nuovo ordinamento, non avrebbe potuto scendere al di sotto dei 1.570 milioni nella parte ordinaria del bilancio (290 milioni in più dell'ordinamento Bonomi) e di circa 400 milioni nella parte straordinaria per un totale di circa 2 miliardi. Nella sua relazione il Consiglio dell'esercito esaminò particolarmente il problema del numero delle grandi unità da mobilitare, quello delle truppe da montagna, quello della costituzione di grandi unità celeri, quello della fusione di elementi zappatori e minatori nelle unità del genio, già preso in considerazione anche dalla commissione parlamentare consultiva, e quello del numero degli ufficiali che occorreva avere disponibili fin dal tempo di pace. Circa il numero delle grandi unità da mobilitare, in relazione alla configurazione del territorio, aUa potenzialità demografica del Paese, all'andamento del confine terrestre, alla potenzialità ed al grado di facilità di concentramento delle forze delle potenze finitime, ritenne che dovesse essere pari a 60 divisioni purché 36 fossero prontamente attestabili alla frontiera. Sarebbe perciò stato sufficiente avere in pace 52 brigate di fanteria di linea, oltre i bersaglieri, gli alpini e la cavalleria, in quanto in caso di mobilitazione ogni brigata si sarebbe trasformata costituendo la fanteria di una divisione ternaria formata di 3 reggimenti di fanteria e 15 batterie di artiglieria, oltre le unità ed i servizi di supporto. Alle truppe da montagna sarebbe stato opportuno imprimere il carattere di truppe di alta montagna, con reclutamento regionale, con impiego riferito essenzialmente alla copertura, con formazione di brigate su 3-5 battaglioni e altrettante batterie da montagna e poste in tempo di pace sotto la vigilanza tecnica di un ispettorato. Circa la costituzione delle grandi unità celeri il Consiglio espresse il parere che: venissero istituiti in pace 3 comandi di brigata, (da trasformarsi in guerra in 3 divisioni), ciascuna su 4 reggimenti raggruppati in mezze brigate; la -divisione celere in guerra dovesse comprendere, oltre alle brigate di cavalleria, un reggimento di fanteria autoportato, su 2 battaglioni, un nudeo di 6 batterie di cui 2-3 a cavallo e le rimanenti autoportate o autotrainate, una sezione da ponte, una squadriglia di aeroplani; la brigata di cavalleria fosse costituita di 2 reggimenti di cavalleria, 2 gruppi ciclisti, 2 reparti mitragliatrici pesanti; i
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6 reggimenti bersaglieri fossero trasformati in reggimenti bersaglieri ciclisti su 1 battaglione effettivo ed 1 quadro e gli altri reggimenti bersaglieri venissero impiegati come truppe d'assalto. La fusione di elementi zappatori e minatori dimostratasi necessaria in guerra avrebbe potuto essere realizzata mediante l'assegnazione ad ogni corpo d'armata di un reggimento genio composto di un battaglione zappatori con 1 compagnia minatori e di un battaglione telegrafisti. Circa il numero degli ufficiali del tempo di pace, sarebbe stato necessario determinarlo in base a quello necessario per un primo inquadramento delle unità mobilitabili; la guerra aveva dimostrato che non poteva essere inferiore ad 1 subalterno effettivo per ogni compagnia, a 3 capitani effettivi su 5, a tanti ufficiali superiori effettivi quante erano le unità di livello reggimento e battaglione o equivalenti mobilitabili. I pareri del Consiglio dell'esercito, massimo organo tecnico-collegiale, vennero espressi mentre era in corso l'esperienza negativa dell'ordinamento Bonomi e mentre più attenta si veniva facendo la riflessione sugli avvenimenti della prima guerra mondiale, dopo che era stato possibile vagliare e contestare le diverse conclusioni della commissione parlamentare consultiva, della quale peraltro vennero accolte la proposta di trasformare da quaternaria in ternaria la divisione di fanteria e di fondere le unità del genio zappatori e minatori. Essi ebbero perciò un valore tecnico superiore a quelli della commissione parlamentare consultiva - necessariamente indotta per la sua stessa composizione a dare preminenza agli aspetti politici, sociali e finanziari del problema - e finirono con il diventare il punto di riferimento di ogni studio ordinativo successivo. Non senza ragione, anche in forza delle indicazioni che la relazione conteneva circa l'evoluzione del campo di battaglia futuro, tra le quaH l'impiego e la costituzione delle grandi unità celeri non più imperniate quasi esclusivamente sulla sola cavalleria ed artiglieria, ma intese come grandi complessi pluriarma capaci, oltre che di muovere celermente come le vecchie divisioni di cava!Jeria, anche d'intervenire nella battaglia con elevata potenza di fuoco e spiccate qualità di manovra. Della relazione del Consiglio dell'esercito tenne il massimo conto il generale Diaz quando, in qualità di ministro della guerra, elaborò e fece approvare con un decreto legge, il 7 gennaio 1923, il nuovo ordinamento che sostituì quello Bonomi del 20 aprile 1920, mentre non volle tenerne nessuna considerazione il generale Antonino Di Giorgio (13) quando nel 1925 presentò al Senato un nuovo disegno di legge (14) - ispirato alla concezione della nazione armata e ripetitivo nelle sue linee generali del progetto Gasparotto - che il Senato respinse per l'opposizione, una volta tanto concorde e decisa, di tutte le alte gerarchie militari con alla testa
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i generali Caviglia e Giardino (15), opposizione al progetto e non al governo come il Senato stesso precisò dopo un clamoroso dibattito che fu l'ultimo momento di vitalità del Parlamento (16). I disegni di legge presentati al Senato dal generale Di Giorgio, relativi al nuovo ordinamento che avrebbe dovuto sostituire quello del generale Diaz, prevedevano l' abolizione dell'intelaiatura di guerra dell'esercito, l'approntamento in pace dei soli quadri e materiali necessari in guerra, la sicurezza delle frontiere in pace mediante adeguate forze di copertura, la preparazione tecnica dell'esercito per la guerra col minor disagio dei cittadini e con il minor dispendio finanziario in modo però che, all'atto della mobilitazione, tutte le forze del Paese avrebbero potuto e dovuto essere inquadrate in un numero considerevole di grandi unità. Da qui: l'iscrizione dei militari di leva in 2 categorie, quelli di prima categoria con ferma massima di 18 mesi e quelli di seconda categoria (uomini in determinate condizioni di famiglia o in possesso di requisiti particolari) con ferma di 3 mesi; l'incorporazione dell'intero contigente annuo al fine di assicurare una grande quantità di uomini addestrati e di annullare la disuguaglianza degli oneri tra le varie classi sociali; la costituzione di centri in luogo dei reggimenti: una parte destinata ad essere operativamente efficiente, un'altra efficiente solo per un determinato periodo dell'anno e per il resto incaricata delle funzioni di scuola per allievi ufficiali di complemento e per sottufficiali e dello svolgimento di corsi d'integrazione per ufficiali di complemento in modo da assicurarsi la difesa dell'ordine interno e la preparazione tecnica dell'esercito alla guerra; il mantenimento in costante efficienza operativa delle truppe alpine per la prima copertura delle frontiere; l'aumento del numero degli ufficiali per garantire l'inquadramento all'atto della mobilitazione; l'ammodernamento del traino di tutte le artiglierie, ad eccezione di quelle someggiate e da montagna, mediante il ricorso al traino meccanico e l'abolizione di quello animale. Quale che sia stata la molteplicità dei motivi che determinarono il rigetto dei disegni Di Giorgio - eccesso di furore rinnovatore; mancanza di tatto e difetti di carattere del generale; esclusione dagli studi e dall'elaborazione del nuovo ordinamento dello stato maggiore; minaccia del Di Giorgio di mettere in vetrina «quei padreterni del Consiglio dell'esercito»; necessità di Mussolini di riacquistare dopo il delitto Matteotti l'appoggio delle altre gerarchie militari parzialmente perduto; ecc - ve ne furono alcuni che avevano un fondamento oggettivo molto serio, tra i quali: il rischio della novità che rivoluzionava un sistema che, nonostante i suoi difetti, si era consolidato e tutto sommato si era dimostrato sufficientemente valido; l'ibridismo delle funzioni dei centri,
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ad un tempo scuole per la preparazione tecnica delle reclute e unità per la difesa interna, con tutte le remore che ne derivavano alla formazione ed all'amalgama degli specialisti; la lunghezza dei tempi e la complessità delle operazioni di mobilitazione dato il numero assai rilevante delle unità previste dal progetto stesso; il modesto livello culturale delle reclute l'analfabetismo in Italia in quegli anni era pari al 27 ,3 per ogni cento abitanti di età superiore a 6 anni - a causa del quale anche nell'ambito delle unità operative, precostituite fin dal tempo di pace, era molto difficoltoso perseguire in tempi brevi il grado di amalgama spirituale e tecnica indispensabile a fare di una accolta eterogenea di uomini un'unità operativa compatta e addestrata. La concezione della nazione armata era giusta ed era il corollario logico della recente esperienza bellica che non era stata solo una lotta tra eserciti ma uno scontro tra nazioni intere. I vecchi postulati della dottrina di guerra, della strategia, della tattica e della logistica ne erano usciti corretti o superati. La potenzialità demografica, nonostante il logorio di vite umane, non era risultata più importante di quella industriale. La lotta era stata di uomini e di materiali; alla guerra avevano partecipato i soldati ed al tempo stesso tutta la mano d'opera impiegata nelle fabbriche e sui campi. Il f enomento aveva assunto carattere di totalitarietà. I rapporti tra fattori politici, sociali, economici e di tecnica della guerra erano mutati. In un paese, privo o quasi di risorse naturali ed energetiche, con scarse attrezzature industriali e scarse disponibilità finanziarie, non in grado né di procurarsi le prime né di costituirsi le seconde, la concezione di nazione armata avrebbe dovuto presupporre una linea di politica estera definita e costante che fosse servita di guida alla politica militare. La partecipazione di tutti i cittadini, indistintamente, ad un eventuale guerra futura era diventata sul piano teorico un' esigenza imprescindibile, ma per soddisfarla sul piano pratico non bastava più misurare il potenziale bellico riferendolo solo al numero dei soldati e delle unità, ma occorreva anche valutare il numero e la qualità del nuovo armamento ed equipaggiamento e, prima ancora, la potenzialità industriale ed economica per produrli. Il calcolo delle armi, dei mezzi e dei materiali necessari si era trasferito a monte di quello del rapporto tra potenziale demografico e numero delle unità: A che cosa sarebbe valsa la disponibilità di molti uomini ed unità se non acccompagnata dalla certezza di armamenti ed equipaggimenti adeguti e moderni? Il vero bandolo della matassa economica non stava solo nell'entità della forza bilanciata, nella durata della ferma e nella maggiore o minore ampiezza dell'intelaiatura di pace, ma nella determinazione dei costi delle armi e dei materiali che sarebbero stati necessari in futuro per potenziare ed
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ammodernare l'intero apparato militare: Un dato questo che fu tenuto poco presente sia dai sostenitori della intelaiatura di pace ampia ed articolata, sia dai fautori della nazione armata, in quanto tutti i dibattiti vennero centrati sulla riduzione della spea e dei disagi sociali delle lunghe ferme piuttosto che sull'evoluzione tecnica dell'esercito. Non si può comunque obbiettivamente disconoscere che la scelta suggerita dal Consiglio dell'esercito, pur avendo il carattere di compromesso tra i due sistemi, copriva meglio le esigenze della copertura, della rapidità e semplicità della mobilitazione, dell'addestramento e della professionalità dei quadri e meglio ampliava gli spiragli della tecnicizzazione aperti dall'ordinamento Albricci al quale entro certi limiti si rifece l'ordinamento Diaz del 1923 (17).
5. Presupposti, principi e criteri dell'ordinamento elaborato d'intesa tra lo stato maggiore dell'esercito, di cui in quel periodo fu a capo il generale Giuseppe Vaccari (18), ed il generale Diaz, chiamato da Mussolini alla direzione del ministero della guerra il 31 ottobre 1922, furono: for:la bilanciala di 250 mila uomini come suggerito dal Consiglio dell'esercito; durata della ferma 18 mesi, necessari per salvaguardare anche le esigenze di pace e per assicurare la presenza alle armi del contingente istruito di un'intera classe di leva; intelaiatura di pace stabilita in rapporto alle unità di guerra ed atta ad inquadrare rapidamente, ordinativamente ed efficacemente tutte le forze nazionali per il massimo sforzo militare come aveva indicato il Consiglio dell'esercito; disponibilità conseguente di «adeguati nuclei opportunatamente preparati per costituire unità moralmente e tecnicamente preparate»; disponibilità di quadri nella misura minima necessaria per fare fronte aJle esigenze di pace ed a quelle indispensabili per l'inquadramento delle unità mobilitabili, completando il fabbisogno all'atto dell'emergenza con i richiamati dal congedo; potenziamento delle scuole allievi ufficiali di complemento e sottufficiali; misure di mobilitazione predisposte minutamente per ridurre al minimo i tempi di attuazione. Un ordinamento che «pur facendo un considerevole fondamento sull'elemento uomo» intendeva tenere «il massimo conto del valore dei mezzi meccanici e della loro pratica applicazione» - come scrisse il ministro nella relazione di accompagnamento del decreto - <<quale è oggi e quale potrà presumibilmente essere nel nostro Paese in un non lontano periodo e nell'odierno periodo di transizione tra la sistemazione prebellica delle nazioni e l'assetto futuro di
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esse». Un ordinamento - aggiungeva - che «attinge alle forze morali ed alle gloriose esperienze del passato, salvaguarda efficacemente le esigenze attuali, e, tenendo presente le più attendibili previsioni per l' avvenire, in rapporto allo sviluppo delle scienze e delle industrie, all'applicazione di nuovi mezzi e procedimenti bellici e ad una maggiore diffusione dell'istruzione premilitare coordinata ad un elevato grado di educazione civile nazionale, non pregiudica quella naturale evoluzione del]' organismo militare che, la storia insegna, si svolge correlativamente all'evoluzione della società». Visione d'insieme del problema realistica, perspicace, moderna e proiettata per il futuro ad un più largo ricorso alle macchine da guerra per ora adottate nella giusta proporzione che oggi ci è consentito e ad un'intensificazione degli studi «per preparare alacremente quella produzione di mezzi meccanici che ci permetterà in seguito di ottenere un sicuro e vantaggioso risparmio di uomini i quali costituiscono per ora una nostra indiscutibile risorsa», mentre le «altre potenze militari, facilitate dalle loro condizioni particolari, hanno già adottato su considerevole scala mezzi meccanici, pur mantenendo altresì una larga organizzazione di uomini». La precisa conoscenza dello stato delle cose presso gli altri eserciti e la limpida chiarezza delle prospettive di evoluzione conferiscono alla relazione del generale Diaz il ca,·attere di un vero e proprio programma di sviluppo dell'apparato militare lungo un binario tracciato con chiaroveggenza e senso del concreto e testimoniano il notevole grado di cultura e di professionalità dello stato maggiore del1' esercito, nonostante il conservatorismo di molti generali e gli handicap di natura politica ed economica che ne condizionavano il lavoro. In quel momento però l'esigenza più urgente, concordemente avvertita da tutti, in alto e in basso, era di «eliminare le incertezze ed uscire dalla stasi dannosa e pericolosa» - come scriveva ancora il generale Diaz - «che logora le forze e spegne ogni attività e rendimento>>. Per fare questo, occorreva risollevare il morale calpestato da tutte le parti e procedere subito ad una sistemazione ordinativa ed organica che ponesse fine al disorientamento generale e consentisse - evitando ogni salto nel buio come si farebbe invece, ad esempio, con l'adozione d'un ordinamento sul tipo di quello svizzero (Diaz) - il tranquillo (Diaz) svolgimento delle attività addestrative e desse la possibilità di «prendere tutte le innumerevoli decisioni urgenti, ora sospese, indispensabili sia per il normale funzionamento dell'esercito, sia per le predisposizioni di difesa dello Stato». E poiché l'intelaiatura di pace non poteva essere quella prebellica - che prevedeva due terzi dell'esercito di guerra già alle armi fin dal tempo di pace - perché troppo costosa e al momento insostenibile, occorreva trovarne un'altra che riducesse al minimo le conseguenze del
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trauma della mobilitazione ricorrendo appunto ai nuclei d'inquadramento per evitare la costituzione ex fundamentis delle unità operative da mobilitare. Il costo preventivato del nuovo ordinamento fu di 2 miliardi, limite minimo indicato dal Consiglio dell'esercito. Per non superare tale costo si rese necessario il ricorso a compromessi dei quali i più significativi furono la rinunzia a misurare le dimensioni dell'intelaiatura con il metro della divisione e la scelta della brigata come nuova unità di misura: divisione quaternaria in pace e divisione ternaria in guerra, reggimento di fanteira su 2 battaglioni effettivi in pace e su 3 in guerra. All'atto della mobilitazione ogni brigata del tempo di pace avrebbe dovuto costituire ex novo un terzo reggimento di fanteria e passare dai 4 battaglioni effettivi del piedi di pace ai 9 del piede di guerra, nonché assumere le unità di artiglieria, del genio e dei serivzi stabilite dagli organici. Un'operazione, in verità, complessa e delicata, da compiersi in un momento critico, e la cui riuscita era strettamente legata, oltre che a precise e minute predisposizioni, alla disponibilità di personale istruito subito reperibile e di materiali accantonati o da requisire in tempi brevissimi. Vi sarebbe stata tale disponibilità in relazione all'elevato numero di divisioni - 60 - da costituire? Un altro compromesso riguardò la determinazione della forza effettiva dei reggimenti di fanteria in tempo di pace per la quale fu prevista una oscillazione tra gli 800 uomini nel periodo di forza massima ed i 400 in quello di forza minima. La sproporzione che si determinava tra organici e forza bilanciata non era tale da compromettere la solidità addestrativa e rendere ancora più difficoltosa la mobilitazione? L'ordinamento che, sia pure con modifiche e ritocchi (19), rimase immutato fino al marzo del 1926 mise in evidenza in sede di attuazione tali debolezze rese ancora più gravi dalle assegnazioni sul bilancio ordinario inferiori al costo preventivato - i preventivi di spese furono di 1483 milioni nell'esercizio 1923-'24, di 1421 milioni nel 1924-'25, di 1631 milioni nel 1925-'26 - per cui si dovettero escogitare altri ripieghi, come il congedamento anticipato di una parte del contingente nel 1923-'24 ed il ritardo nella chiamata alle armi nel 1924-'25, a tutto danno del rendimento del sistema già di per sé in situazione di equilibrio precario. L'ordinamento Diaz segnò sotto tutti gli aspetti, malgrado i suoi punti deboli - dei quali il principale non fu tanto la complessità della mobilitazione, quanto la sproporzione tra forza organica e forza bilanciata, sporporzione che, dedotti gli uomini quotidianamente indisponibili per motivi vari, riduceva a cifre inaccettabili sotto il profilo della tecnica addestrativa il numero dei soldati che potevano seguire il ciclo completo d'istruzione - un salto di qualità rispetto all'ordinamento Bonomi, non solo per le inno-
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vazioni che introdusse, ma anche per lo spazio che concesse agli sviluppi dell'evoluzione ordinativa futura alla quale pensò di fare fronte mediante la costituzione organica di unità ridotte a nuclei, nella convinzione che «oggidì più che mai, e per l'avvenire più ancora, con i nuclei si può e si potrà ottenere in breve tempo quell'organizzazione e quel1'amalgama rese tanto più difficili dai mezzi tecnici d'azione, dalla specializzazione che essi comportano e dalla conseguente cura che è necessario porre nella costituzione dei singoli elementi di ciascuna unità» (relazione Diaz). Rispetto all'ordinamento Bonomi il nuovo ordinamento lasciò immutato il numero dei comandi designati di armata (4), dei comandi di corpo d'armata (10), della brigata granatieri (1), delle brigate di fanteria di linea (58), delle legioni carabinieri (22), dei reggimenti granatieri (2), dei reggimenti di fanteria di linea (102), dei reggimenti alpini (9), del reparto carri armati (1), dei reggimenti di cavalleria (12), dei reggimenti di artiglieria da campagna (27), pesante campale (14), pesante (6), da costa (4), da montagna (3), a cavallo (1), dei reggimenti genio radiotelegrafisti (1), pontieri-lagunari (1), ferrovieri (1) , dei distretti militari (106) ; aumentò da 27 a 30 le divisioni di fanteria, da 7 ad 8 i comandi di gruppo di legioni carabinieri, da 4 a 12 i reggimenti bersaglieri; soppresse i comandi di divisione alpina e di divisione di cavalleria, i comandi di brigata bersaglieri, il reggimento di artiglieria autoportata (2 gruppi furono trasferiti nel reggimento a cavallo), i reggimenti del genio minatori, del genio zappatori e del genio telegrafisti e costitul, in loro vece, 10 raggruppamenti genio di corpo d'armata su di 1 battaglione zappatori (comprendente 1 compagnia minatori) e su di 1 battaglione telegrafisti; costituì 10 raggruppamenti trasporti di corpo d'armata (comprendenti le specialità del treno c automobilisti), le scuole centrali d'arma, le scuole allievi ufficiali di complemento e sottufficiali di corpo d'armata; creò il servizio chimico militare; riunl le truppe alpine in raggruppamenti; ordinò i reggimenti bersaglieri e quelli di cavalleria orientando i primi ad essere in parte inquadrati in unità celeri ed in parte a costituire i nuclei di formazione per le unità di assalto ed i secondi a costituire, insieme con elementi delle altre armi, le grandi unità celeri; adottò unità leggere di artiglieria someggiata e introdusse gli obici nel1'artiglieria da montagna; previde l'estensione in larga misura del traino meccanico; trasformò i 3 depositi scuola artiglieria contraerei in 10 gruppi contraerei; distinse l'arma ed il seroizio territoriale di artiglieria dal servizio tecnico di artiglieria; soppresse il corpo invalidi e veterani (20); riordinò il corpo automobilistico sotto la denominazione di seroizio trasporti militari; staccò dall'esercito e pose alle dipendenze di un commis
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sariato l'arma aeronautica che nel marzo 1923 divenne forza armata a sé stante (21). Ciò che indeboliva l'ordinamento Diaz, come del resto tutti gli ordinamenti precedenti, era l'indeterminatezza della linea di politica estera e di politica militare, che neppure il primo governo Mussolini aveva chiara e sicura, sicché si continuava a costruire un esercito che non si sapeva se e contro chi avrebbe potuto un giorno essere chiamato a combattere o quanto meno da quale potenza era o avrebbe potuto essere minacciato. Il concetto della difesa delle frontiere terrestri era di per sé assai limitativo e se l'esercito di cui il Paese aveva bisogno doveva essere destinato solo a tale compito, rinunziando a priori ad ogni iniziativa oltre il confine terrestre ed oltremare, la soluzione del problema ordinativo avrebbe dovuto essere impostata su ipotesi operative di base precise e definite che per quel tempo erano solo due: un attacco singolo della Francia o della Jugoslavia o un attacco contemporaneo da parte di entrambe, ipotesi peraltro, o quasi, del terzo tipo perché né la Francia, tutta presa dal timore di una nuova futura aggressione tedesca, né la Jugoslavia, ancora in incerta fase di assestamento interno, manifestavano intendimenti offensivi nei riguardi dell'Italia.
6. Gli ordinamenti Spingardi, Bonomi e Diaz incisero naturalmente anche sull'organizzazione centrale di comando, su quella dell'amministrazione centrale e su quella territoriale periferica, come anche sugli istituti di reclutamento e di perfezionamento, sugli stabilimenti e magazzini, sulla circoscrizione giurisdizionale dei comandi e dei tribunali e su tutti gli altri enti di carattere vario comunque compresi nell' apparato dell'esercito. Anche le trasformazioni ed i mutamenti subiti da tali enti dal 1918 al 1926 furono numerosi, talvolta determinati dal variare stesso dei comandi, corpi e servizi dell'esercito di campagna, talaltra dalla ricerca di economie, talaltra ancora dalla volontà di razionalizzarne meglio rispetto al passato il funzionamento e infine dalla necessità di correggere gli errori ed eliminare gli inconvenienti messi in evidenza dal1' esperienza delle nuove articolazioni e dei nuovi organici che si venivano attuando. La Commissione suprema mista di difesa venne riordinata ed articolata in un comando deliberativo, organi consultivi e uffici di segreteria nel 1923 (22) e successivamente venne ulteriormente ritoccata nella sua struttura nel 1924 (23) e nel 1925 (24). Del comitato deliberativo, nella co-
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stituzione del 1925, facevano parte il presidente del Consiglio dei ministri, i ministri degli esteri, per l'interno, delle finanze, della guerra, della marina, delle colonie, dell'economia nazionale ed il commissario per l'aeronautica. Gli organi consultivi erano il Consiglio dell'esercito, il Comitato degli Ammiragli ed il Comitato per la preparazione della mobilitazione industriale, questo ultimo costituito dal capo di stato maggiore centrale, dal capo di stato maggiore della marina, dall'intendente generale dell'aeronautica, dal direttore generale della banca d'Italia, dal direttore delle ferrovie, dal segretario generale della commissione suprema di difesa, dal sottosegretario per la marina mercantile, da 11 direttori generali (uno per ognuno dei ministeri dell'interno, delle colonie, dell'agricoltura, del lavoro, delle finanze, dei lavori pubblici, economia), da rappresentanti dei ministeri della guerra e della marina, da 11 presidenti o rappresentanti delle grandi associazioni tecniche, culturali ed economiche e da 11 rappresentanti delle maggiori attività nazionali nel campo della scienza, industria, agricoltura e dell'economia. li Consiglio dell'esercito formò oggetto di uno specifico decreto (25) che ne determinò le nuove attribuzioni e la nuova composizione precisando che esso era l'organo tecnico del ministro della guerra dal quale direttamente dipende per compiere, coordinare, riferire gli studi relativi alle questioni che debbono formare oggetto di esame - che erano poi le stesse del passato (26) - «e per la emanazione delle conseguenti disposizioni esecutive» e stabilì che di esso facessero parte il ministro della guerra in qualità di presidente, non avente diritto al voto, 1 generale di corpo d 'armata come vice-presidente, l'ispettore generale dell'esercito, i 4 generali designati d'armata, il capo di stato maggiore dell'esercito, il generale preposto alla direzione delle scuole militari e i 3 generali di corpo d'arrmata più anziani non compresi negli incarichi precedenti. Nel novembre del 1919, quando il generale Diaz venne sostituito nella carica di capo di stato maggiore dell'esercito dal generale Badoglio, venne istituita la carica di Ispettore generale dell'esercito, che fu conferita appunto a Diaz, con il compito d'integrare in modo autorevole l'azione dei comandanti designati d'armata, degli ispettori delle varie armi e del capo di stato maggiore dell'esercito e di presiedere la commissione centrale di avanzamento, entrando inoltre a far parte di diritto della commissione suprema mista di difesa e del consiglio dell'esercito (27). Con lo stesso decreto fu istituito anche il Consiglio degli ispettori generali della fanteria - istituito nel luglio del 1919 (28) - della cavalleria, dell'artiglieria e del genio. L'ispettorato generale dell'esercito e gli ispettorati generali delle armi di fanteria, cavalleria, artiglieria e genio previsti
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dall'ordinamento Albricci non trovarono conferma nei successivi ordinamenti Bonomi e Diaz che tacquero sull'argomento sottintendendo la soppressione di tali organi. Le attribuzioni dell'ispettorato generale dell'esercito e le correlazioni tra la sua attività e quelle del Consiglio dell'esercito e del capo di stato maggiore dell'esercito (o centrale come venne denominato nel 1923) furono particolareggiatamente definite nel 1923 con un decreto che conferì all'ispettorato generale funzioni e responsabilità dirette di comando (29) per le quali egli doveva: presiedere in tempo di pace all'organizzazione difensiva dello Stato, alla preparazione dei quadri e delle truppe alla guerra ed alla risoluzione delle più importanti questioni d'interesse dell'esercito; esercitare l'alta azione ispettiva sulle truppe; essere l'alto consulente tecnico del ministro; stabilire i concetti fondamentali per la preparazione; emanare le direttive generali per l'organizzazione difensiva, la mobilitazione, la radunata e l'inizio delle operazioni; determinare le formazioni di guerra dell'esercito; esprimersi sull'impiego dei generali; progettare le grandi esercitazioni combinate. Alle sue dipendenze vennero messi gli ufficiali generali comandanti designati di armata, il capo di stato maggiore, i generali a disposizione delle varie armi e scuole. Lo stesso decreto ridimensionò le attribuzioni del capo di stato maggiore centrale cui fu commesso il compito di: studiare ed emanare le disposizioni esecutive riflettenti la sistemazione difensiva e le operazioni di guerra; compilare i documenti relativi alle formazioni di guerra, alla mobilitazione, alla radunata, ai servizi d'intendenza, alla vigilanza delle comunicazioni, alle esercitazioni ed all'addestramento; elaborare la regolamentazione disciplinare e tattica; presiedere gli studi ed elaborare e pubblicare relazioni e documenti di carattere storico-militare; fornire consulenza tecnica al ministro sulle questioni del bilancio, del reclutamento, della circoscrizione teri-iLoriale, della dislocazione delle unità in tempo di pace, dello stato e trattamento del personale, della disciplina e dell'assistenza; provvedere all'impiego degli ufficiali di stato maggiore ed all 'organizzazione ed al funzionamento dei servizi del tempo di pace. L'organismo di lavoro messo a disposizione del capo di stato maggiore centrale per l'espletamento di tali e tanti compiti aveva in precedenza subito graduali ampliamenti e considerevoli modifiche organiche e di articolazione. La «divisione stato maggiore» del periodo prebellico - riordinata nel 1919 (30) su 1 sezione avanzamento e scuole, 1 disciplina e ordine pubblico, 1 mobilitazione e difesa, 1 divisione ordinamento (su di 1 sezione), 1 ufficio prigionieri di guerra, 1 ufficio colonie e 1 ufficio centrale pubblicazioni militari - nel quadro della distinzione tra organi centrali tecnico-operativi ed organi centrali tecnico-amministrativi, era stata trasformata nel 1921 (31) in un
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complesso composto di 1 ufficio politico militare e di 2 reparti: il reparto «operazioni» (comprendente 1 segretaria, 1 branca operazioni su 7 sezioni, 1 branca addestramento su 3 sezioni, 1 branca informazioni su 3 sezioni, 1 branca per gli studi storici su 5 sezioni) ed il reparto «ordinamento e mobilitazione» (comprendente 1 segretaria, 1 branca ordinamento e mobilitazione su 4 sezioni, 1 branca reclutamento su 3 sezioni, 1 branca servizi su 3 sezioni ed una trasporti su 3 sezioni). Tale costituzione e tali articolazioni, sostanzialmente confermate nel 1924 (32), verranno poi modificate ed ampliate nel 1925 (33) mediante la costituzione di un terzo reparto, su di 1 segreteria, 1 ufficio storico e 1 ufficio colonie, mentre il 1° reparto sarà su 4 uffici (1 operazioni, 1 difesa aerea, 1 addestramento, 1 situazione) oltre alla segreteria, ed il 2° egualmente su 4 uffici (1 ordinamento e mobilitazione, 1 personale di stato maggiore e bollettino mobilitazione, 1 servizi, 1 trasporti) oltre alla segreteria. L'insieme venne posto alle dipendenze del capo di stato maggiore centrale, coadiuvato da] sottocapo di stato maggiore centrale, e per il suo funzionamento furono previsti 3 generali di divisione o di brigata, 12 colonnelli o tenenti colonnelli e 35 tenenti colonelli o maggiori del servizio di stato maggiore. Il corpo di stato maggiore era stato sostituito con il seroizio di stato maf!j!,iore istituito, dal grado di colonnello a quello di capitano, da11'ordinamento Albricci, confermato poi dall'ordinamento Bonomi e da quello Diaz. Questi cambiò la denominazione dello Stato maggiore dell'esercito in Stato maggiore centrale e analogalmente del capo di stato maggiore dell'esercito in capo di stato maggiore centrale. Nel 1925 si tornò però alla vecchia denominazione di Stato maggiore del regio esercito (34). Anche l'assetlo ordinativo dell'amministrazione centrale andò soggetto a numerose modifiche con tendenza costante ali' aumento delle articolazioni e degli organici. L'articolazione del 1919 (35) - 1 generale addetto, gabinetto del ministro, gabinetto del sottosegretario, divisione stato maggiore, segretario generale, 8 direzioni generali (personale ufficiali, personale civili e affari generali, artiglieria, genio, sanità militare, servizi logistici ed amministrativi, leva e truppa, revisione dei conti), ispettorato ippico, ufficio automobilistico - che constava in totale di 27 divisioni e 77 sezioni, attraverso le varianti subite nel tempo, salì a 3 7 divisioni e 128 sezioni nel 1924 (36). Il nuovo assetto previde: gabinetto del ministro, gabinetto del sottosegretario, divisione personale e ordine interno del ministero e personali civili dipendenti, divisione educazione fisica istruzione premilitare e scuole militari, ufficio stralcio ricompense medaglie e croci di guerra, servizio ippico e veterinario, 6
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direzioni generali (personale ufficiali, 1eva sottufficiali e truppa, artiglieria genio automobilismo, servizi logistici, servizi amministrativi), direzione centrale di sanità militare. Qualche tempo dopo il servizio del genio venne nuovamente staccato dalla direzione generale artiglieria genio automobilistico e venne ricostituita la direzione generale del genio militare (37). Per effetto dell'ordinamento Diaz la circoscrizione militare del regno venne così definita (38) in base alle sedi fissate per i comandi territoriali di corpo d'armata e di divisione: I corpo d'armata a Torino con la 1 a divisione a Torino, la 2 a ad Alessandria, la 3 a a Cuneo; II Corpo d 'Armata a Milano con la 4 a divisione a Milano, la 5 a a Novara e la 6a a Brescia; III Corpo d'Armata a Verona con la 7a divisione a Verona, 1'8a a Padova e la 9a a Trento; IV Corpo d'Armata a Bologna con la 10a divisione a Bologna, 1'11 a a Ravenna, la 12 3 a Treviso; V Corpo d ' Armata a Trieste con la 13a divisione a Trieste, la 14a a Gorizia e la 15 3 a Pola; VI Corpo d'Armata a Firenze con la 16 3 divisione a Firenze, la 17 3 a Genova, la 18a a Piacenza; VII Corpo d'Armata a Roma con la 19 a a Roma, la 20 a a Livorno, la 21 a a Perugia, la 22 a a Cagliari; VIII Corpo d'Armata a Napoli con la 23 8 divisione a Napoli, la 24 8 a Salerno e la 25 a a Catanzaro; IX Corpo d'Armata a Bari con la 26a a Bari, la 27 a a Chieti e la 28 a ad Ancona; X Corpo d'Armata a Palermo con la 29 3 divisione a Palermo e la 30 8 a Messina. Negli anni 1919-1925 anche l'ordinamento della giustizia militare (39), delle scuole, delle direzioni territoriali dei servizi e degli stabilimenti magazzini e depositi fu oggetto di ripetute variazioni e modifiche che ebbero rilievo più sotto il profilo quantitativo che non per il carattere d'innovazione, in quanto ciò che fu mantenuto e lasciato immutato fu assai più di quanto di nuovo venne introdotto. Ma il 1925 fu l'anno che segnò - 3 gennaio - la fine dello Stato democratico e l'inizio senza più indecisione di quello totalitario. Il fascismo diventò regime. Mussolini cominciò ad accentrare in sé il massimo dei poteri e da allora si dette da solo a dirigere l'intera politica italiana fino a quando, in breve tempo, il regime fascista altro non sarà che la sua dittatura personale, alla quale tutti i poteri dello Stato si asserviranno senza riserve. Volontariamente rinunziando a muoversi nello spazio d'iniziativa, benché ristretto, che il dittatore lasciava loro. Quali sarebbero state le linee della politica estera e della politica militare di Mussolini non era certamente agevole indovinare, stante la mutabilità delle idee e degli umori dell'uomo disponibile a dare ragione all'ultimo libro letto e ad iniziare la sua conclotta sulla base dell'ultimo avvenimento occorsogli. Ma che prima o poi
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egli avrebbe tentato in una qualsivoglia direzione qualche atto pieno di rischi non era difficile, nonostante tutto, prevedere, anche perché egli lo lasciava chiaramente intendere con le sue sparate demagogiche ed anche con dichiarazioni ed atti dai quali emergevano intendimenti e propositi precisi e indicativi. Che, ad esempio, egli sognasse di fare dell'Italia una vera grande potenza e che per essere tale l'Italia avrebbe dovuto avere libero sbocco sul mare - una nazione che non abbia libero sbocco sul mare non può essere considerata grande potenza: l'Italia deve divenire grande potenza (Mussolini nel 1926 durante un'esposizione fatta in un corso di alti studi militari) - era una linea di politica estera fissata fin d al 1926. Che egli avrebbe conferito alla politica militare un impulso fino ad. allora mai impresso e che fosse ben disposto ad un ammodernamento e ad un potenziamento delle forze armate lo dimostrò fin dal 1925 quando, ritirato dopo la discussione al Senato il progetto Di Giorgio ed accettate le dimissioni di questi, assunse dapprima ad interim (4 aprile 1925 - 3 gennaio 1926) e poi come titolare (3 gennaio 1926-12 settembre 1929) il ministero della guerra iu uno con il ministero dell'aeronautica e con quello della marina, accentrando nelle sue mani la direzione suprema di tutte le forze armate dello Stato, anche se in pratica devolvette ai sottosegretari e<l ai capi di stato maggiore la quasi LuLaliLà ed esclusività dei compiti amministrativi e tecnici. Fatto questo che avrebbe potuto consentire, se i capi militari lasciati quasi liberi padroni del vapore ne avessero avuto la volontà e la capacità, l'impostazione di una politica militare, se non sintonizzata con la politica estera ancora incerta c nebulosa, quanto meno avanzata e progredita sul piano tecnico. È vero che i capi vennero scelti da Mussolini e che egli non amava circondarsi degli uomini migliori, di maggiore prestigio, d'indi scussa competenza, ma preferiva quelli che sapeva di poter tenere in pugno, o che gli si dimostravano fedeli e succubi, o che comunque non gli erano d'intralcio lungo la strada che divisava di percorrere - la scelta del generale Ugo Cavallero (40) a sottosegretario per la guerra e del generale Badoglio a capo di stato maggiore generale e a capo di stato maggiore dell'esercito, entrambi quanto meno molto chiacchierati, il primo per aver abbandonato dopo la guerra l'esercito per un alto posto nell'industria, il secondo per i fatti di Caporetto e per essere stato complice della riforma Bonomi, venne criticata e male accolta da una buona parte delle alte gerarchie militari - ; ma se ciò accresce le responsabilità morali di Mussolini, non oblitera la responsabilità e le colpe morali e professionali degli ambiziosi, degli opportunisti, degli amanti del quieto vivere, anzi le moltiplica in misura direttamente proporzionale alla loro capacità e competenza tecnico-professionale
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Il 1925 segnò, comunque, l'inizio di riforme ordinative d'importanza fondamentale: l'istituzione della carica di capo di stato mag,giore generale (41) e la promulgazione della legge sull 'o~anizzazione della nazione per la guerra (42). Due provvedimenti resi obbligatori dall'attenta riflessione sulla recente esperienza bellica e sulle prospettive di un eventuale conflitto futuro nel quale l'unità di comando delle forze militari e la partecipazione totalitaria della nazione sarebbero divenute premesse insurrogabili per il raggiungimento del successo. L'istituzione della carica di capo di stato maggiore generale non fu un fulmine a ciel sereno; del problema si discuteva da tempo sulla stampa tra eminenti studiosi di cose militari e molti di questi avevano caldeggiato tale istituzione tanto più necessaria dopo la costituzione come forza armata a sé stante dell'aeronautica dalla cui stretta cooperazione l'esercito e la marina non avrebbero potuto in nessun caso prescindere sui futuri rispettivi campi di battaglia. La legge stabilì che il capo di stato maggiore generale fosse posto alle dirette dipendenze del capo del governo con il compito di concretare «gli studi e le disposizioni necessarie per la coordinazione dell'organizzazione difensiva dello Stato, ed i piani di guerra, <lamlu ai capi di stato maggiore della regia Marina e della regia Aeronautica le direttive di massima per il concorso della regia marina e della regia Aereonautico nel raggiungimento di obiettivi comuni». Egli doveva essere coadiuvato da un sottocapo di stato maggiore generale. La legge rappresentò un passo avanti rispetto a1 passato, ma fu un passo incerto e troppo corto. Era, è vero, la prima volta che in Italia veniva istituita tale carica e che al riguardo mancava ogni esperienza, ma la limitazione del capo di stato maggiore generale alle sole funzioni di consulenza, di coordinazione e di studio lasciava quasi del tutto insoluto il problema dei compiti e delle responsabilità dell'alto comando militare in pace ed in guerra. Ciò che poi rese meno efficace il provvedimento fu l'abbinamento della carica con quella di capo di stato maggiore dell'esercito. Questi, alle dipendenze in tale veste dal ministro della guerra, veniva gravato da tutti i compiti di comando e di organizzazione che riguardavano tutti i settori della preparazione del1' esercito di pace alla guerra: dalla formulazione dei concetti fondamentali ai quali informare la preparazione all'azione ispettiva sulle truppe sui servizi e sulle scuole; dalla elaborazione della dottrina d'impiego alla sua esperimcntazione nelle grandi esercitazioni annuali, comprese quelle combinate fra esercito marina e aeronautica; dallo studio e pianificazione della sistemazione difensiva e delle operazioni di guerra alla de-
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terminazione dei fabbisogni dei rifornimenti e delle sorte. Come capo di stato maggiore generale si serviva per la consulenza del Consiglio dell'esercito che, come capo di stato maggiore delJ'esercito, presiedeva. I compiti e le responsabilità che incombevano sul capo di stato maggiore dell'esercito avrebbero assorbito da soli tutta la capacità lavorativa del più capace, competente, volitivo, energico e dinamico capo e non avrebbero potuto lasciare margine di attività e di tempo sufficienti a svolgere efficacemente anche le sole funzioni di consulenza e di coordinazione attribuite al capo di stato maggiore generale, rese ancora più delicate dalla mancanza di qualsiasi potere di comando effettivo sulle altre due forze armate. Che la soluzione della legge, benché fosse pur sempre un primo atto verso le definizione del problema dell'alto comando in pace, non fosse di per sé né ideale né pratica risultò quasi subito evidente talché non mancarono autorevoli richieste e proposte di revisione e di aggiornamento tendenti ad attribuire al capo di stato maggiore generale le funzioni non solo di coadiutore ma di <<diretto propulsore - e responsabile - della preparazione alla guerra dell'esercito, della marina e dell'aeronautica», a dotarlo di un vero ed adeguato stato maggiore generale per l'adempimento delle sue funzioni ed a sollevarlo dalla carica di capo di stato maggiore dell'esercito affidando tale compito ad un altro generale. Il fatto che la legge tacesse sull'organizzazione dell'alto comando in guerra e non identificasse nel capo di stato maggiore generale il comandante od il capo di stato maggiore di tutte le forze armate in guerra, da un lato lasciò indeterminata una questione d'importanza capitale, dall'altro favorì la sottovalutazione interessata che della carica in tempo di pace venne fatta da chi ne fu investito e da chi non vedeva di buon occhio, per poco legittimi interessi settoriali, una nuova e diversa indipendenza tecnicooperativa. Resta comunque il fatto che non era nello spirito e nella lettera della legge istituire una carica onorifica, una «sine cura di prestigio», ma piuttosto di definire, anche se non compiutamente, responsabilità o corresponsabilità nella preparazione delle tre forze armate alla guerra. La consulenza e la coordinazione erano funzioni che implicavano responsabilità e la legge non vietava che venissero esercitate d'iniziativa qualora fosse mancata la richiesta delle parti interessate. È priva, perciò, di fondamento la tesi che il capo di stato maggiore generale non fosse stato messo nella condizione di esercitare un potere reale di conduzione circa le decisioni degli stati maggiori della marina e dell'aeronautica, ma non lo è meno quella che sostiene l'estraneità per legge del capo di stato maggiore generale dall'impostazione e dalla condotta della politica di forza armata svil11ppata dalla marina e dall' areronautica .
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La legge sulla mobilitazione generale - la quale comprendeva la mobilitazione militare e la mobilitazione civile fu l'atto di avvio a quelle che avrebbero dovuto essere la preparazione e l'organizzazione per la guerra di tutte le attività nazionali civili chiamate a concorrere, con disciplina di guerra, allo sforzo bellico del Paese: La mobilitazione civile consiste nella trasfonnazione dell'organizzazione di pace nell'organizzazione di guerra di tutte le attività nazionali oltre le forze armate, comprendenti queste ultime l'esercito, la marina, l'aeronautica e la guardia di finanza. La legge, riconosciuto il carattere di totalitarietà della guerra, ne volle trarre le conseguenze pratiche che ne derivano circa gli approvvigionamenti di materie prime, le fabbricazioni di guerra, l'alimentazione delle forze armate e della popolazione civile, la propaganda, l'assistenza civile e circa l'attività da svolgere e gli organismi da creare perché «tutti i cittadini, uomini e donne, enti pubblici e privati» concorressero alla «difesa morale e materiale» del Paese. Mediante la definizione delle operazioni da compiere nei vari settori - impostazione, ripartizione e distribuzione delle materie prime; determinazione dei fabbisogni industriali ed agricoli; ripartizione e distribuzione delle derrate e dei prodotti finiti; incetta e requisizione dei beni e servizi; creazione, pianificazione ed utilizzazione dei mezzi di propaganda e di assistenza - e degli organi centrali e periferici incaricati della progettazione e dell'elaborazione dei piani di mobitilazione e dei piani di consumo, la legge si proponeva, in caso di mobilitazione generale o parziale, di mettere prontamente il Paese in condizioni di resistere e superare sia all'interno sia all'esterno la crisi della guerra. La legge stabill che venissero istituiti alle dipendenze dei vari ministri competenti 1 organo incaricato delle fabbricazioni di guerra 1 organo incaricato dei problemi dell'alimentazione, 1 organo incaricato delle importazioni di materie prime e 1 organo per le queslioni riguardanti la propaganda e l'assistenza civile. Appositi comitati regionali e sottocomitati avrebbero assunto la direzione di tutte le attività civili mobilitate nei limiti della propria giurisdizione territoriale. Il coordinamento della mobilitazione civile e di quella militare venne attribuito alla Commissione suprema mista di difesa che era stata appena riordinata (43). La codificazione dell'organizzazione della nazione per la guerra rappresentò senza dubbio un altro atto importante di politica militare ed avrebbe potuto giovare considerevolmente a migliorare il potenziale bellico del Paese se ad essa avesse fatto seguito il fervore delle attività e degli organi programmati, anziché la lentezza burocratica, alla quale si sommarono lo scarso entusiasmo e la naturale ritrosia nei riguardi di un lavoro difficile ed ingrato da compiere in silenzio, e quasi in segreto,
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senza prospettive di ricompense e di carriera. La legge fu in pratica disattesa o solo parzialmente attuata. Lo stesso capo del governo, che, nella veste di presidente della Commissione suprema mista di difesa, avrebbe dovuto controllarne e superevisionarne l'esecuzione e lo sviluppo, non esercitò l'azione d'impulso e di pungolo che sarebbe stata necessaria per raccogliere i risultati desiderati o quanto meno le indicazioni utili alla valutazione di quella che sarebbe stata la reale situazione del Paese nel caso in cui avesse dovuto affrontare un conflitto. La mancata integrale applicazione della legge non sarà senza conseguenza nel 1940 quando si dovrà fare ricorso a provvedimenti ed arrangiamenti improvvisati ed occasionali anche nel campo della mobilitazione civile che, invece, sul piano concettuale e legislativo era stata saggiamente predisposta con 15 anni di anticipo. L'assunzione in proprio da parte di Mussolini della responsabilità di tutti i dicasteri militari, l'istituzione della carica di capo di stato maggiore generale e la promulgazione della legge per l'organizzazione della nazione in guerra furono il preludio di una serie d'interventi in tutti i settori delle istituzioni militari: da quello della dottrina d'impiego a quello dell'ordinamento ancora una volta modificato, da quello di una diversa ripartizione delle risorse disponibili a quello del potenziamento spirituale dei quadri e delle unità. Una serie d'interventi che furono diretti a meglio collocare ed inquadrare le esigenze e le istituzioni militari nel nuovo contesto politico e giuridico della nazione e ad esaltarne, invero più con parole che con i fatti, l'imprenscindibile funzione di sicurezza e di difesa. Senza voler diminuire l'importanza e la rispondenza di tali interventi che nelle loro linee generali, nonostante le modifiche degli anni successivi, rimasero la base dell'esercito fino alla vigilia della seconda guerra mondiale, non si può non rilevare che le scelte di fondo riguardanti la natura ed il modo di essere dell'esercito rimasero quelle degli anni precedenti e che le innovazioni ed i mutamenti introdotti nell'insieme delle istituzioni militari non valsero a conferire alle stesse una fisionomia nuova e moderna, ma ebbero il carattere di transazione tra il vecchio ed il nuovo, con la costante prevalenza dell'influenza delle correnti conservatrici per le quali la guerra del futuro non sarebbe stata granché diversa da quella del passato
8. Sul piano della dottrina ufficiale d'impiego la prudenza, o, meglio, la ritrosia ai mutamenti, fu tale che dall'ottobre 1918 al dicembre del
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1926 rimasero in vigore le Direttive per l'attacco e per la difesa emanate dal Comando Supremo verso la fine della prima guerra mondiale (44) . Un primo aggiornamento di tali direttive, limitato peraltro alla divisione di fanteria, che già dall'ordinamento Diaz del 1923 era stato previsto che si trasformasse da quaternaria e ternaria nell'impiego in guerra, fu operato mediante la diramazione dei Criteri d'impiego della divisione di fanteria nel combattimento (45) edita il 15 dicembre del 1926 con l'intento, come scrisse il generale Badoglio nella premessa, di riassumere e di anticipare alcune direttive essenziali che avrebbero poi trovato la loro codificazione nella nuova regolamentazione d'impiego ancora in elaborazione dopo oltre 8 anni dalla fine della guerra. Un ritardo non casuale, ma determinato dalla lotta tra le correnti conservatrici e quelle innovatrici che dettero vita in quegli anni ad accesi dibattiti negli ambienti militari delle maggiori potenze mondiali conclusisi, in Italia, con l'affermazione dei conservatori e con il ripudio delle idee del Douhet. Questi, nel 1925, nel libro La difesa nazionale, aveva avvertito che prepararsi ad una guerra futura nella sola esperienza di quella passata sarebbe stato un non senso, stante lo sviluppo che avrebbero avuto i nuovi mezzi, e che si sarebbe reso perciò necessario, prima di operare scelte definitive, trovare la risposta da dare ad alcuni quesiti fondamentali riguardanti i rapporti reciproci tra potere terrestre marittimo aereo, la necessità di equilibrare ed armonizzare le tre componenti del potere militare in modo che l'insieme potesse svolgere un'azione coordinata per il raggiungimento dello scopo comune, il posto da assegnare all'industria di guerra per metterla in condizione di soddisfare l'enorme fabbisogno di mezzi e di materiali indispensabili al sostentamento dello sforzo bellico e infine la difesa dei centri di rifornimento di comunicazione e di traffico dall'offesa aerea che avrebbe potuto paralizzare l'impiego delle forze armate e la stessa vita della nazione. Idee e teorie che attrassero l'attenzione di molti ambienti responsabili e che trovarono credito specialmente presso gli stati maggiori della Germania e dell'Unione Sovietica, ma non presso quello italiano dove il Douhet fu avversato e considerato un visionario e come tale screditato dalle gerarchie militari responsabili presso lo stesso Mussolini. La stasi della dottrina tattica non si estese al resto della regolamentazione; la tecnica d'impiego d 'arma (46), la logistica (47), le istituzioni tecniche (48), le norme disciplinari e di carattere generale (49), come pure quelle giuridiche e procedurali (50), furono oggetto di innovazioni e di modifiche rese necessarie dall'inarrestabile evoluzione del costume sociale e del progresso scientifico e tecnico che non concedevano lunghe tregue di riflessione. La tecnica d'impiego d'arma, codificata nel pe-
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riodo bellico, era andata soggetta, guerra durante, specialmente per la (anteria e per l'artiglieria, a veri e propri i rovesciamenti di criteri e di modalità d'azione che erano stati sanciti dai numerosi interventi operaI i con circolari e con note dal Comando Supremo, sicché parve indispensabile e indifferibile raccogliere la materia in nuove pubblicazioni che ponessero fine alla sfasatura, determinatasi dopo l'emanazione delle ricordate Direttive, tra la dottrina ufficiale d'impiego ed i regolamenti sulle tecniche d'impiego delle varie armi. Vennero così sostituiti i Criteri d'impiego della fanteria nella guerra di trincea (edizione 1916), l'Istruzione provvisoria sull'attacco delle minori unità di fanteria nella guerra di trincea (edizione 1917) e il Regolamento di esercizi per l'artiglieria da campagna, pesante campale, a cavallo e da montagna (edizione 1913) rispettivamente daHe pubblicazioni L'addestramento della fanteria al combattimento (edizione 1921), Norme per l'impiego dell'artiglieria (edizione 1921) e Regolamento per l'addestramento individuale (edizione 1925); questo ultimo hasilare per la varie armi, ma specialmente per la fanteria. Non furono, invece, rielaborati il Regolamento di esercizi per la cavalleria (edizione L911), l'Addestramento dei reparti di cavalleria (edizione 1915), il Regolamento di esercizi per il genio (edizione 1912) e le Istruzioni pratiche per le varie specialità del genio edite nel periodo prebellico e guerra durante, sebbene anche tali regolamenti abbisognassero, sia pure in minore misura, di taluni aggiornamenti e di talune innovazioni che il Comando Supremo aveva indicato nelle sue circolari pubblicate durante la guerra. Che il lievito degli studi e dei dibattiti degli anni 1919-1926 abbia tardato a fermentare e che una nuova dottrina d'impiego abbia cominciato timidamente a venire alla luce solo alla fine del 1926 non significa che le scelte ordinative operate nel frattempo siano state indipendenti da ogni concezione tattica. Scelta dottrinale e scelta ordinativa, indipendentemente dal fatto che la regolamentazione tattica abbia tardato anni, furono simultanee ed entrambe ispirate al concetto che l'esercito prebellico, pur con le mutazioni dottrinali e ordinative apportate dalla guerra e con quelle che sarebbe stato necessario introdurre in avvenire, rispondeva nelle sue linee generali alle necissità della sicurezza e della difesa del Paese. Il che, se era vero, benché entro certi limiti, per un esercito che fosse destinato solo a respingere una aggressione sui confini montani del Paese, non lo era affatto se gli si fosse voluto commettere, come Mussolini già lasciava intendere, compiti legati al ruolo di una grande potenza in cerca di espansione imperialistica i cui obiettivi non potevano essere al di là dei confini terrestri, rria di queJ.li marittimi. Le correnti militari misoneiste, l'opportunismo di taluni generali messi ai vertici della gerarchia e la tendenza alla pigrizia intellettuale dello stato maggiore,
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più incline a conservare che a rinnovare e più propenso a servirsi degli schemi del passato anziché ad inventarne dei nuovi, incisero negativamente sulle scelte, ma assai maggiore fu l'influenza che su di esse esercitarono l'assenza di una chiara politica estera, che a parola si esprimeva in un modo e nei fatti in un altro, e la costante insufficienza delle disponibilità finanziarie che Mussolini continuò a contenere entro limiti inadeguati allo sviluppo della stessa politica militare di casa. Nell'esercizio finanziario 1926-27 il bilancio ordinario di previsione fu di 2 miliardi 306 milioni e la forza bilanciata non superò il valore di quella degli anni precedenti (250 mila uomini). D'altra parte non è meno vero che il binomio posto a capo dell'esercito nel 1925 - Badoglio, Cavallero - continuò a misurare la potenzialità dell'esercito con il metro del numero anziché con quello della specie e del tipo delle unità e delle armi necessarie a tradurre l'anelito offensivo, al quale ispirarono la nuova dottrina d'impiego, in reale capacità operativa
9. L'inconveniente più grave dell'ordinamento Diaz fu il compromesso tra la divisione quaternaria del tempo di pace e quella ternaria del tempo di guerra con la conseguente farragine di operazioni che ne derivano all'atto della mobilitazione e con la perdita in quello stesso momento di quel quid di coesione morale e addestrativa raggiunto nell'ambito delle unità di pace. La formazione di guerra della divisione su 3 reggimenti di fanteria, ciascuno su 3 battaglioni, e su 1 reggimento di artiglieria era stata accettata dalla -maggior parte degli eserciti che avevano partecipato alla prima guerra mondiale per motivi di ordine tattico e addestrativo. La guerra aveva sottolineato la necessità di migliorare nella divisione il rapporto tra la fanteria e l'artiglieria; l'aumento del numero delle unità di artiglieria avrebbe però appesantito ulteriormente la grande unità già di per sé poco snella nella sua formazione quaternaria; la riduzione del numero dei battaglioni di fanteria non avrebbe, viceversa, inciso negativamente sulla capacità operativa complessiva della grande unità in quanto avrebbe di per sé migliorato il rapporto fanteria-artiglieria; la potenza di fuoco dei battaglioni di fanteria, dotati di un numero di armi automatiche di gran lunga superiore a quello delle formazioni prebelliche e belliche, avrebbe largamente compensato la sottrazione di qualche migliaia di fucili. La formazione ternaria avrebbe, inoltre, facilitato l'azione di comando e non avrebbe ridotto le possibilità di una sufficiente scaglionamento in profondità delle forze durante il combattimento
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e conseguentemente non avrebbe inciso negativamente sulle possibilità della manovra tattica. Ordinare sin dal tempo di pace le divisioni su formazione ternaria avrebbe, perciò, significato conferire alla grande unità tattica basilare compattezza spirituale e tecnica, facilità di completamento all'atto dell'emergenza, salvaguardandone al tempo stesso l'individualità e la capacità d'intervento immediato, sebbene con organici ridotti, per fronteggiare un'evenienza improvvisa. Lo stato maggiore dell'esercito illustrò le considerazioni che consigliavano l'adozione della divisione ternaria fin dal tempo di pace in una relazione che presentò al generale Ferrari (51), capo di stato maggiore, nei primi mesi del 1925, e che questi approvò senza poter dare seguito alla questione in quanto il 4 maggio venne sostituito nella carica dal generale Badoglio. Il nuovo capo di stato maggiore approvò quanto era stato esposto nella relazione e dispose che il contenuto venisse riportato in una memoria da sottoporre per le decisioni al capo del governo e ministro per la guerra. Mussolini approvò, a sua volta, la memoria, e si limitò ad esprimere l'intendimento che per ogni provincia venisse dislocato almeno un ref!.J!,imento di fanteria e quelli di supero venissero dislocati nell'Italia settentrionale. I principali obiettivi fissati nella memoria furono: la formazione ternaria della divisione fin dal tempo di pace in modo che ali' atto della mobilitazione la grande unità potesse conservare lo spirito di divisione e potesse completarsi senza dover procedere alla costituzione ex novo di altri comandi e unità; il numero delle unità di pace commisurato allo sforzo reale che il Paese avrebbe potuto compiere all'atto della mobilitazione sicché le unità di guerra di primo tempo fossero disponibili, sia pure con organici ridotti, pressoché immediatamente; l'ordinamento di pace su 30 divisioni ternarie, quante cioè consentite dalle disponibilità finanziarie, raggruppate in grandi unità di ordine superiore e provviste degli elementi suppletivi e dei servizi necessari. Dopo I' approvazione della «memoria» lo stato maggiore ed il ministero lavorarono d'intesa all'elaborazione di un progetto di ordinamento che, presa la veste di disegno di legge, fu tradotto, dopo la discussione e l'approvazione del Parlamento, al quale era stato presentato da Mussolini nella sua qualità di ministro della guerra, nella legge n° 396 dell' 11 marzo 1926 (52). Caposaldi della nuova legge furono: durata della ferma pari a 18 mesi per la massa, concedendo ad un'aliquota di incorporati in particolari condizioni (situazione di famiglia, servizio premilitare, ecc) di compiere 6 mesi di servizio; variabilità del contigente alle armi ottenuta mediante la determinazione del contigente con ferma di 18 mesi e quella del contigente con ferma di 6 mesi, nonché la fissazione delle chiamate alle armi sl da ottenere un periodo dell'anno di forza massima durante
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il quale tutti i corpi dell'esercito avrebbero assunto una notevole forza quantitativa e qualitativa e ogni unità avrebbe funzionato a pieno ritmo e rendimento e un altro periodo dell'anno di forza minima durante il quale la forza alle armi sarebbe stata quella indispensabile per la copertura e per la costituzione, presso ogni corpo, di almeno una unità elementare con cui continuare l'addestramento dei quadri, dei graduati e degli specialisti; forza bilanciata di 250 mila unità; adozione della divisione ternaria fin dal tempo di pace assegnando in organico alla divisione una sola brigata di fanteria su 3 reggimenti (9 battaglioni) e 1 reggimento di artiglieria su 4 gruppi, conferendo alla grande unità carattere d'inscindibilità dei suoi elementi costitutivi; intelaiatura dell'esercito di pace basata essenzialmente su 30 divisioni ternarie, delle quali alcune ad organici rinforzati, quale soluzione ottimale di compromesso tra la costituzione di un esercito sempre pronto ad essere impiegato - esercito scudo e lancia - anche se piccolo e notevolmente costoso, e un esercito con un maggior numero di grandi unità disponibili per l'impiego - esercito a grande intelaiatura - ma dopo un passaggio relativamente lento al piede di guerra determinato dalle necessità di largo completamento all'atto della mobilitazione; intangibilità delle scorte di mobilitazione alle quali, invece, si era spesso attinto in passato, soprattutto per ciò che si riferiva a vestiario e munizioni, al fine di sopperire alle deficienze del bilancio. Le differenze principali rispetto all'ordinamento Diaz furono: la ricostituzione del Corpo di stato maggiore in luogo del Seroizio di stato maggiore; la dislocazione sul territorio della penisola dei 10 comandi di corpo d'armata territoriali e la costituzione di un comando militare della Sicilia (corrispondente ad un corpo d'armata) e di un comando militare della Sardegna (corrispondente a circa una divisione); l'isLituzione di 30 ispettorati di mobilitazione presso i comandi di grande unità territoriale con il compito di esercitare in tempo di pace l'azione ispettiva sugli uffici leva, i distretti ed i vari centri di mobilitazione e di sovraintendere all'atto della mobilitazione alle operazioni della mobilitazione stessa; il ripristino degli ispettori del corpo dei bersaglieri, delle truppe alpine, della cavalleria, dell'artiglieria e del genio; la riduzione da 51 a 29 dei comandi di brigata di fanteria di linea e da 102 a 87 dei reggimenti di fanteria di linea; l'aumento da 2 a 3 dei reggimenti granatieri; la trasformazione dei 3 comandi di raggruppamento alpini in 3 comandi di brigata alpini e dei 3 comandi di brigata di cavalleria in 3 comandi superiori di cavalleria; la costituzione di 1 comando di artiglieria della Sicilia e di 1 comando artiglieria della Sardegna; l'aumento da 27 a 30 dei reggimenti di artiglieria da campagna e da 10 a 12 dei centri con-
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traerei (tutti di entità maggiore rispetto all'ordinamento Diaz); la riduzione da 14 a 11 dei reggimenti artiglieria pesante campale e da 10 a 8 dei reggimenti artiglieria pesante e da costa (5 pesanti e 3 da costa); la costituzione di un comando genio della Sicilia e di uno per la Sardegna; la trasformazione dei 10 raggruppamenti genio di corpo d'armata in 10 reggimenti genio di corpo d'armata e la costituzione di un undicesimo reggimento; l'aumento da 1 a 2 dei reggimenti genio telegrafisti; la costituzione di un gruppo genio aerostieri; il distacco e l'organizzazione a sé stante della specialità carri armati (1 centro di formaziqJ'le: 1 comando, 1 deposito, gruppi d'istruzione, unità carri operative); l'istituzione della nuova specialità «centro chimico» (1 direzione e 1 gruppo chimico); la riduzione da 106 a 100 dei distretti militari; l'aumento da 10 a 11 delle direzioni di sanità militare e delle direzioni di commissariato, da 10 a 12 delle compagnie di sanità e da 10 a 11 delle compagnie di sussistenza; la costituzione del servizio automobilistico militare in luogo del seroizio trasporti militari; l'aumento da 10 a 12 dei centri automobilistici e da 10 a 11 dei tribunali militari. Il ricostituito corpo di stato mag,g,iore, messo alle dipendenze del capo di stato maggiore che fu stabilito venisse coadiuvato dal sottocapo di stato maggiore comandante in 2 a del corpo, fu formato di 29 colonnelli, 175 tenenti colonnelli o maggiori e 146 capitani appartenenti alle varie armi e compresi nelle tabelle organiche della rispettiva arma. L'organico degli ufficiali generali per il comando del corpo di stato mag,g,iore, per i comandi designati d'armata, per i comandi di grande unità territoriale, per le cariche di 1° aiutante di campo generale del re, di comandante generale dell'arma dei carabinieri, di comandante generale della guardia di finanza, di presidente del tribunale supremo, di ispettore dei bersaglieri, di ispettore delle truppe alpine, di ispettore della cavelleria, di ispettore dell'artiglieria (e dei generali addetti) e dell'ispettore del genio (e del generale addetto), di 1° aiutante di campo del principe di Piemonte, di aiutante di campo generale del re e dei generali a disposizione per ispezione e per incarichi vari, fu fissato in 5 generali di armata, 1 generale di armata o di corpo d'armata, 15 generali di corpo d'armata, 2 generali di corpo d'armata o di divisione, 33 generali di divisione, 32 generali di divisione o di brigata, 32 generali di brigata, 8 generali a disposizione per ispezioni e per incarichi vari (1 d'armata, 1 di corpo d'armata, 6 di brigata): in tutto 128. L'arma dei carabinieri fu riordinata con un provvedimento legislativo a parte (53): mutando la denominazione dei comandi gruppo di legioni e gruppo scuole previsti dall'ordinamento Diaz in ispettorati di zona, ma riducendone il numero da 8 a 5, portando da 1 a 2 le legioni allievi, costituendo un raggruppamento
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battaglioni e squadroni prima non previsto, abolendo la scuola allievi ufficiali. Caratteristiche del nuovo ordinamento dell'arma dei carabinieri furono l'impulso dato al reclutamento mediante la costituzione di una nuova legione allievi e il riassetto organico conferito ai 12 battaglioni mobili. La legge, nel costituire come specialità a sé stante i carri armati e nel conferire alla specialità stessa la già ricordata organizzazione, chiarì che il numero e la specie di unità di cam armati e l'organico degli ufficiali
per il centro di formazione e per dette unità, saranno stabiliti dal ministro della guerra. Nei riguardi della nuova specialità centro chimico fu decretato che la direzione del centro fosse attribuita ad un generale di brigata ed al centro fossero assegnati ufficiali superiori ed inferiori delle varie armi compresi anch'essi nelle tabelle della rispettiva arma o corpo. Con altra legge distinta (54) venne stabilito un nuovo ordinamento dell'amministrazione centrale della guerra e del personale civile dipendente. I servizi dell'amministrazione centrale furono ripartiti in: gabinetto del ministro, ufficio coordinamento, ufficio dei generali, segreteria del sottosegretario, 7 direzioni generali (personale civile e affari personali, personale ufficiali, leva sottufficiali e truppa, artiglieria e automobilismo, genio, servizi logistici, servizi amministrativi), 2 direzioni centrali (sanità militare e centro chimico militare), servizio ippico e veterinario, divisione di educazione fisica, istruzione premilitare e scuole militari. Alla legge sull'ordinamento dell'esercito si accompagnarono altre 6 leggi riguardanti lo stato degli ufficiali delle 3 forze armate (55), l'avanzamento degli ufficiali dell'esercito (56), la costituzione della dote per il matrimonio degli ufficiali delle 3 forze armate e della guardia di finanza (57), il riordinamento, come abbiamo ora detto, dell'amministrazione centrale e dei personali civili dipendenti (58), la definizione della procedura degli accertamenti medico-legali (59), l'istituzione di un ruolo unico di cappellani militari per il servizio religioso nelle 3 forze armate (60). In sintesi, negli anni 1925 e 1926, mediante l'organizzazione dell'alto comando, l'organizzazione per la guerra, il nuovo ordinamento dell'esercito e dell'amministrazione centrale della guerra, la riorganizzazione della mobilitazione e le altre leggi dirette a definire lo stato e l'avanzamento degli ufficiali, le scelte degli anni precedenti furono rese definitive in una visione globale del problema della guerra, del quale le forze armate, si affermò, erano uno, ma non il solo, degli aspetti che lo configuravano. Le istituzioni militari andavano perciò inserite nel tessuto della sicurezza e della difesa nazionale come esigenza prioritaria per la sopravvivenza dello Stato, ma accanto ad esse andavano collocate in un quadro unico tutte le altre attività collaterali, non meno essenziali alla guerra, non solo quelle destinate:: al supporto diretto dell'apparato
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militare, ma anche quelle intese a salvaguardare l'efficienza spirituale, materiale e produttiva dell'intera nazione. Considerate sotto tale aspetto le leggi militari degli anni 1925 e 1926 costituirono una novità senza precedenti nella storia della legislazione del regno d'Italia, riconoscendo alla guerra il carattere di fenomeno totale che avrebbe coinvolto tutto il territorio nazionale e tutti i cittadini di ambo i sessi. Se si restringe il quadro della visione alla sola legge di ordinamento; non si può non rilevarne il carattere di duplice compromesso: il primo tra le opposte tendenze della grande intelaiatura, dello scudo e lancia e della nazione armata, il secondo tra la situazione finanziaria del Paese ed il bilancio delle forze armate. L'ordinamento Mussolini si ripromise, infatti, la costituzione di un esercito sufficiente come scudo e lancia e che avesse al tempo stesso un'intelaiatura tale capace di accrescersi senza scosse al momento opportuno secondo la necessità delJa guerra. Di notevole importanza fu iI fatto che sul piano della definizione dell'efficienza operati va <lell' esercito venissero considerati fondamentali sia il fattore quadri, sia il fattore truppe, sia quello dei materiali, senza peraltro trarre nei riguardi dei materiali e delle scorte tutte le conseguenze dovute. Ripartire le risorse disponibili tra le 3 esigenze costituiva indubbiamente una concezione nazionale e moderna del modo d'impostare la questione ordinativa, ma, come i 3 ordinamenti precedenti e gli stessi progetti Gasparotto e Di Giorgio, anche l'ordinamento Mussolini dette per scontato che le armi, i mezzi ed i materiali del futuro sarebbero rimasti pressoché gli stessi di quelli del passato. L'incremento conferito dall'ordinamento Mussolini alle unità carri armati e contraerei - più sul piano delle intenzioni che della concretezza materiale - la costituzione del centro chimico, la preminenza del traino meccanico sottolineato dal mutamento di denominazione del vecchio seroizio trasporti militari in servizio automobilistico militare, l'inserimento nell'elencazione degli elementi costitutivi dell'esercito metropolitano delle scuole militari dopo il corpo di stato maggiore e l'arma dei carabinieri reali e prima delle altre armi combattenti non furono elementi sufficienti a conferire al nuovo ordinamento una fisionomia granché diversa da quella precedente. La divisione ternaria in guerra era già stata introdotta dall'ordinamento Diaz e gli organici delJe varie unità del]' ordinamento Mussolini rimasero pressoché gli stessi dell'ordinamento Diaz (61). L 'ordinamento Mussolini, in definitiva, come quelli precedenti, finì con il consistere soprattutto in una diversa ridistribuzione delle stesse armi, degli stessi mezzi e degli stessi materiali della prima guerra mondiale e non affrontò, se non in misura assai limitata, il prohlema di fondo dell'ammodernamento dei materiali, ancor più impor-
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tante di quelli della mobilitazione, della prontezza operativa e della dimensione dell'intelaiatura di pace. Alla domanda riguardante quali armi, quali mezzi, quali materiali, ed in quali misura e proporzione, sarebbero stati necessari in un eventuale conflitto futuro fu implicitamente risposto che quanto esisteva sarebbe andato bene anche in futuro, fatta salva l'introduzione di qualche arma nuova per la fanteria, di qualche unità carri e di una certa dotazione di armi contraerei. Anzi, l'ordinamento Mussolini non fece più cenno esplicito alle grandi unità celeri dello ordinamento Diaz. Nessuno dei 4 ordinamenti e dei 2 progetti di ordinamento degli anni 1919-1926 raccolse compiutamente gli insegnamenti della fase finale della prima guerra mondiale; di tale grave lacuna la responsabilità fu anche delle alte gerarchie militari e, in particolare, di quelle in carica dal 1925 che continuarono a ragionare in termini alpini e fanteria appiedata, mentre, pur nella ristretezza dei mezzi e nel progressivo accentramento dei poteri da parte di Mussolini, godettero sul piano tecnico di libertà d'iniziativa e di azione quasi illimitata in quanto Mussolini non esercitò la direzione effettiva dei dicasteri militari, che lasciò ai generali a gli ammiragli sottosegretari ed ai capi di stato maggiore di forza armata. È vero che continuò a mancare una chiara e costante linea di politica estera - Mussolini si dondolava come su di un'altalena - e conseguentemente di politica militare, e che il compito assegnato all'esercito era ancora soltanto quello della difesa dei confini, ma lascia stupefatti che i responsabili tecnici della preparazione dell'esercito alla guerra non si siano posti, sia pure per l'adempimento di un compito limitato, il problema del rinnovamento del materiale, non ne abbiamo rappresentato l'urgenza a Mussolini e non abbiano avuto il coraggio di dirgli - tanto più che non sarebbero mancate le occasioni - che ad ogni altra esigenza di più ampio respiro l'esercito non sarebbe stato in grado di fare fronte a meno di una radicale trasformazione delle strutture materiali elogistiche. Ciò sarebbe stato indispensabile per sostanziare concretamente la preparazione dell'esercito alla quale Mussolini sembrava avesse dato grande importanza fin dai primi anni della sua ascesa al potere. Ciò sarebbe stato doveroso per prevenire una guerra alla quale l'esercito si sarebbe accinto in condizioni di decisa inferiorità materiale; ciò sarebbe valso a non creare l'illusione degli otto milioni di baionette e forse a non gettare l'esercito in un'avventura disperata, la cui inevitabile fine disastrosa sarà ritardata per oltre 3 anni solo dalla convinzione di servire il Paese, dall'impareggiabile spirito di sacrificio e di disciplina e dall'eroismo collettivo e singolo dei soldati italiani. È, difatti, all'ordinamento del 1926 che occorre far risalire l'avvio definitivo della politica militare di
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Mussolini orientata alla preminenza della massa degli uomini anziché a quella del numero e della qualità dei mezzi; un errore concettuale e tecnico che invaliderà ogni tesi strategica e tattica ed al quale non si sarà più in grado di rimediare, nonostante taluni arrangiamenti della vigilia, quando si constaterà non solo che i mezzi saranno pochi, ma che quei pochi saranno ben presto del tutto superati da quelli che metteranno in campo l'alleato e l'avversario, senza dire che l'esercito sarà costretto a scendere in guerra anche in sofferenza di uomini.
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NOTE AL CAPITOLO XXI (1) Generale Vittorio Zupelli dal 21 marzo 1918 al 17 gennaio 1919. Generale Enrico Caviglia dal 18 gennaio 1919 al 23 giugno 1919. Generale Alberico Albricci dal 24 giugno 1919 al 13 marzo 1920. Onorevole lvanoe Bonomi dal 14 marzo 1920 al 21 maggio 1920. Onorevole Giulio Rodinò dal 2 aprile 1921 al 4 luglio 1921. Onorevole Luigi Gasparotto dal 4 luglio 1921 al 26 febbraio 1922. Onorevole Pietro Lanza di Scalea dal 26 febbraio 1922 al I agosto 1922. Onorevole Marcello Soleri dal I agosto 1922 al 31 ottobre 1922. Generale Armando Diaz dal 31 ottobre 1922 al 30 aprile 1924. Generale Antonino Di Giorgio dal 30 aprile 1924 al 4 aprile 1925. (2) Cfr. nota 8 cap. XX. (3) L'esercito italiano tra la 1 a e la 2a guerra mondiale. Ministero della difesa. Stato Maggiore Esercito. Ufficio Storico. Roma, tipografia Regionale, giugno 1954, pg. 20-24. (4) R.D. 2143, 21-Xl-1919, circ. 617, G.M. 1919, pg. 862-887 relativo all'ordinamento provvisorio dell'esercito. Previde: lo Stato Maggiore dell'esercito e i comandi di grandi unità; le seguenti armi: carabinieri, fanteria, cavalJeria, artiglieria, genio; i seguenti corpi: aeronautica, invalidi e veterani, automobilistico, del treno, sanitario militare, commissariato militare, amministrazione, veterinario militare; i seguenti enti: distretti militari, scuole, istituti o stabilimenti militari vari, tribunale supremo di guerra e marina, tribunali militari, reparti di punizione e stahilimenti militari di pena; la seguente ripartizione del personale: ufficiali, sottufficiali e truppa; i seguenti ?,radi: generale d'esercito, tenente generale e tenente generale medico, maggiore generale, maggiore generale medico, maggiore generale commissario, brigadiere generale, brigadiere generale medico, brigadiere generale commissario, colonnelJo, colonnello medico, colonnello commissario, colonello di amministrazione, colonnello veterinario, tenente colonnello idem come per colonnello e in più tenente colonnello, capitano, tenente e sottotente idem, maestro direttore di banda, aspirante medico e aspirante verterinario; maresciallo (maggiore, capo, ordinario), sergente maggiore (brigadiere per i carabinieri), sergente (vice brigadiere per i carabinieri), caporal maggiore (appuntato per i carabinieri), caporale (vice appuntato per i carabinieri), soldato (allievo carabiniere); stabili che facessero parte dello stato maggiore dell'esercito: il capo, il sottocapo, i 5 generali designati d'armata, l'ispettore generale dell'esercito, gli ispettori generali delle varie armi, i 30 comandi di divisione di fanteria di linea e i 2 comandi di divisione di cavalleria, il presidente del tribunale supremo, gli ufficiali generali di arma combattente non ricoprenti le cariche specifiche; determinò i compiti e la composizione della Commissione suprema per la difesa dello Stato e del Consiglio degli Ispettori; fissò le seguenti tabelJe numeriche: 76 generali (29 generali d'esercito e tenenti generali, 47 maggiori generali e brigadieri generali); 1362 ufficiali dell'arma dei carabinieri (1 tenente generale comandante, 1 maggiore generale comandante in 2 8 , 1 maggiore o brigadiere generale addetto, 7 maggiori o brigadieri generali comandanti di gruppo di legioni, 31 colonnelli, 90 tenenti colonnelli, 127 maggiori, 379 capitani, 724 tenenti o sottotenenti, 1 maestro di banda); 6933 ufficiali di fanteria (64 brigadieri generali, 130 colonnelli, 276 tenenti colonnelli, 507 maggiori, 2159 capitani, 3687 tenenti o sottotenenti, 108 maestri di banda); 482 ufficiali di cavalleria (6 brigadieri generali, 17 colonnelli, 22 tenenti colonnelli, 36 maggiori, 137 capitani, 264 tenenti o sottotenenti); 3379 ufficiali di artiglieria (17 maggiori generali o brigadieri generali, 81 colonnelli, 127 tenenti colonnelli, 238 maggiori, 1080 capitani, 1836 tenenti o sottotenenti); 78 ufficiali del ruolo tecnico di artiglieria (1 tenente o maggiore generale, 1 maggiore o brigadiere generale, 76 ufficiali dei vari gradi); 1037 ufficiali del genio (9 maggiori o brigadieri generali, 7 colonnelli comandanti del genio di corpo
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d'armata, 21 colonnelli , 45 tenenti colonnelli, 68 maggiori, 367 capitani, 520 tenenti o sottotenenti); 390 ufficiali del corpo aeronautico (1 maggiore generale, 7 colonnelli, 32 tenenti colonnelli o maggiori, 61 capitani, 289 tenenti o sottotenenti); 650 ufficiali dei distretti militari (80 colonnelli, 80 tenenti colonnelli, 100 maggiori, 130 capitani, 260 subalterni); 10 ufficiali del corpo invalidi e veterani (1 tenente colonnello o maggiore, 2 capitani, 7 tenenti o sottotenenti); 221 ufficiali del corpo automobilistico (1 colonnello, 10 tenenti colonnelli, 10 maggiori, 73 capitani, 127 tenenti o sottotenenti); 45 ufficiali del corpo del treno (8 tenenti colonnelli, 7 maggiori, 15 capitani, 15 tenenti o sottotenenti); 981 ufficiali del corpo sanitario (1 tenente o maggiore generale, 3 brigadieri generali, 32 colonnelli, 48 tenenti colonnelli, 3 brigadieri generali, 32 colonnelli, 48 tenenti colonnelli, 128 maggiori, 393 capitani, 376 tenenti o sottotenenti); 263 ufficiali del corpo di commissariato (1 maggiore generale, 1 brigadiere generale, 16 colonnelli, 19 tenenti colonnelli, 50 maggiori, 176 capitani); 300 ufficiali cli sussistenza (4 tenenti colonnelli, 11 maggiori, 129 capitani, 156 tenenti o sottotenti); 964 ufficiali di amministrazione (3 colonnelli, 19 tenenti colonnelli, 68 maggiori, 378 capitani, 469 tenenti o sottotenenti); 204 ufficiali veterinari (1 eolonnello, 6 tenenti colonnelli, 18 maggiori, 70 capitani, 109 tenenti); 710 ufficiali per le scuole, stabilimenti e organi vari (5 generali, 22 colonnelli, 59 tenenti colonnelli, 103 maggiori, 224 capitani, 297 tenenti e sottotenenti); 11 ufficiali per l'Istituto geografico militare (1 maggiore o brigadiere generale, 1 colonnello, 5 capitani, 1 tenente colonnello o maggiore d'amministrazione, 1 capitano d'arma, 2 tenenti o sottotenenti); 43 ufficiali per i reparti di punizione e gli stabilimenti militari di pena (1 colonnello, 1 tenente colonnello, 1 maggiore, 9 capitani, 31 tenenti o sottotenti); 112 farmacisti militari; 220 ragionieri geometri del genio; 164 ragionieri di artiglieria; 153 capi tecnici d'artiglieria e del genio; 120 disegnatori tecnici; 2756 applicati delle amministrazioni militari dipendenti (1989 applicati, 463 ufficiali d'ordine, 304 assistenti del genio); 2768 ufficiali fuori quadro (264 colonnelli, 275 tenc:nti colonnelli, 351 maggiori, 944 capitani, 934 tenc:nti o sottotenti); 120 tecnici dell'Istituto geografico militare (1 geodeta capo, 2 ingegneri o geografi, 2 ingegneri geografi, 1 primo topografo, 16 topografi capi, 87 topografi principali, 10 topografi); 91 professori e: maestri per gli istituti d'istruzione; ordinò le armi nella seguente maniera: carabinieri: 1 comando generale, 7 comandi di gruppo di legioni, 22 legioni, 1 scuola allievi ufficiali, 1 scuola allievi sottufficiali; fanteria: 1 ispetto· re generale, 30 comandi di divisione, I comando brigata granatieri, 55 comandi brigata di fanteria di linea, 6 comandi brigata bersaglieri, 4 comandi brigata alpini, 2 reggimenti granatieri, 106 reggimenti di fantc:ria di linea, 12 reggimenti bersaglieri, 9 reggimenti alpini, 1 gruppo carri armati; cavalleria: 1 ispettore, 2 comandi di divisione, 6 comandi cli brigata, 16 reggimenti, depositi cli allevamento cavalli con squadroni cli rimonta, 4 squadroni palafreoieri; artiglieria: 1 ispettore, 1 ispettore delle costruzioni d'artiglieria, 15 comandi di brigata di artiglieria di corpo d'armata , 30 reggimenti da campagna, 15 reggimenti pesanti campali, 1 reggimento autoportato, 1 reggimento a cavallo, 3 reggimenti da montagna, 6 reggimenti pesanti, 4 reggimenti da costa, 3 depositi scuola antiaerei, 1 reggimento palafrenieri, 1 direzio ne delle esperienze, 15 direzioni territoriali con sottodirezioni, stabilimenti, depositi di allevamento cavalli con reparti di rimonta, fabbriche d'armi, arsenali di costruzione, laboratori pirotecnici, laboratori di precisione, polverificio, officine di costruzione; genio: 1 ispet· tore generale d'arma, 15 comandi genio di corpo d'armata, 15 battaglioni zappatori, 1 reggimento minatori, 15 battaglioni telegrafisti, 1 reggimento radiotelegrafisti, 1 reggimento pontieri-lagunari, 1 reggimento specialisti, 1 reggimento ferrovieri, 15 direzioni del genio (con sottodirezione e uffici fortificazioni), 1 officina costruzioni; corpo aeronautico: 1 ispet· tore di aeronautica, 1 raggruppamento da caccia, 1 raggruppamento da bombardamento, 1 raggruppamento da ricognizione, 2 gruppi aerostieri, J gruppo dirigibilisti, 1 comando scuole, 1 direzione dei servizi; distretti militari: 130; corpo automobilistico: 1 direzione centrale, 15 centri; corpo del treno: 15 gruppi treno; corpo sanitario: 1 ispettore, 15 direzioni di sanità con ospedali principali e succursali, 15 compagnie di sanità, 1 farmacia centrale militare; corpo di commissariato: 1 ispettore, 15 direzioni, 15 compagnie di sussistenza, stabilimenti, molini , parufici, stabilimenti per la produzione di galletta e di carne in scatola, magazzini viveri, magazzini di casermaggio, laboratori vari; istituti d'istruzione: collegi militari, scuole di reclutamento, scuola di guerrA, scnole centrali, corso superiore tecnico del genio, istituti
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superiori di cultura militare, scuola centrale di educazione fisica; giustizia militare: tribunale supremo militare, 15 tribunali militari. (5) Albricci Alberico {1864-1936), generale comandante il II corpo d'armata italiano in guerra, diresse la smobilitazione dell'esercito come ministro della guerra nel governo Nitti (19 19-'20). (6) L 'esercito italiano tra la 1• e 2° F,Uerra mondiale, op. cit. pg. 212-214. (7) Caviglia Enrico (1862- 1945), maresciallo d'Italia. Nella prima guerra mondiale comandò la brigata Bari, la 29• divisione, il XXIV, l'VIII ed il X corpo d'armata ed infine 1'8• armata, distinguendosi in tutti gli incarichi di comando ed in tutti i gradi per valore, coraggio, capacità e preparazione professionale. Ministro della guerra, senatore e commissario straordinario per la Venezia Giulia {dal dicembre 1919), per ordine di Giolitti fece sgombrare Fiume occupata dai legio nari di d'Annunzio. Dal 1921 al 1925, come comandante designato di una delle 4 armate e membro del Consiglio dell'esercito, ebbe una responsabilità di primo piano nella politica militare italiana. Dal 1925 in poi, pur colmato di onori, fu messo in disparte da Mussolini. Scrisse La battaglia della Bainsiua (1930), La dodicesima battaglia: Caporetto {1 933), Le Ire battaglie del Piave, (1934). Nel 1943 tentò di coprire il vuoto di potere dopo l'abbandono di Roma da parte del governo ma non riusd a seguire una linea di condotta coerente per cui facilitò, contro la sua stessa volontà, la resa di Roma ai tedeschi. (8) Pietro Dadugliu (1 87 1-1956), maresciallo d ' ltalia. Prese parte alla guerra eritrea (1896-'99), alla guerra di Libia (1 911-'12), alla prima guerra mondiale, come capo di stato maggiore della 4 1 divisione e poi del IV corpo d'armata, conquistò il Sabotino nel 1916, poi comandò il XXVII corpo d'armata. Il 10 novembre 1917 fu nominato sottocapo di stato maggiore dell'esercito; nel 1919 fu nominato senatore e promosso generale d'esercito. Nel dopoguerra fu commissario straordinario della Venezia Giulia, capo di stato maggiore dell'esercito e poi ambasciatore in Brasile. Successivamente fu nominato capo di stato maggiore generale e tenne tale carica dal 1925 al 1940. Nel 1935 fu comandante delle forze impegnate nella guerra d'Etiopia guidandole alla conquista di Addis Abeba. Maresciallo d'Italia nel 1926, governatore della Libia negli anni 1928-'33, collare dell'Annunziata nel 1939, viceré di Etiopia nel 1936, duca di Addis Abeba, dopo essere stato nominato al termine della prima guerra mondiale marchese del Sabotino. ll 25 luglio 1943 fu chiamato dal re a capo del nuovo governo, durante il quale ebbe luogo l'armistizio firmato a Cassibile il 3 settembre 1943. Il 9 settembre 1943 abbandonò la capitale e trasferì il governo a Brindisi. Il 13 ottobre dichiarò guerra alla Germania, dopo aver firmato a Malta l'Armistizio lungo. Fu nuovamente capo del governo dal 23 aprile 1944 al giugno dello stesso anno quando, dopo la liberazione d1 Roma, fu sostituito dall'onorevole lvanoe Bonomi. (9) R.D. n° 451, 20.IV.1920, G.M. 1920, pg. 317-341 relativo all'ordinamento provvisorio del Regio Esercito che abroga il R.D. n° 2143 del 21.Xl.1919. Non introdusse varianti alle armi , corpi e servizi dell 'esercito, a meno della denominazione di arma al corpo aeronautico; distinse i gradi di generale in generali d'esercito, generali di corpo d'armata, generali di divisione, generali di brigata; ridusse il numero dei generali da 76 a 65 (22 generali d'esercito e di corpo d'armata, 43 generali di divisione e di brigata), il numero degli ufficiali dei carabinieri da 1362 a 1291, degli ufficiali di fanteria da 6933 a 5558, di cavalleria da 482 a 419, di artiglieria da 3379 a 3368, del genio da 1037 a 800, del corpo automobilistico da 300 a 213, del corpo di amministrazione da 964 a 864, del corpo veterinario da 204 a 168, degli ufficiali dell'Istituto geografico militare da 15 a 11, dei farmacisti militari da 112 a 92, dei ragionieri geometri del genio da 220 a 184, dei ragionieri di artiglieria da 164 a 146, dei capi tecnici d'artiglieria e del genio da 153 a 11 7, dei disegnatori tecnici da 120 a 111, degli applicati da 2756 a 2319; lasciò invariato il numero degli ufficiali del ruolo tecnico di artiglieria, del corpo invalidi e veterani, dei professori e maestri, degli ufficiali delle scuole (5 generali comandanti, 27 colonnelli, 59 tenenti colonnelli, 103 maggiori, 224 capitani, 297
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tenenti o sottotenenti), degli ufficiali dei reparti di punizione e degli stabilimenti militari di pena; aumentò: da 390 a 408 il numero degli ufficiali dell'arma aeronautica (1 generale di divisione o di brigata, 8 colonnelli, 36 tenenti colonnelli, 64 capitani, 299 tenenti o sottotenenti), da 650 a 742 il numero degli ufficiali dei distretti, non fece menzione degli ispettori cd elencò le seguenti cariche per i generali: capo di stato maggiore, sottocapo di stato maggiore, 4 designati di armata, 1 aiutante di campo di S.M. il re, 1 presidente del tribunale supremo, 10 comandanti di corpo d'armata, 1 direttore superiore delle scuole, 1 comandante generale dell'arma dei carabinieri, 1 ispettore generale del corpo della guardia di finanza, I comandante generale della Regia Guardia per la pubblica sicurezza, 27 comandanti divi\ ioni di fanteria, 3 comandanti di divisioni alpine, 1 comandante della divisione di cavalleria, 1 generale di divisione del genio a disposizione per le ispezioni; ordinò le artni: fanteria: 27 divisioni fanteria, 3 divisioni alpine, 1 comando di brigata granatieri, 51 comandi di brigata fanteria, 102 reggimenti di fanteria, 4 reggimenti bersaglieri, 9 reggimenti alpini, 1 gruppo carri armati; cavalleria: 1 comando divisione, 4 comandi di brigata, 12 reggimenti, 4 squadroni palafrenieri; artiglieria: 1 ispettorato delle costruzioni, 10 comandi di artiglieria di corpo d'armata, 27 reggimenti da campagna, 14 reggimenti pesanti campali, 1 reggimento autoportato, 3 reggimenti da montagna, 6 reggimenti pesanti, 4 reggimenti da costa, 3 depositi scuola contraerei, l reparto palafrenieri, 1 direzione delle esperienze, 10 direzioni di artiglieria, stabilimenti vari; genio: 10 comandi genio di corpo d'armata, 10 battaglioni zappatori, 10 battaglioni telegrafisti, 1 reggimento minatori, 1 reggimento radiotelegrafisti, 1 reggimento pontieri-lagunari, 1 reggimento ferrovieri, 10 direzioni del genio con sottodirezioni, stabilimenti (1 istituto centrale di radiotelegrafia, 1 laboratorio pirotecnico e di studi chimici, 1 officina di costmzioni); arma aeronautica: 1 comando superiore di aeronautica, 2 comandi di aeronautica, 1 raggruppamento da caccia, 1 raggruppamento di bombardamento, l raggruppamento da ricognizione, 1 gruppo aerostieri, 1 gruppo dirigibilisti, 1 comando scuole, 1 direzione dei servizi di armamento, 1 sezione fotografica; 106 distretti militari; corpo sanitario: lO direzioni di sanità, ospedali principali, sussidiari, infermiere presidiarie, 10 compagnie di sanità, 1 farmacia centrale; corpo di commissariato: 10 direzioni, 10 compagnie di sussistenza, stabilimenti vari; pjusti:t:ia militare: 1 tribunale supremo, 10 tribunali militari; istituti vari: collegi militari, scuole di reclutamento, scuola di guerra, scuole centrali, corso superiore tecnico di artiglieria, istituto superiore di cultura militare, scuola centrale di educazione fisica, reparti di punizione e stabilimenti militari di pena. Circolare n° 48 del 16-I-1920, G.M. 1920, pg. 51-52, contenente il R.D. n° 3 relativo alla composizione ed al funzionamento del Consiglio dell'Esercito e le attribuzioni del capo di S.M. del R.E. (10) Ci1"cola1e 11° 460 del 20-VII-1920, G.M. 1920, pg. 725 relativa alla istituzione di una speciale commissione con l'incarico di coadiuvare il ministro della guerra nella preparazione dei disegni di legge per l'ordinamento definitivo del R.E., per il reclutamento delle truppe, per la preparazione militare nelle scuole. Veds. precedente nota n° 8 e L 'esercito italiano tra la 1a e la 2° guerra mondiale, pg. 41-43. (1 1) L'esercito permanente, destinato ali' addestramento in pace ed ad una prima difesa in guerra, avrebbe dovuto comprendere 10 corpi di armata, però su 2 divisioni ciascuno anziché su 3 (10 divisioni in meno rispetto all'ordinamento Bonomi). Ogni divisione sarebbe stata ternaria (3 reggimenti di fanteria o bersaglieri) e 1 reggimento di artiglieria da campagna . In conseguenza si sarebbero avuti 60 reggimenti di fanteria e 20 reggimenti artiglieria da campagna. Per il completamento delle unità di pace e la formazione delle unità di guerra, il territorio nazionale sarebbe stato organizzato e diviso in 20 «zone militari» aventi all'incirca eguale popolazione e un determinato gruppo di province. Le zone militari avrebbero avuto attribuzioni territoriali e avrebbero provveduto a organizzare gli enti per l'istruzione premilitare, a costituire gli organi di reclutamento degli iscritti e il loro invio ai reparti per il compimento della ferma (depositi), a compiere in pace il lavoro di preparazione e di organizzazione e in guerra quello di mobilitazione delle unità e dei servizi, a compiere gli studi ed attuare le predisposizioni per la mobilitazione industriale del Paese. Tn tempo di pace,
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ciascuno dei 60 reggimenti di fanteria avrebbe ricevuto le reclute da 2 diversi depositi e questi sarebbero stati in numero eguale ai reggimenti da mobilitare, e cioè 120. R.D. n° 1802, circ. n° 523, 2.X.1919, G.M. 1919, pg. 649-681 riguardante il riordinamento dell'arma dei carabinieri reali che fanno parte de/l'esercito, di cui sono la prima arma. Ordinamento: comando generale dell'arma, 7 comandi di gruppo di legioni, 19 legioni territoriali, I legione allievi carabinieri, 1 scuola allievi ufficiali carabinieri, 1 scuola allievi sottoufficiali carabinieri; organici: 2 tenenti generali, 8 maggiori generali e brigadieri generali, 25 colonnelli, 71 tenenti colonnelli, 100 maggiori, 338 capitani, 512 tenenti e sottotenenti, 1 maestro direttore di banda per un totale di 1057 ufficiali e 60 mila sottufficiali e truppa. D.M., circ. n° 61, 25.1.1920, G.M. 1920, pg. 64-67 con il quale si derterminano l'ordinamento e le attribuzioni del Comando superiore aeronautico. D.M., circ. n° 74, 25.1.1920, G.M. 1920, pg. 87-91 con il quale si determina lo «scompartimento» in rami di servizio dell'ispettorato dell'aeronautica. Legge n° 508 che converte il R.D. n° li del 7.1.1915, con il quale venne costituito il corpo aeronautico militare (circ. n° 561, 14.IX.1919, G.M. 1919, pg. 744): il comando superiore aeronautica è trasformato in ispettorato dell'aeronautica e passa a far parte del ministero della guerra. (12) L'esercito italiano tra la 1 • e la 2• guerra mondiale, op. cit. pg. 43-44. (13) Antonino Di Giorgio, (1867-1932) generale. Partecipò alla guerra di Eritrea nel 1897; comandò le truppe coloniali della Somalia dal 1808 al 1810. Comandò un battaglione in Libia nella guerra del 1911-1912. Colonnello nel 1915, fu capo di stato maggiore dell'Vlll Corpo d'Armata e poi comandò la brigata Bisagno, la 51 ° divisione, il Corpo d'Armata speciale e il XXVII Corpo d'Armata in guerra. Fu ministro della guerra nel 1924-1925. Comandante del Corpo d'Armata di Firenze nel 1925 e della Sicilia nel 1927. Nel 1913 venne eletto deputato e tornò alla Camera nel 1924. (14) L'ordinamento, secondo il progetto Di Giorgio, doveva: rappresentare un'«avviamento alla Nazione armata», abolire l'intelaiatura di pace dell'esercito stabilita dall'ordinamento Diaz, approntare in pace solo i quadri ed i materiali necessari, incidendo così sulla forza bilanciata in genere e più specialmente su quella della fanteria, garantire le frontiere con un sistema adatto di copertura, preparare tecnicamente l'esercito per la guerra con il minor disagio dei cittadini e con il minor dispendio, in modo però che, all'atto dell'emergenza, tutte le forze <lei Paese avrebbero potuto e <lovuto essere inquadrate in un numero considerevole di grandi unità. Capisaldi dell'ordinamento del progetto Di Giorgio: a) i militari di leva sarebbero stati iscritti in due categorie: quelli di 1 a categoria con ferma di 18 mesi come massimo; quelli di 2• categoria con ferma di 3 mesi; a quest'ultima categoria sarebbero stati assegnati individui in determinate condizioni di famiglia o in possesso di speciali requisiti; b) i reggimenti avrebbero assunto la denominazione di «centri». Di essi una parte sarebbe stata destinata ad essere sempre in efficienza; l'altra parte invece sarebbe stata in efficienza solo per un dato periodo dell'anno, mentre nell'altro periodo avrebbe esplicato funzioni vere e proprie di scuola, svolgendo corsi per allievi ufficiali di complemento e sottufficiali, nonché corsi d'integrazione per ufficiali di complemento. In tal modo sarebbero state assicurate la difesa dell'ordine interno e la preparazione tecnica dell'esercito col minor disagio dei cittadini e col minor dispendio per le finanze dello Stato; c) le truppe alpine sarebbero state mantenute sempre in efficienza per garantire, quali prime truppe di copertura, la frontiera; d) il numero degli ufficiali sarebbe stato aumentato per assicurare un buon inquadramento; e) i traini animali sarebbero stati mantenuti solo per le artiglierie someggiate e da montagna, e sarebbero stati abbandonati per tutte le altre artiglierie, le quali perciò avrebbero adottato il traino meccanico; f) sarebbero stati ricostituiti il Corpo di stato maggiore, il capo di stato maggiore ddl'esercito e gli ispettorati. (15) Gaetano Giardino (1864-1935) maresciallo d'Italia. Sottotenente di fanteria in Africa nel 1882. Compilò il Regolamento per l'istruzione tattica delle fanterie indigene. Frequentò la scuola di guerra e nel 1911 partecipò alla guerra italo-turca. Nel 1913 fu Capo di Stato Maggiore della 2• Armata. Nel 1916 comandò la 48• Divisione e nel 1917 il XXV Corpo
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d'Armata. Fu Ministro della Guerra, Sottocapo di Stato Maggiore dell'Esercito nel 1917, e nel 1918 fu membro del Consiglio militare interalleato. Nel 1918 assunse il comando dell'Armata del Grappa, che tenne fino a Vittorio Veneto. Ncl 1919 fu promosso generale d'esercito, nel 1923 fu nominato Governatore miJitare di Fiume, nel 1926 Maresciallo d'Italia. Fu nominato senatore del regno nel 1917. (16) Dizionario biografico degli italiani- Voi. XXIII, SO.GEA. RO. Roma, 1979, voce Enrico Caviglia. (17) R.D. n° 12, circolare n° 15, del 7.1.1923, G.M. 1923 pg. 51-81 relativo all'ordinamento dell'esercito, che abroga il R.D. n° 451 del 20.IV.1920 e le successive modificazioni. Riteniamo utile riportarlo per intero in quanto fu l'ordinamento preso poi a base per i successivi e, in particolare, quello del 1926. I provvedimenti di carattere ordinativo più importanti adottati nell'intervallo tra l' ordinamento Bonomi e l'ordinamento Diaz riguardarono: la costituzione di 18 battaglioni mobili autonomi di carabinieri reali per il concorso ai carabinieri territoriali (D.M. circ. n° 273, 2.V.1920, G.M. 1920, pg. 395); la definizione dell'ordinamento e delle attribuzioni del Comando superiore dell'aeronautica (D.M., circ. n° 61, 25.1.1921, G.M. 1921, pg. 64-67); l'istituzione di una commissione per l'ordinamento dell'educazione fisica e della preparazione militare del Paese (R.D., circ. n° 445, 24.VII.1921, G.M. 1921, pg. 714-715) e circ. 446, I. VIII. 1921, G.M. 1921, pg. 715-716); la definizione del numero dei generali (R.D.L. 1907, circ. n° 47 , 30.XII.1920, G.M. 1920, pg. 47-50); la formazione di un nuovo reggimento di cavalleria (Legge 660, circ. 270, 2.IV.1922, G.M. 1922 pg. 556). Relazione e R.D . n° 12, circ. n° 15, 19.1.1923, G.M. 1923, pg. 57-81, relativo all'ordinamento dell'esercito. Generalità: l'esercito permanente è ordinato in 10 corpi d'armata territoriali, suddivisi in 30 divisioni territoriali; comandi reparti e servizi: stato maggiore generale (ispettore generale dell'esercito e gli altri ufficiali generali membri del Consiglio dell'esercito, 4 generali designati di armata, 1° aiutante di campo generale di S.M. il re, 10 comandanti di corpo d'armata territoriale, il presidente del tribunale supremo di guerra e marina, il comandante generale dell'arma dei carabinieri reali, il capo dello stato maggiore centrale, i 30 comandanti di divisione territoriale, il comandante in 2• dell'arma dei carabinieri, i generali a disposizione per le varie armi, tutti gli altri ufficiali generali d'arma combattente, gli ufficiali generali del ruolo tecnico di artiglieria, gli ufficiali generali medici e il generale commissario; generali d'esercito, d'armata e di corpo d'armata: 24; generali di divisione: 40; generali di brigata: 95; generale medico capo: 1; generali medici: 3; generale commissario: 1; in totale: 164); arma dei carabinieri (comando generale dell'arma, 7 comandi di gruppo di legioni, 1 comando di gruppo scuole e legione allievi, 1 legione allievi, 21 legioni territoriali, 1 scuola allievi ufficiali, 12 battaglioni mobili, 2 squadroni per un totale di: 26 colonnelli, 75 tenenti colonelli, 109 maggiori, 376 capitani, 804 tenenti e sottotenenti, 1 maestro direttore di banda = 1391); arma di fanteria (1 comando di brigata granatieri, 51 comandi brigata di fanteria di linea, 3 comandi di raggruppamento alpino, 2 reggimenti granatieri, 102 reggimenti fanteria di linea, 12 reggimenti bersaglieri di cui 6 ciclisti, 9 reggimenti alpini, 1 reparto di carri armati, per un totale di 206 colonnelli, 366 tenenti colonnelli, 552 maggiori, 2102 capitani, 3850 tenenti e sottotenenti, 10 maestri direttori di banda = 7086); arma di cavalleria (3 comandi di brigata di cavalleria, 12 reggimenti, 4 squadroni ordinari e pesanti, 1 deposito-ufficiali: colonnelli 18, tenenti colonnelli 34, maggiori 48, capitani 180, tenenti e sottotenenti 318, totale: 598); arma di artiglieria che comprende l'arma e il servizio territoriale d'artiglieria e il servizio tecnico d'artiglieria; costituiscono l 'arma e il servizio territoriale d'artiglieria: 10 comandi di artiglieria di corpo d'armata, 27 reggimenti da campagna, 14 pesanti campali, 1 a cavallo, 3 da montagna, 10 pesanti e da costa, 10 gruppi contraerei e 1 scuola contraerei, 1 reparto palafrenieri, 10 direzioni di artiglieria con sezioni staccate - i reggimenti comprendono 1 comando, da 3 a 5 gruppi, 1 deposito - (111 colonnelli, 166 tenenti colonnelli, 267 maggiori, 1036 capitani, 1806 tenenti e sottotenenti = 3386); il servizio tecnico di artiglieria: 1 direzione superiore delle costruzioni d'artiglieria, 1 direzione delle esperienze con sezione staccata e uffici tavole di tiro, stabilimenti di artiglieria
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(14 colonnelli e tenenti colonnelli direttori di stabilimento e capi servizi, 14 tenenti colonnelli e maggiori vice-direttori, capi ufficio e capi sezione, 60 capitani e tenenti addetti = 88); arma del genio: 1 direzione superiore delle costruzioni del genio, 10 comandi del genio di corpo d'armata, 10 raggruppamenti genio di corpo d'armata, 1 reggimento radiotelegrafisti, 1 reggimento pionieri-lagunari, 1 reggimento ferrovieri, 10 direzioni del genio con sotto· direzioni, 1 istituto militare di radiotelegrafia ed elettronica, 1 officina radiotelegrafica ed elettronica, 1 officina di costruzioni; il raggruppamento genio di corpo d'armata è formato da 1 comando, 1 battaglione zappatori-minatori, 1 battaglione telegrafisti, 1 deposito; il reggimento radio-telegrafisti è costituito da 1 comando, 5 battaglioni, 1 deposito; il reggimento pontieri-lagunari è costituito da 1 comando, 3 battaglioni pontieri, 1 battaglione lagunari, 1 deposito, il reggimento ferrovieri è costituito da 1 comando, 2 battaglioni, 1 gruppo di esercizio, 1 deposito, (33 colonnelli, 44 tenenti colonnelli, 66 maggiori, 292 capitani, 487 tenenti o sottotenenti = 922); arma aeronautica: riserva di provvedimenti a parte; distretti militari: 106 (106 colonnelli, 106 tenenti colonnelli, 318 capitani, 424 subalterni = 954); corpo sanitario militare: ufficiali medici e ufficiali chimici-farmacisti, 10 direzioni di sanità militare, 10 compagnie di sanità, 1 istituto chimico farmaceutico, ospedali militari principali e secondari ed infermerie presidiarie (ufficiali medici: 21 colonnelli, 80 tenenti colonnelli, 15 3 maggiori, 402 capitani, 300 subalterni = 956; ufficiali chimici-farmacisti: 4 tenenti colonnelli, 30 maggiori, 45 capitani, 52 subalterni = 131); corpo di commissariato militare: uf. fidali commissari, ufficiali di sussistenza, 10 direzioni di commissariato con sezioni staccate, 10 compagnie di sussistenza, stabilimenti di commisariato (ufficiali commissari: 10 colonnelli, 20 tenenti colonnelli, 40 maggiori, 70 capitani, 99 subalterni = 239; ufficiali di sussistenza: 3 tenenti colonnelli, 7 maggiori, 67 capitani, 98 subalterni = 175); corpo di amministrazione militare: ufficiali di amministrazione (6 colonnelli, 4 3 tenenti colonnelli, 88 maggiori, 436 capitani, 531 subalterni = 1124); corpo veterinario militare; ufficiali veterani (13 tenenti colonnelli, 25 maggiori, 61 capitani, 71 subalterni = 170); seroizio trasporti militari: 10 raggruppamenti di trasporti, 1 officina di costruzioni automobilistiche; ogni raggruppamento trasporti comprende 1 comando, 1 deposito, 1 gruppo automobilistico, 1 gruppo treno (1 colonnello, 14 tenenti colonnelli, 18 maggiori, 82 capitani, 155 tenenti e sottotenenti = 270); scuole, corsi, stabilimenti e reparti vari: scuole: collegi militari, scuole di reclutamento (allievi ufficiali di complemento, allievi sottufficiali, scuole per il reclutamento di ufficiali in servizio attivo permanente), scuole centrali, istituti superiori di cultura militare, scuola centrale di educazione fisica; corsi militari per il perfezionamento e la specializzazione degli ufficiali delle varie armi e corpi; ufficio di amministrazione di personali militari vari: attende all'amministrazione di tutti i personali dipendenti dall'amministrazione della guerra che non hanno consiglio di amministrazione proprio; istituto geografico militare (1 colonnello, 5 capitani, 1 tenente colonnello o maggiore di amministrazione, 1 capitano di amministrazione, 2 subalterni di amministrazione = 10); tribunale supremo di guerra e marina e tribunali militari; depositi di allevamento cavalli: ognuno su 1 direzione militare e personale inferiore civile, ai depositi sono addetti squadroni di rimonta (3 colonnelli, 6 tenenti colonnelli o maggiori, 9 capitani, 15 subalterni = 33); reparti di correzione e stabilimenti militari di pena: 1 comando, 1 battaglione di correzione, carceri militari preventive, 2 reclusori militari principali e reclusori militari succursali, 1 carcere militare centrale e carceri sussidiarie (1 colonnello, 2 tenenti colonnelli, 9 maggiori, 5 3 capitani, 17 tenenti e sottotenenti = 62); personali vari dipendenti dell'amministrazione della guerra: personale tecnico civile dell'istituto geografico militare (1 geodeta capo, 2 ingegneri geografi principali, 3 ingegneri geografi, 17 topografi capi, 25 primi topografi, 35 topografi, 10 disegnatori tecnici : 123); personale tecnico civile d'artiglieria (specialisti tecnici capi 1, specialisti tecnici 9 = 10); personale tecnico civile per il seroi:zio chimico militare (da stabilire); personale tecnico civile del genio (1 direttore tecnico dell'istituto di radiotelegrafia ed elettronica, 2 ingegneri elettricisti o professori di fisica, 2 dottori in chimica = 5); personale tecnico civile d'aeronautica (da determinare); maestri civili d'educazione fisica: 50, ragionieri geometri del genio (1 ragioniera geometra superiore, 27 ragionieri geometri capo, 46 primi ragionieri geometri, 110 ragionieri geometri = 184); ragionieri di artiglieria (l ragioniere superiore, 22 ragionieri capi, 44 primi ragionieri, 92 ragionieri = 1'9); capi tecnici di artiglieria e del genio (10 capi tecnici capi officina, 30 primi capi
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tecnici, 77 capi tecnici = 117); disegnatori tecnici d'artiglieria o del genio (36 disegnatori tecnici capi, 75 disegnatori); assistenti del genio militare (80 primi assistenti del genio militare, 120 assistenti del genio = 200); personale delle amministrazioni militari dipendenti (683 archivisti, 1024 applicati, 161 primi ufficiali d'ordine dei magazzini militari, 241 ufficiali d'ordine dei magazzini militari = 1707 + 402 = 2109); ufficiali fuori quadro: oltre quelli del servizio trasporti, dei depositi allevamento cavalli, reparti correzione, sono collocati fuori quadro gli ufficiali delle varie armi comandati in servizio di stato maggiore (36 colonnelli e 436 ufficiali superiori e inferiori = 472), gli ufficiali delle varie armi effettivi alle case militari di S.M. il re e principi reali (2 colonnelli, 4 tenenti colonnelli o maggiori, 3 capitani = 9); gli ufficiali delle varie armi assegnati all'istituto geografico militare (3 capitani); gli ufficiali delle varie armi e corpi, per la precettazione quadrupedi, per le delegazioni trasporti, per gli uffici militari d'istruzione, ufficiali a disposizione e ufficiali con incarichi speciali (10 colonnelli, 10 tenenti colonnelli, 20 maggiori, 70 capitani, 90 subalterni = 200). (18) Giuseppe Vaccari (1866-1937) generale. Sottotenente dei bersaglieri nel 1881, fu insegnante dal 1888 al 1893 alla scuola di tiro di fanteria a Parma e dal 1898 al 1910 di arte e storia militare all'Accademia navale di Livorno. Dal 1912 al 1916 fu in Libia. Nel 1915 ebbe il comando della brigata Barletta, e nel 1917 fu nominato sottocapo di Stato Maggiore della 3a Armata. Nell'aprile del 1918 assunse il comando del XXII C.d.A. Nel 1920 fu nominato sottocapo di Stato maggiore dell'Esercito e, nel 1921, Capo. Comandò poi i Corpi d'Armata di Trieste e di Roma. Durante la 1 • guerra mondiale fu decorato di medaglia <l'oro al valor mili1,m.·.
(19) R.D. , circ. n. 44, 21-1-1923, G.M. 1923, pg. 161-163. Approvazione tabelle graduali e numeriche dello stato maggiore generale dell'esercito: 24 generali di esercito, d'armata e di corpo d ' armata, 40 generali di divisione, 95 generali di brigata, 1 generale medico capo, 3 generali medici, 1 generale commissario = 164. R.D. n. 142 circ. n. 61 , 25 -1-1923, G.M. 1923, pg. 229-230. Modifiche ed aggiunte al R.D. n. 12 del 7-1-1923. R.U. n. 154, circ. n. 66, 25-1-1923, G.M. 1923, pg. 231 riguardante i gradi di maggiore generale e brigadiere generale equivalenti a generale di divisione e generale di brigata. R.D. n. 179, circ. n. 76, 25-1-1923, G.M. 1923, pg. 293. Stabilimenti militari di commissariato (4 magazzini centrali, 1 opificio, 1 molino, 24 panifici, 1 gallettificio, 2 carnilici, 25 magazzini viveri, 32 magazzini casermaggio). R.D. n. 180, circ. n. 77, 25-1-1923, G.M. 1923, pg. 294. Scuole militari del regno: 2 collegi, 11 scuole allievi ufficiali di complemento e sottufficiali, 1 accademia militare fanteria cavalleria, 1 accademia militare artiglieria e genio, 1 scuola applicazione cavalleria, 1 scuola centrale di fanteria, 1 scuola centrale di artiglieria, 1 scuola centrale del genio, 1 scuola di guerra, 1 scuola centrale di educazione fi sica, 1 scuola di sanità militare, 1 comando di tutte le scuole. R.D. n. 182, circ. n. 79, 25-1-1923, pg. 295-296. Definizione stabilimenti sanitari (10 ospedali principali, 17 secondari, 11 infermerie presidiarie). R.D. n. 183, circ. n. 80, 25-1-1923, G.M. 1923, pg. 196-197. Determinazione degli stabilimenti di artiglieria (2 arsenali, 2 officine, 2 fabbriche d'armi, 1 laboratorio di precisione, 1 stabilimento pirotecnico, 1 polverificio). Circ. n. 46, 27-1-1923, G.M. 1923, pg. 190-197. Tabella graduale e numerica di formazione dei distretti militari e costituzione delle compa· gnie distrettuali. Circ. n. 47, 27-1-1923, G.M., pg. 197. Cambio di denominazione dei comandi di divisione di fanteria e alpini in comando della divisione territoriale di ... R.D. n. 213, circ. n. 96, 4-11-1923, G.M. 1923, pg. 319. Numero dei depositi di allevamento cavalli e degli squadroni di rimonta (5 depositi, 5 squadroni, 1 comando di gruppo). Circ. n. 70, 8-11-1923, G.M. 1923, pg. 249-260: dipendenza ed attribuzioni dei generali a disposizione per le varie armi. D.M., circ. n. 105, G.M. 1923, pg. 348-349. Sedi delle scuole militari: collegi: Roma e Napoli; scuole allievi ufficiali e sottufficciali: Torino, Milano, Verona, Pola, Lucca, Modena, Roma, Chieti, Caserta, Palermo, Cagliari; accademia fanteria e cavalleria: Modena; accademia artiglieria e genio: Torino; scuola applicazione cavalleria: Pinerolo; scuole centrali: Civitavecchia; scuola artiglieria contraerei: Bracciano; scuola genio: Manziana; scuola di guerra: Torino; scuola centrale di educazione fisica: Roma; scuola sanità militare: Firenze. R.D. n. 448, circ. n. 137, 25-11 -1923, G. M. 1923,
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pg. 397-398. Varianti all'ordinamento dell'arma dei carabinieri: 1 comando generale, 7 comandi di gruppo di legioni, 1 comando gruppo scuole e legioni allievi, 2 legioni allievi, 21 legioni territoriali, 1 scuola allievi ufficiali, 1 scuola allievi sottufficiali, 1 scuola tecnica di polizia, 12 battaglioni mobili, 2 squadroni, 1 reparto specializzato per servizi d'investigazione e d'indagini in abito civile (27 colonnelli, 77 tenenti colonnelli, 111 maggiori, 394 capitani, 809 subalterni, 1 maestro capo di banda). Circ. n. 117, 1-3-1923, G.M. 1923 pg. 358. Modifiche circa le dipendenze e le attribuzioni del generale a disposizione per l'arma e del direttore delle costruzioni del genio militare. R.D. circ. n. 199, 18-3-1923, G.M. 1923, pg. 525-527. Organico dei sottufficiali dell'esercito (esclusa l'arma dei carabinieri): fanteria 2300 marescialli e 4862 sergenti maggiori e sergenti; cavalleria 228 marescialli e 450 sergenti maggiori e sergenti; artiglieria 1630 marescialli e 2520 sergenti maggiori e sergenti; genio 255 marescialli e 520 sergenti maggiori e sergenti; sanità 85 marescialli e 125 sergenti maggiori e sergenti; sussistenza 60 maresciruli e 90 sergenti maggiori e sergenti; capi maniscalchi 45 marescialli; fuori ruolo 1345 marescialli e 285 sergenti maggiori e sergenti; totale: 14.800. Circ. n. 159, 20-3-1923. G.M. 1923, pg. 439-440. Costituzione dei comandi di raggruppamento alpini e loro attribuzioni e dipendenze (1 ° a Torino, 2° a Bergamo, 3° a Belluno). R.D. n. 667, circ. n. 200, 25-3-1923, G.M. 1923, pg. 527-528. Modifiche all'ordinamento. R.D. n. 1370, circ. n. 421, 23-5-1923, G.M. 1923, pg. 976-978. Varianti all'ordinamento del 7-1-1923. Circ. n. 449, 31-5-1923, G.M. 1923, pg. 1007-1023. Tabelle graduali e numeriche di formazione: fanteria: 206 colonnelli, 366 tenenti colonnelli, 552 maggiori, 2102 capitani, 3850 subalterni, 10 maestri di musica = 7086; cavalleria: 18 colonnelli, 34 tenenti colonnelli, 48 maggiori, 180 capitani, 318 subalterni = 598; artiglieria: 111 colonnelli, 166 tenenti colonnelli, 267 maggiori, 1036 capitani, 1806 subalterni = 3386; servizio tecnico artiglieria: 14 colonnelli, 14 tenenti colonnelli e maggiori, 60 capitani, 88 subalterni; genio: 33 colonnelli, 44 tenenti colonnelli, 66 maggiori, 292 capitani, 487 subalterni = 922; fuori corpo: 130 colonnelli, 190 tenenti colonnelli, 115 maggiori, 635 capitani, 800 subalterni = 1871; sanità medici: 21 colonnelli, 80 tenenti colonnelli, 152 maggiori, 385 capitani, 281 subalterni = 919; chimico-farmacisti: 4 tenenti colonnelli, 30 maggiori, 45 capitani, 52 subalterni = 131; commissariato: 10 colonnelli, 20 tenenti colonnelli, 38 maggiori, 80 capitani, 96 subalterni = 234; sussistenza: 3 tenenti colonnelli, 7 maggiori, 67 capitani, 91 subalterni = 168; amministrazione: 6 colonnelli; 33 tenenti colonnelli, 24 maggiori, 281 capitani, 306 subalterni = 650; veterinari: 13 tenenti colonnelli, 25 maggiori, 61 capitani, 71 subalterni = 170; trasporti: 1 colonnello, 14 tenenti colonnelli, 18 maggiori, 82 capitani, 155 subalterni = 270 (fuori quadro); deposito allevamento cavalli: 3 colonnelli, 6 tenenti colonnelli o maggiori, 9 capitani, 15 subalterni = 33 (fuori quadro); servizio di stato maggiore: 52 colonnelli, 110 tenenti colonnelli, 126 maggiori, 174 capitani = 462 (fuori quadro); a disposizione del ministero: 10 colonnelli, 10 tenenti colonnelli, 20 maggiori, 70 capitani, 90 subalterni = 200. R.D. n. 1527, circ. n. 454, 31-5-1923, G.M. 1923, pg. 1030-1034. Istituzione di un servizio chimico militare: studi, esperieme, applicazioni pratiche sui mezzi chimici di guerra ( l direzione del servizio, 1 laboratorio analitico e sperimentale, personale tecnico specializzato, personale civile, 1 specialista tecnico capo, 6 specialisti tecnici, 1 sezione chimica, 1 sezione fisiopatologica e terapica, l sezione tecnica; dipendenza dallo stato maggiore centrale). R.D. n. 1513, circ. n. 460, 26-7-1923, G.M . 1923, pg. 1042. Depositi allevamento cavalli. Circolare n. 451, 26-7-1923, G .M . 1923, pg. 1025-1027. Costituzione dell'ufficio tecnico superiore automobilistico in Torino. Circ. n. 481, 9-8-1923, G.M. 1923, pg. 1154-1155. Dipendenze del generale a disposizione per l'arma del genfo e del direttore superiore delle costruzioni del genio militare. R.D. n. 2181, circ. n. 620, 7-10-1923, G.M. 1923, pg. 1440. Organico degli ufficiali del servizio aerostatico. R.D. n. 2182, circ. n. 621, 7-10-1923, G.M. 1923, pg. 1440. Organico degli ufficiali del servizio aerostatico. R.D. n. 2182, circ. n. 621, 7-10-1023, G.M. 1923, pg. 1441-1442. Numero degli ufficiali delle varie armi e servizi comandati al ministero: 1 colonnello, 5 tenenti colonnelli, 28 maggiori, 155 capitani, 1 subalterno = 190. R.D. n. 2356, circ. n. 664, 21-10-1923, G.M. 1923, pg. 1527-1528. Numero delle carceri e dei reclusori militari. D.M. circ. n. 665, 21-10-1923, G.M. 1923, pg. 1528-1529. Sedi
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degli stabilimenti di pena: comando a Gaeta, case di pena principali: Gaeta, Gradisca, Pizzighettone, Napoli, Caserta, Piacenza, Aversa. Circ. n. 772, 13-12-1923, G.M. 1923, pg. 1756-1761. Ordinamento interno dei comandi di distretto militare. R.D. n. 62, circ. n. 337, 24-1-1923, G.M. 1923, pg. 775-776. Istituzione del commissariato per l'aeronautica. R.D. n. 645, circ. n. 191, 28-3-1923, G.M. 1923, pg. 507-510. Costituzione ddla forza armata «Arma aeronautica» (comando generale, comandi di squadra, comandi di divisione, stormi caccia, stormi bombardieri notturni, stormi bombardieri diurni, stormi ricognizione, stormi idrovolanti, gruppi dirigibili, scuola ddla regia aeronautica, accademia e scuola applicazione, centri e servizi). R.D. n. 2980, cir. n. 75, 30-12-1923, G.M. 1924, pg. 319-323. Nuovo organico ddl'arma dei carabinieri: comando generale: 7 comandi di gruppo di legioni, 1 comando di gruppo di scuole e di legioni allievi, 2 legioni allievi, 21 legioni territoriali, 1 scuola allievi ufficiali, 1 scuola allievi sottufficiali, 1 scuola tecnica di polizia, 1 squadrone, 1 ruolo specializzato (26 colonnelli, 76 tenenti colonnelli, 109 maggiori, 375 capitani, 737 subalterni, l maestro direttore di banda; per il ruolo specializzato 78 tenenti colonnelli e 25 capitani = 1324 + 103; 1800 marescialli, 3000 brigadieri, 4350 vice brigadieri, 3300 appuntati, 5000 carabinieri scelti, 33.350 carabinieri, 4200 allievi carabinieri; 2600 ruolo specializzato: 900 marescialli, 1600 brigadieri, 2500 appuntati, 2000 carabinieri scelti, 400 carabinieri = 2600, totale 50.800 + 2600). R.D. n. 3067, circ. n. 95, 30-12-1923, G.M. 1924, pg. 451. Modifica circ. n. 142 del 25-1-1923. R.D. n. 3098, circ. n. 223, 30-12-1923, G.M. 1924, pg. 933-936. Soppressione del corpo invalidi e veterani. Circ. n. 257, 20-3-1924, G.M. 1924, pg. 1029-1040. Modifiche ad alcune tabelle graduali e numeriche. Circ. n. 384, 19-6-1924, G.M. 1924, pg. 1585. Costituzione ddl'officina costruzioni automobilistiche. D.M. circ. n. 859, 14-10-1924, G .M . 1924, pg. 2460. Soppressione della scuola di applicazione di artiglieria e genio (istituzione di corsi straordinari presso l'accademia militare di artiglieria). R.D. n. 3227, circ. n. 179, 31-12-1924, G .M. 1924, pg. 712-716. Istituzione del maestro di scherma con il grado unico di sottotenente. Circ. n. 257, 20-3-1924, G.M. 1924, pg. 1029-1040. Tabelle graduali e numeriche degli ufficiali del regio esercito - modifiche - ruolo tecnico di artiglieria: 88 ufficiali del ruolo tecnico e 57 ufficiali delle varie armi: corpo sanitario: 10 direzioni sanità, 10 ospedali militari principali, 17 ospedali militari secondari, 11 infermerie presidiarie, 2 stabilimenti balneo-termali, scuole, ecc.: 21 colonnelli, 80 tenenti colonnelli, 153 maggiori, 394 capitani, 290 subalterni = 938, chimico-farmacisti: 4 tenenti colonnelli, 26 maggiori, 41 capitani, 52 subalterni = 123; corpo di commissariato: 10 colonnelli, 20 tenenti colonnelli, 38 maggiori, 70 capitani, 96 subalterni = 234; corpo sussistenza: 3 tenenti colonnelli, 7 maggiori, 67 capitani, 91 subalterni = 168; corpo di amministrazione 6 colonnelli, 42 tenenti colonnelli, 82 maggiori, 449 capitani, 922 subalterni = 1101; corpo veterinario: 1 colonnello, 14 tenenti colonnelli, 18 maggiori, 82 capitani, 155 subalterni = 270; servizio di stato maggiore: 51 colonnelli, 110 tenenti colonnelli, 125 maggiori, 174 capitani = 460; a disposizione del ministero: 9 colonnelli, 7 tenenti colonnelli, 15 maggiori, 57 capitani, 89 subalterni = 177. R.D.L. n. 552, circ. n. 209, 4-5-1925, G.M. 1925, pg. 884-886. Modifica ordinamento: fanno parte ddlo stato maggiore generale dell'esercito: marescialli d'Italia, generali d'esercito, capo di stato maggiore generale, 4 generali comandanti designati d'armata, aiutante di campo generale di S.M. il re, il sottocapo di stato maggiore generale, i 10 comandanti di corpo d'armata territoriale, il presidente del tribunale supremo, il comandante generale ddla guardia di finanza, il comandante generale dei carabinieri, i generali a disposizione delle varie armi, i 30 comandanti ddle divisioni territoriali, il comandante in 2• dei carabinieri, tutti gli altri generali compresi quelli del ruolo tecnico d'artiglieria, i generali medici e il generale commissario. R.D.L. n. 1203, circ. n. 369, 6-7-1925, G.M. 1925, pg. 1431-1432. Istituzione di 3 ispettorati di sanità militare (Milano, Firenze, Napoli). R.D .L. n. 1911, circ. n. 592, 15-10-1925, G.M. 1925, pg. 2088-2091. Unificazione del serivzio chimico militare per i ministeri della guerra, marina e aeronautica. R.D.L. 1908, circ. n. 667, 4-10-1924, G.M. 1924, pg. 2769-2771. Istituzione del grado di maresciallo d'Italia (Diaz, Cadorna, Thaon di Revel). R.D.L. 1038, circ. n. 358, 17-6-1926, pg. 1297-1299. Nomina a marescialli d'Italia del duca d'Aosta, dei generali Pecori Giraldi, Giardino, Badoglio, Caviglia.
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(20) R.D. n. 3098, circ. n. 223, 30-12-1923, G.M. 1924, pg. 933-936. (21) R.D. n. 645, circ. n. 191, 28-3-1923, G.M. 1923, pg. 507-510. (22) R.D. n. 21, circ. n. 17, 11-1-1923, G.M. 1923, pg. 87-88. R.D. n. 1432, circ. n. 438, 7-6-1923, G.M. 1923, pg. 992-993. (23) R.D. n. 2957, circ. n. 349, 20-12-1923, G.M. 1924, pg. 1267-1271. R.D.L. 813, circ. n. 850, 4-5-1924, G.M. 1924, pg. 1271-1273. (24) R.D.L. n. 123, circ. n. 19, 4-1-1925, G.M. 1926, pg. 422-426. R.D.L. n. 2281, circ. n. 19, 15-10-1925, G.M. 1926, pg. 53-58. Comitato deliberativo: presidente del consiglio dei ministri, maresciallo Diaz vice presidente, ministri per gli affari esteri, per l'interno, per le finanze, per la guerra, per la marina, per le colonie, per l'economia nazionale, per le comunicazioni, commissario per l'aeronautica membri. Potevano intervenire con voto consultivo: il capo di stato maggiore generale, il presidente del Consiglio esercito, i capi di stato maggiore della marina e dell'aeronautica, il presidente del comitato per la mobilitazione nazionale. Organi consultivi: il consiglio dell'esercito, il comitato degli ammiragli, il comitato per la mobilitazione nazionale, il consiglio superiore dell'aeronautica. Seg,eteria generale. (25) R.D. n. 3, circ. n. 48, 16-1-1920, G.M. 1920, pg. 51-52. Circ. n. 71, 8-2-1923, G.M. pg. 261. R.D. n. 20, circ. n. 16, 11-1-1923, G.M. 1923, pg. 82-86. (26) Veds. circ. n. 48, di cui alla presente nota n. 25. (27) R.D. n. 2145, circ. n. 616, 20-11-1919, G.M. 1919, pg. 861 -862. (28) R.D. n. 1418, circ. n. 469, 20-7-1919, G.M. 1919, pg. 586. Compiti: conferire unità d'indirizzo all'addestramento tattico e seguire i progressi tecnici della propria e delle altrui armi sulle basi direttive del capo di stato maggiore dell'esercito, tenere vive le tradizioni dell'arma e delle specialità, cementare la coesione morale ed il cameratismo con le altre armi. (29) R.D. n. 20, circ. n. 16, 11-1-1923, G.M. 1923, pg. 82-86. (30) D.M., circ. n. 162, 28-3-1919, G.M. 1919, pg. 191-213. (31) R.D. n. 655, circ. n. 310, 21-4-1921, G.M. 1921, pg. 367-369. (32) D.M., circ. n. 58, 17-1-1924, G.M. 1924, pg. 235-270. (33) R.D. n. 1394, circ. n. 444, 26-7-1925, G.M. 1925, pg. 1668-1674. Lo stato maggiore dell'esercito dipende dal capo di stato maggiore generale, è articolato su 3 reparti, comprende: il sottocapo di stato maggiore, 3 generali di divisione o di brigata capi reparto, 12 colonnelli o tenenti colonnelli del servizio di stato maggiore, 35 tenenti colonnelli o maggiori e capitani. (34) Circ. n. 413, 20-8-1925, G.M. 1925, pg. 1603. (35) Circ. n. 162, 28-3-1919, G .M . 1919, pg. 191-213. R.D. n. 1926, circ. n. 561, 14-9-1919, G.M. 1919, pg. 744, trasformazione del comando superiore dell'aeronautica in ispettorato dell'aeronautica militare alle dipendenze del ministero della guerra. R.D. n. 1673, circ. n. 493, 25-8-1919, G.M. 1919, pg. 613: passaggio della direzione trasporti al ministero della guerra per la durata delle operazioni di smobilitazione per un periodo superiore ad un anno dalla firma della pace. Circ. n. 689, 22-12-1919, G.M . 1919, pg. 1012. D.M., circ. n. 172, 14-3 1920, G.M. 1920, pg. 200-203: articolazione
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della direzione trasporti: 1 ufficio del direttore dei trasporti, 1 divisione tecnica, 1 ufficio lavori ferroviari, 1 divisione amministrativa. Dalla direzione dipendono le delegazioni trasporti, gli uffici militari di stazione, gli uffici militari marittimi, gli uffici militari d'imbarco. La direzione ha una doppia dipendenza: dal ministro e dal capo di stato maggiore dell'esercito. D.M., circ. n. 189, 24-3-1920, G.M. 1920, pg. 219: istituzione nell'amministrazione centrale di un ufficio legislazione alle dirette dipendenze del ministro. Circ. n. 176, 23-3-1920, G.M. 1920, pg. 206: soppressione della carica di generale addetto. R.D.L. n. 1597, circ. n. 702, 28-11-1920, G.M. 1920, pg. 1084-1086: sostituzione del cessato ispettorato di sanità militare (abolito il 20-4-1920) con una direzione centrale (in luogo della cessata direzione generale) del serivizio sanitario militare. D.M., circ. n. 703, 28-11-1920, pg. 1086-1087): ordinamento e attribuzioni della direzione centrale del serivzio sanitario militare. D.M., circ. n. 112, 21-2-1921, G.M. 1921, pg. 140-141: costituzione di una commissione per lo studio dell'articolazione dell'amministrazione centrale della guerra. R.D. n. 655, circ. n. 310, 21-4-1921, G.M. 1921, pg. 367-369: divisione del ministero tra branca tecnica (stato maggiore) e branca amministrativa (direzione generali). Circ. n. 311, 2-6-192 1, G.M. 1921, pg. 370: cessa la divisione stato maggiore; la direzione trasporti cede le sue attribuzioni allo stato maggiore. D.M. circ. n. 384, 9-7-1921, G.M. 1921, pg. 562: istiruzione di un ufficio ordinamento e coordinamento per riportare definitvamente l'amministrazione allo stato prebellico. R.D. circ. n. 445, 24-7-1921, G.M. 1921 , pg. 714-715: istituzione di una commissione per l'ordinamento dell'educazione fisica e della preparazione militare del paese. Citc. n. 446, 1-8-1921, pg. 715-716: idem. Circ. n. 78, 29-11-1920, G.M. 1920, pg. 94: proroga della commissione di ordinamento e coordinamento. Circ. n. l /, 12-1-1922, G.M. 1922, pg. 23: passaggio della materia automobilistica alla competenza dello stato maggiore. D .M., citc. n. 431 , 30-8-1922, G.M. 1922, pg. 956: soppressione dell'ufficio ordinamento e coordinamento. R.D. n. 1358, circ. n. 499, 23-10-1922, G.M. 1922, pg. 1173: comando superiore dell'aeronautica cessa di appartenere al ministero della guerra e rientra a fare parte dell'arma aeronautica. D .M. citc. 523, 27-10-1922, G.M. 1922, pg. 1197-1200: costituzione del «servizio d'aero nautica» presso l'amministrazione centrale della guerra e ripartizione delle attribuzioni con il comando superiore aeronautica facente parte dell'arma. D.M., circ. 549, 27-11-1922, G.M. 1922, pg. 1234-1235: soppressione del Segretariato generale e trasferimento dei compiti al sottosegretario e ad altri. Circ. n. 117, 1-3-1923, G.M. 1923, pg. 358: modifiche circa dipendenze e attribuzioni del generale a disposizione per l'arma del genio e del direttore superiore delle costruzioni del genio militare. Circ. n. 70, 8-2-1923, G.M. 1923, pg. 249-260: dipendenze e attribuzioni dei generali a disposizione per le varie armi. Circ. n. 71, 8-2-1923, G.M. 1923, pg. 261: attribuzioni del generale del Consiglio dell'esercito cui è affidata la direzione delle scuole militari. D.M. circ. n. 122, 22-2-1923, G.Af. 1923, pg. 377: ufficio stralcio <lell'aeronautica. R.D. n. 2181 , circ. n. 620, 7-10-1923, G.M. 1923, pg. 1440: organico degli ufficiali del servizio aerostatico. R.D . n. 2182, circ. n. 621, 7-10-1923, G.M. 1923 , pg. 1441-1447: numero degli ufficiali delle varie arrni e corpi comandati al ministero. R.D. n. 62, circ. n. 337, 24-1-1923, G.M. 1923, pg. 775-776: istituzione del commissariato per l'aeronautica. R.D. n. 645, citc. n. 191, 28-3-1923, G.M. 1923, pg. 507-510: costituzione dell'Aeronautica come forza armata a sé stante. (36) D.M. circ. n. 58, 17-1-1924, G.M. 1924, pg. 235-270: nuova articolazione del ministero e attribuzioni delle singole direzioni, divisioni, sezioni ed uffici. (37) D.M. circ. n. 671, 26-11-1924, G.M. 1924, pg. 2774-2779: distacco del servizio del genio dalla direzione generale artiglieria, genio, automobilismo e costiruzione di una direzione autonoma. D.M. circ. n. 671, 26-11-1924, G.M. 1924, pg. 2 774-2775: idem. D.M. circ. n. 421, 14-8-1925, G.M. 1925, pg. 1612-1614: idem. R.D.L. n. 1935, circ. n. 594, 15-10-1925, G.M. 1925, pg. 2093-2094: soppressione della direzione superiore delle costruzioni ~el genio. (38) R.D. n. 490, circ. n. 150, 4-3-1923, G.M. 1923, pg. 418-421: modifica R.D. n. 607 , circ. n. 304, 13 5 1920, G.M. 1920, pg. 429-439.
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FILlPPO STEFANT
(39) R.D. n. 2143, circ. n. 617, 21-11-1919, G.M. 1919, pg. 862-887: 1 tribunale supremo di guerra e marina, 15 tribunali militari. R.D. n. 451, circ. n. 248, 20-4-1920, G.M. 1920, pg. 317-341: 1 tribunale supremo di guerra e marina, 10 tribunali militari. R.D. n. 12, circ. n. 15, 7-1-1923, G.M. 192.3, pg. 1499-1507: tribunali militari territoriali di corpo d'armata comprese le sezioni di Cagliari e Trento; tribunali militari marittimi di La Spezia, Taranto, Venezia; 1 tribunale supremo di guerra e marina; magistrati militari: 88 (1 avvocato generale, 2 sostituiti avvocati generali, 13 regi avvocati militari, 18 regi vice avvocati militari e giudici relatori 1 • classe, 19 di 2• classe, 15 regi sostituti avvocati militari e giudici istruttori di 1• classe, 10 di 2• classe, 10 di .3" classe); cancellieri: 86 (1 cancelliere capo presso il Tribunale Supremo, 13 cancellieri capi, 14 cancellieri di 1 • classe, 24 di 2 • classe e 34 di 3 • classe). R.D. n. 2093, circ. n. 54, 30-12-1923, G.M. 1924, pg. 202-233: norme di attuazione e norme disposizioni sull'ordinamento giudiziario militare. R.D. n. 2948, circ. n. 55, 30-12-1923, G.M. 1924, pg. 226-227: cambio della denominazione del tribunale supremo di guerra e marina in tribunale supremo militare. (40) Cavallero Ugo (1880-1943), Maresciallo d'Italia. Capo dell'ufficio operazioni del Comando Supremo di Diaz, presidente della delegazione militare italiana a Versailles, lasciò il servizio attivo per l'industria nel 1920. Richiamato nel 1925 fu sottosegretario alla guerra fino al 1928. Tornato all'industria fu presidente dell'Ansaldo. Nel 1936 riprese servizio. Succedette a Badoglio nel dicembre del 1940 nella carica di capo di stato maggiore generale e fu co11tempura11eaim:ule comandante superiore delle truppe in Albania dove diresse e condusse la campagna italo-greca dal dicembre 1940 al maggio 1941. Nel febbraio del 1943 fu sostituito nella carica di capo di stato maggiore generale dal generale Arnbrosio. Il 12 settembre 1943 fu trovato ucciso con un colpo di pistola nella sede dell'alto comando tedesco in Frascati dove era stato convocato e dove pare avesse rifiutato l'ulteriore collaborazione con i tedeschi. (41) Legge n. 866, circ. n. 299, 8-6-1925, G.M. 1925, pg. 1276-1283. (42) Legge n. 969, circ. n. 2 98, 8-6-1925, G.M. 1925, pg. 1271-1276. (43) R.D.L. n. 123, circ. n. 96, 4-1-1925, C.M. 1925, pg. 422-426. (44) Direttive per l'impiego delle grandi unità ne/l'attacco. Comando Supremo. Roma. Comando del corpo di stato maggiore, sezione tipo-litografica, settembre 1918. Constano di una prefazione, 3 capitoli ed 1 allegato: in tutto 77 pagine, 59 paragrafi raccolti in 14 articoli. Direttive per l'impiego delle grandi unità nella difesa. Comando Supremo. Roma. Comando del corpo di stato maggiore sezione tipo-litografica, ottobre 1918. Constano di 3 capitoli, 1 appendice, 1 allegato: in tutto 75 pagine, 45 paragrafi raccolti in 8 articoli. (45) Criteri d'impiego della divisione di fanteria nel combattimento. Ministero della Guerra. Comando del Corpo di Stato Maggiore. Ufficio Addestramento. Roma, Provveditorato generale dello Stato, 1926. Consta di una premessa, di 3 parti principali - il combattimento della divisione contro nemico in posizione, il combattimento della divisione in posizione, il combattimento di incontro della divisione - una conclusione; in tutto 68 pagine, i vari argomenti sono specificati con titoli, non sono divisi in capitoli e suddivisi in paragrafi. (46) Norme per l'impiego dell'artiglieria. Ministero della Guerra. stato maggiore del regio esercito. Ediz. 1921, (circ. n. 235, 14-4-1921, G.M. 1921, pg. 293-294). Addestramento della fanteria al combattimento. Voi. II - Addestramento dei reparti - ediz. 1921. Ministero della guerra. Stato maggiore dell'esercito. Roma, Tipografia del senato, 1922 (circ. n. 197, 4-5-1922, G.M. 1922, pg. 368-370). Aggiunte e varianti all'Addestramento della fanteria al combattimento. Voi. Il. ediz. 1921 (circ. n. 161, 16-1-1925, G.M. 1925, pg. 684-687). Regolamento per l'addestramento indivi-
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duale (circ. n. 177, 23-4-1925, G.M. 1925 , pg. 712-716). Aggiunte e varianti all'Addestramento della fanteria al combattimento. Voi. II Addestramento dei reparti - ediz. 1921 (circ. n. 287, 18-6-1925, G.M. 1925, pg. 1238-1239). 2" serie di aggiunte e varianti all'Addestramento della fanteria al combattimento. Voi. I - Addestramento individuale - ediz. 1918 (circ. n. 76, 16-2-1922, G.M. 1922, pg. 154-155). (47) Norme per l'o,gani:a:azione ed i/ funzionamento dei seroizi logistici in 11.uerra. MinisteReparto ordinamento e mobmtazione. Ufficio servizi. Roma, Libreria dello Stato, 1924 (circ. n. 524, 31-8-1924, G.M. 1924, pg. 2065-2070): sostituì il Seroizio in guerra parte II - organizzazione e funzionamento dei servizi - (edizione 1915), al quale, anche dopo la fine della guerra, erano state apportate ulteriori aggiunte e varianti: circ. n. 34, 17-1-1919, G. M. 1919, pg. 36; circ. n. 35, 17-1-1919, G.M. 1919, pg. 37. Nuovo nomenclatore dei materiali dei servizi logistici (circ. n. 335, 9-7-1925, G.M. 1925, pg. 1361): abroga l'edizione 191 1. Istruzione sulla costituzione e su/ funzionamento delle delegazioni trasporti militari, dei comandi militari di stazione e d.ey,Ji uffici militari imbarchi e sbarchi (circ. n. 176, 1-3-1926, G.M. 1926, pg. 617-620). ro della Guerra. Stato Maggiore centrale -
(48) Aggiunte e varianti al Regolamento di esercizi per l'artiglieria da campagna, pesante campale, a cavallo e da montagna. Voi. IV. fase. 4° caricamento del 149 (circ. n. 36, G.M. 1919, pg. 37). Istruzioni tecniche del genio - PassagJ1.io dei piccoli corsi d'acqua (circ. n. 72, 6-2-1919, G.M. 1919, pg. 73). Istruzione provvisoria sul pezzo da 72/77 mod. 905/908 (circ. n. 648, 11-11-1920, G.M. 1920, pg. 1009-1010). Rey,olamento di esercizi per l'artiglieria da montagna. Voi. I (provvisorio) - Seroizio del cannone da 75/13 (circ. n. 557, 16-1-1921, G.M. 1921 , pg. 912). Istruzione sul materia/e da 75 mod. 191 2 per l 'artiglieria a cavallo (circ. n. 558, 1-7-1921 , G.M. 1921, pg. 912-913). Regolamento di esercizi per l'artiglieria da campagna e a cavalle. Voi. I fase. provvisorio, servizio sull'obice da 100/17 mO(l. 914 (circ. n. 428, 30-1-1921, G.M. 1921, pg. 668). Pubblicazioni relative ali' arma di artiglieria - Istruzione sul tiro delle artiglierie da costa Voi. Il. Puntamento e tiro con pezzo da 75/13 mod. 1915, pezzo da 77/27 mod. 905/908, pezzo da 100/17 mod. 914 (circ. n. 251, 20-4-1921, G.M. 1921, pg. 308). Istruzione provvisoria sul cannone da 152/37 mod. 1915 (circ. n. 336, G.M. 1921, pg. 480-481). Regolamento di esercizi per l'artiglieria da montagna. Voi. I Seroizio del cannone da 75/13 (circ. n. 557, 16-1-1921, G.M. 1921, pg. 912). Istruzione sul materiale da 75 mod. 912 per l'artiglieria a cavallo (circ. n. 558, 1-7- 192 1, G.M. 1921, pg. 912-913). Aggiunte e varianti all'Istruzione sul pezzo da 75/13 mod. 915 P.B. (circ. n. 633, 3-10-192 1, G.M. 1921, pg. 1000). Istruzione sull'impiego, conservazione e trasporto del petardo offensivo P.O. (circ. n. 190. 14-10-1922, pg. 362-363). Manuale per sottul/icia!i guardabatterie (circ. n. 275. 1-2-1922, G.M. 1922, pg. 566), abolisce l'edizione 1904. Istruzione sul seroizio del cannone da 77/27 mod. 905/908 (circ. n. 48, 2-2-1922, G.M. 1922, pg. 99). Errata corrige sulla Istruzione e sul petardo O.P. (circ. n. 246, 25-5-1922, G.M. 1922, pg. 428). Istruzione sul materiale e sulle munizioni del pezzo da 76/45 contraerei (circ. n. 322, 6-7-1922, G.M. 1922, pg. 651-652). Aggiunte e varianti ali' Istruzione per il servizio del materiale di artiglieria (edizione 1916) cd all'Istruzione sulla conservazione del materiakc" di artiglieria (ediz. 1917) (circ. n. 402, 1-7-1922, G.M. 1920, pg. 862). Istruzione provvisoria per la condotta dei motori ad olio pesante (circ. n. 386, 31-7-1922, G.M. 1922, pg. 805). Allegato 1 al I volume della Istruzione sul seroizio automobilistico (circ. n. 412, 24-8-1922, G.M. 1922, pg. 880). Allegato 3 al I volume dell'Istruzione sul serivzio automobilistico (circ. n. 540, 18-11-1922, G.M. 1922, pg. 1223-1224). Istruzione provvisoria sul seroizio, sul tiro e sull'impiego del lanciabombe da 76 mm Stokes (c irc. n. 32, 12-6-1923, G.M. 1923, pg. 136-137).
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FILIPPO STEFANI
Aggiunte e varianti al Regolamento di esercizi per l'artiglieria da campagna ed a cavallo. Voi. I fase. provvisorio, servizio dell'obice da 100/17 mod. 914 (circ. n. 342, 8-11-1922, G.M. 1923, pg. 342). Allegato n. 2 al I volume dell'Istruzione sul servizio automobilistico (circ. n. 66, 6-2-1923, G.M. 1923, pg. 235). Elenco delle pubblicazioni relative all'arma di artiglieria circa i materiali radiati o che non rispondono ai criteri (circ. n. 98, 22-2-1923 , pg. 320-322). Istruzione sul carico di munizioni, bombe, artifizi, fase. I (circ . n. 106, 23-2-1923 , pg. 349-351, G.M. 1923). Agg. e var. all'Istruzione provvisoria per il pezzo da 75/13 mod. 1915 P.B. (circ. n. 361, 18-4-1923 , G.M. 1923, pg. 814). Aggiunte e varianti all'Istruzione provvisoria per il pezzo da 100/17 mod. 914 (circ. n. 362, 18-4-1923, G.M. 1923, pg. 814). Aggiunte e varianti al Regolamento di esercizi per l'artiglieria da campagna e a cavallo Voi. I, fase. provvisorio, servizio dell'obice da 100/17 mod. 914 (circ. n. 363, 18-4-1923, G.M. 1923, pg. 363). Elenco delle pubblicazioni da abolire relative all'arma di artiglieria (circ. n. 272, 10-5-1923, G.M. 1923, pg. 668). Rettifiche da apportare alla 1 • serie di aggiunte e varianti al Regolamento di esercizi per l'artiglieria da campagna e a cavallo Vol. 1, fase. provvisorio, servizio all'obice da 100/17 mod. 914 (circ. n. 371, 2 1-6-1923, G.M. 1923, pg. 833). Fascicolo provvisorio dei caricamenti delle batterie da 75/13 da montagna e dette batterie someggiate (circ. n. 554, 20-9-1923, G.M. 1923, pg. 1271). Quaderni per le bocche da fuoco e per installazioni ed affusti (circ. n. 51, 1-2- 1923, G.M. 1923, pg. 208). Quaderno caricamento del materiale per batterie da 75 A. V. (circ. n. 343, 1-2-1923, G.M. 1923, pg. 208).
Quaderno provvisorio dei materia/i di caricamento per i comandi di gruppo, di batteria da montagna o someggiate (circ. 555, 20-9-1923, G.M. 1923, pg. 1272). Quaderno provvisorio di caricamento delle batterie da 100/17 mod. 914 a traino animale (circ. n. 589, 11-10-1923, G.M. 1923, pg. 1388). Varianti da apportare al Modello (ediz. 1914) per gli inventari del materiale di artiglieria e del genio (circ. n. 607, 18-10-1923, G.M. 1923, pg. 1414). Fascicolo provvisorio di caricamento delle batterie da 100/17 mod. 1914 (circ. n. 683, 29-11-1923, G.M. 1923, pg. 154 2). Fascicolo provvisorio dei caricamenti delle batterie da 77/27 mod. 905/908 (circ. n. 684 , 29-11- 1923, G.M. 1923, pg. 1543).
Quaderno provvisorio dei materiali di caricamento per le batterie da montagna e someggiate da 75/13 (circ. n . 685, 29-11-1923, G.M. 1923, pg. 1544). Quaderno provvisorio dei materiali di caricamento per le batterie someggiate da 65 (circ. n. 740, 20-12-1923, G.M. 1923, pg. 1838).
Fascicolo provvisorio dei caricamenti delle batterie someggiate da 65 (circ. n. 21, 10-1-1924, G.M . 1924, pg. 44).
Quaderno provvisorio dei materiali di caricamento delle batterie da 77/27 mod. 905/907 (circ. n. 22, 10-1-1924, G.M. 1924 , pg. 46). Elenco delle pubblicazioni da abrogare relative all'arma di artiglieria (circ. n. 112, 7-12-1924, G.M. 1924, pg. 498). Idem (circ. n. 171, 6-3-1924, G.M. 1924, pg. 669). Fascicolo provvisorio dei caricamenti dei comandi di gruppo di batteria da montagna o someggiate e degli autoscaglioni munizioni per g,uppi di batterie da montagna (circ. n. 267, 10-4-1924, G.M. 192 4, pg. 1053).
Istruzione sui palloni sferici e sulle ascensioni libere (circ. n . 317, 15-5-1924, pg. 1183). Istruzione sul tiro per l'artiglieria. Parte II. Edizione 1924, (bozze di stampa) (circ. n. 318, 15-5-1924 , G.M. 1924, pg. 1185): abroga e sostituisce tutte le publicazioni regolamentari che si riferiscono in particolare ai seguenti argomenti: Norme per la pn:puraziune dei mez-
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:r.i per l'impiego dell'artiglieria da difesa e d'assedio (ediz. 1917); lstru:r.ione per la prepara:r.ione del tiro delle artiglierie ne/l'attacco (ediz. 1916); Capo IV, parte II, dell'lstru:r.ione lattica per batterie da cam-pag:,a, pesanti campali e a cavallo (ediz. 1916); capi V e VI partell, n. 202-214 e tavole da I a III dell'lstru:r.ione lattica per le batterie da montagna (ediz. 1917); Norme provvisorie per la forma:r.ione degli specialisti (ediz. 1915); parte I, n. 112-120 inclusi e parte Il (esclusi capo IX e allegati 6,7,8,) dell'Istru:r.ionc provvisoria sulle comunica:r.ioni telefoniche, ottiche ed acustiche per l'artiglieria da costa e da forte:r.:r.a (ediz. 1916); Cifrario speciale per l'artiglieria da costa e da forte:r.:r.a (ediz. 1916); Istru:r.ione sul tiro per l'artiglieria (stralcio) bozze di stampa (ediz. 1923); Istruzione sul tiro per l'artiglieria da campagna e a cavallo (edizione 1905); Istru:r.ione provvisoria per il cannone da 105 p.c. (edizione 1918); Norme provvisorie per il tiro degli obici da cam-pag:,a pesanti da 149 (ediz. 1916); Fascicolo dell'Istru:r.ionc sul tiro per l'artiglieria da forte:r.:r.a (ediz. 1915); lstru:r.ioni su//'abbaco per il tiro contro bersagli posti fuori de/l'ori:r.:r.onte del peuo; lstru:r.ioni teoriche sul tiro dell'artiglieria da campagna (ediz. 1917); lstru:r.ione sul giuoco balistico per l'artiglieria da campagna e a cavallo (ediz. 1896); Norme per le esercita:r.ioni dell'artiglieria da forte:r.:r.a (edizione 1915). Regolamento di eserci:r.io per l'artiglieria da campap_na, pesante campale, a cavallo o da montagna. Voi. I. lstru:r.ione individuale a cavallo e sul condurre con il conducente montato (circ. n. 436, 29-6-1924 , G.M. 1924, pg. 1717-1718). Istru:r.ione sul servi:r.io automobilistico Voi. 1. (circ. n. 434 , 10-7-1924), G.M. 1924, pg. 1711-17 16). lstru:r.ione provvisoria sul faro Diana tipo Cerretti e sul telefono da campo da pattuglia (circ. n. 440, 10-7-1924, G.M. 1924, pg. 1729-1730). Aggiunte e varianti al Regolamento di eserci:r.i per l'artiglieria da campag:,a, pesante campale, a cavallo e da monlagna Voi. 11 - Parte II (circ. n. 724, 24-12-1924, G.M. 1924, pg. 2901). No:r.ioni elementari di aerostatica (circ. n. 112, 5-3-1925, G.M. 1925, pg. 511-512). Aggiunte e varianti all'Istru:r.ione sulla conservazione del materiale di artiglieria (circ. n. 151, 9-4-1925, G.M. 1925, pg. 642) . lstru:r.ione provvisoria sulla geote/egrafia (circ. n. 246, 26-5-1925, G .M. 1925, pg. 1008). Quinta serie di aggiunte e varianti all' Istru:r.ione sulla conserva:r.ione del materiale di artiglieria (edizione 1917) (circ. n. 309, 25-6-1925, G.M. 1925, pg. 1303). Aggiunte e varianti all'Istru:r.ione sul materiale e sulle munizioni da 76/45 contraerei (circ. n. 38 1, 30-7-1925, G.M. 1925, pg. 1461). Elenco publicazioni abrogate, tra le quali: Regolamento addestramento della fanteria al combattimento Voi. l (ediz. 1918), Regolamento addestramento individuale (ediz. 1923), Regolamento di esercizi per i carabinieri (ediz. 1901), Regolamento eserci:r.i per il genio (ediz. 1912), Istru:r.ioni sulle armi e sul tiro per la fanteria. Voi. I (ediz. 1909), Istru:r.ione per le se:r.ioni mitraglieri (cdiz. 19 14), lstru::.ior.e sulle anni e sul tiro per i carahinieri (edi7.. 1900), lstru:r.ione sulle anni e sui tiro per la cavalleria (ediz. 1899). Appendice dell' Istru:r.ione sul tiro per ii genio (ediz. 1916), lstru:r.ione provvisoria sulla pistola a rotazione mod. 1889 (ed iz. 1900), Istru:r.ione sull'impiego, conserva:r.ione e trasporto del petardo offensivo O.P. (ediz. 1921), Regolamento sulla telegrafia a segnali (ediz. 1912), Istru:r.ione provvisoria sulle segnalazioni con bandiere a lampo di colore (ediz. 1918), ecc. (circ. n. 452, 31-8-1925, G.M. 1925, pg. 1692-1693). Istru:r.ione sull'affardellamento delle batterie da 75 mod. 9 11 e da 100/17 (circ. n . 566, 29-10-1925, G .M. 1925, pg. 2031-2032). Quaderno di caricamento delle compag:,ie mitragliatrici mod. 914 carreggiato (circ. n. 30, 7-1-1926, G.M. 1926, pg. 84-86). Manuale teorico pratico per gli ufficiali dei genio sui me:r.:r.i di trasmissione. Voi. IV. «Istruzione sulla telegrafia ottica» (circ. n. 40, 14-1-19 16, pg. 119-121). Manuale teorico pratico per gli ufficiali del genio sui me:r.:r.i di trasmissione. Voi. I Principi scientifici Voi. Il Telefonia Voi. III Telegrafia (circ. n. 166, 11-3-1926, G.M. 1926, pg. 578-580). Regolamenro sul servi:r.io del materiale automobilistico (circ. n. 353, 24-6-1926, G.M. 1926, pg. 1284-1286). Tavole di tiro provvisorie per ii cannone da 75/1) mod.1915 (circ. n. 354, 24-6-1926, G.M. 1926, pg. 1287).
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Istnaione sul materiale da 75 A . V. contraerei (dcc. n . 417, 22-7-1926, G.M. 1926, pg. 1541-1542). Aggiunte e varianti all'Istnaione sull'affardellamento delle batterie da 75 mod. 911 e da 100/17 mod. 914 (circ. n. 433, 29-7-1926, G.M . 1926, pg. 1568). Istruzione sul carrello per il traino in montagpa del pezzo da 100/17 (circ. n. 532, 23-9-1926, G.M. 1926, pg. 2033-2034). Istruzione su/l'addestramento de/l'artiglieria Voi. Ill, Parte 2• Addestramento dei reparti - (circ. n. 541, 30-9-1926, G.M. 1926, pg. 2062-2063). (49) Regolamento per gli stabilimenti militari di pena e per le compagnie di disciplina (circ. n. 6, 31-12-1918, G.M. 1919, pg. 6) . Varianti al Regolamento P,enera/e per l'arma dei carabinieri reali ed a quelle del servizio interno per la legione allievi carabinieri reali (circ. n . 442, 20-8-1919, G.M. 1919, pg. 551-552). R.D. che apporta modiliche al Regolamento di disciplina (circ. n . 622, 6-11-1919, G.M . 1919, pg. 894). R.D. n. 1045, circ. n. 472, 22-7-1920, G.M. 1920, pg. 737-738 che modifica il Regolamento di disciplina del 1907. Aggiunte e varianti al Regolamento di disciplina (circ. n . 496, 18-8-1920, G.M . 1920, pg. 766-767). R.D. circ. 720, 18-11-1920, G.M. 1920, pg. 1102): istituzione di una com missione incaricata di studiare e proporre le riforme da introdurre nel Regolamento di disciplina militare
per il regio esercito. Aggiunte e varianti al Regolamento di disciplina militare per il regio esercito (circ. n. 206, 1-4-1921, G.M. 1921, pg. 260). Nuova Istruzione sul servizio di casermaggio militare (abroga ediz. 1911) (circ. n. 46, 22-1-1925, G.M . 1925, pg. 310). (50) Raccolta di disposizioni in vigore conccmmti il reclutamentu dd regio esercito (circ. 368, 27-7-1922, G.M. 1922, pg. 784) . R.D . n. 2998, circ. n . 78, 30-12-1923, G.M . 1923, pg. 325: facoltà al governo di compilare un nuovo Testo Unico delle leggi sul reclutamento per aggiornare il testo unico modificato del 1911. R.D . n. 2982, circ. n. 79, 30-12-1923, G.M. 1923, pg. 327 ordinamento della scuola di guerra e reclutamento per il servizio di stato maggiore (durata dei corsi: 3 anni ed 1 anno di esperimento).
n.
(51) Ferrari Giuseppe Francesco (1865-1943), generale. Sottotenente di fanteria nel 1883, dopo la scuola di guerra, passò nel corpo di stato maggiore. Colonnello nel 1915, entrò in guerra come Capo di Stato maggiore del IX Corpo d'Armata. Comandò quindi la brigata Umbria ; successivamente costituì il Nucleo Ferrari, divenuto poi 56 3 divisione. Tenente generale (1917) comandò prima il XXII e poi il XX Corpo d'Armata. Nel 1919 ebbe il comando del XIV Corpo d'Armata e successivamente venne nominato ispettore generale delle guardie di Finanza. Nel 1923 fu nominato Capo di Stato maggiore centrale e membro del Consigliò dell'Esercito. Generale d'Armata e comandante designato d'Armata a Milano nel 1926, divenne nuovamente Capo dello Stato maggiore dell'Esercito nel 1927, carica che tenne fino al 1928. (52) Legge n . 396, 11-3-1926, supplemento n. 1 al G.M. 1926, pg. 3-25: Ordinamento
del regio esercito. Il regio esercito metropolitano consta dei seguenti elementi: a) corpo di stato maggiore, b) arma dei carabinieri reali, c) scuole militari, d) arma di fanteria, e) arma di cavalleria, f) arma di artiglieria, g) arma del genio, h) carri armati, i) centro chimico militare, l) distretti militari, m) corpo sanitario militare, n) corpo di commissariato militare, o) corpo di amministrazione militare, p) corpo veterinario militare, q) servizio automobilistico militare, r) istituti, stabilimenti e reparti vari, s) trih11nalt" supremo militare e tribunali militari, t) reparti
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di correzione e stabilimenti militari di pena. Alla difesa nazionale in caso di guerra concorrono anche i corpi armati dello Stato non facenti parte del regio esercito. li regio esercito metropolitano è così ordinato: 1 comando del corpo di stato maggiore, 4 comandi designati d'armata, 10 corpi d'armata territoriali, truppe della Sicilia rette da un comando militare della Sicilia, truppe della Sardegna rette da un comando militare della Sardegna, 29 divisioni militari territoriali, 30 ispettorati di mobilitazione istituiti presso i comandi di grande unità territoriale. Le scuole militari comprendono: collegi militari, accademia di fanteria e cavalleria, accademia di artiglieria e genio, scuola di fanteria, scuola di cavalleria, scuole di reclutamento di ufficiali di complemento, scuole centrali, scuola di guerra, scuola contraerei, scuola di sanità militare. L'arma di fanteria comprende: 1 comando di brigata granatieri, 3 reggimenti granatieri, 29 comandi di brigata di fanteria di linea, 87 reggimenti di fanteria di linea, 12 reggimenti bersaglieri, 3 comandi di brigata alpini, 9 reggimenti alpini. L'organico degli ufficiali è di 6134 unità (256 colonnelli, 824 tenenti colonnelli, 680 maggiori, 2543 capitani, 1830 tenenti e sottotenenti, 1 maestro direttore di banda). L'arma di cavalleria comprende: 3 comandi superiori di cavalleria, 12 reggimenti di cavalleria, 4 squadroni di palafrenieri (esistono inoltre 3 centri speciali di cavalleria: Lazio, Sicilia, Sardegna). L'organico degli ufficiali è di 529 unità (22 colonndli, 70 tenenti colonnelli, 58 maggiori, 216 capitani, 163 tenenti e sottotenenti). L'arma di artiglieria comprende: I, l' arma e il servizio territoriale di artiglieria; II, il servizio tecnico di artiglieria. Costituiscono l' arma e il servizio territoriale: 10 comandi di artiglieria di corpo d'armata, 1 comando artiglieria della Sicilia, 1 comando artiglieria della Sardegna, 30 reggimenti d'artiglieria da campagna, 11 reggimenti d 'artiglieria pesante campale, l reggimento di artiglieria a cavallo, 3 reggimenti artiglieria da costa, 12 centri contraerei e la scuola contraerei, 1 reparto palafrenieri, 10 direzioni di artiglieria con sezioni. L'organico degli ufficiali di artiglieria è di 3454 unità (13 7 colonnelli, 446 tenenti colonnelli, 370 maggiori, 1402 capitani, 1099 tenenti e sottotenenti). L'organico per il servizio tecnico è di 119 ufficiali (9 colonnelli, 20 tenenti colonneUi, 18 maggiori, 42 capitani, 30 tenenti; a capo del servizio tecnico sono: 1 tenente generale e 3 maggiori generali). L'arma del genio comprende: 10 comandi del genio di corpo d'armata, 1 comando del genio della Sicilia, 1 comando del genio della Sardegna (ciascun comando comprende un ufficio fortificazioni), 11 reggimenti genio, 2 reggimenti radiotelegrafisti, 1 reggimento pontierilagunari, 1 reggimento ferrovieri, 1 gruppo aerostieri, 1 istituto militare di radiotelegrafia ed elettrotecnica, 1 officina radiotelegrafica ed elettronica, 1 officina di costruzioni del genio militare. L'organico degli ufficiali è di 1040 (42 colonnelli, 135 tenenti colonnelli, 113 maggiori , 424 capitani, 336 tenenti e sottotenenti). I carri armati sono così organizzati: a) 1 centro di formazione, costituito da 1 comando, 1 deposito, gruppi di istruzione; b) unità di carri armati (nwnero e specie e organico delle unità e del centro saranno stabiliti dal ministro della guerra, fermo restando che gli ufficiali delle varie armi e corpi sono compresi nelle tabelle organiche dell'arma o corpo rispettivi). Il centro chimico militare comprende: 1 direzione, 1 gruppo chimico; la direzione è tenuta da 1 generale di brigata; gli ufficiali assegnati al centro appartengono alle varie armi e corpi e sono compresi nelle tabelle dell'arma o corpo rispettivi. I distretti militari sono 100. Ad essi sono assegnati ufficiali delle varie armi e corpi compresi nelle tabelle organiche delle armi e corpi rispettivi. Il corpo sanitario militare consta di: ufficiali medici e ufficiali chimici farmacisti, 11 direzioni di sanità militare, 12 compagnie di sanità, 1 istituto chimico-farmaceutico militare, ospedali principali e secondari e infermerie presidiarie. L'organico degli ufficiali medici è di 864 unità (25 colonnelli, 87 tenenti colonnelli, 155 maggiori, 392 capitani, 205 subalterni) e quello degli ufficiali chimico-farmacisti è di 117 unità (1 colonnello, 4 tenenti colonnelli, 26 maggiori, 41 capitani, 45 subalterni). li corpo di commissariato militare comprende: ufficiali commissari, ufficiali di sussistenza, 11 direzioni di commissariato con sezioni staccate, 11 compagnie di sussistenza, stabilimenti di commi~~ariato. L'organico degli ufficiali commissari è di 261 unità (11 colon-
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nelli, 30 tenenti colonnelli, 48 maggiori, 90 capitani, 82 subalterni) e quello deg.li ufficiali di sussistenza è di 152 unità (4 tenenti colonnelli, 11 maggiori, 62 capitani, 7'5 subalterni). Il corpo di amministrazione è formato dagli ufficiali di amministrazione: 939 (3 colonnelli, 39 tenenti colonnelli, 89 maggiori, 406 capitani, 402 subalterni). Il corpo veterinario militare è formato dagli ufficiali veterinari: 179 (1 colonnello, 1'5 tenenti colonnelli, 26 maggiori, 81 capitani, '56 subalterni). Il servizio automobilistico militare comprende: 12 centri automobilistici, 1 ispettorato tecnico automobilistico, 1 officina automobilistica. L'organico degli ufficiali è di 212 unità (1'5 colonnelli o tenenti colonnelli, 12 tenenti colonnelli, 30 maggiori, 95 capitani, 60 subalterni) detti ufficiali appartengono alle varie armi e sono compresi nelle tabelle organiche del!' arma rispettiva. L'Istituto geografico militare è retto da 1 generale di divisione o di brigata e ad esso sono assegnati 11 ufficiali compresi in quem previsti dalle tabelle organiche delle varie armi e corpi (1 colonnello vice direttore, 3 ufficiali superiori d'arma combattente, 3 capitani o subalterni d 'arma combattente, 1 capitano d'amministrazione, 2 subalterni d 'amministrazione). L'ufficio d'amministrazione di personali militari vari attende all'amministrazione di tutti i personali dipendenti dell'amministrazione della guerra che non hanno amministrazione au· tonoma. Ad esso sono asseganti ufficiali di amministrazione compresi nella tabella organica del corpo. I depositi allevamento quadrupedi sono costituiti di una direzione militare e di personale inferiore civile. Ai depositi sono addetti squadroni di rimonta. Gli ufficiali di cavalleria e di artiglieria assegnati ai depositi sono compr..:~i udle tabelle organiche di dette armi . I tribunali militari sono: il tribunale supremo militare e 11 tribunali militari territoriali . I reparti di correzione e gli stabilimenti militari di pena comprendono: 1 comando, compagnie di disciplina, carceri militari preventive, 1 reclusorio militare principale e reclusori militari succursali, 1 carcere centrale militare e carceri sussidiarie. Gli ufficiali assegnati ai reparti di correzione e agli stabilimenti militari di pena sono 77 (l colonnello, 4 tenenti CO· lonnelli o maggiori, 22 capitani, 50 tenenti e sottotenenti) i quali sono compresi nelle tabelle organiche dell'arma rispettiva. Oltre gli ufficiali previsti dalle tabelle organiche si hanno i seguenti ufficiali a disposizione del ministero della guerra per essere impiegati secondo necessità speciali di servizio: 407 (13 colonnelli, 61 tenenti colonnelli, 46 maggiori, 160 capitani, 127 subalterni). Sono inoltre fuori qua<lro e non compresi nelle tabelle organiche: 1 generale di divisione per speciali incarichi, ufficiali generali, superiori e inferiori assegnati ai regi corpi di truppe coloniali, 150 sottotenenti di scherma. ('53) R.D.L. n. 855, circolare n. 292, G M 1926, pg. 1066: Composizione ed organico dell'arma dei carabinieri reali: 1 comando generale, 5 ispettori di zona, 21 legioni territoriali, 1 raggruppamento battaglioni e squadroni, 2 legioni allievi, l scuola sottufficiali (1 generale di divisione, '5 generali di brigata, 26 colonnelli, 90 tenenti colonnelli, 73 maggiori, 360 capitani, 690 subalterni, 1 maestro di banda). ('54) Legge n. 400, 11-3-1926, supplemento n. 1 G.M. 1926, pg. 26. Personale civile della carriera amministrativa: 7 direttori generali (5 militari), 6 ispettO· ri generali, 17 direttori capi divisione (12 militari), 1 ispettore superiore, 6'5 capi sezione e consiglieri (26 militari) , '59 primi segretari, 61 segretari e vice-segretari. Ufficiali che non ricoprono posti nel ruolo amministrativo: 1 colonnello veterinario, 1 colonnello chimico-farmacista, 1 colonnello medico, 1 colonnello d'amministrazione, 12 te· nenti colonnelli o maggiori delle varie armi e corpi, 27 tenenti colonnelli, maggiori e capitani delle varie armi e corpi, 100 capitani delle varie armi e corpi, 2 tenenti o sottotenenti delle varie armi e corpi, tenente e sottotenente dei carabinieri. Il comando del corpo di stato maggiore si compone di 3 reparti: I reparto che comprende ufficio operazioni (3 sezioni), ufficio difesa aerea (2 sezioni), ufficio addestramento (3 sezioni), ufficio situazione (6 sezioni); II reparto che comprende ufficio ordinamento e mobilitazione (4 sezioni), 11fficio personale di stato maggiore e bollettino di mobilitazione
CAP. XXI - GLI ORDINAMENTI DELL'ESERCITO ITALIANO DAL 1918 AL 1926
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(2 sezioni), ufficio servizi (3 sezioni), ufficio trasporti (3 sezioni); III reparto che comprende ufficio segreteria (2 sezioni), ufficio storico (5 sezioni), ufficio colonie (2 sezioni). Presso il comando del corpo di stato maggiore prestano servizio: 3 generali di divisione o di brigata con funzioni di direttore generale, 12 colonnelli o tenenti colonnelli con funzioni di direttori capi divisione, 35 tenenti colonnelli o maggiori con funzioni rispettivamente di capi sezione o consiglieri. Tali ufficiali sono compresi negli organici fissati dalla nuova legge di ordinamento. Prestano inoltre servizio ufficiali delle varie armi e corpi compresi tra quelli previsti per il quadro organico del ministero della guerra (ufficiali che non ricoprono posti nel ruolo amministrativo). Personale dei commissari di leva: 140. Istituto geografico militare: 1 geodeta capo, 1 ingegnere geografo superiore, 1 ingegnere geografo principale, 2 ingegneri geografi, 1 ingegnere geografo aggiunto, 17 topografi capi, 24 primi topografi, 30 topografi e topografi aggiunti, 3 capi disegnatori tecnici principali, 7 capi disegnatori tecnici, 22 disegnatori tecnici e disegnatori tecnici aggiunti. Personale tecnico civile d 'artiglieria: 2 specialisti tecnici capi, 2 specialisti tecnici principali, 3 specialisti tecnici, 3 specialisti tecnici aggiunti, in totale: 10. Personale tecnico civile per il servizio chimico militare: 1 specialista tecnico capo, 2 specialisti tecnici principali, 2 specialisti tecnici, 2 specialisti tecnici aggiunti, in totale: 7 . Personale tecnico civile del genio e del commissariato militare: 1 direttore tecnico dell'istituto radiotelegrafia ed elettronica, 1 ingegnere specialista per i servizi tecnici del commissariato militare, 1 ingegnere elettricista o professore di chimica o di fisica, 2 ingegneri elettricisti o professori di chimica o di fisica, in totale: 6. Maestri civili di scherma e di educazione fisi ca: 35. Capi tecnici di artiglieria e genio: 100 (11 capi tecnici capi officina, 29 primi capi tecnici, 60 capi tecnici e capi aggiunti). Personale dei disegnatori tecnici di artiglieria e del genio: 94 (12 capi disegnatori tecnici principali, 30 capi disegnatori tecnici, 52 disegnatori tecnici e disegnatori tecnici aggiunti). (55) Legge n. 397, 11-3-1926, supplemento n. 1 al G.M. 1926, pg. 55-64: stato degli ufficiali delle 3 forze armate. (56) Legge n. 398, 11-3-1926, supplemento al G.M. 1926, pg. 65-100: avanzamento degli ufficiali del regio esercito. (57) Legge n. 309, 11-3-1926, supplemento al G.M. 1926, pg. 101-103: disposizioni relative alla costituzione della dote per il matrimonio degli ufficiali. (58) Veds. precedente nota n. 54. (59) Legge n. 416, 11-3-1926, supplemento al G.M. 1926, pg. 109-114: nuove disposizioni sulle procedure da seguirsi negli accertamenti medico-lef/Jli delle ferite, lesioni e infermità dei dipendenti delle amministrazioni militari, ecc. (60) Legge n. 4 17, 11-3-1926, supplemento al G.M. 1926, pg. 104-108: istituzione di un ruolo unico di cappellani militari per il servizio religioso. (61) Reggimento di fanteria: 1 comando, 1 deposito, numero vario di battaglioni; Reggimento di cavalleria: 1 comando, 1 deposito, 2 gruppi di squadroni; Reggimento di artiglieria: 1 comando, 1 deposito, numero vario di gruppi; Centro contraerei: 1 comando, uno o più gruppi, 1 reparto fotoelettrici, 1 deposito; Reggimento genio: 1 comando, 1 deposito, numero vario di battaglioni.
CAPITOLO XXII
L'AZIONE OFFENSIVA DAL 1918 AL 1935.
1. Le pubblicazioni dottrinali ufficiali. 2. L'azione offensiva nelle Direttive del 1918. 3. L'azione offensiva nelle Norme del 1928. 4. L'esplorazione avanzata (aerea, avanzata e vicina), il movimento delle grandi unità, l'avvicinamento nelle Norme del 1928. 5. Considerazioni sull'evoluzione della dottrina offensiva.
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La circolare, di carattere interlocutorio, Criteri d'impiego della divisione di fanteria nel combattimento (1), ruppe nel 1926 il silenzio, durato più di 8 anni, che lo stato maggiore dell'esercito aveva mantenuto in materia di dottrina tattica. Due anni dopo videro la luce le Norme generali per l'impiego delle grandi unità (2) ed una nuova edizione delle Norme per l'impiego tattico della divisione (3), sostitutiva di quella del 1926 (4). Dal 1918 al 1928 rimasero, perciò, in vigore i due volumetti - Direttive per l'impiego delle grandi unità nell'attacco (5) e Direttive per l'impiego delle grandi unità nella difesa - editi dal Comando Supremo nei mesi di settembre-ottobre del 1918. Elaborate in una situazione di guerra in cui gli opposti schieramenti erano a contatto ed in un momento di transizione dellè operazioni dalla staticità al dinamismo, ispirate ed improntate alle ·caratteristiche della guerra che si stava combattendo e che continuava a pesare duramente sullo spirito e sull'intelletto, oltre che sul fisico, dei comandanti e dei soldati, le Direttive del Comando Supremo ebbero come temi specifici l'attacco e la difesa limitatamente agli aspetti propri delle due azioni senza riferimento a quelle che possono precederle (marcia al nemico, esplorazione, avvicinamento) o seguirle (manovra in ritirata), e senza invadere né il campo del problema strategico - che, essendo di competenza del Comando Supremo, non può essere affrontato, né tanto meno risolto in sede di regolamenti - né quello delle unità inferiori alla divisione per «contenere la publicazione in giusta armonia di concetto e di materia». Esse colsero gli aspetti meno caduchi e più generali della tattica
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del momento, di tutte le fronti, e indirizzarono le operazioni sulla strada del ritorno alla concezione classica della lotta indicando i principali criteri e procedimenti da seguire per percorrerla. Due i fatti nuovi sui quali le Direttive richiamarono anzi tutto l'attenzione: l'aumentata potenza di fuoco della fanteria - della quale non più i fucili, ma le armi automatiche erano divenute l'armamento essenziale - e l'intervento dell'aereo nella battaglia terrestre, destinato a portare nuove e grandi energie alla battaglia, non come mezzo sussidiario, ma come componente indispensabile dell' efficienzza operativa delle forze di terra. Di gran lunga minore il rilievo che esse dettero al carro armato, del quale fecero cenno esplicito solo nel paragrafo 1-2 - <<oltre i mezzi fin qui considerati, concorrono alla costituzione della massa offensiva forze aeree, ed eventualmente, altri mezzi di attacco, ad esempio, carri di assalto» - e implicito nel paragrafo 55: «mezzi sussidiari di attacco destinati a compensare con la sorpresa o con la violenza del loro intervento la diminuita potenza dell'artiglieria di distruzione» nell'ultima fase della battaglia di rottura. Eppure la prima apparizione del carro armato risaliva al 15 settembn: del 1916, ed a Cambrai nel novembre del 1917; poi a Le Hamel e ad Amiens, rispettivamente nel luglio e nell'agosto del 1918, esso era stato il protagonista del combattimento, senza dire che proprio all'inizio dell'estate del 1918 lo stesso ministero della guerra italiano aveva commissionato alla Fiat ed all'Ansaldo - dopo le prove e i collaudi effettuati con i 2 Schneider ed i 3 Renault avuti dalla Francia - ben 1400 carri tipo Renault, i cui primi esemplari definitivi avrebbero dovuto entrare in servizio nel maggio del 1919. Furono le Nort?1e del 1928 ad assegnare ai carri armati compiti e funzioni meno sfuocati e ad inserirli in tutte le fasi della battaglia terrestre, sebbene come mezzi ausiliari atti non già a sostituire, nemmeno parzialmente, la fanteria, ma a risparmiarle tempo e perdite. Anche nelle Norme, che insistettero più sulle limitazioni del mezzo - devesi però tener presente che i carri armati hanno una resistenza ed una autonomia in combattimento limitata a poche ore ed a pochi chilometri; in caso di incidenti non possono disimpegnarsi se non oltrepassati e protetti dalla fanteria; dopo un'azione debbono essere ritirati, accuratamente riveduti, riattati e riforniti - che non sui suoi punti di forza (fuoco, corazza, mobilità), la presenza del carro armato fu considerata utile e redditizia, là dove il terreno ne consentisse l'impiego, ai fini della sorpresa, dello spianamento dell'ostacolo materiale e dei centri di resistenza avversari, come pure dell'accompagnamento della fanteria, ma non indispensabile e comunque non tale da modificare i principi fondamentali d'impiego della fanteria. Le Norme, infatti, nonsotante le notevoli differenze di con-
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tenuto, di impostazione, di linguaggio, di terminologia, di ampiezza e di forma rispetto alle Direttive, continuarono, al pari di queste, ad imperniare le operazioni sul binomio fanteria-artiglieria pur nella stretta cooperazione tra tutte le varie armi. La fanteria restava l'arma che compie l'azione e che segna il ritmo dell'azione generale. Direttive e Norme ebbero, inoltre, in comune la concezione della tattica del compito: <<Lo scopo è l'elemento preponderante» del concetto d'azione; quali che siano le conclusioni che si possano trarre dall'esame e dall'apprezzamento della situazione propria ed avversaria e del terreno esse non devono «condurre mai a deviazione dal proprio scopo od a rinuncia ad esso, sebbene ad una tenace ricerca delle modalità per raggiungerlo». A parte, l'identità delle due concezioni e le altre analogie e somiglianze delle «Norme» con le Direttive, le pubblicazioni del 1928, vale a dire sia le Norme generali sia le Norme per l'impiego tattico della divisione, furono rivolte ad imprimere alle operazioni un dinamismo più deciso di quello delle Direttive ed a compenetrare sempre più intimamente, sul piano operativo e su quello addestrativo, l'azione della fanteria, arma della manovra, con l'azione dell'artiglieria, arma del fuoco, non solo nell'offensiva e nella difensiva, ma anche nella marcia al nemico e nella manovra di ripiegamento, come pure nei casi particolari di combattimento - nei boschi, negli abitati, attraverso le strette, nel forzamento e nella difesa dei corsi d 'acqua, nell'oscurità e nella nebbia - che, diversamente dalle Direttive, le Norme generali, imitando gli schemi delle publicazioni prebelliche, ripresero a considerare distintamente.
2. I fattori di successo dell'azione offensiva, sono, per le Direttive: l'ascendente morale, che si acquista col mettere in valore le maggiori energie morali dei comandanti e delle truppe, prima fra tutte la ferma e fondata fiducia nel successo; la superiorità dei mezzi e dei procedimenti, che è la risultante della preponderanza di uomini e di materiali nella fronte di attacco e della bontà del metodo d'impiego dei mezzi stessi; la sorpresa sia che la si ottenga nel campo strategico sia che la si realizzi, in più stretto raggio, nel campo tattico. L'azione offensiva in grande stile si ripromette obiettivi strategici decisivi perseguibili mediante la messa a punto sul piano concettuale, organizzativo e di condotta - il comandante di una grande unità non deve solo limitarsi ad organizzare la battaglia, egli deve altresì dirigerla mercé un avveduto impiego delle artiglierie e delle riserve, ed essere in grado di dominarla in ogni istante
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- di un apparecchio offensivo in grado d'imporsi alla volontà di chi si difende. Questi generalmente utilizza una successione di sistemi forti/icatori - ciascuno comprendente in genere più fascie difensive - scaglionati in profondità con il criterio che l'apparecchio offensivo allestito contro un sistema risulti per ragioni di distanza o di condizioni locali non atto all'espugnazione del successivo sistema. Due conseguentemente i ·momenti principali della azione offensiva: lo scardinamento del complesso dei sistemi fortificati ed il dilagamento al di là di essi per costringere l'avversario, già battuto nella zona delle organizzazioni difensive e scardinato da queste, ad accettare battaglia nelle condizioni di tempo di luogo e di forze a lui più sfavorevoli. La prima fase si concreta in una battaglia di rottura che apra la strada a risultati strategici operando una breccia nello schieramento nemico estesa in profondità all'intero complesso ed ampia frontalmente quanto necessario all'irruzione strategica e logistica della massa destinata, nella seconda fase, a sfruttare il successo strategico ottenuto nella prima annientando l'organizzazione delle retrovie nemiche e penetrando profondamente nel territorio dell'avversario. La massa offensiva va, perciò, ripartita in due aliquote costituenti una la massa di rottura e l'altra la massa di manovra. La battaglia di rottura si concreta in una serie di attacchi nel senso della fronte, coordinati nel tempo e nello spazio, e di attacchi nel senso della profondità succedentisi il più rapidamente possibile con ritmo celere e sempre più incalzante per sottrare al nemico il tempo e la possibilità di riorganizzarsi e di manovrare le riserve. La massa di rottura va, a sua volta, ripartita in un nucleo di prima linea destinato all'urto iniziale ed in un nucleo di seconda linea destinato ad addentrarsi con successivi urti nei sistemi difensivi nemici, sostituendo il primo nucleo qualora sia esaurito od anche solo menomato. Ogni attacco della massa di rottura si propone l'espugnazione di un sistema difensivo ed un progresso al di là di tale sistema fino a raggiungere una fronte idonea a divenire base di partenza per l' attacco al sistema successivo. Tale fronte costituisce l'obiettivo normale dell'attacco, mentre l'obiettivo eventuale è quello raggiungibile secondo procedimenti prestabiliti in situazione proprizia, quando cioè l'organizzazione difensiva nemica inizia a disgregarsi. Ad ogni modo, la preventiva determinazione e specificazione degli obiettivi deve rappresentare una guida allo sviluppo dell'azione, non già un vincolo o, peggio, un ostacolo all'immediato sfruttamento di una situazione che si delinei particolarmente promettente. Quando possibile occorre spingersi anche molto al di là degli obiettivi eventuali, mentre per converso, quando non si può raggiungere di sbalzo l'obiettivo normale, occorre procedere a predisporre una susta Lra 4uesto e la base di partenza al fine di rinvigorire
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e regolare il funzionamento dell'apparecchio offensivo, specie per quanto concerne il complesso meccanismo dei tiri di accompagnamento. Entità ed articolazione della massa offensiva sono in stretto rapporto col disegno operativo del comando che, a sua volta, è in correlazione con la situazione nemica, la scelta del fronte di attacco, la determinazione dell'ampiezza, della profondità e della celerità dello sfondamento nonché con la direzione ed il raggio secondo i quali, rotta la fronte, intendesi operare per sfruttare il successo. L'entità e l'articolazione della massa di manovra sfuggono ad un computo anche generico e si può solo dire che, essendo strumento ed estrinsecazione insieme del pensiero del comando, debbono essere proporzionate ai limiti ed ai modi di sfondamento, mentre per l'entità e l'articolazione della massa di rottura è possibile porre il problema in termini concreti una volta definita la capacità offensiva di una data unità di fanteria disposta in una data formazione. La capacità offensiva è l'attitudine a sviluppare un attacco su una certa ampiezza di fronte ed a progredire attaccando per una certa profondità. Le dimensioni della fronte e della profondità sono inversamente proporzionali in quanto, a parità di forze, più ristretta è la fronte di attacco, maggiore è, entro limiti ragionevoli, la possibilità di penetrazione nel senso della profondità. Le diverse caratteristiche delle formazioni che un'unità può assumere per l'attacco - o estese prevalentemente in senso frontale, ovvero molto scaglionate in profondità, ovvero ancora con caratteristiche medie di estensione frontale e di profondità - non consentono di fissare dati numerici assoluti, ma orientano verso «dati di computo di valore medio>> ragguagliabili per un battaglione, unità elementare di combattimento, avente 2 compagnie in prima linea, a 300 + 400 m frontali per 1000 + 800 m di profondità e per una divisione, grande unità di attacco, scaglionata in profondità su 3 linee di battaglioni ed ogni linea su 4 battaglioni, a 1200 + 1500 m frontali per 3000 + 2500 m di profondità. Dati medi che non hanno akun carattere di rigidezza perché l'ampiezza della fronte di attacco assegnata ad una grande unità è inversamente proporzionale alla lontananza degli obiettivi da raggiungere, all'efficienza dell'organizzazione da espugnare, all~ probabilità di sviluppare il successo dello sfondamento e perché la consistenza numerica della massa di rottura, a parità di altre condizioni, deve essere tanto più forte quanto maggiore vigore deve assumere l'atto offensivo e, soprattutto, quanto più veloce si vuole la successione degli sforzi. Il fronte di sfondamento non va ripartito omogeneamente tra le divisioni di prima linea, ma dosato a tratti maggiori o minori in relazione ali' obiettivo da raggiungere, alla particolare situazione di tempo e di luogo in cui la grande unità deve agire ed all'eventuale ripercussione dell'azione di questa
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su quelle delle divisioni contermini, elementi tutti che concorrono anche alla determinazione dello scaglionamento in profondità. Il nucleo di seconda linea di norma non deve essere inferiore a quello della prima linea, anzi talvolta deve essere superiore, in particolare quando la profondità complessiva dei sistemi difensivi nemici imponga una serie di sforzi robusti e quando il nucleo stesso debba agire con caratteristiche di estrema violenza e di rapidità travolgente. Esclusa sempre ogni idea di schematismo, e solo a titolo di esempio, si può dire che un corpo di armata su 4 divisioni ne può schierare 2 affiancate in prima linea, e 2 parimenti affiancate in seconda linea, realizzando così un dispositivo che per le favorevoli condizioni di comando esistenti rispetto alle divisioni di prima linea, per la spiccata attitudine al pronto progresso in profondità derivante dalle divisioni di seconda linea, risponde assai bene alle esigenze dell'odierna lotta contro posizioni organizzate. Entrambi i nuclei della massa di rottura debbono essere forti, ma il successo del primo urto faciliterà quello degli urti successivi per i quali non è necessario «un apparecchio offensivo predisposto e azionato con mezzi e criteri analoghi a quelli praticati per il primo». I nuovi sforzi possono essere intrapresi con apparati anche meno potenti di quello iniziale perché, una volta conquistato il primo obiettivo normale, è soprattutto necessario vibrare il più rapidamente possibile una serie di colpi alla difesa, non concederle mai tregua né mai perdere il contatto con essa, impedirle ad ogni costo la stabilizzazione della fronte. Il successo risiede dunque in una gara di velocità nella quale bisogna che l'attacco sopravanzi di molto la difesa, ma poiché questo continua a svilupparsi su terreno fortificato, i criteri ed i procedimenti del secondo nucleo non possono prescindere da tale realtà anche se orientati verso forme di lotta più dinamiche. Il rapporto quantitativo fra le varie armi della massa offensiva va definito, sotto l'aspetto tattico, caso per caso con il criterio di aggiungere alle forze organiche dell'armata, del corpo di armata e della divisione «una massa di bombarde, di artiglieria pesante e, talvolta, anche leggera, capace sicuramente di assolvere, in unione alle artiglierie divisionali, i molteplici compiti che nella battaglia di sfondamento sono assegnati alle varie specie di artiglieria»: distruzione, neutralizzazione, annientamento, interdizione, accompagnamento, sbarramento. L'artiglieria deve essere ragionalmente distribuita ai vari livelli: parte decentrata alle divisioni, parte accentrata ai livelli superiori. I compiti d'interdizione vicina, di accompagnamento e di sbarramento sono propri dell'artiglieria divisionale, quello di controbatteria dell'artiglieria di corpo d'armata, quelli d'interdizione lontana e di annientamento delle artiglierie di armata. Le bombarde e le artiglierie destinate alla distruzione ed aJla
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neutralizzazione delle difese attive nemiche vanno assegnate alle divisioni anche perché i loro settori di azione sono pari all'incirca alla fronte di attacco di una divisione. La manovra di particolari masse di fuoco aventi la possibilità d'intervento su fronti ampie compete alle artiglierie di armata e di corpo d'armata. Come guida largamente approssimativa per la compilazione dei progetti di attacco, le densità medie di schieramento delle bocche da fuoco sono ragguagliabili, se riferite ad un attacco contro una fronte difensiva efficiente, per le artiglierie pesanti ad 1 pezzo per ogni 20-30 metri di fronte di attacco, per quelle leggere ad 1 pezzo per ogni 20-25 m, per le artiglierie pesanti di lunga gittata ad 1 pezzo per ogni 150-200 m, per le bombarde ad 1 pezzo per ogni 25-30 m. Ogni comando di grande unità deve dunque avere alla diretta dipendenza tutte le artiglierie che sono indispensabili alla grande unità stessa per assolvere il compito assegnatole in combattimento e ogni comando di grande unità superiore deve poter disporre direttamente delle artiglierie necessarie per coordinare l'azione delle grandi unità dipendenti e rinvigorirla ove occorra. La cavalleria di norma non trova impiego fino a quando il combattimento si svolge su terreno organizzato dalla difesa, ma tutt'al più interviene con piccole unità - mentre il grosso fa parte della massa di manovra - capaci di combattere con i procedimenti della fanteria, orientate sul terreno ed affiatate con le unità di fanteria con le quali debbono cooperare, per agire con il fuoco e con l'urto, avvalorati sempre dalla manovra, al fine di assicurare o ristabilire collegamenti tattici incerti o compromessi. Il genio opera in tutte le fasi dell'azione offensiva concorrendo all'esecuzione di lavori e provvedendo alle distruzioni ed ai riattamenti non effettuabili dalle altre truppe e impianta, mantiene e prolunga i collegamenti speciali di sua competenza. L'impiego delle unità del genio risponde a criteri di parsimonia, di accentramento e di largo concorso all'attività di lavoro da parte di «ausiliari di fanteria». L'aeronautica combatte per il dominio dell'aria assicurando, congiuntamente con la difesa contraerei, la libertà del proprio spazio aereo, ed opera come arma di offesa contro bersagli terrestri; attacca, perciò, aeroplani, dirigibili, palloni frenati e le basi aeree nemiche e compie ricognizioni informative; mantiene il collegamento fra le truppe e i comandi; regola il tiro dell'artiglieria; mitraglia e bombarda punti sensibili e truppe del nemico. L'azione offensiva è complessa e non può essere affrontata e risolta senza profondo studio ed accurata preparazione. L'opera educativa dei capi di ogni grado deve svolgersi instancabilmente e fervidamente, sia di lunga mano, sia nel periodo preparatorio che precede l'offensiva; essa è la premessa perché l'ingente somma di forze e di mezzi venga impiegata con rendimento e cuu probabilità di successo. A parte la prepa-
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razione remota esiste tutta un'intensa attività da compiere nella fase preparatoria ed in quella di attuazione e da concretare nel piano offensivo alla cui base sono le direttive che il Comando Supremo emana ai comandi di armata circa le possibilità offensive delle varie fronti: concetto del piano, forze assegnate, progetti di lavoro e di operazione dei comandanti delle grandi unità che debbono partecipar-e all'operazione. Raccolte le notizie sul nemico e sul terreno - compito importante e delicato che compete in primo luogo agli uffici informazioni delle armate e, in misura particolareggiata, a tutti i comandi, specialmente a quelli delle grandi unità di prima linea - , studiate attentamente le possibili linee di sviluppo dell'azione, si traccia, inizialmente a grandi linee, il piano offensivo in modo che possa servire di preventivo orientamento e di guida ai comandi dipendenti nella redazione dei loro progetti, e lo si completa in seguito in tutti i particolari non appena i progetti elaborati dai comandi dipendenti, «sulla base delle ricognizioni preparatorie», sono approvati dai comandi superiori ed assumono veste definitiva e concreta (6). Collaboratori del comandante sono gli ufficiali del suo stato maggiore che gli forniscono gli elementi di giudizio e di decisione in tutte le fasi della lotta. I comandanti di grande unità, in particolare quelli di divisione, debbono essere e farsi sentire vicini alle proprie truppe com-
patibilmente con le esigenze imposte dal migliore esercizio del prorprio comando; gli ufficiali dello stato maggiore debbono essere in continuo e diretto contatto con le truppe, dei bisogni delle quali si rendono interpreti presso il comandante con vigile preveggenza e premurosa sollecitudine. Nella fase preparatoria, in uno con il progressivo completamento del piano, si dà inizio alla sistemazione del te"eno di attacco mediante i lavori riguardanti le posizioni di partenza della fanteria - parallele di partenza, ripari, camminamenti-, all'organizzazione dello schieramento delle artiglierie ed all'impianto dei posti di comando, delle comunicazioni e dei collegamenti, nonché all'assetto dei mezzi aeronatuci. È altresl essenziale che durante tale fase le grandi unità destinate al primo urto siano lasciate riposare il più possibile, fatta salva l'esigenza di far loro compiere, possibilmente su terreno simile a quello dell'attacco, un metodico allenamento e addestramento che le specializzi nelle varie fasi dell'impresa a cui sono chiamate e le trasformi in vere e proprie divisioni di assalto. Quale che sia la durata della fase preparatoria, il soddisfacimento della duplice esigenza - riposo e addestramento non è meno indispensabile di tutte le altre numerose predisposizioni della fase stessa tendenti a porre in perfetto assetto l'intera massa di rottura. La fase di attua:t.iune della battaglia di rottura può essere suddivisa,
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a sua volta, in 5 ulteriori fasi: la preparazione immediata e cioè il complesso dei tiri con i quali l'artiglieria, in collaborazione con gli altri mezzi offensivi, apre la via all'irruzione della fanteria; lo scatto e l'avanzata della fanteria verso l'obiettivo normale e cioè l'insieme degli atti per i quali la fanteria, procedendo il più velocemente possibile attraverso le difese nemiche distrutte, si articola e manovra intorno a quelle superstiti neutralizzate dal fuoco di accompagnamento, avanza conseroandosi in giusto rapporto di tempo e di distanza con la cortina mobile dei tiri di accompagnamento e continua ad avanzare, anche temerariamente, fino a raggiungere l'obiettivo normale della grande unità; l'eventuale sosta prima del/'obiettivo normale per concedere, quando indispensabile, un breve riposo e maggiori possibilità di riordinamento alle truppe di assalto, ovvero permettere la sostituzione dei battaglioni di primo scaglione con i battaglioni di secondo scaglione, ovvero agevolare e rendere più redditizio l'intervento di truppe di riserva, disciplinare e registrare su dati fissi e noti il tiro di accompagnamento, verificare ed eventualmente riattivare i collegamenti; la conquista dell'obiettivo normale e il suo consolidamento e cioè la presa di possesso materiale dell'obiettivo e lo scaglionamento in profondità delle divisioni di prima linea, che risparmino perdite e logoramento inutili e conservino alle unità le più ampie possibilità controffensive mediante uno schieramento che eviti l'addensamento di truppe sulle posizioni conquistate per sottrarle ai tiri di repressione del nemico; lo sviluppo del successo che riguarda normalmente il nucleo delle divisioni di seconda linea - in tutto od in parte - che dopo aver scavalcato e sostituito le divisioni di prima linea, non più in grado, anche se non eccessivamente provate, di alimentare e condurre la lotta con l'impeto necessario, danno inizio e sviluppo, eventualmente con la massa di manovra, all'ultima fase della lotta della massa di rottura, che chiude appunto la battaglia di rottura e dà il via allo sfruttamento del successo. La durata della preparazione immediata dipende dal numero e dalla celerità di tiro delle bocche da fuoco incaricate della distruzione e neutralizzazione delle difese nemiche, e dal grado di efficienza di queste. Più che la completezza del fuoco di distruzione, interessano l'intensità e l'efficacia del fuoco di neutralizzazione e, soprattutto, la sorpresa, che è favorita da una breve durata della preparazione immediata. Nella preparazione immediata il fuoco deve essere intensificato e deve comprendere la controbatteria, la distruzione e la neutralizzazione degli ostacoli e delle difese attive, l'interdizione, l'annientamento. È necessaria la continuità assoluta fra il termine della preparazione immediata e lo scatto per l'avanzata delle fanterie in modo che gli ultimi proietti dei tiri di distruzione e i primi animosi reparti di assalto rar,giungano quasi contempora-
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neamente le trincee nemiche. La maggiore cooperazione fanteria-artiglieria è tipica dell'avanzata della fanteria verso l'obiettivo normale in quanto, durante la preparazione, l'artiglieria ha solo tracciato alle fanterie la via dell'attacco, mentre ora deve spianarla con il fuoco di accompagnamento, e successivamente, ad obiettivo normale conquistato, deve con cortine di sbarramento concorrere a consolidare il successo. La fanteria avanza, supera combattendo le successive resistenze che spazza dalle trincee, dai ricoveri e dalle caverne e procede con impulso travolgente e senza arrestarsi fino all'obiettivo assegnatole. Le mitragliatrici - in tale termine vengono comprese tutte le armi automatiche - accompagnano con il loro fuoco le unità di cui organicamente fanno parte e agiscono a massa con tiri d'interdizione e di logoramento rivolti contro obiettivi lontani. L'artiglieria, appoggiandosi ad una rete di osservazione e di collegamenti efficiente, tende a porre in scacco le artiglierie della difesa, intensifica la neutralizzazione delle difese nemiche rimaste ancora efficienti ed armonizza il fuoco di accompagnamento alle vicende contingenti della lotta. I meccanismi della cooperazione e dell'accompagnamento sono complessi e delicati; quando non regolabili mediante osservazione e collegamenti diretti fra le due armi, si possono legare attraverso dati di tempo stabiliti a priori e dati di velocità di avanzata che, per quanto sog,getti alle imprevedibili vicende del combattimento, sono pur sempre suscettivi di una preventiva valutazione media assai prossima al vero. La tecnica della cooperazione tra le due armi trova, in ogni caso, il suo fondamento nella netta definizione della catena delle dipendenze che eviti la sovrapposizione delle azioni di comando e regoli correttamente la linea delle richieste d'intervento. Lo sforzo integrato di tutte le armi e di tutti i mezzi, anche di quelli che potranno essere utilizzati in avvenire, condotto unitariamente al raggiungimento dello scopo, non consente di spendere le energie in azioni sterili, ma obbliga a concentrarle nei settori dove mag,giore si è delineato il successo, a progredire ad ogni costo evitando peraltro «situazioni tattiche irrazionali ed estremamente rischiose» ed a ricercare e mantenere il contatto fra le varie unità sempre avanzando e non mai retrocedendo. Dopo la conquista dell'obiettivo normale, il riassetto o la ricostituzione del dispositivo offensivo, sia che si compia nell'ambito delle stesse grandi unità di prima linea mediante la sostituzione dei battaglioni più provati con quelli integri o sia che esiga l'entrata in linea di intiere nuove grandi unità e precisamente di quelle di seconda linea, ogni audacia - in quanto tende ad accentuare la crisi che la difesa attraversa - deve essere lecita. Lo spostamento in avanti delle artiglierie è, in ogni caso, l'operazione di massimo impegno perché la conservazione del primo successo, il suo ampliamento e le probabilità dei maggiori succes-
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si futuri sono indissolubilmente legati alla rapidità con la quale l'artiglieria avanzando asseconda e rinvigorisce l'impulso offensivo della massa di rottura. L'avanzata verso l'obiettivo eventuale e la sua conquista non sono vincolabili con norme rigide; sono eventi che maturano nell'ambito della lotta delle prime linee e come tali vanno decisi uniformandosi alle direttive gerarchiche dei comandanti di divisione di prima linea, mentre i comandi superiori si preoccupano soprattutto dei collegamenti laterali, nella considerazione che la lotta tende a risolversi in azioni di carattere episodico che incidono sulla continuità della fronte della battaglia. Ma anche conquistato l'obiettivo eventuale, lo sforzo offensivo ha superato solo una prima fase del suo sviluppo; esso deve continuare fino a determinare la completa rottura della fronte. Gli attacchi diretti ad approfondire ed allargare la breccia debbono essere immediati e senza tregua e di ciò occorre che sia tenuto il massimo conto nell'addestramento e nella preparazione morale dei quadri e delle truppe delle grandi unità d'attacco che quasi sempre saranno le divisioni di seconda linea. Queste si appoggiano ad uno schieramento di artiglieria costituilo da artiglieria leggera con buona proporzione di batterie someggiate, e da artiglierie pesanti campali, l'una e le altre organicamente o tatticamente assegnate alle divisioni stesse, nonché da batterie e bombarde appartenenti allo schieramento iniziale e delle quali è stato preordinato, in sede di progetto, il celere spostamento in avanti da attuare subito dopo la conquista del1'obiettivo normale. Completano la massa offensiva: unità del genio in misura eccedente gli organici e largamente proporzionata al compito, per porre l' insieme in favorevoli condizioni di funzionalità tattica elogistica; mezzi sussidiari di attacco destinati a compensare con la sorpresa o con la violenza la diminuita potenza di distruzione dell'artiglieria; grandi unità di cavalleria delle quali l'impiego a cavallo od a piedi può essere assai redditizio in questo momento della lotta nel quale aumentano le possibilità di iniziativa e di manovra; unità dell'aviazione proporzionate alla più intensa attività aerea imposta dalle caratteristiche della lotta. L'intera massa offensiva deve, infine, disporre di comandi e di servizi spiccatamente idonei al movimento sia perché la necessità di questo può delinearsi improvvisamente in seguito ad un grave cedimento del difensore e sia perché l'avanzata stessa risulterebbe non solo inutile, ma dannosa, se i rifornimenti di ogni genere non fossero in grado di seguire le grandi unità ed alimentarne l'impulso offensivo. Il comando al quale è affidata la condotta della battaglia completa le direttive iniziali del piano offensivo, ma per fare ciò ha bisogno di un certo tempo durante il quale i comandanti di armata e di corpo d ' armata debbono agire con ragionevole iniziativa e con giusto riferimento al disegno operativo. Mai,
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ed ancora di più in tale momento, la passività in un comandante è senza colpa; dote essenziale è invece il sentimento anzi il desiderio della responsabilità, responsabilità animosamente cercata e consapevolmente sostenuta. Superato il momento critico d'intervallo - nel quale mentre si consolidano e si accrescono i vantaggi conseguiti, si rinnova e si sposta rapidamente in avanti il dispositivo offensivo e, attraverso nuovi ordini, si indirizzano comandi e unità ad aderire alla situazione del momento - la lotta si riaccende su tutta la fronte della battaglia. La preparazione, intensa e breve, è caratterizzata essenzialmente da tiri di distruzione sui punti di appoggio della difesa che successivamente vengono mantenuti, al pari delle artiglierie nemiche, sotto una potente azione neutralizzr:znte. L'impiego dell'artiglieria, sia nella fase della preparazione sia in quelle successive, poggia sulla chiara enunciazione del concetto di attacco e la non meno netta definizione degli obiettivi da raggiungere e sul continuo ed intimo scambio di vedute fra i comandanti di grande unità e i rispettivi comandanti di artiglieria. Il largo impiego di concentramenti è rivolto preminentemente a<l appoggiare il più efficacemente possibile la fanteria e l'attività delle due armi deve tendere sempre più a fondersi a mano a mano che nella, lotta si accentuano i caratteri della, guerra di movimento. La necessità di cambiamenti di posizione non deve andare a detrimento della continuità del fuoco; essi vanno eseguiti per scaglioni e quando il momento non coincida con un atto tattico decisivo. La mobilità è uno degli attributi dell'artiglieria leggera; deve essere suo vanto il metterlo in valore sempre ed ovunque. Di norma, oltre le artiglierie divisionali, vengono lasciate a disposizione diretta delle divisioni le bombarde leggere ed un'aliquota delle artiglierie pesanti campali proprozionata ai compiti di distruzione, di neutralizzazione e di accompagnamento; tale decentramento deve, peraltro, consentire un rapido e temporaneo passaggio di dipendenze - le quali non rispondono a criteri rigidi, ma sono regolate in questa fase da criteri di elasticità - da parte delle aliquote pesanti campali dai comandi di artiglieria divisionali ai comandi di artiglieria di corpo d'armata per l'effettuazione delle manovre che rientrano nel quadro tattico della battaglia. Tutto, insomma, passa nelle mani dei comandi di artiglieria di corpo d'armata e di divisione, mentre i comandi di artiglieria di armata si limitano a coordinare l'azione delle artiglierie di corpo d 'armata, ad impiegare le batterie a lunga gittata che, con azione di interdizione e di annientamento, sono ancora in misura d'intervenire dal primitivo schieramento ed a curare lo spostamento in avanti di alcune batterie pesanti, scelte fra le più mobili, purché tale sbalzo in avanti risulti tempestivo e compatibile con gli altri movimenti di retrovia indispensabili per alimentare la battaglia
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in corso. Mentre l'artiglieria batte e sconnette i pilastri della difesa, la fanteria irrompe fra pilastro e pilastro, si addentra, e paralizza gli elementi vitali nemici «ossia le artiglierie e i comandi» e dilaga in formazioni preferibilmente profonde, in quanto più idonee alla progressione nella particolare situazione nella quale, delineandosi spesso l'inizio della guerra di movimento, è necessario, oltreché combattere anche celermente marciare. Uno spostamento in avanti di grandi unità, se tardivo, può portare come conseguenza la stabilizzazione della fronte che è assolutamente da evitare. In questa fase, dunque, ancora più che in quelle precedenti, l'azione dei comandanti di grande unità deve essere continua, vigile e pronta, e quella dei comandanti minori manovriera ed aggressiva. La rottura della fronte segna il termine dell'azione della massa di rottura e spiana la via alla massa di manovra per lo sfruttamento del successo dal quale solo si ricavano risultati strategicamente risolutivi. Sfruttamento del successo da intendersi nel senso di costringere I' avversario, già battuto nella zona delle organizzazioni difensive e scardinato da queste, ad accettare la battaglia nelle condizioni di tempo, di luogo e di forze a lui più sfavorevoli. Si tratta di una questione di tutt'altra natura e portata e, pertanto, come si è omesso di definire la composizione della massa di manovra, così - e a maggiore ragione - non si parlerà dd suo impiego che coinvolge e compendia in sé i più ardui problemi della condotta della guerra. Questi però non richiedono l'invenzione di una nuova dottrina perché i principi ed i procedimenti della guerra di movimento restano quelli di sempre, come immutati sono i principali strumenti di lotta, e cioè: fanteria, artiglierie leggere e pesanti e cavalleria. L'arma aerea, sebbene apportatrice di nuove energie, non muta le caratteristiche fondamentali d'impiego e non introduce ulteriori innovazioni nei metodi tattici. Le direttive che il comando responsabile emana a tempo debito sono, perciò, sufficienti per la condotta delle grandi unità in questa fase «con concreto riferimento al quadro operativo tracciato alla massa di manovra».
3. Per le Nonne generali del 1928 l'azione offensiva resta il solo modo di azione capace di risolvere la lotta. Sebbene la potenza del fuoco sia assai notevole, essa non basta da sola a risolvere né l'azione offensiva né quella difensiva, ma occorre infatti la manovra, che è movimento e cioè l'azione della fanteria, azione che è movimento, preparato ed appoggiato dal fuoco, e che culmina nell'urto. La risoluzione del combattimento spet-
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ta all'uomo, fattore ed obiettivo primo della lotta. I.A conclusione della lotta è l'urto sulla fronte, sul fianco, sul tergo; urto che seppure non vada più inteso nella forma di assalto classico su tutta la linea, è pur sempre, nella somma degli episodi singoli nei quali la lotta si spezza, la irruzione violenta che costringe il nemico alla fuga o lo annienta «nella lotta a corpo a corpo», caratteristica specialmente dei terreni di montagna e dei terreni fittamente coperti. Nonostante l'accresciuta potenza del fuoco ed i progressi della tecnica, la figura del combattente primeggia sul campo di battaglia; e segnatamente vi domina la figura del fante, sostenuto e sospinto soprattutto dalle sue forze morali, che l'armamento perfezionato integra ma non sostituisce. Ma l'azione del fante deve essere ragionevolmente preparata. La conoscenza delle qualità, del valore, del rendimento dei singoli mezzi e la capacità di coordinarne l'impiego in un sistema, la cui ossatura poderosa, data dall'artiglieria, sia integrata dai mezzi di fuoco dei quali dispone in proprio la fanteria, sono condizioni imprescindibili per il successo. I comandanti di ogni grado debbono, perciò, avere una corn:reta conoscenza dei princìpi, dei criteri, dei procedimenti e dei mezzi, conoscenza che «non può essere in nessun caso sostituita dalla sola genialità e tanto meno dall'improvvisazione». I princìpi essenziali della manovra sono l'azione a massa e la sorpresa. II principio della massa è alla base di qualsiasi manovra e la sua applicazione può talvolta consentire di prendere utilmente l'offensiva anche a chi disponga, nel complesso, di forze e mezzi inferiori all'avversario. Lo sforzo deve essere concentrato e non disperso su tutto il settore di azione assegnato alla grande unità, per cui su di un tratto di tale settore si conduce un'azione principale e sui rimanenti si svolgono azioni concomitanti, con forze e mezzi proporzionalmente minori, tali comunque da almeno fissare le forze nemiche contrapposte sì da impedire loro di concentrarsi contro le azioni principali dell'attaccante. La sopresa si attua attaccando là dove il nemico meno se lo aspetta e utilizzando procedimenti e, quando possibile, anche mezzi imprevisti, ma soprattutto mantenendo segreta l'organizzazione dell'attacco e conferendo rapidità alla esecuzione. La rottura della fronte nemica può essere il risultato anche di un unico sforzo applicato su di un determinato tratto dello schieramento nemico, ma se ciò può verificarsi per le grandi unità di ordine inferiore, è meno frequente per le grandi unità complesse che, in genere, compiono una serie di sforzi contemporanei o successivi applicati su punti diversi della fronte - caso normale su terreni di montagna - per cui l'azione offensiva si sviluppa di norma mediante un numero vario di sforzi principali e concomitanti strettamente coordinati nello spazio e nel tempo nel quadro unitario della manovra. Al principio della massa
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si lega, perciò, quello della «combinazione degli sforzi». La disposizione in profondità di una grande unità complessa comprende <<tre schiere»: la prima destinata a sviluppare l'azione «sino ad un dato punto», la seconda a prolungare in profondità l'azione della prima e la terza a restare a disposizione del comandante «per intervenire nell'azione». Nello scaglionare in profondità le forze il comandante evita di limitarsi a priori la propria libertà di azione e di reazione, di impegnare a priori le riserve e di incanalarle su direzioni dalle quali sia poi difficile e lento spostarle, occorrendo, verso direttrici diverse, di svelare le proprie intenzioni con un addensamento prematuro rilevabile dall'osservazione nemica, d'intralciare la rapida avanzata degli elementi del corpo di armata - specialmente artiglierie pesanti campali ed eventualmente pesanti - che debbano serrare sulle divisioni di prima schiera per cooperare con queste nella fase di avvicinamento, e di far sentire troppo intensamente alle grandi unità di seconda e terza schiera le ripercussioni degli avvenimenti che interessano la prima schiera. Si tratta di conciliare esigenze contrastanti la cui soluzione è facilitata «dalla disponibilità di mezzi celeri di trasporto per una parte delle truppe arretrate». Elemento essenziale della manovra è la «determinazione del tratto o dei tratti di fronte su cui esercitare I.o sforzo principale»: quando possibile occorre tendere ad agire contro uno o contro entrambi i fianchi dello schieramento avversario - questa possibilità si presenta in modo caratteristico per le grandi unità d'ala - e quando ciò non sia possibile e l'azione debba svolgersi forzatamente in senso frontale, occorre tendere a trasformarla appena possibile in azione di fianco mediante la creazione di una breccia, operata in corrispondenza dei tratti più deboli, attraverso la quale penetrino le truppe destinate all'azione sul fianco e sul tergo. Più larga e profonda la breccia, più facile la manovra in profondità: una breccia di 5-6 chilometri di ampiezza consente una buona immissione di forze. Se non risulta disorganizzato lo schieramento delle artiglierie campali nemiche, non conviene immettere altre forze nella breccia, ma piuttosto impiegarle contro un tratto della fronte adiacente alla breccia per rendere questa più ampia e più esteso il cedimento del nemico. La manovra contro i fianchi od il fianco dello schieramento nemico risponde a criteri di minore rigidità rispetto a quella frontale e dipende dalla forza dell'unità che deve compierla, dal raggio d'azione che l'unità può sviluppare e soprattutto dalla rapidità e dal vigore con cui la manovra è eseguita. In entrambi i tipi di manovra elemento preponderante è lo scopo da raggiungere al quale vanno intonate tutte le scelte e le azioni. Qualunque sia l'andamento delle prime azioni, anche se diverso dal previsto, la determinazione degli atti successivi della manovra deve essere ispirata alla duplice necessità di non
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deviare mai dallo scopo assegnato e di mantenere all'azione complessiva carattere di assoluta unità. A tale fine occorre che, pur prendendo in considerazione l'intero quadro di sviluppo della battaglia, il comandante si limiti inizialmente a dare gli ordini per le sole prime azioni e ad impartire semplici direttive di orientamento per quelle successive che dipendono dai risultati delle prime . Occorre altresl che prenda in tempo le decisioni riducendo all'indispensabile l'intervallo fra gli atti successivi giacché ogni prolungamento di questo interoallo oltre lo strettamente necessario risulta a tutto vantau,io del nemico. Lo strettamente necessario riguarda il riordino o la sostituzione delle grandi unità di prima schiera, la modifica del dispositivo ed il trasferimento in avanti delle grandi unità arretrate. Anche nel caso che il successo si delinei in direzione diversa da quella prevista, il comandante, tenuto sempre fermo lo scopo da rag,giungere, adatta con immediatezza gli ordini alla situazione, e ciò è tanto più facile quanto è maggiore l'elasticità delle predisposizioni iniziali. Avvenuto il cedimento della fronte avversaria, ciascuna grande unità cerca di ampliare il successo ottenuto ed avanza neJJa dinizione prestabilita, mentre l'azione di coordinamento del comandante responsabile della intera manovra diventa forzatamente meno stretta e ad essa si sostituiscono il comune orientamento sullo scopo da raggiungere e la direzione assegnata al movimento di ciascuna delle grandi unità sottoposte. Quando, invece, l'avversario riprende la resistenza su nuove posizioni - il che deve risultare in tempo dalle informazioni raccolte coi vari mezzi sul nemico - l'azione di coordinamento tende a restare accentrata al comandante che dà ordini per la sosta e per il riordinamento delle grandi unità di prima schiera, o per le sostituzioni eventualmente necessarie, in ogni caso per la rapida ripresa dell'azione. Il dispositivo offensivo è articolato in un certo numero di grandi unità: armate, corpi d'armata (a composizione variabile), divisioni (a composizione organica determinata, ma suscettibile di essere rinforzata), corpi celeri (di composizione variabile, comprendenti cavalleria, ciclisti, artiglieria a cavallo o con automezzi, carri armati, autoblindo, reparti del genio autoportati, fanteria autoportata). L'impiego delle grandi unità è fondato su.lla stretta cooperazione tra le varie armi. La fanteria, con le sue specialità, ivi comprese le unità della milizia volontaria per la sicurezza nazionale (M.V.S.N.) e i carri armati, è l'arma che compie l'azione con i suoi procedimenti caratteristici - l'urto e la penetrazione e che dà la misura esatta del successo o dell'insuccesso. Tutte le altre forze cooperano all'azione della fanteria. I carri armati sono un mezzo ausiliario, non sostituiscono nemmeno parzialmente la fanteria. L'artiglieria, con le sue specialità, coopera con la fanteria in tutte le fasi dell'azione of-
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f ensiva per distrug,gere o per neutralizzare gli elementi della difesa mediante azioni: di spianamento (di centri di resistenza e di ostacoli), di appog,gio (sostegno delle azioni di fanteria), di protezione eventuale (paralisi delle azioni della fanteria nemica), di controbatteria, d'interdizione. Il genio, con le sue specialità, oltre che cooperare con la fanteria, opera anche a vantaggio delle altre armi, dei comandi e dei servizi. Le truppe celeri svolgono azioni particolari ed agiscono come protagoniste nella fase di sfruttamento del successo e specificatamente nell'inseguimento. L 'aeronautica per il Regio Esercito esplora, riconosce, osserva in profondità, collega comandi fra loro e con unità lontane, protegge dalle offese dal1' alto, offende il nemico con il bombardamento, combatte contro truppe a terra. L'impiego delle unità, delle armi e dei mezzi è regolato dal comandante di ciascuna grande unità. Le qualità necessarie al comandante sono universalmente note: primeg,gia su tutte il carattere. Il comandante deve preoccuparsi de1lo stato delle proprie truppe, specialmente di quello morale, che è fattore primo di vittoria, interessandosi dei subordinati e sforzandosi di conoscerne attitudini e capacità sì da guadagnarsene la fiducia. Il prestigio del comandante capace si rafforza mercé il frequente contatto delle truppe e coi loro capi. Il comandante, ricevuto un compito, concepisce, organizza, conduce l'azione e ne controlla l'esecuzione. Le situazioni che rendono difficili una decisione non si risolvono con l'inazione; questa non può essere in nessun caso giustificata. Il comandante è coadiuvato da un comando; i comandi sono anonimi: una sola personalità vi esiste, quella del comandante. I comandi debbono funzionare con metodo, con precisione, con calma e debbono essere sempre orientati sulla situazione. Gli ufficiali del comando debbono essere in stretto continuo contatto con le truppe e con i loro capi - l'isolamento dei comandi è fattore d'insuccesso - e debbono essere orientati sui lavori del comando nella misura necessaria ad assicurare pienezza e tempestività di collaborazione e debbono prodigarsi senza limite per facilitare alle truppe il loro compito, per risparmiare le loro forze, per evitare ad esse disagi o fatiche inutili. Nulla è più dannoso al prestigio del comando che il fare spreco delle ene,gie delle truppe. Raccolte le notizie sulla situazione e sul terreno, il comandante formula il concetto d'azione che scaturisce dallo scopo e dall'esame ponderato di tutti gli altri elementi del problema tattico tra i quali di grande rilievo sono quelli morali. Sia la situazione propria ed avversaria sia il terreno influiscono sul concetto d'azione, ma l'apprezzamento dei due fattori, quale che sia, non può mai indurre a deviare dallo scopo od a rinunciare ad esso. La situazione avversaria va esaminata in considerazione dell'armamento, della dottrina e del metodo dell' avver-
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sario e, partendo da tali dati generali, in riferimento alla situazione particolare contingente per giungere a formulare un giudizio, se pure soggettivo, sulla probabile azione e reazione del nemico. II terreno non va subito passivamente; i vincoli che pone debbono essere convertiti a vantaggio della propria azione sfruttando abilmente anche la caratteristiche apparentemente contrarie. L'essenza del disegno di manovra comprende l'impiego dei mezzi a diretta disposizione del comandante: artiglierie, riserve, aviazione . Dal disegno di manovra conseguono le disposizioni per lo schieramento delle grandi unità. I compiti delle grandi unità complesse sono molto estesi nello spazio e nel tempo, ma del disegno di manovra, che pur comprende tutti gli atti che si debbono compiere per adempiere il comito assegnato, è definitiva solo la parte che si riferisce alle prime azioni da svolgere a breve distanza di tempo e per queste soltanto vengono dati ordini alle unità sottoposte, mentre per le azioni successive vengono impartite solo direttive. Il disegno di manovra determina, in relazione allo scopo assegnato, la direzione secondo la quale la grande unità deve operare. Questa direzione è elemento essenziale della manovra e deve essere mantenuta con ogni sforzo; lo stesso dicasi delle direzioni o assi di movimento che vengono assegnati alle grandi unità sottoposte. Se azione durante si produce una deviazione, il mantenimento della direzione consegue dal coordinamento delle azioni delle varie grandi unità; se la deviazione si produce per forza maggiore, o si rende necessaria per esigenze di manovra, o viene ordinata dal comando gerarchico superiore, è obbligo del comandante ristabilire al più presto la direzione, ricorrendo se necessario ad apposite azioni, per le quali è giustificato l'impiego delle riseroe. Il comandante che ha concepito il disegno di manovra e ne ha preparato l'attuazione interviene, condotta durante, oltre che con i mezzi a sua diretta disposizione, anche direttamente e personalmente o per il tramite degli ufficiali del suo comando. L'ordine d'operazione (7) è il documento con il quale il comandante dispone l'impiego delle unità dipendenti in relazione al suo concetto di azione. Esso può essere preceduto da un preavviso che contiene indicazioni tanto più ampie quanto minore è l'intervallo di tempo che per forza maggiore o di proposito si preveda di lasciare fra il recapito dell'ordine successivo e l'inizio dell'esecuzione. L'ordine di operazione di norma indica soltanto gli atti di esecuzione prossima o immediata, mentre il disegno di manovra complessivo, che comprende anche gli intendimenti del comandante per lo svolgimento degli atti successivi, è fatto conoscere ai comandanti delle grandi unità immediatamente sottoposte mediante comunicazione scritta strettamente personale. Direttive ed ordini maturano nel tempo e coprono tempi diversi, oltreché contenuti diversi, secondo si
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riferiscano a situazioni di movimento-marcia al nemico, esplorazione, avvicinamento, attacco, sia nel caso dell'azione offensiva di una grande unità inquadrata in terreno libero sia in quello di una grande unità inquadrata in terreno organizzato. I due tipi di azione offensiva obbediscono entrambi ai princìpi della massa, della sorpresa e della combinazione degli sforzi; in entrambi la direzione di movimento e d'attacco assegnata alla grande unità è l'elemento essenziale dello sviluppo della manovra e il concetto di azione mira a determinare o a creare lungo la fronte nemica i tratti più deboli per esercitarvi le azioni principali a massa, tenendo impegnati i tratti più forti con le azioni concomitanti; in entrambi i casi le fasi dell'azione sono le stesse - organizzazione dell'attacco, preparazione dell'attacco, esecuzione dell'attacco, sfruttamento del successo e inseguimento - ma fra l'azione offensiva in terreno organizzato e quella in terreno libero esistono differenze essenziali, come la minore ampiezza delle fronti a vantaggio di una maggiore profondità dei dispositivi corrispondente alla maggiore intensità e durata dello sforzo e ad una maggiore concentrazione dei mezzi (per la divisione 1500-1800 mdi fronte), il più stretto accentramento dell'azione da parte dei comandi superiori, la più precisa determinazione dei compiti e degli obiettivi assegnati a ciascuna delle grandi unità sottoposte e la maggiore precisione degli ordini che divengono più categorici e più particolareggiati. Il comandante della grande unità traduce in tale caso il proprio concetto d' azione in un progetto d'attacco, nel quale sono previste le diverse fasi dell'azione e sono precisati: direzione generale dell'attacco, compiti e obiettivi per ciascuna delle gran<li unità, ripartizione delle forze e dei mezzi, schieramento dell'artiglieria, suoi compiti, modo del suo impiego, modificazioni nello schieramento dell'artiglieria e nel dosamento delle forze e dei mezzi durante le fasi successive dell'azione, osservazione e suoi compiti, collegamenti. L'organizzazione difensiva si presenta spesso assai robusta e sotto forma di posizioni successive, distanti l'una dall'altra in guisa che l'attaccante che ne abbia superata una debba procedere ad una nuova organizzazione dell'attacco e ad una nuova preparazione prima di attaccare la posizione seguente. Le posizioni retrostanti alla prima si presentano almeno abbozzate e fra l'una e l'altra di queste posizioni successive possono esistere posizioni intermedie aventi funzione ritardatrice. L'avvicinamento può mancare nel caso di fronti stabilizzate, lungo le quali gli avversari siano da lungo tempo a contatto. Dal complesso di tali differenze derivano procedimenti e modalità d'azione diversi o quanto meno peculiarità specifiche diverse rispetto all'azione offensiva rivolta contro un avversario già in movimento che «o per constatata inferiorità di forze o di mezzi, o per sfruttare un determinato
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terreno d'azione, o per attuare un determinato disegno di manovra, e infine per sopraggiunti ordini superiori, si arresti per attendere l' attacco» e decida tale arresto qualche tappa prima dell'incontro od anche nell'imminenza dell'incontro medesimo. L'organizzazione dell'attacco comprende il perfezionamento dell' osservazione e dei collegamenti, il completamento delle ricognizioni, lo schieramento delle artiglierie e delle truppe, l'affluenza dei rifornimenti e le predisposizioni per il funzionamento dei servizi, nonché le azioni di fanteria e di artiglieria rivolte ad assicurare il possesso di determinanti punti del terreno. Parte essenziale di tale organizzazione è appunto lo schieramento delle artiglierie. Tutte le artiglierie intervengono nella preparazione dell'attacco e, pertanto, il loro schieramento deve essere minutamente studiato ed attuato nella fase organizzativa dell'attacco mediante la determinazione delle dipendenze, l'organizzazione dell'osservazione e dei collegamenti e la scelta delle posizioni idonee all' esecuzione della manovra del fuoco ed alla continuità della cooperazione con la fanteria, regolandone le dipendenze con il criterio di conservare quanto più possibile le dipendenze organiche, di far corrispondere la comunanza di dipendenza alla comunanza di compiti, di mettere a disposizione di ogni comandante i mezzi indispensabili per attutare la manovra di fuoco sul tratto di fronte di sua competenza. Molti i risultati positivi che si possono trarre da uno schieramento ben concepito ed eseguito, ma quando il tempo a disposizione è poco, si ricorre a procedimenti speditivi che, peraltro, debbono consentire tempestività ed efficacia d'intervento entro limiti di rendimento accettabile in relazione ai tipi di terreno (boscoso, coperto, montuoso). Anche le artiglierie delle divisioni di seconda schiera possono essere momentaneamente a disposizione d elle divisioni di prima schiera a condizione che operino sulla direzione nella quale debbono operare successivamente e che tale direzione non debba essere mutata nel corso dell'azione. Durante l'organizzazione dell'attacco grande ausilio viene dall'aviazione che inizia o continua a svolgere compiti di osservazione, di protezione e di offesa. L'organizzazione dell'attacco ha una durata maggiore nell'ipotesi di azione offensiva in terreno organizzato, sebbene sia interesse dell'attaccante contenere tale durata nei termini più ridotti possibile. In tale ipotesi, difatti, la ricerca della superiorità di fuoco richiede un' organizzazione preventiva accuratissima e minuta per garantire un'azione a massa su bersagli esattamente determinanti. Da ciò alcune differenze rispetto al terreno libero riguardanti la maggiore densità dei pezzi rispetto all' estensione della fronte, lo schieramento più avanzato e meno profondo, la più netta cfofinizione dei compiti nelle varie azioni tattiche dell'arma,
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specie di quelli di spianamento e di controbatteria, il più largo sviluppo del servizio di osservazione e della rete dei collegamenti, il più preciso calcolo dei consumi delle munizioni, la maggiore necessità e possibilità di segretezza nei preparativi, il più ampio sviluppo dei lavori protettivi e di facilitazione degli spostamenti e dei rifornimenti, la possibilità di preventivi studi e predisposizioni circa le posizioni successive e gli itinerari per raggiungerle e la graduale attuazione di tutti i vari preparativi in modo da consentire l'efficace intervento dell'arma nel caso in cui il nemico sferrasse improvvisamente un'azione durante la fase di organizzazione dell'attacco o prevenisse l'attacco stesso mediante la contropreparazione. Nella fase di organizzazione dell'attacco vengono inoltre condotte ricognizioni accurate sulla sistemazione nemica, anche mediante azioni di fanteria e di artiglieria e colpi di mano, per ricacciare eventuali nuclei nemici avanzati, fare prigionieri, occupare posizioni importanti; vengono effettuati tiri d'inquadramento e messe in atto intercettazioni mediante posti ascolto e stazioni radiogoniometriche; vengono impiantati collegamenti, posti osservazione e posti comando; vengono orientati minutamente i quadri sulle azioni da compiere, raccolti il maggior numero dei dati mediante l'osservazione aerea - aerostati compresi riguardanti la sistemazione nemica; vengono eventualmente allestiti luoghi di raccolta per le truppe destinate ali' attacco e scelti gli itinerari per accedervi, come pure vengono effettuati provvedimenti per porteggersi da eventuali colpi di sonda avversari. Particolarmente redditizio è l'impiego dei carri armati pesanti che sono in grado di spianare la strada alla fanteria e di accompagnarne l'avanzata per cui debbono essere portati, durante la fase di organizzazione dell'attacco, a distanza di assalto dalla linea di resistenza nemica, sotto la protezione della fanteria, per vie coperte e col favore dell'oscurità e della nebbia o di fumo artificiale, senza rumore o mascherando questo con vivo fuoco d'artiglieria. Un'operazione questa che deve essere accuratamente predisposta, inquadrata nel piano generale dell'attacco, attuata in modo da garantire la segretezza e la sicurezza dell'entrata in azione. La preparazione dell'attacco è compito prevalente dell'artiglieria che la inizia prima che sia completata l'organizzazione dell'attacco. Ne fanno parte i tiri d'artiglieria eseguiti durante l'azione dell'avanguardia e continuati durante la fase di organizzazione dell'attacco. È regolata dai comandi superiori a quello di divisione ed è prevalentemente accentrata. Si sviluppa sugli obiettivi noti e su quelli che a mano a mano si svelano mediante intensi concentramenti diretti, con precedenza sugli ostacoli e gli elementi della difesa più vicini e più nocivi alla fanteria attaccante. Le artiglierie Jivisiunali effeLtuano azioni di spianamento, di ap-
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po?JI,io ed eventualmente di protezione e di controbatteria urgente; quelle di corpo d'armata di controbatteria e di rinforzo allo spianamento od alla interdizione; le artiglierie di armata azioni d'interdizione ed eventualmente di rinforzo alla controbatteria; i pezzi di fanteria partecipano alla preparazione con azioni di accompagnamento ad immediato sostegno delle azioni di fanteria o di arresto contro carri armati o nuclei di fanteria nemici. La preparazione può essere di durata ridotta se vi concorre molta aviazione; in essa si può inserire anche l'azione di carri armati leggeri diretta a spianare gli ostacoli ed i centri di resistenza nemici e ad accompagnare la fanteria. In tale eventualità occorre che la fanteria si lasci superare dai carri e si tenga pronta a seguirli. L'intervento dei carri non modifica i princìpi fondamentali d'impiego della fanteria, né giustifica da solo, anche se attuato su grande scala, la soppressione della fase di preparazione, sempre necessaria se non altro per la controbatteria. Soltanto una schiacciante superiorità di artiglieria ed una assoluta supremazia aerea, unitamente ad un largo impiego di carri armati possono ridurre al minimo, sino quasi ad annullarla praticamente, la fase di preparazione. In terreno libero, sebbene condotta con azione di comando accentrata, la preparazione non ha quel carattere d'insieme che assume contro fronti stabilizzate da tempo, per cui l'azione delle artiglierie divisionali e di corpo d'armata si scindono in preparazioni locali, mentre quella delle artiglierie di maggiore potenza conserva una fisionomia unitaria. L'aviazione partecipa alla preparazione mediante: azioni di ricognizione per l'individuazione dei centri di resistenza e delle batterie della difesa, attività di servizio aereo di artiglieria, azioni di offesa con lancio di bombe su obiettivi molto lontani o situati in zone non battute dal tiro terrestre, azioni contro gli obiettivi dell'interdizione e più raramente contro quelli della controbatteria ed infine azioni di protezione dall'attività aerea nemica. La preparazione non termina bruscamente e contemporaneamente su tutta la fronte della grande unità, ma sfuma, prima su un tratto, poi sull'altro, nelle azioni singole dell'attacco. Nell'azione offensiva in terreno organizzato la preparazione ha carattere di maggiore metodicità e mira più alla distruzione che non alla neutralizzazione degli obiettivi. La distruzione degli ostacoli nei quali si debbono aprire i passaggi per la fanteria è assoluta; la neutralizzazione viene eseguita di solito solo nell'ultima fase in modo che ad essa possa seguire subito lo scatto delle fanterie. Diretta dai comandi di grande unità superiori alla divisione è condotta con stretto accentramento e con assoluto carattere d'insieme dal principio alla fine. La durata varia fra il programma minimo ddl' apertura dei varchi e della sufficiente neutra-
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lizzazione delle artiglierie e delle truppe della difesa ed il programma massimo della sistematica e completa distruzione o neutralizzazione degli obiettivi, ottenibile in relazione ai mezzi di cui l'attaccante dispone. In entrambi i casi la durata dipende dal calcolo positivo del lavoro da compiere e dei mezzi che vi possono essere applicati. Il concorso dell'aviazione nelle attività di ricognizione e di offesa deve essere distribuito sulla ordinaria frequenza di volo, non deve avere cioè andamento diverso da quella abituale in quanto sia l'intensificazione dell'attività, sia l'attenuazione, sia la cessazione, sia la repentina concentrazione su particolari obiettivi compromettono la segretezza e cancellano la caratteristica principale dell'attacco in terreno organizzato: la possibilità per l'attaccante di scegliere il momento dell'attacco dopo essersi procurato i dati necessari sul nemico e dopo aver portato avanti i mezzi di azione necessari. L'esecuzione dell'attacco ha inizio allorché le fanterie sono costrette a far uso delle proprie armi per progredire. Il movimento in avanti delle fanterie delle divisioni di prima schiera precede il termine della preparazione; le unità avanzavano con l'intento <li portarsi sen~a sparare alla più breve distanza. Il principio che guida la fanteria è lo stesso che informa il concetto generale dell'azione: agire contro uno od entrambi i fianchi dell'avversario; se ciò non è possibile, sfondare un tratto della fronte avversaria, penetrarvi, agire poi sui fianchi. Per sfondare: agire a tutta forza contro i tratti deboli, tenendo impegnati i tratti forti; far poi cedere questi ultimi con azione da tergo. Scopo essenziale da raggiungere durante l'avanzata è che all'azione dell'artiglieria su un dato elemento della difesa segua l'azione di fuoco e di movimento della fanteria prima che quell'elemento abbia avuto il tempo di riaversi. L'avanzata di un reparto favorisce quella dei reparti vicini e la fanteria dispone di mezzi adeguati per sopperire alle possibili lacune dell'artiglieria o per integrarne l'azione dove e quando necessario, evitando così ogni soluzione di continuità nel tempo e nello spazio. Le mitragliatrici, portate immediatamente avanti, effettuano tiri d'infilata o di rovescio contro i centri ancora resistenti o che si svelano durante la progressione. Tutta la complessa organizzazione deve funzionare come a11'inizio e, se possibile, deve essere perfezionata, nonostante la reazione nemica, la stanchezza e le perdite. Ciò esige grande spirito di previdenza da parte di tutti. Se il comandante di una colonna d'attacco ha a sua disposizione reparti di carri armati, li impiega coordinandone l'azione con quella della fanteria, mediante l'assegnazione ad essi di propri obiettivi e la definizione delle modalità per raggiungerli. Comunanza di obiettivi, intese preventive e impiego di mezzi da segnalazione assicurano la cooperazione tra fanteria e carri armati. All'inizio dell'attacco l'aviazione continua a svolgere i
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compiti della fase precedente, ma con ma?,giore intensità, specie quando la preparazione sia stata brevissima e si fa carico soprattutto della stretta sorveglianza del campo di battaglia per rilevare le eventuali improvvise reazioni locali della difesa, i movimenti delle riserve nemiche, le zone defilate alla vista degli osservatori terrestri ed aerostatici, gli obiettivi non battuti dall'artiglieria e da battere con l'aviazione e la reazione generale del nemico che può essere disordinata e comunque diversa da quella logicamente prevista dall'attaccante. Ogni segnalazione da parte dell'aviazione deve trovare sollecita e tempestiva risposta essenzialmente nella cooperazione fanteria-artiglieria, garantita da adeguati schieramenti del!' artiglieria stessa e da efficienti e costanti collegamenti tra la fanteria e l'artiglieria, tanto più necessari, azione durante, perché l'attaccante può divenire bersaglio - e lo è quasi sempre - di un contrattacco nemico che può compromettere l'intera azione, appunto se viene meno la cooperazione fanteria-artiglieria. Lo sviluppo dell'azione dà luogo a diversi atti più o meno previsti e preordinati, e ad altri non preordinati: ai primi appartengono la necessità della sostituzione o dello scavalcamento di grandi unità di prima schiera da parte di grandi unità di seconda schiera, l'esecuzione di manovre prestabilite, Io spostamento a scaglioni delle artiglierie delle grandi unità di ordine superiore; ai secondi le reazioni contro le offese avversarie impreviste, le modifiche parziali dalla linea di condotta prestabilita sia per sfruttare successi locali sia per adattare l'azione alla situazione del momento. In tutti questi casi valgono 5 regole fondamentali: imporre sempre la propria volontà al nemico, rinforzare le unità che riescono non quelle che non riescono, penetrare senza troppo preoccuparsi dei fianchi e dei contatti, curare i collegamenti ma non smarrirsi se si perdono, tenendo presente che il miglior modo per ristabilirli è raggiungere gli obiettivi fissati, non parare passivamente le offese impreviste, ma proseguire l'azione intrapresa con moltiplicato vigore, limitando al minimo le provvidenze a protezione di essa. Il comandante della grande unità complessa dispone, per intervenire nel combattimento, essenzialmente dell'impiego delle artiglierie alle sue dirette dipendenze e della riserva. L'impiego di questa ultima è il momento decisivo dell'azione. La scelta del momento e della direzione d'impiego della riserva è l' atto che maggiormente impegna la responsabilità del comandante; esso si sottrae a qualsiasi norma prescritta. L'intervento della riserva può essere preceduto da un poderoso concentramento di fuoco d'artiglieria sul tratto di fronte prescelto per la sua azione e sui tratti di fronte laterali che si vogliano immobilizzare. Nell'ambito delle grandi unità in sottordine la riserva può trovare impiego per parare il contrattacco nemico ed a nche in qnesto caso il sno intervento deve es-
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sere appoggiato dal fuoco dell'artiglieria. Riuscito l'attacco e disorganizzata la resistenza nemica, l'azione deve proseguire tenacemente con tutti i mezzi terrestri ed aerei per disorganizzare ulteriormente il nemico e distruggerlo, od almeno fargli perdere quanto più terreno sia possibile. Nell'azione su terreno organizzato l'esecuzione dell'attacco si sviluppa con modalità analoghe. Le truppe che debbono compiere lo scatto sono di norma truppe fresche, portate innanzi da molto tempo, partenti dalla stessa linea raggiunta dai primi scaglioni od anche da una linea più avanzata, ed in questo secondo caso esse debbono scavalcare i primi scaglioni con il favore dell'oscurità o durante i momenti di maggiore intensità della preparazione. L'irruzione sulla prima linea nemica deve essere rapidissima e la progressione in profondità spedita, lasciando alle unità retrostanti l'eliminazione delle difese superstiti. L'attacco si spezza in azioni locali come in terreno libero e condizione essenziale per la sua progressione è ancora una volta l'immediatezza dell'appoggio dell'artiglieria, il che vuol dire intese preventive assai strette, collegamenti tra le due armi, osservazione terrestre ed aerea molto curata. L' azione dell'artiglieria perde il suo carattere d'insieme - che conserva soltanto nell'ambito di quelle di maggiore potenza destinate principalmente alla controbatteria ed all'interdizione - e l'azione di appoggio a massa dell'una o dell'altra colonna di attacco è assicurata dalle artiglierie tenute ad esclusiva disposizione dei comandanti di divisione, mentre l'azione di appoggio stretto con le fanterie avanzate è garantita dai pezzi di fanteria e dall'aliquota di artiglieria leggera eventualmente decentrata. La continuità e la rapidità della progressione della fanteria sono favorite dalla continuità di intervento di carri armati, scaglionati in profondità in successive masse, delle quali ognuna sia in grado di scavalcare quella antistante, nel momento in cui questa stia per esaurire la sua potenza di penetrazione, senza creare addensamenti e con il sostegno dell' artiglieria e dell'aviazione. Nel caso che la posizione nemica venga superata interamente e la penetrazione giunga fino a disorganizzare lo schieramento delle artiglierie campali nemiche, si rende necessaria una sosta per il riordinamento del dispositivo, il trasferimento in avanti dell'artiglieria e la preparazione dell'attacco alla posizione successiva; ma se questa ultima non esiste, occorre passare subito allo sfruttamento del successo ed all'inseguimento. La sosta, peraltro, può rendersi necessaria anche prima della rottura della posizione che, in seguito al primo urto, può essere stata solo intaccata dove più e dove meno profondamente, senza che siasi prodotta la rottura vera e propria. In tale caso i primi scaglioni si arrestano protetti dall'artiglieria e si chiude cosl un primo momento dell'attacco, al quale deve fare seguito tm secondo momento nel quale en-
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trano in azione truppe fresche destinate a rinvigorire l'azione (scavalcamenti) dove questa presenta mag1I,iori probabilità di successo. La successione di questi diversi momenti - che possono essere compresi in una stessa giornata d'azione - è prevista nel progetto d'attacco con l'assegnazione di obiettivi intermedi determinati in base al terreno ed alla capacità di penetrazione delle unità che attaccano. Nella determinazione degli obiettivi intermedi si applica il principio della combinazione degli sforzi rivolti successivamente contro punti diversi dell.a fronte avversaria. Se l'organizzazione nemica è così robusta da non consentire la rottura prima di sera, mediante la conquista di tutti gli obiettivi intermedi, l'azione va ripresa all'alba con truppe fresche;Bopo aver fatto avanzare lo schieramento delle artiglierie, almeno di quelle divisionali. Lo sfruttamento del successo e l'inseguimento debbono succedersi rapidamente. Con la rottura della fronte, che segna il termine della fase di attacco vero e proprio, si spiana la via alla massa di manovra che apre la lotta in campo aperto. Sfruttare il successo significa procedere senza preoccupazione di allineamenti e di collegamenti lungo la direzione fissata, superando e travolgendo le resistenze nemiche incaricate di coprire il ripiegamento. L'azione della grande unità assume, pertanto, carattere di decentramento e si spezzetta ulteriormente sicché spetta alla fanteria, ai pezzi della fanteria ed ai carri armati quando disponibili, condurre la lotta. Ciò che importa è fare presto. L'inseguimento s'inizia senza indugio <<lanciando nelle brecce aperte le unità celeri e le truppe che sono a più diretto contatto con ·l'avversario.>> Scopo primo dell'inseguimento: raggiungere i punti di obligato passaggio per tagliare all' avversario ogni via di ritirata. Carri armati leg1I,eri e molto mobili possono qui riuscire di grande rendimento. Nello sfruttamento del successo e nell'inseguimento l'offesa aerea sul nemico deve compensare la minore densità di azione dell'artiglieria. La ricognizione aerea assume in parte molti dei compiti di quella terrestre, l'aviazione da caccia protegge le unità che inseguono dall'aviazione nemica; l'aviazione tutta, che abbia capacità di offesa e non sia impegnata in compiti specifici particolari, agisce contro le fanterie avversarie già scosse, per disorganizzarle del tutto e spegnere in esse ogni fiducia nell.a lotta.
4. Le Norme del 1928, diversamente dalle Direttive del 1918, per le quali, dato il momento dell'elaborazione, non esisteva il motivo di farlo, trattano anche l'argomento della marcia al nemico e, in particolare,
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l'esplorazione avanzata, il movimento delle grandi unità, l'esplorazione vicina e l'avvicinamento e distinguono la situazione generale ali' inizio delle ostilità secondo due ipotesi: coperture consistenti e continue su entrambe le fronti a contatto sotto la protezione delle quali si schierano i grossi; coperture deboli, discontinue, ravvicinate o discoste l'una dall'altra e grossi che si radunano in zone lontane dove provvedono essi stessi alla propria sicurezza. Al primo caso le Norme fanno corrispondere l'azione offensiva o difensiva su terreno organizzato; al secondo un'azione offensiva e difensiva intermedia e cioè con coperture consistenti, ma non tali da arrestare forze avversarie rilevanti, e con i grossi radunati in zona arretrata di alcune tappe. Alla base delle ostilità, in tutti i casi, è un disegno operativo generale che riguarda l'impiego dell'esercito, della marina e dell'aeronautica ed il cui scopo essenziale è la distruzione delle forze del nemico. In tale disegno si inquadra quello operativo delle forze terrestri alle quali spetta in primo luogo la distruzione dell'esercito nemico. Lo schieramento iniziale dell'esercito deriva dal concetto di azione che è alla base del disegno operativo. Fatta una prima ripartizione del grosso nel senso della fronte ed in quello della profondità, esso inizia il suo movimento in avanti - marcia al nemico - preceduto a grande distanza dall'esplorazione aerea, dai corpi celeri in esplorazione avanzata e dai nuclei di esplorazione vicina. II meccanismo <le::lla marcia al nemico indicato dalle Norme risponde nelle sue grandi linee allo schema di quelli tracciati nella dottrina prebellica, fatte salve le differenze derivanti dalla stretta correlazione tra l'attività delle forze aeree e di quelle terrestri e dalla diversa costituzione dei corpi celeri rispetto alle vecchie divisioni di cavalleria. L'esplorazione aerea, che integra e perfeziona i dati del servizio informazioni, tende a: assumere informazioni esatte e complete sulle zone, sui movimenti e sugli schieramenti nemici; rilevare la linea avanzata, la consistenza dei vari tratti di essa, lo stato dei lavori, la dislocazione dei rincalzi e delle riserve; riconoscere sia a vista sia con rilievi fotografici i movimenti e l'occupazione dà parte del nemico di punti speciali nelle zone a tergo della linea avanzata. All'esplorazione aerea debbono essere assegnati, specialmente all'inizio, compiti semplici e precisi di controllo dei dati forniti dal servizio informazioni o desunti dalla conoscenza delle reti stradale e ferroviaria utilizzabili dal nemico e di assidua, diurna e notturna, sorveglianza dei punti di rilievo dello schieramento nemico per stabilire, per via di confronto, i mutamenti che vi si verifichino. Per fare questo occorre che gli osservatori, di regola ufficiali dell' esercito, abbiano conoscenza delle caratteristiche e dei procedimenti dell'esercito nemico, come pure è necessario che piloti, osservatori e tra-
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smettitori siano sempre bene orientati sui compiti da adempiere e siano bene affiatati nel lavoro in comune. L'esplorazione avanzata, condotta di norma per armata, è affidata ad un corpo celere la cui costituzione non è uniforme, ma varia caso per caso, sebbene comprenda sempre larghezza di mezzi di trasmissione e di unità del genio con disponibilità di mezzi per il passaggio di corsi d' acqua ed il riattamento delle interruzioni. Compito del corpo celere in esplorazione avanzata è precedere il movimento delle grandi unità retrostanti, portarsi a contatto dello schieramento nemico per «disturbarlo e precisarne i particolari non determinabili dall'aviazione>>, prevenire il nemico su tratti di terreno importanti per la successiva marcia ed azione delle grandi unità retrostanti. Il corpo celere trova ostacolo nelle truppe esploranti avversarie - ch'esso dovrà perciò ricercare e battere - e nelle resistenze organizzate ch'esso dovrà rimuovere con azione di forza, mentre non deve preoccuparsi delle piccole infiltrazioni delle unità celeri avversarie. Esso opera schierato in profondità e manovra secondo gli stessi princìpi che regolano l'azione delle altre grandi unità; costituisce, perciò,
un sistema profondo, variamente articolato, il quale deve procedere deciso. Sviluppa un'azione combinata delle singole frazioni del dispositivo le quali debbono essere forti e capaci di appoggiarsi a vicenda - nella quale cavalleria e ciclisti s'integrano, la prima operando fuori strada, i secondi agendo come riserve tattiche degli elementi di cavalleria spinti più avanti. Ma ai ciclisti possono essere assegnati anche compiti particolari lontani, per sfruttarne la maggiore velocità e capacità di sorpresa, e in questo caso sono rinforzati con altri mezzi (artiglieria, autoblindo, carri armati, ecc.). Le fanterie autoportate sono tenute, di norma, piuttosto indietro, con la riserva del corpo celere. Gli ostacoli debbono essere aggirati o rimossi. Da qui l'esigenza di pattuglie forti appoggiate a forti distaccamenti. Contro ostacoli robusti il corpo celere concentra i propri mezzi, specialmente di fuoco, e se non ce la fa da solo provoca dal comando dell'armata l'intervento di mezzi di fuoco più potenti, spe-
cie d'artiglierie di medio calibro autotrainate, ed anche di fanterie autoportate, le une e le altre per regola già tenute pronte in previsione del possibile impiego che il genio deve favorire riattando in tempo le comunicazioni. In sintesi: l'azione del corpo celere è azione di forza e di rapidità. Tra il corpo celere e la grande unità retrostante - oltre che perfetta intesa e grande previdenza di collegamenti - deve esserci un'aderenza tattica, non rigida, ma molto elastica, tale che se il corpo celere s'imbatte in un forte ostacolo ritardatore ed avesse bisogno del sostegno della grande unità questo possa giungergli prontamente. La distanza di 3-4 tappe 40-60 km - fra la testa delle grandi unità retrostanti ed i grossi di pri-
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mo scaglione del corpo celere può considerarsi normale in terreni collinari e di bassa e media montagna. Soverchiata l'esplorazione avversaria e preso contatto con gli elementi avanzati del nemico, il corpo celere tenta di ricacciare questi ultimi o almeno di sopravanzarli, combinando manovra e azione di forza e sfruttando la propria mobilità. Se non vi riesce, si arresta, stringe il contatto, cerca di precisare i particolari dello schieramento nemico e li comunica al comando superiore, al quale compete la decisione circa il momento di ritirare il corpo celere. Il movimento delle grandi unità assume caratteristiche diverse a seconda che si compia in lontananza od in vicinanza del nemico. Nel primo caso prevale l'esigenza della maggiore e migliore utilizzazione degli itinerari, dei mezzi di trasporto (ferrovie comprese) e degli alloggiamenti anche a costo di rinunziare, se occorre, ai vincoli organici. Nel secondo caso, pur continuando a sfruttare tutti gli itinerari ed anche tutti i mezzi di trasporto disponibili, i legami tattici debbono essere mantenuti o ristabiliti. Sia il movimento in lontananza sia quello in vicinanza vanno eseguiti preferibilmente di notte. Il passaggio dall'uno all'altro tipo di movimento è segnato dal momento in cui diventa possibile l'incontro con elementi avanzati delle truppe celeri avversarie. Il passaggio non è brusco, ma graduale, e non va anticipato senza necessità; deve essere allualo al più tardi e cioè quando avviene il contatto fra i grossi delle opposte esplorazioni avanzate. Lo scaglionamento delle grandi unità di prima schiera e la distanza fra queste e le unità di seconda schiera vanno gradatamente adeguati, nel movimento in vicinanza, alle esigenze del possibile incontro con il nemico. L'esplorazione vicina si esercita sul davanti delle grandi unità di prima schiera, alle dipendenze di queste e nel loro diretto interesse; si svolge a minore distanza dell'esplorazione avanzata, nella zona interposta, quando esiste, fra l'esplorazione avanzata e le grandi unità di prima linea; entra in funzione secondo la situazione, ma con conveniente anticipo rispetto al momento nel quale diventano possibi]j incursioni di elementi celeri avversari e perciò ancora in lontananza dal nemico; si effettua di regola per divisione; comprende, per ciascuna divisione, uno o due squadroni di cavalleria, un'aliquota di ciclisti, più gli altri elementi che terreno e situazione consigliano e che sono stabiliti caso per caso; deve disporre in ogni caso di larghi mezzi di trasmissione e di un collegamento sicuro con il comando della grande unità. Il suo compito è duplice, informativo e di sicurezza, in quanto essa deve: esplorare, già in lontananza dal nemico, tutto il terreno sulla fronte della grande unità dalla quale dipende, rimuovendo le resistenze che incontra; ricercare e arrestare le infiltrazioni di elementi celeri avversari o almeno segnalarle in
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tempo alle colonne retrostanti; raccogliere notizie mediante l'interrogatorio di prigionieri e di disertori. Se il nucleo d'esplorazione vicina s'imbatte in forze superiori, ne dà notizia con i mezzi più celeri e multipli (stazioni radio, motociclisti, cavalieri, ecc.) al comando della grande unità e si adopera con ogni sforzo per trattenere l'avversario, sfruttando fuoco e terreno. Il comando della grande unità provvede ai rinforzi. Quando l'esplorazione avanzata urta contro ostacoli che non riesce né aricacciare né ad oltrepassare ed è costretta ad arrestarsi, i nuclei di esplorazione vicina gradatamente la raggiungono fino ad addossarsi ad essa e anche a fondervisi temporaneamente per rimanere poi, soli o rinforzati, a contatto con l'avversario. Per tali compiti i nuclei comprendono cavalleria, ciclisti dove possibile, eventualmente autoblindo o carri armati leggeri, talora anche artiglieria con automezzi. Quando la distanza fra i due avversari è tale da non consentire lo sviluppo del duplice sistema esplorativo, esplorazione avanzata ed esplorazione vicina vengono affidate ad un unico nucleo esplorante. L'esplorazione è svolta in questa ipotesi per corpo d'armata, ma articolata per divisione. Dal momento in cui entra in funzione l'esplorazione vicina, o al più tardi quando i grossi delle opposte esplorazioni lontane vengono a contatto, le colonne in movimento provvedono direttamente alla propria sicurezza, distaccando le rispettiva avanguardie. Compito dell' avanguardia è dare sicurezza immediata alla colonna preservandola dalle sorprese, garantendole regolarità di movimento e il tempo per passare dalla formazione di marcia allo schieramento per l'attacco nel caso d'incontro con il nemico in forze. Ciascuna avanguardia comprende di norma una forza non superiore ad un terzo della fanteria della colonna, con i rispettivi pezzi per fanteria, reparti del genio, mezzi di collegamento, elementi di sanità, eventualmente reparti di artiglierie campali. Per adempiere il compito l'avanguardia si articola in 2 scaglioni - grosso e testa - distanziati in modo che non possano cadere entrambi contemporaneamente sotto il tiro efficace delle mitragliatrici avversarie che si svelassero all'improvviso. La testa distacca delle punte (di forza non inferiori al plotone) spingendole a ventaglio sul davanti dell'avanguardia con il compito di perlustrare il terreno, ed a distanza variabile secondo il terreno stesso e sec~ndo la necessità che il tiro improvviso delle mitragliatrici nemiche diretto contro di esse non coinvolga anche la retrostante testa. Nel caso eccezionale di una divisione in marcia sopra un'unica strada, la distanza fra grosso della colonna e coda dell'avanguardia può essere in<terreni di normale configurazione di 2000 + 3000 m; quella complessiva fra grosso della colonna e punte dell'avanguardia di 4000 + 5000 m circa, quanta cioè occorre per dare protezione al grosso della colonna
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rispetto ai possibili tiri delle artiglierie leggere avversarie. Allorché si muova di notte, le distanze fra grosso e avanguardia e fra gli elementi di questa si riducono. Se la divisione marcia su più colonne la forza delle singole avanguardie parziali varia proporzionalmente alla entità della colonna rispettiva, ma la distanza fra grosso della colonna e coda dell' avanguardia non viene diminuita. Nei movimenti in vicinanza del nemico la costituzione degli scaglioni d'avanguardia avviene sempre, anche se le fanterie ed altri elementi vengono trasportati con automezzi. La sicurezza va garantita sempre nelle soste, anche in lontananza dal nemico, sia che si tratti di stazioni (soste di almeno una notte o di un'intera giornata) sia di fermate (soste di breve durata). La protezione delle soste dall'osservazione e dall'offesa aerea nemica si ottiene mediante le crociere aeree della propria aviazione, la difesa contraerei e soprattutto l'occultamento ed il mascheramento; quella dalle offese terrestri mediante le misure di sicurezza degli avamposti. Questi debbono: preservare dalle sorprese le truppe retrostanti che sostano; osservare, se possibile, i movimenti del nemico e impedire a questo l'osservazione da terra delle proprie truppe; resistere, in caso di attacco, quanto occorra per dare tempo al comandante delle truppe di prendere le sue disposizioni. Un sistema completo di avamposti ha una forza non superiore a un terzo circa della fanteria della colonna e comprende anche artiglierie leggere ed elementi per il collegamento e per il servizio di sanità. Si articola in piccole guardie che esercitano la vigilanza mediante vedette, gran guardie e riseroa d'avamposti. Posti di riconoscimento e pattuglie mobili di cavalleria o ciclisti, od anche di fanteria, integrano la sorveglianza delle strade e del terreno interposto. Sistemi più semplici e più speditivi dipendono dal terreno, dalla situazione, dalla entità della colonna da proteggere, dal modo di stazionare del grosso e dall'ampiezza della zona di alloggiamento, oltre che dalla distanza del nemico. In qualche caso il dispositivo di sicurezza può essere limitato agli avamposti di marcia cioè alla sorveglianza delle direttrici di possibile avanzata nemica (gran guardie sulle strade, collegate fra loro da vedette e pattuglie, sostenute all'occorrenza da una riserva stazionante sulla direttrice principale). Quando non sia possibile o non sia conveniente stabilire neppure il sistema ridotto degli avamposti di marcia, si ricorre al dispostivo della fermata protetta, il quale consiste nell'arrestare le colonne nella formazione stessa di marcia e nell'incaricare gli elementi di sicurezza di svolgere da fermi il loro servizio, distaccando, se possibile, qualche vedetta o pattuglia per estendere la zona sorvegliata. L'avvicinamento ha inizio quando le grandi unità di prima schiera abbandonano le formazioni di marcia e procedono o sostano in forma-
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zioni che ne diminuiscono la vulnerabilità e ne favoriscono la pronta entrata in azione. Nell'avvicinamento l'azione tattica si accentra nelle mani dei comandanti di corpo d'armata che regolano la condotta delle divisioni di prima schiera e coordinano con esse il movimento di quelle di seconda schiera che conservano, finché possibile, le formazioni di marcia. Esso s'inizia, praticamente, quando i grossi di avanguardia delle divisioni di prima schiera entrano nella zona efficace delle artiglierie nemiche di medio calibro, e si svolge mediante sbalzi successivi intesi a portare avanti, nelle migliori condizioni di sicurezza, le divisioni di prima schiera, mantenendole in ogni istante capaci del pronto passaggio allo schieramento per l'attacco. Fronte e profondità della formazione di avvicinamento dipendono dalla situazione e dal terreno; in terreni piani o collinari la divisione di prima schiera muove, all'inizio, su di una fronte di 4 + 6 km per 8-10 km di profondità; la fronte si restringe gradatamente fino a 1500 + 2000 m, che è la fronte media di attacco di una divisione. Nel caso normale di formazione della divisione su più colonne, queste si distinguono secondo la loro posizione relativa riferita al senso del movimento in colonna di destra, di sinistra ed eventualmente di centro e ciascuna colonna si suddivide in avanguardia e grosso e il grosso eventualmente in due o più scaglioni. In ciascuna divisione di prima schiera il complesso delle avanguardie parziali costituisce un'unica avanguardia nella divisione. Compito di questa avanguardia: <<cercare il contatto con lo schieramento nemico, spazzare il terreno dagli ostacoli che incontra, coprire la fronte della grande unità per preservarla da soprese». Contegno dell'avanguardia: azioni di forza in cooperazione con l'artiglieria della grande unità, «cooperazione che deve essere assicurata durante tutto il movimento». L'avanguardia evita, nel procedere da una posizione al1' altra, di arrestarsi; se vi è costretta, cerca di sostare su di una delle posizioni prescelte a protezione degli elementi retrostanti e quivi attende gli ordini superiori. Occorre una stretta relazione tra gli sbalzi dell'avanguardia e quelli del grosso, con particolare riferimento alle artiglierie di questo ultimo, per cui tutto il movimento deve essere regolato dal comandante della divisione. Quando i reparti avanzati dell'avanguardia giungono a ridosso dei nuclei di esplorazione vicina, prossimi o già a contatto con l'avversario, si fondono momentaneamente con essi in attesa del grosso dell'avanguardia medesima. Via via che l'avvicinamento procede, le grandi unità di seconda schiera muovono o sostano pronte ad intervenire nell'azione secondo il disegno di manovra, mentre l'azione dei comandi gerarchici superiori alla divisione si viene facendo sempre più serrata a mano a mano che aumenta la vicinanza del nemico. Una volta che l'avanguardia si arresta di fronle all'organizzazione ne-
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mica essa, protetta dall'artiglieria, continua a riconoscere lo schieramento avversario, mentre le grandi unità di prima schiera completano e perfezionano l'organizzazione dell'attacco e serrano sotto con le fanterie per schierarsi_ Se l'avvicinamento si protrae fino al cadere della notte, l'organizzazione viene completata e perfezionata durante le ore di buio perché si possa dare inizio all'attacco nelle prime ore del mattino successivo.
5. L'attacco delle Norme del 1928 non è sostanzialmente diverso da quello delle Direttive del 1918. I princìpi, la fisionomia generale dell'azione e le caratteristiche fondamentali sono gli stessi. La visione della battaglia e delle sue fasi salienti è pressoché analoga: una serie di sforzi nel senso della fronte ed in quello della profondità tendenti a rompere e sfondare le fronti difensive nemiche e successivamente ad avvolgerle ed a dilagare al di là di esse. Non esistono antinomie tra le due publicazioni. Accanto all'identità ed alle analogie esistono, peraltro, diversità notevoli sul modo di concepire l'attacco, pur imperniato, in entrambe le publicazioni, sui princìpi della sorpresa e della massa, intesa questa ultima, nelle Direttive, come preponderanza di uomini e di materiali sulla fronte di attacco e come superiorità di metodo nell'impiego dei mezzi_ Il principio della combinazione degli sforzi, la distinzione tra azioni principali ed azioni concomitanti e la materializzazione del disegno di manovre mediante la determinazione della direzione di movimento e di attacco - questa ultima elemento essenziale della manovra stessa - sono i pilastri sui quali poggia l'intera concezione dell'azione offensiva delle Norme e sui quali, invece, tacciono o sorvolano le Direttive. Queste, difatti, si limitano a sottolineare l'esigenza di un razionale coordinamento di tempo e di luogo degli attacchi nel senso della fronte e l'esigenza della successione rapida, con ritmo celere e sempre più incalzante, degli attacchi nel senso della profondità; il coordinamento è riferito per i primi essenzialmente alla determinazione dell'ampiezza delle fronti di attacco e della contemporaneità delle varie azioni - gli attacchi nelle varie parti della fronte saranno quindi contemporanei o no - e per i secondi più al raggio, e cioè alla profondità secondo il quale si intende operare per sfruttare il successo, che non alla direzione della quale è appena fatto cenno e solo per gli attacchi in profondità, senza comunque attribuirle un valore vincolativo. L'attacco delle Direttive ricerca il successo più nell'entità dei singoli sforzi frontali - tendenti ciascuno ad uno sfondamento parziale e, nel loro complesso, alla rottura della fronte nemica
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- e nella rapidità di quelli in profondità che non nella manovra tattica dell'intero meccanismo offensivo, manovra meglio ottenibile se il comandante dosa diversamente, come indicano le Norme, il proprio sforzo in corrispondenza dei vari tratti della fronte sl da poter addivenire ad una ripartizione di compiti, per le grandi unità dipendenti, nel senso della fronte e in quello della profanità. Ciò non esclude per le Norme che la rottura della fronte nemica possa anche essere il risultato di un unico sforzo applicato ad un tratto determinato dello schieramento avversario - a ciò deve tendere, sempre che possibile, il comandante - ma mette in rilievo il fatto che quando tale circostanza non si verifichi, il che avviene spessissimo per le grandi unità complesse, ed occorra compiere una serie di sforzi contemporanei o successivi applicati a punti diversi della fronte da attaccare, le singole azioni, quelle principali e quelle concomitanti, vanno coordinate strettamente nello spazio e nel tempo in modo da assicurare l'avanzata su tutta la fronte, il tutto in relazione allo scopo assegnato. La direzione è l'asse di attrazione e la guida sicura per l'impiego delle forze e dei mezzi, svincola dagli episodi ed è il mezzo per non lasciarsi dominare dagli eventi o lasciarsi trascinare dagli inviti verso strade diverse offerti dal nemico o determinati dal succedersi degli avvenimenti. Da qui la necessità assoluta che essa sia mantenuta con ogni sforzo non solo al livello delle grandi unità complesse, ma anche delle grandi unità sottoposte, come garanzia di assoluta unità dell'intera azione. Se gli obiettivi sono il porto da raggiungere, la direzione è il faro che ne indica la strada; gli scogli che s'incontrano lungo di essa vanno aggirati od abbattuti, ma sempre entro i limiti di visibilità del faro; diversamente sia le grandi navi che il naviglio minore, preda dell'oscurità, vagano invano ed affidano il loro approdo al caso. Tali le innovazioni maggiori delle Norme che ebbero il merito, per quel tempo, di svincolare la concezione dell'azione offensiva da una visione troppo particolaristica ed angusta, di liberarla da tutto quello di incerto che vi dominava e vi sussisteva, non tanto per colpa delle Direttive, che anzi aprirono la strada alle nuove concezioni, quanto per il ritardo di una rimeditazione organica delle esperienze belliche. Nei riguardi dell'organizzazione dell'azione offensiva - a parte la materia riguardante la marcia al nemico e le attività che la caratterizzano non esaminata nelle Direttive - una delle differenze esistenti tra le due publicazioni è il minor rilievo che le Norme danno alla sistemazione delle posizioni di partenza della fanteria. A queste ultime appena accennano nell'ipotesi dell'azione offensiva in terreno organizzato - l' organizzazione dell'attacco comprende ricerca, studio, eventualmente preparazione di luoghi di raccolta per le truppe destinate all'attacco e delle vie
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per accedervi - e sulle quali, invece, le Direttive insistono a lungo dedicando appositi paragrafi alle parallele di partenza, ai ripari ed ai camminamenti. Tale lacuna non può certamente essere interpretata come rinunzia alla funzione offensiva della fortificazione campale e tanto meno alla funzione protettiva della fortificazione stessa. Le esigenze di protezione della fanteria durante la contropreparazione, di facilitazione degli sbocchi delle unità per muovere all'assalto e di speditezza del movimento durante l'avanzata non erano certo venute meno, ma mentre le Direttive si riferiscono ad una situazione di partenza stabilizzata, nella quale si tratta, in definitiva, di adattare gli apprestamenti esistenti alle necessità del piano offensivo, le Norme, anche quando esaminano le caratteristiche dell'azione offensiva contro un nemico che attende l'attacco su posizioni già predisposte a difesa, senza negare la necessità della sistemazione del terreno, danno priorità alla sorpresa - tratto di fronte che verrà attaccato; tratto o tratti contro i quali si eserciterà lo sforzo principale; momento nel quale sarà sferrato l'attacco; modo come esso sarà sviluppato - ed alla riduzione al minimo del tempo necessario per portare avanti i mezzi di azione sia per non dare agio al nemico di rendere sempre più forte la propria sistemazione sia per mantenerlo il più incerto possibile circa il momento dell'attacco. Identità di vedute tra le due pubblicazioni, anche se espressa con accenti e termini diversi e sviluppata con ampiezza ed insistenza diverse, esiste invece sull'essenzialità, nella fase del1'organizzazione dell'attacco, dell'organizzazione dello schieramento delle artiglierie - parte essenziale di tale organizzazione - della raccolta delle informazioni, del servizio di osservazione e della sistemazione delle comunicazioni e dei collegamenti. Le Direttive insistono sui lavori da eseguire per la migliore sistemazione sul terreno dei vari mezzi di azione; le Norme, invece, sui principali criteri d'impiego e sulle conseguenti esigenze tattiche, tecniche e funzionaH da soddisfare per la migliore organizzazione. (8) La preparazione immediata (Direttive) o preparazione dell'attacco (Norme) è, per entrambe le pubblicazioni, il complesso delle attività dirette a creare le migliori condizioni per l'attacco, del quale per le Direttive costituisce una delle 5 fasi di un insieme, mentre per le Norme è una fase a sé stante. La differenza può apparire più di forma che di sostanza, ma vale a meglio chiarire sul piano delle idee che la preparazione è attività propria, sebbene non esclusiva, dell'artiglieria e dell'aviazione, mentre l'attacco è il prodotto della cooperazione di tutte le armi con la fanteria, cui spetta, in tale fase, il ruolo di protagonista della battaglia. Aprire la via all'irrozione della fanteria (Direttive) o rendere temporaneamente o definitivamente innocui gli elementi avversari nocivi alle truppe
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attaccanti e perciò capaci di ostacolare l'attacco (Norme) sono espressioni che si equivalgono ai fini della definizione dei compiti della preparazione, i quali, pertanto, risultano gli stessi per entrambe le pubblicazioni, come pure analoghi risultano i criteri d'impostazione e le modalità d'azione della preparazione stessa. Si può osservare che la novità di maggiore rilievo, messa in evidenza dalle Direttive e riconfermata integralmente dalle Norme, è la preferenza data alla brevità della durata della preparazione alla quale, nelle Norme, si aggiunge l'interesse ad un inizio il più sollecito possibile dell'azione, anche a scapito di un'organizzazione più progredita, purché questa abbia comunque raggiunto quel minimo grado al di sotto del quale il concorso dell'artiglieria potrebbe riuscire assai meno potente e redditizio. le Norme, inoltre, prevedono che, serichiesto dalle esigenze dell'azione generale, si ricorra a procedimenti speditivi per abbreviare i tempi d'inizio della preparazione, pur mantenendo l'azione dell'artiglieria in termini di precisione e di tempestività d'intervento sufficienti, e si adottino durate anche notevolmente ridotte quando si disponga di numerosa aviazione ben addestrata. Criteri di massima da tenere presenti sono che: più l'inizio della preparazione viene ritardato, maggiori sono le possibilità concesse al nemico per rafforzare la sua sistemazione; più la durata della preparazione è protratta al fine di una maggiore completezza del lavoro di distruzione, più essa diventa «sfavorevole alla sorpresa». Un'ultima differenza esistente, in tema di artiglieria, tra Direttive e Norme consiste nella maggiore chiarezza e precisione di queste ultime circa la definizione delle azioni dell'artiglieria - spianamento, appoggio, protezione, controbatteria, interdizione e delle modalità di azione riferite agli effetti che s'intendono perseguire con i tiri (neutralizzazione o distruzione) nelle singole azioni, tenendo presente che i concentramenti inlensi di neutralizzazione non sono meno efficaci di quelli di distruzione, purché se ne sfruttino i risultati entro breve tempo. L'esecuzione dell'attacco è cadenzata nelle Norme in maniera diversa da quella delle Direttive, ma in entrambe le pubblicazioni è ispirata agli stessi criteri: procedere il più rapidamente possibile verso gli obiettivi anche temerariamente (Direttive) o senza preoccuparsi troppo dei fian-
chi e dei contatti (Norme); rinforzare i settori dove magjjore è stato il progresso (Direttive) o rinforzare le unità che riescono, non quelle che non riescono (Norme); abbreviare il più possibile la durate delle eventuali soste, previste e preordinate o non, tenendo presente che scopo essenziale dell'attaccante è la rapida risoluzione della lotta (Norme). Mezzi d'intervento del comandante nella condotta dell'attacco sono, per entrambe le pubblicazioni, l'impiego delle artiglierie e delle riserve; impiego avve-
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duto (Direttive) o rigorosamente orientato allo scopo che egli si è prefisso di rag,g,iungere col suo disegno di manovra (Norme) . Si può, in definitiva, concludere che sia le Direttive sia le Norme ebbero il merito, nei due diversi momenti nei quali vennero elaborate e pubblicate, di rinnovare ed ammodernare nei criteri e nelle modalità esecutive l'azione offensiva: le prime, dando l'avvio ad un diverso modo di concepirla organizzarla e condurla; le seconde, ampliando e perfezionando il nuovo quadro mediante l'introduzione di ulteriori criteri d'impiego delle forze e di ulteriori, spesso diversi, procedimenti tattico-tecnici. Le Norme superano sotto certi aspetti la concezione dell'azione offensiva delle Direttive , ma non la rivoluzionano; taluni mutamenti che possono sembrare radicali sono in realtà il razionale sviluppo delle idee che embrionalmente sono già nelle Direttive. L'azione offensiva delineata dalle Direttive ha un respiro meno ampio di quella tracciata dalle Norme. A questa ultima nuoce però l'eccesso di scolasticismo e di sistematicità, che finisce con il diminuire l'essenzialità e la vivacità delle immagini e con il non riuscire a dare dell'azione offensiva la correlazione di sequenze insita nelle Direttive. In queste infatti una immagine chiama necessariamente quella che la segue e le dissolvenze e le evanescenze sono spesso più eloquenti degli stessi primi piani, come, ad esempio, nel_l'impiego della massa di manovra nello sfruttamento del successo e nell'inseguimento.
NOTE AL CAPITOLO XXII (1) Veds. nota n. 45 del capitolo XXI. (2) Norme generali per l'impiego delle grandi unità. Ministero della Guerra. Roma, Provveditorato generale dello Stato, Libreria, 1928. Constano di una premessa, 9 capitoli, 289 paragrafi, 173 pagine. Capitolo I: Fattori e mezzi dell'azione. A. Grandi unità, comandi e truppe. B. Le informazioni. C. L'Aeronautica. Capo 11: Fattori e mezzi dell'azione. D. L'osservazione. E. I collegamenti. F. Le direttive e gli ordini. Capo llI: La marcia al nemico. Capo N: L'azione offensiva di una grande unità inquadrata in terreno libero. A. La manovra. Capo V: L'azione offensiva di una grande unità inquadrata in terreno libero. B. L'avvicinamento e l'attacco. Capo VI: L'azione offensiva di una grande unità inquadrata in terreno organizzato. Capo VII: L'azione difensiva di una grande unità inquadrata. Capo VIII. La manovra di ripiegamento. Capo IX: l. l combattimenti nei boschi. Il. Il combattimento negli abitati. Hl. Le operazioni attraverso strette. IV. Il forzamento e la difesa dei corsi d'acqua. V. Il combattimento nell'oscurità e nella nebbia. (3) Norme per l'impiego tattico della divisione. Ministero della guerra, Roma, Provveditorato generale dello Stato, Libreria, 1928. Constano di una premessa, 2 parti, 6 capitoli, 221 paragrafi, 145 pagine. Parte I. L'azione offensiva della divisione di prima schiera inquadrata in terreno libero. Capo I. Generalità. Capo TI. L'avvicinamento. Capo III. L'organizzazione dell'attacco. Capo IV. La preparazione e l'esecuzione dell'attacco. Parte lI. Azione difensiva e divisione di seconda schiera. Capo V. L'azione difensiva della divisione di prima schiera inquadrata in terreno libero. Capo VI. La divisione di seconda schiera.
(4). Veds. Precedente nota n. 1. La pubblicazione consta di una premessa ed è suddivisa nei seguenti sottotitoli principali: La divisione. Il combattimento della divisione. U combattimento della divisione contro nemico in posizione (La presa di contatto. L'ordinte di operazione per l'attacco. La preparazione dell'attacco. L'esecuzione dell'attacco. Lo sfruttamento del successo). Il combattimento della divisione in posizione (Premessa. Lo schieramento delle forze. L'organizzazione della difesa. La condotta della difesa). Il combattimento di incontro della divisione. Conclusione. (5)°Veds. nota n. 44 del capito! XXI. Il volumetto sull'azione offensiva consta di 3 capitoli. Capitoli 1. Concetti fondamentali sull' azione offensiva. Capitolo II. Predisposizioni per l'attacco. Capitolo Ill. L'attacco. Il volumetto sull'azione difensiva consta di 3 capitoli, 1 appendice, 1 allegato. Capitolo I. Concetti fondamentali. Capitolo 11. Organizzazione della difesa. Capitolo III. Condotta della difesa. Appendice. Azioni difensive con mezzi ridotti. Allegato. Questioni più salienti per la redazione di un piano di difesa di corpo d'armata nell'ipotesi di schieramento rinforzato. (6). Nell'allegato, le Direttive per l'impiego delle f(randi unità ne/l'attacco elencano le questioni più salienti per la redazione di un piano offensivo di corpo d'armata nella seguente successione: A) Concetto fondamentale ed obiettivi della azione oHensiva
Compito e zona d'azione assegnati al corpo di armata e cenno dei compiti assegnati alle grandi unità vicine. Concetto operativo. - Eventuale ripartizione dell'azione in fasi. L'attacco dalle posizioni di partenza. - Gli attacchi successivi. - Obiettivi e tempi P"r cia~c:nna fa~e.
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B) Prescrizioni d'insieme.
Istruzioni particolari per conseguire la sorpresa. Forze assegnate e loro schieramento iniziale. Delimitazione della fronte e dei settori di azione fra le divisioni o fra le unità dipendenti dal corpo d'armata; per ciascuna: designazione degli obiettivi. Procedimenti e formazioni di attacco. Prescrizioni per assicurare il collegamento tattico fra le unità. Disposizioni preordinative per lo scavalcamento delle divisioni. Istruzione per la riserva. Prescrizioni per riparti aventi compiti speciali. Posti di comando ed osservatori. Direttive per la preparazione delle truppe all'azione. C) Direttive per il progetto d'impiego dell'artiglieria.
Assegnazione delle artiglierie non organiche alle varie unità. Determinazione dei compiti caratteristici e delle dipendenze. Compiti delle artiglierie direttamente dipendenti dal corpo di armata. Accordi fra le unità contigue circa la postazione delle batterie. Prescrizioni per i tiri d'inquadramento e per i tiri che precedono la preparazione immediata. Programma per i tiri della preparazione immediata. Prescrizioni per i tiri d'accompagnamento e per le batterie di accompagnamento immediato, altri procedimenti di azione dell'artiglieria durante l'avanzata della fanteria. Spostamento delle batterie dopo la conquista dell'obiettivo normale. Il nuovo schieramento. Assegnazione di munizioni e loro scaglionamento. Rifornimenti. D) Progetto d'impiego delle mitra~iatrici per tiri a grande distanza.
Assegnazioni supplementari di mitragliatrici per compiti speciali. Designazione dei compiti. Munizionamento. E) Progetto d'impiego del genio.
-
Ripartizione delle unità del genio. Loro compiti durante la preparazione e durante le varie fasi dell'azione.
F) Pro;,etto d'impiego dell'aeronautica.
Ripartizione dei mezzi aerei. Compiti e direttive d'impiego per il primo attacco e per i successivi. Disposizioni per lo spostamento avanti delle sezioni aerostatiche.
la cavalleria. Unità assegnate e loro dipendenze. Probabili compiti.
G) Eventuali istruzioni per
-
H) Progetto dei collegamenti.
Ripartizione delle varie reti (telegrafiche, telefoniche, radiotelegrafiche, ottiche). Assegnazione di altri mezzi di collegamento. Norme di funzionamento. I) Comunicazioni.
-
Ripartizione ed utilizzazione delle vie di comunicazione. Prescizioni circa il transito, la manutenzione e la polizia stradale.
L) Direttive per il funzionamento dei servizi durante il primo attacco e durante i successivi.
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.,
M) Istruzioni per la raccolta e il pronto sfruttamento delle informazioni sul nemico immediata-
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mente prima e durante la battaglia. Prescrizioni per afferrare la trasmissione delle informazioni provenienti dagli organi di osservazione e dalle ricognizioni. Disposizioni per l'interrogatorio dei prigionieri.
N) Direttive per l'eventualità che il nemico ceda al primo urto e cerchi di rompere il combattimento.
Unità destinate a sfruttare il successo e loro compito. Delimitazione dei settori di avanzata. Prescrizioni circa il collegamento tattico. Missione dell'artiglieria, dell'aeronautica, del genio e della cavalleria. Istruzioni per i servizi. O) Progetto dei lavori.
Lavori pet conferire massima efficienza all'apparecchio offensivo. Sistemazione di partenza delle truppe di attacco. Schieramento delle artiglierie. Posti di comando ed osservatori. Preventivo dei tempi. Lavori da eseguirsi durante l'attacco per l'organizzazione degli obiettivi raggiunti e per lo sviluppo dcli' azione offensiva fino alla rottura della fronte. Assegnazione del personale e dei mezzi lavorativi. Depositi e rifornimenti di materiali. (7) Le «Norme generali per l'impiego delle grandi unità» stabiliscono che l'ordine di operazione per l'impiego di una grande unità nel combattimento deve contenere i seguenti dati principali: a) modificazioni alla situazione già nota, propria e del nemico; b) compito della grande unità; c) disegno di manovra e compiti delle grandi unità di prima schiera; d) collegamento dell'azione con quella delle grandi unità laterali; e) (eventualmente) assegnazione di rinforzi alle grandi unità dipendenti; f) (eventualmente) azione dei distaccamenti; g) azione delle artiglierie direttamente dipendenti; cooperazione delle artiglierie delle unità laterali e superiori; h) azione dcli' aeronautica propria e delle grandi unità dipendenti; i) coordinazione dei movimenti e delle soste delle grandi unità di 2° e 3° schiera coi movimenti e colle soste delle grandi unità di 1 • schiera; i) posto del comandante. Per le grandi unità superiori alla divisione l'ordine di operazione riguarda unicamente l'impiego delle truppe; in tal caso l'impiego dei servizi è contemplato in apposito ordine per i servizi. Per regola lo schema dei collegamenti costituisce allegato all'ordine di operazione. Conviene per regola che del disegno di manovra l'ordine di operazione indichi soltanto gli atti di esecuzione prossima o immediata; e che invece il disegno di manovra complessivo, nel quale sono indicate le intenzioni del comandante per gli svolgimenti successivi dell'azione, sia fatto conoscere ai comandanti delle grandi unità immediatamente sottoposte mediante comunicazione scritta strettamente personale. Allorché si debbano compiere operazioni importanti può convenire, per assicurare il migliore impiego delle truppe, che l'ordine di operazione sia preceduto da un preavviso. Questo contiene indicazioni tanto più ampie quanto minore è l'intervallo di tempo che per forza maggiore o di proposito si prevede di lasciare tra il recapito dell'ordine successivo e l'inizio della sua applicazione. Il preavviso può essere necessario quando manchi il tempo per dare col più conveniente anticipo un ordine completo o quando ragioni di riservatezza consiglino di anticipare il meno possibile la comunicazione integrale delle disposizioni del comando; esso è d'obbligo quando si tratta di movimenti o trasferimenti di unità per le quali ragioni di segretezza vogliono che destinazione e modalità rimangano riservate sino aJ momento dell'esecuzione, mentre importa che le truppe interesspte possano convenientemente predisporsi ad effettuarli.
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(8) Le Norme generali per l'impiego delle grandi unità trattano delle informazioni, dell' osservazione, dei collegamenti nei primi due capitoli. Si riassumono qui di seguito, per ciascuno degli argomenti, le principali disposizioni contenute nella pubblicazione. Le informazioni: sono affidate ad apposito servizio, detto Seroizio Informazioni; questo svolge la sua attività mediante: ricerca (diretta o indiretta), raccolta, cernita, classifica di notizie, documenti, reperti (elementi informativi); interpretazione di detti elementi per trarne le informazioni; distribuzione delle informazioni; tenuta a giorno dei repertori, dove le informazioni sono raccolte per argomento, e compilazione delle situazioni generali o particolari. Fonti principali del servizio sono: l'esplorazione aerea e quella terrestre; la ricognizione e l'osservazione aerea e terrestre del terreno e del nemico; l'intercettazione, l'interrogatorio, di prigionieri, disertori, civili; l'esame di documenti e di reperti; l'esame del campo di battaglia; l'interpretazione di fotografie da terra e dall'aereo; i rapporti sui fatti d'arme; la censura. Gli organi del servizio sono di due specie: specialiuati ed ausiliari. I mezzi di ricerca sono i più svariati: l'investigazione e la constatazione diretta, i mezzi di ascolto o radiogonometrici, la decrittazione, la fotografia e la tdefotografia, il combattimento aereo e terrestre, la cattura dei prigionieri, ecc. L'azione offensiva è la più atta a procurare grande varietà d'informazioni sul!' avversario; sono a ciò particolarmente idonee azioni di artiglieria e di distaccamenti. Principi fondamentali: continuità della corrente informativa dal basso ali' alto e dal!' alto al basso, ed anche in senso laterale; controllo e coordinamento delle notizie e loro conoscenza e sfruttamento; esattezza e rapidità delle informazioni vagliate; continuità dell'attività informativa; elaborazione accurata <lelle notizie provenienti da fonti dubbie e tendenziose; coordinamento degli elementi apparentemente privi d'importanza con gli altri; importanza delle notizie negative; immediatezza della trasmissione degli elementi informativi non elaborati e delle informazioni elaborate agli organi specializzati immediatamente superiori; l'informazione preventiva sulle intenzioni del nemico, da ricercarsi con ogni mezzo, deve essere trasmessa subito all'unità direttamente interessata; inquadramento della situazione relativa ad una data fronte in quella delle fronti contigue e dell'unità imme<liatamente superiore. L'osseroazione del terreno e del nemico è parte principale del servizio delle informazioni in guerra; essa assurge a base principale dell'azione di comando in ogni fase del combattimento, si esplica in modo diretto (vista) o indiretto (fotografia e servizio fonotelemetrico); è particolarmente proficua se risulta dal complesso di osservazioni compiute da punti di vista diretti e con mezzi diversi; per essere completa <leve essere effettuata con sovrapposizione delle zone da assegnare ai vari osservatori. 1 mezzi <li osservazione debbono essere impiegati col duplice criterio di economia e di sfruttamento delle caratteristiche peculiari di ciasc.-uno: l'osservatorio terrestre dominante osserva le zone non viste dagli osservatori più bassi, le stazioni aerostatiche si occupano <lelle zone non sufficientemente osservabili dagli osservatori terrestri, gli aerei sono interessati ali' osservazione di quegli spazi e di quegli obiettivi che nessuno degli altri osservatori riesce a vedere. Per il tiro di artiglieria è indispensabile un'osservazione da punti di vista fissi cd esattamente rilevati. La continuità dell'osservazione nello spazio e nel tempo, il rapido controllo delle constatazioni fatte, la trasmissione delle notizie si assicurano mercé l'organizzazione dei servizio; questa ha per base la costituzione di centri di osservazione che spesso coincidono con quelli del servizio informazioni (specialmente nella guerra di movimento). Altro elemento indispensabile è la rete dei collegamenti. Nel combattimento, lo spostamento degli osservatori terrestri deve effettuarsi senza produrre interruzioni del servizio ed a tale scopo giovano: la prestabilita sovrapposizione delle zone viste dai vari osservatori terrestri, quando questi si spostino con adatto ordine di successione; lo sfruttamento delle zone dominate dalle stazioni aerostatiche, le quali a loro volta si spostano soltanto dopo l'entrata in funzione di nuovi osservatori terrestri; l'intensificazione dell'osservazione aerea per sopperire con essa ali' azione degli osservatori in movimento; l'impiego di personale e di mezzi di riserva; il contemporaneo prolungamento o concentramento della rete dei collegamenti in relazione all'impianto di nuovi osservatori, già in riserva, su posizioni già scelte, mentre continuano ancora a funzionare i vecchi osservatori. I meui di collegamento sono elementi di forza come i reparti e le armi; debbono perciò essere conosciuti dai comandanti almeno in quanto riguarda i limiti del loro rendimento ed i loro pregi e difetti sotto l'aspetto pratico militare. I mezzi a /ilo costituiscono la trama fon-
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damentale dei collegamenti; i meui senza filo, e specialmente quelli radioelettrici, trovano il loro prevalente impiego nei momenti e nei luoghi in cui il collegamento a filo può essere compromesso. I collegamenti fra i comandi di grande unità sono prevalentemente a filo; in ogni caso debbono essere ottenuti con mezzi che consentano di documentare la comunicazione. Per la difesa aerea, per il servizio dell'aeronautica per l'esercito, e talora per l'osservazione dell'artiglieria occorrono reti speciali, indipendenti. Queste reti speciali prendono contatto con quella generale in corrispondenza dei suoi nodi, detti centrali. I mezzi di collegamento ed il personale addetto sono di due categorie: delle truppe, cioè facenti parte integrante dei riparti delle varie armi; dei grandi comandi, ossia costituenti unità a parte specializzate. l collegamenti debbono essere organizzati in modo progressivo ma continuo; le loro caratteristiche principali sono rapidità, continuità e segretezza. In azioni su fronti stabilizzate il maggiore tempo e la maggiore quantità di materiali e personale disponibili permettono di differenziare l'una dall'altra e di sviluppare in modo completo le diverse reti e cioè: rete dicomando alla quale si connettono la rete delle minori unità di fanteria, la rete di aeronautica, la rete di difesa aerea, la rete dei servizi, la rete di artiglieria. Questa è collegata con la rete di comando e ad essa si innestano: una rete di osservazione, una rete per il servizio fonotdemetrico, una rete per il servizio meteorologico, ecc. Per ogni grande unità di prima schiera occorre stabilire almeno un asse dei collegamenti, costituito con mezzi multipli e svariati lungo un itinerario chiaramente designato e reperibile da tutti, ma non facilmente individuabile dalle batterie avversarie, lungo il quale si spostano i comandi. L'asse risulta da una serie di tratti successivi, che si saldano in centri prestabiliti (centralino telefonico; stazione radio; stazione o gruppo <li stazio,ù ottic.:he; posto Ji currisponùenza a pieùi, a cavallo, su cido o motociclo, su autovettura). A questi centri fanno capo tutti gli elementi che agiscono a cavallo dell'itinerario e tutti quelli che muovono lateralmente ad esso, quando debbano collegarsi con altri elementi in analoga situazione. La rete di combattimento è quella che si costituisce quando, nell'imminenza dell'incontro con il nemico, i reparti di tesla si spiegano e l'artiglieria si tiene pronta ad appoggiarli. L'artiglieria cessa allora di valersi dell'asse dei collegamenti per il suo servizio interno, e comincia a costituire una rete propria, avente contatto con i centri dell'asse unicamente per le relazioni tattiche con la fanteria, finché questa continua ad avanzare senza impegnare un vero e proprio combattimento. Si moltiplicano, per contro, le diramazioni che dall'asse vanno agli elementi principali delle fanterie avanzate; si stabiliscono collegamenti diretti fra le unità laterali: si costituisce quindi, in complesso, una prima rete a larghe maglie, che tenderà a raffittirsi durante l'organizzazione dell'attacco o della difesa. Quanto sopra riferito, stralciato dai capitoli I e II della pubblicazione, dà un'idea del progresso compiuto, guerra durante, e dopo, dall'esercito italiano in materia di organizzazione delle operazioni offensive e difensive e di tecnica d'impiego dei nuovi mezzi in dotazione alle unità. Il livello raggiunto nei settori dell'organizzazione delle azioni e della tecnica d'impiego era pari, quando non superiore, a quello di tutti gli altri eserciti europei, mentre di gran lunga inferiore era la disponibilità ai vari livelli di tali mezzi, come meglio vedremo più avanti.
CAPITOLO XXIIl
L'AZIONE DIFENSIVA DAL 1918 AL 1935.
1. L'azione difensiva nelle Direttive del 1918. 2. L'azione difensiva nelle Norme del 1928. 3. La manovra di ripiegamento. 4. Considerazioni sull'evoluzione della dottrina difensiva.
1.
Le Direttive per l'impiego delle grandi unità nella difesa (1) sono la traslazione sul piano dottrinale della battaglia del solstizio conclusasi vittoriosamente appena 3 mesi prima. Questa era valsa a mantenere il possesso delle posizioni ed a ridurre lo squilibrio esistente tra gli opposti schieramenti, anzi, a segnare, specialmente sul piano psicologico e morale, l'inizio dell'inversione a favore dell'esercito italiano del rapporto di potenza sceso ad un livello assai basso dopo la disfatta di Caporetto. Tali, infatti, gli scopi che le Direttive assegnano all'azione difensiva: as-
sicurare l'inviolabilità della fronte consumando il minimo delle proprie forze ed infliggendo al nemico le maggiori perdite e tendere conseguentemente a conquistare la superiorità numerica o la superiorità tattica che renda possibile il passaggio all'offensiva strategica in quella stessa fronte od altrove. Alla base dell'azione difensiva è il principio dell'economia delle forze; punti di forza dell'azione stessa sono la sistemazione del terreno e lo scaglionamento in profondità delle forze e dei mezzi; organi vitali del sistema difensivo sono le comunicazioni, l'osservazione, i collegamenti ed il fuoco; le fasi nelle quali l'azione si snoda sono la contropreparazione e la reazione all'avanzata nemica che si concreta nella resistenza ad oltranza e nei contrattacchi. La sistemazione del terreno e lo schieramento delle forze e dei mezzi in profondità sono fattori statici - e quindi di limitato valore - che debbono essere trasformati in forze vive della difesa dal disegno operativo del comandante. Questi non deve subire la battaglia opponendo passivamente forze e terreno, ma condurla come reazione più che come resistenza, avvalendosi della minore vulnerabilità del dispositivo e del maggiore rendimento dei mezzi - funzione protettiva e funzione offensiva
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del terreno e della fortificazione - rispetto all'attacco, e delle possibilità di neutralizzare, lungo la direzione più idonea, lo sforzo nemico, una volta che si sia delineato, inizialmente con la contropreparazione ed in seguito con i contrattacchi dei rincalzi e delle riserve fino alle azioni controffensive di mag,gior stile. È nella capacità reattiva che risiede quasi totalmente la forza della difesa. Il piano di difesa (2) è, dunque, un'affermazione di volontà, più che un'indicazione di predisposizioni organizzative ed esecutive, ed esso troverà maggiore o minore attuazione a seconda
della mag,giore o minore rispondenza fra previsioni e fatti. Le odierne fronti difensive sono costituite da una successione di sistemi scaglionati in profondità quanto è necessario perché le artiglierie dell'attacco non possano, per ragioni di distanza, prendere contemporaneamente sotto il tiro di preparazione due successivi sistemi. Lo scaglionamento in profondità dei sistemi impone all'attacco una sosta e concede alla difesa una pausa particolarmente vantaggiosa ai fini del reintegro della resistenza e della stabilizzazione della fronte. Ciascun sistema e ciascun elemento costitutivo di ogni sistema sono soggetti alla individuazione ed alla distruzione sicché occorre occultarli il più possibile mediante l'adattamento degli elementi fortificati e dell'intera organizzazione al terreno ed il ricorso alla striscia anziché alla linea per renderli meno vulnerabili. L' occulatamento è preminente rispello alla stessa protezione e quando non è possibile realizzarlo occorre quando meno sostituirlo con l'inganno moltiplicando il numero degli elementi fortificati ed assegnando solo ad una parte di essi, ragionevolmente scelta, i compiti essenziali per la condotta della difesa. Ciascun sistema è costituito da una fascia di osseroazione e da una fascia di resistenza, la prima antistante ed in sistema con la seconda, e ciascuna fascia - termine di carattere tattico - può comprendere una o più strisce, termine di carattere fortificatorio con il quale va inteso un complesso di elementi di qualunque natura e specie distesi nel senso della fronte e variamente scaglionati a scacchiera in una profondità variabile fra un minimo di 50 e un massimo di 300 metri. In relazione al terreno ed alla natura e numero degli elementi che la striscia racchiude - appostamenti per tiratori, trincee, postazioni per artiglierie, per armi automatiche, per armi da trincea, capisaldi (3), ricoveri, osservatori - si deve tendere il più possibile verso il valore di profondità più alto. La fascia di osservazione - la cui profondità dovrebbe essere tanto maggiore quanto minore è l'efficienza della fascia di resistenza, sia per valore fortificatorio sia per densità di artiglieria - ha il compito di garantire la difesa da attacchi improvvisi e limitati, d'ingannare il nemico snlla fascia di resistenza e sugli intendimenti del difensore, di attirare
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il fuoco nemico distogliendolo dalla fascia di resistenza o quanto meno di disperderlo fra le due fasce, di sventare la sorpresa, d'indebolire con
il co"ncorso delle artiglierie e delle mitragliatrici della fascia di resistenza l'impulso offensivo delle unità d'assalto nemiche. È caratterizzata da una disposizione rada di nuclei di osservazione e di nuclei di logoramento e d'incanalamento del nemico: i primi appoggiati ad elementi fortificati speditivi, con il compito di vedere bene senza essere visti, i secondi sistemati in caposaldi con il compito di prima resistenza. La profondità della fascia di osservazione varia in ragione della situazione iniziale tra le opposte forze e del terreno; dovrebbe essere tale da porre la fascia di resistenza almeno fuori del raggio di azione delle bombarde nemiche, il che è quanto dire, allo stato attuale delle cose, a circa 1500 metri da esse. Là dove non difetti lo spazio, il dato medio può essere vantaggiosamente superato con il risultato di irrobustire la fascia di osservazione e di conferire maggiore elasticità all'interno sistema difensivo; in alcuni casi limite la fascia di osservazione può mancare del tutto o, meglio, fondersi con quella di resistenza, come quando è giocoforza includere in questa ultima posizioni avanzate che costituiscono il perno dell'intero sistema. La fascia di resistenza ha il compito di infrangere, arrestare e respingere l'attacco nemico e comprende tre strisce corrispondenti alle tre linee secondo le quali si schiera normalmente una grande unità per la battaglia: striscia di combattimento sulla quale la difesa s'impegna in forze per contendere palmo a palmo il terreno all'attaccante, striscia dei rincalzi e striscia delle riserve destinate ad accrescere il valore difensivo dell'intero sistema ed a costituire la base di partenza dei contrassalti e dei contrattacchi. La striscia di combattimento è frontalmente continua, ha struttura solida, comprende numerosi caposaldi scaglionati a scacchiera in grado di appoggiarsi vicendevolmente e di battere le interposte cortine ed è coperta sul davanti da un velo di armi automatiche esterne aventi azione sulle zone di ostacolo e negli intervalli della fascia di osservazione: è la travatura della fascia di resistenza e, conseguentemente, la sua organizzazione e sistemazione sono prioritarie rispetto a quelle degli altri elementi costitutivi del sistema. Le strisce dei rincalzi e delle riserve debbono rispondere alla duplice necessità di offrire ampie possibilità alle reazioni di movimento ed al tempo stesso alla resistenza ad oltranza nel caso che la lotta si sposti dalla striscia di combattimento verso di loro, in modo da arginare e contenere, in questa ultima evenienza, l'irruzione, qualora questa si sia verificata solo attraverso la striscia di combattimento ovvero di contrastare il progredire del nemico verso le strisce arretrate qualora tutta la prima striscia sia caduta. La distanza fra le tre strisce varia - a titolo di generico orientamento - da 200 a 400 m qnella fra
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la striscia di combattimento e quella dei rincalzi, da 800 a 1000 m quella fra la striscia dei rincalzi e la striscia delle riserve. Tra i vari elementi costitutivi esiste reciprocità di funzioni tattiche; essi compongono un unico sistema unitario. La fascia di osservazione e la fascia di resistenza sono legate da vincoli di cooperazione e sono materialmente congiunte da una rete di camminamenti commisurata alle esigenze di tale cooperazione; le strisce della fascia di resistenza fanno sistema mediante raccordi difensivi trasversali, con andamento obliquo, idonei a ristabilire la continuità della fronte nell'eventualità di rottura parziale della striscia di combattimento; la striscia dei rincalzi e quella delle riserve sono organizzate con criteri analoghi a quelli per la sistemazione delle basi di partenza per l'attacco (numerosi ricoveri con facili sbocchi offensivi prolungatisi anche attraverso i reticolati e con varchi chiaramente individuabili), ma anche con criteri analoghi a 'quelli della striscia di combattimento per renderle idonee alla resistenza ad oltranza. L'unitarietà del sistema deve essere tale da costringere il nemico a combattere, non nella zana dove ha preparato l'attacco, bensì in quella dove la difesa, conservando eHiciente la propria capacità reattiva, ha preparato la resistenza. Questa si affida, oltre che al fuoco dell'artiglieria, ai caposaldi di fanteria, i quali non sono organi a sé stanti, delimitabili e individuabili dal rilievo aereo, con contorni uniformi, ma elemenli attivi fortificati che si confondono con altri simili fittizi, ubicati in modo da sostenersi vicendevolmente, intervallati da «estese e poco appariscenti zone di ostacolo» battute dalle artiglierie e dalle mitragliatrici, chiusi anche sul fronte di gola e bene plasmati al terreno. Tale struttura scheletrica del sistema - valida anche per i sistemi in profondità, fatta salva in questi la maggiore latitudine concessa all'organizzazione della fascia di osservazione che, per essere fuori dal contatto con il nemico, può avere spessore maggiore e risultare più elastica - va adattata, rifuggendo da ogni rigido schematismo, specialmente in montagna, alle forme del terreno che alla struttura stessa devono dare corpo e che hanno importanza preminente rispetto ad altre considerazioni. Alla base della realizzazione del sistema c'è, dunque, lo studio del terreno e delle condizioni che questo fa all'impiego delle armi nei riguardi del fiancheggiamento, della protezione, del dominio tattico, delle vie di comunicazione e degli ostacoli che oppone all'attacco del nemico. Nell'ambito dell'azione difensiva si possono distinguere due tipi di schieramento: di sicurezza e rinforzato. Lo schieramento di sicurezza risponde agli intendimenti di: provvedere, in caso di operazioni offensive nemiche condotte di sorpresa, alla difesa ad oltranza del primo sistema; in caso di azioni nemiche previste, ma delle quali raggio ed ampiez-
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za non siano valutabili in precedenza, svolgere una difesa temporeggiante finché non abbia il comando maggiori elementi di giudizio sulla situazione e, per riflesso, sull'impiego da prevedere per le riserve; lasciare al comando, dopo soddisfatte queste esigenze, la più ampia disponibilità di forze e di mezzi. Tale disponibilità è destinata: in periodo operativo, al rinforzo delle fronti attaccate più violentemente o prescelte per azioni offensive o controffensive; in periodo di sosta, al riposo ed ali' addestramento. Lo schieramento rinforzato tende a conferire alla difesa l'efficienza necessaria per infrangere un attacco nemico di grande stile, efficienza che può dirsi potenzialmente raggiunta quando il primo ed il secondo sistema difensivo siano completamente organizzati e dispongano delle forze ed artiglierie occorrenti per resistere ad oltranza nella regione delimitata dai due sistemi. Le possibilità dello schieramento rinforzato sono connesse alla disponibilità totale delle forze, delle informazioni necessarie a valutare constantemente la situazione e del tempo per attuare i provvedimenti predisposti ai fini dell'utilizzazione delle granili unità di rinforzo. Queste vengono impiegate: nel caso che lo schieramento di sicurezza sia adeguatamente robusto, in parte a presidiare il secondo sistema ed in parte a costituire riserva di corpo d'armata o di armata per scopi controffensivi o di sostituzione delle grandi unità dello schieramento di sicurezza più provate; in caso diverso, per raffiltire lo schieramento del primo sistema. Lo schieramento di sicurezza si attua nell'ambito delle singole armate mediante una ripartizione settoriale della fronte ed un'articolazione frontale ed in profondità dell'armata. La ripartizione della fronte è fatta per settori ciascuno presidiato in genere da una divisione - che rimane così, anche nella difesa, la grande unità fondamentale - e ripartito in sottosettori ciascuno corrispondente di norma alla fronte tenuta da una brigata e suddiviso, a sua volta, in sezioni che nel caso di schieramento dei reggimenti per linea corrisponde alla fronte presidiata da un battaglione. Più settori, in genere 2 o 3, sono raggruppati in una zona nell'intento di coordinarne l'azione sotto un unico comando che, di regola , è il corpo d'armata. Ogni settore è un'individualità difensiva che gode, per il rapporto forze-fronte, di una giusta autonomia tattica; la sua ampiezza dipende dal terreno e da circostanze che sfuggono ad ogni previsione per cui dal valore minimo di 3 chilometri può estendersi a valori tripli od anche quadrupli. La ripartizione settoriale e l'articolazione delle grandi unità variano, dunque, in relazione a diversi fattori e sono suscettibili di modificazione in seguito all'inserimento o al ritiro di una grande unità. Lo schieramento per ala dei corpi d'armata e delle divisioni favorisce l'esercizio del comando, la fusione delle fanterie con le al-
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tre armi e specialmente con l'artiglieria, lo sviluppo regolare e continuato dei lavori, ma non consente l'addestramento per divisione e per brigata e riduce le possibilità di riposo, esigenze queste ultime assai meglio soddisfatte dallo schieramento per linea. La scelta dell'una o dell'altra articolazione dipende, perciò, di volta in volta, dall'apprezzamento della situazione contingente. Per le unità inferiori alla brigata è, invece, normale lo schieramento per linea perché risparmia le truppe e risponde bene ai requisiti di profondità, di elasticità e di reattività della difesa. Lo scaglionamento delle forze in profondità evita le densità troppo elevate che procurano perdite considerevoli e favorisce il requisitio della reattività legato alla disponibilità dei rincalzi e delle riserve . Nella pluralità dei casi la grande unità complessa si ripartisce su 3 schiere e la divisione di prima schiera su 3 scaglioni, destinando un terzo delle forze di fanteria al presidio della fascia di osservazione e della strisica di combattimento e gli altri due terzi alla costituzione dei rincalzi e delle riserve. Nei periodi di sosta delle operazioni l'occupazione delle posizioni si attua solo nella misura necessaria a fronteggiare le azioni nemiche di sorpresa - presidio totale della fascia di osservazione e parziale della striscia di combattimento - ; il resto della forza viene dislocato in un raggio proporzionato alla funzione tattica ed alle concrete possibilità offerte <lai lem:no al rapido raggiungimento delle posizioni d'impiego. L'organizzazione del fuoco delle armi automatiche della fanteria deve consentire la radenza e l'incrocio dei fuochi e l'associazione di tiri indiretti con tiri diretti, dando grande sviluppo ai tiri di fiancheggiamento; l'organizzazione del fuoco delle artiglierie deve rispondere alle necessità della manovra del fuoco su settori ampi e conseguentemente lo schieramento deve estendersi su di una zona profonda dai 6 ai 7 chilometri il cui margine anteriore disti dai 3 ai 4 chilometri dalla fronte nemica. La massa delle artiglierie deve risultare protetta - anche se qualche pezzo può venire schierato temporaneamente nella fascia di osservazione - dalla fascia di resistenza alla quale anzi, in parte, si sovrappone e nella quale si schi~rano anche le bombarde. Compiti dell'artiglieria sono: in caso di attacco nemico, tiri di contropreparazione sulle organizzazioni nemiche, di sbarramento davanti e nell'interno della fascia di osservazione e davanti alla fascia di resistenza, di repressione sulla fascia di resistenza; in periodi di sosta, tiri di distruzione e di logoramento delle artiglierie e delle truppe nemiche, di concorso a eventuali piccole operazioni offensive. Il procedimento fondamentale è lo sbarramento, per il quale debbono essere utilizzate a pieno rendimento le artiglierie leggere e pesanti campali ed al quale debbono concorrere le bombarde e le mitragliatrici . La ripartizione dei tratti da sbarrare con le ar-
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tiglierie e di quelli da sbarrare con le armi della fanteria, così come tutta l'organizzazione dello sbarramento, è competenza dei comandi di divisione. Il tratto di fronte di una sezione, quando ve ne sia la disponibilità, è sbarrato da un gruppo organico o tattico di batterie (4). Lo sbarramento è predisposto sul davanti della fascia di osservazione e della fascia di resistenza, qui con priorità rispetto all'altra, mediante una cortina fissa più vicina possibile ai reticolati. Nella zona «neutra» tra il margine anteriore della fascia di osservazione e la linea nemica ed anche all'interno della fascia di osservazione si può effettuare lo sbr-ramento mobile. La modesta disponibilità di artiglierie dello schieramento di sicurezza impone che tutte le batterie possano intervenire nel massimo settore orizzontale, ricorrendo anche all'utilizzazione di postazioni sussidiarie. La protezione degli schieramenti di artiglieria è data dalla fanteria e dalla difesa vicina opportunamente coordinata con le organizzazioni circostanti e costituita da elementi di trincea e da postazioni per mitragliatrici. Le postazioni di artiglieria in caverna sono da evitare perché, se consentono un'assai discutibile protezione, limitano in misura assai considerevole i settori di tiro. Lo schieramento non è, comunque, rigidamente vincolato dai limiti di settore; anzi spesso è caratterizzato dal frammischiamento di artiglierie assegnate all'uno ed all'altro dei settori finitimi. I criteri prevalenti dell'ordinamento taLtico sono l'accentramento ed il mantenimento alla diretta dipendenza del comando della grande unità delle artiglierie aventi come compito normale l'intervento nel settore della grande unità stessa. L'organizzazione della difesa contraerei è attuata mediante l'azione integrata di unità dell'artiglieria contraerei e di unità di mitragliatrici secondo un modello tipo che prevede lo schieramento delle artiglierie su 2 linee di cui la prima disti dai 2 ai 4 chilometri dalle posizioni avanzate e la seconda dai 4 ai 6 chilometri dalla prima, con le sezioni intervallate sulla stessa linea dai 4 ai 6 chilometri (5) e lo schieramento delle mitragliatrici a difesa diretta delle località di particolare importanza da proteggere dalle offese a bassa quota. L'organizzazione della difesa controcarri comprende misure attive e misure passive; le prime spettanti ad un'aliquota delle artiglierie leggere schierata per pezzi o per sezioni isolate in misura da battere d'infilata, a puntamento diretto e da distanze ravvicinate, le vie di possibile irruzione dei carri e spettanti altresì a mitragliatrici protette, disposte lateralmente alle vie d'irruzione, pronte a battere di fianco e da tergo le fanterie attaccanti che seguono i carri; le seconde, vale a dire le misure passive, vanno realizzate mediante la posa di banchi di mine a pressione, abbattute di alberi, zone di palafitte, inondazioni del terreno e costruzione di fossati secondo i presumibili tipi di carri d'assalto
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impiegabili dal nemico. L'organizzazione della difesa dai gas risponde agli stessi criteri indicati per l'azione offensiva ed a tali criteri, come a quelli d'impiego dei singoli mezzi, risponde l'utilizzazione degli altri mezzi (gas, mine, stazioni fotoelettriche, ecc.) sussidiari. Ciò vale anche per l'organizzazione dei posti di comando che debbono soddisfare agli stessi requisiti generici di quelli dell'attacco ed in più alle esigenze di sottrarli alle prevedibili oscillazioni della fronte e di evitarne il mutamento di dislocazione. L'organizzazione e l'esecuzione dei lavori di fortificazione e di viabilità di spiccato rilievo tecnico spettano alle unità del genio; ai normali lavori di rafforzamento del terreno, di protezione, di occultamento e di mascheramento provvedono in proprio le stesse unità o le unità ausiliarie. Lo schieramento rinforzato determina l'arricchimento delle artiglierie dello schieramento di sicurezza in quanto inserisce nella manovra del fuoco le artiglierie organiche delle grandi unità di rinforzo, un'aliquota delle quali viene ripartita fra i vari nuclei del preesistente schieramento di sicurezza con il criterio d 'inserire il nuovo nel vecchio, conservando a questo la funzione di ossatura dell'intero si.sterna dei fuochi. Lo schieramento delle artiglierie acquista profondità senza che nulla vieti lo spostamento in avanti di qualcuna delle batterie di rinforzo per azioni lontane contro obiettivi particolarmente importanti. L'organizzazione del passaggio dallo schieramento di sicurezza a quello rinforzato è il risultato di studi, di predisposizioni e di lavori di lunga mano che sono, nel complesso, la premessa perché il passaggio stesso si possa compiere rapidamente, ordinatamente e nelle migliori condizioni possibili (approntamento delle posizioni, delle vie di accesso, degli osservatori, dei collegamenti, dei documenti di tiro, dei depositi di munizioni, ecc.). Contribuisce in misura notevole alla tempestività del passaggio dallo sch iera- · mento di sicurezza a quello rinforzato la dislocazione iniziale delle riserve la quale, dove esista una ricca rete stradale, gravita verso le ali, sia perché le riserve stesse non vengano coinvolte negli eventuali avvenimenti sfavorevoli dei settori vicini, sia perché possano meglio concorrere da direzioni efficaci alle azioni controffensive delle unità contigue, mentre in montagna la dislocazione iniziale è sempre direttamente condizionata dalla penuria di strade di penetrazione e di arroccamento e dalla scarsa potenzialità di quelle esistenti. Lo schieramento rinforzato è preceduto dalla messa in attuazione delle misure di difesa controcarri e controaerei mediante il preventivo invio sulle posizioni da occupare delle batterie autocampali di artiglieria contraerei e dei cannoncini controcarro di piccolo calibro, nonché di nuclei di artiglieria campale. Nel caso che non vi sia tempo per attuare lo schieramento rinforzato perché
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l'attacco nemico in forze ha sorpreso la difesa in semplice schieramento di sicurezza e ha avuto ragione del primo sistema, le decisioni da prendere non possono restare vincolate ai piani preesistenti: le grandi unità di rinforzo, in connessione con gli avvenimenti in corso, accorrono a rinforzare i fianchi delle brecce aperte dal nemico ed a tagliare, appena possibile, il saliente nemico mediante l'azione controffensiva. Lo svolgimento della difesa comprende la contropreparazione e la reazione all'avanzata nemica. La contropreparazione preventiva consiste nel!'intensificazione dell'azione di logoramento e nelle altre attività dirette ad ostacolare i preparativi offensivi nemici. È compito prevalente dell'artiglieria che lo svolge con azioni di controbatteria e d'interdizione alle quali partecipa anche l'aviazione. La contropreparazione preventiva è subordinata al grado di perfezione raggiunto dal servizio informazioni e deve essere diretta a segno e cioè su obiettivi noti; diversamente si traduce in un dannoso dispendio di energie che, oltre tutto, implica la rinunzia del difensore alla sopresa. Colpi dtmano tendenti a raccogliere informazioni favoriscono lo sviluppo della contropreparazione sia preventiva sia immediata. Questa si svolge se non in precedenza di qualche ora com'è desiderabile - in contemporaneità con la preparazione immediata dell'attacco che si manifesta come tale per intensità e timbro di tiro. La difesa deve prevenire l'attacco e colpirlo in tempo ed a lungo nelle parti vive: truppe d'assalto, rincalzi, truppe raccolte sulle posizioni di partenza e pronte allo scatto. Poche batterie sono incaricate della controbatteria e dell'interdizione lontana; la massa di esse agisce contro le fanterie dell'attacco secondo un programma di tiri d'insolita intensità e violenza, possibilmente osservati, assolutamente ben diretti. Durante la contropreparazione preventiva le unità tutte si schierano sulle rispettive posizioni d'impiego; durante quella immediata ognuno deve essere al suo posto. La reazione all'avanzata nemica consiste nel raccogliere - per opera della fanteria che rimane, nella difesa come nell'attacco, l'elemento risolutivo del combattimento - il successo ottenuto durante la contropreparazione. Essa si ispira a due criteri fondamentali: 1° «la penetrazione di nuclei o di riparti di assalto attraverso una striscia non giustifica menomamente l'abbandono dell'intera striscia, perché la temerarietà di pochi non deve aver ragione della risolutezza e della forza di coscienza di molti. L'irruzione prontamente arginata, mediante l'utilizzazione delle strisce trasversali, deve rimanere localizzata al tratto dove la breccia si è prodotta e, quanto più ristretta si mantiene la breccia puntellandone le estremità, ttJnto più agevolmente l'irruzione viene fermata dalle organizzazioni più arretrate e tanto più efficace riesce la successiva manovra controffensiva tendente a strozzare per i fianchi il saliente nemico; 2 ° «11n caposaldo p11ò essere oltre-
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passato dall'attacco, mai ag,girato, dovendo esso essere capace di difesa autonoma e in tutte le direzioni. La sua essenziale funzione di elemento disgregatore dell'attacco comincia, anzi, quando l'onda d'assalto, dopo averlo superato, si addentra nella fascia di resistenza. Il presidio del caposaldo quindi, quali siano le vicende della battaglia, lotta fino all'ultimo, nella fiduciosa attesa del contrattacco liberatore al quale, potendo, conco"e». La reazione della difesa, variamente distribuita, deve avere intensità crescente dall'avanti all'indietro. Le truppe della fascia di osservazione reagiscono prevalentemente con il fuoco; quelle della fascia di resistenza con il fuoco e con il movimento; solo in particolari condizioni di terreno e di disponibilità di forze possono essere svolte reazioni di movimento anche nella fascia di osservazione. Il primo atto di reazione della difesa è lo sbarramento che si effettua sia sul davanti della fascia di osservazione sia nell'interno della fascia stessa mediante una cortina di fuoco dell'artiglieria, delle bombarde e delle mitragliatrici grado a grado retrocedente fino sul dianzi della fascia di resistenza, ove si fissa. Nella fascia di osservazione la lotta assume fisionomia diversa: in corrispondenza dei tratti dove sono schierate forze incaricate solo dell'osservazione e della vigilanza, una volta che queste si siano ritirate, la zona viene battuta dalle artiglierie e dalle mitragliatrici della retrostante fascia di resistenza; nei tratti dove sono schierati caposaldi - veri e propri scogli contro i quali si deve infrangere l'azione nemica - le truppe di presidio resistono ad oltranza e costringono l'attacco ad arrestarsi od a deviare verso le predisposte zone di ostacolo e di fuoco; nei tratti nei quali sia stata assegnata alle forze che vi agiscono una funzione intermedia fra la vigilanza e la resistenza, la lotta assume il carattere di combattimento temporeg,giante. Il combattimento nella fascia di resistenza coinvolge tutte le energie della difesa: l'artiglieria prosegue l'interdizione vicina, lo sbarramento, la controbatteria ed apre il fuoco di annientamento; la fanteria difende le posizioni strenuamente fino all'ultimo uomo e fino all'ultima cartuccia e sferra contrattacchi, razionalmente preparati, assestando vibrati colpi con impeto e risolutezza al nemico in crisi di logoramento e non ancora in grado di resistere all'urto. I contrattacchi vengono sferrati d'iniziativa dei comandi locali e la loro esecuzione è affidata ai minori reparti di fanteria; essi seguono, quando possibile, le direzioni stabilite dai piani di difesa ed obbediscono soprattutto all'esigenza della immediatezza; se questa, per una qualsiasi ragione venisse a mancare, occorre rinunziare ad un atto tattico che, svolgendosi tardivamente, sarebbe affetto da errore originario e si risolverebbe in sterile consumo di energie ed impiegare rincalzi e riserve nella resistenza ad oltranza sulle posizioni predisposte. La controffensiva, diversamente dai contrattacchi, implica l'impiego di
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intere grandi unità organiche ed esige sempre la preparazione o quanto meno l'appoggio dell'artiglieria e, se disponibili ed impiegabili, l'intervento di carri armati di assalto. È un vero e proprio attacco, con il quale ha in comune caratteristiche e procedimenti, per la riconquista di posizioni perdute da-poco. Nell'ipotesi che non esistano le condizioni favorevoli al successo - direzione conveniente, situazione nemica precaria, realizzazione della sorpresa tattica, ecc. - le riserve, anziché nella controffensiva, vengono impiegate per la sostituzione delle grandi unità più provate o per il rinforzo dei sistemi arretrati. Le azioni controffensive debbono, in ogni caso, essere previste dal piano di difesa, accuratamente preparate, attuate con aderenza alla situazione del momento e sviluppate con tempestività; quando necessario, possono essere differite, entro limiti di tempo ragionevoli e che non ne compromettano il successo, al fine di chiarire la situazione, concretare l'adattamento del piano di esecuzione, scegliere il tratto della fronte sul quale esercitare lo sforzo principale, compiere con ordine e calma lo schieramento, far riposare dopo la marcia di avvicinamento le unità nuove giunte, orientare comandanti e comandi, sistemare le reti di osservazione e dei collegamenti e condurre la preparazione immediata. Il sistema, ove il comando ha deciso la resistenza ad oltranza, si difende resistendo strenuamente sul posto contrattaccando, mai ripiegando. Nell'ambito della lotta che si svolge sulla fascia di resistenza, il ripiegamento non può essere preso in considerazione; oltre tutto pone le truppe allo scoperto alla mercé del fuoco nemico d'interdizione, mentre la resistenza in sito offre protezione e condizioni favorevoli all'impiego delle armi. Ciò non toglie che flessioni della fronte siano inevitabili e giungano anche a provocare l'inazione delle batterie serrate da vicino dai progressi dell'attacco, ma anche in questo caso neppure tali batterie ripiegano, finché non pervenga l'ordine di arretramento dal comandante della grande unità alla cui dipendenza tattica sono poste, e si difendono col moschetto, con le bombe a mano e con le mitragliatrici. L'eventualità di dover fronteggiare un attacco in forze prima che giungano le grandi unità di rinforzo'. è eccezionale in quanto i preparativi di una grande offensiva non devono sfuggire, ma può verificarsi, ad esempio, che necessità di ordine strategico non consentano, almeno in un primo tempo, l'arrivo dei rinforzi. Lo schieramento di sicurezza deve in tale caso vedersela da solo ed impostare la condotta della difesa su di un regime di rigorosa economia ricorrendo all'azione temporeggiante sul primo sistema fino all'arrivo dei rinforzi sul secondo sistema. Occorre: evitare una resistenza uniforme; opporre la massima intensità di reazione in corrispondenza dei tratti della fronte di maggiore rilievo di-
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fensivo e cedere gradualmente terreno sugli altri, arginando l'irruzione entro brecce ristrette, contenendola nella compartimentazione trasversale, garantendo la continuità del sistema; limitare la contropreparazione, che è dispendiosa, sui soli obiettivi principali e rafforzare invece lo sbarramento; graduare gli interventi a massa dell'artiglieria in relazione alla pericolosità del nemico rispetto alla fanteria della difesa; limitare le reazioni di movimento alla riconquista delle posizioni dalle quali dipende la resistenza dell'intero sistema. Azioni offensive di raggio limitato e colpi di mano nemici possono cogliere di sorpresa il difensore, ma la risposta di questi deve essere istantanea e violenta anche mediante il concorso, se necessario d'iniziativa, delle artiglierie dei settori finitimi a quello investito dalle azioni di contropreparazione e di sbarramento. La reazione del fuoco delle artiglierie non conosce soste fino a quando il comando responsabile non prenda in mano la situazione e non sia in grado di assumere la condotta della battaglia. Una volta delineatasi l'entità e la direzione dell'attacco nemico; le prime riserve, tratte dalle unità non impegnate, affluiscono verso i settori minacciati per canalizzare l'irruzione ed impedirne l'allargpmento; le riserve che giungono successivamente arginano l'irruzione sulla fronte e la contrattaccano sul fianco. La crisi della sorpresa va superta secondo la formula non un uomo né un'arma che siano a portata del combattimento rimangano inattivi.
2.
Le Norme generali per l'impiego delle grandi unità (6) partono da una situazione diversa da quella delle Direttive e riferiscono l'azione difensiva a due ipotesi distinte: la difesa in terreno libero e la difesa in terreno organizzato, mettendone in evidenza le differenze e sottolineando le diversità della lotta sul terreno montano rispetto al terreno mediamente accidentato (7). L'ipotesi presa a base del discorso è la difesa in terreno libero, vale a dire la meno robusta, ma, appunto perché tale, la più bisognevole di profondità, elasticità e reattività. L'azione difensiva è atteggiamento temporaneo e locale che si sceglie nell'attesa di passare all'azione offensiva sulla stessa fronte o con l'intendimento di economizzare forze per sviluppare l'azione offensiva altrove, ovvero è atteggiamento imposto dall'inferiorità di potenza e d'azione, che si ha rispetto al nemico. Essa si ispira, al pari di quella offensiva, all'idea della manovra; è regolata dagli stessi princlpi di massa, sorpresa, combinazione degli sforzi; si avvale essenzialmente del fuoco e del
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contrattacco. La massa si ottiene concentrando la resistenza nei tratti più importanti della fronte e sviluppando il contrattacco lungo le direzioni più minacciose per il difensore; la sorpresa si realizza con la contropreparazione, il contrattacco sferrato in luogo, tempo e modo scelti dalla difesa, e con la segretezza dell'organizzazione (occultamento, mascheramento, scaglionamento in profondità); la combinazione degli sforzi è il risultato dell'avveduta dosatura della resistenza sui diversi tratti della fronte e della combinazione della resistenza con il contrattacco adattata alla situazione qualora questa abbia sviluppi diversi da quelli previsti. La scelta della posizione sulla quale difendersi - che spetta al comandante della grande unità complessa - può essere libera od obbligata secondo la maggiore o minore distanza dal nemico. La posizione viene suddivisa in settori ed ognuno di questi è assegnato ad una grande unità sottoposta. Settori e tratti di essi hanno spesso caratteristiche diverse sicché alcuni rivestono funzioni essenziali, altri funzioni concomitanti. Il criterio di base è di trarre il massimo rendimento dalle proprie forze e dai propri mezzi, scegliendo un terreno favorevole all'azione che s'intende svolgere e sfruttandone tutte le caratteristiche favorevoli sia nell'impostazione sia nell'organizzazione della difesa, che trovano la loro espressione concreta nel progetto di difesa, elaborato dal comandante della grande unità (8). La distribuzione delle forze in profondità comprende, per regola, 2 sole schiere: ciò in ragione del normale rapporto esistente, nella difesa, tra forza e fronte. La forza della prima schiera dipende dall'ampiezza della fronte da difendere e dalla densità dei fuochi necessaria e sufficiente a tale difesa; quella della seconda schiera dai compiti che s'intendono assegnare alla riserva. Nella grande unità d'ala esiste sempre anche una terza schiera spostata verso il fianco esposto a protezione di questo, protezione alla quale concorrono di norma unità celeri con il compito di «agire sul fianco e sul tergo del nemico, oppure soltanto di vigliare il fianco esposto ed opporsi all'azione di unità celeri avversarie». La divisione di prima schiera si articola di regola su 2 scaglioni; solo eccezionalmente, nel caso di fronte ristretta o di unità d'ala, su 3 sc'aglioni. La fronte di schieramento della divisione è di 3 ~ 4 chilometri od anche più ampia quando la divisione disponga di tutto o parte del battaglione mitraglieri del corpo d'armata. Il sistema difensivo comrpende normalmente: una posizione di resistenza, sul cui margine anteriore corre la linea di resistenza; una zona di schieramento retrostante; una zona di sicurezza, antistante la posizione di resistenza, sul cui margine anteriore corre la linea di sicurezza. La posizione di resistenza, il cui margine anteriore è definito particolareggiatamente dal comando della divisione in prima schiera, con il
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criterio di soddisfare nel migliore dei modi le esigenze dell'osservazione e del fuoco, è il muro portante dell'intero sistema. È sulla linea di resistenza che si dispongono i reparti di primo scaglione per logorare e ritardare fin dalle maggiori distanze l'attacco. La sistemazione della posizione di resistenza ha precedenza assoluta su ogni altra sistemazione. Sul terreno antistante la posizione stessa, per una profondità compresa tra i 200 ed i 100 m, le armi automatiche sovrappongono il loro fuoco a quello delle artiglierie e mediante un sistema di tiri radenti e incrociati, gradualmente più efficace dalla zona più lontana alla zona ravvicinata, arrestano il nemico e cercano d'incanalarlo in una direzione favorevole al contrattacco che può anche pronunziarsi su tale zona, previo scavalcamente da parte delle unità contrattaccanti di quelle che presidiano la linea di resistenza. La profondità della posizione di resistenza è determinata dal limite di gittata efficace delle mitragliatrici pesanti dei reparti di secondo scaglione - in terreni non molto accidentati circa 100 m in quanto anche tali armi debbono concorrere con tiri efficaci all'insieme della resistenza che trova i suoi punti di appoggio nello schieramento in profondità delle mitragliatrici pesanti del primo e del secondo scaglione. Sia sul davanti sia all'interno della posizione vengono effettuati lavori di ostacolo e di protezione, la cui entità varia a seconda del tempo e dei mezzi disponibili in ciascun caso. In terreno libero, quando si -sia potuto disporre di tempo e di mezzi sufficienti, la posizione di resistenza presenta l'aspetto di una scacchiera di centri di resistenza inseriti entro una rete più o meno abbozzata di reticolati e di scavi. Ciascun centro di resistenza, comprendente di norma una o due mitragliatrici pesanti e da una a tre squadre fucilieri, ha in sé elementi di fuoco e di movimento, i primi con funzione di arresto, i secondi con il compito di respingere le infiltrazioni locali. I fuochi dei centri di resistenza s'incrociano a vicenda: quelli di un centro fiancheggiano la fronte e gli intervalli dei centri contigui. I centri sono collegati mediante vie naturali o scavi (allacciamenti) il cui andamento e profilo sono scelti e progressivamente adattati in maniera da agevolare il fuoco ed il movimento ed al tempo stesso da costituire riparo degli elementi di contrattacco o seconda postazione delle armi automatiche (criterio delle postazioni multiple, le quali consentono lo spostamento delle armi azione durante secondo le necessità o la convenienza). Lo scaglionamento in profondità delle mitragliatrici pesanti del primo scaglione, completato da quello delle mitragliatrici del secondo scaglione in modo che anche queste concorrano all'efficienza della posizione di resistenza, è l'ordito dell'intero sistema sul quale si tesse la trama di tutta l'azione. La zona di schieramento è lo spazio nel quale si schiera la massa delle artiglierie campali e si
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predispongono le forze ed i mezzi destinati a sostenere e ad alimentare la difesa della posizione di resistenza ed a ricacciare il nemico che la avesse superata. È profonda fino a 5 .,. 6 chilometri dalla linea di resistenza. Nel suo interno è organizzata una posizione in.termedia che deve dare sicurezza alla maggior parte delle artiglierie, consentire la raccolta e la temporanea resistenza delle truppe che fossero state costrette a ripiegare dall'antistante posizione di resistenza e favorire il contrattacco sul fianco del nemico che fosse riuscito a penetrare nella posizione ed a superarla. Sul davanti sono dislocati i reparti di secondo scaglione, i reparti del genio incaricati di completare e mantenere la sistemazione e, quando esistano, i reparti di terzo scaglione, come pure le unità spinte eventualmente in avanti dalle grandi unità di seconda schiera. Verso il suo estremo posteriore, eccezionalmente al di là, si organizza una seconda posizione - un nuovo sistema - destinata all'arresto dell'avversario riuscito a superare anche la posizione intermedia e scelta in modo che l'attaccante sia obbligato a procedere all'impianto di una nuova battaglia offensiva. Essa, al momento opportuno, viene presidiata dalle grandi unità di seconda schiera essendo da escludere che l'occupazione possa essere fatta colle sole truppe respinte dalla posizione di resistenza e da quella intermedia. La zona di sicurezza è il terreno compreso tra la linea di sicurezza stabilita sul davanti allo scopo di sorvegliare i movimenti del nemico e di ritardarli - e la linea di resistenza. La linea di sicurezza - che sui terreni accidentati corre sui cigli, a differenza di quanto avviene normalmente per la linea di resistenza, sul cui rovescio si deve assicurare sufficiente profondità per lo sviluppo dei fuochi - è determinata in modo che consenta la maggiore facilità di osservazione sul terreno antistante e che sia a distanza tale dalla retrostante linea di resistenza da poter ricevere appoggio dalla massa delle artiglierie leggere della difesa. Le truppe della zona di sicurezza, tratte dai reparti del primo scaglione, sono più o meno consistenti a seconda che siano incaricate della sola osservazione od anche di una prima resistenza; in questo secondo caso debbono essere in grado, mercé un bene organizzato sistema di tiri radenti ed incrociati delle armi automatiche integrato dal tiro curvo dei proietti scoppianti, di ritardare sensibilmente l'avanzata del!' attaccante, di ingannarlo sulla vera ubicazione della posizione di resistenza e di provocarne la prematura entrata in azione. Nell'interno della zona di sicurezza vengono disseminati ostacoli che, battuti dal fuoco fiancheggiante delle armi automatiche, concorrono al ritardo ed al logoramento. L'azione della zona di sicurezza è coordinata non solo con quella della retrostante posizione di resistenza, ma anche con quella, quando esista, dell'antistante dispositivo dell'esplorazione vicina, cosliluilu <la
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truppe celeri le quali sono anch'esse destinate ad osservare e ritardare l'avanzata del nemico per poi raccogliersi nella zona all'uopo prefissata dal comandante della grande unità. L'organizzazione della difesa si basa sul sistema osseroazionecollegamenti-fuochi e comprende pertanto: l'ininterrotta attività dell'os-
servazione e della ricognizione terrestre ed aerea e delle intercettazioni per scoprire movimenti, disposizioni, intenzioni del nemico; l'organizzazione dei collegamenti per lo scambio delle informazioni, la trasmissione degli ordini e l'esecuzione dei fuochi; l'organizzazione dei fuochi di artiglieria e di fanteria e la combinazione di entrambi alle distanze alle quali anche il fuoco di fanteria è efficace; Io scaglionamento delle forze capace di assicurare profondità alla difesa; l'occultamento, il mascheramento, la protezione dei mezzi e delle forze per sottrarli all'offesa; le disposizioni intese a rallentare l'avanzata nemica per guadagnare tempo al fine di conferire maggiore efficienza alla sistemazione difensiva, per rendere il più possibile logorante l'azione nemica e per catturare prigionieri al fine di ottenere notizie (puntate di reparti celeri e di fanteria appoggiata da artiglieria). L'organizzazione dei fuochi risponde al criterio di garantire: nell'ambito della fanteria il reciproco appoggio dei centri di resistenza contigui e l'integrazione reciproca delle armi automatiche, dei lanciabombe e dei pezzi di fanteria; nell'ambito dell'artiglieria un'azione manovrata, precisa, elastica, economica. Il fuoco dell'artiglieria comprende azioni d'interdizione, di appoggio a favore delle soste delle truppe che effettuano le puntate offensive e di quelle operanti nella zona di sicurezza, di controbatteria, di interdizione, di spianamento. Lo schieramento delle artiglierie risponde alle esigenze di conferire profondità ed elasticità alla manovra del fuoco, di sottrarre le batterie alle fluttuazioni della linea di resistenza, di favorire la prontezza dei concentramenti, di garantire disponibilità di fuoco anche nel caso di cedimenti locali della posizione di resistenza. L'organizzazione del fuoco delle artiglierie deve essere accuratissima e sorretta da collegamenti diretti per l'indicazione degli obiettivi e per le richieste d 'intervento, da una rete di osservatori completa e con larghe sovrapposizioni delle zone viste, da una o più reti specializzate di collegamento a maglie chiuse pronte ad ogni deviazione che si renda necessaria e ad ogni allacciamento diretto. Le batterie, gli organi di osservazione ed i posti di rifornimento delle munizioni si scaglionano in profondità maggiore di quella dell'azione offensiva e vengono mascherati alla vista e, se possibile, protetti contro i tiri; ma l'arretramento e la profondità necessari per proteggee i nuclei più avanzati non debbono tradursi in danno della necessità di battere alla maggiore distanza possibile l'avversario, fine per il quale alcune batterie possono essere
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spinte innanzi, nella zona di sicurezza, assicurando il loro pronto e tempestivo ritorno dietro la linea di resistenza. L'ordinamento tattico è fortemente accentrato e regolato in modo che consenta il concentramento di tutta, o gran parte, della massa di fuoco di cui si dispone. Di particolare importanza è la conoscenza, da parte dei comandanti delle unità di artiglieria, del terreno proprio e di quello che deve percorrere l'attaccante. Sebbene sia conveniente sfruttare fin dall'inizio il massimo numero di bocche da fuoco disponibili, le artiglierie delle grandi unità di seconda schiera, a cagione della incertezza circa la direzione nella quale gli eventi imporranno d'impiegare tali unità, non vengono messe, se non in casi del tutto eccezionali, - quando cioè le distanze lo consentano o la situazione sia oltremodo precaria - alla dipendenza, sia pure temporanea, delle divisioni di prima schiera. Quando il provvedimento si possa o si debba prendere, tali artiglierie, che restano alle dipendenze del comandante del rispettivo corpo d'armata, prendono posizione arretrata e si tengono pronte ad entrare in azione, se occorra, a protezione delle posizione intermedia e della seconda posizione od a seguire senza indugio la propria grande unità appena questa debba intervenire nella battaglia. L'organizzazione della difesa controcarri consiste, oltre che nelle predisposizioni per l'avvistamento e la segnalazione, nella combinazione di difese passive e. di mezzi di fuoco: le prime costituite da ostacoli intransitabili disposti in modo da essere battuti dal fuoco e da costringere i carri dell'attaccante ad arrestarsi od a deviare verso zone dove sia più facile colpirli; i secondi comprendono pezzi di piccolo calibro in agguato, sbarramenti automatici delle artiglierie, mine nascoste funzionanti per contatto od a comando, eccezionalmente e sussidiariamente bombe da aeroplani. Le artiglierie divisionali, fatta eccezione dei pezzi in agguato, si tengono pronte a rivolgere il loro tiro sulle fanterie che seguono i carri, giacché queste e non i carri costituiscono il più pericoloso avversario per il difensore. L'organizzazione della difesa contraerei, che raramente gode di una disponibilità di artiglierie tali da consentire l'interdizione di zone di cielo di notevole ampiezza, è diretta alla protezione di determinati obiettivi ubicati in genere nella zona di lotta della fanteria od a questi molto prossimi (riserve non occultate all'osservazione terrestre, artiglierie a tiro curvo, linee di ostacolo o centri di resistenza tenuti nascosti per sorprendere l'attaccante in caso di una sua eventuale penetrazione, avvallamenti o zone boscose occupati da densi schieramenti) . Alla difesa contraerei concorrono altresì le unità delle varie armi, non impegnate direttamente nel combattimento terrestre, nei limiti consentiti dalle prestazioni dei mezzi dei quali sono dotate. L'aviazione interviene in tutte le fasi dell'azione difensiva come mezzo di osservazione
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e di offesa. Essa sorveglia i movimenti e gli stazionamenti del nemico, riconosce il terreno dell'attacco per determinarne le caratteristiche, osserva e ritrae con la fotografia il terreno della difesa per controllare il progresso dei lavori e l'efficacia dell'occultamento e del mascheramento, bombarda gli obiettivi lontani e gli obiettivi in angolo morto rispetto al tiro delle artiglierie. Nel quadro della difesa contraerei, l'aviazione coopera con le artiglierie contraerei in un quadro di esatta ripartizione dei compiti e di chiara precisione di segnali che debbono essere conosciuti anche dalle truppe operanti nella zona di sicurezza e nella posizione di resistenza. Il complesso delle attività organizzative e dei lavori a queste connesse ha inizio sin dal primo momento e si sviluppa gradualmente con precedenza a tutto ciò che riguarda l'osservazione, i collegamenti ed il fuoco (osservatori, reti telefoniche, radiotelegrafiche, ottiche, ecc, posti comando, postazioni dei mezzi di fuoco e prima posa dei reticolati), rimandando a tempi successivi, nell'ordine, la posa degli altri ostacoli, i ripari per i mezzi di fuoco, i ripari per le truppe e per i comandi, le comunicazioni coperte. Nell'organizzazione della difesa in montagna, stante la scarsa profondità di molte posizioni e le distanze maggiori o minori che possono intercorrere tra le posizioni stesse rispetto allo schema di sistemazione della difesa sugli altri terreni, può accadere che: la linea di sicurezza coincida con quella di resistenza, l'osservazione debba essere spinta il più lontano possibile mediante reparti celeri o reparti appiedati incaricati dell'esplorazione vicina, si debba rinunciare alle posizioni intermedie, le fronti siano più ampie per l'esistenza di tratti praticabili alternati con tratti impervi, lo schieramento delle artiglierie sia assoggettato a molte servitù, l'organizzazione dei fuochi comporti difficoltà particolari per la presenza di numerosi angoli morti, le truppe di secondo scaglione debbano addossarsi sul rovescio della posizione di resistenza e le riserve debbano essere frazionate. Ma la minore profondità è spesso compensata dalla superiore capacità di resistenza delle posizioni montane; le reazioni di movimento; svolte in genere dall'alto verso il basso, esprimono un'efficacia maggiore di quelle svolte su altri terreni; le artiglierie con l'azione d'interdizione sui punti di obbligato passaggio compensano il minore rendimento delle altre azioni di fuoco. Alla fase dell'organizzazione - che, peraltro, continua anche dopo l'inizio dell'attacco nemico - fa seguito quella della esecuzione la quale comprende: la contropreparazione, la resistenza, il contrattacco. La contropreparazione mira a frustrare l'organizzazione dell'attacco ed a prevenire la preparazione. Comprende azioni d'interdizione, di controbatteria, di spianamento ed eventualmente di appoggio ad eventuali azioni della fanteria intese a sventare quelle preliminari del nemico, a racco-
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gliere notizie ed a catturare prigionieri. Essa è tanto più proficua quanto più immediata; le sue probabilità di buon esito sono massime se essa raggiunge pieno sviluppo quando l'organizzazione dell'attacco è già molto avanzata ma non del tutto completa; decrescono invece rapidamente se essa coincide con la preparazione avversaria o si inizia dopo di questa. La contropreparazione, se bene organizzata mediante un attivissimo servizio d'informazioni, un impiego bene manovrato dell'artiglieria e un intervento limitato di fanteria bene appostata e decisa, può compromettere l'esito dell'attacco perturbandone irrimediabilmente le fasi preliminari di organizzazione e di preparazione. E poiché quest'ultima è svolta essenzialmente dall'artiglieria occorre che la difesa sviluppi una potente neutralizzazione delle artiglierie avversarie, un'intensa interdizione a ragion veduta di tutti gli elementi non di artiglieria costituenti obiettivi vulnerabili ed importanti, limitando l'azione di protezione al solo rinforzo di quella di a"esto «se ed in quanto necessaria per prolungare la resistenza degli elementi della linea di sicurezza». L'aviazione concorre alla contropreparazione estendendo il fuoco a distanze superiori alle gittate deile artiglierie per cogliere le colonne nemiche in movimento obbligandole a rallentare la marcia, per «turbare» l'avanzata delle artiglierie attaccanti, per scompigliare i grossi e distruggere i rifornimenti. La resistenza, della quale, diversamente dalla contropreparazione, è portagonista la fanteria, deve arrestare l'attacco in corrispondenza della linea di resistenza e inibirgli la progressione. A tale fine le unità di fanteria debbono tenere le posizioni fino all'ultimo uomo e sviluppare con disciplina e calma il loro fuoco e contrattaccare le eventuali penetrazioni giunte a distanza d'assalto con bombe a mano, baionette e pugnali, sforzandosi di piombare sul fianco delle penetrazioni per distruggerle. Nell'eventualità che il nemico riesca ad operare una breccia in qualche tratto della fronte, le fanterie schierate ai lati della breccia tengono fermo il loro fuoco di arresto per evitare l'allargamento della breccia stessa, ben sapendo che, se questa non si estende, la penetrazione nemica va incontro a sicuro insuccesso e che se, invece, si apre ulteriormente, può provoare la disorganizzazione dei fuochi scaglionati in profondità, rendere meno efficace l'intervento dell'artiglieria e consentire al nemico penetrato di operare a tergo della linea di resistenza, rendendo problematica, in quel tratto, la continuazione della difesa. L'artiglieria passa gradualmente dalla contropreparazionc alle azioni parziali di protezione dirette contro le fanterie nemiche sulle quali agiscono anche i lanciabombe e le mitragliatrici pesanti, e riduce la controbatteria a quanto necessario per prolungare i risultati di neutralizzazione conseguiti nella fase precedente. Là dove l'avversario riesce a venire alle minime distan-
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ze (200 metri o meno) dalla posizione di resistenza, od a penetrarvi, la protezione non può che battere le fanterie nemiche avanzate; l'interdizione d'Armata batte obiettivi sempre più ravvicinati e così pure l'interdizione eventuale svolta da artiglierie di corpo d'armata. Nella fase di resistenza l'aviazione prosegue nella sua attività di osservazione, di protezione e di lotta e mentre la caccia protegge di preferenza la ricognizione, gli aerei da bombardamento e da mitragliamento intervengono sulle forze nemiche in avvicinamento già scosse da bombardamenti o da tiri d'artiglieria. Il contrattacco in forze è quello condotto dalle unità del secondo o del terzo scaglione o dalle grandi unità di seconda schiera, ed è atto previsto dal progetto qi difesa. Esso presuppone il preventivo orientamento dei quadri destinati a condurlo ed esige la cooperazione dell'artiglieria, come pure l'attuazione di tutte le misure necessarie a garantire l'osservazione, i collegamenti, le segnalazioni e gli sbocchi delle unità. Può essere predisposto in previsione di un possibile cedimento della linea di resistenza oppure per colpire l'avversario dopo averlo incanalato in una direzione favorevole al contrattacco stesso, che cada cioè sul fianco della penetrazione. Al fine di evitare o di ridurre la messa in atto da parte dell'attaccante delle misure dirette a carpire il fianco, occorre che il contrattacco sia tempestivo e potente, tempestività e potenza alle quali giovano terreni di facile praticabilità e, quando disponibili ed impiegabili, unità di carri armati tenute fino all'ultimo momento in riserva. Il contrattacco produce risultati decisivi contro truppe logorate dallo sforzo della pcntrazione se risponde a semplicità di concezione, rapidità e potenza di esecuzione. Le truppe avversarie si presentano per solito addensate ·verso l'avanti, cosicché, respinta e disorganizzata la prima linea, le truppe contrattaccanti trovano facile via. Da qui il ricorso ad una preparazione breve e violenta, ad un dispositivo meno profondo di quello dell'attacco e ad un urto iniziale potente e violento. L'artiglieria divisionale, eventualmente rinforzata da aliquota dell'artiglieria di corpo d'armata, entra in azione con concentramenti contro gli obiettivi di spianamento costituiti dagli elementi di fuoco avversari, affidando: al1' interdizione l'isolamento degli elementi nemici che si intende contrattaccare; alla controbatteria istantanea e tempestiva - che non deve marcare la localizzazione dei suoi tiri se non quando si inizi la breve preparazione, ove questa abbia luogo, oppure quando le fanterie contrattaccanti stiano per rivelarsi esse stesse al nemico - la messa a tacere del fuoco di appoggio delle artiglierie attaccanti; all'appoggio, breve e preciso, stante la vicinanza delle opposte fanterie, la neutralizzazione delle sorgenti di fuoco che più contrastano l'avanzata delle unità contrattac-
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canti. Il contrattacco non deve dare luogo a nessun rimaneggiamento dello schieramento delle artiglierie e ciò per guadagno di tempo oltreché per non compromettere l'assolvimento dei compiti normali od eventuali già assegnati nell'interesse delle unità che continuano l'azione difensiva sulla posizione di resistenza. Durante lo svolgimento del contrattacco le unità vicine vi concorrono, sviluppando, quando ne abbiano la possibilità e ne ricevano l'ordine, contrattacchi locali appoggiati dalle artiglierie divisionali assegnate al rispettivo settore. L'aviazione collabora con le stesse modalità dell'attacco e, in particolare, con azioni di bombardamento ed anche di mitragliamento effettuate da unità preventivamente desigante ed orientate. I contrattacchi locali, condotti da piccole unità di rincalzo, non sono preceduti in genere dalla preparazione dell'artiglieria e sono caratterizzati dall'istantaneità; pur essendo raccomandabile l'azione sul fianco, spesso non si ha il tempo per la scelta della direzione dell'urto per cui le reazioni si sviluppano là dove si trova il nemico e si concludono con il combattimento ali' arma bianca. L'azione difensiva in terreno organizzato è analoga a quella in terreno libero e passa per le stesse fasi. L'effettuazione di lavori consistenti consente di conferire all'azione nella zona di sicurezza, in proporzioni ridotte, la stessa fisionomia di quella della posizione di resistenza in terreno libero o sommariamente organizzato. La contropreparazione ha caratteristiche di maggiore intensità e durata e comprende: più importanti tiri di spianamento contro lavori offensivi compiuti dall'attaccante, o contro appostamenti di carri armati pronti all'irruzione; azioni di controbatteria più intense e più redditizie per la migliore conoscenza che si ha dei dati di posizione delle artiglierie nemiche; azioni di interdizione a colpo sicuro contro comandi, riserve, centri logistici, ammassamenti, ecc.; azioni di fanteria ed artiglieria intese a provocare reazioni rivelatrici. La molteplicità di postazioni bene defilate ed occultate - talune ingannatrici dell'osservazione terrestre ed aerea - conferiscono alla resistenza maggiori possibilità di elasticità e di reattività, mentre il contrattacco si giova di una organizzazione più accurata. Quando gli avversari sostano a lungo a brevissima distanza fra loro, in periodi di relativa calma, aumentano dall'una e dall'altra parte le possibilità della sorpresa e perciò dei colpi di mano, ed anche, sebbene più raramente, degli assalti generali non preveduti affatto da chi è destinato a subirli. Per fare fronte ad essi occorre predisporre un'organizzazione del fuoco di fanteria e di artiglieria che consenta di scatenarli di un tratto ad un semplice segnale, amò di una protezione fitta e continua, aderente per quanto possibile alla linea di resistenza e capace di sfruttare al massimo l'azione addcnsatricc e ritardatrice dei reticolati. All'automatismo di tale fuoco fa
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seguito l'azione a ragion veduta non appena i comandanti di ogni livello prendono alla mano il fuoco delle rispettive unità e sono in misura di poterlo regolare in base alla situazione ed agli ordini sopraggiunti. I tiri delle mitragliatrici si spostano dai tratti di sbarramento del terreno agli obiettivi più minacciosi e manifesti e quelli delle artiglierie si differenziano a seconda del carattere dell'azione e si sviluppano anche essi nel quadro della manovra del fuoco mediante concentramenti intensi e brevi sugli obiettivi del momento più importanti e pericolosi. A poco a poco la lotta assume l'andamento già visto per il caso generale.
3. La manovra di ripiegamento ha per scopo - indicano le Norme di sottrarre le forze a pressione soverchiante, o di evitare l'apertura di una breccia nella fronte difensiva, o di ritardare l'avanzata del nemico secondo un piano stabilito dal comando superiore. Può essere attuata in presenza dell'avversario, mentre può essere o no in corso il combattimento, o fuori della pressione dell'avversario. In ogni caso è ordinata dal comando superiore e non può avvenire per iniziativa dei comandi delle divisioni di prima schiera. Nel caso che la manovra si attui in presenza del nemico, ma quando il combattimento non è in corso, si può utilizzare per compierla la notte o una densa copertura del terreno quando esista. La nebbia è malfida in quanto può scomparire all'improvviso. L'operazione, quando la notte non sia imminente, può essere preceduta, a fine d'inganno, da una ripresa offensiva, della quale occorre calcolare la convenienza in vista delle sanzioni (controbatteria e interdizione) nemiche che può provocare; tale ripresa va sviluppata, quando la si conduca, col manimo di fuoco e di movimento, ma col minimo possibile di fanterie. Il ripiegamento dei primi reparti viene protetto da un'aliquota di forze che restano in sito e che ripiegano successivamente. Nel caso che la manovra si attui in presenza del nemico e mentre il combattimento è in corso diventa operazione assai delicata e va preparata mediante contrattacchi bene appoggiati da fuoco di artiglieria; tanto più i contrattacchi sono vigorosi tanto minore è la pericolosità dell'azione. Le retroguardie lasciate in posto, su punti importanti del terreno, per ritardare l'avanzata del nemico resistono, ove ne sia dato l'ordine, fino al sacrificio. L'intera operazione è affidata alla efficacia dell'azione dell'artiglieria che spinge alcune batterie in avanti fino al limite estremo di sicurezza dei materiali, e che deve sostenere sia i contrattacchi sia le resistenze delle retroguardie, protetta da vicino da scorte, (almeno le batterie più avanzate), che la garantiscano dalle pene-
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trazioni nemiche. In entrambi i casi - combattimento in corso o no - l'inizio dell'operazione è preceduto dall'occupazione da parte di reparti arretrati di una posizione intermedia per dare protezione al movimento retrogrado. La posizione è situata fra quella sulla quale si svolge l'azione e quella su cui le truppe devono ripiegare. Le truppe che vi sono destinate assumono a loro volta funzioni di retroguardia e resistono in posto fino a quando non ricevano esse stesse l'ordine di arretrare sulla posizione retrostante per rinforzare quelle che l'hanno già raggiunta o per dislocarsi a tergo e riordinarsi. Il brillamento delle interruzioni è ordinato dal comando dell'armata il quale, se la manovra si compie su fronti ampie e su spazi profondi, può delegare i comandi di corpo d'armata; in ogni caso l'ordine di far brillare le mine è atto assai grave per le conseguenze decisive che ha sulla riuscita della manovra. Le disposizioni per il ripiegamento mentre è in corso il combattimento non possono essere inizialmente organiche e complete, ma parziali e successive, date verbalmente e integrate mediante l'invio nei punti più delicati di ufficiali incaricati di orientare i comandanti sottoposti. J primi doveri di ogni comandante sono di assicurare l'occupazione della posizione intermedia e la protezione che le artiglierie debbono dare alle truppe ripieganti ed alle retroguardie, di garantire il graduale arretramento per scaglioni successivi delle artiglierie, di predisporre l'ordinato arretramento dei servizi e di mantenere inflessibile disciplina nelle retrovie. Nel caso che la manovra di ripiegamento s'inizi fuori della pressione del nemico, essa può essere regolata secondo disposizioni organiche e preventive e sulla base di un completo orientamento di tutti i sottordini. Essa consiste nel guadagnare tempo, sfruttando posizioni successive sulle quali attendere il nemico e ritardarne il movimento soprattutto con azione di fuoco, e dalle quali ripiegare, senza lasciarsi impegnare, su di un'altra posizione retrostante, e così via fino al totale adempimento del compito. La scelta delle posizioni successive dipende dal terreno; sono peraltro da ricercare la facilità di osservazione e di fuoco alla maggiore distanza possibile e le migliori condizioni di schieramento e di facilità di movimento sul rovescio di ciascuna posizione. La distanza tra due posizioni successive deve essere tale da costringere il nemico a non poter affrontare la seconda senza imbastire un nuovo attacco. Il meccanismo dell'azione consiste sempre: nel fuoco dell'artiglieria iniziato dalle maggiori distanze sussidiatò, se possibile, da quello dell'aviazione; nell'impiego, quando disponibili, di truppe celeri che agiscano spiegando aggres-
siva mobilità e penetrando quanto più possibile entro il rado schieramento nemico; nel fuoco ravvicinato dell'artiglieria integrato da quello delle armi della fanteria sì da costringere il nemico a spiegarsi. Occorre stabilire sul davanti di ciascuna posizione un intreccio di fuochi incrociati
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delle armi automatiche, ma in caso di fronti molto ampie è giocoforza limitare l'occupazione della posizione ai punti tatticamente più importanti e controllare e sorvegliare gli altri con il fuoco. Il ritardo del nemico, oltre che con il fuoco, in generale può essere conseguito anche mediante azioni svolte dalla fanteria per soprendere con tiri incrociati delle mitragliatrici il nemico sul fianco e per integrare l'azione delle truppe celeri protratta il più a lungo possibile. La manovra di ripiegamento ha luogo, quando possibile, di notte; se è giocoforza effettuarla di giorno, s'inizia prima che le fanterie vengano seriamente impegnate e siano soggette al tiro efficace delle armi automatiche nemiche. Alle puntate delle truppe celeri nemiche contro i fianchi delle truppe ripieganti vengono contrapposte analoghe azioni delle truppe celeri del difensore spinte avanti sulla fronte e sui fianchi e violenti concentramenti di fuoco delle artiglierie e delle mitragliatrici pesanti. Sarebbe utile che le truppe ripieganti da una posizione potessero riordinarsi a tergo di quella successiva senza doversi impegnare su di questa, che dovrebbe essere tenuta da altre truppe schieratevisi in precedenza. Ampiezza delle fronti e profondità degli schieramenti non consentono spesso l'adozione di un tale procedimento ed obbligano, invece, ad impiegare le stesse truppe su di ognuna delle posizioni successive. In tali casi è più che mai indispensabile l'azione delle retroguardie appoggiate fino all'estremo dal fuoco di artiglieria. Sono essenziali per la riuscita della manovra di ripiegamento in ogni caso: l'esatta determinazione delle posizioni successive e degli itinerari per raggiungerle; I' orientamento di tutti i comandi sul meccanismo della manovra stessa; la ricognizione preventiva delle posizioni e del terreno interposto tra posizione e posizione; la preventiva ricognizione delle successive zone di schieramento delle artiglierie e la preventiva preparazione del tiro da ogni posizione; l'organizzazione dei collegamenti; la continua osservazione, specialmente aerea, dei movimenti del nemico; la determinazione dei segnali per l'esecuzione dei movimenti sempre quando non sia possibile determinare i tempi in precedenza; la tempestiva messa in opera delle interruzioni. L'ordine di arretramento dall'una all'altra posizione non può essere lasciato all'iniziativa dei sottordini, ma è stabilito dai comandanti di unità non inferiore alla divisione.
4. La difensiva strategica non possiede capacità risolutiva, ha carattere di temporaneità, è mezzo per economizzare forze. Su tali concetti
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esiste piena concordanza tra le due pubblicazioni, ma le Direttive riconoscono alla difensiva strategica, purché attuata con il più razionale impiego delle armi e dei mezzi, la capacità potenziale di mutare a proprio vantaggio il rapporto di potenza che esiste inizialmente tra gli opposti schieramenti. E la concezione del Clausewitz: la difesa più forte dell'attacco. Nelle Direttive il terreno non incide solo sull'ampiezza delle fronti, sulla profondità dei dispositivi e sulla scelta delle modabilità di azione, come nelle Norme, ma è elemento essenziale e dinamico in quanto accorda protezione al difensore e gli assicura l'impiego a gran rendimento dei mezzi, compensa l'inferiorità originaria e pone la difesa in favorevoli condi:àoni di lotta rispetto all'attacco. Di tali valide considerazioni non v'è traccia alcuna nelle Norme, i cui estensori nella più che legittima ansia del primato dell'azione offensiva - unica forma risolutiva della lotta - sembra dimentichino o sottovalutino l'esperienza, testimoniata nelle Direttive, circa la forza della difesa quando questa si avvalga del terreno e della fortificazione come fattori incrementali attivi e dinamici della sua capacità operativa. Vero è che nell'ultima fase della prima guerra mondiale l'azione offensiva aveva ripreso il sopravvento, ma ciò era accaduto, tra l'altro, per la comparsa sul campo di battaglia del carro armato che le Norme continuano a considerare mezzo sussidiario ed eventuale anche là dove ne è possibile l'impiego. Ispirata in entrambe le pubblicazioni all'idea della manovra - intesa esplicitamente nelle Norme come applicazione dei principi della massa, della sorpresa e della combinazione degli sforzi - l'azione difensiva tattica è impostata, organizzata e condotta secondo criteri e procedimenti differenti, che graduano diversamente l'importanza relativa dei requisiti di profondità, elasticità e reattività, considerati peraltro, sia dalle Direttive sia dalle Norme, concordemente essenziali. Il sistema difensivo delle Direttive è più profondo ed elastico di quello delle Norme, le quali portano rimedio a tali difetti con una maggiore densità del fuoco, mentre alla reattività, che entrambe le pubblicazioni considerano normale ai livelli minori, le Norme conferiscono, al livello divisionale, il carattere di azione unitaria a massa, risolutiva del combattimento difensivo: la divisione sviluppa il contrattacco, non i contrattacchi. Tale diverso modo d ' intendere l'azione difensiva tattica deriva, ma solo in parte, dal fatto che le Direttive si basano sulla divisione quaternaria, ricca di uomini (12 battaglioni) ma non altrettanto di capacità di fuoco; le Norme sulla divisione ternaria, che ha minore disponibilità di uomini (9 battaglioni) ma assai maggiore capacità di fuoco, sia per il migliorato rapporto fanteria-artiglieria, sia, e soprattutto, per l'aumento della disponibilità di armi automatiche (270 anziché 168). La densità di fuoco del-
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le armi automatiche realizzabile dal battaglione della divisione ternaria (12 mitragliatrici pesanti e 18 leggere) era, fermo restando il rapporto forze-spazio, più che doppia rispetto a quella del battaglione della divisione quaternaria (6 + 8 mitragliatrici pesanti e 6 leggere). La densità è fattore di robustezza, ma mentre da un lato trova il suo limite nel necessario diradamento delle sorgenti erogatrici del fuoco, dall'altro surroga solo in parte la profondità e l'elasticità, che restano i requisiti essenziali della difensiva strategica e tattica. Sul piano strategico entrambe le pubblicazioni prevedono la reiterazione dell'azione difensiva in profondità: le Direttive mediante l'approntamento di più sistemi successivi, le Norme mediante la predisposizione della seconda posizione. Sul piano tattico, invece, la fascia di resistenza delle Direttive, benché meno robusta stante la minore densità della fanteria, concede assai più alla profondità e soprattutto alla elasticità del dispositivo della fanteria che non la posizione di resistenza delle Norme. Circa l'ampiezza della fronte di una divisione: le Direttive - che la fanno dipendere dal terreno e da circostanze che sfuggono ad ogni previsione - la indicano come valore minimo in 3000 m, ma non escludono ampiezze massime triple ed anche quadruple; le Norme la fanno oscillare tra i 3000 ed i 4000 m, nei terreni di accidenLalità normale, ammeltendo valori maggiori solo nel caso che la divisione disponga di tutto o parte del battaglione mitraglieri del corpo d'armata . La profondità della fascia di resistenza oscilla da un minimo teorico di 1150 m (striscia di combattimento 50 m, striscia delle riserve 50 m) ad un massimo teorico di 2300 m (striscia di combattimento 300 m, intervallo 400 m, striscia dei rincalzi 300 m, intervallo 1000 m, striscia delle riserve 300 m), quella della posizione di resistenza si aggira sul migliaio di metri. Il raffronto, valido nei riguardi dell'ampiezza della fronte, lo è meno se lo si estende alla profondità perché le Norme, diversamente alle Direttive che fanno coincidere l'ultima possibile resistenza della divisione con la striscia delle riserve, prevedono la posizione intermedia ubicata 2000 + 3000 m a tergo di quella di resistenza. Sulla posizione intermedia, però, non si schiera di norma la riserva divisionale che è orientata prevalentemente al contrattacco locale sul davanti od all'interno della posizione di resistenza e che conseguentemente è dislocata fra il margine posteriore di questa e la posizione intermedia stessa, dove inizialmente si dislocano solo gli elementi del genio e gli ausiliari incaricati di completarne e mantenerne l'organizzazione. In caso d'insuccesso, vi si schierano le forze che fossero state costrette a ripiegare dalla posizione antistante. La posizione intermedia ha funzione ritardatrice; si pone come alternativa al contrattacco od all'irrobustimento della posizione di resistenza; la resistenza che vi
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si esercita ha carattere temporaneo; la posizione serve a raccogliere le forze ripieganti dal davanti, comprese naturalmente quelle delle riserva divisionale; a portata di essa possono essere tenuti i reparti di terzo scaglione, quando questo esiste, od anche all'occorrenza reparti spinti innanzi dalla grande unità di seconda schiera. La posizione intermedia è, dunque, un elemento a sé stante, collegato strutturalmente e funzionalmente, ma non tatticamente, alla posizione di resistenza e, come tale, molto diverso dalla striscia delle riserve, nonostante la comunanza di talune funzioni. La profondità dello schieramento delle artiglierie è di 6000 7 7000 m (margine anteriore a 3000 7 4000 m dalla fronte nemica) nel sistema difensivo delle Direttive, di 5000 7 6000 m dalla posizione di resistenza in quello delle Norme. I valori della profondità complessiva quasi si equivalgono, mentre il valore della profondità della zona dove si svolge la resistenza ad oltranza - procedimento comune ad entrambi i sistemi - è nel sistema delle Direttive sempre superiore a que1lo delle Norme, fino ad oltre il doppio. La divisione quaternaria si articola su 3 scaglioni, la ternaria su 2: la prima, orientativamente, destina un terzo delle forze di fanteria complessivamente a presidio degli elementi di osservazione e della striscia di combattimento, e ripartisce i rimanenti due terzi fra le strisce dei rincalzi e delle riserve; la seconda, sempre orientativamente, destina al primo scaglione - in base alla necessità di sviluppare lungo la linea di resistenza un sistema continuo di tiri radenti, incrociati, capaci di arrestare l'attaccante nella zona ravvicinata - dai due terzi ai tre quarti della fanteria della divisione ed al secondo scaglione il restante terzo o quarto con il compito di rinforzare il settore della posizione di resistenza profondamente intaccato da un'eventuale penetrazione nemica o con il compito di riserva divisionale per il contrattacco. (Nella divisione ternaria il secondo scaglione può essere costituito, in tutto od in parte, dalle truppe ritirate dalla zona di sicurezza, la cui entità non supera mai il terzo della fanteria della divisione). Sono, appunto, la duplicità dei compiti assegnati ai due terzi della fanteria e la duplicità delle funzioni previste e predisposte per la striscia dei rincalzi e per la striscia delle riserve gli elementi che conferiscono al dispositivo delle Direttive elasticità maggiore di quella delle Norme. Fermo restando che sia nella fascia sia nella posizione la resistenza è ad oltranza - fino all'ultimo uomo ed all'ultima cartuccia - non si può non rilevare come la concezione difensiva delle Direttive s'ispiri ad una visione meno ottimista e più prudente del combattimento, propensa a ricercare lo stesso risultato in un quadro di ipotesi di azione più vasto di quanto non sia quello della tattica avanzata delle Norme le quali, però, fanno della posizione di resistenza un tutto
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più unitario più compatto più robusto ed affidano ad essa, senza attenuazioni e adattamenti, l'arresto dell'attacco da perseguire con gli stessi procedimenti delle Direttive ed in più con il contrattacco unitario ed a massa della riserva divisionale. La difesa manovrata è concetto comune ad entrambi le pubblicazioni e da queste è concordemente intesa come reattività di fuoco e di movimento là dove si presentino gli obiettivi più remunerativi e soprattutto più pericolosi. La differenza è che le Direttive fanno rientrare le reazioni delle riserve nel congegno dei contrattacchi, vale a dire delle «reazioni immediate dei minori reparti, effettuate per iniziativa dei comandanti locali, con 1' appoggio delle armi sussidiarie e senza attendere la -preparazione di artiglieria», con lo scopo di ristabilire la situazione nell'ambito di un settore; mentre nelle Norme il contrattacco è azione unitaria ed a massa, come abbiamo già detto, predisposta fin dal concetto d'azione consacrato nel progetto di difesa, si sviluppa con i procedimenti propri dell'attacco, è appoggiata, quando possibile anche preparata, dal!' artiglieria e ad essa concorrono le unità vicine che ne abbiano la possibilità e ne ricevano l'ordine. L'elemento differenziatore del contrattacco delle Norme dai contrattacchi delle Direttive, oltreché nell'entità delle forze impegnate, maggiori nel primo, risiede nella diversità dei procedimenti che rendono il contrattacco assimilabile, a parte l'assai minore consistenza delle forze, alla controffensiva delle Direttive. L'intervento unitario della riserva divisionale, sia quando destinato al contrattacco sia quando diretto a contrastare un profondo intaccamento della posizione di resistenza, si traduce per questa in un ulteriore incremento della robustezza ed al tempo stesso in un correttivo della sua eccessiva rigidità. A questo punto è spontaneo chiedersi quale delle due concezioni, in definitiva, soddisfi meglio i requisiti propri della resistenza ad oltranza. La risposta del senno di poi, basata sulle successive esperienze belliche e sulle dottrine tattiche che ne sono derivate, è che la difesa tattica si è gradualmente sempre più accostata nella sua evoluzione - determinata dal continuo aumento della potenza del fuoco e della mobilità delle forze - al modello delle Direttive (più ordini di capisaldi cooperanti in profondità a intervalli e distanze più ampi ma mantenuti nei limiti della cooperazione) in fatto di ricerca di una maggiore profondità ed elasticità. Circa la reattività a tutti i livelli, entrambe le pubblicazioni si ispirano ad un'unica concezione, ma il criterio moderno è mutato più dalle Norme che non dalle Direttive per quanto riguarda l'impiego della riserva divisionale e, in particolare, lo scopo, l'area ed i procedimenti del contrattacco. Ma non va dimenticato che i compilatori delle Norme continuavano ad attribuire al binomio fanteria-artiglieria la capacità risolu-
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tiva del combattimento, a considerare il carro armato un mezzo eventuale e sussidiario anche dove ne era possibile l'impiego, a riferire i tempi di sviluppo degli atti tattici alla mobilità delle truppe appiedate. Ciò vale, a maggior ragione, per i compilatori delle Direttive. A questi l'esperienza che stavano vivendo fu guida migliore delle speculazione teoretica - dalla quale lo stato maggiore dell'esercito italiano non fu il solo a lasciarsi sedurre, come dimostra il confronto del sistema difensivo italiano con quello francese circa i vantaggi di una maggiore densità sul dàvanti del fuoco delle armi automatiche, di una maggiore unitarietà e compattezza strutturali della posizione di resistenza anche a scapito della profondità della zona battuta dal tiro della fanteria, della elasticità sia del dispositivo delle forze sia del sistema fortificato.
NOTE AL CAPITOLO XXIII (1) Comando Supremo. Direttive per l'impiego delle grandi unità nella difesa. Roma, Comando del Corpo di Stato Maggiore, Sezione tipo-litografica, Ottobre 1919. Il volumetto consta di 3 capitoli, 1 appendice, 1 allegato, 2 schizzi. Capo I: Concetti fondamentali. Capo II: Organizzazione della difesa. Capo III: Condotta della difesa. Appendice: Azioni difensive con mezzi ridotti. Allegato: Questioni più salienti per la redazione di un piano di difesa di corpo d'armata nell'ipotesi di schieramento rinforzato. 1° schizzo dimostrativo indicate sommariamente un esempio di organizzazione difensiva del settore di una divisione. 2° schizzo schematico indicante i particolari di un sistema difensivo nel tratto corrispondente ad una sezione.
(2). Piano di difesa di corpo d'armata nell'ipotesi di schieramento rinforzato (questioni salienti). A. Condizioni generali della difesa e concetti fondamentali per la condotta della battaglia: Cenni monografici sul terreno. Presumibile piano offensivo del nemico. Corrispondenti forme di reazione della difesa, e compiti del corpo d'armata e delle divisioni dipendenti. B. Descrizione della zona difensiva assegnata al corpo d'armata (descrizione breve ma largamente sussidiata da documenti cartografici) : limiti laterali ed in profondità della zona. Sistemi difensivi che ne fanno parte. Descrizione di ciascun sistema e delle fascie trasversali fra sistema e sistema. Delimitazione dei settori in senso frontale ed in profondità. C. Schieramento: Composizione normale del corpo d 'armata nello schieramento di sicurezza. Forze assegnate al corpo <l'armata nello schieramento rinforzato. Entità, composizione e modi di affluenza del rinforzo. Ripartizione settoriale e scaglionamento in profondità nella zuua dellt: fuczt: del corpo d'armata rinforzato. Riserva di corpo d'armata. Prescrizioni per lo schieramento delle dipendenti divisioni e in particolare: reparti destinati al presidio della fascia di osservazione e, per ciascun reparto, chiara definizione del compito assegnatogli e modo di assolverlo (resistere, ovvero ripiegare, quando e come); reparti destinati a guarnire la fascia di resistenza e loro scaglionamento, presìdi dei più importanti capisaldi; riserve divisionali. Norme per la sollecita affluenza delle unità dalle sedi normali di riposo al posto di combattimento corrispondente allo schieramento rinforzato. Località di raccolta, in caso di allarme, per le unità eventualmente prive di destinazione. Posti comando. D. Direttive per il progetto d 'impiego delle artiglierie: Artiglierie assegnate al corpo d'armata nello schieramento di sicurezza e in quello rinforzato. Entità e composizione del rinforzo. Prescrizioni e provvedimenti intesi a renderne facile l'affluenza e pronto l'impiego. Ripartizione e dipendenze delle artiglierie non organicamente assegnate alle divisioni: compiti normali e compiti eventuali. Concorso da prestare o da ricevere dalle artiglierie delle zone finitime: accordi con queste circa le postazioni fuori zona. Norme relative alla contropreparazione e particolari disposizioni per il suo inizio in difetto di ordini superiori. Istruzioni circa l'organizzazione dello sbarramento fisso e di quello mobile; concorso delle bombarde, delle mitragliatrici e di altri mezzi sussidiari. Norme per l'azione di controbatteria. Programma di preparazione per eventuali azioni controffensive. Assegnazione di munizioni e loro scaglionamento. Rifornimenti. E. Direttive per l'impiego dei mezzi aerei: Ripartizione delle sezioni aerostatiche e loro funzioni. Assegnazione dei mezzi aviatori ai compiti di ricognizione, di osservazione, di collegamento e di combattimento; norme d'impiego. Cenno dell'attività aviatoria a grande raggio svolta a cura dei comandi superiori ed interessante la fronte del corpo d'armata. F. Direttive per l'impiego delle truppe del genio: Reparti disponibili e loro compiti durante la contropreparazione e durante la battaglia. Prescrizioni categoriche circa il servizio delle ostruzioni e delle interruzioni stradali. G. Eventuali istruzioni per la cavalleria: Unità assegnate e loro dipendenza. Probabili compiti. H. Co/legamenti: Ripartizione delle varie reti (telegrafiche, telefoniche, geotelegrafiche, radiotelegrafiche, ottiche). Plotoni guide; altri mezzi di collegamento. Norme di
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funzionamento. I. Norme di difesa contro i ~s: Cenni sulle misure protettive esistenti; norme per attuarle. L. Eventuali istruzioni per la difesa contro i carri di assalro: Cenni sulle organizzazioni difensive. Condotta della difesa. M. Comunicazioni: Ripartizione ed utilizzazione delle vie di comunicazione. Prescrizioni circa il transito, la manutenzione e la polizia stradale. N. Direttive per il funzionamento dei servizi. O. Istruzioni per la raccolta e il pronto sfruttamento delle informa:àoni sul nemico immediatamente prima e durante la battaglia. Prescrizioni per affrettare la trasmissione delle informazioni provenienti dalle ricognizioni, dai centri di raccolta, dalle informazioni delle truppe operanti e tutti gli organi di osservazione. Disposizioni per l'interrogatorio dei prigionieri. P. Direttive per l'eventualità che il nemico battuto rinunzi all'attacco e ripieghi scosso ed in disordine: Obiettivi da raggiungere dal corpo d'armata e dalle dipendenti divisioni. Delimitazine dei settori di avanzata. Istruzioni per l'inseguimento. Nota: le stesse questioni qui accennate formeranno oggetto del piano di sicurezza; ma saranno esaminate e risolte con riferimento al quadro tattico e alla disponibilità delle forze che sono propri dello schieramento di sicurezza. (3) Direttive per l'impiego delle grandi unità nella difesa: nota di pg. 16. Per caposaldo devesi intendere una organizzazione di massima chiusa, con azione su più direzioni, dotata naturalmente o ad arte di prevalente capacità di resistenza e di reazione rispetto alle organizzazioni vicine appartenenti allo stesso sistema. Quasi sempre esso è caratterizzato da una considerevole efficienza fortificatoria destinata a proteggerne possibilmente le parti più vitali (postazioni per armi automatiche, organi di fiancheggiamento, osservatori, ecc.), dal colpo di medio calibro. Nell'uso corrente, con la locuzione caposaldo, si adoperano promiscuamente quelle di punto di appoggio, centro o isolati di resistenza; e si suole differenziare l'uno dall'altro a seconda delle forze che li presidiano. Ma è distinzione affatto convenzionale e che, in tema fortificatorio, non sllSsiste, rispondendo tutti e tre questi elementi all'identico concetto di località a cui, nell'economia generale del sistema difensivo, compete una più valida resistenza. Si conserva pertanto la sola denominazione caposaldo, con l'intesa che esso abbia presidio di forza variabile e commisurata alla funzione tatLica assegnatagli.
(4) Ibidem: nota 1 di pg. 32. Ogni cannone di piccolo calibro su affusto moderno o obice campale pesante può efficacemente sbarrare una fronte dai 40 ai 50 m con tiro frontale, una dai 100 ai 200 m con tiro d'infilata. Piuttosto che diluire il tiro con una densità minore di questa, conviene, ove difettino i mezzi, ridurre i tratti da sbarrare con artiglierie ed aumentare invece quelli affidati alle mitragliatrici. Lo sbarramento mobile è del tutto diverso dal ba"age roulant praticato dall'esercito francese che corrisponde invece al nostro tiro di accompagnamento. (5) Ibidem: nota pg. 37. Questi dati numerici variano a secondo i materiali: i dati inferiori si riferiscono al cannone 75/911 C. quelli superiori al cannone 76/45. (6) Ministero della guerra. Norme generali per l'impiego delle grandi unità. Ediz. 1928. Roma-Provveditorato Generale dello Stato. I capitoli dedicati all'azione difensiva sono il VII e !'VIII. Il VII tratta: l'organizzazione della difesa; la contropreparazione; la resistenza; il contrattacco; la difesa in terreno organizzato. L'VIII tratta la manovra in ripiegamelllu. (7) Il capitolo IX della pubblicazione è dedicato ai Casi particolari dell'azione offensiva e difensiva e particolarmente: il combattimento nei boschi; il combattimento negli abitati; le operazioni attravérso strette; il forzamento e la difesa dei corsi d'acqua; il combattimento nell'oscurità e nella nebbia. Per ciascuna delle operazioni da svolgere in tali ambienti o situazioni particolari, la pubblicazione indica le limitazioni, i vantaggi , gli svantaggi che esse pongono ed offrono al combattimento ed i principali criteri e procedimenti ai quali attenersi. Il combattimento nei boschi: L'influenza che i boschi esercitano sul combattimento varia in relazione alle loro dimensioni, alla viabilità, alle radure, alla natura ed alla densità degli alberi e del sottobosco, alla caducità o presenza delle foglie, alle forme del terreno, all'andamento dei margini, alla stazione e<l alla forma <li luua. I busd,i lirniLauu cJ ostacolano l'os-
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servazione, i collegamenti ed il fuoco. L'attacco non vede; la difesa non può impiegare il suo fuoco a distanza. Vale più del numero, la disponibilità di mezzi adatti: lancia-fiamme; lanciabombe; artiglierie a tiro curvo. I carri armati vi trovano condizioni proibitive. L'attacco evita i boschi di non grandi dimensioni e si limita a tenerli ben sorvegliati; quando non può fare diversamente, affronta i boschi molto estesi mettendo prima di tutto fuori causa i salienti e limitando l'azione di ciascuna un.i tà a porzioni di boschi non più estese di quanto lo consentano il raggio d'azione delle armi e la visibilità attraverso la vegetazione. L'artiglieria divisionale isola i tratti attaccati e sposta il tiro a richiesta della fanteria; quelle di corpo d'armata svolgono controbatteria e rinforzano le cortine dell'artiglieria divisionale, battendo movimenti del nemico, strade, radure, ammassamenti. I proietti incendiari e fumogeni trovano largo e proficuo impiego. La difesa si avvantaggia occultando le sue forze in profondità, schierando centri di resistenza successivi sistemati in corrispondenza di ostacoli, dei margini delle radure, dei sentieri, ecc. Il fuoco e le reazioni di movimento s'ispirano alla sorpresa; la linea di resistenza è disposta in dentro, non sul margine; alle resistenze successive organizzate dentro il bosco, fanno seguito organizzazioni destinate a cogliere l'attaccante agli sbocchi. In attacco cd in difesa le formazioni sono raccolte e snodate ad un tempo, pronte alla lotta; i mezzi di fuoco sono decentrati; le formazioni di movimento e gli atti tattici offensivi debbono essere protetti da misure di sicurezza sui fianchi e sul tergo. Nell'attacco, nel contrattacco, nell'inseguimento, nelle resistenze successive, nel ripiegamento: conservare distanze ed intervalli brevi, per non perdere il collegamento a vista e per impedire le infiltrazioni. Il combattimento negli abitati. Gli abitati possono essere utili alla difesa soltanto se capaci di resistere ai bombardamenti terrestri ed aerei. Negli abitati la difesa deve: impegnare le forze strettamete necessarie sistemandole per quanto possibile al riparo dalle offese, concentrare la resistenza su linee esterne meno visibili che non i margini, sfruttare al massimo i mezzi di fuoco, utiliz:.mre i fabbricati più per occultamento dei rincalzi e delle riserve che non come elementi di resistenza. Lo sgombero del campo di tiro è lavoro più urgente che non quello di rafforzamento. L'attacco evita in genere gli abitati e li neutralizza con il fuoco dell'artiglieria (utile l'impiego di proietti incendiari e fumogeni); quando deve forzatamente affrontarli, esso si sviluppa in modo analogo a quello dei boschi. Le operazioni attraverso le strette. Le strette assumono importanza diversa a seconda della larghezza e lunghezza del passaggio, della natura, accessibilità, estensione e profilo degli ostacoli che limitano. Quando si tratta di passare una stretta non tenuta dal nemico, occorre spingere al di là elementi di sicurezza, artiglierie contraerei, unità celeri, ecc. Quando invece la stretta è occupata in forze dall'avversario, o si cerca di evitarla facendola cadere per manovra, o se la si deve forzatamente attaccare - dopo averne studiato le caratteristiche favorevoli al difensore, predisposto l'azione di fuoco necessaria a neutralizzare il fuoco della difesa, sconvolgere le fortificazioni e scuotere la fanteria nemica - lo si fa con formazioni profonde. Se il nemico difende la stretta sul davanti dello sbocco, occorre battere il passaggio per la massima profondità, interdicendovi ogni movimento; se la difesa è sistemata nell'interno o avanti, i successivi scaglioni di attacco procedono per scavakamento, penetrando sempre più profondamente sino a raggiungere lo sbocco; se la difesa è sistemata dietro la stretta, l'attacco cerca in primo luogo di guadagnare spazio davanti, poi di «scalzare l'appoggio dell'avversario contro l'ostacolo, infine di sfruttare il successo dei primi scaglioni spingendosi innanzi per ampliare la fronte». Superata la stretta, l'attacco sosta su posizioni convenienti specialmente per consentire il libero deflusso dei reparti sopravvenienti, soprattutto delle artiglierie. La difesa di una stretta può farsi avanti, o dietro, o nell'interno di essa. La difesa avanti è utile a chi intenda riservarsi facilità di contrattaccare per prendere spazio innanzi e sboccare in forze ovvero a chi intenda esercitare resistenze successive per rallentare e logorare l'avversario. La difesa all'interno giova a quello dei due avversari che dispone della migliore fanteria, anche se poco numerosa. La difesa dietro la stretta può convenire quando la fanteria del difensore sia alquanto scossa, «e l'artiglieria sia per contro in buon numero, in efficenza ed in condizioni di agire profondamente all'inte,tno clell~ sttetta; la
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difesa dietro in certi terreni permette anche di sferrare contrattacchi». In ogni caso: ricognizioni aeree e terrestri spinte sul davanti il più possibile; ali saldamente appoggiate all'ostacolo ed ampi campi di vista e di tiro; utilizzazione delle posizioni successive sulle quali even· tualmente ripiegare. Il forzamento e la difesa dei corsi d'acqua. Il forzamento consta di atti successivi che richiedono studio, progettazione ed esecuzione minuti: scelta del punto o dei punti di gitta· mento dei ponti; raccolta ed apprestamento dei materiali in corrispondenza dei punti prescelti; azione preliminare contro gli elementi netnici al di quà del corso d'acqua; traghetta· mento delle truppe destinate a costruire una o più teste di ponte da organizzare in modo analogo ali' occupazione a difesa di strette avanti ad esse; gittamento dei ponti; passaggio su ponti delle truppe destinate ali' attacco; preparazione ed esecuzione dell'attacco; sosta su obiettivi prefissati; passaggio delle artiglierie; eventuale ripresa del!' attacco; ampliamento e sfruttamento del successo. Per l'organizzazione di tali operazioni occorre sviare l'attenzione dell'avversario (azioni dimostrative); avvicinare materiali e truppe con segretezza; neutralizza· re preventivamente la capacità di reazione del nemico; proteggere i ponti dalla violenza della corrente e da galleggianti gettati in essa dal netnico; ripartire le truppe fra i ponti gittati e costituirle in colonne, second~ un ordine di successione, tenendo anche conto dell'even· tualità che uno o più ponti possano essere danneggiati dal netnico; stabilire e segnare gli itinerari di accesso ai ponti; assegnare ad ogni colonna il suo settore d'azione e i suoi obiettivi; dare ordini precisi per le soste, per lo sfruttamento del successo e per l'eventualità di un forzato ripiegamento. Il forzamento di corsi d 'acqua su fronti ampie deve effettuarsi conLcmporaneamente su più punti. I passaggi si compiono in corrispondenza dei salienti verso l' ataccante. I ponti tnilitari si gittano in modo che facilitino i passaggi delle truppe in relazione anche alla conformazione delle sponde. I lavori preliminari del forzamento debbono esse· re svolti di notte (ulilizzazione di proiettori con i fasci rivolti al cielo e neutralizzazione dei proiettori avversari). È necessaria un'intenza azione contraerei sia per la segretezza dell'operazione sia per la sicurezza. Le teste di ponte sono in genere tante quanto sono i ponti, questi debbono essere intervallati tra loro. I salienti nei quali si intende eseguire il gittamento devono essere isolati, al momento di traghettare le truppe destinate alle teste di ponte, con tiri Di mitragliatrici pesanti e di artiglierie. La difesa di un corso d'acqua non presenta particolari difficoltà; occorre sfruttare la continuità, l'importanza e l'indistruttibilità dell'ostacolo. Sorveglianza costante, illuminazione notturna, incrocio e fiancheggiamento di tiri delle artni automatiche, specie in corrispondenza degli accessi, predisposizione della controprepa· razione, esecuzione della controbatteria, occupazione della sponda verso il netnico a scopo di osservazione e di ritardo, occupazione della sponda propria in modo da aumentare la resi· stenza nei tratti di più probabile forzamento, tenuta alla mano di una buona quantità di for. ze e predisposizione dei mezzi per un rapido trasporto, fiancheggiamento esterno ed interno dei salienti con tiri fitti ed incrociati, utilizzazione di mezzi di difesa incendiari ed esplosivi, affidati alla corrente a monte del luogo di rafforzamento, contro i ponti militari del nemico: questi i punti salienti che la difesa deve considerare. La difesa si svolge come nel caso generale, ma occorrono l'immediata segnalazione di ogni atto netnico, la concentrazione del fuoco sul nemico appena accenni a passare, lo sviluppo di contrattacchi locali immediati. TI combattimento ne/l'oscurità e nella nebbia. Le operazioni presentano le caratteristiche di quelle nei boschi densi, ma in misura molto più spiccata. Il movimento è reso laborioso e lento; il fuoco a distanza è possibile soltanto con artni ad installazione stabile e se aggiusta· to di giorno; le altre armi sono utilizzabili solo a distanza brevissima; i mezzi più sicuri di offesa sono la baionetta ed il pugnale; l'avversario va colto all'improvviso. Caratteri del com· battimento: da parte dell'attaccante, cauto avvicinamento sino a distanza d'assalto seguito dall'urto a sorpresa; da parte del difensore, vigilanza continua, pronta esecuzione dei fuochi predisposti, ferma resistenza .delle fanterie seguita da vigorosa e ordinata reazione. I carri armati non trovano impiego; l'aviazione può agire volando a bassa quota e impiegando speciali mezzi illuminanti; l'osservazione terrestre si riduce all'avvistamento di segnali luminosi, al contrario dei tiri su bersagli rilevati di giorno, ad una difficile sorveglianza, entro breve raggio, delle operazioni; i collegamenti riescono difficili. L'attacco nell'oscurità non è per regola operazione d~ esegnirsi su fronti molto vaste. Esso tende a compensare con la sai-
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dezza e il buon addestramento delle fanterie la scarsa disponibilità di artiglierie, di mezzi aerei e di carri armati. L'operazione va organizzata con i criteri indicati per il caso generale, cui si aggiungono speciali misure tendenti ad ottenere, nonostante le particolari difficoltà, segretezza, ordine, coesione. La truppa deve essere addestrata: a muovere ed agire nell'oscurità, anche su terreni accidentati; ad attutire i rumori; ad occultare ogni luce; a gettarsi a terra appena investita dalla luce dei proiettori; alla giusta iniziativa, alla massima disciplina, all'orientamento, all'ardire. Ricognizioni munite del terreno e della situazione vengono eseguite prima di giorno e poi di notte; gli itinerari da percorrere vengono contraddistinti da segni convenuti; guide capaci sono assegnate alle varie colonne; segni di riconoscimento vengono adottati per evitare equivoci. La densità non deve superare la misura sufficiente alla coesione, al reciproco orientamento ed all'azione di forza sul punto prescelto. Gli orologi debbono essere regolati su quelli del comando. La preparazione dell'attacco raramente comprende azioni preliminari di fanteria; i finti attacchi, se si decide di attuarli, vanno condotti con tutta verisimiglianza. La preparazione di artiglieria può essere svolta solo su obiettivi noti e determinati anche se si deve estenderla a tratti vasti per non nuocere alla sorpresa. Ad una certa distanza le formazioni affiancate sono le più convenienti; gli uomini di testa tengono la direzione, gli altri seguono evitando allungamenti; la massa deve essere articolata anche in profondità; ogni scaglione provvede alla propria sicurezza a breve distanza; si utilizzano pattuglie di collegamento negli spazi interposti tra le varie articolazioni. Alle piccole distanze, le unità avanzate si spiegano e procedono pronte all'urto. In caso di reciproca sorpresa, ogni esitazione è estremamente dannosa; occorre assaltare senz'altro; le baionette debLouu perciò portarsi sempre innestate. I rincalzi si spiegano quando i reparti avanzati stanno per assaltare, al momento d'impegnarsi scavalcano i reparti antistanti e penetrano o si rafforzano in posto, a seconda della situazione. la riserva, se c'è, avanza in ordine chiuso lungo la direttrice nella quale si preveda o s'intenda compiere lo sforzo decisivo; è difficile e pericoloso cambiare la direttrice azione durante. In operazioni siffatte il miglior partito è quello di attuare con pertinacia il piano prestahilito. L'appoggio dell'artiglieria non può esplicarsi contro obiettivi vicini alla fanteria attaccante; preferibilmente, l'artiglieria isola la zona che s'intende attaccare e conquistare. La controbatteria assume sviluppo soltanto in terreno organizzato. L'interdizione precede e completa l'isolamento esercitato dall'appoggio. I pezzi per fanteria trovano utile impiego nel primo rafforzamento delle posizioni raggiunte, specialmente quando sta per spuntare l'alba. Quando si preveda di doversi difendere da un attacco di notte o con nebbia, occorre: conoscere in tempo le intenzioni dell'avversario; attivare esplorazione, ricognizione ed osservazione; avvistare e segnalare rapidamente ed esattamente ogni tentativo di sorpresa; mettere in atto i mezzi di reazione predisposti per un intervento immediato ed efficace (tiri di protezione, fuoco di mitragliatrici e lanciabombe, contrattacchi); sferrare, in caso di sicura previsione dell'attacco, una contropreparazione capace di stroncarlo. (8) la pubblicazione indica che nel progetto di difesa sono precisati: il concetto secondo cui egli (il comandante) intende svolgere l'azione, tutti i provvedimenti relativi all'organiz-
zazione della difesa, ivi compreso lo schieramento delle forze e delle artiglierie, le modalità della contropreparazione, le disposizioni relative alla resistenza (zona di sicurezza e truppe antistanti comprese) ed al contrattacco.
CAPITOLO XXIV
L'ORGANIZZAZIONE MILITARE DELLA NAZIONE E LA LEGISLAZIONE MILITARE DAL 1926 AL 1940
1. Compito difensivo e disponibilità finanziaria. 2. L'armamento e l'equipa?,giamento. 3. L'organizzazione addestrativa e scolastica. 4. Gli organi centrali di comando, amministrativi e tecnici. 5. L'organizzazione militare territoriale e la difesa interna del territorio. 6. Provvedimenti per la mobilitazione civile e militare della nazione. 7. Il modo di essere dell'esercito dal 1926 al 1940.
1.
Le leggi degli anni 1925 e 1926 (1) sembrò che dovessero porre fine al lungo periodo d'incertezza apertosi al termine della prima guerra mondiale e dare inizio alla ripresa ed al rinnovamento dell'intero apparato militare dello Stato nel quadro della nuova fisionomia della guerra quale sarebbe stato possibile prefigurare mediante l'esame degli avvenimenti bellici del 1918 e la previsione degli sviluppi del progresso scientifico e tecnico. La scelta ordinativa del 1926, benché ispirata al passato più che proiettata verso il futuro e benché basata su criteri quantitativi anziché qualitativi, rappresentò nondimeno un punto di partenza e di riferimento indispensabile ad operare gradualmente in futuro le innovazioni quantitative (aumenti e diminuzioni) e qualitative che si sarebbero rese necessarie nell'evolversi della politica estera e nel progredire degli armamenti e degli equipaggiamenti. A giustificazione della scelta furono addotte due ragioni principali e cioè il compito difensivo affidato all'esercito, limitato a garantire la sicurezza e l'integrità del territorio, e la modesta disponibilità delle risorse economiche e finanziarie del Paese. La verità è che l'ordinamento Mussolini del 1926, in realtà elaborato dal maresciallo Badoglio capo di stato maggiore dell'esercito e dal generale Cavallero sottosegretario di stato per la guerra, fu influenzato negativamente, ed in misura notevole, anche dal prevalere ai vertici della gerarchia militare della correnti conservatrici che si erano nutrite di credenze dottrinarie tradizionali e che continuavano ad adagiarsi
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nelle esperienze del passato senza voler comprendere che, per dare corso alla guerra di movimento - che esse stesse avevano sostenuto prima nella pubblicazione Criterii d'impiego della divisione di fanteria nel combattimento del 1926 (2), poi nelle Norme generali per l'impiego delle grandi unità e nelle Norme per l'impiego tattico della divisione del 1928 sarebbero stati necessari ordinamento, armamento ed equipaggiamento nuovi e diversi. Non mancarono menti illuminate che misero in guardia i vertici decisionali dall'errore di fondo che stavano commettendo nel credere che si potesse ripristinare la supremazia dell'attacco sulla difesa e si potessero realizzare manovre rapide e sicure - alle quali erano ormai legate la speditezza e la celerità di movimento delle forze operanti - con uno strumento non molto dissimile, nonostante le modifiche, da quello della guerra del 1915-18 e tuttora basato sulla capacità risolutiva del binomio fanteria-artiglieria. Un binomio la cui velocità operativa continuava ad essere quella della fanteria appiedata e la cui potenza di fuoco - sebbene incrementata dal migliorato rapporto fanteria-artiglieria, dall'intervento del fuoco aereo, dal maggior numero delle armi organiche delle unità di fanteria - restava pur sempre contenuta nei limiti delle modeste prestazioni di un armamento ormai superato. Una delle voci più vibranti ed autorevoli che si levò contro l'indirizzo passatista fu quella del generale Francesco Saverio Graziali (3), il quale sosteneva che era necessario «aver fede nei mirabili progressi realizzati ai nostri tempi nella tecnica bellica, che rendono possibile ormai di creare complessi tattici nei quali la grande potenza può facilmente andare di pari passo con la grande mobilità; approfittando specialmente del largo sviluppo raggiunto dalla motorizzazione e dalla meccanizzazione, che tanto favorisce la rapida manovra e lo snello funzionamento dei servizi. Ciò consente di costituire grandi unità celeri provvedute di tutti i mezzi offensivi moderni (aviazione compresa) con le quali sarà possibile tentare di prevenire l'avversario, per non dargli il tempo di attuare il proprio disegno di azione; e, meno ancora, di radicarsi al terreno per imporre a noi (come sua difesa) la forma di guerra di logoramento» (4). Egli chiedeva che si aprisse sull'argomento un'elevata e serena discussione tecnica al fine «di intravedere con maggiore sicurezza la via da battere e di imprimere poi agli ordinamenti militari un'impronta nuova, nettamente e genialmente italiana, immune da ogni pedissequa imitazione straniera e da ogni misoneista reminiscenza di idee e sistemi sorpassati». Tre anni dopo, nel 1934, avendo assistito come capo della missione italiana alle grandi manovre della armata rossa in Ucraina, il generale Graziali presentò una relazione scritta al capo del governo, al capo di stato maggiore generale ed al capo di stato maggiore dell'eserci-
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to, nella quale, tra l'altro, affermava: «Non è un mistero per nessuno che l'idea del piano quinquennale ha uno scopo essenzialmente militare e che perciò è stato orientato quasi esclusivamente verso le industrie pesanti per introdurre poderosi strumenti di guerra. E difatti i primi risultati se ne vedono nella richiesta di mezzi meccanici di traspor_to e di mezzi bellici meccanizzati in genere, di cui l'esercito sovietico è già largamente fornito; produzione alla quale si deve aggiungere quella di numerosi e potenti aeroplani, di cui abbiamo visitato una importantissima fabbrica ... Il reclutamento eminentemente rivoluzionario dei maggiori gerarchi militari attuali ha avuto pure un vantaggio. Ha liberato, cioè, l'esercito sovietico da ogni scoria di vieto dottrinarismo, e ha dato, fin da principio, una fresca impronta di originarietà manovriera, ispirata alle esigenze concrete della guerra e della guerriglia reale, vantaggi che non tutti gli altri eserciti moderni possono vantare .. _Le esperienze grandiose di trasporto di interi reparti armati con aeroplani, e il lancio per sorpresa con paracadute sulle retrovie del nemico, sono una sintomatica conferma dell'ansiosa ricerca della manovra dinamica a grande raggio ... Lo strumento bellico sovietico nel suo complesso mi è apparso tecnicamente di tipo assai più offensivo che difensivo, per lo sviluppo evidente di tutti i mezzi dinamici di potenza e per la impronta di intenso dinamismo che i capi militari mostrano ndl' c!>crci:.:io delle loro funzioni di comando nel campo strategico e tattico» (5). Ma chi tenne conto di quanto il generale Grazioli aveva scritto fin dal 1931 è della sua relazione del 1934? Nel 1931 le riviste militari avevano avuto ordine di dare l'ostracismo agli scritti del generale e questi fu denunciato a Mussolini, senza risultato, dalle gerarchie militari come critico denigratore dell'ordinamento del 1926; nel 19 34 la sua relazione rimase chiusa negli scrittoi di Mussolini, del mareciallo Badoglio e del generale Bonzani (6) . Nessuno è profeta in patria: non lo furono il Douhet ed il Grazioli in Italia, il Fuller ed il Liddell Hart in Gran Bretagna ed il De Gaulle in Francia. Diversa la sorte del von Seeckt in Germania (7), dove l'esercito si era già incamminato sulla stessa strada di quello sovietico. Eppure gli stessi inglesi - primi al mondo - avevano sperimentato nel 1927 sulla piana di Salisbury l'impiego di un corpo corazzato.-Abbiamo ricordato il generale Grazioli, ma vi furono anche altri, a testimoninanza che non mancarono neanche in Italia capi militari che vedevano giusto e che si batterono, senza successo, per correggere errori che sarebbero stati, a loro parere, fatali come difatti furono. La scelta ordinativa del 1926 fu decisa sulla base di un disegno difensivo, ma un anno dopo, nel 1927, Mussolini, concludendo un corso di alti studi militari svoltosi a Roma, affermava: «una nazione che non
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abbia libero sbocco sul mare non può essere considerata grande potenza; l'Italia deve divenire grande potenza». Era il chiaro preavviso della fine della politica del piede di casa fino ad allora seguita. Nel 1931 a meno che i vertici militari ai quali era stata rivolta non avessero considerato quella proposizione solo un'affermazione da bluffatore e demagogica, peraltro espressa nella sede meno opportuna e conveniente e certamente dal 1931, il compito delle forze armate non era più solo la difesa dei confini. Da uno di quei due momenti, i capi militari responsabili avrebbero dovuto far presente al capo del governo che il nuovo indirizzo politico avrebbe richiesto uno sforzo economico, industriale, finanziario e militare ben diverso da quello preventivato nel 1926. La scelta ordinativa operata veniva a perdere ogni sua già di per sé modesta validità, per cui sarebbe stato necessario battere senza indugi una strada nuova e diversa o rinunziare per sempre ad ogni idea di espansionismo e di grande potenza. Ciò non fu fatto. Da tale peccato mortale di omissione derivò lo stato d'inganno reciproco tra il capo del governo, i vertici delle forze ai-male e l'intera nazione: il primo lasciato libero d'inseguire il suo sogno imperialistico e convinto di poterlo fare anche con il ricorso, se necessario, alla forza; i secondi persuasi, a loro volta, anche per il continuo ondeggiare della politica estera, che Mussolini non avrebbe fatto seguire alle parole i fatti ed avrebbe puntato al successo con mezzi politici e non militari; la nazione illusa che, se alle minacce fosse stato indispensabile accompagnare la forza di persuasione delle armi, queste sarebbero state disponibili nella misura e nella qualità necessarie, come, del resto, sembrava si potesse dedurre dalle crociere aeree nel Mediterraneo occidentale (1928), nel Mediterraneo orientale (1929), nell'Atlantico (1931 e 1933) e dai primati di velocità (1934) e di altezza (1938) della giovane aeronautica italiana. Soltanto nel 1935 il maresciallo ijadoglio, quando Mussolini manifestò l'intendimento di muovere la guerra all'Inghilterra - la quale per dissuaderlo dalla guerra contro l'Etiopia aveva inviato nel Mediterraneo occidentale l' Home fleet ed aveva accentrato la Mediteranean fleet in quello orientale - espresse con franchezza, per iscritto (8), pur con le adulazioni e gli incensamenti di rito, che una tale lotta si sarebbe risolta in una vera catastrofe stanti, da una parte, la superiorità schiacciante della marina inglese rispetto a quella italiana e, dall'altra, la situazione di crisi dell'aeronautica italiana di cui tutta la parte vecchia, che è la mag2,iore, sarebbe fuori uso dopo pochi giorni d'intenso lavoro. Nell'agosto del 1935 Muss.olini fu, dunque, messo del tutto al corrente, senza perifrasi e con termini precisi, della cruda realtà militare che, in caso di guerra contro l'Inghilterra, avrebbe esposto il Paese ad un disastro, che ci piomberebbe ad un livello balcanico. La
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lettera di Badoglio smentisce che Mussolini fosse all'oscuro o fosse stato ingannato dai vertici militari responsabili circa lo stato d'assoluta insufficienza operativa dell'apparato militare e, in particolare, della marina e dell'aeronautica. Nei riguardi dell'esercito il maresciallo Badoglio, dopo avere messo in evidenza come i 200 mila uomini, già allora concentrati nell'Eritrea e nella Somalia in vista dell'imminente guerra etiopica, avrebbero dovuto essere abbandonati a loro stessi e sarebbero andati incontro ad un rapido ineluttabile esaurimento, soggiungeva: «abbiamo, è vero, l'esercito in gran parte mobilitato ed è certo che siffatta preparazione può stroncare velleità di poco amabili vicini. Ma se le divisioni dell'esercito d danno sicurezza alle frontiere terrestri, nulla esse possono in una lotta contro l'Inghilterra», perché «non possiamo sperare di minacciare seriamente l'Egitto con l'addensamento di nostre forze in Cirenaica, giacché basta considerare che cosa sia il terreno della Marmarica e quello egiziano ad almeno 200 chilometri dal nostro confine, per dedurre l'impossibilità a masse metropolitane di agire in quel settore». Due affermazioni, delle quali la prima conferma il persistere del compito eminentemente difensivo assegnato alle forze terrestri, la seconda manifesta la mancanza di una visione reale della guerra nel deserto, impossibile per il tipo di esercito di cui l'Italia disponeva in quel periodo, ma non per un esercito metropolitano diversamente armato, equipaggiato ed addestrato. Né il maresciallo Badoglio, che pure era stato governatore della Libia, né lo stato maggiore dell'esercito, almeno fino al 1935, sembra avessero compreso che la eventuale guerra contro le potenze occidentali si sarebbe combattuta anche nell'Africa settentrionale, sarebbe stata guerra di movimento data la disponibilità di spazio operativo, avrebbe richiesto l'impiego di forze metropolitane più che di truppe indigene, e di unità mobili con grande capacità offensiva e controffensiva più che di fanterie sistemate a difesa in opere fortificate permanenti o campali. Nel 1940 le cose non erano molto cambiate: erano stati costituiti, è vero, 4 corpi d'armata dell'esercito ed 1 corpo d'armata di camicie nere in Libia, erano state spese somme notevoli per la fortificazione permanente, per altro incompiuta, delle piazzeforti di Tobruch e di Bardia, del campo trincerato di Tripoli e delle zone di Zuara, Nalut e Jefren, ma delle 12 divisioni binarie metropolitane - 9 dell'esercito e 3 della milizia - 4 erano al completo senza però la compagnia motociclisti divisionale e con il 70% dei mezzi di trasporto, 5 non avevano né la compagnia motociclisti né il battaglione divisionale carri «L» e disponevano solo del 40% dei mezzi di trasporto, le 3 della milizia, le cui formazioni non prevedevano né la compagnia motociclisti né il battaglione carri «L», disponevano anch'esse solo del
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40% dei mezzi di trasporto, e in tutto lo scacchiere erano presenti carri «L» e nessun carro armato medio. L'altro fattore che incise negativamente sulla scelta ordinativa del 1926 fu senza dubbio la modesta disponibilità finanziaria sulla quale era prevedibile di poter contare. Questa, benché notevole se ragguagliata alla potenzialità economica della nazione, non fu mai sufficiente neppure a coprire le spese normali di mantenimento dell'esercito, costituito su di una forza bilanciata di 250 mila uomini con obblighi di ferma di 18 mesi. Tutti gli esercizi finanziari, da quello del 1925-26 a quello 1939-40, si chiusero, eccezione fatta per l'esercizio 1927-28, con il disavanzo di decine o di qualche centin~io di milioni fino al 1934-35 e di alcuni miliardi dal 1935-36 in poi (9). Dal 1925-26 al 1939-40 l'esercito, comprese le spese per l'arma dei carabinieri e per l'armamento della milizia contraerei e della milizia artiglieria marittima, costò al Paese 68 miliardi e 506 milioni, dei quali 23 miliardi e 167 milioni dal 1925-26 al 1934-35 e 45 miliardi 339 milioni dal 1935-36 al 1939-40. Nel decennio 1925-35 la somma fu assorbita pressoché completamente dalla spesa corrente, anche in conseguenza dei graduali ampliamenti apportati alla struttura del tempo di pace; nel quinquennio 1935-40 dei 45 miliardi e 339 milioni parte furono utilizzati per la spesa corrente, gran parte per coprire le spese della guerra etiopica e della guerra civile di Spagna ed una parte furono investiti per l'ammodernamento ed il potenziamento fino ad allora quasi del tutto trascurati. Il generale Pietro Gazzera (10), succeduto a Mussolini nella carica di ministro della guerra dal 12 settembre 1929 al 22 luglio 1933, ed il generale Alberto Bonzani, che tenne la carica di capo di stato maggiore dell'esercito dal 4 febbraio 1929 al 1 ottobre 1934, senza contestare il quadro ordinativo del 1926, della cui validità erano convinti, vi apportarono numerose variazioni e si resero ben conto della necessità, che s'imponeva con particolare urgenza per l'artiglieria, di migliorare le armi, i mezzi ed i materiali in distribuzione. A tale fine elaborarono un preciso programma di ammodernamento delle armi e di completamento delle dotazioni di mobilitazione delle divisioni al quale dettero l'avvio, nonostante le difficoltà finanziarie, ordinando studi ed esperimenti per nuovi tipi di armi e di materiali e per il miglioramento delle prestazioni di quelle esistenti, nonché dedicando ogni sforzo e cura per portare a numero le scorte previste dalle tabelle di mobilitazione. Tale intenso lavoro non subì soste quando Mussolini riassunse ad interimm, il 22 luglio 1933, la direzione di tutti e tre i dicasteri militari - conservandola poi ininterrottamente fino al 25 luglio 1943 - e quando il generale Bonzani fu sostituito, il 1 ottobre 1934, nella carica di capo di stato maggiore dell'esercito dal
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generale Federico Baistrocchi (11) nominato contemporaneamente anche sottosegr:etario di Stato per la guerra. Il Paese avrebbe potuto sopportare uno sforzo finanziario maggiore a favore dell'esercito e delle altre due forze armate? Quanto disponibile, fu speso bene o male? Alla prima domanda non si può che rispondere negativamente a meno di non uscire dalla logica della dittatura che aveva bisogno per mantenersi e consolidarsi di un'infinità di sovrastrutture di elevato costo d'impianto e di esercizio quali, ad esempio, la duplicità degli organi di governo e di partito, la costituzione e la capillarità di una quarta forza armata di parte - la milizia volontaria per la sicurezza nazionale - le organizzazioni paramilitari della gioventù fascista e cosl via. Senza rinunziare a tali apparati, lo Stato non era in grado di dare di più alle forze armate, ma proprio per questo sarebbe stato necessario seguire una politica estera coerente, costante, cauta anche se non rinunciataria, resa possibile dalla considerazione che Mussolini veniva acquisendo sul piano internazionale, anche se per motivi di opportunismo politico. La risposta alla seconda domanda è che nel decennio 1925-1935 tutto fu speso, sia pure senza larghezza, curando nei limiti del possibile di aggiornare le vecchie tecniche di organizzazione e di impiego per mantenere l'esercito definito nel 1926 e ritenuto adeguato a garantire la difesa delle frontiere; nel quinquennio 1935-1940 la maggiore <lisponibiliLà finan~iaria fu ulilizzata per porre rimedio, benché nel perdurare dell'attaccamento agli schemi del passato, al difetto della potenzialità di base, fattasi sempre più modesta con il passare del tempo. Le iniziative di rinnovamento delle armi e dei materiali effettuate dallo stato maggiore dell'esercito rimasero in gran parte allo stadio di studi e di progetti e fino al 1935 poco fu possibile realizzare in fatto di adozione di nuove armi per la fanteria e nulla per il rinnovo delle artiglierie, all'infuori del ricorso a ripieghi per aumentare le prestazioni di quelle esistenti con interventi sulle cariche di lancio e sulle munizioni. Alcuni prototipi di nuovo bocche da fuoco , pronti fin dal 1935, non furono passati alla produzione in serie se non nell'ottobre del 1938, quando il generale Alberto Pariani (12) - succeduto dal 7 ottobre 1936 al generale Baistrocchi nella duplice carica di capo di stato maggiore dell'esercito e di sottosegretario di Stato per la guerra - riuscì finalmente ad ottenere i fondi necessari al varo di un piano decennale di riarmo e di potenziamento, comprendente la costruzione di nuove artiglierie con scadenze di consegna dei primi blocchi nel luglio del 1942 e nel giugno del 1943. Eppure il generale Baistrocchi non si era astenuto, appena cessata la campagna etiopica, dal rappresentare a Mussolini, con parole dure, l'impreparazione dell'esercito, scrivendogli: <<... nella guerra mondiale che troverà l'Universo in due
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campi opposti, per una lotta senza quartiere e perciò lunghissima, a ultimo sangue, trionferà chi ha saputo e soprattutto potuto meglio prepararsi, resistere, alimentarsi ... Il Mediterraneo non è nostro: l'Inghilterra lo domina e perciò, in considerazione di quella politica di grande potenza che voi avete deciso debba seguire l'Italia, occorre prepararsi a tutti gli eventi, perché oggi siamo impreparati ed una preparazione che affidi richiede denaro, materie prime, consapevolezza della necessità della guerra. Caso contrario, Duce, l'impero che avete creato lo perderete ... » (13). Si tratta, fuori dubbio, di una visione realistica di una guerra futura, di una illustrazione precisa della situazione strategico-militare del momento, di un ammonimento profetico circa le conseguenze dell'impreparazione alla guerra. Dovettero passare altri 2 anni, in aggiunta ai 10 già trascorsi, prima del varo del piano decennale, ed il ritardo già irrecuperabile divenne irrimediabilmente funesto.
2. Al momento dell'entrata in guerra nel 1940 la gran parte dell' esercito italiano aveva in dotazione come armi da fuoco individuali le stesse del 1918: il fucile ed il moschetto a ripetizione mod. 91, le pistole mod. 89 e mod. 910, le bombe a mano a percussione. Solo in una minima parte delle unità erano in distribuzione il fucile 38 calibro 7 ,35, la pistola automatica mod. 34 ed il moschetto automatico Berretta mod. 38 (calibro 9 lungo). Il tromboncino, che in un primo tempo era sembrato risolvere il problema del vuoto di proietti scoppianti negli ultimi 200 m da percorrere prima dell'assalto - nei quali, per motivi di sicurezza, non era possibile l'appoggio dell'artiglieria - non risultò il toccasana sperato e decadde ben presto d'importanza. La pistola mitragliatrice impiegata nella prima guerra mondiale era stata sostituita in un primo tempo dalla mitragliatrice leggera S.I.A., in un secondo tempo dalla Fiat mod. 1926, poi dalla Fiat mod. 1928 ed infine dal fucile mitragliatore Breda mod. 1935 risultato, al confronto con il Fiat mod. 28, più solido e di più semplice funzionamento. Alla vigilia della guerra contro l'Etiopia il calibro della mitragliatrice pesante Fiat mod. 1914 fu trasformato da 6,5 in 8 mm; nel 1937 entrarono in servizio anche le mitragliatrici Breda mod. 193 7 (calibro 8); al momento dell'entrata nella seconda guerra mondiale erano in distribuzione tutti e tre i tipi di mitragliatrice e persino, ad esempio presso le unità della guardia alla frontiera dislocate nell'Africa settentrionale, le mitragliatrici Schwarzlose con raffreddamento ad acqua.
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Le armi di appoggio immediato della fanteria - cannoncini e lanciabombe - che nell'ordinamento Diaz erano state assegnate organicamente alla fanteria, vennero ritirate. Il plotone cannoncini da 37 su 4 pezzi, già inglobato nella compagnia armi pesanti di battaglione, venne sciolto in quanto l'arma non fu giudicata adatta all'accompagnamento della fanteria e venne sostituita dalla sezione cannoni da 65/17 su 3 pezzi assegnata in organico al reggimento. La sezione fu poi trasformata in «batteria di accompagnamento di reggimento di fanteria» su 4 pezzi, il cui comando fu affidato ad ufficiali di artiglieria. Alla vigilia della guerra contro l'Etiopia entrarono in servizio nell'ambito della fanteria i mortai d'assalto Brixia da 45 mod. 35, i mortai da 81 ed i cannoni da 47/32 mod. 1935 con in dotazione anche cartocci granta perforanti, ma di tali armi furono inviati oltremare solo 205 mortai d'assalto (126 Eritrea, 12 in Somalia, 67 in Libia), 18 mortai da 81 (tutti in Eritrea), nessun cannone da 47/32, ed al momento dell'entrata nella seconda guerra mondiale notevoli erano ancora le deficienze talché esistevano solo 4686 mortai d'assalto, 982 mortai da 81 e 548 cannoni da 47/32. Nel dicembre del 1918 l'esercito italiano disponeva di 2 carri armati Fiat 2000 e di 6 carri armati Renault, mentre erano in allestimento presso le ditte Fiat ed Ansaldo 100 carri armati tipo Renault con perfe:lionamenli nel molare, nelle trasmissioni, nell'armamento e nella protezione. Tra il 1922 ed il 1924 venne introdotto in servizio il nuovo carro Fiat 3000 A, una variante italiana del carro leggero Renault F.T., armato di 2 mitragliatrici binate in torretta, pesante 5 ,5 tonnellate, con equipaggio di 2 uomini (il capocarro ed il pilota). Nelle manovre svolte nel 1929 nell'alta valle Varaita si constatò che il carro Fiat 3000 A mod. 21 non era idoneo all'impiego sui terreni montani e che il suo armamento non era abbastanza efficace e fu conseguentemente stabilito di sviluppare un armamento più potente e di progettare un nuovo carro armato, dotato di elevata mobilità, d'ingombro ridotto per l'impiego su terreni collinosi e montani. Per la progettazione di tale carro si rivolse lo sguardo alle nuove cingolette inglesi Carden Loyd ritenute idonee al movimento montano e collinoso e ne vennero acquistate 25 del tipo Mark VI che vennero distribuite con la denominazione di carro veloce mod. 29. Al tempo stesso fu affidato alla ditta Ansaldo l'incarico di costruire il nuovo carro armato veloce, derivato dal Carden Loyd, che entrò in linea nel 1933 con la denominazione di carro veloce 33. Due anni dopo, la produzione di questo mezzo venne intensificata ed il carro-armato con 2 mitragliatrici binate da 8 mm, dal peso di 3 ,2 tonnellate e con l'equipaggio di 2 uomini, prese la denominazione di carro veloce 35 o L 3. Oltre la versione normale furono costmite alcune varianti speciali, qua-
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li il carro lanciafiamme ed il carro gettaponte. Il carro L 3 ebbe il suo battesimo di fuoco nella guerra etiopica dove inizialmente ne vennero inviati 173 (143 in Eritrea e 30 in Somalia). La campagna etiopica mise in rilievo le limitazioni del brandeggio delle mitragliatrici del L 3 sistemate in casamatta e soprattutto la necessità di disporre di carri di maggiore potenza da poter impiegare sui terreni pianeggianti ed aperti. Fu allora messo in allestimento il carro medio M e fu dato inizio alla progettazione di un carro pesante tipo P. Il carro medio - M 11/39 fu completato nel 1938 e prodotto nel 1939; esso era armato di 1 cannone da 3 7/40 in casamatta, di 2 mitragliatrici da 8 mm in torretta, pesava 11 tonnellate ed il suo equipaggio era di 3 uomini. La prima commessa di 100 esemplari non fu portata a termine in quanto era stata rilevata la necessità di avere il cannone in torretta e si dové procedere a profonde modifiche nell'armamento e nella relativa sistemazione, modifiche che portarono ad un accrescimento del peso ed influirono sfavorevolmente sulle capacità di movimento fino a quando non fu messo a punto un motore più potente. Nella nuova sistemazione il carro ebbe il cannone da 47/32 in torretta e 4 mitragliatrici Breda calibro 8 mm (due accoppiate in casamatta, una coassiale al pezzo ed una contraerei). Il nuovo carro, che fu denominato M-13/40, non era diverso dai similari tipi stranieri (14) di quel periodo, ma il 10 giugno del 1940 non era ancora disponibile. A tale data l'esercito disponeva (comprese le unità in Albania, in Africa settentrionale, in Africa orientale, in Egeo) di un totale di 1500 carri L, di 70 carri M-11/39 e di 150 carri Fiat 3000. Quello che mancò del tutto fu il carro pesante al quale si era cominciato a pensare, come accennato, nel 1939; se ne fissarono le caratteristiche nel corso del 1940, ma se ne dovette rinviare la produzione per una serie di motivi di carattere tecnico e vario, tanto che i primi esemplari del P 40 vennero realizzati solo verso la metà del 1943 e vennero utilizzati dai tedeschi che se ne impadronirono dopo 1'8 settembre del 1943. Non si può dunque affermare che lo stato maggiore dell'esercito non abbia svolto nel ventennio tra le due guerre mondiali una politica dei carri armati, e neppure che i carri armati italiani costruiti in quel periodo fossero inferiori, sotto il profilo tecnico, ai coetanei similari degli altri eserciti stranieri. Ciò che fece difetto allo stato maggiore dell' esercito fino all'inizio della seconda metà degli anni trenta fu la visione del ruolo prioritario che i carri armati avrebbero assunto in una guerra futura là dove il terreno ne avesse consentito l'impiego. La specialità carrista nacque il 1 ° ottobre 1927 quando venne costituito il reg,gimento carri armati con sede a Roma su di 1 comando deposito, 5 battaglioni su 4 compagnie di 2 plotoni da combattimento ed 1 plotone misto; eia-
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scuna compagnia dotata di 9 carri (Fiat 3000 mod. 21 A) . Mentre delle autoblindate, assegnate alla cavalleria, venne previsto l'impiego nell'esplorazione, nell'azione ritardatrice contro avversario in offensiva e nello sfruttamento del successo, i carri armati costituirono parte integrante della fanteria con il compito di accompagnare la fanteria e di distruggere i reticolati e le armi automatiche leggere. Fino al 1936, pur riconoscendo che la presenza dei carri armati sarebbe stata sempre necessaria nelle varie fasi della battaglia offensiva - nella presa di contatto, nell' attacco, nello sfruttamento del successo e nell'inseguimento - lo stato maggiore non introdusse mutamenti negli orientamenti d'impiego delle unità carriste alle quali, solo appunto nel 1936, venne affidato il compito di aprire la strada alla fanteria in te"eni non fortemente organizzati assegnando: ai carri L il compito di concorso alla sicurezza durante il movimento e lo schieramento della grande unità e di concorso alla rottura nel combattimento; ai carri M il compito di attacco nelle azioni manovrate a largo raggio ed in quelle di rottura nel combattimento; ai carri P il compito di rinforzo all'azione dei carri M. Fu solo allora che lo stato maggiore dell'esercito definì un ruolo dei carri armati diverso da quello di 10 anni prima, ma non si era ancora alla costituzione di grandi unità corazzate con compiti autonomi. Finalmente, nel 1937, vennero costituite la I brigata corazzata Centauro con sede a Siena e la II brigata corazzata Ariete con sede a Milano, ed il 1° febbraio 1939 la brigata corazzata Ariete si trasformò in 1 a divisione corazzata Ariete (132a), mentre il 20 aprile dello stesso anno la I brigata corazzata Centauro si trasformò in 2 8 divisione corazzata Centauro (131 a)_ Era stata l'esperienza della guerra di Spagna a dimostrare la parte preminente delle forze corazzate nella battaglia e la necessità di dotarle di carri medi e pesanti. Nelle esercitazioni estive del 1939 nell'Italia settentrionale le nuove formazioni vennero sottoposte a collaudo, ma i carri armati, pur aumentati di numero e perfezionati rispetto ai primi esemplari, furono in gran maggioranza del tipo Le questi vennero impiegati ancora in azioni di rottura per spianare la via alle fanterie, compito per il quale non erano stati costruiti ed al quale non erano idonei, come aveva dimostrato la guerra di Spagna, dove i carri L 3 impiegati contro i carri medi sovietici con armamento superiore in gittata e calibro non avevano ovviamente sortito risultati positivi. Le esercitazioni estive del 1939 valsero comunque a meglio definire la dottrina d'impiego delle unità corazzate - che verrà codificata definitivamente all'inizio del 1941 - ma non certo a recuperare il ritardo con il quale si era dato mano sia alla dottrina tattica sia, soprattutto, alla costruzione dei carri medi e pesanti. Un ritardo che non dipese solo, diversamente da quello verificatosi nei riguar<li <lei rin-
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novo delle artiglierie, dall'indisponibilità dei mezzi finanziari per la costruzione dei carri, ma anche, anzi soprattutto, da debolezza d'immaginazione, da attaccamento ad un dottrinarismo superato e da difetto di concezione nell'impostare l'impiego di un mezzo che diventerà nella seconda guerra mondiale l'elemento determinante della battaglia offensiva e di quella difensiva presso tutti gli eserciti. È quanto accadde anche nei riguardi dell'autoblindata. Fino alla seconda metà degli anni trenta, infatti, l'autoblindata base dell'esercito italiano fu la Lancia I.Z.M. che aveva reso buoni servizi durante la prima guerra mondiale in occasione della presa di Gorizia, del ripiegamento sulla linea del Piave, della battaglia del solstizio e di quella di Vittorio Veneto. La spinta a dotare l'esercito di un autoblindata con prestazioni migliori - maggiori possibilità di movimento fuori strada, sospensioni a ruote indipendenti, grado di affidabilità maggiore, ecc. - venne dalla guerra di Spagna e dagli studi compiuti, per proprio conto, dalle ditte Ansaldo e Spa. L'Ansaldo infatti costruì, su di un autotelaio Spa, uno scafo blindato che dette vita all'autoblindata AB 40, il cui prototipo venne collaudato nel corso del 1939. L'armamento era costituito da una coppia di mitragliatrici calibro 8 in torretta girevole, più una mitragliatrice in casamatta nella parte posteriore dello scafo. In una successiva rielaborazione le 2 mitragliatrici vennero sostituite con 1 cannoncino da 20 mm e contemporaneamente vennero apportate alcune modifiche allo scafo con l'aumento di circa una tonnellata del peso complessivo (15). Ma il 10 giugno del 1940 l'esercito italiano affrontò la guerra con sole 34 autoblindate Lancia I.Z.M. Soprattutto dalla insufficienza della disponibilità finanziaria dipese, invece, il mancato rinnovo del materiale di artiglieria. Sia pure in ritardo rispetto al 1926, i prototipi degli obici da 75/18 e da 210/22 e del cannone da 149/40 furono definiti nel 1935 e quelli del cannone da 75/32 a grande gittata, dell'obice da 149/19 e del cannone contraerei da 90/53 lo furono negli anni 1937-38, ma, per i motivi già accennati, alla vigilia dell'entrata in guerra erano in distribuzione solo 122 nuovi cannoni da 75/18, 8 pezzi da 210/22, 7 cannoni da 149/40, 62 cannoni da 75/43/30, 1 cannone da 149/19, nessun cannone da 90/53 (16) . La grandissima parte delle artiglierie delle unità obici da 75/13 , cannoni da 75/27, obici da 100/17, cannoni da 105/28, obici da 149/35 (17) era ancora la stessa della prima guerra mondiale. Dal 1918 al 1938, in fatto di artiglieria, si riuscì ·solo: a migliorare le prestazioni di qualche tipo di pezzo modificando la struttura dei proietti o le volate e introducendo nuovi tipi di proietti e di cariche; a perfezionare i procedimenti d 'impiego e tecnici (18); ad aggiornare sulla base di nuove continue espc-
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rienze e calcoli le tavole di tiro delle varie bocche da fuoco (19); adiramare numerosi grafici del calcolatore per il tiro relativo ai vari pezzi (20) ed a definire i quaderni di caricamento dei reparti (21). Un notevole miglioramento della mobilità dell'artiglieria fu ottenuto mediante l'adozione dei trattori leggeri e delle trattrici pesanti (22), ma la sostituzione del traino animale con quello meccanico fu attuata solo parzialmente e riguardò essenzialmente le artiglierie pesanti e pesanti campali, mentre la grandissima parte dell'artiglieria leggera rimase ippotrainata. L'esercito italiano, pertanto, scese in guerra nel 1940 con una fisionomia non molto dissimile da quella del 1918 per quanto si riferisce all'armamento, ai mezzi ed ai materiali: fanteria appiedata ad eccezione, sulla carta, di quella delle divisioni celeri, autotrasportabili, motorizzate, corazzate ed autotrasportabili tipo Africa settentrionale; cavalleria per più di 2/3 montata; artiglieria con la massima parte di bocche da fuoco vetuste e superate e con traino meccanico limitato alle artiglierie di maggiore calibro ed a quelle leggere dell'armata Po e delle divisioni dislocate in Libia. L'aumento della capacità di fuoco delle unità di fanteria e di cavalleria, la parziale meccanizzazione dell'artiglieria e delle unità dei servizi, l'introduzione dei carri armati, peraltro insufficienti per numero e tipo, l'entrata in servizio di mezzi e materiali nuovi per le unità del genio e dei servizi erano valsi a conferire all'esercito un certo, sia pur modesto, grado di maggiore mobilità e fluidità, ma la potenza di fuoco e di urto non era progredita in misura adeguata neppure alle esigenze di una guerra prevalentemente difensiva e l'insieme della struttura era del tutto inadattabile ad una guerra di movimento.
3.
Nel settore della preparazione tecnico-professionale dei quadri e della truppa, nel quale le innovazioni, sebbene costose, lo sono meno di quanto non lo siano quelle che riguardano le armi ed i materiali, lo stato maggiore svolse, specialmente dal 1930 in poi, un'intensa e fervorosa attività di propulsione, di organizzazione e di controllo con l'intento di stabilire, in primo luogo, l'unità di indirizzo e di sviluppo di tutta l'azione di formazione e di istruzione del personale dell'esercito e, in secondo luogo, di tecnicizzare l'addestramento tenendo fermo il concetto di istruire educando. Il Regolamento di istruzione del 1930 (23), rielaborato ed aggiornato nel 1937 (24) dopo l'esperienza della guerra contro l'Etiopia, è un piccolo trattato di etica e di tecnica didattica, oltre che un documento programmatico dell'istruzione tecnico-professionale
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dei soldati, dei sottufficiali e degli ufficiali in servizio permanente ed in congedo. Scopo unico dell'istruzione militare è la preparazione alla guerra. L'idea della guerra deve dominare tutta l'attività istruttiva. La guerra, anche svolgendosi in forme sempre più complesse, non cessa di essere nella sua essenza e nelle sue fasi lotta di animi e di volontà. Non basta la completa istruzione morale che più di costituire insegnamento a sé, deve informare e ravvivare costantemente tutta l'istruzione militare la quale, d'altra parte, ha di per sè intrinseco valore morale. Oggetto dell'educazione e dell'istruzione è l'uomo, che ha una sua sensibilità, una sua esperienza ed un suo modo di pensare e di rendersi conto delle cose, elementi ai quali occorre dare il massimo peso creando le condizioni favorevoli al1' apprendimento, tra le quali è importantissima la serenità dell'ambiente. L'addestramento deve svolgersi fra gente lieta. Ciò si ottiene se il superiore dimostra riguardo e fiducia nei subordinati, se li mette in condizioni che favoriscano l'attenzione e se consente a ciascuno di esercitare il proprio criterio e di agire di iniziativa. Non si tratta di creare automi, ma di educare individui capaci di ragionare e, conseguentemente, si deve fare di tutto perché ognuno acquisti l'abitudine ad agire «sempre sulla base di un ragionamento». Un'abitudine che può essere stimolata e creata specialmente «durante le esercitazioni di carattere tattico», che meglio si prestano a far risaltare lo spirito d'iniziativa, la fiducia nelle proprie forze e l'amore di responsabilità, la necessità dello sforzo collettivo, cioè della cooperazione. Tutta la battaglia, anzi la guerra stessa, è convergenza di sforzi verso un fine unico; il successo premia soltanto la cooperazione e, attraverso la cooperazione, il sacrificio di ogni concezione particolare. L'obbedienza più redditizia è quella che segue alla persuasione e l'agire d'iniziativa è potente molla per il migliore adempimento del dovere, per cui l'iniziativa deve essere prerogativa di ognuno purché svolta nella cerchia della sua competenza e nei limiti delle norme regolamentari e degli ordini superiori. Per istruire educando occorrono: l'esempio, che esercita di per sé una grande influenza educativa; l'organizzazione dell'istruzione - organizzare l'istruzione significa preordinarla in modo da ottenere il massimo rendimento con la maggiore economia di tempo, di sforzi, di mezzi-; la preparazione dell'istruzione perché l'istruzione improvvisata, anche del più esperto istruttore, non riesce così efficace come quella preparata metodicamente. Il corso annuale di addestramento, nell'edizione del 1937, viene suddiviso in 2 cicli, dei quali è previsto che uno si svolga nel periodo autunno-inverno (ciclo invernale) e l'altro in quello primavera-estate (ciclo estivo). Nel ddu invernale, che si svolge in gran parte in guarnigio-
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ne, si effettua l'istruzione del contingente di leva giunto alle armi nel ciclo (addestramento al combattimento del singolo e delle minori unità, sino al plotone incluso; preparazione degli allievi graduati e degli specializzati tratti da tale contingente); si perfeziona l'addestramento dei graduati e specializzati formati nel ciclo precedente; si svolgono esercitazioni con le truppe e con i quadri; si perfeziona la cultura tecnicoprofessionale degli ufficiali e dei sottufficiali. Nel ciclo estivo, che si sviluppa in due fasi, si provvede all'istruzione del nuovo contingente di leva e si effettuano, di norma, solo esercitazioni con le truppe. La prima fase si svolge normalmente in guarnigione ed in essa si addestrano al combattimento il soldato ed i minori reparti (sino al plotone incluso), si effettuano i tiri preparatori di artiglieria, si porta a buon punto la preparazione degli allievi graduati e specializzati. Nella seconda fase (esercitazioni di campagna) si perfeziona l'addestramento delle minori unità, si addestrano quelle di ordine superiore all'azione collettiva di arma ed a quella di più armi in cooperazione; si effettuano le scuole di tiro; si perfeziona l'addestramento dei graduati e degli specializzati formati nel ciclo precedente. Le esercitazioni della seconda fase comprendono: campi d'arma (escursioni estive per le truppe alpine, scuole di tiro per l'artiglieria); esercitazioni delle minori unità di armi diverse in cooperazione; esercitazioni di divisione; eventualmente, eserdtazioni di grandi unità superiori alla divisione, esercitazioni combinate con la R. Marina o con la R. Aeronautica, manovre a fuoco di artiglieria. Nell'edizione del 1930 il corso annuale era diviso lo stesso in due cicli, ma gli obiettivi da perseguire e le modalità per raggiungerli erano diversi: il primo ciclo, da sviluppare in due fasi, era diretto alla formazione morale ed all'istruzione tecnica del soldato, ad una prima formazione del graduato e dello specializzato ed all'addestramento dei reparti delle varie armi in tutti gli atti tattici e logistici da compiere in guerra in cooperazione con reparti della stessa arma e di altre armi. La prima fase si svolgeva in guarnigione e comprendeva l'addestramento del soldato e delle unità fino al battaglione; la seconda fase si svolgeva durante i campi e concerneva il perfezionamento dell'addestramento fino al battaglione e di quello delle unità di ordine superiore. Il secondo ciclo aveva lo scopo di tendere al perfezionamento della capacità tecnico-professionale dei quadri, alla discussione dei problemi meritevoli di approfondimento, al completamento dell'istruzione dei graduati e degli specializzati e dell'addestramento tattico e tecnico individuale e di reparto svolto nel primo ciclo. Nel primo ciclo era previsto che di massima si svolgessero esclusivamente esercitazioni con le truppe; nel secondo sia esercitazioni con le truppe sia esercitazioni con i quadri. Entrambe le edizioni dedicano la
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parte seconda all'istruzione della truppa (istruzione del soldato, della recluta, perfezionamento dell'istruzione, istruzione del richiamato, istruzione degli specializzati, corsi speciali, istruzione dei graduati, completamento dell'istruzione, istruzione dei graduati richiamati); la parte terza all'istruzione dei sottufficiali; la parte quarta all'istruzione degli ufficiali (in servizio permanente, in congedo, di complemento di nuova nomina, in ausiliaria e nella riserva); la parte quinta alle esercitazioni (organizzazione e svolgimento) con le truppe e con i quadri fissando i criteri e le modalità per ricavarne i risultati più proficui. Nel trattare dell'istruzione del soldato, della recluta, del richiamato e del perfezionamento dell'istruzione stessa entrambe le edizioni mettono in evidenza le caratteristiche di semplicità, gradualità e praticità alle quali le istruzioni stesse debbono ispirarsi: il soldato apprende e ritiene bene ciò che vede e, soprattutto, ciò che fa; il soldato deve riuscire a fare, prima che ad esporre; il soldato, in genere, fa bene soltanto ciò di cui comprende la ragione; l'amor proprio e l'emulazione promuovono in ciascuno ed in tutti attività feconde; le ricompense costituiscono molle progressive ... e così via. Circa i metodi di istruzione entrambe le edizioni richiamano l'importanza della conoscenza da parte dell'istruttore delle attitudini dei soldati e la necessità di far comprendere bene la potenza delle armi e dei mezzi come pure l'esigenza della cooperazione, raccomandando di: non cercare subito la perfezione degli esercizi, ma di passare ad altri anche se non ancora siano stati compiutamente eseguiti i primi, perché spesso il praticare nuovi esercizi giova a rendere più facile e spedita la esecuzione di quelli appresi in precedenza; rivedere il testo delle prescrizioni regolamentari il giorno prima dell'istruzione; mostrare i movimenti, anziché descriverli, durante l'istruzione individuale; rappresentare un movimento ed un esercizio da insegnare dapprima in modo completo agli uomini che devono eseguirlo e solo successivamente scomporlo in parti e insegnare ciascuna di queste progressivamente; ricorrere spesso alla forma dialogica; alternare le istruzioni più faticose con quelle meno difficili o di minore sforzo fisico e mentale; limitare la durata delle istruzioni all'indispensabile; interrompere le istruzioni con qualche riposo; far procedere lo svolgimento delle istruzioni individuali di pari passo con quello degli esercizi ginnastici e sportivi con i quali non pochi sono i nessi e le analogie. Sul piano dell'impostazione, organizzazione e svolgimento dell'attività addestrativa ai vari livelli lo stato maggiore dell'esercito, come già nel 1913, dette prova di essere costantemente su posizioni metodologiche e pedagogiche di avanguardia, concependo l'attività addestrativa come sviluppo della capadtà <li raziocinio <lei singoli e come realizzazione delle
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singole individualità nell'acquisita consapevolezza della propria capacità intellettuale, morale e tecnica. Altro che annullamento della personalità del soldato e scarso rispetto della dignità umana! Si deve combattere - troviamo scritto in entrambe le edizioni - l'abitudine di nulla fare
senza aver ricevuto l'ordine, o di operare solo sulla traccia di categoriche indicazioni e di minute regole: si deve invece lasciare a ciascuno la libertà di azioni di sua competenza e la correlativa responsabilità, e favorire gli atti di iniziativa, giudicando gli atti compiuti non soltanto dai risultati ottenuti ma anche dai motivi da cui furono determinati, e dal senso di responsabilità di cui l'inferiore ha dato prova. Non dovrà essere fatta colpa a chi, agendo di iniziativa con discernimento, con ragionevolezza, con sincerità di propositi, sia stato poco fortunato nei risultati; grave colpa
sarà invece fatta a chi abbia mancato di iniziativa, quando questa era necessaria. In conclusione, una didattica ed una metodica intonate ai valori morali e patriottici tradizionali ed ai canoni dell'esaltazione della personalità dei singoli e dei modi più consoni per conseguirla. Sul piano dell'applicazione pratica i programmi addestrativi stabiliti dal Regolamento di istruzione, nonostante le difficoltà e le limitazioni derivanti essenzialmente dalla insufficienza della forza presente ai vari livelli - per cui spessissimo si faceva ricorso a reparti di formazione composti da uomini di plotoni e compagnie diversi - e dagli onerosi servizi territoriali e di casema, ebbero svolgimento sufficientemente corrispondente alle prescrizioni, ma accade spesso che vennero dedicati al1'addestramento formale ed all'ordine chiuso tempo e cure maggiori del necessario, specialmente sul finire degli anni trenta in seguito all'adozione del cosiddetto passo romano. Un'attività alla quale fu data particolare impulso fu l'educazione fisica mediante l'istituzione di appositi centri divisionali, di competizioni ginnico-sportive e di molteplici gare addestrati ve nell'ambito dei corpi. La ginnastica e lo sport vennero intesi come mezzi indispensabili a conferire agilità e destrezza fisiche ed allo stesso tempo spirito di emulazione ed amore del rischio. Non minore fu l'attenzione posta all'organizzazione scolastica militare ed al perfezionamento della cultura tecnico-professionale e generale dei quadri ufficiali e sottufficiali e degli specializzati mediante il continuo riordino degli studi e dei programmi delle scuole militari, lo svolgimento di corsi vari, l'istituzione ed il potenziamento dei concorsi a premio, dei gabinetti di lettura, delle biblioteche di presidio e di corpo e mediante l'incitamento alla collaborazione alle riviste militari. Numerosissime, forse troppe e non tutte indovinate, le modifiche e gli aggiornamenti dei programmi e delle disposizioni che regolarono la vita interna degli istituti militari dal 1926 al 1940 (25) . Il decreto
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complementare dell'ordinamento Mussolini circa il numero delle scuole militari del regno venne diramato nell'ottobre del 1926 e previde: 2 collegi militari, 1 accademia di fanteria e cavalleria, 1 accademia di artiglieria e genio, 1 scuola di fanteria, 1 scuola di cavalleria, 12 scuole di reclutamento degli ufficiali di complemento, 1 scuola centrale del genio, 1 scuola centrale di educazione fisica, 1 scuola di guerra, 1 scuola contraerei ed 1 scuola di sanità militare (26). In tempi successivi: la scuola contraerei assunse la denominazione di «Scuola di tiro d'artiglieria» (27); furono istituite 3 scuole allievi sottufficiali; le scuole allievi ufficiali furono ridotte a 9; le scuole di fanteria, di cavalleria, di artiglieria e genio e di sanità militare presero il nome di «Scuole di applicazione» (28); furono costituiti il <<Comando delle scuole centrali» ed il «Comando delle regie accademie e scuole di applicazione» (29); venne istituito un terzo collegio militare (30); la scuola di guerra assunse la denominazione di «Istituto superiore di guerra» (31); i collegi militari presero il nome di «Scuole militari»; le scuole allievi ufficiali di complemento salirono a 10 e quelle sottufficiali a 4; le scuole centrali furono riordinate su di: 1 scuola centrale di fanteria, 1 scuola centrale delle truppe celeri, 1 scuola centrale di artiglieria, 1 scuola centrale del genio e 1 scuola centrale militare di alpinismo (32). Nell'ordiname~to del 1940 venne prevista la costituzione dell' «Istituto superiore tecnico armi e munizioni» e dell' «Istituto superiore delle trasmhsioni» (3 3). Nella fase di preparazione della guerra contro l'Etiopia furono istituiti corsi d'istruzione particolari per gli ufficiali delle categorie in congedo, allo scopo di aggiornarne la preparazione professionale con carattere unitario e dare loro una conoscenza sommaria dell'ambiente e della guerra coloniale, e numerosi corsi di aggiornamento per sottufficiali e specializzati; venne, altresì, intensificata l'attività addestrativa di tutto 1'esercito culminata nelle grandi esercitazioni d'insieme svoltesi nell'agosto del 1935, in Alto Adige, con l'intervento di numerose divisioni. Al momento dell'inizio delle operazioni le grandi unità operanti nell' Africa orientale avevano avuto a disposizione dai 7 ai 5 mesi per ridare ai soldati l'abito militare inteso come ritorno alla disciplina formale ed a quella interiore e come rinsaldamento dei legami spirituali, per far loro riprendere la pratica delle armi e per ringiovanire i procedimenti tecnici e tattici già appresi durante il servizio di leva e non modificati nel frattempo. L'esercito metropolitano, sia il grosso rimasto in Patria, sia l'aliquota ipviata oltremare, raggiunse negli anni 1935 e 1936 il più alto livello di preparazione morale e tecnico-professionale mai toccato in passato e ciò dipese da alcune circostanze favorevoli, tra le quali la stabilità dei procedimenti d'impiego delle minori unità, e, in grande misura, dai
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criteri ai quali furono ispirate la mobilitazione e la preparazione della guerra, come anche dall'impostazione che era stata data 5 anni prima all'attività addestrativa ed alla metodica con la quale questa era stata sviluppata.
4. Le grandi riforme ordinative degli anni 1925-26, alle quali fecero seguito negli anni 1926-28 quelle dottrinali, anziché l'inizio di un periodo di relativa stabilità segnarono l'avvio di un processo evolutivo accelerato, caratterizzato da un lato dalla indispensabile ricerca di modernizzazione delle concezioni e delle strutture, dall'altro dalla tendenza pressoché costante e generale ad ampliare l'intelaiatura definita dall'ordinamento Mussolini, senza peraltro attribuire la priorità necessaria al miglioramento delle armi, dei mezzi e dei materiali a favore dei quali invece si sarebbe dovuto sacrificare il numero. Tale tendenza non risparmiò nessun settore; coinvolse l'organizzazione centrale e la periferica, l'organizzazione del comando operativo e la direzione tecnicoamministrativa, gli enti e gli organi territoriali e le unità dell'esercito di campagna giungendo, nei riguardi di queste ultime, all'esasperazione degli anni 1938-'40 quando per aumentare il numero delle grandi unità - dato che la potenzialità militare degli eserciti terrestri veniva allora misurata in relazione al numero delle divisioni mobilitabili - si trasformarono le divisioni ternarie in binarie. Prima dell'esame analitico delle vicende ordinative ed organiche dell'esercito di campagna - che sono quelle più attinenti al discorso che veniamo facendo - è necessario dare uno sguardo sommario alle trasformazioni ed innovazioni operate negli altri settori. La Commissione suprema di difesa - il cui ordinamento del dicembre 1923 era stato ritoccato nel 1924 e rielaborato nel 1925 - non subl modifiche sostanziali fino al 1936. Il comitato deliberativo, presieduto dal capo del governo, continuò ad essere costituito dai ministri degli esteri, degli interni, delle finanze, delle colonie, dell'economia nazionale, delle comunicazioni, della guerra, della marina e dell'aeronautica. Di esso continuarono a far parte, con voto consultivo, il capo di stato maggiore generale, i capi di stato maggiore di forza armata, i presidenti del Consiglio dell'esercito, del Comitato degli ammiragli e del Comitato per la preparazione della mobilitazione nazionale. Dei militari ebbero voto deliberativo il maresciallo Diaz, che ne fu il vice-presidente fino al 1928 e, limitatamente al periodo 12 settembre 1929-22 luglio
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193 3, data questa ultima in cui Mussolini riassunse la direzione dei tre ministeri militari, i ministri della guerra, della marina e dell' aeronautica. La riforma del 1936 (34) ne ampliò i compiti - organo interministeriale avente lo scopo di coordinare lo studio e di stabilire le norme per lo sfruttamento di tutte le attività nazionali ai fini della difesa stessa - e la composizione. Furono chiamati a farne parte, con voto consultivo, anche il segretario del partito fascista, i marescialli d'Italia, i grandi ammiragli, i marescialli dell'aria, il capo di stato maggiore della milizia, l'ispettore capo per la preparazione premilitare e postmilitare, il presidente del comitato per la mobilitazione civile, oltre al capo di stato maggiore generale ed ai capi di stato maggiore di forza armata. Divenuto un consesso pletorico, eterogeneo, politicizzato dalla presenza del segretario del partito e del capo di stato maggiore della milizia fascista, la commissione esercitò, ancora meno che nel passato, le funzioni che le sarebbero state proprie e visse come un organo pieno di lustro esteriore, ma privo di consistenza e d'influenza decisiva, sia perché Ja gran parte dei membri con voto deliberativo era incompetente ed inesperta, sia perché Mussolini non credeva negli organi collegiali - che cercava di riunire il meno frequentemente possibile, e quando lo faceva cercava di tagliare corto alle eventuali discussioni imponendo il suo punto di vista - sia perché nessuno di tali organi era in grado di opporsi e neppure di contestare le decisioni del duce che aveva sempre ragione. La commissione non espresse mai una qualche decisione importante o una qualche direttiva di orientamento che avessero riflessi positivi concreti nei riguardi delle soluzioni da dare ai problemi scottanti della difesa, primo fra tutti quello dell'ammodernamento delle armi e dei materiali. L'ordinamento dell' Alto comando, stabilito nel 1925, venne modificato sostanzialmente nel 1927 (35) e nel 1933 (36). Con il decreto del 1927, la cui elaborazione e stesura furono attribuite al sottosegretario di Stato per la guerra, gener;ùe Cavallero - che nel 1940 dovrà pentirsi amaramente del suo operato - la carica di capo di stato maggiore generale venne resa illusoriamente più prestigiosa ed esaltante, ma in realtà molto svuotata di contenuto reale e del tutto privata di esercizio diretto di comando. Il capo di stato maggiore generale venne incaricato di assicurare il coordinamento nell'org,anizzazione militare dello Stato assumendo la funzione di consulente tecnico del capo del governo per quanto concerne la coordinazione della sistemazione difensiva dello Stato e dei progetti per eventuali operazioni di guerra, con la facoltà di corrispondere con i capi di stato maggiore di forza armata per il tramite dei rispettivi ministri. La carica venne scissa da quella di capo di stato maggiore dell'esercito e nel 1933 fu previsto che potesse essere ricoper ta
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anche da ammiragli e da generali dell'aeronautica. Ma il decreto del 1927 - in seguito al quale Mussolini accentrò nelle sue mani, senza più nessun anello intermedio, il controllo diretto ed esclusivo di tutto l'apparato militare dello Stato - ebbe conseguenze gravissime sulla preparazione militare alla guerra. Il maresciallo Badoglio, pago di salire formalmente di rango come consulente diretto del capo del governo, si rafforzò nel convincimento che la carica conservatagli fosse più un titolo onorifico che non un onere di responsabilità, tanto che accettò di essere inviato a governare la Libia dal 1929 al 1933 e, successivamente, adirigere le operazioni militari in Africa orientale pur restando capo di stato maggiore generale. Gli stati maggiori delle 3 forze armate, ognuno geloso della propria autonomia, si ritennero soddisfatti di liberarsi di ogni vincolo, benché tenue, che potesse limitarne l'indipendenza e si mossero con maggiore libertà lungo la strada delle reciproche ambizioni, gelosie e rivendicazioni dirette ad ottenere, senza rispetto degli interessi vicendevoli, le assegnazioni di bilancio più cospicue. Nessuno si sentì responsabile dell'elaborazione e della tenuta a giorno di un piano operativo generale che armonizzasse con visione unitaria le esperienze e le capacità delle 3 forze armate alle possibili ipotesi d'impiego congiunto. La mancanza di tale piano generale delle operazioni, e dell'abitudine ad imposlare e risolvere i problemi militari in termini interforze e di reciproca stretta cooperazione spirituale e tecnica, fu una delle cause determinanti degli insuccessi e dei mancati successi iniziali delle operazioni, che avrebbero potuto prendere un andamento diverso se vi fosse stato chi, a conoscenza perfetta dell'insieme, avesse potuto predisporle di lunga mano. Lo stato maggiore generale, istituito per coordinare lo sforzo delle 3 forze armate e per unificarne alcuni servizi, non funzionò mai e fu solo un organo di facciata che non esercitò nessuna effettiva e decisiva influenza sulla preparazione militare alla guerra. Quando questa scoppiò, benché gli fossero state attribuite le funzioni di Comando Supremo ed al suo capo fossero state restituite le responsabilità già sottrattegli, lo stato maggiore generale non fu per lungo tempo in grado di assumere la direzione delle operazioni sia per l'insufficienza della sua struttura - solo nel maggio del 1940 venne istituita la carica di sottocapo di stato maggiore generale (37) - sia per l'indocilità degli stati maggiori di forza armata non abituati ad operare congiuntamente sotto il comando e la direzione di un organo tecnico-operativo responsabile dell'impiego unitario dell'insieme . D'altra parte, tale organo non era mai esistito di fatto, tanto vero che il suo capo ne era rimasto per lunghissimi periodi assente; non esisteva, di nome, che dal maggio del 1940, da quando, cioè, Mussolini aveva preteso dal re, che gliela aveva concessa, la delega
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di comandante supremo di tutte le forze armate operanti sulle varie fronti; non esisterà dal dicembre del 1940 al maggio del 1941, periodo durante il quale il generale Cavallero, nominato il 6 dicembre 1940 capo di stato maggiore generale in sostituzione del maresciallo Badoglio, si allontanerà·dalla sua sede di comando per dirigere le operazioni contro la Grecia. Un abbinamento di cariche ambiguo e confusionario delle responsabilità, inaccettabile peculiarmente nella situazione di pluralità delle fronti, indipendenti e distanti tra di loro, al quale non meraviglia che Mussolini abbia fatto ricorso, mentre lascia interdetti il fatto che il generale Cavallero vi abbia sottostato. La separazione della carica di capo di stato maggiore generale da quella di capo di stato maggiore dell'esercito determinò l'emanazione di un nuovo provvedimento legislativo (38) con il quale si stabili che il capo di stato maggiore dell'esercito fosse l'alto consulente tecnico del ministro per la guerra, dipendesse direttamente da questi, dirigesse gli studi e le predisposizioni per la preparazione della guerra, esercitasse l'alta azione ispettiva sulle truppe, sui servizi e sulle scuole dell'esercito. Compiti non diversi sostanzialmente da quelli fissati nel passato e non più modificati in avvenire . L'ordinamento e gli organici dello stato maggiore subirono invece dal 1927 al 1940 molteplici variazioni e ritocchi (39), il più importante dei quali nel 1935 (47), quando venne costituito il corpo di stato magjjore, comprendente colonnelli e tenenti colonnelli, distinguendolo dal seroizio di stato ma?J!,iore, comprendente maggiori, capitani e tenenti in servizio di stato maggiore. Il corpo di stato maggiore fu costituito su 134 ufficiali (35 colonnelli e 99 tenenti colonnelli) che salirono successivamente a 206 (43 colonnelli e 163 tenenti colonnelli) nel 1940 (41). L'articolazione interna del comando del corpo di stato maggiore, più volte ritoccata dal 1927 al 1940 (42), ebbe in tale ultimo anno il seguente assetto (43): capo di stato maggiore, sotto-capo di stato maggiore e comandante in 2 a del corpo, sottocapo di stato maggiore per la difesa territoriale, segreteria, 2 reparti: il primo comprendente gli uffici operazioni I e II e l'ufficio addestramento; il secondo l'ufficio ordinamento e mobilitazione, l'ufficio servizi, la direzione superiore trasporti e la direzione di amministrazione. Nel 1940: la segreteria venne elevata al rango di reparto con il compito di trattare oltre le questioni proprie di una segreteria anche quelle riguardanti l'impiego dei generali mobilitati e del personale di stato maggiore, l'avanzamento e la disciplina, gli affari vari e generali; l'ufficio storico venne posto alle dirette dipendenze del sottocapo; fu istituita la carica di generale addetto, con funzioni di coordinamento e di collegamento, alle dirette dipendenze del capo; fu stabilito che la carica di capo di stato maggiore dell'esercito potesse
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essere attribuita ad un maresciallo d'Italia, ad un generale di armata, ad un generale comandante designato di armata, ad un generale di corpo d'armata, ad un generale di divisione (44). Dall'ottobre del 1934 al novembre del 1939 la carica di capo di stato maggiore dell'esercito venne abbinata a quella di sottosegretario di Stato per la guerra e fu ricoperta dal 1 ° ottobre 1934 al 1° ottobre 1936 dal generale Baistrocchi, dal 1° ottobre 1936 al 3 novembre 1939 dal generale Pariani; questi fu poi sostituito nella carica di capo di stato maggiore dal maresciallo Rodolfo Graziani (45) ed in quella di sottosegretario di Stato dal generale Ubaldo Soddu (46). L'abbinamento delle cariche, durato 5 anni, se da un Iato favori l'unicità dell'indirizzo politico-amministrativo e di quello della direzione tecnico-operativa, dall'altro sovrappose attribuzioni e responsabilità che avrebbero dovuto essere mantenute distinte. Molto più negativo risultò l'abbinamento della carica di capo di stato maggiore dell'esercito con quella di comandante superiore delle forze armate operanti nell'Africa settentrionale, alla quale venne destinato dal luglio del 1940 al febbraio del 1941 il maresciallo Graziani. L'abbinamento, sebbene non esplicitamente escluso dalla legge, ne contraddiceva Io spirito e la lettera, era contrario all'indispensabile chiarezza dei rapporti gerarchici e delle distinte responsabilità, determinava una situazione di estrema confusione funzionale e privava il capo del governo - comandante supremo, ministro per la guerra, per la marina e per l' aeronautica - del consulente tecnico sull'impiego delle forze terrestri, sicché dal dicembre 1940 al marzo 1941 Io stato maggiore generale e Io stato maggiore dell'esercito furono di fatto acefali e dovettero lavorare alla rovescia nel senso che in luogo d'impartire ordini da Roma dovettero attendere quelli che provenivano dall'Albania e dall'Africa settentrionale e che erano necessariamente affetti da visioni settoriali e particolaristiche. Al pari del generale Cavallero, anche il maresciallo Graziani - nonostante che entrambi non ignorassero l'incompatibilità degli abbinamenti e la stessa difficile situazione personale nella quale si sarebbero venuti a trovare - accettò la decisione di Mussolini senza battere ciglio. Il consiglio dell'esercito cessò, dal 1927 (47), di essere l'organo consulente del capo di stato maggiore generale, e diventò organo di consulenza del ministro della guerra, che lo avrebbe potuto convocare d'iniziativa, o su proposta del capo di stato maggiore dell'esercito, ogni qualvolta lo avesse ritenuto necessario per ascoltarne il parere consultivo sulle più importanti questioni relative all'organizzazione, al funzionamento, alla mobilitazione dell'esercito ed alla difesa nazionale. In pratica anche questo organo perse di prestigio e di autorità ed ebbe scarsa incidenza
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nella risoluzione dei vari problemi sui quali venne di volta in volta interpellato. Le attribuzioni e le dipendenze degli ispettorati d'arma e di specialità vennero nuovamente definite e precisate nel 1927 (48) nel quadro del riordinamento generale degli organi centrali. Successivamente venne istituito l' «Ispettorato delle truppe celeri» in luogo degli ispettorati dei bersaglieri e della cavalleria (49) e nel 1933 venne ricostituito l'«Ispettorato della fanteria» (50), conferendo all'ispettore - tenuto conto delle caratteristiche di quest'arma, al cui successo devono concorrere tutte le altre e per la cui efficienza il fattore tecnico deve integrarsi e fondersi con quello spirituale - anche il compito di organo di particolare consu-
lenza del ministro. Nel decreto n. 69 del 6 febbraio 1927 (51) vennero precisate altresl le attribuzioni degli ufficiali generali comandanti designati di armata - confermate e ritoccate poi nel 1935 (52) - ai quali furono assegnati i compiti di studiare e regolare le predisposizioni relative all'approntamento bellico del territorio, di presiedere alla preparazione ed all'efficienza degli alti quadri della gerarchia militare, di vigilare sull'indirizzo addestrativo complessivo dei quadri e delle truppe, di dirigere, per incarico del ministro, esercitazioni e manovre con quadri e truppe, e di eseguire missioni
ispettive. L'ordinamento dell'amministrazione centrale e del personale civile dipendente dell'll marzo 1926, già parzialmente modificato nel 1927 (5 3), venne rielaborato nel 1928 e sancito in un testo unico che raccolse le leggi riguardanti appunto l'articolazione funzionale ed organica delle direzioni generali, delle divisioni, delle sezioni e degli uffici centrali e periferici (54). Dal 1928 in poi, si susseguirono altre modifiche ed aggiunte riguardanti sia l'articolazione (55) sia gli organici dei ruoli (56) fino a che, nel 1940, con legge n. 1039 del 6 luglio (57), l'intera organizzazione venne ristrutturata e riordinata secondo le costanti linee di sviluppo, seguite dal processo evolutivo negli anni compresi tra il 1926 ed il 1940, tendenti alla separazione delle funzioni eminentemente amministrative da quelle di carattere prevalentemente tecnico ed ali' adeguamento delle tabelle graduali e numeriche alle nuove esigenze di funzionamento. Nel corso dei 3 lustri: vennero potenziali il servizio chimico (58) ed il servizio tecnico di artiglieria (59), già previsti dall'ordinamento del 1926, e vennero costituiti ex novo il «servizio tecnico automobilistico» (60) ed il «servizio degli specialisti del genio» (61); le direzioni generali salirono da 7 a 10 e le divisioni autonome, gli uffici e le direzioni centrali da 4 a 7; il personale direttivo da 254 a 482 unità,
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quello di concetto da 23 a 30, i ragionieri-geometri del genio da 134 a 350, i ragionieri di artiglieria da 159 a 400, i capitecnici di artiglieria e del genio da 94 a 157, gli assistenti del genio da 130 a 275, il personale d'ordine da 2418 a 2804, il personale subalterno da 134 a 327 unità. Anche il personale della giustizia militare, i professori e gli insegnanti civili delle scuole militari, i maestri di scherma e di educazione fisica vennero considerevolmente aumetati, sebbene in proporzioni minori. La separazione delle funzioni amministrative da quelle tecniche, con la conseguente costituzione dei servizi tecnici aventi autonomia funzionale, e la delimitazione sempre più particolareggiata delle attribuzioni dei singoli rami ed organi del servizio, furono provvedimenti dettati dall'esigenza, dati i costanti progressi della tecnica, di conferire una propria e spiccata fisionomia alle varie branche specializzate in determinanti settori assegnando loro personale tecnicamente qualificato nella ricerca, nello studio, nella sperimentazione e nel collaudo dei nuovi ritrovati bellici. Se gli aumenti del personale tecnico erano, perciò, più che motivati, assai meno lo erano quelli del personale delle branche amministrative. Questi dipesero, in buona parte, più che da comprovate esigenze di funzionamento, dalla volontà politica di organizzare lo Stato fascista, di per sé centralizzato ed accentratore, come una riserva di posti di lavoro da assegnare agli iscritti al partito, escludendo i non iscritti ed arrestando nella carriera quelli di costoro che vi si trovavano prima dell'avvento al regime e che a questo non avevano voluto aderire. La burocrazia fu intesa come una delle colonne portanti del regime, ed essa, già fisiologicamente predisposta all'elefantiasi, trovò il terreno adatto alla sua vasta germogliazione in tutte le amministrazioni statali, ivi compresa appunto quella della guerra. Mentre l'articolazione del ministero in 4 branche fondamentali distinte - direzioni generali, stato maggiore, ispettorati d'arma o di specialità, servizi tecnici - coprì un'esigenza reale di funzionalità e di tecnicizzazione assai sentita, gli aumenti organici e la proliferazione delle sezioni, degli uffici e delle divisioni si tradussero in un eccessivo burocratismo ed in una spesso dannosa compartizione stagna che finirono con il ritardare, anziché accelerare, il lavoro, con lo spezzettare e il disperdere le responsabilità in un groviglio burocratico contorsionistico dal quale pochi riuscivano a tirarsi fuori, e con l'inceppare il meccanismo amministrativo e tecnico lasciandolo privo di solidi e solleciti canali comunicanti, all'infuori di quello del sottosegretario di Stato, al quale tutto confluiva senza filtro, in ragione della tendenza tipica del regime dittatoriale a ricusare le responsabilità personali nell'attesa delle direttive e delle decisioni dall'alto.
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5.
Le riforme del 1926 non avevano affrontato, nei termini nuovi nei quali erano stati posti dalla prima guerra mondiale e dal successivo sviluppo dell'aviazione, i problemi dell'organizzazione militare territoriale e della difesa del territorio. A tali incombenze, come nel passato, dovevano provvedere i comandi di corpo d'armata e quelli delle divisioni di fanteria. Il territorio era stato diviso a tale fine in 10 circoscrizioni di corpo d'armata - I Torino, II Alessandria, III Milano, IV Verona, V Trieste, VI Bologna, VII Firenze, VIII Roma, IX Bari, X Napoli ed in 2 circoscrizioni autonome, una comprendente la Sicilia e l'altra la Sardegna (62), alle quali si aggiunse, l'anno dopo, la circoscrizione di Udine per effetto della costituzione dell'XI corpo d'armata (63). Fu solo agli inizi degli anni trenta che si dette l'avvio ad una soluzione diversa del problema dell'organizzazione militare territoriale e che si cominciò ad imbastire l'organizzazione difensiva del territorio dalle offese dal mare e dal cielo. Il territorio nazionale venne ripartito in zone militari e queste furono raggruppate in 5 ispettorati di zone militari (64) in sostituzione degli ispettori di mobilitazione fino ad allora operanti nell'ambito dei comandi di divisione territoriale (65). Frattanto si provvide all'istituzione di un ruolo speciale - ruolo «M» (66) - al quale vennero assegnati, a domanda, ufficiali delle varie armi giudicati idonei a determinare funzioni aventi speciale importanza nei riguardi della mobilitazione, ruolo che venne negli anni successivi più volte ampliato e riordinato. Venne anche costituito un altro ruolo speciale - ruolo consegnatari (6 7) - composto di capitani anziani delle varie armi da adibire a funzioni di consegnatari di magazzino e di addetti agli uffici matricola. Presso lo stato maggiore dell'esercito venne istituita la carica di sottocapo di stato maggiore per la difesa territoriale il quale, alle dipendenze del capo di stato maggiore, dov~va sovraintendere sia all'organizzazione incaricata dei compiti di reclutamento e di mobilitazione sia all'organizzazione incaricata della difesa del territorio. Apparsa sempre più pressante la necessità di consentire ai comandi di corpo di armata e di divisione di dedicarsi essenzialmente alle attività di carattere operativo e addestrativo e di sollevarli conseguentemente dagli oneri territoriali, nel 193 7 vennero creati 13 comandi di difesa territoriale e 29 comandi di zona militare. Nel 1934 i comandi di corpo d'armata erano stati portati a 13 e quelli delle divisioni di fanteria a 31 (68), con il compito di provvedere a tutte le predisposizioni relative alla difesa territoriale in pace (escluse le frontiere) ed alla loro attuazione in guerra (escluso il territorio dichiarato zona di
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operazioni), e di sovraintendere all'attività dei distretti militari (ridotti a 100) e di tutti gli altri enti ed organi interessati al reclutamento, alla mobilitazione ed alle requisizioni. Ciascun nuovo comando di difesa territoriale e di zona fu posto rispettivamente alle dipendenze del comando del corpo d'armata o della divisione di fanteria nella cui circoscrizione aveva sede per tutto quanto non concerneva la difesa territoriale, mentre per quanto riguardava questa ultima i comandi di zona facevano capo direttamente ai comandi di difesa territoriale e questi al sottocapo di stato maggiore per la difesa territoriale. Alle dipendenze dei comandi di difesa territoriale furono posti anche i tribunali militari il cui numero nel 1931 era stato ridotto da 12 a 6 - Torino, Bologna, Trieste, Roma, Napoli, Palermo (69) - ai quali si aggiunse, nel 1939, il tribunale militare di Verona (70). La difesa antiaerea - D.A.T. - ebbe un suo primo assetto nel 1930 (71). La direzione venne affidata all'esercito, che doveva sovrintendere all'impiego, all'addestramento, alla parte tecnica e provvedere a fornire gratuitamenle i maleriali; la parte esecutiva fu assegnata ad una apposita specialità della milizia volontaria per la sicurezza nazionale, il cui comando generale doveva provvedere al reclutamento, alla disciplina del personale, traendo questo dai soggetti all'istruzione premilitare fino a quando non venissero incorporati nell'esercito e dai militi di età maggiore ai 40 anni in modo da non incidere sulla disponibilità del personale di previsto impiego per mobilitazione nell'ambito delle 3 forze armate. L'organizzazione del 1930 comprendenva: 1 ispettorato alle dipendenze del capo di stato maggiore dell'esercito, 4 raggruppamenti e 25 comandi milizia D.A.T. Nel 1935 anche il compito della difesa costiera venne attribuito ad un'altra specialità della milizia - Milizia da Costa - e nell'occasione venne costituito un ispettorato unico della milizia D.A.T. e della milizia da Costa, facente capo allo stato maggiore dell'esercito per la materia D.A.T. ed a quello della marina per la materia difesa delle coste, comprendente: 6 comandi unificati di gruppi di legioni DICAT e da Costa, 14 comandi di legione DICAT e 2 comandi di legioni da Costa, 10 comandi di coorte autonoma DICAT e 2 comandi di coorte autonoma da Costa (72). Tale ordinamento venne ampliato e modificato ancora una volta nel 1938 (73): la DICAT fucostituita su 5 comandi di gruppo di legioni, 22 comandi di legione, 1 comando scuola centrale; la milizia da Costa - che prese il nome di milizia artiglieria marittima (M.A.M.) fu costituita su 1 comando di gruppo di legioni e 8 comandi di legione. Restarono ferme la dipendenza della DICAT dallo stato maggiore esercito (sottocapo per la difesa territoriale) e della M.A.M. dallo stato maggiore della marina per l'impiego, le
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direttive addestrative, la materia tecnica ed i materiali e la dipendenza di entrambe dal comando generale della milizia per le questioni riguardanti il reclutamento, la mobilitazione, la disciplina, l'addestramento, l'amministrazione del personale ed i compiti d'istituto. I compiti delle due milizie furono così fissati: predisporre, in tempo di pace, e attuare, in tempo di guerra, in concorso con le unità contraerei e costiere delle altre forze armate, la difesa del Paese da attacchi aerei e navali nemici. Nel 1940 la M.A.M. assunse anche il compito della difesa contraerei delle piazze forti, basi e settori militari marittimi, fu staccata dalla DICAT ed ordinata autonomamente su di 1 comando, 3 comandi di gruppo di legioni, 14 comandi di legione, 1 scuola centrale di tiro contraerei e costiero, conservando la duplice dipendenza dallo stato maggiore della marina e dal comando generale della milizia (74). Per la protezione antiaerea vennero istituiti il «Comitato centale interministeriale per la protezione antiaerea» (C.C.I.P.A.A .) e I' «Unione nazionale per la protezione antiaerea» (U.N.P.A.) - questa militarizzata al momento dell'entrata in guerra (75) - che facevano capo al sottocapo di stato maggiore per la difesa del territorio. L'insieme dei provvedimenti adottati nei riguardi dell'organizzazione militare territoriale e della difesa e protezione dalle offese aeree e navali richiese, da parte dello stato maggiore dell'esercito, un lavoro di ideazione e di applicazione di grande impegno durante tutto il decennio degli anni trenta. La creazione di due branche distinte dell'apparato militare - una destinata ad operare sulle fronti di guerra, l'altra ad alimentare la prima ed al tempo stesso a garantire la difesa interna del territorio - agenti entrambi sotto una direzione unica, fu una soluzione razionale è moderna pienamente rispondente al nuovo carattere totalitario della guerra che avrebbe coinvolto tutto e tutti. La validità della scelta è, dunque, fuori discussione; non così talune delle modalità di realizzazione. La istituzione dei ruoli M e consegpatari non giovò alla compattezza morale del corpo degli ufficiali e non si risolse a vantaggio di una migliore professionalità di quelli che rimasero nel ruolo comando. I mali derivanti dalle leggi sullo stato e sull'avanzamento dei quadri ufficiali e sottufficiali, nonostante i frequenti rimaneggiamenti e ritocchi ad esse apportati e forse anche a causa di questi (76), non diminuirono, tanto è vero che 8 anni dopo l'istituzione dei nuovi ruoli v'erano ancora tenenti che da 18 anni prestavano servizio come subalterni, al massimo con l'incarico del grado superiore. Esula dall'analisi che veniamo illustrando tutto ciò che riguarda le leggi sullo stato e sull'avanzamento, ma è necessario sottolineare come l'istituzione dei nuovi ruoli non rispose ad un'esigenza di specializzazione, come era detto nella legge, ma
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fu solo un tentativo mal riuscito per sfoltire il ruolo comando ed accelerare le promozioni, dando agli altri ruoli il contentino dei limiti di età più avanzata per il collegamento nell'ausiliaria. Il sistema dell'avanzamento per anzianità, sebben corretto dalla promozione a scelta per esami, appiattl le carriere, spense gli entusiasmi, spinse i pigri a rintanarsi nei settori burocratici, disperse e rese inutilizzabili energie preziose. La via della scuola di guerra e delle promozioni a scelta per esami era di per sé naturalmente stretta e non percorribile dalla massa degli ufficiali, la cui professionalità non era incoraggiata da prospettive promettenti né sostenuta da un trattamento economico incoraggiante, mentre era avvilita dalla facilità con la quale venivano investiti di gradi equipollenti gli ufficiali ed i sottufficiali della milizia fascista. La milizia volontaria per la sicurezza nazionale, creata da Mussolini senza nessun rispetto dello Statuto del regno, per disporre in proprio di un supporto militare non legato con giuramento al re, ed al tempo stesso per dare una sistemazione decorosa agli ancora inquieti squadristi difficilmente controllabili, pesò in misura notevole sul bilancio dello Stato. Se si fa eccezione delle varie specialità adibite a compiti di polizia stradale, ferroviaria, portuale, ecc., essa rappresentò una spesa del tutto superflua, un lusso personale di Mussolini dal quale questi non trasse alcun utile neppure nel momento del bisogno. La milizia, difatti, il 25 luglio del 1943 anteporrà lo Stato al Partito, di cui avrebbe dovuto costituire la salvaguardia armata, e ubbidirà al re. Quando, nel 1931 e negli anni seguenti, si dovette dare corpo alla difesa del territorio dalle offese dal cielo e dal mare, la milizia era una realtà concreta ed in ragione di ciò parve opportuno utilizzarla, almeno in parte, in compiti ai quali sarebbe stato indispensabile destinare, in ogni caso, personale specializzato tratto dalle classi soggette ad obblighi di servizio, ma non impiegabili per motivi di età od altri sulle fronti di guerra. Ciò valse alla milizia il riconoscimento di vera e propria quarta forza armata dello Stato, con tutte le conseguenze di carattere morale, istituzionale, ordinativo e finanziario che ne derivarono. Senza nulla togliere al contributo di dedizione, di sacrificio e di sangue che la milizia donò alla Patria nella guerra etiopica, in quella di Spagna e nella seconda guerra mondiale, resta fuori discussione che la sua costituzione ed il suo mantenimento incisero negativamente sulle assegnazioni finanziarie dell'esercito, della marina e militari in genere. È vero che se essa non fosse esistita, i compiti bellici che le furono affidati li avrebbero dovuti assumere le altre forze armate, in gran parte l'esercito, ma in tale caso la spesa complessiva sarebbe stata di gran lunga inferiore, perché non si sarebbe creata la duplicazione di comandi, organi, infrastrutture e materiali del tutto super-
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flua, quand'anche non dannosa, che venne invece messa in piedi e mantenuta. Le disponibilità furono sempre poche, ma spesso vennero spese male, e la milizia ne è un esempio, anche se non il solo. D'altra parte, anche la milizia venne male armata e male equipaggiata e la specialità contraerei, ad esempio, ebbe in dotazione materiali quantitativamente insufficienti e qualitativamente vetusti e superati, comunque non tali da garantire l'efficiente protezione degli obiettivi.
6. Alla legge del 1925 sull'organizzazione de Ila nazione per la guerra fece seguito, nel 1931, la legge sulla disciplina di guerra: un corpo di disposizioni creatrici di una disciplina di guerra rispondente alla inderogabile esigenza di mantenere salda e compatta la coesione morale dei cittadini nei momenti di supremo cimento della nazione (77). Nel giustificarne la necessità, l'apposita commissione parlamentare sostenne che la prima guerra mondiale aveva fatto chiaramente intendere quanto grande fosse l'influenza esercitata dall'organizzazione del fronte interno sulle forze militari operanti in linea e quanto importante fosse la razionale utilizzazione di tutte le risorse - materiali, biologiche, spirituali - della nazione. Tali forze - affermava la relazione della commissione - vanno tuttavia tempestivamente coordinate, ed il loro impiego disciplinato con fennezza; come pure da una severa e serena giustizia deve essere retta l'attività di quei cittadini ai quali l'età o le condizioni fisiche vieteranno l'onore di poter difendere la patria con le armi, nonché di coloro la cui opera è ritenuta necessaria in paese per alimentare le forze armate che combattono. Stato veramente civile e saldo è quello che sa trasformare le energie nazionali in ordinate forze di propulsione. Funzione statale, questa, di grande importanza in pace; forse decisiva in guerra: tanto più, ove si tenga conto che l'evoluzione ed il perfezionamento dei mezzi di offesa trasformerà fatalmente, nelle lotte future, tutta la nazione in territorio di operazioni. La guerra avrebbe coinvolto direttamente tutti i cittadini, anche quelli non soggetti ad obblighi di servizio militare, compresi i minori, gli anziani, le donne, per cui a tutti sarebbe incorso l'obbligo di concorrere alla difesa ed alla resistenza della Patria mediante: la prestazione della propria attività materiale, intellettuale e spirituale, l'astensione dalle spese e dai consumi superflui, l'adesione e l'obbedienza a qualsiasi disposizione emanata dalle autorità responsabili ed il volenteroso contributo ad ogni azione in vantaggio della Patria. La legge stabilì a tali fini che presso ogni comune venisse costituito, al-
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l'atto della mobilitazione, un comitato di resistenza civile incaricato di curare l'applicazione della legge sulla mobilitaizone civile e l'attuazione di tutte le disposizioni e di tutti i provvedimenti necessari a regolare la ferrea disciplina di guerra. La ricerca del punto di equilibrio tra le contrastanti esigenze della mobilitazione militare e quelle della mobilitazione civile e della disciplina di guerra - problema non del tutto nuovo, ma che veniva assumendo aspetti più complessi e delicati che non nel recente passato - non poteva avere, e non ebbe, una soluzione ottimale stabile, per cui si dové procedere per approssimazioni s.uccessive tendenti a sempre più e sempre meglio garantire la massima disponibilità di cittadini soggetti ad obblighi di servizio militare, ed al tempo stesso il migliore funzionamento, in guerra, delle amministrazioni pubbliche e dei principali servizi pubblici, delle industrie belliche vere e proprie e delle attività indispensabili a sostenere lo sforzo bellico. Da qui l'instabilità della legislazione sul reclutamento, condizionata altresì dalla mutevole realtà culturale, sociale, economica e di sviluppo inJustriale e tecnico della nazione, ed i numerosi e quasi continui interventi per sempre più e sempre meglio adattarla alla massima disponibilità possibile di uomini soggetti ad obblighi di servizio militare, ed al tempo stesso alla minima disparità possibile di trattamento tra i cittadini di una stessa classe. Il testo unico delle leggi sul reclutamento del regio esercito approvato nel 1927 (78) e quello sul reclutamento degli ufficiali approvato nel 1929 (79), in seguito alle numerose aggiunte e varianti introdotte, a mano a mano vennero rielaborati rispettivamente nel 1932 (80) e nel 1938 (81). Il testo unico delle leggi sul reclutamento del 19 32 venne ancora una volta rielaborato nel 1938 (82) ed anche a tale edizione vennero apportate varianti successive, come pure al testo unico delle disposizioni sul reclutamento degli ufficiali del 1938. La durata della ferma di leva rimase sempre la stessa - 18 mesi - mentre i limiti dell'obbligo del servizio militare vennero estesi fino al 55° anno di età (83). Altre novità di rilievo furono l'obbligatorietà dell'istruzione premilitare (84), l'obbligatorietà della frequenza dei corsi per allievi ufficiali di complemento da parte di coloro che fossero in possesso di un titolo di studio di scuola media superiore (85), l'istituzione della ferma unica di leva per tutti gli iscritti idonei (86), l'istituzione dell'istruzione postmilitare resa obbligatoria per i sottufficiali e militari di truppa in congedo fino al compimento del trentesimo anno di età (87). Due provvedimenti d'importanza determinante ai fini di armonizzare la mobilitazione militare e quella civile furono l'emanazione del Regolamento sulle dispense dai richiami alle armi per mobilitazione (88) e
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l'istituzione del Commissariato generale per le fabbricazioni di guerra (89). Con il primo s'intese assicurare, in casi di richiami alle armi per mobilitazione, il funzionamento delle pubbliche amministrazioni e dei principali pubblici servizi, stabilendo particolareggiatamente le condizioni nelle quali avrebbero potuto essere concessi ritardi nella presentazione alle armi e dispense dai richiami e precisando le modalità da seguire per garantire l'assetto funzionale dei vari enti ed organi mediante l'impiego proficuo del personale proprio e di quello provvisorio non soggetto ad obblighi militari al fine di lasciare disponibile per le forze armate il maggior numero possibile di richiamati. Le amministrazioni civili interessate dovevano impiantare e tenere annualmente aggiornato, ai vari livelli, il proprio progetto interno di mobilitazione - al pari degli enti, organi ed unità militari - dal quale dovevano risultare tutte le predisposizioni del tempo di pace e tutti i provvedimenti da attuare automaticamente al momento della mobilitazione per evitare, o quanto meno ridurre, gli effetti della crisi del passaggio dall'una all'altra fase. Con il secondo provvedimento - l'isLiLuzium: dd Commissariato per le fabbricazioni di guerra (Cogefag) - s'intese ripristinare l'organizzazione già funzionante con risultati eccellenti durante la prima guerra mondiale (89) per armonizzare e coordinare i porgrammi delle lavorazioni occorrenti alle forze armate, per commisurarli alle possibilità produttive delle industrie nazionali ed alla urgenza ed importanza delle necessità contingenti e per designare e ripartire tra le amministrazioni interessate le fonti di produzione per l'espletamento delle relative commesse_ All'atto della sua istituzione, nel 1935, fu posto a capo del commissariato il generale Alfredo Dallolio (90) già prima sottosegretario e poi ministro delle armi e munizioni durante la prima guerra mondiale - che dal 1925 era presidente del comitato per la mobilitazione civile. Il generale Dallolio abbinò le due cariche che conservò fino al 31 agosto 1939, quando per motivi di età - era già ultraottantenne - fu sostituito dal generale Carlo Favagrossa (91), che rimase successivamente alla direzione dell'ente anche quando questo fu trasformato, nel 1940, in Sottosegretariato per le fabbricazioni di guerra (Fabbriguerra) (92) e successivamente, nel 1943, in ministero. Il Cogefag però nacque tardi e male: tardi perché per 17 anni i problemi delle materie prime, delle fonti energetiche, della capacità industriale, dei trasporti e del coordinamento della produzione bellica erano stati del tutto ignoratì nei riguardi della preparazione alla guerra; male perché privo degli organi tecnici ed amministrativi che avrebbero dovuto sovrintendere alle commesse, la cui gestione fu, invece, lasciata alla competenza dei tre ministeri militari, intransigenti nel volerla conservare; e anche perché gli fu sottratta la competenza sull'impiego e la gestione
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di alcune materie prime essenziali (carbone, carburanti e lubrificanti, gomma, fibre tessili naturali e sintetiche, legna, carbone vegetale) rimasta affidata ad altri ministeri. Il non aver accentrato le commesse nel Cogefag fu grave errore che la guerra acuì senza possibilità di porvi rimedio ... Né l'errore si deve attribuire a dimenticanza di chi fu incaricato dello studio e della elaborazione del decreto - data la profonda competenza ed esperienza che in materia aveva il generale Dallolio - bensì a difficoltà opposte dai vari dicasteri militari che non vollero rinunciare alle attribuzioni acquisite dopo la guerra 1915-18 con l'abolizione dell'allora ministero armi e munizioni (93). Malgrado ciò il Cogefag, e successivamente il Fabbriguerra, funzionarono per il meglio pur nello stato di miseria e di difficoltà in cui operarono (94) e se l'Italia durerà in guerra per oltre 3 anni Io si dovrà in gran parte al Cogefag ed al Fabbriguerra, che compiranno miracoli umani creando dal nulla e moltiplicando il poco (95) . La visione e la concezione della guerra totale dell'epoca industriale - mobilitazione miliLare, mobilitazione civile, coinvolgimento di tutte le energie, potenziale e capacità produttivi, ecc. - furono, dunque, chiaramente intese ed interpretate, in tutti i loro aspetti, dagli organi tecnici preposti alla preparazione della guerra; non vi furono arretratezza cu1turale e passatismo organizzativo; nulla di quanto accadrà durante la guerra costituirà una sorpresa per gli stati maggiori. Lo stesso generale Favagrossa non mancò di rappresentare, nel maggio del 1940, senza eufemismi, la tragicità della situazione alla quale il Paese sarebbe andato incontro in caso di guerra. Questa sarebbe stata una guerra di mezzi e, poiché tale, avrebbe richiesto, per essere condotta con successo, molti molti mezzi ed un'accurata ed accorta preparazione in tempi lunghi. <<Per guadagnare anni purtroppo perduti, nelle attuali difficili condizioni determinate dalla mancanza di materie prime, ci vogliono anni, né volontà ed energia o capacità possono riparare alle dure necessità che le materie prime e la loro elaborazione inevitabilmente impongono» (96).
7. Le riforme legislative degli anni 1926-1940, condotte in base alla delega concessa dal Parlamento al Governo nel 1926 (97), nonostante le incertezze, le lacune, i difetti, gli errori, le manchevolezze ed i ripensamenti, valsero a creare, sul piano dell'impostazione dottrinale e ordinativa, un complesso di norme di avanguardia per la preparazione alla guerra quali non esistevano negli altri grandi paesi europei. Ad esse si
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accompagnarono norme esecutive, prescrizioni e regolamenti intesi ad assicurarne la migliore applicazione ed a conferire all'organizzazione militare in genere ed all'esercito in particolare un assetto spirituale, ordinativo e funzionale il più rispondente possibile alle esigenze dei tempi. Nella logica di riforma delle istituzioni militari seguita dal 1926 in poi, lo stato maggiore dell'esercito, oltreché ali' elaborazione e rielaborazione della dottrina tattica (97), di quella riguardante la tecnica d'impiego (98) e delle istruzioni di carattere tecnico (99), sottopose a frequenti completamenti, miglioramenti ed aggiornamenti tutta la restante regolamentazione, da quella logistica (100) a quella procedurale (101), da quella di carattere disciplinare (102) a quella di carattere generale (103) per renderne i contenuti aderenti alle nuove esigenze ed alle istanze evolutive sociali e tecniche. La legislazione militare, per fare del Paese una nazione annata da trasformare rapidamente, al momento dell'emergenza, in una nazione in guerra, impose all'intera collettività oneri e sacrifici pesanti, peraltro assolutamente necessari se si fosse dovuta affrontare una guerra anche solo difensiva. Essa aderiva molto bene alla logica della guerra totale, che è tale sia se offensiva sia se difensiva, tanto è vero che una legislazione simile od analoga vige tuttora in molti paesi neutrali. Che sia stata elaborata e messa in vigore durante il fascismo, non significa affatto che rispondesse solo ai bisogni dello Stato totalitario e del regime dittatoriale; era, ed è tutt'ora sotto alcuni aspetti, la contropartita irrinqnciabile per la sicurezza e la difesa della Patria dalle aggressioni esterne. Certo si trattò di una legislazione assai dura, ma intenderla come manifestazione di aggressività avventuristica e di autoritarismo fascista è fuorviante, perché anche chi ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, a meno che non ripudi anche la difesa della Patria, può trovarsi, contro ogni sua volontà, a dover fronteggiare un'aggressione esterna che coinvolgerebbe, domani più di oggi, di per sé tutte le energie della nazione. Magna pars di quella legislazione fu lo stato maggiore dell' esercito - che ebbe, dunque, una visione chiara dei problemi posti dal nuovo carattere totalitario del fenomeno bellico - che seppe risolverli, sul piano concettuale, in forma e misura adeguate. Sul piano dell'attuazione pratica, specialmente nei riguardi dei settori di non diretta competenza del1' amministrazione centrale e periferica del ministero della guerra, vi furono invece incertezze, lacune e soprattutto omissioni che derivarono anche dal troppo breve periodo di tempo che fu disponibile per la messa in moto, ad alto volume di giri, dei vari meccanismi, e dalla nulla od assai scarsa propensione del cittadino italiano ad entrare nella macchina
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militare ed anche in tutto ciò che può servire alla macchina stessa, salvo poi, una volta dentro, dimostrarsi capace di dare di sé prove eccellenti sia come soldato sul campo di battaglia sia come operatore dell'industria in guerra. È quanto accadrà in prima linea e nelle fabbriche anche durante la seconda guerra mondiale, durante la quale i soldati e gli operai combatteranno e lavoreranno fino al limite delle loro energie psichiche e fisiche. Sarebbe stato da presumere che con quella legislazione così organica e severa - malgrado giunta in parte con ritardo ed in parte con qualche incompletezza - il Paese avrebbe potuto affrontare l' eventualità della guerra se non al meglio, almeno non alla sprovvista. La legislazione militare è condizione indispensabile per la preparazione alla guerra, ma non sufficiente a garantire il grado necessario di approntamento. Una legislazione così completa e così nuova come quella elaborata negli anni trenta, moltiplicando e specializzando i ruoli dei cittadini nella guerra, moltiplicò anche gli interessi in campo e le loro specificità. Ne conseguì che i contrasti tra i vari interessi s'intrecciarono e s'ingarbugliarono in un groviglio spesso inestricabile, e poiché ciascun settore aveva la sua porzione di ragione l'operazione di armonizzazione reciproca si dimostrò, all'atto pratico, incerta, faticosa e spesso inadeguata e di per sé impopolare perché diretta a distribuire sacrifici e rinunce . Il timore delle reazioni trattenne dall'applicare le leggi in tutte le loro conseguenze e lo stesso Mussolini, che se ne era fatto paladino, finì spesso con il favorire le centrifugazioni e le divaricazioni potenzialmente esistenti nella legislazione stessa. Tale atteggiamento e tale linea di condotta riduttivi resero vane molte norme legislative riguardanti la mobilitazione civile e quella militare, tanto che nella madrepatria si continuò a vivere, anche dopo l'entrata in guerra, quasi secondo il ritmo normale, come se la guerra non fosse il fatto globale sanzionato dalla legislazione e dovesse riguardare solamente i soldati operanti sulle varie fronti lontane dal territorio nazionale, e non la totalità dei cittadini. Nel settore della mobilitazione militare furono, inoltre, compiuti dallo stato maggiore dell'esercito errori di valutazione psicologica e tecnica di grave rilievo come, ad esempio, il richiamo e l'invio in Libia nel febbraio del 193 9 di aliquote delle classi 1901 e 1902 - fatte rimpatriare pochi mesi dopo e congedate per motivi sociali e tecnici (carichi di famiglia pesanti e con figli quasi in età di leva, scarsa adattabilità al clima della Libia, modesta resistenza allo sforzo fisico, difficoltà e lentezza nell' apprendimento delle nuove tecniche d'impiego, ecc.) - e la smobilitazione, non appena conclusasi la guerra contro la Francia, di un elevato numero di soldati alle armi - circa 600.000 uomini - che sarebbe stato invece assai conveniente trattenere per il grado di affiatamento e di ad-
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destramento conseguiti. Proprio nel campo dell'addestramento - nonostante l'istruzione premilitare, la durata della ferma di 18 mesi e la razionale e moderna impostazione conferita alla preparazione tecnicoprofessione dal Regolamento d'istruzione - si resero evidenti, al momento della prova, deficenze molto gravi nei riguardi sia della truppa sia dei quadri sottufficiali ed ufficiali. Sul piano pratico l'attività addestrativa - che è la ragione d'essere dell'esercito in tempo di pace - incontrò costantemente, dal 1918 al 1940, ostacoli molteplici e diversi che ne ridussero le possibilità di ordinato ed efficace sviluppo e che, in particolare, vanificarono gli sforzi diretti a garantire la disponibilità di riserve veramente istruite. A parte la modestia delle assegnazione di fondi destinati all'attività addestrativa e l'insufficienza delle attrezzature didattiche, i fattori che incisero più negativamente sui livelli della preparazione tecnico-professionale dei soldati e dei quadri furono: l'instabilità dei procedimenti e delle modalità di azione delle minori unità e le conseguenti mutazioni organiche; l'introduzione in servizio, dopo il 1935, di armi e di mezzi nuovi; l'empirismo della selezione del personale nei vari incarichi operata principalmente con riferimento all'idoneità fisica ed al titolo di studio senza molto rigurdo alle attitudini psichiche ed al temperamento; la preminenza data all'istruzione formale rispetto all'addestramento tattico; il sussistere della vecchia mentalità secondo la quale era sufficiente che il soldato sapesse utilizzare l'arma in dotazione e sapesse lanciare bombe. Gli ufficiali preposti ai comandi di reggimento, di battaglione, e di compagnia erano, nella loro maggior parte, reduci della prima guerra mondiale, attaccati ai vecchi schemi tattici e poco od affatto propensi alle innovazioni concettuali e metodologiche introdotte dalla regoJamentazione ufficiale. D'altra parte, le armi in dotazione dal 1918 al 1935 furono le stesse della prima guerra mondiale e le nuove, centellinate dopo il 1935, non furono tante e tali da sostituire interamente le vecchie in distribuzione sì da attribuire al combattimento le caratteristiche che la regolamentazione tattica ufficiale suggeriva. I quadri furono più interessati a conferire alle loro unità un impeccabile assetto formale che non a curarne in profondità la preparazione tecnicotattica, dalla quale venivano distratti sia dalla serie di compiti di carattere vario, specialmente di ordine amministrativo che, stante le deficienze organiche di ufficiali e la penuria di sottufficiali, gravavano quasi tutti sui comandanti di compagnia, sia dal fatto che i superiori valutavano questi ultimi in sede di note caratteristiche principalmente in ragione dei risultati conseguiti nei movimenti di ordine chiuso e nelle gare ginnicosportive. L'addestramento al combattimento, conc~ntrato nei periodi dei campi d'arma e delle grandi esercitazioni - peraltro insufficienti
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a consentire la successione graduale e metodica dei programmi tanto raccomandata dal Regol.amento d'istrnzione - continuò, in conclusione, come per il passato, a non occupare il posto prioritario che gli avrebbe dovuto competere e fu posposto in pratica alle altre attività ausiliarie, come appunto l'educazione fisica e l'ordine chiuso, che erano mezzi indispensabili per conseguire il fine, ma non il fine stesso. Eppure i quadri non stavano ln ozio; vivevano nelle caserme dalle prime ore del mattino fino alle tarde ore del pomeriggio, assorbiti da molti altri compiti. Le caserme, però, non erano né poligoni di tiro né aree di esercitazioni tattiche. Per raggiungere i primi o le seconde si dovevano impiegare, spesso, ore di marcia a piedi, utili se si vuole come allenamento a tale attività, ma che assorbivano parte del tempo da destinare all'addestramento tecnicotattico, al quale oltre tutto le unità si accingevano talvolta in condizioni di stanchezza fisica e di malumore psichico. Siano stati i motivi qui ricordati od anche altri, la realtà e che, nonostante la legislazione militare assai valida e la regolamentazione didattico-pedagogica non meno efficace, l'esercito italiano, neppure nel periodo tra la prima e la seconda guerra mondiale, fatta eccezione per poche unità, raggiunse un grado complessivo di addestramento tecnico-tattico soddisfacente. Tale grado toccò i valori minimi, addirittura inaccettabili, proprio nel biennio antecedente l'entrata in guerra in seguito alle riforme ordinative ed organiche dei generali Pariani e Soddu delle quali tratteremo più avanti . L'attenzione rivolta dallo stato maggiore dell'esercito al problema dei quadri, specialmente nel quinquennio 1935-1940, non valse ad ovviare alla sproporzione sempre maggiore tra l'intelaitaura ordinativa cd organica in continuo crescere di dimensioni e la disponibilità di quadri, soprattutto di carriera, per coprire le nuove esigenze. L'aumento organico di 2200 ufficiali in servizio permanente operato negli anni 193 5, 1936, 1939 (104), il trattenimento in servizio di 1500 ufficiali di complemento disposto nel 1937 (105), il reclutamento di 1500 subalterni in servizio permanente effettivo del 1940 (106) e l'aumento organico di 6500 sottufficiali (107) ridussero, ma non colmarono, il divario. Per le esigenze della mobilitazione durante la guerra contro l'Etiopia si fece ricorso, quasi prevalentemente nei riguardi degli ufficiali inferiori, al richiamo da] congedo - nella proporzione di circa 3/4 di ufficiali richiamati e di 1/4 di ufficiali in servizio permanente effettivo - e fu possibile scegliere tra i numerosi volontari, esuberanti alle esigenze, glielementi idonei e preparati. Nel 1939 fu invece giocoforza richiamare di autorità 30 mila ufficiali in congedo ed affidare ad una aliquota di essi anche i comandi di battaglione, oltreché di compagnia, con risultati, il più delle volte, negativi sia ai fini addestrativi che dell'impiego in guerra.
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Molti di essi si presentarono alle unità spogli di ogni benché minima preparazione, con al massimo il ricordo sbiadito di qualche esperienza oltre tutto non più valida, e privi di idoneità attuale ad esercitare l' azione di comando su di unità strutturalmente e organicamente diverse da quelle nelle quali avevano prestato in passato, magari anche in guerra, il loro servizio. Le conseguenze furono che alcuni di essi vennero messi in disparte ed assegnati ad incarichi non di comando ed altri, posti a capo delle minori unità, non furono, se non in parte, in grado di esercitare con prestigio ed ascendente la loro azione direttiva, perché privi di competenza specifica. Spesso i comandanti di reggimento preferirono affidare i battaglioni e le compagnie a capitani e subalterni effettivi o di complemento validi e preparati piuttosto che a tenenti colonnelli, maggiori e capitani richiamati all'ultimo momento. Non mancarono, sarebbe ingiusto non prenderne atto, tenenti-colonnelli e maggiori di complemento capaci e competenti - ve ne furono in guerra di quelli che superarono i colleghi del servizio attivo - ma costituirono un'aliquota modesta; oltre la metà dei capitani e dei subalterni di complemento richiamati non si dimostrò, invece, impari ai compiti del grado rivestito ed anzi li svolse, dopo qualche mese di ambientamento, con un alto livello di professionalità. I comandanti di battaglione non si improvvisano; essi maturano gradualmente mediante l'esercizio del comando che è un'operazione non esauribile in brevi periodi di richiamo alle armi e di frequenza di corsi di aggiornamento tecnico-professionale. Oggi, poi, sarebbe addirittura assurdo pensare di affidare il comando di un battaglione o di un'unità equivalente ad un ufficiale di complemento richiamato dal congedo, e forse anche il comando di una compagnia, a meno, in questo secondo caso, di richiami periodici con frequenza biennale comprendenti una fase teorica di aggiornamento ed una pratica di effettivo esercizio di comando delle unità in manovra sul terreno. Non che nel periodo tra le due guerre mondiali, specialmente nell'ultimo quinquennio, fossero mancati i richiami ed i corsi, ma non tutti gli ufficiali mobilitati nel 1939 e negli anni seguenti erano passati attraverso tali richiami e corsi, e di quelli che vi erano passati alcuni ne avevano tratto un qualche profitto, altri - o per la brevità del periodo di richiamo e di frequenza del corso o per l'insufficiente efficacia del corso stesso - non ne avevano potuto o saputo ricavare alcun beneficio professionale. Simile al problema dei quadri, quello degli specializzati. Sebbene in quegli anni la specializzazione e la tecnicizzazione procedessero con passo molto lento, alla vigilia della guerra circa la metà del contingente avrebbe dovuto essere costituita da personale specializzato. Nelle varie armi occorrevano, infatti, le seguenti percentuali di specializzati: 45% in fan-
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teria, 47% negli alpini, 52% nei bersaglieri, 49% nell'artiglieria per le divisioni di fanteria, 33% nella artiglieria alpina, 42% nell'artiglieria celere, 48% nell'artiglieria di corpo d'armata, 65% nell'arma del genio. Per dare impulso alla specializzazione furono utilizzate a pieno le scuole centrali di arma e le scuole di reclutamento dei quadri in servizio permanente e di complemento, vennero svolti corsi integrativi ai livelli di grande unità e di reggimento e si riuscì in un primo tempo ad aumentare di 18 mila il numero degli specializzati. Nelle loro linee generali la legislazione militare e la regolamentazione specifica dell'esercito negli anni 1926-1940 furono rivolte, nonostante talune manchevolezze, a svecchiare, modernizzare ed aggiornare la logistica, le procedure, la disciplina, la vita di relazione territoriale presidiaria e di corpo e la stessa parte formale - basta per convincersi di ciò leggere oltre i nuovi regolamenti anche le disposizioni varie contenute nel Giornale Militare di quegli anni - nonché ad infondere uno spirito nuovo nell'esercito. A tale fine leggi e regolamenti non bastano, anche se ne sono la premessa. Non si può non riconoscere che tale premessa fu posta in maniera valida in tutti i settori, a cominciare da quello logistico, con la pubblicazione delle Norme generali per l'organizzazione e funzionamento dei servizi in guerra, edite nel 1932 e ristampate nel 1938 (108), del Regolamento sull'organizzazione stradale e disciplina del movimento in guerra, edizione 1939 (109), delle varie Istruzioni particolari riguardanti il funzionamento tecnico-amministrativo di ogni singolo servizio (110), dei quaderni di caricamento (111), dei regolamenti per le requisizioni e della Istruzione per la mobilitazione del R. Esercito tomi
I
e
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Le Norme generali per l'organizzazione e funzionamento dei servizi in guerra sostituirono la parte seconda dell'edizione 1915 del Servizio in guerra e costituirono il primo saggio a sé stante della dottina logistica dell' esercito italiano, destinate non solamente al personale incaricato dell' organizzazione e del funzionamento dei servizi, ma a tutti gli ufficiali, come si leggeva nell'Avvertenza, perché ognuno deve rendersi pienamente conto di quanto i servizi possono dare. La pubblicazione si basa sul concetto dell'interconnessione tra la tattica e la logistica e, dopo aver stabilito la ripartizione del territorio dello Stato in zona territoriale ed in zona dell'esercito operante e introdotta la distinzione tra i servizi territoriali ed i servizi di campagna fissando le attribuzioni ed i rapporti reciproci degli uni e degli altri, definisce gli organi, le dipendenze ed i criteri generali degli undici servizi di campagna (sanitario, di commissariato, dei trasporti, di artiglieria, del genio militare, chimico, veterinario, delle tappe, postale, delle strade e del genio civile, idrico, dei legnami). L'orga-
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nizzazione ed il funzionamento dei servizi sono affidati ad organi coordinatori, direttivi ed esecutivi a seconda del carattere prevalente delle loro funzioni. La responsabilità dell'orga.nizzazione dei servizi dipendenti, per quanto concerne il coordinamento dell'azione dei servizi con quella delle truppe operanti (dislocazione, spostamenti, ripartizione dei mezzi, ecc.) ed il coordinamento dell'azione dei vari servizi tra di loro (assegnazione dei mezzi di trasporto ai vari servizi; ecc.) spetta all'organo coordinatore che è lo stesso comandante delle unità. Questi si avvale, al livello di Comando Supremo, dell'Intendente generale ed al livello di armata del1'Intendente dell'Armata. In ogni grande unità ciascun servizio ha un proprio organo direttivo al quale spetta la responsabilità del funzionamento del rispettivo servizio, intendendosi per funzionamento quanto più specialmente concerne l'andamento tecnico-amministrativo interno del servizio stesso, mentre gli organi esecutivi sono responsabili della esecuzione delle disposizioni che ricevono circa l'impiego ed il funzionamento dei mezzi di cui dispongono per la materiale esecuzione del servizio stesso. Gli organi direttivi e quelli esecutivi vengono, perciò, ad avere una duplice dipendenza: di comando dal comando della grande unità alla quale sono addetti; tecnico-amministrativa dall'organo direttivo dello stesso servizio addetto all'unità immediatamente superiore. La dipendenza dicomando ha sempre la precedenza su quella tecnico amministrativa. Gli stabilimenti assegnati alle grandi unità vengono distinti in stabilimenti di 1 a linea, di 2a linea e di riserva: i primi sono assegnati ai reggimenti alpini, alle divisioni ed ai corpi di armata; i secondi alle armate (constano specialmente di magazzini di armata e di mezzi di trasporto per via ordinaria); quelli di riserva (depositi centrali con dotazioni a terra) possono, secondo le circostanze, essere assegnati alle armate ovvero tenuti alla diretta dipendenza del comando supremo, nel quale caso provvedono alle necessità di due o più armate. Caratteristiche principali degli stabilimenti di 1 a Hnea sono: la mobilità e la /razionabilità; di quelli di 2 a linea: la /razionabilità per dislocare le frazioni in località diverse se richiesto dalle esigenze operative, o di sicurezza, o di funzionamento; la limitata mobilità derivante dal fatto di avere le dotazioni a terra; la dislocazione in località, sempre che possibile, sede di stazione ferroviaria e su buona arteria stradale; di quelli di riserva la dislocazione in località sedi di centri ferroviari. Allo scaglionamento in profondità degli stabilimenti tra 1 a linea, 2a linea e riserva si aggiunge, nell'interno di ogni stabilimento, lo scaglionamento di impiego dei mezzi ad esso assegnati. Dopo aver delineato lo schema dei rifornimenti e degli sgomberi e le modalità per le richieste e per l'utilizzazione delle risorse locali, affidate a commissioni di incetta e requisizione (che operano alla dipendenza degli orga-
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ni direttivi dei servizi di armata secondo le disposizioni delle Intendenze generali e di armata), la pubblicazione fissa i criteri fondamentali da seguire per l'organizzazione ed il funzionamento dei servizi, premettendo che come per le truppe, così per i servizi, non esistono schemi e regole d'impiego valevoli per tutti i casi. Cinque criteri fondamentali: agevolare, sino al limite delle possibilità dei servizi, le operazioni delle unità combattenti; non appesantire le truppe combattenti ed i servizi a loro diretto contatto ed assegnare loro i soli mezzi caso per caso strettamente necessari; liberare le truppe ed i servizi a loro contatto da apprensioni circa l'entità e la tempestività dei rifornimenti e degli sgomberi occorrenti, e scaglionare perciò a loro tergo i mezzi necessari per soddisfare prontamente, ma senza spreco, ogni loro esigenza spingendoli quanto più avanti è consentito dalla necessità di non creare ingombri alle truppe operanti; tenere a disposizione una riserva di dotazioni e di mezzi per fare fronte a necessità Ìmpreviste; a regolare i rifornimenti e gli sgomberi in modo da ridurre al minimo i trasporti. Nei capitoli successivi, dal V al XV, la pubblicazione tratta i compiti di ciascun servizio, le attribuzioni dei vari organi direttivi e le modalità particolari di funzionamento dei singoli servizi. La pubblicazione rappresentò un fatto nuovo nella storia della regolamentazione dell'esercito italiano in quanto la logistica, fino ad allora inclusa nel regolamento sul Servizio in Guerra, trovò a ragione per la prima volta una sua specifica sede di trattazione; ma l'innovazione non fu solo un fatto formale, anzi tale aspetto fu secondario rispetto al contenuto che mirò a conferire alla logistica, sul piano concettuale, il posto prioritario che le compete in quanto condizionatrice di ogni azione di guerra: nessun azione di guerra può ra?,giungere risul-
tati adeguati se i servizi per insufficienza di mezzi o per difetto di direzione o di esecuzione, non corrispondono alle esigenze operative. Vennero sanzionati ed ammodernati criteri d'impostazione, schemi di organizzazione e modalità di procedimenti ereditati dall'esperienza della prima guerra mondiale con l'intendimento di renderli il più aderenti possibile alla dottrina tattica del 1928, ma la penuria di mezzi e l'ancora modesto grado di motorizzazione delle unità dei servizi nel 1932 non consentirono l'elaborazione di una dottrina logistica di più ampio respiro quale sarebbe stata necessaria alla guerra di movimento. Nonostante l'adozione del criterio di suddivisione dell'organizzazione e del funzionamento dei servizi di campagna per materia - criterio già abbandonato dagli eserciti tedesco ed inglese - anziché per funzione, la troppo limitata ed aleatoria mobilità degli organi logistici ai livelli delle grandi unità tattiche e strategiche e l'eccessivo burocratismo delle procedure, la logistica di campagna della pubblicazione del 1932 dette eccellente prova di sé nella guer-
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ra contro l'Etiopia che, proprio sotto il profilo logistico ed ordinativo, fu un grande successo dello stato maggiore dell'esercito. Una diversa impostazione venne data anche al regolamento sul Servizio in guerra che, nell'edizione del 1937 (112), non solo ovviamente non comprese più la parte logistica, ma neppure le parti riguardanti l' esplorazione e la sicurezza che, come abbiamo accennato, avevano trovato la loro sede naturale di sviluppo nelle pubblicazioni riguardanti l'impiego e la tecnica d'impiego edite nel 1928. Il Servizio in guerra del 1937 ebbe, dunque, per oggetto esclusivamente le norme riguardanti la disciplina di guerra (capo I), il servizio di polizia in guerra (capo Il), l'organizzazione ed il funzionamento dei comandi (capo III), il servizio delle truppe (capo IV), gli ordini, i rapporti e la corrispondenza (capo V): in tutto 5 capitoli e 13 annessi. Questi ultimi erano relativi ai modelli ed agli schemi da compilare in base alle prescrizioni contenute nei vari capitoli del regolamento stesso. Allegati ed appendici del Servizio in guerra furono considerate le pubblicazioni riguardanti le marce e le stazioni (allegato n. 1), l'organizzazione stradale e la disciplina del movimento (allegato n. 2); l'attendamento (appendice 1) e l'istruzione intorno agli atti di morte, di nascita e testamenti in guerra (appendice 2), mentre per gli usi e le convenzioni di guerra, già oggetto dei capitoli VIII e IX della vecchia edizione del Servizio in guerra, venne elaborato un regolamento apposito che non fu compreso tra gli allegati e le appendici della nuova edizione (113). Lo stato maggiore dell'esercito e gli altri organi centrali esplicarono dunque negli anni compresi tra il 1926 ed il 1940, un'attività creativa ed innovativa nel campo della legislazione e della regolamentazione militare assai intensa e produttiva. Si trattò di un lavoro difficile e delicato che, se da un lato si svolse nel clima favorevole alle forze armate creato da Mussolini, dall'altro non sfuggì allo spirito del tempo senza però esserne del tutto condizionato. Le concessioni che l'esercito fece al fascismo non andarono al di là di quelle volute dal re - al quale l'esercito continuò a sentirsi legato più che a tutto il resto - e furono più concessioni formali che di sostanza. D'altra parte Mussolini non esercitò, sul piano dell'organizzazione e del funzionamento interni dell'esercito, l'ingerenza diretta fatta sentire negli altri settori della vita nazionale. Egli badò molto alla facciata dell'edificio, assai meno, per non dire quasi affatto, alla solidità della struttura materiale che era e rimase debole, anzi divenne ancora più fragile dopo la guerra contro l'Etiopia, la partecipazione alla guerra di Spagna e la occupazione dell'Albania: tre avvenimenti che, nel loro complesso, se da un lato offrirono indicazioni valide nel campo della dottrina d 'impiego e dell'ordinamento tat-
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tico, dall'altro consumarono una notevole parte delle scarse energie disponibili e, il primo ed il terzo, aumentarono il peso degli impegni operativi ai quali avrebbero dovuto fare fronte le forze armate in caso di guerra. L'influenza assoluta che Mussolini esercitò sull'esercito e sulle altre due forze armate riguardò la scelta dei vertici responsabili, ai quali destinò sempre - fatta eccezione per un breve periodo nei riguardi dell'aeronautica - un militare di carriera che, conseguentemente, si sentiva legato alla persona del capo del governo. Al di là di tale fatto, sia pure determinante, egli non svolse, almeno fino alla vigilia della seconda guerra mondiale, - quando ottenne dal re, dopo il grado di maresciallo dell'impero (114), anche la delega di comandante supremo di tutte le forze armate (115) - , nessun ruolo di direzione e di conduzione diretta delle forze armate, che restarono affidate ai capi militari. Di questi ve ne furono alcuni che chiesero ed ottennero con larghezza, al di là dei loro meriti, prebende, titoli nobiliari, cariche e favori di vario genere; altri che attesero ai loro doveri con coscienza e dedizione nei limiti delle loro possibilità naturali e professionali, non senza, qualche volta, esprimere, come abbiamo già rilevato, la loro preoccupazione nei riguardi del divario sempre maggiore tra la politica estera e quella militare ed il loro allarme nei riguardi dello scarso grado di efficienza operativa dell'esercito. Quali che siano state le deficienze di cultura, di carattere e di comportamento, le manchevolezze e le omissioni di alcuni, lo stato maggiore dell'esercito, per bocca dei suoi vertici, non alimentò mai, in nessuna occasione, lo spirito avventuristico di Mussolini e del fascismo, anzi cercò in più occasioni di trattenere e di dissuadere il dittatore da ogni impresa militare, compresa quella contro l'Etiopia, alla quale lo stesso maresciallo Badoglio, per tema delle complicazioni militari che ne sarebbero potute derivare da parte della Gran Bretagna, inizialmente si dichiarò contrario. Ciò non solleva però né il capo di stato maggiore generale, né lo stato maggiore dell'esercito, dalle responsabilità derivanti sopratutto dalla mancata elaborazione di un piano operativo generale coordinato tra le forze armate, dalla dicotomia tra dottrina d'impiego e qualità dello strumento che avrebbe dovuto applicarla, e dagli errori tecnici nelle scelte ordinative, dei quali il più grave e funesto fu certamente, come ora vedremo, sia per il contenuto sia per il momento nel quale fu compiuto, l'adozione della divisione binaria che generò una vera e propria rivoluzione dottrinale, strutturale ed organica tuttallora in pieno sviluppo all'atto dell'entrata in guerra nel giugno del 1940.
NOTE AL CAPITOLO XXIV (1) R.D.L. n. 866, 8-VI-1925 (circ. n. 299, G.M. 1925, pg. 1276): istituzione della carica di capo di stato maggiore generale. Legge n. 969, 8-VI-1925 (circ. n. 298, G.M. 1925, pg. 1271): organizzazione della nazione per la guerra. Leggi n. 396,397,398,399,400,416, 417, ll-III-1926 (supplemento n. l G.M. 1925): leggi che nel loro complesso presero allora il nome di Statuto dell'esercito.
(2) Ministero della guerra. Comando del corpo di stato maggiore. Ufficio Addestramento. Criteri d'impiego della divisione di fanteria nel combattimento. Dicembre 1926, Roma, Provveditorato generale dello Stato. Libreria. (3) Francesco Grazio/i (1869-1951), generale. Sottotenente di artiglieria nel 1889. Compì il corso della Scuola di Guerra e poi fu in Eritrea nel 1897. Prese parte alla guerra di Libia. Nel 1915 fu capo di stato maggiore del V e del XIII Corpo d'Armata. Durante la prima guerra mondiale comandò la brigata «Lambro», la 48a Divisione, l'VIII Corpo d ' Armata, il Corpo d'Armata d'assalto che condusse a Vittorio Veneto. Fu poi comandante del Corpo d'occupazione interalleato a Fiume, direttore superiore delle scuole militari, membro del Consiglio dell'Esercito, comandante del Corpo d'Armata di Verona, sottocapo di SM generale, comandante d'Armata.
(4) Nuova Antologia. 1 luglio 1931. (5) Emilio Canevari. La guerra italiana. Tosi, Roma, 1948, Vol. I, pg. 246. (6) Alberto Bonzani (1872-1935), generale designato comandante d'armata. Sottotenente di artiglieria nella campagna d'Africa del 1895-96. Entrato a far parte del Corpo di stato maggiore nel 1907. Nel 1914 sottocapo di stato maggiore del corpo di occupazione della Tripolitania. Durante la guerra 1915-18 fu sottocapo di stato maggiore presso il comando del II Corpo d'Armata, capo di stato maggiore della 4 3 divisione, capo di stato maggiore dell'intendenza della 3• Armata, capo di stato maggiore del VII Corpo d'Armata, comandante della brigata Novara, capo di stato maggiore della 6° Armata. Nel 1919 fu capo di stato maggiore della 6• Armata, e nel 1920 ebbe la carica di generale addetto presso il ministero della guerra. Dal 1921 al 1923 comandò la divisione di Torino. Nel 1925 fu nominato segretario di Stato per l'Aeronautica, carica dalla quale si dimise nel novembre del 1926. Comandante della divisione di Cuneo, poi del Corpo d'Armata di Alessandria, il 4 febbraio 1929 fu nominato capo di stato maggiore dell'esercito, carica che tenne fino al 1934. li 22 dicembre 1930 era stato nominato comandante designato d'armata. (7) Seeckt, Hans von, (1866-1936) generale tedesco. Entrò nel reggimento granatieri nel 1886 e nel 1897 entrò nello stato maggiore generale come capo di stato maggiore del III Corpo d'Armata. Promosso colonnello, fu capo di stato maggiore del gruppo d'armate del maresciallo von Mackensen. Ebbe larga parte nella battaglia di Gorlice-Tarnow. Dopo la guerra fu aiutante generale nel ministero della difesa tedesco. Capo di stato maggiore del!'esercito dopo il 1920. Nel 1926 era stato promosso al rango di generale dal presidente von Hindenburg. (8) Lettera di Badoglio a Mussolini, 14 agosto 1935, in Corriere d'In/onnazione, 15-16 gennaio 1?46, articolo L'ipotesi «B» era quella della rovi11a.
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(9) Esercizio 1925-26: preventivo 1631 milioni, consuntivo 2355 milioni; esercizio 1926-27: preventivo 2306, consuntivo 2658; esercizio 1927-28: preventivo 2317, consuntivo 2221; esercizio 1928-29: preventivo 2214, consuntivo 2421; esercizio 1929-30: preventivo 2300, consuntivo 2484; esercizio 1930-31: preventivo 2398, consuntivo 2781; esercizio 1931-32: preventivo 2575, consuntivo 2642; esercizio 1932-33: preventivo 2573, consuntivo 2649; esercizio 1933-34: preventivo 2263, consuntivo 2295; esercizio 1934-35: preventivo 2170, consuntivo 2601; esercizio 1935-36: preventivo 2136, consuntivo 7114; esercizio 1936-37: preventivo 1965, consuntivo 9070; 1937-38: preventivo 2128, conslll}tivo 5815; 1938-39: preventivo 2202, consuntivo 6706; esercizio 1939-40: preventivo 2923, consuntivo 14904. (Veds. ministero della difesa. Stato Maggiore dell'Esercito. Ufficio storico. L'esercito italiano tra la l" e la 2" guerra mondiale. Roma, tipografia regionale, 1954, pg. 209-210). (10) Pietro Gazzera, (1879-1953), generale d'armata. Sottotenente d'artiglieria nel 1898, frequentò da tenente la scuola di guerra uscendone nel 1908 primo in classifica. Nel 1912 parti volontario per la Libia; fu poi insegnante aggiunto alla scuola di guerra. Durante la 1• guerra mondiale prestò servizio negli stati maggiori di grandi unità e nel comando supremo. Fu uno dei firmatari dell'armistizio di Villa Giusti. Comandò successivamente le brigate «Messina» e «Basilicata»; nel 1923 presiede la Commissione internazionale di delimitazione dei confini d'Albania. Fu comandante della scuola di guerra. Comandante della divisione di Genova, fu nominato nel 1928 sottosegretario di stato per la guerra. Nominato ministro per la guerra il 12 settembre 1929, fu promosso generale di Corpo d'Armata e successivamente comandante <lesiguaLo <l'armata. Il 22 luglio 1933 lasciù la carica <li minisL!'O e fu no· minato senatore del regno. Dopo la conquista dell'Etiopia, venne nominato governatore dei Galla e Sidama. Le truppe al suo comando furono le ultime ad arrendersi in Etiopia il 21 giugno 1941. (11) Federico Baistrocchi, (1871-1947), generale d'armata. Sottotenente di artiglieria, nel 1889, partecipò alla campagna del 1896 e successivamente alla campagna di Libia del 1911-1912. Nel 1915-16 fu in Albania. Nel 1917 comandò il 22° raggruppamento d'assedio, successivamente il 15° reggimento d'artiglieria da campagna. Comandò successivamente l' artiglieria del II Corpo d'Armata, l'artiglieria del gruppo di Corpi d'Armata del settore centro della 2• Armata, quindi l'artiglieria della 5• e della 7• Armata. Alla fine della l' guerra mondiale tornò in Libia quale comandante dell'artiglieria della colonia. Comandante dell'artiglieria del Corpo d'Armata di Napoli, e poi della divisione della stessa città. Nel 1931 fu nominato comandante del Corpo d'Armata di Verona; il 22 luglio 1933 fu nominato sottosegretario di stato per la guerra, e il 1 ottobre 1934 capo di S.M. dell'esercito, carica che lasciò il 10 ottobre 1936, mentre quella di sottosegretario l'aveva lasciata alcuni giorni prima. Deputato al Parlamento per 3 legislature, poi senatore del regno dal 1939. (12) Alberto Pariani (1876-1955), generale comandante designato d'armata. Sottotenente nel 6° reggimento alpini nel 1898, frequentò la scuola di guerra dal 1907 al 1910. Partecipò alla guerra 1915-1918 dal grado di capitano fino al grado di colonnello. Dal 1925 prestò servizio presso lo stato maggiore dell'esercito. Fu in Albania come addetto militare presso la Regia Legazione d'Italia. Da generale di divisione comandò la divisione di Bolzano. Promosso generale di Corpo d'Armata, fu nominato sottocapo di stato maggiore dell'esercito nel 1934. Nell'ottobre 1936 fu nominato sottosegretario di stato per la guerra e capo di stato maggiore dell'esercito, cariche che lasciò il 31 ottobre 1939. Fu trasferito nella riserva nel 1942, poi richiamato in servizio il 17 marzo '43, e ricollocato in congedo il 1 luglio 1945. (13) Emilio Canevari. La guerra italiana. Retroscena della disfatta, Tosi editore, Roma, 1949. Fascicolo n. 48, pg. 381-383. (14) Italia: carro M. 13, peso 13-15 t, armamento 1 cannone da 47/32 e 4 mitragliatrici da 8 mm, equipaggio 4 uomini, spessore max di corazza 45 mm, potenza 125 cv, velocità 30 km/h. Germania: carro Pz. kpf. III A, peso 15 t, armamento 1 cannone da 37 mm e 3
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mitragliatrici da 7,9 mm, equipaggio 5 uomini, spessore max. corazza 40 mm, potenza 230 cv, velocità 32 km/h. Gran Bretagna: carro Cruiser Il, peso 14 t, armamento 1 cannone da 40 mm e 1 mitragliatrice da 7,6 mm, equipaggio 4 uomini, spessore max. corazza 65 mm, potenza 150 cv, velocità 25 km/h. Carro Valentine I, peso 16 t, armamento 1 cannone da 40 mm e 1 mitragliatrice da 7 ,9 mm, equipaggio 3 uomini, spessore max. corazza 30 mm, potenza 131 cv, velocità 23 km/h. Carro Matilda per accompagnamento fanteria, peso 26 t, armamento 1 cannone da 40 mm e 1 mitragliatrice da 7,6 mm, equipaggio 4 uomini, spessore max. corazza 78 mm, potenza 2 x 87 cv, velocità 23 km/h. Francia: carro Renault 35, peso 11 t, armamento 1 cannone da 37 mm e 1 mitragliatrice da 7 ,5 mm, equipaggio 2 uomini, spessore max. corazza 16 mm, potenza 82 cv, velocità 19 km/h. Carro Somua per accompagnamento fanteria, peso 22 t, armamento 1 cannone da 47 mm e 1 mitragliatrice da 7,5 mm, equipaggio 3 uomini, spessore max. corazza 30 mm, potenza 190 cv, velocità 36 km/h. URSS: carro T 26 C, peso 9,5 t, armamento 1 cannone da 45 mm e 1 mitragliatrice da 7,6 mm, equipaggio 3 uomini, spessore max. corazza 60 mm, potenza 91 cv, velocità 27 km/h. (15) L'autoblindata AB 40 era lunga m 5, larga m 1,93, pesava 6,480 t, aveva un motore a benzina di 6 cilindri in linea, una cilindrata di 4994 m>, una pontenza di 80 cv, una velocità max di 75 km/h, una velocità fuori strada di 30 km/h, un'autonomia di 400 km su strada e di 15 ore fuori strada, una corazza di 8,5 mm allo scafo e di 18 mm in torretta, era armata di 3 mitragliatrici da 8 mm, dotata di 4000 colpi, di radio RF. 3 M, ed aveva un equipaggio di 4 uomini. (16) Dati tecnici: Obice da 75/18 mod. 34: settore di tiro orizzontale 50 gradi e settore di tiro verticale da x 10° a + 65°; ginocchiello mm 756; peso del pezzo in batteria kg 800; traino animale bilanciato con timonella e quadrupedi di punta oppure traino meccanico con attacco diretto al trattore oppure trasporto a spalla; gittata massima m 9400. Obice da 75/ 18: settore di tiro orizzontale 50° e settore di tiro verticale da x 10° a + 45°; ginocchiello mm 960; peso del pezzo in batteria kg 1100; traino meccanico anche con trattore da montagna 708/C.M.; gittata massima m 9400. Cannone da 149/40: settore orizzontale di tiro 60° e verticale 45°; peso del pezzo in batteria kg ].1300; traino meccanico in 2 vetture molleggiate; gittata massima m 22000. Obice da 210/22: settore orizzontale di tiro 75° e verticale 70°; celerità di tiro 1 colpo ogni 2 minuti a 20° ed 1 colpo ogni 3 a 60°; peso del pezzo in batteria kg 15880; gittata massima 16000 m. Cannone da 75/32 mod. 37 (complesso identico a quello dell'obice da 75/18 mod. 35): peso del pezzo in batteria kg 1200; traino doppio carreggiato per traino normale con il trattore leggero L37 e per traino in montagna oppure traino animale; gittata massima 12500; munizionamento: granata da 75/32 con 3 cariche e granata perforante da 75/27 con corona modificata. Cannone da 149/19: settore di tiro orizzontale 50° e verticale da x 5° a + 60°; peso del pezzo in batteria kg 5500, traino su 1 vettura; tempo per la messa in batteria circa 30 minuti; materiale smontabile per l'applicazione dei cavalli per il traino in montagna; munizionamento: granata da 149/35 mod. 32 con gittata massima di 13000 me granata leggera con gittata massima di 14000 m. Cannone da 90/53: peso del complesso kg 5200; velocità iniziale 840 m/s; altezza massima di tiro m 12000; altezza del ginocchiello mm 1450; gittata massima nell'orizzonte 17400 m; proietti: granata da 90/53, kg 10,100 munita di spoletta a tempo mod. 36 e di spoletta meccanica mod. 36; traino meccanico mediante vettura affusto a 2 assi con 4 ruote gommate a sospensione elastica. (17) Dati tecnici. Obice da 75/13: celerità di tiro normale 4-5 colpi al minuto primo, massima 8 colpi al minuto primo; settore di tiro orizzontale 7 gradi, verticale da x 10° a + 50°; ginocchiello mm 706; tempo occorrente per la messa in batteria 5 + 10 minuti; peso del pezzo in batteria kg 613; modalità di trasporto e traino: someggiato oppure traino bilanciato sulle ruote dell'affusto, effettuato con 2 muli a mezzo di una timonella; munizionamento: granata da 75 con 3 cariche di lancio più la massima (gittate 3665, 4800, 5870, 6700 m}, granata a grande capacità da 75 con 3 cariche di lancio più la massima (gittate: 3600, 4800, 5500, 6000 m), granata a pallette da 75 con 3 cariche più la massima (gittate: 3700, 4900. 6600 ml, granata da 75/13 mod. 32 con 3 cariche di lancio riù la massima (gittate:
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4190, 5616, 7220, 8250 m), granata perforante da 75. Cannone da 75/27 mod. 06: celerità di tiro normale 4 colpi al l', massima 8 colpi al l'; settore di tiro orizzontale 7°, verticale -10° + 16°; ginocchiello mm 950; tempo occorrente per la messa in batteria 5' ... 10'; peso del pezzo in batteria kg 1015; modalità di trasporto e traino: traino a cavallo con avantreno, traino a quadrupedi in montagna; munizionamento: granata da 75 con 4 cariche più la massima (gittate 5460, 6770, 7850, 8380 m), granata a pallette da 75 con 4 cariche più la massima (gittate 5550, 6680, 7360, 7920, 8450 m), granata da 75/27 mod. 32 con 4 cariche più la massima (gittate: 6576, 7983, 8942, 9670, 10240 m). Cannone da 75/27 Mod. 11 e 12: celerità di tiro normale 4 colpi al l ', massima 8 colpi al 1 '; settore al tiro orizzontale 52°9', verticale - 15° + 65°; ginocchiello mm 851; tempo occorrente per la messa in batteria 5' + 10' ; peso del pezzo in batteria kg 1076; traino a cavalli con avantreno e traino meccanico del pezzo con carrello elastico; munizonamento: granata da 75, granata a pallette da 75, granata da 75/27 mod. 32, granata perforante da 75, scatola a mitraglia da 75/27 (cariche e gittate come per i proietti dell'obice 75/13). Obice da 100/17 mod. 14: celerità di tiro normale 4 colpi al l ', massima 6 colpi al 1'; settore di tiro orizzontale 5°21', verticale - 8° + 48°, ginocchiello mm 1018; tempo per la messa in batteria del pezzo 5' + 10'; peso del pezzo in batteria kg 1417; traino a carrelli con avantreno da 100/17 mod. 14 e traino meccanico con carrello elastico e traino someggiato su 3 carichi; munizionamento: granata a d.e: da 10 con 5 cariche più la massima (gittate: 4555, 5760, 6640, 7215, 7735, 8180 m) , granata da 100 con 5 cariche più la massima (gittate 4580, 5820, 6700, 7530, 8140, 8710 m), granata da 100 mod. 32 con 5 cariche (gittate: 5030, 6390, 7820, 8700, 9290 m), granata a d.e. da 100 mod. 32 con 4 cariche (gittate: 6}30, 7760, 85':15, ':1282 m), granata a pallette da 100 con 5 cariche (gittate: 4600, 5640, 6470, 7180, 7800 m). Obice da 100/17 mod. 16: celerità di tiro normale 4 colpi al l ', massima 6 colpi al l' ; settore di tiro orizzontale 5°5', verticale - 8° + 70°; ginocchiello mm 1018; tempo occorrente per la messa in batteria 10' + 15'; peso del pezzo in batteria 1235 kg; per il traino il pezzo viene scomposto in 3 elementi di traino caricati su appositi carrelli, munizionamento: lo stesso dell'obice da 100/17 mod. 14. Cannone da 105/28: celerità di tiro normale 2 colpi ogni 3', massima 2 colpi ogni l '; settore di tiro orizzontale 14°; verticale -5° + 37°; ginocchiello mm 1220; tempo per la messa in batteria 15' + 20'; peso del pezzo in batteria kg 2470; traino meccanico su carrello elastico; munizionamento: granata da 105 con 3 cariche (gittate: 7980, 9850, 11425 m), granata monoblocco da 105 con 3 cariche (gittate: le stesse della granata precedente), granata da 105 mod. 32 con 2 cariche più la massima (gittate: 8500, 10720, 12780 m), granata ad.e. da 105 mod. 32 con 2• e massima carica (gittate: 11215 e 13642 m). Obice da 149/13: celerità di tiro normale 2 colpi ogni 3', massima 1 colpo ogni l '; settore di tiro orizzontale 6° verticale - 5° + 70°; ginocchiello mm 1200; tempo occorrente per la messa in batteria: 15' + 20'; traino meccanico con carrello elastico; munizionamento: granata a pallette di piombo da 149/13 con 4 cariche più la massima (gittate: 4385, 5825, 2050, 7990, 8370 m), granata a pallette e cilindretti di ferro da 149/13: stessi dati della granata precedente, granata a pallette da 149/12/35 modificata per 149/13 con 4 cariche più la massima (gittate: 3900, 5400, 6680, 7800, 8200 m) , granata da 149/12 modificata per 149/13 con 4 cariche più la massima (gittate: 3930, 5350, 5650, 7650, 8070 m), granata da 149/13 con 4 cariche più la massima (gittate: 4000, 5400, 6700, 7900, 8400 m), granata monoblocco da 149/13 con 3 cariche (gittate: 6000, 8600, 11500 m), granata da 149/13 mod. 32 con 4 cariche (gittate: 4420, 6170, 7690, 8790 m). Cannone da 149/35: celerità di tiro normale 1 colpo ogni 3', massima 2 colpi ogni 3'; settore di tiro verticale - 10° + 35°; ginocchiello con rotaie mm 1940, senza rotaie mm 1880; tempo minimo per la messa in batteria lh + lh 30'; traino meccanico su una sola vettura; munizionamento: granata monoblocco da 149/35 con 3 cariche (gittate: 6000, 8600, 11500 m), granata da 149/35 originale inglese con 4 cariche più la massima (gittate: 2005, 7000, 9500, 12000, 13600 m), granata da 149/35 inglese modificata: come la precedente granata di ghisa acciaiosa da 149/12/35 con 4 cariche più la massima (gittate: 4580, 6500, 8120, 10460, 11690 m), granata a pallette da 149/35 mod. 32 con 4 cariche più la massima (gittate: 5580, 7520, 10680, 14120, 15560 m), granata ad.e. da 149/35 mod. 32, 3a e 4' rnrica e massima (gittate: 10480, 15180, 17560 m).
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Pll.IPPO S'fEFANI
(18) Circ. n. 185, 17-3-1927 (G.M. 1927, pg. 574): Istruzione sul tiro. Circ. n. 444, 18-6-1928 (G.M. 1928, pg. 1381): Addestramento dell'artiglieria. Voi. I. Addestramento del pezzo. Fase. obice da 75/13 - parte 2• - servizio del pezzo. Circ. n. 504, 26-7-1928 (G.M. 1928, pg. 1569): idem Fase. torreblindata da 381/40 V. Circ. n. 706, 25-10-1928 (G.M. 1928, pg. 2489): idem. Fase. cannone da 75/2 7 - parte 2• servizio del pezzo. Circ. n. 4 38, 8-8-1929 (G.M. 1929, pg. 2066): Il tiro della batteria. Circ. n. 485, 8-8-1929 (G.M. 1929, pg. 2069): 1° seriediar,giunteevariantial1'Istruzionesultiro-parte2a Voi. IV. Circ. n. 773, 19-12-1929 (G.M. 1929, pg. 2981): Addestramento dell'artiglieria. Voi. I. Addestramento del pezzo. Fase. batteria da 152/32 - parte 2a - servizio della batteria. Circ. n. 176, 27-3-1930 (G.M. 1930, pg. 538): idem. Fase. cannone da 305/5 0 in torre corazzata - parte 1 • - Istruzione sul materiale e sulle munizioni - parte 2• Servizio della batteria. Circ. n. 2800, 8-5-1930 (G.M. 1930, pg. 965): Istruzione sul tiro contraerei delle artiglierie. Circ. n. 107, 19-2- 1931 (G.M. 1931, pg. 321): idem. Fase. cannone da 76/40, cannone da 76/45, cannone da 75 A. V., cannone da 77/28. Circ. n. 379, 23-7-1931 (G.M. 1931, pg. 1596): idem. «Parte l" . Istruzione sul materiale e sulle munizioni del cannone da 76/40. Circ. n. 73, 4-2-1932 (G.M. 1932, pg. 186): idem. Parte 1 • Istruzione sul materiale e sulle munizioni del cannone da 77/28 (ediz. provv.)». Circ. n. 240, 12-5-1932 (G.M. 1932, pg. 825): Istruzione sul tiro. Parte 2•. Voi. l V dell'Addestramento dell'artiF,lieria. Circ. n. 308, 16-6-1931 (G.M. 1932, pg. 1214): Manuale pratico di tiro per l'artiglieria. Circ. n. 514, 29-9-1932 (G.M. 1932, pg. 1885): Norme per le esercitazioni combinate tra batterie costiere del R. esercito e le batterie e unità navali della R. marina. Circ. n. 566, 2-11-1932 (G.M. 1932, pg. 2097): Istruzione sul tiro. Parte 1 •. Voi. IV dcll'Addestrame11to dell'artiglieria. Circ. n . 629, 8-12-1932 (G.M. 1932, pg. 2287): Addestramento dell'artiglieria. Voi. I Addestramento del pezzo. Cannone da 76/45. Parte l •: istruzioni sul materiale e sulle munizioni . Circ. n. 311, 8-6-1933 (G.M. 1933, pg. 1167): Voi. X del modello per inventario del materiale di artiglieria, del genio ed automobilistico. Istruzioni sul cannone da 149/40 mod. 32, sull'obice da 149/19 mod. 93 e sull'obice da 210/22 mod. 32. Circ. n. 328, 19-6-1933 (G.M. 1933, pg. 1214): Fase. 13 della raccolta delle disposizioni permanenti in vigore per il R. esercito. Istruzioni ed esercitazioni militari. Difesa contraerei territoriale. Circ. n. 563, 4-9-1933 (G.M. 1933, pg. 2061): Stralcio dell'istruzione sul tiro contraerei delle artiglierie ed. 1930. Circ. n. 551, 12-10-1933 (G.M. 1933, pg. 1997): Note sul tiro contraerei. Circ. n. 143, 22-2-1934 (G.M. 1934, pg. 478): Istruzione sull'addestramento del/'artiS',lieria. Voi. I. Addestramento del pezzo. Fase. cannone da 75/27 A. V. Parte l3 . Istruzione sul materiale e sulle munizioni. Circ. n. 397, 31-5-1934 (G.M. 1934, pg. 1441): idem. Parte 5 •. Istruzione sul condurre. Fase. I. Istruzione sul cavalcare e sul condurre per le artiglierie ippotrainabili. Circ. n. 482, 28-6-1933 (G.M. 1933 , pg. 1945): idem . Fase. obice da 100/17 mod. 916. Parte 2•. Servizio del pezzo. Circ. n. 502, 5-6-1934 (G.M. 1934, pg. 2101): idem. Fase. cannone da 75/27. mod. 911, ippotrainato. Parte 2•. Servizio del pezzo. Circ. n. 894, 15-11-1934 (G.M. 1934, pg. 3838): idem Fase. obice da 149/ 13. Parte 2• . Servizio de/pezzo. Circ. n. 949, 6-12-1934 (G.M. 1934, pg. 3977): idem. Fase. obice da 75/13. Parte 2•. Servizio del pt.•zzo. Circ. n. 107, 7-2-1935 (G.M. 1935, pg. 295): idem. Fase. cannone da 105/28. Parte 2•. Seroizio del pezzo. Circ. n. 486, 27-6-1935 (G.M. 1935, pg. 1676). Istruzione sul tiro contro obiettivi navali. Circ. n. 200, 27-9-1935 (G.M. 1935, pg. 339): Addestramento dell'artiglieria. Voi. V. Istruzione per i reparti speciali. Parte 3•. Servizio aerologico. Circ. n. 803, 9-10-1935 (G.M. 1935, pg. 1435 - pg. 2845): idem. Fase. 75/13. Parte 1" Istruzione sul materiale. Circ. n. 527, 6-5-1936 (G.M. 1936, pg. 942): idem. Parte l'. Seroizio osseroazione. Circ. n. 395, 2-6-1937 (G.M. 1937, pg. 988): Abolizione dell'impiego della 3• carica nell'obice da 100/17 nella granata mod. 32. Circ. n. 433 , 23-6-1937 (G.M. 1937, pg. 1093): Fasci quotati delle traiettorie cannone da 149/35, granata ghisa acciaiosa. Circ. n. 434, 23 -6-1937 (G.M. 1937, pg. 1094): Fasci quotati delle traiettorie cannone da 75/27, granata da 75. Circ. n. 542, 28-7-1937 (G.M. 1937, pg. 1537): Addestramento dell'artiglieria. Voi. I. Addestramento del pezzo. Fase. cannone da 75/46 mod. 34. Parte 1 •. Istruzione sul materiale e sulle munizioni. Circ. n. 338, 24-11-1937 (G.M. 1937, pg. 2517): idem. Voi. lll. Impiego e addestramento tattico. Parte t •. L'artiglieria nel combattimento (bozze di stampa). Circ. n. 69, 2-2-1938 (G.M. 1938, pg. 157): idem. Voi. I. Addestramento del pezzo. Fase. cannone da 75/46 mod. 34. Patt<" 7.• . Sen,izio del pezzo. Ed. 1937. Circ. n. 140, 2-3-1938 (G.M. 1938,
CAP. XXIV • L'ORGANIZZAZIONE MILITARE DAL
1926
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pg. 315): idem. Fase. obice da 75/13. Parte 18 bis. Istruzione sulle munizioni. Ed. 1937. Circ. n. 414, 29-6-1938 (G.M. 1938, pg. 1507): idem. Fase. cannone da 75/27 mod. 11. Parte 1 •. Istruzionesulmaterialeesul/emunizioni. Ed. 1937. Circ. n. 415, 29-6-1938 (G.M. 1938, pg. 1508): idem. Fase. cannone da 75/27 mod. 11. Parte 4•. Caricamenti. Quaderno dei materiali di una batteria ippotrainata. Ed. 1938. Circ. n. 451, 13-7-1938 (G.M. 1938, pg. 1695): idem. Fase. cannone da 75/27 mod. 06 e mod. 11, obice da 100/17 mod. 14. Parte 4". Caricamenti. Quaderno dei materiali di un comando di gruppo ippotrainato di artiglieria di divisione di fanteria di cannoni da 75/27 mod. 06 e mod. 11 o di obici da 100/17 mod. 14. Ed. 1938. Circ. n. 681, 21-9-1938 (G.M. 1938, pg. 2400): idem. Voi. I. Addestramento del pezzo. Fase. obice da 100/17 mod. 14. Parte 1•. Istruzione sul materiale e sulle munizioni. Ed. 1938. Circ. n. 734, 12-10-1938 (G.M. 1938, pg. 2529): idem. Fase. cannone da 75/27 mod. 06 e 11; obice da 75/13; obice da 100/17 mod. 14 e 16. Parte 4". Caricamenti. Quaderno dei materiali di un comando di ,eygimento per D.f. Ed. 1938. Circ. n. 735, 12-10-1938 (G.M. 1938, pg. 2530): idem. Fase. obice da 100/17 mod. 16. Parte 1 •. Istruzione sul materiale e sulle munizioni. Ed. 1938. Circ. n. 790, 2-11-1938 (G.M. 1938, pg. 2620): Dati tecnici sulle artiglierie in seroizio. Circ. n. 832, 30-11-1938 (G.M. 1938, pg. 3014): idem. Fase. cannone da 75/27 mod. 11 motorizzato. Parte 2•. Servizio del pezzo. Circ. n. 860, 14-12-1938 (G.M. 1938, pg. 3118): idem. Fase. cannone mitragliera da 20 mod. 35. Parte 1 •. Istruzione sul materiale e sulle munizioni. Parte 2•. Seroizio del pezzo. Circ. n. 861, 14-12-1938 (G.M. 1938, pg. 3119): idem. Fase. cannone da 75/27 mod. 06 e 11. Parte 4°. Circ. n. 48, 18-1-1939 (G.M. 1939, pg. 95): idem. Fase. obice da 149/13. Parte 1 •. Istruzione sul materiale e sulle munizioni. Circ. n. 62, 25-1-1939 (G.M. 1939, pg. 133): Manuale pratico di tiro ad uso degli ufficiali di complemento di artiglieria divisionale. Circ. n. 116, 15-2-1939 (G.M. 1939, pg. 258): Addestramento dell'artiglieria. Voi. I. Addestramento del pezzo. Fase. cannone da 75/27 C.K. Parte 2•. Servizio del pezzo. Circ. n . 192, 8-3-1939 (G.M. 1939, pg. 595): idem. Fase. obice da 75/18 mod. 34. Parte 1 •. Istruzione sul materiale e sulle munizioni. Parte 2•. Servizio del pezzo. Circ. n . 326, 19-4-1939 (G.M. 1939, pg. 1038): idem. Fase. cannone da 75/27 C.K. Parte 1 •. Istruzione sul materiale e sulle munizioni. Circ. n. 343, 26-4-1939 (G.M. 1939, pg. 1072): idem. Vol. I. Fase. cannone da 75/27 mod. 06. Parte 1 •. Istruzione sul materiale e sulle munizioni. Circ. n. 504, 12-7-1939 (G.M. 1939, pg. 1841): Prima serie di a12,iunte e varianti ai dati tecnici sulle artiglierie in servizio. Circ. n. 827, 30-10-1939 (G.M. 1939, pg. 2625): Addestramento dell'artiglieria. Voi. I. Addestramento del pezzo. Fase. obice da 100/17 mod. 14. Parte 2•. Servizio del pezzo. Circ. n. 849, 15-11-1939 (G.M. 1939, pg. 2698): idem. Fase. cannone da 76/40 modif. 35. Parte 1 •. Istruzione sul materiale e sulle munizioni. Circ. n . 880, 29-11-1939 (G.M. 1939, pg. 2798): idem. Fase. mortaio da 210/8 D.S. Parte 1 •. Istruzione sul materiale e sulle munizioni. Circ. n. 938, 27-12-1939 (G.M. 1939, pg. 2923): idem. Fase. cannone da 65/17. Parte 1 •. Istruzione sul materiale e sulle munizioni. Circ. n. 16, 10-1-1940 (G.M. 1940, pg. 21): Prima serie di aggiunte e varianti alla istruzione Addestramento dell'artiglieria. Voi. I. Istruzione per i reparti specialisti. Parte 1 •. Servizio di osseroazione. Circ. n. 62, 31-1-1940 (G.M. 1940, pg. 151): idem. Voi. I. Addestramento del pezzo. Fase. obice da 100/1 7 mod. 16. Parte 2•. Servizio del pezzo. Circ. n. 63, 31-1-1940 (G.M. 1940, pg. 152): idem. Fase. obice da 149/13. Parte 2•. Seroizio sul pezzo. Circ. n. 82, 7-2-1940 (G.M. 1940, pg. 373): idem. Voi. V. Istruzione per i reparti specialisti. Parte 3•. Seroizio aerologico. Circ. n. 171, 13-3-1940 (G.M. 1940, pg. 419): idem. Fase. cannone da 152/45. Parte 1•. Istruzione sul materiale e sulle munizioni. Circ. n. 304, 8-5-1940 (G.M. 1940, pg. 807): idem. Fase. cannone da 149/35. Parte 1 •. Istruzione sul materiale e sulle munizioni. Circ. n. 305, 8-5-1940 (G.M. 1940, pg. 807): Manuale sul puntamento e sul tiro delle batterie mobili da posizione CO· stiere ad uso degli ufficiali di complemento della specialità. Circ. n. 523, 17-7-1940 (G.M. 1940, pg. 1698): Prima serie di a?2,iunte e varianti alla pubblicazione Addestramento dell'artiglieria. Voi. I. Addestramento del pezzo. Fase. obice da 75/13. Parte 1 •. Istruzione sul materiale. Circ. n. 544, 24-7-1940 (G.M. 1940, pg. 1736): idem. Fase. cannone da 149/35. Parte 2•. Servizio del pezzo. Circ. n. 545, 24-7-1940 (G.M. 1940, pg. 1737): idem. Fase. obice da 75/13. Parte 2•. Seroizio de/pezzo. Circ. n. 603, 7-8-1940 (G.M. 1940, pg. 1975): idem. Fase. obice da 153/12. Parte 2•. Servizio del pezzo. Circ. n. 605, 7-8-1940 (G.M. 1940, pg. 1976): idem. Fase. cannone da 65/17. Parte 2•. Seroizio del pezzo. Circ. n. 604, 7-8-1940 (C.M. 1940,
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FILIPPO STEFANJ
pg. 1976). Circ. n. 700, 1-6-1940. Norme d'impiego per le artiglierie contraerei campali. Circ. n. 657, 21-8-1940 (G.M. 1940, pg. 2094). Addestramento dell'artiglieria. Voi. I. Addestramento del pezzo. Fase. cannone da 75/27 mod. 06 motorizzato. Parte 2•. Servizio del pezzo. Circ. n. 659, 21-8-1940 (G.M. 1940, pg. 2096): idem. Fase. cannone da 77/28 mod. 05/08. Parte 1•. Istruzione sul materiale e sulle munizioni. Parte 2• . Servizio del pe:z:zo. Circ. n. 660, 21-8-1940 (G.M. 1940, pg. 2096): idem. Fase. mortaio da 210/8 D.S. Parte 2•. Servizio del pe:z:zo. Circ. n. 783, 16-10-1940 (G.M. 1940, pg. 2641): idem. Fase. cannone da 105/32. Parte 2•. Servizio del pezzo. Circ. n. 822, 6-11-1940 (G.M. 1940, pg. 2784): Circ. n. 3000, 30-8-1940. Norme per i tiri di efficacia. Circ. n. 841, 13-11-1940 (G.M . 1940, pg. 2812). Addestramento dell'artiglieria. Voi. I. Addestramento del pezzo. Fase. obice da 105/14. Parte 1" . Istruzione sul materiale e sulle munizioni. Parte 2•. Servizio del pe:z:zo. Circ. n. 842, 13-11-1940 (G.M. 1940, pg. 2813): Istruzione sul cannone da 88/56 mod. 18-36. Fase. IV. Seroizio del pezzo. Circ. n. 875, 27-11-1940 (G.M. 1940, pg. 3133): Seconda serie di aP,fjunte e varianti all'Addestramento dell'artiglieria. Voi. V. Istruzione per i reparti specialisti. Parte 1 • . Servizio di osservazione. Circ. n. 900, 28-11-1940 (G.M. 1940, pg. 3242): Istruzione sul cannone contraerei da 88/56 mod. 18-36. Fase. II. Centrali ZEISS (principale ed ausiliaria). Tiro a puntamento diretto. (Bozze di stampa). Circ. n. 965, 25-12-1940 (G.M . 1940, pg. 3348): Seconda ristampa della publicazione: Individuazione, indicazione, determinazione e designazione degli obiettivi. (19) Tavoleditiro. Circ. n. 231, 5-4-1928 (G.M. 1928, pg. 642): obice da 100/17. Circ. n. 230, 5-4-1928 (G.M. 1928, pg. 642): cannone da 75/25. Circ. n. 477, 12-7-1928 (G.M. 1928, pg. 1507): bocche da fuoco varie. Circ. n. 555, 16-8-1928 (G.M. 1928, pg. 1886): cannone da 105/28 V. 362, V. 465, V. 565. Circ. n. 612, 13-9-1928 (G.M. 1928, pg. 2175): obice da 100/17 mo<l. 1914 e 1916, granata mod. 1915, V. 261. Circ. n. 790, 23-11-1928 (G.M. 1928, pg. 2709): cannone da 149/35, shrapnel da 149/12, V. 250 e V. 298. Circ. n. 77, 3-1-1929 (G.M. 1929, pg. 174): obice da 149/12 mod. 914, granata da 149/12 V. 233. Circ. n. 248, 25-4-1929 (G.M. 1929, pg. 803): cannone da 149/35, shrapnel da 149 P.C . munite di corona per cannone V.408. Circ. n. 249, 25-4-1929 (G.M. 1929, pg. 804): cannone da 149/12 mod. 1914 V. 186, 207, 262, 300 m/s. Circ. n. 436, 20-8-1931 (G.M . 1931, pg. 1888): obice da 75/13 shrapnel da 75. Circ. n. 437, 20-8-1931 (G.M. 1931, pg. 1888): obice da 100/17, shrapnel da 100. Circ. n. 488, 17-9-1931 (G.M. 1931, pg. 2077): cannone da 75/27 C.K. e da 75/27 A.V. Circ. n. 606, 26-11-1931 (G.M. 1931, pg. 2608): obice da 75/13 granate a grande capacità da 75. Circ. n. 629, 10-12-1931 (G.M . 1931, pg. 2791): cannone da 152/37 granata da 149/35 modificata. Circ. o. 630, 10-12-1931 (G.M. 1931, pg. 2791): cannone da 149/35 granata da 149/35 inglese modificata. Circ. n. 71, 4-2-1932 (G.M. 1932, pg. 185): cannone da 149/35 granata di ghisa acciaiosa da 149/12-35 (aggiunte e varianti) . Circ. n. 72 , 4-2-1932 (G.M . 1932, pg. 186): cannone da 149/35 granata monoblocco da 149/35. Circ. n. 135, 10-3-1932 (G.M. 1932, pg. 492): obice da 100/17 granata a D .E . da 100. Circ. n. 9, 7-1-1932 (G.M. 1932, pg. 31): obice da 75/13 . Circ. n. 241, 3-4-1932 (G.M. 1932, pg. 826): obice da 305/17 G. mod. 1917 granata monoblocco da 307/17. Circ. n. 264, 19-5-1932 (G.M. 1932, pg. 1070): obice da 149/12 SK per la granata da 149/12 modificata. Circ. n. 273, 26-5-1932 (G.M. 1932, pg. 1078): cannone da 105/28, granata da 105 e granata monpblocco da 105. Circ. n. 274, 26-5-1932 (G.M. 1932, pg. 1078): cannone da 149/35 shrapnel da 149/12-35. Circ. n. 275, 26-5-1932 (G.M. 1932, pg. 1079): mortaio da 210/8 D.S. granata da 210. Circ. n. 287, 2-6-1932 (G.M. 1932, pg. 1116): obice da 100/17 granata a doppio effetto da 100. Circ. n. 307, 2-6-1932 (G.M. 1932, pg. 1213): obice da 305/17 G. mod. 917 granata da 305/17. Circ. n. 323, 23 -6-1932 (G.M. 1932, pg. 1248): cannone da 75/27. Circ. n. 415, 18-8-1932 (G.M. 1932, pg. 1565); cannone da 149/35 granatl di ghisa acciaiosa da 149/12-35. Circ. n. 521, 6-10-1932 (G.M. 1932, pg. 1901): cannone d; 105/28 granata da 105 e granata monoblocco da 105. Circ. n. 11, 5-1-1933 (G.M. 1933, pg. 41): mortaio da 210/8 granata da 210. Circ. n. 12, 12-1-1933 (G.M. 1933, pg. 41): cannone da 152/37 granata da 152/37 . Circ. n. 48, 26-1-1933 (G.M. 1933, pg. 173): mortruo da 210/8 granata di ghisa acciaiosa da 210. Circ. n. 158, 23-3-1933 (G.M. 1933, pg. 515): obice da 75/13 per la granata da 75, h = 1000. Circ. n. 232, 27-4-1933 (G.M. 1933, pg. 912:) obice da 75/13 granate da 75 h = 2500. Circ. n. 2H, 77-4-1933 (G.M. 1933, pg. 912): obice
CAP. XXIV - L'ORGANIZZAZIONE MlLITARE DAL
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da 100/17 granata da 100 h = 1000. Circ. n. 366, 1.3-7-1933 (G.M. 1933, pg. 1369): obice da 100/17 granata da 100 G.E. mod. 32. Circ. n. 39, 18-1-1934 (G.M. 1934, pg. 119): mitragliatrice pesante mod. 914. Circ. n. 91, 29-1-1934 (G.M. 1934, pg. 295): obice da 149/35 granata G .E. mod. 32 da 149/35. Circ. n. 92, 29-1-1934 (G.M. 1934, pg. 295): obice da 149/13 granate G.E. mod. 32 da 149/13. Circ. n. 93, 29-1-1934 (G.M. 1934, pg. 296): obice da 152/13 granata inglese da 152/13 con corona cilindrica h = 1000. Circ. n. 144, 22-2-1934 (G.M. 1934, pg. 478): cannone da 105/28 granata G.E. mod. 32 da 105. Circ. n. 182, 21-2-1934 (G.M. 1934, pg. 371): obice da 100/17 granata da 100 G.E. mod. 32. Circ. n. 288, 19-4-1934 (G.M. 1934, pg. 988): obice da 152/13 granata inglese da 152/13 con corona tronco-conica. Circ. n. 290, 19-4-1934 (G.M. 1934, pg. 999): obice da 149/13 granata G.E. mod. 32 da 149/13 (aggiunte e varianti). Circ. n. 527, 12-7-1934 (G.M. 1934, pg. 2340): obice da 75/13 granata G .E. mod. 32 da 75/13. Circ. n. 709, 4-9-1935 (G.M. 1935, pg. 2422): cannone da 105/28 granata ad.e. da 105 mod. 32. Circ. n. 729, 2-9-1935 (G.M. 1935, pg. 2523): cannone da 75/27 granata da 75/27 mod. 32. Circ. n. 967, 18-12-1935 (G.M. 1935, pg. 3215): Varianti alle tavole di tiro dei proietti mod. 32. Circ. n. 220, 18-3-1936 (G.M. 1936, pg. 356): cannone da 76/45 e.a. granata da 76/45 e.a. Circ. n. 959, 16-12-1936 (G.M. 1936, pg. 1703): obice da 149/13 granata da 149/12 modificata (aggiunte e varianti). Circ. n. 977, 23-12-1936 (G.M. 1936, pg. 1725): cannone da 76/40 granata da 76/40 con spoletta a tempo mod. 900/934. Circ. n. 202, 17-3-1937 (G.M. 1937, pg. 528): cannone da 75/40 mod. 34. Circ. n. 203, 17-3-1937 (G.M. 1937, pg. 529): cannone da 20 mod. 35. Circ. n. 312, 28-4-1937 (G.M. 1937, pg. 800): cannone da 77/28 e.a. granata da 77 e.a. con spoletta tempo mod. 906/917. Circ. n. 328, 5-5-1937 (G.M. 1937, pg. 827): cannone da 152/37 granata perforante da 152/37 h. 1000 m. Circ. n. 344, 12-5-1937 (G.M. 1937, pg. 854): obice da 100/17 mod. 914 e 916 granata da 100 mod. 32 (2" serie di aggiunte e varianti). Circ. n. 414, 16-6-1937 (G.M. 1937, pg. 1046): obice da 100/17 mod. 1914 e 1916 granata a doppio effetto da 100 (1" serie <li aggiunte e varianti). Circ. n. 492, 14-7-1937 (G.M. 1937, pg. 1355): obice da 75/18 granata da 75 (tavole di tiro a scale grafiche). Circ. n. 678, 8-8-1937 (G.M. 1937, pg. 2189): obice da 75/13 granata mod. 32 da 75/13 h. 2500 (tavole di tiro grafico-numeriche). Circ. n. 762, 13-10-1937 (G.M. 1937, pg. 2352): obice da 100/17 granata a pallette da 100. Circ. n. 803, 3-11-1937 (G.M. 1937, pg. 2440): cannone da 149/35 e cannoni da 149/35 A e Sgranata a pallette da 149/12-35. Circ. n. 836, 24-11-1937 (G.M. 1937, pg. 2516): cannone da 57/43 granata perforante da 57/43 con e senza cappuccio h. 1000 ed h. 2500. Circ. n. 839, 24-11-193 7 (G.M. 1937, pg. 2518): obice da 100/17 mod. 14 e 16 granata ad.e. da 100 (tavole di tiro grafico-numeriche. Ristampa aggiornata). Circ. n. 4, 5-1-1938 (G.M. 1938, pg. 7): cannone mitragliera da 20 mod. 35 cartoccio granata e.a. da 20 mod. 35 e cartoccio granata perforante da 20 mod. 35 V= 830 m/s. Circ. n. 53', 26-1-1938 (G.M. 1938, pg. 100): cannone da 75/27 mod. 11-06-12 granata a pallette da 75. Circ. n. 72, 2-2-1938 (G.M. 1938, pg. 158): tavole di tiro. Circ. n. 100, 16-2-1938 (G.M. 1938, pg. 222): cannoni da 76/40 e 76/45 granata da 76/45 munita di spoletta a tempo mod. 900/934, carica ridotta, V = 400 mfs (1 • edizione). Circ. n. 204, 23-3-1938 (G.M. 1938, pg. 505): obice da 100/17 granata a pallette (1 • serie di aggiunte e varianti). Circ. n. 205, 23-3-1938 (G.M. 1938, pg. 506): cannone da 76/45 e.a. granata da 76/45 munita di spoletta a tempo mod. 900-934 V = 756 m/s. Circ. n. 206, 23-3-1938 (G.M. 1938, pg. 506): obice da 75/18 mod. 34 e 35 granata da 75/13 mod. 32. Circ. n. 207, 23-3-1938 (G.M. 1938, pg. 506): cannone da 149/35 e cannoni da 149/35 A. e S. granata monoblocco da 149/35. Circ. n. 269, 20-4-1938 (G.M. 1938, pg. 766): cannone da 149/35 granata G.E. mod. 32 da 149/35 (1 • serie di aggiunte e varianti). Circ. n. 332, 25-5-1938 (G.M. 1938, pg. 1039): cannone da 57/30 granata perforante da 57/43 senza e con cappuccio h. 1000 e h. 2500. V = 610 mfs. Circ. n. 333, 25-5-1938 (G.M. 1938, pg. 1040): obice da 75/13 granata a pallette da 75 h. 2500. Circ. n. 384, 15-6-1938 (G.M. 1938, pg. 1430): obice da 149/12 mod. 14 e 18 granata da 149/12 corta, granata da 149/12, granata di ghisa acciaiosa da 149/12-35 h. 1000. Circ. n. 540, 3-8-1938 (G.M. 1938, pg. 2002): cannone da 149/35 e cannoni da 149/35 A. e S. granata inglese modificata da 149/35 h. 1000. Circ. n. 541 , 3-8-1938 (G.M . 1938, pg. 2002): obice da 149/13 granata monoblocco da 149/13 (tavole provvisorie). Circ. n. 625, 7-9-1938 (G.M. 1938, pg. 2242): obice da 100/17 mod. 14 e 1(, granata ad.e. da 100 (1 • serie di aggiunte e varianti). Circ. n. 626, 7-9-1938 (G.M.
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FIJ.JPPO STEFANI
1938, pg. 2242): obice da 100/17 mod. 14 e 16 granata da 100 (1" serie di aggiunte e varianti) . Circ. n. 627, 7-9-1938 (G.M. 1938, pg. 2242): obice da 100/17 mod. 14 e 16 granata da 100 mod. 32 (3• serie di aggiunte e varianti). Circ. n. 629, 7-9-1938 (G.M. 1938, pg. 2243): cannone da 75/27 mod. 11, mod. 06, mod. 12 granata da 75 (1 • serie di aggiunte e varianti). Circ. n. 630, 7-9-1938 (G.M. 1938, pg. 2244): cannone da 75/27 mod. 11, mod. 06 e mod. 12 granata a pallette da 75 (1 • serie di aggiunte e varianti). Circ. n. 631, 7-9-1938 (G.M. 1938, pg. 2244): cannone da 75/27 mod. 11, mod. 06, mod. 12 (l" serie di aggiunte e varianti). Circ. n. 655, 14-9-1938 (G.M. 1938, pg. 2286): cannone mitragliera da 20 cartoccio granata contraerei (tavola di tiro grafica). Circ. n. 656, 14-9-1938 (G.M. 1938, pg. 2286): obice da 75/13 granata a grande capacità. Circ. n. 657, 14-9-1938 (G.M. 1938, pg. 2287): cannone da 149/35 e cannoni da 149/35 A. e S. granata ad.e. da 149/35 mod. 32. Circ. n. 658, 14-9-1938 (G.M. 1938, pg. 2287): cannone da 152/45 granata a b.p. da 152/45-50, granata a b.p. da 152/32-45 e granata per cannoni da 152. Circ. n. 659, 14-9-1938 (G.M. 1938, pg. 2288): cannone da 65/17 cartoccio granata da 65 e cartoccio granata perforante da 65 h. 1500. Circ. n. 660, 14-9-1938 (G.M. 1938, pg. 2288): obice da 100/17 mod. 11 e 16 granata ad.e. da 100. Circ. n. 712, 5-10-1938 (G.M. 1938, pg. 2468): elenco delle tavole di tiro per i materiali dell'arma di artiglieria. Circ. n. 7, 4-1 -1939 (G.M. 1939, pg. 25): obice da 305/17 granata monoblocco da 305/17. Circ. n. 8, 4-1-1939 (G.M. 1939, pg. 25): cannone da 105/28 granata da 105 e granata monoblocco da 105 (1 • serie di aggiunte e varianti). Circ. n. 9, 4-1-1939 (G.M. 1939, pg. 26): cannone da 105/28 e granata ad.e. mod. 32 da 105 (1" serie di aggiunte e varianti). Circ. n. 10, 4-1-1939 (G.M. 1939, pg. 26): cannone da 105/28 e•·anar,i a J.t'. mod. 32 da 105 (l • serie di aggiunte e varianti). Circ. n. 11, 4-1-1939 (G.M. 1939, pg. 26): obice 149/12 costa (1 • serie di aggiunte e varianti). Circ. n. 12, 4-1-1939 (G.M. 1939, pg. 27): obice da 149/13 granata da 149/12 modificata (2" serie di aggiunte e varianti). Circ. n. 13, 4-1-1939 (G.M. 1939, pg. 27): obice da 149/13 granata da 149/13 mod. 32 (2• serie di aggiunte e varianti). Circ. n. 14, 4-1-1939 (G.M. 1939, pg. 28): mortaio da 210/8 granata da 220 (1 • serie di aggiunte e varianti). Circ. n. 15, 4-1-1939 (G.M. 1939, pg. 28): mortaio da 210/8 granata di ghisa acciaiosa da 210 (1 a serie di aggiunte e varianti). Circ. n. 16, 4-1-1939 (G.M. 1939, pg. 28): mortaio da 305/28 mod. 11 e 16 granata a B.P. per mortaio da 305 lunga. Circ. n. 17, 4-1-1939 (G.M. 1939, pg. 29): mortaio da 260/9 granata da 260 alleggerita, granata di ghisa acciaiosa da 260. Circ. n. 18, 4-1-1939 (G.M. 1939, pg. 29): obice da 305/17 granata di ghisa acciaiosa da 305/17 h. 1000 m. Circ. n. 19, 4-1-1939 (G.M. 1939, pg. 30): cannone da 152/37 granata per cannoni da 152. Circ. n. 277, 29-3-1939 (G.M. 1939, pg. 930): obice da 75/18 mod . 34 e 35 granata da 75. Circ. n. 278, 29-3-1939 (G.M. 1939, pg. 930): obice da 100/17 mod. 14 e 16 granata a d.e. da 100 mod. 32. Circ. n. 279, 29-3-1939 (G.M. 1939, pg. 931): obice da 149/12 mod. 14 e 18 granata a pallette da 149/12-35. Circ. n. 280, 29-3-1939 (G.M. 1939, pg. 931): cannone da 152/45 granata a pallette per cannoni da 152. Circ. n. 281, 29-3-1939 (G.M. 1939, pg. 932): obice da 305/17 granata a b.p. da 305/17 pesante. Circ. n. 282, 29-3-1939 (G.M. 1939, pg. 932): obice da 305/17 granata a b.p. leggera da 305/17 (lunga e corta) e granata inglese (lunga e corta). Circ. n. 283, 29-3-1939 (G.M. 1939, pg. 933): obice da 305/17 granata da 305/17. Circ. n. 296, 29-3-1939 (G.M. 1939, pg. 976): mortaio da 305/10 granata a b.p. per mortai corta (tavole provvisorie). Circ. n. 297, 29-3-1939 (G.M. 1939, pg. 977): .obice da 149/13 granata a pallette da 149/12-35 modificata. Circ. n. 424, 7-6-1939 (G.M. 1939, pg. 1523): obice da 75/18 mod. 34 e 35 granata a pallette da 35. Circ. n. 425, 7-6-1939 (G.M. 1939, pg. 1524): cannone da 75/46 mocl. 34 granata da 76/45 con spoletta meccanica a tempo da 75/46 (tavola grafica). Circ. n. 426, 7-6-1939 (G.M. 1939, pg. 1524): cannone da 152/45 granata a pallette per cannone da 152 (1 a serie di aggiunte e varianti). Circ. n. 427, 7-6-1939 (G.M. 1939, pg. 1525): cannone da 57/30 granata perforante da 57/43 con cappuccio (1 • serie di aggiunte e varianti). Circ. n. 429, 7-6-1939 (G.M. 1939, pg. 1526): cannone da 57/43 granata perforante da 57/43 con cappuccio e senza (2° serie di aggiunte e varianti). Circ. n. 430, 7-6-1939 (G.M. 1939, pg. 1526): cannone da 75/27 mod. 11, 06, 12 granata da 75 (2• serie di aggiunte e varianti). Circ. n. 431, 7-6-1939 (G.M. 1939, pg. 1527): cannone da 75/27 mod. 11, 06, 12 granata a pallette da 75 (2• serie di aggiunte e varianti). Circ. n. 432, 7-6-1939 (G.M. 1939, pg. 1527): cannone da 75/27 mod. 11, 06, 12 granata mod. 32
CAP. XXIV • L'ORGANIZZAZIONE MILITARE DAL
1926 AL 1940
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da 75/27 (2° serie di aggiunte e varianti). Circ. n. 730, 22-9-1939 (G.M. 1939, pg. 2424): obice da 75/13 granata mcxl. 32 da 75/13 h. 2500 (3• serie di aggiunte e varianti). Circ. n. 716, 27-9-1939 (G.M. 1939, pg. 2418): bombarda da 240/12 bomba corta ad ali corte (tavole provvisorie). Circ. n. 717, 27-9-1939 (G.M. 1939, pg. 2418): obice da 149/13 granata monoblocco da 149/13. Circ. n. 718, 27-9-1939 (G.M. 1939, pg. 2419): obice da 149/13 granata da 149/13. Circ. n. 719, 27-9-1939 (G.M. 1939, pg. 2419): obice da 75/18 granata mod. 32 da 75/13 (1 a serie di aggiunte e varianti). Circ. n. 720, 27-9-1939 (G.M. 1939, pg. 2420): obice da 420/12 granata a b.p. da 420 lunga. Circ. n. 721, 27-9-1939 (G.M. 1939, pg. 2420): cannone da 75/46 mcxl. 34 granata da 75/46 con spoletta meccanica a tempo da 75/46. Circ. n. 722, 27-9-1939 (G.M. 1939, pg. 2421): obice da 149/13 granata a pallette da 149/13. Circ. n. 723, 27-9-1939 (G.M. 1939, pg. 2421): cannone da 70/15 granata da 70. Circ. n. 724, 27-9-1939 (G.M. 1939, pg. 2422): cannone da 152/37 granata perforante da 152/37. Circ. n. 725, 27-9-1939 (G.M. 1939, pg. 2422): obice da 75/13 granata da 75 (2 8 serie di aggiunte e varianti). Circ. n. 726, 27-9-1939 (G.M. 1939, pg. 2423): obice da 75/13 granata da 75 (2• serie aggiunte e varianti). Circ. n. 727, 27-9-1939 (G.M. 1939, pg. 2423): obice da 75/13 granata a grande capacità (2• serie di aggiunte e varianti). Circ. n. 728, 27-9-1939 (G.M. 1939, pg. 2424): obice da 75/13 granata a pallette da 75 (2" serie aggiunte e varianti). Circ. n. 729, 27-9-1939 (G.M. 1939, pg. 2424): obice da 75/13 granata mcxl. 32 da 75/13 h. 1000 (2" serie aggiunte e varianti alle tavole grafico-numeriche). Circ. n. 731, 27-9-1939 (G.M. 1939, pg. 2425): obice da 75/18 granata a pallette da 75 (1 a serie aggiunte e varianti). Circ. n. 732, 27-9-1939 (G.M. 1939, pg. 2425): obice da 75/18 granata da 75 (1 • serie aggiunte e varianti). Circ. n. 781, 18-10-1939 (G.M. 1939, pg. 2556): cannoni da 76/40 e 76/45 granata <la 76/45 con spoletta a tempo mod. 900/34 carica ridotta V.400 m/s (tavola graficonumerica). Circ. n. 782, 18-10-1939 (G.M. 1939, pg. 2556): obice da 75/13 granata da 75 (1 • serie aggiunte e varianti alle tavole grafico-numeriche). Circ. n. 783, 18-10-1939 (G.M. 1939, pg. 2557): obice da 75/13 granata da 75 (1 • serie aggiunte e varianti alle tavole graficonumeriche). Circ. n. 784, 18-10-1939 (G.M. 1939, pg. 2557): obice da 75/13 granata a grande capacità (1 • serie di aggiunte e varianti). Circ. n. 785, 18-10-1939 (G.M. 1939, pg. 2557): obice da 75/13 granata a pallette da 75 (1 a serie di aggiunte e varianti). Circ. n. 786, 18-10-1939 (G.M. 1939, pg. 2558): obice da 75/13 granata mod. 32 da 75/13 h. 1000 (1 • serie di aggiunte e varianti alle tavole grafico-numeriche). Circ. n. 787, 18-10-1939 (G.M. 1939, pg. 2558): obice da 75/13 granata mod. 32 da 75/13 h. 2500 (2° serie di aggiunte e varianti alle tavole grafico-numeriche). Circ. n. 788, 18-10-1939 (G.M. 1939, pg. 2559): cannone da 149/35 granata monoblocco da 149/35 (1" serie di aggiunte e varianti). Circ. n. 789, 18-10-1939 (G.M. 1939, pg. 2559): cannone da 149/35 granata inglese modificata da 149/35 (1 • serie di aggiunte e varianti). Circ. n. 790, 18-10-1939 (G.M. 1939, pg. 2559): cannone da 149/35 granata di ghisa acciaiosa da 149/35 (1 • serie aggiunte e varianti alle tavole grafico-numeriche). Circ. n. 791, 18-10-1939 (G.M. 1939, pg. 2560): cannone da 149/35 granata a pallette da 149/12-35 (1 • serie di aggiunte e varianti). Circ. n. 792, 18-10-1939 (G.M. 1939, pg. 2560): cannone da 149/35 granata mod. 32 da 149/35 (2• serie di aggiunte e varianti alle tavole graficonumeriche). Circ. n. 793, 18-10-1939 (G.M. 1939, pg. 2561): cannone da 57/43 granata perforante da 57/43 (1° serie aggiunte e varianti). Circ. n. 794, 18-10-1939 (G.M. 1939, pg. 2561): obice da 210/22 mcxl. 35 granata da 210 (tavole provvisorie). Circ. n. 795, 18-10-1939 (G.M. 1939, pg. 2562): cannone da 152/45 granate varie (1" serie aggiunte e varianti). Circ. n. 97, 21-11-1940 (G.M. 1940, pg. 274): obice da 105/14 granata da 105 mod. 32. Circ. n. 98, 21-11-1940 (G.M. 1940, pg. 275): cannone da 105/28 - tavola di tiro sommaria granata di ghisa acciaiosa con caricamento speciale per scuola di tiro. Velocità 445 m/s. Circ. n. 99, 21-11-1940 (G.M. 1940, pg. 275): obice da 152/13 granata inglese a corona troncoconica (1 • serie di aggiunte e varianti alle tavole grafico-numeriche). Circ. n. 100, 21-11-1940 (G.M. 1940, pg. 276): obice da 152/13 granata inglese a corona cilindrica (1" serie aggiunte e varianti alle tavole grafico-numeriche). Circ. n. 101 , 21-11-1940 (G.M. 1940, pg. 276): cannone da 152/37 granata da 152/37 (1 • serie aggiunte e varianti alle tavole graficonumcriche) . Circ. n. 102, 21-11-1940 (G.M. 1940, pg. 277): obice da 380/15 granata a b.p. da 380/15. Circ. n. 10~, 2 1-11-1940 (G.M. 1940, pg. 277): cannone da 65/17 cartoccio granata a pal-
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FILIPPO STEFANI
lette da 65 e cartoccio granata perforante da 65. Circ. n. 104, 21-11-1940 (G.M. 1940, pg. 278): cannone da 70/15 granata a pallette da 70. Circ. n. 105, 21-11-1940 (G.M. 1940, pg. 279): cannone da 120/25 granata di ghisa acciaiosa da 120/25 e granata da 120/25 corta. Circ. n. 106, 21-11-1940 (G.M. 1940, pg. 279): cannone da 77/28 mod. 5/8 granata da 77 lunga. Circ. n. 107, 21-11-1940 (G.M. 1940, pg. 280): cannone da 77/28 mod. 5/8 granata da 77 corta. Circ. n. 108, 21-11-1940 (G.M. 1940, pg. 280): cannone da 77/28 mod. 5/8 granata a pallette. Circ. n. 284, 1-5-1940 (G.M. 1940, pg. 776): cannoni da 75/27 C.K. e A. V. granata da 75 e.a. con spoletta a tempo mod. 06/17 (tavole di tiro per carica a distanze ridotte). Circ. n. 285, 1-5-1940 (G.M. 1940, pg. 285): cannone da 76/40 granata da 76/40 con spoletta mod. 900/34. Circ. n. 286, 1-5-1940 (G.M. 1940, pg. 777): cannone da 77/28 e.a. granata da 77 e.a. con spoletta mod. 06/17. Circ. n. 287, 1-5-1940 (G.M. 1940, pg. 778): cannoni da 75/27 C.K. e A.V. granata da 75 e.a. con spoletta a tempo mod. 06/17. Circ. n. 352, 29-5-1940 (G.M. 1940, pg. 1148): Tavole numeriche per la determinazione della distanza col procedimento della piccola base. Circ. n. 429, 26-6-1940 (G.M. 1940, pg. 1427): cannone da 149/40 granata da 149/35 mod. 32. Circ. n. 430, 26-6-1940 (G.M. 1940, pg. 1438): cannone da 120/25 granata da 120/25 lunga. Circ. n. 431, 26-6-1940 (G.M. 1940, pg. 1428): cannone da 77/28 e.a. granata da 77/28 e.a. con spoletta a tempo carica ridotta. Circ. n. 432, 26-6-1940 (G.M. 1940, pg. 1430): cannoni da 75/27 C.K. e A.V. granata carica ridotta e granata con spoletta a tempo. Circ. n. 433, 26-6-1940 (G.M. 1940, pg. 1430): obice da 106/14 granata da 106 e granata monoblocco da 106. Circ. n. 434, 26-6-1940 (G.M. 1940, pg. 1430): obice da 105/12 granata da 105/12 mod. 32. Circ. n. 744, 2-10-1940 (G.M . 1940, pg. 2471): Foglietto di tiro e schemi di calcolo. Circ. n. 748, 9-10-1940 (G.M. 1940, pg. 2478): Tavole di tiro per mitragliatrici Fiat 35. Circ. n. 839, 13-10-1940 (G.M. 1940, pg. 2811): Tavole di tiro per mitragliatrici Breda 37. Circ. n. 896, 28-11-1940 (G.M. 1940, pg. 3240): cannone da 120/25 granata a palette da 120. Circ. n. 897, 28-11-1940 (G.M. 1940, pg. 3240): Esempio di tavola di tiro numerica. Cannone da 149/35 granata ad.e. da 149/35 mod. 32 4• carica. Circ. n. 898, 28-11-1940 (G.M. 1940, pg. 3241): bombarda da 240/12 bombe da 240/12 corta e ad ali corte. Circ. n. 899, 28-11-1940 (G.M. 1940, pg. 3241): Elenco delle tavole di tiro per i materiali dell'arma di artiglieria. Circ. n. 912, 28-11-1940 (G.M. 1940, pg. 3262): cannone da 75/27 mod. 11-6-12 (3• serie di aggiunte e varianti alle tavole grafico-numeriche). Circ. n. 913, 28-11-1940 (G.M. 1940, pg. 3263): cannone da 75/27 mod. 11-06-12 granata a pallette da 75 (3• serie di aggiunte e varianti). Circ. n. 914, 28-11-1940 (G.M. 1940, pg. 3263): cannone da 25/27 mod. 11-06-12 granata mod. 32 (3" serie di aggiunte e varianti alle tavole grafico-numeriche). Circ. n. 915, 28-11-1940 (G.M. 1940, pg. 3264): obice da 75/13 granata a grande capacità (3 • serie di aggiunte e varianti alle tavole grafico-numeriche). Circ. n. 916, 28-11-1940 (G.M. 1940, pg. 3264): obice da 75/13 granata mod. 32 da 75/13 (3• serie di aggiunte e varianti alle tavole grafico-numeriche). Circ. n. 917, 28-11-1940 (G.M. 1940, pg. 3265): obice da 75/18 granata a pallette da 75 (2• serie di aggiunte e varianti). Circ. n. 918, 28-11-1940 (G.M. 1940, pg. 3265): obice da 75/18 granata da 75 (2• serie di aggiunte e varianti). Circ. n. 919, 28-11-1940 (G.M. 1940, pg. 3266): obice da 75/18 granata mod. 32 da 75/13 (2" serie di aggiunte e varianti). Circ. n . 920, 28-11-1940 (G.M. 1940, pg. 3268): obice da 100/17 granata ad.e. mod. 32 da 100 (1 • serie di aggiunte e varianti alle tavole grafico-numeriche). Circ. n. 921, 28-11-1940 (G.M. 1940, pg. 3267): obice da 75/13 granata a pallette da 75 (3" serie di aggiunte e varianti). (20) Grafico del cakolatare per il tiro mod. 1925. Circ. n. 569, 23-8-1928 (G.M. 1928, pg. 1963). Circ. n. 396, 4-7-1929 (G.M. 1929, pg. 1569). Circ. n. 484, 8-8-1929 (G.M. 1929, pg. 2068): obice da 149/12 per l'impiego della granata da 149/12, V 207, h. 1000. Circ. n. 668, 31-10-1929 (G.M. 1929, pg. 2640). Circ. n. 164, 20-3-1930 (G.M. 1930, pg. 509). Circ. n. 362, 12-6-193~ (G.M. 1930, pg. 1133). Circ. n. 381, 19-6-1939 (G.M. 1939, pg. 1223): obice da 149/12 per l'impiego della granata da 149/12, V 300, h . 1000. Circ. n. 291, 4-6-1931 (G.M. 1931, pg. 1180): mortaio da 210/8. Circ. n. 327, 2-7-1931 (G.M. 1931, pg. 1338): mortaio da 210/8. Circ. n. 328, 2 -7-1931 (G.M. 1931, pg. 1339): cannone da 75/27. Circ. n. 342, 9-7-1931 (G.M. 1931, pg. 1402): mortaio da 210/8. Circ. n. 343, 9-7-1931 (G.M. 1931, pg. 1402). Circ. n . 344, 9-7-1931 (G.M. 1931, pg. 1402). Circ. n. 345, 9-7-1931 (G.M.
CAP. XXIV - L'ORGANIZZAZIONE MILITARE DAL
1926
AL
1940
241
1931, pg. 1403). Circ. n. 438, 20-8-1931 (G.M. 1931, pg. 1888): cannone da 149/35. Circ. n. 440, 27-8-1931 (G.M. 1931, pg. 1889): mortaio da 210/8. Circ. n. 441 , 27-8-1931 (G.M. 1931, pg. 1890): idem. Circ, n. 442, 27-8-1931 (G.M. 1931, pg. 1890): idem. Circ. n. 443 , 27-8-1931 (G.M. 1931, pg. 1890): idem. Circ. n. 487, 17-9-1931 (G.M. 1931, pg. 2076). Circ. n. 525, 8-10-1931 (G.M. 1931, pg. 2328). Circ. n. 526, 8-10-1931 (G.M. 1931, pg. 2329). Circ. n. 605, 26-11-1931 (G.M. 1931, pg. 2608). Circ. n. 107, 25-2-1932 (G.M. 1932, pg. 432.) Circ. n. 603, 24-11-1932 (G.M. 1932, pg. 2198): cannone da 149/35. (21) Quaderni di caricamento. Circ. n. 473, 4-8-1927 (G.M. 1927, pg. 1494): comando di gruppo di batterie pesanti campali, comando di gruppo di batterie pesanti da 149/35 e da 152/13, comando di gruppo di batterie leggere (75/27 mod. 906 e 911 e 100/17 mod . 914) a trazione o trasporto meccanico. Circ. n. 474 , 4-8-1927 (G.M. 1927, pg. 1496): comando di reggimento d'artiglieria da campagna. Circ. n. 512, 18-8-1927 (G.M. 1927, pg. 1606): comando di raggruppamento di artiglieria. Circ. n. 596, 22-9-1927 (G.M. 1927, pg. 1930): batteria da campagna di obici da 100/17 mod. 914. Circ. n. 656, 13-10-1927 (G.M. 1927, pg. 2113): comando di gruppo di batterie da campagna e di batterie a cavallo. Circ. n. 388, 7-6-1928 (G.M. 1928, pg. 1198): batteria da montagna da 75/13. Circ. n. 389, 7-6-1928 (G.M. 1928, pg. 1199): reparto munizioni e viveri per un gruppo di batterie da campagna e reparto munizioni e viveri per un gruppo di batterie a cavallo. Circ. n. 390, 7-6-1928 (G.M. 1928, pg. 1200): batteria da campagna di cannoni da 75/27 mod. 911. Circ. n. 391, 7-6-1928 (G.M. 1928, pg. 1201): batteria someggiata da 75/13. C irc. n. 428, 21-6-1928 (G .M. 1928, pg. 1310): batteria pesante da 149/35. Circ. n. 598, 6-9-1928 (G.M. 1928, pg. 2155): sezione cannoni da 65/17 per fanteria su formazioni di pace. Circ. n. 644, 2 7-9-1928 (G.M. 1928, pg. 2359): comando di gruppo di batterie da montagna da 75/13 e da 65/17, comando di gruppo di batterie da 100/17 mod. 916. Circ. n. 645 , 27-9-1928 (G .M. 1928, pg. 2360): reparto munizioni e viveri per gruppi di batterie da montagna da 75/13 e da 65/17. Circ. n. 646, 27-9-1928 (G.M. 1928, pg. 2361): reparto munizioni e viveri per gruppi di batterie someggiate da 75/13 e da 65/17. Circ. n. 403, 2-7-1929 (G.M. 1929, pg. 1626): sezione cannoni da 65/17 per fanteria. Circ. n. 404, 2-7-1929 (G.M. 1929, pg. 1627): batteria pesante da 210/8 D.S. Circ. n. 405, 2-7-1929 (G.M. 1929, pg. 1628): comando di gruppo di batterie pesanti da 152/37, 152/45, 210/8 D.S., 260/9, 305/17, 305/8, 305/10. Circ. n. 752, 12-12-1929 (G.M. 1929, pg. 2846): sezione cannoni da 65/17 (aggiunte e varianti). Circ. n. 100, 20-2-1930 (G.M. 1930, pg. 298): batterie da montagna e batterie someggiate da 65/ 17 . Circ. n. 198, 3-4-1930 (G.M. 1930, pg. 712): batterie contraerei da posizione da 77/28. Circ. n. 282, 8-5-1930 (G.M. 1930, pg. 868): comando di gruppo di batterie contraerei da 75/27 mod. C.K. , reparto munizioni e viveri di un gruppo di batterie contraerei da 75/27 C.K., hattcrie contraerei da 75/27 C.K. Circ. n. 285, 8-5-1930 (G.M. 1930, pg. 970): sezione mitragliatrici pesanti mod. 14 per artiglieria. Circ. n. 342, 5 -6-1930 (G.M. 1930, pg. 1102): sezione munizioni per sezioni cannoni da 65/17. Circ. n. 39, 22-1-1931 (G.M. 1931, pg. 114): centri raccolta notizie e posti di vedetta della rete di avvistamento contraerei. Circ. n. 55, 29-1-1931 (G.M. 1931, pg. 147): sezione cannoni da 65/17 per fanteria (2• serie aggiunte e varianti). Circ. n. 56, 29-1-1931 (G.M. 1931, pg. 147): idem. Circ. n. 153, 12-3-1931 (G.M. 1931, pg. 532): sezione munizioni per sezione cannoni da 65/ 17 per fanteria (1 • serie di aggiunte e varianti). Circ. n. 204, 16-4-1931 (G.M. 1931, pg. 676): sezione munizioni per sezioni cannoni da 65/17 per fanteria. Circ. n. 205, 16-4-1931 (G.M. 1931, pg. 676): plotone complementi per sezioni cannoni da 65/17 pedanteria. Circ. n. 418, 13-8-1931 (G.M. 1931, pg. 1841): comando D .A.T. Circ. n. 477, 3-9-1931 (G.M. 1931, pg. 2022): comando DICAT. Circ. n . 271 , 26-5-1932 (G.M. 1932, pg. 1077): sezione cannoni da 65/17 per fanteria (3" serie di aggiunte e varianti) . Circ. n. 272, 26-5-1932 (G.M. 1932, pg. 1078): idem (4a serie di aggiunte e varianti). Circ. n. 344, 7-7-1932 (G.M. 1932, pg. 1295): batteria contraerei da 77/28. Circ. n. 396, 4-8-1932 (G.M. 1932, pg. 1519): batteri;i contraerei da posizione da 76/40. Circ. n. 397, 4-8-1932 (G.M. 1932, pg. 1519): batteria contraerei da posizione da 76/45. Circ. n. 398, 4-8-1932 (G.M. 1932, pg. 1520): comando di gruppo di batterie contraerei da posizione. Circ. n. 107, 23-2-1933 (G.M. 1933, pg. 387): sezione fototelegrafisti. Circ. n. 132, 9-3-1933 (G.M. 1933, pg. 457:) sezione mitragliatrici mod. 14 per artiglieria .
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Fll.IPPO STEFANl
Circ. n. 416, 18-8-1933 (G.M. 1933, pg. 1565): batterie contraerei da posizione da 76/40 (1 • serie aggiunte e varianti). Circ. n. 417, 18-8-1933 (G.M. 1933, pg. 1566): batteria contraerei da 76/45 (1" serie di aggiunte e varianti). Circ. n. 477, 31-8-1933 (G.M. 1933, pg. 1768): comando DICAT. Circ. n. 6, 4-1-1934 (G.M. 1934, pg. 28): carro veloce 29. Circ. n. 289, 19-4-1934 (G.M. 1934, pg. 999): batteria pesante campale da 149/13 (1" serie di aggiunte e varianti). Circ. n. 484, 28-6-1934 (G.M. 1934, pg. 1947): comando di gruppo di batterie contraerei da posizione (1° serie di aggiunte e varianti). Circ. n. 485, 28-6-1934 (G.M. 1934, pg. 1948): batteria contraerei da posizione da 76/40 (2" serie di aggiunte e varianti). Circ. n. 879, 8-11-1934 (G.M. 1934, pg. 3803): batteria contraerei da posizione da 75/27 A.V. Circ. n. 613, 5-8-1936 (G.M. 1936, pg. 596): sezione topografi per artiglieria. Circ. n. 732, 16-9-1936 (G.M. 1936, pg. 732): compagnia di osservatori d'artiglieria. Circ. n. 869, 2-11-1936 (G.M. 1936, pg. 1580): batteria di cannoni da 20 mod. 35. Circ. n. 960, 16-12-1936 (G.M. 1936, pg. 1703): batteria di accompagnamento di cannoni da 65/17 e sezione autocarrette divisionale per batterie di accompagnamento di cannoni da 65/17. Circ. n. 215, 24-3-1937 (G.M. 1937, pg. 566): idem (1" serie di aggiunte e varianti). Circ. n. 216, 24-3-1937 (G.M. 1937, pg. 567): batteria di cannoni da 20 mod. 35 (1" serie di aggiunte e varianti). Circ. n. 812, 3-11-1937 (G.M. 1937, pg. 2466): comando di gruppo di batterie da cannoni da 75/46 mod. 34. Circ. n. 815, 10-11-1937 (G.M. 1937, pg. 2469): reparto munizioni e viveri per gruppo su 3 batterie da 75/46 mod. 34. Circ. n. 75, 5-1-1938 (G.M. 1938, pg. 9): batteria di cannoni da 75/46 mod. 34. Circ. n. 56, 26-1-1938 (G.M. 1938, pg. 101): compagnia aerostieri per osservazione. Circ. n. 118, 23-2-1938 (G.M. 1938, pg. 262): centri raccolta notizie, posti avvistamento e pos ti di segnalazione della rete di avvistamento con-
traerei. Circ. n. 120, 23-2-1938 (G.M. 1938, pg. 263): reparto munizioni e viveri per w1 gruppo su 3 batterie da 75/46 mod. 34 (1 • serie di aggiunte e varianti). Circ. n. 189, 16-3-1938 (G.M. 1938, pg. 439): batteria da 76/40 modif. 35. Circ. n. 368, 8-6-1938 (G.M. 1938, pg. 1381): comando di gruppo di batterie di cannoni da 76/46 mod. 34 (1 • serie di aggiunte e varianti). Circ. n. 415, 29-6-1938 (G.M. 1938, pg. 1508): batteria ippotrainata da 75/27. Circ. n. 451, 13-7-1938 (G.M. 1938, pg. 1695): comando di gruppo ippotrainato cannoni da 75/27. Circ. n. 570, 10-8-1938 (G.M. 1938, pg. 2109): batteria di cannoni da 20 mod . 35 (2" serie di aggiunte e varianti). Circ. n. 598, 24-8-1938 (G.M. 1938, pg. 2190): comando di gruppo di batterie di cannoni da 75/46 mod. 34 (2" serie di aggiunte e varianti). Circ. n. 599, 24-8-1938 (G.M. 1938, pg. 2191): batteria di cannoni da 75/46 mod. 34 (1 • setie di aggiunte e varianti). Circ. n. 734, 12-10-1938 (G.M. 1938, pg. 2520): comando di reggimento cannone da 75/27, obice da 75/13, obice da 100/17. Circ. n. 850, 7-12-1938 (G.M. 1938, pg. 3086): comando di gruppo artiglieria per divisione fanteria di cannoni da 65/17 e di obici da 75/13 e di obici da 100/17 mod. 16. Circ. n. 861, 14-12-1938 (G.M. 1938, pg. 3119): reparto munizioni e viveri per gruppo artiglieria di divisione di fanteria su 3 sezioni. Circ. n. 900, 29-12-1938 (G.M. 1938, pg. 3257): batteria ippotrainata obice da 100/17 mod. 14. Circ. n. 901, 29-12-1938 (G.M. 1938, pg. 3257): reparto munizioni e viveri su 3 sezioni pet gruppo ippotrainato da 100/17 mod. 14. Circ. n. 902, 29-12-1938 (G.M. 1938, pg. 3258): reparto munizioni e viveri pet gruppo di artiglieria alpina su 3 sezioni. Circ. n. 20, 4-1-1939 (G.M. 1939, pg. 30): comando di gruppo di artiglieria alpina obice da 75/13. Circ. n. 21, 4-1-1939 (G.M. 1939, pg. 31): comando di un reggimento di artiglieria alpina da 75/13. Circ. n. 47, 18-1-1939 (G.M. 1939, pg. 94): reparto munizioni e viveri per gruppo someggiato di artiglieria di divisione di fanteria su 3 sezioni: Circ. n. 95, 8-2-1939 (G.M. 1939, pg. 220): officina autotrainata per aerostieri. Circ. n. 175, 1-3-1939 (G.M. 1939, pg. 460): reparto munizioni e viveri gruppo di artiglieria di divisione di fanteria su 3 sezioni. Circ. n. 193, 8-3-1939 (G.M. 1939, pg. 595): batteria di obici da 100/17 mod. 16 per divisione di fanteria. Circ. n. 230, 15-3-1939 (G.M. 1939, pg. 744): batteria someggiata da 75/13 per divisione di fanteria. Circ. n. 258, 22-3-1939 (G.M. 1939, pg. 874): batteria alpina da 75/13. Circ. n. 317, 12-4-1939 (G.M. 1939, pg. 1006): batteria aotoportata da 75/27 mod. 06. Circ. n. 327, 9-4-1939 (G.M. 1939, pg. 1038): comando di gruppo autoportato di cannoni da 75/27 mod. 06. Circ. n. 349, 3-5-1939 (G.M. 1939, pg. 1092): batteria di cannoni da 20 mod. 35 (3° serie di aggiunte e varianti). Circ. n. 428, 7-6-1939 (G.M. 1939, pg. 1525): reparto munizioni e viveri per gruppo ippotrainato di obici da 100/17 mod. 14 (1 • serie di
CAP. XXIV - L'ORGANIZZAZIONE MllJTARE DAL
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AL
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aggiunte e varianti). Circ. n. 447, 14-6-1939 (G.M. 1939, pg. 1625): reparto munizioni e viveri per gruppo di divisione di fanteria autoportato su 3 squadre. Circ. n. 448, 14-6-1939 (G.M. 1939, pg. 1625): batteria ippotrainata di obici da 100/17 mod. 14. Circ. n. 767, 2-10-1939 (G.M. 1939, pg. 2491): gruppo ippotrainato di artiglieria divisione di fanteria di cannoni da 75/27 mod. 06 e mod. 11 o di obici da 100/17 mod. 14 (1" serie di aggiunte e varianti). Circ. n. 768, 2-10-1939 (G.M. 1939, pg. 2491): batteria ippotrainata di cannoni da 75/27 mod. 11. Circ. n. 916, 20-12-1939 (G.M. 1939, pg. 2873): reparto munizioni e viveri su 3 squadre cannoni da 105/28. Circ. n. 936, 27-12-1939 (G.M. 1939, pg. 2922): reparto munizioni e viveri su 3 squadre per gruppo di obici da 149/13. Circ. n. 937, 27-12-1939 (G.M. 1939, pg. 2922): batteria da 105/32. Circ. n. 939, 27-12-1939 (G.M. 1939, pg. 2923): reparto munizioni e viveri su 3 squadre cannoni da 105/32. Circ. n. 29, 17-1-1940 (G.M. 1940, pg. 49): comando di gruppo di batterie di corpo d'armata, di divisione celere, di divisione motorizzata e di batterie da 75/18 mod. 34 a traino meccanico. Circ. n. 124, 28-2-1940 (G.M. 1940, pg. 326): batteria di obici da 149/13. Circ. n. 149, 6-3-1940 (G.M. 1940, pg. 374): batteria di mortai da 210/8 D.S. Circ. n. 172, 13-3-1940 (G.M. 1940, pg. 420): batteria di cannoni da 149/35. Circ. n. 257, 24-4-1940 (G.M. 1940, pg. 696): batteria di cannoni da 105/28. Circ. n. 800, 30-10-1940 (G.M. 1940, pg. 2710): batteria di cannoni da 75/46 mod. 34 (2 8 serie di aggiunte e varianti). Circ. n. 801, 30-10-1940 (G.M. 1940, pg. 2711): comando di gruppo di batterie di cannoni da 75/46 mod. 34 (3 a serie di aggiunte e varianti). (22) Trattori e trattrici in servizio alla vigilia della seconda guerra mo,rdiale. Trattore pesante campale FiaL 26. TcaLLun: pesante i:ampale Fiat 30-30 A. Trattore leggero Fiat 31. Trattore leggero Fiat 37. Trattore Fiat O.C.I. 708 CM. Trattrice pesante Breda 32. Trattrice pesante Breda 33. Trattrice Daimler da 100 HP. Trattrice Daimler da 80 HP. (23) Ministero della Guerra. Comando del corpo di stato maggiore. Regolamento di istruzione. Roma, Istituto poligrafico dello Stato, Libreria, 1930. Comprende: Premessa. Criteri fondamentali. Parte I: Corso annuale di addestramento. Capo I Corso annuale di addestramento. Parte Il: Istruzione della truppa. Capo Il Istruzione del soldato (organizzazione dell'istruzione, istruzione della recluta, perfezionamento dell'istruzione, istruzione del richiamato). Capo Ili Istruzione degli specialisti (organizzazione dell'istruzione, istruzione degli specialisti, corsi speciali, istruzione degli specialisti richiamati). Capo IV Istruzione dei graduati di truppa (istruzione dei graduati di trl!ppa, completamento dell'istruzione, corsi speciali, istruzione dei graduati di truppa richiamati). Parte Ili: Istruzione dei sottufficiali. Capo V Istruzione dei sottufficiali (generalità, organizzazione dell'istruzione, istruzione dei sottufficiali specialisti, corsi speciali, istruzione dei sottufficiali richiamati). Parte IV: Istruzione degli ufficiali. Capo VI Istruzione dell'ufficiale in servizio permanente (generalità, istruzione tecnico-professionale, istruzione culturale). Capo VII Istruzione dell'ufficiale in congedo (istruzione dell'ufficiale di complemento di nuova nomina, completamento dell'istruzione, corsi speciali, istruzione dell'ufficiale in ausiliaria e nella riserva). Parte V: Esercitazioni. Capo VIII Generalità (organizzazione di una esercitazione, svolgimento di una esercitazione). Capo IX Esercitazioni con le truppe (generalità, organizzazione, svolgimento). Capo X Esercitazioni con i quadri. Capo XI Servizio dei giudici di campo (organizzazione, funzionamento). Allegati: n. 1: istruzioni da svolgersi dalle varie armi nel 1° ciclo; n. 2: prescrizioni convenzionali per le esercitazioni con le truppe; n. 3: progetti preventivi, consuntivi e relazioni. Il regolamento fu distribuito con circ. n. 263, 1-5-1930 (G.M.1930, pg. 895) e vi furono apportate varianti con circ. n. 377, 24-5-1934 (G.M. 1934, pg. 1392). (24) Ministero della Guerra. Comando del corpo di stato maggiore. Regolamento di istruzio,re. Roma, Istituto poligrafico dello Stato, Llbreria, 1937. La suddivisione in parti, capitoli ed allegati è del tutto eguale a quella dell'edizione 1930. Solo la materia riguardante il servizio dei giudici di campo non viene trattata perché rinviata all'apposita Istruzione sul servizio dei giudici di campo, diramata con circ. n. 655, 1-9 -1937 (G.M. 1937, pg. 2094). (25) Circ. n. 30, 13-1-1927 (G.M. 1927, pg. 84): Regolamento per la scuola di g,,erra (abroga
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quello del 1911). Circ. n. 342, 24-5-1928 (G.M. 1928, pg. 963): Regolamento per la scuola di guerra (abroga quello del 1927). Circ. n. 419, 13-8-1931 (G.M. 1931, pg. 1842): Regolamento organico per le accademie e le scuole di applicazione. Circ. n. 545, 20-10-1932 (G.M. 1932, pg. 961): idem. Circ. n . 300, 18-4-1934 (G.M. 1934, pg. 1039): Aggiunte e varianti al Regolamento organico per le accademie e le scuole di applicazione ediz. 1932. Circ. n. 647, 13-8-1934 (G.M. 1934, pg. 2913): Aggiunte e varianti al Regolamento per le scuole centrali. Circ. n. 240, 4-4-1935 (G.M. 1935, pg. 743): Regolamento per la scuola di guerra. Circ. n. 340, 9-5-1935 (G.M. 1935, pg. 1126): Regolamento di servizio interno della scuola di applicazione di sanità militare. C irc. n. 410, 20-5-1936, pg. 686): 1" serie di aggiunte e varianti al Regolamento di servizio interno della scuola di applicazione di sanità militare. Circ. n. 563, 15-7-1936 (G.M. 1936, pg. 1013): Norme di servizio interno per le accademie e le scuole di applicazione. Circ. n. 713, 30-6-1936 (G.M. 1936, pg. 1317): Regolamento interno istituto chimico farmaceutico. Circ. n. 801, 6-10-1936 (G.M. 1936, pg. 1449): Regolamento per l'istituto superiore di guerra. Circ. n. 491 , 14-7-1937 (G.M. 1937, pg. 1354): Norme per la vita delle scuole militari. Circ. n. 268, 20-4-1938 (G.M. 1938, pg. 765): Scuola di perfezionamento di commissariato militare. Circ. n. 315, 18-5-1938 (G.M. 1938, pg. 1017): Norme di servizio interno per la scuola di perfezionamento di commissariato militare. Circ. n. 316, 18-5-1938 (G.M. 1938, pg. 1018): Norme generali e programmi d'insegnamento per i corsi allievi ufiiciali di complemento. Circ. n. 386, 15-6- 1938 (G.M. 1938, pg. 1431): 1a serie di aggiunte e varianti al Regolamento per l'istituto superiore di guerra. Circ. n. 654, 14-9-1938 (G.M. 1938, pg. 2285): 1 a serie di aggiunte e varianti alle Norme per la vita delle scuole militari. Circ. n. 61, 25-1-1939, pg. 133): 2" serie di a1,2,iunte e varianti al Regolamento dell'iltitutu mperiure di guerra. Circ. n. 520, 19-7-1939 (G.M. 1939, pg. 1868): Regolamento per le scuole centrali militari. Circ. n. 549, 2-8-1939 (G.M. 1939, pg. 1917): 1a serie di aggiunte e varianti alle Norme di servizio interno per la scuola di perfezionamento di commissariato militare. Circ. n. 932 , 20-12-1939 (G.M. 1939, pg. 2897): serie di aggiunte e varianti ai Programmi per la scuola di perfezionamento di commissariato militare. Circ. n. 61, 31-10-1939 (G.M. 1940, pg. 151): Norme di servizio interno per la scuola di applicazione di fanteria. Circ. n. 114, 31-10-1939 (G.M. 1940, pg. 310): Norme di servizio interno per la R. Accademia di fanteria e cavalleria. Circ. n. 146, 31-10-1939 (G.M. 1940, pg. 373): Norme di servizio interno per la R. Accademia di artiglieria e genio. Circ. n. 292, 31-10-1939 (G.M. 1940, pg. 790): Norme di servizio interno per la scuola di applicazione di artiglieria e genio. Circ. n. 4, 27-12-1939 (G.M. 1940, pg. 6): Norme di servizio interno per la scuola di perfezionamento di commissariato militare. Circ. n . 394, 1-3-1940 (G.M. 1940, pg. 1320): 2• serie di aggiunte e varianti alle Norme per la vita delle scuole militari. Circ. n. 683, 1-6-1940 (G.M. 1940, pg. 2172): Corsi allievi ufficiali di complemento. Norme generali per l'ammissione e per lo svolJ!.imento. Programmi di insegnamento. Circ. n. 820, 6-11-1940 (G.M. 1940, pg. 2783): Norme di servizio interno per la scuola di applicazione di fanteria. Circ. n . 925, 11 -12-1940 (G.M. 1940, pg. 3269): Norme di servizio interno per la R. Accademia
za
di fanteria e cavalleria. (26) R.D. n. 1895, 27-10-1926 (circ. n. 632, G.M. 1926, pg. 2350): determinazione del numero delle scuole militari del regno. (27) R.D. n. 1920, 13-10-1927 (circ. n. 683, G.M. 1927, pg. 2181). Circ. n. 692, 27-10-1927 (G.M. 1927, pg. 2193). (28) Circ. n. 375, 6-5-1928 (G.M. 1938, pg. 1035). (29) R.D. n. 1546, 9-7- 1936 (circ. n. 702, G.M. 1936, pg. 1296). (30) R.D. 1954, 17-10-1935 (circ. n. 921, G.M. 1925, pg. 3149): Istituzione di un colle-
gio militare in Milano. (31) R.n . n . 1546, 9-7-1936 (circ. n . 702, G.M.1936, pg. 1296).
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(32) Nel 1930 con la legge n. 462, 17-4-1930 (circ. n. 290, G.M. 1930, pg. 984), alla quale fecero seguito il R.D. n. 726, 1-5-1930 (circ. n. 348, G.M. 1930, pg. 1375) e la circ. n. 439, 19-7-1930 (G.M. 1930, pg. 1383), gli istituti militari furono così stabiliti: 2 collegi militari (Napoli e Roma), 3 scuole sottufficiali (Rieti, Caserta, Nocera), 9 scuole allievi ufficiali di complemento (Moncalieri, Bra, Milano, Verona, Pola, Lucca, Spoleto, Salerno, Palermo), 2 accademie (Modena per fanteria e cavalleria, Torino per artiglieria e genio), 5 scuole di applicazione (Parma per la fanteria, Pinerolo per la cavalleria, Torino per l'artiglieria ed il genio, Firenze per la sanità), 4 scuole centrali (Civitavecchia) per fanteria, artiglieria, genio; 1 scuola di educazione fisica (Roma), 1 scuola di tiro di artiglieria (Nettuno con un distaccamento a Bracciano), 1 scuola di guerra (Torino). Nel 1934 venne costituita la «Scuola centrale dei carabinieri» (Legge n. 106, 22-1-1934 di cui alla circ. n. 106, G.M. 1034, pg. 335). Nel 1936 con R.D. n. 1546, 9-7-19.36 (circ. n. 702, G.M. 1936, pg. 1296) le scuole allievi ufficiali di complemento furono così ripartite: 4 reggimenti-scuola per la fanteria, 4 scuole e 1 gruppo scuola per l'artiglieria, 1 reggimento-scuola per il genio; le scuole sottufficiali, portate a 4, furono così ripartite: 2 reggimenti-scuola per la fanteria, 1 scuola per l' artiglieria, 1 reggimento-scuola per il genio. Accademie, scuole di applicazione, collegi militari, ecc. rimasero invariati. Il R.D. n. 1546 venne successivamente modificato dal R.D. n. 264, 1-2-1937 (circ. n. 219, G.M. 1937, pg. 575). (33) Legge n. 368, 9-5-1940 (circ. n. 320, G.M. 1940, pg. 840): ordinamento dell'esercito. (34) La legge n. 866, 8-6-1925 (circ. n. 2?9, G.M. 1925, pg. 1276) venne modificala con R.D.L. n. 2281, 15-10-1925 (circ. n. 19, G.M. 1926, pg. 53) e successivamente sostituita dalla legge n. 806, 3-3-1936 (circ. n. 392, G.M. 1936, pg. 653). Nel 1939, con circ. n . 870, 18-10-1939 (G.M. 19.39, pg. 2785), venne modificata la costituzione della segreteria alla quale fu destinato un generale di divisione o di brigata od un colonnello. (35) R.D.L. n. 68. 6-2-1927 (circ. n. 89, G.M. 1927, pg. 273): separazione della carica di capo di stato maggiore generale e di capo di stato maggiore dell'esercito e compiti del capo di stato maggiore generale. (36) Legge n. 1989, 28-12-1933 (circ. n. 129, G.M. 1934, pg. 435): alla carica di capo di stato maggiore generale può essere destinato un maresciallo d'Italia, un grande ammiraglio, un generale di armata, un generale comandante designato di armata, un ammiraglio di armata, un ammiraglio di squadra comandante designato di armata, un generale di corpo d'armata, un ammiraglio di squadra, un generale di squadra aerea. (.37) Legge n. 1550, 18-10-1940 (circ. n. 886, G.M. 1940, pg. 3218): istituzione della carica di sottocapo di stato maggiore generale e di un generale addetto allo stato maggiore generale. (38) R .D .L. n. 69, 6-2-1927 (circ. n. 90, G.M. 1927, pg. 277). (39) R.D.L. n. 70, 6-2-1927 (circ. n. 91, G.M. 1927, pg. 289): ordinamento e ripartizione in uffici del comando del corpo di stato maggiore. R.D.L. 18-7- 1930 (circ. n. 531, G.M. 1930, pg. 1764): tabelle graduali e numeriche del corpo di stato maggiore: 34 colonnelli, 170 tenenti colonnelli o maggiori, 146 capitani (totale 350), cosl distribuiti: comando del corpo: 7 colonnelli, 41 tenenti colonnelli o maggiori, 36 capitani; comandi designati di armata: 4 colonnelli, 4 capitani; comandi di corpo d'armata e comando della Sicilia: 12 colonnelli, 12 tenenti colonnelli, 36 maggiori o capitani; comandi di divisione e comando della Sardegna: 32 tenenti colonnelli, 32 maggiori, 53 capitani; scuole: 4 colonnelli, 22 tenenti colonnelli o maggiori: delegazioni trasporti: 6 tenenti colonnelli; ministero della marina: 4 tenenti colonnelli o maggiori; ministero dell'aeronautica: 2 tenenti colonnelli o maggiori; addetti militari, ufficio del capo di stato maggiore generale, segreteria d ella commissione suprema di difesa, incarichi vari: 7 colonnelli, 16 tenenti colonnelli, 8 maggiori, 9 capilani. R.D.L. 11.
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Fll.IPPO STEFANI
160, 20-11-1933 (circ. n. 689, G.M. 1933, pg. 2511): ordinamento del comando del corpo di stato maggiore. R.D.L. n. 1404, 19-10-1933 (circ. n. 607, G.M. 1933, pg. 2237): la denominazione di comandante in 2• del corpo di stato maggiore è cambiata in quella di «sottocapo di stato maggiore dell'esercito». R.D.L. n. 1723, 11-10-1934 (circ. n. 867, G.M. 1934, pg. 3765): corpo di stato maggiore: 35 colonnelli, 173 tenenti colonnelli o maggiori, 147 capitani, totale 315. (40) R.D.L. n. 1419, 11-7-1935 (circ. n. 633, G.M. 1935, pg. 225): costituzione del corpo di stato maggiore distinto dal servizio di stato maggiore. (41) Legge n . 2038, 22-12-1939 (circ. n. 34, G.M. 1940, pg. 76): aggiornamento del R.D.L. n. 1419. 11-7-1935. (42) R.D.L. n. 1609, 20-11-1933 (circ. n. 689, G.M. 1933, pg. 2511): ordinamento del comando del corpo di stato maggiore. Legge n. 930, 30-5-1935 (circ. n. 474 , G.M. 1935, pg. 1645): istituzione della carica di sottocapo di stato maggiore per la difesa territoriale. R.D.L. n. 237, 21-12-1936 (circ. n. 103, G.M. 1936, pg. 282): ordinamento del comando del corpo di stato maggiore (capo di stato maggiore, sottocapo di stato maggiore intendente, sottocapo di stato maggiore per la difesa territoriale, 3 reparti ciascuno retto da un generale, 1 generale addetto). Legge n. 412, 10-11-1937 (circ. n.' 275, G.M. 1937, pg. 750): conversione in legge R.D.L. n. 1779, 14-8-1936: nuovo ordinamento dello stato maggiore dell' esercito. R.D.L. n. 1883, 21-10-1937 (circ. n. 864, G.M. 1937, pg. 2615): nuovo ordinamento del comando del corpo di stato maggiore (1 capo, 1 sottocapo, 1 intendente, 1 sottocapo per le operazioni, 2 anziché 3 reparti, 1 generale addetto). Legge n. 2381, 23-12-1937 (circ. n. 155, G.M. 1938, pg. 373): conversione in legge del R.D.L. n. 1883, 21-10-1937. R.D.L. n. 699, 25-4-1938 (circ. n. 392, G.M. 1938, pg. 1474): norme esecutive e integrative sul nuovo ordinamento dello stato maggiore dell'esercito. (43) Legge n. 2038, 22-12-1939 (circ. n. 34, G.M. 1940, pgg. 76-78): aggiornamento del R.D .L. n. 1419, 11-6-1935. Legge n. 457, 18-4 1940 (circ. n. 450, G.M. 1940, pg. 1500): nuova tabella graduale e numerica degli ufficiali del corpo di stato maggiore. (44) Legge n. 1010, 14-6-1940 (circ. n. 619, G.M. 1940, pg. 2017): aggiornamento delle vigenti disposizioni sull'ordinamento del comando del corpo di stato maggiore. La carica di capo di stato maggiore può essere ricoperta da un maresciallo d'Italia, un generale di armata, un generale comandante designato d'armata, un generale di corpo d'armata, un generale di divisione. I sottocapi di stato maggiore sono 2, di cui 1 sottocapo di stato maggiore per la difesa del territorio. I reparti sono 2 e sono retti da generali. Il capo di stato maggiore ed il sottocapo di stato maggiore per la difesa del territorio sono coadiuvati rispettivamente da 1 generale addetto. (45) Rodolfo Graziani (1882-1955), maresciallo d'Italia. Sottotenente di complemento nell' arma di fanteria dal 28 febbraio 1904, poi sottotenente in servizio permanente effettivo dal novembre 1905. Dall'ottobre 1908 al gennaio 1909 prestò servizio nel regio corpo truppe coloniali dell'Eritrea. Dal maggio del 1915 prestò servizio presso il 131° fanteria interritorio dichiarato in stato di guerra. Nel dicembre dello stesso anno fu promosso maggiore per meriti di guerra. Nel giugno del 1918 fu incaricato del comando del 241 ° fanteria. Nel 1919 comandò il 61 ° fanteria in Macedonia. Nell'ottobre del 1921 partl per la Tripolitania, dove fu promosso generale per meriti di guerra. Da generale di divisione comandò il regio corpo truppe coloniali della Tripolitania; fu poi vice-governatore della Cirenaica e comandante delle truppe. Nel 1934 comandò il corpo d'armata di Udine. Nel marzo del 1935 fu governatore della Somalia e comandante delle truppe. Il 9 marzo 1936 fu promosso maresciallo d'Italia. Nominato viceré d 'Etiopia, cessò dalla carica il 21 dicembre 1937. Il 3 novembre 1939 fu nominato capo di stato maggiore dell'esercito, e il 30 giugno 1940, conservando tale carica, fu nominato comandante superiore delle Forze Armate in Africa Scttcn-
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trionale e governatore generale della Libia. ll 24 marzo 1941 cessò da tutte le cariche. Alla proclamazione dell'armistizio dell'8 settembre si schierò con Mussolinj e assunse, il 23 settembre 1943, il Ministero della Difesa della Repubblica Sociale Italiana. Dall'agosto 1944 tenne anche il comando di un'armata mista italo-tedesca, schlerata lungo le Alpi e l' Appennino, dal Piccolo San Bernardo alla Garfagnana. Denunciato al tribunale militare per il reato di «aiuto al nemico», fu condannato alla pena di 19 anni di reclusione dei quali 13 e 8 mesi condonati. Fu cancellato dai ruoli ufficiali con la perdita del grado. (46) Ubaldo Soddu (1883-1949), generale d'armata. Sottotenente di fanteria nel 1904, combatté in Libia. Durante la prima guerra mondiale continuò a restare in Libia, prima presso il 16° e 38° fanteria, poi come intendente e capo di stato maggiore del governo della Cirenaica. Nel giugno del 1918 fu destinato in Francia col contingente delle truppe italiane. Nel dopoguerra prestò servizio presso il Comando Supremo. Compiuto il corso della scuola di guerra, classificandosi primo su settantuno allievi, e promosso colonnello, nel 1927 fu insegnante titolare presso la scuola stessa, e successivamente comandò 1'89° fanteria. Comandante della scuola centrale di fanteria nel settembre 1933, nel gennaio 1934 fu chiamato alla carica di capo di gabinetto del ministro, carica che tenne fino all'aprile del 1936, quando assunse il comando della divisione Granatieri di Sardegna. Sottocapo di stato maggiore per le operazioni, successivamente, dall'ottobre 1939, fu nominato sottosegretario di stato per la guerra. Dal 30 novembre 1940 al 30 dicembre dello stesso anno fu comandante superiore delle forze armate in Albania, incarico nel quale venne sostituito dal generale Cavallero. (47) R .D .L. n. 69, 6-2-1927 (circ. n. 90, G.M. 1927, pg. 277). (48) Circ. n. 112, 17-2-1927 (G.M. 1927, pg. 333): ispettore bersaglieri. Circ. n. 113, 17-2-1927 (G.M. 1927, pg. 335): ispettore truppe alpine. Circ. n. 114, 17-2-1927 (G.M. 1927, pg. 337): ispettore cavalleria. Circ. n. 115, 17-2-1927 (G.M. 1927, pg. 339): ispettore artiglieria. Circ. n. 116, 17-2-1927 (G.M. 1927, pg. 341): ispettore del genio. Circ. n. 117, 17-2-1927 (G.M. 1927, pg. 344): ispettore tecnico automobilistico. Dipendenze e attribuzioni degli ispettori vennero nuovamente riesaminate e definite nel 1932 (circ. n. 554, 19-5-1932, G.M. 1932, pg. 1045). (49) R.D.L. n. 1229, 28-5-1928 (circ. n. 339, G.M. 1928, pg. 1245): costituzione dell'ispettorato delle truppe celeri (1 generale di corpo d'armata, 1 generale di brigata di artiglieria, 1 generale di brigata del genio, 2 colonnelli medici, 1 colonnello commissario). Circ. n. 400, 31-5-1928 (G.M. 1928, pg. 1248): dipendenze e attribuzioni dell'ispettore delle truppe celeri. Circ. n 493, 12-7-1928 (G.M. 1928, pg. 1552): tabelle graduali e numeriche di formazione di pace dell'ispettorato delle truppe celeri. R.D. n. 764, 2-6-1930 (circ. n. 384, G.M. 1930, pg. 1250): dipendenze e attribuzioni dell'ispettore delle truppe celeri: comandi delle divisioni celeri, scuola di applicazione di cavalleria, reggimenti bersaglieri e di cavalleria non indivisionati. (50) R.D.L. n. 1273, 21-9-1933 (circ. n. 571, G.M. 1933, pg. 2091): istituzione dell'ispettorato della fanteria. Legge n. 1895, 28-12-1933 (circ. n. 66, G.M. 1934, pg. 239): conversione in legge del R.D.L. n. 1273. Vennero nuovamente definite le attribuzioni: consulenza del ministro e del capo di stato maggiore dell'esercito; presentazione d'iniziativa di proposte riguardanti l'arma e le specialità; pareri su: ordinamento delle unità, impiego, armamento, equipaggiamento; proposte di direttive addestrative; collaborazione alla regolamentazione; proposte e pareri sui materiali di ogni genere; sovrintendenza alle esperienze. Circ. n. 635, 23-11-1933 (G.M. 1933, pg. 2319) attribuzioni particolari dell'ispettore del genio. (51) R.D.L. n. 69, 6-2-1927 (circ. n. 90, G.M. 1927, pg. 277). (52) R.D.L. n. 2343, 9-12-1935 (circ. n. 58, G.M. 1936, pg. 97): attribuzioni dei generali Jesiguati J.i armata.
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FILIPPO STEFANI
(53) Circ. n. 51, 20-1-1927 (G.M. 1927, pg. 119): varianti alle tabelle delle attribuzioni della direzione generale personali civili e affari generali e dell'ispettorato generale amministrativo. (54) R.D.L. n. 327, 23-2-1928 (circ. n. 167, G.M. 1928, pg. 443): approvazione del testo unico delle leggi sull'ordinamento dell'amministrazione centrale della guerra e dei personali· civili dipendenti. Articolazione del ministero: Gabinetto. Ufficio coordinamento. Ufficio dei generali. Direzione generale personali civili e affari generali. Direzione generale personale ufficiali. Direzione generale leva, sottufficiali e truppa. Direzione generale artiglieria e automobilismo. Direzione generale del genio. Direzione generale servizi logistici. Direzione di sanità. Ispettorato generale amministrativo. Direzione del centro chimico militare. Servizio ippico e veterinario. Divisione educazione fisica, istruzione premilitare e scuole militari. Organico personale civile: 2 direttori generali, 6 ispettori generali, 17 direttori capi divisione, 1 ispettore superiore, 30 capi sezione, 35 consiglieri, 59 segretari, 61 segretari e vicesegretari. Organico personale militare: 5 direttori generali, 12 direttori capi divisione, 26 capi sezione e consiglieri. Organico personale civile subalterno: 2 primi commessi, 50 commessi e uscieri capi, 52 uscieri, 25 inservienti, 2 legatori di libri, 1 commesso di magazzino, 2 agenti di magazzino. Personale della giustizia militare: 1 avvocato generale militare, 2 sostituti avvocati generali, 13 avvocali militari, 18 vice-avvocati militari e giudici relatori di 1 • classe, 19 viceavvocati militari e giudici relatori di 2• classe, 15 sostituti avvocati militari e giudici istruttori di l • classe, 10 sostituti avvocati militari e giudici istruttori di 2• classe, 10 avvocati e giudici islrultori di 3• classe, 1 cancelliere capo, 13 cancellieri capi di tribunale, 14 cancellieri di 1 • classe, 58 cancellieri di 2• e 3' classe. Totale magistrati: 88. Totale cancellieri: 86. Personale istituto geografico militare: 6 gruppo A (1 geodeta, 1 ingegnere geografo superiore, 1 ingegnere geografo principale, 2 ingegneri geografi, 1 ingegnere geografo aggiunto), 103 gruppo B (71 topografi, 32 disegnatori). Personale tecnico: 26 gruppo A (10 specialisti tecnici per artiglieria, 10 per servizio chimico, 6 per genio e commissariato); 35 gruppo B (maestri civili di scherma e di educazione fisica): 487 gruppo B (154 ragionieri geometri del genio, 159 ragionieri di artiglieria, 100 capi tecnici di artiglieria e del genio, 94 disegnatori tecnici artiglieria e genio); 130 assistenti del genio; 7 gruppo C: personale tecnico civile dei depositi allevamento cavalli. Personale d'ordine: 2015 gruppo C (capi archivisti, primi archivisti, archivisti, applicati); 402 gruppo C (ufficiali d'ordine dei magazzini militari: ufficiali d'ordine capi, principali, primi ufficiali); 1 capo tipografo tecnico del comando del corpo di stato maggiore. (55) R.D., 7-11-1929 (circ. n. 716, G.M. 1929, pg. 2769): varianti alla ripartizione e cessazione della divisione educazione fisica istruzione premilitare e scuole militari . Circ. n. 669, 21-11-1929 (G.M. 1929, pg. 2699): varianti alla scompartizione dell'amministrazione centrale della guerra. D.M. 15-7-1933 (G.M. 1933, pg. 1455): soppressione della divisione pensioni e costituzione del servizio pensioni presso la direzione generale personali civili e affari generali. R.D., 12-10-1933 (circ. n. 673, G.M. 1933; pg. 2097): scioglimento dell'uffi. cio coordinamento ed istituzione della Segreteria militare. R.D .L. n. 1635, 28-9-1934 (circ. n. 833, G.M. 1934, pg. 3575): decentramento e avviamento alla sistemazione dei servizi dell'amministrazione centrale della guerra. Legge n. 2222, 22-12-1934 (circ. n. 80, G.M. 1935, pg. 215): conversione in legge R.D.L. n. 1635 , 28-9-1934. R.D .L. n. 648, 18-4-1935 (circ. n. 390, G.M. 1935, pg. 1329): conferimento della autonomia amministrativa ad alcuni organi dell'amminsitrazione centrale. Legge n. 244, 21-1-1936 (circ. n. 167, G.M. 19.36, pg. 279): conversione in legge del R.D.L. n. 648, i8-5-1935. Circ. n. 211, 18-3-1936 (G.M. 19.36, pg. 353): attribuzioni della divisione scuole militari. D.M. 18-4-1936 (circ. n. 337, G.M. 1936, pg. 597): modifiche alla scompartimentazione dell'amministrazione centrale della guerra. Circ. n. 83, 1-1-1937 (G.M. 1937, pg. 242): modifiche allo scompartimento dell'amministrazione centrale della guerra.
CAP. XXIV • L'ORGANIZZAZIONE MJLITARE DAL
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(56) R.D. n. 985, 27-4-1931 (circ. n. 466, G.M. 1931, pg. 1935): revisione dei ruoli organici dei dipendenti civili dell'amministrazione della guerra: 171 gruppo A (2 direttori generali, 5 ispettori generali, 14 direttori capi divisione, 20 capi sezione, 32 consiglieri, 40 primi segretari, 58 segretari e vice-segretari). Il personale militare consta di: 5 direttori generali, 1 ispettore generale, 15 direttori capi divisione, 10 capi sezione, 26 consiglieri, 15 primi segretari, totale 62; personale subalterno: 124 (2 primi commessi, 18 commessi e uscieri capi, 49 uscieri, 21 inservienti, 2 legatori di libri, 1 commesso di magazzino, 1 agente di magazzino). Commissari di leva: 152. Maestri civili di scherma e di educazione fisica: 23. Istituto geografico militare: 16 topografi capi, 21 primi topografi, 26 topografi e topografi aggiunti. Personale d'ordine (da sostituire nel tempo con sottufficiali a servizio sedentario): ufficiali d'ordine dei magazzini militari 386 (capi, principali, primi ufficiali, ufficiali). R.D.L. n. 1635, 28-9-1934 (circ. n. 833, G.M. 1934, pg. 3575): capi divisione da 14 a 19, capi sezione da 20 a 28, consiglieri da 32 a 34, primi segretari da 40 a 46. R.D.L. n. 1699, 28-9-1934 (circ. n. 863, G.M. 1934, pg. 3749): aumento organico del personale subalterno: primi commessi da 2 a 4, commessi e uscieri capo da 48 a 60, uscieri da 61 a 71, inservienti da 21 a 35. D.M. 22-12-1934 (circ. n. 1012, G.M. 1934, pg. 4157): scompartimento dell'amministrazione centrale della guerra in 4 rami di servizio, divisioni, sezioni ed uffici e relative attribuzioni: Gabinetto; compagnia autonoma carabinieri; ufficio pubblicazioni militari. Direzione generale personale ufficiale (3 divisioni civili, 3 divisioni militari, 9 sezioni civili, 10 sezioni militari). Direzione generale personali civili e affari generali (4 divisioni civili, 10 sezioni civili, 1 sezione militare). Direzione generale artiglieria (1 divisione civile, 2 divisioni militari 3 sezioni civili, 4 sezioni militari) . Direzione generale del genio (1 divisione civile, 2 divisioni militari, 6 sezioni civili, 4 sezioni militari). Direzione generale servizi logistici (3 divisioni civili, 4 sezioni civili, 2 sezioni militari). Direzione generale di sanità militare (1 divisione civile, 2 divisioni militari, 1 sezione civile, 7 sezioni militari). Direzione generale dei servizi amministrativi (4 divisioni civili, 11 sezioni civili, 1 sezione militare). Divisione del servizio chimico militare (2 divisioni militari, 7 sezioni militari). Ispettorato generale leva sottufficiali e truppa (2 divisioni civili, 2 divisioni militari, 7 sezioni civili, 3 sezioni militari). Ispettorato del materiale automobilistico (2 divisioni militari, 2 sezioni civili, 4 sezioni militari). Servizio ippico e veterinario (1 sezione civile, 1 sezione militare). Circ. n. 1, 3-12-1934 (G.M. 1935 , pg. 5): lievi modifiche di carattere interno all'ordinamento del 22- 12-1934. Legge n. 2226, 27-12-1934 (circ. n. 81, G.M. 1935, pg. 217): conversione in legge R.D.L. n. 1699, 24-9-1934. R.D.L. n. 2447, 9-12-1935 (circ. n. 91, G.M. 1936, pg. 14): modifiche dell'ordinamento della giustizia penale militare. Legge n. 1243, 28-5-1936 (circ. n. 501, G.M. 1936, pg. 1003): conversione in legge del R.D.L. n. 2447, 9-12-1935. R.D.L. n. 395, 1-2-1937 (circ. n. 271, G.M. 1937, pg. 742): modifica dell'organico dei cancellieri giudiziari militari. Legge n. 776, 17-V-1938 (circ. n. 436, G.M. 1938, pg. 1680): conversione e modifica del R.D.L. n. 395, 1-11-1937. R.D.L. n. 531, 21-IU-1938 (circ. n. 341, G.M. 1938, pg. 1240): aumento del ruolo dei ragionieri di artiglieria (30 in più). D.M. 25-Vl-1938 (circ. n. 419, G.M. 1938, pg. 1511): creazione della direzione generale per gli ufficiali in congedo (2 divisioni civili, 3 divisioni militari, 7 sezioni civili, 8 sezioni militari) e riduzione della direzione generale per gli ufficiali in servizio irmanente a 2 divisioni civili, 2 divisioni militari , 6 sezioni civili, 7 sezioni militari. R.D.L. n. 1301, 7-VIIl-1938 (circ. n. 621, G .M. 1938, pg. 2230): revisione di alcuni ruoli organici del personale civile dell'amministrazione centrale della guerra: 6 posti gruppo A (1 direttore capo divisione, 3 capi sezione, 2 segretari e vice segretari), 18 posti nei ruoli della giustizia militare (6 avvocati militari, 4 sostituti avvocati o giudici istruttori di 1 • classe, 4 di 2° classe, e 4 di 3" classe), 3 nel ruolo di cancellieri della giustizia militare (2 cancellieri capi, 1 cancelliere di 1• classe), 4 posti gruppo A dell'istituto geografico militare (1 ingegnere geografo capo, 1 ingegnere geografo principale, 1 ingegnere geografo, 1 ingegnere geografo aggiunto); 10 posti gruppo B dell'istituto geografico militare (1 capo cartografo principale, 4 capi cartografi, 5 cartografi e cartografi aggiunti); 81 posti gruppo B (33 ragiorueri-geometri del genio, 13 ragionieri di artiglieria, 6 capi tecnici artiglieria e genio, 10 disegnatori tecnici d 'artiglieria genio, 19 assistenti del genio). Legge n. 2146, 22-Xll-1938 (circ. n. 130, G.M. 1939, pg. 354): conversione in legge del R.D.L. n. 531, 21-lll-1938. Legge n. 2234, 22-Xll-1938 (circ. n. 270,
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FILIPPO STEFANI
G.M. 1939, pg. 894): conversione in legge R.D.L. n. 1301, 7-VIII-1938. R .D . n. 1851, 20-XI-1939 (circ. n. 53, G.M. 1940, pg. 140): istituzione nd ruolo amministrativo di un terzo posto di direttore generale civile per la G .l.L. e adeguamento dd ruolo al numero dei corpi d'armata esistenti; aumento di 4 capi sezione e di 4 vice segretari. R.D. n. 978, 2-V-1940 (circ. n . 613, G.M. 1940 pg. 2008): aumento di ruoli organici dei capi tecnici e dei disegnatori tecnici di artiglieria e del genio rispettivamente di 131 e 132 posti. R.D. n . 979, 6-VI-1940 (circ. n . 616, G.M. 1940, pg. 2011): aumento di 193 posti nell'organico del personale subalterno. R.D. n. 980, 6-Vl-1940 (circ. n . 617, G .M. 1940, pg. 2013): aumento dei ruoli del personale tecnico civile del genio e dd commissariato ( + 7 ingegneri elettronici, dettrici, del commissariato). R.D. n. 1663, 6-XII-1940 (circ. n . 960, G.M. 1940, pg. 3329): riordino di alcuni ruoli organici del personale civile dell'amministrazione della guerra (funzionari civili 304, militari 78; specialisti tecnici chimici 28; capi tecnici chimici 39; ragionieri-geometri 350; ragionieri di artiglieria 400; capi tecnici artiglieria e genio 275; disegnatori tecnici artiglieria e genio 157; assistenti dd genio 275). Circ. n . 758 1-X-1940 (G.M. 1940, pg. 2502): modifiche alla composizione della tipografia. (57) Legge n . 1039, 6-VII-1940 (circ. n. 646, G.M. 1940, pg. 2075): riordinamento dei servizi dell'amministrazione centrale della guerra. L'ispettorato del materiale automobilistico si trasforma in «Direzione generale della motorizzazione»; l'ispettorato leva, sottufficiali e truppa si trasforma in «Direzione generale leva, sottufficiali e truppa»; viene abolita la «segreteria particolare del sottosegretario di Stato»; il servizio ippico e veterinario assume il ruolo di «Ispettorato del servizio ippico e: vc:lc:rinario»; viene creata la «Direzione superiore del servizio tecnico e del corpo automobilistico». ln sintesi: direzione generale ufficiali in servizio permanente; direzione generale ufficiali in congedo; direzione generale personali civili e affari generali; direzione generale leva, sottufficiali e truppa; direzione generale artiglieria; direzione generale genio; direzione generale servizi logistici; direzione generale sanità; direzione generale servizi amministrativi; direzione generale motorizzazione; direzione superiore del S.T .A.M.; direzione superiore del S.E.E.; direzione superiore del servizio tecnico e del corpo automobilistico; direzione dd servizio chimico; ispettorato del servizio ippico e veterinario; servizio informazioni militari; ufficio di amministrazione di personali militari vari; quartier generale; compagnia carabinieri; ufficio pubblicazioni; sezione ragioneria del ministero del tesoro. (58) R.D.L. n. 370, 4-Il-1926 (circ. n. 174, G.M . 1926, pg. 2501): norme per l'ordinamento, il funzionamento e l'amministrazione del servizio chimico militare. (59) R.D.L. n. 2121, 16-XII-1926 {circ. n. 15, G.M. 1927, pg. 28): disposizioni riguardanti il servizio tecnico di artiglieria. R .D .L. n. 1314, 19-VII-1927 (circ. n. 482, G.M. 1927, pg. 1516): determinazione del numero degli stabilimenti e dei centri tecnici di artiglieria (3 arsenali, 3 fabbriche d'armi, 1 stabilimento pirotecnico, 1 spolettificio, 2 polverifici , 1 sezione di polverificio, 1 laboratorio di precisione, 1 centro tecnico, 2 centri esperienze, 1 ufficio tavole di tiro). Legge n . 2781, 22-XI-1928 (circ. n . 840, G.M. 1928, pg. 2884): conversione in legge R.D. 2121, 16-XII-1926. Legge n . 462, 17-V-1930 (circ. n. 290, G.M. 1930, pg. 984): ordinamento del servizio tecnico (1 direzione superiore, centri di esperienza, ufficio centrale di tiro, stabilimenti e centri di artiglieria). R.D . n. 1099, 5-VIII-1932 (circ. n . 484, G.M. 1932, pg. 1783): modifiche del numero dei centri e degli stabilimenti dd servizio tecnico. Legge n. 952, 4-Vl-1934 (circ. n . 491 , G.M. 1934, pg. 2033): varianti: «Servizio delle armi e delle munizioni,. - S.T.A.M. - già servizio tecnico dell'artiglieria. Circ. n. 322, 12-Vl-1933 (G.M. 1933 pg. 1191): varianti alle norme esecutive per l'applicazione del R.D .L. n. 2121, 16-XIl-1926. (60) Legge n. 458, 17-IV-1930 (circ. n. 363, G.M . 1930, pg. 1136): istituzione del servizio tecnico automobilistico e sua organizzazione e funzionamento (Ispettorato del materiale automobilistico e 13 centri di istn,zinne). Il servizio comprende: 1 tenente o maggiore gene-
CAP. XXIV • L'ORGANIZZAZIONE MILITARE DAL 1926 AL 1940
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rale, 16 colonnelli o tenenti colonnelli, 47 tenenti colonnelli o maggiori, 95 capitani, 60 subalterni (219 ufficiali in tutto). Circ. n. 364, 9-Vl-1930 (G.M. 1930, pg. 1143): norme esecutive per la prima applicazione della legge n. 458, 17-IV-1930. Circ. n. 365, 9-V-1930 (G.M. 1930, pg. 1156): costitU2ione e attribuzioni dell'ispettorato del materiale automobilistico. Circ. n. 283, 22-V-1931 (G.M. 1931, pg. 1171): varianti alla costitU2ione ed alle attribuzioni dell'ispettorato del materiale automobilistico (creazione degli uffici srudi ed esperienze). R.D.L. n. 778, 16-IV-1934 (G.M. 1934, pg. 1419): varianti alla legge n. 458, 17-IV-1930 (tenente o maggiore generale ispettore, 1 colonnello addetto, 1 colonnello direttore capo divisione, 1 colonnello o tenente colonnello direttore o capo divisione, 33 tenenti colonnelli, maggiori capitani e tenenti vice-direttori, capi sezione, addetti, in totale 38). Legge n. 458, 4-Vl-1934 (circ. n. 490, G.M. 1934, pg. 2031): conversione in legge del R.D.L. n. 778, 16-IV-1934. R.D.L. n. 1717, 5-IX-1935 (circ. n. 806, G.M. 1935, pg. 2857): determinazione degli stabilimenti automobilistici del R.E. (1 officina, 1 sezione staccata dell'officina, 1 ufficio autonomo degli stabilimenti automobilistici). Circ. n. 870, 13-XI-1935 (G.M. 1935, pg. 806): attribuzioni degli stabilimenti automobilistici di cui al R.D.L. n. 1797, 5-IX-1935. (61) R.D.L. n. 2122, 23-XIl-1926 (circ. n. 16, G.M. 1927, pg. 37): istitU2ione di un servizio specialisti del genio. R.D.L. n. 1433, 23-Vll-1927 (circ. n. 526, G.M. 1927, pg. 1727): determinazione dei centri del genio e loro sedi (1 centro studi specialità zappatori radiotelegrafisti a Roma, 1 centro ferrovieri a Torino, 1 centro aerostieri a Roma). Legge n. 2781, 22-XI-1928 (circ. n. 840, G.M. 1928, pg. 2884): conversione in legge del R.D.L. n. 2122, 23-XIl-1926. R.D. n. 697, 5-lV-1?34 (circ. n. 328, G.M. 193'1, pg. 1101). (62) R.D.L. n. 2111, 16-Xll- 1926 (circ. n. 707, G.M. 1926, pg. 2582): circoscrizione militare del regno. R.D.L. n. 2381, l 7-Xl-1927 (circ. n. 3, G.M. 1928, pg. 35): nuova circoscrizione militare del regno. R.D.L. n. 1539, 5-VIII-1927 (circ. n. 553, G.M. 1927, pg. 1833): varianti alla legge dell'ordinamento n. 396, 11-lll-1926. (63) Circ. n. 809, 22-XIl-1927 (G.M. 1927, pg. 2546): costituzione del comando del corpo d 'armata di Udine. Circ. n. 584, 15-IX-1927 (G.M. 1927, pg. 1912): idem. R.D. n. 2279, 30-XII-1929 (circ. n. 55, G.M. 1930, pg. 180): nuova circoscrizione territoriale del regno: I Torino su 2 divisioni (1 • a Torino 2" a Novara); li Alessandria su 3 divisioni (3• Alessandria, 4' Cuneo, 5' Genova); III Milano su 3 divisioni (6' Milano, 7" Brescia, 8" Piacenza); IV Verona su 3 divisioni (9• Verona, 10" Padova, 11 • Bolzano); V Trieste su 2 divisioni (12• Trieste, 15" Pola); VI Bologna su 3 divisioni (16" Bologna, 17' Ravenna, 18• Ancona); Vll Firenze su 2 divisioni (19" Firenze, 20• Livorno); VIII Roma su 2 divisioni (2 l • Roma, 22• Perugia); IX Bari su 2 divisioni (23" Bari, 24" Chieti); X Napoli su 3 divisioni (25" Napoli, 26" Salerno, 27' Catanzaro); XI Udine su 2 divisioni (13" Udine, 14" Gorizia); comando militare della Sicilia su 2 divisioni (28' Palermo, 29• Messina); comando militare della Sardegna. (64) Legge n. 930, 30-V-1935 (circ."n. 474, G.M. 1935, pg. 1645): ripartizione del territorio dello Stato in zone militari (28 zone, 5 ispettorati di zone, sottocapo di stato maggiore per la difesa del territorio). Circ. n. 566, 27-VI-1935, (G.M. 1935, pg. 1925): «Ripartizione in zone distrettuali del territorio di ciascun distretto militare». Legge n. 930, 30-V-1935 (circ. n. 474, G.M. 1935, pg. 1645): ripartizione dello Stato in zone militari. R.D.L. n. 1046, 10-V-1937 (circ. n. 510, G.M. 1937, pg. 1455): aggiornamento delle disposizioni vigenti sulla ripartizione del territorio dello Stato in zone militari. (65) Legge n. 462, 17-lV-1930 (circ. n. 290, G.M. 1930, pg. 984): istituzione di 30 ispettorati di mobilitazione. Circ. n. 517, 7-X-1931 (G.M. 1931, pg. 2195): ripartizione in zone militari del territorio di ciascun distretto. Circ. n. 631, 9-X-1933 (G.M. 1933, pg. 2309): dipendenze e attribuzioni degli ispettorati di mobilitazione (incarico attribuito ad un generale di brigata che fa parte integrante del comando della divisione da cui il comandante dipende a tutti gli effetti). Circ. n. 722, 28-XII-1933 (G.M. 1933, pg. 2641): attrih117.ioni del-
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FILIPPO STEFANI
l'ispettore di mobilitazione (studia e dirige la preparazione alla mobilitazione assicurandosi con l'azione diretta che gli enti interessati provvedano ad attuarla). Circ. n. 850, 30-X-1934 (G.M. 1934, pg. 3605): ripartizione in zone militari dei territori di ciascun distretto. Circ. n. 899, 22-Xl-1934 (G.M. 1934, pg. 3849): attribuzioni dell'ispettore di mobilitazione. Circ. n . 566, 24-VU-1935 (G.M. 1935, pg. 1925): cambio di denominazione delle zone militari dei distretti in «zone distrettuali». (66) Legge n. 480, 17-IV-1940 (circ. n. 435, G.M. 1930, pg. 1358): istituzione del ruolo degli ufficiali anziani delle armi combattenti: ruolo «M». Circ. n. 436, 19-VIl-1930 (G.M. 1930, pg. 1366): norme esecutive per l'applicazione della legge n. 480, 17-IV-1930. Circ. n . 437, 5-Vl-1930 (G.M. 1930, pg. 1373): tabelle graduali e numeriche del ruolo «M» (fanteria: 680 tenenti colonnelli, 824 maggiori; cavalleria: 58 tenenti colonnelli, 70 maggiori; artiglieria: 370 tenenti colonnelli , 446 maggiori; genio: 113 tenenti colonnello, 135 maggiori). (67) Legge n. 1626, 20-Xll-1932 (circ. n. 15, G.M. 1933, pg. 47): provvedimenti per i quadri del R. esercito. R.D.L. n . 26, 23-1-1933 (circ. n . 17, G .M.1933, pg. 75): tabelle graduali e numeriche degli ufficiali di ciascun' arma del ruolo «M» di cui al capo lll, a.r t. 20, della legge n . 1626, 20-Xll-1932, fra vari enti. R.D . 5-V-1933 (circ. n. 18 G.M. 1933, pg. 77): tabelle graduali e numeriche degli ufficiali di ciascun'arma del ruolo capitani consegnatari di cui al capo IV, art. 43, della legge n. 1626, 20-Xll-1932. Legge n. 296, 30-lll-1933 (circ. n. 235, G.M. 1933, pg. 9 17): conversione in legge del R.D .L. n. 26, 2 3-1-1933. (68) R.D .L. n. 1723, 11-X-1934 (circ. n. 867, G.M. 1934, pg. 3765). (69) R.D .L. n . 122, 26-1-1931 (circ. n . 115, G.M. 1931 , pg. 355): nuova organizzazione della giustizia militare. I tribunali militari ebbero giurisdizione sui militari dell'esercito e dell'aeronautica, i tribunali militari marittimi sui militari della marina. Legge n . 919, 18-Vl-1931 (circ. n. 397, G.M. 1931, pg. 1775): conversione in legge con modifiche del R.D.L. n . 122, 26-1-1931. R.D.L. n. 1310, 14-Vl-1931 (circ. n. 573, G.M. 1931, pg. 2527): norme esecutive circa il nuovo ordinamento della giustizia militare. R.D.L. n. 2397, 28-Xl-1935 (circ. n. 81, G.M. 1936, pg. 119): istituzione di un corpo ufficiali in congedo della giustizia militare. R.D. n . 1826, 8-Vll-1937 (circ. n. 81, G .M. 1937, pg. 2565): approvazione del regolamento per l'esecuzione del R.D .L. n. 2397, 28-Xl-1935. Circ. n. 701, 18-VllI-1937 (G.M. 1937, pg. 2254): numero dei magistrati e dei cancellieri dei tribunali militari. (70) Circ. n. 111 , 16-XI-1939. G.M. 1940, pg. 285. (71) R.D .L. n. 93, 18-11-1930 (circ. n. 149, G.M. 1930, pg. 462): istituzione e ordinamento della milizia per la difesa aerea territoriale. Circ. n. 150, 5-III-1930 (G.M . 1930, pg. 466): norme esecutive per l'applicazione del R.D.L. n. 93, 18-ll-1930. Legge n. 314, 3-IV-1930 (circ. n. 238, G.M. 1930, pg. 820): conversione in legge R.D.L. n. 93 , 18-11-1930. (72) R.D.L. n. 181, 21-1-1935 (circ. n . 189, G.M. 1935, pg. 637): variazioni all'ordinamento della milizia contraerei e istituzione della milizia per la difesa costiera. Circ. n. 228, 4-IV-1935 (G.M. 1935, pg. 727): norme esecutive per l'applicazione del R .D .L. n . 181 , 21-1-1935. Legge n. 962 , 20.V-1935 (circ. n . 492, G.M. 1935, pg. 1719): conversione in legge del R.D.L. n. 181, 22-1-1935 . (73) R.D .L. n. 1888, 24-Xl-1938 (circ. n. 4, G .M . 1939, pg. 722): modificazioni all'ordinamento della milizia contraerei e da costa. (74) Legge n. 1172, 18-VIII-1940 (circ. n. 690, G .M. 1940, pg. 2322). (75) R.D.L. n. 632, 18-VI-1940 (circ. n. 474 , G.M. 1940, pg. 1552): militarizzazione dell'U.N.P.A.
CAP. XXIV - L'ORGANIZZAZIONE MILITARE DAL
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(76) Le leggi sullo stato ed avanzamento dei quadri non ebbero pace. La loro instabilità determinò stati di incertezza e di malumore ai quali si intese, di volta in volta, porre rimedio con nuovi provvedimenti che determinarono a loro volta ulteriori malcontenti. D'altra parte, la dinamica degli avanzamenti era conseguente a quella ordinativa ed organica in continuo divenire. Diamo qui di seguito l'elencazione delle principali variazioni delle leggi sullo stato e l'avanzamento dei quadri quale indicazione di tale instabilità, che va messa in stretta correlazione, come vedremo più avanti, con il continuo mutare delle tabelle graduali e numeriche degli enti, comandi, unità. Legge n. 397, 11-IIl-1926 (suppi. n. 1 G.M. 9-IV-1926): stato degli ufficiali. Legge n. 398, 11-lll-1926 (suppi. n. 1 G.M. 9-IV-1926): avanzamento degli ufficiali del R.E. Legge n. 399, l l -III-1926 (suppi. n. 1, G.M. 9-IV- 1926): disposizioni relative alla costituzione della dote per il matrimonio degli ufficiali. R.D .L. n. 371, 9-II-1928 (circ. n. 166, G.M. 1928, pg. 437): T.U. delle leggi sul matrimonio degli ufficiali. Legge n. 480, 17-IV-1930 (circ. n. 435, G.M. 1930, pg. 1358): modifiche alla legge di avanzamento. Legge n. 957 , 23-VIl-1930 (circ. n. 548, G.M. 1930, pg. 1861): avanzamento degli ufficiali in congedo del R.E. Circ. n. 549, 23-VIl-1930 (G.M. 1930, pg. 1877): norme per la prima applicazione della legge n. 957, 10-VIl-1930 R.D. n. 1486, 23-X-1930 (circ. n. 694, G.M. 1930, pg. 2323): variazioni al regolamento per l'esecuzione della legge sull'avanzamento. Circ. n. 224, 7-V-1931 (G.M. 1931, pg. 793): aggiunte alle norme esecutive per la prima applicazione della legge n. 398, 11-Ill-1926. Legge n. 336, 24-IIl-1932 (circ. n. 209, G.M. 1932, pg. 723): modifiche alla legge n. 398, ll-lli-1926. Circ. n. 586, 9-Xl-1932 (G.M. 1932, pg. 2178): istituzione d ella qualifica di primo capitano <li cui alla leggt: 11. 398, 11-111-1926. Leggt: n. 1626, 20-XII-1932 (circ. n. 15, G.M. 1933, pg. 42): provvedimenti relativi ai quadri del R.E. R.D.L. n. 26, 23-T-1933 (circ. n. 70, G.M. 1933, pg. 247): disposizioni relative all'applicazione della legge n. 1626, 20-XIl-1932. Legge n. 296, 30-TTT-1933 (circ. n. 325, G.M. 1933, pg. 91 7): conversione in legge R.D.L. n. 26, 23-1-1933. Circ. n. 333, 22-Vl-1933 (G.M. 1933, pg. 1219): T.U. delle leggi sull'avanzamento degli ufficiali del R.E. Legge n. 251, 25-1-1934 (circ. n. 169, G.M. 1934, pg. 649): sistemazione degli ufficiali di artiglieria e del genio della specialità treno muniti di laurea in ingegneria. Legge n. 899, 7-Vl-1934 (circ. n. 437, G.M . 1934, pg. 1575): avanzamento degli ufficiali del R.E. R.D .L. n. 445, 5-IIl-1935 (circ. n. 432, G.M. 1935, pg. 1437): modifiche alla legge n. 899, 7-Vl-1934. Circ. n. 433 , 30-IV-1935 (G.M. 1935, pg. 1441): norme per la prima applicazione del R.D.L. n. 445 , 5 -111-1935 (circ. n. 15, G.M. 1936, pg. 20): modifiche alla legge n. 899, 7-VIl-1934. Legge n. 1134, 13-VI-1935 (cire. n. 528, G.M. 1935, pg. 1801): conversione in legge R.D.L. n. 445, 5-III-1935. R.D. n. 1405, 2 7-VI-1935 (circ. n. 605, G.M. 1935, pg. 2157): modifiche al regolamento sull'avanzamento. D. M. 23-X-1935 (circ. n. 89, G.M. 1936, pg. 146): modifiche all'art. 58 delle norme per l'applicazione della legge n. 899, 7-VI-1934. R. D.L. n. 2171 27-Xll-1 935. Legge n. 99, 6-1-1936 (circ. n. 95, G.M. 1936, pg. 157): esami pt:r l'avanzamento anticipato ed a scelta speciale. Legge n. 2470, 23-XIl-1935 (circ. n. 115, G.M. 1936, pg. 207): conversione in legge R.D.L. n. 850, 13-V-1935 (modifiche al T.U. sul reclutamento degli ufficiali). Legge n. 13, 16-1-1936 (circ. n. 99, G.M. 1936, pg. 158): conversione in legge R.D.L. n. 36, 28-1-1935. Legge n. 807, 10-IV-1936 (circ. n. 398, G .M. 1936, pg. 656): conversione in legge R.D .L. n. 2171, 27-XII-1935 con aggiunte e varianti. R.D.L. n. 2154, 22-XII-1936 (circ. n. 6, G .M. 1937, pg. 21): aggiornamento delle disposizioni vigenti sull' avanzamento degli ufficiali. Legge n. 384, 10-Il-1936 (circ. n. 274, G.M. 1936, pg. 749): conversione in legge R.D.L. n. 1045, 4-Vl-1936. Legge n. 1572, 19-IV-19 37 (circ. n. 741, G.M. 1937, pg. 2324): conversione in legge R.D.L. n. 215 4, 22-XII-1936. R.D.L. n. 944 , 16-Vl-1937 (circ. n. 456, G.M.1937, pg. 1225): aggiornamenti alla legge n. 899, 7-Vl-1934. Legge n. 2373, 23-XII-1937 (circ. n. 128, G.M.1938, pg. 290): conversione in legge R.D.L. n. 944, 16-Vl-1937. R.D. n. 226, 20-1-1938 (circ. n. 241, G.M . 1938, pg. 613): approvazione del regolamento per l'esecuzione della legge n. 899, 7-VI-1934. R.D.L. n. 1166, 6-VII-1938 (circ. n. 553 , G.M. 1938, pg. 2015): aggiunte alle leggi sull'avanzamento degli ufficiali del R.E. R.D.L. n. 1545, 5-IX-1938 (circ. n. 743, G.M. 1938, pg. 2538): aggiunte al regolamento per l'esecuzione della legge n. 899, 7-Vl-1934. Legge n. 2 166, 22-XIl-1938 (circ. n. 160, G.M. 1939, pg. 426): conversione in legge R.D.L. n. 1166, 6-VII-1938. R.D .L. n. 321,
254
Fil.IPPO STEFANI
16-11-1939 (circ. n. 222, G.M. 1939, pg. 722): aggiornamento delle disposizioni legislative sull'avanzamento degli ufficiali del R.E. Legge n. 370, 9-V-1940 (circ. n. 322, G.M. 1940, pg. 927): avanzamento degli ufficiali del R.E. Legge n. 1369, 2-X-1940 (circ. n. 757, G.M. 1940, pg. 2499): stato e avanzamento degli ufficiali del R.E. durante l'attuale stato di guerra. Il numero dei generali segui dal 1926 al 1940 le seguenti variazioni. R.D. n. 688, 22-V-1926 (circ. n. 688, G.M. 1926, pg. 2501): marescialli d'Italia 6, generali di corpo d'armata 17, generali di divisione 47, generali di brigata o maggiori generali 118. Con il R.D.L. n. 1038, 17-Vl-1926 (circ. n. 358, G.M. 1926, pg. 1927): furono nominati marescialli d'Italia il duca d'Aosta, i generali Pecori Giraldi, Giardino, Badoglio, Caviglia. Nel 1924, con il R.D.L. n. 1908, 4-IX-1924 (circ. n. 667, G.M. 1924, pg. 2769), erano stati insigniti di tale grado i generali Diaz e Cadorna e del grado di grande ammiraglio l'ammiraglio Thaon di Revel. Nel 1929 i generali, a parte i marescialli d 'Italia, erano: 23 di corpo d'armata, 54 di divisione (o tenenti generali), 125 di brigata (o maggiori generali) (R.D. 17-X-1929, circ. n. 741, G.M. 1929, pg. 2833). L'organico dei generali venne modificato nel 1934 con R.D.L. n. 1723, ll-X-1934 (circ. n. 867, G.M. 1934, pg. 3765): generali di corpo d'armata 28, di divisione 55, di divisione dei carabinieri 2, tenenti generali di artiglieria 4, tenenti generali del genio 1, tenenti generali medici 11, _tenenti generali commissari 1, generali di brigata 117, generali di brigata dei carabinieri 6, maggiori generali di artiglieria 6, maggiori generali del genio 2, maggiore generale servizio tecnico automobilistico 1, maggiori generali medici 6, maggiori generali commissari 2. Nel 1939, con la legge n. 1131, 26-VII-1939 (circ. n. 661, G .M. 1939, pg. 2252) l'organico dei generali fu cosl stabilito: generali di corpo d 'armata 34, di divisione 71, di brigata 147. Sempre nel 1939, con il R.D.L. n. 2083, 29-XII-1939 (circ. n. 70, G.M. 1940, pg. 174), fu confermato il seguente nuovo organico: generali di corpo d'armata 34, di divisione 71, di divisione dei carabinieri 4, tenenti generali di artiglieria 4, tenenti generali del genio 1, tenenti generali del servizio automobilistico 1, tenenti generali medici 1, tenenti generali commissari 1, generali di brigata 147, generali di brigata dei carabinieri 7, maggiori generali di artiglieria 6, maggiori generali del genio 2, maggiori generali del servizio tecnico automobilistico 1, maggiori generali medici 6, maggiori generali commissari 2, generali di brigata del corpo automobilistico 1. Numerose furono le modifiche apportate dal 1926 al 1940 alle tabelle graduali e numeriche degli ufficiali, delle quali le più significative furono: R.D.L. n. 855, 16-V- 1926 (circ. n. 292, G.M. 1926, pg. 1066): composizione organica dell'arma dei carabinieri (1 generale di divisione, 5 generali di brigata, 26 colonnelli, 90 tenenti colonnelli, 73 maggiori, 360 capitani, 690 subalterni, 1 maestro direttore di banda): R.D. 25-XI-1926 (circ. n. 689, G.M. 1926, pg. 2504): tabelle graduali e numeriche di formazione del R.E. e dei servizi dipendenti dall'amministrazione della guerra: corpo di stato ma?J!,iore: 29 colonnelli, 175 tenenti colonnelli o maggiori, 146 capitani; fanteria: 256 colonnelli, 824 tenenti colonnelli, 680 maggiori, 2543 capitani, 1820 tenenti e sottotenenti: in totale 6123; cavalleria: 22 colonnelli, 70 tenenti colonnelli, 58 maggiori, 216 capitani, 165 subalterni, in totale 531; artiglieria: 137 colonnelli, 446 tenenti colonnelli, 370 maggiori, 1402 capitani, 1099 subalterni, in totale 3454; seroizio tecnico di artiglieria: 9 colonnelli, 20 tenenti colonnelli, 18 maggiori, 42 capitani, 30 subalterni in totale 119; genio: 42 colonnelli, 135 tenenti colonnelli, 113 maggiori, 424 capitani, 33~ubalterni, in totale 1050; fuori OrgfJnico: 207 colonnelli, 492 tenenti colonnelli, 758 maggiori, 1071 capitani, 596 subalterni, in totale 3124; corpo sanitario: 25 colonnelli, 87 tene·nti colonnelli, 155 maggiori, 392 capitani, 205 subalterni, in totale 864; chimici farmacisti: 1 colonnello, 4 tenenti colonnelli, 26 maggiori, 41 capitani, 45 subalterni, in totale 117; commissariato: 11 colonnelli, 30 tenenti colonnelli, 48 maggiori, 90 capitani, 82 subalterni, in totale 261; sussistenza: 4 tenenti colonnelli, 11 maggiori, 62 capitani, 75 subalterni, in totale 152; amministrazione: 3 colonnelli, 39 tenenti colonnelli, 89 maggiori, 406 capitani, 402 subalterni, in totale 939; veterinari: 1 colonnello, 15 tenenti colonnelli, 26 maggiori, 81 capitani, 56 subalterni, in totale 179. R.D.L. n. 679, 8-V-1927 (circ. n. 307, G.M. 1927, pg. 998): aumento da 5 a 6 degli ispettorati di zona dei carabinieri (2 generali di divisione, 6 generali di brigate in totale). R.D. 29-XII-1930 (circ. n. 15, G.M. 1931, pg. 39): modifiche alle tabelle graduali numeriche degli ufficiali del genio. R.D.L. n. 539,'23-IV-1931 (circ. n.
CAP. XXIV - L'ORGANIZZAZIONE MILITARE DAL
1926 AL 1940
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280, G.M. 1931 , pg. 1163): revisione dei ruoli organici degli ufficiali dei servizi del R.E. (sanità: l tenente generale, 3 maggiori generali, 25 colonnelli, 87 tenenti colonnelli, 14 5 maggiori, 373 capitani, 205 subalterni; farmacisti: 4 tenenti colonnelli, 22 maggiori, 36 capitani, 38 subalterni; commissariato: 1 tenente generale, 2 maggiori generali, 12 colonnelli, 28 tenenti colonnelli, 44 maggiori, 80 capitani, 82 subalterni; sussistenza: 3 colonnelli, 30 tenenti colonnelli, 70 maggiori, 406 capitani, 402 subalterni; veterinari: 3 colonnelli, 14 tenenti colonnelli, 24 maggiori, 70 capitani, 60 subalterni. Legge n. 1597, 10-XII-1931 (circ. n. 14, G.M. 1932, pg. 45): conversione in legge del R.D.L. n. 5399, 23-IV-1931. Legge n. 1648, 15-XII-1932 (circ. n. 2, G.M. 1933, pg. 7): ordinamento del corpo veterinario. Circ. n. 94, 30-I-1932 (G.M. 1934, pg. 296): «Testo Unico sullo stato dei sottufficiali del R. esercito». R.D.L. n. 1723, 11-X-1934 (circ. n. 867, G.M. 1934, pg. 3765): aggiornamento delle disposizioni concernenti l'ordinamento del R.E. (fanteria: 273 colonnelli, 737 tenenti colonnelli, 906 maggiori, 3132 capitani, 2589 subalterni, totale 7637, dei quali 1426 ruolo M; cavalleria: 25 colonnelli, 76 tenenti colonnelli, 100 maggiori, 263 capitani, 230 subalterni; totale 694 dei quali 111 del ruolo M; artiglieria: 15 3 colonnelli, 363 tenenti colonnelli, 460 maggiori, 1547 capitani, 1378 subalterni, totale 3901 dei quali 619 del ruolo M; genio: 39 colonnelli, 113 tenenti colonnelli, 142 maggiori, 453 capitani, 400 subalterni, totale 1147, dei quali 181 ruolo M; sanità: 31 colonnelli, 102 tenenti colonnelli, 172 maggiori, 440 capitani, 258 subalterni, totale 1103; chimici farmacisti: 2 colonnelli, 12 tenenti colonnelli, 21 maggiori, 32 capitani, 32 subalterni, totale 99; commissariato: 13 colonnelli, 30 tenenti colonnelli, 48 maggiori, 94 capitani, 97 subalterni; sussistenza: 8 tenenti colonnelli, 16 maggiori, 75 capitani, 62 subalterni, totale 282 commissari e 161 di sussitenza; amministrazione: 8 colonnelli, 29 tenenti colonnelli, 90 maggiori, 453 capitani, 421 subalterni, totale 1001; veterinari: 6 colonnelli, 18 tenenti colonnelli, 37 maggiori, 60 capitani, 60 subalterni; totale 181; servizio automobilistico: 4 colonnelli, 36 degli altri gra<li, totale 40. R.D.L. n. 664, 6-V-1935 (circ. n. 392, G.M. 1935, pg. 1335): istituzione del grado di «aspirante ufficiale» di complemento nel R.E. R.D.L. n. 1527, 20-Vl-1935 (circ. n. 564, G:M. 1935, pg. 1919): aumento degli organici degli ufficiali delle varie armi ( + 8 colonnelli, + 90 tenenti colonnelli e maggiori, + 355 capitani, + 371 subalterni). Legge n. 1026 16-VI-1935 (G.M. 1936, pg. 285): Stato degli ufficiali del R.E. Circ. n. 768, 26-X-1938 (G.M. 1938, pg. 2595): Pubblicazione del fascicolo Aggiornamenti alle disposizioni vigenti sull'avanzamento degli ufficiali del R. esercito. Circ. n. 364, 10-V-1939 (G.M. 1939, pg. 1253): Aggiornamento alle vigenti disposizioni legislative sull'avanzamento degli ufficiali del R.E. Circ. n. 876, 27-Xl-1940 (G.M. 1940, pg. 3134): Regolamento per il matrimonio dei sottufficiali e militari di truppa delle forze armate dello Stato. Legge n. 420, 10-11-1937 (circ. n. 301, G.M. 1937, pg. 791): aumento organici degli ufficiali: conversione in legge del R.D.L. n. 1996, 15-X-1936. Legge n. 1131, 26-VIl-1939 (circ. n. 661, G.M. 1939, pg. 2252): aumento degli organici degli ufficiali del R.E. ruolo comando (fanteria: 327 colonnelli, 640 tenenti colonnelli, 995 maggiori, 2556 capitani, 2664 subalterni, totale 7112; cavalleria: 29 colonnelli, 62 tenenti colonnelli, 95 maggiori, 217 capitani, 230 subalterni, totale 633; artiglieria: 184 colonnelli, 322 tenenti colonnelli, 462 maggiori, 1260 capitani, 1335 subalterni, totale 3563; genio: 45 colonnelli, 99 tenenti colonnelli, 155 maggiori, 391 capitani, 445 subalterni, totale 1135; sanità: 39 colonnelli, 124 tenenti colonnelli, 210 maggiori, 544 capitani, 335 subalterni, totale 1252; farmacisti: 2 colonnelli, 13 tenenti colonnelli, 25 maggiori, 40 capitani, 39 subalterni, totale 119; commissari: 19 colonnelli, 39 tenenti colonnelli, 62 maggiori, 120 capitani, 120 subalterni, totale 359; sussistenza: 9 tenenti colonnelli, 17 maggiori, 86 capitani, 72 subalterni, totale 184; amministrazione: 16 colonnelli, 52 tenenti colonnelli, 125 maggiori, 621 capitani, 359 subalterni, totale 1173; veterinari: 8 colonnelli, 24 tenenti colonnelli, 48 maggiori, 77 capitani, 77 subalterni, totale 234; corpo automobilistico: 11 colonnelli, 22 tenenti colonnelli, 44 maggiori, 155 capitani, 168 subalterni, totale 430. R.D.L. 2083, 29-XIl-1939 (circ. n. 70, G.M. 1940, pg. 174): aumento degli organici dell'arma dei carabinieri (generali di divisione 4, generali di brigata 7, colonnelli 29, tenenti colonnelli 105, maggiori 192, capitani 514, subalterni 533, maestro direttore di banda 1, totale (esclusi i generali) 1374 dei quali 65 del ruolo M). R.D.L. n. 2154, 22-XIl-1936 (circ. n. 7, G.M. 1937, pg. 21): aggiornamento delle disposizioni vigenti sull'avanzamento degli ufficiali. Legge n. 384, 10-11-1936 (circ. n. 274,
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FILJPPO STEFANI
G.M. 1937, pg. 749): conversione R.D.L. n. 1045, 4-V-1936 e R.D.L. n. 1250, 4-VI-1936. Circ. n. 175, 10-III-193 7 (G.M. 1937, pg. 458): Raccolta di disposizioni sul matrimonio degli ufficiali. Circ. n. 837, 24-XI-1937 (G.M. 1937, pg. 2497): avanzamento degli ufficiali del R. esercito. Legge n. 2373, 23-XII-1937 (circ. n. 128, G.M. 1938, pg. 290): conversione in legge R.D.L. n. 944, 16-Vl -1937. R.D.L. n. 226, 20-1-1938 (circ. n. 241, G.M. 1938, pg. 613): approvazione del regolamento per l'esecuzone della legge n. 899, 7-Vl-1934. R.D.L. n. 1166, 6-VII-1938 (circ. n. 553, G.M. 1938, pg. 2015): aggiunte alla legge sull'avanzamento degli ufficiali. R.D.L. n. 1545, 5-IX-1938 (circ. n. 743, G.M. 1938, pg. 2358): aggiunte al regolamento per l'esecuzione della legge n. 899, 7-VI-1934. Circ. n. 733, 12-X-1938 (G.M. 1938, pg. 2528): Regolamento per l'esecuzione della legge n. 899, 7-VI-1934. Circ. n. 768, 26-X-1938 (G.M. 1938, pg. 2595): Pubblicazione del fascicolo Ay,giomamenti alle disposizioni vigenti su/l'avanzamento degli ufficiali. Legge n. 2166, 22-XIl-1938 (circ. n. 160, G.M. 1939, pg. 426): conversione in legge R.D.L. n. 1166, 6-VII-1938 R.D.L. n. 321, 16-II-1939 (circ. n. 228, G.M. 1939, pg. 722): aggiornamento delle disposizioni legislative sull'avanzamento degli ufficiali. Circ. n. 364, 10-V-1939 (G.M. 1939, pg. 125): aggiornamento alle vigenti disposizioni legislative sull'avanzamento degli ufficiali del R. esercito. R.D.L. n. 2083 , 29-XII-1939 (circ. n. 70, G.M. 1940, pg. 174): avanzamento nell'arma dei carabinieri. Legge n. 370, 9-V-1940 (circ. n. 322, G.M. 1940, pg. 927): avanzamento degli ufficiali del R.E. Legge n. 1369, 2-X-1940 (circ. n. 757 , G .M. 1940, pg. 2499): Stato e avanzamento degli ufficia/i del R.E. durante /'attuale stato di guerra. Circ. n. 876, 27-Xl-1940 (G.M. 1940, pg. 3134): Regolamento per il matrimonio dei sottufficiali e militari di truppa delle forze armate dello Stato.
(77) Legge n. 1699, 14-XII-1931 (circ. n. 55, G.M. 1932, pg. 135): legge sulla disciplina di guerra e regolamento per /'applicazione della legge. Circ. n. 340, 10-V-1934 (G.M. 1934, pg. 1135): idem. Circ. n. 1009, 27-XII-1934 (G.M. 1934, pg. 4153): modifiche al regolamento per l'esecuzione della legge sulla disciplina di guerra. Legge n. 461, 24-V-1940 (circ. n. 420, G.M. 1940, pg. 1413): Disciplina dei cittadini in tempo di guerra. (78) R.D.L. n. 1437, 5-VIII-1927 (circ. n. 619, G.M. 1927, pg. 1981): Testo unico delle leggi sul reclutamento del R.E. R.D.L. n. 1922, 3-VIIl-1928 (circ. n. 578, G.M. 1928, pg. 2119): modifiche. R.D.L. n. 2430, 8-Xl-1928 (circ. n. 758, G.M. 1929, pg. 2608): idem legge n. 2898, 20-XII-1928 (circ. n. 31, G.M. 1929, pg. 60): conversione in legge R.D.L. n. 2430, 8-XI-1928. Legge n. 3245, 20-XIl-1928 (circ. n. 96, G.M. 1929, pg. 308): conversione in legge R.D.L. n. 1922, 3-VIIl-1928. Circ. n. 32, 17-1-1929 (G.M. 1929, pg. 61): norme esecutive per la legge n. 2898, 20-XII-1928. R.D.L. n. 674, 25-IV-1929 (circ. n. 289, G.M. 1929, pg. 1063): moclifche ad alcune disposizioni sul reclutamento. Legge n. 1123, 24-VI-1929 (circ. n. 411 , G .M. 1929, pg. 1929): conversione in legge R.D.L. n. 674, 25-IV-1929. Legge n. 1144, 27-Vl-1929 (circ. n. 415, G.M. 1929, pg. 702): modifiche al T.U. delle leggi sul reclutamento. R.D.L. n. 452, 20-IV-1930 (circ. n. 250, G.M. 1930, pg. 352): modifica al T.U. Legge n. 3, 8-1-1931 (circ. n. 320, G.M. 1931, pg. 98): modifiche al T.U. Legge n. 510, 19-Vl-1932 (circ. n. 280, G.M. 1932, pg. 1099): varianti al T .U. (79) R.D.L. n. 629, 21-IIl-1929 (circ. n. 270, G.M. 1929, pg. 920): Testo Unico delle disposizioni sul reclutamento degli ufficiali. Circ. n. 439, 19-VII-1930 (G. M. 1930, pg. 1383): Norme esecutive per l'applicazione del T.U. delle disposizioni sul reclutamento degli ufficiali. Legge n. 353, 24-IIl-1932 (circ. n. 125, G .M. 1932, pg. 275): Modifiche al T. U. delle disposi:z:ioni sul reclutamento degli ufficiali; R.D.L. n. 1278, 21-IX-1933 (circ. n. 557, G.M. 1933, pg. 2047): idem. Legge n. 104, 21-1-1934 (circ. n. 104, G. M. 1934, pg. 337): idem. R.D.L. n. 1862 11-XIl-1933 (circ. n. 43, G.M. 1934, pg. 151): idem. Legge n. 1883, 28-XII-1933 (circ. n. 68, G .M. 1934, pg. 243); conversione in legge R.D .L. n. 629, 21-III-1929. Legge n. 956, 4-Vl-1934 (circ. n. 492, G.M. 1934, pg. 2035): conversione in legge R.D.L. n. 1862, 1-XIl-1933. R.D.L. n. 2056, 31-X-1934 (circ. n. 959, G.M. 1934, pg. 3190): Ay,giornamento delle disposizioni sul reclutamento degli ufficiali. R.D.L. n. 36, 28-1-1935 (circ. n. 91, G.M. 1935, pg. 241): Modifiche al T.U. delle disposizioni sul reclutamento degli ufficiali del R.E. R.D.L. n. 850, 13-V-1935 (circ. n. 449, G.M. 1935, pg. 1489): Modifiche al T. U. delle dispo-
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sizioni sul reclutamento degli ufficiali. Circ. n. 89, 23-X-1935 (G. M. 1936, pg. 146): modifiche all'art. 58 delle norme per l'applicazione della legge n. 899, 7-Vl -1934. Legge n. 2470, 23-XII-1935 (circ. n. 115, G.M. 1936, pg. 207): conversione in legge R.D.L. n. 850, 13-V-1935 apportante modifiche al T.U. delle disposizioni sul reclutamento degli ufficiali. R.D.L. n. 850, 13-V-1935 apportante modifiche al T.U. delle leggi sul reclutamento degli ufficiali. R.D.L. n. 2025, 31-X-1935 (circ. n. 959, G.M. 1935, pg. 3190): A?,giomamento delle disposizioni sul reclutamento degli ufficiali. Legge n. 2470, 23-XIl-1935 (circ. n. 115, G.M. 1936, pg. 207): conversione in legge R.D.L. n. 850, 13-V-1935. Legge n. 93, 16-1-1936 (circ. n. 99, G.M. 1936, pg. 158): conversione in legge R.D .L. n. 36, 28-1-1935. R.D.L. n. 1710, 7-VIII-1936 (circ. n. 774, G.M. 1936, pg. 1403): A?,2,iornamenti del 1'.U. delle disposizioni sul T.U., del reclutamento degli ufficiali. R.D .L. n. 2179, 12-Xl-1936 (circ. n. 18, G.M. 1937, pg. 62): aggiunte e varianti al T.U. legge n. 413, 20-Il-1 936 (circ. n. 280, G.M. 1936, pg. 755): conversione in legge R.D.L. n. 1710, 7-VIII-1936. legge n. 1565, 19-IV-1937 (circ. n. 473, G.M. 1937, pg. 2326): conversione in legge R.D .L. n. 2179, 12-Xl-1936. R.D. n. 596, 14-III-1938 (circ. n. 355, G.M. 1938, pg. 871): T.U. delle disposizioni sul reclutamento degli ufficiali. R.D.L. n. 312, 16-Il-1939 (circ. n. 219, G.M. 1939, pg. 710): varianti al T.U. Legge n. 1157, 13-VIl-1939 (circ. n. 709, G.M. 1939, pg. 2398): conversione in legge R.D.L. n. 312, 16-II-1939. legge n. 476 18-IV-1940 (circ. n. 452, G.M. 1940, pg. 1503): varianti al T.U. Legge n. 1028, 29-Vl-1940 (circ. n. 630, G.M. 1940, pg. 2038): varianti al T .U. (RO) R.D .L. n. 1332, 8-IX-1932 (circ. n. 350, G.M. 1932, pg. 1977): approvazione del nuovo testo unico delle leggi sul reclutamento del R. esercito. R.D.L. n. 482, 5-IIl-1934 (circ. n. 252, G.M. 1934, pg. 879): modifiche al T.U. Legge n.942, 4-Vl-1934 (circ. n. 467, G.M. 1934, pg. 1921): conversione in legge R.D.L. n. 482, 5-IIl-1934. Circ. n. 870, 8-XJ-1934 (G.M. 1934, pg. 3795): norme esecutive per l'applicazione del R.D.L. n. 482, 5-111-1934. R.D.L. n. 1879, 21-Xl-1934 (circ. n. 934, G .M. 1934, pg. 3937): modifiche al T.U. Legge n. 2221, 27-Xll-1934 (circ. n. 83, G.M. 1935, pg. 221): rnuversiune in legge del R.D.L. n. 1879, 2 1-Xl -1934. R.D.L. n. 812, 9-V-1935 (circ. n. 423, G.M. 1935, pg. 1409): modifiche al T.U. Legge n. 1096, 6-Vl-1935 (circ. n. 524, G.M. 1935, pg. 1793): modifiche al T.U. Legge n. 554, 24-III-1936 circ. n. 321, G.M. 1936, pg. 587): conversione in legge R.D.L. n. 812, 9-V-1935. R.D.L. n. 1995, 8-X-1936 (circ. n. 920, G.M. 1936, pp. 1654): interpretazione del T .U. (81) R.D.L. n. 596, 14-lil-1938 (circ. n. 355, G.M. 1938, pg. 1294): Testo Unico delle disposizioni sul reclutamento degli ufficiali del R.E. R.D .L. n. 312, 16-Il-1939 (circ. n. 219, G.M. 1939, pg. 710): Varianti al T. U. delle disposizioni sul reclutamento dey,li ufficiali dell'esercito. Legge n. 1157, 13-VIl-1939 (circ. n. 709, G.M. 1939, pg. 2398): conversione in legge R.D.L. n. 312, 16-11-1939. Legge n. 476, 18-IV-1940 (circ. n. 452, G. M. 1940, pg. 1503): Varianti al T. U. delle disposizioni sul reclutamento degli ufficiali. Legge n. 1028, 29-Vl-1940 (circ. n. 630, G.M. 1940, pg. 2038): idem. (82) R.D.L. n. 329, 24-II-1938 (circ. n. 283, G.M. 1938, pg. 871): approvazione d el Testo Unico delle leggi sul reclutamento del R.E. Legge n. 2184, 22-Xll-1939 (circ. n. 130, G.M. 1940, pg. 343): varianti al testo unico delle leggi sul reclutamento. R.D. n. 1481, 6-Vl-1940 (circ. n. 858, G.M. 1940, pg. 2022): regolamento esecutivo del T.U. delJe leggi sul reclutamento del regio esercito di cui al R.D.L. n. 329, 24-II-1938. Legge n. 1539, 14-X-1940 (circ. n. 882, G.M. 1940, pg. 3205): aggiunte e varianti a T.U. delle leggi sul reclutamento del regio esercito. (83) Legge n. 1144. 27-Vl-1929 (circ. n. 415, G.M. 1929, pg. 1702). (84) Legge n. 1759, 29-XII-1930 (circ. n. 31, G.M. 193 1, pg. 95). Legge n. 2150, 31-Xll-1934 (circ. n. 38, G.M. 1935, pg. 97). Circ. n. 559, 17-VIl-1 935 (G.M. 1935, pg. 1879): norme per la prima applicazione della legge n. 2150, 31-XII-1934.
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FILIPPO STEFANI
(85) Legge n. 1700, 28-XIl-1931 (circ. n. 57, G.M. 1932, pg. 147). (86) R.D.L. n. 395, 10-11-1936 (circ. n. 230, G.M. 1936, pg. 396). Legge n. 1101, 25-V-1936 (circ. n. 511, G.M. 1936, pg. 905): conversione in legge del R.D.L. n. 395, 20-Il-1936. (87) Legge n. 2151, 31-XIl-1934 (circ. n. 39, G.M. 1936, pg. 103). (88) Circ. n. 548, 20-X-1932 (G.M. 1932, pg. 1967). Circ. n. 646, 22-XII-1932 pg. 2334: Istruzione per l'esecuzione del Regolamento sulla dispensa dai richiami alle anni per mobilitazione. Circ. n. 1008, 27-XIl-1934 (G.M. 1934, pg. 4152): Modificazioni al Regolamento sulla dispensa dai richiami alle armi per mobilitazione. Circ. n. 105, 7-11-1935 (G.M. 1935, pg. 294): Modificazioni al regolamento sulle esonerazioni dal seroizio sotto le armi in caso di mobilitazione. Circ. n. 914, 22-XII-1937 (G.M. 1937, pg. 2802): 3• serie di aggiunte e varianti al Regolamento sulla dispensa dai richiami alle anni per mobilitazione con R.D. n. 1514, 29-N-1937. C irc. n. 448, 13-Vll-1938 (G.M. 1938, pg. 1694): 1 • serie di aggiunte e varianti alla istruzione per l'esecuzione del Regolamento sulla dispensa dai richiami alle anni per mobilitazione approvata con decreto intenninisteriale 10-1-1935. (89) R.D.L. n. 1374, 14-VIl-1935 (circ. n. 610, G.M. 1935, pg. 2171): costituzione di un Commissariato per le fabbricazioni di guerra, presieduto dal presidente del comitato per la mobilitazione civile e posto alle dipendenze del capo del governo. Decreto del capo del governo, 23-IX-1935 (circ. n. 807, G.M. 1935, pg. 2859): attribuzioni e ordinamento del commissariato generale per le fabbricazioni di guerra. Decreto del capo del governo 11-V-1936 (circ. n. 507, G.M. 1936, pg. 898): funzionamento del commissariato generale per le fabbricazioni di guerra. Legge n. 2384, 27-XII-1935: conversione in legge R.D.L. n. 1374, 14-VII-1935. Nel 1940 il commissariato fu trasformato in Sottosey,retariato di Stato per le fabbricazioni di guerra. R.D.L. n. 499, 23-V-1940 (circ. n. 149, G.M. 1940 pg. 1412). (90) Vds. Voi. I, cap. XIX, nota 11. (91) Carlo ràvafl.rossa (1888-1970), generale di corpo d'armata, sottotenente del genio nel 1908, partecipò alla guerra di Libia e alla 1 • guerra mondiale. Frequentò la scuola di guerra dal 1925 al 1928. Al termine della prima guerra mondiale aveva preso parte, fino al 1925, a numerose missioni militari per l'esecuzione di trattati di pace. Rientrato in patria, ebbe il comando del genio del corpo d'armata di Roma, e successivamente ebbe il comando della I brigata corazzata. Nella guerra civile di Spagna fu capo di stato maggiore del Corpo Truppe Volontarie e successivamente intendente del corpo stesso. Comandò la divisione Pistoia. li 1° settembre 1939 fu nominato presidente del «comitato di mobilitazione civile» e commissario generale per le fabbricazioni di guerra. Il 23 maggio 1940 fu nominato sottosegretario di stato per Je fabbricazioni di guerra, e successivamente, nel 194 3 , ministro di tale dicastero. (92) Decreto del capo del governo, 23-V-1940 (circ. n.419, G.M. 1940, pg. 1417). (93) Durante la guerra 1915-18 era stato creato, nel 1915, il «Sottosegretariato armi e munizioni» che nel 1917 fu trasformato in «Ministero delle armi e munizioni» - sottosegretario prima, ministro poi, il generale Alfredo Dallolio - con compiti di controllo sull'approvvigionamento delle materie prime di interesse bellico e sulla produzione, nonché di fornitura di tutti i manufatti militari necessari all'esercito ed alla marina. Tutte le commesse, sia sotto l'aspetto tecnico sia sotto quello amministrativo, furono devolute alla sua competenza. Carlo Favagrossa. Perché perdemmo la guerra. Rizzoli editore, luglio 1946, Milano, pg. 34. (94) Il «Consiglio nazionale delle ricerche» raccolse nella Quinta relazione alla commisnel gennaio 1940 - i dati riguardanti il fabbisogno e le disponibili-
}iune suprema di di/esa -
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tà nazionali delle materie prime per ogni anno di guerra: tonnellate annue di carbone 16.500.000, disponibilità 2.200.000; di carburanti e lubrificanti 8.500.000 e 120.000; di materiali siderurgici (di cui 800.000 t annue di ghisa di fonderia) 4.800.000 e 2.400.000; di correttivi degli acciai 100.000 e 20.000; di metalli leggeri (alluminio e magnesio) 65.000 e 32.000; di zinco e piombo 104.000 e 76.000; di rame e stagno 160.000 e 1.300; di prodotti per esplosivi 50.000 e 20.000; di gomma 22.000 e O; di lana lavata 43.000 e 6.000; di cotone 75.000 e 7.000; di juta e canapa 37.000 e 11.000; di cellulosa 365.000 e 60.000; di legname da costruzione 3. 700.000 e 2.300.000; di legname speciale 60.000 e O; di pelli 53.000 e O. Contro il fabbisogno complessivo di 34.634.000 t, ne erano disponibili solo 7.283.000 (compresa la produzione albanese); ne erano da importare 27.350. 700 (80%) alle quali dovevano sommarsi 148.400 t di generi alimentari. Per tali acquisti, ammesso che si trovassero i paesi rifornitori, sarebbero occorsi annualmente dai 9 ai 7 miliardi di oro o di valuta pregiata contro una disponibilità di 4 miliardi al 10 giugno del 1940. La capacità industriale, nel 1939, era tale da soddisfare solo in misura minima le richieste delle forze armate e cioè: il 6% deUe artiglierie; il 25%, il 7% ed il 10% delle munizioni per le artiglierie di piccolo, medio e grosso calibro; il 35% dei fucili mod. 1891; il 10% delle mitragliatrici da 20 contraerei; il 25% dei cannoni controcarri da 37 e da 47; il 40% dei mortai da 45 ed il 70% dei mortai da 81; il 25% delle cartucce fino a calibro da 8 mm e il 10% di quelle riguardanti il calibro da 8 mm in su; il 26% delle bomhe da mortai da 45 ed il 10% delle bombe da mortai da 81; il 46% degli esplosivi di lancio ed il 23% di quelli di scoppio; una percentuale irrisoria dei mezzì corazzati; il 50% di autocarri e trattori (fabbisogno riferito a divisioni in grandissima maggioranza appiedate); il 42% dei velivoli; il 40% dei motori per velivoli; il 35% delle bombe di grande capacità per aeroplani, il 40% di quelle di media capacità ed il 28% di quelle di piccola capacità; il 50% dei mezzi ottici; il 29% di iprite ed il 5% di fosgene, cosl via per i fabbisogni delle costruzioni delle navi, dei siluri, ecc. Non vi fu, inoltre, perfetta intesa, guerra durante, tra il generale Cavallero ed il generale Favagrossa; il comando supremo faceva programmi inattuabili ed il Fabbriguerra non fa. ceva che illustrare la non rispondenza alla realtà. (95) Il 1° settembre 19.39 le disponibilità di materie prime principali erano: minerali di ferro e ceneri di pirite 1.300.000 t (pari al consumo normale di 180 giorni), carbone 1.700.000 t (50 giorni), acciaio (semilavorati) 85.000 t (14 giorni), rottami di ferro 187.000 t (80 giorni), ghisa 92.000 t (25 giorni), rame 6500 t (40 giorni), stagno 500 t (50 giorni), nichel 250 t (20 giorni). Le ricerche scientifiche, l'inventiva degli industriali e dei tecnici, gli espedienti autarchici - taluni positivi (sfruttamento al massimo delle miniere del carbone e dei minerali; raccolta dei materiali di ferro, di rame, di ottone e di nichel; sostituzione delle bande stagnate con lamierini piombati o laccati; fabbricazione di gomma sintetica; surrogazione della juta con carta cellulosa; produzione di fibre tessili sintetiche; ecc.) - lenirono, in taluni settori, la dolorosa situazione, ma non modificarono la tragica realtà della disponibilità di 1/7 del fabbisogno di carbone e di 1/6 di quello del carburante. Del tutto impreparata l'industria nazionale a fare fronte, nel 1939, all'improvvisa massiccia richiesta delle forze armate, essa venne accrescendo a mano a mano la sua capacità produttiva teorica che salì dal 6% al 9% per le artiglierie e dal 42% al 63% per i velivoli. La potenzialità industriale delle fabbriche costruttrici di mezzi corazzati, ad esempio, che nel 19.39 avrebbe consentito la produzione annua di 228 carri armati medi, 480 carri armati leggeri e 36 autoblindo, nel 1942 era più che raddoppiata (1800 carri armati e 760 autoblindo), ma, per mancanza di materie prime, i carri armati e le autoblindo che uscirono dalle fabbriche non superarono mai il 5% dei valori potenziali di produzione. La capacità produttiva del 1943 (marzo), rispetto al 1939, risultò: quadruplicata per le artiglierie, quintuplicata per i cannoni da 20 a 57 mm di calibro, quasi triplicata per le munizioni di artiglieria, triplicata per le munizioni per i cannoni da 20 a 57 mm, triplicata per le armi automatiche, raddoppiata per i mortai da 45 e da 81, quintuplicata per i siluri, quasi triplicata per gli esplosivi, più che raddoppiata per gli aggressivi chimici, triplicata per i mezzi corazzati, quasi raddoppiata per gli aeroplani e per i motori dei velivoli. La mancanza di materie prime condizionò i livelli di proJuzium: t: li maHlt:llllt:
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su percentuali assai basse, nonostante gli sforzi dei tecnici e degli operai che fino al marzo del 1943 - epoca in cui il fronte del lavoro cominciò a manifestare i primi gravi segni di stanchezza - moltiplicarono, nonostante il freddo, i lutti, i bombardamenti, tutte le loro energie lavorative fino al massimo delle possibilità umane. Sulle basse percentuali incisero anche l'irrazionale dislocazione degli stabilimenti, i lunghi tempi di trasporto delle materie prime, le offese nemiche e gli incidenti ed infortuni. Sul fronte del lavoro, l'azione di coordinamento della produzione bellica del generale Favagrossa e dell'intero Cogefag e Fabbriguerra (nonostante talune disfunzioni interne e con l'esterno), la capacità professionale e la fervorosa attività dei tecnici e degli operai (dirigenti, mano d'opera qualificata, manovalanza), fece sì che si combattesse con coraggio e costanza per una vittoria altrettanto impossibile di quella cercata sui campi di battaglia terrestri , marittimi ed aerei da for:te armate poco e male armate ed equipaggiate. (96) Carlo Favagrossa. Op. cit. pg. 128. (97) Oltre le pubblicazioni, già citate, del 1926 e del 1928: ministero della guerra. Direttive per l'impiego delle grandi unità. Roma, 1935. Ministero della guerra. Norme per il combattimento della divisione. Roma, 1936. Ministero della Guerra. Memoria nell'impiego delle G. U. in A.O. Roma, agosto 1935. Ministero della guerra. Comando del corpo di stato maggiore. Nomenclatore organico-tattico-logistico. Roma, 1936. Ministero della guerra. Comando del corpo di stato maggiore. Ufficio addestramento. L'esplorazione (circolare 9500). Roma, 1938 (circ. n. 115, 15-II-1939, G.M. 1939, pg. 258). Circ. n. 566, 10-VIII-1938 (G.M. 1938, pg. 2107): Nuova edizione del nomenclatore organico, tattico, logistico. Inoltre: ministero della guerra. Comando del corpo di stato maggiore. Ufficio addestramento. Ammaestramenti tratti dalle istruzioni e dalle esercitazioni svoltesi nel 1926. Tipolitografia (circ. n. 231 di prot. 25 -1-1927). Ministero della guerra. Truppe celeri. Loro impiego. La cavalleria dell'anno XIII. Roma, tipografia del comando del corpo di stato maggiore. 1935 (circ. n. 5000 dell'8-VIl-1932 del comando del corpo di stato maggiore, circ. n. 46/2 del Gabinetto del ministro della guerra del 7-1-1935). Ministero della guerra. Comando del corpo di stato maggiore. Ufficio addestramento. Armamento della fanteria e dell'artiglieria anno XIII. Azioni di fuoco. Roma, tipografia del comando del corpo di stato maggiore, 1935 (circ. n. 3500 del 21-IV-1935). Ministero della guerra. Comando del corpo di stato maggiore. Ufficio addestramento Norme di impiego delle armi nell'anno XIII. Roma, 1935 (circ. n. 8000 del 9-VIIl-1935). Ministero della guerra. Comando del corpo di stato maggiore. Ufficio addestramento. Ammaestramenti tratti dalle grandi esercitazioni del 1955 (circ. n. 10.000 ç~I 23.-VII-1936). Ministero della guerra. Comando del corpo di stato maggiore. Ufficio addest1:amènto.- Impiego ed addestramento carri d'assalto. Roma, tipografia del comando del corpo di statò maggiore, 1936 (circ. n. 10500 del 15-VIII-1936). Ministero della guerra. Gabinetto. Addestramento e impiep,o dei carri veloci. Roma, 1936 (circ. n. 47000 del 18-VI-1936). Ministero della guerra. Comando del corpo di stato maggiore. Ufficio addestramento. Note su/l'impiego delle minori unità di fanteria ed artiglieria nella guerra di Spagna (circ. n. 6800 del 20-V-1938). (98) Fanteria. Ministero della guerra. Addestramento della fanteria. Roma, Provveditorato generale dello Stato, 1929 (circ. n. 261, 3-V-1929, G.M. 1929, pg. 832). Circ. n. 194, 25-111-1933 (G.M. 1933, pg. 738): Aggiunte e varianti all'Addestramento della Fanteria, ed. 1929. Circ. n. 332, 22-IV-1936 (G.M. 1936, pg. 591): Addestramento della fanteria. Voi. 1. istruzione formale, individuale e di reparto. Circ. n. 6~8, .26-VIIL-1936 (G.M. 1936, pg. 1277): 1 • serie di varianti a/l'addestramento della fanteria. Voi. I: <'.:ire. n, 383, 2-Vl-1937 (G.M. 1937, pg. 964): L 'addestramento tattico dei minori reparti di fanleria. Circ. n. 411, 16-Vl-1937 (G.M. 1937, pg. 1044): Istruzione formale per i bersaglieri (ciclistì e motociclisti). Circ. n. 561, 4-VIII-1937 (G.M. 1937, pg. 1594): Addestramento delle unità alpine. Circ. n. 578, 11-VIII-1937 (G.M. 1937, pg. 1832): Addestramento tattico della squadra esploratori mitraglieri, della squadra mortai d'al'salto. Circ. n. 802, 3-X.l-1937 (G.M. 1937, pp. 2440): Istruzione formale per i bersaglieri (ciclisti e motociclisti). Appendice II. Circ. n. 430, 6-VII-1938 (G.M. 1938, pg. 1635): AclJestrumc:nto con il mortaio da 81 e col pe:r:zo da 47, mod. 35. Circ. n. 737, 12-X-1938
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(G.M. 1938, pg. 2531): 1 4 serie di a?,2,iunte e varianti all'addestramento delle unità alpine. Ministero della guerra. Addestramento della fanteria. Voi. II. Impiego e addestramento tattico. Roma, Istituto poligrafico dello Stato, 1939 (circ. n. 460, 21-Vl-1939, G.M. 1939, pg. 1700). Circ. n. 766, ll-X-1939 (G.M. 1939, pg. 2491): Istruzione per l'addestramento e l'impiego delle unità lanciafiamme. Circ. n. 809, ll-X-1939 (G.M. 1939, pg. 2588): Prima serie di ap.giunte e varianti alla istruzione per l'addestramento e l'impiego delle unità lanciafiamme. Circ. n. 840, 13-XI-1940 (G.M. 1940, pg. 2812): Organizzazione e impiego tattico dei reparti paracadutisti. Circ. n. 366, 16-Vll-1931 (G.M. 1931, pg. 1471): Addestramento delle unità carri armati mod. 1921-1930. Circ. n. 383, 23-VII-1931 (G.M. 1931, pg. 1600): Istruzione provvisoria sui carri veloci. Circ. n. 173, 6-IV-1933 (G.M. 1933, pg. 593): Istru:àone sulle manovre e ripieghi attorno ai carri. Pubblicazione non registrata sul G.M.: Impiego ed addestramento carri d'assalto (Ministero della guerra. Comando del corpo di stato maggiore. Ufficio addestramento). Circ. n. 10500, 15-VIII-1936. Circ. n. 182, 2-IV-1931 (G.M. 1931, pg. 598): 1 4 serie di a?,2,iunte e varianti al Regolamento per l'addestramento individuale. Circ. n. 636, 18-VJII-1937 {G.M. 1937, pg. 1983): Istruzione formale dei carri veloci. Pubblicazione non registrata sul G.M.: Impiego delle unità carriste {Ministero della guerra. Comando del corpo di stato maggiore). Circ. n. 94, 8-II-1939 {G.M. 1939, pg. 220): Impiego del/e unità carriste. Circ. n. 18000, 1-XII-1938. Cavalleria. Circ. n. 312, 18-Vl-1931 (G.Af. 1931, pg. 1260): Addestramento della cavalleria. Circ. n. 434 25-VIII-1932 (G.M. 1932, pg. 1630): Istruzione a cavallo e addestramento ippico per l'arma di cavalleria. Circ. n. 207, 13-IV-1933 (G.M. 1933, pg. 753): 1" serie di aggiunte e varianti all'istruzione a cavallo e addestramento ippico per l'arma di cavalleria. Circ. n. 784, 2-X-1935 (G.M. 1935, pg. 2787): 2 4 serie di a?,giunte e varianti all'istruzione a cavallo. Pubblicazione non registrata sul G.M.: La cavalleria dell'anno XIII (Ministero della guerra. Truppe celeri - loro impiego. Circolare n. 5000 del comando del corpo di stato maggiore in data 8-VII- 1934. Roma, tipografia del comando del corpo di stato maggiore, 1935.) Circ. n. 399, 16-VI-1937 (G.M. 937, pg. 1001) . Addestramento d.P.lla cavalleria. Istruzione formale a cavallo (con 4 allegati). Circ. n. 367, 8-VJ-1938 (G.M. 1938, pg. 1381): Prescrizioni per le manifestazioni ippiche (appendice all'Istruzione a cavallo e addestramento ippico per l'arma
di cavalleria). Artiglieria: Veds. nota n. 6 del precedente capitolo. Genio. Circ. n. 131,23-II-1928 (G.M. 1928, pg. 346): Manua.le teorico-pratico per gli ufficiali del genio sui mezzi di trasmissione. Circ. n. 483, 28-VI-1934 (G.M. 1934, pg. 1946): Manuale per le compagnie telegrafisti e radiotelegrafisti. Parte 1 •. Circ. n. 662, 23-VIII-1934 (G.M. 1934, pg. 2943): Manuale di radiotecnica. Parte 1 •. Circ. n. 359, 3-V-1935 (G.M. 1935, pg. 1175): Memoria sull'oTYJlniv.azione e sull'azione del genio in guerra. Circ. n. 579, 24-VII-1935 {C.M. 1935, pg. 1952): Manuale per il sottufficiale capo radiotelegrafista. Circ. n. 640, 12-VIII-1935 (C.M. 1935, pg. 2242): Appendice alla memoria sull'organizzazione e sull'azione del genio in guerra. Circ. n. 641, 12-VIII-1935 (G.M. 1935, pg. 2242): Memoria sull'organizzazione e l'impianto di sbarramenti nel combattimento d'arresto. Circ. n. 966, 18-XII-1935 (G.M. 1935, pg. 3215): Istruzione sulla fortificazione campale. Circ. n. 265, 1-IV-1936 (G.M. 1936, pg. 431): Appendice alla memoria sull'organizzazione e l'impianto di sbarramenti nel combattimento di arresto. Circ. n. 266, l-IV-1936 {G.M. 1936, pg. 431): 1° serie di a~iunte e varianti alla memoria sull'organizzazione e l'impianto di sbarramenti nel combattimento di arresto. Circ. n. 759, 23-IX-1936 (G.M. 1936, pg. 1388): 14 serie di a?,2,iunte e varianti alla Memoria sull'organizzazione e sull'azione de/genio in guerra. Circ. n. 936, 29-XII-1937 (G.M. 1937, pg. 2900): Istruzione sulla fortificazione campale. Voi. Il. Circ. n. 829, 30-XI-1938 (G.M. 1938, pg. 3012): Memoria sull'organizzazione e sull'azione del genio in guerra. Appendice. Circ. n. 567, 10-VIII-1938 {G.M. 1938, pg. 2107): 2° serie di awunte e varianti alla memoria sull'organizzazione e l'impianto di sbarramenti nel combattimento di arresto. Pubblicazioni di tecnica d'impiego e di addestramento comuni a tutte le armi: Circ. n. 310, 10-V-1928 (G.M. 1928, pg. 862): Istruzione per la ?)nnastica militare. Circ. n. 476, 12-VII-1928 (G.M. 1928, pg. 1508): Istruzione per la ginnastica militare. Parte II. Circ. n. 707, 25-X-1928 (G .M. 1928, pg. 2492): I serie di a?,2,iunte e varianti all'istruzione sulla ginnastica militare. Parte II. Circ. n. 426, 14-VIII-1931- (G.M. 1931, pg. 1862): AI!J!)unte e varianti al manuale per l'uf-
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ficiale istruttore dei corsi premilitari. Circ. n. 615, 3-Xll-1931 (G.M. 1931, pg. 2626): Istruzione per la ginnastica militare. Pubblicazione di aggiunte e varianti. Circ. n. 365, 31-V-1926 (G.M. 1928, pg. 1065): Istruzione individuale a cavallo. Circ. n. 326, 24-V-1930 (G.M. 1930, pg. 1076): Istruzione sulla difesa contro aggressivi chimici. Circ. n. 276, 28-V-1931 (G.M. 1931, pg. 1138): Norme per l'avvistamento e la segnalazione degli aerei. Circ. n. 182, 2-IV-1931 (G.M. 1931, pg. 598) : Prima serie di aggiunte e varianti al Regolamento per l'addestramento individuale. Circ. n. 170, 31-II-1932 (G.M. 1932, pg. 567): Aggiunte e varianti al Regolamento per l'addestramento individuale. Circ. n. 181, 7-IV-1932 (G.M. 1932, pg. 585): idem (aggiunte e varianti). Circ. n. 403, ll-VIIl -1932 (G.M. 1932, pg. 1524): Istruzione sull'impiego della nebbia artificiale. Circ. n. 574, 10-Xl-1932 (G.M. 1932, pg. 2148): Guida per le istruzioni dei collegamenti con colombi. Circ. n. 428, 18-Vlll-1932 (G.M. 1932, pg. 1626): Nozioni di acustica ed applicazioni alla guerra. Circ. n. 432, 25-Vlll-1932 (G.M. 1932, pg. 1629): Istruzioni sui colombi viaggiatori e sul servizio delle colombaie militari. Circ. n. 492, 15-IX-1932 (G.M. 1932, pg. 1816): Istruzione sul cerchio di direzione. Circ. n. 503, 22-IX-1932 (G.M. 1932, pg. 1854): Compendio d'ippologia. Circ. n. 50, 24-1-1933 (G.M. 1933, pg. 174): Istruzione sul servizio dei portaferiti, degli infermieri e degli aiutanti di sanità. Circ. n. 105, 23-11-1933 (G.M. 1933, pg. 386): Istruzione per l'igiene dei militari del R.E. Circ. n. 177, 5-IV-1933 (G.M. 1933, pg. 595): Regolamento per le gare di scherma, di tiro e di campagna fra ufficiali e sottufficiali. Circ. n. 175, 6-IV-1933 (G.M. 1933 , pg. 594): Scuola del barcaiolo di navigazione. Circ. n. 528, 5-X-1933 (G.M. 1933, pg. 1938): Addestramento formale dei reparti. Circ. n. 551, 12-X-1933 (G.M. 1933, pg. 1997): Note sul tiro contraerei. Circ. n. 588, 26-X-1933 (G.M. 1933, pg. 2129): Guida per pJi ufficiali ai distretti. Circ. n. 665, 30-XI-1933 (G.M. 19.U , pg. 2412): Istruzione sull'uso dello sci. Circ. n. 699, 14-XIl-1933 (G .M. 1933, pg. 2526): Aggiunte e varianti all'addestramento formale dei reparti. Circ. n. 287, 19-IV-1934 (G.M. 1934, pg. 998): Tavole dei fattori di tiro. Circ. n. 305, 26-IV-1934 (G.M. 1934, pg. 1042): Appendice a/l'istruzione sul servizio dei portaferiti, infermieri e aiutanti di sanità. Circ. n. 342, 10-V-1934 (G.M. 1934, pg. 1136): Errata corrige all'Istruzione per la ginnastica militare. Circ. n . 135, 21-Il-1935 (G.M. 1935, pg. 384): Istruzione sui collegamenti. Circ. n. 258, ll -IV-1935 (G.M. 1935, pg. 782): Manuale sanitario per /a guerra chimica. C irc. n. 486, 27-VI-1933 (G.M. 1935, pg. 1676): Istruzione sul tiro contro obiettivi navali. Circ. n. 599, 31-VII-1935 (G.M. 1935, pg. 2066): Istruzione sul passaf!J!,io dei corsi d'acqua con materiali di circostanza. Circ. n. 697, 20-VIII-1935 (G.M. 1935, pg. 2390): idem. Circ. n. 750, 18-IX-1935 (G.M. 1935, pg. 2574): Regolamento per le gare di scherma e tiro tra ufficiali e sottufficiali del R.H. Circ. n. 750, 18-lX-1935 (G.M. 1935, pg. 2703): 1 a serie di aggiunte e varianti al regolamento per le gare di scherma e di tiro tra ufficiali e sottufficiali del R.E. Circ. n. 834, 23-X-1935 (G.M. 1935, pg. 3027): Guida programma per gli istruttori dei corsi premilitari. Circ. n. 966, 18-XIl-1935 (G.M. 1935, pg. 32 15): Istruzione sulla fortificazione campale. Circ. n. 883, 6-XI-1935 (G.M. 19 35, pg. 3082): 2 a serie di aggiunte e varianti al Regolamento per le gare di scherma e di tiro ecc. Circ. n. 71, 29-1-1936 (G.M. 1936, pg. 105): 1 a serie di aggiunte e varianti alla Guidaprogramma per gli istruttori dei corsi premilitari. Circ. n. 241, 25-III-1936 (G.M. 1936, pg. 408): Istruzione sul mascheramento. Circ. n. 635, 12-VIIl-1936 (G.M. 1936, pg. 1183): Programmi d'insegnamento e d'esame per l 'idoneità al grado di caporale, caporalmaggiore e sergente. Circ. n. 984, 30-Xll-1935 (G.M. 1935, pg. 1735): Addestramento ed impiego dei carri veloci. Circ. n. 235, 31-Ill-1937 (G.M. 1937, pg. 606): Addestramento al tiro individuale. Circ. n. 14000, 15-XIl-1936. Circ. n. 235, 31-III-1937 (G.M. 1937, pg. 606): individuazione acustica di aerei non visibili. Memoria teorica sulla generazione, propagazione e percezione del rombo. Circ. n. 236, 31-III-1937 (G.M. 1937, pg. 607): individuazione acustica di aerei involo non visibili. Memoria illustrativa dei principali apparati nazionali ed esteri. Circ. n. 764, 12-X-1937 (G.M. 1937, pg. 2353): Istruzione sui lavori da zappatore (comune a tutte le armi). Circ. n. 882, 8-XII-1937 (G.M. 1937, pg. 2705): 1a serie di aggiunte e varianti alla istruzione su/l'avvistamento e segnalazione degli aerei. Circ. n. 369, 8-VI-1938 (G.M. 1938, pg. 1382): Circolare n. 5000 del 3-IV-1938. Addestramento al tiro individuale. Circ. n. 411, 14-VIII-1938 (G.M. 1938, pg. 1504): Istruzione sulla protezione antiaerea. Circ. n. 652, 14-IX-1938 (G.M. 19.38, pg. 2284): Come si insegna. Circ. n. 682, 21-IX-1938 (G.M. 1938, pg. 2400): btruziorie JUI 1ervizio dei giudici di campo. Circ. n. 116, 23-Il-1938 (G.M. 1938,
CAP. XXIV - L'ORGANIZZAZIONE MILITARE DAL
1926 AL 1940
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pg. 261): Prima serie di aggiunte e varianti a/l'istruzione sui giudici di campo. Circ. n. 685, 21-IX-1938 (G.M. 1938, pg. 2402): 1 a serie di aF,giunte e varianti a/l'addestramento al tiro individuale. Circ. n. 812, 16-XI-1938 (G.M. 1938, pg. 2631): Addestramento alpinistico e sciistico. Circ. n. 229, 15-III-1939 (G.M. 1939, pg. 743): Istruzione sull'addestramento alpinistico militare. Voi. I parte l'. Circ. n. 255, 22-lll-1939 (G.M. 1939, pg. 873): Regolamento per le gare di scherma, di tiro e di pentathlon moderno del R.E. Circ. n. 698, 20-IX-1939 (G.M. 1939, pg. 2362): Collegamento per l'aerocooperazione. Circ. n. 27, 17-1-1940 (G.M. 1940, pg. 48): Addestramento dell'aviazione da osseroa:àone per il R.li. ràsc. 1. Addestramento all'aerocooperazione. Circ. n. 40, 24-I-1940 (G.M. 1940, pg. 84): Manualetto per specializzati. L'esploratore delle truppe celeri. Circ. n. 184, 20-III-1940 (G.M. 1940, pg. 438): Prima serie di aggiunte e varianti all'istruzione collegamenti per l'aerocooperazione. Circ. n. 839, 13-XI-1940 (G.M. 1940, pg. 2811): Istruzione provvisoria sul tiro contro aerei con le armi di fanteria . Circ. n. 878, 27-Xl-1940 (G.M. 1940, pg. 3135): Prima serie di aF,giunte e varianti ai manualetti per specializzati. L'esploratore delle truppe celeri. Circ. n. 966, 25-Xll-1940 (G.M. 1940, pg. 3348): Manuale ad uso dei militari specializzati.
(99) Circ. n. 94, 10-II-1927 (G.M. 1927, pg. 298): Istruzione sulle teleferiche militari. Circ. n. 810, 22-XIl-1927 (G.M. 1927, pg. 2547): Nozioni sui sistemi ottici dei congegni di osservazione e di puntamento e sui telemetri monostatici. Circ. n. 364, 31-V-1928 (G.M. 1928, pg. 1064): Istruzione sul generatore Skoda Dailmer da 150 HP per traini elettrici stradali e ferroviari. Circ. n. 445, 28-Vl-1928 (G.M. 1928, pg. 1383): Istruzione sulla trattrice Dailmer da 80 l/P per il traino delle artiglierie pesanti. Circ. n. 505, 26-VII-1928 (G.M. 1928, pg. 1570): Istruzione sulla mitragliatrice U!F,gera Fiat mod. 1926 Circ. n. 520, 2-VIII- 1928 (G.M. 1928, pg. 1600): Istruzione sul puntamento e tiro per le sezioni cannoni da 65/17 per fanteria. Circ. n. 678, 11 -X-1928 (G.M. 1928, pg. 2428): Istruzione sull'impiego delle macchine di circostanza. Circ. n. 732, 8-Xl-1928 (G.M. 1928, pg. 2558): 1" seriediaggiunteevariantiall'istruzione sui generatore Skoda Dailmer da 1.50 rTP per traini elettrici stradali e ferroviari. Circ. n. 754, 15-XI-1928 (G.M. 1928, pg. 2595): Istruzione sulla trattrice Dailmer da 100 HP mod. 1926 perii traino de/le artiglierie pesanti.Circ. n. 802, 29-Xl-1928 (G.M. 1928, pg. 2749): Istruzione sulla mitragliatrice leggera Breda. Circ. n. 154, 12·II-1929 (G.M. 1929, pg. 460): Istruzione sull'uso dei respiratore antigas modello Perno. Circ. n. 235, 18-IV-1929 (G.M. 1929, pg. 753): Istruzione sul seroizio automobilistico. Vol. I. Descrizione, manutenzione ed impiego dei mezzi automobilistici. Allegato LV trattore Pavesi mod. 1925. Circ. n. 44.5, 2.5-VII-1929 (G.M. 1929, pg. 1887): Istruzione sommaria e provvisoria sul moschetto con tromboncino mod. 1928.Circ. n. 669, 31-X-1929 (G.M. 1929, pg. 2641): Istruzione sulla mitragliatrice leggera Breda 5 G.F. Circ. n. 630, 31-X- 1929 (G.M. 1929, pg. 2644): Istruzione sulla mitragliatrice leggera Piat mod. 28. Circ. n. 281, 8·V· l930 (G.M. 1930, pg. 866): Istruzione sul scroizio automobilistico. Voi. I. Descrizione, manutenzione e impiego dei mezzi automobilistici. Allegato V. Gancio snodato di traino. Circ. n. 14, 8-1- 1931 (G.M. 1931, pg. 38): Ristampa delle Nonne per l'ordinamento dei campi di tiro per le anni mod. 91. Circ. n. 23, 15-1-1931 (G.M. 1931, pg. 71): Istruzione sul puntamento e tiro per le sezioni cannoni da 65/17 per fanteria. Circ. n. 206, 16-IV-193 1 (G.M. 1931, pg. 677): Prima serie di aggiunte e varianti all'istruzione sulla mitragliatrice leF,gera Breda C.ed. 1928 e seconda serie di aggiunte e varianti all'istruzione sulla mitragliatrice leF,gera f"iat 26 ed. 1928. Circ. n. 277, 28-V-1931 (G.M. 193 1, pg. 1138): Istruzione sulla tavoletta topografica per l'artiglieria. Circ. n. 346, 9-VII-1931 (G.M. 1931, pg. 1403): Istruzione su/carro armato mod. 1921 e mod. 1930. Circ. n. 380, 23·VII-1931 (G.M. 1931, pg. 1596): Istruzione provvisoria sull'impiego e funzionamento dell'autofficina di reparto su chassis Ceirano 50 C. Circ. n. 383, 23-Vll- 1931 (G.M. 1931, pg. 1600): Istruzione provvisoria sui carri armati veloci. Circ. n. 593, 19-XI-1931 (G.M. 1931 , pg. 2580): Norme pratiche e dati elementari di calcolo per la costruzione di piccoli impianti idro-elettrici di circostanza. Circ. n. 1, 24-XII·1931 (G.M. 1932, pg. 3): Istruzione per il trasporto della mitragliatrice ley,gera mod. 30 per cavalleria. Circ. n. 85, 11-11-1932 (G.M. 1932, pg. 248): Istruzione sulle stazioni fotoelettriche. Circ. n. 108, 25-II-1932 (G.M. 1932, pg. 432): Libretto di tiro per mitragliatrici. Circ. n. 109, 25-Il-1932 (G.M. 1932, pg. 435): Norme per la condotta e la manutenzione di gruppi elettrogeni e delle batterie di accumulatori. Circ. n. 143, l 7-Ill-1932 (G.M. 1932, pg. 518): Istruzione sulle sta-
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FILIPPO STEFANI
zioni fotoelenriche - Impiego delle stazioni. Circ. n. 344, 7-VII-1932 (G.M. 1932, pg. 1295): Foglietto di tiro. Circ. n. 428, 18-VIII-1932 (G.M. 1932, pg. 1626): Nozioni di acustica ed applicazioni alla guerra. Circ. n. 432, 25-VIII-1932 (G.M. 1932, pg. 1629): Istruzione sui colombi viaggiatori e sul seroizio delle colombaie militari. Circ. n. 433, 25-Vlll-1932 (G.M. 1932, pg. 1629): Seconda serie di aggiunte e varianti alla Istruzione per il trasporto della mitragliatrice leggera mod. 30 per cavalleria ed. 1931. Circ. n. 492, 15-IX-1932 (G.M. 1932, pg. 1816): Istruzione sul cerchio di direzione. Circ. n. 503, 22-IX-1932 (G.M. 1932, pg. 1854): Compendio d'ippologia. Circ. n. 529, 13-X-1932 (G.M. 1932, pg. 1920): Aggiunte e varianti all'istruzione provvisoria sull'impiego e funzionamento dell'autofficina di reparto su chassis Ceirano 50 C. Circ. n. 46, 26-I-1933 (G.M. 1933, pg. 172): Allegato VI al volume I dell'istruzione sul servizio automobilistico. Trattore pesante campale 26 e 30. Circ. n. 47, 26-I-1933 (G.M. 1933, pg. 173): 3a serie di ag,gitmte e varianti alla istruzione per il trasporto della mitragliatrice leggera mod. 30 per cavalleria ed. 1931. Circ. n. 174, 6-lV-1933 (G.M. 1933, pg. 594): Istruzioni sulle stazioni fotoelettriche. Stazione autofotoelettrica da cm 90. Circ. n. 175, 6-lV-1933 (G .M. 1933, pg. 594): Scuola del barcaiuolo e di navigazione. Circ. n. 344, 29-VI-1933 (G.M. 1933, pg. 1250): Istruzioni sul carro armato mod. 32. Circ. n. 356, 6-VII-1933 (G.M. 1933, pg. 1298): Istruzione sul tiro, parte 5 a, fase. I (strumenti e mezzi tecnici per il tiro contro obiettivi terrestri} del voi. IV dell'Addestramento dell'artiglieria. Circ. n. 644, 23-Xl-1933 (G.M. 1933, pg. 2356): Istruzione sulle stazioni fotoelettriche - stazione fotoelettrica carreggiata da cm 90. Circ. n. 645, 23-XI-1933 (G.M. 1933, pg. 2356): Prima serie di aggiunte e varianti all'istruzione sulle stazioni fotoelettriche - stazione autofotoelettrica da cm 90. Circ. n. 665, 30-XI-1933 (G.M. 1933, pg. 2412): Istruzione sull'uso detto sci. Cù-c. n. 728, 28-XII-1933 (G.M. 1933, pg. 2655): Norme pratiche di costruzione delle fosse sistema Monras. Circ. n. 287, 19-IV-1934 (G.M. 1934, pg. 998): Tavole dei fattori di tiro. Circ. n. 324, 3-V-1934 (G.M. 1934, pg. 1088): Istruzione per il trasporto della mitragliatrice modello 30 su bicicletta mod. 1925 ed. 1934. Circ. n. 429, 14-Vl-1934 (G.M. 1934, pg. 1538): Istruzione sulla costituzione e sul caricamento delle salmerie degli alpini in tempo di pace. Circ. n. 430, 14-VI-1934 (G.M. 1934, pg. 1539): Istruzione sui materiali di collegamento per la fanteria. Fascicolo 2° - Stazione ottica mod. 33 per fanteria. Circ. n. 431, 14-VI-1934 (G. M. 1934, pg. 1539): Istruzione sui matt'Tiali di col/egamento per la fanteria. Fase. 3° - Materiale radiotelegrafico. Stazione 2 f./. mod. 33 per fanteria. Circ. n. 499, 22-VI-1934 (G.M. 1934, pg. 2100): Istruzione sulla lanterna e sul faro Wake Fie!d. Circ. n. 48, 28-Vl-1934 (G.M. 1934, pg. 1946): Manuale per le compagnie telegrafisti e radiotelegrafisti - parte I - Nozioni di elettricità, magnetismo, telegrafia, telefonia, radiotelegrafia, radiotelefonia, ottica. Circ. n. 526, 12-VII-1934 (G.M. 1934, pg. 2330): Istruzione sulla cassa e sul cofano per attrezzi da macellazione. Circ. n. 608, 9-VIII-1934 (G.M. 1934, pg. 2800): Fogli matricolari e libretti di tiro per mitragliatrici. Circ. n. 662, 23-Vlll-1934 (G.M. 1934, pg. 2943): Manuale di radiotecnica per ufficiali del f!.enio - Parte 1a - Fondamenti scientifici di radintecnica. Circ. n. 677, 30-VIII-1934 (G.M. 1934, pg. 2982): Istruzione sui materiali di collegamento per l'artiglieria - Fase. 3° - materiale radiotelegrafico. Stazione r.f. 2 mod. 33 per artiglieria. Circ. n. 723, 13-IX-1934 (G.M. 1934, pg. 2366): Complementi di balistica esterna. Circ. n. 782, 4-X-1934 (G.M. 1934, pg. 3387): Fogli matricolari e libretti di tiro per mitragliatrici. Circ. n. 808, 11-X-1934 (G.M. 1934, pg. 3489): 1 • serie di aggiunte e varianti all'istruzione sul servizio automobilistico - Voi. I. Allegato VI - trattore pesante campale 26 e 30. Circ. n. 926, 29-Xl-1934 (G.M. 1934, pg. 3915): Dati tecnici sulle artiglierie del R.E. ediz. 1934. Circ. n. 135, 21-ll-1935 (G.M. 1935, pg. 384): Istruzione sui collegamenti. Circ. n. 242, 4-lV-1935 (G.M. 1935, pg. 747): Aggiunte e varianti all'istruzione provvisoria sull'impiego e funzionamento de/l'autofficina di reparto su chassis Ceirano 50 C. Circ. n. 513, 4-Vll-1935 (G.M. 1935, pg. 1769): Manualetto di fisiopatologia e di terapia delle lesioni da aggressivi chimici, ad uso dei medici. Circ. n. 550, 17-VIII-1935 (G.M. 1935, pg. 1860): Istruzione sui mezzi di collegamento - parte 4a, materiale radiotelegrafico, fase. 2°, stazione R.3. Circ. n. 782, 2-X- 1935 (G.M. 1935, pg. 2786): Quarta serie di aggiunte e varianti all'istruzione per il trasporto della mitragliatrice leggera mod. 30 percavalleria. Circ. n. 835, 23-X-1935 (G.M. 1935, pg. 3028): Istruzione sui lavori di mina e sugli esplosivi. Circ. n. 844, 30-X-1935 (G.M. 1935, pg. 3048): Istruzione sul modo di applicare gli apparecchi Thomas in dotazione alle unità sanitarie di mobilitazione · Pubblicazione n. 2837 ed. 1935. Circ. n. 968, 18-X -1935 (G.M. 1935, pg. 3215): Istruzione sui lavori di mina
CAP. XXIV - L'ORGANIZZAZIONE MILITARE DAL
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e sugli esplosivi. Circ. n. 929, 4-XIl-1935 (G.M. 1935, pg. 3156): Istruzione sui mezzi di collegamento - parte Y materiale ottica. Fase. I. Stazione ottica da 45 mm. Circ. n. 930, 4-XII-1935 (G.M. 1935, pg. 3157): Istruzione sui mezzi di collegamento. Parte 4°. Materiale radiotelegrafico - Fase. I 0 . Stazione R.2. Circ. n. 950, l l-XII-1935 (G.M. 1935, pg. 3179): 3° serie di aggiunte e varianti alla pubblicazione n. 2430. Istruzione a cavallo e addestramento ippico per l'arma di cavalleria ed. 1932. Circ. n. 969, 18-Xll-1935 (G.M. 1935, pg. 3216): istruzione sulla costituzione e manutenzione degli accumulatori elettrici - Pubblicazione n. 2805 cd. 1935. Circ. n. 29, 15-1-1936 (G.M. 1936, pg. 51): Manuale per allievi armaioli. Circ. n. 132, 10-Il-1936 (G.M. 1936, pg. 218): istruzione sui mezzi di collegamento - parte 3° - materia/e ottico. Fase. 2° Stazione ottica da 80 mm. Circ. n. 133, 19-Il 1936 (G.M. 1936, pp. 218): istruzione sul materiale da ponte d'equipaggio n. 1. Parte prima. Descrizione dei materiali ed operazioni elementari. Circ. n. 159, 26-Il-1936 (G.M. 1936, pg. 260): 1• serie di aggiunte e varianti alla pubblicazione 2725 - istruzione sui collegamenti - Voi. I - Mezzi ed organizzazione. Circ. n. 264, l-IV-1936 (G.M. 1936, pg. 431): Valori naturali e logaritmici delle funzioni trigometriche. Circ. n. 193, 11-III-1936 (G.M. 1936, pg. 297): Tavole di tiro per la mitragliatrice pesante mod. 14 ed. 1935. Circ. n. 194, 11-III-1936 (G.M. 1936, pg. 297): istruzione sul materiale da ponte d'equipaggio n. 1. Parte seconda. Gittamento e ripiegamento dei ponti e dei posti. Circ. n.·210, 11-III-1936 (G.M.1936, pg. 353): Istruzione sui mezzi di collegamento. Parte 4°. Materiale radiotekgrafico - Fase. 3° Modulatrice indipendente per stazione R.3. Circ. n. 218, 18-IIl-1936 (G.M. 1936, pg. 356): Istruzione sul materiale da ponte d'equipaggio n. 1. Parte terza. Abachi dei carichi ammissibili ai ponti n. 1 da 5 e da 10 tonnellate. Circ. n. 300, 8-IV-1936 (G.M. 1936, pg. 489): lstrui:ione sul servii:io automobilistico. Voi. 1. Impiego e manuteni:ione dei mezzi automobilistici. Allegato n. I. Autocarro Fiat 18 BL. Circ. n. 312, 15-IV-1936 (G.M. 1936, pg. 499): Istruzione sui mezzi di collegamento - parte 4° - materiale radiote/ey,rafico - Fase. 5° - stazione R.F.2. Circ. n. 313, 5-IV-1936 (G.M. 1936 pg. 499): Istruzione sui piani caricatori militari scomponibili (testo e tavole). Circ. n .314, 5-lV-1936 (G.M. 1936, pg. 499): Istruzione sulseroizio automobilistico. -Allegato VIII - Carro veloce 33 ed. 1935. Circ. n. 386, 13-V-1936 (G .M. 1936, pg. 644): Istruzione sul servizio automobilistico Allegato VIII - Carro veloce 33 ed. 1935. Circ. n. 387, 13-V-1936 (G.M. 1936, pg. 644): Istruzione sulla passerella n. 1 e zattera K. Circ. n. 409, 20-V-1936 (G.M. 1936, pg. 686): 5• serie di agJ!.junte e varianti alla pubblicazione 2326: Istruzione per il trasporto della mitragliatrice leggera mod. 30 per cavalleria ed. 1931. Circ. n. 450, 3-VIl-1936 (G.M. 1936, pg. 753): Istruzione sulle teleferiche (testo e tavole). Cin:. n. 646, 19-VIIl-1936 (G.M. 1936, pg. 1198): Istruzione sul ponte metallico n. 1. Circ. n. 697, 26-VIII-1936 (G.M. 1936, pg. 1277): Istruzione sulle munizioni (testo e tavole). Circ. n. 706, 1-IX-1936 (G.M. 1936, pg. 1300): Istruzione sui mezzi di collegamento - Parte 3° - Materiale ottico - Fase. 4° - Stazione fototelegrafica da 45 senza eliografo. Circ. n. 769, 10-TX-1936 (C.M. 1936, pg. 1398): Istruzione sull'impiego e funzionamento dell'a14tof/icina di reparto mod. 31. Circ. n. 828, 21-X-1936 (G.M. 1936, pg. 1487): 2• serie di aggiunte e varianti all'Istruzione sul servizio automobilistico - Voi. l - Allegato VI - trattore pesante campale 26 e 30. Circ. n. 881, 18-Xl-1936 (G.M. 1936, pg. 1603): Istruzione sull'apparato per ascoltazione aerei. Modello O.C. 1934. Circ. n. 74, 3-ll-1937 (G.M. 1937, pg. 221): Istruzione sull'uso dello sci. Circ. n. 176, 10-lll-1937 (G.M. 1937, pg. 459): Istruzionesulleferroviea scartamento ridotto e portatili. Circ. n. 178, 10-III-1937 (G.M. 1937, pg. 460): Istruzione sui carri da guerra per il seroi:do di collegamento. Circ. n. 201, 17-111-1937 (G.M. 1937, pg. 528): Istruzione sul ponte di equipaggio n. O. Circ. n. 242, 7-IV-1937 (G.M. 1937, pg. 633): Prima serie di aggiunte e varianti all'Istruzione sul pallone osservatorio italiano tipo A.P.. Circ. n. 310, 28-IV-1937 (G.M. 1937, pg. 799): Istruzione sulla passerella n. 2. Circ. n. 366, 26-V-1937 (G.M. 1937, pg. 912): Istruzione sul servizio automobilistico. Voi. I. Descrizione, manutenzione ed impiego dei mezzi automobilistici. Allegato V. Gancio snodato del traino. Circ. n. 367, 26-V-1937 (G.M. 1937, pg. 913): Fogli matricolari, libretti di tiro e specchi di visita per mitragliatrici Fiat mod. 35 e fucili mitragliatori Breda mod. 30. Circ. n. 382, 2-VI-1937 (G.M. 1937 , pg. 964): Istruzione provvisoria sul mortaio da 81 mm mod. 35. Circ. n. 431 , 23-VI-1937 (G.M. 1937, pg. 1092): Istruzione sugli annamenti dei binari e sui congegni fissi voi. I. Descrizione dei vari tipi di annamento e ripieghi. Circ. n. 490, 14-VII-1937 (G.M. 1937, pg. 1354): Istruzione provvisoria sul mnrtaio d'a.ualto Brvcia mod. 35. Circ. n. 525, 21-VII-1937
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FILIPPO STEFANI
(G.M. 1937, pg. 1489): Fogli matricolari per artiglierie. Circ. n. 560, 4-VII-1937 (G.M. 1937, pg. 1594): Istruzione provvisoria sulle passerelle da montagna. Circ. n. 577, ll-VII-1937 (G.M. 1937, pg. 1831): Istruzione provvisoria sull'uso della macchina carica nastri per mitragliatrice Fiat mod. 35. Circ. n. 626, 18-VIIl-1937 (G.M. 1937, pg. 1929): Norme per il buon funzionamento delle artiglierie e delle munizioni. Circ. n. 706, 22-IX-1937 (G.M. 1937, pg. 2276): Istruzione sul seroizio automobilistico. Voi. I. Al/egpto IX. Motociclo e mototricic/o Guzzi. Circ. n. 707, 22-IX-1937 (G.M. 1937, pg. 2276): Istruzione sui mezzi di trasmissione. Parte 3°. Materiale ottico. Fase. 3° Stazione fotote/euafica da 100. Circ. n. 915, 22-XIl-1937 (G.M. 1937, pg. 2802): Istruzione sugli armamenti dei binari e sui congegni fissi. Voi. II. Deviatori. Intersezioni. Comunicazioni e bivi. Circ. n. 8, 5-1-1938 (G.M. 1938, pg. 9): Istruzione sui mezzi di trasmissione. Parte I. Materiale telegrafico. Fase. 2°. Apparato da campo per telegrafia inintercettabile. Circ. n. 55, 26-1-1938 (G.M. 1938, pg. 101): Istruzione sul fucile Mannlicher mod. 95. Circ. n. 70, 2-11-1938 (G.M. 1938, pg. 157): Istruzione sulla pistola mod. 34. Circ. n. 117, 23-II-1938 (G.M. 1938, pg. 261): Istruzione sulle stazioni fotoelettriche - Stazione autofotoelettrica da 120. Circ. n. 121, 23-11-1938 (G.M. 19.38, pg. 263): Istruzione su/l'impiego e funzionamento dell'autoHicina di reparto mod. 35. Circ. n. 141, 2 -111-1938 (G.M. 1938, pg. 315): Istruzione sui mezzi di trasmissione. Parte 4°. Materiale radiotefewafico. Fase. 4. Stazione R .F.l.. Circ. n. 203, 23-IIl-1938 (G.M. 1938, pg. 505): Istruzione sui ponti provvisori e sulle gallerie per ferrovie. Circ. n. 317, 18-V-19.38 (G.M. 1938, pg. 1018): Istruzione sui mezzi di trasmissione. Premessa. Nozioni di elettricità, magnetismo, telegrafia, telefonia, radiotelegrafia, radiotelefonia, ottica, fototelefonia . Circ. n. 385, 15-VI-1938 (G.M. 1938, pg. 1431): Foglio matricolare per mitragliatrice Breda mod. 37. Circ. n . 400, 22-VI-1938 (G.M. 1938, pg. 1482): lstruziune sui mezzi di trasmissione. Parte 4". Materiale r.t. Fase. 7°. Stazione R.4.A. Circ. n. 416, 29-VI-1938 (G.M. 1938, pg. 1508): idem. Parte 2•. Materiale telefonico. Fase. 5°. Separatori campali per telefonia multipla e per telefonia e telegrafia simultanee. C:irc. n. 449, 13-VII-1938 (C.M. 1938, pg. 1694): idem. Parte 4". Materiale r.t. Fase. 6°. Stazione R.4. Circ. n. 450, 13-VII-1938 (G.M. 1938, pg. 1695): idem. Parte I. Materiale telegrafico. Fase. I. Cassettina telegrafica. Circ. n. 465, 20-VIl-1938 (G.M. 1938, pg. 1779): Istruzione sugli armamenti dei binari e sui congegni fissi. Voi. III. Impianti e congegni fissi di stazione. Circ. n. 467, 20-VIl-1938 (G.M. 1938, pg. 1780): Istruzione provvisoria sulla telegrafia e segnali per i collegpmenti fra le stazioni semaforiche e le truppe di difesa costiera. Circ. n. 544, 3-VIII-1938 (G.M. 1938, pg. 2004): Istruzione sui mezzi di trasmissione. Parte 4". Materiale r.t. Fase. 11 °. Posto Ra 1. Circ. n. 548, 3-VIII-1938 (G.M. 1938, pg. 2006): Prima serie di aggiunte e varianti alle Norme per il buon funzionamento delle artiglierie e delle munizioni. Circ. n. 572, 10-VIII-1938 (G.M. 1938, pg. 2110): Specchio di visita per mitragliatrice Breda mod. 37. Circ. n. 583, l 7-VIII-1938 (G.M. 1938, pg. 2154): Istruzione provvisoria sulla mitragliatrice Breda mod. 37. Circ. n. 582, 17-V lll-1938 (C.M. 1938, pg. 2154): Prima serie di aggiunte e varianti all'Istruzione sui lavori da mina e sugli esplosivi. Voi. I. Esplosivi e mezzi di accensione. Circ. n. 600, 24-VIII-1938 (G.M. 1938, pg. 2191): Regolamento per l'esercizio e la sorveglianza delle caldaie a vapore negli stabilimenti militari. Circ. n. 683, 21-IX-1938 (G.M. 1938, pg. 2401): istruzione sui mezzi di trasmissione. Parte 6°. Materiali campali di linea te/euafici e telefonici. Circ. n. 732, 12-X-1938 (G.M. 1938, pg. 2528): idem. Materiale telefonico. Fase. 4°. Centralini telefonici per 6-10-30 linee. Circ. n. 849, 7-XII-1938 (G.M. 1938, pg. 3085): idem. Parte 4 4 • Materiale r.t. Fase. 12°. Posto Ra 2. Circ. n. 875, 21-VIl-1938 (G.M. 1938, pg. 3160): idem. Parte 4•. Materiali r.t. Fase. 8°. Stazione R. 4D. Circ. n. 877, 21-XII-1938 (G.M. 1938, pg. 3161): Libretto di tiro per mitragliatrici Breda 37. Circ. n. 49, 18-1-1939 (G.M. 1939, pg. 95): istruzione sulle stazioni fotoelettriche. Nozioni di elettro-ottica. Circ. n. 59, 25-1-1939 (G.M. 1939, pg. 132): Istruzione sui mezzi di trasmissione. Parte 4 4 • Materiali r.t. Fase. 21. Circ. n. 82, 1-11-1939 (G.M. 1939, pg. 198): Istruzione sui mezzi di trasmissione. Parte 4a_ Materiali r.t. Fase. 20: Stazione R.F. E C. Circ. n. 147, 22-11-1939 (G.M. 1939, pg. 391): Norme per la manuntenzione delle funi per le teleferiche. Circ. n. 256, 22-111-1939 (G.M. 1939, pg. 873): Istruzione sul ponte metallico n. 3. Circ. n. 231, 15-III-1939 (G.M. 1939, pg. 744): Tavole di tiro per la mitragliatrice Fiat 35. Circ. n. 284, 29-III-1939 (G.M. 1939, pg. 933): Istruzione provvisoria sulle bombe a mano S.R.C.M. Breda - Oto mod. 35. Circ. n. 318, 12-IV-1939 (G.M. 1939, pg. 1007): Seconda serie di aflJl}tmte e varianti al/'istr11zionc ml pallone osservatorio italiano. Circ.
CAP. XXIV - L'ORGANIZZAZIONE MILITARE DAL
1926 AL 1940
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n. 328, 12-IV-1939 (G.M. 1939, pg. 1039): Prima serie di afijunte e varianti all'Istruzione sui collegamenti. Voi. II. Norme di corrispondenza. Circ. n. 329, 9-IV-1939 (G.M. 1939, pg. 1039): Seconda serie di afJ!,iunte e varianti all'istruzione sui collegamenti. Voi. I. Mezzi di oTgftnizzazione. Circ. n. 495, 5-VIl-1939 (G.M. 1939, pg. 1817): Seconda serie di aggiunte e varianti alle Norme per il buon funzionamento delle artiglierie e delle munizioni. Circ. n. 765, 11-X-1939 (G.M. 1939, pg. 2490): Istruzione sul seroizio automobilistico in pace. Circ. n. 826, 30-X-1939 (G.M. 1939, pg. 2625): Istruzione sul seroizio automobilisti_co. Voi. I. Descrizione ed impiego dei mezzi automobilistici. Ali. VI. Trattore pesante campale 26 e 30. Circ. n. 814, 25 -X-1939 (G.M. 1939, pg. 2606): Seconda serie di af,giunte e varianti alle disposizioni e norme relative ai seroizi della rete radiotelegrafica del R. E.. Circ. n. 848, 15-Xl-1939 (G.M. 1939, pg. 2698): Istruzione provvisoria sul materiale, sulle munizioni e sul seroizio del cannone da 47/32. Circ. n. 893, 6-XU-1939 (G.M. 1939, pg. 2826): Prima serie di a?.2,iunte e varianti al Regolamento per l'esercizio e la soroeglianza delle caldaie a vapore ecc.. Circ. n. 900, 13-XIl-1939 (G.M. 1939, pg. 2837): Prima serie di ag,J1,iunte e varianti all'istruzione sull'impiego e funzionamento dell'autofficina di reparto mod. 35. Circ. n. 915, 20-Xll-1939 (G.M. 1939, pg. 2872): Istruzione sul ponte metallico n. 2. Circ. n. 940, 27-XIl-1939 (G.M. 1939, pg. 2924): Istruzione sull'impianto, funzionamento ed impiego dell'autofficina 37. Circ. n. 942, 27-Xll-1939 (G.M. 1939, pg. 2925): Istruzioni sulle stazioni fotoelettriche. Stazione fotoelettrica someggiata da cm 60. Circ. n. 7, 3-1-1940 (G.M. 1940, pg. 8): Prima serie di ag,J1,iunte e varianti all'Istruzione sui piani caricatori militari scomponibili. Circ. n. 42, 24-I- 1940 (G.M. 1940, pg. 42): Prima serie di a?,giunte e varainti all'Istruzione sulla passerella da montagna. Circ. n. 81, 7-II-1940 (G.M. 1940, pg. 196): Codice G. Abbreviazioni di wrrispundt.7Jza ad u.10 delle stazioni r.t. del R.E .. Circ. n. 283, 1-V-1940 (G.M. 1940, pg. 776): Istruzione provvisoria sulla mitragliatrice Breda 38 per carri armati. C irc. n. 318, 15-V-1940 (G.M. 1940, pg. 836): Prima serie di aggiunte e varianti all'Istruzione sui mezzi di trasmissione. Parte 6". Materiali campali di linea te/ey,ra/ici e telefonici. Circ. n. 367, 5-VI-1940 (G.M. 1940, pg. 1170): Prima serie di aggiunte e varianti all'Istruzione sulle stazioni fotoelettriche. Stazione carreggiata da cm 90. Circ. n. 368, 5-Vl-1940 (G.M. 1940, pg. 1170): Prima serie di a?,giunte e varianti all'Istruzione sulle stazioni fotoelettriche stazione carreggiata da cm 75. Circ. n. 477, 3-VIl-1940 (G.M. 1940, pg. 1560): Codice G. Abbreviazioni di corrispondenza da impiegare fra stazioni r.t. dei R.E. e stazioni dipendenti da altre amministrazioni. Circ. n. 501, 10-Vll-1940 (G.M. 1940, pg. 1634): Istruzione sui collegamenti. Voi. Il. Norme di corrispondenza. Circ. n. 522, l 7-VIl-1940 (G.M. 1940, pg. 1697): Manuale per i/pi/,ota del carro L.35 Circ. n. 540, 24-VII-1940 (G.M. 1940, pg. 1734): Istruzione per l'uso della punzonatrice Adrema. Circ. n. 606, 7-VIIl-1940 (G.M. 1940, pg. 1977): Terza serie di aggiunte e varianti all'Istruzione sul pallone osseroatorio italiano. Circ. n. 6 77, 28-VIll-1940 (G.M. 1940, pg. 2147): Istruzione sui mezzi di trasmissione. Parte 2". Materiale telefonico. Fase. 1. Apparato tele/onico da campo leggero. Circ. n . 678, 28-VIIl-1940 (G.M. 1940, pg. 2147): Norme per ii buon funzionamento delle artiglierie e delle munizioni. Circ. n. 679, 28-Vlll-1940 (G.M. 1940, pg. 2148): Istruzione sul ponte di equipa?.2,io n. 3. Circ. n . 821, 6-Xl-1940 (G.M. 1940, pg. 2784): Istruzione provvisoria sui pontili di sbarco con materiale dei ponte di equipaf,gio n. O. Circ. n. 823, 6-Xl-1940 (G.M. 1940, pg. 2785): Prima serie di afijunte e varianti all'Istruzione sul ponte metallico n. 1. Circ. n. 877, 27-Xl-1940 (G.M. 1940, pg. 3134): Istruzione sui mezzi di trasmissione. Parte 2". Materiale telefonico. Fase. 3°. Apparato telefonico da guardafili. Circ. n. 951, 18-XII-1940 (G.M. 1940, pg. 3309): Foglio matricolare per bocche da fuoco. Cannone mitragliera da 20 mod. 35. Circ. n. 952, 18-Xll-1940 (G.M. 1940, pg. 3309): Fo[l.lio matricolare per affusti e installazioni. AHusto per cannone mitragliera da 20 mod. 35. Circ. n. 967, 25-XIl-1940 (G.M. 1940, pg. 2249): 'favok· di tiro per mortai da 81 mod. 35. (100) Circ. n. 436, 21-VIl-1927 (G.M. 1927, pg. 1374): Prima serie di a?,giunte e varianti all'Istruzione sulla costituzione e sul funzionamento delle delegazioni trasporti militari, dei comandi militari di stazione e degli ullici imbarchi e sbarchi. Circ. n. 211, 5-IV-1928 (G.M. 1928, pg. 642): Regolamento sulle co/laudazioni, visite e matricola delle arti[l.lierie. Parte 1 • (l voi. testo e 1 voi. tavole) e parte 2•. Circ. n. 851, 27-Xll-1928 (G.M. 1928, pg. 2907, 2908): Norme per il buon funzionamento delle artiglierie e delle munizioni (ristampa dell'cd. 1924).
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Circ. n. 667, 31-X-1929 (G.M. 1929, pg. 2636, 2639): Istruzione sul caricamento dei mezzi di trasporto dell'arma di fanteria. Circ. n. 753, 12-Xll-1929 (G.M. 1929, pg. 2847, 2849): btruzione per l'uso ed il minuto mantenimento degli immobili militari. Circ. n. 244, 14-V-1929 (G.M. 1929, pg. 871): Specchi riguardanti I.e caratteristiche degli autoveicoli in seroizio presso il R.E., anno 1931. Circ. n. 381, 23-VII-1931 (G.M. 1931, pg. 1597): Istruzione sull'affardellamento della cavalleria ed. 1931. Circ. n. 219, 20-lV-1933 (G.M. 1933, pg. 882): Istruzione sull'affardellamento della cavalleria. Circ. n. 444, 27-VIII-1933 (C.M. 1931, pg. 1891): Modello per gli inventari dei materiali di artiglieria, del genio ed automobilistico. Voi. I, II, lll, IV, V, VI, VII, VIII, IX ed. 1931. Circ. n. 500, 24-IX-1931 (G.M. 1931, pg. 2129): Modello per gli inventari del materiale di artiglieria del genio ed automobilistico. Voi. XI ed. 1931 . Circ. n. 593, 19-XI-1931 (G.M. 1931, pg. 2580): Norme pratiche e dati elementari di calcolo per la costruzione di piccoli impianti idro-e/.ettrici di circostanza. Circ. n. 44, 21-1-1932 (G.M. 1932, pg. 92): Norme per la costituzione dei depositi esplosivi ed. 1931. Circ. n. 60, 31-1-1932 (G.M. 1932, pg. 226): Istruzione sul servizio delle disinfezioni e delle disinfestazioni. Circ. n. 537, 8-X-1932 (G.M. 1932, pg. 1951): Nuovo nomenclatore del materiale dei seroizi logistici (categorie I e II) e nuova raccolta dei conti di costruzione di oggetti di corredo e di equipaggimento generale. Circ. n. 644, 14-Xll-1932 (G.M. 1932, pg. 2332): Norme generali per l'organizzazione e funzionamento dei servizi in guerra. Ed. 1932. Circ. n. 239, 12-V-1932 (G.M. 1932, pg. 824): Norme regolamentari per l'esecuzione dei lavori del genio militare. Circ. n. 79, 9-IJ-1933 (G.M. 193 3, pg. 268): Aggiunte e varianti ed errata-corrige al Modello per gli inventari del materiale d'artiglieria, del genio e automobilistico. Circ. n. 9 1, 16-II-1933 (G.M. 1933, pg. 360): Quarta serie di aggiunte e varianti al Prontuario per la compila:,:io11e di richieste per provvista di materiali e norme da seguirsi nelle col/audazioni. Circ. n. 92, 16-II-1933 (G.M. 1933, pg. 174): Istruzione sul seroizio dei portaferiti, degli infennieri e degli aiutanti di sanità. Circ. n. 105, 23-Il-1933 (G.M. 1933 , pg. 386): Istruzione per l'i11,iene dei militari del RE ed. 1932. Circ. n. 164, 23-III-1933 (G.M. 1933, pg. 519): Regolamento sul seroizio sanitario militare territoriale. Circ. n. 206, 13-lV-1933 (G.M. 1933, pg. 752): Appendice all'istruzione sul servizio delle disinfezioni e delle disinfestazioni. ed. 1933. Circ. n. 244, 4-V-1933 (G.M. 1933, pg. 933): Catalogo dei materiali del gruppo C (servizi di artiglieria, genio, automobilismo e chimico). Circ. n. 309, 8-Vl-1933 (G.M. 1933, pg. 1155): Istruzione per il trasporto degli esplosivi - ed. 1932. Circ. n. 379, 20-VII-1933 (G.M. 1933, pg. 1405): Catalogo dei materiali del gruppo C (seroizi di artiglieria, genio, autòmobilismo e chimico). Circ. n. 664, 30-XI-1933 (G.M. 1933, pg. 2412): Aggiunte e varianti al Modello per gli inventari del materiai.e d'artiglieria, del genio, automobilistico. Circ. n. 711, 21-XII-1933 (G.M. 1933, pg. 2601): Prima serie di aggiunte e varianti alle Norme per la costituzione dei depositi di materiali esplosivi ed. 1931. Circ. n. 94, 30-1-1934 (G.M. 1934, pg. 263): Tabelle caratteristiche autoveicoli in servizio militare. Circ. n. 214, 22-Ul-1934 (G.M. 1934, pg. 795): Caricamento del treno attrezzato per il trasporto dei feriti e malati (mod. 1933). Circ. n. 264, 3-IV-1934 (G.M. 1934, pg. 903): Catalogo dei materiali del 11,ruppo C (seroizi di artiglieria, genio, automobilismo e chimico). Circ. n. 247, 5-IV-1934 (G.M. 1934, pg. 864): Catalogo dei materiali del gruppo C (servizi di artiglieria, genio, automobilismo, chimico). Circ. n. 265, 12-IV-1934 (G.M. 1934, pg. 903): Manuale dei medicamenti. Voi. I. Circ. n. 333, 10-V-1934 (G.M. 1934, pg. 1111): Prontuario per trasporto a tari/la militare a grande e a piccola velocità, dei bagagli, J!.eneri, materiali, esplosivi, quadrupedi, veicoli, ecc. sulle ferrovie dello Stato. Circ. n. 334, 10-V-1934 (G.M. 1934, pg. 1113): Regolamento per i trasporti militari sulle FF.SS. - Parte seconda - trasporti di cose. Ed. 1934 - Disposizioni esecutive. Circ. n. 341, 10-V-1934 (G.M. 1934, pg. 1135): Catalogo dei materiali del gruppo C (servizi di artiglieria, genio, automobilismo e chimico). Circ. n. 411, 7-Vl-1934 (G.M. 1934, pg. 15 38)": Istruzione sulla costituzione e s.u l caricamento delle salmerie degli alpini per il tempo di pace. Circ. n. 499, 22-Vl-1934 (G.M. 1934, pg. 2100): Istruzione nell'uso. Circ. n. 526, 12-VII-1934 (G.M. 1934, pg. 2339): lstruzione sulla cassa e sul cofano attrezzi da macellazione e da distribuzione viveri. Circ. n. 644, 31-Vll-1934 (G.M. 1934, pg. 2912): Varianti e aggiunte al Nomenclatore del materiale dei servizi logistici. Categorie I e Il e alla Raccolta dei conti di costruzione degli oggetti di corredo e di equipa?J!,iamento generale. Circ. n. 663, 23-Vlll-1934 (G.M. 19.34, pg. 2943): Regolamento sui trasporti militari sulle fe1Tovie. Parte 2a. Circ. n. 809, 11-X-1934 (G.M. 1934, pg. 3490): Norme per l'impianto dei parafulmini nepJi edifir.i mi/itmi.
CAP. XXIV - L'ORGANIZZAZIONE MillTARE DAL
1926 AL 1940
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Ristampa 1934. Circ. n. 73, 31-1-1935 (G.M. 1935, pg. 198): Regolamento nel servizio dei trasporti ferroviari e marittimi - parte prima - orientament-0 del servizio - ed. 1934. Circ. n. 200, 21-III-1935 (G.M. 1935, pg. 661): Istruzione sul rastrellamento delle munizioni e degli esplosivi. Circ. n. 241, 4-IV-1935 (G.M. 1935, pg. 743): Regolamento sul servizio veterinario militare territoriale. Circ. n. 258, 11-lll-1935 (G.M. 1935, pg. 782): Manuale sanitario per la guerra chimica. Circ. n. 308, 2-V-1935 (G.M. 1935, pg. 1035): Regolamento per i trasporti militari (persone) ed. 1935. Cicc. n. 410, 30-V-1935 (G.M. 1935, pg. 1372): Catalogo dei materiali del gruppo C (servizi di artiglieria, genio, automobilistico e chimico. Circ. n. 542, ll-III-1935 (G. M. 1935, pg. 1839): Aggiunte e varianti al Model/o per gli inventari del gruppo C. Circ. n. 630, 7-VIII-1935 (G.M. 1935, pg. 2212): Istruzioni sulle salmerie e su/ ca"eggio dei corpi. Circ. n. 739, 18-IX-1935 (G.M. 1935, pg. 2259): Regolamento per il trasporto delle merci pericolose e nocive sulle fe"ovie dello Stato che sostituisce e abroga l'allegato n. 3 della pubblicazione n. 7212 ed. 1934. Cicc. n. 833, 23-X-1935 (G.M. 1935, pg. 3027): Istruzione sul servizio idrico. Circ. n. 853, 29-X-1935 (G.M. 1935, pg. 3056): Regolamento sul servizio dei trasporti fe"oviario e marittimi. Parte 2•. Trasporti ferroviari ed. 1935. Cicc. n. 855, 6-Xl-1935 (G.M. 1935, pg. 3056): Catalogo dei materiali del gruppo C (servizi di artiglieria, genio, automobilismo e chimico). Circ. n. 72, 19-1-1936 (G.M. 1936, pg. 105): Istruzione per il servizio di sanità in guerra ed. 1935. Circ. n. 191, 11-lll-1936 (G.M. 1936, pg. 296): Istruzione per il servizio di sanità in guerra. ed. 1935. Circ. n. 329, 22-IV-1936 (G.M. 1936 , pg. 590): Istruzione per la visita alle armi mod. 91. Circ. n. 346, 29-IV-1936 (G.M. 1936, pg. 601): Regolamento per il servizio di cassa in $!.Uerra. Circ. n. 478, l 7-Vl-1936 (G.M. 1936, pg. 840): Istruzione sul servizio ciclistico per l'arma dei carabinieri reati. Circ. n. 498, 24-VI- 1936 (G.M. 1936, pg. 882), circ. n. 499, 24-Vl-1936 (G.M. 1936, pg. 882), e circ. n. 583, 22-VIl-1936 (G.M. 1936, pg. 1033): Catalogo dei materiali del gruppo C (servizi di artiglieria, genio, automobilistico e chimico. Circ. n. 595 , 29-VII-1936 (G.M. 1936, pg. 1050): Regolamento per il trasporto sulle ferrovie dei feriti e malati in guerra. Hd. 1936. Circ. n. 697, 26-VIII-1936 (G.M. 1936, pg. 1277): Istruzione sulle munizioni - Parte 1 • (testo tavole). Circ. n. 750, l-IX-1936 (r..M. 19.3(,, pg. 1,81) : Prima serie di aggiunte e varianti al Rey..olamento sul Servizio dei trasporti ferroviari e marittimi - Parte prima - Ordinamento del seroizio ed. 1934. Circ. n. 720, 9-IX-1936 (G.M. 1936, pg. 1335): Catalogo del materiale del gruppo C (servizio di artiglieria, genio, automobilistico e chimico). Circ. n. 809, 14-X-1936 (G.M. 1936, pg. 1454): Prima serie di aggiunte e varianti all'istruzione per il servizio di sanità in guerra ed. 1935. Circ. n . 249, 7-IV-1937 (G.M. 1937, pg. 646): Prontuario delle distanze chilometriche fra le stazioni della rete ferroviaria dello Stato. Circ. n. 265, 14-IV-1937 (G .M. 1937, pg. 14): Aggiunte e varianti al Modello per gli inventari del materiale d'artiglieria, del genio ed automobilistico. Circ. n. 294, 21-IV-1937 (G.M. 1937, pg. 294): Prontuario per la visita, contro visita e riparazione del materiale da 105/28. Fase. I, II, III, Ill e V. Circ. n. 309, 28-TV-1937 (G.M. 1937, pg. 79 8): Catalogo dei materiali del grttppo C. Circ. n . 413 , 16-VT-1937 (G.M. 1937, pg. 1045): Seconda serie di aggiunte e varianti al Regolamento sul servizio dei trasporti fe"oviari e marittimi. Parte 1 •. Ordinamento del seroizio. Circ. n . 447, 30-Vl-1937 (G.M. 1937, pg. 1209): Catalogo dei materiali del gruppo C. Circ. n. 656, l-lX-1937 (G.M. 1937 , pg. 2094): Catalogo dei materiali del gruppo C. Cicc. n. 737, 6-X-1937 (G.M. 1937, pg. 2317): Istruzione sul servizio pompieristico militare. Circ. n. 774 , 20-X-1937 (G.M. 1937, pg. 2369): Nomenclatore del materiale dei servizi loF,istici. Categ. N generi e materiali per il servizio della sussistenza militare. Circ. n. 99, 16-11-1938 (G.M. 1938, pg. 222): Prima e"ata comge al Nomenclatore del materiale dei servizi logistici. Circ. n. 119, 23-11-1938 (G.M. 1938, pg. 262): Dati logistici relativi al movimento ed allo stazionamento delle truppe. Circ. n. 163, 9-III-1938 (G.M. 1938, pg. 385): Nomenclatore dei materiali dei servizi logistici (ristampa). Circ. n. 208, 23-Ill-1938 (G.M. 1938, pg. 507): Prontuario di dati organici, tecnici, logistici, fase. Il, parte 2 4 , profondità di marcia e tempo di sfilamento dei comandi, truppe e servizi. Circ. n. 222, 30-III-1938 (G.M. 1938, pg. 536): Prontuario di dati organici, tecnici, logistici. Fase. I. Dati organici sommari. Circ. n . 281, 27-IV-1938 (G.M. 1938, pg. 865): Catalogo dei materiali de/gruppo C. Cicc. n. 314, 18-V-1938 (G.M. 1938, pg. 1017): Prima serie di aggiunte e varianti al tari/fario dei lavori occorrenti per la riparazione e manutenzione dei materiali de/gruppo C. Circ. n . 429, 6-VII-1938 (G.M. 1938, pg. 1634): Le fiaccature nel mulo dell'esercito. Circ. n. 731, 12-X-1938 (C.M . 1938, pg. 2527): Catalogo dei mate-
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FILIPPO STEFANI
riali del gruppo C. Circ. n. 812, 16-XI-1938 (G.M. 1938, pg. 2930): Prontuario di dati organici, logistici e tecnici. Parte 3 4 . Fase. Il. Circ. n. 114, 15-11-1939 (G.M. 1939, pg. 257): Prontuario di dati organici, tecnici, logistici. Fase. Il. Parte 4 4 • Circ. n. 176, 1-III-1939 (G.M. 1939, pg. 461): idem. Circ. n. 257, 22-Ill-1939 (G.M. 1939, pg. 874): Organizzazione stradale e disciplina del movimento in guerra. Circ. n. 285, 29-IIl-1939 (G.M. 1939, pg. 934): CAtalogo dei materiali del gruppo C. Circ. n . 365, 10-V-1939 (G.M. 1939, pg. 1254): idem. Circ. n. 395, 24-V-1939 (G.M. 1939, pg. 1370): Istruzione sul seroi:ào del materiale del gruppo C presso i corpi. Materiali appartenenti al seroizio d'artiglieria. Armi portatili. Buffetterie. Munizioni per armi portatili. Carreggio. Bardature e finimenti. Circ. n. 396, 24-V-1939 (G.M. 1939, pg. 1371): Prontuario di dati organici, tecnici e logistici. Fase. II. Parte 1 4 • Movimento e stazionamento delle truppe. Circ. n. 433, 7-Vl-1939 (G.M. 1939, pg. 1528): Catalogo dei materiali del gruppo C. Circ. n. 550, 2-VIIl-1939 (G.M. 1939, pg. 1918): Prontuario per la visita, controvisita e riparazione del materiale da 100/17 mod. 16. Circ. n. 644, 30-VIII-1939 (G.M. 1939, pg. 2166): Catalogo di materiali del gruppo C. Circ. n. 751, 4-X-1939 (G.M. 1939, pg. 2465): Tena serie di aggiunte e varianti al Regolamento sul seroizio dei trasporti ferroviari e marittimi. Parte 14 . Ordinamento del seroizio. Circ. n. 879, 29-Xl-1939 (G.M. 1939, pg. 2797): Trasporti perv.o. in guerra. Allegato n. 7 alle Norme generali per l'organizzazione e funzionamento dei seroizi in guerra. Circ. n. 917, 20-XIl-1939 (G.M. 1939, pg. 2838): Prima serie di a?,giunte e varianti all'Istruzione nel seroizio ciclistico per l'arma dei carabinieri reali. Circ. n. 30, 17-1-1940 (G.M. 1940, pg. 50): Istruzione sull'affardellamento dei bersaglieri ciclisti e motociclisti e sul trasporto delle armi e delle munizioni sulla bicicletta e sui motomezzi. Circ. n. 209, 3-IV-1940 (G.M. 19'10, pg. 524): Prima serie di appe11dice e varia11ti al Prontuario per la visita, controvisita e riparazione del materiale da 149/12 mod. 14. Circ. n. 224, 10-IV-1940 (G.M. 1940, pg. 572): Terza serie di aggiunte e varianti all'Istruzione sull'affardellamento della cavalleria. Circ. n . 258, 24-IV-1940 (G.M. 1940, pg. 696): Istruzione per l'igiene dei militari del R.E. Circ. n. 282, l -V- 1940 (G.M. 1940, pg. 774): Norme per la costituzione dei depositi dei materiali esplosivi. Prima ristampa a?,giornata. Circ. n. 337, 22-V-1940 (G.M. 1940, pg. 1068): Prontuario per la visita ecc. del materiale da 100/17 mod. 14. Fase. I, II, 111, N , V. Circ. n. 370, 19-Vl-1940 (G.M. 1940, pg. 1171): Regolamento del seroizio veterinario militare territoriale. Cicc. n . 427, 26-Vl-1940 (G.M. 1940, pg. 427): CAta/ago dei materiali del gruppo C. Circ. n . 428, 26-Vl-1940 (G.M. 1940, pg. 1437): Istruzione sull'af/ardellamento interno ed esterno del sacco nuovo modello per truppe alpine. Circ. n. 498, 10-VIl-1940 (G.M. 1940, pg. 1688): Regolamento per l'esecuzione dei grandi trasporti militari in guerra. Circ. n. 521, 17-VIl-1940 (G.M. 1940, pg. 1697): Istruzione sul movimento e stazionamento delle truppe. Circ. n. 697, l 1-IX-1940 (G.M. 1940, pg. 2347): Raccolta delle disposizioni riguardanti il seroizio dell'assistenza spirituale alle forze armate dello Stato. Circ. n. 784, 23-X-1940 (G.M. 1940, pg. 2641): Istruzione per i seroizi di commissariato militare. Libro 2 °. Servizio delle sussistenze militari. Circ. n . 843, 13-XI-1940 (G.M. 1940, pg. 2813): Seconda serie di aggiunte e varianti al tariffario dei lavori occorrenti per la riparazione e manutenzione dei materiali del gruppo C. Circ. n. 926, 11-XII-1940 (G.M. 1940, pg. 3269): Prima serie di ag,g_iunte e varianti al Prontuario per la visita, controvisita e riparazione del materiale da 100/17. Fase. II. Circ. n. 929, ll-II-1940 (G.M. 1940, pg. 3271): Seconda serie di a?,giunte e varianti al Prontuario per la visita, controvisita e riparazione nel materiale da 149/12 mod. 1914. Fase. II. Quaderni di caricamento. Circ. n. 690, 18-X-1928 (G.M. 1928, pg. 2451): autoblindo Lancia ad 1 o 2 torrette girevoli. Circ. n. 209, 3-IV-1930 (G.M. 1930, pg. 729): carro armato Fiat 3000 A e B. Cicc. n. 39, 22-1-1931 (G.M. 1931, pg. 114): Centri raccolta notizie e posti vedetta della rete di avvistamento contro aerei. Circ. n. 157, 23-III-1933 (G.M. 1933, pg. 515): Parchi telefonici e telegrafici. Circ. n. 321, 15-VI-1933 (G.M. 1933, pg. 1186): Parchi zappatori e minatori. Circ. n . 45, 4-1-1934 (G.M. 1934, pg. 27): Autocarreggio per cavalleria. Circ. n. 6, 4-1-1934 (G.M. 1934, pg. 28): Carro veloce 29. Circ. n. 24, 22-111-1934 (G.M. 1934, pg. 795): freno attrezzato per il trasporto feriti e malati. Circ. n. 736, 20-IX-1934 (G.M. 1934, pg. 3296): Parco autocarreggio per compagnia mascheratori. Circ. n. 783, 4-X-1934 (G.M. 1934, pg. 3388): Aggiunte e varianti parchi telefonici e telegrafici. Circ. n. 578, 24-VII-1934 (G.M. 1934, pg. 1952): A?,giunte e varianti parchi zappatori artieri. Circ. n. 179, 4-III-1936 (G.M. 1936, pg. 285): Sezione pompieri. Circ. n. 328, 2-IV-1936 (G.M. 1936, pg. 590): OHicina autntrainata per compagnie meccanici-elettricisti. Circ. n. 330,
CAP. XXIV - L'ORGANIZZAZIONE MIUTARE DAL
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2-IV-1936 (G.M. 1936, pg. 591): Teleferiche militari regolamentari. Circ. n. 331, 22-IV-1936 (G.M. 1936, pg. 591): Officina autotrainata per compagnia idrici. Circ. n. 343, 9-IV-1936 (G.M. 1936, pg. 600): Officina autotrainata per compagnia pompieri. Circ. n. 344, 29-IV-1936 (G.M. 1936, pg. 600): Officina autotrainata per collegamenti. Circ. n. 433, 27-V-1936 (G.M. 1936, pg. 730): Sezione dì passerella n. 1 e zattera K. Circ. n. 468, 10-VI-1936 (G.M. 1936, pg. 799): Colombaie mobili. Circ. n. 596, 29-VII-1936 (G.M. 1936, pg. 1050): Stazione e posto aerologico. Circ. n. 634, 12-VIII-1936 (G.M. 1936, pg. 1183): Nucleo chirurgico mod. 1935. Circ. n. 733, 16-IX-1936 (G.M. 1936, pg. 1358): Batteria di cannoni da 20 mod. 35. Circ. n. 914, 3-XII-1936 (G.M. 1936, pg. 1646): Parco per compagnia ferrovieri di lavoro. Circ. n. 75, 3-Il-1937 (G.M. 1937, pg. 222): Materiale da ponte di equipaggio n. 1. Circ. n. 311, 28-IV-1937 (G.M. 1937, pg. 799): Parchi artieri. Circ. n. 432, 23-VI-1937 (G.M. 1937, pg. 1092): Gruppi di attrezzi pneumeccanici /ef,geri e pesanti. Circ. n. 471, 7-VIl-1937 (G.M. 1937, pg. 1319): Compagnia mortai da 81 mod. 35 e plotone mortai da 81 per battaglione alpino. Circ. n. 857, 1-XII-1937 (G.M. 1937, pg. 2593): Parco per compagnia meccanici-elettricisti. Circ. n. 897, 15-XII-1937 (G.M. 1937, pg. 2738): Compagnia lavoratori zapparori-minatori. Circ. n. 913, 22-XII-1937 (G.M. 1937, pg. 2801): Compagnie lavoratori specialisti. Circ. n. 56, 26-1-1938 (G.M. 1938, pg. 101): Compagnia aerostieri per osservazione. Circ. n. 399, 22-Vl-1938 (G.M. 1938, pg. 1481): Parco autocarreyJ!jato per compagnia idrici (aggiunte e varianti). Circ. n. 466, 20-VII-1938 (G.M. 1938, pg. 1780): Compagnia meccanici-elettricisti (aggiunte e varianti). Circ. n. 543, 3-VIII-1938 (G.M. 1938, pg. 2003): Parco per compagnia meccanici elettricisti (Prima serie di aggiunte e variantt). Circ. n. 545, 3-VIII-1938 (G.M. 1938, pg. 2005): Officina autotrainata per compagnia idrici. Circ. n. 547, 3-VIII-1938 (G.M. 1938, pg. 2006): Officina autotrainata per collegamenti. Circ. n. 568, 10-VIII-1938 (G.M. 1938, pg. 2108): Parco per compagnia ferrovieri di lavoro. Circ. n. 569, 10-VIII-1938 (G.M. 1938, pg. 2108): Officina autotrainata per compagnia pompieri. Circ. n. 653, 14-IX-1938 (G.M. 1938, pg. 2285): Stazione fotoelettrica autocarreyJ!jata da 150 cm. Circ. n. 60, 25-1-1939 (G.M. 1939, pg. 132): Parco autotrainato per compagnia idrici (aggiunte e varianti). Circ. n . 81, 1-II-1939 (G.M. 1939, pg. 198): Parco per compagnia ferrovieri di lavoro (aggiunte e varianti). Circ. n. 148, 22-II-1939 (G.M. 1939, pg. 392): Officina autotrainata per compagnia artieri e compagnia minatori (aggiunte e varianti). Circ. n. 149, 22-II-1939 (G.M. 1939, pg. 392): Parchi artieri (aggiunte e varianti). Circ. n. 350, 3-V-1939 (G.M. 1939, pg. 1092): Parco autocarreyJ!jato per compagnia idrici (aggiunte e varianti). Circ. n. 878, 29-Xl-1939 (G.M. 1939, pg. 2797): Parchi minatori mod. 1935. Circ. n. 185, 20-111-1940 (G.M. 1940, pg. 439): Parco per compagnia meccanici elettricisti (aggiunte e varianti). Circ. n. 435, 28-Vl-1940 (G.M. 1940, pg. 1440): Compagnia aerostieri per osservazione (aggiunte e varianti). Circ. n. 500, 10-VII-1940 (G.M. 1940, pg. 1633): Ponte di equipaggio N.O. (101) Circ. n. 276, 28-V-1931 (G.M. 1931, pg. 1130): Norme per l'avvistamento e la segnalazione degli aerei. Circ. n. 106, 25-II-1932 (G.M. 1932, pg. 431): Corrispondenza d'ufficio e servizio postale e telegrafico. Circ. n. 358, 5-VII-1933 (G.M. 19 33, pg. 1299): Codice per i collegamenti aerostieri. Circ. n. 727, 28-XII-1933 (G.M. 1933, pg. 2655): Codice G. Abbreviazioni di corrispondenza ad uso delle stazioni r.t. del R.E. Circ, n. 661, 23-Vlll-1934 (G.M. 1934, pg. 2942): Codice G. Abbreviazioni di corrispondenza ad uso delle stazioni r.t. del R .E. Circ. n. 678, 30-VIII-1934 (G.M. 1934, pg. 2982): Norme di corrispondenza per le stazioni radiote/ewafiche campali. Circ. n. 106, 7-Il-1935 (G.M. 1935, pg. 295): Codìce G. Abbreviazioni dì corrispondenza ad uso delle stazioni r.t. del R.E. Circ. n. 696, 20-VIII-1935 (G .M. 1935, pg. 2390): Istruzione sull'avvistamento e la segnalazione dey)i aerei. Circ. n. 871, 13-Xl-1935 (G.M. 1935, pg. 3070): Segni convenzionali e abbreviazioni. Circ. n. 291, 8-IV-1936 (G.M. 1936, pg. 474): Prima serie di aggiunte e varianti ai Segni convenzionali ecc. Circ. n . 366, 6-V-1936 (G.M. 1936, pg. 620): Istruzione intorno agli atti di morte, agli atti di nascilo ed ai testamenti in guerra. Circ. n. 788, 6-X-1936 (G.M. 1936, pg. 1426): Istruzione sull'avvistamento e la segnalazione degli aerei. Circ. n. 985, 30-XII-1936 (G.M. 1936, pg. 1735): Seconda serie aggiunte e varianti a Segni convenzionali ecc. Circ. n. 288, 14-IV-19 37 (G.M. 1937, pg. 763): Indirizzi convenzionali telegrafici. Circ. n. 71, 2-Il-1938 (G.M. 1938, pg. 158): Servizio in gutm"a. Circ. n. 54, 26-1-1938 (G.M. 1938, pg. 100): Istruzione sul movimento e stazionamento delle
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FILIPPO STEFANI
truppe (allegato 1° al Servizio in guerra). Circ. n. 157, 22-III-1939 (G.M. 1939, pg. 874): Organiuazionestradaleedisciplinadelmovimento. Circ. n. 397, 24-V-1939 (G.M. 1939, pg. 1371): Segni convenzionali ed abbreviazioni. Circ. n. 539, 26-VII-1939 (G.M. 1939, pg. 1896): Individuazione, indicazione, determinazione e desii'J111Zione degli obiettivi. Circ. n. 676, 13-IX-1939 (G.M. 1939, pg. 2292): Disposizioni e nonne relative ai seroizi della rete r.t. del R.E. Circ. n. 677, 13-X-1939 (G.M. 1939, pg. 2293): Prima serie di aggiunte e varianti alle Disposizioni e norme relative ai servizi della rete r.t. del R.E. Circ. n. 281, l-V-1940 (G.M. 1940, pg. 774): Servizio in gue"a. Circ. n. 520, l 7-VIl-1940 (G.M. 1940, pg. 520): Usi e convenzioni di gu~a. (102) Circ. n. 514, 15-VIII-1929 (G.M. 1929, pg. 2161): Regolamento di disciplina militare. Circ. n. 577, 24-VIl-1935 (G.M. 1935, pg. 1951): Prima serie di ag,g,iunte e varianti al Regolamento di disciplina militare ed. 1929. Circ. n. 719, 29-VIII-1937 (G.M. 1937, pg. 2297): Istruzioni pratiche per l'applicazione della legge 13-VI-1935 n. 1067 concernente l'assoggettamento alla legge penale militare e alla giurisdizione militare degli obbligati al servizio d'istruzione premilitare e postmilitare. Circ. n. 684, 21-IX-1938 (G.M. 1938, pg. 2401): Raccolta delle disposizioni per l'amministrazione della giustizia militare complementari di codici penali militari. Voi. 1. Disposizioni modificatrici e integratrici codici penali militari. Circ. n. 876, 21-XII-1938 (G.M. 1938, pg. 3160): Raccolta di norme per l'applicazione della parte disciplinare della legge sullo stato degli ufficiali del R.E. e delle relative norme esecutive. Circ. n. 765, 16-X-1940 (G.M. 1940, pg. 2556): Raccolta delle disposizioni per l'amministrazione della giustizia militare complementari dei codici penali militari. Voi. I. Disposizioni modificatrici e integratrici dei codici penali militari. 1° Libro. Tntroduzione. Parte 14 , Sezione 1 4 • Circ. n. 766, 16-X -1940 (G.M. 1940, pg. 2557): Corpi di reato, ipoteca legale, sequestro, depositi giudiziari in materia penale. Raccolta awornata, coordinata ed annotata delle disposizioni ecc. (103) Circ. n. 209, 4-IV-1929 (G.M. 1929, pg. 653): Regolamento su/l'uniforme e istruzione mila divisa dei reali carabinieri. Circ. n. 561, 29-X-1931 (G.M. 1931, pg. 2499): Regolameno sull'uni/orme. Circ. n. 123, 3-111-1932 (G.M. 1932, pg. 475): Regolamento sul seroizio territoriale. Circ. n. 180, 7-IV-1932 (G.M. 1932, pg. 584): Istruzione per la concessione degli attendenti. Circ. n. 270, 26-V-1932 (G.M. 1932, pg. 1077): Raccolta delle disposizioni pennanenti ecc. Fase. n.6. Circ. n. 98, 8-II-1934 (G.M. 1934, pg. 302): Fase. n. 28 della Raccolta di disposizioni permanenti in vigore per il R.E. Circ. n. 199, 15-III-1934 (G.M. 1934, pg. 768): Fase. n. 30 della Raccolta delle disposizioni pennanenti in vigore per il R.E. Circ. n. 246, 5-IV-1934 (G.M. 1934, pg. 864): Quarta serie di aggiunte e varianti al Regolamento sull'uniforme. Circ. n. 378, 24-V-1934 (G.M. 1934, pg. 1393): Quinta serie di aggiunte e varianti al Regolamento sull'uni/onne. Circ. n. 411, 7-VI-1934 (G.M. 1934, pg. 1487): Fase. n. 36 della Raccolta delle disposizioni pennanenti in vigore per il R.E. Circ. n. 755, 27-IX 1934 (G.M. 1934, pg. 3332): Regolamento per i documenti caratteristici. Circ. n. 386, 23-V-1935 (G.M. 1935, pg. 1233): Regolamento per le riviste e parate. Circ. n. 467, 20-VI-1935 (G.M. 1935, pg. 1542): Regolamento per le licenze nel R.E. Circ. n. 751, 18-IX-1935 (G.M. 1935, pg. 2574): Raccolta di disposizioni permanenti in vigore per il R.E. Circ. n. 856, 6-XI-1935 (G.M. 1935, pg. 3056): Istruzione per la compilazione delle memorie storiche dei corpi. Circ. n. 8 72, 13-XI-l 9 3 5 (G.M. 1935, pg. 3071): Regolamento per le riviste e parate ed. 1935. Circ. n. 158, 26-II-1936 (G.M. 1936, pg. 260): Norme per la vita di caserma. Circ. n. 346, 9-IV-1936 (G.M. 1936, pg. 601): Regolamento per il servizio di cassa in gu~a. Circ. n. 366, 6-V-1936 (G.M. 1936, pg. 626): Istruzione intorno agli atti di morte, agii atti di nascita ed ai testamenti in gu~a. Circ. n. 497, 24-VI-1936 (G.M. 1936, pg. 881): Raccolta di disposizioni pennancnti in viF,ore pel R.E. Circ. n. 721, 9-IX-1936 (G.M. 1936, pg. 1336): Nonne per il seroizio di presidio. Circ. n. 808, 14-X-1936 (G.M. 1936, pg. 1453): E"ata corriF,e alle Norme per il servizio di presidio. Circ. n. 913, 3-XII-1936 (G.M. 1936, pg. 1646): Prima serie di aggiunte e varianti per le licenze nel R.E. Circ. n. 26, 13-I-1937 (G.M. 1937, pg. 83): Prima serie varianti all'Istruzione intorno agli atti di morte, agli atti di nascita, ecc. Circ. n. 91, 10-II-1937 (G.M. 1937, pg. 254): Raccolta di disposizioni permanenti in vigore per il R.E. Fase. 29. Circ. n. 153, 21-II-1937 (G.M. 1937, pg. 401): Servitù militari. Circ. n. 142, 24-II-1937 (G.M. 1937, pg. 363): Raccolta di disposizioni pcnnancnti in vigore per il R.E. Fase. n. 7. Circ. n. 118, 30-VI-1937 (G.M. 1937,
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CAP. XXIV - L 0RGANIZZAZI0NE MILITARE DAL 1926 AL 1940
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pg. 1210): Fondazione ed enti morali di carattere militare. Circ. n. 162, 9-III-1938 (G.M. 1938, pg. 385): Prima serie di aggiunte e varianti alle Norme per la vita di caserma. Circ. n. 542, 3-VIIl-1938 (G.M. 1938, pg. 2003): Ufficiali in talune posizioni dei S.P., in congedo ed in con-
gedo assoluto. Cappellani militari dei ruoli ausiliario e di riseroa. Arsunzione in forza, dipendenza, destinazione ed impiego. Circ. n. 546, 3-VIII-1938 (G.M. 1938, pg. 2005): L'ufficiale in congedo, in congedo assoluto ed in talune posizioni del S.P. TI cappellano militare dei ruoli ausiliario e di riserva. Dipendenze ed obblighi ai fini della mobilitazione. Circ. n. 618, 31-VIIl-1938 (G.M. 1938, pg. 2219): Seconda serie di aggiunte e varianti al Rey,olamento per le licenze nel R.E. Circ. n. 736, 12-X-1938 (G.M. 1938, pg. 2530): Pubblicazione del fascicolo Approvazione dei testi della legge di guerra e della legge di neutralità. Circ. n. 828, 30-Xl-1938 (G.M. 1938, pg. 3012): Raccolta di disposizioni permanenti in vigore nel R.E. Fase. 25. Circ. n. 33, 11-1-1939 (G.M. 1939, pg. 68): Raccolta delle convenzioni internazionali che riguardano la guerra terrestre. Circ. n . 699, 20-TX-1939 (G.M. 1939, pg. 2362): Prima serie di aggiunte e varianti ai Regolamento per i documenti caratteristici. Circ. n. 901, 13-Xll-1939 (G.M. 1939, pg. 2838): Prima serie di aggiunte e varianti alle Norme per ii seroizio di presidio. Circ. n. 28, 17-T-1 940 (G.M. 1940, pg. 49): Raccolta di disposizioni permanenti in vigore per il R.E. Fase. 13. Circ. n. 39, 24-1-1940 (G.M. 1940, pg. 84): idem. Circ. n. 369, 5-Vl-1940 (G.M. 1940, pg. 1171): idem. Fase. n. 16. Circ. n. 400, 19-Vl- 1940 (G.M. 1940, pg. 1357): Istruzioni relative ad atti J!.Ìuridici dei militari nella zona delle operazioni. Circ. n . 499, 10-VII-1940 (G.M. 1940, pg. 1683): Istruzione per la contabilità degli enti amministrativi del R.E. Circ. n. 928, 11-XIl-1940 (G.M. 1940, pg. 3270): Seconda serie di a?2}unte e varianti alle Norme per il seroizio di presidio. Circ. n. 602, 29-VII-19'10 (G.M. 19'10, pg. 1975): Convenzione tra il ministro della guerra e l'associazione dei Cavalieri italiani del Sovrano Militare Ordine di Malta circa ki stato giuridico, il reclutamento, l'avanzamento, il trattamento economico e l'amministrazione del personale dell'associazione medesima. (104) R.D.L. 1257, 20-VI-1935 (circ. n. 564, G.M. 1935, pg. 1919) e Legge n. 553, 24-IIT-1936 (circ. n. 320, G.M. 1936, pg. 586) che converte in legge il R.D.L. 1257: aumento degli ufficiali delle varie armi di 8 colonnelli, 90 tenenti colonnelli o maggiori, 355 capitani e 371 subalterni. - R.D.L. 1996, 15-X-1936 (circ. n. 921, G.M. 1936, pg. 1665) e Legge n. 420, 10-XIl-1937 (circ. n. 301, G.M. 1937, pg. 791) che converte in legge il R.D.L. 1996: aumento di 1 generale di corpo d'armata, 3 generali di divisione, 5 generali di brigata, 21 colonnelli, 40 tenenti colonnelli, 67 maggiori, 222 capitani, 241 subalterni - Legge n. 1131, 26-VIl-1939 (circ. n. 661, G.M. 1939, pg. 2252) che fissa le seguenti tabelle graduali e numeriche degli ufficiali delle varie armi del ruolo comando da stabilizzare gradualmente entro il 1948: generali di corpo d'armata 34, di divisione 71, di brigata 147, arma di fanteria: colonnelli 327, tenenti colonnelli 640, maggiori 925, capitani 2556, subalterni 2664; arma di cavalleria: colonnelli 29, tenenti colonnelli 62, maggiori 15, capitani 217, subalterni 230; arma di artiglieria: colonnelli 184, tenenti colonnelli 322, maggiori 462, capitani 1260, subalterni 1335; arma del genio: colonnelli 45, tenenti colonnelli 99, maggiori 155, capitani 391, subalterni 445; corpo di sanità (medici): colonnelli 39, tenenti colonnelli 124, maggiori 210, capitani 544, subalterni 355; corpo di sanità (chimici farmacisti): colonnelli 2, tenenti colonnelli 13, maggiori 25, capitani 40, subalterni 39; corpo di commissariato: colonnelli 19, tenenti colonnelli 39, maggiori 61, capitani 120, subalterni 120; corpo di commissariato (sussistenza): tenenti colonnelli 9, maggiori 17, capitani 86, subalterni 72; corpo di amministrazione: colonnelli 16, tenenti colonnelli 52, maggiori 125, capitani 621, subalterni 359; corpo automobilistico: colonnelli 11, tenenti colonnelli 22, maggiori 44, capitani 155, subalterni 168; corpo veterinario: colonnelli 8, tenenti colonnelli 24, maggiori 48, capitani 77, subalterni 77. (105) Circ. n. 787, 27-X-1937 (G.M. 1937, pg. 2403). (106) Legge n. 630, 6-Vl-1940 (circ. n. 472, G.M. 1940, pg. 1542). (107) C.irc. n. R52, 15-Xl-19., 9 (G.M. 1939, pg. 2707) .
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(108) Ministero della guerra. Comando del corpo di stato maggiore. Norme generali per l'organizzazione e funzionamento dei servizi in guerra (1 • ristampa dell'edizione 1932). Roma, Istituto poligrafico dello Stato, Libreria, 1938. (109) Veds. precedente nota n. 100. (110) Veds. precedente nota n. 100. (111) Veds. precedenti note n. 21 e n. 100. (112) Ministero della guerra. Comando del corpo di stato maggiore. Servizio in guerra. Roma, Istituto poligrafico dello Stato, 1937. (113) Gli allegati furono: Istruzione sul movimento e stazionamento delle truppe (circ. n. 54, 26-1-1938, G.M. 1938, pg. 100) e Regolamento sull'organizzazione stradale e disciplina del movimento in guerra (circ. n. 257, 22-III-1939, G.M. 1939, pg. 874). Le appendici: Regola· mento. Addestramento della fanteria - Volume I - Istruzione formale, individuale e di reparto, limitatamente all'argomento attendamento (circ. n. 332, 22-IV-1936, G.M. 1936, pg. 591), Istruzione intorno agli atti di morte, agli atti di nascita ed ai testamenti di guerra (circ. n. 366, 6-V-1936, G.M. 1936, pg. 620). La pubblicazione Usi e convenzioni di guerra fu edita nel 1940 (circ. n. 520, 17-Vll-1940, G.M. 1940, pg. 1697). Del Servizio in guerra fu edita una nuova e<li:..:ium: ud maggio <ld 1940 (cin:. n. 281, l -V-1940, G.M. 1940, pg. 774). (114) Il Giornale Militare non riporta il decreto di istituzione del grado di primo maresciallo dell'impero. Tale grado fu comunque approvato in una seduta del senato nel marzo del 1938. L'8 aprile dello stesso anno, con circolare n. 240 (G.M. 1938, pg. 605) vennero precisati i distintivi del nuovo grado. (115) Il Maresciallo Badoglio il 4 giugno 1940 diramò una circolare nella quale erano chiariti la costituzione e il funzionamento del Comando Supremo delle Forze Armate in caso di guerra. Qui di seguito il testo. Segreto.
UFFICIO DEL CAPO DI STATO MAGGIORE GENERALE N.5569 di prot.
Roma, ll 4 giugno 1940
Oggetto: Costituzione e funzionamento del Comando Supremo delle FF. AA. in caso di guerra. Eccellenza Maresciallo d'Italia Rodolfo Graziani Capo di S. M. dell'Esercito · Roma. Eccellenza Ammiraglio d'armata Domenico Cavagnari Capo di S. M. della R. Marina - Roma. Eccellenza Gen. design. d'armata aerea Francesco Pricolo Capo di S. M. della R. Aeronautica · Roma.
e, per conoscenza: Eccellenza Cavaliere Galeazzo Ciano Ministro per gli Affari Esteri - Roma. Eccellenza Generale di C. A . Attilio Teruzzi Ministro per l'Africa Italiana - Roma.
CAP. XXIV - L'ORGANIZZAZIONE MILITARE DAL 1926 AL 1940
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Eccellenza Generale di C. A. Ubaldo Soddu Sottosegretario di Stato per la Guerra - Roma. Eccellenza Luogotenente Generale Achille Starace Capo di S. M. della M.V.S.N. - Roma. Altezza Reale Principe Amedeo Savoia-Aosta Vicerè d'Etiopia - Addis Abeba. Eccellenza Maresciallo del!' Aria Italo Balbo Comandante Superiore FF. AA. Africa Sett. - Tripoli. Eccellenza Cesare M. De Vecchi di Val Cismon Comandante Superiore FF. AA. Isole Italiane Egeo - Rodi. È necessario qualche chiarimento e precisazione nei riguardi della costituzione e funzionamento del Comando Supremo delle FF. AA. in caso di guerra. 1° - Comandante Supremo di ognuna e di tutte le Forze Armate ovunque dislocate è, per delega della Maestà del Re, il Duce. 2° - Tale comando il Duce esercita a mezzo del Capo di Stato Maggiore Generale il quale dispone di un suo Stato Maggiore Generale. 3° - Le principali funzioni del Capo di Stato Maggiore Generale sono: a) tenere al corrente il Duce del quadro generale della situazione militare delle varie FF. AA. e, in relazione anche alla situazione del nemico, delle loro possiblità operative. Prendere di conseguenza gli ordini e le direttive di massima per la condotta delle operazioni; b) impartire ai Capi di Stato Maggiore delle varie forze armate e ai comandanti sup. delle forze armate dislocate oltremare (A.S.T., A.O.I. , Egeo) gli ordini e le direttive conseguenti, per lo svolgimento, nel campo strategico, delle dette operazioni; c) seguire lo svolgimento delle operazioni, intervenendo quando se ne manifesta la necessità specie per assicurare il coordinato e tempestivo impiego delle forze armate. 4° - Sulla base degli ordini che riceveranno dal Duce in quanto Comandante Supremo, o dal Capo di S. M. Generale: a) i Capi di S. M. delle FF. AA. Esercito, Marina, Aviazione eserciteranno reale e piena azione di comando sulla rispettiva forza armata dislocata in Patria (Italia peninsulare, isole, Albania). Tale azione di comando pertanto non deve intendersi in funzione della loro qualità di Alti Comandanti come era stato precedentemente concordato, ma in funzione della loro qualità di Capi di S. M.; d'ordine e in nome quindi del Duce, Comandante Supremo di tutte le forze armate; b) i Comandanti superiori delle forze armate dislocate nei ter ritori d'oltremare (A. S. Italiana, A. O. Italiana, possedimenti Egeo) eserciteranno reale e piena azione di comando sulle forze poste a loro disposizione in quanto effettivi comandanti di tali forze e quindi con piena autorità, iniziativa e responsabilità, direttamente provvedendo al coordinamento dell'azione. 5° - Lo Stato Maggiore Generale - Organo del Capo di Stato Maggiore Generale per adempiere ai compiti spettantigli in relazione a quanto è detto al precedente n. 3, non dispone, e non ne è previsto l'impianto, di una propria complessa organizzazione, ma si vale di quelle in fwizione presso gli Stati Maggiori delle varie FF. AA. ed altri enti: Commissione Suprema di difesa, Commissariato generale fabbricazioni di guerra, ecc. Occorre pertanto: a) il costante e intimo collegamento fra il Capo di S. M. Generale e i Capi di S. M. delle varie FF. AA. Sarà mia cura ottenerlo con frequenti riunioni e scambi di idee; b) la ininterrotta comunicazione di notizie di ogni genere da parte degli Stati Maggiori delle FF. AA. allo Stato Maggiore Generale. Ciò si otterrà stabilendo il più intimo collegamento fra gli stati maggiori e gli altri enti mediante la trasmissione periodica o saltuaria delle notizie secondo quanto verrà man mano stabilito.
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6° - La orgarùzzazione del Comando Supremo delle FF. AA. italiane diversa da ogrù altra, riposa in altri termirù, su questi principi: a) concetto urùtario e totalitario del Comando delle FF. AA. esercitato per delega di S. M. il Re, personalmente dal Duce; b) condotta strategica della guerra e coordinamento dell'azione fra le varie forze armate e fra i vari scacchieri delle operazioni, esercitato, in seguito agli ordini e d'ordine del Duce, dal Capo di Stato Maggiore Generale; c) azione di comando sulle forze armate dislocate in Patria e oltremare, esercitata dai Capi di S. M. o dai Comandanti Superiori delle FF. AA.; d) assoluta dedizione e ubbidienza al Duce e intima fusione di pensiero e di azione in tutti, secondo il costume e Io stile fascista. Le presenti disposiziorù - in quanto necessario - saranno sanzionate da opportuni provvedimenti legislativi. Il Maresciallo d'Italia Capo di Stato Maggiore Generale
Badoglio
CAPITOLO XXV
L'ORDINAMENTO TATTICO: DALLA GUERRA ETIOPICA ALL'INIZIO DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE 1. Le varianti all'ordinamento del 1926. 2. L'ordinamento del 1934. 3. La guerra contro l'Etiopia. 4. La partecipazione alla guerra civile spagnola. 5. La divisione binaria. 6. L'ordinamento Pariani del 1938. 7. L'ordinamento del 1940. 8. L'ordine di battaglia del 10 giugno 1940.
1.
L'ordinamento Mussolini del 1926 era stato il risultato di un compromesso tra la concezione della nazione annata e quella dell'esercito permanente. La stessa corrente che l'aveva proposto e fatto approvare non ne era rimasta soddisfatta, perché lo giudicava quantitativamente scarso, e negli anni che seguirono fece di tutto per aumentarne le dimensioni, nonostante che esso venisse dimostrandosi più costoso di quanto preventivato e sempre meno rispondente alle sollecitazioni dottrinali e tecniche. Ferme restando le assegnazioni finanziarie annue e la forza bilanciata - le prime dall'esercizio 1926-27 all'esercizio 1933-34 oscillarono da un minimo di 2214 milioni ad un massimo di 2575 milioni (punta raggiunta solo negli esercizi 1931-32 e 1932-33) e la seconda da un minimo di 251175 unità ad un massimo di 257962 (raggiunte solo nell'esercizio 1928-29) - le variazioni in aumento che vi vennero apportate fino al 1934 non fecero che impoverire la forza effettiva delle unità esistenti e ridurre le disponibilità finanziarie impiegabili per l' ammodernamento dei mezzi. Anche l'esercito coloniale, al pari di quello metropolitano, soffrì in quegli anni dello stesso male: inteleiatura troppo vasta in relazione ad una disponibilità finanziaria troppo esigua (1). Lo stato maggiore dell'esercito non ritenne di dover mutare la linea della sua politica ordinativa scelta nel 1926 e continuò a dare preminenza e priorità al numero, non rinunziando a nulla, o quasi, di quanto stabilito nel 1926, procedendo anzi ad ulteriori ampliamenti. Era ancora in corso la determinazione del numero delle scuole e degli stabilimenti territoriali, rinviata dalla legge del 1926 a decreti sue-
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cessivi (2), ed era appena stata ordinata con decreto a parte, come previsto dalla stessa legge, l'arma dei carabinieri (3), quando i corpi di armata vennero aumentati da 10 ad 11 e, conseguentemente, da 10 ad 11 i comandi di artiglieria ed i comandi del genio, da 11 a 12 i reggimenti di artiglieria pesante campale, i reggimenti del genio, le direzioni di artiglieria, di sanità, di commissariato, le compagnie di sussistenza ed i tribunali militari e da 12 a 13 i centri contraerei, i centri automobilistici e le compagnie di sanità (4). L'ordinamento dell'arma dei carabinieri fissato nel 1926 - con il quale si era inteso dare maggiore impulso al reclutamento e conferire un assetto più organico ai 12 battaglioni mobili previsti dall'ordinamento Diaz - venne successivamente ritoccato una prima volta nel 1927 (5), elevando da 21 a 22 Hnumero delle legioni, poi nel 1929 (6) riportando a 21 le legioni, sopprimendo i comandi di gruppo di legioni ed istituendo al loro posto gli ispettorati di zona, abolendo il comando del raggruppamento battaglioni e squadroni e portando gli organici degli ufficiali ad 8 generali, 23 colonnelli, 90 tenenti colonnelli, 6 7 maggiori, 327 capitani, 589 tenenti e sottotenenti ed 1 maestro direttore di banda. Tra il 1930 ed il 1934 i reggimenti di artiglieria pesante salirono da 5 ad 11; vennero costituiti ex novo l gruppo artiglieria da costa della Sardegna, 1 reggimento di artiglieria leggera, 1 reggimento misto della Sardegna, 5 reggimenti contraerei autocampali in luogo dei centri contraerei (7); i reggimenti di artiglieria da montagna - che assunsero la denominazione di reggimenti di artiglieria alpini (8) - furono portati da 3 a 4; la specialità minatori del genio venne articolata su 2 reggimenti (9) e quella pontieri fu portata da 1 a 2 reggimenti; venne riordinato il <<servizio specialisti del genio» e soppresso il gruppo aerostieri (10); il numero delle brigate alpine salì da 3 a 4; vennero ripristinate le sale reggimentali di scherma (11), costituita la scuola di tiro di artiglieria (12), istituite le scuole militari di Rieti e di Moncalieri e trasferita a Spoleto quella di Roma (13); venne creato il «servizio tecnico automobilistico» (14) e costituiti 30 magazzini foraggi per i servizi dell'amministrazione militare (15); venne riordinato il corpo veterinario (16) e costituito un magazzino di deposito e di transito delle derrate (17); furono cambiate le denominazioni di talune unità e di taluni organi logistici (18) e più volte ritoccato l'ordinamento delle scuole, dei tribunali e degli stabilimenti territoriali (19). La novità di maggior rilievo fu la costituzione, nel 1930, di 2 divisioni celeri (20). Non si trattò del ripristino delle vecchie divisioni di cavalleria, ma della costituzione di un nuovo tipo di grande unità fondamentale caratterizzata dalla capacità di svolgere in proprio, in determinate condizioni di terreno e di tempo, in campo strategico ed in quel-
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lo tattico, una manovra che non fosse solo basata sulla rapidità e sulla sorpresa, ma anche su di un'adeguata, sia pur breve nel tempo, potenza di fuoco. Ciò, peraltro, rimase più sul piano delle intenzioni che della realtà, in quanto l'eterogeneità dei mezzi - cavalli, biciclette, motociclette, automezzi, carri armati L - e la vulnerabilità delle unità montate ridussero a ben poca cosa la capacità operativa della nuova grande unità. L'ibridismo compositivo ostacolava la stretta cooperazione tra le varie unità in quanto i reparti montati, dotati di spiccata mobilità tattica ma di modesta potenza di fuoco, possedevano una certa attitudine all'esplorazione ed all'impiego su terreno vario, ma non all'azione di forza e soprattutto erano vulnerabilissimi; le unità ciclisti, motòciclisti ed autoportate come pure le artiglierie celeri, sebbene dotate di alta velocità di traslazione e di considerevole potenza di fuoco, erano legate alla strada ed agivano con procedimenti simili a quelli delle unità operanti nel1'ambito delle divisioni di fanteria; gli elementi meccanizzati e corazzati - veloci, protetti e potenti - erano pochi e ritenuti soltanto utili a concorrere alle azioni delle altre unità e non già ad essere i protagonisti degli atti tattici. La divisione celere del 1930 fu, in sostanza, un parto in ritardo rispetto ai tempi e contemporaneamente prematuro rispetto alla disponibilità dei mezzi di cui sarebbe stato necessario dotarla. Le numerose variazioni introdotte a spizzico dal 1926 al 1934 nel1'ordinamento Mussolini - in uno con le modifiche apportate alle leggi sull'avanzamento dei quadri, l'istituzione dei nuovi ruoli e l'adozione di nuovi organici (21) - alterarono progressivamente la fisionomia originaria dell'assetto ordinativo ed organico del 1926 per cui, quando il discorso sulla guerra contro l'Etiopia venne facendosi concreto, lo stato maggiore dell'esercito sentì la necessità di riepilogare in un quadro unico gli sviluppi ordinativi ed organici fino ad aUora verificatisi e di introdurre altri provvedimenti aggiuntivi tendenti ad un'ulteriore dilatazione dell'intelaiatura originaria. Ciò avvenne nel 1934 e cioè proprio nel1'anno in cui la testimonianza oculare del generale Grazioli certificava in un modo particolareggiato come l'esercito di Stalin si fosse incamminato verso una direzione assai diversa, la stessa dell'esercito di Hitler che proprio in quell'anno forzava l'andatura verso la maggiore disponibilità possibile di grandi unità corazzate, meccanizzate o, quanto meno, motorizzate, sposandole all'aviazione di assalto. Quando tre anni dopo, nel 1937, i vertici dello stato maggiore dell'esercito italiano assisteranno nel Meclemburgo alle grandi manovre dell'esercito tedesco - durante le quali vedranno all'opera in stretta cooperazione carri armati ed aerei ed agire insieme sul campo di battaglia carri lanciafiamme, semo-
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venti e mezzi cingolati - non avrebbero dovuto trovarsi davanti ad una vera rivelazione, come scriverà il Canevari (22), ma ad una corretta e perfezionata applicazione delle teorie del Fuller, del Liddel Hart e del de Gaulle, che essi non potevano non conoscere e delle quali il generale sovietico Koniev (23) aveva offerto un primo saggio applicativo 3 anni prima al generale Grazioli. Non va però dimenticato che lo stato maggiore italiano era in buona compagnia. La sua dottrina ed il suo ordinamento s'ispiravano ai modelli dello stato maggiore francese, il quale metterà all'indice nel 1935 il libro del generale de Gaulle Vers l'armée de métier, farà respingere dalla Camera dei deputati la proposta di creare un corpo corazzato e nel 1939 assicurerà il Paese, per bocca del maresciallo Pétain, che una nuova invasione della terra di Francia sarebbe stata impossibile.
2.
L'ordinamento del 1934 (24) - ministro per la guerra Mussolini, sottosegretario di Stato il generale Baistrocchi, capo di stato maggiore generale il generale Badoglio, capo di stato maggiore dell'esercito il generale Bonzani nella fase di elaborazione ed il generale Baistrocchi al momento dell'approvazione - ripeté le grandi linee di quello del 1926, inglobò le varianti apportate ad esso negli 8 anni trascorsi e vi introdusse ulteriori modifiche ed innovazioni. I comandi di corpo d'armata furono portati da 11 a 13 e vennero aboliti i comandi militari della Sicilia e della Sardegna; le divisioni di fanteria salirono da 30 a 31 e le divisioni celeri da 2 a 3; vennero costituiti ex novo un comando di brigata di fanteria e 2 reggimenti di fanteria di linea; la specialità carri armati che nel 1926 ne era stata staccata - venne nuovamente inquadrata nel!'arma di fanteria e raggruppata in un reggimento; i reggimenti di cavalleria vennero ordinati su gruppi di squadroni a cavallo o meccanizzati; i comandi artiglieria e genio di corpo d'armata e le direzioni di artiglieria, di sanità e di commissariato salirono da 11 a 13; le unità di artiglieria crebbero di 1 reggimento di divisione di fanteria, di 1 reggimento di corpo d'armata, di 1 reggimento di divisione celere (nuove denominazioni sostitutive rispettivamente di quelle di artiglieria da campagna, pesante campale ed a cavallo); quelle del genio di un reggimento di corpo d'armata; le compagnie di sussistenza aumentarono da 12 a 13; i comandi di brigata alpina vennero aboliti e sostituiti dai comandi superiori alpini; i tribunali militari furono ridotti da 12 a 6.
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Il nuovo ordinamento sancl il concetto che, in caso di guerra, anche i corpi armati dello Stato, non facenti parte dell'esercito, come, ad esempio, la guardia di finanza - al cui riordinamento si era provveduto fin dal 1931 (25) - avrebbero dovuto concorrere alla difesa militare del Paese; accentuò la differenziazione dei quadri iscrivendo nel ruolo comando gli ufficiali appartenenti al servizio armi e munizioni, al servizio studi ed esperienze del genio, al servizio automobilistico, ai depositi cavalli stalloni ed ai centri rifornimento quadrupedi; mutò la denominazione di alcune specialità con l'intento di esaltarne i valori morali o di meglio qualificarne il ruolo operativo e tecnico. Nel biennio successivo - a parte le varianti temporanee per la guerra contro l'Etiopia {26) - anche l'ordinamento del 1934 fu soggetto a modifiche di carattere vario {27), delle quali le più importanti furono l'istituzione del nuovo corpo della guardia alla frontiera {28), l'ulteriore ampliamento dell'intera intelaiatura realizzato nel 1935 (29) e la costituzione nel 1937 di grandi unità dell'esercito metropolitano da dislocare fin dal tempo di pace in Libia {30). Uno degli aspetti più significativi dell'ordinamento del 1934 e delle successive modifiche fu l'attenzione posta al problema della copertura intesa come chiusura, la più ermetica possibile, della porta di casa mediante la costruzione di opere fortificate ed il potenziamento delle unità alpine. Il problema, costantemente sentito e seguito dallo stato maggiore dell'esercito fin dal termine della prima guerra mondiale, si pose in termini di assoluta urgenza nel luglio del 1934 quando Mussolino dispose l'invio di alcune divisioni alla frontiera del Brennero per salvaguardare l'indipendenza dell'Austria dopo il primo tentativo di putsch dei nazisti austriaci che portò all'assassinio del cancelliere Dollfuss. Da tale momento s'intese: dare maggiore e rinnovato impulso alla fortificazione permanente che, stanti le scarse disponibilità finanziarie e la situazione internazionale di relativa tranquillità, aveva proceduto molto lentamente; riesaminare l'intero problema della copertura con l'intento di sollevare il più possibile le grandi unità operative dal compito della difesa statica rendendole interamente disponibili per la manovra; destinare al presidio delle opere un corpo speciàle, operante nell'ambito dei corpi di armata di frontiera, strutturato non in maniera uniforme ma in relazione al numero ed al tipo delle opere da presidiare ed alle esigenze specifiche dei vari tratti di terreno da difendere. Fu così che dalla fine del dicembre del 1934 venne costituita la guardia alla frontiera che però avrà vita ufficiale solo nella primavera del 193 7, quando verrà articolata in settori di copertura, (retti da generali di brigata o colonnelli)
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comprendenti ciascuno un numero vario di unità minori, e, di massima, un deposito territoriale. Il nuovo corpo dal 1937 in poi, per effetto del1' accelerazione impressa alla costruzione delle opere fortificate sia in corrispondenza delle frontiere terrestri della madrepatria sia di quelle libiche con la Tunisia e l'Egitto, comprenderà gradualmente un numero sempre maggiore di unità. Nel 1938 verranno costituiti 1 reggimento di artiglieria guardia alla frontiera e 7 comandi di guardia alla frontiera di corpo d'armata; 5 dei 10 reggimenti di artiglieria d'armata (già artiglieria pesante) verranno trasformati in reggimenti di artiglieria guardia alla frontiera; i settori di copertura verranno articolati in sottosettori, questi in caposaldi e questi, a loro volta, in postazioni (31). Nel 1940 il corpo comprenderà: 11 comandi di guardia alla frontiera di corpo d'armata, un numero vario di settori di copertura, 1 reggimento di fanteria, 9 reggimenti di artiglieria ed 1 gruppo autonomo. A tale data, però, di tutte le opere preventivate solo una parte sarà stata compiuta e risulterà efficiente, mentre altre, specie in Libia, saranno ancora in corso di costruzione ed altre rimarranno allo stato di progettazione. Tutti gli eserciti, compreso il tedesco ed il sovietico, facevano ancora affidamento negli anni tra le due guerre mondiali sulla funzione strategica e tattica della fortificazione permanente e vennero predisponendo ed attuando sistemi fortificatoti permanenti di mole imponente quali la linea Maginot, la linea Sigfrido e la linea Stalin. Lo stato maggiore italiano, in un quadro d'intenti meno vasto ed ambizioso di quello degli altri, ed in particolare di quello dello stato maggiore francese, dové limitarsi a sbarrare le vie più pericolose di penetrazione da oltre frontiera ammodernando, completando e potenziando le opere ed i complessi già esistenti sulla frontiera occidentale e creando ex fundamentis quelli delle frontiere settentrionale ed orientale. Le modifiche apportate all'ordinamento del 1934 negli anni successivi furono in gran parte connesse con la guerra contro l'Etiopia e, quali premesse e conseguenze di questa, non segnarono, né avrebbero potuto segnare, una tappa significativa dell'evoluzione ordinativa generale. L'intelaiatura dell'esercito venne ulteriormente ampliata nella logica dello schema preesistente con la differenza però di una separazione marcata tra i comandi delle grandi unità operative ed i comandi incaricati di presiedere alle esigenze della mobilitazione e della difesa interna del territorio. Il decreto n° 2223 del 31 ottobre 1935 - del quale abbiamo esaminato nel capitolo precedente gli aspetti riguardanti l' organizzazione territoriale, la giurisdizione territoriale dei comandi di gruppo di zone, dei comandi di zona e di distretto, dei tribunali, delle dire-
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zioni di artiglieria, di sanità, di commissariato e dei comandi del genio,
il mutamento della denominazione della scuola di guerra in «istituto superiore di guerra», ecc. - aumentò da 31 a 33 il numero delle divisioni di fanteria, da 91 a 93 i reggimenti di fanteria e da 31 a 33 quello dei reggimenti di artiglieria di divisione di fanteria; ridusse invece, da 30 a 28, i comandi di brigata di fanteria; trasformò i comandi superiori alpini in comandi di divisione alpina; ordinò l'automobilismo militare su di 1 servizio tecnico e 13 centri automobilistici formati ciascuno da 1 comando, 1 deposito ed un numero vario di gruppi, assegnando al servizio 41 ufficiali (1 maggiore generale, 4 colonnelli e 36 ufficiali dei vari gradi) ed al corpo, che venne costituito come elemento a sé, 385 ufficiali (32); istitul reparti speciali e reparti di riattamento militare; sostitul le vecchie denominazioni di brigate di fanteria di linea e di reg,gimenti di fanteria di linea rispettivamente con quelle di brigata di fanteria divisionale e di reg,gimento di fanteria divisionale; istitul 1 officina militare delle trasmissioni; produsse conseguentemente il successivo ritocco delle tabelle graduali e numeriche degli ufficiali delle armi di fanteria e di artiglieria (3 3). Negli anni successivi all'esito vittorioso della guerra contro l'Etiopia vennero riordinate le forze dell'esercito metropolitano e le forze coloniali dislocate nell'Africa orientale ed in quella settentrionale (34) e, stante il graduale peggioramento della situazione politica internazionale, si procedé gradatamente a potenziare l'organizzazione militare della Libia e delle isole dell'Egeo. Vennero costituiti il «Comando superiore delle forze armate dell'Africa settentrionale italiana» (35) ed il «Comando delle forze armate italiane dell'Egeo», quest'ultimo successivamente abolito e sostituito dal «Comando truppe del R.E. delle isole dell'Egeo». Alle dipendenze del «Comando superiore delle forze armate dell' A.S .I.» vennero poste tutte le forze armate coloniali e metropolitane esistenti in Libia dove vennero costituiti 2 corpi d'armata metropolitani - il XX ed il XXI - su due divisioni ciascuno. Nel 1935 venne rieleborata anche la dottrina d'impiego delle grandi unità e venne diramata una nuova pubblicazione contenente le Direttive per l'impiego delle grandi unità (3 7) che esasperava fino al parossismo la concezione della guerra di movimento già delineata nella pubblicazione del 1928. Ma la conclusione rapida e vittoriosa della campagna di Etiopia non fu tanto il risultato della validità della nuova dottrina del 1935 e dell'ordinamento del 1934 modificato nel 1935, quanto de))'imponente e perfetta organizzazione logistica messa in piedi in tempi brevi e fatta funzionare con estrema precisione e con intima aderenza alle esigenze strategiche e tattiche delle unità operanti.
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3. La guerra contro l'Etiopia fu una grande impresa militare impostata, organizzata e condotta in maniera intelligente, razionale ed abile. La limitata efficienza addestrativa e soprattutto materiale dell'esercito etiopico nulla toglie all'importanza della campagna italiana sotto il profilo tecnico-militare. Il successo destò la sorpresa e la meraviglia di numerosi esperti militari stranieri, dai quali era stato preventivato che le enormi difficoltà logistiche non avrebbero consentito il conseguimento di risultati rapidi e brillanti ed era stato preconizzato che la guerra si sarebbe stabilizzata chissà per quanto tempo e si sarebbe conclusa per esaurimento se non addirittura con la sconfitta italiana. La ragione prima del successo fu, invece, proprio l'organizzazione logistica che, iniziatasi nel gennaio del 1935, procedé su vastissima scala fino al maggio del 1936, sia nella madrepatria sia nelle colonie, in tempi serrati ma con fervore, ordine e regolarità impareggiabili. Ne diamo un cenno, seppure schematico e sommario, in nota (38), dove ricordiamo anche gli aspetti più significativi della mobilitazione, dell'inquadramento e dell'addestramento, nonché i provvedimenti cautelativi adottati, in concomitanza della guerra, nella madrepatria, in Libia e nelle isole dell'Egeo. Le opera:doni logistiche nella madrepatria riguardarono l'organizzazione della produzione bellica nazionale, la costituzione a Napoli di una grande base di imbarchi, l'allestimento delle armi, dei mezzi e dei materiali, i trasporti per ferrovia o per via ordinaria di tutto l'occorrente fino ai porti d'imbarco, i trasbordi sulle navi per complessivi 450 mila uomini, 60 mila quadrupedi e quasi un milione di tonnellate di materiali. In Eritrea ed in Somalia fu necessario provvedere a tutto e con ritmo serrato ed intenso in quanto non c'era nulla che non fosse l'indispensabile per la vita della poca popolazione nazionale, della piccola forza armata e degli indigeni peraltro parchissimi. Si dovettero attrezzare i porti di sbarco, lo sbarco, i trasporti degli uomini e dei materiali affluenti verso l'interno a distanze progressivamente crescenti rispetto ai 400 chilometri iniziali, le superfici coperte per il ricovero dei materiali e per l'impianto ed il funzionamento dei servizi d'intendenza, si dovettero creare strade, ponti, banchine ed un'infinità di altre infrastrutture, bisognò, in conclusione, attendere ad una vasta e gigantesca attività che accompagnò a strettissimo contatto lo sviluppo delle operazioni e che assicurò con larghezza le migliori condizioni possibili di vita, di manovra e di lavoro ad una massa di circa mezzo milione di nazionali. Mai in passato ed ancora meno nel futuro, come nel caso della guerra italoetiopica, trovò maggiore rispetto e più fedele applicazione pratica l'as-
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sioma secondo il quale la prima garanzia di vittoria è la preparazione logistica. Non meno razionale e completa l'organizzazione della mobilitazione del personale ispirata al duplice criterio dell'impiego di grandi unità snelle, alleggerite negli organici, e della ricostituzione immediata nella madrepatria delle unità mobilitate con organici regolari, impiegando: ufficiali richiamati dal congedo esuberanti alle esigenze dell' A.O., reclute della classe 1914 e personale esuberante delle altre classi, quadrupedi di requisizione. Nel febbraio del 1935 vennero mobilitate 2 divisioni - la Peloritana e la Gavinana - ed un gruppo di battaglioni della milizia, venne richiamata parzialmente la classe 1911 limitatamente al fabbisogno per le 2 divisioni mobilitate, vennero costituiti 2 gruppi squadroni carri veloci; nel marzo furono mobilitate altre 3 divisioni - la Sabauda, la Sila e la Gran Sasso - e 5 divisioni di camicie nere (23 marzo, 28 ottobre, 21 aprile, 3 gennaio, e 1 febbraio) e venne predisposta la contemporanea chiamata di 2 classi di leva; nel frattempo si provvide a ricostruire le grandi unità mobilitate ed inviate oltremare, e cioè la Gavinana ua, la Peloritana Ila, la Sabuada Ila e così via; successivamente vennero mobilitati ed inviati in A.O. altri battaglioni, grùppi di artiglieria ed elementi vari non indivisionati. Tutto avvenne cercando di turbare il meno possibile i piani di mobilitazione generale, e di evitare abusi e sperequazioni di trattamento. Il piano operativo prevedeva un'azione in grande stile da sviluppare il più rapidamente possibile mediante un'offensiva a fondo dall'Eritrea ed una difensiva manovrata in Somalia. La campagna passò attraverso 4 fasi. La prima, iniziata prematuramente per motivi politici e condizionata perciò negli obiettivi e nei tempi, consentì una penetrazione profonda nel territorio avversario, ma determinò una situazione delicata e pericolosa per le forze italiane che vennero a trovarsi con il fianco scoperto nel Tembien, con il rischio che il nemico potesse tagliare la linea di operazioni ancora debole e scarsamente organizzata. La seconda si concretò in una battaglia di arresto dell'offensiva nemica, non più secondo le linee del piano originario, ma diretta a respingere ed allontanare la minaccia per guadagnare il tempo necessario ad armonizzare gli intendimenti strategici e tattici con la disponibilità delle forze e dei mezzi; mediante tale manovra le forze italiane riuscirono a prevenire il nemico contrattaccandolo ripetutamente fino a costringerlo a desistere da ogni ulteriore pressione. La terza, iniziata appena un mese dopo la vittoriosa difensiva, si tradusse in una grande offensiva strategica durante la quale si svolsero 3 grandi battaglie - Endertà 16-18 febbraio 1936, Tembien 27 febbraio-6 marzo, Sciré 29 febbraio-3 marzo - di annien-
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tamento del nemico, alle quali fece seguito il passaggio all'offensiva del fronte meridionale nel territorio dell'Ogaden (14-30 aprile). La quarta fase consisté nello sfruttamento del successo e si concluse a nord con la battaglia del lago Ascianghi nella quale venne battuta l'ultima armata del negus, la più dotata di mezzi moderni e la più addestrata, ed a sud con l'occupazione dell'importante centro di Harrar. Il 5 maggio le truppe italiane entrarono in Addis Abeba e la guerra ebbe fine anche se furono successivamente necessarie operazioni di grande polizia per domare le resistenze residue sorte un po' dovunque nel vasto territorio dell'impero. L'esercito lasciò sul campo 2988 morti ed ebbe 7815 feriti. Le conseguenze politiche della guerra contro l'Etiopia furono di segno negativo. Mussolini, in verità, tentò di riallacciare il dialogo con la Gran Bretagna, interrotto dalle sanzioni economiche, per un'intesa italo-britannica su tutto il bacino del Mediterraneo, ma il gentlemen 's agreement firmato a Roma in due tempi, il 31 dicembre 1936 ed il 2 gennaio 193 7, non prevalse sulla vieppiù robusta saldatura tra regime fascista e nazista determinatasi dopo la guerra italo-etiopica e durante la guerra civile spagnola. Al di là dell~ somiglianza ideologica che già univa i due regimi, Mussolini si sentl sempre più legato ad Hitler, nonostante che questi gli fosse estremamente antipatico e che ne fosse intimamente assai geloso, e si fece sostenitore di tutte le sue arroganti pretese, fino a sacrificare l'indipendenza dell'Austria per la cui salvaguardia 4 anni prima non aveva esitato ad adottare misure militari. D'altra parte, l'incertezza degli atteggiamenti e la debolezza di condotta politica delle altre potenze occidentali e della stessa Inghilterra favorirono l'intensificarsi del!'aggressività nazista, della quale Mussolini, suo malgrado, era oramai pronubo. Sul piano politico interno l'esito vittorioso della guerra contro l'Etiopia rafforzò l'autorità ed il prestigio di Mussolini, il quale allargò l'area del consenso, guadagnando spazio anche nei ceti sociali rimasti fino ad allora ostili o quanto meno indifferenti. Mussolìni si convinse di essere un grande stratega per avere intrapreso, contro il parere dei tecnici, e vinto una guerra coloniale giudicata in partenza più un' avventura con poche speranze che non un'impresa di sicuro successo. Il Paese ebbe la sensazione di essere giunto ad un grado di potenza tale da poter sfidare da solo le forze congiunte della Gran Bretagna e della Francia e consolidò la convinzione, creata dai martellamenti della propagapda monocorde, di possedere forze armate efficienti, valide ed imbattibili. La fine della guerra pose il grave problema della tutela del vasto territorio conquistato, ma non ancora pacificato, nel periodo di particolare tensione ed incertezza nel quale il Paese venne a trovarsi. Il nuovo
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territorio avrebbe potuto dare un apporto di funzioni di grande sviluppo al quadro strategico di un eventuale conflitto futuro. Ma a tale fine sarebbe stato indispensabile disporre subito di grandi risorse finanziarie da impiegare per il mantenimento di robusti e moderni complessi di forze dell'esercito metropolitano e dell'aeronautica nazionale, capaci di lunga vita autonoma, non dipendenti dai rifornimenti dall'Italia. Sarebbe occorso, cioè, come avvertì il generale Baistrocchi nel settembre del 1936, conferire al territorio dell'A.O.I. un'autosufficienza di almeno 18 mesi ed un'autonomia produttiva mediante la creazione di stabilimenti industriali nella considerazione «che Inghilterra, Francia ed America (perché ritengo che anche l'America sarà contro di noi) vorranno farci scontare il nostro grande successo in Africa, considerato che l'impero, in caso di conflagrazione generale, rappresenta per noi non una forza ma un pericolo, soprattutto per le difficoltà, anzi, l'impossibilità di rifornirlo attraverso il mare e l'aria ... » (39). La conquista dell'impero etiopico, cui non fece seguito la valorizzazione della funzione strategica che avrebbe potuto adempiere in caso di conflitto con la Gran Bretagna, anche come base di partenza di una grande operazione offensiva tendente dal Sudan al canale di Suez, si tradurrà, durante la seconda guerra mondiale, in una tragedia immane nella quale resteranno coinvolti più di 90 mila uomini delle truppe nazionali e più di 200 mila di quelle coloniali. Dal punto di vista meramente tecnico-militare la guerra contro l'Etiopia giovò indubbiamente al prestigio delle forze armate italiane sul piano nazionale ed internazionale, fu d'impulso all'ammodernamento, sia pure parziale, delle armi della fanteria, collaudò con risultati eccezionalmente brillanti la capacità creativa ed organizzativa dello stato maggiore dell'esercito e degli altri organi centrali e periferici dell' amministrazione della guerra (e non solo di questa), consentl di esprimere le possibilità di cooperazione ai livelli più elevati tra unità dell'esercito e della milizia, quest'ultima per la prima volta sul campo di battaglia, ed offrì anche ammaestramenti tattici, ordinativi e logistici validi soprattutto nella particolare situazione e nel particolare ambiente, ma non estensibili, se non in parte, nel quadro generale di una guerra moderna tra eserciti potentemente armati, bene equipaggiati e perfettamente addestrati. Una delle conseguenze tecnico-militari negative fu appunto il trasferimento dal particolare al generale di deduzioni di per sé valide se riferite alle contingenze di quella guerra, ma prive di senso del reale se applicate in situazioni diverse. Ma la conseguenza più negativa fu il depauperamento delle scorte e delle dotazioni dell'esercito già di per sé modeste e tanto faticosamente accantonate durante il quinquennio
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1930-1935. Il criterio del reintegro immediato nella madrepatria di tutto quanto era destinato oltremare ebbe applicazione limitata, perché i forti quantitativi di armi, di mezzi e di materiali sottratti inizialmente alle scorte ed alle dotazioni, che avrebbero dovuto essere reintegrate mediante le ordinazioni fatte alle industrie belliche, non Io furono che in parte a causa della deficienza di materie prima, del loro alto costo di acquisto e della sempre minore disponibilità di mezzi finanziari, dei quali una parte rilevante - 10 miliardi circa - fu impiegata, dal gennaio 1935 al luglio 193 7, per la guerra e per le operazioni di grande polizia nell'Etiopia.
4. Non si era spenta l'eco del crepitio delle mitragliatrici sulle ambe dell'altopiano etiopico, quando ad essa si sovrapposero il rombo cupo dei cannoni, il sibilo stridulo degli aerei e lo sferragliare frastornante dei carri armati sul suolo di Spagna. La giovane seconda repubblica spagnola era travagliata da tempo da una profonda inquietudine non saputa placare, anzi di volta in volta acuita, né dal governo di centro-sinistra nel biennio chiave di fondazione del regime repubblicano (1931-'33) prima del rafforzamento delle opposizioni di destra e di sinistra, né dal governo di centro-destra andato al potere nelle elezioni del 1933, né dal governo del fronte popolare risultato vincente nelle elezioni del 1936 in virtù di un sistema maggioritario poco convincente. Imprudenze, errori, promesse di ambiziose riforme non potute attuare a fondo, offese ai sentimenti religiosi della maggioranza, utilizzando un anticlericalismo tanto rabbioso quanto stupido, avevano caratterizzato la coalizione governativa di centro-sinistra (radicali e socialisti di varie tendenze). Il ritorno al potere del governo di centro-destra (partito democristiano ed altre formazioni conservatrici non estremiste), che aveva raccolto il suffragio anche della piccola borghesia già sostenitrice nel 1931 delle correnti non estremiste di sinistra, aveva rinvigorito gli accesi egoismi delle categorie sociali benestanti - latifondisti, finanzieri, industriali ed aveva finito con lo spingere le opposizioni a folli avventure, come le insurrezioni anarchico-separatiste delle Asturie e della Catalogna. Terrorizzate dagli eccessi forsennati della parte opposta, le estreme destre ed alcuni ambienti militari cominciarono a pensare ad una controrivoluzione armata, mentre le estreme sinistre, momentaneamente sconfitte, vennero armandosi a loro volta per la rivincita. Prima ancora delle elezioni del febbraio 1936 destre e sinistre avevano già iniziato la loro guerra
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civile. Il pronunciamiento militar del 17 luglio 1936, guidato dai generali Franco, Mola, Sanjurjo e Goded, non fu tanto un'esplosione dell'antica vocazione golpista dei generali spagnoli, quanto una trasposizione sul piano militare ufficiale di un conflitto armato già in corso tra opposte fazioni. Il pronunciamiento provocò le dimissioni del governo di Cesares Quiroga, il conferimento dell'incarico di formare il nuovo governo a Iosé Girai e la richiesta di aiuto da parte di questi all'analogo governo di fronte popolare allora al potere nella contigua Francia. Girai telegrafò al capo del governo francese, Léon Blum, di aiutarlo immediatamente con armi ed aeroplani; Franco non meno tempestivamente inviò un suo emissario a Roma per ottenere aiuti militari e fece allo stesso fine i primi approcci con la Germania. Sia Mussolini sia Hitler accordarono il loro aiuto inviando rispettivamente 12 aerei Savoia 81 e 30 aerei da trasporto ]unkers 52 (40) . La chiamata in causa da parte di Girai del governo francese, e subito dopo da parte di Franco dei governi fascista e nazista, dette al conflitto il carattere ideologico di lotta tra comunismo e fascismo e, nonostante gli impegni formali di non intervento presi dalla Francia, dalla Germania, dalla Gran Bretagna, dall'Italia e dall'Unione Sovietica, la guerra civile spagnola divenne al tempo stesso anche luogo di scontro armato tra l'Italia e la Germania da una parte e l'Unione Sovietica dall'altra. La Germania concorse alla vittoria finale di Franco con una divisione aerea e 30 mila specialisti; l'Unione Sovietica forrù alle forze governative aerei, carri armati e specialisti e sostenne l'organizzazione delle brigate internazionali antifasciste che lottarono a fianco delle truppe governative; l'Italia, dalla partecipazione iniziale quasi solo rappresentativa dell'agosto-novembre 1936, passò attraverso fasi successive (41) alla costituzione di un robusto corpo di spedizione (42) che, ancorché riordinato e lievemente ridotto nell'ottobre del 1938 (43), partecipò alla guerra fino alla sua condusione (1 aprile 1939). Dall'agosto 1936 al maggio 1939 furono inviati in Spagna circa 120 mila uomini e 160 mila tonnellate di materiale. L'esercito in tale periodo perse 7286 uomini, dei quali 1685 morti, mentre le perdite totali, comprese quelle dell'aeronautica e della milizia, ammontarono a 11740 uomini, dei quali 900 ufficiali (44). Il lavoro svolto dallo stato maggiore dell'esercito nei 3 anni circa di guerra fu irto di gravi difficoltà ed intralci derivanti: dai condizionamenti della politica internazionale e di quella interna; dalle interferenze continue e pesanti del ministro degli esteri Ciano; dalla diversità di vedute dei problemi strategici, tattici e ordinativi con lo stato maggiore spagnolo; dalla fretta degli approntamenti e degli invii di personale e di materiali; dalle molteplici incomprensioni di carattere vario, compre-
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so quello psicologico, inevitabilmente esistenti tra il personale italiano, tedesco e spagnolo. Ancora impegnato ad alimentare le operazioni di grande polizia nell'A.O.I., lo stato maggiore dové all'improvviso fare fronte all'esigenza non preventivata che non poteva essere soddisfatta secondo le modalità seguite per la guerra contro l'Etiopia. Non si trattava, infatti, di scegliere, completare, avviare ed alimentare unità organiche preesistenti, ma di crear~, .inquadrare ed approntare reparti di formazione con personale volontario eterogeneo. I primi reparti furono costituiti con personale volontario della milizia e con mezzi e materiali forniti dall'esercito. Essi dettero cattiva prova sia sul piano disciplinare sia su quello della preparazione professionale, tanto che il generale Roatta (45), in quel periodo capo della missione militare italiana, poté subito far presente allo stato maggiore dell'esercito che gran parte del personale mancava di qualsiasi istruzione militare, che i comandanti di compagnia e di plotone non conoscevano il loro mestiere, che la gran parte dei quadri proveniente dal congedo non sapeva esercitare correttamente la funzione di comando e che molti di essi erano insigniti di grado non rispondente a quello rivestito nell'esercito. Anche le unità dell'esercito inviate successivamente, costituite in fretta con elementi volontari e non raccolti dai vari corpi, non potevano certo definirsi di pronto impiego, in quanto anch'esse prive di amalgama e di affiatamento e con grado di addestramento piuttosto modesto. Le lacune vennero poi gradatamente colmate, ma a spese delle stesse unità che si dovettero addestrare ed amalgamare in combattimento. L'insuccesso di Guadalajara (415 morti, 1969 feriti e 163 dispersi) fu dovuto prima di tutto all'inquadramento difettosissimo, all'impreparazione addestrativa ed alla deficiente disciplina - come scrisse il generale Bastico (46) inviato ad assumere il comando delle forze italiane in sostituzione del generale Roatta - e solo in secondo luogo alle avverse condizioni atmosferiche ed al collasso psichico di qualche comandante. Il diverso grado di amalgama e di addestramento rispetto a quello della battaglia di Guadalajara raggiunto in tempi successivi dal corpo di spedizione italiano fu, per contro, la ragione principale delle vittorie riportate nelle battaglie di Santander e della Catalogna. La partecipazione italiana alla guerra civile spagnola ebbe come conseguenze l'ulteriore allineamento della politica italiana a quella tedesca ed il rafforzamento dell'intesa ideologica tra fascismo e nazismo mediante, poco dopo l'inizio della guerra, l'impostazione dell'asse Roma-Berlino (ottobre 1936) e, al termine di essa, la firma del patto di acciaio (22 maggio 1939). All'interno del Paese, la partecipazione - sebbene esaltata dalla propaganda del regime come crociata della civiltà contro la barbarie, del cristianesimo contro l'anticristo, del nuovo ordine europeo contro il caos
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del comunismo - non sollevò l'entusiasmo manifestatosi nella guerra contro l'Etiopia, anzi destò una certa preoccupazione generale per il peggioramento della situazione politica internazionale e per il consolidarsi di rapporti sempre più stretti con la Germania, verso la quale il popolo italiano non si sentiva certamente attratto. La scarsa simpatia nei riguardi della partecipazione derivava soprattutto dagli ostacoli e dagli intralci che essa frapponeva alla valorizzazione economica del territorio africano, appena conquistato, ed alla istituzione di nuovi rapporti economici interni ed internazionali che migliorassero il livello di vita della nazione. Obiettivo questo che aveva prodotto il consenso generale alla guerra contro l'Etiopia e che ora si allontanava di nuovo senza nessuna prospettiva, se non quella di un ulteriore dispendio di vite umane e di risorse materiali a favore di un'ideologia da molti non condivisa e di un paese di scarso interesse per gli scambi commerciali. Sotto l'aspetto militare, la partecipazione ebbe riflessi positivi e negativi ad un tempo. Da una parte, consentì di trarre indicazioni utili in materia d'impiego e di tecnica d'impiego delle varie armi; mise a contatto ufficiali dello stato maggiore italiano con quelli dello stato maggiore tedesco dando loro larga possibilità di conoscere il diverso modo d'intendere la guerra, le diverse mentalità ed i diversi comportamenti psicologici; diede nuovo e decisivo impulso all'avvio del piano pluriennale di riarmo, rimasto fino ad allora nel cassetto, la cui imprescindibilità ed urgenza vennero avvalorate dal mortificante confronto tra le dotazioni italiane e quelle tedesche e sovietiche; dette prestigio alle forze armate italiane uscite ancora una volta vittoriose da una guerra nella quale il loro concorso operativo aveva esercitato un peso assai rilevante. D'altra parte, produsse un ulteriore impoverimento delle scorte e delle dotazioni (47) ed impegnò una spesa di circa 6 miliardi che mise in sofferenza il programma di rinnovamento delle armi e dei mezzi. Tali ingenti consumi e spese, sommati a quelli dell'impresa etiopica, esercitarono un'influenza negativa determinante sull'efficienza complessiva dell'esercito alla vigilia della seconda guerra mondiale. Si dovettero, difatti, ridurre in misura notevole gli acquisti di materie prime dall' estero, allungare i tempi di fabbricazione delle nuove bocche di fuoco e dei nuovi carri armati medi, e ridurre la produzione. L'obiezione che molti dei materiali impiegati avrebbero potuto essere facilmente rimpiazzati oppure abbandonati senza rimpianti perché troppo antiquati e perché in un conflitto moderno avrebbero fatto numero e non sostanza (48) non ci sembra molto valida dato che di fatto non vennero rimpiazzati tanto che 20 delle 73 divisioni esistenti il 10 giugno del 1940 risulteranno poco efficienti proprio per la penuria <li armi, mezzi e materiali determinata
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dalle guerre d'Africa e di Spagna. Per il completamento delle dotazioni di partenza delle grandi unità mancheranno, al momento dell'entrata in guerra, oltre agli automezzi, ai carri armati, ai trattori, ecc., proprio le mitragliatrici, gli esplosivi di lancio e di scoppio, i pezzi da 7'5, da 10'5 e di medio e grosso calibro, e le munizioni per le artiglierie. Il piano di fabbricazione degli esplosivi e delle munizioni di artiglieria necessari per il completamento delle dotazioni di partenza prevederà tempi di consegna protratti fino agli anni 1943 e 1944.
'5. La guerra contro l'Etiopia e la partecipazione alla guerra civile spagnola, oltre alle principali conseguenze politiche e militari di ordine generale accennate, ne ebbero altre peculiari nell'ambito dell'esercito. Al termine della guerra etiopica, il capo di stato maggiore dell'esercito, generale Baistrocchi, non si era limitato a rappresentare a Mussolini, come abbiamo già ricordato, l'esigenza di rafforzare militarmente il territorio conquistato per utilizzarne, in caso di bisogno, la potenziale capacità strategica, ma lo aveva ammonito circa il carattere generale e totale di un'eventuale guerra futura che avrebbe coinvolto l'Universo, sarebbe stata senza quartiere, all'ultimo sangue, «lunghissima» e che perciò avrebbe dato la vittoria a chi avesse saputo e soprattutto potuto, meglio prepararsi, resistere, alimentarsi, aggiungendo che, stante il dominio inglese nel Mediterraneo, per svolgere una politica di grande potenza l'Italia avrebbe dovuto prepararsi a tutti gli eventi «perché oggi siamo impreparati ed una preparazione che affidi richiede denaro, materie prime, consapevolezza delle necessità della guerra. Caso contrario, Duce, l'impero che avete creato lo perderete ... » (49). La risposta di Mussolini fu il dimissionamento del generale Baistrocchi da entrambe le cariche ricoperte. Perché si facesse qualcosa di più di quanto era stato fatto per la guerra etiopica e si veniva facendo tuttallora - mortai d'assalto, mortai da 81, cannoni controcarro da 47, cannoni contraerei da 20, trasformazione delle cariche delle mitragliatrici e dei proietti di artiglieria di piccolo e medio calibro in altri più moderni, miglioramento delle caratteristiche del munizionamento controcarro e contraereo, nuovo tipo di bombe a mano, incremento e potenziamento dei carri di assalto e veloci - l' esercito dové attendere fino al 1938, quando finalmente Mussolini, dopo il confronto diretto sul campo di battaglia dei mezzi italiani con quelli di altri eserciti e l'esposizione in vetrina sulla pianura del Meclemburgo dell'esercito tedesco, autorizzò l'avvio della realizzazione dei program-
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mi di ammodernamento e di completamento delle dotazioni rimasti sulla carta per oltre un quinquennio. Frattanto lo stato maggiore dell'esercito, sulla base delle esperienze delle 2 guerre, al fine di rendere in qualche modo meno clamorosa e stridente l'antinomia tra dottrina ed ordinamento, oltre i provvedimenti già ricordati - completamento e perfezionamento dell' organizzazione militare territoriale, costituzione dei comandi di divisione alpina, riordino e potenziamento della difesa contraerei, delle specialità del genio e del servizio chimico, costituzione del corpo automobilistico decise di costituire la prima brigata motomeccanizzata (2 giugno 1936) e la divisione motorizzata Trento, di dare inizio alla motorizzazione della divisione di fanteria Po e di 2 reggimenti bersaglieri e di portare da 1 a 3 i reggimenti di fanteria carristi (1 settembre 1936), provvedimenti che vennero poi sanzionati, congiuntamente ad altri adottati in tempi successivi, solo nel 1938 (50). Sul piano delle realizzazioni fu ben poco; ma, sotto il profilo concettuale, la costituzione di grandi unità motomeccanizzate, la motorizzazione di grande unità di fanteria e di reggimenti celeri e l'aumento delle unità carriste furono segni eloquentemente indicativi di una volontà di rinnovamento ordinativo e di un mutamento di rotta che sarebbe stata graduata da allora in poi su di un quadrante diverso da quello tradizionale (fanteria appiedata-cavalleria montataartiglieria a traino meccanico o animale). Le innovazioni, ancorché sul momento con carattere quasi sperimentale, ebbero l'anno successivo un seguito mediante la costituzione, il 15 luglio 193 7, di 2 comandi di brigata- corazzata e di un nuovo reggimento di fanteria carrista. La strada imboccata, seppure con ritardo inescusabile, era senz'altro quella giusta, mai il percorrerla avrebbe richiesto tempi molto lunghi che sarebbero stati cadenzati dal ritmo della produzione industriale bellica piuttosto asfittico a causa della scarsità di materie prime e dell'inadeguatezza della capacità produttiva. In parallelo con lo sviluppo da conferire alle unità corazzate, celeri e motorizzate, il nuovo capo di stato maggiore dell'esercito, generale Pariani, volle riprendere in esame l'intera intelaiatura dell'esercito ed in tale quadro particolarmente la struttura e l'organico della divisione, sembrandogli l'una e l'altro poco rispondenti come di fatto lo erano - alla guerra di rapido corso. Da che cosa dipendeva tale scarsa, o meglio, nulla rispondenza? Dalla insufficienza della potenza di fuoco? Dalla mancanza di mobilità? Da entrambi i fattori od anche da altri, quali, ad esempio, la pesantezza, la complessità e la poca manegevolezza che ne legavano la snodatura e ne rendevano difficile il comando? La ricerca della risposta - data per scontata l'indisponibilità dei mezzi necessari all'aumento della potenza Ji fuurn ed al con-
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ferimento di una mobilità diversa da quella del fante appiedato - fu indirizzata verso l'alleggerimento della grande unità da ottenere o mediante la soppressione di qualche elemento costitutivo o mediante la radicale trasformazione dell'intera grande unità in altra più leggera e semplice. Fu sulla base di tale impostazione che nel 19 3 7 s'iniziarono gli studi relativi ad una nuova formazione di guerra della divisione di fanteria che venne definitivamente adottata alla fine del 1938. Della formazione di guerra della divisione ternaria il maresciallo Badoglio, riferendosi peraltro alle operazioni in Etiopia, scrisse che si era dimostrata troppo pesante, e che pesanti si erano dimostrati altresì i troppo complessi comandi, aggiungendo che la divisione a due reg,gimenti meglio poteva rispondere se non vi fosse stata sproporzione fra truppe, servizi e comandi (51). Il giudizio del maresciallo Badoglio riguardava le operazioni in Etiopia e non la divisione ternaria come tale, giacché esso era preceduto dalla considerazione che «la costituzione dei reparti e delle grandi unità deve essere aderente alle operazioni che è previsto si debbano svolgere e adeguata al terreno sul quale si deve operare. I reparti devono essere leggeri e sciolti, la loro costituzione organica, omogenea». La considerazione orientava solo a differenziare i tipi di grande unità in relazione ai compiti ed al terreno, ma non avrebbe dovuto essere interpretata come il ripudio assoluto della formazione ternaria anche sui teatri europei, dove gli altri eserciti continuavano a misurare la loro consistenza operativa in termini di divisioni molto robuste (52). Nessuna indicazione valida circa una nuova formazione di guerra della divisione si era potuta trarre dalle divisioni metropolitané inviate in Libia durante la campagna etiopica -Assietta, Cosseria, Metauro - che erano state costituite su 2 anziché su 3 reggimenti di fanteria (ciascuno su 3 battaglioni ed 1 batteria di accompagnamento), 1 battaglione mitraglieri, 1 reggimento di artiglieria su 2 gruppi (1 ippotrainato cannoni da 75/27 ed 1 someggiato obici da 75/13), 1 compagnia zappatori-artieri con parco misto, 1 compagnia trasmissioni, 1 sezione fotoelettricisti, 1 plotone idrico, 1 sezione di sanità, 5 ospedali da campo, 1 nucleo chirurgico, 1 sezione di sussistenza con squadra panettieri, 1 autoreparto misto. Di tale tipo di divisione - più snella, più manovriera e più facilmente autotrasportabile, ma al tempo stesso meno potente, meno potenzialmente capace di uno sforzo profondo e prolungato ed inidonea perciò a condurre in proprio la manovra tattica - non furono pochi ad innamorarsi ed a sostenere che essa dovesse costituire il modello-base del nuovo ordinamento tattico della grande unità fondamentale del combattimento. Il suo più fervente sostenitore fu il capo di stato maggiore dell'esercito, generale Pariani, il quale però prima di decidere studiò un nuovo tipo
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di divisione binaria più ricca di potenza di fuoco rispetto a quella del 1935, la fece esperimentare nelle manovre estive svoltesi in Sicilia nel 1937, la sottopose all'esame critico dei capi militari che riunl a Roma in un'apposita riunione nel novembre del 193 7, ne modificò successivamente taluni aspetti ordinativi ed organici e, preso atto dell'opinione favorevole della maggioranza dei capi militari ali' adozione, la fece nuovamente sperimentare nelle esercitazioni estive del 1938 in Abruzzo, dove la presentò schierata per intero al re ed a Mussolini che la passarono in rassegna. La divisione binaria esperimentata nelle esercitazioni del 193 7 in Sicilia era formata da: 1 comando di divisione, 2 reggimenti di fanteria (ciascuno su 3 battaglioni e 1 batteria di accompagnamento), 1 reggimento di artiglieria per divisione di fanteria su 3 gruppi di 2 batterie ciascuno, 1 battaglione mitraglieri su 3 compagnie, 2 compagnie mortai da 81 (di 6 armi ciascuna), 1 compagnia cannoni da 47/32 (su 8 pezzi), 1 batteria da 20 mm (su 6 pezzi), reparti del genio e dei servizi. Tale costituzione sperimentale venne poi modificata costituendo i 2 reggimenti di fanteria ciascuno su 3 battaglioni con 1 compagnia armi di accompagnamento su 3 pezzi da 47/32 per battaglione (6 compagnie in totale); aggiungendo 1 battaglione d'assalto su 3 compagnie; portando da 1 a 3 le compagnie da 47/32 controcarro (su 3 pezzi ciascuna, 9 anziché 8 pezzi); raggruppando in un battaglione le 2 compagnie mortai da 81 ed elevando il numero dei mortai da 8 a 12; costituendo i 3 gruppi di artiglieria su 3 anziché su 2 batterie; assegnando alla divisione 1 posto aerologico; raggruppando le unità del genio in 1 battaglione costituito da 1 compagnia artieri, 1 compagnia trasmettitori e 1 compagnia fotoelettricisti; assegnando, per i servizi, 1 sezione di sanità, 1 sezione di sussistenza, 1 sezione autocarrette ed 1 autosezione leggera. Successivamente vennero studiate ed introdotte altre modificazioni sulla base delle indicazioni tratte dalle esercitazioni sperimentali del 1938 e nello scorcio di tale anno venne sanzionata la seguente formazione: 1 comando; 2 reggimenti di fanteria ciasuno su 1 comando, 3 battaglioni, 1 compagnia mortai da 81 e 1 compagnia armi d'accompagnamento con pezzi da 47/32 mod. 35; 1 battaglione mortai su 2 compagnie da 81 ed 1 compagnia da 45; 1 compagnia cannoni da 47/32 controcarro; 1 reggimento di artiglieria su: 1 comando, 1 gruppo da 100/17 motorizzato, 1 gruppo da 75/27 motorizzato e 1 gruppo da 75/13 someggiato; 1 batteria contraerei da 20 mm; 1 compagnia artieri, 1 compagnia mista telegrafisti e radiotelegrafisti, 1 sezione sanità, 1 sezione sussistenza. Il maresciallo Badoglio, capo di stato maggiore generale, si espresse contro la sostituzione della divisione ternaria con la binaria, mentre
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dei 65 generali convocati dal capo di stato maggiore dell'esercito nella riunione del 22 novembre 193 7: 54 furono favorevoli alla divisione binaria così come venne proposta; 8 si espressero a favore della ternaria sia pure alleggerita; 1 si pronunziò a favore della quaternaria o quanto meno della ternaria; 1 espresse il parere di disporre dei due tipi di divisione (ternaria e binaria) da impiegarsi secondo le circostanze; 1, infine, dichiarò di accettare la binaria purché integrata con mezzi per l'esplorazione (53). Premesso che la binaria non era una trasformazione della ternaria, ma l'introduzione di una grande unità del tutto diversa, dotata della sola capacità d'urto e di penetrazione e privata della funzione di manovra, lasciata questa specificatamente al corpo d'armata - manovra per colpi di divisione e non da parte della divisione - il generale Pariani illustrò, nella riunione, i vantaggi che secondo lui la formazione binaria conteneva rispetto a quella ternaria, vale a dire la leggerezza, la semplificazione delle funzioni di comando, la facilità d'impiego e l'idoneità all'autotrasporto con il conseguente aumento delle possibilità di manovra. Egli non escluse che per l'avvenire <<qualche divisione dovrà fare atti di manovra per circostanze speciali», ma soggiunse che si sarebbe trattato «sempre di una eccezione, perché la vera manovra spetterà, d'ora in poi, al corpo d'armata e ancora più all'armata» e che, in tali casi, sarebbe stato possibile rinforzare la divisione con gli elementi delle truppe suppletive che nel nuovo ordinamento sarebbero state assegnate organicamente al corpo d'armata. «L'adozione della binaria» - concluse il generale Pariani nella sua introduzione alla riunione - «consentirà, in sostanza, una quaternaria snodata in due parti in modo che, quando si dovrà compiere uno sforzo decisivo, sarà sempre una divisione destinata a scavalcarne un'altra; ed in questo caso avverrà anche che una divisione destinata ad agire in un determinato settore, potrà contare sul1'impiego, oltre che della sua artiglieria, di quella della divisione destinata a scavalcarla. Quindi maggiore potenza di fuoco che consentirà una maggiore facilità di scavalcamento ed alle artiglierie della seconda divisione di poter concorrere ad appoggiare efficacemente l'azione delle fanterie. Oltre a questo vantaggio, dirò così tattico, ne avremo anche un altro: quello dovuto alla motorizzazione dei servizi reggimentali e divisionali che consentirà di portare indietro una grande parte dei servizi, perché la motorizzazione non deve rappresentare soltanto una semplificazione, ma una diminuzione di peso ed il conseguimento di una maggiore autonomia della grande unità. Possiamo infatti diminuire il carreggio e quindi diminuire la profondità dei reparti. Avremo quindi: un aumento di fuoco verso l'avanti ed un aumento di addensamento dei servizi verso l'indietro. Perciò la nuova divisione invece di chiamarsi
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cosl, potrebbe chiamarsi anche brigata mista. Ma la questione del nome non deve essere quella che deve farci trattenere. Oggi, tutti determinano la forza di un paese dal numero delle divisioni che esso è in grado di mobilitare; è quindi una questione di moneta corrente, è una questione morale per la quale è bene parlare di divisioni in luogo di brigpte miste>>. Le obiezioni dei generali contrari alla binaria furono numerose e variegate e non trascurarono quasi nessuna le conseguenze negative del provvedimento, ma lo stesso generale Trezzani (54) - il più convinto e convincente oppositore della binaria - non accennò a due elementi assai delicati della questione, vale a dire alla opportunità e convenienza di prendere in esame, prima di decidere, le strutture e gli organici delle divisioni degli altri eserciti europei e di non procedere ad una cosl radicale rivoluzione - che investiva non solo la divisione, ma anche le unità medie (il reggimento ed il battaglione ) e minori (la compagnia, il plotone e persino la squadra) - in un momento assai poco tranquillo della situazione politica internazionale. L'azzeramento delle riserve istruite, quanto meno della fanteria, che sarebbe derivato dal mutamento degli organici e delle modalità di azione delle minori unità avrebbe dovuto indurre ad una maggiore cautela nella decisione. Vero è che il generale Pariani dichiarò che «indipendentemente da ogni altra considerazione, la trasformazione (sic) delle binarie richiederà almeno 10 anni e che, frattanto, la coesistenza della binaria con la ternaria è assicurata». Accadrà invece che il primo schema di riordinamento, che entrarà in vigore alla fine del 1938, prevederà senz'altro la costituzione di 51 divisioni di fanteria binarie (24 normali, 12 da montagna, 15 autotrasportabili) in luogo delle 33 ternarie, anche se in tale data sarà disponibile il materiale necessario solo per una piccola parte di esse e per di più in misura ridotta rispetto alle dotazioni fissate per la stessa divisione binaria sperimentata in Abruzzo nell'estate del 1938: la compagnia di accompagnamento da 47/32 mod. 35 verrà sostituita, al livello di reggimento, da 1 batteria d'accompagnamento da 65/17; verrà soppressa la batteria divisionale da 20 mm; si dovrà rinunziare, almeno per il momento, alla motorizzazione dei servizi del reggimento di fanteria, dei gruppi di artiglieria da 75/27 e da 100/17, nonché a quella del reparto munizioni e viveri del gruppo someggiato. Successivamente, nel marzo 1940, essendosi constatato che la dosatura della fanteria, nell'ambito divisionale, era risultata scarsa, verrà disposto di assegnare ad ogni divisione di fanteria una legione della milizia (formata da 1 comando, 2 battaglioni, unità mitraglieri e di completamento) della forza complessiva di circa 1300 uomini. Concepita dal generale Pariani come «potente pedina di manovra, duttile, snella e di ma-
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negevolezza tale da consentire immediatezza d'impiego» e avente l'unico compito di «avanzare adattandosi al terreno, regolando fuoco e movimento, in modo di garantire l'avanzata col minor numero di perdite», la divisione binaria rappresenterà in sé - e non solo perché non potuta dotare di tutti i mezzi preventivati all'atto della sua ideazione - una delle premesse tecniche di molti insuccessi tattici. Il generale Pariani affermò nella riunione del novembre del 193 7 che la divisione binaria era una necessità constatata sul campo di battaglia perché già durante la guerra etiopica erano state introdotte nella divisione di fanteria delle modifiche che avevano condotto verso la binaria. A sostegno della tesi aggiunse che «difficilmente le future guerre si svolgeranno sulle Alpi, o per lo meno le azioni che si svolgeranno in montagna non saranno le decisive» e, per la conquista dell'impero, <<le future guerre saranno svolte su campi essenzialmente coloniali ove occorrerà trasportare numerose masse». E ancora «se non dovremo fare delle guerre imperiali, potrà darsi che dovremo farne di quelle a carattere politico o, dirò cosl, religiose (fascismo contro bolscevismo, ecc.)» ed «anche in questo caso ci troveremo a dover portare le nostre unità in grandi pianure sebbene si combatterà anche sulle Alpi, perché nessuno vorrà cedere un palmo di terreno». Una visione lucida e realistica dalla quale le deduzioni da trarre, oltre quella certo pertinente della facilità di autotrasporto delle unità, avrebbero dovuto riguardare la potenza di fuoco, la mobilità tattica e non solo quella di traslazione logistica, la capacità controcarri e contraerei e l'esigenza, proprio per il tipo di terreno sul quale si prevedeva di combattere, di lasciare alla divisione la capacità di manovra vale a dire, in particolare, la disponibilità di una robusta riserva. Prendere a modello la guerra etiopica - dove, peraltro, la gran parte delle divisioni ternarie era stata impiegata nella interezza organica - non era affatto probante ai fini della determinazione dell'ordinamento dei corpi d'armata e delle divisioni, come non lo era la guerra civile spagnola dalla quale, negli anni 1938 e 1939, i sostenitori della bontà della soluzione binaria vollero trarre altri elementi di convalida. La presentazione della binaria come necessità constatata sul campo di battaglia - affermazione non dimostrata e non dimostrabile - fu forse l'argomento che più di ogni altro, in uno con l'inidoneità ammessa da tutti della ternaria così com'era alla guerra di movimento, indusse la grandissima maggioranza dei presenti alla più volte citata riunione a dare il loro consenso alla proposta del generale Pariani. Le voci dissenzienti non furono però solo le 8 della riunione. Ve ne furono altre non meno autorevoli, quali, ad esempio, quelle del generale Ottavio Zoppi (55) e del generale Baistrocchi. Il primo dichiarò in
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Senato: «Il bisogno di aumentare il numero delle divisioni di fanteria per supplire alla minore capacità di penetrazione della nuova divisione binaria porterà con sé nuove organizzazioni, nuovi generali, nuovi vicecomandanti, nuovi stati maggiori, ecc. ecc. e a tutto un lavoro che richiederà attività e tempo che sarebbero, a mio giudizio, più utilmente spesi in altri settori della nostra organizzazione» (56). Il secondo, nel 1939 scrisse a Mussolini ed al generale Soddu nuovo sottosegretario di Stato per la guerra: «La divisione binaria, da tutti deprecata, la quale altro non è che l'antica brigata rinforzata da alcuni gruppi di artiglieria, è di scarsa preparazione e incompleta nei quadri e nei materiali. Si sono sfasciate cosl belle e solide divisioni ternarie per accrescere, con disposizioni onerose per le finanze, tumultuarie e perciò disordinate, il numero delle grandi unità, con conseguente pernicioso incremento di alti gerarchi e relativi stati maggiori» (57). Non era vero che la divisione binaria fosse da tutti deprecata e neppure che le ternarie sfasciate fossero state belle e solide se non sotto il profilo morale, ma per il resto i generali Zoppi e Baistrocchi, e con loro molti altri, coglievano nel segno, in quanto non meno negative della binaria in sé furono le altre conseguenze che derivarono dalla rivoluzione ordinativa ed organica iniziata dal generale Pariani e condotta a termine dal maresciallo Graziani e dal generale Soddu il 9 maggio 1940.
6. L'ordinamento Pariani - cosl conosciuto perché il generale Pariani, nella duplice veste di sottosegretario di Stato e di capo di stato maggiore dell'esercito ne fu l'artefice, l'assertore ed il sostenitore strenuo, benché il ministro che l'abbia fatto approvare sia stato Mussolini - venne adottato in via definitiva il 22 dicembre del 1938. I relativi studi avevano avuto inizio sul finire del 1936 dopo che all'ordinamento del 1934 erano state apportate dal generale Baistrocchi, oltre le varianti già sopra ricordate, due altre modifiche di notevole rilievo: l'istituzione del comando di 1 brigata motomeccanizzata (1 giugno 1936) e lo scioglimento del reggimento carri armati di Bologna. In sostituzione di quest'ultimo erano stati costituiti reggimenti di fanteria carrista (15 settembre 1936): il 1 °, con sede a Vercelli, comprendente 1 comando, I, II e III battaglione carri d'assalto e IV battaglione carri di rottura; il 2°, con sede a Verona, comprendente 1 comando, IV, V, XI battaglione carri d'assalto e III battaglione carri rottura; il 3° con sede a Bologna, compredente 1 comando, VI e VII battaglione carri d'assalto, I battaglione
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carri di rottura, la compagnia meccanizzata di Zara, il battaglione scuola allievi ufficiali di complemento ed allievi sottufficiali; il 4° con sede a Roma, comprendente 1 comando, VIII, IX, X, XII battaglione carri d'assalto, V battaglione carri di rottura e la compagnia carri armati di Sardegna. La dislocazione dei battaglioni fu fatta, di massima, in ragione di uno per ciascun comando di corpo d'armata. La costituzione della brigata motomeccanizzata e dei 4 reggimenti di fanteria carrista trasferl sul piano pratico la nuova politica dei carri armati delineata verso la fine del 1935 dallo stato maggiore dell'esercito nella circolare 1800, nella quale era stata data notizia dell'allestimento di un carro medio (tipo M) e della progettazione di un carro pesante (tipo P) ed era stata data una nuova denominazione al materiale, distinguendolo in carri di rottura (Fiat 3000 B), in carri d'assalto (L3) se in dotazione alle unità inquadrate nei reggimenti di fanteria carrista, e in carri veloci (L3) se in dotazione alle truppe celeri. Sebbene l'insieme di tali provvedimenti non avesse il significato di svolta che i tedeschi ed i sovietici avevano già dato all'impiego dei carri, si trattò pur sempre di un riconoscimento del ruolo maggiore che i carri avrebbero assunto nella guerra futura e del primo tentativo di creare una grande unità, sia pure al livello di brigata, imperniata sull'impiego déi carri armati anziché su quello delle altre armi tradizionali. La nascita della prima brigata motomeccanizzata, intesa in tale senso, segnò una tappa importante nell'evoluzione ordinativa dell'esercito. Gli studi per la trasformazione durarono più di 2 anni e vennero sussidiati dalle ricordate esercitazioni sperimentali sul cui valore probatorio è lecito dubitare, perché esse furono impostate unilateralmente su tesi prefabbricate o furono sviluppate a mò di dimostrazione anziché di confronto di situazioni (58). Frattanto, nuove varianti di rilievo vennero apportate nei 2 anni all'ordinamento del 193 4 modificato. Nel luglio del 1937 vennero costituiti: 1 comando di corpo d'armata, 3 comandi di divisione di fanteria, 6 reggimenti di fanteria, 1 comando artiglieria di corpo d'armata, 3 reggimenti di artiglieria per divisione di fanteria, 1 reggimento di artiglieria di corpo d'armata, 1 direzione di artiglieria, 1 comando genio di corpo d'armata, 1 reggimento genio di corpo d':rrmata, 1 direzione di sanità, 1 direzione di commissariato, 1 compagnia di sussistenza ed 1 centro automobilistico (59); nell'ottobre dello stesso anno venne sancito un ulteriore ampliamento dell'intelaiatura mediante la costituzione di: 1 comando di corpo d'armata, 1 comando di divisione, 2 reggimenti di fanteria, 1 comando di artiglieria di corpo d'armata, 1 reggimento di artiglieria per divisione di fanteria, 1 reggimento artiglieria di corpo d 'armata, 1 comando genio e 1 reggimento genio di corpo d'armata (60). A tali variazioni sono da aggiungere tutte
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le altre introdotte gradualmente negli anni 1937 e 1938 e sanzionate con un decreto del settembre del 1938, che riguardava, oltre i provvedimenti circa la motomeccanizzazione ed i 4 reggimenti di fanteria carristi adottati nel 1936, la costituzione ex novo (1 gennaio 1937) del «Comando truppe del R.E. delle isole italiane dell'Egeo» (consistente di 1 comando, 1 comando di brigata di fanteria divisionale, 1 reggimento di fanteria divisionale, 1 ufficio artiglieria, 1 ufficio lavori del genio, 1 ufficio sanità e 1 ufficio commissariato delle truppe dell'Egeo); di 2 comandi di brigata corazzata e di 1 reggimento fanteria carrista (15 luglio 193 7); di 2 distretti militari (dei quali 1 il 1° agosto 193 7 e 1 il 1° settembre 1937); di 1 direzione di artiglieria, 1 di sanità, 1 di commissariato, 1 compagnia sanità, 1 compagnia sussistenza e 1 centro automobilistico (1 ottobre 1937); di 1 reggimento di artiglieria per divisione di fanteria (1 marzo 1938); di 1 comando di divisione, 1 reggimento di fanteria divisionale e 1 reggimento artiglieria per divisione di fanteria (1 luglio 1938); di 1 centro studi della motorizzazione (1 settembre 1938). Lo stesso decreto sanzionò la costituzione dal 1 gennaio del 1938 del reggimento fanteria guardia alla frontiera, la trasformazione di 5 dei 10 reggimenti artiglieria di armata in reggimenti artiglieria guardia alla frontiera, la denominazione dei reggimenti di fanteria carristi in luogo di quella di reggimenti carri armati, la soppressione dei reparti militari speciali e la costituzione dei comandi guardia alla frontiera di corpo d' armata (61). Il complesso dei provvedimenti si concretò, in sostanza, nella costituzione di nuovi corpi d'armata, di nuove divisioni e di nuove unità e, conseguentemente, nella vittoria ancora una volta della filosofia del numero. L'innovazione di grande rilievo fu la costituzione nel. 1937 delle 2 brigate corazzate e di un altro reggimento fanteria carrista: la 1 a brigata corazzata Centauro con sede in Siena, la 2 8 brigata corazzata Ariete con sede in Milano, ed il 31 ° reggimento fanteria carrista con sede in Siena (assegnato alla brigata Centauro), che rappresentò il quinto reggimento carri armati esistente in quell'epoca. Ciascuna delle 2 brigate fu articolata su: 1 reggimento bersaglieri, 1 reggimento carri armati, aliquote delle altre armi. Il provvedimento segnò il passaggio dalla fase sperimentale della brigata motomeccanizzata a quella definitiva della grande unità corazzata, intesa come strumento di rottura su terreni non fortemente organizzati e di manovra· a largo raggio nel quadro del regolamento Impiego ed addestramento carri d 'assalto diramato dallo stato maggiore nell'agosto del 1936 (62): carri «L» per il concorso alla sicurezza e per la rottura nel combattimento, carri «M» per l'attacco e per la rottura, carri «P» per rinforzo all'azione dei carri «M ». Lo sviluppo dato
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alle unità carri ed alle grandi unità corazzate - che nei primi mesi del 1939 da brigate si trasformeranno in divisioni - fu senza dubbio il provvedimento più positivo, forse l'unico, dell'ordinamento Padani. Nei riguardi delle grandi unità corazzate si costruì ciò che non esisteva; nei riguardi delle divisioni di fanteria si sfasciò simultaneamente tutto ciò che c'era per sostituirlo con quanto non era disponibile e non lo sarebbe stato per lungo tempo. Non che le divisioni ternarie fossero granché lo ripetiamo - ma erano pur sempre un quid di consolidato, suscettibile di rinnovamento mediante ritocchi, se si vuole anche notevoli, delle articolazioni e degli organici e mediante la ridistribuzione delle armi dei mezzi dei materiali che, ternaria o binaria, erano gli stessi e non tali da indurre a mutamenti ordinativi ed organici radicali. Sarebbe stato necessario, perciò, fare qualcosa e farlo sulla base dei mezzi realmente esistenti o di certa ed immediata disponibilità e non attuare, senza nessuna gradualità, un ordinamento nuovo e diverso, di vaste ambizioni, la cui fattibilità era però sul piano dei sogni o delle speranze e non su quello del reale. Le caratteristiche negative del nuovo ordinamento furono soprattutto la dilatazione del numero dei comandi e delle grandi unità, la intricata complessità dell'intera organizzazione dell'esercito, l'aumento di 1/3 delle divisioni di fanteria rese più snelle ma anche più deboli, il persistere della non aderenza delle unità riordinate alle forme dinamiche della guerra di rapida decisione con in più la loro diminuita capacità difensiva. Fattori positivi furono, invece, la differenziazione e la specializzazione delle grandi unità in relazione ai compiti operativi ed una più accentuata separazione delle attribuzioni dei vari comandi, distinguendo ulteriormente quelli di carattere territoriale da quelli di carattere operativo e addestrativo (63). Non si può non dare atto allo stato maggiore dell'esercito del lavoro compiuto in un secondo tempo per cercare di conferire alla binaria il massimo di capacità offensiva possibile e di correggerne le deficienze difensive. A tale duplice fine venne presa in considerazione la convenienza: della sostituzione del battaglione mitraglieri divisionale con un battaglione mortai di assalto; della trasformazione del battaglione di fanteria sul modello del battaglione alpini; dell'impiego a massa dei mortai d'assalto nel momento dell'assalto anziché del loro impiego come armi di appoggio ed a spizzico; dell'assegnazione di un reggimento mitraglieri motorizzato al corpo d'armata per dare a questo una riserva di mitragliatrici che gli consentisse al!' occorrenza di trasforma re la divisione da unità aggressiva in unità capace di azione difensiva; del rinforzo della divisione, specie nell'azione isolata, con elementi di fuoco (artiglierie, mortai da 81 , mitragliatrici) e dell'aumento del numero dei battaglioni, specie nell'azione su fronte ampia o nello schiera-
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mento d'ala, con unità della milizia e bersaglieri ciclisti. Non meno complesso fu il lavoro svolto per assicurare che il passaggio dalla ternaria alla binaria avvenisse gradualmente e senza scosse per quanto si riferiva alla mobilitazione. A tale riguardo lo stato maggiore dell'esercito condusse a termine studi approfonditi e mise in atto tutte le predisposizioni necessarie affinché fin dalla primavera (maggio) del 1938 la mobilitazione potesse essere effettuata con divisioni binarie. I correttivi adottati sul piano dell'impiego e le predisposizioni attuate circa la mobilitazione valsero a rendere meno esteso il male, ma non ad eliminarne e neppure a ridurne la perniciosità. Il decreto-legge n° 2095 del 22 dicembre 1938 (64), che modificò l'ordinamento del 19 34 e le successive varianti, previde che l'esercito metropolitano venisse così ordinato: comando del corpo di stato maggiore (che continuò a comprendere il corpo ed il servizio); 5 comandi di armata (1 in più rispetto al 1934); 17 corpi di armata (4 in più); 1 corpo di armata corazzato ex novo; 1 comando superiore truppe alpine (equivalente ad un comando di corpo d'armata); 1 corpo d'armatacelere ex novo; 51 divisioni di fanteria (20 in più); 3 divisioni celeri; 3 divisioni carabinieri ex novo; 1 comando truppe di Zara con deposito misto ex novo; 1 comando truppe dell'Elba con deposito misto ex novo; 13 comandi di difesa territoriale (8 in più); 28 comandi di zona militare (1 in meno). L'organico degli ufficiali generali fu portato a 265 unità (65). L'arma di fanteria venne a comprendere: 3 reggimenti granatieri, 100 reggimenti di fanteria divisionale (11 in più), 4 reggimenti di fanteria motorizzata ex novo; 12 reggimenti bèrsaglieri, 10 reggimenti alpini (1 in più), 6 reggimenti fanteria carrista (5 in più). L'arma di cavalleria: 12 reggimenti, 1 gruppo autonomo squadroni a cavallo (in più), gruppi squadroni carri leggeri (in più), 5 squadroni palafrenieri (1 in più). L'arma di artiglieria: 16 comandi artiglieria di corpo d'armata (3 in più), 1 comando artiglieria di corpo d'armata celere (in più), 51 reggimenti artiglieria di divisione di fanteria (20 in più), 2 reggimenti di divisione motorizzata (in più), 2 reggimenti di divisione èorazzata (in più), 5 reggimenti di artiglieria alpina (1 in più), 3 reggimenti di divisione celere, 6 reggimenti di artiglieria guardia alla frontiera; 16 reggimenti artiglieria di corpo d'armata (4 in più), 5 reggimenti artiglieria di armata (5 in meno), 5 reggimenti contraerei, 1 reparto palafrenieri, 16 direzioni di artiglieria (3 in più), 1 servizio tecnico delle armi e munizioni. L'arma del genio: 16 comandi del genio di corpo d'armata (3 in più), 16 reggimenti genio di corpo d'armata (4 in più) (le altre unità rimasero invariate). L'automobilismo militare: 1 servizio tecnico, 16 centri auto-
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mobilistici (3 in più), un numero vario di gruppi autonomi. Il decreto, inoltre, sanzionò la costituzione del deposito misto delle truppe dell'Egeo, soppresse l'ispettorato delle truppe celeri e l'ispettorato delle truppe alpine ed abrogò la carica di ispettore della preparazione premilitare e postmilitare della nazione, che era stata istituita il 20 settembre del 1934 (66). Alle divisioni vennero successivamente assegnati un numero ed un nominativo (67). Con l'aumento di numero dei comandi di grande unità anche i vari servizi di campagna furono gradualmente aumentati e vennero ritoccati anche taluni organi logistici territoriali (68). Ma l'ordinamento Padani ed i pochi provvedimenti che gli fecero seguito (69), anche se sul piano teorico costituivano in qualche settore un progresso concettuale ed organizzativo - la creazione di divisioni corazzate e di divisioni motorizzate fu senza dubbio un fatto molto positivo - , non mutarono, né lo avrebbero potuto, la sostanza della situazione degli armamenti e dei mezzi giudicata materialmente e moralmente disastrosa dal maresciallo De Bono in un colloquio con il ministro degli esteri (70) e quella non meno disastrosa delle dotazioni e delle scorte ulteriormente depauperate nell'aprile del 1939 dalla spedizione in Albania. Questa, sebbene incruenta e rapida, comportò dispendio di mezzi, sotto il profilo strategico accrebbe il peso degli oneri militari per l'apertura di una seconda frontiera con la Jugoslavia senza nessun corrispettivo politico, economico e tecnico-militare di rilievo ed invogliò successivamente il ministro degli esteri e Mussolini all'avventurosa guerra contro la Grecia nella quale verrà scritta una delle pagine più dolorose della storia d'Italia (71). Quando il 1° settembre del 1939 la Germania invaderà la Polonia ed il giorno 3 successivo s'inizierà la seconda guerra mondiale l'organizzazione prevista dal generale Pariani che, per quanto riguardava la costituzione di nuove unità o la trasformazione di quelle già esistenti, avrebbe dovuto essere raggiunta, secondo il decreto, gradualmente con disposizioni particolari dettate di volta in volta dal ministro per la guerra, non sarà ancora ultimata e l'esercito disporrà di 67 divisioni (72), variamente distribuite sul territorio nazionale e sui territori oltremare, delle quali solo 16 saranno effettivamente complete nella modestia della loro consistenza, mentre tutte le altre saranno ancora in crisi di trasformazione da ternarie in binarie o comunque incomplete, e nella stessa situazione, se non peggiore, saranno anche le unità non indivisionate (truppe e servizi di corpo d 'armata e di armata, raggruppamenti di unità coloniali, ecc).
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7. Al generale Pariani che gli sollecitava nel 1937 l'ammodernamento ed il potenziamento dei mezzi, Mussolini rispose: «Abbiate pazienza; ho il mio programma. Prima devo mettere in efficienza la marina; poi provvederemo all'esercito ed all'aeronautica». L'esercito ebbe pazienza; non cosl Hitler, nonostante che il patto di acciaio prevedesse esplicitamente che le due potenze avrebbero avuto bisogno «di un periodo di pace non inferiore ai 3 anni» dato che «solo dal 194 3 in poi ... uno sforzo bellico avrebbe potuto avere le più grandi prospettive di vittoria». È poco verosimile che l'Italia in 3 anni avrebbe potuto conseguire il potere industriale - materie prime, energia, capacità di produzione, capacità di trasporti - necessario ad uno sforzo bellico della portata della seconda guerra mondiale. Le difettava la potenzialità di base. È certo, viceversa, che nel 1939-'40 il Paese quasi non disponeva di materie prime, aveva scarse riserve di oro e di valuta pregiata per acquistarle, era in grado di supplire parzialmente all'inopia di carbone e di petrolio mediante gli impianti idroelettrici per la produzione di carbone bianco, possedeva una capacità produttiva industriale ancora inadeguata ed arretrata ed una capacità di trasporti, specialmente ferroviari, abbastanza soddisfacente (73). A parte i miracoli quasi incredibili che l'industria italiana compirà guerra durante creando dal nulla e moltiplicando il poco, nel settembre del 1939 le materie prime esistenti erano bastevoli a coprire si e no il fabbisogno di 1 o 2 mesi (74), mentre non era ancora ultimato il trasferimento di parte dell'industria bellica dalla pianura del Po al meridione e la produzione non correva con il ritmo di guerra. Il rinnovo delle artiglierie di medio e grosso calibro era appena iniziato, la produzione dei carri «M>> non andava oltre qualche centinaio ali' anno, quella dei carri «P» era ancora di là da venire. Per le consegne dei principali materiali occorrenti per il completamento delle dotazioni di partenza erano prevedibili tempi assai lunghi e, in particolare: per le artiglierie la fine del 1943, per i cannoni per la fanteria il terzo trimestre del 1943, per gli esplosivi di lancio il terzo trimestre del 1942, per le bombe da mortai il primo trimestre del 1942, per i carri armati ed i trattori la fine del 1941, per le armi individuali ed i mortai il secondo trimestre del 1941, per la cartucceria leggera e gli esplosivi di scoppio e da mina la fine del 1940, per gli automezzi, i materiali del genio ed i materiali per i servizi logistici il terzo trimestre del 1940. Ripetiamo che tali tempi si riferivano solo al completamento delle dotazioni di partenza e non al ripianamento dei prevedibili consumi di guerra. Lo stato maggiore dell'esercito, con spostamenti e ripieghi vari, cercò, oltre i limiti del pos-
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sibile, di fare fronte alle esigenze più pressanti, ma nonostante ogni sforzo, nella primavera del 1940 la disponibilità risulterà di gran lunga inferiore al fabbisogno tanto che non supererà la possibilità di rifornire piu di un quarto delle unità mobilitate e per non oltre 6 mesi, benché queste fossero ridotte a sole 7 3 dalle 88, e poi 77, preventivate nel programma di mobilitazione. Hitler bruciò i tempi e rimase irremovibile di fronte ai tentativi di ricondurlo alla ragione fatti dal Sommo Pontefice, dal Presidente degli Stati Uniti, dai sovrani del Belgio e dell'Olanda e dallo stesso Mussolini. L'Italia, colta quasi di sorpresa, dichiarò, in sede di consiglio dei ministri, il 1 ° settembre 1939, che non avrebbe preso iniziativa alcuna di operazioni militari e, nel dicembre successivo, la sua non belligeranza. Mussolini aggiunse: «Dobbiamo essere tanto forti da non poter essere costretti da nessuno ad entrare in guerra». Un proposito razionale ed assennato al quale egli però verrà meno qualche mese dopo quando deciderà di trascinare il Paese in guerra senza che nessuno ve lo avesse costretto ed in una situazione di estrema debolezza che, malgrado gli fosse ben nota, oserà definire, il 1° maggio 1940, ai capi di stato maggiore come non ideale ma soddisfacente. Frattanto, sotto l'assillo della situazione, lo stato maggiore, oltre che alle misure per i quadri e gli specializzati illustrate nel capitolo precedente, aveva provveduto fin dalla primavera del 1939 ad alcuni richiami di personale e, nell'estate-autunno dello stesso anno, dispose il richiamo di aliquote delle classi 1910, 12, 13 e 16 per un gettito complessivo di circa 200 mila uomini, con il quale e con la forza già alle armi, rinforzò prima di tutto la guardia alla frontiera - completamento degli organici, riordinamento delle artiglierie, aumento degli specializzati per il funzionamento degli impianti interni delle opere - e completò l'approntamento della 1 a e 4a armata (frontiera occidentale) e successivamente della 6a (armata del Po), 2 3 (frontiera orientale), 7a (riserva) e del XII corpo d'armata (Sicilia). Durante il periodo invernale 1939-40, fattosi più debole il desiderio di Mussolini di restare fuori dal conflitto, fu migliorato l'inquadramento delle unità di approntamento e vennero impartite disposizioni per la mobilitazione di altre unità prevedendo, in un primo tempo, la costituzione di 77 divisioni (che poi il 10 giugno 1940 si ridurranno a 73) anziché delle 63 esistenti nel settembre. Tra il febbraio ed il maggio 1940 vennero chiamati l'intera classe 1920 e due quadrimestri del 1919 e richiamate altre aliquote delle classi 1910, 11, 12, 13, 14, 15 e 16 per un totale di 700 mila uomini. Furono così portate al 100% le unità dell'armata del Po, della Libia e dell'Egeo; furono incrementate la 1 a e la 4a armata; furono rinforzate fino al 60% degli organici la 2a e 1'8 3 armata nonché le
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unità della Sardegna; furono costituiti dove mancavano i terzi battaglioni dei reggimenti di fanteria e le terze batterie dei gruppi. Anche i comandi territoriali, gli stati maggiori dei comandi di grande unità, i reparti per la difesa contraerei, i reparti collegamenti e tutte le unità della 1 a, 2 a, 3 a, 4 a, 7 a ed 8 a armata furono gradualmente completati al 100%. Vennero infine approntati i battaglioni della milizia per la 2a e 1'8a armata, nonché quelli previsti per la Sicilia e per la Sardegna. Il 10 giugno 1940 la forza dell'esercito sarà di 1634950 uomini - 1076940 nel territorio nazionale, 255950 nell'A.O.I., 207630 nell'A.S.I. , 70290 in Albania, 24140 nell'Egeo - ma essa non sarà sufficiente a coprire gli organici delle unità mobilitate. A questo scopo sarebbero stati necessari ancora più di 200 mila uomini (75). L'ordinamento provvisorio Pariani del dicembre 1938 era stato, prima del 10 giugno 1940, ritoccato, completato e, non v'è bisogno di dirlo, ulteriormente ampliato dando luogo ad un ordinamento definitivo che era stato stabilito con la legge n ° 368 del 9 maggio 1940 e che era entrato in vigore con decorrenza dal 1 gennaio 1940 (76). La nuova legge inglobò, tra l'altro, la legge che qualche mese prima aveva stabilito il nuovo ordinamento dello stato maggiore dell'esercito portandone il numero degli ufficiali da 206 a 226 (77), quella che aveva fissato una nuova tabella graduale e numerica degli ufficiali generali (78) ed il decretolegge che aveva riordinato l'arma di carabinieri (79). Rispetto all'ordinamento Pariani del 1938, il nuovo ordinamento - che a stretto rigore dovrebbe essere chiamato terzo ordinamento Mussolini o ordinamento Soddu dal nome del sottosegretario che ne fu fervente sostenitore e ne caldeggiò l'approvazione, o secondo ordinamento Pariani perché in fondo era un'edizione completata ed ampliata dell'ordinamento del 1938 - previde: l'aumento di un comando d'armata (6 anziché 5), di 1 corpo d'armata (18 anziché 17) costituente il «Comando superiore delle truppe in Albania», di 1 corpo d'armata autotrasportabile, di 3 divisioni di fanteria, di 1 divisione corazzata, di 3 comandi di difesa territoriale, di 6 reggimenti di fanteria divisionale, di 1 reggimento di fanteria della guardia alla frontiera, di 1 battaglione Guardia reale albanese, di 1 reggimento di cavalleria, di 3 comandi artiglieria di corpo d'armata, di 3 reggimenti di artiglieria per divisione di fanteria, di 1 reggimento di artiglieria per divisione corazzata, di 3 reggimenti di artiglieria guardia alla frontiera, di 2 reggimenti di artiglieria di corpo d'armata, di 1 gruppo autonomo di artiglieria della guardia alla frontiera, di 2 direzioni di artiglieria, di 2 comandi genio e di 2 reggimenti genio di corpo d'armata, di 2 çentri automobilistici. Con l'aumento del numero delle grandi unità anche i vari servizi furono aumentati.
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Nel marzo del 1940, per ovviare alla scarsa dosatura di fanteria della divisione binaria, lo stato maggiore dell'esercito aveva disposto l'assegnazione di una legione della milizia - su 2 battaglioni e reparto mitraglieri - ad ogni divisione di fanteria (80) . Lo stato maggiore si era affrettato a precisare che il provvedimento non significava il ritorno alla divisione ternaria e, difatti, la modesta consistenza della legione, notevolmente inferiore a quella di un reggimento di fanteria, ed il mancato contemporaneo aumento dell'artiglieria divisionale non mutavano sostanzialmente la fisionomia della divisione; ma la precisazione, in realtà, era un tentativo di nascondere il riconoscimento dell'errore compiuto, in quanto, bene o male, si tornava a dare nelle mani del comandante della divisione un elemento di manovra, seppur modesto, che con troppa superficialità e fretta gli era stato tolto. Il provvedimento, in definitiva, venne a dare ragione a coloro che avevano sostenuto, indipendentemente da altre considerazioni, di lasciare alla divisione la tradizionale funzione di manovra. Le legioni della milizia furono assegnate soltanto alle divisioni di fanteria sia del tipo normale sia del tipo da montagna (81) e non alle altre divisioni speciali (82) che conservarono la formazione binaria originaria. L'immissione organica di unità della milizia nella divisione di fanteria, sebbene suggerita dalla volontà di riparare in qualche modo alla debolezza della binaria, tolse alla grande unità il carattere di omogeneità organica e spirituale che le era proprio, rese più complicata l'azione di comando, riunl in un insieme tattico unità diverse per reclutamento, tradizione, disciplina e costituzione con gli svantaggi che ne conseguivano ai fini dell'impiego. Naturalmente il provvedimento ebbe anche qualche aspetto vantaggioso: migliorò l'inquadramento delle unità della milizia che vennero affidate ad ufficiali che avrebbero ricoperto lo stesso grado se in servizio nell'esercito; elevò il livello addestrativo di tali unità; favorl il rispetto reciproco tra unità dell'esercito ed unità della milizia. Queste ul~ime in ogni caso si sentiranno nell'ambito della divisione di fanteria un quid di aggiuntivo e di diverso - ma non per questo verranno meno al senso del dovere, allo spirito di sacrificio ed all'esposizione al pericolo - mentre le unità dell'esercito non le sentiranno mai come cosa propria. La legge sull'ordinamento del 1940 non previde il livello di comando di «Gruppo di armate», ma l'eventualità che si fosse dovuto operare nella madrepatria contemporaneamente su più fronti ne suggerì la opportunità di costituzione. Inizialmente vennero creati il comando «Gruppo di armate ovest» ed il comando «Gruppo di armate est»; subito dopo venne creato il comando «Gruppo di armate sud». Durante la prima guerra mondiale le armate erano state mantenute, dall'inizio alla fine, nono-
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stante l'ampiezza delle fronti e le diverse caratteristiche strategiche e tattiche del settore trentino e di quello giulio collegati dalla cerniera carnica, alle dirette dipendenze del comando supremo. La continuità della fronte, l'interconnessione dei due settori e, in particolare, la reciproca dipendenza di tenuta dell'uno dall'altro avevano allora quasi imposto l'unicità della direzione strategica delle operazioni sull'intera fronte. Nel 1940 la situazione era del tutto diversa. Non esisteva continuità di fronte e le operazioni ad ovest erano indipendenti da quelle ad est, almeno nelle fasi iniziali II comando di gruppo di armate parve perciò, a ragione, la soluzione migliore, avuto riguardo ai compiti assai più onerosi, numerosi, difficili e delicati rispetto a quelli della guerra 1915-18 che sarebbero spettati al comando supremo ed allo stesso stato maggiore del1'esercito in un eventuale conflitto, sia per il carattere strettamente interforze delle operazioni, sia per la molteplicità degli scacchieri che sarebbero stati interessati alla guerra, oltre tutto distanti migliaia di chilometri l'uno dall'altro, sia per meglio soddisfare l'esigenza di unitarietà di condotta e d'indipendenza d'iniziativa strategica e tattica da lasciare agli alti comandi locali pur nel quadro degli orientamenti e delle direttive dell'azione coordinatrice propria del Comando Supremo, sia infine per conservare a questo ultimo la visione d'insieme dei problemi senza coinvolgerlo nella diretta responsabilità della conduzione delle manovre locali.
8. Al momento dell'entrata dell'Italia nella seconda guerra mondiale l'esercito metropolitano risultò cosl ordinato: 3 comandi di gruppo di armate (non previsti dall'ordinamento di pace), 9 comandi di armata in luogo dei 6 dell'ordinamento di pace, 24 anziché 23 comandi di corpo d'armata, 68 anziché 67 divisioni ed altre unità minori tra le quali 3 raggruppamenti alpini. Esistevano, inoltre, e furono mobilitate: 2 divisioni metropolitane nell'A.0.1., 3 divisioni della milizia e 2 divisioni libiche nell' A.S.I. Delle 73 divisioni mobilitate (escluse le 2 dell' A.O.I.): 43 erano di fanteria, 5 alpine, 3 corazzate, 3 celeri, 3 autotrasportabili, 9 autotrasportabili tipo A.S., 2 motorizzate, 3 della milizia, 2 libiche (83). Si trattava di un complesso di forze poderoso, inquadrato in un non meno gagliardo numero di comandi operativi; ma dietro la imponente facciata di un così fitto ordine di battaglia (84), esistevano vuoti di consistenza materiale spaventosi. Solo 19 divisioni delle 7 3 erano classificate complete e cioè disponevano del 100% del personale, delle dotazioni individuali e di reparto, dell'armamento collettivo, dei quadrupedi
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e degli automezzi (da completare, peraltro, mediante requisizioni); 34 erano efficienti, ma non complete (personale al 7 5 % ; dotazioni individuali e di reparto, armamento collettivo al 100%, deficienze varie di quadrupedi e di mezzi meccanici di trasporto); 20 erano poco efficienti e cioè avevano il 60% del personale, deficienze notevoli nelle dotazioni individuali e di reparto e nell'armamento collettivo e solo il 50% degli automezzi e dei quadrupedi previsti dagli organici. Le deficienze, gravi in senso assoluto, lo erano ancora di più in senso relativo, cioè nella comparazione degli organici e dei materiali dei presunti e possibili avversari. Basta ricordare la quantità e la qualità delle artiglierie, delle armi controcarri e contraerei e dei carri armati (in tutto l'esercito erano in distribuzione solo 70 carri «M»). Le 3 divisioni corazzate erano dotate quasi esclusivamente dei modesti carri «L» da 3 tonnellate che non potevano assolutamente reggere il confronto, per potenza, con i carri degli altri eserciti, nella grande maggioranza di peso variabile dalle 6 alle 3 3 tonnellate ed armati con pezzi da 37 e da 75. Della vetustà e dell'inconsistenza materiale dell'edificio erano perfettamente consapevoli sia il capo di stato maggiore generale, maresciallo Badoglio, sia il capo di stato maggiore dell'esercito, maresciallo Graziani, i quali non avevano mancato di renderne edotto Mussolini ripetendogli il primo, il 4 aprile del 1940, che allo stato presente la nostra preparazione è al 40 per cento ed il secondo, il 25 maggio dello stesso anno, che l'esame della situazione dell'esercito portava a concludere in senso nettamente sfavorevole alla nostra entrata in guerra. I vertici militari, dal canto loro, non ignoravano che, nonostante i loro pareri tecnici contrari, Mussolini nella primavera del 1940 aveva ormai deciso l'entrata in guerra. Le misure di emergenza messe in atto nel 1939 e tra il febbraio ed il maggio del 1940 e l'accelerazione impressa all'attuazione dell'ordinamento Pariani del 1938, ulteriormente ampliato e sensibilmente ritoccato, furono ispirate ad una concezione del tutto difensiva che venne ribadita dallo stato maggiore dell'esercito il 7 giugno 1940 in ossequio alla direttiva di Mussolini della gue"a non guerreggiata, quasi sull'esempio della Francia che, dal settembre 1939 al maggio 1940, non aveva mosso dito contro la Germania. La prova di tale orientamento inequivocabile è l'assenza assoluta di ogni prospettiva offensiva rilevabile chiaramente dal quadro di battaglia dell'esercito. Nessun accenno su nessuna delle fronti ad un'iniziativa qualsiasi, magari di carattere locale e limitato, che desse una parvenza di significato concreto all'entrata in guerra. Un quadro di battaglia che fotografa l'estrema sfiducia dei capi militari nella capacità operativa dell'esercito e quasi palesa la rassegnazione forzata ad un'articolazione e ad nno schie-
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ramento delle forze quasi privi di alternative e adottati malvolentieri e solo per spirito di obbedienza a chi aveva la somma responsabilità del comando. Se questo fu lo spirito che animò i capi, non si può non rilevare che essi erano capi da poco; diversamente, se certi dell'insuccesso finale, avrebbero dovuto scindere le loro responsabilità tecniche da quelle politiche e militari di Mussolini; se abbacinati - come il re, Mussolini e tanti altri - dall'attraversamento, il 13 maggio del 1940, della Mosa a Sédan da parte dei corpi corazzati di Guderian, avrebbero dovuto tentare, pur nella pochezza dei mezzi, un'azione su Malta, o su Bisetta, o sulla Corsica, o su Nizza, obiettivi da sempre strombazzati dalla propaganda fascista e di non facile, ma non impossibile, conquista nella situazione cruciale della Francia al 10 giugno 1940; se, infine, timorosi di un'aggressione da ovest - per altro improbabile in quel frangente - e da est o da entrambe le direzioni, non era certo con la guerra fasulla o balorda, com'era stata definita la guerra fino ad allora svoltasi sulle frontiere franco-tedesche, che la si poteva fronteggiare, ma piuttosto con una controffensiva preventiva com'era stato fatto sul Piave nel giugno del 1918. L'Italia entrava in guerra nell'euforia delle vittorie tedesche in Norvegia e sulle frontiere occidentali. La verità è che lo stato maggiore italiano, pur avendo preso in considerazione nel passato una qualche labile ipotesi offensiva nd riguardi della Corsica e dell'Egitto, non aveva mai dato seguito agli studi nella considerazione della indisponibilità dei mezzi necessari. Per il resto - azioni offensive sul territorio metropolitano e coloniale francese o su Malta - non era stata neppure ventilata l'opportunità di uno studio siffatto. Quando Mussolini decise di non voler apparire inerte e, dopo l'ingresso dei tedeschi a Parigi e l'incursione navale francese su Genova, ordinò di oltrepassare il confine occidentale sviluppando piccole operazioni offensive atto scopo di agganciare truppe avversarie e di occupare posizioni che facilitassero futuri sbocchi in più grande stile, ed i capi militari vollero assecondarlo, era materialmente impossibile muoversi offensivamente stanti gli imposti ristretti termini di tempo, inferiori ai minimi occorrenti per passare da uno schieramento difensivo ancorato ad un dispositivo offensivo in grado di rompere e penetrare in profondità in zone montane impervie potenziate difensivamente da un sistema fortificato di tutto rispetto. Si dové allora imbastire affrettatamente un'azione il cui consuntivo risulterà negativo sotto tutti gli aspetti - morale, psicologico, politico, militare - e che causerà la morte di 631 uomini (fra i quali 59 ufficiali) ed il ferimento di altri 2493. Non diversamente sarebbero andate le cose se un altrettanto improvviso passaggio dalla difensiva ali' offensiva avesse dovuto essere ordinato snlla frontiera orientale. L'eventualità di
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dover intraprendere, perché suggerito dalla situazione, operazioni di carattere offensivo non era stata neppure ipotizzata. Non meno gravida di conseguenze fu l'assenza dal quadro di battaglia del comando superiore delle forze armate in A.S. di grandi unità mobili e di un'adeguata consistenza di unità corazzate. Le due armate di Libia disponevano in tutto di 3 battaglioni carri «L» - IX, XX e XXI - e nessuna delle 14 divisioni della 5 a e della 10 a armata erano del tipo motorizzato o celere, ma tutte del tipo autotrasportabile, vale a dire meno potenti delle divisioni di fanteria normali (per renderne meno oneroso l' autotrasporto), ma egualmente prive in proprio del numero di automezzi necessari all'autotrasporto stesso. L'unico terreno sul quale l'esercito italiano avrebbe potuto far tesoro degli insegnamenti che si sarebbero dovuti trarre dalla campagna di Polonia - che era stata la prima dimostrazione pratica, la prima verifica della teoria del lightning (lampo) o Blitzkrieg - avrebbe dovuto essere la Libia, benché il deserto fosse assai diverso dalla pianura polacca. In Libia, in ogni caso, anche nel quadro dell'azione difensiva, sarebbero state necessarie truppe dotate di alta mobilità e di notevole idoneità alla manovra rapida. Ciò che meno soddisfa del quadro generale di battaglia del 10 giugno, non al senno di poi, ma ad una obiettiva e realistica valutazione della situazione politico-strategica e tatticotecnica, è la collocazione dell'armata Po e la sua assegnazione al gruppo armate est. Costituita su 3 corpi d'armata speciali - uno celere, uno corazzato, uno autotrasportabile - e dislocata sulla pianura padanoveneta, tra il meridiano di Parma ed il Tagliamento, orientata ad agire verso est più che a sbaragliare eventuali profonde penetrazioni da ovest, essa non trovò, e non avrebbe potuto trovare in nessun caso nella particolare situazione di quei mesi, alcuna possibilità d'impiego né unitario né frazionato, mentre alcune delle sue divisioni avrebbero offerto ben altra garanzia di successo allo schieramento difensivo della frontiera tunisina e di quella egiziana. L'armata Po, come tale, avrebbe trovato piena giustificazione in un piano operativo di largo respiro offensivo; nel quadro di battaglia del 10 giugno fu, invece, un surplus prezioso riposto in uno scrigno per il timore di perderlo o di sciuparlo. Le 4 divisioni del corpo d'armata corazzato - Ariete, Littorio, Trento e Trieste - verranno poi, guerra durante, trasferite in tempi successivi in Libia e l' armata Po cesserà di esistere. A questo punto occorre riportare il discorso sull'ordinamento provvisorio Pariani e sull'ordinamento definitivo del 1940, ai quali risale la costituzione dell'armata Po e dei corpi d'armata normali e speciali (85). Centrato sulla divisione, il dibattito che aveva preceduto l'ordinamento Pariani aveva appena toccato il problema del corpo d'armata e
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neppure sfiorato quello dell'armata. Dalla moltiplicazione del numero delle divisioni era stato dedotto, con un ragionamento quasi meccanicistico, l'aumento proporzionale del numero delle armate e dei corpi d'armata, senza l'approfondita considerazione delle implicazioni dei dati nuovi sulle grandi unità di livello superiore a quello divisionale. Si ritenne che non fosse necessario mutare le tradizionali funzioni tattiche e logistiche e la fisionomia delle grandi unità a costituzione variabile senza preventivamente conoscere lo sbocco del processo che si metteva in atto, sen~ za averne misurato con esattezza i termini ed i limiti e senza la piena consapevolezza della proiezione dei fenomeni riflessi posti dal nuovo dato strutturale. Era davvero necessario aumentare il numero delle armate e dei corpi di armata o non sarebbe stato più opportuno e conveniente, proprio per salvaguardarne le funzioni tradizionali, accrescerne la consistenza intrinseca senza scalarne in pratica l'ampiezza ed i livelli di manovra? La risposta fu la creazione di armate che di tale grande unità non avevano che il nome (la 3 a, la 7 a e 1'8 a) e di corpi d'armata (VII, VIII, XII, XIII, XIV, XXI, XXII, XXIII e autotrasportabile) - più di un terzo di quelli esistenti - il cui significato tattico non superava di molto quello della vecchia divisione quaternaria. I corpi d'armata su 2 divisioni binarie - 2 dei quali inquadrati nella 10 8 armata che contava in tutto, escluse le truppe a presidio della fortificazione di frontiera e della piazzaforte di Tobruch, 5 divisioni binarie (3 dell'esercito, 1 della milizia ed ! libica) - avevano tuttalpiù la capacità difensiva per presidiare staticamente un settore della fronte, ma non quella offensiva per condurre autonomamente uno sforzo unitario profondo, nel quale l'intervento dell'armata avrebbe dovuto essere riservato all'inseguimento ed allo sfruttamento del successo. Se accettabili sui terreni alpini, purché rinforzati - come lo furono il III, il corpo d'armata alpino e l'XI mediante l'assegnazione di un raggruppamento tattico manovriero altrove i corpi d'armata su 2 divisioni altro non erano che piccole grandi unità difensive con modeste possibilità di reazioni di movimento locali e con quasi insignificante potenza di fuoco controcarro (16 pezzi da 4 7/32 su tutta la fronte del corpo d'armata). La conclusione di carattere ordinativo che si sarebbe dovuta trarre dall'adozione della formazione binaria avrebbe dovuto essere la costituzione dei corpi di armata su di un numero di divisioni non inferiore, in alcun caso, a 3. Analogamente, le armate su 2 corpi d'armata, senza grandi unità in riserva, erano più somiglianti ai corpi di armata su 2 divisioni quaternarie che non alle armate dell'Isonzo e del Trentino della prima guerra mondiale. L'armata senza un terzo robusto elemento di riserva non era più la grande unità
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fondamentale della manovra strategica, la protagonista della battaglia, come lo stesso ordinamento Pariani e la dottrina tattica ufficiale continuavano a considerarla e come risultarono essere, il 10 giugno del 1940, la 1 a, la 2 a, la 4 a e la 5 a armata. L'ordinamento Pariani non era un ordinamento di pace con motivazioni di carattere territoriale, addestrativo e disciplinare che avevano inciso sulla costituzione di nuovi comandi di armata e di corpo d'armata; se ciò ebbe un labile fondamento di giustificazione per i corpi d'armata, non ne ebbe nessuno per i comandi di armata, la cui esistenza diventa legittima solo se soddisfa concrete esigenze operative: tali non erano quelle della 3 a, della 7 a e dell' 8 a armata. Se, inoltre, in luogo di costituire nuovi corpi di armata su 2 divisioni, si fossero aggregate ai corpi di armata esistenti la nuove divisioni filiate dalla trasformazione, non ne sarebbe derivato nessun grave inconveniente neppure per il tempo di pace. Qualche considerazione a parte richiede la costituzione dell'armata speciale Po e dei corpi d'armata corazzato, celere e autotrasportabile. Abbiamo accennato come non esistesse nessun'ipotesi operativa e neppure nessuna possibilità reale d'impiego unitario di tale armata, la cui creazione ebbe origine dalla convenienza di raggruppare sotto comando unico tutte le grandi unità speciali di costituzione recente. Lo scopo poteva essere raggiunto egualmente mantenendo in essere il già esistente ispettorato delle truppe celeri e senza accrescere le dimensioni dell'intelaiatura ordinativo-tattica, già necessariamente molto articolata per la diversità e la distanza dei vari scacchieri operativi. La costituzione dei corpi d'armata speciali va valutata diversamente. La costituzione del corpo d'armata corazzato rispose ad un'esigenza reale di amalgama e di affiatamento delle divisioni corazzate e di quelle motorizzate sull'esempio, in scala ridotta, dei corpi d'armata tedeschi che avevano operato nell'invasione della Polonia. Nel quadro di una scala ancora più ridotta, come si conveniva alla situazione dell'esercito italiano, forse sarebbe stato conveniente costituire 2 corpi d'armata anziché uno - ciascuno su: 1 divisione corazzata, 1 motorizzata, 1 celere o, al limite, autotrasportabile - destinandone uno in Libia. Indipendentemente da tale divagazione, circa la costituzione del corpo d'armata corazzato è solo da recriminare che sia giunta in ritardo e sia stata imperniata su divisioni corazzate giunte anche queste in ritardo e formate con carri armati superati. Poco convincente, invece, fu la costituzione del corpo d'armata celere le cui divisioni - previa sostituzione dei 2154 quadrupedi con mezzi di trasporto e di traino meccanico - avrebbero trovato utile e vantaggioso impiego nell'ambito del corpo d'armata corazzato od anche di qualcuno dei corpi d'armata normali. Assai meno convincente, infine, la co-
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stituzione del corpo d'armata autotrasportabile, per le cui 3 divisioni non esisteva nessuna ragione valida di riunione in un corpo d'armata ad hoc. Non esistevano al livello di corpo d'armata i mezzi necessari ali' autotrasporto simultaneo delle 3 divisioni e neppure quelli indispensabili al completo autotrasporto di una sola di esse. L'assegnazione di una divisione autotrasportabile ad un corpo d'armata normale ne avrebbe ampliato, sebbene solo potenzialmente, il raggio di manovra. Gli errori, le lacune ed i difetti non possono tuttavia sopprimere gli aspetti positivi che caratterizzarono quell'ordinamento, tra i quali, di rilevanza concettuale, la costituzione delle divisioni corazzate e motorizzate, l'assegnazione organica di reparti logistici alle divisioni e l' apertura mentale a traguardi di modernizzazione e di tecnicizzazione assai avanzati. Se lo si esamina nel suo insieme e se ne individuano bene le linee ispiratrici, tenendo conto delle intrinseche difficoltà che la situazione presentava nel 19 38 e della irresolutezza e problematicità proprie del ministro della guerra e capo del governo del tempo - che si fidava e non si fidava dei tedeschi, che voleva e non voleva fare la guerra, che gonfiava il suo dire di spavalda retorica e pensava simultaneamente in termini di paura e di dispetto - l'ordinamento Pariani è la testimonianza di una situazione di stallo dalla quale né il corso degli ultimi eventi né i severi richiami del generale Baistrocchi erano riusciti a smuovere Mussolini. Non va, infine, dimenticato che il nuovo ordinamento cominciò ad essere attuato (dicembre 1938) solo dopo che Mussolini aveva finalmente approvato (ottobre 1938) il programma decennale di riarmo e di potenziament9 dell'esercito. Se si ragiona partendo da tale punto di vista, non si può non concludere che gli effetti negativi maggiori furono provocati dalla fretta con la quale si volle attuare il nuovo ordinamento senza attendere la disponibilità dei mezzi materiali che avrebbero dovuto supportarlo, e dalla scarsa prudenza con la quale si agl senza troppo badare agli sviluppi della politica estera italiana, peraltro di difficile interpretazione nelle sue continue oscillazioni tra Inghilterra e Germania che la caratterizzarono dal 1935 al maggio del 1939.
9. Le vicende ordinative dell'esercito italiano, nel periodo compreso tra la fine della prima guerra mondiale e l'entrata dell'Italia nella seconda guerra mondiale, passarono attraverso 4 periodi distinti: il primo (1918-1926) di tormentata incertezza sulla scelta da compiere; il secondo (1926-1934) di restaurazione con aggiornamenti e perfezionamenti
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dei vecchi modelli anteguerra; il terzo (1934-1937) di fervorosa attività di rinnovamento e di avvio alla modernizzazione; il quarto (1937-1940), sorpreso nel suo sviluppo dalla guerra, di trasformazione·radicale nel presupposto dell'acquisizione di armi e di mezzi nuovi. I mali di fondo che ciascun ordinamento ereditò dal precedente furono la tendenza al gigantismo e l'idolatria dei vecchi schemi superati dal progresso scientifico e tecnico e della natura delle nuove tecniche belliche, alle quali lo stato maggiore dell'esercito non intese dare mai il credito dovuto e che anzi avversò fino a quando non le vide applicate dai tedeschi sui campi di battaglia polacchi. Il perenne disequilibrio tra le esigenze di un'intelaiatura molto ampia e le disponibilità finanziarie per mantenerla in vita pesò senza pause su tutti i tipi di ordinamento adottati in quegli anni con grave danno dell'inquadramento e dell'addestramento delle unità. La situazione addestrativa, rimasta sempre in sofferenza, dive·nne addirittura disperata dopo l'attuazione dell'ordinamento Pariani che, dando vita a procedimenti ed organici diversi dal passato anche ai livelli delle minori unità, ridusse ad appena qualche decina di migliaia la disponibilità delle riserve istruite.
NOTE AL CAPITOLO XXV (1) Negli anni 1934-'35 l'esercito coloniale era ordinato come segue: Eritrea: comando del R. Corpo truppe coloniali dell'Eritrea; comando dell'artiglieria; comando del genio; 5 battaglioni indigeni eritrei su 3 compagnie fucilieri; 1 compagnia mitragliatrici con 4 sezioni di 2 squadre ciascuna; 1 compagnia costiera su 2 mezze compagnie e 1 sezione mitragliatrici; 1 squadrone indigeni su 2 plotoni e 1 sezione mitragliatrici; 3 batterie da montagna indigeni, ciascuna su 4 pezzi e 2 mitragliatrici; 2 compagnie cannonieri indigeni ciascuna su 4 sezioni addette alle fortificazioni; 1 compagnia del genio con 1 plotone zappatori, 1 plotone telegrafisti e 1 plotone radiotelegrafisti e fotoelettricisti (mista di italiani e indigeni); 1 deposito reclutamento; servizio sanitario con direzione di sanità e 3 ospedali; servizio di commissariato con ufficio di commissariato e magazzini vestiario ed equipaggiamento; servizio di artiglieria, retto dallo stesso comandante dell'artiglieria del R. Corpo; servizio del genio, retto dallo stesso comandante del genio del R. Corpo; servizio veterinario con ufficio di veterinaria; servizio trasporti comprendente 1 drappello treno per i servizi a traino animale e 1 sezione autornoblistica; servizio della giustizia mili tare con 1 tribunale. Somalia: comando del R. Corpo truppe coloniali della Somalia; 4 battaglioni indigeni; 1 reparto autonomo Migiurtina; 1 compagnia mezzi celeri; 1 comando artiglieria e direzione del servizio; 3 batterie cammellate; 1 batteria autotrainata; 1 compagnia cannonieri; 1 autoreparto; 1 compagnia deposito; servizio sanitario con relativa direzione e infermerie varie; servizio commissariato con relativo ufficio e magazzino viveri, vestiario, equipaggiamento; servizio artiglieria con direzione laboratorio e magazzini; servizio genio con 1 compagnia specialisti; servizio veterinario con ufficio; servizio trasporti con ufficio, 1 sezione automobilistica e 1 nucleo scuola automobilisti; giustizia militare; 9 bande armate - dubat - per compiti di polizia confinaria inquadrate da ufficiali e sottufficiali italiani. Libia: comando del R. Corpo truppe coloniali della Libia (istituito nel settembre del 1935 in seguito alla unificazione del R. Corpo truppe coloniali delle Tripolitania e del R. Corpo truppe coloniali della Cirenaica) con sede a Tripoli, dal quale dipendevano: comando militare delJa Libia orientale con sede a Bengasi; comando artiglieria della Libia; comando genio della Libia; 2 gruppi carabinieri; 2 reggimenti cli fanteria d'Africa (truppe metropolitane) su: 1 battaglione cacciatori carristi, 1 battaglione della milizia permanente, 1 deposito, 5 reggimenti di fanteria coloniale con un numero vario di battaglioni e 1 deposito territoriale; ì gruppi sahariani; 1 deposito truppe sahariane, 2 compagnie auto sahariane; 2 gruppi cli squadroni di cavalleria coloniale (numero vario di squadroni savari u spahis); 3 compagnie e un plotone presidiari; 2 reggimenti di artiglieria coloniale (numero vario di gruppi e 1 deposito territoriale); 1 reggimento genio (numero vario di battaglioni e 1 deposito territoriale); 2 distretti militari con sede a Tripoli e Bengasi; servizi cli sanità, commissariato, artiglieria e genio con direzioni a Tripoli e uffici o sezioni staccate a Bengasi con relativi stabilimenti, magazzini e depositi; servizio automobilisti con 2 gruppi, officine e depositi; 1 centro rifornimento quadrupedi, giustizia militare con 2 tribunali, uno a Tripoli ed uno a Bengasi. Gli ordinamenti dei regi corpi di truppe coloniali furono successivamente rielaborati prima, durante e dopo la guerra contro l'Etiopia - alla quale presero parte, oltre a raggruppamenti vari di forze indigene, un intero corpo di armata eritreo (su 2 divisioni indigene) ed 1 divisione libica - ed alla vigilia dell'entrata delJ'ltalia nella seconda guerra mondiale. L'ordinamento e l'amministrazione dell'A.O.I. vennero stabiliti con il R.D.L. n° 1019, 1-VI-1936 (circ. n° 475, G.M. 1936, pg. 828) e l'ordinamento politco-amministrativo e militare con il R.D. n° 2708 15-Xl -1937 (circ. n° 339, G.M. 1937, pg. 1183) che previde: 1 divisione nazionale, 16 brigate coloniali; truppe di fanteria, di artiglieria e del genio non inquadrate e servizi. La divisione nazionale fu costituita su: 1 comando, 2 reggimenti di fanteria d'Africa (ciascuno su I comanrlo, 3 hMtaglioni, 1 batteria, 1 deposito), 1 hattaglione
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Pll..IPPO STEPANT
mitraglieri d'Africa, 1 reggimento artiglieria d'Africa (1 comando, 2 gruppi someggiati, 1 deposito), 2 compagnie del genio d'Africa, 1 sezione sanità, 1 sezione sussistenza. Le brigale coloniali (1 comando, un numero vario di battaglioni, 1 deposito) sommavano nell'insieme: 58 battaglioni di fanteria coloniale, 5 gruppi di squadroni di cavalleria coloniale, 16 gruppi di artiglieria coloniale, 16 compagnie miste del genio coloniale, servizi (reparto someggiato di sanità e nucleo di sussistenza per brigata coloniale). Le truppe metropolitane non inquadrate nella divisione e nelle brigate erano: 2 battaglioni di fanteria coloniale, l gruppo squadroni di cavalleria coloniale, 4 gruppi artiglieria d'Africa, 4 gruppi di artiglieria contraerei camicie nere, 1 gruppo di 4 battaglioni camicie nere, 9 battaglioni mitraglieri camicie nere, l gruppo di 8 batterie d'Africa da posizione, 7 compagnie cannonieri coloniali, 1 reggimento speciale del genio d'Africa. La forza complessiva si aggirava sui 65 mila uomini (21 mila nazionali comprese le unità della milizia ed esclusi i carabinieri e 44 mila indigeni). Le predisposizioni di mobilitazione prevedevano di organizzare in caso di emergenza un'armata di 300 mila uomini. Il Comando superiore delle forze armate dell'A.0.1. fu istituito con il R.D.L. n° 1856, 17-VII-1938 (circ. n° 883, G.M. 1938, pg. 3208). L 'ordinamento delle truppe libiche fu determinato con il R.D. n° 1327, l-VII-1938 (circ. n° 635, G.M. 1938, pg. 2256) e previde il «Regio corpo truppe libiche» e le «Forze del territorio militare del sud». Il «Regio corpo truppe libiche» fu ordinato su: l comando (con comandi di artiglieria e del genio), 1 comando truppe libiche della Libia orientale, 2 comandi della fanteria libica, 1 comando della cavalleria libica; la fanteria libica comprendeva: 8 battaglioni, 1 compagnia mitragliatrici presidiaria, 4 compagnie automitragliatrici, 1 scuola graduati, 2 depositi di fanteria, reparti per il presidio delle opere; la cavalleria libica: 1 gruppo squadroni spahis, 1 gruppo squadroni savari, l deposito delJa cavalleria libica; l'artiglieria libica: 8 gruppi e 2 depositi; il genio: 2 battaglioni ed 1 deposito. Inoltre, comprendeva: 2 distretti militari con 1 compagnia distrettuale ciascuno, 2 sezioni libiche del servizio di sanità, 2 plotoni libici di sanità, 2 sezioni libiche del servizio di commissariato, 2 plotoni libici di sussistenza, stabilimenti vari di commissariato, 2 sezioni del servhio artiglieria con magazzini e laboratori, 2 sezioni del genio con uffici e magazzini, 2 sezioni del servizio automobilistico con 2 autogruppi, officine, magazzini e depositi materiali, 1 centro rifornimento quadrupedi. Il «Comando militare del territorio del sud» fu costuito su: 1 battaglione sahariano di 4 compagnie, 1 compagnia meharisti del Fezzan, 1 compagnia libica presidiaria nel Giofra, 1 sezione autonoma di sanità, 1 di commissariato, 1 di artiglieria, 1 del genio, 1 automobilistica, 1 veterinaria. In totale (esclusi i carabinieri): 1 generale di divisione, 2 generali di brigata o colonnelli, 8 colonnelli, 60 tenenti colonnelli o maggiori, 200 capitani, 300 subalterni, 142 impiegati civili, 447 operai civili, 363 marescialli, 428 sergenti maggiori o sergenti, 2672 soldati nazionali e 9556 ascari. (2) La determinazione del numero delle scuole militari del regno venne effettuata con
il R.D. n° 1895, 27-X-1926 (circ. n° 632, G.M. 1926, pg. 2350), quella degli stabilimenti e dei centri tecnici di artiglieria con il R.D. n° 1514, 19-VII-1927 (circ. n° 482, G.M. 1927, pg. 1516) e quella dei centri di studio del genio con il R.D. n. 1433, 23-VII-1927 (circ. n. 526, G.M. 1927, pg. 1727). (3) Legge n° 2147, 21-Xl-1926 (circ. n° 1 G.M. 1927, pg. 6): conversione in legge del R.D.L. n°&55, 16-V- 1926 riguardante la composizione e l'organico dell'arma dei carabinieri reali ed altre questioni. Nel gennaio del 1927 vennero soppressi i comandi di gruppo di legioni ed istituiti 5 ispettorati di .mna dei carabinieri (circ. n° 45, 20-1-1927, G.M. 1927, pg. lll). (4) R.D.L. n° 1539, 5-VIII-1927 (circ. n° 553, G.M. 1927, pg. 1833) e circ. n° 584, 15-IX-1927 (G.M. 1927, pg. 1912). Le successive circ. n° 809, 22-Xll-1927 (G.M. 1927, ·~ pg. 2530) e n° 813, 22-XU-1927 (G.M. 1927, pg. 2550) impartirono le disposizioni esecutive per la costituzione del corpo d'armata di Udine e le nuove dipendenze del 55° e 56° reggimento di fanteria. Il corpo di armata di Udine fu costituito con la 10• divisione di Padova, la 13 8 di Udine e la 14" di Gorizia; il IV corpo di armata di Verona conservò alle dipendenze la 9• divisione di Verona e 1'119 di Bologna ed il V corpo di armata di Trieste la 12"
CAP. xxv - L'ORDINAMENTO TA1"J:1co: DALLA GUERRA ETIOPICA AL
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di Trieste e la 15a di Pola. Il R.D.L. n° 1539, 5-VIII-1927, fu convertito nella legge n° 1375, 7-VI-1928 (circ. n° 461, G.M. 1928, pg. 1454). (5) R.D.L. n° 679, 18-V-1927 (circ. n° 307, G.M. 1927, pg. 998): costituzione di un sesto ispettorato di zona dei carabinieri reali. Legge n° 2415, 18-XIl-1927 (circ. n° 6, G.M. 1928, pg. 37): conversione in legge del R.D.L. n° 679, 18-V-1927. (6) R.D.L. n° 1430, 26-VII-1929 (circ. n° 523, G.M. 1929, pg. 2284): modifiche all'ordinamento dell'arma dei carabinieri reali. Legge n° 2294, 23-XII-1929 (circ. n° 53, G.M. 1930, pg. 178): conversione in legge del R.D.L. n° 1430, 26-VII-1929 e del R.D.L. n° 1413, 26-VII-1929 contenente modifiche ali'ordinamento dell'esercito. Tali modifiche riguardarono il numero dei generali direttori generali dcll' amministrazione centrale definito appunto con tale R.D.L. (circ. n° 500, 26-VII-1929, G.M. 1929, pg. 2112).
!7) Vds.
precedente nota n° 3.
(8) R.D.L. n° 1404, 19-X-1933 (circ. n° 607, G.M. 1933, pg. 2237) convertito in legge n° 1896, 28-Xll-1933 (circ. n° 67, G.M. 1934, pg. 241): aumento da 3 a 4 del numero delle brigate alpini e da 3 a 4 dei reggimenti di artiglieria da montagna. I raggruppamenti alpini avevano assunto la denominazione di brigate alpini nel settembre del 1926 (circ. n° 496, 2-IX-1926, G.M. 1926, pg. 1885). La legge n° 1896, 28-XTT-1933 mutò la denominazione di reggimento di artiglieria da montagna in regp)mentn di ,1rtiglieria alpina e del servizio tecnico di artiglieria in servizio armi e munizioni e introdusse varianti anche nei riguardi del servizio chimico militare che venne costituito su l reparto chimico centrale, reparti territoriali e centri sperimentali staccati. (9) Con il R.D.L. n° 2121 e n° 2122 del 16-XII-1926 erano stati istituiti il seroizio tecnico di artiglieria ed il servizio specialisti del genio. La legge n° 2781, 22-Xl-1928 (circ. n° 840, G.M. 1928, pg. 2884) convertì in legge i due decreti introducendovi alcune modifiche. Con la circolare n° 564, 17-X-1929 (G.M. 1929, pg. 2553) vennero emanate le norme esecutive per l'applicazione del R.D.L. n° 2121, 16-XII-1926. (10) Legge n° 558, 19-V-1932 (circ. n° 297, G.M. 1932, pg. 1183). (11) Circ. n° 575, 3-IX-1927 (G.M. 1927, pg. 1896). (12) Circ. n° 692, 27-X -1927 (G.M. 1927, pg. 2193). (13) Circ. n° 80, 2-II-1928 (G.M. 1928, pg. 227). (14) Legge n° 458, 17-IV-1930 (circ. n° 363, G.M. 1930, pg. 1136): istituzione del servizio tecnico automobilistico e sua organizzazione e funzionamento. Circ. n° 36, 9-VI-1930 (G.M. 1930, pg. 1143): norme esecutive per l'applicazione della legge n° 458, 17-IV-1930. (15) Circ. n° 468, 17-VII-1931 (G.M. 1931, pg. 1945). (16) Legge n° 168, 15-XII-1932 (circ. n° 2, G.M. 1933, pg. 7): fu stabilito l'organico di 3 colonnelli, 14 tenenti colonnelli, 24 maggiori, 70 capitani, 60 subalterni per un totale di 171 ufficiali. (17) R.D. n° 243, 16-III-1933 (circ. n° 186, G.M. 1933, pg. 723). (18) Circ. n° 683, 13-X-1927 (G.M. 1927, pg. 2181): nuova denominazione della scuola contraerei. Circ. n° 826, 29-XII-1927 (G.M. 1927, pg. 2581): cambio di denominazione d el 5° reggimento artiglieria pesante campale. Circ. n° 225, 27-IV-1933 (G.M. 1933, pg. 897):
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FILIPPO STEFANI
cambio di denominazione dei depositi allevamento quadrupedi in centri rifornimento quadrupe. di. R.D. 8·II·1932 (circ. n° 152, G.M. 1932, pg. 505): assunzione di nominativi da parte delle divisioni di fanteria e celeri. Divisioni di fanteria: 1 • Superga (sede Torino), 2• Sforzesca (sede Novara), 3• Monferrato (sede Alessandria), 4 • Monviso (sede Cuneo), 5• Cosseria (sede Imperia), 6" Legnano (sede Milano), 7• Leonessa (sede Brescia), 8• Po (sede Piacenza), 9• Pasubio (sede Verona), 10• Piave (sede Padova), 11" Brennero (sede Bolzano), 12• Timavo (sede Trieste), 13• Monte Nero (sede Udine), 14° Isonzo (sede Gorizia), 15• Camaro (sede Abbazia), 16" Fossalta (sede Bologna), 17" Rubicone (sede Ravenna), 18" Metauro (sede An. cona), 19" Gavinana (sede Firenze), 20• Curtatone e Montanara (sede Livorno), 21" Grana· tieri di Sardegna (sede Roma), 22° Cacciatori delle Alpi (sede Perugia), 23" Murge (sede Bari), 24" Gran Sasso (sede Chieti). 25• Volturno (sede Napoli), 26 8 Arsietta (sede Asti), 21• Sila (sede Catanzaro). 28• Vespri (sede Palermo), 29• Peloritana (sede Messina), 30" Sabaudia (sede Cagliari). Divisioni celeri: 1 ° Eugenio di Savoia, 2° Emanuele Filiberto, testa di ferro. Circ. n. 86, 8.II.1934, (G.M. 1934, pg. 283): denominazione dei reggimenti di cavaUeria da cavalleg,geri in lancieri: 5• Novara, 6" Aosta, 7" Firenze e 10• Vittorio Emanuele. Circ. n. 235, 5.IV.1934, (G.M. 1934, pg. 841): denominazione dei comandi di grande unità. Co. mando della divisione militare... (nominativo). R.D. 20.JX.1934 (circ. n. 814, G.M. 1934, pg. 3513): assegnazione del nominativo alla 3" divisione celere: Principe Amedeo duca di Aosta. (19) La determinazione del numero delle scuole militari <lel regno, di cui al R.D. 1895, 27·X·l926 (circ. n. 632, G.M. 1926, pg. 2350) - che prevedeva 2 collegi militari, l accade· mia di fanteria e cavalleria, 1 accademia <li artiglit:ria t: genio, 1 scuola di fanteria, 1 scuola di cavalleria, 12 scuole reclutamento di ufficiali di complemento, 1 scuola centrale di arti· glieria, 1 del genio, 1 scuola centrale di educazione fisica, 1 scuola di guerra, 1 scuola con· traerei, 1 scuola di sanità militare - fu modificata con il R.D. n. 1035, 6.V.1928 (circ. n. 357, G.M. 1928, pg. 1035) che previde: 2 collegi militari, 9 scuole allievi ufficiali di compie· mento, 3 scuole allievi sottufficiali, 1 accademia di fanteria e cavalleria, 1 accademia di arti. glieria e genio, 1 scuola di applicazione di fanteria, 1 scuola di applicazione di cavalleria, 1 scuola di applicazione di artiglieria e genio, 1 scuola di applicazione di sanità militare, 1 scuola centrale di fanteria, 1 di artiglieria, 1 del genio, 1 di educazione fisica, 1 scuola di tiro di artiglieria, 1 scuola di guerra. Tale ordinamento venne sanzionato con la legge n. 106, 22.1.1934 (circ. n. 106, G .M. 1934, pg. 335). Il R.D. del 19.m. 1934 (circ. n. 292, G.M. 1934, pg. 1009) precisò ulteriormente il numero delle scuole allit:vi ufficiali di complemento (5 di fanteria, 3 di artiglieria e 1 del genio), delle scuole allievi sottufficiali (2 di fanteria e 1 di artiglieria), dei collegi militari (2), delle scuole centrali (6 di cui 1 di fanteria, 1 per le truppe celeri, 1 di artiglieria, 1 del genio, 1 di educazione fisica, 1 di alpinismo militare). Con R.D. n. 1099, 5·VIII· 1932 (circ. n. 484, G.M. 1932, pg. 1783) furono apportate lievi modifiche al R.D. n. 1514, 19·Vll·1927 (circ. n. 482, G.M. 1927, pg. 1516) riguardan. te il numero degli stabilimenti e dei centri tecnici di artiglieria che era stato così fissato: 3 arsenali, 1 fabbrica di armi, 1 pirotecnico con 1 sezione, 1 spolettificio con 2 sezioni, 1 polverificio, I laboratorio di precisione, 2 centri tecnici ed esperienze, 1 ufficio tavole di tiro. I centri di studio del genio, di cui al R.D. n. 1433, 23.vn.1927 (circ. n. 526, G.M. 1927, pg. 1727), erano stati così fissati: 1 centro delle specialità zappatori, minatori, telefo. nisti, pontieri e lagunari a Pavia, 1 centro telegrafisti e radiotelegrafisti a Roma, 1 centro ferrovieri a Torino, 1 centro aerostieri a Roma. Con R.D. n. 697, 5·IV.1934 (circ. n. 328, G.M. 1934, pg. 1101) fu costituito un unico centro di studi a Pavia presso l'officina dicostruzioni del genio militare. Con R.D.L. n. 2225, 23·XII·1929 (circ. n. 32, G.M. 1930, pg. 120) vennero fissate norme di ordinamento e di avanzamento relative agli enti ospedalieri ed agli ufficiali medici, le quali vennero convertite nella legge n. 411, lO·lV·1930 (circ. n. 271, G.M. 1930, pg. 957). Con circolare n. 33, 16·1·1930 (G.M. 1930, pg. 123) erano già state impartite le disposizioni esecutive per l'applicazione del R.D.L. n. 2225, 23·XII·1929. Con il R.D. n. 581, 19·V· 1932 (circ. n. 312, G.M. 1932, pg. 1277) venne fissato, a norma della legge n. 396, u .nJ.1926, il numero degli ospedali militari (28) e delle infermerie presidiarie (5). Queste ultime venne· ro elevate a 6 con il R.D. n. 606, 29.IIl.1934 (circ. n. 293, G .M. 1934, P8· 1011).
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Il R.D. n. 921, 14-VIl-1932 (circ. n. 410, G.M. 1932, pg. 1553) fissò il numero degli stabilimenti di commissariato militare riducendo i panifici da 26 a 24, i molini da 14 a 13, i magazzini viveri da 32 a 30, i magazzini di casermaggio da 32 a 30. Con R.D. n. 1475, 19-X-1933 (circ. n. 632, G.M. 1933, pg. 2311) vennero fissate le attribuzioni dell'ispettore dei servizi di commissariato e degli ispettori di commissariato di zona. Il R.D.L. n. 1404, dd 19-X-1933 (circ. n. 607, G.M. 1933, pg. 2237) aveva previsto un organico di 3 generali del commissariato militare: 1 tenente generale ispettore e 2 maggiori generali ispettori di zona. Anche l'ordinamento della giustizia militare, in seguito alla costituzione del comando del corpo di armata di Udine, venne modificato rispetto a quello della legge n. 396, ll-IIl-1926, con il R.D.L. n. 742, 18-Ill-1928 (circ. n. 250, G.M. 1928, pg. 700) convertito poi nella legge n. 2682, 26-Xl-1928 (circ. n. 827, G.M. 1928, pg. 2876). (20) Legge n. 462, 17-IV-1930 (circ. n. 290, G.M. 1930, pg. 984). Previde: 1 comando del corpo di stato maggiore, 4 comandi designati di armata, 11 comandi di corpo d'armata territoriale, 1 comando truppe della Sicilia, 1 comando truppe della Sardegna, 29 divisioni territoriali di fanteria, 2 divisioni celeri, 30 ispettorati di mobilitazione; le scuole militari di cui alla precedente nota n. 19, 1 comando della regia accademica e della scuola di applicazione di fanteria, 1 comando della regia accademica e della scuola di applicazione di artiglieria e del genio, 1 comando scuole centrali, 2 comandi di brigata di cavalleria, 12 reggimenti di cavalleria, 4 squadroni di palafrenieri (il reggimento di cavalleria su di: 1 comando, 2 gruppi squadroni, 1 deposito); 1 arma ed 1 servizio territoriale di artiglieria ed 1 servizio tecnico di artiglieria: 11 comandi artiglieria di corpo cl' armata, 1 comando artiglieria della Sicilia, 1 comando artiglieria della Sardegna, 30 reggimenti di artiglieria da campagna (ogni reggimento su: 1 comando, 1 deposito, un numero vario di gruppi), 12 pesanti campali, 1 a cavallo, 3 da montagna, 11 pesanti, 3 da costa, 1 gruppo artiglieria da costa della Sardegna, 5 reggimenti contraerei autocampali, 1 reggimento di artiglieria leggero, 1 misto della Sardegna, 1 reparto palafrenieri, 12 direzioni con sezioni staccate, l direzione del servizio tecnico con centri di esperienze, 1 ufficio tavole di tiro, stabilimenti o centri. Con la legge n. 287, 3-IV-1933 (circ. n. 221, G.M. 1933, pg. 887) venne modificato l'ordinamento dell'arma del genio: 11 comandi genio di corpo d'armata, 1 comando genio della Sicilia, 1 comando genio della Sardegna (ogni comando con 1 ufficio fortificazioni), 12 reggimenti genio, 2 reggimenti minatori, 2 pontieri, 1 ferrovieri, 1 istituto militare di radiotelegrafia ed elettronica, 1 officina radiotelegrafica ed dettronica, 1 officina costruzioni del genio, 1 servizio degli specialisti del genio. La tabella graduale e numerica riepilogativa degli ufficiali superiori ed inferiori del genio era stata determinata con il R.D. del 29-Xll-1930 (circ. n. 15, G.M. 1931, pg. 39). (21) Oltre le leggi, i decreti e le circolari già citati, varianti agli organici ed alle disposizioni ordinative furono apportate con: il R.D.L. n. 1223, 28-V-1928 (circ. n. 399, G.M. 1928, pg. 1245) convertito nella legge n. 3244, 20-XIl-1928 (circ. n. 95, G.M. 1929, pg. 307) ri guardante aggiunte e varianti alla legge n. 396, ll-lII-1926; la legge n. 2 168, 16-XII-1929 (circ. n. 25, G.M. 1930, pg. 110): idem; la legge n. 480, 17-IV-1930 (circ. n. 435, G.M. 1930, pg. 1358) e la circolare n. 436, 19-VIl-1930 (G.M. 1930, pg. 1366) contenente le norme esecutive per la prima applicazione della legge n. 480 riguardante provvedimenti inerenti ai quadri dell'esercito; la legge n. 310, 26-III-1931 (circ. n. 199, (;.M. 1931, pg. 667) recante provvedimenti vari per gli ufficiali d el R. esercito; il R .D.L. n. 539, 23-IV-1931 (circ. n. 280, G.M. 1931, pg. 1163) convertito nella legge n. 1597, 10-XIl-1931 (circ. n. 14, G.M. 1932, pg. 45): revisione dei ruoli organici dei servizi; la legge n. 1626, 20-XIl- 1932 (circ. n. 15, G.M. 1933, pg. 47): provvedimenti inerenti i quadri dell'esercito; la legge n. 107, 22-1-1934 (circ. n. 107, G.M. 1934, pg. 337): modifiche al T .U. sull'avanzamento ed alla legge n. 396, 11-III-1926. Il ruolo «M» fu istituito con legge n. 480, 17-IV-1930 (circ. n. 435, G.M. 1930, pg. 1358} e venne successivamente ampliato con la legge n. 1626, 20-XII-1932 (circ. n. 15, G.M. 1933, pg. 47). Era composto di ufficiali delle varie armi, i quali, giudicati idonei a detenni-
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nate funzioni aventi speciale importanza nei riguardi della mobilitazione, esplicavano mansioni di carattere territoriale. Vds. anche R.D. 5-1-1933 (circ. n. 17, G.M. 1933, pg. 75). Il ruolo consegnatari fu istituito con legge n. 1626, 20-XIl-1932 (circ. n. 15, G.M. 1933, pg. 47) ed era composto di capitani anziani delle varie armi adibiti a funzioni di consegnatari di magazzino e di addetti agli uffici matricola. Vds. anche R.D. 5-1-1933 (circ. n. 18, G.M. 1933, pg. 77). (22) Emilio Canevari. La guerra italiana. Retroscena della disfatta, voi. I. Op. cit., p. 565. (23) Ivan Stepanovic Konev (1897-1973), generale sovietico. Comandante di armata e poi di fronte durante la seconda guerra mondiale, prese parte a tutte le maggiori battaglie, dalla difesa di Mosca nel 1941 alla lotta per Stalingrado nel 1942, dalla liberazione dell'Ucraina nel 1943 all'offensiva finale contro la Germania nel 1945. Fu poi comandante in capo dell'esercito sovietico dal 1946 al 1960, comandante delle forze del Patto di Varsavia dal 1955 al 1960 e comandante in capo delle forze sovietiche in Germania dal 1961 al 1962. (24) R.D.L. n. 1723, ll-X-1934 (circ. n. 867, G.M. 1934, pg. 3765) convertito nella legge con modifiche n. 2110, 17-XIl-1934 (circ. n. 33, G.M. 1935, pg. 85): aggiornamento delle disposizioni concernenti il R.E. Previde: il mantenimento della distinzione tra esercito metropolitano ed esercito coloniale; della distinzione del personale in ufficiali, sottufficiali e truppa; della gerarchia dei gradi in maresciallo d'Italia, generale d'armata, generale di corpo d'armata, generale di divisione o tenente generale, generale di brigata o maggiore generale, colonnello, tenente colonnello, maggiore, capitano, tenente, sottotenente, sottotenente direttore di banda, sottotenente maestro di scherma, maresciallo (maggiore, capo, ordinario), maresciallo di alloggio dei carabinieri (maggiore, capo, ordinario), sergente maggiore o brigadiere dei carabinieri, sergente o vicebrigadiere dei carabinieri, caporal maggiore o appuntato dei carabinieri, caporale o carabiniere, soldato o allievo carabiniere; previde altresl i seguenti elementi costitutivi dell'esercito: corpo di stato maggiore, arma dei carabinieri, scuole militari, armi di fanteria, cavalleria, artiglieria, genio, il servizio chimico militare, i distretti militari, i corpi sanitario, di commissariato, di amministrazione, veterinario, il servizio automobilistico, istituti, stabilimenti, reparti e personali vari, il tribunale supremo militare ed i tribunali militari, i reparti di correzione e gli stabilimenti militari di pena. Ordinò l'esercito su di: 1 comando del corpo di stato maggiore, 4 comandi designati di armata, 13 comandi di corpo d'armata, 31 divisioni, 4 comandi superiori alpini, 3 divisioni celeri. Stabili i seguenti organici: per i generali: 28 di corpo d'armata, 55 di divisione, 2 di divisione dei carabinieri, 4 tenenti generali di artiglieria, 2 tenenti generali del genio, 1 tenente generale medico, 1 tenente generale di commissariato, 117 generali di brigata, 6 generali di brigata dei carabinieri, 6 maggiori generali di artiglieria, 2 maggiori generali del genio, 1 maggiore generale del servizio automobilistico, 6 maggiori generali medici, 2 maggiori generali di commissariato (in tali numeri erano compresi i generali ricoprenti le cariche di comandante generale dei carabinieri, comandante generale della Guardia di Finanza, presidente del tribunale supremo, ispettore della fanteria e generale addetto, ispettore delle truppe celeri e generale addetto, ispettore di artiglieria e generale addetto, ispettore delle truppe alpine, aiutante generale di campo del re, aiutante generale di campo del principe ereditario, aiutanti di campo del re, ispettori di mobilitazione, generali per incarichi vari, ecc.); per il corpo di stato maggiore: 35 colonnelli, 175 tenenti colonnelli o maggiori, 147 capitani. Arma dei carabinieri: 1 comando generale, 6 ispettorati di zona, 1 scuola centrale, 20 legioni territoriali, 1 legione allievi, 3 battaglioni, 1 gruppo squadroni, 1 squadrone guardia del re, 1 banda. Ufficiali: 2 generali di divisione, 6 di brigata, 24 colonnelli, 74 tenenti colonnelli, 118 maggiori, 426 capitani, 453 subalterni, 1 maestro direttore di banda per un totale di 1104. Scuole: 2 collegi, 1 accademia fanteria e cavalleria, 1 accademia artiglieria e genio, 1 scuola applicazione di fanteria, 1 di cavalleria, 1 di artiglieria e genio, 1 di sanità militare, 1 scuola centrale di fanteria, 1 di artiglieria, 1 del genio, 1 di truppe celeri, 1 di alpinismo,
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1 di educazione fisica, 1 scuola di tiro di artiglieria, 1 scuola di guerra, scuole allievi ufficiali di complemento, scuole allievi sottufficiali. Fanteria: 1 brigata granatieri, 30 brigate di fanteria di linea, 3 reggimenti granatieri, 89 reggimenti fanteria di linea, 12 bersaglieri, 9 alpini, 1 carri armati (ogni reggimento su di 1 comando, un numero vario di battaglioni, 1 deposito); 229 colonnelli del ruolo comando e 44 del ruolo «M», 448 e 289 tenenti colonnelli, 702 e 204 maggiori, 2243 e 889 capitani, 2589 subalterni per un totale di 7637 ufficiali (6211 del ruolo comando e 1426 del ruolo «M»). Cavalleria: 3 brigate, 12 reggimenti di cui 1 carri veloci, 4 squadroni palafrenieri (ogni reggimento su di: 1 comando, 1 deposito, un numero vario di squadroni a cavallo o meccanizzati); 21 colonnelli del ruolo comando e 4 del ruolo «M», 46 e 30 tenenti colonnelli, 76 e 24 maggiori, 210 e 53 capitani, 230 subalterni per un totale di 583 ufficiali (472 del ruolo comando e 111 del ruolo «M»). Artiglieria: 13 comandi di artiglieria di corpo d'armata, 31 reggimenti di artiglieria di divisione di fanteria, 3 reggimenti di artiglieria di divisione celere, 4 reggimenti di artiglieria alpina, 12 reggimenti di artiglieria di corpo d'armata, 10 reggimenti di artiglieria di armata, 5 reggimenti di artiglieria contraerei, 1 reparto palafrenieri, 13 direzioni di artiglieria con sezioni (ciascun reggimento su di: 1 comando, 1 deposito, un numero vario di gruppi); servizio tecnico: 1 direzione del servizio tecnico armi e munizioni (centri esperienze ed ufficio tavole di tiro), stabilimenti e centri di artiglieria; arma di artiglieria: 129 colonnelli del ruolo comando e 24 del ruolo «M», 226 e 137 tenenti colonnelli, 353 e 107 maggiori, 1196 e 351 capitani, 1378 suhalterni per un totale di 3901 ufficiali (3282 del ruolo comando e 619 del ruolo «M»); servizio tecnico armi e munizioni: 10 generali, 13 colonnelli, 101 tenenti colonnelli, maggiori, capitani. Genio: 13 comandi genio di corpo d'armata (con annesso 1 ufficio fortificazioni), 12 reggimenti genio di corpo d'armata, 2 minatori, 2 pontieri, 1 ferrovieri (ogni reggimento su: 1 comando, 1 deposito, un numero vario di battaglioni); 39 colonnelli del ruolo comando e 8 del ruolo «M», 68 e 45 tenenti colonnelli, 113 e 29 maggiori, 354 e 99 capitani, 400 suhalterni per un totale di 1155 ufficiali (974 del ruolo comando e 181 del ruolo «M»); servizio studi ed esperienze del genio: 1 direzione superiore del servizio, 1 istituto superiore delle trasmissioni, 1 officina radiotelegrafica ed elettrotecnica, 1 officina costruzioni del genio, centri di studio, l tenente generale, 3 maggiori generali, 6 colonnelli, 43 tenenti colonnelli, maggiori e capitani. Seroi:ào chimico: 1 reparto chimico, centri sperimentali staccati; 1 generale di divisione o tenente generale, 1 generale di brigata o maggiore generale. Distretti militari: 100. Servizio sanitario: 13 direzioni di sanità, 13 compagnie di sanità, 1 istituto chimicofarmaceutico, ospedali militari, infermerie presidiarie, ufficiali medici: 31 colonnelli, 102 tenenti colonnelli, 172 maggiori, 440 capitani, 258 subalterni per un totale di 1003 ufficiali; ufficiali chimico-farmacisti: 2 colonnelli, 12 tenenti colonnelli, 21 maggiori, 32 capitani, 32 subalterni per un totale di 99 ufficiali chimico-farmacisti; commissariato: 13 direzioni di commissariato, 13 compagnie di sussistenza, stabilimenti, ufficiali commissari: 13 colonnelli, 30 tenenti colonnelli, 48 maggiori, 94 capitani, 97 subalterni per un totale di 282 ufficiali commissari; ufficiali di sussistenza: 8 tenenti colonnelli, 16 maggiori, 75 capitani, 62 subalterni per un totale di 161 ufficiali di sussistenza; amministrazione: 8 colonnelli, 29 tenenti colonnelli , 90 maggiori, 453 capitani, 421 subalterni per un totale di 1001 ufficiali; veterinario: 6 colonnelli, 18 tenenti colonnelli, 3 7 maggiori, 60 capitani, 60 subalterni per un totale di 181 ufficiali veterinari; automobilistico: 1 servizio tecnico automobilistico, 13 centri automobilistici (ciascun centro su: 1 comando, 1 deposito, 1 gruppo od 1 compagnia automobilistica); 1 maggiore generale, 4 colonnelli, 36 tenenti colonnelli, maggiori e capitani, per un totale di 40 ufficiali, ed in più ufficiali delle varie armi e servizi compresi nelle tabelle graduali e numeriche delle armi e dei servizi stessi. Enti vari: 1 istituto geografico militare, 1 ufficio di amministrazione personali vari, centri rifornimento quadrupedi (3 colonnelli e 11 altri ufficiali di vario grado), 1 tribunale supremo militare, 6 tribunali militari territoriali, reparti di correzione e stabilimenti militari di pena (1 comando, compagnie di correzione, carceri militari preventivi, reclusorio militare
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principale e reclusori militari succursali, 1 carcere centrale militare e carceri sussidiari}; maestri di scherma 150, maestri direttori di banda 12. (25) R.D.L. n. 1223, 24-VII-1931 (circ. n. 528, G.M. 1931 , pg. 2339): ordinamento della guardia di finanza. Questa fu così ordinata: 1 comando generale, 3 comandi di gruppo di legione, 13 legioni territoriali, 1 legione allievi gµardie, 1 scuola allievi ufficiali, 1 scuola allievi sottufficiali, 1 scuola di applicazione per la polizia tributaria investigativa. (26) R.D. n. 347, 18-III-1935 (circ. n. 264, G.M. 1935, pg. 875): costituzione temporanea di 2 divisioni di fanteria (2 comandi di brigata, 6 reggimenti di fanteria, 2 reggimenti di artiglieria). R.D. n. 572, 8-IV-1935 (circ. n. 352, G.M. 1935, pg. 1147): costituzione temporanea di 1 divisione di fanteria (1 comando di brigata, 2 reggimenti di fanteria, 1 reggimento bersaglieri, 1 reggimento di artiglieria). R.D. n. 1055, 3-Vl-1935 (circ. n. 495, G.M. 1935, pg. 1727): costituzione temporanea di 2 divisioni di fanteria (2 comandi di brigata, 6 reggimenti di fanteria, 2 reggimenti di artiglieria). R.D. n. 1853, 19-IX-1935 (circ. n. 858, G.M. 1935, pg. 3062): costituzione temporanea di 2 comandi di corpo d'armata, di 1 divisione di fanteria, 1 reggimento di artiglieria di corpo d'armata (1 comando di brigata; 1 reggimento di artiglieria di divisione di fanteria). R.D. n. 2202, 21-Xl-1935 (circ. n. 23, G.M. 1936, pg. 49): costituzione temporanea di l divisione di fanteria (1 reggimento di artiglieria). R.D. n. 1786, 16-VIl-1936 (circ. n. 814, G.M. 1936, pg. 1472): costituzione del III e del IV corpo d'armata per le esigenze dcli' A.O., del I corpo d'armata per l'inquadramento delle truppe inviate in Libia e di una settima di divisione di fanteria (1 reggimento di fanteria) . li decreto sanzionò i provvedimenti presi rispettivamente il 6 ed il 24-XIl-1935 ed il 20-XI-1935. A mano a mano che le unità venivano mobilitate per essere inviate oltremare venivano prontamente ricostituite in territorio nazionale con la stessa denominazione. Dal febbraio all'aprile 1935 furono ricostituiti 14 reggimenti <li fanteria: 95°, 96°, 97°, 127°, 128°, 132°, 146°, 213 °, 222°, 224°, 239° , 240°, 243°, 244°. Vennero poi tutti sciolti tra il settembre ed il febbraio 19 3 7. Nella ricostituzione si seguì il criterio di formare le unità con organici di pace regolari impiegando: ufficiali richiamati dal congedo esuberanti alla mobilitazione in Africa Orientale, reclute della classe 1914 e personale esuberante delle altre classi, quadrupedi di requisizione. In pochi mesi furono mobilitate e trasportate 14 divisioni (8 dell'esercito e 6 della milizia) più 1 divisione libica, un gran numero di battaglioni speciali (carabinieri, granatieri, alpini, carristi, guardia di finanza), gruppi di artiglieria, battaglioni e reparti autonomi del genio, gruppi battaglioni camicie nere, reparti d'intendenza, autogruppi, autoreparti, colonne di salmerie, ecc. Nel maggio del 1936 la forza complessiva dell'Africa Orientale raggiunse il numero di 15 mila ufficiali, 316 mila sottufficiali e truppa nazionale, 87 mila indigeni. A tali forze combattenti si aggiungeva una grande massa di operai incaricati della creazione delle infrastrutture, della rete stradale, della costruzione dei ponti e di tutta l'altra attività che accompagnò, a strettissimo contatto, lo sviluppo delle operazioni. Si trattò, nel complesso generale, di provvedere alle esigenze di trasporto e di vita di circa mezzo milione di individui. Nell'aprile-maggio del 1936 l'ordine di battaglia in Etiopia era il seguente: comando superiore A.O. (comandante, capo di stato maggiore, comandante superiore artiglieria, comandante superiore genio, comandante superiore carabinieri, comandante superiore aeronautica); intendenza A.O.; I corpo d'armata: divisioni Sabauda, Pusteria, Assietta, e divisione camicie nere 3 gennaio; Il corpo d'armata: divisioni Gavinana e Gran Sasso e divisione camicie nere 21 aprile; III corpo d'armata: divisione Sila e divisione camicie nere 23 marzo; IV corpo d'armata: divisione Cosseria e divisioni camicie nere 1° febbraio e 28 ottobre; corpo d'armata eritreo: 1 • divisione Eritrea e 2• divisione Eritrea; truppe zona bassopiano occidentale; truppe zona territori ale; forze armate della Somalia: divisione Peloritana, divisione Libia (indigena), divisione camicie nere Tevere, comando settoriale Somalia occidentale, corpo indigeni, aviazione della Somalia, delegazione intendenza.
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La «ricostituzione immediata delle unità mobilitate», in uno con il «reintegro delle dotazioni» impiegate per l'esigenza A.O., valsero ad assicurare parzialmente all'esercito in Patria l'abituale efficienza operativa, mentre la mobilitazione delle unità destinate oltremare venne compiuta in maniera da turbare il meno possibi le i piani di mobilitazione generale. L'inquadramento delle unità destinate oltremare venne assicurato anche mediante ufficiali richiamati dal congedo per non sottrarre troppi ufficiali in servizio permanente alle unità in Patria, vennero organizzati numerosi corsi addestrativi per quadri e specialisti; fu costituita a Napoli una grande base di imbarchi; furono mobilitate inizialmente le divisioni Peloritana e Gavinana e successivamente la Sabauda, la Sila e la Gran Sasso; furono costituiti 2 gruppi squadroni carri veloci; fu assegnata, al seguito immediato delle unità mobilitate, una aliquota di complementi (di massima 2 battaglioni di fanteria per ogni divisione) e vennero costituite in Patria altre unità di complementi in grado di assicurare l'alimentazione tempestiva alle unità oltremare (2 battaglioni di fanteria per ogni divisione dislocata in A.O., 1 battaglione per ogni divisione dislocata in Libia e per le forze dell'Egeo); venne sospeso il congedamento della classe 1913; vennero chiamati alle armi i contingenti ascritti a ferma ridotta (3° grado) delle classi dal 1911 al 1914; venne richiamata alle armi la classe 1911 limitatamente al fabbisogno per le grandi unità mobilitate; furono inviati rinforzi in Egeo ed in Libia - in Libia furono inviate 3 divisioni (Assietta, Cosseria e Metauro) - per fare fronte all'eventualità di complicazioni militari internazionali; furono inviati presidi nelle isole del canale di Sicilia, furono rafforzate le piazzeforti, le isole maggiori, i tratti costieri di spiccata sensibilità, mobilitando i reggimenti contraerei autocampali cd i reparti delle milizie Dical e Ja Cu~; ~i comim:.iù a Jarc:: vila al nuovo corpo della guardia alla frontiera e si provvide a rinforzare le unità di frontiera richiamando i militari della classe 1913 a ferma di 6 mesi di tutte le armi e gli specialisti, ecc. Le unità costituite temporaneamente per le speciali esigenze della guerra in A.O. vennero poi gradualmente sciolte: la Gavinana Il il 1-X-1936, la Peloritana T1 il 26-XIl-1936, la Sabauda il 9-Il-1937, la Gran Sasso II il 15-IX-1936, la Sila TI il 15-Xl- 1936, il I corpo d'armata il 27-V-1936, il Il il 13-Vl-1936, la Cosseria Il il 28-I.X-1936, il reggimento artiglieria di corpo d 'armata il 1-X-1936, il III corpo d'armata il 15-Vl-1936, il IV corpo d'armata il 17-VII-1936, il corpo d'armata costituito in Libia il 5-X-1936 e I' Assietta Il il 5-IX'.1936. Tali sciogUmcnti vennero sanzionati con il R.D. n. 994, 12-IV-1937 (circ. n. 477, G.M. 1937, pg. 1332). Lo scioglimento delle unità della milizia volontaria per la sicurezza nazionale e di altre unità varie dell'esercito venne sanzionato con il R.D. n. 1020, 6-Vl-1939 (circ. n. 701, G.M. 1939, pg. 2370). (27) R.D . 3-XIl-1934 (circ. n. 2, G .M. 1935, pg. 7): assegnazione di un nominativo ai comandi superiori alpini 1° Taurinense, 2° Tridentino, 3° ]ulio, 4° Cuneense - ed al comando miUtare di Sassari (3 1 • divisione Caprera). Circ. n. 114, 14-II-1935, (G .M. 1935, pg. 333) e Circ. n. 250, 2-IV-1935 (G.M. 1935, pg. 769): istituzione delle bande presso i reggimenti di fanteria divisionale. Circ. n. 409, 30-V-1935, (G.M. 1935, pg. 1371): bande presidiarie di corpo d 'armata. R.D. n. 1717, 5-IX-1935 (circ. n. 806, G.M. 1935, pg. 1717); determinazione di stabilimenti autonomi: 1 officina automobilistica dd R.E. con una sezione staccata, 1 ufficio autonomo degli approvvigionamenti automobilistici. R.D. 3-Xll-1934 (circ. n. 20, G.M. 1935, pg. 61): nuove tabelle graduali e numeriche degli ufficiali generali. Legge n. 2110, 17-XI-1934 (circ. n. 33, G.M. 1935, pg. 85): aggiornamento delle disposizioni concernenti l'ordinamento del R.E. e la legge sull'avanzamento n. 899, 7-Vl-1934. R.D. n. 2133, 17-XIl-1934 (circ. n. 34, G.M. 1935, pg. 87): attribuzioni, dipendenze e sedi (Torino~ Verona, Roma, Napoli) dei maggiori generali medici ispettori R.D.L. n. 664, 6-V-1935 (circ. n. 392, G.M. 1935, pg. 1335): istituzione del grado di aspirante ufficiale di complemento. R.D. n. 1546, 9-VIl-1936 (circ. n. 702, G.M. 1936, pg. 1296): ordinamento degli istituti militari: 3 scuole militari, 5 scuole centrali (fanteria, artiglieria, truppe celeri, genio, alpinismo), 10 scuole allievi ufficiali di complemento (4 reggimenti scuola fanteria, 1 reggimento scuola per le specialità della fanteria, 4 reggimenti ed 1 gruppo scuola per I' artig]jeria, 1 reggimento scuola per il genio), 4 scuole allievi sottufficiali (2 fanteria, 1 artigliera, 1 reggi-
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mento scuola per il genio), 1 comando scuole centrali, 1 comando accademia fanteria e cavalleria e scuole di applicazione della fanteria, 1 comando accademia e scuola di applicazione dell'artiglieria e del genio. R.D. n. 2145, l-X-1936 (circ. n. 14, G.M. 1937, pg. 45): modifiche all'ordinamento dell'arma dei carabinieri: 1 comando generale, 2 comandi di divisione, 6 comandi di brigata, 1 scuola centrale, 20 legioni territoriali, I legione allievi, 1 banda, 2 battaglioni, 1 gruppo squadroni, 1 squadrone carabinieri guardie dd re, 1 battaglione carabinieri di Palermo. Viene istituita, presso il comando generale, la carica di capo di stato maggiore. R.D.L. n. 1779, 14-VIl-1936 (circ. n. 817, G.M. 1936, pg. 1478): norme integrative ed esecutive del R.D.L. n. 1419, 11-VII-1935 sul nuovo ordinamento dello stato maggiore. D.M. 27-X-1936 (circ. n. 948, G.M. 1936, pg. 1684): soppressione della seconda compagnia speciale di correzione ed istituzione di 3 reparti militari speciali di cui alla legge n. 1116, 13-Vl-1935. R.D.L. n. 1591, 6-VIII-1937 (circ. n. 754, G.M. 1937, pg. 2338): istituzione in Roma del reparto autonomo Giacomo Medici per i sottufficiali, graduati e militari di truppa del R.E. in servizio nella capitale che non hanno un proprio centro amministrativo autonomo. Tale R.D.L. venne convertito nella legge n. 2398, 23-Xll-1937 (circ. n. 152, G.M. 1938, pg. 370). (28) R.D.L. n. 883, 28-IV-1937 (circ. n. 423, G.M. 1937, pg. 1069) convertito in legge n. 2540, 23-Xll-1937 (citc. n. 172, G.M. 1938, pg. 406): istituzione del corpo della guardia alla frontiera. (29) R.D.L. n. 2233, 31-X-1935 (circ. n. 33, G.M. 1936, pg. 58). (30) R.D.L. n. 2280, 8-VII-1937 (circ. n. 39, G.M. 1938, pg. 80): varianti alle disposizioni vigenti sull'ordinamento. Costituzione permanente di unità e di comandi dell'esercito metropolitano: 1 comando di corpo d'armata, 3 comandi di divisione di fanteria, 6 reggimenti di fanteria divisionale, 1 comando artiglieria di corpo d'armata, 3 reggimenti di artiglieria divisionale, 1 reggimento genio di corpo d'armata, 1 direzione di sanità, 1 direzione di commissariato, 1 compagnia di sussistenza, 1 compagnia di sanità, 1 centro automobilistico. R.D.L. n. 2288, 21-X-1937 (circ. n. 42, G.M. 1938, pg. 86): varianti alle disposizioni vigenti sull'ordinamento. Costituzione di: 1 comando di corpo d'armata, 1 comando di divisione di fanteria, 2 reggimenti di fanteria, 1 comando artiglieria di corpo d'armata, 1 reggimento di artiglieria divisionale, 1 reggimento artiglieria di corpo d'armata, 1 comando del genio, 1 reggimento genio. I due decreti legge furono convertiti in legge: il primo (R.D.L. n. 2280, 8-Vll-1937) nella legge n. 863, 12-V-1938 (circ. n. 435, G.M. 1938, pg. 1679); il secondo nella legge n. 865, 17-V~l938 (circ. n. 438, G.M. 1938, pg. 1682). (31) R.D.L. n. 1554, 5-IX-1938 (citc. n. 745, G.M. 1938, pg. 2551), convertito in legge n. 2200, 22-XII-1938 (circ. n. 207, G.M. 1938, pg. 652): variazioni alle disposizioni vigenti sull'ordinamento. Legge n. 368, 9-V-1940 (circ. n. 320, G.M. 1940, pg. 840): ordinamento dell'esercito. (32) Le tabelle graduali e numeriche degli ufficiali del corpo automobilistico furono così fissate: colonnelli del ruolo comando 7, tenenti colonnelli 25 (15 del ruolo comando e 10 del ruolo mobilitazione), maggiori 50 (34 e 16), capitani 158 (120 e 38) subalterni 145. Nel 1936 con il R.D. del 9-VII-1936 (circ. n. 637, G.M. 1937, pg. 1190) la denominazione dell'ispettorato del materiale automobilistico venne mutata in ispettorato della motoriz::r.a:zione. (33) Organici degli ufficiali di fanteria: colonnelli 274 (dei quali 230 del ruolo comando e 44 del ruolo «M»), tenenti colonnelli 741 (452 e 289), maggiori 912 (708 e 204), capitani 3279 (2390 e 889), subalterni 2749. Organici degli ufficiali di artiglieria: colonnelli 153 (dei
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quali 129 del ruolo comando e 24 del ruolo «M»), tenenti colonnelli 365 (228 e 137), maggiori 463 (356 e 107), capitani 1597 (1246 e 351), subalterni 1444. (34) Vds. precedente nota n. 1. (35) R.D.L. n. 976, 12-IV-1937 (circ. n. 476, G.M. 1937, pg. 1330). (36) R.D.L. n. 1554, 5-IX-1938 (circ. n. 745, G.M. 1938, pg. 2551). (37) Ministero della guerra. Direttive per l'impiego delle grandi unità Roma 1935. (38) Per le operazioni nell'Africa Orientale veds. Ministero della Guerra. Comando del Corpo di Stato Maggiore. Ufficio Storico. La campagna del 1935-36 in Africa Orientale, voi. l «La preparazione militare». Tipografia regionale, Roma, 1939. Principali dati riguardanti l'organizzazione delle operazioni in Africa Orientale: Richiami alle armi: dal febbraio al 2 ottobre 1935: 210810 uomini delle classi 1907, 1909, 1912, 1911 e 1918; dall'ottobre 1935 al termine delle ostilità nel maggio 1936: 20329 uomini delle classi 1907, 1908, 1909, 1910, 1912. Ordinamento: «Comando superiore Africa Orientale»: in un primo tempo fu comandante il generale Emilio de Bono, successivamente il maresciallo Pietro Badoglio; «Intendenza Africa Orientale»: generale Fidenzio dall'Ora. Eritrea: a/l'inizio delle operazioni: l corpo d'armata indigeno (2 divisioni indigene e divisione metropolitana del.la milizia 23 marzo), 1 gruppo di battaglioni della milizia, 1 gruppo squadroni carri veloci, gruppi squadroni di cavalleria eritrea ed altre unità di rinforzo; due corpi d'armata metropolitani: I (divisioni Sabauda e 28 ottobre, 1 gruppo battaglioni della milizia, 2 battaglioni eritrei; 1 gruppo squadroni carri veloci ed altre unità di rinforzo); II (divisioni Gavinana e 21 aprile, hattaglioni granatieri, alpini, eritrei, 1 gruppo bande, 1 gruppo carri veloci ed altre unità di rinforzo); truppe del bassopiano occidentale; truppe del bassopiano orientale; riseroa; in fase successiva: altri due corpi d'armata: III e IV: aprile 1936: I corpo d'armata (divisioni Sabauda, Pusteria, Assietta, 3 gennaio, truppe di corpo d'armata); II corpo d'armata (divisioni Gavinana, Gran Sasso, 21 aprile, truppe di corpo d'armata); III corpo d'armata (divisioni Sila e 23 marzo, truppe di corpo d'armata); IV corpo d'armata (divisione Cosseria, 1° febbraio, 28 ottobre, truppe di corpo d'armata); truppe della zana del bassopiano orientale; truppe della zona del bassopiano occidentale; truppe della zona territoriale; l colonna celere. Forza inviata in Eritrea al 1° maggio 1936: 8085 ufficiali, 79 cappellani militari, 205 assimilati e militarizzati, 8134 sottufficiali, 218297 soldati, 37558 quadrupedi, 243 autovetture, 5275 autocarri, 1337 autocarrette, 165 trattrici e trattori, 394 autobotti, 28 autofrigoriferi, 210 autoambulanze, 184 rimorchi, 908 motomezzi, 183219 fucili e moschetti, 28090 pistole, 2394 fucili mitragliatori, 2120 mitragliatrici, 126 mortai d'assalto, 18 mortai da 81, 143 carri armati d ' assalto veloci, 36 obici da 149/13, 30 obici da 100/17, 252 obici da 75/13, 284 cannoni da 65/17, 16 cannoni da 75/27 C.K., 4 cannoni e.a. da 20 mm, 32 mitragliatrici Schwarzlose, 16 autoblindo mitragliatrici, 10 autoblindo, 8 motomitragliatrici. Al 1° ottobre 1935 la forza presente era di: 5721 ufficiali, 6292 sottufficiali, 99243 soldati nazionali, 53226 soldati indigeni per un totale di 164482 uomini - compresi i 4000 circa della Marina e dell'Aeronautica - 35653 quadrupedi, 173893 fucili e moschetti, 4209 mitragliatrici e fucili mitragliatori, 580 pezzi, 112 carri armati veloci, 295 carri, 3683 automezzi vari, 448 motocicli, 1301 biciclette, 45 velivoli da bombardamento, 74 di ricognizione, 7 da caccia. Somalia: all'inizio delle operazioni: 1 divisione metropolitana Pe!-Oritana, raggruppamenti e gruppi vari di truppe indigene e metropolitane; aprile 1936: oltre le forze iniziali: divisione Tevere, divisione indigena Libia, divisione speciale «S» ed altre forze. Forza inviata in Somalia al 1° maggio 1936: 1822 ufficiali, 48981 soldati, 1934 quadrupedi, 63 autovetture, 2621 autocarri, 78 autocarrette, 90 trattrici e trattori, 264 autobotti, 48 autofrigoriferi, 160 autoambulanze, 47 rimorchi, 287 motomezzi, 38984 fucili e moschetti, 7509 pistole, 783 fucili mitragliatori, 527 mitragliatrici, 12 mortai d'assalto, 30 carri armati di assalto e veloci, 35 obici da 100/17, 42 obici da 75/13, 24 cannoni da 75/27, 35 cannoni da 65/17, 4 rnuuuni e.la 75/27 A.V., 27 autoblindo-mitragliatrici. Al
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1° ottobre 1935 la forza era di: 1651 ufficiali, 1546 sottufficiali, 21144 soldati nazionali , 29511 soldati indigeni per un totale di 53852 uomini - compresi i 647 uomini dell'Aeronautica - 7888 quadrupedi, 51150 fucili e moschetti, 1585 mitragliatrici e fucili mitragliatori, 117 pezzi, 45 carri armati veloci, 21 autoblindo, 1848 automezzi vari, 70 motocicli, 4 carri armati, 20 velivoli da bombardamento, 10 da ricognizione, 8 da caccia. Al tutto occorre aggiungere il personale ed i mezzi inviati in Libia e nell'Egeo per l'esigenza e cioè: in Libia; 1641 ufficiali, 28 cappellani militari, 13 assimilati e militarizzati, 2011 sottufficiali, 36802 soldati, 4027 quadrupedi, 62 autovetture, 1458 autocarri, 52 trattrici e trattori, 84 autobotti, 16 autofrigoriferi, 26 autoambulanze, 268 rimorchi, 350 motomezzi, 33351 fucili e moschetti, 5412 pistole, 839 fucili mitragliatori, 345 mitragliatrici, 67 mortai d'assalto e medi, 8 cannoni da 105/28, 12 obici da 100/17, 40 cannoni da 75/27, 32 cannoni da 65/17, 8 cannoni da 75/27 C.K., 12 cannoni e.a. da 20 mm; in Egeo: 127 ufficiali, 140 sottufficiali, 2979 soldati, 296 quadrupedi, 38 autocarri, 6 autobotti, 4 motomezzi, 2511 fucili e moschetti, 608 pistole, 57 fucili mitragliatori, 77 mitragliatrici, 6 obici da 75/13, 4 cannoni da 75/27, 4 cannoni da 65/17, 4 cannoni da 75/27 C.K., 4 cannoni e.a. da 20 mm; nelle varie colonie, come complementi: 4826 ufficiali, 2554 sottufficiali, 39035 soldati. Organizzazione logistica: Eritrea: base oltremare di Massaua, delegazioni d'intendenza, basi logistiche; Somalia: sezione staccata d'intendenza poi delegazione d'intendenza, basi principali o sussidiarie di approdo; Italia: base principale di Napoli, commissioni allestimenti e imbarchi di Napoli e di Messina, utilizzazione per esigenze minori dei porti di Genova, Trieste, Livorno, Cagliari. L'organizzazione logistica, iniziatasi nel gennaio del 1935, si sviluppò subito contemporaneamente in Patria e nelle colonie. Servizi di sanità: impianto di 140 ospedali da campo, 60 reparti di sezioni di sanità someggiati, 60 nuclei chirurgici e sezioni di disinfezione, 8 navi ospedale, 17 mila posti letto ed accantonamento in loco di 16 mila tonnellate di medicinali e di materiali sanitari. Di vettovagliamento: impianto di frigoriferi stabili, allestimento di mezzi mobili di trasporto refrigeranti, costituzione depositi di riserva con generi di scorta, impiego, limitatamente alJe voci principali, di 760 mila quintali di grano, 630 mila quintali di carne, 35 milioni di scatolette di carne e minestra, 700 mila quintali di pasta e riso, 2 milioni di quintali di avena e di orzo. Di equipaY,iamento: accantonamento di oltre 4 milioni e mezzo di paia di scarpe e di 92 milioni di metri di tessuti per uniformi e indumenti vari, 2 milioni di coperte. Delle armi e munizioni: allestimento di mortai d' assalto da 45, di mortai da 81, di cannoni controcarro da 47, di cannoni contraerei da 20, di carri veloci e di carri d'assalto e trasformazione della mitragliatrice Fiat da calibro 6,5 in calibro 8. Furono inviati oltremare: 820 milioni di cartucce per fucili e mitragliatrici, 24 milioni di cartucce per pistola, 4 milioni di proietti per artiglieria, oltre 3 milioni di bombe a mano, circa 280 mila bombe per mortaio. Del genio: furono inviati oltre quantitativi rilevanti di baracche, legname, attrezzi, sacchetti a terra, cemento, 200 mila chilometri di cordoncino telefonico, 6000 apparati telefonici, 1500 centralini, 1600 stazioni radio campali di grande potenza, 3000 metri di equipaggio da ponte, 800 metri di ponti metallici ed altrettanti ponti di circostanza, 1200 pontili, 4200 tonnellate di materiale per Decauville, 124 parchi, 59 officine mobili, 32 laboratori fissi. Dei trasporti: nei servizi dei trasporti furono impiegati oltre 17000 automezzi, alcuni dei quali con caratteristiche particolari realizzati in relazione alle difficoltà deU' ambiente; per il funzionamento di tali mezzi furono trasportate circa 180 mila tonnellate di carburanti e lubrificanti; per le riparazioni venne impiantata una officina centrale con 300 operai e vennero costituite 150 officine speciali fisse e mobili che assorbirono oltre 25 mila tonnellate di materiali e parti di ricambio; furono impiegati 9700 convogli ferroviari per l'affluenza nei porti d 'imbarco del personale e dei mezzi e furono compiuti 570 viaggi-piroscafo per i trasporti oltremare. Nel periodo febbraio 1935-maggio 1936 partirono da Napoli 450 mila uomini, 60 mila quadrupedi e 570 mila tonnellate di materiali. È da notare che tutta la produzione bellica del Paese venne mobilitata ed organizzata per poterla mettere in grado di far fronte sia alle esigenze dell'Africa Orientale sia a qualsiasi eventualità che potessero sorgere in territorio nazionale a causa della turbata situazione internazionale (L'esercito italiano tra la 1 • e la 2° guerra mondiale. Op. cit. pg. 10'1). Fu inten-
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sificata notevolmente la produzione mediante ampliamenti e potenziamenti degli stabilimenti industriali, alcuni creati per l'occasione. Per soddisfare i fabbisogni fu gioco-forza sottrarre inizialmente forti quantitativi alle dotazioni di mobilitazione, e, nello stesso tempo, effettuare ordinazioni all'industria di guerra per reintegrare i quantitativi sottratti alle dotazioni stesse. Inoltre fu avviata la costruzione in serie di mortai d'assalto, di cannoni da 47, di mortai da 81, di cannoni da 20 mm, di carri armati, automezzi, ecc. e si provvide alla trasformazione dei proietti esistenti di piccolo e medio calibro in altri più moderni, al miglioramento delle caratteristiche del munizionamento controcarro e contraerei, alla migliore utilizzazione dei proietti esistenti per uso coloniale, come quelli, ad esempio, da 70/15 e da 77/28. (39) Vds. nota 13, cap. XXIV. (40) Furono inviati in Spagna 40 mila uomini in due periodi: 20 mila di cui 1000 ufficiali fra il settembre e l'agosto 1937 per la costituzione del corpo truppe volontarie (C.T.V.) ed altri 20 mila di cui 2250 ufficiali dal marzo 1937 al mar7.0 1939 per l'alimentazione del corpo. Principali materiali: artiglierie (pezzi) n. 1930 (343 da 65 mm, 330 da 75 mm, 801 di piccolo calibro, 230 da 105 mm, 212 altri di medio calibro, 14 di grosso calibro); mortai leggeri 1496, mitragliatrici 3504 (2449 Fiat 14 e 35, 1055 Saint Etienne); fucili mitragliatori 2520; fucili 240747 (di cui 219305 mod. 91); munizioni: colpi completi per artiglierie 7514537, colpi senza carica di lancio 91500, esplosivi di lancio e incendivi q 11172, colpi per armi portatili 324900000; automezzi 7668 (autovetture 369, autocarri 4264, carri armati veloci 149, trattori e trattrici 1189, automezzi ausiliari 896; parti di ricambio per automezzi 2000000 pezzi; fusti di benzina 6105; mezzi del genio e delle trasmissioni: apparati r.t. 9.31, apparati telefonici e centralini 3871, cordoncino telefonico km 25281, oltre a stazioni ottiche e mezzi vari di collegamento, autofficine r.t., materiale di ponte o di rafforzamento; ospedali da campo completi 13; serie di vestiario complete 500000: oltre a materiali di uso generale e viveri. Il trasporto dei materiali richieste 180 piroscafi e 100 quello del personale. L'Aeronautica forrù all'aviazione legionaria ed a quella del generale Franco: 763 aerei completi, 1414 motori di aereo, 16720 t di bombe d'aereo, 9520000 cartucce per armi di bordo, 76500 t di materiale vario. L'aviazione legionaria arrivò ad una disponibilità di 32 squadriglie delle varie specialità per oltre 300 apparecchi e 6000 uomini di cui 865 ufficiali e 1700 sottufficiali. La Marina trovò impiego in azioni di guerra e nella scorta, vigilanza ed assistenza ai convogli. Cedette al governo del generale Franco: 2 sommergibili, 4 cacciatorpediniere, 4 mas per un importo di 95 milioni, che si fece pagare, ai quali si aggiunsero altri 200 milioni per materiali ceduti, prestazioni varie e noleggio piroscafi (tali dati sono ripresi dalla pubblicazione di cui alla seguente nota n. 41). (41) Stato Maggiore dell'esercito. Ufficio storico. Memorie storiche militari 1980. Fusa tipocartografica - Roma - 1981. L'impegno italiano nella guerra di Spagna a cura del generale Mario Montanari pgg. 120-152. (42) Inizialmente, dall'agosto al novembre 1936, furono costituiti ed inviati: la missione militare italiana (12 ufficiali, 10 sottufficiali, 13 militari di truppa); 2 compagnie carri di assalto (35 carri, 23 automezzi, 2 autofficine, 8 moto) ; 1 batteria e 2 sezioni autonome da 65/17 (10 pezzi); 4 stazioni R.S.O.C. su automezzo. l autoambulanza, 36 ufficiali, 55 sottufficiali e 292 militari di truppa come personale istruttore. Nello stesso periodo vennero spediti: 800 pacchetti di medicazione, 60 mila uniformi di tela kaki, 75 mila coperte, 50 mila farsetti a maglia, 14 mila tascapani, 50 mila elmetti, 367 pistole, 20 mila fucili o moschetti, 102 fucili mitragliatori, 50 mortai da 45, 32 cannoni da 65/17, 12 mitragliatrici da 20 mm mod. 35, 16 milioni di cartucce, 70 mila bombe a mano, 30 mila bombe per mortaio da 45, 138 mila colpi per artiglieria, 8 t di esplosivo, 24 stazioni radio, 4 fotoelettriche, 20 telefoni e centralini, 70 mila maschere antigas, 50 lanciafiamme, 20 autocarri, 20 moto, 375 km di cordoncino telefonico. (Dati tratti dalla pubblicazione dj cui alla precedente nota n. 41).
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(43) Costituzione del C. T.V. ed enti vari il 26-VIII-1938: comando C.T.V. e enti vàri, divisione Liti-Orio; divisione 23 marzo; brigata Frecce azzurre; brigata Frecce nere; raggruppamento 18 luglio, raggruppamento carristi, attiglieria C.T.V., genio C.T.V.; centro complementi; intendenza; servizi aviazione legionaria per un totale cli 3197 ufficiali (di cui 2623 italiani e 574 spagnoli), 54965 sottufficiali e truppa (di cui 39384 italiani e 18561 spagnoli). Nelle cifre sono compresi i ricoverati in ospedali territoriali (128 ufficiali e 1418 sottufficiali o militari di truppa italiani). (Dati tratti dalla pubblicazione di cui alla precedente nota n. 41). (44) C. T.V. nell'ottobre 1938. Comandante: generale Gastone Gambara, in sostituzione del generale Berti; divisione d'assalto Littorio (comandante generale Bitossi); divisione Frecce azzurre (col. LaJula); divisione Frecce nere (col. Babini); divisione Frecce Verdi (col. Battisti}; 1 battaglione arditi; 1 raggruppamento carristi; 1 raggruppamento artiglieria; 1 raggruppamento genio; 1 centro istruzioni; 1 intendenza (gen. Favagrossa). AI comando delle forze italiane si succedettero: il generale Roatta, il generale Bastico, il generale Berti ed il generale Gambara. (Dati tratti dalla pubblicazione di cui alla precedente nota n. 41). (45) Mario Roatta (1887-1968), generale designato d'armata. Sottotenente di fanteria nel 1906. Frequentò la scuola di guerra e fu promosso capitano a scelta nell'agosto del 1914. Durante la prima guerra mondiale partecipò alle operazioni sulla fronte italiana e su quella francese. Nel 1919 fu nominato Capo di Stato Maggiore della missione militare italiana a Rerlino, indi [u addetto alla sezione militare della delegazione italiana per la pace a Parigi. Insegnante alla scuola di fanteria nel 1924. Addetto militare a Varsavia nel 1926. Dal 1930 al 1933 comandò 1'84" fanteria, poi fu Capo di Stato Maggiore del corpo d'armata di Bari e quindi capo del Servizio Informazioni Militari (S.I.M.). Generale di brigata per meriti eccezionali, nel settembre 1936, venne inviato in Spagna a capo della missione militare italiana e partecipò alle operazioni alla testa dei volontari italiani. In seguito alla conquista di Malaga (febbraio 1937) ebbe la promozione a generale di divisione per merito di guerra. Fu quindi il primo comandante del Corpo Truppe Volontarie, e poi comandante della divisione «Frecce». Nel luglio 1939 fu inviato a Berlino in qualità di addetto militare. Promosso generale di corpo d'armata, fu nominato sottocapo di stato maggiore dell'esercito l'll novembre 1939, e Capo di Stato Maggiore dell'esercito il 24 marzo 1941. Il 9 febbraio 1942 assunse il comando della 2• armata in Slovenia e Dalmazia, e nel febbraio successivo quello della 6° armata in Sicilia. Il 1° giugno 1943 riassunse la carica di Capo di Stato Maggiore dell'esercito che mantenne fino al 20 novembre 1943. Il 1 ° febbraio 1945 fu collocato in congedo assoluto. (46) Vds. Stato Maggiore dell'esercito. Ufficio storico. Op. cit. nella nota n. 41, pg. 131. (47) I materiali vennero tratti dalle dotazioni di mobilitazione, dalla produzione nazionale, dalle scorte dei corpi d'armata non di frontiera, dalle dotazioni delle unità aventi maggiori disponibjljtà e cioè dalle divisioni celeri e motorizzate e dalla nuova brigata corazzata. (48) Op. cit. nella nota n. 41, pg. 152. (49) Vds precedente nota 39. (50) R.D.L. n. 1554, 5-IX-1938 (circ. n. 745, G.M. 1938, pg. 2551) convertito nella legge n. 2200, 22-XII-1938 (circ. n. 207, G.M. 1939, pg. 652). (51) Pietro Badoglio. La guerra d'Etiopia. Mondadori Editore, Milano, 1936. (52) La divisione corazzata tedesca, ad esempio, comprendeva all'inizio della 2• guerra mondiale: 14 mila uomini rispetto ai 7439 della divisione corazzata italiana, 450 carri armati rispetto a 184 (che avrebbero dovuti essere del tipo «M» e che invece in maggioranza erano
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del tipo «L»), 442 mitragliatrici rispetto a 482, 135 mortai mentre la divisione italiana non ne disponeva neppure di uno, di 72 cannoni anticarro rispetto agli 8 da 47/32, 24 pezzi di artiglieria semovente rispetto ai 24 da 75/27 a traino meccanico della divisione italiana. Le divisioni cli fanteria italiane risultavano, all'inizio della guerra, inferiori a quelle francesi e jugoslave nel numero di battaglioni e di gruppi di artiglieria: la divisione italiana disponeva di 6 battaglioni di fanteria, di 2 battaglfoni di camicie nere e di 3 gruppi di artiglieria leggera e antiquata; le divisioni francesi e jugoslave di un minimo di 9 battaglioni di fanteria omogenei e di 5 gruppi cli artiglieria, di cui 2 di medio calibro. Le divisioni di fanteria italiane mancavano, inoltre, del reparto esplorante del quale erano invece dotate le divisioni francesi e jugoslave. Le dotazioni organiche delle armi di accompagnamento e anticarro erano 1/4 cli quelle delle divisioni francesi e 1/9 di quelle delle divisioni tedesche. (53) Ministero della Difesa. S.M.E. Ufficio storico. L'esercito italiano tra la 1° e la 2• guerra mondiale. Op. cit. pg. 124, nota 1. (54) Claudio Tre:zzani, (1881-1955), generale designato d'armata. Sottotenente nel 1 ° reggimento alpini nel 1901. Partecipò alla guerra di Libia, frequentò i corsi alla scuola di guerra, partecipò con i gradi da capitano a colonnello alla prima guerra mondiale. Durante la battaglia di Vittorio Veneto fu a capo dell'ufficio operazioni di un'armata. Nel 1919 prestò servizio presso lo Stato Maggiore dell'esercito. Dal 1920 fu insegnante titolare presso la scuola di guerra. Tornò nel 1926 allo stato maggiore dell'esercito quale capo dell'ufficio addeslramenlo. Dal 1927 al 1931 comimdò il 90° fanleria, poi ru capo di Sisto maggiore del corpo d'armata di Udine; da generale di brigata comandò la VII brigata di fanteria di Brescia, e fu successivamente designato capo di stato maggiore del comando di corpo d'armata di Bologna. Comandò la 2• divisione celere «Emanuele Filiberto - Testa di ferro». Promosso generale di corpo d'armata, assunse nel 1938 il comando del corpo d'armata celere di Padova. Nel maggio dell' anno seguente venne inviato ad Addis Abeba come capo di stato maggiore del governo generale dell'Africa Orientale. Combatté sull'Amba Alagi nell'aprilemaggio 1941. Richiamato in servizio il 22 dicembre 1944, assunse il 1° maggio 1945 la carica di capo di stato maggiore generale, la cui denominazione venne modificata con decreto 21 aprile 1948 in quella di capo di stato maggiore della difesa. Lasciò la carica il 1° dicembre 1950. (55) Ottavio Zoppi, (1870-1962), generale di corpo d'armata. Sottotenente nel 1888. Prese parte alla campagna di Libia e alla prima guerra mondiale, nella quale ebbe il comando della brigata «Salerno» e in un secondo tempo della prima divisione d'assalto. Dopo la prima guerra mondiale tenne ancora in Libia il comando della prima divisione d'assalto. Comandò successivamente la divisione di Verona. Nel 1928, promosso generale di corpo d'armata, fu nominato ispettore delle truppe alpine. Nel 1930 comandò il corpo d'armata di Bologna, e nel 1933 fu nominato ispettore per l'arma di fanteria. Fu anche insegnante di tattica alla scuola di guerra e pubblicò vari studi su riviste militari ed il volume «I celeri». Nel 1929 fu nominato senatore del regno. (56) Emilio Canevari. La guerra italiana. Retroscena della disfatta, op. cit. pgg. 567-569. (57) Ibidem, pgg. 422-432. (58) L'esercitazione sperimentale della divisione binaria Torino nell'estate del 1938 in Abruzzo fu svolta da personale di leva quasi privo di addestramento, in quanto era stato impegnato per diversi mesi nella preparazione della rivista effettuata in Roma in occasione della visita di Hitler in maggio. Durante il soggiorno in Abruzzo i fanti dell'81 reggimento di fanteria, esperti di passo romano, ma digiuni di istruzione tecnico-tattica, dovettero in un mese completare le lezioni di tiro, acquisire conoscenza delle nuove armi, esercitarsi sul terreno ed applicare per la prima volta in campo tattico i nuovi organici ed i nuovi procedimenti talché giunsero alla esercitazione finale con un grado di addestramento al di sotto di
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quello minimo normale, del tutto inadeguato ad un'esercitazione sperimentale. La verità è che quella esercitazione non dimostrò nulla, ma fu solo un'esibizione a pieni organici della nuova grande unità, esibizione che ebbe il suo clou nella rassegna durànte la quale fu messo in mostra sul davanti dello schieramento, facendolo scintillare al sole, tutto l'armamento della divisione, ad eccezione dei fucili e delle pistole che rimasero in consegna ai singoli per il presentat'arm. La spasa delle armi venne effettuata, come disse il generale Pariani, per dare la sensazione della potenza di fuoco della nuova divisione e per convincere gli oppositori sulla rispondenza della nuova formazione all'ambiente della guerra di movimento nel quale la capacità di penetrazione e d'urto era da anteporre entro certi limiti al requisito tradizionale della persistenza nello sforzo. (59) R.D.L. n. 2280, 8-VII-1937 (circ. n. 39, G.M. 1938, pg. 80) convertito nella legge n. 863, 12-V-1938 (circ. n. 435, G.M. 1938, pg. 1679). (60) R.D.L. n. 2288, 21-X-1937 (circ. n. 42, G.M. 1938, pg. 86) convertito nella legge n. 865, 17-V-1938 (circ. n. 438, G.M. 1938, pg. 1682). (61) R.D.L. n. 1554, 5-IX-1938 (circ. n. 745, G.M. 1938, pg. 2551) convertito nella legge n. 2200, 22-XIl-1938 (circ. n. 207, G.M. 1939, pg. 652): aggiornamento delle disposizioni vigenti sull'ordinamento. (62) Ministero della guerra. Comando del corpo di stato maggiore. Ufficio addestramento. Circ. n. 10500 del 15-VIII-1936 lmpiego ed addestramento carri d'assalto. Roma, tipografia del Corpo di stato maggiore, 1936. (63) R.D.L. n. 1555, 5-IX-1938 (circ. n. 746, G.M. 1938, pg. 2555) convertito nella legge n. 2199, 22-XTI-1938 (circ. n. 206, G.M. 1938, pg. 651): aggiornamento delle disposizioni v igenti sulla ripartizione del territorio dello Stato in zone militari con riferimento al R.D .L. n. 1046, 10-V-1937 (circ. n. 510, G.M. 1937, pg. 1455) convertito nella legge n. 2254, 23-Xll-1937 (circ. n. 173, G.M. 1938, pg. 407): approvazione delle disposizioni vigenti sulla ripartizione del territorio dello Stato in zone militari. Vds. anche R.D . n. 733, 10-V-1938 (circ. n. 409, G.M. 1938, pg. 1500): circoscrizioni militari del regno. (64) R.D.L. n. 2095, 22-Xll-1938 (circ. n. 87, G.M. 1939, pg. 208) convertito nella legge n. 1156, 13-VIl-1939 (circ. n. 708, G.M. 1939, pg. 2397) con modifica. I distretti militari sono portati da 100 a 104 e viene abolito il Comando truppe R.E. delle isole italiane dell'Egeo. (65) L'organico degli ufficiali generali è il seguente (art. 2): generali di corpo d 'armata 31, generali di divisione 64, generali di divisione dei carabinieri reali 3, tenenti generali di artiglieria (di cui 1 direttore superiore del servizio tecnico delle armi e munizioni) 4, tenente generale del genio (direttore superiore del servizio studi ed esperienze del genio) 1, tenente generale del servizio tecnico automobilistico (ispettore della motorizzazione) 1, tenente generale medico 1, tenente generale commissario (capo del corpo ed ispettore dei servizi di commissariato) 1, generali di brigata 135, generali di brigata dei carabinieri reali 6, maggiori generali di artiglieria 6, maggiori generali del genio 2, maggiore generale del servizio tecnico automobilistico 1, maggiori generali medici 6, maggiori generali commissari 2, generale di brigata del corpo automobilistico 1. Nel numero dei generali di corpo d'armata sono compresi i 5 generali comandanti designati di armata preposti ai comandi di armata, nonché il capo di stato maggiore generale, il capo di stato maggiore dell'esercito e l'ispettore dell'arma di fanteria, quando siano generali di corpo di armata designati d 'armata. (66) R.D.L. n. 1862 del 20-IX-1934 (circ. n. 911, G.M. 1934, pg. 3889): istituzione della carica di ispettore capo della preparazione premilitare e pmtmilitari, .-ldln nAzione.
CAP. XXV - L'ORDINAMENTO TATI1CO: DALLA QUERRA ETIOPICA AL 1939
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(67) R.D. 24-Vlll-1939 (circ. n. 803, G.M. 1939, pg. 2580) riguardante l'assegnazione di un numero e di un nominativo alle divisioni di fanteria, motorizzate, corazzate, alpine, celeri. 1 • Superga; 2• Sforzesca; 3• Ravenna; 4• Livorno; 5• Cosseria; 6° Cuneo; 7• Lupi di Toscana; 9• Pasubio; 10• Piave; 11 • Brennero; 12• Sassari; 13 • Re; 14" Isonzo; 15 • Bergamo; 16• Pistoia; 17" Pavia; 18° Messina; 19• Venezia; 20• Friuli; 21' Granatieri di Sardegna; 22 • Cacciatori delle Alpi; 23" Ferrara; 24• Pinerolo; 25• Bologna; 26° Assietta; 27• Brescia; 28" Aosta; 29• Piemonte; 30' Sabauda; 31 • Calabria; 32• Marche; 33• Acqui; 36° Forlì; 37• Modena; 33• Puglie; 44• Cremona; 48• Taro; 49 • Parma; 50• Regina; 52• Torino; 53• Arezzo; 54• Napoli; 55• Savona; 56° Casale; 57• Lombardia; 58" Legpano; 59• Cagliari; 60• Sabratha; 61" Sirte; 62• Marmarica; 63 • Cirene (<livisioni di fanteria); 101" Trento; 102 • Trieste (motorizzate); 131" Centauro; 132• Ariete (corazzate}; 1 • Taurinense; 2• Tridentina; 3• ]ulia; 4' Cuneense; 5• Pusteria (alpine); 1• Eugenio di Savoia; 2• Emanuele Filiberto testa di ferro; 3• Principe Amedeo Duca di Aosta (celeri). R.D. 16-IX-1939 (circ. n. 154, G.M. 1940, pg. 399) che integra il R.D. 24-VIII-1939: 41 • Firenze; 47• Bari; 51 • Siena (divisioni di fanteria) 133• divisione corazzata Littorio. (68) R.D. n. 1789, 12-X-1939 (circ. n. 927, G.M. 1939, pg. 2890): determinazione del numero degli ospedali militari (28) e delle infermerie presidiarie (7). (69) R .D.L. n. 2095, 22-Xll-1938 (circ. n. 87, G.M. 1939, pg. 208): aggiornamento delle disposizioni vigenti sull'ordinamento del R.E. Fu convertito nella legge n. 1156, 13-VII-1939 (circ. n. 708, G.M. 1939, pg. 2397). Legge n. 2144, 22-XII-1938 (circ. n. 128, G.M. 1939, pg. 352): conversione in legge del R.D.L. n. 699, 25-lV-1938: norme esecutive cd integrative del R.D.L. n. 1419, l 1-VIl-1935 sul nuovo ordinamento del R.E. (70) Galeazzo Ciano. Diario. Voi. 1. 1939-1940. Rizzoli Editore, Milano, 1946, pg. 162 . (71) Le forze terrestri del corpo di spedizione formato per l'occupazione dell'Albania compresero complessivamente: 22 mila uomini, 64 pezzi di artiglieria, 134 carri armati, 850 automezzi, 2500 quadrupedi, 1200 motociclette, 5100 biciclette. Esse furono avviate in 3 scaglioni . Il 1° scaglione comprese: a) comando del corpo di spedizione, 12 battaglioni bersaglieri (9 ciclisti, 1 motociclista, 1 misto, 1 autoportato), 2 battaglioni carri su 31 carri ciascuno, 1 gruppo squadroni di cavalleria su 63 carri, 1 battaglione della R.M. San Marco, 1 battaglione della divisione Murge, 2 battaglioni camicie nere; b) 1 compagnia cannoni granatieri autotrasportata, 1 batteria da 20 autoportata, 1 compagnia comando reggimento granatieri, 1 compagnia radiotelegrafisti, 1 sezione radiotelegrafisti, 1 sezione radiotelegrafisti speciale, 5 stazioni R.4A, 1 reggimento granatieri su 2 battaglioni aviotrasportati; c) 1 sezione di sussistenza, 1 sezione sanità, 1 ospedale da campo, 1 autosezione leggera, 1 autosezione mista, 4 autofficine, 2 autosezioni pesanti, 1 sezione carabinieri reali. Il 2° scaglione: 1 battaglione mitraglieri, 1 gruppo da 105/28, 1 gruppo da 149/13, 1 compagnia pontieri, 1 compagnia artieri, 1 compagnia presidi aria, 6 autosezioni pesanti, il comando del 47° fanteria e la batteria di accompagnamento, 1 battaglione del 47° di fanteria, 1 gruppo di artiglieria per divisione di fanteria Murge da 100/17, 1 comando reggimento di cavalleria, 2 gruppi squadroni. Il 3° scaglione: il comando divisione Murge, la divisione Mu,ge (meno 1 reggimento di fanteria e 1 gruppo da 100/17), 1 battaglione camicie nere, 4 autosezioni pesanti, 3 autosezioni leggere, 1 ospedale da campo.
(72) Nel settembre del 1939 le divisioni erano cosl dislocate: 43 in territorio nazionale, delle quali: 2 corazzate, 2 motorizzate, 3 autotrasportabili, 3 celeri, 4 alpine; 12 in Libia, di cui 4 della milizia; 5 in Albania di cui 1 corazzata ed 1 alpina; 1 nelle isole del Dodecanneso; 1 nell'A.0.1. Il numero delle divisioni - 67 - era maggiore di quello previsto dall'ordinamento Pariani - 63 - perché comprendeva anche 4 divisioni della milizia dislocate in Libia.
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(73) Carlo Favagrossa. Perché perdemmo la guerra. Rizzoli editore, Milano luglio 1946 (1 " edizione). (74) Ibidem. Il 1 ° settembre 1939 le disponibilità delle principali materie prime erano per i minerali di ferro e ceneri di pirite di 1300000 t (pari al fabbisogno di 180 giornate di consumo normale), per il carbone di 1700000 t (50 giorni), per l'acciaio (semilavorati) di 85000 t (14 giornate), per i rottami di ferro di 187000 t (80 giornate), per la ghisa di 92000 t (25 giornate), per il rame di 6500 t (40 giornate), per lo stagno di 500 t (50 giornate), per il nichel di 250 t (20 giornate). (75) Ministero della guerra. Stato Maggiore Esercito. Ufficio storico L 'esercito italiano tra la 1a e la za guerra mondiale. Op. cit., pg. 149 e alleg. n. 51 pg. 306. (76) Legge n. 320, 9-V-1940 (circ. n. 320, G.M. 1940, pg. 840): ordinamento dell'esercito. Il regio esercito è costituito dal seguente personale militare: a) ufficiali, b) sottufficiali, truppa. La gerarchia nei gradi di ufficiale è la seguente: primo maresciallo dell'impero; ufficiali generali: maresciallo d'Italia, generale d'armata, generale di corpo d'armata, generale di divisione e tenente generale, generale di brigata e maggiore generale. Il grado di maresciallo d'Italia è conferito soltanto per azioni compiute in guerra. Il grado di generale d ' armata è conferito esclusivamente in caso di mobilitazione totale o parziale dell'esercito, o per azioni compiute in guerra. In pace possono essere designati per il comando di una armata in guerra generali di corpo d'armata in servizio permanente; ufficiali superiori: colonnello, tenente colonnello, maggiore; ufficiali inferiori: capitani; ufficiali subalterni: tenente, sottotenente, maestro direttore di banda, maestro di scherma. La gerarchia nei gradi di sottufficiale è la seguente: aiutante di battaglia, maresciallo (maggiore, capo, ordinario), maresciallo d'alloggio dei carabinieri reali (maggiore, capo, ordinario), sergente maggiore e brigadiere dei carabinieri reali; sergente e vice brigadiere dei carabinieri reali. Il grado di aiutante di battaglia è conferito ai sottufficiali ed ai militari di truppa, soltanto per azioni compiute in guerra. La gerarchia nei gradi di truppa è la seguente: caporalmaggiore, appuntato dei carabinieri reali; caporale, carabiniere; soldato, allievo carabiniere. li regio esercito metropolitano consta dei seguenti elementi: 1 ° stato maggiore; 2° istituti militari; 3° arma dei carabinieri reali; 4° arma di fanteria; 5° arma di cavalleria; 6° arma di artiglieria e servizio tecnico delle armi e delle munizioni; 7° arma del genio e servizio studi ed esperienze del genio; 8° guardia alla frontiera; 9 ° corpo automobilistico e servizio tecnico automobilistico; 10° servizio chimico; 11 ° servizio sanitario; 12° servizio di amministrazione; 13° servizio di commissariato; 14° servizio veterinario; 15° servizio dei centri di rifornimento quadrupedi; 16° servizio dei depositi cavalli stalloni; 17° servizio geografico; 18° distretti militari; 19° tribunale supremo militare e tribunali militari; 20° reparti di correzione e stabilimenti militari di pena; 21 ° enti vari. Il regio esercito metropolitano è cosl ordinato: 1 comando del corpo di stato maggiore, 6 comandi di armata, 18 corpi di armata, 1 corpo d'armata autotrasportabile, 1 corpo d ' armata corazzato, 1 corpo d'armata celere, 1 comando superiore delle truppe alpine, 54 divisioni di fanteria, 2 divisioni motorizzate, 3 divisioni corazzate, 5 divisioni alpine, 3 divisioni celeri, 1 comando truppe di zona con deposito misto, 16 comandi di difesa territoriale, 28 comandi di zona militare. Le grandi unità (corpo d'armata e divisione) comprendono: un comando di grande unità e truppe e servizi in misura variabile. Uno dei 18 comandi di corpo d'armata assume la denominazione di «comando superiore delle truppe in Albania». Le truppe ed i servizi costituenti ciascuna grande unità sono stabiliti dal ministro per la guerra. L'organico degli ufficiali generali è il seguente: generali di corpo d'armata 35, generali di divisione 92, generali di divisione dei carabinieri reali 4, tenenti generali del servizio tecnico delle armi e delle munizioni (di cui uno è direttore superiore del servizio) 4, tenente generale del servizio studi ed esperienze del genio (direttore superiore del servizio) 1, tenente generale del servizio tecnico automobilistico (direttore superiore del servizio e del corpo automobilistico) 1, tenente generale medico 1, tenente gem,rnlt: commissario (capo cd ispet-
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tore del servizio di commissariato) 1, generali di brigata 165, generali di brigata dei carabinieri reali 8, generale di brigata del corpo automobilistico 1, maggiori generali del servizio tecnico delle armi e delle munizioni 6, maggiori generali del servizio studi ed esperienze del genio 2, maggiori generali commissari 2. Fra i generali di corpo d'armata sono compresi 6 generali di corpo d'armata comandanti designati d'armata preposti ai sei comandi di cui l'articolo 4 della presente legge nonché il capo di Stato Maggiore generale, il capo di Stato Maggiore dell'esercito e l'ispettore dell'arma di fanteria, quando siano generali di corpo d'armata o generali designati per il comando d'armata. Dei 92 generali di divisione predetti, due possono essere tenenti generali ricoprenti una delle seguenti cariche: direttore generale del genio nel ministero della guerra; direttore generale del genio militare nel ministero della marina; direttore dell'istituto geografico militare; direttore del servizio chimico; membro del consiglio superiore dei lavori pubblici. L'impiego degli ufficiali generali è stabilito con apposita tabella, ed approvata con decreto reale; con detti ufficiali generali si provvede a ricoprire tutte le cariche previste dalla presente legge, nonché quelle sotto indicate: a) primo aiutante di campo generale di S.M. il re e imperatore; b) aiutante di campo generale di S.M. il re e imperatore; c) primo aiutante di campo generale di S.A.R. il principe ereditario; d) comandante generale dell'arma dei carabinieri reali; e) comandante generale della Regia guardia di finanza; f) presidente del tribunale supremo militare; g) ispettore della fanteria e generale addetto all'ispettorato della fanteria; h) ispettore dell'artiglieria e generali addetti all'ispettorato dell'artiglieria; i) ispettore del genio e generale addetto all'ispettorato del genio; I) ispettore superiore dei servizi tecnici; m) generali per incarichi vari detenninati dal ministero per la guerra; n) generali assegnati alla parte coloniale del Regio esercito o ad altri enti e servizi non dipendenti dall'amministrazione della guerra. Lo stato maggiore è costruito da: un corpo di stato maggiore, formato dagli ufficiali di stato maggiore, un servizio di stato maggiore, formato dagli ufficiali in servizio di stato maggiore. Il comando del corpo di stato maggiore è retto dal capo di stato maggiore del Regio esercito che è coadiuvato da: a) un sottocapo di stato maggiore del Regio esercito (comandante in 2• del corpo di stato maggiore); due generali capi reparto; un generale addetto; b) un sottocapo di stato maggiore per la difesa territoriale; un generale addetto allo stato maggiore per la difesa territoriale. L'organico degli ufficiali del corpo di stato maggiore è il seguente: colonnelli 48, tenenti colonnelli 178, totale 226. Per gli ufficiali in servizio di stato maggiore (tenenti, capitani, maggiori e tenenti colonnelli) non esiste organico fisso. Gli ufficiali indicati appartengono ai ruoli delle armi di fanteria, di cavalleria, di artiglieria, del genio e sono compresi nella tabella organica dell'arma rispettiva. Gli istituti militari sono i seguenti: 1 ° scuole militari, 2° regia accademia di fanteria e di cavalleria, 3° regia accademia di artiglieria e genio, 4° scuola di applicazione di fanteria, 5° scuola di applicazione di cavalleria, 6° scuola di applicazione di artiglieria e del genio, 7° scuola di applicazione di sanità, 8° scuole centrali, 9° scuola centrale di alpinismo, 10° scuola di tiro di artiglieria, 11 ° istituto superiore in guerra, 12° istituto superiore tecnico armi e munizioni, 13° istituto superiore delle trasmissioni, 14° scuole allievi ufficiali di complemento, 15° scuole allievi sottufficiali. Il numero delle scuoÌe militari, delle scuole allievi ufficiali di complemento, delle scuole allievi sottufficiali, delle scuole centrali, nonché I'ordinamento di ciascun istituto militare e i loro eventuali raggruppamenti sono stabiliti per decreto reale su proposta del ministro per la guerra di concerto con il ministro per le finanze. Agli istituti militari sono assegnati ufficiali generali, superiori ed inferiori delle varie armi, corpi e servizi, i quali sono compresi nelle tabelle organiche della presente legge. All'insegnamento di materie non militari si provvede con insegnanti delle scuole civili governative ai quali, qualora le prestazioni, avuto riguardo agli obblighi di orario, non consentano il contemporaneo insegnamento presso le scuole od istituti militari e gli istituti medi di appartenenza, sono applicabili le disposizioni del 1° e 3 ° comma dell'articolo 31 del regio decreto 6 maggio 1923, n. 1054 e degli articoli 28 e 150 del regolamento approvato con regio decreto 27 novembre 1924, n. 2367. L'arma dei carabinieri reali comprende: il comando generale dell'arma, 3 divisioni, 1
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comando superiore dei carabinieri reali di Albania, 7 brigate, 28 legioni territoriali, 1 scuola centrale, 1 legione allievi, 1 gruppo squadroni, 4 battaglioni, 1 gruppo delle isole italiane dell'Egeo, 1 squadrone guardie del re imperatore, 1 banda dell'arma. L'organico degli ufficiali dell'arma è il seguente: 4 generali di divisione, 8 generali di brigata, 36 colonnelli, 101 tenenti colonnelli, 186 maggiori, 514 capitani, 533 subalterni, 1 sottotenente maestro direttore di banda. Totale: 1371. L'arma di fanteria comprende: 1 ispettorato dell'arma, 3 reggimenti granatieri, 106 reggimenti di fanteria divisionale, 4 reggimenti di fanteria motorizzata, 12 reggimenti bersaglieri, 10 reggimenti alpini, 6 reggimenti di fanteria carrista, 1 reggimento di fanteria della guardia alla frontiera, 1 battaglione «guardia reale albanese». Ciascun reggimento è costituito da 1 comando, un numero vario di battaglioni e di unità minori, di massima 1 deposito. Il battaglione della «guardia reale albanese» fa parte organica del 1° reggimento granatieri ed ha una propria bandiera. L'organico degli ufficiali dell'arma di fanteria è il seguente: 515 colonnelli, 1147 tenenti colonnelli, 1510 maggiori, 3096 capitani, 545 capitani del ruolo con carriera limitata al grado di capitano, 3326 tenenti e sottotenenti, 545 tenenti e sottotenenti del ruolo con carriera limitata al grado di capitano. Totale: 10684. L'arma di cavalleria comprende: 13 reggimenti, gruppi di squadroni carri leggeri, 5 squadroni palafrenieri. Ciascun reggimento è costituito da: 1 comando, un numero vario di squadroni, a ciascun reggimento corrisponde, di massima, un deposito territoriale. L'organico degli ufficiali è il seguente: 43 colonnelli, 94 tenenti colonnelli, 131 maggiori, 241 capitani, 27 capitani del ruolo con carriera limitata al grado di capitano, 287 tenenti e sottotenenti, 27 LenenLi e soLLoLenenLi del ruolo con carriera limitata al grado di capitano. Totale: 850. L'arma di artiglieria comprende: 1 ispettorato dell'arma, 21 comandi di artiglieria di corpo d'armata, 54 reggimenti di artiglieria per divisione di fanteria, 2 reggimenti di artiglieria per divisione motorizzata, 3 reggimenti di artiglieria per divisione corazzata, 5 reggimenti di artiglieria alpina, 3 reggimenti di artiglieria per divisione celere, 9 reggimenti di artiglieria della guardia alla frontiera, 18 reggimenti di artiglieria di corpo d'armata, 5 reggimenti di artiglieria di armata, 5 reggimenti di artiglieria contraerei, 1 gruppo autonomo di artiglieria della guardia alla frontiera, 1 {eparto palafrenieri, 18 direzioni di artiglieria con sezioni, stabilimenti di artiglieria (il numero delle sezioni staccate e la specie ed il numero degli stabilimenti sono stabili per decreto reale, su proposta del ministro per la guerra di concerto con il ministro delle finanze, in relazione alle esigenze del servizio). Ciascun reggimento è costituito da : 1 comando, un numero vario di gruppi; a ciascun reggimento corrisponde, di massima, un deposito territoriale. L'organico degli ufficiali dell'arma è il seguente: 272 colonnelli, 587 tenenti colonnelli, 791 maggiori, 1533 capitani, 234 capitani del ruolo con carriera limitata al grado di capitano, 1666 tenenti e sottotenenti, 234 tenenti e sottotenenti del ruolo con carriera limitata al grado di capitano. Tota.le: 5317. Il servizio tecnico delle armi e munizioni comprende: 1 direzione superiore, 1 istituto superiore con officina sperimentale e sezioni chimiche e tecnologiche già compreso tra gli istituti militari, 1 ufficio tavole di tiro, centri esperienze (il cui numero e specie sono stabiliti con decreto anche su proposta del ministro per la guerra, di concerto con il ministro per le finanze, in relazione alle esigenze del servizio). L'organico degli ufficiali del servizio tecnico è: 10 generali (1 tenente generale direttore superiore, 3 tenenti generali capi reparto, 6 maggiori generali capi reparto e direttori principali) già compresi negli organici degli ufficiali generali, 14 colonnelli, 101 tenenti colonnelli, maggiori e capitani. L'arma del genio comprende: 1 ispettorato dell'arma, 18 comandi del genio di corpo d'armata ciascuno con alle dipendenze 1 ufficio lavori del genio, 18 reggimenti genio di corpo.d'armata, 2 reggimenti minatori, 2 reggimenti pontieri, 1 reggimento ferrovieri, 1 officina delle trasmissioni, 1 officina delle costruzioni del genio. Ciascun reggimento è costituito da: 1 comando, un numero vario di battaglioni; a ciascun reggimento corrisponde, di massima, un deposito territoriale. L'organico degli ufficiali è il seguente: 74 colonnelli, 181 tenenti colonnelli, 246 maggiori, 486 capitani, 113 capitani del ruolo con carriera limitata al grado di capitano, 556 tenenti e sottotenenti, 113 tenenti e sottotenenti del ruolo con carriera limitata al grado di capitano. Totale: 1769. TI servizio stnrli eri esperienze del genio compren-
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de: 1 direzione superiore, 1 istituto superiore delle trasmissioni già compresi tra gli istituti militari, centri di studio (il cui numero e specie sono stabiliti per decreto reale, su proposta del ministro per la guerra di concerto con il ministro per le finanze, in relazione alle esigenze del servizio). L'organico del servizio è il seguente: 3 generali (1 tenente generale direttore superiore, 2 maggiori generali capi reparto) compresi negli organici degli ufficiali generali, 7 colonnelli, 43 tenenti colonnelli, 3 maggiori e capitani. Totale: 53. La guardia alla frontiera comprende: 11 comandi di guardia alla frontiera di corpo d'armata, un numero vario di settori di copertura, 1 reggimento di fanteria della guardia alla frontiera, 9 reggimenti ed 1 gruppo autonomo di artiglieria guardia alla frontiera. Ciascun settore di copertura comprendere un numero vario di unità minori; a ciascun settore corrisponde, di massima, un deposito settoriale. Gli ufficiali generali e gli ufficiali superiori ed inferiori assegnati ai comandi ed alle unità della guardia alla frontiera sono compresi nelle tabelle organiche degli ufficiali generali e nelle tabelle organiche degli ufficiali delle varie armi, corpi e servizi. Il corpo automobilistico comprende: 18 centri automobilistici, un numero vario di gruppi automobilistici, 1 officina automobilistica del R.E., 1 officina autonoma degli approvvigionamenti. Ciascun centro automobilistico è costituito da: 1 comando, un numero vario di gruppi; a ciascun centro corrisponde, di massima, un deposito territoriale. L'organico del corpo è il seguente: 1 generale di brigata (compreso negli organici degli ufficiali generali), 14 colonnelli, 42 tenenti colonnelli, 75 maggiori, 223 capitani, 209 tenenti e sottotenenti; totale 564. Il servizio tecnico automobilistico comprende: 1 direzione superiore, 1 centro studi della motorizzazione. L'organico del st:rviziu lt:cnicu automobilistico è il seguente: 3 generali (1 tenente generale direttore superiore del servizio e del corpo automobilistico, 2 maggiori generali) compresi nelle tabelle organiche dei generali, 5 colonnelli, 36 tenenti colonnelli, maggiori, capitani e tenenti, totale: 44. Il servizio chimico comprende: 1 reggimento chimico, 1 deposito territoriale, centri sperimentali staccati il cui numero e la cui specie sono stabiliti in relazione alle esigenze del servizio con decreto reale su proposta del ministro per la guerra di concerto con il ministro per le finanze. Al servizio chimico sono assegnati un generale di divisione o di brigata direttore, compreso negli organici dei generali, ed ufficiali superiori ed inferiori delle varie armi, corpi e servizi compresi nelle rispettive tabelle organiche. Il servizio sanitario comprende: 5 ispettorati di sanità di zona, 18 direzioni di sanità, 18 compagnie di sanità, 1 istituto chimico farmaceutico, ospedali militari, infermerie presidiarie, stabilimenti balneo-termali, magazzini di materiale sanitario, il cui numero è determinato per decreto reale, su proposta del ministro per la guerra, di concerto con il ministro per le finanze. L'organico degli ufficiali del servizio sanitario è il seguente: 8 generali (1 tenente generale medico direttore del servizio e 7 maggiori generali medici) compresi negli organici del generali, 46 colonnelli, 160 tenenti colonnelli, 242 maggiori, 640 capitani, 383 tenenti; totale: 1479. Ufficiali chimici farmacisti: 3 colonnelli, 15 tenenti colonnelli, 27 maggiori, 49 capitani, 49 tenenti; totale: 143. Il servizio di commissariato comprende: 2 ispettori di commissariato di zona, 18 direzioni di commissariato con sezioni staccate, 18 compagnie di sussistenza, stabilimenti e se:i:ioni staccate di commissariato. Gli stabilimenti di commissariato e le sezioni staccate sono stabiliti per decreto reale, su proposta del ministro per la guerra, di concerto con il ministro per le finarrae, in relazione alle esigenze del servizio. L'organico degli ufficiali del servizio di commissariato è il seguente: 3 generali (1 tenente generale commissario capo ed ispettore del servizio, 2 maggiori generali ispettori di zona) compresi nelle tabelle dei generali, 20 colonnelli, 55 tenenti colonnelli, 81 maggiori, 147 capitani, 132 tenenti e sottotenenti; totale: 438. Gli ufficiali di sussistenza sono: 14 tenenti colonnelli, 25 maggiori, 96 capitani, 92 tenenti e sottotenenti; totale: 227. Il servizio di amministrazione ha il seguente organico di ufficiali: 22 colonnelli, 78 tenenti colonnelli, 163 maggiori, 648 capitani, 559 tenenti e sottotenenti; totale: 1470. La carica di capo del servizio di amministrazione è devoluta ad un colonnello del servizio stesso scelto con le norme contenute nella legge sull'avanzamento degli ufficiali del regio esercito.
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FILIPPO STF.FANI
Il servizio veterinario ha il seguente organico di ufficiali: 10 colonnelli, 27 tenenti colonnelli, 54 maggiori, 87 capitani, 85 tenenti; totale: 263. La carica di capo del servizio veterinario è devoluta ad un colonnello del servizio stesso, scelto con le norme contenute nella legge sull'avanzamento degli ufficiali del regio esercito. Il servizio dei centri rifornimento quadrupedi comprende un numero vario di centri di rifornimento quadrupedi e di squadroni di rimonta; tale numero è stabilito dal ministro per la guerra, di concerto con il ministro per le finanze. L'organico degli ufficiali è il seguente: 3 colonnelli direttori, 11 tenenti colonnelli, maggiori e capitani; totale: 14. Ai centri è anche assegnato personale subalterno civile. Ai deposi ti cavalli stalloni sono asseganti i seguenti ufficiali che costituiscono il «ruolo del servizio dei depositi cavalli stalloni» e sono posti a disposizione del ministero dcli' agricoltura e delle foreste: 1 colonnello direttore di prima classe e comandante del personale dei depositi, 15 tenenti colonnelli, maggiori, capitani e tenenti; totale: 16. Il servizio geografico comprende: l'istituto geografico militare e gli ufficiali del servizio geografico. L'istituto geografico militare è retto da un generale di divisione o di brigata, compreso nella tabella organica dei generali; all'istituto sono assegnati i seguenti ufficiali, compresi negli organici delle varie armi e costituenti il «ruolo servizio geografico»: 1 colonnello, 44 tenenti colonnelli, maggiori , capitani, tenenti e sottotenenti; totale: 45. Oltre agli ufficiali del suddetto ruolo, all'istituto geografico possono essere assegnati anche altri ufficiali superiori ed inferiori delle varie armi e scrvi?.i, compresi nelle rispellive tabelle organiche. l distretti militari sono 116. Ai distrelli militari sono assegnati ufficiali superiori cd inferiori delle varie armi e servizi compresi nelle rispettive tabelle orga11id1c. Da tale assegnazione sono esclusi, di massima, i capitani ed i subalterni che non siano della carriera limitata al grado di capitano. I tribunali militari sono: l tribunale supremo e lO tribunali militari territoriali. Con decreto reale, su proposta del ministro per la guerra, di concerto con il ministro per le finan ze, possono essere costituite in caso di nl"cessità sezioni di tribunale militare territoriale. Al tribunale supremo militare, ai tribunali militari territoriali ed alle sezioni di tribunale militare sono assegnati ufficiali delle varie armi , compresi nelle rispettive tabelle organiche, e funzionari civili nei limiti dei vigenti organici. I reparti di correzione e gli stabilimenti militari di pena comprendono: 1 comando, compagnie di correzione, carceri militari preventive, l reclusorio militare principale, reclusori militari sussidiari, 1 carcere militare e carceri sussidiarie. TI numero delle compagnie di correzione, dei reclusori succursali e delle carceri militari sussidiarie è determinato per decreto reale, su proposta del ministro per la guerra, di concerto con il ministro per le finanze. Ai reparti di correzione e agli stabilimenti militari di pena sono assegnati ufficiali delle varie armi e servizi compresi nelle rispettive tabdle organiche. L'ufficio amministrazione dei personali militari vari è diretto da un colonnello del servizio di amministrazione ed attende all'amministrazione di tutti i personali appartenenti ad enti del regio esercito che non hanno amministrazione autonoma. All'ufficio predetto sono assegnati ufficiali del servizio di amministrazione, i quali sono compresi nella tabella organica di detto servizio. Il reparto autonomo «Giacomo Medici» ha in forza effettiva tutti i sottufficiali, graduati e militari di truppa del regio esercito in servizio nella capitale presso enti che non hanno un proprio centro amministrativo militare. Al reparto predetto sono assegnati ufficiali delle varie armi e servizi, compresi nelle rispettive tabelle organiche. Da tale assegnazione sono esclusi, di massima, i capitani ed i subalterni che non siano della carriera limitata al grado di capitano. Le bande militari, compresa quella dei carabinieri reali, sono venti. Una di esse è assegnata al battaglione «guardia reale albanese». L'organico degli ufficiali maestri direttori di banda, compreso quello dell'arma dei carabinieri reali, è il seguente: sottotenenti maestri direttori di banda 20. 11 servizio dei trasporti militari territoriali comprende: 6 delegazioni trasporti militari, I ufficio del delegato dei trasporti militari della Sardegna, un numero vario di comandi mili-
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tari di stazione, di uffici imbarchi e sbarchi, di biglietterie militari. A tali enti sono assegnati ufficiali delle varie armi compresi nelle rispettive tabelle organiche. La circoscrizione militare territoriale è fissata con decreto reale, udito il consiglio dei ministri. Hanno giurisdizione territoriale i comandi di corpo d'armata, i comandi di difesa territoriale, i comandi di zona militare, le direzioni e sezioni di artiglieria, i comandi del genio, i distretti militari, le direzioni di sanità e di commissariato, i tribunali militari e le sezioni di tribunale, le delegazioni trasporti militari. La suddivisione delle varie armi, unità e corpi in minori reparti o elementi ed il numero dei reparti e degli elementi stessi, degli istituti, degli stabilimenti previsti nella presente legge, ove non siano in essa specificatamente indicati, saranno stabiliti dal ministro per la guerra. La ripartizione degli ufficiali superiori ed inferiori di ciascuna arma, corpo o servizio tra i vari enti previsti dalla presente legge e tra i loro elementi è stabilita dal ministro per la guerra con apposite tabelle graduali e numeriche. Le tabelle organiche degli ufficiali generali, superiori ed inferiori, stabilite dalla presente legge, comprendono tulli gli ufficiali impiegati nei vari enti dell'amministrazione della guerra (centrali o periferici) nonché quelH assegnati alla parte coloniale del regio esercito o ad altri enti e servizi non dipendenti dall'amministrazione della guerra. Non sono compresi nelle tabelle organiche dell'arma di fanteria gli ufficiali mutilati e invalidi di guerra del!' arma stessa riassunti in servizio ai sensi delle disposizioni contenute nella legge sullo stato degli ufficiali del regio esercito. Qualora il numero degli ufficiali comandati presso le altre amministrazioni subisca entro l'anno solare notevoli variazioni in confronto a quanto risultava alla data di entrata in vigore della presente legge: in caso di diminuzione, il ministero per la guerra di concerto col ministro per le finanze deve procedere - in un adeguato periodo di tempo - alla correlativa riduzione di organici, provvedendo al riassorbimento graduale della eccedenza che risulterà a seguito della riduzione stessa. Tale riassorbimento deve effettuarsi in modo da non arrecare perturbamento al normale sviluppo dell'avanzamento dei quadri; in caso di aumento, il ministro per la guerra di concerto col ministro per le finanze è autorizzato ad un aumento, in un adeguato periodo di tempo, di altrettanto degli organici dell'arma o del corpo o del servizio interessato, fermo restanndo il criterio di cui al comma precedente. T principi reali sono sempre considerati in aumento alle tabelle organiche previste dalla legge. Gli ufficiali di complemento non sono compresi negli organici stabiliti dalla legge. Il loro numero è variabile dipendentemente dal gettito che annualmente si ottiene in virtù delle d1sposizioni vigenti per il reclutamento degli ufficali del regio esercito. Il ministro per la guerra ha facoltà di trattenere alle armi, a domanda, per il periodo di un anno, i sottotenenti di complemento dal giorno in cui abbiano compiuto il servizio di prima nomina prescrirco dalle disposizioni sul reclutamento. Allo scadere del periodo del servizio di un anno, l'ufficiale può chiedere di essere trattenuto in servizio solo per un secondo anno. L'ufficiale che abbia compiuto lodevolmente i due anni di servizio di cui ai due precedenti commi ha diritto, nei concorsi per le ammissioni ai pubblici impieghi, a parità di merito, alla preferenza di cui al n. 9 dell'articolo 1 del regio decreto-legge 5 luglio 1934-Xlll, n. 1176, convertito in legge con la legge 27 dicembre 1934-Xlll, n. 2125, nei concorsi banditi dall'amministrazione centrale della guerra, nonché alla precedenza sulla categoria indicata al n. 10 dell'articolo 1 del medesimo regio decreto-legge. Gli ufficiali trattenuti a mente del presente articolo sono compresi nel numero medio degli ufficiali di complemento che possono essere assunti annualmente per il servizio di prima nomina giusta la legge del bilancio. A decorrere dall'anno 1950, tale numero sarà gradualmente ridotto a 800; la riduzione sarà effettuata nella misura di 82 ufficiali ali'anno, sino a raggiungere il predetto numero di 800. Il ministro per la guerra curerà iJ completamento e la sistemazione di tutti i materiali costituenti le dotazioni di mobilitazione stabilite dai progetti di difesa, nei limiti dei fondi che saranno all'uopo stanziati in bilancio; è ammesso soltanto l'impiego di aliquote delle medesime per rinnovazione, nei limiti delle disponibilità ordinarie di bilancio. Dette aliquote devono avere immediata ed integrale sostituzione, con le norme che saranno stabilite di concerto col ministro delle finanze.
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FILIPPO STEFANI
(77) Legge 2038, 22-XII-1939 (circ. n. 34, G.M. 1940, pg. 76): conversione del R.D. n. 1419, 11-VIl -1935 (43 colonnelli, 163 tenenti colonnelli, totale: 206 ufficiali del corpo di stato maggiore, dei quali 42 presso lo stato maggiore, 42 presso i comandi di corpo d'armata, 63 presso i comandi di divisione, 7 presso l'istituto superiore di guerra, 4 presso il ministero per la guerra, 1 presso il ministero della marina, 1 presso il ministero dell' aeronautica, 19 presso il ministero dell'Africa italiana, 6 addetti militari, 1 presso lo stato maggiore generale, 1 presso la commissione suprema di difesa, 1 presso il comando delle truppe dell'Egeo, 4 per incarichi speciali). (78) Legge n. 457, 18-IV-1940 (circ. n. 450, G.M. 1940, pg. 1500): nuova tabella organica dei generali: 34 di corpo d'armata, 71 di divisione, 4 di divisione dei carabinieri, 4 tenenti generali di artiglieria, 1 tenente generale del servizio tecnico del genio, 1 tenente generale del servizio tecnico automobilistico, 1 tenente generale medico, 1 tenente generale di commissariato, 147 generali di brigata, 7 generali di brigata dei carabinieri, 6 maggiori generali di artiglieria, 2 maggiori generali del genio, 1 maggiore generale del servizio automobilistico, 6 maggiori generali medici, 2 maggiori generali di commissariato, 1 generale di brigata del corpo automobilistico. (79) R.D.L. n° 2083, 29-XIl-1939 (circ. n° 70, G.M. 1940, pg. 174): aumento degli organici dell'arma dei carabinieri: 4 generali di divisione, 7 generali di brigata, 29 colonnelli, 105 tenenti colonnelli (90 ruolo comando, 15 ruolo «M»), 192 tenenti colonnelli (172 ruolo comando, 20 ruolo «M»), 514 maggiori (484 ruolo comando, 30 ruolo «M»), 533 tenenti e sottotenenti, 1 sottotenente maestro di banda, 40 marescialli maggiori, 60 marescialli capi, 400 brigadieri, 250 vicebrigadieri, 162 appuntati, 850 carabinieri. (80) Circolare n° 109230 / 18-1-72 del 18-lll-1940 del Ministero della guerra. Gabinetto. (81) Le divisioni di fanteria vennero distinte in tipo normale e tipo da montagna e differivano tra loro perché quelle da montagna avrebbero dovuto avere il reggimento d'artiglieria o someggiato o cammellato. (82) Le divisioni speciali erano: alpine (salmerie numerose e artiglieria tutta someggiata); celeri (composte di cavalleria, bersaglieri ciclisti, artiglieria a cavallo e a traino meccanico, carri veloci); autotrasportabili (divisioni di fanteria del tipo normale, ma ridotte; artiglieria a traino meccanico; potevano trasferirsi in autocarro, ma non disponevano di autoreparti organici); motorizzate (fanteria, bersaglieri e artiglieria a traino meccanico, autoreparti organici in proprio); corazzate (bersaglieri autocarrati, unità carriste, artiglieria a traino meccanico). Nel corso della guerra vennero creati altri tipi di divisioni: fanteria di occupazione (forza ridotta rispetto alla divisione di fanteria del tipo normale, salmerie limitate, artiglieria a traino animale); costiera (da 2 a 4 reggimenti di fanteria, numero vario di raggruppamenti di artiglieria e servizi molto ridotti); paracadutisti (3 reggimenti di fanteria, 1 reggimento di artiglieria con materiale leggero e reparti speciali); avio trasportabile (2 reggimenti di fanteria, 1 reggimento dì artiglieria, reparti speciali). (83) Formazioni di guerra delle divisioni: (10-VI-1940). a) Divisione di fanteria normale: comando di divisione, 2 reggimenti di fanteria ciascuno su 3 battaglioni, 1 compagnia mortai da 81, 1 batteria d'accompagnamento da 65/17; 1 legione della milizia su 2 battaglioni e 1 compagnia mitraglieri; 1 battaglione mortai da 81 (18 armi); 1 compagnia da 47/32 controcarri (8 pezzi); 1 reggimento d'artiglieria su 1 gruppo da 75/13 (12 pezzi), 1 gruppo da 75/27 (12 pezzi), 1 gruppo da 100/17 (12 pezzi); 1 battaglione del genio (1 compagnia artieri, 1 compagnia telegrafisti e radiotelegrafisti, 1 sezione fotoelettricisti); 1 sezione di sanità; 1 sezione sussistenza. In totale: 449 ufficiali, 614 sottufficiali, 11916 militari di truppa, 3424 quadrupedi, 154 carrette, 270 fucili mitragliatori, 80 nùtragliatrici, 126 mortai da 45 , 30 mortai da 81, 8 pezzi da 20 mm, 8 pezzi da 47/32, 8
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pezzi da 65/17, 24 pezzi da 75, 12 pezzi da 105, 63 autocarri, 6 autocarrette, 45 autocarri L. 39, 13 autovetture, 4 auto speciali, 71 motocicli, 153 biciclette. b) Divisione alpina: comando di divisione; 2 reggimenti alpini, ciascuno su 3 battaglioni, 1 sezione di sanità, 1 ospedale da campo, 1 nucleo di sezione sussistenza, 1 reparto salmerie; 1 reggimento artiglieria alpina su 2 gruppi; 1 battaglione misto del genio; 1 sezione di sanità per alpini su 2 gruppi; 1 battaglione misto del genio; 1 sezione di sanità per alpini; 4 ospedali da campo, 1 sezione di sussistenza con 1 squadra panettieri; 1 colonna salmeria; 1 autoreparto misto per divisione alpina. In totale: 430 ufficiali, 472 sottufficiali, 13884 uomini di truppa, 5327 quadrupedi, 225 carrette, 166 fucili mitragliatori, 68 mitragliatrici, 54 mortai da 45, 24 mortai da 81, 24 pezzi da 75, 155 autocarri, 56 autocarrette, 8 autovetture, 33 auto speciali, 46 motocicli, 57 biciclette. c) Divisione autotrasportabile: comando di divisione: 2 reggimenti di fanteria, ciascuno su 3 battaglioni, 1 compagnia mortai da 81 e 1 batteria d'accompagnamento da 65/17; 1 battaglione mortai; 1 compagnia cannoni da 47/32 autocarrata; 1 reggimento di artiglieria su 2 gruppi da 75/27, 1 gruppo da 100/17, 1 batteria da 20 e.a., reparti del genio (1 compagnia artieri con parco, 1 compagnia mista telegrafisti, 1 sezione fotoelettricisti); 1 sezione sanità; 1 sezione sussistenza con squadra panettieri. In totale: 394 ufficiali, 547 sottufficiali, 9463 uomini di truppa, 913 quadrupedi, 220 fucili mitragliatori, 66 mitragliatrici, 108 mortai da 45, 45 mortai da 81, 8 pezzi da 20 mm, 8 pezzi da 47/32, 16 pezzi da 65/17, 24 pezzi da 75, 12 pezzi da 100/17, 426 autocarri, 30 autovetture, 5 auto speciali, 72 trattori, 159 motocicli, 127 biciclette. d) Divisione autotrasportabile tipo A.S.: comando di divisione; 2 reggimenti di fanteria,
ciascuno su 3 battaglioni, 1 compagnia mortai da 81 e 1 batteria d'accompagnamento da 65/17; 1 battaglione complementi; 1 battaglione mitraglieri; 1 battaglione carri L (eventuale); 1 compagnia motociclisti; 1 compagnia cannoni da 47/32 controcarri; 1 reggimenti di artiglieria su 2 gruppi da 75/27, 1 gruppo da 100/17 e 2 batterie da 20 mm; 1 battaglione misto del genio; 1 sezione di sanità, 1 sezione di sussistenza, 1 autosezione mista. In totale: 453 ufficiali, 594 sottufficiali, 9931 uomini di truppa, 262 fucili mitragliatori, 232 mitragliatrici, 111 mortai da 45, 12 mortai da 81, 16 pezzi da 20, 8 pezzi da 47/32, 8 pezzi da 65/17 , 24 pezzi da 75/27, 12 pezzi da 100/17, eventualmente 46 carri L, 398 automezzi, 249 motomezzi, 36 trattori, 180 biciclette. e) Divisione motorizzata: comando di divisione; 2 reggimenti di fanteria, ciascuno su 2 battaglioni, 1 compagnia mortai da 81, 1 compagnia controcarri da 47/32, 1 (o più) autoreparti; 1 reggimento bersaglieri, su 3 battaglioni (di cui 1 motociclisti e 2 autoportati); 1 reggimento artiglieria su 2 gruppi da 75/27, 1 gruppo da 100/17, 2 batterie da 20 contraerei; 1 battaglione misto del genio; 1 sezione di sanità; 1 sezione di sussistenza con squadra panettieri; 1 autoreparto misto. In totale: 10500 uomini circa, 168 fucili mitragliatori, 90 mitragliatrici, 56 mortai da 45, 12 mortai da 81, 16 pezzi da 20, 24 pezzi da 47/32, 16 pezzi da 75/27, 8 pezzi da 100/17, 531 automezzi, 1170 motomezzi, 48 trattori. f) Divisione celere: comando di divisione; 2 reggimenti di cavalleria, ciascuno su 2 gruppi squadroni a cavallo e 1 squadrone mitraglieri; 1 reggimento bersaglieri su 3 battaglioni, 1 compagnia motociclisti, 1 compagnia cannoni da 47/32; 1 gruppo carri L; 1 reggimento di artiglieria celere su 2 gruppi motorizzati da 75/27, 1 gruppo a cavallo da 75/27 e 2 batterie da 20; 1 compagnia mista del genio; 1 sezione di sanità; 1 sezione di sussistenza; 1 autoreparto misto. In totale: 302 ufficiali, 396 sottufficiali, 6612 militari di truppa, 2154 quadrupedi, 172 fucili mitragliatori, 249 mitragliatrici, 16 pezzi da 20, 8 pezzi da 47/32, 24 pezzi da 75/27, 61 carri L, 418 automezzi, 539 motomezzi, 32 trattori, 2500 biciclette. g) Divisione corazzata: comando di divisione; 1 reggimento fanteria carrista su 4 battaglioni; 1 reggimento bersaglieri su 3 battaglioni (di cui 1 motociclisti e 2 autoportati), 1 compagnia controcarri da 47/32, 1 autoreparto; 1 reggimento di artiglieria su 2 gruppi da 75/27 e 2 batterie da 20; 1 compagnia mista del genio; 1 sezione di sanità; 1 sezione di sussistenza; 1 autoreparto misto. In totale: 273 ufficiali, 484 sottufficiali, 6682 uomini di truppa, 76 fucili mitragliatori, 410 mitragliatrici, 16 pezzi da 20, 184 carri (del tipo «L» anziché «M»), 184 pezzi da 37/40, 8 pezzi da 47/32, 24 pezzi da 75/27, 581 automezzi, 1170 motomezzi, 48 trattori, 39 biciclette.
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FII.IPPO STEFANI
h) Divisione della milizia: comando di divisione; 2 legioni camicie nere, ciascuna su 3 battaglioni, 1 compagnia mortai da 81, 1 batteria da 65/17; 1 battaglione mitraglieri; 1 reggimento di artiglieria su 2 gruppi da 75/27, 1 gruppo da 100/17, 2 batterie da 20; 1 battaglione misto del genio; 1 sezione di sanità; 3 ospedali da campo (eventuali); 1 sezione sussistenza; 1 autosezione mista. i) Divisione libica: comando di divisione; 2 raggruppamenti di fanteria libica, ciscuno su 1 comando e 3 battaglioni, 1 compagnia cannoni da 47/32; 2 gruppi di artiglieria libica da 77/28, ciascuno su 1 comando e 3 batterie, 2 batterie da 20; 1 battaglione misto del genio libico; 1 sezione di sanità; 1 sezione di sussistenza; 1 autogruppo; salmerie divisionali autotrasportabili. In totale: 237 ufficiali, 174 sottufficiali, 460 militari di truppa nazionali, 6353 militari libici, 216 fucili mitragliatori, 66 mitragliatrici, 8 pezzi da 47/32, 16 pezzi da 20, 24 pezzi a 77/28. (84) Formazione di guerra e ordine di battaglia dell'esercito italiano alla data 10-11 gjUf/10 1940.
a) Stato maggiore dell'esercito: dipendente dal Comando Supremo. Capo di stato maggiore: maresciallo d'Italia Rodolfo Graziani. b) Gruppo di armate ovest: comandante S.A.R. Umberto di Savoia, principe di Piemonte. 1 • armata: generale Pietro Pintor. II corpo d'armata: generale Francesco Bertini, divisioni di fanteria Forlì (gen. Giulio Perugi), Acqui (gen. Francesco Sartoris), Livorno (gen. Benevenuto Gioda), divisione alpina Cuneense (gen. Alberto Ferrern). III corpo d'armata: generale Mario Arisio; divisioni di fanteria Ravenna (gen. Edoardo Nebbia) e Cuneo (gen. Carlo Melotti); XV corpo d'armata: generale Gastone Gambara; divisioni di fanteria Modena (gen. Alessandro Gloria), Cosseria (gen. Alberto Vassari), Cremona (gen. Umberto Mondino). Riserva di armata: divisioni di fanteria Pistoia (gen. Mario Priore), Lupi di Toscana (gen. Ottavio Bollea), Cacciatori delle Alpi (gen. Dante Lorenzelli), divisione alpina Pusteria (gen. Amedeo De Cia), 1 raggruppamento celere. 4" armata: generale Alfredo Guzzoni. Corpo d'armata alpino: generale Luigi Negri; divisioni alpine Tridentina (gen. Ugo Santovito) e Taurinense (gen. Paolo Micheletti), raggruppamento Levanna. I corpo d'armata: generale Carlo Vecchierelli; divisioni di fanteria Cagliari (gen. Antonio Scuero), Superga (gen. Curio Barbasetti di Prun), e Pinero!-0 (gen. Giuseppe De Stefanis). IV corpo d'armata: generale Camillo Mercalli; divisioni di fanteria Sforzesca (gen. Alfonso Ollearo) e Assietta (gen. Emanuele Girlando). 3° reggimenti alpini. Riserva di armata: divisioni di fanteria Brennero (gen. Arnaldo Forgiero) e Legnano (gen. Edoardo Scala) ed 1 raggruppamento celere. c) Gruppo di armate est: generale Camilla Grossi. 2" armata; generale Vittorio Ambrosia. V corpo d'armata: generale Riccardo Balocco; divisioni di fanteria Sassari (gen. Giacomo Castagna), Lombardia (gen. Giovanni Esposito), Bergamo (gen. Pietro Belletti). XI corpo d'armata: generale Matteo Roux; divisioni di fanteria Re (gen. Benedetto Fiorenzoli) e Isonzo (gen. Federico Romero). Truppe a disposizione del comando d'armata: 2° reggimento bersaglieri, 2° reggimento cavalleria Piemonte reale, 4° reggimento Genova Cavalleria, 19° reggimento cavalleggeri Guide, 3° raggruppamento artiglieria, 3° raggruppamento genio, unità minori. 6• armata Po: generale Mario Vercellino. Corpo d'armata celere: generale Giovanni Messe; divisioni celeri Eugenio di Savoia (gen. Federico Ferrati Orsi), Emanuele Filiberro terta di ferro (gen. Gavino Pizzolato), Principe Amedeo duca d'Aosta (gen. Mario Marazzani). Corpo d'armata corazzato: generale Fidenzio Dall'Ora; divisioni motizzate Trieste (gen. Vito Ferroni) e Trento (gen. Luigi Nuvoloni), divisioni corazzate Ariete (gen. Ettore Baldassarre) e Littorio (gen. Gervasio Bitossi). Corpo d'armata autotrasportabile: generale Francesco Zingales; divisioni autotraspor-
CAP. XXV - L'OROTNAMENTO TATTICO: DALLA QUF.RRA F.TIOPICA AL 1939
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tabili Pasubio (gen. Vittorio Giovannelli), Piave (gen. Ercole Roncaglia), Torino (gen. Luigi Mauzi); Truppe a disposizione del comando d'armata: .5° reggimento artiglieria contraeri, 9° raggruppamento genio motorizzato e unità minori. 8• armata (ancora in via di formazione): comandante S.A.R. Adalberto di Savoia, duca di Bergamo. XIV corpo d'armata: generale Giovanni Vecclù; divisioni di fanteria Marche (gen. Riccardo Pentimalli) e Pug/ie (gen. Mario Marghinotti). VI corpo d'armata: generale Ezio Rosi; divisioni di fanteria Messina (gen. Francesco Zani), Parma (gen. Attilio Grattarola), Casale (gcn. Enea Navarrini). d) Gruppo di armate sud: comandante maresciallo d'Italia EmiJio De Bono. XII corpo d'armata: generale Angelo Rossi; divisioni fanteria Aosta (gen. Federico D'Arle) e Napoli (gen. Renato Coturri). XIII corpo d' armata: generale Augusto Dc Pignicr; divisioni di fanteria Sabauda (gen. Ubaldo Scanagatta) e Calabria (gen. Carlo Petra di Caccuri). Comando Superiore truppe Albania (e XXVI corpo d'armata): generale Sebastiano Visconti Prasca; divisioni di fanteria Venezia (gen. Silvio Bonini), Ferrara (gen. Licurgo Zannini), Arez.z.o (gen. Michele Molinari), divisione alpina Julia (gen . Fedele De Giorgis). divisione corazzata Centauro (gen. Giovanni Magli); truppe a disposizione del comando superiore: reggimento granatieri Albania, reggimento lancieri di Milano, reggimento lancieri di Aosta, 26° reggimento artiglieria, 26° raggruppamento genio e unità minori. J• armata, con funzioni di rìserva generale; generale Carlo Geloso. IX corpo d ' armata: generale Camillo Rossi; divisioni di fanteria Bari (gen. Ernesto Zaccone), Taro (gen. Gino Pedrazzoli), Piemonte (gen. Giovanni Cerio). e) 7• armata (riserva a disposizione dello stato maggiore dell'esercito): comandante: S.A.R. Filiberto di Savoia, duca di Pistoia. VII corpo d'armata: generale Aldo Aymonino; divisioni di fanteria Firenze (gen. Paride Negri) e Friuli (gen. Vittorio Sogno). VIII corpo d 'armata: generale Remo Gambelli; divisioni di fanteria Siena (gen. Guaiterio Gabutti) e Granatieri di Sardegna (gen. Taddeo Orlando). f) Forze armate delle isole italiane dell'Egeo: comandante generale Cesare Maria De Vecchi di Val Cismon. divisione di fanteria Rt.'gina (gen. Alessandro Piazzoni), elementi vari di rinforzo (batterie di artiglieria di vario calibro, XII battaglione carri armati , compagnia chimica, ecc.). g) Comando superiore forze armate Africa Settentrionale: comandante il maresciallo dell' aria Italo Balbo. 5a armata: comandante generale Italo Garibaldi. X corpo d'armata: generale Albero Barbieri; divisioni di fanteria Bologna (gen. Roberto Lerici), Savona (gen. Pietro Maggiani), Sabratha (gen. Guido Della Bona) . XX corpo d'armata: generale Ferdinando Cona; divisioni di fanteria Pavia (gen. Pietro Zaglio), Brescia (gen. Giuseppe Cremascoli), Sirte (gcn . Vincenzo Della Mura). XXIII corpo d'armata: generale Annibale Bergonzoli; divisoni della milizia 23 marzo (gen. Francesco Antonelli) e 28 ottobre (gen. Francesco Argentino). truppe di copertura della frontiera occidentale, piazzaforte di Tripoli, 2• divisione libica (gen. Armando Pescatori). 10 4 armata: comandante generale Mario Berti. XXI corpo d'armata: generale Lorenzo Dalmazzo; divisioni di fanteria Marmarica (gen. Ruggero Tracchia) e Cirene (gen. Carlo Spatocco). XXII corpo d'armata; generale Enrico Pitassi Mannella; divisione di fanteria Catanzaro (gen. Giuseppe Stefanelli), divisione della milizia 3 ?,ennaio (gen. Fabio Merzari). truppe di copertura frontiera orientale, piazzaforte di Tobruk; 1 • divisione libica (gen. Luigi Sibille). Scacclùere sahariano: generale Sebastiano Gallina; truppe mobili (1 raggruppamento su 4 battaglioni libici, 2 compagnie sahariane, 1 compagnia meharisti. 2 sezioni cannoni <la 20,
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1 batteria cannoni da 65/17 someggiata); 6 compagnie libiche da posizione; settore di copertura di Gadames; settore di copertura Serdeles; settore di copertura Cufra. h) Forze armate dell'A.0.1.: comandante S.A.R. Amedeo di Savoia, duca d'Aosta, viceré d'Etiopia. Divisione di fanteria Granatieri di Savoia (gen. Amedeo Liberati) e divisione di fanteria Africa (gen. Giovanni Varda), elementi nazionali vari (16 battaglioni non indivisionati, 2 compagnie carri armati, 1 compagnia carri veloci, 1 squadrone autoblindo, 10 gruppi di artiglieria). Truppe coloniali: 29 brigate ed elementi coloniali vari (17 battaglioni autonomi, 2 gruppi di artiglieria, 8 gruppi squadroni di cavalleria, 22 gruppi di bande). Le forze erano ripartite in 4 scacchieri: nord (gen. Luigi Frusci) , sud (gen. Pietro Gazzera), est (gen. Guglielmo Nasi), Giuba (gen. Gustavo Pesenti). (85) Formazione di guerra dei corpi d'armata (giugno 1940). Corpo d'armata normale: 2-3 divisioni, 1 battaglione carri (eventuale), 1 reggimento mitraglieri autocarrato o 2 battaglioni mitraglieri someggiati, 1 gruppo battaglioni della milizia (eventuale), 1 raggruppamento di artiglieria di corpo d'armata (su 3 gruppi da 105/28 e 2 gruppi da 149/13; 2 batterie contraerei da 20 mm); 1 battaglione del genio artieri con parco; 2 compagnie telegrafisti, con parco; 1 compagnia radiotelegrafisti; 1 sezione fotoelettricisti; 1 compagnia chimica; 1 squadriglia A.O.A.; servizi sanitari (1 sezione sanità, 8 ospedali da campo, 2 nuclei chirurgici; 2 ambulanze radiologiche, 1 ambulanza odontoiatrica; 1 sezione di disenfezione); commissariato; 1 sezione di sussistenza; trasporti; 1 officina autocarrata per materiali cli collegamento, 3 reparti salmerie; 1 autoreparto pesante. Corpo d'armata alpino: 2 divisioni alpine; 3 settori operativi comprendenti, ciascuno, vari battaglioni e gruppi di artiglieria alpini, oltre ad unità mitraglieri, servizi, ecc.; 1 sezione mista alpina carabinieri; 1 battaglione misto genio; servizi (1 sezione di sanità, 2 ospedali da campo, 1 sezione di sussistenza, 1 sezione panettieri, 1 autogruppo misto, 2 reparti salmerie, 1 squadra telefotografica). Corpo d'armata celere: 3 divisioni celeri; 1 raggruppamento di artiglieria su 3 gruppi da 105/28, 2 batterie cannoni da 20 contraerei; 1 battaglione misto del genio (1 compagnia artieri, 1 compagnia telegrafisti, 1 compagnia marconisti); servizi (2 nuceli chirurgici, 1 sezione sussistenza e 1 sezione panettieri, 2 infermerie quadrupedi, 1 officina mobile pesante, 1 officina autocarrata per materiali di collegamento). Corpo d'armata autotrasportabile: 3 divisioni autotrasportabili, 1 raggruppamento di artiglieria su 3 gruppi da 105/32 e 2 batterie da 20 contraerei; 1 battaglione artieri su 3 compagnie con parco; 1 battaglione misto collegamenti autotrasportabile, su 2 compagnie telegrafisti e 1 compagnia marconisti ; 1 sezione fotoelettricisti autocarreggiata; 1 compagnia chimica; servizi (2 ambulanze radiologiche, 1 sezione disinfezione, 1 ambulanza odontoiatrica, 1 sezione sussistenza, 1 sezione panettieri, 1 reparto salmerie, 1 autoreparto pesante, 1 officina mobile pesante, 1 officina autocarrata per materiali di collegamento). Corpo d'armata corazzato: 2 divisioni corazzate, 2 divisioni motorizzate, 1 raggruppamento artiglieria su 3 gruppi da 105/32 e 2 batterie da 20; 1 battaglione misto del genio (1 compagnia artieri, 1 compagnia telegrafisti, 1 compagnia marconisti); servizi (5 ospedali da campo, 1 nucleo chirurgico, 1 sezione sussistenza, 1 autoreparto, 1 officina mobile pesante). Corpo d'armata in Libia: 2 o 3 divisioni; 1 battaglione carri (eventuale); 1 compagnia motociclisti, 1 raggruppamento di artiglieria su 2 gruppi da 105/28, l gruppo da 100/17 o 2 gruppi da 75/27, 1 gruppo da 75 C.K (eventuale), 2 batterie da 20 e.a.; 1 reparto specialisti d'artiglieria; 1 battaglione speciale artieri; 1 battaglione o 1 compagnia mista collegamenti, telegrafisti e marconisti; 1 compagnia chimica; servizi (1 sezione sanità, ospedali da campo, 2 o 3 nuceli chirurgici, 1 sezione disinfezione, 1 ambulanza radiologica, 1 ambulanza odontoiatrica; 1 sezione bonifica, 1 sezione sussistenza, 1 sezione panettieri, 1 autoreparto o 1 autogruppo).
CAPITOLO XXVI
LA DOTTRINA TATTICA DAL 1935 AL 1940
1. «Le direttive per l'impiego delle grandi unità»: la fisionomia della guerra. 2. Le operazioni. 3. La battaglia offensiva. 4. L'azione difensiva. 5. Considerazioni sulla nuova dottrina. 6. L'impiego delle grandi unità in Africa orientale. 7. La dottrina tattica del 1938. 8. L'esplorazione.
1.
Nel 1935 videro la luce le Direttive per l'impiego delle grandi unità Norme generali per l'impiego delle grandi unità del 1928 (2). Direttive, non Norme, vale a dire disposizioni di carattere generale, le quali fissano gli obiettivi di fondo della tattica lasciando libertà di azione quanto ai modi, ai mezzi ed ai tempi di applicazione. L'impiego delle grandi unità spetta ai comandanti di grado elevato, i quali debbono possedere una mentalità unitaria ed avere una visione unitaria dei problemi operativi - che sono ad un tempo tattici e logistici - né debbono essere condizionati da regole vincolatrici del comportamento che turbano, in luogo di favorire, l'esercizio del comando. Ai gerarchi più elevati occorre richiedere intuito, professionalità ed esperienza, ma lasciare loro libertà di scelta caso per caso ed intera responsabilità delle azioni sul campo di battaglia, tanto più che non vi sono regole di guerra definitive ed immutabili e non vi possono essere termini e soste nella preparazione. Della guerra si possono conoscere solo i pochi principi fondamentali e costanti sui quali s'impernia e le linee generali dello sviluppo che essa potrà avere in futuro, le quali si ricavano dalla situazione politicostrategica, dall'entità e natura delle forze contrapposte, dai probabili teatri di operazione. Della guerra più lontana si parlerà al momento più opportuno. Viene fatto di chiedersi quale sia la guerra lontana e quale sarà il momento opportuno, ma le Direttive non danno nessuna risposta, forse perché la guerra lontana è un sogno imperialistico per il momento irrealizzabile ed il momento opportuno appartiene ad un futuro assai remoto. La guerra è la continuazione della p'olitca estera ed è perciò da que-
(1) che sostituirono le
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sta determinata. È da ritenere che essa scoppierà quasi all'improvviso, cioè dopo un breve periodo di tensione politica per cui il fattore tempo ha importanza preminente. Occorre essere subito in misura di prendere l'iniziativa delle operazioni, fare massa dove si vuole realizzare la superiorità di forze, attaccare con decisione, sfondare, portare la guerra nel territorio nemico e resistere sulla rimanente fronte, assicurandone la copertura con forze adeguate non distese a cordone, ma raggruppate e scaglionate in profondità per la manovra. Se è possibile il colpo decisivo lo si deve dare al più presto, se non lo è occorre rinunziare all'attacco di slancio ed organizzare l'attacco di forza con la maggiore alacrità e larghezza di mezzi da manovrare a massa. La decisione spetta al comandante e dipende più dal suo carattere che non dal bilancio dei dati, siano pure concreti e precisi. Il comandante deve sentire l'orgoglio di tale responsabilità, ricercarla, affrontarla con gioia, quasi per bisogno istintivo del suo temperamento. Ciò presuppone un coragJ?,io morale, che deve essere la sua virtù prima. Se gli manca tale virtù, a nulla serve tutto il resto: egli sarà un vinto prima d'impegnare battaglia. Le sue decisioni vanno immediatamente tradotte in ordini brevi, chiari, espliciti, precisi, diramati in tempo, controllati nell'esecuzione da stati maggiori di devozione assoluta al comandante, pieni d'iniziativa, ricchi di capacità tecniche, di abnegazione e resistenza alle fatiche, di lealtà e coraggio. Comandante deciso e stato maggiore preparato e devoto non bastano: occorre uno strumento - truppe e servizi - agile e forte. L'insieme di questi tre fattori può compensare le eventuali deficienze quantitative dei mezzi tecnici. Da qui l'essenzialità dell'inquadramento in alto ed in basso perché strumento primo della lotta è ogJ?,i più di ieri l'uomo. La capacità offensiva e la capacità difensiva sono condizionate da fattori morali, incerti, spesso imponderabili ed apprezzabili solo da chi ha l'intuito dell'anima collettiva. L'arte del comando è intuitiva, ma si affina esercitandola e la si esercita amando il soldato per esserne amato, conoscendone i bisogni, i disagi, le fatiche, i sacrifici, guadagnandosene con l'esempio la stima e la fiducia, convincendolo che combattere per la Patria è il più sacro dovere, il maggiore diritto del cittadino soldato, che ogni sforzo, ogni sacrificio a lui richiesto è una necessità, non pretendendo che le masse siano tutte di eroi e non chiedendo conseguentemente loro ciò che va oltre l'umana resistenza. L'Italia è ricca di uomini, ma scarsa di materie prime e pressoché isolata dal mare; deve tendere perciò in maniera assoluta alla guerra di movimento che è consona alla sua anima nuova, creata dalla Vittoria e dal Regime. Si deve avere orrore della guerra di posizione. È la guerra di movimento che non prostra materialmente e moralmente ed è essa che realizza la vittoria decisiva; se si è orientati ad essa si possono fronteg-
CAP. XXVI - I.A DOTI'RINA TATTICA DAL 1935 AL 1940
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giare con successo anche le altre forme di guerra che circostanze impreviste e forza mag,giore possono imporre. Preparazione, educazione dei Capi, delle truppe, del popolo, se orientate verso la guerra di movimento, potranno adattarsi a qualche rinunzia; in caso contrario mancherà la preparazione e perciò la possibilità di realizzare il movimento e, con esso, la vittoria decisiva. Per la guerra di movimento occorre valutare e non sopravvalutare il nemico, possedere volontà offensiva e corag,gio del rischio che essa importa, prevenire il nemico, superarlo in rapidità, sorprenderlo
e batterlo con la manovra. Tale è il quadro della guerra delineato nella Premessa delle Direttive: una dichiarazione d'intenti ed un programma di lavoro che fanno leva sulle forze morali. Queste sono senza dubbio un grande, incommensurabile e insostituibile fattore di efficienza operativa delle unità di guerra di tutti i livelli, ma uno dei fattori, non il solo e non certamente in grado di surrogare gli altri. Nella guerra dell'epoca industriale i materiali senza lo spirito non sarebbero serviti, ma neppure lo spirito, senza aerei, carri annali, cannoni e tutti i mezzi che un' unità avrebbe dovuto avere per essere agile e forte, avrebbe potuto far nulla. La guerra, per le Direttive - che risentono della filosofia idealistica predominante nel periodo - è innanzi tutto una realtà spirituale ed è tale nella misura in cui è pensata; è, cioè, qualcosa di derivato, privo di realtà autonoma, mutabile in quanto è l'atto del pensiero che crea il mondo esterno e viceversa. Ancorate a tale modulo concettuale, le Direttive cadono nell' eccesso dei richiami alle forze spirituali e morali e nella messa in ombra di quelle materiali, quasi che la guerra non fosse solcata in ogni senso ed in ogni momento dalle une e dalle altre. La guerra è urto di spiriti e di volontà, ma anche scontro di materiali, la cui disponibilità quantitativa e qualitativa adeguata giova anche a tenere elevato il morale, che altro non è che impulso al compimento del dovere ed allo spirito di sacrificio. Il richiamo alle forze morali è il leitmotiv dell'intera pubblicazione, che ne fa un po' il toccasana delle situazioni difficili e delicate e che ne esagera l'importanza - che peraltro certamente hanno - in senso unilaterale, quasi che il nemico dovesse essere necessariamente privo di forza morale o averla meno elevata.
2.
La guerra si inizierà con operazioni aeree, il cui successo è subordinato alla fulmineità dell'intervento, mentre le opposte coperture saranno
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a contatto su posizioni più o meno preparate. È essenziale non farsi sorprendere, prevenire. La mobilitazione e la radunata debbono essere rapidissime, mentre nel frattempo occorre ostacolare le analoghe operazioni dell'avversario proprio perché non pregiudichi le nostre. Obiettivi dell'armata aerea debbono essere perciò le basi aeree dell'avversario e tutti gli elementi che interessano l'apprestamento, la mobilitazione e la radunata delle forze nemiche. Al riparo della propria copertura, l'esercito completa la radunata; le forze di copertura con atteggiamento attivo ed aggressivo preparano le basi necessarie a sfondare e penetrare in profondità; le forze raccolte preparano l'azione offensiva; le popolazioni, senza sopravvalutare l'offesa aerea, debbono resistere agli effetti materiali e morali del bombardamento; le organizzazioni contraerei terrestri si tengono pronte a collaborare efficacemente alla difesa, specie per impedire agli aerei nemici le basse quote; le truppe ed i servizi curano, per quanto possibile, di sottrarsi all'osservazione ed all'offesa dall'alto. Per effettuare tutte queste operazioni con rapidità e consapevolezza occorre conoscere, quanto più presto possibile, dove è, che cosa fa, quanto è forte il nemico. Il servizio informazioni e l'esplorazione strategica aerea, integrandosi, operano immediatamente a favore del Comando Supremo e dei comandi delle grandi unità strategiche; l'esplorazione tattica aerea, lanciata dai comandanti delle grandi unità lungo il confine, ricerca i dati particolareggiati su quanto sta accadendo nella zona più ravvicinata. Le truppe di copertura in possesso di tali dati si oppongono, con manovra difensiva appog,giata alle opere, ad ogni iniziativa nemica e sviluppano azioni preventive che favoriscano la successiva azione delle forze incaricate dell'offensiva. Scelti direzione e obiettivi, si sviluppa con risolutezza ed aggressività l'azione di sfondamento della copertura nemica, da iniziare prima che l'avversario si consolidi sul terreno e in relazione allo svolgimento delle operazioni di radunata ed all'organizzazione dei servizi: tale azione è altresì legata alla realizzazione di una immediata e decisa superiorità locale di forze in corrispondenza del settore di sfondamento, alla capacità di paralizzare i capisaldi nemici e di sfondare le cortine, alla volontà di puntare, senza preoccuparsi oltre il necessario dei fianchi, sui nodi stradali che, nei difficili terreni delle nostre frontiere, assu,gono alla mag,giore importanza. È da evitare, dove e quando possibile, l'attacco frontale. Le divisioni celeri possono giocare un ruolo di rilievo per prevenire il nemico nell'occupazione di località importanti, per turbarne con incursioni ardite e decise in profondità lo schieramento e per chiudere una falla appena si manifestasse nel fronte di copertura. Alle stesse divisioni può essere affidata - in via eccezionale - l'esplorazione strategica qualora circostanze atmosferiche avverse impedissero o limitassero l'im-
CAP. XXVI - LA DOTI'RINA TATI'ICA DAL 1935 AL 1940
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piego dell'aviazione. Le divisioni celeri costituiscono uno strumento prezioso e delicato; il loro rendimento dipende - soprattutto - dalla personalità dei comandanti che occorre siano capi decisi, arditi, pronti nella concezione e nell'azione; esse devono essere subito sostituite e riordinate, a compito ultimato, e rimesse in piena efficienza in zone arretrate. Una volta sfondata la copertura nemica, le grandi unità debbono affrontare il grosso delle forze avversarie il quale può essere fermo su posizioni arretrate o muovere incontro all'attaccante. In entrambi i casi - sia che si debbano eliminare le avanstrutture per giungere al vivo della posizione, sia che si debba arrestare, ritardare ed impacciare il nemico nel suo movimento - occorre manovrare il grosso delle proprie forze in
guisa da fare massa e attaccare a fondo dove e quando si vuole. L'avanzata - marcia alla battaglia (non più marcia al nemico) - può essere intralciata da nuclei nemici che tentino di arrestarla o, almeno, di ritardarla. Per eliminarli o sgomberarli si fa ricorso a colonne leggere, di poca entità, ben comandate e lanciate per strade secondarie ad effettuare azioni avvolgenti. Audacia, intuito della situazione, resistenza a tutta prova e spregiudicatezza logistica devono essere le caratteristiche di queste colonne. Durante l'avanzata le forze si articolano in profondità su tre scaglioni: uno esplorante, uno avanzato, o avanguardia generale, uno costituito dal grosso. Il primo, orientato dall'esplorazione aerea, costituito dall'insieme <lei vari nuclei esploranti terrestri distaccati sulla propria fronte dai corpi d'armata di prima schiera, ricerca dati particolareggiati sul nemico, precede di circa una tappa lo scaglione avanzato, non ha compiti di sicurezza e utilizza il combattimento come mezzo. Il secondo - costituito dall'insieme delle divisioni di testa dei corpi d'armata di prima schiera, o anche da un corpo d'armata ripartito sulle principali direttrici di avanzata dell'intera grande unità - avanza su fronte larga prececendo di una o due tappe il grosso delle forze ed ha il compito di arrestare l' esplorazione nemica, sgomberare il terreno dagli elementi nemici, eliminare le avanstrutture nemiche oppure fermare o ritardare i grossi nemici di quanto occorre per apprestarsi alla lotta ed assicurare, insomma, al grosso delle forze in ogni circostanza e in ogni tempo la libertà di movimento e di schieramento. Lo scaglione avanzato provvede alla propria sicurezza con avanguardie, unità fiancheggianti ed eventualmente con nuclei di collegamento tra colonne molto intervallate; opera direttamente agli ordini del comandante della grande unità e da questi riceve precise indicazioni sugli obiettivi e sulle linee da raggiungere successivamente per mettere il grosso in condizioni di dare battaglia dove il comandante vuole; se costretto ad arrestarsi di fronte a forze nemiche superiori, o si rafforza in posto, per arrestare a sua volta il nemico o sosta in attesa
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di rinforzi per riprendere il movimento in avanti. Il terzo scaglione vale a dire il grosso delle forze - avanza coperto dallo scaglione avanzato in modo tale da assicurare al movimento rapidità e segretezza, utilizza tutte le strade e tutti i mezzi di trasporto disponibili, muove per quanto è possibile sfruttando la notte e l'oscurità, si mantiene costantemente in condizioni di tempestivo intervento, facendo avanzare anche le artiglierie più potenti per averle in ogni momento pronte, sicure e docili all'intervento in battaglia e garantendo il continuo funzionamento dei servizi sia durante sia dopo la marcia alla battaglia. La lotta si risolve attraverso due fasi , delle quali la prima consiste nella ricerca delle notizie sul nemico mediante un complesso di azioni esplorative e di combattimento; la seconda è di lotta a fondo. Perché non vi sia soluzione di continuità tra le due fasi, l'elaborazione del piano d'azione deve procedere gradualmente in parallelo con la chiarificazione della situazione. Tutto il tempo che intercorre dalle prime avvisaglie delle pattuglie esploranti all'inizio della preparazione d'artiglieria per l'attacco a fondo va utilizzato per l'impostazione e l'organizzazione della battaglia sicché si rende superfluo, anzi pregiudizievole, uno studio preventivo troppo particolareggiato del piano di azione. Inizialmente il massimo possibile delle forze è tenuto scaglionato in profondità allo stato potenziale per garantirne il rapido intervento nd punto e nel momento opportuni; per fare questo occorrono però mezzi di trasporto adeguati e disciplina stradale perfetti. Il movimento va adattato alla distanza da percorrere, all'atteggiamento del nemico, alla copertura offerta dallo scaglione antistante. Oltre quello del movimento, esistono problemi di pronta disponibilità di fuoco, di funzionamento dei collegamenti e di alimentazione logistica. Una massa di fuoco d'artiglieria poderosa, elastica, che si plasmi agli sviluppi della situazione è sempre necessaria; ma se è vero che una massa di fuoco ben manovrata e concentrata nel tempo e nello spazio deprime e sconvolge l'avversario, e se è vero che quanto maggiore è il volume di fuoco tanto più favorevole diventa lo sviluppo dell'attacco, non è meno vero che - soprattutto nei nostri terreni di frontiera - il volume di fuoco è in ragione delle munizioni più che dei cannoni e l'afflusso delle munizioni richiede mezzi, trasporti pesanti e tempo, tutte cose che costringono a ritardare l'inizio dell'attacco. I collegamenti sono indispensabili per garantire l'unità e l'efficacia del comando, ma troppi collegamenti potrebbero provocare un servizio oneroso e lento, e perciò ritardi con sensibile pregiudizio per l'attacco. I servizi sono, nella guerra d'oggi, sullo stesso piano delle truppe. La cattiva soluzione del problema logistico, quando non ha conseguenze più gravi, è causa prima del paralizzarsi del movimento, cioè della g11erra di posizione. Oc-
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corre evitare indugi nell'inizio dell'attacco dovuti a remore frapposte dall'organizzazione logistica, ma anche precipitazione per non impegnare battaglia senza certezza di poterla alimentare. Può essere opportuno, se la situazione lo consente, spingere dietro allo scaglione avanzato non solo le artiglierie dei corpi d'armata di prima schiera e parte di quelle d'armata, ma anche adeguate aliquote di servizi e di rifornimenti. La prima fase impegna forze e tempo notevoli: un terzo delle forze di un'armata su tre corpi d'armata, ed un tempo tanto lungo quanto necessario ad essere sicuri di non compiere uno schieramento a vuoto. La seconda fase può avere inizio solo dopo l'attenta valutazione delle esigenze della situazione particolare venutasi determinando durante la prima fase. La fisionomia deUa guerra di oggi è diversa da quella di ieri perché sono cambiate le qualità e la quantità dei mezzi bellici, ma l'essenza della lotta è sempre quella: cercare il nemico, attaccarlo, batterlo, distruggerlo. Il compito dei vari comandanti è nella sua natura lo stesso, anche se per vastità di tempo e di spazio, per quantità e qualità di mezzi, per complessità di situazioni e peso di responsabilità - esso è tanto più difficile e delicato, quanto più elevato è il livello gerarchico al quale è commesso. Le unità hanno fra di loro strette analogie: il battaglione è una divisione in miniatura; il reggimento ha punti di riferimento con il corpo d'armata; l'armata ha nel campo strategico e nella battaglia la stessa funzione che la divisione ha nel campo tattico e nel combattimento. Per le grandi unità più complesse (armata e gruppo di armate) ed anche per quelle di ordine minore (corpo d'armata e divisioni) valgono gli stessi principi e criteri: fattore essenziale di vittoria è sempre la sorpresa, intesa come inganno del nemico sul punto e sul momento dello sforzo principale; il fattore tempo ha importanza preminente perché la vittoria va ricercata non nella entità di uno sforzo frontale, ma nella rapidità delle mosse, nella direzione, tempestività e potenza dell'urto, cioè nella manovra. I lineamenti fisionomici della lotta sono quasi gli stessi di quelli delineati nelle Norme del 1928; di taluni, le Direttive marcano l'essenzialità ed accentuano il ruolo, come, in particolare, della sorpresa che diventa la chiave di volta della guerra di movimento. La visione delle operazioni aeree e terrestri nella fase iniziale della guerra anticipa quello che sarà l'effettivo sviluppo del primo tempo della campagna tedesca del 1939 contro la Polonia. Le linee generali della lotta non mutano, ma sono permeate, almeno formalmente, di un più alto potenziale dinamico. L'orrore per la guerra di posizione è espresso con il vigore di un convincimento etico. Il ritorno alle forme classiche e dinamiche della guerra di movimento è una scelta obbligata per una rapida soluzione della lotta e, al tempo stesso, l'applicazione corretta dei principi razionali dell'arte
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militare come la intesero tutti i grandi capitani e strateghi. La mancanza di regole e di schemi rende, nella guerra di movimento, tutto più difficile e più arduo. Non esiste la soluzione di un problema, ma per ognuno di questi esistono più soluzioni possibili, nessuna priva di rischio, tra le quali, volta per volta, il comandante deve scegliere la più opportuna e conveniente. L'innovazione concettuale di maggior rilievo che ci sembra si possa e si debba cogliere dalle Direttive è appunto la problematicità conferita alla dottrina tattica, alla quale viene così sottratto il carattere precettistico più o meno accentuato che essa aveva nel passato. Attaccare subito e di sorpresa con il fuoco disponibile o attendere per aumentarlo riducendo le possibilità della sorpresa? Nessuna risposta, articolata che fosse, potrebbe essere pertinente, se non riferita ad un caso concreto. Come questo, tanti altri quesiti non hanno risposta assoluta. La tattica delle Direttive si limita a tracciare le linee fisiologiche della lotta, a mettere in rilievo i principi sui quali questa s'impernia, ad indicare i pro e i contro che favoriscono od ostacolano l'applicazione dei principi e dei criteri, ma lascia all'intuito ed all'esperienza dei capi la responsabilità delle scelte specifiche.
3. Scopo della battaglia offensiva è distruggere o - almeno - disorganizzare l'avversario per creare una situazione strategica che consenta di raggiungere la vittoria decisiva e, in ogni caso, di impegnare una nuova battaglia di portata più vasta e in condizioni più favorevoli. I suoi risultati non devono ridursi a un bilancio di perdite e vantaggi, né alla conquista di qualche posizione con un logoramento superiore al danno inflitto. Principio fondamentale .della battaglia offensiva è la massa. La battaglia offensiva passa attraverso 4 fasi: la presa di contatto, della quale sono protagonisti lo scaglione esplorante e lo scaglione avanzato; l'attacco a fondo che è compito dal grosso delle forze; lo sfruttamento del successo che spetta alle riserve; l'inseguimento ad oltranza che è compito delle grandi unità celeri. La battaglia si vince a colpi di divisione: la vera grande unità di manovra è il corpo d 'armata - costituito da 2 a 4 divisioni e preferibilmente da 3 in quanto la formazione ternaria, con truppe suppletive adeguate, è la più idonea alla manovra - ma il corpo d'armata opera per divisioni, ciascuna delle quali costituisce un tutto inscindibile con personalità simile a quella del comandante. La divisione italiana è leggera, elastica e perciò idonea a qualsiasi te"eno.
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Elemento concettuale fondamentale del disegno di manovra è la scelta della direzione d'attacco, dalla quale deriva la determinazione dei compiti e degli obiettivi delle unità in sott'ordine. La direzione più redditizia è quella che più turba il nemico costringendolo a combattere nelle peggiori condizioni materiali e morali; nel campo tattico è quella che porta l'attacco sul fianco, o meglio, sul tergo dello schieramento nemico. Nel caso di fronte estesa e continua è giocoforza ricorrere alla manovra di sfondamento in uno o più tratti per poi avvolgere i tronconi; se la fronte è discontinua o poco estesa occorre tendere all'attacco di sorpresa, per le ali che impegna tutta la fronte per avvolgere i fianchi. Nell'azione di sfondamento è importante il valore del rapporto tra l'estensione della rottura e profondità della penetrazione: un cuneo troppo acuto, anche se sfonda, può essere facilmente contenuto ed incapsulato; un cuneo troppo ottuso può incrinare ed inflettere, ma difficilmente sfonda. Per le grandi unità inquadrate è normale l'azione di sfondamento, la quale va intesa non come sforzo frontale uniforme e non manovrato, ma come attacco deciso nel punto prescelto con superiorità di mezzi e continuità di sforzi orientati nella direzione di quello principale. Quest' ultimo determina il centro di gravità della lotta; gli altri sforzi, i concomitanti, uno o più, servono a mascherare gli intendimenti dell'attaccante. Possono essen.: necessarie anche azioni sussidiarie - le quali non sono secondarie, perché indispensabili, e non concomitanti perché precedono o seguono le altre - per la conquista di determinate posizioni d'importanza tattica o logistica, soprattutto sui terreni di montagna, o per l'impegno di forze nemiche fuori del terreno di attacco, ma in grado di giungervi in tempo. Si tratta di azioni che debbono essere davvero necessarie, altrimenti si risolvono in una violazione del principio della massa. La massa va intesa come insieme equilibrato di uomini e di fuoco da applicare sul centro di gravità dell'azione. Sforzo principale, azioni concomitanti ed azioni sussidiarie devono essere coordinati nel tempo e nello spazio per assicurare unitarietà alla manovra. La valutazione della necessità delle azioni sussidiarie è questione di intuito; nel dubbio è preferibile astenersi dall'ordinarle e mantenere le forze allo stato potenziale. La massa ha valore locale e di relatività; la si può ottenere anche quando si dispone nel complesso di forze minori del nemico. Essa non è la somma degli uomini e del fuoco, ma il prodotto dei due fattori, dei quali il fuoco ha il coefficiente più elevato: senza fuoco non si avanza. Fare massa vuol dire equilibrare uomini e mezzi, risparmiando uomini, moltiplicando gli effetti del fuoco mediante la manovra delle traiettorie. La superiorità di forze nel punto prescelto e la risolutezza dell'attacco non sempre consentono di sfondare di colpo. Da qui la necessità della conti-
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nuazione degli sforzi, ciascuno dei quali sfrntta il precedente e serve al successivo. La lotta va alimentata a colpi di divisione e cioè non inserendo nuovi corpi d'armata, specialmente nel corso della battaglia, fra quelli già in prima schiera ma inserendo, invece, altre divisioni in linea per scavalcamento o per sostituzione. Il ritmo degli scavakamenti e delle sostituzioni va commisurato all'effettivo logoramento delle unità - la frequente ripetizione di tali operazioni può compromettere il prosieguo dello sforzo - e, nel dubbio, è meglio ricorrere a unità fresche che sfruttare unità esaurite. Un obiettivo sproporzionato alla capacità dello strumento rende in partenza l'attacco virtualmente fallito e provoca sfiducia; non meno sbagliato è sfruttare le truppe - a meno dei casi in cui siano in gioco interessi vitali - fino all'esaurimento. La valutazione a priori della capacità offensiva di una unità e della capacità di resistenza dell'unità nemica è difficile perché nella capacità offensiva dell'unità attaccante intervengono anche i fattori morali che sono incerti, spesso imponderabili ed apprezzabili solo da chi ha l'intuito dell'anima collettiva, e perché la capacità di resistenza del difensore non sempre è misurabile con dati concreti e precisi: l'arte del comando è intuitiva, ma si aHina esercitandola. L'alimentazione in profondità della lotta esige, inoltre, la conciliazione della ragione tattica con le necessità logistiche, che è un'altra valutazione difficile. E come valutare il grado di logoramento di un'unità attacco durante? Eppure di tutti questi fattori occore tenere massimo conto nella determinazione degli obiettivi e dei settori di azione che si assegnano ai corpi d'armata ed alle divisioni. Si può solo dire che la capacità offensiva di una divisione, di massima, in caso di lotta intensa, dura una giornata e che una notte può essere, di massima, sufficiente ad una divisione per sostituire una corrispondente unità in linea e per essere pronta al mattino a riprendere il combattimento. Ammettendo che una divisione logorata possa rimettersi in efficienza in 2 o 3 giorni, si può ritenere, come criterio generale, che uno scaglionamento in profondità di 3 divisioni possa alimentare la lotta per più giorni. È solo un'indicazione. Il problema della concezione della battaglia e del combattimento rimane aperto a più soluzioni sia per quanto concerne la scelta delle direzioni - di competenza di ciasun comandante nell'ambito del settore di azione assegnatogli dal comandante superiore - sia per quanto ha tratto agli obiettivi (determinati dal comandante della grande unità strategica), sia per la ripartizione delle forze nel giusto equilibrio tra massa di uomini e di fuoco e sia, infine, per l'alimentazione in profondità della lotta. Unico criterio di condotta valido nella battaglia e nel combattimento è: determinato l'obiettivo, puntarvi con decisione per la via tatticamente più breve con tutte le forze utilmente impiegabili; alimentare
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questo attacco perché si svolga senza soste, anzi con intensità crescente e ritmo accelerato; alleggerirlo, se possibile, con azioni sussidiarie; disporre sempre di una riseroa. L'attacco è estrinsecazione di movimento (fanteria) e di fuoco (artiglieria); le due azioni, armonizzandosi in rapporto di causa ed effetto, rappresentano due aspetti inscindibili della lotta. Quale il giusto equilibrio tra i due termini? È problema di valutazione affidato all'intuito del comandante. La capacità offensiva della fanteria aumenta con il numero dei battaglioni fino a che l'incremento non si traduca in aumento di perdite. La capacità di fuoco è tanto maggiore quanto più si riesca a fare massa per ottenere i massimi risultati nel minor tempo, ma artiglieria significa tecnica ed oryJZnizzazione le quali richiedono tempo e mezzi, fattori che ritardano l'azione, appesantiscono il dispositivo, legano il movimento ed inceppano la manovra. Il rapporto tra massa di uomini e massa di fuoco va determinato, perciò, caso per caso, anche in relazione alla potenza delle artiglierie, la quale è in funzione dell'efficacia del singolo colpo, delle gittate, della rapidità del tiro, dello schieramento. Più questo è avanzato, più consente facilità di concentramento e di collegamento nonché precisione di tiro e possibilità di penetrare a fondo nell' organizzazione nemica. L'artiglieria impiegata accentrata nelle mani del comandante - il quale deve essere ad un tempo un tecnico ed uno psicologo - favorisce la manovra del fuoco consentendo di precipitare la massa là dove necessario, e di spostarla da un obiettivo all'altro per produrre non solo danni materiali, ma soprattutto morali (ecco perché il comandante deve essere anche uno psicologo). L 'artiglieria vale per quanto coopera al successo della fanteria, alla quale deve spianare le resistenze attive e passive che si oppongono ali' avanzata (compito precipuo delle artiglierie potenti ed a lunga gittata come quelle di corpo d'armata e di armata) ed assicurare durante l'avanzata un appoggio costante ed immediato e durante le soste una protezione non meno efficace (compito precipuo delle artiglierie mobili e sicure come quelle divisionali). La resistenza attiva più pregiudizievole all'avanzata è il fuoco dell'artiglieria nemica che va, perciò, neutralizzato distruggendone - prima di tutto - l'organizzazione. Da qui l'indispensabilità di una controbatteria potente quando il nemico disponga di molta artiglieria ben organizzata. Ma la contropreparazione richiede molte batterie, moltissime munizioni, ~salda organizzazione con perfetta osservazione aerea. Se tutto ciò manca o non esiste in misura sufficiente, è meglio non disperdere il fuoco in azioni di controbatteria di dubbia efficacia, rinunziare in tale azione a battere le altre resistenze che si oppongono ali' avanzata. L'appoggio assurge ad importanza decisiva proprio là dove presenta difficoltà maggiori di ese-
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cuzione, quando cioè lo stretto contatto tra le opposte fanterie obbliga l'artiglieria ad allungare e spostare il tiro. In tale momento l'artiglieria deve preoccuparsi d'ingabbiare e penalizzare le riserve ed i rifornimenti del nemico, spianare le resistenze da superare in un secondo tempo, distruggere o, almeno, neutralizzare i centri vitali dell'organizzazione ne-
mica (posti di comando, osseroazione e trasmissioni). La condotta della battaglia e del combattimento può essere regolata solo se si dispone di una riserva di uomini e di una riserva di fuoco:
chi non dispone di riserve, non comanda. È dovere di ogni comandante, qualunque sia il momento e lo scopo per cui impegna la riserva, di ricostituirsene immediatamente un'altra, ritirando dalla linea tutte le forze non indispensabili. L'entità della riserva deve essere in rapporto alle forze di primo impiego: è errore spendere tutto in prima linea privandosi della massa di manovra, ma non è errore meno grave schierare all'inizio forze inadeguate. La riserva di più pronto impiego è il fuoco di artiglieria che è una riserva formidabile, se il fuoco è bene organizzato e manovrato, ed è inesauribile se è assicurato il rifornimento delle munizioni. La riserva di impiego va costituita e dislocata in base al concetto della manovra da svolgere, non in vista delle possibilità dell'avversario, giacché la più efficace parata ad un contrattacco è persistere nell'attacco, accentuandone la violenza. Agli imprevisti provocati dalla volontà del nemico si fa fronte, pur non deflettendo dallo scopo, dislocando la riserva là dove le siano consentite le maggiori possibilità d'impiego senza pregiudizio per la sua tempestività. È indispensabile dominare gli avvenimenti e non lasciarsi trascinare dal loro risucchio. La riserva solo eccezionalmente va impiegata per correggere errori iniziali di valutazione; di norma, invece, per risolvere l'azione o fronteggiare l'imprevisto. Il comandante non si deve, in nessun caso, lasciar prendere la mano né dalle richieste insistenti ed affannose delle unità in sottordine, né dalle mosse del nemico. Nel primo caso rischia di frantumare le forze per fronteggiare tutto; nel secondo rischia di subire l'iniziativa nemica e cioè finisce con il parare anziché con il colpire. È assolutamente indispensabile superare, se non evitare, ogni crisi morale; di qui la necessità di capi sereni e impassibili in
mezzo agli eventi. Appena la situazione si chiarisce e si manifesta la possibilità del successo, occorre afferrare subito la situazione, senza lasciarsi deviare da tale proposito dall'eventuale afflusso di altre forze nemiche; anzi ciò deve indurre ad agire con maggiore decisione e rapidità. In tale fase l'impiego delle forze - che esercita un'influenza morale che supera il peso materiale - va determinato non solo in rapporto alle resistenze da superare, ma soprattutto alla necessità di impiegarvi il minor tempo. Ottenuto
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il successo, tutti devono concorrere al suo sfruttamento: una vittoria non sfruttata al massimo si risolve nell'occupazione di una striscia di territorio più o meno profonda, nella conquista di un obiettivo più o meno importante, ma non muta la situazione generale, lasciando intatte o quasi le possibilità di un nemico strenuo, tenace e geniale. Occorre prostrare l'avversario, rendergli impossibile il ritorno offensivo e la prosecuzione della resistenza, mediante l'impiego di forze fresche guidate da capi intraprendenti che, dalla breccia aperta, si lancino ad un inseguimento senza tregua. Inseguire, però, non vuol dire correre dietro al nemico, piuttosto lanciarsi nelle direzioni più opportune e verso gli obiettivi più importanti e lontani e prevenire e sorprendere l'avversario sui punti più sensibili della sua ritirata. I nuovi mezzi tecnici (motorizzati, meccanizzati, chimici) accrescono la potenza del fuoco e la forza dell'urto, moltiplicano le possibilità e la rapidità del movimento facilitano la sorpresa. Il motore risolve problemi di traino e di trasporto; il carro armato sfida e supera le resistenze attive e passive; l'arma chimica produce conseguenze materiali e soprattutto morali preoccupanti. Tutti questi mezzi sono di formidabile ausilio solo per chi ri~sce a sfruttarne potenza e rapidità onde sorprendere l'avversario. I carri armati - che per i nostri terreni e per la nostra guerra devono essere molto lefJ!,eri e veloci - non solo sono mezzi ausiliari di lotta operanti nell'ambito delle unità di fanteria e celeri, ma anche massa che sorprende, sfonda e passa oltre, decisamente. L'aviazione assegnata all'esercito ha compiti di esplorazione, di ricognizione dei bersagli del fuoco di artiglieria, di collegamento tra grosse colonne larg,amente interoallate. L'aviazione dell'armata aerea concorre, con sue aliquote, alla disorganizzazione, mediante bombardamenti poderosi e improvvisi, dei centri di vita delle grandi unità avversarie ed a sorprendere, arrestare, sgominare reparti in marcia ed in combattimento mediante l'impiego di unità di assalto che piombino improvvisamente sul campo di battaglia e sulle retrovie. Spetta al comandante supremo di tutte le forze armate stabilire quando e dove un'aliquota dell'armata aerea - e anche tutta - cooperando nelle grandi battaglie che l'esercito combatte debba assolvere il più importante dei suoi compiti, quello di contribuire con tutte le sue forze alla vittoria comune e decisiva. Sorpresa, massa, manovra restano le idee-guida della battaglia offensiva, come già nelle Norme. La sorpresa, in particolare, assume valore assoluto sia nel campo strategico che in quello tattico; sorpresa nella mobilità (sorpresa di tempo, di luogo, di forza), nei mezzi (carri armati, armi chimiche, aerei), nei procedimenti. Il binomio fanteria-artiglieria resta il protagonista della lotta come lo era in passato; la fanteria viene
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esaltata al punto che si afferma: ·«l'artiglieria vale per quanto coopera al successo della fanteria». L'impiego delle due armi continua ad essere ispirato ad un criterio unitario attuabile mediante il coordinamento (funzione precipua di comando) e la cooperazione (dovere di tutti). Elemento fondamentale della concezione della manovra è tuttora la scelta della direzione, dalla quale il comandante della grande unità deriva gli obiettivi da assegnare alle grandi unità in sottordine. Al concetto della combinazione degli sforzi delle Nonne viene sostituito quello più concreto del centro di gravità della manovra, materializzato dallo sforzo principale per la cui riuscita si può far ricorso anche alle azioni sussidiarie, finora non previste almeno sotto tale aspetto. Queste si concretano non in un compito, ma in un obiettivo la cui conquista implichi l'assolvimento del compito. Al concetto rigido dell' «avanzata su tutta la fronte» subentra quello elastico della manovra multiforme e variegiata che sfonda uno o più tratti dell'organizzazione difensiva nemica per avvolgere dall'interno all'esterno . La visione d'insieme della battaglia non muta; è la luce che illumina il quadro ad essere diversa. Svincolata da ogni remora teorica ed instradata su di un binario più ampio e scorrevole, l'azione offensiva diventa formalmente più sciolta e appare ingannevolmente più facile, quasi fosse una grossa spallata che, applicata al momento e sul punto giusti, sfonda sicuramente il muro. Ma se non ci si lascia sedurre dalla forma e dallo stile e, se si vuole, dall'ispirazione un po' speranzosa che sottende l'intera pubblicazione, l'azione, e in particolare la battaglia offensiva, delineata nelle Direttive - proprio per il rilievo che queste danno all'essenza delle cose, spogliandola dei particolari contingenti spesso devianti, - non è una falsa configurazione del reale, al quale non mancano i richiami. La battaglia offensiva va impostata, organizzata e condotta con estrema razionalità; si parte quando si è pronti; si è pronti quando tutto è predisposto; tutto è predisposto quando si sono incamerate le energie necessarie a percorrere l'intero cammino; fare presto è il criterio fondamentale della guerra di movimento, ma per fare presto non è necessario correre, basta non fermarsi; per non fermarsi: portare tutto al seguito (alimentazione tattica e logistica), schivare le insidie (cunei troppo acuti o troppo ottusi), abbattere rapidamente gli ostacoli, non farsi sorprendere dall'imprevisto e dalle contromosse del nemico, mantenere saldo il timone nelle mani (riserva di forze e di fuoco) e ferma la direzione di rotta (evitare le incertezze, le soste, le crisi morali e mantenersi sereni ed impassibili). Chi ostacola la marcia e tenta di arrestarla non è un insipiente ed uno sprovveduto, ma un avversario esperto, intraprendente, geniale, capace di rovesciare la situazione e di non consen-
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tire all'attaccante il raggiungimento della meta nella sua pienezza: la battaglia difficilmente potrà portare alla disorganizzazione completa del nemico che può addirittura neutralizzare la marcia e sfuggire alla stretta. È questo il momento di passare dalla marcia a passo sostenuto alla corsa sfrenata, spinta alla temerarietà, alla spregiudicatezza logistica, alla violenza fino al disprezzo del nemico. Lo strumento di applicazione di una tale dottrina offensiva era però inesistente. Questo non vuol dire che la dottrina fosse sbagliata e che dovesse essere diversa, ma solo che sarebbe stato necessario adeguarvi lo strumento. I caratteri della guerra di movimento erano quelli e non altri; anzi le Direttive peccano per difetto e non per eccesso e risentono ancora del tradizionale provincialismo dello stato maggiore dell'esercito italiano che localizza la guerra sulle Alpi. L'impiego dei carri armati non solo come mezzo di lotta ausiliario della fanteria, ma come massa che sorprende, sfonda e passa oltre, è appena accennato, ma non per questo è meno significativo dell'evoluzione che si veniva compiendo sul piano concettuale circa l'azione offensiva. Gli stati maggiori tedesco e sovietico nel 1935 erano molto più avanti, ma altri, non meno prestigiosi, assai più indietro. Non ci sembra che la visione d 'insieme della battaglia offensiva offerta dalle Direttive sia un qualcosa d'illusorio e d'irreale (3) a meno di non voler contestare la validità dell'asserto delle stesse Direttive: la sorpresa e la massa saranno - nella guerra di domani - gli elementi primi per la vittoria decisiva. Contestazione che equivarrebbe ad un rifiuto dei successi delle campagne tedesche del 1939 e del 1940.
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I criteri per l'azione difensiva - oggetto del capitolo IV delle Direttive - sono gli stessi della dottrina precedente. La difesa deve essere elastica e manovrata. Si ricorre all'azione difensiva - che presuppone inferiorità di forze, rinunzia temporanea all'iniziativa delle operazioni e conseguente necessità di subire quella nemica - come mezzo, in certe circostanze indispensabile, per economizzare forze a favore dell'offesa, per sbarrare il passo al nemico mantenendo il possesso del terreno necessario e utile ai fini complessivi delle operazioni, per guadagnare tempo, onde superare una crisi e consentire la ripresa offensiva. La difesa è più forte del- . l'attacco, benché il morale di chi si difende sia più basso, perché il rapporto di forze tra attacco e difesa è oggi mutato a favore di questa in dipendenza del grande sviluppo del fuoco. La difesa, però, non ha in
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sé forza risolutiva e conserva perciò carattere temporaneo nella guerra di movimento. Essa può compensare l'inferiorità di forze, moltiplicando il rendimento del proprio fuoco ed attenuando gli effetti di quello avversario con un opportuno sfruttamento del terreno; può altresl attenuare il danno dell'iniziativa nemica mediante l'organizzazione e l'attivazione nel modo e nella misura più spinti possibile del servizio informazioni e dell'esplorazione (specialmente aerea), l'attuazione di una prima resistenza capace di a"estare l'attacco nemico per il tempo indispensabile a effettuare la manovra e il contrattacco, il mantenimento di un complesso di forze scaglionate in profondità pronte a parare ed a reagire. Una grande unità, che ha il compito di mantenere l'integrità del possesso della fronte o di tratti di questa, si oppone al nemico mediante la creazione di una barriera di resistenze materiali e morali, barriera la cui efficienza difensiva non è solo in rapporto ai mezzi e al tempo disponibile, ma soprattutto allo spirito combattivo di chi la difende . Giova alla solidità di una fronte difensiva il poter organizzarla fuori della presenza del nemico o, almeno, della sua pressione. Una difesa è efficiente solo se bene organizzata secondo un piano nel quale l'osservazione, i collegamenti, il fuoco ed i servizi siano predisposti e messi in atto in base al criterio di non ripartirli in misura ed in modo uniformi, quasi a voler parare a tutto per poi finire con il parare a poco o nulla, ed al criterio di distribuirli in guisa da vincolarne il minimo al te"eno e di mantenerne il massimo per la manovra. L'organizzazione, dall'avanti all'indietro, comprende: elementi di osservazione e sicurezza, dislocati davanti alla linea dei capisaldi a distanza tale da esserne protetti e con il compito d 'impedire la sorpresa, e di ritardare e logorare l'attacco; un complesso di capisaldi più o meno ampi e intervallati, dislocati là dove si vuole sbarrare il passo al nemico e presidiati da unità organiche votate al sacrifizio, anche se accerchiate e sorpassate, aventi il compito di resistenza ad oltranza; una scacchiera di centri di fuoco distribuiti in profondità, dietro i capisaldi, per logorare il nemico convogliato fra i capisaldi e per appoggiare il contrattacco; unità mobili per il contrattacco. Il fuoco della difesa è redditizio, materialmente e moralmente, se sorprende il nemico con raffiche violente, intermittenti, e perciò non va iniziato alle maggiori distanze né diluito nello spazio e nel tempo. Il suo rendimento è in rapporto alla quantità e potenza ed all'abilità di chi lo impiega e manovra. Le artiglierie vanno scaglionate in profondità per: sorprendere il nemico durante il movimento e danneggiarlo il più possibile sulla base di partenza; frustrare con la contropreparazione la preparazione del1'attaccante; integrare davanti alla linea di resistenza il fuoco delle armi
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della fanteria specie nei tratti più sensibili e più violentemente attaccati; appoggiare con azione immediata e violenta il contrattacco. Il bersaglio più importante per chi si difende è la fanteria nemica che avanza; la controbatteria, stante di massima l'inferiorità di artiglieria del difensore, è da considerare, durante lo sviluppo dell'azione difensiva, del tutto eccezionale. È, invece, necessario sottrarre le artiglierie alla controbatteria nemica tenendole piuttosto arretrate, fortemente interoallate e scaglionate in profondità. Le artiglierie che più servono sono quelle leggere, rapidissime, organizzate in guisa da anticipare e moltiplicare i danni che le armi di fanteria infliggono alle fanterie nemiche. I rincalzi e le riserve non devono consentire al nemico, penetrato in una linea, di permanervi un istante: il contrattacco deve essere atto istintivo, immediato perché solo se si reagisce subito si può anche capovolgere la situazione e strappare all'avversario l'iniziativa. Una difesa passiva, rigida - cioè senza anima e perciò non idonea a reagire - è condannata. Se il compito della difesa è guadagnare tempo, non occorre, anzi è esiziale, ostinarsi in una resistenza che, una volta superata, lascerebbe la via aperta all'attaccante. In tale caso, giocando sul tempo, è necessario sottrarsi all' attacco nell'atto in cui sta per essere sferrato. Tale operazione presuppone: serenità e prontezza di spirito e d'intuito nei comandanti, solidità nelle truppe, artiglierie mobili ben addestrate e bene comandate per assicurare il ripiegamento a scaglioni e la continuità di una efficace protezione, riserve alla mano per alleggerire ogni pressione che si facesse minacciosa o per sferrare il contrattacco. Se il compito della difesa è proteggere un fianco esposto: qualora l'organizzazione possa essere effettuata prima dell'inizio della battaglia, si rientra all'incirca nel caso della difesa di posizioni occupate fuori della pressione nemica; se, invece, l'organizzazione deve essere effettuata battaglia durante, spetta al comandante cui è affidato tale compito di assolverlo secondo le contingenze, nel quadro delle operazioni in corso per il raggiungimento degli obiettivi assegnati. Se la difesa ha il compito - terzo caso - di arrestare un contrattacco, occorre distinguere se si tratta di un fatto transitorio o se si prevede che l'atteggiamento difensivo debba prolungarsi. Nella prima ipotesi l'arresto lo si effettua rimanendo in posto, ma modificando l' atteggiamento e perciò lo schieramento, colmando i vuoti pericolosi, organizzando difensivamente il fuoco di fanteria e di artiglieria, rettificando lo scaglionamento in profondità, garantendosi i fianchi specie se scoperti e assicurando i servizi di osservazione, di collegamento e di rifornimento. Nella seconda ipotesi, non conviene irrigidirsi sempre sulle posizioni raggiunte, ma scegliere la 'posizione che meglio consenta di ar-
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restare il nemico col minimo logoramento delle proprie forze. Quando circostanze impreviste obbligano a fermare l'attacco ed a sostare, occorre: mantenere in prima linea le truppe che vi si trovano, riordinandole e ristorandole; organizzare una posizione arretrata idonea alla difesa e da far presidiare dagli scaglioni arretrati; alleggerire, appena possibile, Io scaglione a contatto con il ·nemico fino a dargli forza e compito di sola sicurezza. Diversamente dall'azione offensiva alla quale dedicano 16 pagine e 31 paragrafi, le Direttive contengono la trattazione dell'azione difensiva in 5 pagine e 13 paragrafi. Vero è che la difensiva non possiede capacità risolutiva ed ha carattere di temporaneità, ma è pur sempre un mezzo indispensabile in certe contingenze,.come le Direttive stesse confermano, tanto che la trattazione, pur tenuto conto dell'intento generale della pubblicazione di ripudiare gli schemi, gli artifici e Io scolasticismo, ci sembra troppo sbrigativa e in qualche parte addirittura lacunosa. La difesa, più dell'attacco, poggia sull'organizzazione e questa ha a sua disposizione, ad eccezione di casi particolari (guadagno di tempo, protezione di un fianco esposto battaglia durante, arresto di un contrattacco), tempo maggiore, specie se effettuata fuori della pressione nemica, di quanto non ne abbia, in genere, quella per l'attacco. L'orrore per la guerra di posizione indusse gli elaboratori della pubblicazione a sorvolare troppo su tale azione, alla quale, peraltro, si continuò a riconoscere maggiore forza dell'attacco, caratterizzandone l'impostazione concettuale sui criteri di elasticità e di reattività. I criteri generali, le caratteristiche peculiari ed i protagonisti dell'azione - fuoco e reazioni di movimento - restano quelli delle Norme, ma i rapporti funzionali reciproci tra i vari elementi costitutivi di un sistema difensivo non vengono sufficientemente chiariti né sul piano concettuale né su quello organizzativo e di condotta. L'innovazione di maggiore rilievo è l'organizzazione della resistenza ad oltranza su di un ordine di capisaldi - più o meno ampi, intervallati, schierati su punti forti o tatticamente importanti e presidiati da unità organiche - e su una retrostante scacchiera di centri di fuoco distribuiti in profondità per battere le cortine e per appoggiare il contrattacco. Questo, se ai livelli minori è l'atto istintivo, immediato, definito dalle Direttive, ai livelli superiori ha necessariamente carattere di minore immediatezza ed impulsività come, appunto, era stato scritto nelle Norme. La soppressione della distinzione tra le reazioni di movimento dei vari livelli è, a nostro avviso, una lacuna che può produrre una notevole confusione concettuale. In conclusione, non è che le Direttive modifichino sostanzialmente la fisionomia dell'azione difensiva dove lo fanno, come, ad esempio, nel sostituire l'organizzazione della resistenza ad oltranza su centri di resistenza a quella impostata su capisal-
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di, esprimono concezioni più avanzate e moderne - ma ne sfumano eccessivamente alcuni tratti essenziali mediarite un'opacizzazione non giustificabile con l'ansia di dare grande rilievo alla guerra di movimento.
5. Nella parte 4a - Conclusione - le Direttive, in rapida sintesi, richiamano i principi ed i criteri via via enunciati nelle parti precedenti, da intendere non come regole pratiche dogmatiche, ma piuttosto come fondamenti concettuali dell'azione, appartenenti cioè alla conoscenza dell'uomo e delle l~ggi della natura e, in particolare, di quelle dell'armonia e della proporzione. Tali fondamenti devono essere non solo conosciuti, ma profondamente sentiti da tutti. «Questi sentimenti non s'improvvisano. Sorti e sviluppati nel nuovo ambiente creato dalla Vittoria e dal Regime, si rafforzano e si esaltano nell'Esercito con una pratica quotidiana e con l'educazione guerriera fatta di dedizione al dovere e di spirito di sacriHzio». La pubblicazione si chiude così con il richiamo intimistico alla suggestione dei sentimenti, al quale fanno seguito le spiegazioni del perché essa non tratti <ld comballimenti delle grandi unità in speciali condizioni di tempo e di luogo (notte, nebbia, abitati, ecc.) la ricerca di tutte le soluzioni per tutti i casi prevedibili è in antitesi con lo spirito di queste direttive - e del perché, essendo rivolta ai Capi dell'Esercito, si limiti ad illustrare i pochi principi fondamentali da applicare, caso per caso, con spirito d'iniziativa e senso di responsabilità, rimandando i particolari per l'impiego delle unità minori, delle singole armi e dei servizi alle norme del combattimento ed alla regolamentazione d'arma. Segue la firma di Mussolini, allora anche ministro per la guerra. Al suo apparire la pubblicazione venne accolta senza che nessuno ne contestasse, almeno pubblicamente, la validità; dopo la fine della seconda guerra mondiale divenne oggetto di critiche velenose ed esacerbate quasi fosse stata una delle cause, sia pure tra le minori, della sconfitta. Un esame ponderato ed oggettivo, che prescinda da ogni preconcetto, induce a distinguere tra la validità dei contenuti e l'orpellatura della quale sono rivestiti. Circa i primi, oltre le osservazioni particolari già esposte, si può dire che non sono diversi da quelli della dottrina precedente e che di questa segnano una fase di sviluppo evolutivo progredita ed avanzata, affatto avveniristica, se mai rallentata. La guerra di movimento e la guerra di rapido corso non erano un'immaginazione od una fantasia, un'aspirazione ideale oc! una speranza; erano già nella realtà
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della strategia e della tattica di allora, introdottevi dall'avvento degli aerei, dei carri armati, dei traini e trasporti meccanici. Il ritorno alle concezioni napoleoniche, ristabilito dalle Norme e assunto come valore assoluto dalle Direttive, non era una libera elezione ma una scelta obbligata. La guerra di movimento e di rapido corso era, in più, per un Paese come l'Italia, una necessità; certo, essa avrebbe richiesto un esercito diverso ed una superiorità sensibile di forze e di mezzi che invece non c'erano, ma non per questo Io stato maggiore dell'esercito avrebbe potuto teorizzare sul piano dottrinale forme di guerra del tutto superate oppure tacere sul carattere di prodotto industriale che la guerra aveva oramai assunto. L'ispirazione idealistica, e qua e là addirittura intimistica, delle Direttive non dà forza al contenuto scientifico e tecnico, peraltro nulla affatto di secondo ordine, della pubblicazione. Da quella ispirazione deriva il carattere intellettualistico della dottrina che assegna un ruolo dominante, tuttavia non esclusivo, all'azione dei capi rispetto agli stessi valori gnoseologici e pragmatici della strategia e della tattica. I troppo frequenti richiami all'intuito - inteso nel duplice significato di conoscenza immediata di una realtà non evidente e di intelligenza acuta e pronta - non giovano alla certezza di applicabilità di taluni principi. Ma che i principi delle Direttive siano fondamenLali, validi, appropriati alla guerra di movimento, largamente comprensivi delle più svariate situazioni e rispondenti pienamente alla realtà di quella che sarebbe stata la guerra di domani, è fuori discussione. Che cosa è sbagliato in una dottrina tutta ispirata al concetto di risolvere la battaglia con la manovra? Che affida la manovra alla sorpresa ed alla massa? Che, fatto salvo il perenne dei principi, dà ai criteri di applicazione carattere di problematicità in relazione al compito, alla situazione ed all'ambiente naturale? Che si limita ad assegnare ai comandanti di corpo d'armata e di divisione i compiti e gli obiettivi lasciando loro la libertà di scelta della direzione sì da moltiplicare le manovre nella manovra al di fuori di ogni rigidismo di schema? II carattere di problematicità e di antiscolasticismo spoglia la strategia e la tattica della cappa di assolutismo e di precettismo a lungo indossata ed armonizza in un tutto unico scienza ed arte militare, sia pure con le remore e le lacune già messe in rilievo. L'insistenza eccessiva sulle forze morali ed intellettuali - che esiste nella pubblicazione - non può essere interpretata, a nostro avviso, come un invito a lasciarsi attrarre nei campi fioriti dell'illusione, nella strategia dei giuochi di specchi (4), perché ad essa si accompagnano i richiami frequenti alla realtà concreta di un nemico geniale e di situazioni difficili, delicate e piene di pericolo che vanno superate, oltre che con l'intuito
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e la forza morale - non pretendere che le masse siano tutte di eroi - anche con elevato tecnicismo e grande organizzazione. Ciò che nuoce alle Direttive sono gli orpelli formali, stilistici e di linguaggio - d'altra parte specifici e peculiari del periodo fascista ed è la ricerca retorica dell'incisività; ma se le si esamina da vicino ed a fondo, tenendo nel giusto conto il nuovo ambiente creato dalla Vittoria e dal Regime - vale a dire le suppellettili di moda rese obbligatorie in tutte le circostanze da Mussolini e dal fascismo - non v'è nulla nella pubblicazione che contraddica o contrasti l'essenza della scienza e del!' arte militare. Le Direttive, malgrado l'ispirazione idealistica e spiritualistica e la forma, lo stile ed il linguaggio fascisti, non danno della guerra una visione utopica ed illusionistica, non sono fuori della realtà, non enunciano principi e criteri tecnicamente sbagliati. Saranno le successive esasperazioni di taluni concetti, le interpretazioni estremistiche e parossistiche che se ne vorranno trarre, la ipervalutazione dei valori morali - senza i quali peraltro sarebbe impossibile spiegare la resistenza che l'esercito ed il Paese dimostreranno per 3 anni e 3 mesi - c:J il clima surrettizio del periodo successivo alla guerra contro l'Etiopia che porranno la dottrina fuori dalla realtà, dalla quale continuerà a restare fuori soprattutto lo strumento di applicazione sia per l'inadeguatezza quantitativa e qualitativa dei mezzi, sia per gli errori tecnici compiuti dallo stato maggiore dell'esercito in materia di mobilitazione, di ordinamento e di addestramento.
6. La conferma del giudizio espresso circa le Direttive la si trova nella breve Memoria sull'impiego delle G. U. in A .O. edita dallo stato maggiore qualche mese dopo (.5). Scopo di tale Memoria - che riafferma nella premessa la validità dei principi delle Direttive - è illustrare brevemente quali siano le influenze dell'ambiente coloniale (nemico, terreno, clima) circa l'applicazione di tali principi nel campo strategico, organico, logistico e tattico. La concezione strategica di una guerra coloniale in grande stile dev'essere orientata non solo sull'annientamento del nemico, ma altresì su una occupazione graduale e progressiva (condotta con metodo e continuità) del territorio da conquistare. Nessuna corsa a testa sotto, ma movimento a sbalzi e ogni sbalzo preceduto da un'accurata ricognizione del terreno e del nemico e seguito da una salda occupazione del territorio
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acquisito in modo da assicurarne il possesso in forza e formarne perno di manovra per azioni successive. Non sbalzi su fronti troppo ampie che provocano il disseminamento delle forze e facilitano l'infiltrazione e l'avvolgimento da parte dell'avversario, ma da obiettivo a obiettivo su fronti adeguate. La durata della guerra è più o meno lunga in relazione alla resistenza del nemico e, soprattutto, all'estensione del terreno da conquistare e organizzare. Si rendono, pertanto, necessarie grandi operazioni, da condurre con metodo e meditata progressione, per la conquista degli obiettivi importanti e piccole operazioni da condurre con rapidità e decisione nel quadro organico e complesso della grande operazione. · La battaglia, anche negli scacchieri coloniali, si vince a colpi di divisione. Nella guerra coloniale le funzioni strategiche scendono dall'armata al corpo d'armata e, conseguentemente, la divisione, ferma restando la sua inscindibilità, deve essere più leggera, agile ed elastica e possedere al tempo stesso maggiore autonomia tattica e logistica in modo da potersi articolare in nuclei di battaglia, composti di fanteria e di artiglieria (un reggimento di fanteria e<l una o più batterie someggiate), mobili e manovrabili. L'esigenza di non appesantire i trasporti e di evitare le colonne pesanti suggerisce i criteri di fare in modo che ogni nucleo di battaglia abbia organicamente unità di cannoni di accompagnamento ed eventualmente unità di mortai d'assalto, che l'artiglieria divisionale sia tutta someggiata per seguire la fanteria ovunque e che l'artiglieria di corpo d'armata, anche questa leggera, sia motorizzata con trattori capaci di superare le asprezze del terreno. L'arma del genio, in tutte le sue specialità, trova nella guerra coloniale il più largo impiego, ma il suo rendimento più che dal numero delle unità è determinato dal grado di addestramento delle unità stesse. Redditizio è, inoltre, contro un nemico molto impressionabile e deficientemente armato, l'impiego di armi e di mezzi nuovz.
La preparazione logistica è fondamentale; anzi il successo è - in massima parte - dovuto al fattore logistico. Questo è complicato dalle caratteristiche dell'ambiente (risorse, clima, terreno) , dalla distanza delle basi di rifornimento e dalla lunghezza delle linee di operazione. Eccezionale importanza va data, durante le operazioni, alla sicurezza di tali linee. Il loro funzionamento è vitale. L'alimentazione si effettua con automezzi fin dove e quando possibile e con animali da soma a completamento degli automezzi ed in loro sostituzione, dove l'automezzo non va. Alimentazione sicura, abbondante, aderente alle esigenze del terreno e delle truppe significa tenere presenti le esigenze di ogni mezzo di trasporto (carburante, acqua, foraggi) e la complessità del traffico. La paralisi del movimento può essere provocata tanto dall'anemia, che dal-
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l'eccessivo flusso dei mezzi. Il problema dei trasporti, mai come in colonia, è tanto complesso ed essenziale - subordinato com'è alla capacità logistica delle strade ed all'ampiezza dello sbalzo da effettuare - per cui esige spiccata genialità se si vuole realizzare in pieno l'indispensabile manovra dei servizi. Il più importante dei servizi è quello idrico perché la sete è il peg,giore nemico; le risorse idriche locali possono essere utilizzate solo a bonifica eseguita e l'efficienza e la vita stessa dei reparti dipende dagli autotrasporti e dalle salmerie. In colonia, più che altrove, in sintesi, la in·t erdipendenza - sancita dalle nostre direttive - fra strategia, tattica e logistica è strettissima. Se la strategia e la tattica vanno al di là delle possibilità logistiche c'è la certezza dell'insuccesso. Nulla di più esatto che la guerra coloniale è, soprattutto, un problema logistico. I fattori del successo tattico sono gli stessi di quelli indicati nelle Direttive: buon servizio d'informazioni, accurata preparazione, coordinamento degli sforzi, impiego a massa delle forze, cooperazione delle armi, sicurezza, sorpresa e, sovrastante a tutti gli altri, il fattore morale. Questo è per noi, nella presente siluazione politico-militare, elemento di decisa superiorità sul nemico; a rafforzarlo contribuiscono la coscienza del nostro valore e dei nostri diritti, nonché le doti d'intelletto e di iniziativa di cui siamo forniti. Il nemico è valoroso, ma si entusiasma e si abbatte facilmente, si disorienta di fronte ad un combattente bene addestrato, calmo, riflessivo e tenace e non resiste a uno sforzo prolungato. Anche la guerra coloniale dev' e'ssere guerra di movimento, anzi questa forma di guerra è favorita dalle grandi possibilità di manovra che essa offre per agire sui fianchi e sul tergo dell'avversario. Il criterio delle Direttive di non farsi sorprendere è fondamentale. Per manovrare occorrono: conoscenza perfetta del nemico (servizio informazioni ed esplorazione), sicurezza delle truppe e delle comunicazioni, coordinazione degli sforzi, capacità di rapide traslazioni nel campo tattico. Il nemico agisce sempre offensivamente e perciò la battaglia tipica è quella d'incontro che può essere affrontata o con il procedimento difensivo-controffensivo o con il procedimento offensivo. Il primo - vantaggioso se il nemico ha rilevante superiorità - consiste: nell'attendere il nemico su posizione adatta per logorarlo, durante la sua avanzata, con il bombardamento aereo (a distanza) e di artiglieria (azione ravvicinata); nell'aprire il fuoco di fanteria a breve distanza, resistendo alla tentazione di iniziarlo alle grandi distanze; nel passare tempestivamente alla controffensiva su una o su entrambe le ali; nello sfruttare il successo al massimo, facendo largo assegnamento sopra un geniale impiego del fuoco d'artiglieria che bene organizzato insegue, interdice, avvolge, ingabbia. Il procedimento offensivo esige di: riconoscere particolareggiatamente il terreno sul quale
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si deve operare (niente capo fitto nella lotta); organizzare preventivamente l'attacco in modo da non gettarsi nell'azione se non dopo aver raccolte ed ordinate le proprie forze; esercitare simultaneamente, sin da principio, uno sforzo tale da obbligare il nemico alla parata immobilizzandolo sulla fronte; manovrare con le riserve contro entrambe od almeno una delle ali dello schieramento nemico e sfruttare il successo. Anche quando la sorte sembra avversa, occorre serenamente insistere perché come è detto nelle Direttive, si è battuti solo quando si perde la fede nella vittoria. Lo sfruttamento del successo e l'inseguimento hanno più che mai, nella lotta in scacchieri coloniali, valore risolutivo. Il nemico tende, ed è capace, a sottrarsi rapidamente, quando è sconfitto ed ha deciso di ripiegare; per non far sfuggire la preda è necessario affidare l'inseguimento alle forze più celeri e cioè l'aviazione, le colonne leggere di truppe indigene o bande sguinzagliate in ogni direzione, squadroni di carri veloci. Il grosso, invece, si riordina, reintegra le dotazioni e si mette in grado di riprendere l'avanzata, pronto anche a parare ogni ripresa controffensiva. L'impiego della fanteria tende allo sforzo metodico, progressivo e ben coordinato mediante l'utilizzazione oculata del fuoco - guai a sprecarlo correndo il rischio di esserne privi alle minori distanze: vedi Adua e di formazioni meno aperte la cui maggiore vulnerabilità è compensata dalla minore efficacia del fuoco nemico rispetto a quello degli altri eserciti europei, dotati di armamento più potente. L'impiego dell'artiglieria, caratterizzato dall'aderente, immediata e costante cooperazione con la fanteria, è ispirato ad un accentuato decentramento in perfetta rispondenza con quanto prevedono le recenti direttive nel caso della battaglia d'incontro. La manovra del fuoco si arresta spesso nell'orbita della batteria. La riserva, costituita in genere dalle unità più mobili (indigene) o più leggere (camicie nere), va riservata per la manovra sulle ali e per Io sfruttamento del successo. Nella battaglia coloniale non è necessario un forte scaglionamento in profondità perché a differenza della battaglia europea, quella coloniale è di durata assai più breve. I carri annati, veloci e di assalto, organizzati in unità salde ... possono raggiungere grandi risultati. Riuniti in un battaglione di corpo d'armata (una compagnia per divisione) vanno impiegati, non a spizzico, ma a masse travolgenti (minima il plotone). L'aviazione per l'esercito svolge l'esplorazione strategica e tattica favorita dalle più propizie condizioni atmosferiche; quella da bombardamento provoca danni ingenti sugli addensamenti che, per ragioni logistiche ed ataviche, il nemico è solito effettuare. La Memoria è l'estensione al caso concreto dell'Africa orientale della guerra di movimento delle Direttive. In essa i principi delle Direttive con-
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servano integro il loro valore; ciò che varia è la loro applicazione, pur restando fermo l'orientamento alla guerra di movimento e di rapido corso, anzi accentuandone l'esigenza. Nel particolare ambiente tale forma di guerra esige, più che altrove, il soddisfacimento di due esigenze insurrogabili: l'interconnessione strettissima fra strategia, tattica e logistica e l'elevazione alla massima potenza della mobilità e della manovrabilità delle forze. Il successo è legato, in particolare, alla soluzione del problema dei trasporti e dei rifornimenti ed alla sicurezza delle colonne operanti e delle linee di comunicazione; senza continuità dei trasporti e organizzazione difensiva e logistica delle zone successivamente occupate ogni avanzata diventa piena di rischi inaccettabili. Guerra di movimento, ma di movimento metodico; guerra di rapido corso, ma in relazione più che alla velocità dell'avanzata alla ampiezza della manovra in un quadro di sicurezza garante della effettuabilità della propria manovra e del fallimento della contromanovra del nemico. La guerra deve conservare il carattere di movimento anche quando sia conveniente ricorrere al procedimento difensivo-controffensivo perché il passaggio tempestivo dal primo al secondo atteggiamento consente un'avanzata più facile per il logoramento inflitto in precedenza al nemico e più manovrata in quanto sviluppabile su una od entrambe le ali del nemico. Non c'è chi non veda come la Memoria sia saggia e chi non sappia come la sua applicazione abbia concorso alla vittoria decisiva conseguita in poco più di 6 mesi.
7. La dottrina tattica negli anni 1935 e 1936 fu, dunque, caratterizzata da una rinnovazione profonda e da una intonazione diversa da quella del passato. Alle Direttive fecero seguito le Norme per !ti divisione (6) e, per meglio consolidare l'unità di dottrina e la disciplina delle intelligenze mediante l'unità e la precisione di linguaggio, fu anche diramato nel 1936 per la prima volta un Nomencltitore organico-tattico-logistico (7) che determinava esattamente il significato tecnico delle voci più comuni utilizzate nella regolamentazione in vigore. Quanto alla terminologia tattica vennero definite, tra l'altro, le azioni di fuoco proprie della fanteria (accompagnamento e arresto) e dell'artiglieria (appoggio, arresto, controbatteria, interdizione, repressione, spianamento), le differenze tra caposaldo e centro di fuoco, tra attacco principale e attacco sussidiario, tra contrassalto, contrattacco e controffensiva, tra obiettivo d'attacco, obiettivo eventuale e obiettivo intermedio, tra rincalw e riserva, tra ripiegamento
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e ritirata, tra settore d'attacco, settore d'azione, settore di copertura e settore difensivo e così via altre distinzioni ed innovazioni terminologiche, parti delle quali conservano tuttora il significato attribuito loro da quel nomenclatore. Dopo il rinnovamento dottrinale del biennio 1935-'36 sarebbe stata opportuna una tregua della regolamentazione d'impiego che consentisse il consolidamento delle nuove idee ed al tempo stesso l'adeguamento a queste delle norme riguardanti le modalità di azione ed i procedimenti tattici delle singole armi e delle unità minori. Accadde, invece, la rivoluzione ordinativa ed organica provocata dall'adozione della divisione binaria con le inevitabili conseguenze nel campo della dottrina tattica e logistica. Nella convinzione, frutto di un pregiudizio, che il nuovo ordinamento del corpo d'armata e della divisione potesse conferire una ma?,giore forza di sviluppo alla guerra di movimento e di rapida decisione si finì con il cadere - questa volta sl - nel regno delle fantasie concettuali. Alla base della dottrina tattica continuarono a restare le Direttive per l'impiego delle grandi unità del 1935 e le Norme per il combattimento della divisione del 1936; «le norme attualmente in vigore conservano sostanzialmente tutto il loro valore», scrisse il nuovo capo di stato maggiore dell'esercito, generale Pariani, nella circolare 9000 del 28 ottobre 1938: La dottrina tattica nelle realizzazioni dell'anno XVI (8). Ma <li quelle norme si esasperò l'ispirazione idealistica e si travisò il contenuto spiritualistico con astrazioni inconcludenti di tenore fideistico e con frasi ideologiche di occasione. La nostra dottrina di guerra non muta, perché non sono mutate le condizioni nelle quali si affronterebbe oggi un conflitto, ma progredisce e si evolve; tale evoluzione segnata positivamente dalla fase sperimentale delle grandi esercitazioni dell'anno XVI va conosciuta e diffusa, con tutto il vigore della propria fede, nei quadri. Di tale fede, della quale è cenno nella premessa della circolare 9000, il generale Pariani darà la seguente spiegazione pseudo-filosofica in un suo scritto del 1939: «Lo spirito trasforma una idea in convinzione, ed è ancora lo spirito che di una convinzione fa una fede. E quando c'è la fede, c'è la forza animatrice per qualsiasi impresa» (9). Non meno privo di astrusità il discorso su Il movimento esposto nel primo capitoletto della circolare 9000, nel quale si afferma che il valore d'ogni principio risiede soprattutto nell'intensità con la quale è sentito ed applicato e che non basta accettare l'imperativo categorico della guerra di rapido cono come mani/estazione di una dottrina impostaci dalla nostra particolare situazione; bisogna che capi e stati ma?,giori siano animati da quell'inflessibile vigore operativo capace di creare sul campo di battaglia le condizioni della sua vittoriosa soluzione. Tali condizioni sarehbero sintetiz-
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zate nel movimento, il quale come espressione di un sentimento collettivo è, di per sé stesso, manifestazione di superiorità; la manovra ne concreta e ne accentua gli effetti. Affermazioni quasi incomprensibili; non sappiamo quanto sostanziate di contenuto filosofico; estranee in ogni caso alla logica strategica e tattica che quando anche si ispiri ad una teoria filosofica non può non ripudiare i sofismi teorici che inceppano e confondono le regole di comportamento decisionale. Non maggiore la consistenza pragmatica del culto del rischio, teoria con la quale si chiude il capitolo su Il movimento e che, oltre che poco chiara, è anche pericolosa perché sarebbe dall'amore del rischio che nascerebbe la gioia della responsabilità e perché il passo dalla prudenza all'inazione sarebbe molto breve tanto da essere facilmente compiuto da chi non possedesse appunto il culto del rischio, rischio inteso non come atto eroico fine a sé stesso, ma come manifestazione equilibrata della volontà che vede centuplicare con esso gli effetti della decisione. Quanto al contenuto propriamente tattico-tecnico, la circolare 9000 altro non è che il tentativo affatto riuscito di adattare la dottrina delle Direttive alle trasformazioni ordinative ed organiche del corpo d'armata e della divisione stabilite con il decreto n. 2095 del 22 dicembre 1938 ed in parte attuate fin dal 19 3 7. Dopo il nebulismo del discorso ideologico iniziale, la circolare entra nel vivo dell'argomento, procedendo alla definizione delle funzioni delle grandi unità nell'ambito del nuovo ordinamento tattico, fissando i criteri d'impiego di tali unità e, in particolare, della divisione nell'azione offensiva ed in quella difensiva, richiamando il concetto della interconnessione tra tattica e logistica ed esprimendo infine la convinzione che «la divisione tipo ed il corpo d'armata (nel conseguente ordinamento), per la potenza di fuoco che sono in grado di realizzare e per la larga applicazione della motorizzazione, sono particolarmente (sic) idonei a quell'urto di masse manovrato e risoluto attraverso il quale noi ricerchiamo la soluzione rapida della lotta». Le funzioni delle grandi unità sono così precisate: La divisione di fanteria è la grande unità base del combattimento destinata, particolarmente, all'urto ed alla penetrazione. Ha costituzione organica fissa ed è unità inscindibile. Qualora la sua capacità operativa debba adeguarsi a compiti particolari o ad impiego non inquadrato, i comandi superiori provvederanno ad integrarla con l'assegnazione dei mezzi necessari. Il corpo d'armata è la grande unità di manovra. Unità fondamentale della battaglia, può svolgere nel quadro dell'armata, con le sue sole forze, più atti del combattimento. La sua composizione può variare da 2 a 4 (ed anche più) divisioni, fermo restando che la formazione ternaria meglio realizza la preparazione tra potenza offensiva e manovrabilità. L 'armata è grande
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unità strategica e logistica, di composizione varia, corrispondente agli scopi della manovra ad essa affidata. Eventuale è la costituzione del gruppo di armate che ha compiti esclusivamente strategici di coordinamento, su una determinata fronte o su un vasto tratto di essa, dell'azione delle armate dipendenti. Nella considerazione che la divisione deve mirare soltanto all'urto ed alla penetrazione, cioè ad un atto unico, il suo comandante deve limitarsi ad organizzare unitariamente il combattimento ed a condurlo coordinando il fuoco ed il movimento per il conseguimento di un solo scopo. Tale limitazione realizza un'azione di comando più tempestiva, un'articolazione più semplice della massa, un' alimentazione della battaglia più serrata, un ritmo dell'azione più celere. Il corpo d'armata, invece, manovra mediante il giuoco degli scavalcamenti, reso più spedito per lo schieramento già in atto dell'artiglieria della divisione di fanteria di seconda schiera. Diversamente dalle Direttive, le quali prescrivevano che la divisione di seconda schiera conservasse intatta la sua fisionomia organica inscindibile - e tale non è quella divisione cui è stata sottratta l'artiglieria per impiegarla in prima schiera - la circolare dà come norma lo schieramento in atto dell'artiglieria della divisione di seconda schiera: l'artiglieria agisce, normalmente, con latotalità dei suoi mezzi fin dall'inizio dell'attacco. Come quadro indicativo dell'azione offensiva la circolare suddivide l'azione: nella marcia al nemico, caratterizzata da una direzione sulla quale far gravitare il movimento e dal raggiungimento di obiettivi successivi in ordine al disegno di manovra, effettuata preferibilmente di notte, sebbene il movimento notturno sia più gravoso; nei combattimenti preliminari, coordinati dal comandante del corpo d'armata, i quali costituiscono la premessa operativa del1' attacco a fondo e tendono a saggiare i punti forti ed i punti deboli dello schieramento nemico ed a migliorare le condizioni di partenza dello attacco; nell'attacco - che, sebbene debba tendere ai fianchi ed al tergo dello schieramento nemico, normalmente si traduce in un'azione fron tale di rottura nella direzione più redditizia mercé un susseguirsi di potenti colpi di divisione, ad intervalli brevi più che sia possibile - con impiego a massa dell'artiglieria e, nell'ambito divisionale, con scopo unico e direzione unica; nel completamento del successo da effettuare immediatamente in estensione e in profondità, in modo da allargare e dare consistenza alla breccia ottenuta, facilitando così il pronto intervento delle grandi unità speciali destinate allo sfruttamento del successo. Nell'azione difensiva il criterio guida è lo sfruttamento al massimo del terreno e dei mezzi. A tale fine occorre un piano di resistenza, predisposto in tutti i particolari, che ricerchi la forza della resistenza essenzialmente con l'adattamento del fuoco al terreno. Occorre, inoltre, condurre la difesa fa-
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cendo ricorso, al momento opportuno, ad una manovra controffensiva, attuata in forze . È da tenere presente che la nuova costituzione del corpo d'armata (considerevole aumento di artiglierie e disponibilità di un intero reggimento mitraglieri) consente di aumentare lo scaglionamento in profondità della difesa e di affidare agli elementi della wna di sicurezza funzione di logoramento dell'attacco, creando nel suo ambito una o più posizioni di arresto organizzate allo scopo di rendere più lenta e più cruenta l'avanzata del nemico. La maggiore profondità è sempre consigliabile quando si tema un attacco in massa dei carri armati. Solo due volte la circolare fa riferimento ai carri armati! Indipendentemente dalle confuse premesse ideologiche e fideistiche e dalla tanto speranzosa quanto infondata conclusione circa l'idoneità del nuovo strumento operativo alla soluzione rapida della lotta, la circolare 9000 segna un regresso della grande tattica verso forme meno compiute e meno progredite di quelle delle Direttive del 1935. Non si tratta, difatti, dell'arresto della linea di tendenza fino ad allora seguita diretta ad estendere la manovra dai maggiori ai minori livelli, ma del1'affermarsi della tendenza inversa, in ragione della quale la manovra tattica diventa compito preminente - di fatto esclusivo - del corpo d 'armata e viene sottratta alla divisione alla quale, anzi, è fatto obbligo di non manovrare: scopo unico, direzione unica e sforzo unico (non frazionare l'attacco in azioni principali e sussidiarie). Dalla sottrazione delle possibilità di manovra alla divisione non deriva l'aumento di quelle del corpo d'armata - che era già la grande unità di manovra - anzi consegue la diminuzione dell'ampiezza di tali possibilità e, in definitiva, si ha una riduzione di elasticità nella concezione dell'intera battaglia. «La parola manovra - spiega la circolare - vuol qui significare quel complesso di azioni di grandi unità, coordinante nel tempo e nello spazio, per conseguire nella battaglia risultati decisivi. T aie denominazione va dunque riservata all'ambiente della grande tattica ed al raggiungimento dei grandi obiettivi. Lo svolgimento della manovra, così concepita, è realizzabile con procedimenti d'azione che, valorizzando il terreno e sfruttando le possibilità del fuoco, tendono a risolvere il combattimento con le minori perdite possibili.» Ma la questione non è di termini da utilizzare. Sarebbe stato necessario piuttosto spiegare il perché la manovra - che altro non è, appunto come la circolare indica, che un complesso di azioni coordinate - debba essere proprietà riservata del corpo d' armata e non appartenere anche alla divisione e perché la combinazione di più azioni coordinate sia più redditizia di uno sforzo unico al livello di corpo d'armata e non lo sia al livello divisionale. La risposta è che si era voluto alleggerire a tutti i costi la divisione ternaria - nonostante
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le Direttive l'avessero giudicata leggera, elastica e perciò idonea a qualsiasi terreno - ed ora si tentava di dare al provvedimento una giustificazione tattica che, in realtà; non aveva fondamento, tanto da venire implicitamente smentita, pochi mesi dopo, quando si deciderà di rinforzare la divisione con la legione di camicie nere. Dalla mortificazione della manovra derivò quella dell'iniziativa e da questa, a sua volta, il timore della responsabilità; proprio il rovescio degli intedimenti che la circolare 9000 avrebbe voluto perseguire. Dalla concezione stereotipa della battaglia e del combattimento, nonostante la circolare insistesse sulla necessità di non fossilizzarsi in teorie e schemi, derivò la propensione all'unicità del modulo concettuale, organizzativo e di condotta delle azioni tattiche, e dalla visione angusta del campo di battaglia, assai più angusta di quella delle Direttive, dalla cui diramazione erano passati più di 3 anni, seguì la scarsa valutazione dell'importanza degli aerei e dei carri armati sul campo di battaglia. Dalla nessuna indicazione sull'impiego delle grandi unità su terreni che, diversamente da quelli di media difficoltà morfologica o da quelli con più accentuate caratteristiche di difficoltà del movimento considerati nella circolare, presentassero grandi libertà di manovra ed ampie facilitazioni al movimento derivò, infine, l'impreparazione concettuale alla vera guerra di movimento che sarà quella del deserto libico-egiziano e delle pianure russe. Quando la circolare fu diramata erano trascorsi più di due anni dalla fine vittoriosa della guerra contro l'Etiopia ed era in corso da più di due anni la partecipazione italiana alla guerra civile di Spagna. Che dalla prima lo stato maggiore dell'esercito avesse preso lo spunto della pesantezza della divisione e dalla seconda, che cadeva sotto gli occhi, avesse tratto solo la convalida di tale pesantezza e nessun altro insegnamento tra i tanti che l'una e l'altra, pur nelle loro peculiarità, avevano offerto e che la seconda continuava a porgere, fu un fatto desolante. Che, addirittura, incurante dei segnali indicatori che venivano da tutte le parti, alcuni anche dalle Direttive del 1935, lo stato maggiore si volgesse indietro e, in più, ne traesse motivo per ridurre, anziché ampliare, i limiti della manovra, non fu solo desolante, ma fu una aberrazione intellettuale. Esso perse, altresl, completamente di vista la presenza del nemico sul campo di battaglia e l'esigenza di dover fare i conti anche con lui, trasferì la tattica dal piano scientifico e tecnico a quello del filosofismo o della pura teoria e la vestl con un linguaggio fantasioso ed improprio: «La guerra deve avere un carattere travolgente. Amo dire che la nostra più grande maestra è data dalla forza più travolgente della natura: l'acqua. Come agisce essa? Fa massa contro un punto, incrina, rompe e dalla rottura irrompe per seguire veemente una linea di facilitazione. Trovando
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un forte ostacolo lo investe, lo aggira, ne scuote le basi e procede irresistibilmente travolgendo nel suo impeto» (10).
8. Alla circolare 9000 fece seguito, due mesi dopo, la circolare 9500 L'esplorazione (11) nella quale vennero esposti sinteticamente i criteri e le modalità essenziali per l'impiego delle unità e dei reparti che sono incaricati dell'esplorazione. Contenuto, stile e linguaggio di carattere esclusivamente tecnico; richiami alla convinzione ed allo spirito non più di quelli indispensabili a dare il giusto valore alle forze morali; criteri e modalità aderenti al tipo di forze e di mezzi allora impiegabili nel particolare compito: una circolare diversa dalla precedente. L'esplorazione è: strategica (aerea e terrestre); tattica (aerea e terrestre); ravvicinata. L'esplorazione strategica aerea ha lo scopo di determinare dislocazione, entità, movimenti delle masse nemiche e fornire notizie che valgano a svelare le intenzioni dell'avversario. L 'esplorazione strategica terrestre ha lo scopo di integrare i compiti dell'esplorazione strategica aerea e iniziare la presa di contatto con l'avversario.L 'esplorazione tattica aerea ha lo scopo di determinare, ai fini dell'impiego delle grandi unità di prima schiera, l'entità, la dislocazione e l'atteggiamento delle forze nemiche contrapposte. L'esplorazione tattica terrestre ha lo scopo di precisare e completare i risultati dell'esplorazione tattica aerea prendendo, nel più breve tempo, contatto con le grandi unità avversarie contrapposte.L'esplorazione ravvicinata ha lo scopo di individuare, ai fini dell'impiego dell'avanguardia o dei battaglioni di primo scaglione, presenza, forza, atteggiamento del nemico. L'esplorazione strategica aerea è effettuata dai gruppi di squadriglie di osservazione alle dipendenze del Comando Supremo e dei comandi di armata; la sua azione è coordinata dai comandi di gruppo di armate; va posta in atto sin dall'inizio delle ostilità; è effettuata in profondità, a grandi linee, con la caratteristica della maggiore possibile continuità. Quella terrestre si effettua quando le masse contrapposte sono tra loro distanti (più di una cinquantina di chilometri) come nei casi di avvenuto sfondamento della copertura e di una battaglia conclusa con ampia rottura di contatto da parte dell'avversario; è compito delle divisioni celeri, appoggiate da divisioni motorizzate ed eventualmente da divisioni corazzate e autotrasportabili le quali, con quelle celeri, costituiscono lo scaglione di esplorazione strategica, operante alle dipendenze del
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Comando Supremo o dei comandi di armata (eventualmente di gruppo d'armate). Le divisioni celeri - che possono farsi precedere da speciali pattuglie esploranti divisionali spinte quanto più lontano possibile ed operanti con azione indipendente per osservare i movimenti dei grossi del nemico e riferirne - si articolano in un grosso e in distaccamenti esploranti. Questi, di numero e di costituzione variabile secondo i vari elementi della situazione e del terreno, constano in genere di un gruppo squadroni rinforzato (carri L, pezzi controcarro, ciclisti, artiglieria); irradiano pattuglie esploranti (una squadra) sostenute, se la fronte è molto ampia, da sostegni esploranti (di norma un plotone ogni due pattuglie); pattuglie che avanzano celermente a sbalzi, non si attardano a combattere, segnalano le notizie e per fare questo si spingono dal distaccamento non più avanti di quanto sia necessario per garantire la tempestiva trasmissione delle notizie. I distaccamenti indirizzano, appoggiano, eventualmente rinforzano le pattuglie; distaccano, quando necessario, altre pattuglie; se possibile, s'infiltrano tra gli intervalli del dispositivo avversario, altrimenti non esitano a combattere sfruttando al massimo la sorpresa. Il grosso della divisione celere procede su uno o più itinerari con un dispositivo che lo garantisca dalla sorpresa, ma che non ne ritardi il movimento e gli assicuri l'impiego unitario. Il complesso della divisione celere, se è impossibilitato a procedere, mantiene il contatto con il nemico, estende la fronte, ricerca le ali del nemico e prepara l'intervento delle divisioni motorizzate, corazzate ed autotrasportabili destinate a sostenerne l'azione; se è premuto da forze sorverchianti, ne ritarda il movimento con il fuoco e con la manovra. Le divisioni di sostegno, motorizzate, corazzate ed autotrasportabili, debbono intervenire a massa rapidamente per costringere il nemico ad accettare la lotta con diminuità libertà
d'azione. L'esplorazione tattica aerea è effettuata da unità aeree di osservazione che agiscono di norma alle dipendenze dei comandi di corpo d'armata ed è coordinata dai comandi di armata; è in atto in tutte le fasi della lotta; è spinta entro il settore della grande unità sulle zone di marcia e di schieramento delle grandi unità avversarie di prima schiera fino ad una profondità massima non superiore ad un centinaio di chilometri; si svolge con intensità graduata all'importanza delle zone o degli obiettivi e segue l'evoluzione della situazione nemica con la maggiore possibile continuità. L'esplorazione tattica terrestre è effettuata sulla fronte dei corpi d'armata di prima schiera; è orientata ad un'azione decisa, serrata nel tempo e pronta a ricorrere al combattimento; agisce tenendo presente che il tempo è per essa prezioso per avere la possibilità d'informare presto ed esaurientemente, per avere l'opportunità di prevenire il nemico sulle po-
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sizioni idonee a garantire le migliori possibilità di schieramento e d'intervento della grande unità retrostante, per fare fronte alla necessità di evitare alle grandi unità retrostanti soste che toglierebbero al movimento la caratteristica della inesorabile continuità. L'esplorazione tattica terrestre è compito dei nuclei esploranti celeri o di fanteria che agiscono alle dipendenze dei corpi d'armata; essi sono costituiti rispettivamente da un gruppo squadroni rinforzato (ciclisti, carri L, pezzi controcarro, ed eventualmente moticiclisti, artiglieria od anche fanteria autoportata) o da un battaglione di fanteria rinforzato (pezzi da 47 mm, reparti mitraglieri, mortai, carri L, artiglieria). I nuclei esploranti si articolano in un grosso ed in distaccamenti esploranti che a loro volta irradiano pattuglie esploranti. Queste ultime, costituite in genere da una squadra, muovono celermente lungo la direttrice assegnata, raggiungono punti successivi favorevoli all'osservazione, non si attardano a combattere, ma riferiscono notizie, non trascurando però le occasioni per fare prigionieri con azioni di sorpresa. Il grosso procede con un dispositivo di sicurezza che non ne ritardi il movimento, muove riunito su di un solo itinerario o articolato in blocchi su itinerari diversi (non più di due); preso contatto con il nemico: o svolge un'azione di forza per procedere oltre, o si limita ad estendere e rendere più stretto il contatto, o assume atteggiamento difensivo per mantenere il possesso dt:lle posizioni raggiunte, tenendo presente che quando la situazione non è sufficientemente chiara è sempre assumendo un atteggiamento energicamente offensivo che le unità esploranti ottengono i maggiori risultati. L'esplorazione ravvicinata è effettuata da un reparto esplorante costituito di uno o più plotoni esploranti; agisce alle dipendenze del comandante dell'avanguardia o dei battaglioni di primo scaglione (eccezionalmente del comandante del reggimento); è spinta inizialmente a 3-4 chilometri dagli elementi più avanzati dell'avanguardia o dei battaglioni di primo scaglione; muove lungo la direzione indicata e informa in tempo utile dando notizie positive o negative dalle quali il comandante che la distacca possa trarre elementi di orientamento tempestivo. Il reparto esplorante distacca pattuglie (di norma, mezza squadra) che puntano su obiettivi precisati, a sbalzi, senza rastrellare il settore di esplorazione: muovono con la maggiore celerità consentita dal terreno; sostano quanto è indispensabile per osservare; segnalano il più frequentemente possibile quanto possano vedere del nemico; colgono tutte le occasioni favorevoli per fare prigionieri con l'astuzia e la sorpresa; preso contatto con il nemico, si mantengono aderenti al suo dispositivo, intensificando l'azione esplorativa-informativa; cessano dalla loro attività soltanto quando sostituiti da altri.
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In conclusione: l'azione esplorativa è efficace solo se i suoi risultati giungono tempestivamente a conoscenza del comandante che li deve sfruttare per cui vedere e riferire sono attività inscindibili e riferire è possibile se si assicurano i collegamenti impiegando tutti i mezzi messi a disposizione; l'unità esplorante non deve mai perder tempo per evitare arresti del movimento dei grossi che seguono, per prevenire il nemico sulle posizioni favorevoli e per prendere il contatto con il nemico il più presto possibile; l'unità esplorante deve guadagnare spazio cercando il contatto con il nemico il più avanti possibile; per non perder tempo e guadagnare spazio occorre prontezza di decisione da parte del comandante tenendo presente che fin che si può esplorare senza combattere lo si deve fare, ma quando ciò non sia più possibile il mezzo più economico e più rapido per sapere è il combattimento: nell'incertezza, il meglio è sempre attaccare arditamente, decisamente; l'unità esplorante non ha il compito di dare sicurezza, ma un'esplorazione bene effettuata, concorre indirettamente alla sicurezza; l'unità esplorante deve essere orientata al nemico e non deve preoccuparsi di regolare il movimento su quello delle unità retrostanti, né di mantenersi aderente al loro dispositivo. Tutto ciò acquista speciale valore per una gue"a di rapido coT'So. Un'altra pubblicazione, che vide la luce nel 1939, fu il regolamento Organizzazione stradale e disciplina del movimento in gue"a (12). Essa appartiene alla logistica, ma ne facciamo cenno per sottolineare come, in relazione all'imperativo categorico della gue"a di rapido COT'SO, non fosse sfuggito allo stato maggiore dell'esercito il problema del rapporto stradaautomezzo. La pubblicazione, distinta in tre parti, tratta: nella prima, i lavori stradali, la circolazione e l'organizzazione degli itinerari; nella seconda, gli organi predisposti alla direzione, alla coordinazione e all'esecuzione dei lavori e della vigilanza stradale; nella terza, il funzionamento del servizio. Le strade e gli automezzi vengono posti in primo piano come una vera forza di guerra e l'equilibrio tra strada e movimento viene a ragione considerato come uno dei fattori determinanti delle possibilità operative.
NOTE AL CAPITOLO XXVI (1) Ministero della guerra. Direttive per l'impiego delle grandi unità. Roma 1935. La pubblicazione consta di: una lettera di accompagnamento firmata da Mussolini; una premessa (I); un capitolo su Fisionomia della guerra di oggi (li); un capitolo su Elementi fondamentali della battaglia offensiva (lll); un capitolo su Criteri per l'azione offensiva (IV); una conclusione (V). In tutto: 38 pagine, 70 paragrafi. La pubblicazione è fismata da Mussolini e reca la data del 4 giugno 1935.
(2) Vids. nota n. 2 del capitolo XXII. (3) Emilio Canevari: I.A
guerra italiana. Retroscena della disfatta. Tosi, Roma, 1948, voi.
I pg. 529. (4) Ibidem. (5) Ministero della guerra. Mnnnria mll'impiego delle G. U. in A.O. Roma, agosto 1935. La pubblicazione consta di 20 pagine e 29 paragrafi suddivisi dai seguenti sottotitoli: il quadro strategico; il quadro organico; il quadro logistico; il quadro tattico. Essa è firmata da Mussolini e reca la data del 10 agosto 1935 .
(6) Ministero della guerra. Norme per il combattimento della Divisione. Tipografia Regionale, Roma, febbraio 1936. La pubblicazione comprende: una premessa; la divisione di fan teria (I); la divisione di fanteria nell'azione offensiva (li); la divisione di fanteria nell'azione difensiva (Ill); la divisione di fanteria di 2° schiera (IV); la divisione di fanteria nel forzamento
e nella difesa dei corsi d'acqua (V); la divisione di fanteria nel combattimento nei boschi (VI); la divisione alpina (Vll); la divisione celere (Vlll); la divisione motorizzata (IX); la guerra chimica (X); una conclusione. ln tutto: 143 pagine, 274 pa.ragrafi . La pubblicazione reca l'approvazione di Mussolini, ed è datata 1 febbraio 1936. (7) Ministero della guerra. Comando del corpo di stato maggiore. Nomenclatore organicotattico-lof)stico. Tipografia Regionale, Roma, 1936. Voci- organica: 55; tattica: 127; logisti-
ca: 100. (8) Ministero della Guerra. Comando del Corpo di Stato Maggiore. Ufficio addestramento I.A dottrina tattica nelle realizzazioni dell'anno XVI. Roma, 1938. La pubblicazione comprende i seguenti argomenti: premessa, il movimento (I), le grandi unità (Il), criteri d'impiego (111), truppe e servizi (IV), conclusione. ln tutto: 30 pagine. La ciscolare è firmata dal capo di stato maggiore dell'esercito generale Pariani, ed è datata 28 ottobre 1938.
(9) Alberto Pariani. Le forze armate dell'Italia fascista. La Rassegna italiana, Roma, 1939, pg. 123.
(10) Ibidem, pg. 124. (11) Ministero della guerra. Comando del corpo di stato maggiore. Ufficio Addestramento. Circolare 9500. L'esplorazione. Roma, 1938. La pubblicazione comprende: premessa;
generalità; esplorazione strategica; esplorazione tattica; esplorazione ravvicinata; conclusione. Tn tutto: 27 pagine, 31 paragrafi pi,ì 6 paragrafi di conclusione.
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(12) Ministero della guerra. Comando del corpo cli stato maggiore. Organizzazione stradale e disciplina del movimento in guerra. Istituto Poligrafico dello Stato, Roma, 1939. Circolare n. 257, 22-IIl-1939, G.M. 1939, pg. 874.
CAPITOLO XXVII
L'IMPIEGO DELLA DIVISIONE DAL 1926 AL 1938 1. Documenti dottrinali. 2. Fisionomia della divisione di fanteria. 3. La marcia al nemico e l'avvicinamento. 4. La divisione di fanteria nell'attacco. 5. La divisione di fanteria nella difesa. 6. La divisione di fanteria di seconda schiera. 7. La divisione binaria. 8. La divisione alpina, la divisione celere e la divisione motorizzata.
1.
Nel periodo tra le due guerre mondiali la divisione conservò presso tutti gli eserciti la funzione di grande unità tattica fondamentale della battaglia. Armata e corpo d'armata continuarono ad essere aggregati mutevoli di divisioni, costituiti di volta in volta secondo il compito e la situazione; la divisione rimase la grande unità pluriarma organica, inscindibile, unitaria, capace di svolgere da sola uno o più atti del combattimento. La sua costituzione obbedì presso tutti gli eserciti - compreso quello italiano fino al 1938 - al concetto fondamentale di organicità e di compattezza, ed a quello dell'equilibrio dei suoi elementi essenziali, aventi ciascuno proprie funzioni e caratteristiche, ma operanti come insieme unitario, potente e manovriero nel raggio proporzionale alle capacità intrinseche di fuoco e di movimento. Già prima e durante la guerra 1914-'18, la formazione meglio rispondente a tale concetto d'impiego era stata giudicata dai maggiori eserciti europei la ternaria (3 reggimenti di fanteria, 1 reggimento di artiglieria), mentre l'esercito italiano aveva conservato sempre la formazione quaternaria (1) (4 reggimenti di fanteria, 1 reggimento di artiglieria) e solo nel 1926 - anche se nel1'ordinamento Diaz del 1923 era insito il compromesso della divisione quaternaria in pace e ternaria in guerra - lo stato maggiore dell'esercito optò per la formazione ternaria in pace ed in guerra. La divisione quaternaria si era dimostrata in guerra pesante e scarsamente maneggevole ed aveva palesato notevole squilibrio tra la massa della fanteria (12 battaglioni) e quella proporzionalmente esigua dell'artiglieria (8-10 batterie). Aumentare il numero delle bocche da fuoco, per portarle almeno
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alla proporzione di un gruppo di artiglieria per ogni due battaglioni di fanteria con un totale di 6 gruppi, avrebbe appesantito ulteriormente la già non snella grande unità, per cui Io stato maggiore decise, sulla base dell'esperienza tratta dagli altri eserciti in guerra, di ridurre gli effettivi della fanteria divisionale diminuendo il numero dei battaglioni, senza peraltro mutare la fisionomia e soprattutto la funzione della grande unità, e di adottare la formazione ternaria anche nella considerazione della notevole crescita del volume di fuoco del battaglione derivante dall'introduzione in servizio di puove armi. Dettato anche da concetti ordinativi di carattere generale, il provvedimento migliorò il rapporto tra la fanteria (9 battaglioni) e l'artiglieria (4 gruppi con un complesso di 12 batterie), snelll la grande unità, ne rese più agevole il comando unitario, ne accrebbe la potenza di fuoco e la manegevolezza e, in misura molto modesta, anche la mobilità, salvaguardandone, al tempo stesso, le possibilità di manovra ed il razionale scaglionamento delle forze in combattimento (2). L'adozione della formazione ternaria rese m:ccssario il riesame dell'intera manovra divisionale e dei procedimenti per effettuarla ed a tale fine il capo di stato maggiore dell'esercito, maresciallo Badoglio, si affrettò a diramare la circolare 5800 del 15 dicembre 1926 (3) riguardante i nuovi criteri d 'impiego della divisione di fanteria nel combattimento, limitandosi per il momento a riassumere le direttive essenziali <<affinché, prima ancora che il codice ufficiale vegga la luce, tutti siano già orientati, con unità di vedute, in una materia tanto importante, e più facile, rapida e sicura riesca, a suo tempo, la comprensione della dottrina tattica e dello spirito della nuova regolamentazione>>. Questa, come abbiamo visto, vide la luce nel 1928 e venne poi rielaborata nel 1935. Tra la circolare del 1926, le Norme per L'impiego tattico della divione del 1928 (4) e Je Norme per il combattimento della divisione del 1936 (5), sebbene tutte si riferiscano alla divisione ternaria, esistono talune differenze d'impostazione concettuale derivanti soprattutto dalla diversa visione della guerra futura. La circolare 5800 ipotizza 3 casi: il combattimento offensivo contro nemico in posizione, il combattimento difensivo su posizione, il combattimento d'incontro; la pubblicazione del 1928 esamina 2 sole ipotesi: l'azione offensiva e quella difensiva della divisione di prima schiera inquadrata in terreno libero; la pubblicazione del 1936 distingue l'azione offensiva a seconda che si concreti in un combattimento d'incontro o in un combattimento contro nemico in posizione e l'azione difensiva a seconda che si tratti di difesa di una posizione, di una sosta difensiva nel corso dell'attacco, di combattimento temporeggiante, di ripiegamento. Le pubblicazioni del 1928 e del 1936 estendono l'esame anche all'im-
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piego della divisione di seconda schiera e la pubblicazione del 1936 tratta, inoltre, il combattimento della divisione di fanteria nel forzamento e nella difesa dei corsi d'acqua ed il combattimento nei boschi, nonché l'impiego della divisione alpina, di quella celere e di quella motorizzata. La circolare 5800 è il testo di una conferenza più che di un regolamento. La visione della guerra e della battaglia assomiglia a quella del]' allora recente primo conflitto mondiale. Dal combattimento della divisione restano esclusi sia l'aviazione sia i carri armati: la prima ricordata solo per la sua attività esplorativa, i secondi neppure nominati in tutta l'esposizione. Protagoniste esclusive del combattimento sono la fanLeria e l'artiglieria. Circa l'impiego dei mezzi sussidiari la circolare si limita ad affermare che <<una parte deve facilitare l'azione combattiva delle truppe, l'altra consentire e illuminare la funzione di comando. Qui il tecnicismo dell'esecuzione prevale sul concetto d'impiego; perciò mi limito a ricordare l'insieme di questa attività senza addentrarmi in particolari che mi porterebbero troppo lontano e che, soprattutto, complicamlu l'espusuione, ne offuscherebbero i punti principali». Entro tali limiti, la circolare offre un quadro completo, razionale e chiaro del combattimento della divisione; si esprime con un linguaggio discorsivo conseguenziale, scorrevole e di facile comprensibilità; ha un tono didascalico più che precettistico inteso a dare luce al principio che in materia tattica il fatto prevale sull'idea, l'esecuzione sul concetto, la pratica sulla teoria e che ciononostante la teoria «se non è sufficiente, è necessaria, specialmente oggi che la tecnica è diventata immensamente complessa e la vittoria dipende, soprattutto, dallo sforzo coordinato di masse di armati. Ma per la continua variabilità dei fattori in giuoco, la teoria non può disciplinare tutte le forme e gli aspetti della lotta e deve limitarsi a semplici norme, per quanto è possibile, chiare e comprensive. È dovere degli esecutori applicare saggiamente queste norme ai singoli casi concreti, così che, pur mutando, di volta in volta, le modalità esecutive, lo spirito, la sostanza, della dottrina resti immutata». In queste righe della conclusione è indicato lo scopo della pubblicazione che, nei limiti già ricordati, raggiunge pienamente. Anche nella pubblicazione del 1928 protagoniste del combattimento della divisione restano la fanteria e l'artiglieria, le quali, però, agiscono in un ambiente tattico alquanto diverso da quello della circolare 5800. La presenza dell'aviazione e quella eventuale dei carri armati - sia pure questi ultimi come mezzi ausiliari della fanteria - è in più punti ricordata e sottolineata quale fattore di notevole rilievo del combattimento della divisione, specialmente in alcune fasi dell'azione. Sotto tale profilo la pubblicazione segna un passo in avanti nella concenzione della guerra
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futura, della quale offre un quadro meno distaccato dalla realtà e che in prospettiva era possibile fin d'allora immaginare. La pubblicazione si limita a trattare l'azione in terreno libero; per l'azione in terreno organizzato rimanda al contenuto delle Norme generali per l'impiego delle grandi unità delle quali essa costituisce, ad un tempo, il corollario al livello divisionale e l'anello di congiunzione tra quelle e le istruzioni d' arma. I continui rinvii alle Norme generali ed i frequenti richiami da un paragrafo all'altro del testo sfuocano le linee essenziali del discorso e non facilitano l'assimilazione delle norme, spesso soffocate, inoltre, da una casistica complessa e minuta. Il richiamo sistematico che viene fatto, per ogni fase dell'azione, al quadro più vasto del corpo d'armata e talora anche dell'armata risulta spesso pleonastico, in quanto presupposto della pubblicazione sono appunto le Norme generali senza la conoscenza delle quali la pubblicazione stessa non avrebbe un significato compiuto. Se la circolare, 5800 è più il testo di una conferenza che non un regolamento di tattica, la pubblicazione del 1928 ha tutti i crismi del regolamento, ma di un regolamento che assomiglia molto al copione di una rappresentazione, i cui atti e momenti siano programmati particolareggiatamente lasciando nulla o poca libertà d'iniziativa ai vari attori. I precetti si susseguono ai precetti, e, sebbene comprendano molte ipotesi e sottoipotesi, non le possono naturalmente abbracciare tutte, cosicché la pubblicazione finisce in pratica con il restringere, anziché ampliare come era negli intendimenti, la visione del combattimento della divisione in un quadro dove il risalto dei particolari diminuisce l' efficacia dell'insieme. Resta però il fatto che la pubblicazione ha il grande merito d'indirizzare il combattimento della divisione verso un più deciso e maggiore dinamismo di quello della circolare 5800, e di sottolineare meglio di questa la novità dell'ambiente tattico che veniva delineandosi sempre più diverso da quello dell'ultimo conflitto. Figlia delle Direttive per l'impiego delle grandi unità emanate l'anno prima, la pubblicazione Norme per il combattimento della divisione del 1936 è del tutto diversa da quella del 1928 sia perché ispirata al concettoguida della guerra di movimento sia, soprattutto, perché sfrondata di ogni superfluo, di ogni schematismo e di ogni tono tassativo: criteri e procedimenti vanno adattati alla situazione del momento. Sotto questo ultimo profilo essa segna il ritorno alla circolare 5800. Il suo leitmotiv è la massima: senza fuoco non si avanza, per cui la cooperazione tra le armi, specie tra artiglieria e fanteria, già considerata requisito indispensabile per il successo in tutte le pubblicazioni precedenti, diventa ora l' essenza stessa del combattimento. Di questo restano tuttora protagoniste la fanteria e l'artiglieria che si avvalgono però, ogni qualvolta necessa-
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rio e possibile, del concorso degli aerei e dei carri armati, anche nell' ambito della manovra divisionale, considerati non più elementi sussidiari, ma unità integrative e completive del combattimento divisionale, capaci di raggiungere risultati decisivi perché intrisecamente idonee ad applicare i principi della manovra e della sorpresa. La battaglia si vince a colpi di divisione, in quanto la divisione viene a costituire un tutto vitale, organico, raccolto, tale da assumere, anche negli aspetti esteriori, una individualità propria ed in quanto sulle sue modalità di combattimento inIluiscono in modo particolare gli aerei con compiti di esplorazione, di osservazione del campo di battaglia e di condotta del tiro di artiglieria, eventualmente di combattimento ed i carri armati d'assalto, di cui è provvista la fanteria, che accrescono la potenza e la possibilità di penetrazione della divisione. È una visione nuova e progressiva del combattimento che s'inquadra perfettamente nello spirito e nell'essenza delle Direttive del 1935 delle quali attenua lo stile enfaticamente lapidario, sebbene spesso, per evitare i richiami ed i riferimenti che avrebbero sottratto linearità al discorso, ne ripeta ad litteram le massime più significative. È da rilevare, infine, che la normativa divisionale del 1936 tiene conto delle innovazioni e trasformazioni operate, od in corso di attuazione, nelle unità di fanteria in seguito all'aumento di numero e di potenza dei mezzi di fuoco, aumento tale da consentire alla fanteria di procedere più speditamente anche nella zona in cui, per motivi di sicurezza, l'appoggio del1'artiglieria diventa meno aderente. Esistono naturalmente molti punti di coincidenza tra le tre pubblicazioni ed anche molte differenze che vanno oltre quelle accennate e che si riferiscono sia ai criteri sia ai procedimenti d'impiego; non v'è però bisogno di procedere all'analisi particolareggiata dei tre testi per desumere quale sia stato il processo evolutivo della normativa divisionale tra le due guerre mondiali, essendo sufficiente, a nostro avviso, riassumere il contenuto della pubblicazione del 1936 - che segna il punto di arrivo di tale evoluzione - limitando il discorso alla messa in rilievo, per ciascuna delle principali fasi dell'azione offensiva e difensiva divisionale, di quanto c'è di analogo, di nuovo e di diverso rispetto alle pubblicazioni precedenti.
2. «Alla perfetta efficienza della divisione - premette la pubblicazione del 1936 - sono indispensabili, nel comandante, prontezza d'in-
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tuito, energia, spirito di divisione e senso di responsabilità; nelle truppe, solidità e spirito aggressivo, capacità combattive, solidarietà e affiatamento tattico; nei seroizi, accurata organizzazione». Sulle qualità del comandante aveva molto insistito la circolare 5800: «sopra ogni altra condizione - chiara visione dello scopo da conseguire, perfetta conoscenza del terreno, precisa nozione delle possibilità morali, materiali e tecniche della propria unità, conoscenza del nemico - sta il carattere del comandante della divisione che dovrà essere audace, manovriero, animato da un costante spirito offensivo; ma nello stesso tempo fermo e calmo di fronte alle inevitabili fluttuazioni della lotta e pronto a spiare ogni circostanza opportuna .. . », mentre la pubblicazione del 1928, pur non soffermandosi esplicitamente sull'argomento, ne sottintende l'importanza allorché, azione per azione, fase per fase, fissa i vari compiti e doveri del comandante nell'impostazione, organizzazione e condotta della manovra, mettendone in risalto in maniera indiretta le stesse qualità enunciate dalle altre due pubblicazioni. Circa le qualità delle truppe non esistono riscontri diretti con le pubblicazioni precedenti nelle quali le forze spirituali, i valori morali e la preparazione addestrativa trovano solo qualche cenno sparso qua e là, mentre l'interconnessione tra tattica e logistica, che la pubblicazione del 1936 rende esplicita fin dalla premessa, dove si afferma che ogni azione tattica implica adeguata preparazione logistica, è già chiara nella pubblicazione del 1928 che le concede ampio spazio. Di tale interconnessione non vi era cenno nella circolare 5800. Sul ruolo e sulle funzioni della fanteria e dell'artiglieria la pubblicazione del 1936 si esprime nei seguenti termini: la fanteria è lo strumento principale e decisivo della lotta. Se essa avanza, tutti avanzano; se essa cede, tutti cedono. Le altre armi hanno il compito di cooperare al suo successo agevolandone l'avanzata nell'attacco, la resistenza nella difesa; l'artiglieria coopera con fuoco potente, concentrato e manovrato al successo della fanteria. Deve soprattutto facilitarne l'avanzata riducendo la capacità di resistenza del nemico in misura da consentire ai fanti di averne ragione con i propri mezzi. L'azione dell'artiglieria non può distinguersi da quella della fanteria. Un criterio rigorosamente unitario deve dominare l'impiego della divisione e, in particolare, quello delle due armi. Si tratta di concetti derivati dalla circolare 5800 e dalla pubblicazione del 1928, che nella pubblicazione del 1936 risultano elaborati più compiutamente ed espressi più incisivamente, ma essi sono sostanzialmente gli stessi. Leggiamo, infatti, nella circolare 5800 che occorre anzitutto ridurre la resistenza nemica a colpi di cannone per poi vincerla a colpi di battaglione e che compito essenziale dell'artiglieria è di aiutare la
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fanteria; nella pubblicazione del 1928, leggiamo che è la fanteria a segnare il ritmo dell'azione generale e che lo scopo del fuoco di artiglieria è di rendere possibile e rapido tale ritmo. La novità maggiore della pubblicazione del 1936 consiste nel mettere in rilievo che il rendimento della fanteria è soprattutto in relazione alle forze morali che la animano e che per conservare ed accrescere tali forze occorre: «lanciarla nel combattimento quando il suo sacrificio può essere compensato da risultati adeguati; curarne gelosamente il benessere materiale - concetto già espresso anche nella pubblicazione del 1928 là dove è scritto: Le truppe debbono sentire che il loro benessere è curato con avvedutezza e con abnegazione - evitarle fatiche che direttamente non la riguardano; animarla, anzi trascinarla, con gli atti e con l'esempio; non illuderla con la speranza di facili successi; prometterle poco, ma mantenere ad ogni costo quello che si promette; assisterla attentamente prima, durante e dopo il combattimento, osservandola continuamente nelle manifestazioni e nei mutamenti dei suoi stati d'animo; prevenire, con provvedimenti tempestivi e opportuni, quelle crisi che a volte possono manifestarsi in modo pericoloso». Nella pubblicazione del 1936 tale riferimento alle forze morali non è il solo. Sebbene con minore frequenza che nelle Direttive del 1935, la messa in rilievo dell'importanza delle forze morali, delle qualità intellettuali e della preparazione tecnico-professionale dei capi e delle truppe è una delle differenze più evidenti rispetto alla circolare 5800 e specialmente alla pubblicazione del 1928 che, impostata e sviluppata lungo una linea quasi esclusivamente tecnica o, meglio, positivista, bada alla realtà ed al concreto ed utilizza a ragione il metodo delle scienze positive, ma sembra quasi dimenticare il fattore spirituale, non meno importante e reale di quello tecnico, giacché la tattica è una disciplina bifronte, scienza ed arte ad un tempo. Le Nonne per il combattimento della divisione del 1936 temperano l'idealismo delle Direttive per l'impiego delle grandi unità del 1935 ed al tempo stesso ripudiano il positivismo delle Nonne per l'impiego tattico della divisione del 1928; esse insistono nel porre in rilievo come in determinate fasi del combattimento le forze dello spirito non siano meno determinanti di quelle materiali e della stessa preparazione tecnico-professionale. Da qui i richiami ai capi audaci e geniali (pg. 11); alle azioni condotte vigorosamente (pg. 13); alle artiglierie ardite e manovriere (pg. 13); alla iniziativa, decisione, fiducia in sé stessi e nei propri dipendenti (pg. 14); all'intuito, scaltrezza, audacia (pg. 14); alla necessità che l'azione deve essere sempre perfettamente compresa dalle truppe (pg. 17); agli occhi e cervello avanti il più possibile per vedere e decidere; alla sensibilità del comandante (pg. 31), di nuovo alla energia e decisione nello spingere l'attacco (pg. 32); ancora una volta all'intuito
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del comandante per decidere quando e dove lanciare la riserva (pg. 34); all'importanza nel combattimento d'incontro che l'attacco venga condotto con quadri ben addestrati, in alto e in basso, e spirito aggressivo delle truppe (pg. 38); nuovamente all'intuito del comandante per stabilire tempestivamente quando e dove attuare il dispositivo di avvicinamento nel!' attacco contro nemico in posizione (pg. 40); alla necessità di truppe fresche piene di slancio per l'inseguimento (pg. 46); al fatto che un lungo periodo trascorso in trincea sfibra lo spirito combattivo delle truppe più agguerrite (pg. 48); come pure al fatto che la cooperazione tra fanteria e artiglieria si assicura con il collegamento non soltanto tecnico ma spirituale (pg. 58); alla convinzione che l'efficienza difensiva di una posizione poggia soprattutto sullo spirito aggressivo di chi la difende (pg. 62) e che
chi si difende deve essere deciso a reagire violentemente con tutta l'anima protesa contro il nemico (pg. 62); all'esigenza che la difesa non sia rassegnata (pg. 65); al morale delle truppe nella circostanza del ripiegamento quando proprio perché le forze morali si deprimono ed i nervi si tendono occorre che emergano le doti di carattere e di comando dei capi e la saldezza dei gregari (pg. 74) e occorre infondere fiducia, calma e coraggio nei propri dipendenti (pg. 75); ancora una volta alla genialità di comandante per conciliare le esigenze op·e rative con quelle tecniche nel forzamento di un corso d'acqua (pg. 88); al superamento del senso di incertezza e di vuoto che si può determinare nel combattimento nei boschi (pg. 98). Dopo altri riferimenti alle forze morali - in sede di trattazione dell'impiego della divisione alpina: la montagna valorizza al massimo l'uomo (pg. 107); la montagna è quella che più di tutto esige forza di volontà, genialità di condotta, iniziativa, provvidenza di mezzi: è la vera scuola di comando (pg. 108); di trattazione della divisione celere: comandante di pronto intuito e larghe vedute, audace e sagace, fiducioso in sé e nelle sue truppe, unità in piena efficienza morale ... (pg. 113); di trattazione della divisione motorizzata: le caratteristiche del comandante sono molta competenza in materia di automezzi, grande equilibrio e serenità, prontezza d'intuito e di decisione, spiccato senso di orientamento (pg. 141) - la pubblicazione termina con la seguente conclusione: valore e spirito di sacrifizio
di gregari, potenza e modernità di mezzi, aderenza e adattabilità di norme d'impiego varranno a conseguire la vittoria solo se il capo saprà operare con slancio, genialità, forza di carattere, appassionato senso di responsabilità. Ispirazione e linguaggio assai diversi, dunque, da quelli dell'analoga pubblicazione del 1928 - dove una sola volta si accenna di sfuggita alla salda preparazione delle truppe (pg. 76) ed un'altra al sicuro intuito del comandante (pg. 85) - ma che trovano precedenti nella circolare 5800 quando tratta: della preparazione morale e professionale della divisione
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(pg. 8); dell'anima sola che deve esistere nella grande unità (pg. 9); dello spirito d'intraprendenza manovriera (pg. 16); della specie di sensazione dell'ambiente che è facoltà intuitiva e personale del comandante (pg. 32); della necessità che il comandante valuti la situazione con incrollabile freddezza, abbia la sensazione dell'ambiente, possegga sviluppato il senso delle possibilità, anche delle più audaci, che risiede nella capacità di intuito e nella forza di volontà (pg. 34); delle qualità artistiche personali del comandante (pg. 37); dello squilibrio dei fattori morali (pg. 38) il quale sfugJ,e alle indicazioni di un qualsiasi procedimento metodico (pg. 38); dello spirito offensivo della truppa e capacità di comando degli ufficiali (pg. 38); della reazione alla prostrazione delle forze (pg. 38); dell'interoento energico e volontà indomita di tutti i comandanti, da quello di divisione a quello di squadra (pg. 39); dell'audacia agJ,ressiva (pg. 40). Dove c'è piena concordanza di concetti in tutte e tre le pubblicazioni è sull'impiego della divisione, il quale poggia su due cardini essenziali: il coordinamento e la cooperazione. Il primo è unanimemente inteso come azione del comandante e del comando della divisione esercitata nella preparazione e nella condotta dell'azione mediante il maneggio delle 3 redini disponibili: il complesso della fanteria, ]a massa dell'artiglieria e la riserva. La seconda è non meno concordemente ritenuta funzione di tutti gli esecutori e risultato dell'unità di dottrina, di metodo, di linguaggio, di conoscenza e comprensione reciproche. Coordinare vuol dire orientare tutti gli sforzi per farli convergere nello spazio e determinarne il metodo così da farli coesistere (azioni concomitanti) o, quanto meno, razionalmente succedere (azioni sussidiarie) nel tempo, disciplinandone le modalità di attuazione in relazione allo scopo da conseguire, alle esigenze e alle possibilità delle singole armi. Cooperare vuol dire «colorire, con atti di legame spontaneo e con opportune iniziative, il pensiero direttivo e coordinatore del capo creando nella divisione un'anima sola tutta protesa verso lo scopo da raggiungere e pronta a cogliere ogni favorevole occasione per conseguirlo» (circ. 5800). Anche la pubblicazione del 1928 fa cenno all'indispensabile collegamento spirituale che non diminuisce l'utilità dei collegamenti materiali, ma dà sviluppo alla cooperazione tra le armi, specie tra artiglieria e fanteria, soprattutto sul piano tecnico, che non è trascurato, peraltro, neppure nella pubblicazione del 1936 che tratta l'argomento distintamente per l'attacco e per la difesa. In attacco «la cooperazione tra fanteria e artiglieria si assicura: con il · continuo, intimo collegamento materiale e spirituale per realizzare la perfetta intesa fra i comandanti onde garantire il sincronismo delle azioni delle due armi; con pattuglie di artiglieria distaccate presso i comandanti delle colonne dai gruppi destinate ad appoggiarle; con osservatori spinti
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avanti; con posti di comando delle due armi vicini quanto più possibile; con accordi chiari e precisi sulle modalità per le richieste di fuoco e la designazione di obiettivi che devono essere sempre adeguati e degni della potenza del mezzo di cui si richiede l'intervento». In difesa, «si assicura con: il collegamento diretto fra i comandanti delle unità di fanteria e artiglieria che difendono lo stesso settore (meglio se il posto di comando è unico); pattuglie di artiglieria ben comandate, dislocate presso i reparti di fanteria - collegamento questo non soltanto tecnico ma spirituale - anzi, quando la situazione lo consigli, lo stesso comandante di batteria o il vicecomandante deve portarsi in linea; intese chiare, precise, dettagliate per la pronta individuazione degli obiettivi o per l'immediato intervento; segnalazioni semplici e inequivocabili per le richieste di fuoco su tratti prestabiliti». In altre parole, la fanteria deve conoscere tutto dell'artiglieria (potenza di fuoco, possibilità di azione, zone battute, distanze di sicurezza frontali e laterali); l'artiglieria deve conoscere intimamente le esigenze e la manovra della fanteria (compiti di ciascuna colonna d'attacco o di ogni settore difensivo; terreno di azione; quali sono e dove si prevedono le difficoltà maggiori). «Senza il coordinamento dall'alto, continuo, potente, volitivo non vi potrà essere efficace cooperazione interna, perché alle iniziative più felici dei singoli mancherà quella pronta ed efficace sanzione superiore che è condizione essenziale perché quelle siano rese feconde di sostanziali e duraturi risultati» (circ. 5800). Il coordinamento si concreta in ordini ed alla base degli ordini è il concetto d'azione iniziale. Questo deve essere innanzi tutto semplice: «il comandante della divisione non deve generalmente ricercare concetti di azioni a vaste linee, di complicata e lunga esecuzione: il combattimento della divisione non è una cosa facile, ma deve essere una cosa semplice (circ. 5800); solo le idee semplici sono feconde di buoni risultati (pubbl. 1936). Come si giunga a concretare il concetto d''ilzione - che è il punto fondamentale dell'ordinamento e giova metterlo in chiara evidenza (circ. 5800) - è detto molto bene nella pubblicazione del 1928, la quale precisa che il comandante della divisione vi arriva gradualmente attraverso gli ordini, le direttive e le comunicazioni del comandante del corpo d'armata, nonché attraverso le ulteriori informazioni ottenute e le constatazioni fatte prima e durante l'avvicinamento e durante l'azione dell'avanguardia. Il concetto d'azione nasce fin da quando è nota l'azione complessiva che deve svolgere il corpo d'armata e si sono ricevute le indicazioni concernenti la divisione, ma esso si viene precisando e perfezionando a mano a mano nel tempo, come del resto la stessa organizzazione della manovra divisionale, in modo da evitare decisioni premature o da ritardare l'inizio dell'azione. Tale
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criterio di gradualità è fatto proprio dalla pubblicazione del 1936 che in proposito scrive: <<giungerà il momento in cui il comandante della divisione sarà in grado di concretare il concetto d'azione; ripartire i compiti tra le unità; coordinare nel tempo e nello spazio le loro azioni; disporre per l'alimentazione del combattimento in senso tattico elogistico». Questa ultima pubblicazione aggiunse che il comandante della divisione deve: «tradurre rapidamente le sue decisioni in ordini chiari, sintetici, precisi; diramarli in tempo e controllarli nell'esecuzione; limitarli alla fase iniziale dell'azione, salvo a intervenire poi tempestivamente in base allo sviluppo degli avvenimenti; non lasciarsi trascinare a continue oscillazioni di volontà e di ordini; può non accanirsi dove il nemico si mostra forte, ma premere senza tregua dove esso cede; tenere bene presente che elemento primo del successo è la sorpresa da perseguire con astuzia e che il segreto delle operazioni va garantito con ogni mezzo». L'indicazione particolareggiata degli argomenti che debbono formare oggetto dell'ordine di operazione, nell'azione offensiva ed in quella difensiva e per ogni fase di entrambe, è contenuta soltanto nella pubblicazione del 1928, nella quale sono altresì schematizzati, caso per caso, gli ordini che il comandante della divisione riceve dal comandante del corpo d'armata. La pubblicazione del 1936 non si attiene generalmente al criterio della schematizzazione - al quale ricorre solo in qualche caso - ma indica di volta in volta i criteri e le modalità che presiedono alla definizione dei vari elementi organizzativi (es. sforzo principale, obiettivi d'attacco, obiettivi intermedi, obiettivi eventuali, base di partenza, ecc.) da indicare ai comandanti in sottordine. Sotto tale aspetto essa, più che alla pubblicazione del 1928, assomiglia alla circolare 5800, che si limita ad indicare a grandi linee, senza nessuna elencazione particolareggiata, quali fossero le questioni che il comandante della divisione doveva risolvere per impostare ed organizzare il combattimento e precisamente: nell'azione offensiva, l'impiego della fanteria e quello dell'artiglieria, la cooperazione tra fanteria e artiglieria, l'impiego di mezzi ausiliari; nell'azione difensiva, lo schieramento delle forze e l'organizzazione della difesa (organizzazione del fuoco di fanteria e di artiglieria, del movimento, dell'azione di comando, del terreno). La pubblicazione del 1936, fedele alla premessa nulla di tassativo è qui contenuto, evita lo scolasticismo della pubblicazione del 1928 e poiché s'indirizza ai divisionari, ai generali di brigata e agli ufficiali superiori, dà per scontato che questi sappiano, di volta in volta, stabilire per proprio conto - senza seguire un tracciato obbligato - quali siano gli elementi necessari ed utili da far figurare nell'ordine di operazione. La pubblicazione del 1928 avrà la sua rivincita dopo la seconda guerra mondiale, quando lo
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schema dell'ordine di operazione verrà rigidamente fissato sia nell'ambito dell'esercito italiano sia in quello delle forze terrestri dell'alleanza atlantica.
3. La guerra, normalmente, s'inizia con il contatto delle opposte forze di copertura. Chi vuol prendere l'offensiva deve: rompere la copertura; penetrare nel suo territorio; affrontare il nemico in battaglia. Può darsi che il nemico intenda resistere in posto su posizioni preventivamente organizzate; oppure che, disponendo solo di una copertura ritardatrice, cerchi di opporre resistenza temporeggiante. È questo il quadro generale nel quale la pubblicazione del 1936 introduce l'impiego della divisione di fanteria nell'azione offensiva. Superata la copertura, dopo aver sfondato la fronte o dopo aver soverchiato la difesa temporeggiante, è necessario sfruttare immediatamente il successo. Da qui la necessità di avanzare rapidamente, ristabilire il contatto ed attaccare il nemico senza indugio sia che questi con il grosso delle forze attenda l'urto su posi:àoni arretrate, sia che muova incontro offensivamente. Nella marcia al nemico entrano in funzione l'esplorazione tattica aerea e terrestre e la sicurezza. La prima agisce nel raggio di azione dei corpi d'armata di prima schiera, che dispongono sia di unità per l'esplorazione aerea spinta sulla fronte da 50 a 100 km, e solo in casi eccezionali decentrata alla divisione, sia di unità per l'esplorazione terrestre (gruppo di squadroni di cavalleria rinforzato, quando occorra, da altri elementi celeri) spinta fino a 20 + 25 km dallo scaglione di sicurezza della rispettiva grande unità. Compiti, articolazioni e modalità di azione dell'esplorazione tattica aerea e terrestre sono, nelle linee generali, circa gli stessi di quelli che saranno poi meglio precisati e chiariti nella pubblicazione L 'esplorazione edita nel 1938 e già esaminata nel capitolo precedente (5). In particolare, all'esplorazione tattica terrestre le Norme per il combattimento della divisione del 1936, che sull'argomento ricalcano il contenuto della circolare 5800, ampliandolo e particolareggiandolo - la pubblicazione del 1928 non tratta, se non per inciso, l'esplorazione - attribuiscono il compito di ·prendere e mantenere il contatto con il nemico e precisano che ciò va fatto: se questi avanza stabilendo, direttrici di marcia, la presumibile forza e composizione delle colonne, le località successivamente ragJ,iunte; se è fermo, l'eventuale occupazione di posizioni avanzate, lo sviluppo, l'andamento, la continuità o meno e la consistenza della linea di sicurezza, la
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natura ed entità del dispositivo di sicurezza. A tale compito, che richiede intuito, scaltrezza e audacia, l'esplorazione terrestre provvede articolandosi in pattuglie e plotoni lanciati lungo direzioni determinate alla ricerca del nemico, del quale devono inviare frequenti notizie anche negative e in un grosso che segue con le sue forze riunite ed appoggia l'azione degli elementi avanzati procedendo, se necessario, a sbalzi, intesi a facilitare l'avanzata senza pregiudicarne il rapido sviluppo. Infine la pubblicazione conclude che il combattimento, mezzo efficace per esplorare, non è fine a sé stesso; vi si deve ricorrere quando indispensabile. La sicurezza ha, invece, il compito di garantire il grosso da ogni sorpresa e consentirgli di affrontare la lotta nelle migliori condizioni. Essa è affidata ad un apposito scaglione di sicurezza che inizia la sua azione quando si entra nel raggio d'incursione dei mezzi celeri motorizzati nemici - non più, come nelle due pubblicazioni precedenti, quando i grossi entrano nella zona d'azione efficace delle artiglierie nemiche di medio calibro (15-18 km dalle possibili posizioni di queste) - e completa e perfeziona il suo dispositivo man mano che dalla possibilità di urto con elementi celeri si passa a quella di incontro con le fanterie nemiche. Dispositivo di movimento che ·si trasforma poi, quando si arriva alla probabilità di urto con il grosso delle forze avversarie, in un dispositivo di attacco o <li difesa. Nel servizio di sicurezza in marcia lo scaglione di una colonna - mai superiore a un terzo della forza della colonna (nella pubblicazione del 1928, invece, l'avanguardia della divisione comprendeva due o tre battaglioni organici, suddivisi in avanguardie parziali, forti da uno a due battaglioni ciascuna) - si articola in: esploratori di fanteria che segnalano la presenza del nemico; robuste punte di sicurezza (almeno un plotone per ciascuna con pezzi anticarro, carri d'assalto) che muovono sull'itinerario delle colonne o su altri paralleli; grossn dello scaglione ripartito in testa e grosso dell'avanguardia con la batteria e l'eventuale artiglieria assegnata in rinforzo marcianti in coda. Circa le distanze tra i vari elementi in marcia, a semplice titolo orientativo, le Norme del 1936 indicano: 2-3 km tra esploratori e punte; tra punte e testa di avanguardia e fra questa e grosso: distanza tale da salvaguardare rispettivamente testa e grosso dal tiro improvviso di mitragliatrici pesanti; tra grosso d' avanguardia e grosso delle truppe: distanza tale da salvaguardare questo ultimo dal tiro dell'artiglieria leggera. Il servizio di sicurezza in stazione si effettua, nel raggio d'azione di elementi celeri nemici, con un dispositivo che comprende: posti di sorveglianza e segnalazione (provvisti di mezzi di trasmissione) spinti molto avanti lungo le principali strade in punti idonei all'osservazione e all'ascolto con il compito di evitare la sorpresa; posti di sbarramento (almeno un plotone per ciascuno, con armi anticarro),
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situati a tergo dei posti di sorveglianza e in punti di obbligato passaggio, con il compito di ostacolare l'avanzata del nemico, costringendolo a lasciare la strada e a procedere in formazione di combattimento; grosso dello scaglione di sicurezza con il compito di occupare a difesa in caso di bisogno una posizione di resistenza preventivamente scelta. Per le distanze fra gli elementi possono valere i seguenti criteri: posti di sorveglianza tanto avanti che la notizia dell'avvicinarsi del nemico giunga al grosso contale anticipo da dargli il tempo di schierarsi a difesa sulla posizione di resistenza; posti di sbarramento avanti al grosso dello scaglione di sicurezza quanto occorra per garantirlo dal tiro delle mitragliatrici pesanti avversarie; posizione di resistenza situata in modo da preseroare il grosso delle forze in stazione dai tiri dell'artiglieria leg,g,era nemica. Nel corso della marcia al nemico, la divisione assume il dispositivo di avvicinamento, articolandosi frontalmente e in profondità, per mettersi nelle migliori condizioni di ofiesa e di difesa, quando entra nel raggio d'azione del grosso nemico. È il comandante della divisione che stabilisce dove e quando la grande unità debba passare dalle formazioni di marcia a quelle di avvicinamento, se e in quale misura l'artiglieria debba essere decentrata, come questa debba procedere, dove e quando debba schierarsi e quali azioni svolgere. Sempre nel raggio d'azione del grosso nemico, la sicurezza si attua imbastendo l'occupazione di una posizione idonea allo scopo, schierandovi i battaglioni di primo scaglione, dislocando quelli di secondo ed eventualmente il terzo scaglione più indietro e spostati all'infuori, a buona portata e all'addiaccio, schierando l'artiglieria in misura da svolgere un'efficace azione di protezione. Lo spazio che le Norme del 1936 dedicano allo sfruttamento della copertura ed alla marcia al nemico (19 paragrafi in tutto, ciascuno abbastanza breve) è ben poca cosa rispetto ai due interi capitoli (73 paragrafi) dedicati all'avvicinamento ed all'azione dell'avanguardia dalle Norme del 1928. Ciò è dovuto ai vari motivi già messi in luce, ai quali sono da aggiungere l'esclusione dalla pubblicazione del 1936 di tutte le norme riguardanti specificatamente l'impiego delle singole armi (sul quale, invece, si sofferma la pubblicazione del 1928) e l'eliminazione di tutta la casistica riferita alle situazioni particolari ed ai vari ambienti naturali. È fuori dubbio che il procedimento metodologico del 1936 giovi alla sinteticità del linguaggio, e nulla sacrifichi di quanto è essenziale, ma alcuni degli argomenti omessi, trattati invece nella pubblicazione del 1928, sarebbe stato opportuno e conveniente includerli; in particolare: il concetto che la struttura iniziale del dispositivo divisionale fa sentire i suoi effetti fino al termine dell'azione; la distribuzione delle forze in ogni singola colonna; l'inscindibilità del battaglione di fanteria e della batteria di ar-
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tiglieria; il posto del comandante della divisione, dei comandanti delle singole colonne e del comandante dell'avanguardia durante il movimento; i mezzi di collegamento di maggiore affidabilità e convenienza; la non subordinazione del movimento delle avanguardie alla possibilità d'intervento delle artiglierie sulla loro fronte; l'esigenza che al momento in cui l'avanguardia sta per impegnarsi a fondo, qualunque sia il carattere della sua azione, il grosso delle fanterie della divisione deve aver serrato sotto e trovarsi pronto ad essere impiegato. L'accenno a tali criteri e modalità, che conservavano integra la loro validità anche nel 1936, avrebbe giovato al complesso della trattazione ed avrebbe reso sterile la critica d'incompletezza che venne rivolta alla pubblicazione.
4. Le Nonne del 1936 suddividono la trattazione dell'attacco in 3 parti: la prima comprendente i criteri generali, la seconda riguardante il combattimento d'incontro e la terza l'attacco contro nemico in posizione, sottolineando talune peculiarità dell'attacco diretto contro posizioni particolannente forti. La battaglia d'incontro - che non significa battaglia di sorpresa, ma scontro previsto fra avversari entrambi animati da volontà offensiva, in quanto non è oggi ammissibile che possa avvenire un urto improvviso e imprevisto tra forze rilevanti - e quella contro nemico in posizione differiscono essenzialmente nella impostazione e nelle fasi preliminari, mentre, nel loro successivo sviluppo e coronamento hanno comuni tutti i principali aspetti. L'attacco della divisione si concreta infatti, in genere, nella conquista di un obiettivo che implichi, direttamente o no, l'adempimento di un compito ricevuto. Tutta la genialità della concezione - è scritto nella circolare 5800 - si riduce a scegliere, quando già non sia stato indicato darla autorità superiore, questo obiettivo e detenninare la strada più facile per raggiungerlo. La pubblicazione del 1936 aggiunge che la direzione di attacco più redditizia è quella che mira al fianco nemico per avvolgerlo e che, se essa non è disponibile, bisogna sfondare la fronte, facendo massa dove appare meno forte. In sostanza si tratta di decidere, con concetto unitario, uno sforzo principale ed eventualmente, solo quando giovano ai fini dello sforzo principale, gli sforzi sussidiari opportuni per alleviare il primo, purché non abbiano semplice scopo dimostrativo perché, in tale caso, finirebbero per mascherare il concetto d'azione con pregiudizio dell'attacco principale. Se la fronte d'attacco della divisione è sensibilmente ristretta, il comandante della divisio-
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ne indica a ciascuna colonna un settore di attacco; se è ampia, indica le direttrici d'attacco a cavallo delle quali le colonne possono avanzare con maggiore libertà. Nella scelta del settore o delle direttrici si concreta, perciò, la sostanza del concetto d'azione; scelta che va determinata in funzione del nemico e del terreno in quanto occorre, specifica la pubblicazione del 1936, «valutare per ogni compito gli ostacoli da superare, tradurre sempre i compiti in obiettivi, destinare allo sforzo principale tutte le forze necessarie a costo di ridurre l'entità della riserva, agire a favore di esso con la maggiore quantità possibile di fuoco. Oltre l'obiettivo di attacco, specialmente quando questo sia lontano e si ravvisi la necessità di un più sicuro coordinamento dell'azione, il comandante della divisione può fissare alle colonne anche obiettivi più ravvicinati - obiettivi intermedi - che facilitino lo scavalcamento, come pure è opportuno che egli fissi un obiettivo eventuale, al di là di quello d'attacco, per l'immediato sfruttamento di quelle circostanze favorevoli che si presentassero dopo il raggiungimento dell'obiettivo di attacco». Nella parte dedicata ai criteri generali la pubblicazione del 1936 inserisce anche tutto ciò che si riferisce all'organizzazione dell'attacco che, invece, nella pubblicazione del 1928, costituiva un capitolo a sé stante. Indipendentemente dalla diversa collocazione e titolazione, l' organizzazione, in entrambe le pubblicazioni, ed anche nella circolare 5800, comprende essenzialmente lo schieramento delle truppe, Io schieramento delle artiglierie e le modalità per coordinare la manovra divisionale nel tempo e nello spazio e per assicurare la cooperazione tra le varie armi. «La divisione attacca - recita la pubblicazione del 1936 - con i battaglioni ripartiti in due aliquote: colonne (o colonna) di attacco e riserva». Mentre la composizione delle colonne e l'entità della riserva - questa costituita da un insieme di più battaglioni (possibilmente della stessa unità) - spettano al comandante della divisione, la ripartizione di battaglioni sulla fronte e in profondità nella colonna è compito dei comandanti delle colonne di attacco che devono effettuarla in base al concetto di azione del comandante della divisione ed al criterio di non esagerare nello scaglionamento in profondità a danno delle forze del primo scaglione. La colonna può essere ripartita eventualmente in 3 scaglioni incaricati di scavalcarsi a vicenda quando ciascuno abbia esaurito o quasi la capacità offensiva, di proteggersi i fianchi, 'di ampliare e perfezionare la manovra. Gli scaglioni muovono a distanza tale, l'uno dall'altro, da garantire la tempestività d'intervento e, in secondo luogo, la minore vulnerabilità possibile alle offese nemiche, non eccessivamente diluiti sul terreno per assicurarne la comandabilità. Altro elemento da definire è la base di partenza dell'attacco sulla quale far sostare, sia pure brevemente le truppe
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schierate prima di muovere all'attacco; sosta tanto più necessaria quanto più i battaglioni risultino intervallati, il terreno difficile e quanto più l'avvicinamento sia stato lungo e laborioso. Lo schieramento delle artiglierie deve essere il più avanzato possibile assicurando cosl l'efficacia e la continuità del fuoco senza ricorrere a mutamenti; consentire la manovra concentrata del fuoco su tutto il settore d'attacco della divisione o almeno su quello dello sforzo principale; favorire, per quanto possibile, l'occultamento delle batterie; facilitare il rifornimento delle munizioni. I compiti e gli obiettivi dell'artiglieria, l'indicazione di quali gruppi debbano dare appoggio specifico a ciascuna colonna e quali eccelionalmente debbano essere assegnati in proprio alle colonne, ed i limiti dello schieramento sono definiti dal comandante della divisione. Il comandante dell'artiglieria - che durante l'azione deve stare con il comandante della divisione - articola e schiera le unità, attribuisce loro compiti e obiettivi, organizza il tiro, l'osservazione ed i collegamenti gravitando il più avanti possibile, disciplina il consumo delle munizioni e ne assicura il rifornimento, provvede a mantenere il fuoco aderente alla manovra spostando, se necessario, le artiglierie. Criteri fondamentali: accentramento e schieramento avanzato. La preparazione è l'azione di fuoco che, prima dell'inizio dell'attacco, si propone di fiaccare le resistenze individuate mediante la distruzione di quelle passive che: le fanterie attaccanti sono costrette ad attraversare e la neutralizzazione di quelle attive che più direttamente possono ostacolare l'avanzata. Della preparazione è responsabile, nel suo settore d'azione, il comandante della divisione che deve prospettare nettamente e obiettivamente ai comandi superiori le sue necessità e provvedere affinché la preparazione si inizi e si compia nel tempo fissato e raggiunga i risultati voluti. Spetta ai comandi superiori inserire la preparazione della divisione nel quadro delle esigenze generali, fissarne inizio durata entità, fornire alla divisione il rinforzo di mezzi o di fuoco necessari. Alla preparazione possono concorrere le artiglierie delle grandi unità superiori e, se possibile, delle laterali, le unità aeree e le stesse armi della fanteria. Essa comprende azioni di spianamento, di controbatteria e di interdizione, di massima affidate rispettivamente alle artiglierie divisionali, se necessario rinforzate da quelle delle grandi unità di ordine superiore, alle artiglierie di corpo d'armata, alle artiglierie d'armata (l'interdizione lontana) ed a quelle divisionali rinforzate eventualmente da quelle di corpo d'armata e di armata (interdizione vicina). Perché la preparazione possa procedere rapida e sicura sono necessarie minute ricognizioni aeree e terrestri che accertino il maggiore numero possibile di notizie sul nemico (dislocazione e costituzione dei capisaldi, difese passive, andamento ed efficienza della
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posizione di resistenza e della zona di sicurezza, dislocazione delle artiglierie, delle riserve, delle centrali di collegamento, dei posti comando e degli osservatori). La preparazione deve: scatenarsi improvvisa e contemporanea; mantenersi terrificante all'inizio, movimentata e docile nello sviluppo; sfumare nelle azioni di appoggio per ingannare l'avversario sul momento e sulle zone d'irruzione; considerare della massa di fuoco l'effetto materiale e morale. La durata deve tendere, in ogni caso, a valori minimi per cui sono necessarie una organizzazione rapida e una violenta e rapida esecuzione. La definizione della durata non è tanto il risultato di un computo puramente materiale, ma il prodotto della sensibilità del comandante che deve decidere se convenga valersi preventivamente del fuoco o sfruttare, con la sorpresa e la manovra, lo spirito offensivo delle truppe e la potenza del fuoco organizzato e manovrato a massa. Un'organizzazione dell'attacco effettuata rapidamente e completata durante la notte - per consentire alla fanteria attaccante rinforzata da carri d'assalto di sfruttare l'oscurità per avvicinarsi al nemico fino a distanza di sicure~~a, lanciarsi all'attacco all'alba dopo un'improvvisa breve violenta preparazione di artiglieria e soprendere l'avversario - può conseguire risultati decisivi. Durante la preparazione le fanterie debbono essere in grado di poter intervenire secondo il terreno dalla base di partenza con colpi di mano per chiarire situazioni locali, occupare punti favorevoli all'attacco, ingannare il nemico sul momento dell'inizio dell'attacco. La base di partenza meno è distante dalle posizioni da attaccare e più consente risparmio di sangue e di energie, per cui è abile quella fanteria che riesce a serrar sotto il più possibile. Sferrato l'attacco, occorre spingerlo con energia e decisione. I battaglioni devono procedere alla conquista degli obiettivi, raggiungerli, superarli, sfruttare al massimo il successo. La riserva va lanciata per portare l'attacco in profondità o per allargare la breccia. Va impiegata a massa dove si delinea il successo o dove si vuole crearlo. Quando lanciarla, non può essere prestabilito, dato che l'imprevisto regna sovrano nella battaglia; dipende più che altro dall'intuito del comandante; è frutto della sua genialità, del suo carattere. È errore proiettare nuove forze sullo sforzo principale se questo non riesce a guadagnare terreno e non si prevede che possa farlo; meglio è trasformare in principale uno sforzo sussidiario bene avviato facendo convergere a favo re di esso le riserve, cioè massa di fuoco e battaglioni ancora disponibili. La riserva è, infatti, duplice: di fuoco e di battaglioni, la prima è tanto più efficace quanto più il fuoco è accentrato e manovrato; la seconda deve essere forte quanto più è possibile purché non venga pregiudicata la necessaria consistenza delle truppe di primo impiego. L'impiego della riserva deve essere sostenuto da tutti
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i mezzi disponibili, primo fra essi il fuoco d'artiglieria che è il mezzo più efficace per affermare e far trionfare la volontà del comandante. Le peculiarità del combattimento d'incontro riguardano in particolare l'esplorazione, la sicurezza e l'inizio dell'attacco. L'esplorazione aerea deve essere molto intensa e continua, quella terrestre spiccatamente aggressiva, spinta in profondità e sui fianchi delle colonne e il più avanti possibile, diretta a tormentare il nemico con insistenza e caparbietà. La sicurezza deve essere robusta, serrata, capace di compiti offensivi oltre che protettivi. Lo scaglione di sicurezza si trasforma, a circa una tappa dal nemico, in primo scaglione del dispositivo divisionale che da quel momento si articola: in un nucleo esplorante che si plasma sul contorno esterno del dispositivo nemico; in un primo scaglione divisionale costituito da battaglioni affiancati che procedono in contatto o in collegamento; nel resto delle forze articolate sulla fronte ed in profondità in conformità del concetto d'azione e del compito; nella massa delle artiglierie gravitante verso la testa del dispositivo. È di capitale importanza precedere l'avversario nell'assumere l'iniziativa dell'azione e pren<len: subilo su di esso_il predominio. Da qui le esigenze di determinare rapidamente il centro di gravità dell'attacco, aumentare se necessario il numero dei battaglioni in primo scaglione, rinunziare inizialmente all'azione accentrata dell'artiglieria, coordinare subito l'azione delle varie armi anche, quando necessario, stabilendo linee di riferimento e di attestamento che non solo favoriscono la certezza della situazione (linee di riferimento sulle quali non si sosta, ma dalle quali le colonne comu'nicano l'ora e le condizioni in cui le raggiungono) ed il completamento dell'organizzazione (linee di attestamento dove si sosta per riordinarsi e perfezionare i collegamenti), ma anche una più intima intesa con le unità aeree. L 'occhio in alto che scruta e orienta è elemento del più grande valore. Il comandante della divisione, quando l'urto appare imminente, decide se attaccare subito od arrestare la fanteria sopra una linea di attestamento per assicurarle un più efficace appoggio dell'artiglieria, tenendo presente che la sosta va effettuata solo quando la situazione lo impone. Òccorre, in ogni caso, attaccare con decisione per la via più breve e nella direzione che appaia più redditizia per rovesciare il nemico. Se l'attacco riesce occorre sfruttare il successo puntando in profondità per giungere fino alle batterie nemiche, sorprenderle in crisi di schieramento e travolgere e inseguire con rapidità e sicurezza. In caso diverso, senza desistere dall'intento, ripresa alla mano tutta l'artiglieria e raccolti tutti i battaglioni disponibili, il comandante della divisione ordina l'attacco in una sofa direzione, con un concetto semplice e con la volontà di andare in fondo. Per sviluppare tale secondo attacco occorrono: rapidità di decisione, si-
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curezza nell'azione di comando, impiego accentrato dell'artiglieria, immediatezza di organizzazione dell'attacco e di preparazione dell'artiglieria, garanzia di cooperazione tra tutti i mezzi disponibili. «Se anche quest'ultimo sforzo non riesce si guadagna, quanto meno, il tempo necessario a rafforzarsi sul terreno in attesa dell'intervento di unità di seconda schiera». Se il nemico è in posizione, l'attaccante può meglio scegliere la direzione che risponda al proprio compito, effettuare l'avvicinamento e lo schieramento ordinatamente e lanciare l'attacco dopo averlo adeguatamente organizzato. Il passaggio dalle formazioni di marcia a quelle di avvicinamento è stabilito dal comandante della divisione, secondo il suo intuito, con il criterio di conciliare le esigenze di prontezza d'impiego, di minor fatica possibile e di riduzione della vulnerabilità dalla vista e dalle offese nemiche. Il comandante deve: articolare la divisione fissando il numero delle colonne, il compito e la costituzione di ciascuna di esse; tenere le forze allo stato potenziale; mantenerle scaglionate in profondità; costituire una forte riserva; ripartire le artiglierie fra le varie colonne «in base alle prevedibili necessità d'impiego, alla percorribilità del terreno e assegnando le artiglierie di accompagnamento allo scaglione di sicurezza per un più pronto impiego». L'avvicinamento comprende due fasi. Nella prima: le colonne muovono lungo le rotabili; la riserva, riunita o divisa, segue le colonne; le artiglierie di corpo d'armata avanzano a sbalzi a tergo delle divisioni di prima schiera; le artiglierie e i reparti mitragliatrici contraerei si spostano a sbalzi e si scaglionano in modo da proteggere essenzialmente le zone sensibili; l'esplorazione aerea continua a rilevare la situazione nemica oltre il margine raggiunto dall'esplorazione terrestre. La prima fase prosegue fino a quando loscaglione di sicurezza, raggiunto il nucleo esplorante, lo sostituisce e lo svincola dal nemico. Nella seconda fase, le colonne abbandonano le rotabili, si snodano in colonne minori e assumono nuove formazioni; lo scaglione di sicurezza elimina rapidamente gli elementi avanzati nemici con azione condotta con slancio e risolutezza, evitando ogni arresto e godendo dell'appoggio dell'artiglieria divisionale che in questa fase va tenuta piuttosto avanti e in buone condizioni di rapido schieramento. L'avvicinamento può sboccare senz'altro nell'attacco a fondo od avere termine ed è più probabile - con una sosta necessaria per una più completa organizzazione dell'azione. La durata della sosta è stabilita dal comandante del corpo d'armata; essa è influenzata anche dal diverso grado di saldezza dell'organizzazione difensiva nemica. Nel caso di attacco di posizioni saldamente organizzate - attacco che chiameremo massimo - la preparazione (di artiglieria) richiede invece la messa in opera di mezzi in-
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genti e un'organizzazione complessa. Fra i due estremi - urto tra avversari in movimento e attacco di posizioni saldamente difese - esistono situazioni intermedie da valutare caso per caso. Contro posizioni particolarmente forti: ai settori di azione e di attacco viene attribuita ampiezza tanto minore - come dato generico, orientativo, la fronte della divisione varia dai 2500 ai 1500 metri - quanto maggiori devono essere lo scaglionamento in profondità delle forze e l'accentramento dei mezzi; l'attacco può durare più di un giorno e richiedere l'entrata in linea di divisioni di seconda schiera ed essere eseguito per fasi anziché in un sol tempo. Il successo non può essere limitato alla conquista dell'obiettivo, ma occorre sfruttarlo al limite di ogni umana possibilità, perché la vittoria è decisiva solo quando porta alla distruzione o almeno alla disorg,anizzazione del nemico. In campo aperto, il successo si sfrutta con la manovra di avvolgimento e di aggiramento sostenuta da poderosi e immediati concentramenti di artiglieria; contro nemico che si difende in posto, con la manovra di sfondamento della fronte in uno o più punti mirando a scardinare i tratti ancora efficienti per aprire più larga breccia all'ulteriore manovra intesa a forzare i settori non direttamente impegnati. Il successo viene sfruttato dalle stesse unità che l'ottengono, ove ne siano in grado, e, successivamente, dalle unità di seconda schiera. Tutto ciò richiede una riserva pronta, il decentramento delle artiglierie alle unità di fanteria spinte avanti, la costituzione di ra?J!,ruppamenti tattici, agili, audaci, aderenti alle situazioni contingenti, la perfetta disciplina stradale per assicurare la rapidità dei rifornimenti e degli sgomberi e la vigilanza e conoscenza di quanto accade alle ali. L'inseguimento è l'atto risolutivo della lotta; deve realizzarsi con azione rapida, decisa, irruenta per precludere al nemico battuto ogni possibilità di reazione e ogni via di scampo ed essere affidato a truppe fresche piene di slancio. Queste, costituite da qualche battaglione con carri d'assalto e artiglieria leggera, prevengono il nemico nei punti di obbligato passaggio; impiegano il fuoco che non dà tregua, che insegue e ingabbia, non si indugiano in azioni frontali ma scivolano alla ricerca dei vuoti laterali e, trovatili, s'infiltrano e procedono senza soste fino al momento in cui il compito dell'inseguimento a largo ra?J!,io sarà assunto dalle grandi unità celeri. L'inseguimento deve consentire di non perdere il contatto con il nemico e di agganciarlo fino al suo totale annientamento. In conclµsione, l'azione offensiva delle Norme del 1936 non è molto diversa da quella delle Norme del 1928. Identici i principi di massa, sorpresa, manovra, sicurezza; quasi identici, altresì, i principali criteri d'impiego delle forze e del fuoco (attacco diretto sui punti deboli del
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nemico, concentrazione a favore dello sforzo principale, fuoco manovrato e concentrato dell'artiglieria, impiego a massa della riserva, immediatezza dello sfruttamento del successo); analoghe le indicazioni circa gli elementi fondamentali da prendere in esame per la concezione (compito, obiettivi, settore d'attacco e direzione, fasi dell'azione), l'organizzazione (schieramento delle truppe e schieramento delle artiglierie) e la condotta (riserva di fuoco e di battaglioni). Le differenze tra le pubblicazioni sono quelle di ordine generale già elencate ed altre di carattere peculiare riguardanti soprattutto le modalità d'azione e i procedimenti tattici che, nella pubblicazione del 1928, sono assai più particolareggiati e cadenzati ed hanno un tono quasi vincolativo, mentre in quella del 1936 sono assai più liberi e sciolti. La differenza di fondo è che le Norme del 1936, nella sostanza e nella forma, delineano un'azione offensiva di ben maggiore potenziale dinamico, nella quale la continuità e la rapidità di movimento - nella marcia al nemico, nell'avvicinamento, nell'attacco, nello sfruttamento del successo e nell'inseguimento - hanno la priorità sugli altri aspetti della manovra.
5. Varie le circostanze che possono imporre l'azione difensiva anche nel quadro della guerra di rapido corso e frequentemente, sul piano locale, anche nel corso di una battaglia e di un combattimento offensivo. Il motivo di fondo che può determinare il ricorso alla difensiva è, di massima, l'inferiorità delle forze. Nell'atteggiamento difensivo l'iniziativa è del nemico: chi lo assume è costretto a subire l'iniziativa dell'avversario. Le possibilità di trarre il massimo rendimento dal proprio fuoco, di sistemare il terreno, di manovrare, di organizzarsi in modo da procurarsi il maggior numero di notizie sul nemico e da logorarlo con il fuoco e le reazioni di movimento consentono alla difesa di controbilanciare l'inferiorità delle forze e la perdita dell'iniziativa iniziale. Difendersi vuol dire mantenere il possesso del terreno che si occupa esercitando il massimo sforzo di cui si è capaci; in qualche circostanza vuol dire solo guadagnare tempo. L'atteggiamento difensivo è, alla lunga, deprimente - un lungo periodo trascorso in trincea sfibra lo spirito combattivo delle truppe più agguerrite - per cui conviene condurre la difesa con azioni di movimento bene organizzate ed alternare le truppe che operano nei settori di maggiore impegno con quelle che presidiano settori meno attivi. La difesa, insomma, deve essere elastica e manovrata. Essa si basa sul sistema
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osservazione-collegamenti-fuochi-reazioni di movimento e si sviluppa mediante le azioni preliminari di artiglieria, la contropreparazione, la resistenza e il contrattacco. La scelta della posizione da occupare - che può avvenire sia fuori della pressione nemica sia sotto l'inca/zare degli avvenimenti - è un grosso vantaggio che, specialmente nel primo caso, consente l'organizzazione del sistema in misura tanto più accurata quanto maggiore è il tempo a disposizione prima che il nemico giunga a contatto. L'organizzazione del sistema, con una saggia ripartizione del lavoro, può essere contemporanea e ciò riduce i tempi di sviluppo. In profondità la sistemazione difensiva comprende normalmente: una posizione di resistenza nella quale si lotta ad oltranza per infrangere l'attacco nemico; una zona di sicurezza, antistante la posizione di resistenza, con il compito di fornire informazioni sul nemico, evitare sorprese, logorare e arrestare l'esplorazione nemica, opporre le prime parziali e temporanee resistenze; una zona di schieramento, retrostante la posizione di resistenza, nella quale si schierano le artiglierie, il secondo scaglione e la riserva; può essere stabilita una posizione di raccolta che ad un tempo costituisce luogo di raccolta e di successiva difesa in caso d'improvviso cedimento della posizione di resistenza, eventuale base di partenza per i contrattacchi, elemento di protezione per lo schieramento delle artiglierie. Il complesso dell'organizzazione è ripartito: nel senso frontale in settori di corpo d'armata, di divisione, di reggimento, di battaglione; in profondità è soggetto a variazioni sensibili in rapporto al terreno, che può imporre, al limite, di rinunziare alla posizione di raccolta e di costituire 1~ zona di sicurezza con pattuglie aventi il solo compito di dare l'allarme. I limiti di settore nel senso della fronte devono costituire elementi di saldatura e non di separazione, non coincidere con vie di facilitazione, essere ben precisabili sul terreno, favorire l'incrocio dei fuochi delle unità contigue e l'afflusso dei rincalzi e delle riserve per ridurre il più possibile la debolezza insita in queste congiunzioni. I criteri che presiedono alla determinazione della profondità della posizione di resistenza ed a quella della zona di sicurezza sono rispettivamente la profondità di schieramento dei battaglioni di primo scaglione destinati a presidiarla e la condizione che buona parte delle artiglierie divisionali possano arrivare a proteggere le truppe che sono schierate nella zona di sicurezza. Diversamente dalle Norme del 1928 - che specificavano, per i terreni accidentati o piani, i valori medi orientativi della profondità (per la zona di sicurezza: in relazione alle esigenze dell'osservazione e dei collegamenti; per la posizione di resistenza: un migliaio di metri; per la zona di schieramento: 5 o 6 chilometri dietro la linea di resistenza; per la posizione intermedia: - tale allora la denominazione della posizione di attesa - 2 + .3
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chilometri dalla linea di resistenza) - le Norme del 1936 indicano solo i criteri di massima ai quali attenersi in relazione ai compiti, al terreno, alle forze disponibili, alle speciali contingenze. La divisione - a seconda dell'ampiezza del suo settore e dell' ausilio che può trarre dal terreno - si schiera su due o tre scaglioni. Le forze del primo scaglione debbono garantire una tenace difesa; in caso che la disponibilità sia esigua rispetto alla fronte da difendere, è preferibile adottare una difesa decisamente manovrata. I battaglioni di primo scaglione difendono ad oltranza la loro posizione di resistenza con il fuoco e con il contrassalto e distaccano pochi elementi in zona di sicurezza con il compito di ostacolare e, se possibile, arrestare l'avanzata di forze nemiche; i battaglioni di secondo scaglione vengono impiegati per ridare profondità alla posizione di resistenza là dove il suo margine anteriore sia stato eroso dall'attacco nemico, sostenere e rinvigorire l'azione dei battaglioni di primo scaglione specie in vista di un contrattacco, sostituire i battaglioni di primo scaglione logorati ed esauriti. Nel caso di schieramento su 2 scaglioni, il secondo costituisce riserva. Esso può essere formato da un intero reggimento, o da battaglioni dei reggimenti che presidiano la posizione di resistenza. Nel caso di settore ristretto ed importante è consigliabile Io schieramento su 3 scaglioni: il primo presidia la posizione, il secondo costituisce riserva di settore, il terzo riserva divisionale. Anche le divisioni d'ala si schierano, di massima, su 3 scaglioni. Con il secondo e terzo scaglione operano anche le truppe suppletive battaglioni bersaglieri o camicie nere - assegnate in rinforzo alla divisione. Lo schieramento delle artiglierie divisionali - il cui obiettivo principale è la fanteria attaccante - per assicurare l'efficacia e la continuità del fuoco d'interdizione vicina e di protezione anche nell'interno della posizione di resistenza, deve essere piuttosto a"ctrato e profondo. È contro la fanteria attaccante che tale fuoco deve accanirsi: agendo davanti e nell'interno della zona di sicurezza e, in particolare, sul terreno immediatamente antistante la linea di resistenza; concentrando l'azione sui punti di obbligato passaggio; effettuando tiri di repressione per preparare ed appoggiare il contrattacco. · Tali i principi ed i criteri dell'impianto concettuale dell'azione difensiva da parte del comandante della divisione che, sulla base delle notizie dell'esplorazione tattica aerea e terrestre e del terreno, formula il concetto con cui intende condurre la difesa e lo comunica poi, sulla posizione, ai comandanti di artiglieria, del genio e delle unità di fanteria. A questi inoltre precisa il settore della divisione, la linea di resistenza, la linea di sicurezza fissando gli elementi del terreno che le identificano; definisce i settori di reggimento e le linee di contatto nonché le mo-
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dalità per garantire la saldatura; indica altresì nelle grandi linee lo schieramento delle forze (reparti sulla posizione di resistenza e riserva); fissa i compiti dell'artiglieria, del battaglione mitraglieri divisionale ed eventualmente dei carri. Il comandante della divisione stabilisce, infine, compiti e forza della zona di sicurezza; dà direttive per l'impianto ed il funzionamento dei servizi, per la sistemazione del terreno; assegna i compiti alle unità del genio. L'organizzazione di un'efficace, rapida e continua azione di comando poggia su di un servizio di sicurezza e di osservazione aereo-terrestre attivo, vigile, pronto e su posti di comando e mezzi di collegamento perfettamente funzionanti prima e durante il combattimento. L'organizzazione del fuoco poggia anch'essa, innanzitutto, sull'osservazione e su di una sicura rete di collegamenti molteplici tra posti di comando ed organi esecutivi. Il fuoco della fanteria deve creare una zona d'intransitabilità tanto più densa e continua quanto più il terreno faciliti l'attacco, mediante il ricorso a tiri d 'infilata incrociati e radenti sul terreno immediatamente antistante la linea di resistenza erogati da centri di fuoco (riuniti o no in capisaldi), presidiati da squadre e plotoni rinforzati, se occorre, da squadre e plotoni mitraglieri (il battaglione mitraglieri divisionale può essere impiegato tutto riunito o per compagnie decentrate ai battaglioni di primo scaglione). Il fuoco dell'artiglieria deve assicurare la protezione davanti ai tratti più deboli o sensibili della posizione di resistenza e l' azione a massa dove le esigenze del combattimento richiedono. L'artiglieria divisionale - eventualmente rinforzata da quella di corpo d'armata - svolge azioni di interdizione (vicina), protezione, repressione, ingabbiamento. Le artiglierie di corpo d'armata e di armata: concorrono a rinforzare il fuoco delle artiglierie divisionali; svolgono azioni di controbatteria sempre che non sia più opportuno intensificare il fuoco contro la fanteria attaccante, bersaglio il più pericoloso per chi si difende; svolgono azioni d'interdizione lontana. Il fuoco di fanteria e di artiglieria deve, insomma, essere organizzato in modo da scatenarsi automaticamente e con la ma?,giore efficacia in ogni momento e in qualsiasi circostanza. Responsabili del mancato o ritardato intervento sono e chi non lo richiede e chi non lo dà in tempo. Nei riguardi delle unità mitraglieri e di artiglieria divisionale è colpevole quel comandante che, incaricato della protezione di un dato settore, non interviene tempestivamente, ne sia stato o no richiesto. L'organizzazione del movimento riguarda il contrassalto, il contrattacco, la controffensiva. Il contrassalto è compito dei rincalzi di compagnia e di battaglione di primo scaglione; deve essere rapido, violento, tempestivo; è sostenuto dall'artiglieria nel senso che questa intensifica la protezione davanti ai tratti intaccati. Il contrattacco è compito
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di unità consistenti (un battaglione al minimo); ha la forma di un vero e proprio atto offensivo inteso a ristabilire la situazione là dove il nemico è penetrato nella posizione di resistenza; è preceduto dal tiro di repressione che può trasformarsi in tiro di appoggio o di ingabbiamento; è effettuato su ordine dei comandanti di settore reggimentale o di divisione; è favorito dall'intervento di carri armati e di assalto che nella circostanza possono agire come in offensiva. La controffensiva è compito delle unità di seconda schiera. La sistemazione del terreno - elemento assai importante ma non determinante dell'apprestamento difensivo; senza trincee, senza reticolati si può e si deve combattere e resistere - tende a: rendere maggiormente sicura l'azione di comando; conferire la massima efficacia al fuoco; dare la maggiore protezione possibile agli uomini, alle armi ed alle munizioni; consentire le migliori condizioni di vita ai comandi e alle truppe; impedire o ritardare il movimento avversario. In sintesi, una sistemazione complessa che mira a creare: nella zona di sicurezza, interruzioni ed ostacoli per ritardare e logorare l'irruzione nemica e l'azione dei carri armati nemici; davanti alla linea di resistenza: ostacoli materiali - soprattutto reticolati - mascherati e nello stesso tempo efficacemente battuti; nella posizione di resistenza: una serie di capisaldi collegati con trincee, il tutto mascherato in modo da renderne difficile l'individuazione; nell'interno: se utili, ed anche nell'immediato rovescio della posizione di resistenza, appostamenti per centri di fuoco e ripari per i rincalzi; in zona di schieramento: ripari per la riserva, per le batterie e per gli elementi avanzati delle batterie nonché costruzione di vie di facilitazione di accesso alla posizione e di' afflusso del contrattacco e, ovunque necessari, osservatori, posti di comando e collegamenti protetti. La sistemazione va effettuata con alacrità e in base a pro-
grammi organici che si realizzano contemporaneamente attraverso una ben precisa ripartizione di compiti e di mezzi. Ed ecco, infine, la descrizione dello svolgimento dell'azione difensiva fatta dalla pubblicazione del 1936. Se l'occupazione avviene fuori della pressione nemica, essa si effettua sotto la protezione dell'esplorazione terrestre e dello scaglione di sicurezza che viene ritirato non appena la difesa abbia raggjunto efficienza adeguata, mentre l'esplorazione rimane a contatto con il nemico e lo mantiene anche quando è costretta a ripiegare, per romperlo «bruscamente appena entra nel raggio di azione del fuoco della difesa e per portarsi sul rovescio della posizione difensiva. Se si passa dall'atteggiamento offensivò a quello difensivo sotto la pressione nemica, la difesa: occupa una posizione arretrata rispetto alla linea di contatto; la organizza con truppe di riserva sotto la protezione di quelle avanzate e dell'esplorazione aerea; appena pronta, fa ripie-
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gare le truppe avanzate sul tergo della posizione stessa. In tutti i casi la difesa deve: reagire efficacemente con il fuoco ed il movimento; servirsi dell'osservazione aerea e terrestre per individuare le zone di ammassamento delle fanterie e dei carri armati e quelle di schieramento delle artiglierie; intuire il momento d'inizio della preparazione nemica e fornire alla propria artiglieria gli elementi che contribuiscono ad accrescere l'efficienza della contropreparazione. L'artiglieria divisionale, appena le fanterie nemiche si svelano, interviene per logorarle e nel contempo per proteggere, durante la prima resistenza ed il loro eventuale ripiegamento, gli elementi avanzati di sicurezza; successivamente effettua azioni preliminari per ostacolare i preparativi nemici per l'attacco, azioni alle quali concorrono le artiglierie di ordine superiore; partecipa alla contropreparazione - misura, inizio, sviluppo, ritmo sono fissati dal comandante del corpo d'armata - secondo il piano prestabilito entrando in azione improvvisamente e contemporaneamente per: battere basi di partenza e località di dislocazione dei rincalzi, riserve, comandi, centri di collegamento; paralizzare le colonne di attacco ingpbbiandole; controbattere le artiglierie nemiche più pericolose; disorganizzare ed impedire il funzionamento dei servizi. Appena si delinea l'attacco, le artiglierie divisionali convergono immediatamente il fuoco sulle fanterie nemiche, mentre le fanterie aprono il fuoco solo quando le fanterie nemiche giungono a portata di tiro efficace, svolgendo azioni di interdizione prima e di arresto poi. Durante la resistenza i capisaldi resistono anche se avvolti e oltrepassati, i centri in profondità assicurano la continuità dei fuochi; i rincalzi contrassaltano. Se, nonostante la resistenza, il nemico penetra in un tratto della posizione di resistenza, esso viene contrattaccato con i battaglioni di secondo e terzo scaglione, mentre le grandi unità di riserva provvederanno successivamente o a ristabilire Ja situazione se ancora compromessa·od a sfruttare il successo passando alla controffensiva. La sosta difensiva nel corso dell'attacco, se di breve durata, la si effettua senza rinunziare a nessuna condizione di favore determinatasi per la ripresa offensiva e, precisamente, in primo tempo creando una prima rete di fuoco e riprendendo alla mano i reparti scavalcati per costituirsi una riserva, e, in un secondo tempo, modificando se necessario, e possibilmente di notte, lo schieramento e rafforzando con lavori speditivi la posizione. Se la sosta si prevede sia di lunga durata, e qualora le posizioni raggiunte non si prestino alla difesa, questa la si organizza su posizioni arretrate più favorevoli, presidiate dalle truppe in riserva, mentre l' arretramento delle truppe avanzate va effettuato, se necessario e possibile, per scaglioni e di notte. Il combattimento temporeggiante consiste nell'opporre resistenze tem-
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poranee su posizioni successive e si concreta in un'abile manovra di scaglioni, di norma due, dei quali mentre uno resiste sulla posizione antistante, l'altro raggiunge e si dispone a difesa su quella retrostante per raccogliere il primo e resistere a sua volta. Poche posizioni distanti tra loro quanto necessario per costringere il nemico ad una nuova organizzazione dell'attacco e ad un nuovo schieramento delle artiglierie; abbandono della posizione antistante solo quando la retrostante sia efficiente; occupazione delle posizioni limitata ai soli punti di particolare importanza con gli spazi interposti sorvegliati e battuti dal fuoco; resistenza basata essenzialmente sul fuoco colpendo /'avversario il più lontano possibile {schieramenti di artiglierie piuttosto avanzati e nuclei di mitragliatrici spinti avanti), evitando di lasciarsi impegnare in combattimenti ravvicinati e contrattaccando soltanto quando un'improvvisa, rapida avanzata dell'attaccante raggiunge la difesa prima che sia riuscita a sottrarsi: questo il quadro dell'azione. Il ripiegJJmento - che ha caratteri comuni con il combattimento temporeggiante, ma che ne differisce perché più che a guadagnare tempo mira a guadagnare spazio e per le modalità di esecuzione - si sviluppa in 5 fasi: costituzione della retroguardia che lo deve coprire, schieramento di questa su di una posizione adatta, rottura del contatto, ripiegamento dei vari scaglioni, azione e ripiegamento della retroguardia. Il comandante della divisione, ricevuto l'ordine di ripiegamento, stabilisce: le unità della retroguardia; la costituzione delle colonne che devono ripiegare ed i settori ed itinerari di ripiegamento; l'ora di inizio, la successione e le modalità dei movimenti; i collegamenti ed i servizi; le eventuali distruzioni ed interruzioni; il coordinamento della manovra con le unità laterali; l'azione delle truppe celeri eventualmente disponibili; le località di raccolta o di nuovo schieramento. Se il ripiegamento si effettua fuori della pressione nemica, la retroguardia viene costituita con i battaglioni di riserva e con i gruppi più mobili, ed il suo schieramento può avvenire con opportune cautele in precedenza e di giorno; in caso diverso, quando cioè il ripiegamento si effettua sotto la pressione del nemico e non si riesce a trattenere questo fino al cadere dell'oscurità, si costituisce subito, con quanto disponibile e necessario, uno scaglione di protezione della rottura del contatto e s'inizia il ripiegamento facendo retrocedere per primi gli elementi più avanzati, mentre lo scaglione che ha protetto la rottura del contatto, assumendo la funzione di retroguardia, rallenta la spinta nemica e interrompe poi a momento opportuno il combattimento. La rottura del contatto è fatta di notte; i grossi iniziano a ripiegare lasciando sulla linea di contatto le unità strettamente necessarie a mascherare l'operazione, le quali svolgono la consueta attività
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di fuoco, si oppongono ad eventuali atti offensivi, ripiegano prima del-
1' alba e dopo che i grossi hanno oltrepassato la retroguardia (questa non ripiega fino a quando non riceva espresso ordine). Unità celeri e carriste ed il fulmineo intervento di unità aeree d'assalto possono ottenere grandi risultati nel caso in cui la retroguardia minaccia di essere travolta; ma, in ogni caso, qualora non si riesca a rallentare la spinta nemica, la retroguardia combatte in posto fino al suo estremo sacrificio. Il ripiegamento è un'operazione difficile se eseguito sotto la pressione nemica e sempre deprimente, per cui i comandanti debbono dar prova di coraggio e di calma e reprimere senza esitazione e inesorabilmente ogni manifestazione di indisciplina e di panico. Anche nei riguardi dell'azione difensiva c'è, dunque, sostanziale identità di principi, di criteri e di procedimenti tra le 3 pubblicazioni. I casi nei quali si ricorre ali' azione difensiva sono più o meno gli stessi; identico il carattere di temporaneità attribuito alla difesa; identici gli elementi di base del sistema difensivo. Identici altresl lo schema e l'articolazione della posizione difensiva. Circa la ripartizione delle forze sulla fronte ed in profondità, invece, la circolare 5800 prevedeva che, di massima, la divisione si schierasse «su 3 linee di battaglioni>>e coprisse un' ampiezza frontale non precisabile in cifre in quanto conseguente dal numero di battaglioni schierati in prima linea, variabile da 3 a 6; le Norme del 1928 stabilivano che, di regola, la divisione si schierasse su 2 scaglioni - solo in caso di fronte eccezionalmente ristretta oppure quando sia necessario affidare ai primi scaglioni la resistenza in posto ed il contrattacco locale su 3 - e coprisse una fronte di 4-5 km ripartita poi dal comandante della divisione secondo il criterio che su ciascuna delle direzioni più probabili l'avversario dovesse incontrare unità di comando e di direzione; la pubblicazione del 1936 stabilisce che la divisione si schieri su 2 o 3 scaglioni e copra una fronte di ampiezza variabile, non quantificabile neppure orientativamente. Senza moltiplicare gli esempi, differenze simili esistono e sono anche significative, ma esse non alterano granché la visione generale del combattimento difensivo della divisione.
6. All'impiego della divisione di seconda schiera, non trattato nella circolare 5800, la pubblicazione del 1928 dedicava il capitolo VI (21 paragrafi), mentre quella del 1936 gli dedica il capitolo IV (18 paragrafi,
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peraltro assai più brevi). La pubblicazione del 1936 - della quale, analogamente a quanto fatto per la divisione in prima schiera, riassumiamo il contenuto - inquadra l'impiego della divisione di seconda schiera nel1'ambito del corpo d'armata nel caso dell'azione offensiva ed in quello dell'armata nel caso dell'azione difensiva, il che, del resto, faceva anche la pubblicazione del 1928. Il corpo d'armata, costituito normalmente da 3 divisioni, si dispone in offensiva con due o una divisione in prima schiera e con una o due in seconda, o anche su tre schiere con una divisione per schiera. In difensiva le divisioni non impiegate in prima schiera fanno parte - di massima - della riserva di armata che può assegnarle a corpi d'armata oppure impiegarle direttamente. Qualunque sia il compito della divisione, il comando da cui essa dipende prima di tutto stabilisce la dislocazione iniziale che deve avere i requisiti di facilitare la prontezza d'intervento nei settori di più probabile impiego, di sottrarre l'unità alla vista e al tiro del nemico e di favorirne il trasferimento nella zona d'impiego. Trasferimento che - di massima - avviene di notte, preceduto dal comandante e dagli elementi necessari per stabilire in posto la dislocazione dei vari elementi e favorire, con opportune provvidenze, la più rapida e facile messa a posto dei reparti man mano che arrivano, evitare movimenti inutili e ridurre tutto ciò che può contribuire a svelare la presenza della grande unità. Sicurezza, difesa contraerea, servizi, devono essere oggetto di particolari cure. Non appena a conoscenza del presumibile compito e settore d'impiego, il comandante prende personalmente contatto con i comandi di settore nei quali la divisione è destinata ad operare, si procura tutte le notizie necessarie per formulare il concetto di azione e per precisarne le modalità di esecuzione, orienta i comandanti in sottordine ed i responsabili dei servizi, esige che questi rendano subito edotti della situazione, del terreno e dei compiti i reparti dipendenti. Nell'azione offensiva i compiti della divisione possono essere la prosecuzione e l'intensificazione dell'attacco o lo sfruttamento del successo. L'intervento della divisione è un'operazione sempre complessa e difficile, che appunto per questo richiede ordine, disciplina, puntualità, senso di comprensione, sicuro orientamento sul terreno e sulla situazione, cura del dettaglio. In particolare è preminente evitare l'intercettazione di notizie e l'infiltrazione di pattuglie nemiche e luci e rumori che smascherino i movimenti. Occorre, inoltre, innestare, senza soluzioni di continuità, l'azione nuova in quella in atto. Dalla dislocazione iniziale alla base di partenza la divisione si muove preferibilmente di notte a scaglioni o contemporaneamente, a seconda della disponibilità del tempo. Se il movimento si effettua per scaglioni: prima le artiglierie e poi le fanterie
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quando la situazione sia sicura e non soggetta a fluttuazioni; prima le fanterie e poi, sotto la loro protezione, le artiglierie nel caso contrario. Se il trasferimento è contemporaneo per l'intera divisione: sbalzo unico con articolazione di movimento più aderente al concetto d'impiego. Dalla dislocazione iniziale le fanterie possono raggiungere direttamente la base di partenza per l'attacco o sostare prima su una posizione di attesa per riordinarsi e ristorarsi. La base di partenza può coincidere o non con la zona più avanzata occupata dalle truppe in linea; la prima soluzione - preferibile di notte - satura il terreno e aumenta le perdite nel caso di reazione nemica; la seconda, partendo da lontano, va incontro a maggiori perdite sin dall'inizio. La soluzione più conveniente può essere anche quella della combinazione dei vari sistemi e cioè in alcuni tratti stabilire la base di partenza per le nuove unità più indietro, in altri farla coincidere con le posizioni occupate dalle unità da sostituire, in altri ancora inserirla nello schieramento in atto. In caso di scavalcamento, durante la notte vengono completate le operazioni che assicurino il funzionamento del comando e dei servizi, il rapido efficace intervento dell'artiglieria e la sistemazione delle fanterie sulla base di partenza. In caso d'inserimento, occorre operare a ragioni veduta facendosi precedere da elementi che agevolino il pronto intervento ed evitare intasamenti pericolosi in caso di reazione nemica. L'organizzazione e l'esecuzione dell'attacco non differiscono, per il resto, da quelle della divisione di prima schiera. Se anziché a proseguire l'attacco e ad intensificarlo per colmare qualche vuoto, la divisione è chiamata a sfruttare il successo, occorre che si metta in grado di approfittare immediatamente della crisi del nemico ed agisca con un'azione pronta e risoluta (nessuna preparazione d'artiglieria o, tutt'al più, brevissima e violenta) . Nell'azione difensiva la divisione di seconda schiera può essere incaricata di riconquistare - contrattaccando - un tratto della posizione di resistenza o di chiudere una falla o di sostituire in linea una divisione che abbia perduto la sua capacità combattiva. Il contrattacco - che non si differenzia nella sostanza da una normale azione di attacco se non per il fatto che il nemico, per gli sforzi già sostenuti, difficilmente sarà in grado di opporre una salda resistenza - deve essere rapido, violento, sferrato di sorpresa senza perdersi in troppi particolari; vi partecipano tutti i mezzi disponibili compresi gli elementi in posto e quelli dei settori contigui; è sostenuto al massimo dall'azione di fuoco delle artiglierie; tende ad obiettivi semplici e visibili cosl da polarizzare su di essi l'azione di tutte le unità; viene guidato da comandi spinti il più avanti possibile per renderne eHicace, pronto e sicuro Io svolgimento. L'azione di chiusura di una falla si effettua saldando le nuove unità agli elementi in posto
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ovvero occupando una posizione arretrata; in ogni caso reagendo prontamente per dare un tempo d'arresto all'azione nemica e per avere modo di agire a ragion veduta. Reparti celeri, carri veloci o d'assalto, lanciati contro gli elementi nemici che premono più da vicino, sono spiccatamente adatti allo scopo. La sostituzione di una divisione in linea avviene, di norma, progressivamente: ciascun battaglione destinato in primo scaglione raggiunge la p~sizione dei rincalzi dei corrispondenti battaglioni da sostituire (vengano sostituite prima le compagnie avanzate, poi i rincalzi); i battaglioni di secondo scaglione si addossano ai corrispondenti già in posto che vengono ritirati; il battaglione mitraglieri divisionale viene sostituito compagnia per compagnia; le artiglierie sono sostituite batteria per batteria se destinate ad occupare le stesse posizioni di quelle in posto, per gruppi interi se devono schierarsi su posizioni nuove; comandi, osservatori, centrali di collegamento, elementi del genio, servizi precedono le altre unità e debbono essere già in posto o quanto meno affiancati a quelli da sostituire. Scavalcamento, sostituzione, inserimento sono, in ogni caso, tre operazioni delkate per le quali entrambe le pubblicazioni richiamano l' esigenza della perfetta organizzazione e della grande cautela. Esiste in merito piena concordanza tra le due pubblicazioni che, in sostanza, non presentano grandi differenze circa l'impiego della divisione in seconda schiera al di là di quelle specifiche, già ricordate, proprie di ognuno dei due testi.
7. Indipendentemente dall'errore in sé - tale fu a nostro avviso aggravato dalle circostanze in cui fu compiuto, la sostituzione della formazione ternaria con quella binaria (6) nella divisione di fanteria, non trovò, diversamente da quanto si sostenne in quel periodo, il benché minimo appiglio giustificativo nella dottrina tattica or ora esaminata, talché infondate e speciose risultano anche oggi le affermazioni contenute nel documento d'impianto delle esercitazioni sperimentali del 1938 nel quale si legge, tra l'altro, che la complessità ed il peso della divisione ternaria e la difficoltà dell'azione di comando imponevano di renderla più snella e mobile e che la stessa evoluzione della dottrina portava a trasferire la normale azione di manovra all' unità superiore, il corpo d'armata, che può quindi manovrare a colpi di divisione (7) . La sostituzione dell'uno con l'altro tipo di divisione non è assolutamente giustificabile in-
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vocando l'evoluzione della dottrina tattica, perché il portare più in alto, anziché più in basso, il livello organico della manovra ed il sottrarre alla divisione di fanteria, intesa nel senso tradizionale, la bivalenza d'impiego, con l'intendimento di renderla particolarmente idonea, nella organizzazione e nell'armamento, all'azione offensiva, affidandole, peraltro, unicamente compiti d'urto e di penetrazione e privandola dell'indispensabile autonomia tattica nell'azione difensiva, sono due non-sensi dottrinali e storici, come è facile ricavare dalla stessa lettura di alcuni brani del documento appena citato: «In sostanza, la guerra di rapido corso dovrà essere essenzialmente manovrata. Ma tale manovra dobbiamo concepirla sia come un susseguirsi di potenti colpi di maglio per rompere le resistenze che il nemico ci opporrà e di successiva rapida irruzione per sfrut- . tare immediatamente l'effetto di tali colpi impedendo al nemico di riorganizzarsi ed opporre resistenze, sia come un susseguirsi di rapide mosse intese ad aggirare, con sufficienti masse, gli ostacoli che si opporranno alla nostra avanzata. Si è sempre affermato che le battaglie si conducono a colpi di divisione, intendendo con ciò che la battaglia è la risultante di combattimenti svolti da un numero vario di divisioni, ma per contro si è sempre lasciato alla divisione il compito di manovrare con le sue unità ricercando la decisione in piccoli colpi parziali. Sembra (sic) invece che, per assicurare al colpo di maglio la potenza voluta, non si possa scendere al di sotto della divisione» .... «Appare allora evidente come, in tale ordine di idee, sia possibile e conveniente ridurre l'entità della divisione, non avendo più questa compiti di manovra. Si otterrebbe in tal modo il vantaggio di una più perfetta organizzazione della massa di attacco, costituita da pedine più snelle, ma nello stesso tempo complete nei loro mezzi di attacco, che faciliterebbero in ogni caso l'azione complessiva del corpo d'armata» .... «Ma perché le divisioni siano agevolmente autotrasportabili è indispensabile che esse siano le?,gere. Ecco, quindi, un'altra necessità che, per diversa via, porta alla stessa conclusione» .... «In sostanza, questa grande unità base (la binaria) presenta: notevole aumento complessivo delle armi a tiro curvo (a caratteristiche cioè essenzialmente offensive) ed aumento dei fucili mitragliatori (punte di fuoco dell'assalto); sensibile diminuzione delle mitragliatrici (armi a caratteristiche prevalentemente difensive) compensata dalla creazione di un reggimento mitraglieri di corpo d'armata, per eventuali esigenze difensive; lieve riduzione nel rapporto pezzi-battaglioni, anche questa compensata dalla creazione di un reggimento suppletivo di corpo d'armata. Questo decentrerà normalmente alle divisioni di prima schiera le artiglierie per la massa di manovra mentre quelle organiche divisionali potranno essere destinate, di massima, al solo appog,gio specifico». Tutto
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ciò non è dottrina tattica; è retorica vuota e risonante; è un sogno fantasioso che si oppone vanamente alla realtà. La concezione della manovra e l'impiego della divisione vengono intesi in modo talmente singolare ed isolato, fuori di ogni dottrina e di ogni tradizione, che non si sa come contestarli, tanto sono fantasticati. Il quadro molto sommario dell'impiego del corpo d'armata e della divisione di fanteria nell'azione offensiva e difensiva che venne poi delineato nella già citata circolare 9000 (8) risulta subordinato a tali concezioni e si incentra sulla vantata snellezza, in realtà debolezza, della divisione binaria. Al corpo d'armata viene chiesto in attacco di rompere la fronte nemica «nella direzione più redditizia mercé un susseguirsi di potenti colpi di divisione, ad intervalli brevi più che sia possibile, fino a disgregare la capacità reattiva del nemico e a creare le condizioni favorevoli per l'avvolgimento e lo scardinamento dei tronconi della fronte nemica». Alla divisione inquadrata viene invece richiesta un'azione unitaria ossia: scopo unico, direzione unica, nel senso di mirare diritto ai propri obiettivi, di non frazionare l'attacco in azioni principali e sussidiarie, di alimentarlo, nell'interno della divisione, con la concentrazione degli sforzi là dove si delinei il successo. La divisione opera approssimativamente su di una fronte di 1000-;- 1500 m. Funzione dell'artiglieria che agisce, normalmente con la totalità dei suoi mezzi fin dall'inizio del1' attacco - è di rendere possibile e spedito il movimento delle fanterie con le minori perdite. Di norma le artiglierie divisionali, rinforzate con quelle suppletive di corpo d'armata, vengono distinte in 2 aliquote: una destinata all'appoggio dei battaglioni di primo scaglione, l'altra a rinforzare la prima oppure nella maggior parte dei casi ad ampliarne l' azione in profondità e lateralmente. II successo dell'azione si ottiene dopo il cedimento di un tratto della fronte nemica e ad esso deve fare subito seguito il completamento del successo in estensione ed in profondità, in modo da allargare la breccia e da facilitare il pronto intervento delle grandi unità speciali destinate allo sfruttamento del successo. Le divisioni di seconda schiera agiscono, con accentuazione dell'azione unitaria e della violenza di penetrazione, per scardinare i pilastri della difesa ed impedire alle riseroe nemiche accorrenti di suturare la breccia. L'azione difensiva - nella quale occorre sfruttare la massimo terreno e mezzi- è condotta con un piano di resistenza ottenuta essenzialmente con l'adattamento del fuoco al terreno e con una manovra controffensiva, attuata in forze, a momento opportuno, quando cioè l'attacco nemico sia stato logorato od arrestato. La divisione di fanteria che presidia la posizione di resistenza si schiera, di massima, su 2 scaglioni; è rinforzata normalmente da unità del reggimento mitraglieri di corpo d'armata e da artiglierie del corpo
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d'armata; copre orientativamente un settore ampio 3-5 km ed anche di più se, ad esempio, al coperto da un ostacolo fluviale. Il comandante della divisione, fissato il concetto d'impiego del fuoco, stabilisce tra i gruppi complessivamente disponibili quelli destinati alla difesa dei vari settori e quelli destinati a costituire la massa di manovra. La particolare costituzione del corpo d'armata e del suo nucleo di truppe suppletive consente al comandante: in attacco, di concentrare il massimo sforzo nella direzione prescelta svolgendo la sua manovra in condizioni di sicurezza (impiego di unità mitraglieri alle ali e negli intervalli) e di aumentare la massa delle artiglierie in azione valendosi di quelle della divisione di seconda schiera, quando, nel suo disegno di manovra, preveda di dover ricorrere ad uno scavalcamento in una determinata direzione, per passare rapidamente dall'urto alla penetrazione nel dispositivo nemico; in difesa, consente di aumentare lo scaglionamento in profondità e di affidare alla zona di sicurezza funzione di logoramento dell'attacco. In tale zona, che deve avere una profondità proporzionale ai mezzi disponibili - normalmente dai 2 ai 3 km - si debbono avere una o più posizioni di arresto (occupate da sol~ unità mitraglieri e armi anticarro) organizzate allo scopo di rendere più lenta e più cruenta l'avanzata del nemico. La maggiore profondità della zona di sicurezza è sempre consigliabile quando si tema un attacco in massa di carri armati. · Da tali lineamenti d'impiego escono malridotti sia la divisione sia il corpo d'armata. La manovra del corpo d'armata diventa, difatti, una successione di colpi di divisione lungo un'unica direzione, da coordinare nel tempo - ad intervalli brevi più che sia possibile - assai più che nello spazio, mentre la manovra è per definizione combinazione non successione di sforzi nel tempo e nello spazio. La manovra frontale di rottura - assai più frequente della manovra frontale d'irruzione - non investe più, a meno che il corpo d'armata non sia costituito da più di 3 divisioni, la fronte nemica su di un tratto ampio quanto necessario ad evitare un cuneo di penetrazione troppo acuto che, come tale, è facilmente contenibile ed incapsulabile dal nemico. A questo, oltretutto, resta molto facile individuare il disegno di manovra dell'attaccante. È vero che il maggiore scaglionamento in profondità accresce la capacità di penetrazione, più di quella d'urto, purché il rapporto tra estensione della rottura e profondità della penetrazione sia equilibrato, come del resto riconosce la stessa circolare 9000. La difesa organizzata su di una posizione più o meno forte obbliga di per sé l'attacco ad un'azione più o meno metodica che, a sua volta, è lenta, graduale e conseguentemente fronteggiabile con minore difficoltà. In altre parole, l'azione del corpo d'armata della circolare 9000 rispetta in un certo senso il principio della
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massa, ma non quelli della sorpresa e della manovra, senza l'osservanza dei quali si diminuiscono, non si accrescono, le possibilità di una soluzione rapida della lotta. Circa la divisione binaria e le sue possibilità di azione resta poco da dire. Il già citato documento d'impianto delle esercitazioni sperimentali del 1938 concludeva che tale divisione avrebbe voluto essere: «particolarmente idonea all'urto ed alla penetrazione, per il forte scaglionamento in profondità che essa potevtl assumere e per la potente azione di fuoco che era in grado di sviluppare; manovrabile unitariamente con relativa facilità , per la sua maggiore complessiva leggerezza e per la semplicità dell'azione che essa doveva svolgere; idonea ad un elastico impiego in quanto articolabile in diverse formazioni di attacco, grazie alla sua particolare costituzione organica; facilmente autotrasportabile, sia perché logisticamente più leggera della ternaria, sia perché dotata in gran parte di servizi già motorizzati; spiccatamente idonea, quindi, ad assolvere le funzioni che ad essa erano assegnate nel quadro della guerra di rapido corso». Una conclusione tutta da dimostrare. Infatti: l'idoneità all'urto ed alla penetrazione esige potenza di fuoco e possibilità di scaglionamento in profondità, ma anche capacità di manovra che alla divisione binaria viene negata a priori; la leggerezza della divisione e la semplicità dell'azione agevolano la manovrabilità, ma questa consiste, oltre che nella capacità di condurre il giuoco degli scavalcamenti, nella disponibilità di un organo direzionale - il timone - con il quale go~ernare l'azione; l'elasticità di articolazione è indubbiamente più accentuata nella divisione ternaria che non in quella binaria, se non altro per il maggior numero di formazioni tattiche realizzabile in ragione del maggior numero di battaglioni; è lapalissiano che per autotrasportare la binaria occorrono meno automezzi che non per la ternaria, ma la leggerezza logistica non può risolversi in un danno dell'autonomia tattica: una divisione ternaria alleggerita è ancora una grande unità tattica fondamentale perché può manovrare; la binaria no, sia perché non è in grado di combinare più sforzi e sia perché non è bivalente (autonomia tattica offensiva e difensiva per uno sforzo prolungato); la spiccata idoneità alla guerra di rapido corso non consiste solo nella potenza di fuoco, ma anche nella buona capacità di movimento, e questa in verità non la possedevano né la binaria né la ternaria. Abbiamo insistiio diffusamente e ripetutamente sulla questione della binaria e delle sue conseguenze sulla dottrina d'impiego non tanto per l'importanza in sé della cosa - sebbene notevolissima - quanto perché il mutamento dottrinale e ordinativo fu concepito sulla base di preconcetti e di monomanie, in situazione di grande confusione intellettuale, senza avere avanti gli occhi la visione vera del combattimento,
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nel quale le volontà che si fronteggiano.sono sempre due, senza guardare a come gli altri vedevano tale realtà, senza calcolare infine i rischi della trasformazione. Nella premessa della circolare 9000 si legge: «'fa nostra dottrina di guerra non muta, perché non sono mutate le condizioni nelle quali si affronterebbe oggi un conflitto, ma progredisce e si evolve». Non si trattò, invece, né di progresso né di evoluzione, ma di un mutamento sostanziale perché si modificarono le funzioni tradizionali delle due grandi unità tattiche per eccellenza, il corpo d'armata e la divisione di fanteria, riducendone i ruoli sul campo di battaglia. Non lo si volle confessare, anzi si sostenne il contrario; ciò valse a confondere maggiormente le idee. Non sono la dottrina e l'ordinamento da soli a garantire il successo, ma senza lucidità di idee, razionalità di ragionamento e chiarezza di linguaggio anche la dovizia di mezzi non ha' grande valore pratico.
8.
Le Norme del 1936 dedicano i capitoli VII, VIII e IX all'impiego delle divisioni alpina, celere e motorizzata che, prima di allora, non avevano formalo oggetto di regolamentazione specifica. Per ciascuna ditali grandi unità la pubblicazione mette in luce le caratteristiche d'impiego, in relazione all'ambiente in cui ciascuna è chiamata normalmente ad operare ed ai mezzi dei quali è dotata, i compiti ai quali ciascuna è particolarmente idonea, i criteri e le modalità propri di ciascuna. Nella guerra alpina i princlpi della massa (qui intesa e ricercata come cooperazione di tutti ad uno stesso fine), della manovra (che costituisce l'essenza della guerra alpina), della sorpresa (di cui la montagna consente la più estesa applicazione), conservano tutta la loro validità, che an. zi viene esaltata, nell'impiego della divisione alpina, (9) grande unità tattica di manovra, costituita da personale spiccatamente idoneo ed allenato, alleggerita rispetto alla diviseione ternaria di fanteria nel numero delle unità e delle armi, organizzata in modo speciale sotto l'aspetto logistico. V ariano, invece, le modalità di applicazione di tali princìpi in relazione all'asprezza del terreno e del clima, il primo difficoltoso, compartimentato, scarso di strade, povero di risorse, il secondo spesso inospitale ed insalubre quando la sua temperatura raggiunge livelli molto bassi. La compartimentazione del terreno, la costanza dell'imprevisto, la povertà delle strade e la lentezza del movimento intessono di difficoltà, di ostacoli e di limitazioni i procedimenti tattici e logistici per cui il successo delle operazioni dipende più che mai dall'uomo. Le unità al-
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pine richiedono truppe reclutate, inquadrate, addestrate con speciali garan-
zie e modalità e capi appassionati alla vita alpina, fisicamente perfetti e dotati di spirito d'iniziativa e di sacrificio, di spiccato intuito del terreno e del nemico, capaci di prontamente valutare gli ostacoli che si oppongono all'azione e il tempo per superarli. La montagna esige maggiore autonomia tattica e logistica delle minori unità - qualsiasi unità, grande o minima, in montagna, rende se logisticamente perfetta - forza di volontà, genialità di condotta, iniziativa, provvidenza di mezzi. Caratteristiche dell'azione offensiva sono: frazionamento di forze e di mezzi, difficoltà e lentezza di movimenti, largo ricorso alla manovra e alla sorpresa. Di quella difensiva: le fronti molto ampie e le difficoltà di rapido intervento di rincalzi e riserve. Nell'azione offensiva esplorazione - quando non ostacolata da condizioni atmosferiche, quella aerea in particolare - e sicurezza sono elementi essenziali per concretare ed eseguire la manovra e per evitare la sorpresa. Possono essere talvolta abbinate ed affidate a uno stesso reparto. L'avvicinamento è un abile giuoco di forze ben ripartite e di tempi esattamente calcolati per raggiungere quelle posizioni che consentono a colonne e ad armi diverse di agire in piena cooperazione. L'attacco è azione di manovra e di sorpresa; va sferrato solo là dove il successo può realmente pregiudicare la manovra nemica; sempre che possibile, va realizzato con manovra di avvolgimento senza accanirsi in azioni frontali che non siano tali da consentire, per la natura anfrattuosa del terreno, di fare assegnamento sulla sorpresa: pochi ardimentosi che precedano l'avversario sopra una posizione dominante o lo sorprendano sul tergo, possono provocare ripercussioni assai vaste e successi insperati. Ottenuto il successo, occorre penetrare in profondità, più che dilagare, per le linee di facilitazione (fondi valle, impluvi), tendere all'aggiramento della difesa, puntare su obiettivi vitali. Lo sfruttamento del successo e l'inseguimento non ammettono soste, vanno spinti al massimo e debbono fare affidamento su concentramenti di fuoco che ingabbino l'avversario là dove gli è preclusa ogni via di scampo. Nell'azione difensiva, il valore di ostacolo del terreno è elemento assai favorevole all'azione stessa che deve, però, garantirsi soprattutto dalle sorprese, perché l'impraticabilità della montagna è un mito. La difesa è caratterizzata da un'organizzazione solida e aderente al terreno, non continua, a blocchi imperniati sui punti vitali ·e inframmezzati da vuoti, tutti vigilati. L'ampiezza delle fronti trova limite nelle possibilità di comando e di fuoco. La scarsa profondità della sistemazione può venire attenuata talvolta organizzando la posizione in contropendenza, spingendo elementi avanti e attuando una sorveglianza mobile. In alta montagna la linea di sicurezza coincide spesso con il margine anteriore della posizione di resi-
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stenza. Assai curata deve essere l'organizzazione dei fuochi che deve preoccuparsi specialmente dei tratti di obbligato passaggio e della protezione della posizione di resistenza. Le armi a tiro curvo sono preferibili a quelle a tiro teso, ma queste possono svolgere azioni efficacissime di schiancio e d'infilata. La reazione di movimento deve svolgersi dall'alto in basso e sui fianchi dell'avversario per cui conviene dislocare rincalzi e riserve sul1'immediato rovescio delle posizioni, verso l'alto. Le difficoltà di movimento suggeriscono il ricorso a riserve parziali ben ravvicinate alla zona di prevedibile impiego e ben orientate sull'azione. La divisione celere (10), essenzialmente grande unità di manovra nel campo strategico e tattico, è costituita da due blocchi di forze, uno (cavalleria, motociclisti e carri veloci) per le azioni di agilità, uno (ciclisti, unità autoportate) per le azioni di forza, ed è completata da elementi del genio e dai servizi. Essa non è né immutabile né inscindibile; può essere adeguata di volta in volta al compito da adempiere ed i suoi blocchi possono essere disgiunti e accoppiati con blocchi similari di altre divisioni. Abbinata ad altra, forma un corpo celere, costituibile anche con una divisione quasi tutta di cavalleria e con un'altra quasi tutta motorizzata. La divisione celere basa la sua azione più che sulla forza, sulla manovra e sulla sorpresa. Di volta in volta le debbono essere assegnati i mezzi aerei che le sono indispensabili per l'esplorazione aerea. Le sue unità di cavalleria, che hanno spiccata mobilità tattica ma minore potenza di fuoco, posseggono particolare attitudine alla esplorazione ed alla manovra in terreno vario; i suoi reparti ciclisti e motociclisti, le truppe autoportate e le artiglierie celeri, legati alla strada, hanno maggiore potenza di fuoco e rispondono meglio alle esigenze delle azioni di forza; gli elementi meccanizzati operano con rendimento sia nell'esplorazione sia nel combattimento. L'artiglieria celere informa l'azione al criterio dell'immediato intervento e perciò va impiegata con larg,o decentramento dei gruppi e anche delle batterie, utilizza schieramenti molto avanzati, sviluppa azioni di fuoco molto rapide, effettua la controbatteria solo eccezionalmente. Il genio, autoportato, deve favorire il movimento della propria grande unità ed ostacolare quello avversario e viene impiegato in lavori difensivi solo quando si debba resistere in posto. I mezzi di collegamento devono essere di rapida messa in funzione (prevalenza di motociclisti, mezzi radio e ottici). I servizi debbono avere le caratteristiche di rapidità e adattabilità. La divisione celere, delicata, di rapido logoramento, di lento ripristino, deve disimpegnare incarichi non affidabili ad altre grandi unità e trova impiego: nel campo strategico per rompere la copertura, occupare rapidamente posizioni importanti, effettuare l'esplorazione, adempiere il compito di avanguardia generale; nel campo tattico, per la manovra d'ala e
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la protezione di un fianco, per lo sfruttamento del successo e l'inseguimento, per fronteggiare l'eventuale rottura della fronte, per proteggere il ripiegamento. L'impiego nella rottura della copertura è eccezionale, nel caso cioè che le ostilità si inizino di sorpresa, la copertura avversaria sia in crisi, esista la possibilità di averne ragione con un'irruzione rapida e manovrata. Criteri base dell'azione sono: esplorazione attiva e abile, azione accorta e risoluta per fissare i tratti occupati e lanciarsi attraverso le cortine, esplorazione e sfondamento delle cortine affidati per lo più alla cavalleria sussidiata da ciclisti e da carri veloci. Se lo sfondamento delle cortine è ostacolato da resistenze in posto, occorre neutralizzarle con concentramenti di fuoco e attaccarle, avvolgendole con ciclisti e carri armati. La divisionç deve precipitarsi nella breccia e lasciare ad altri la cura di ampliarla e consolidarla. Il fattore tempo ha importanza preminente: sicurezza ricercata quasi esclusivamente con il contegno aggressivo dell'esplorazione, lancio di distaccamenti misti in avanti su itinerari indipendenti, obiettivi dei distaccamenti al di là e sui fianchi delle località che il grosso deve occupare, grosso riunito e protetto dai distaccamenti spinto rapidamente verso l'obiettivo, superamento delle resistenze con tutti i mezzi e, sempre che possibile, ricorrendo all'avvolgime~to. Nell'occupazione di posizioni: sfruttare gli elementi più celeri per arrivare in tempo e nelle migliori condizioni; poi, appena gli altri elementi raggiungono la posizione, organizzarla e resistervi pronti a riprendere l'azione offensiva od a lasciare la difesa ad altra unità. Se la posizione è troppo ampia: forza alla ~ano per difendersi attaccando e nuclei in avanti per esplorare, ostacolare o almeno ritardare l'avanzata nemica sl da dare tempo e modo al grosso di contrattaccare. Nell'esplorazione strategica - normalmente affidata ali' aviazione, eccezionalmente alla divisione celere - la divisione precede di 2 o 3 tappe le grandi unità e sostituisce l'esplorazione aerea quando questa sia nella impossibilità di operare. Nel1'esplorazione tattica la divisione agisce, di massima, ripartita in 2 scaglioni: distaccamenti esploranti (esplorazione e presa di contatto) , grosso (azioni di forza). Ciascun distaccamento esplorante spinge avanti nuclei esploranti o distacca direttamente pattuglie esploranti e tiene alla màno il grosso. Le pattuglie esplorano e riconoscono senza lasciarsi distra"e da altri incarichi; i nuclei esploranti indirizzano, appoggiano, raccolgono le pattuglie esploranti, le sostituiscono, le rinforzano, trasmettono, dopo averle vagliate e coordinate, le notizie indietro; il grosso del distaccamento dirige e coordina l'azione dei nuclei esploranti, li alimenta, li sostituisce, raccoglie le notizie e le trasmette al grosso della divisione, apre la via ai nuclei con il combattimento, o quanto meno li raccoglie, e sbarra le principali direttrici alla esplorazione nemica. In caso d'incontro con
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il nemico il distaccamento, secondo gli ordini del comandante della divisione, deve o respingere l'avversario o trattenerlo. Se il nemico incalza fino a provocare il ripiegamento del distaccamento, occorre proiettare parte delle forze o tutte su quel tratto di settore per ristabilire la situazione e resistere finché possibile, così da consentire l'intervento della grande unità che segue. Spetta al comandante della divisione, all'inizio dell'azione, determinare il numero dei distaccamenti, stabilirne la forza e la composizione, assegnare a ciascuno un itinerario indipendente a cavallo del settore esplorativo, indicare le linee del terreno da raggiungere, indicare l'itinerario o gli itinerari del grosso e la presumibile dislocazione di questo al termine della giornata, precisare collegamenti e contatti di ogni distaccamento con quelli contigui e con il grosso, impartire disposizioni per i servizi. Nel compito di avanguardia generale la divisione affida ai suoi elemen~i più leggeri - cavalleria, carri veloci e reparti ciclisti - il compito esplorativo con il concorso dell'aviazione, e tiene riunito il resto delle forze, rinforzate se necessario con fanteria autoportata e artiglieria motorizzata. Per tale rinforzo è particolarmente indicata la divisione motorizzata. Nel campo tattico, nella manovra d'ala e protezione di un fianco, la divisione celere deve, nel primo caso, inizialmente vedere senza farsi vedere, scegliere la ·direzione di attacco che porta la minaccia sul rovescio .dello schieramento nemico, attaccare a fondo con violenza e rapidità per sfruttare al massimo la sorpresa. Il comandante della divisione, scelta la direzione di attacco, fissa direzione e obiettivo per ogni colonna di attacco e si limita a poche direttive circa il contegno da tenere dopo l'urto rimettendosi all'iniziativa dei dipendenti (una azione di comando accentrata toglierebbe impulso e rapidità all'attacco). Nel secondo caso, la divisione deve contrattaccare, premunendosi con un servizio di esplorazione aerea e terrestre a largo raggio, tenendosi in posizione alquanto arretrata e in fuori rispetto al fianco da proteggere e sferrando l'azione sul fianco esterno dell'avversario. Nello sfruttamento del successo la divisione penetra in profondità, attraversa al più presto la zona di schieramento delle artiglierie nemiche, raggiunge quella dei comandi più elevati e dei servizi lasciando ad altre unità il compito di allargare la breccia e renderla definitiva. Agisce, cioè, a fon-
do, su fronte ristretta, puntando diritto su obiettivi a tutti sicuramente noti. La prima fase - di massima la più dura ma che necessita risolvere al più presto - va affidata ai ciclisti ed ai carri veloci appoggiati dall'artiglieria spinta avanti e decentrata; la seconda va affidata alla cavalleria che, evitando i resti della superstite resistenza, punta decisamente in pro-
fondità compensando quanto a essa manca di potenza di fuoco con la rapidità e, assai più, con l'ardire e con l'impeto. Nell'inseguimento, che deve
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fondersi con lo sfruttamento del successo - basta solo un tempo di arresto per pregiudicare il risultato definitivo - la divisione, particolarmente adatta a tale compito, si lancia negli intervalli e lungo gli itinerari secondari e si spinge a fondo. Perché l'inseguimento sia redditizio.al massimo occorre: non indugiarsi in una minuta esplorazione ed in molte misure di sicurezza; procedere per colonne miste leggere affiancate che puntino diritte ai loro obiettivi senza preoccuparsi dei collegamenti laterali; aggirare le resistenze e, quando non è possibile, impegnarle frontalmente e attaccarle sul fianco; dotare le colonne di artiglierie molto mobili e ben munizionate, spinte con le avanguardie,facendo assegnamento esclusivamente sui mezzi di collegamento non a filo; ridurre i rifornimenti al minimo, limitandoli alle munizioni e per il resto usufruire delle risorse locali. II comandante che - in questa fase di combattimento resta esitante, più che inetto, è un colpevole. Nell'intervento in caso di rottura della fronte: se la breccia non è ampia, la divisione può essere incaricata di saldare le unità rimaste in posto ed in tale caso essa occupa e mantiene la fronte di saldatura in attesa di essere sostituita, appena possibile, da altre truppe (operazione simile a quella della divisione di seconda schiera); se la breccia è ampia, la divisione può agire o difensivamente, occupando una posizione arretrata idonea a trattenere il nemico nell'attesa dell'arrivo di grandi unità non lontane, o offensivamente con azioni di contrattacco sui fianchi e sul tergo per conteQere l'avversario e dare modo alle grandi unità retrostanti di sistemarsi a difesa. Nella protezione del ripiegamento - che è tra i più difficili compiti che possano essere affidati a unità celeri - la divisione: si garantisce spazio tra le unità destinate alla protezione e quelle da proteggere, oppone resistenze successive su posizioni che abbiano buon campo di osservazione e tiro e possibilmente buoni appoggi di ala e ostacoli sulla fronte contro unità meccanizzate, contrasta accanitamente, con elementi celeri appoggiati da carri veloci, l'avvicinarsi delle forze nemiche alle successive posizioni. Assolvere il compito è debito d'onore. La divisione lascia il combattimento solo quando è sostituita o ha assolto il suo compito d'onore. La divisiorle motorizzata (11) è una divisione di fanteria tutta su motori e perciò rapida nel movimento su strada. È capace, perciò, di lunghi e rapidi spostamenti, ma non è adatta a sforzi prolungati, nonostante che la sensibile riduzione nel numero degli uomini rispetto alla divisione di fanteria ternaria sia compensata da un incremento della potenza. I suoi punti deboli sono: la difficile recuperabilità una volta lanciata, la scarsa sicurezza in marcia ed in sosta, le difficoltà di schieramento, il vincolo alle rotabili, la vulnerabilità e l'ingombro dei mezzi. Una voi-
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ta appiedata, combatte come la divisione di fanteria rinforzata da un forte scaglione meccanizzato e copre fronti ampie come quelle della divisione di fanteria. La disponibilità di maggiori mezzi celeri (motomitraglieri, oltre ai carri d'assalto) conferisce la possibilità di agire rapidamente, anche a largo raggio, sul fianco o sul tergo del nemico. Celere nei traspor. ti, violenta nella lotta si presta a essere lanciata quasi a colpo sicuro per risolvere situazioni che richiedono uno sforzo rapido e travolgente, ma in ogni caso la sua entrata in azione esige accurate predisposizioni. Al pari della divisione celere richiede un'esplorazione aerea sag,g,iamente guidata, un comando proiettato il più avanti possibile, pochi collegamenti rapidi e sicuri. Celere e Motorizzata rendono molto se bene orientate nel loro compito. Il problema dei problemi della divisione motorizzata è quello riguardante le marce e stazioni. Da ciò il ricorso a speciali provvidenze intese a garantirle rapidità e sicurezza in marcia (scelta degli itinerari di marcia, località di scarico, elastica formazione delle colonne, scrupolosa inesorabile disciplina di marcia e stradale, incolonnamento, rimozione di ostacoli e di ingombri, distanze di marcia, posti di blocco e di pilotag,g,io, collegamenti, retroguardia di raccolta, sicurezza con avanguardie composte normalmente di motociclisti rinforzati da carri d'assalto e distaccamenti fiancheggianti) e ordine e sicurezza in stazione (parcheggio degli automezzi e loro deflusso o afflusso, sottrazione dall'osservazione aerea, garanzia da eventuali sabotaggi e sorprese). La divisione motorizzata può essere impiegata: per la sollecita preventiva occupazione di importanti posizioni; in cooperazione con la divisione celere; come riserva. Nell' occupazione di posizioni la divisione, preceduta da un'avanguardia leggera e celerissima (motociclisti, carri d'assalto, ecc.), avanza rapida ma vigile per premunirsi da offese sui fianchi, occupa la posizione, spinge avanti elementi celeri per osservare ed eventualmente sbarrare il passo al nemico, raccoglie alle ali la massa degli elementi celeri, specie carri di assalto, per la protezione dei fianchi e per il contrattacco. Se l'occupazione è fatta col concorso di una divisione celere, il più anziano dei comandanti assume il comando e la responsabilità dell'azione tenendo presente la necessità di evitare ogni frarnrnischiamento di unità e di elementi diversi e di assicurare con ordini chiari la precisa ripartizione dei compiti. Se la posizione offre ostacoli naturali particolarmente idonei alla difesa, come linee fluviali, occorre, in questo ultimo caso, creare teste di ponte ai passaggi, spingere al di là di queste elementi (motociclisti, eccezionalmente carri d'assalto) con il compito di osservare ed eventualmente sbarrare, tenere il resto della divisione per poter prontamente accorrere sui punti minacciati. Nella cooperazione con la divisione celere nell'esplorazione strategica o in avanguardia generale, la divisione moto-
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rizzata può aprire la strada alla divisione celere là dove questa non riesca a superare le resistenze, sostituirla nell'occupazione di una posizione, raccoglierla e proteg,g,eme il ripiegamento nei casi di terreni facili o ricchi di strade. Di questi compiti: il primo si concreta in un attacco che sfrutti violenza e sorpresa, il secondo in una occupazione a difesa di una posizione, il terzo in una manovra complessa e difficile da svolgere in modo tale da non coinvolgere la divisione motorizzata nel ripiegamento della divisione celere (movimento degli automezzi oculato e tempestivo). Come riserva - compito al quale si presta assai bene - la divisione motorizzata può essere impiegata per sfruttare il successo o per superare una crisi della difesa. Essa costituisce di norma riserva di armata e va dislocata assai arretrata per agevolarne l'intervento in tutto il settore dell'armata. Il suo impiego è redditizio al massimo se tempestivo e di sorpresa. Nello sfruttamento del successo, la divisione, alleggerita del superfluo e preceduta da elementi celeri e leggeri che le sgomberino la strada, viene lanciata con la mag,g,iore rapidità possibile per provocare - con azione ardita e di sorpresa - la rotta del nemico in ritirata. Nei riguardi della divisione alpina non c'è nulla da osservare. Le Norme del 1936 colgono appieno i princlpi, i criteri e le modalità d'impiego della grande unità riferiti a quali erano allora - oggi assai diversi - i vantaggi e le limitazioni del combattimento in montagna e le prestazioni dei mezzi bellici (presso tutti gli eserciti quasi gli stessi) disponibili e utilizzabili in tale ambiente naturale. Non è così per la divisione celere. Abbiamo già accennato all'unione organica nel suo ambito di elementi eterogenei assai diversi in fatto di potenza di fuoco, di mobilità tattica e di velocità di movimento. C'è ora da aggiungere che, sul piano dottrinale, non appare ancora sufficientemente chiara la visione dell'importanza del carro armato nell'ambito della stessa divisione celere. Le vecchie concezioni non risultano ancora superate appieno; permane l'ostinazione a credere nella potenzialità tattica delle truppe a cavallo, forse addirittura delle cariche, nonostante che cavallo e carica appartenessero oramai ad un passato irripetibile. Il ricordo che durante la prima guerra mondiale tutti gli eserciti avevano continuato a mantenere in servizio grandi masse di cavalleria nell'attesa di uno sfondamento della fronte era ancora recente perché tutti se ne liberassero. Non si può dire che le Norme non tengano conto dei carri armati, anzi ne esaltano il ruolo, ma non ne valutano sufficientemente la portata. È in tale insufficiente capacità di comprensione che sta la debolezza della normativa d'impiego della divisione celere. L'esercito italiano non possedeva in quel momento carri medi moderni, ma ai carri leggeri si continuava a guardare con gli occhi del,,1918, più che con quelli del 1940, cioè come mezzi
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al servizio della fanteria o di appoggio della cavalleria e se ne prevedeva
l'impiego a massa sì, ma a massa molto esigua. Di concezione nuova e moderna è la divisione motorizzata, come moderni ed avanzati sono i suoi criteri e le modalità d'azione, particolarmente circa i casi d'impiego, le modalità di movimento e di sosta. Di particolare rilievo le prescrizioni riguardanti il suo impiego in cooperazione con la divisione celere. Dalla divisione celere e da quella motorizzata alla divisione corazzata il passo non avrebbe dovuto essere lungo, ma la forza d'inerzia delle vecchie idee lo ritardò di altri due anni (12).
NOTE AL CAPITOLO XXVII (1) La divisione di fanteria quaternaria, alla fine della guerra 1915-' 18, era così costituita: comando; 4 compagnie mitragliatrici divisionali; 2 brigate di fanteria, ciascuna su 2 reggimenti, con un complesso di dodici battaglioni di fanteria, cui corrispondevano 8-10 batterie d'artiglieria da campagna (e 1 gruppo pesante campale, eventuale); 4 compagnie del genio di cui 1 per i collegamenti; 1 sezione di sanità; 1 sezione di sussistenza; 2 autosezioni. Analoga a quella di fanteria era la composizione della divisione bersaglieri; peraltro alla fine della guerra le divisioni bersaglieri non esistevano più. La divisione alpina era nel 1918 - alla fine di quell'anno ne esisteva una sola - cosl costituita: comando; 4 compagnie mitragliatrici divisionali; 2 raggruppamenti alpini composti di 2 gruppi ciascuno; 1 raggruppamento artiglieria da montagna; 1 battaglione zappatori, 1 compagnia telegrafisti; servizi. Il raggruppamento ed il gruppo alpini corrispondevano, all'incirca, alla brigata e al reggimento di fanteria, rispetto ai quali erano però più complessi. La divisione d'assalto comprendeva; comando; 1 raggruppamento formato da 3 gruppi, ciascuno dei quali su 3 battaglioni. Non aveva servizi in proprio. La divisione di cavalleria era cosl costituita nel 1918: comando; 2 brigate di cavalleria; 1 battaglione bersaglieri ciclisti; 1 squadriglia autoblindata; l gruppo di artiglieria a cavallo, 1 sezione telegrafica; 1 sezione radiotelegrafica; 1 sezione da ponte; 1 sezione di sanuà; 1 sezione di sussistenza; 1 colonna munizioni.
(2) La divisione ternaria, dopo varie varianti minori, alla fine del 1936 era cosl costituita: comando; 1 comando brigata fanteria, su 3 reggimenti di fanteria di 3 battaglioni e batteria cannoni da 65/17 ciascuno; 1 battaglione mitraglieri divisionale; 1 compagnia mortai da 81; 1 compagnia cannoni anticarro da 47/32; 1 reggimento artiglieria da campagna su 4 gruppi (1 obici da 100/17 su 3 batterie; 2 cannoni da 75/27 su 3 batterie; 1 obici da 75/13 someggiato su 3 batterie); 1 batteria contraerei da 20; 2 compagnie genio artieri; 1 compagnia genio telegrafisti; 1 sezione radio; 1 sezione foto-elettricisti; 1 sezione sanità; 1 sezione sussistenza; 1 autosezione leggera; 1 sezione autocarrette per batterie di accompagnamento. (3) Ministero della guerra. Comando del corpo di stato maggiore. Ufficio Addestramento. Circolare 5800 del 15.XIl.1926. Criteri di impiego della divisione di fanteria nel combattimento. Provveditorato generale dello Staco, Libreria, Roma 1926. La circolare è così articolare: premessa; la divisione; il combattimenro della divisione (generalità): il combattimento della divisione contro nemico in posizione Oa presa di contatto; l'ordine di operazione per l'attacco; concetto d'azione; impiego della fanteria, impiego dell'artiglieria, cooperazione fra fanteria e artiglieria, impiego dei mezzi ausiliari; la preparazione dell'attacco; l'esecuzione dell' attacco; lo sfruttamento del successo); il combattimento della divisione in posizione (premessa, lo schieramento delle forze; l'organizzazione della difesa; l'organizzazione del fuoco: fuoco di fanteria; l'organizzazione del movimento; l'organizzazione dell'azione di comando; l'organizzazione del terreno; la condotta della difesa); il combattimento d'incontro della divisione; conclusione.
(4) Ministero della guerra. Norme per l'impiego tattico della divisione. Roma, Provveditorato generale dello Stato, Libreria, Roma 1927. Stabilimento poligrafico dello Stato, Roma, 1928. La publicazione è così articolata: premessa. Parte I: l'azione offensiva della divisione di prima schiera inquadrata in terreno libero. Capo I. Nozioni generali (A preliminari; B la formazione d'avvicinamento; C come si svolge l'avvicinamento). Capo II. L'avvicinamento. L'azione dell'avanguardia (A come procede l'avanguardia; B come si impegna l'avanguardia). Capo III. L'organizzazione dell'attacco (lo schie~amento delle trnppe; lo schieramento
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delle artiglierie; osservazione e collegamenti; servizi). Capo IV. La preparazione e l'esecuzione dell'attacco (A la preparazione dell'attacco; B l'esecuzione dell'attacco). Parte Il: azione difensiva e divisione di seconda schiera. Capo V. L'azione difensiva della divisione di prima schiera inquadrata in terreno libero (A nozioni generali; B l'organizzazione della difesa; C la contropreparazione, la resistenza, il contrattacco). Capo VI. La divisione di seconda schiera. La publicazione consta di 145 pagine e 221 paragrafi. (5) Ministero della guerra. Norme per il combattimento della divisione. Tipografia regionale, Roma, febbraio 1936. La publicazione è così articolata: Premessa: I La divisione di fanteria: II La divisione di fanteria nell'azione offensiva: sfondamento della copertura; marcia al nemico; attacco (criteri generali, combattimento d'incontro, attacco contro nemico in posizione; sfruttamento del successo-inseguimento). III La divisione di fanteria ne/l'azione difensiva: criteri generali; difesa di una posizione; sosta difensiva nel corso dell'attacco; combattimento temporeggiante; ripiegamento. IV La divisione di fanteria di 2 11 schiera: criteri generali; azione offensiva; azione difensiva. V La divisione di fanteria nel forzamento e nella difesa di corsi d'acqua: forzamento; difesa. VI La divisione di fanteria nel combattimento nei boschi: azione offensiva, azione difensiva. VII La divisione alpina: caratteristiche della guerra alpina; caratteristiche della divisione alpina; azione offensiva; azione difensiva. VIII La divisione celere: caratteristiche; copertura; occupazione di posizioni; esplorazione; avanguardia generale; manovra d'ala e protezione di un fianco; sfruttamento del successo; inseguimento; intervento in caso di rottura della fronte; protezione del ripiegamento. IX La divisione motorizzata: caratteristiche; marce e sta?:ioni; occupazione di posizioni; cooperazione con la divisione celere; riserva; il comandante. X La guerra chimica. Conclusione. In tutto: 143 pagine, 274 paragrafi. (6) La divisione binaria (fine 1938) era così costituita: 1 comando; 2 reggimenti di fanteria, ciascuno su 3 battaglioni, 1 compagnia mortai da 81, 1 compagnia da 47/32 di accompagnamento; 2 compagnie mortai da 81; 1 compagnia cannoni anticarro da 47/32; 1 reggimento artiglieria da campagna su 3 gruppi (1 obici da 100/17 su 3 batterie motorizzate, 1 cannoni da 75/27 su 3 batterie motorizzate, 1 obici da 75/13 su 3 batterie someggiate); 1 batteria contraerei da 20; 1 compagnia genio artieri; 1 compagnia genio mista; 1 sezione sanità. Raffronto tra l'armamento della divisione di fanteria ternaria e quello della divisione di fanteria binaria adottata nello scorcio del 1938; (il primo numero si riferisce alla ternaria; il secondo alla binaria): fucili mitragliatori: 243 e 216 ( x 27); mitragliatrici: 156 e 48 ( x 108); mortai da 45:81 e 135 ( + 54); mortai da 81:6 e 24 ( + 18); cannoni mitragliere da 20:8 e 8; pezzi da 47:8 e 24 ( + 16); cannoni da 65/17: 12 e O ( x 12); cannoni e obici da 75:36 e 24 ( x 12); obici da 100: 12 e 12. (7) Ministero della guerra. Comando del corpo di stato maggiore. Ufficio addestramento. La grande unità base nelle esercitazioni sperimentali anno XVI. Roma, 1938. (8) Veds. nota n. 8 precedente capitolo n. XXVI. (9) Anche la divisione di fanteria, variando opportunatamente il tipo di artiglieria ed il genere dei mezzi di trasporto in dotazione ai servizi di reparto, fu resa idonea al combattimento in montagna. Nella divisione normale: reggimento di artiglieria su 3 gruppi di cui 1 someggiato; nella divisione da montagna: reggimento di artiglieria su 3 gruppi di cui 2 someggiati e servizi di reparto e divisionali someggiati. (10) La divisione celere conservò la costituzione ternaria: comando; 2 reggimenti di cavalleria, ciascuno su 2 gruppi squadroni e 1 squadrone mitraglieri; 1 reggimento bersaglieri su 3 battaglioni, 1 compagnia motociclisti e 1 compagnia cannoni da 47/32; 1 gruppo squadroni carri; 1 reggimento di artiglieria su 2 gruppi motorizzati; 1 gruppo a cavallo e 2 batterie da 20; 1 compagnia mista del genio; 1 sezione sanità; 1 sezione di sussistenza; 1 autoreparto misto.
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(11) LA divisione motorizzata ebbe la seguente formazione: comando; 2 reggimenti di fanteria su 2 battaglioni ciascuno; 1 reggimento bersaglieri su 3 battaglioni; 1 battaglione mitraglieri; 1 reggimento di artiglieria su 3 gruppi e 2 batterie da 20; 1 battaglione misto dd genio; 1 sezione cli sanità; 1 sezione di sussistenza; 1 autoreparto misto. (12) LA divisione corazzata fu costituita su: comando; 1 reggimento fanteria carrista su 4 battaglioni; 1 reggimento bersaglieri su 3 battaglioni; 1 battaglione mitraglieri; 1 reggimento di artiglieria su 2 gruppi e 2 batterie da 20; 1 compagnia mista del genio; 1 sezione di sanità, 1 sezione di sussistenza; 1 autoreparto misto.
CAPITOLO
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LA FANTERIA ITALIANA TRA LE DUE GUERRE MONDIALI 1. La velocità di progressione. 2. Il regolamento del 1921. 3. Il regolamento del 1923. 4. Il regolamento del 1929. 5. Le circolari 3500 e 8000 del 1935. 6. Il regolamento del 1937. 7. Le circolari 3147 e 3169 del 1937. 8. La circolare 6800 del 1938. 9. Il regolamento del 1939. 10. Conclusioni.
1.
Prima dell'avvento della mitragliatrice, la fanteria, avanzando alla velocità di 2 chilometri all'ora, veniva accolta sul campo di battaglia dal tiro di armi da fuoco che sparavano circa 2 colpi al minuto. Dopo la comparsa della mitragliatrice, i fanti, che muovevano alla stessa andatura, andavano incontro ad un fuoco che aveva la cadenza minima di 400 colpi al minuto e che aveva una probabilità di colpire il bersaglio 200 volte superiore a quella del passato. Le perdite della fanteria in attacco - costretta ad avanzare allo scoperto, a piedi, senza l'appoggio dell' artiglieria negli ultimi 200 + 300 metri - divennero insostenibili, le fronti s'immobilizzarono, fu la guerra di trincea, nella quale anche quando l'attacco riusciva a sfondare la sua velocità di penetrazione in profondità - non maggiore di 20 chilometri al giorno, neppure quando non incontrava nessuna resistenza - non era certo tale da consentire lo sfruttamento dd successo. La difesa, difatti, se disponeva di mezzi sufficienti, riusciva a tamponare la falla, facilmente delimitabile, mediante il ricorso a riserve dislocate entro limiti di tempo utili alla tempestività d'intervento (1). Per tentare di restituire all'azione offensiva il suo primato si era fatto ricorso alle lunghe preparazioni di artiglieria, alla minuta organizzazione degli attacchi, alla distribuzione di armi a tiro curvo, a tutti gli espedienti fortificatori possibili per assicurare alla fanteria la continuità del movimento quando le veniva meno l'appoggio dell'artiglieria, ma ciò nonostante l'azione difensiva continuava a prevalere. La soluzione del problema era a portata di vista, se non di mano, fin dal 1916, ma non
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era valida per tutti i casi e, soprattutto, non fu subito afferrata. Il carro armato non era un mezzo dovunque, soffriva di molte limitazioni ed offriva prestazioni modeste, ma non poteva esservi dubbio sul fatto che sarebbe stato il mezzo del futuro là dove fosse stato possibile utilizzarlo. Era quanto meno, in ogni caso, un'arma che avrebbe meritato una più attenta considerazione da parte degli stati maggiori sia perché unificava in sé i tre mezzi di azione della fanteria sia perché, in ragione della sua velocità e della sua scarsa vulnerabilità alle offese delle armi automatiche, consentiva profonde penetrazioni e riduceva i tempi di esposizione al fuoco nemico. Viceversa, anche negli anni che seguirono la prima guerra mondiale, la gran parte degli stati maggiori continuò a credere nella intramontabilità della fanteria appiedata e della cavalleria montata. Lo stato maggiore dell'esercito italiano, pur concedendo gradatamente nel periodo tra le due guerre mondiali un ruolo sempre più spiccato al combattimento dei carri armati, conservò la convinzione dogmatica che un conflitto futuro, sebbene diverso da quelli del passato, avrebbe continuato ad avere come protagonisti la fanteria e l'artiglieria tradizionali. La visione costante delle Alpi lungo le quali si snodavano i confini terrestri della penisola fu troppo angusta e finì con l'indurre lo stato maggiore a ricercare la soluzione del problema della velocità di progressione al di fuori dei carri armati e nell'ambito del binomio fanteriaartiglieria. La ricerca fu lunga, travagliata ed incerta; procedé per approssimazioni successive; investì di volta in volta il valore del rapporto fanteria-artiglieria, i procedimenti di azione, gli ordinamenti e gli organici delle minori unità della fanteria e l'armamento di quest'arma; non si concluse in maniera soddisfacente per l'impossibilità materiale di trovare il punto di equilibrio, nell'ambito della fanteria appiedata, tra potenza di fuoco e mobilità tattica: più aumentava la prima, più diminuiva la seconda e viceversa. Da ciò il susseguirsi di innovazioni e di ritorni al passato, di mutamenti e di ripensamenti, di alti e bassi di taluni procedimenti e ordinamenti riguardanti i livelli minimi di collocazione della piccola manovra tattica, la distribuzione delle armi automatiche a tiro teso e delle armi a tiro curvo, e la determinazione dell'ampiezza delle fronti offensive e difensive, della profondità degli scaglionamenti delle forze e del numero e tipo delle formazioni per il movimento e il combattimento. Dei due problemi accennati, quello della tempestività d'intervento delle riserve nel campo della grande tattica trovò, alla fine, una soluzione, per quei tempi soddisfacente, mediante la creazione delle divisioni motorizzate, delle quali però, il 10 giugno 1940, saranno disponibili solo la Trento e la Trieste. Il problema dell'aumento della velocità di progressione della fanteria non ebbe uno sbocco positivo, anzi,
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in un certo senso, divenne più complicato e delicato in seguito all'introduzione di armi nuove ed ali' abbassamento dei livelli di assegnazione di tali armi, con il conseguente acuirsi delle esigenze del rifornimento delle munizioni di difficile, lenta, onerosa ed aleatoria attuazione, specialmente nelle fasi dinamiche della lotta. Riferite ai terreni proibitivi dell'impiego dei carri armati, alcune delle soluzioni adottate nel ventennio tra le due guerre mondiali ebbero la loro validità, ma la meno soddisfacente di tutte fu proprio quella in essere al momento dell'entrata in guerra; riferite, invece, ai terreni d'impiego dei carri armati, nessuna di essa risultò adeguata, perché su tali terreni la fanteria tradizionale trovava spazi d'impiego offensivo sempre meno frequenti e meno vasti se non servita da mezzi di rimozione degli ostacoli, di forzamento delle barriere, di difesa contro carro e di rifornimento delle munizioni. Nessuna delle varie soluzioni ebbe tali caratteristiche; quella del 1938, come vedremo, non solo risulterà del tutto inadeguata all'azione offensiva per la quale era stata concepita, ma si dimostrerà non meno carente nei riguardi del1' azione difensiva. Verso la fine della prima guerra mondiale alla tattica del compito era venuta gradualmente sostituendosi la tattica dell'infiltrazione, vale a dire una tattica profonda e snodata affidantesi, più che alla potenza del colpo diritto all'obiettivo, all'azione di tante piccole leve - operanti s'intende in un quadro unitario - che, insinuandosi att:averso i punti deboli dell'organizzazione avversaria, applicassero i loro sforzi di sgretolamento per determinare da più parti il crollo dell'intera muraglia. Alla luce di tale nuova concezione, trasferita dalla grande alla piccola tattica, lo stato maggiore dell'esercito italiano, al pari di altri, andò alla ricerca, per quanto gli fu consentito dall'armamento a mano a mano disponibile, delle modalità migliori per portare avanti, con la maggiore economia e sicurezza possibili, l'insieme delle leve, azionarle sui punti di applicazione e nei momenti più convenienti, riutilizzarle possibilmente più volte, magari rinforzandole se divenute o dimostratesi troppo deboli - o sostituendole se resesi insufficienti - fino a provocare la rovina anche delle strutture retrostanti dell'intero sistema difensivo nemico. Tale l'indirizzo costantemente seguito dall'immediato primo dopo guerra alla vigilia della seconda guerra mondiale, quando si volle tornare aprivilegiare il colpo potente e diretto su di un unico obiettivo, senza finte, e riservare la manovra ai livelli superiori alla divisione limitando l' azione di questa e dei livelli inferiori alla sola combinazione del fuoco e del movimento su di una sola direzione con l'unico compito di avanzare adattandosi al terreno, regolando fuoco e movimento, in modo da garantire l'avanzata col minor numero di perdite. «Fare massa contro un punto, incri-
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narlo, romperlo e dalla rottura irrompere per seguire veemente una linea di facilitazione» (2): scriverà il generale Pariani nel 1939 quando vorrà spiegare quella che egli stesso definirà la tattica dell'acqua, che del1' acqua però non avrà né la forza travolgente della massa né la fluidità di scorrimento.
2. Nel 1922 lo stato maggiore diede alla luce l'Addestramento della fanteria al combattimento. Voi. II. Addestramento dei reparti (Edizione 1921) (3). Fino ad allora erano stati in vigore regolamenti e istruzioni dirama-
ti prima e durante la guerra, oramai incompleti, superati e non aderenti alle Direttive per l'impiego delle grandi unità nell'attacco e nella difesa compilate dal Comando Supremo nel 1918. Il principio informatore della tecnica d'impiego e addestrativa di tale regolamento non è molto dissimile da quello della regolamentazione prebellica: il combattimento della fanteria si basa prima di tutto sul fattore morale; compito della fanteria in combattimento è distruggere,
catturare o scacciare il nemico dai terreno conteso e preso possesso di questo, conservarlo, impedendone al nemico la riconquista; l'obiettivo di un reparto di fanteria è il reparto che ha di fronte; il combattimento della fanteria può avere carattere offensivo o difensivo, ma in effetti esso è sempre intessuto di atti offensivi e di episodi difensivi, per cui non si può fare una netta distinzione tra le due azioni. Nell'azione offensiva, sia che la fanteria agisca in zone organizzate a difesa, sia in terreno libero, i caratteri generali dell'azione non mutano; variano solo l'entità dello sforzo ed i tempi necessari per condurlo. L'avvicinamento consiste nello sfruttare il terreno e le formazioni per muovere presto e senza perdite e si svolge sino a quando si entra nella zona di efficacia delle armi della fanteria nemica; l'attacco è la fase dell'azione offensiva durante la quale la fanteria, frazionata in squadre, muove, facendo fuoco se riecessario, per giungere sulla fanteria nemica, sopraffarla e quindi penetrare nel vivo dello schieramento nemico e disorganizzarlo. Le squadre di fuoco - vale a dire quelle avanzate - sfruttando nel miglior modo il terreno progrediscono e aprono il fuoco solo per acquistare la prevalenza di fuoco sul nemico quando questi impedisca il movimento. Esse avanzano alternamente dandosi reciproca protezione e se, per la resistenza nemica, sono impossibilitate a muoversi, sostano, organizzano il terreno guadagnato, lo difendono, facilitando con il loro fuoco l'avanzata delle altre, pronte
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esse stesse a riprendere il movimento. Le squadre retrostanti, mentre quelle di fuoco avanzano, si mantengono in stretto collegamento con queste e ne seguono il movimento in misura da intervenire tempestivamente nell'azione rinforzandole o scavakandole secondo i casi. Le mitragliatrici, si trovino esse nello scaglione di rincalzo o dietro di esso, od anche nello scaglione di fuoco, concorrono allo svolgimento dell'azione, sia sovrapponendo il proprio fuoco a quello delle squadre, specie nei tratti meno efficacemente battuti, sia prendendo sotto i tiri di neutralizzazione obiettivi di particolare importanza, sia proteggendo i fianchi dei reparti attaccanti. I cannoncini hanno il compito di distruggere, o quanto meno di neutralizzare, con tiro teso e in concorso con le mitragliatrici pesanti, i nidi di mitragliatrici. I lanciabombe battono con tiro curvo i bersagli riparati e distruggono gli ostacoli materiali ancora efficienti. Le bombe a mano vanno utilizzate nella lotta ravvicinata. L'assalto deve essere effettuato di slancio da quegli elementi dello scaglione avanzato che si trovino in condizioni favorevoli per compierlo; non sempre quindi potrà esere contemporaneo su tutta la fronte. Dopo l'assalto, le squadre non sostano, ma procedono, con celerità e con audacia, per addentrarsi il più possibile nello schieramento nemico, affrontando i rincalzi del difensore, investendo ed assalendo con il fuoco e con l'urto, di fianco e di rovescio, i tratti di fronte che ancora resistono. Nella fase di penetrazione, la fanteria spesso deve fare da sola facendo assegnamento esclusivo sulle forze ed armi proprie: i reparti scaglionati in profondità irrompono nella falla o nelle falle aperte nello schieramento nemico con le stesse modalità degli scaglioni avanzati nella fase precedente, progrediscono audacemente senza akuna preoccupazione di contatti laterali per raggiungere almeno la zona delle artiglierie leggere nemiche. L'azione non può essere, nel suo insieme, ininterrotta perché la capacità offensiva di un'unità non è illimitata; occorre prevedere, specialmente durante la fase di penetrazione, brevi soste su punti ben definiti del terreno, dove i reparti si attestano per riordinarsi, ricostituire i legami organici, riprendere Io scaglionamento in profondità, controllare i collegamenti, provvedere ai rifornimenti ed alle sostituzioni dei reparti logorati, .ecc. Attributi caratteristici dell'azione difensiva sono la sistemazione del terreno e Io scaglionamento in profondità delle forze e dei mezzi. La fanteria difende la posizione con reparti incaricati essenzialmente del fuoco e con reparti che manovrano ed assaltano il nemico. Nella fascia di osservazione le unità si schierano a nuclei, in formazioni rade, alcuni destinati all'osservazione, altri a logorare il nemico ed a incanalarlo attraverso prestabilite zone di ostacolo e di fuoco. I nuclei di logoramento si sistemano a caposaldo occupando i punti di maggior valore difensivo.
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Quando la fascia di osservazione ha pura funzione di vigilanza, i reparti di fanteria che la presidiano, segnalato l'attacco nemico, ripiegano sulla striscia di combattimento lasciando sgombra una zona per le reazioni di fuoco dell'artiglieria e delle mitragliatrici della fascia di resistenza; quando essa ha anche il compito di resistenza, le unità incaricate di tale compito resistono ad oltranza sui capisaldi organizzati contro i quali, come contro veri e propri scogli, deve infrangersi l'azione nemica che ve"à così deviata verso predisposte zone di ostacolo e di fuoco. Scopo della fascia di resistenza è d'infrangere, am?stare e respingere l'attacco nemico. I reparti vi si scaglionano in profondità: i battaglioni di prima linea, che con un'aliquota delle forze presidiano anche il corrispondente settore della fascia di osservazione, sulla striscia di combattimento; i battaglioni di seconda e terza linea rispettivamente sulla striscia dei rincalzi e su quella delle riserve . L'ossatura della difesa è costituita dalle mitragliatrici che devono essere scaglionate in profondità in misura da potersi fianchegg,iare a vicenda e costituire una [!.rande rete di fuoco che entri in azione di sorpresa ed a breve distanza, per avviluppare il nemico che tenti di penetrare o sia già penetrato nella posizione. Ciasuno mitragliatrice, anche se oltrepassata o aggirata, continua la sua azione in concorso con quelle attigue. Segnalato l'attacco nemico, prima l'artiglieria, poi le mitragliatrici e tutti gli altri mezzi di fuoco iniziano il tiro sui reparti attaccati, mano a mano che essi sono a giusta distanza, e li tengono sotto il fuoco durante tutta la loro avanzata. Qualora il nemico riesca a penetrare in qualche tratto della striscia di combattimento, i reparti presidianti i tratti laterali a quelli che hanno ceduto mantengono sotto il proprio fuoco tali infiltrazioni, senza preoccuparsi se restano isolati o tagliati fuori, mentre le mitragliatrici retrostanti iniziano il tiro di repressione e i rincalzi dello scaglione di fuoco, dislocati per norma nella striscia di combattimento, muovono prontamente al contrattacco in modo non solo da impedire al nemico di progredire, ma da ricacciarlo dalla posizione dove è penetrato. Quando si presuma che l'azione di tali rincalzi non possa essere sufficiente o quando, a malgrado di ogni sforzo, essa non abbia raggiunto i suoi scopi, e l'entità del cedimento della fronte lo renda necessario, entrano in azione i battaglioni dislocati nelle strisce dei rincalzi e delle riserve che, con contrattacchi o eventualmente con azioni controffensive preparate ed appog,giate dall'artiglieria e da tutte le mitragliatrici disponibili, respingono il nemico e ricostituiscono l'integrità primitiva della posizione. Se il nemico ripiega, lo si insegue col fuoco di tutte le armi e, se l'efficienza residua lo consente, anche con reparti lanciati all'inseguimento per impedirgli di restare e di affermarsi sulle sue stesse po-
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sizioni di partenza; ciò che importa è evitare che il nemico ripieghi o si sottragga di sorpresa ali' azione. Le unità di fanteria protagoniste del combattimento, che si sviluppa sempre entro la grande cornice di fuoco creata dall'artiglieria, sono: la squadra fucilieri (15 uomini); il plotone fucilieri su 3 squadre (46 uomini); la compagnia fucilieri su 3 plotoni fucilieri e 1 plotone misto (su 2 nuclei); il battaglione su 1 compagnia comando, 3 compagnie fucilieri ~ 1 compagnia mitragliatrici pesanti (1 comando, 3 plotoni mitragliatrici pesanti su 2 squadre, ciascuna su 2 armi). L'unità elementare di combattimento è la squadra; il plotone è l'elemento minimo di manovra; la compagnia è la più piccola unità dell'arma che disponga di armi di accompagnamento che le vengono generalmente assegnate dal comandante del battaglione; il battaglione è l'unità tattica fondamentale della fanteria, e, nel quadro della divisione, elemento di base per il concetto operativo del comandante oltre che la più piccola unità dell'arma che abbia organicamente assegnati tutti i mezzi per il combattimento vicino, cioè fucile e mitragliatrice per il tiro teso e per il tiro contraerei, bombe a mano o da lanciarsi con apposito congegno per il tiro curvo. Esso, inoltre, può ricevere in rinforzo dal comando di reggimento alcuni cannoncini e anche qualche pezzo di artiglieria di accompagnamento materiale, mentre dispone in proprio di reparti specializzati (1 plotone zappatori, 1 plotone collegamenti, 1 plotone esploratori). Il combattimento del battaglione si concreta nel risultato delle azioni di un insieme di squadre che, sfruttando il terreno e le formazioni - le formazioni di combattimento della squadra fucilieri sono: serrata o in fila, distesa; del plotone fucilieri: aperto o disteso; della squadra mitragliatrici: serrata, in fila, in manovra; del plotone mitragliatrici: aperto o in manovra - attaccano o si difendono cercando di realizzare la superiorità di fuoco sia pure temporanea e locale che, in attacco, consenta di attraversare la zona battuta dal fuoco nemico con minori perdite e di sviluppare l'azione nelle direzioni più propizie e, in difesa, assicuri l'integrità della fronte congiuntamente con i contrattacchi mediante un sistema profondo, al di fuori di ogni irrigidimento lineare. La superiorità di fuoco va intesa come il risultato degli effetti di tutte le armi della fanteria e dell'artiglieria; la rarefazione delle formazioni deve essere tale da non sacrificare la densità tattica e conseguentemente l'ampiezza delle fronti non può andare, in attacco, al di là di 100 + 150 m per il plotone che abbia 2 squadre in scaglione di fuoco e 1 in rincalzo, di 300 m per la compagnia su 2 scaglioni (1 di fuoco su 2 plotoni e 1 di rincalzo su 1 plotone), di 600 m per il battaglione che si schieri con 2 compagnie in primo scaglione ed 1 in rincalzo; nella difesa l'ampiezza delle fronti può raggiungere il doppio di quella del-
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l'attacco. Caratteristica del fuoco delle armi della fanteria è che esso, specie in attacco, non è mai fine a se stesso, ma mezzo per favorire il movimento o per arrestare quello nemico e, pertanto, va aperto il più vicino possibile all'obiettivo sul quale è diretto: di norma non a distanza superiore ai 60 m (quello di fucileria a distanze intorno ai 400 m). Tali i criteri ed i procedimenti tattici principali della pubblicazione del 1921, molti dei quali verranno inseriti nelle pubblicazioni degli anni successivi; criteri e procedimenti accettabili, anche se ancora non sufficientemente distaccati dalla visione della recente guerra, ma di scarsa possibilità di successo se riferiti alle formazioni organiche di guerra delle minori unità di fanteria il cui armamento, sia pure accresciuto quantitativamente, non era diverso da quello del 1915 e comunque non recepiva nulla di quanto il Comando Supremo aveva indicato nell'ordinare la costituzione del battaglione sperimentale del 1918. Per attuare i nuovi criteri e procedimenti occorreva un battaglione diverso, che, difatti, venne studiato e sperimentato presso la Scuola centrale di fanteria in Civitavecchia e adottato in un primo tempo presso ogni grande unità territoriale e, successivamente, presso tutti i reggimenti di fanteria, compresi, fatte salve talune modifiche specifiche, i reparti alpini (4). Il nuovo battaglione fu caratterizzato da una maggiore potenza di fuoco. Esso venne costituito di: 1 compagnia stato maggiore (310 uomini) su di 1 plotone misto, 1 plotone zappatori, 1 plotone esploratori, 1 plotone collegamenti; 3 compagnie armi leggere, ciascuna (150 uomini) su di 1 plotone misto e 3 plotoni armi leggere; 1 compagnia armi pesanti (210 uomini) su 4 plotoni mitragliatrici; 1 plotone cannoncini di 4 squadre di 1 arma ciascuna, 1 plotone misto. Ciascun plotone armi leggere (42 uomini; 2 in meno della formazione precedente) fu costituito di 2, anziché 3, squadre, ciascuna squadra armi leggere (20 uomini, 5 in più della formazione precedente) ebbe organicamente in proprio una mitragliatrice leggera; il plotone mitragliatrici (26 uomini) fu costituito di 2 squadre mitragliatrici, ciascuna di queste su di un'arma.
3.
Lo stato maggiore centrale, in seguito alle nuove formazioni di guerra del battaglione, diramò in par~llelo ed in contemporaneità una nuova edizione dell'Addestramento della fanteria (stralcio) che sostitul gran parte dell'edizione del 1921 (5). Le innovazioni che la pubblicazione introduce nei procedimenti di
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azione delle minori unità di fanteria riguardano principalmente la squadra, il plotone e la compagnia. La squadra armi le?,gere diventa, riunendo in sé tanto il mezzo di fuoco (mitragliatrice leggera) quanto la forza d'urto (nucleo fucilieri), elemento di manovra per eccellenza: fuoco e movimento nella squadra devono essere simultanei; mentre la mitragliatrice fa fuoco, i fucilieri avanzano e se, e quando, necessario, aprono alla loro volta il fuoco per coprire il movimento in avanti della mitragliatrice. I gruppi stessi, in cui di solito si dividono i fucilieri, si appoggiano a vicenda in modo analogo. La squadra diventa, dunque, l'unità elementare di base del combattimento della fanteria; il coordinamento dell'alternanza fuoco-movimento scende dal plotone alla squadra; la forza del nucleo fucilieri rimane nell'ambito della squadra pressoché la stess; della formazione precedente (2 fucilieri in meno); le formazioni della squadra restano le stesse - in fila, serrata, in manovra (prima detta distesa) ma acquistano profondità ed elasticità maggiori in quanto cresce il numero delle articolazioni (3-4 gruppi per il nucleo fucilieri, 2 per quello arma leggera); Ja figura del comandante di squadra acquista enorme rilievo stante la molteplicità delle azioni che deve coordinare. Nell'attacco la squadra avanza celermente sfruttando il terreno e si porta sui successivi appostamenti a sbalzi, o tutta a un tempo, o a piccoli gruppi, o a uomini isolati. La mitragliatrice leggera di norma, precede i fucilieri; avvicinandosi al nemico, la squadra integra il fuoco della mitragliatrice con il fuoco dei fucilieri ed il lancio delle bombe con il lanciabombe individuale e cerca di progredire, alternando l'azione di fuoco con il movimento, appoggiata dal fuoco delle squadre laterali ed appoggiando queste con il proprio; giunta a distanza tale da poter essere superata in un solo sbalzo di corsa veloce, dopo il lancio delle bombe a mano, si lancia all'assalto, di norma tutta riunita, e lo esegue con impeto spingendolo a fondo col massimo vigore; penetra successivamente quanto più a fondo sul dispositivo nemico agendo più raccolta che non n~lla fase precedente; raggiunto il suo ultimo obiettivo, si riordina rapidamente al di là e mai sopra di esso. Il plotone, privato della terza pedina, diventa solo la più piccola unità di fanteria comandata da un ufficiale. Nel suo ambito si realizza la cooperazione tra le 2 squadre che lo costituiscono e quella con le squadre laterali. In attacco, muove e agisce alternando il movimento delle squadre che si danno reciproco appoggio, di norma entrambe avanzate (solo eccezionalmente una avanzata ed una di rincalzo). La compagnia resta la più piccola unità dell'arma che nel combattimento possa disporre di armi di accompagnamento (mitragliatrici pesanti e cannoncini) normalmente decentratele dal battaglione. Essa si articola, in attacco ed in difesa, in uno scaglione di fuoco (2 o 1 plotone)
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ed in uno scaglione di rincalzo (1 o 2 plotoni). In attacco, quando procede nella fascia di osservazione nemica, si prefigge lo scopo di giungere
quanto più celermente possibile a contatto della striscia di combattimento travolgendo le resistenze che incontra, ricercando il più possibile la sorpresa, cercando di arrivare con la mag,giore quantità di forze possibili davanti alla striscia di combattimento. Quando attacca la posizione nemica, la compagnia spinge lo sforzo mag,giore nella direzione di minor resistenza e manovra coordinando l'azione dei 3 plotoni tra loro e l'azione di questi con le unità pesanti, coordinamento che aumenta d'importanza
col progredire dell'azione e quindi col diminuire dell'appog,gio dell'artiglieria . Si addentra quanto più possibile nel sistema difensivo nemico infiltrandosi con opportune manovre dei plotoni fra i disseminati elementi della resistenza nemica. Nella difesa, la squadra si avvale specialmente della mitragliatrice leg,gera - appostata in modo da svolgere di preferenza azione fiancheggiante e da assicurare l'integrità del tratto di posizione assegnatole e da concorrere col proprio fuoco a quello dei tratti assegnati alle squadre laterali - per battere efficacemente il suo settore e gli intervalli, mentre impiega i fucilieri per mantenere il collegamento con le squadre laterali, battere eventuali angoli morti, ed essenzialmente per distruggere o catturare, con reazione immediata, gli elementi nemici che riuscissero a mettere piede sul tratto di posizione assegnatole. Se impiegata nella fascia di osservazione, la squadra si articola in nuclei di forza variabile, opportunatamente dislocati nel senso della fronte e della profondità, i quali provvedono all'osservazione mediante vedette; se incaricata di azione temporeggiante, ripiega al momento opportuno e combatte portandosi sul posto che le è stato in precedenza indicato; se incaricata di resistenza ad oltranza, persiste tenacemente nella lotta senza preoccuparsi se il nemico l'oltrepassa o l'aggira. Il plotone combina il fuoco delle squadre e le reazioni di movimento delle squadre stesse in un quadro unitario della resistenza. La compagnia di primo scaglione può trovare impiego nella fascia di osservazione, o nella fascia di resistenza, o divisa tra la fascia di osservazione e la striscia di combattimento (in questo caso con 1 plotone nella fascia di osservazione e 2 plotoni nella striscia di combattimento dei quali 1 in scaglione di fuoco e 1 di rincalzo od anche entrambi in scaglione di fuoco). Lo scaglione di fuoco della striscia di combattimento si articola in nuclei, dislocati sui punti particolarmente forti del terreno, che hanno il compito di resistere da fermi con il fuoco effettuando tiri prevalentemente incrociati e d'infilata. Lo scaglione di rincalzo, di forza non inferiore a quella del plotone, ha il compito principale del contrattacco. Le armi pesanti in rinforzo trovano di norma la più
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conveniente dislocazione dietro allo scaglione di fuoco in modo però da poter sviluppare la loro azione sul davanti della posizione e negli intervalli fra i nuclei di resistenza; ciò non esclude la dislocazione di qualche mitragliatrice pesante nello scaglione di fuoco e anche davanti ad esso. Nel caso particolare che la compagnia sia destinata ad operare per intero nella fascia di osservazione, essa si schiera a nuclei largamente intervallati e a scacchiera con, di norma, un plotone arretrato che resta alla mano del comandante sulla posizione che meglio consenta la resistenza ad oltranza. Il plotone armi leggere conserva le formazioni di aperto e in manovra (già disteso) e l'ampiezza delle fronti di attacco e di difesa già stabilite dalla precedente regolamentazione. Le armi svolgono gli stessi compiti del passato; in particolare, la squadra mitragliatrici è unità d'impiego, ma svolge normalmente la sua azione nell'ambito del plotone, il quale è l'unità fondamentale per l'impiego tattico delle mitragliatrici pesanti in quanto consente che le due squadre si completino a vicenda con la loro azione; la squadra cannoncini è l'unità fondamentale per l'impiego tattico dei cannoncini e perciò, di massima, viene impiegata isolata. Normalmente, specie nell'azione offensiva, ad ogni compagnia armi leggere di primo scaglione sono assegnati un plotone mitragliatrici ed una squadra cannonclfil. Qualche anno dopo venne diramato il Regolamento per l'addestramento individuale (6), pubblicazione basilare per tutte le varie armi e, in particolare, per la fanteria, in quanto oltre a comprendere le nozioni indispensabili sui vari mezzi offensivi e difensivi ne sancì i criteri d'impiego e completò il quadro di rinnovamento della regolamentazione d' arma venutasi gradualmente delineando negli anni venti. Sul finire di tale decennio, dopo la diramazione delle Norme generali per l'impiego delle grandi unità e delle Norme per l'impiego tattico della divisione, Io stato maggiore ritenne necessario di sintonizzare la regolamentazione d'arma con la nuova dottrina tattica e, prima ancora, di realizzare una maggiore capacità di fuoco nell'ambito delle unità di fanteria al fine di conferire loro una maggiore idoneità alla guerra di movimento. Venne in primo tempo diramata una circolare sulla Composizione e procedimenti tattici del plotone fucilieri e del plotone esploratori (7) e l'anno dopo venne distribuita una nuova edizione dell'Addestramento della fanteria (8) che abrogò l'edizione del 1921 e quella del 1923 nonché la stessa circolare del 1928 sulla composizione e sui procedimenti tattici del plotone di fanteria.
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4. In armonia con l'evoluzione e gli sviluppi della dottrina tattica il nuovo regolamento, senza nulla togliere all'importanza del fuoco, esprime una tecnica d'impiego delle unità di fanteria orientata ad esaltare le caratteristiche di manovra. Fermi restando i criteri della regolamentazione precedente circa l'attacco diretto contro i punti deboli dell' organizzazione nemica e la difesa di una posizione imperniata sui punti forti del terreno, l'aumento della velocità di progressione della fanteria sul campo di battaglia viene ricercato soprattutto nella cooperazione tra le stesse unità di fanteria - in particolare tra unità appiedate e unità carri - tra fanteria ed artiglieria e tra fanteria ed aviazione. «Per le unità di fanteria il successo dei vicini deve essere considerato come ini. zio del successo proprio e come tale dev'essere immediatamente sfruttato. Per le altre armi la vittoria della fanteria è lo scopo ed il premio di ogni sforzo e di ogni sacrificio, perché è la vittoria di tutti». La cooperazione ha il suo fondamento nel costante scambievole orientamento sulla situazione, sull'azione in corso, sugli intendimenti dei capi; quella fra armi diverse esige conoscenza reciproca delle caratteristiche, delle esigenze e delle possibilità rispettive. Occorrono perciò intese prima del1' azione tra i comandi destinati a cooperare tra di loro. La cooperazione tra fanteria ed artiglieria si esplica da parte di questa ultima col dominare, sia pure temporaneamente, l'avversario in modo da impedirgli l'efficace uso delle proprie armi; da parte della fanteria con lo sfruttare subito questo stato di inferiorità dell'avversario, per progredire verso il raggiungimento del proprio scopo. Il quadro del combattimento della fanteria si amplia e si completa rispetto al passato; le formazioni diventano più snelle e più semplici; talune armi della fanteria aumentano, altre diminuiscono di valore; i procedimenti, tanto nell'attacco quanto nella difesa, tendono a dare impulso alla dinamicità dell'azione delle minori unità lasciata nel passato troppo in ombra dalla ricerca della prevalenza del fuoco. Il fucile ed il moschetto perdono definitivamente il loro valore tradizionale ed il loro impiego è limitato alle distanze inferiori ai 200 m se impiegati a braccio sciolto ed ai 400 m se puntati e sparati all' appoggio. Il tromboncino - l'arma nuova a tiro curvo ed a proietto scoppiante, venuto a rimpiazzare i pesanti lanciabombe e le bombe da fucile imprecise e di scarsa gittata - è utilizzabile anch'esso efficacemente a non più di 200 m dal bersaglio. La mitragliatrice leggera è impiegabile in terreno scoperto, piano e pressoché parallelo alla linea di mira a non più di 500 m ed a non pit1 di 800 m contro truppe in formazione di fianco
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e bene visibili. La mitragliatrice pesante è impiegabile, in terreno piano e scoperto, contro uomini fermi anche se a terra, o contro obiettivi moventi in qualunque senso su terreno parallelo alla linea di mira, sino a 1000 m. La mitragliatrice leggera è proiettata in avanti con i fucilieri quale arma di penetrazione; quella pesante è, di massima, scaglionata indietro quale arma di accompagnamento e, pertanto, fa ricorso al tiro al di sopra e attraverso gli intervalli delle truppe nemiche. I cannoncini non sono idonei a saldare l'azione della fanteria e quella dell'artiglieria e ad accompagnare e rinforzare le unità e vengono sostituiti da una sezione di cannoni da 65/17 su 3 pezzi - successivamente da una batteria su 4 pezzi - assegnata organicamente al reggimento di fanteria e da 4 mitragliatrici pesanti assegnate in aggiunta a quelle già esistenti, al battaglione. Il cannone da 65/17 è adatto a rapidi interventi ed a successivi immediati cambi di posizione, e può sparare al di sopra delle truppe amiche, purché queste siano a non meno di 500 m dall'arma e di 200 m dal bersaglio ed è efficace contro gli obiettivi abituali a distanze non molto superiori ai 1500 m. I carri armati, «potenti ausiliari della fanteria per l'attacco e per il contrattacco, sostituendo l'azione di appoggio dell'artiglieria nella zona in cui quest'arma non può intervenire per non colpire i fanti, agiscono di sorpresa, a massa ed a larghi intervalli con l'appoggio dell'arLiglieria e con l'immediata cooperazione della fanteria». Questa deve tenersi pronta a sfruttarne l'effetto e ad oltrepassarli appe-
na abbiano esaurito il loro compito o si trovino nell'impossibilità di proseguire. Sul piano ordinativo ed organico la brigata di fanteria rimane costituita su 3 reggimenti; ciascun reggimento si compone di 1 compagnia comando su 3 plotoni (1 plotone comando: 1 squadra maggiorità, 1 squadra informatori; 1 plotone collegamenti: 1 squadra telefonisti e guardafili, 1 squadra osservatori, segnalatori e colombofili, 1 squadra portaordini; 1 plotone servizi: 1 squadra servizi e 1 squadra salmerie e carreggio), di una sezione cannoni da 65/17 su 3 pezzi; di 3 battaglioni su 5 compagnie ciascuno (1 compagnia comando, 3 compagnie fucilieri, 1 compagnia mitraglieri). La compagnia comando di battaglione comprende 1 plotone comando (1 squadra maggiorità, 1 squadra servizi, 1 squadra salmeria e carreggio), 1 plotone collegamenti (1 squadra telefonisti e guardafili, 1 squadra osservatori, segnalatori e colombofili, 1 squadra portaordini), 1 plotone esploratori di 3 squadre (ciascuna di 8 uomini). La compagnia fucilieri comprende: 1 plotone comando (1 squadra rifornitori, 1 squadra salmerie), 3 plotoni fucilieri, ciascuno su 3 squadre fucilieri e 1 squadra mitragliatrici leggere (su 2 armi). La compagnia mitraglieri comprende 1 plotone comando (1 squadra comando, 1 squadra collegamenti, 1 squadra rifornitori, 1 squadra salmeria e carreggio) e 4 pio-
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toni mitraglieri (ciascuno su 3 squadre mitragliatrici pesanti di 1 arma ciascuna). La squadra fucilieri risulta ora costituita di 14 uomini (1 in meno rispetto alla formazione precedente); torna ad essere omogenea, composta cioè esclusivamente di uomini armati di moschetto con tromboncino e perde la sorgente di fuoco automatico; le sue formazioni salgono da 3 a 4: in fila, serrata per due, serrata per tre, distesa; le sue modalità di azione tornano ad essere quasi le stesse del 1921. La squadra mitragliatrici leggere su 2 armi comprende 15 uomini (1 sergente o caporale maggiore comandante, 2 caporal maggiori o caporali capi arma, 2 caporali o soldati porta arma tiratori, 10 soldati porta munizioni) ed utilizza 3 formazioni: serrata, in fila, distesa. Il plotone fucilieri conta, nel suo insieme, 1 ufficiale e 58 sottufficiali e truppa (16 uomini in più, dei quali 14 fucilieri, rispetto alla formazione del 1923). Oltre il plotone cannoncini, non esiste più, al livello di battaglione, il plotone zappatori sostituito da nuclei zappatori al livello di compagnia fucilieri (in ciascun plotone fucilieri 3 uomini sono addestrati anche come zappatori; 2 come esploratori, 2 come segnalatori con bandiera). La squadra mitragliatrici pesanti comprende 11 uomini (1 sergente o caporal maggiore capo arma, 1 caporale o soldato porta arma tiratore, 1 porta treppiedi, 1 porta bidone, 1 caporale comandante il nucleo munizioni, 6 porta munizioni) anziché 12 e utilizza 3 formazioni: serrata, in fila, distesa. Il plotone mitraglieri comprende 1 ufficiale e 35 uomini anziché i 26 della precedente formazione di guerra. La compagnia fucilieri ha in proprio personale e mezzi per i collegamenti e gli elementi per alcuni servizi (portaferiti, rifornitori, salmeria) e conserva la costituzione su 3 plotoni e la dotazione di 6 mitragliatrici leggere. La compagnia mitragliatrici pesanti scende da 6 a 5 plotoni - perde il plotone cannoncini - ma dispone di 12 anziché 8 mitragliatrici. Il battaglione ha l'identica costituzione della formazione precedente, fatti salvi una diversa articolazione della compagnia comando e l'aumento di 4 mitragliatrici pesanti a compenso della perdita dei 4 cannoncini. In attacco, la squadra fucilieri ha la fronte di circa 50 m; avanza a sbalzi di squadra, di gruppo ed anche di un uomo alla volta: pervenuta a tiro di tromboncino, apre il fuoco sul suo obiettivo soltanto quando questo non sia sufficientemente neutralizzato dalle mitragliatrici; trovando un settore meno battuto, vi penetra decisamente e mentre alcuni gruppi compiono lo sbalzo, gli altri da fermi fanno fuoco se questo è già stato iniziato dall'appostamento precedente; assalta a 30 + 40 m dall'elemento nemico e passa al lancio delle bombe a mano balzando, tutta insieme, sull'avversario per colpirlo con la baionetta o col pugnale; si riordina al di là dell'obiettivo e quindi procede o si rafforza secondo gli ordini
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che riceve. La squadra mitragliatrici leggere non apre il fuoco senza ordine del rispettivo comandante; procede a sbalzi, unita od a gruppi, con la sola preoccupazione di avvicinarsi quanto più può all'avversario senza far uso delle armi e senza svelarsi ad esso; dirige il fuoco, quando necessario, disciplinandone la cadenza e la densità, sull'obiettivo che in ogni momento risulta dannoso all'azione delle squadre fucilieri e, dal momento del!' apertura del fuoco, avanza a scaglioni di arma; quando le squadre fucilieri avanzate abbiano preso d'assalto un elemento nemico, si porta innanzi, anche di iniziativa, allo scopo di cooperare alla prosecuzione del1' attacco o di proteggere la breve sosta necessaria al riordinamento del plotone. Questo - che opera su di una fronte di un centinaio di metri - si articola in squadre avanzate e squadre di rincalzo; avanza guardando di non lasciarsi sorprendere; apre il fuoco quando si trova nell'assoluta necessità di utilizzarlo per proseguire; assume una formazione che gli consenta di dirigere l'assalto per vie coperte sui fianchi e sul tergo del!' avversario dopo averlo fissato frontalmente; quando non sia possibile come, ad esempio, per la continuità delle linee nemiche, portare l'assalto sui fianchi e sul tergo dell'obiettivo, schiera le mitragliatrici leggere all'infuori della direzione frontale dell'assalto e punta con le squadre fucilieri avanzate direttamente sull'obiettivo, occultandosi nel miglior modo e senza che le squadre fucilieri facciano fuoco , per giungere presto e con poche perdite il più vicino possibile all'avversario; dal momento in cui apre il fuoco, alterna il fuoco e il movimento delle squadre le quali si appoggiano scambievolmente senz'altra preoccupazione che di progredire; intensifica il fuoco per abbattere la resistenza materiale e morale del nemico, spo_stando possibilmente le mitragliatrici leggere in direzione sempre più eccentrica rispetto alla direzione di avanzata dei fucilieri; caduto il primo obiettivo, quando non possa continuare immediatamente l' attacco, si riordina al di là dell'obiettivo su posizione adatta a respingere con il fuoco qualunque tentativo nemico di riscossa; riprende poi l'avanzata cercando di portarsi il più innanzi che sia possibile; se arrestato dal fuoco nemico, si ripara nel miglior modo possibile e fa uso delle mitragliatrici - eccezionalmente dei tromboncini e dei moschetti - per agevolare l'avanzata dei reparti contigui, che, a loro volta, gli facilitano la ripresa del movimento; impiega il rincalzo per oltrepassare una delle squadre avanzate, o, preferibilmente, prolungare un'ala per avvolgere il nemico, o ridurre un intervallo troppo ampio, ovvero per spingerlo oltre le squadre avanzate allo scopo di puntare su di un tratto dell'obiettivo manifestatosi particolarmente sensibile, ovvero ancora per respingere i contrattacchi nemici o per partecipare all'assalto. La compagnia fucilieri - di solito rinforzata con mitragliatrici, e che può ottenere concorso di fuo-
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co dalle mitragliatrici pesanti delle compagnie vicine, dalle mitragliatrici pesanti e dai cannoni per fanteria ed eventualmente delle artiglierie o dalle armi pesanti per cura di comandanti superiori a quello di battaglione - si articola in 2 plotoni avanzati ed 1 di rincalzo, o in 1 plotone avanzato e 2 di rincalzo, o in 3 plotoni avanzati, o in un plotone dietro l'altro in tre linee successive (plotone avanzato, primo rincalzo, secondo rincalzo). La sua fronte di attacco si aggira, in media, intorno ai 250 m; la sua profondità è compresa fra i 200 ed i 300 m. La condotta della compagnia in attacco si ispira al concetto generale «di immobilizzare ed indebolire l'avversario con la preponderanza del fuoco - realizzata non in modo uniforme su tutta la fronte, ma polarizzata sui punti ove essa riesca più dannosa per il nemico o a favore del plotone che ha maggiore probabilità di avanzare - sino a creare nella sua linea di resistenza uno o più punti deboli; penetrare in questi per determinare il cedimento degli elementi vicini; allargare tale via di penetrazione ed approfondirla mediante l'azione combinata delle forze già penetrate e di quelle ancora indietro, in modo da disgregare la compagine del difensore». La compagnia attacca, realizzando sui tratti più sensibili la massa del fuoco direttamente disponibile o da richiedere al comandante del battaglione, seguendo da vicino il tiro di appoggio del!' artiglieria e spingendo i plotoni avanzati ad espugnare ed oltrepassare i centri di resistenza nemici non appena siano abbandonati dal tiro stesso; irrompe al di là del centro di resistenza avversario che abbia ceduto per provocare la caduta dei centri contigui (l'irruzione è eseguita dal plotone avanzato, mentre la completa eliminazione del centro è affidata al rincalzo); quando non riesca a penetrare nella posizione nemica, la compagnia si apposta e tiene sotto fuoco l'avversario e agevola il reparto contiguo che ha maggiore probabilità di successo; durante la penetrazione, muta spesso la formazione iniziale per le alternative di sbalzi e soste, di scavalcamenti e sostituzioni, accentua, diventando sempre più difficoltoso l'appoggio dell'artiglieria, il concorso di fuoco fra i reparti avanzati mediante l'intervento delle armi pesanti; impiega il rincalzo per allargare le vie di penetrazione, isolare e far cadere per aggiramento le resistenze superstiti, rinforzare, senza addensarle troppo, le fanterie penetrate nelle brecce. Il battaglione attacca su di una fronte che si aggira intorno ai 500 me si scagliona inizialmente (avvicinamento) su di uno spazio profondo 800 m (distanza tra i plotoni avanzati e le compagnie di rincalzo). A mano a mano che l'azione di spianamento raggiunge una sufficiente neutralizzazione, gli elementi più avanzati del battaglione occupano i centri di resistenza avversari neutralizzati, mentre il fuoco del1' artiglieria passa ad investire altri centri meno ravvicinati. Sbalzo in avanti
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della fanteria ed allungamento del tiro di artiglieria debbono essere contemporanei. Il reparto che avanza rende più agevole ai reparti vicini d'iniziare a loro volta il movimento in avanti. Le armi pesanti seguono l' avanzata procedendo a sbalzi e per scaglioni in modo che le varie azioni si svolgano in stretta connessione reciproca e senza soluzione di continuità. Non appena una o più brecce siano state aperte nella organizzazione avversaria dalle compagnie avanzate e queste abbiano provveduto ad allargarle mediante l'azione dei rispettivi rincalzi, il battaglione impiega il rincalzo per allargare e rendere definitivo il successo delineatosi, di regola lungo la direzione che conduce ad estendere in ampiezza e in profondità la breccia mag,g,iore. L'impiego del rincalzo del battaglione in una fase precedente è giustificato soltanto quando ogni altro mezzo si sia dimostrato insufficiente a vincere la resistenza del nemico ed a contenerne i contrattacchi. «Quando l'azione del battaglione sia appoggiata da carri armati, l'inizio dell'attacco avviene contemporaneamente da parte di tutti i reparti avanzati. Di regola i plotoni avanzati seguono immediatamente i carri, il cui fuoco integra, e sostituisce alle brevissime distanze, quello dell'artiglieria. I comandanti delle compagnie avanzate e del battaglione provvedono a loro volta ad appoggiare i carri controbattendo, con i mezzi di fuoco a loro disposizione immediata, le armi controcarri più vicine, e segnalando le altn: all'artiglieria. I cannoni per fanteria eventualmente assegnati al battaglione fanno fuoco di preferenza sulle armi controcarri del nemico». Nella difesa, la squadra fucilieri costituisce con una o due mitragliatrici un centro di resistenza la cui azione si svolge in intrinseca connessione con gli altri centri vicini e nel quadro di una rigida disciplina del fuoco; fatta segno dall'attacco nemico e giunto questo a tiro di tromboncino, apre il fuoco dirigendolo &preferenza sugli elementi avversari più avanzati; quando l'avversario riesca ad avvicinarsi a 30 7 40 m dalla posizione presidiata, contrattacca con bombe a mano, baionetta e pugnale. La squadra mitragliatrici leggere ha il compito di arrestare con il fuoco il nemico prima che questo giunga a distanza d'assalto dai fucilieri con i quali essa coopera; conduce il fuoco delle sue armi a raffiche cercando di arrestare il nemico obbligandolo ad appiattirsi; sospende il fuoco fino a quando il nemico non fa uso delle proprie armi o torna ad avanzare, e lo riprende allora con nuove raffiche e così di seguito; qualora il nemico pervenga a distanza d'assalto, continua a batterlo fino a quando non sia pericoloso per i propri fanti e, allora, lo sposta su elementi laterali o retrostanti preparandosi a resistere con bombe a mano ed all'arma bianca. Se l'azione nemica gode dell'appoggio dei carri armati, la squadra mitragliatrici leggere fa fuoco sulle fanterie che li se-
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guono o li accompagnano. Quando la resistenza abbia potuto essere predisposta, ogni mitragliatrice leggera di un centro di resistenza esegue fuoco che s'incrocia sul davanti della fronte con quello di altra mitragliatrice del centro di resistenza attiguo. Di regola, la squadra mitragliatrici leggere è ripartita tra due centri di resistenza i quali risultano allora costituiti ciascuno di una squadra fucilieri con una mitragliatrice e relativo personale. Il plotone fucilieri difende un tratto di fronte che può raggiungere il doppio e talora il triplo di quello indicato per l' attacco (e cioè 200 7 300 m). Esso si organizza in centri di resistenza - di solito 2 - ed in un rincalzo. Le mitragliatrici, comprese quelle pesanti in rinforzo, si dispongono in modo da battere, con tiro radente ed incrociato con quello dei centri vicini, la maggiore estensione di terreno nel senso della fronte. I tromboncini ed i moschetti hanno il compito di arrestare gli elementi avversari che, serrandosi addosso al centro, tentino di distogliere le armi automatiche dal loro compito normale di cooperazione con i centri attigui. I.,a squadra di rincalzo ha il compito del contrassalto o del rinforzo <lei cc:ntri di resistenza antistanti; in talune circostanze può costituire centro di resistenza a sé, in posizione alquanto arretrata rispetto agli altri. La compagnia fucilieri si distribuisce, nella difesa di una posizione, in profondità (plotoni avanzati e plotoni di rincalzo) e presidia una fronte ampia sino ad oltre il doppio Ji quella indicata per l'attacco (cioè 500 m circa). Di norma essa viene impiegata tutta in zona di sicurezza o tutta in posizione di resistenza. Destinata in posizione di resistenza, ha come compito principale l'azione di fuoco, ed a tale fine si dispongono i centri di resistenza, a ciascuno dei quali il comandante della compagnia indica la direzione di tiro delle armi automatiche, i lavori da eseguire, le azioni da svolgere in caso di attacco nemico, i rinforzi di fuoco e le modalità per richiederli. I plotoni di rinforzo vengono dislocati in località dalla quale sia facile cadere sul fianco ed a tergo delle probabili irruzioni nemiche, e in via subordinata agire col fuoco in concorsd con i plotoni avanzati. Le armi pesanti sono tenute di regola a disposizione del comandante della compagnia, che ne impiega il fuoco per rinforzare sulla fronte o negli intervalli il fuoco dei centri, concentrandolo di volta in volta dove il nemico si presenti più minaccios~., Elementi avversari riusciti a penetrare tra due centri debbono essere distrutti con il fuoco o eliminati con l'assalto delle squadre d ei centri stessi. Se tale reazione non raggiunge lo scopo, il comandante del plotone contrassalta con il rincalzo a sua disposizione. Se ciò non basta, il comandante di compagnia concentra sul centro del quale il nemico si è impadronito tutto il fuoco disponibile e lancia al contrattacco il proprio rincalzo possibilmente lungo una direzione che conduca sul fianco
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o sul tergo dell'avversario. La compagnia fucilieri, o la parte di essa, destinata in zona di sicurezza si organizza in centri con intervalli più larghi che non in posizione di resistenza, ma tali da poter essere battuti dal tiro radente delle mitragliatrici o almeno da squadre o gruppi fucilieri dislocati negli intervalli. I centri, le squadre, i gruppi resistono in posto sino all'ultimo uomo, e si ritirano lungo itinerari coordinati con le azioni di fuoco della posizione di resistenza. Il battaglione fucilieri presidia una fronte che varia dai 600 ai 1000 m e si schiera in posizione di resistenza con compagnie avanzate e compagnie di rincalzo. Non destina in zona di sicurezza più di un terzo delle forze complessivamente
disponibili. Le mitragliatrici costituiscono l'elemento fondamentale della resistenza: esse sono scaglionate in profondità e disposte in modo da costituire un sistema di fuochi fiancheggianti ed incrociati. Le mitragliatrici leggere, distribuite fra i centri di resistenza, debbono costituire di per sé una zona di fuoco continua, capace di arrestare anche da sola I' attaccante prima ch'esso venga all'urto. Le mitragliatrici pesanti sono impiegate per fiancheggiare i centri di resistenza ed integrarne l'azione, colmando le lacune che vi si producessero e addensando i fuochi lungo le linee di probabile irruzione nemica. Ad ogni arma è assegnata una direzione di fuoco normale ed una o più direzioni eventuali. Il comandante del battaglione manovra il fuoco con il concetto di: battere le forze nemiche avanzanti lungo le direzioni più pericolose e di arrestarle davanti alla linea di resistenza; successivamente, quando l'avversario fosse penetrato in qualche tratto della posizione di resistenza, proteggere fianchi o tergo dei reparti ancora in posto; preparare infine ed accompagnare col fuoco i contrattacchi. Il rincalzo di battaglione è tenuto normalmente riunito nell'interno della posizione di resistenza, in luogo defilato alla vista, protetto dal tiro e scelto in relazione al terreno ed al concetto secondo il quale s'intende impiegare il rincalzo medesimo. Il contrattacco è condotto secondo le stesse norme dell'attacco. La riuscita del contrattacco dà inizio allo sfruttamento del successo, nel quale il battaglione di primo scaglione avanza con tutte le compagnie attaccando il nemico per farlo retrocedere ovunque. Impiegato il rincalzo, il comandante del battaglione se ne costituisce un altro, appena la situazione permetta di diminuire le forze sulla fronte; in caso diverso si vale temporaneamente del plotone esploratori e di altri elementi disponibili (reparti del genio compresi). Il regolamento si diffonde molto estesamente sia sull'azione offensiva sia su quella difensiva di tutte le unità del reggimento e tratta anche dell'avvicinamento, del l'azione delle pattuglie, del combattimento
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del plotone esploratori, dell'impiego dei plotoni collegamento, del tiro, del funzionamento dei servizi e del riordinamento dei reparti dopo l' azione e sottolinea le diverse modalità di azione a seconda che l'attacco e la difesa vengano sviluppati in terreno organizzato od in terreno libero. Quanto abbiamo riassunto, utilizzando in gran parte il testo del regolamento, è sufficiente ad offrire le linee essenziali della nuova tecnica d'impiego della fanteria, una tecnica che presenta caratteristiche di scioltezza, di manovra, di esaltazione del!' azione dinamica, di interconnessione stretta e rigida tra il fuoco dell'artiglieria e l'azione della fanteria, di reciprocità di sostegno tra fuoco e movimento nell'ambito di ciascuna unità di fanteria, molto più progredite di quelle del regolamento precedente. Le differenze sul piano concettuale sono molte ed importanti, specialmente nell'impiego delle armi, e più particolarmente delle armi automatiche, e dei rincalzi, questi intesi come mezzi per ampliare e approfondire l'azione piuttosto che come rimedi per parare gli imprevisti. I carri armati sono immessi con naturalezza nel combattimento della fanteria e, sebbene il loro impiego anche sui terreni favorevoli sia ancora considerato eventuale, quando sono presenti assumono un ruolo assai più spiccato che nel passato e diventano i protagonisti del!' attacco e del contrattacco, condizionando e subordinando l'azione delle fanterie appiedate. Ma, espressi i dovuti riconoscimenti alla notevole evoluzione della dottrina, non si può non rilevare che, nonostante le migliorate tecniche d'impiego, le unità della fanteria, che attaccano o difendono fronti di ampiezza pressoché eguale - sia pure con tendenza ai valori più bassi - a quelle del passato, continuano ad esprimere una densità di fuoco analoga, se ·non identica, a quella del 1922. L'assegnazione al reggimento di una sezione, poi batteria, di cannoni da 65/17 e l'aumento di 4 mitragliatrici pesanti per ogni battaglione, in sostituzione dei 4 cannoncini del 1922, non modificano infatti granché il volume di fuoco complessivo del reggimento e del battaglione.
5. Non passò molto tempo prima di rimettere in discussione il problema della fanteria. Il tromboncino, nel quale erano state riposte tante speranze - che se si fossero realizzate avrebbero costituito un apporto considerevole all'aumento della velocità di progressione in attacco della fanteria -
presenw ben presto nel campo tattico non pochi inconve-
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nienti e cominciò a decadere d'importanza tanto che, mentre nel regolamento del 1929 era previsto che fosse dato in dotazione, con il moschetto, a tutti i fucilieri, ne fu limitata successivamente l'assegnazione a soli 5 uomini per squadra fucilieri. Il cannone da 65/17, nonostante la padronanza con la quale venne utilizzato dalla fanteria, si dimostrò nel campo pratico, come arma di fanteria, non scevro da inconvenienti perché ingombrante e pesante, e venne tollerato solo in mancanza di meglio. Il rapporto 2 mitragliatrici leggere - 3 squadre fucilieri si dimostrò inadeguato ed insufficiente, sicché ben presto le mitragliatrici leggere, ferma restando la loro riunione in un'unica squadra, furono portate a 3. T aie provvedimento appesantì la squadra mitragliatrici leggere (22 uomini), complicò ulteriormente la già complessa azione di comando del comandante di plotone, non valse a migliorare la coordinazione tra fuoco delle mitragliatrici leggere e movimento delle squadre fucilieri. Queste, inoltre, accusarono sempre di più la carenza di fuoco con il venire meno delle speranze riposte nel tromboncino e con il manifestarsi in misura sempre più evidente della modestia delle prestazioni dei fucili e dei moschetti mod. 1891 dei quali continuavano ad essere armate. Si dové, pertanto, abbandonare il criterio dell'accentramento organico delle 3 mitragliatrici leggere in un'unica squadra e tornare al decentramento della mitragliatrice leggera alla squadra fucilieri, e cioè alla composizione dalla squadra fucilieri del 1922. Venne meno così quella che era stata una delle principali innovazioni del regolameno del 1929: il trasferimento dalla squadra al plotone del coordinamento fuocomovimento. La squadra fucilieri tornò a costituire effettivamente l'unità elementare di base del combattimento della fanteria e venne articolata nuovamente su di un nucleo mitragliatrice leggera e su di un nucleo fucilieri. Il plotone fucilieri, composto di 3 squadre omogenee, divenne la minore unità in grado di disporre di un rincalzo e, conseguentemente, di manovrare i suoi tre elementi costitutivi a seconda delle situazioni e del terreno. Delle varie soluzioni adottate dal 1918 in poi, quella del 1933 fu senza dubbio, per quanto consentito dall'armamento allora in distribuzione, la più rispondente alle esigenze di equilibrare il fuoco ed il movimento e di equilibrare altresì l'azione di comando del comandante di squadra e del comandante di plotone, semplificandola il più possibile ai due livelli. Ciò nonostante, il problema di fondo rimase insoluto; la fanteria restava ancora priva, a tutti i livelli, di sorgenti di fuoco a tiro curvo idonee a neutralizzare gli obiettivi coperti od interrati, o comunque defilati al tiro teso, dei quali, nonostante il diminuito credito concesso alla fortificazione campale, il campo di battaglia continuava ad essere ricco; essa continuava ad essere armata con armi a tiro
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teso vetuste e superate ed a restare priva di armi controcarro e contraerei. Nel 1931 con la circolare 3000 (9) era stato regolamentato il tiro delle mitragliatrici pesanti attraverso gli intervalli ed anche al di sopra delle truppe amiche, ed erano state date istruzioni per il tiro contraereo delle mitragliatrici stesse, tornando ad insistere sulla necessità di ritardare il più possibile l'apertura del fuoco di tutte le armi della fanteria per non diminuire ulteriormente la velocità di progressione e per rendere meno oneroso il problema del rifornimento delle munizioni. Questo già nel regolamento del 1929 veniva facendosi sempre più difficoltoso e lento. Tutto ciò non poteva bastare; sarebbe stato indispensabile rinnovare l'armamento. La molla di tale rinnovamento parziale fu la guerra contro l'Etiopia. Cominciarono ad entrare gradualmente in servizio la mitragliatrice leggera Breda mod. 1930, la mitragliatrice Fiat 1914 trasformata in mod. 1935, la mitragliatrice Breda mod. 1936, il mortaio d'assalto Brixia mod. 1935, il mortaio da 81 e il cannone da 47/32 mod. 1935. La fanteria doveva restare però l'arma della manovra per eccellenza, per cui l' aumento del volume di fuoco non doveva incidere negativamente sulla mobilità tattica e doveva determinare un incremento, non una diminuzione, della velocità di progressione. A tale fine sarebbe stato necessario non appensantire troppo le varie unità con un armamento che, sebbene migliorato nelle prestazioni, implicasse servitù riduttive dell'agilità e della snellezza indispensabili alle forme di lotta dinamica, e rallentatrici del ritmo della lotta stessa. Armi che avessero richiesto un numero di serventi e di fornitori elevato, o che fossero state comunque troppo onerose ai fini del trasporto e del rifornimento, non sarebbero servite allo scopo quali che fossero stati i maggiori effetti morali e materiali: d'altra parte, quelle fino ad allora in servizio non si erano dimostrate sufficienti, né per numero né in qualità, a garantire l'autonomia tattica della fanteria dal momento in cui cessava l'appoggio dell'artiglieria. L'aumento del numero dei serventi e dei rifornitori, inoltre, costringeva a ridurre, nell'ambito della squadra e del plotone, quello dei fucilieri. Tali questioni formarono oggetto di studi, di esperienze e di discussioni fino a quando lo stato maggiore dell'esercito adottò la soluzione indicata dalle circolari 3500 del 21 aprile 1935 e 8000 del 9 agosto dello stesso anno (10). La prima definì le caratteristiche, i compiti, la ripartizione e le azioni di fuoco delle nuove armi in corso di distribuzione e di quelle di prossimo previsto impiego; la seconda invece sancì le norme d'impiego delle sole armi già in corso di distribuzione. Diventano armi della fanteria: il fucile o moschetto che, nonostante la tarda età è arma efficacissima specie se impiegata, come il combattimen-
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to odierno consiglia, alle piccole distanze (non oltre i 300 m); la bomba a mano di recente adozione, potente e sicura nei suoi diversi tipi, idonea per l'assalto, efficace anche nella difesa (può essere lanciata fino oltre i 25 m); il fucile o moschetto automatico in dotazione ai tiratori più abili; la mitragliatrice lefj!,era mod. 1930, stesso calibro del fucile, assegnata alla squadra fucilieri della quale è un fucile formidabile, non arma di accompagnamento, e che anzi, frequentemente, precede il movimento dei fucilieri (da non sfruttare a distanze superiori ai 500 m); la mitragliatrice pesante di accompagnamento Fiat 14 trasformata in mod . 1935 (cal. 8 mm) che serve a sostenere le azioni delle unità fucilieri da posizioni alquanto arretrate possibilmente in alto o su di un fianco e, dove consentito, anche negli intervalli, efficace a puntamento diretto fino ai 7 ~ 800 m; il mortaio d'assalto mod. 1935 nei tipi leggero e meno leggero, da impiegare a massa nucleo minimo la squadra di 3 armi - ad una distanza di sicurezza minima di 50 m (tipo più leggero); il cannone di accompagnamento da 65/17 per il fuoco di accompagnamento in attacco e di arresto in difesa e con la possibilità di fuoco controcarro alle distanze inferiori ai 500 m utilizzando la granata perforante; il cannone anticarro da 47/32 mod. 1935 per l'azione controcarro alle brevi distanze fino a 500 m, e eventualmente per il fuoco di accompagnamento utilizzando la granata per fanteria; il carro armato d'assalto mod. 1935 idoneo a qualsiasi terreno da impiegare a massa (unità minima il plotone su 4 carri). Il tiro del mortaio d'assalto può essere teso (relativamente) e curvo; il primo consente sensibile efficacia nell'offesa e nella difesa molto ravvicinate; il secondo consente di raggiungere armi e reparti comunque defilati. I mortai d'assalto hanno il compito: nell'attacco di tenere il nemico sotto il fuoco fino al momento - o quasi - in cui i fanti giungono a portata delle bombe a mano ed "eventualmente di cooperare ali' azione delle unità laterali; in difensiva, di arrestare il nemico che - sfruttando il terreno - avanza defilato dal tiro di protezione delle artiglierie divisionali e da quello delle armi a tiro teso della fanteria, ed eventualmente di cooperare all'azione dell'unità vicina attaccata, agendo con tiri obliqui e d'infilata. La distanza di tiro del mortaio varia dai 500 ai 50 m; il suo rendimento è in relazione dell'abilità di chi sa sfruttare le caratteristiche di lefj!,erezza, minima mole, tiro teso e curoo, possibilità di coprire di fuoco rapidamente la zona da neutralizzare, nessuna necessità di collegamenti. Il rifornimento delle munizioni impone limiti al consumo delle stesse. La batteria di accompagnamento - parte integrante del reggimento di fanteria - è costituita e funziona come una comune batteria di artiglieria con il compito: in attacco, di accompagnamento ed eventualmente
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di concorso al tiro di preparazione delle altre artiglierie; in difesa, di concorso alla protezione della posizione di resistenza e, in via eccezionale, di azioni particolari e temporanee con schieramento davanti alla posizione di resistenza, prima che si svolga l'attacco a fondo nemico, nonché di appoggio dei contrattacchi locali organizzati dal comandante di reggimento. La caratteristica del cannone è la capacità di seguire l'azione della fanteria assai da vicino. La batteria di accompagnamento agisce tutta riunita agli ordini del comandante del reggimento; può essere decentrata al battaglione; può anche distaccare qualche pezzo per compiti contingenti e di distruzione che il cannone da 65 assolve in modo perfetto alle minori distanze, con tiro preciso, e perciò per pezzo e diretto. Il pezzo da 47 mod. 35 può essere impiegato con il compito normale di arma controcarro o con il compito eventuale di pezzo per fanteria. Il pezzo è arma a tiro teso; di dimensioni e visibilità ridotte; pesa 270 kg in batteria; è scomponibile per il someggio; trainabile con quadrupedi, con automezzi od anche a braccia; ha settore orizzontale di 60° e verticale da x 10° a + 58°; impiega o una granata perforante scoppiante anticarro, con spoletta a bocchino posteriore, con effetto sufficiente fino a 500 m contro la massa dei carri leggeri, medi, pesanti e sino a 1000 m contro carri veloci, o una granata da fanteria con spoletta a bocchino anteriore. La celerità di tiro contro bersaglio in moto è di 12 .;.- 14 colpi al minuto primo. In tutti i casi il cannone da 4 7 agisce per pezzo isolato, a puntamento diretto ed a portata di tiro sicura. Impiegato come arma controcarro, in avvicinamento è assegnato di norma all'avanguardia; in attacco è tenuto pronto ad entrare in azione specie nell'ultima fase quando le unità possono essere fatte segno a contrattacchi da parte di carri; in difensiva è schierato possibilmente nelle zone meno accessibili ai carri e in modo da poter svolgere azione fiancheggiante sulle zone più favorevoli al loro impiego e da poter agire di sorpresa a distanza tanto più breve quanto minore è il numero dei carri. Il carro d 'assalto può superare pendenze di 45 °, gradini non più alti di m O, 5 5, fossi di m 1,4 5, corsi d'acqua profondi fino a m 0,65; ha una velocità media su strade ordinarie di km 35 orari, su terreni normali da 3 a 15 km; la sua autonomia va dalle 7 alle 8 ore su strada e da 4 a 5 ore in terreno vario; è protetto dai proiettili ordinari di armi portatili, da schegge, da shrapnels; agisce con il fuoco e con l'urto, ma con il fuoco da fermo, quasi a bruciapelo; ha sufficiente possibilità di osservazione a portelli aperti, minima a portelli chiusi. I carri d'assalto possono essere assegnati alle avanguardie per rimuovere con rapidità resistenze di una certa entità ed eventualmente per agire contro il fianco ed il tergo dell'avversario e per prevenire o accertare, con puntate a breve raggio, la presenza o meno del nemico su
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punti di particolare importanza. Ad avvicinamento effettuato, si raccolgono in una posizione di attesa e in fase di organizzazione dell'attacco serrano su una posizione di partenza, la più vicina possibile a quella della fanteria. In fase attacco, su ordine del comandante della fanteria, scattano sfruttando tutta la loro velocità e raggiungono l'obiettivo quando la fanteria sia a 2 + 300 m da esso. Di massima, ogni unità carrista deve avere un solo obiettivo. Sugli obiettivi successivi devono essere lanciate altre unità, preventivamente raccolte sulla posizione di resistenza. Per ciò, in attacchi profondi, dispositivo di unità carri in profondità e successivo scaglionamento. Nell'inseguimento agiscono o in cooperazione con la fanteria per agevolarne l'azione o da soli contro i fianchi delle colonne in ritirata. Nella protezione del ripiegamento ricorrono all'agguato lungo le direttrici più pericolose ed eseguono rapide puntate controffensive, indi ripiegano rapidamente per ripetere l'agguato in località più arretrate. Nella difensiva contrattaccano a favore della posizione di resistenza e possono essere, eventualmente, impiegati in zona di sicurezza per logorare e rallentare l'avanzata del nemico. I concetti e le norme delle circolari 3500 e 8000 vennero inseriti nella nuova edizione del 1936 dell'Addestramento della fanteria (11) elaborata dall'Ispettorato dell'arma al fine di armonizzare la regolamentazione d 'arma con le nuove pubblicazioni dottrinali (Direttive per L'impiego delle grandi unità e Norme per il combattimento della divisione rispettivamente del 1935 e del 1936) e di aggiornarla e modificarla in seguito ai mutamenti organici e di armamento frattanto verificatisi. Il nuovo regolamento avrebbe dovuto constare di 3 volumi - Voi. I Istruzione formale; voi. II parte prima Norme per il combattimento della fanteria; voi. II parte seconda Addestramento delle unità; vol. III Istruzione sulle armi e sul tiro - ma di essi videro la luce solamente il primo volume e la parte prima del secondo volume.
6. La parte prima del secondo volume costituisce una specie di vademecum per gli ufficiali di fanteria in quanto contiene i criteri generali d 'impiego dell'arma e fissa le norme di carattere addestrativo da seguire ai vari livelli, sintonizzando il tutto con le Norme per il combattimento della divisione. La battaglia si vince a colpi di divisione e si rompe in una serie di combattimenti nei quali si lotta a colpi di battaglione. La fanteria è lo
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strumento principale e decisivo della lotta per cui tutte le armi hanno un solo compito: nell'attacco aiutare la fanteria ad avanzare; nella difesa aiutare la fanteria a resistere e a contrattaccare. La pubblicazione, in aggiunta alle armi della circolare 3500, considera il mortaio da 81 dotato di bombe normali (g.a.) e di bombe a grande capacità (gr.c.) ed il carro armato di rottura. Il mortaio da 81 è particolarmente idoneo ad agire da posizioni defilate contro bersagli defilati; è impiegabile fra i 300 ed i 3500 m con la bomba normale e fra i 500 ed i 1500 con quella a grande capacità; con le bombe di g.a. ha possibilità di allungare eventualmente il suo braccio di azione fino ai 4000 m; agisce, di norma, per concentramenti di fuoco di più armi (minimo la squadra, 2 armi) sullo stesso bersaglio; data la sua potenza, può anche essere impiegato per arma. Nel1' attacco è adoperato per azioni di spianamento (contro robuste difese passive ed opere campali anche blindate) e di accompagnamento; nella difesa per azioni di protezione e di repressione. È semplice, le12,ero, preciso e potente, si trasporta ovunque anche a braccia ed è arma eHicacissima che va adoperata solo quando necessario e per obiettivi di speciale importanza. Il carro di rottura è mezzo potente per schiacciare e distruggere le difese attive e passive; agisce a massa per aprire Ja strada ai carri d' assalto ed alle unità di fanteria (unità minima d'impiego il plotone) . Per ottenere da esso il massimo rendimento occorre organizzare l'impiego di sorpresa. È mezzo efficace anche contro carri armati avversari. Arma di offesa, in difensiva trova utile impiego nel contrattacco. La pubblicazione rinnova e tecnicizza anche la terminologia. I reparti di fanteria sono: la squadra (fucilieri, esploratori, pattugliatori, mitraglieri, mortai d'assalto, mortai da 81), il pezzo, il carro armato (di rottura ed' assalto), il plotone (fucilieri, esploratori, pattugliatori, collegamenti, comando, mitraglieri, mortai d'assalto, mortai da 81, carri armati, pezzi da 4 7), la compagnia (fucilieri, mitraglieri, mortai da 81, carri, pezzi da 47-, comando), il battaglione (fucilieri, carri armati, mitraglieri), il reggimento (di fanteria, di fanteria carrista), la brigata di fanteria e le unità analoghe dei bersaglieri e degli alpini. Scompare la distinzione in armi pesanti e armi leggere, così che neppure concettualmente il fante possa essere indotto all'idea di disporre in proprio di mezzi di fuoco tardigradi (la mitragliatrice leggera diventa fucile mitragliatore, la mitragliatrice pesante mitragliatrice, il mortaio leggero mortaio d'assalto, e il mortaio pesante mortaio da 81). Le denominazioni relative allo scaglionamento delle unità di fanteria sono: per i reggimenti e i battaglioni, 1° , 2° , 3° scaglione; per le compagnie ed i plotoni, avanzati, di rincalzo; le pattuglie vengono distinte in base ai compiti in: pattuglie di
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esplorazione, di sicurezza, di ricognizione, di collegamento, di osservaz10ne. Gli elementi nei quali si articola lo scaglione di sicurezza in marcia sono: esploratori di fanteria, punte di sicurezza, testa di avanguardia, grosso d'avanguardia, distaccamenti fiancheggianti, retroguardia che comprende pattuglie d'allarme, punte di sicurezza, grosso della retroguardia; il servizio di sicurezza in stazione si articola in posti di sorveglianza e segnalazione, posti di sbarramento, grosso dello scaglione di sicurezza. Le azioni proprie delle armi della fanteria sono: l'accompagnamento (neutralizzazione alle minori distanze delle resistenze sfuggite al tiro dell'artiglieria) e l' arresto (azione propria della difensiva e delle soste durante l'attacco). Le fasi dell'attacco sono: l'organizzazione, la preparazione, l'esecuzione, lo sfruttamento del successo possibilmente seguito dall'inseguimento; quelle della difesa: l'occupazione della posizione, l'organizzazione della posizione (organizzazione del comando osservazione - collegamenti, del fuoco, del movimento, del terreno, dei servizi), la condotta e sviluppo della difesa (resistenza e contrattacco). Viene introdotta la distinzione tra contrattacco e contrassalto. I capisaldi sono definiti come strutture difensive di ampiezza varia, includenti più centri di fuoco, collegati con trincee e razionalmente mascherati, ed elementi di rincalzo. Essi si organizzano a difesa considerando tutto il loro perimetro come propria linea di resistenza e prendendo collegamento di fuoco con i centri contermini; sono robusti scogli contro i quali deve infrangersi ogni attacco e sui quali ci si appoggia per i contrattacchi e contrassalti (presidio minimo: una compagnia fucilieri variamente rinforzata). La posizione di resistenza è definita come una serie di centri di fuoco avanzati - scaglionati sulla fronte, ciascuno presidiato da squadre o plotoni fucilieri eventualmente rinforzati con mitragliatrici - la cui congiungente determina la linea di resistenza e una serie di centri di fuoco arretrati disposti in profondità ed a scacchiera con i precedenti e tra di loro, presidiati normalmente da unità mitraglieri (di massima un plotone) o da gruppi mitragliatori dei plotoni di rincalzo o da mortai (di massima una squadra). Non si tratta, come si può rilevare, di pure e semplici novità terminologiche o di nomenclatura, ma anche di completamento delle concezioni sul modo d'impostare, organizzare e condurre il combattimento, per trarre dall'accresciuta potenza di fuoco e dalla nuova autonomia tattica il massimo di speditezza del movimento. Da qui il razionale coordinamento e la stretta cooperazione tra i nuovi mezzi di fuoco e la non meno stretta cooperazione dell'artiglieria, del genio, e dell'aviazione con la fanteria. L'esplorazione tattica resta affidata ai nuclei celeri, ma eccezionalmente può essere affidata ad una unità di fanteria che assume il nome
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di nucleo esplorante di fanteria, specialmente in montagna. Il nucleo esplorante precisa, nel raggio d'azione della divisione di prima schiera, la dislocazione, l'entità, la natura e l'atteggiamento del nemico, e può essere incaricato dell'occupazione preventiva di posizioni di particolare importanza ai fini del successivo svolgimento delle operazioni. Il suo compito è vedere e riferire. Esso si articola in: pattuglie esploranti - squadre o gruppi esploratori o pattugliatori, eventualmente squadre fucilieri - che ricercano il nemico, agendo di astuzia e di audacia, ne osservano il contegno e le mosse e riferiscono al comando che le ha distaccate; distaccamenti esploranti - compagnie o plotoni fucilieri, rinforzati con unità mitraglieri ed eventualmente con unità mortai - che forniscono le pattuglie esploranti ed agiscono di forza quando necessario per garantire la continuità dell'esplorazione; grosso che fornisce i distaccamenti e rimuove_gli ostacoli più consistenti. Il nucelo può essere spinto avanti allo scaglione di sicurezza da una giornata a poche ore di marcia e, di massima, ha la forza di un battaglione, eventualmente rinforzato con unità mortai, carri d'assalto ed artiglierie di accompagnamento. I nuclei esploranti parziali hanno una forza proporzionata a quella della colonna che li distacca. «La distanza delle pattuglie esploranti dai distaccamenti e di questi dal grosso del nucleo esplorante, deve essere tale da consentire il tempestivo sostegno degli elementi minori da parte di quelli maggiori, lasciando però ai primi lo spazio necessario perché possano compiere con libertà e rendimento il loro lavoro». Prindpi di massima: sorprendere e non lasciarsi sorprendere e distanziarsi. Se incaricato dell'occupazione preventiva di una posizione, il nucleo esplorante vi si porta con la maggiore celerità possibile e vi si organizza a difesa, considerandola come caposaldo . . Lo scaglione di sicurezza ha il compito di garantire il grosso da ogni sorpresa e di consentirgli di affrontare la lotta nelle migliori condizioni. In marcia prende il nome di avanguardia ed è costituito da: elementi esploranti - plotoni esploratori o pattugliatori dei battaglioni - che ricercano notizie positive o negative del nemico non individuato dall'esplorazione tattica e che si articolano in pattuglie di forza variabile da un gruppo ad una squadra esploratori e pattugliatori; punte di sicurezza un plotone fucilieri, eventualmente due con il comando di compagnia - che hanno il compito di garantire alle unità retrostanti di marciare in piena sicurezza; testa e grosso di avanguardia - con la batteria di accompagnamento - che hanno il compito di eliminare con la manovra
o con il combattimento ogni ostacolo che si frapponga alla marcia della colonna . Tra punte di sicurezza e testa d'avanguardia e tra questa ed il grosso d'avanguardia deve intercorrere una distanza tale da impedire alle unità rispettivamente retrostanti di essere offese dal tiro dalle mi-
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tragliatrici avversarie. Della sicurezza in marcia fanno parte anche i distaccamenti fiancheggianti e la retroguardia. I primi hanno il compito di impedire infiltrazioni avversarie nell'intervallo da loro guardato o sventare minacce contro il fianco esterno che essi proteggono e la loro forza varia - secondo il livello dell'unità da proteggere, la situazione, il terreno, ecc. - dal battaglione rinforzato con unità controcarro, carri d'assalto ed artiglierie di accompagnamento o divisionali al plotone rinforzato con unità mitraglieri, mortai d'assalto ed eventualmente pezzi controcarro. La retroguardia protegge il tergo delle colonne quando si marcia in territorio ostile o si prevedono eventuali offese avversarie. La sua forza è in relazione alla forza della colonna che protegge ed all' ambiente nel quale opera. Si articola dall'indietro all'avanti in: pattuglie d'allarme - gruppi esploratori di fanteria - che sorvegliano la provenienza da tergo e danno l'allarme con mezzi ottici ed acustici; punte di sicurezza che sbarrano il passo al nemico in attesa dell'intervento del grosso; grosso a distanza tale dalle punte da non poter essere battuto dai tiri delle mitragliatrici avversarie. Nella sicurezza in stazione lo scaglione si articola in: posti di sorveglianza e segnalazione - gruppi o squadre pattugliatoti o eventualmente squadre fucilieri - che sorvegliano e segnalano e che rappresentano i campanelli d'allarme del dispositivo di sicurezza; posti di sbarramento - un plotone, eventualmente due, con comando di compagnia, rinforzato con armi controcarro e se necessario con unità mitraglieri - che hanno il compito di sbarrare il passo al nemico in corrispondenza di punti di obbligato passaggio o di un importante nodo stradale e che rappresentano robusti cancelli che chiudono le vie di più facile comunicazione e che, comunque, fanno perdere tempo prezioso all'avversario, lo disorganizzano e gli procurano perdite; grosso dello scaglione di sicurezza - di massima suddiviso per compagnie - che ha il compito di occupare a difesa, non appena ricevuto l'allarme, la posizione preventivamente riconosciuta e predisposta. La distanza dei posti di sorveglianza dai posti di sbarramento è in diretta relazione alla rapidità e possibilità di funzionamento dei mezzi di trasmissione dei quali dispongono e quella dei posti di sbarramento dal grosso consegue dal terreno, dalla forza del posto di sbarramento, dalle caratteristiche degli elementi avversari ... dai mezzi di trasmissione in dotazione, dal tempo occorrente alle unità del grosso per predisporsi a difesa. Nel combattimento offensivo la fanteria si avvale ora dei nuovi mezzi in dotazione che accrescono le possibilità della sorpresa - che è un elemento di successo di preminente valore - e della manovra, riducono la lentezza del movimento e potenziano la capacità di fuoco e di urto. A questo ultimo partecipano oltre le armi individuali anche i fucili mi-
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tragliatori ed i mortai d'assalto fondendo il fuoco - fuoco d'assalto in un tutto unico con il movimento. La riuscita dell'attacco continua a dipendere dagli stessi fattori del passato - capacità tattica, qualità di carattere del comandante, capacità combattiva materiale e spirituale delle truppe, organizzazione dell'operazione, tenacia, decisione, slancio dei fanti - ma ora lo spirito offensivo nutrito di audacia e di odio è rafforzato dalla consapevolezza di possedere in proprio i mezzi necessari a fare massa sul tratto prescelto per l'attacco ed a realizzare la superiorità di fuoco soffocando con la preponderanza del proprio quello nemico. L'attacco più redditizio resta quello sui fianchi e sul tergo; l'ideale è poter armonizzarlo con un attacco frontale per agevolare quello di essi su cui si fa maggiore assegnamento; ma quando l'attacco sui fianchi è impossibile - il che avviene quasi sempre per i reparti minori inquadrati - occorre: realizzare quello frontale, facendo massa di fuoco e di urto sul tratto dello schieramento nemico più debole, o reso tale dalla nostra azione o di per sé più delicato; rompere su tale tratto; proseguire attraverso la rottura per attaccare i fianchi o le spalle dei tronconi. li comandante studia e risolve il proprio problema tattico, esprime la sua decisione in un concetto d'azione - chiaro, semplice, incisivo - e indica, nel senso della fronte e della profondità, gli obiettivi di attacco, che fissano gli scopi da raggiungere, le direttrici di attacco, la ripartizione delle forze e dei mezzi compresi quelli di rinforzo. Gli obiettivi vanno proporzionati alle reali possibilità combattive dei singoli reparti. L'azione del proprio reparto va coordinata con quella delle armi e specialità cooperanti, carri armati compresi. L'impulso, lo sviluppo e l'alimentazione dell'azione dipendono anche dal funzionamento dei collegamenti e dei servizi. Grande importanza ha la base di partenza specialmente quando si debbano attaccare fronti stabilizzate o comunque nemico in posizione. L'organizzazione del fuoco dev'essere tale da consentire di concentrare il tiro di più armi sullo stesso obiettivo - od almeno su quelli più pericolosi - per poi spostarlo sugli altri, e da consentire altresì di realizzare la maggiore aderenza al movimento delle unità fucilieri. Mezzi essenziali per tale manovra del fuoco sono le mitragliatrici ed i mortai. L'asse di movimento delle unità fucilieri e l'asse di fuoco delle armi di accompagnamento, specialmente di quelle a tiro teso, debbono essere eccentrici all'origine e convergenti sull'obiettivo, il che è ottenibile sia spostando in fuori le postazioni delle armi di accompagnamento, sia spostandole in alto (sfruttando dei punti dominanti) sia, e preferibilmente, abbinando i due sistemi. I pezzi da 4 7 provvedono alla difesa anticarro, ma possono essere utilizzati anche per distruggere o neutralizzare centri di fuoco, associando il loro fuoco a quello della batteria di accompagnamento o
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sostituendolo. Le mitragliatrici del battaglione divisionale potenziano l'azione di accompagnamento di quelle organiche e possono eventualmente proteggere i fianchi scoperti delle unità avanzanti. I carri armati, di rottura e di assalto, integrano o sostituiscono gli altri mezzi di fuoco e nel momento in cui impegnano il combattimento precedono la fanteria di quel tanto che è necessario per poter svolgere la loro azione in piena libertà di movimento. Essi si appoggiano e si proteggono a vicenda; sono seguiti dalla fanteria a distanza tale da non essere colpita dai tiri diretti contro di essi. La fanteria si mantiene costantemente in misura da poter sfruttare tempestivamente il successo dei carri e da poter proteggere quelli costretti a sostare. Il rincalzo va impiegato per sfruttare qualsiasi successo locale o stroncare qualsiasi velleità reattiva del nemico mediante la manovra del suo fuoco a favore del reparto che ne ha maggiore bisogno, richiedendo l'intervento delle artiglierie di appoggio sugli obiettivi che più interessano, procedendo, quando necessario, alle sostituzioni ed agli scavalcamenti dei reparti avanzati che non hanno più energie sufficienti per insistere nell'attacco o effettuando inserimenti qualora nel corso del1' azione si formi tra i reparti una soluzione di continuità che convenga eliminare. Nel combattimento difensivo, la fanteria deve continuare a trarre, come già nel passato, il massimo rendimento dall'osservazione, <lallo sfruttamento del fuoco e del terreno e dal costante spirito aggressivo. L'organizzazione del fuoco risponde al duplice criterio di sfruttare razionalmente ed a pieno rendimento le possibilità di ciascun'arma e di creare in corrispondenza della linea di resistenza una barriera di fuoco insormontabile. Mediante tale organizzazione si deve logorare il nemico a distanza (compito dell'artiglieria e delle armi di accompagnamento della fanteria nei limiti delle rispettive gittate pratiche), inchiodarlo davanti la linea di resistenza, neutralizzare i nuclei eventualmente infiltratisi nel dispositivo difensivo, favorire i contrassalti ed il contrattacco. I mortai da 81 agiscono in prevalenza contro i bersagli meno soggetti al fuoco delle armi a tiro teso; i pezzi da 4 7 si schierano in profondità in posizione di agguato pronti ad agire nelle direzioni di più probabile incursione dei carri; le mitragliatrici del battaglione divisionale vengono impiegate a massa, sia per i tiri a distanza a puntamento diretto o indiretto, sia per rinforzare l'azione dei capisaldi e dei centri di fuoco; le compagnie mitraglieri dei battaglioni di secondo scaglione possono, se necessario, essere portate verso il margine posteriore della posizione di resistenza per svolgere compiti analoghi a quelli delle unità mitraglieri del battaglione divisionale; la batteria di accompagnamento prende posizione immediatamente dietro la posizione di resistenza ed event11almente su questa ed
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effettua azioni di arresto e di protezione predisposte e, quando necessario, prepara ed accompagna il contrattacco. La sistemazione del terreno riguarda le postazioni delle armi, le postazioni per tiratori ed elementi di trincea, il reticolato, l'ostacolo anticarro attivo e passivo (campi minati, sbarramenti con mine, trabocchetti, spezzoni di rotaie infissi nel terreno, fossi, scarpate resistenti, ecc.), la difesa chimica, l'occultamento, il mascheramento, i posti di comando, i ricoveri, i posti di medicazione e i depositi munizioni. L'organizzazione del movimento riguarda il contrassalto - reazione d'impeto immediata e di scatto dei plotoni e delle compagnie di rincalzo - ed il contrattacco che è «azione organizzata compiuta dai battaglioni di secondo scaglione ed eventualmente di terzo scaglione, coadiuvati dalle artiglierie e da tutte le armi di fanteria a tale scopo predisposte, unità carriste comprese». L'organizzazione del co_mando, del fuoco e del movimento è più urgente di quella del terreno e dei servizi perché è essa che consente l'immediato sviluppo dell'azione difensiva. Per il resto, anche nei riguardi del combattimento temporeg,giante, il combattimento difensivo conserva le caratteristiche e si svolge con le modalità già stabilite dalla regolamentazione del 1929. Nell'attesa di diramare la parte seconda del volume secondo della edizione 1936 dell'Addestramento al combattimento della fanteria - che avrebbe trattato l'Addestramento delle unità - l'ispettorato dell'arma diramò nel giugno 193 7 due circolari: la 314 7 L 'addestramento tattico dei minori reparti di fanteria (stralcio della parte seconda in corso di elaborazione) e la 3169 Addestramento tattico della squadra e plotone mitraglieri e della squadra mortai d'assalto (stralcio della parte seconda in corso di compilazione) (12) . Le due circolari colmarono il vuoto e sanarono il contrasto esistente oramai da anni tra la normativa riguardante la tecnica d'impiego e addestrativa rimasta quella del 1929 e le nuove formazioni organiche delle squadre e dei plotoni fucilieri e mitraglieri adottate negli anni successivi: squadra fucilieri su di un gruppo mitragliatori (.5 uomini), un gruppo fucilieri (6 uomini) e un comandante di squadra (12 uomini anziché 14); plotone fucilieri su 3 squadre omogenee (37 uomini anziché .59); squadra mitraglieri su un gruppo tiro (.5 uomini) , un gruppo munizioni (6 uomini) e un comandante di squadra (11 uomini come nel 1929 ma con 2 portamunizioni anziché uno nel gruppo tiro); plotone mitraglieri su 3 squadre; squadra mortai d'assalto su 14 uomini (1 comandante di squadra, 3 capi arma-capi gruppo tiro, 3 porta arma tiratori, 1 capp gruppo munizioni, 6 porta munizioni).
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7. La squadra fucilieri - della quale il fucile mitragliatore organico moltiplica la capacità di fuoco - opera come un tutto inscindibile e impiega il fuoco, il movimento e l'urto per sopraffare l'avversario che le sta di fronte o per agevolare l'azione delle squadre contermini. La suddivisione della squadra in gruppi ha lo scopo di aumentarne la snodabilità, l' adattabilità al terreno, la comandabilità, pur mantenendone intatta la coesione; il gruppo, poi, nel campo tattico sostituisce l'uomo isolato. La squadra, difatti, agisce sempre riunita e non più scissa in nuclei per un' avanzata alterna. La riduzione alla metà del numero dei fucilieri è compensata dal fatto che il fuoco dei fucilieri e del fucile mitragliatore serve ora ad agevolare il progredire delle squadre laterali, mentre a sua volta il fuoco di queste facilita il movimento della squadra alla quale quelli appartengono e dal fatto che la fronte di attacco si restringe da 50 a 40 m. Alla squadra viene assegnato, per ogni fase dell'azione, un compito elementare, di carattere unitario, lineare, facilmente accessibile alla comprensione del comandante anche se semplice graduato. Alla squadra non viene più assegnato, come spesso in passato, l'incarico di attaccare da sola un centro di fuoco; ora tale compito è devoluto al plotone. Le formazioni della squadra sano 4: serrata (eccezionale), in /ila, aperta e spiegata. Gli intervalli e le distanze fra uomini e fra gruppi sono variabili in relazione alle forme ed alla copertura del terreno, sia gli uni che le altre debbono facilitare il movimento dei singoli e, da fermi, non ostacolarne il fuoco. In attacco, la squadra apre il fuoco soltanto quando vi sia costretta per avanzare o per agevolare il progredire delle squadre viciniori, facendo entrare in azione per primo il fucile mitragliatore; il fucile mitragliatore fa fuoco a raffiche intervallate di pochi colpi contro i serventi delle armi nemiche in quanto non è tanto il tiro continuo, quanto
la tempestiva ed efficace repressione di ogni azione e reazione del nemico, che spegne in esso la volontà di persistere nella lotta; utilizza il fuoco del gruppo fucilieri in sostituzione e ad integrazione del fucile mitragliatore dirigendolo contro elementi visibili, o contro quei particolari del terreno che evidentemente mascherano il nemico; all'approssimarsi all'avversario compie sbalzi forzatamente più brevi ed a gruppi di uomini sempre meno numerosi; quando giunge a 40 ~ 50 passi dall'obiettivo, mentre il fucile mitragliatore tiene ancora sotto il fuoco il nemico, i fucilieri effettuano un breve ma intenso lancio di bombe a mano e poi tutti, gruppo mitragliatori compreso, si lanciano alla lotta corpo a corpo con lo scopo preciso di uccidere chi non si arrende; raggiunto l'obiettivo, l'oltrepassa riordinandosi al di là di esso e quindi o prosegue o si rafforza sulla posi-
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zione conquistata; quando l'attacco avviene con il concorso dei carri armati, la squadra segue l'azione di quello fra essi che opera nel suo fronte, a distanza tale però da non venire colpita dai tiri diretti contro lo stesso, ma sempre in condizione di poter sfruttare tempestivamente il successo; non costituisce scorta vera e propria al carro, ma concorre, se necessario, alla sua difesa. Nella difesa, la squadra valorizza terreno e fuoco allo scopo di resistere in pochi contro molti; avvalendosi del primo per un migliore rendimento del fuoco e per la protezione dalle offese avversarie e del secondo per logorare il nemico nel raggio d'azione efficace delle proprie armi, prima cioè che giunga a distanza utile di assalto; qualora il nemico riesca a raggiungere una distanza ravvicinata circa 200 m - entra in azione anche con le armi individuali, e se esso riesce ad arrivare a 30 + 40 m dalla postazione della squadra, lo arresta con il fuoco del fucile mitragliatore e lo contrassalta con il lancio delle bombe a mano e con la baionetta da parte di tutti gli altri fanti. Questo contrassalto eseguito decisamente contro i pochi ed esausti superstiti dell'attacco, è il miglior mezzo per risolvere il combattimento. Se l'azione del nemico è appoggiata da carri armati, la squadra agisce con il fucile mitragliatore contro le fanterie che seguono i carri e con le bombe a mano contro i cingoli dei carri stessi, approfittando di ogni loro arresto per sparare contro le feritoie, i cingoli e le fiancate e per intralciare con mezzi di circostanza (pali e ferri) da incastrare fra ruote e cingoli la loro azione. Il plotone fucilieri, nel cui ambito il rapporto fucili mitragliatori squadre è di 3 a 3, nonostante la diminuzione della forza da 59 a 37 uomini, esprime un volume di fuoco automatico superiore di 1/3 a quello della precedente formazione e, in più, su di una fronte ridotta di 1/5 rispetto a quella della precedente regolamentazione. La capacità combattiva, astrazione fatta dal fattore morale che resta fondamentale, è riferita non tanto al numero dei fucilieri che risulta dimezzato, quanto essenzialmente alla densità di fuoco realizzabile in tempi più brevi. Le formazioni restano due: aperto e spiegato (anziché disteso), ed in entrambe le formazioni le squadre si dislocano o tutte tre affiancate, o parte avanti e parte leggermente indietro ed in fuori, in modo da poter proteggere il fianco, od i fianchi minacciati; il plotone non assume, perciò, scaglionamento in profondità in quanto le squadre sono tutte squadre avanzate, anche se akuna di esse possa dislocarsi più avanti, o più indietro, ed anche se non tutte facciano materialmente fuoco. Solo se isolato, ed in via eccezionale, il plotone si costituisce un rincalzo. Nel movimento, particolare cura deve essere posta nel mantenere la giusta direzione; per garantirla il comandante di plotone guida personalmente la squadra di direzione; l'essenziale è avanzare, guadagnare .'ìJ)azio verso il nemico, facen-
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dosi arma del terreno e delle formazioni. Nell'attacco gli vengono sempre assegnati una direzione e successivi obiettivi ed una fronte che, come dato largamente normativo, non supera i 100 + 150 m. Di massima, quando attacca, il plotone deve tendere ad impegnare il nemico con il fuoco per assaltarlo sul fianco; ma quando, per la continuità della linea avversaria, ciò non sia possibile, converge il fuoco e tutta la potenza di urto di cui è capace sul tratto prescelto, mentre i mezzi di accompagnamento s'incaricano di neutralizzare gli elementi nemici che fiancheggiano tale tr;i.tto. Esegue l'assalto contemporaneamente con tutte e tre le squadre, comandante di plotone in testa. Conquistato il primo obiettivo, il plotone si riordina al di là di questo e, se costretto a sostare, assume atteggiamento difensivo coprendo con il proprio fuoco l'avanzata dei plotoni contigui che proseguono l'attacco; se può progredire, si porta arditamente avanti cosl da sfruttare l'azione del fuoco di accompagnamento spostato su nuovi obiettivi; se attacca con il concorso di carri armati, regola la sua azione in modo da trovarsi, al momento giusto, in grado di sfruttare immediatamente il successo <lei carri cusl <la i"ompere sui centri avversari prima che questi si riabbiano. Nelle difesa, si organizza in centri di fuoco (di squadra o di plotone) eventualmente rinforzati da mitragliatrici o può concorrere a presidiare un caposaldo. Quando costituisce posto di sbarramento è rinforzato con mitragliatrici e con armi controcarro e dotato di mezzi rapidi di trasmissione. La difesa da parte del plotone si attua con gli stessi criteri della squadra: qualunque sia la violenza dell'attacco nemico, il plotone si difende in posto sino all'ultimo uomo, ed un suo eventuale ripiegamento non può avvenire che dietro esplicito ordine superiore. · La squadra mitraglieri è costituita da 1 gruppo tiro (1 arma e 5 uomini compreso il comandante di squadra) e da 1 gruppo munizioni (6 uomini compreso il capo gruppo). Per muovere o sostare senza far fuoco assume le formazioni serrata, in fila, o spiegata e per prepararsi ad eseguire il fuoco la formazione di pronti per il fuoco. Essa compie l'avvicinamento con i materiali di massima spalleggiati. In attacco esegue il fuoco, di massima, da postazione arretrata rispetto ai reparti fucilieri a favore dei quali agisce, scegliendo postazioni successive che possibilmente consentano tiri obliqui e d'infilata e tiri al di sopra delle truppe amiche, ma ogni qualvolta forme e copertura del terreno non consentono il fuoco da posizioni arretrate, la squadra mitraglieri deve subito affiancarsi bravamente e decisamente ai fucilieri, così da essere in grado di dare loro tutto il necessario concorso di fuoco. Apre il fuoco a distanza utile di tiro (1000 m circa per uomini in piedi, 700 per armi e uomini appostati) e lo conduce con disciplina intensificandolo sull'obiettivo assegnatole o spostan-
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dolo su quello che al momento si palesi più nocivo all'avanzata a sbalzi dei fucilieri, interrompendolo o spostandolo non appena questi ultimi stiano per oltrepassare i limiti di sicurezza; si porta avanti a sbalzi, di ampiezza maggiore di quelli delle squadre fucilieri, in 3 gruppi: prima il comandante che va a scegliere la nuova postazione, poi il gruppo tiro, quindi il gruppo munizioni. Nella difesa, la squadra mitraglieri fa parte di un centro di fuoco tanto se assegnata in rinforzo a reparti fucilieri, quanto se unita al proprio plotone; agisce nella direzione e nel settore normale di tiro assegnatile e in una o più direzioni e settori eventuali. Quando l'attacco avversario è effettuato con il concorso di carri armati, la mitragliatrice agisce di preferenza contro le fanterie che li accompagnano; se i carri giungono vicino all'arma, essa concentra il tiro contro le loro feritorie per colpirne l'equipaggio, o contro i cingoli per cercare di provocarne la rottura o la deformazione. Il plotone mitraglieri (3 squadre) ha il compito, sia nell'attacco che nella difesa, di dare tutto il concorso di fuoco di cui le sue mitragliatrici sono capaci, ai reparti fucilieri a favore dei quali esso agisce. La tecnica d'impiego è analoga a quella della squadra mitraglieri e per quanto riguarda l'avvicinamento e le formazioni - aperto e spiegato - a quella del plotone fucilieri. Al plotone viene sempre assegnato un compito ben definito: accompagnamento di un determinato reparto fucilieri, neutralizzazione di un tratto della fronte nemica, arresto in corrispondenza di un tratto di posizione da difendere, ecc. Di norma impiega due armi e mantiene la terza in potenza pronta ad intervenire per sostituire una delle altre due, ma impiega tutte e tre le armi contro il nemico che serri le distanze e che urge arrestare, o quando il numero degli obiettivi sia tale da richiedere di agire per arma singola, o quando l'obiettivo esige l'azione di tutto il plotone. Si schiera su di una fronte di una cinquantina di metri e in difesa su di una fronte: tanto più avanzata quanto più necessiti di effettuare tiri obliqui o fiancheggianti e radenti o quanto maggiori siano l'utilità e la possibilità di battere l'avversario a distanza; tanto più a"etrata e dominante quanto più ampia la zona sulla quale è prevista la sua azione di fuoco e sentita la necessità di dare profondità alla posizione di resistenza. Durante l'avvicinamento e l'attacco nemici il plotone può essere chiamato ad eseguire tiri a distanza, tiri di arresto, tiri di preparazione e di accompagnamento alle azioni di contrassalto e di contrattacco. Nei primi due casi dirige di preferenza la sua azione contro gli elementi avversari più minacciosi per l'integrità della posizione; nel terzo coordina strettamente la sua azione a quella dei reparti fucilieri che reagiscono con il movimento. Nei casi imprevisti agisce d'iniziativa, ma sempre a favore dei fucilieri; attaccato direttamente resiste in
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posto e non si ritira che per ordine superiore. Per il tiro contrarei, sia in attacco che nella difesa, il plotone si avvale di congegni di puntamento e supporti speciali. Particolare cura pone per il tiro mascherato che, consentendo il defilamento delle armi, effettua ogni qualvolta sia possibile con accorgimenti pratici ridotti a grande semplicità: puntamento in direzione mediante paline, dati di valutazione ricavati a mezzo lettura di valori angolari e loro applicazione mediante quadrante a livello, condotta del tiro da osservatorio situato nei pressi della postazione delle armi. La squadra mortai d'assalto (3 armi), su 14 uomini, si avvale per il movimento delle formazioni serrata, in fila, aperta e per il fuoco di quella spiegata. Essa rappresenta l'unità normale d'impiego. In avvicinamento muove di norma con il rincalzo, o comunque in posizione arretrata, scegliendo itinerari e formazioni adatte a sottrarsi il più possibile al fuoco e provvedendo alla propria sicurezza con gli uomini che marciano in coda. In attacco, ha il compito di agevolare col suo fuoco il progredire dei reparti avanzati della propria compagnia, agendo di preferenza contro i bersagli non battuti dalle armi a tiro teso e intervenendo dove queste non possono intervenire per motivi di sicurezza; agisce sempre per concentramento di tutte le sue armi su di un unico obiettivo; deve essere sempre pronta ad agire non appena si presentino appropriati bersagli a distanza utile di tiro; basa l'efficacia del suo intervento sulla sorpresa; effettua, pure evitando pregiudizievoli sperperi di munizioni, concentramenti rapidi, improvvisi, violenti. Nella difesa fa parte di un centro di fuoco (di norma arretrato); ha il compito di concorrere all'azione di arresto ed eventualmente di neutralizzare le armi di accompagnamento nemiche più ravvicinate; agisce in un settore normale di tiro e in uno o più settori eventuali contro obiettivi defilati al tiro teso e preventivamente riconosciuti. Alle circolari 3147 e 3169 del giugno 1937 fece seguito nel gennaio del 1938 la circolare 1100 Traccia orientativa per l'impiego e l'addestramento della compagnia fucilieri e mitraglieri, (13) la quale volle stabilire, in contrapposizione a quanto era stato sancito fino ad allora, che nel1' azione difensiva si dovesse reagire di preferenza con il fuoco anziché con il movimento, giacché le reazioni di movimento spinte sino alle ultime cellule tattiche rischiano di degenerare in dispersioni di forze e di sforzi senza rendimento adeguato. Cadeva così uno dei principali criteri sui quali si era gradatamente sempre più insistito nel passato e si dava il via alla rivoluzione dottrinale e ordinativa del 1938 che ebbe origine, a nostro avviso, più da una smania della novità che non dalla necessità, opportunità e convenienza di un rinnovamento rivolto a perseguire un progresso reale dei procedimenti e degli organici delle unità della fanteria. Tale progresso, difatti, non vi fu né al livello della divisione di fan-
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teda, né ai livelli delle minori unità dell'arma. La convinzione che la guerra di movimento e di rapido corso avrebbe schivato l'azione difensiva ed avrebbe polarizzato l'azione della fanteria nel combattimento offensivo, per cui sarebbe stato necessario conferire all'arma capacità di scontro rapido e breve più che di lotta metodica e persistente, non trovava oltre tutto nessuna rispondenza nei piani operativi del momento, che consideravano solo la difesa delle frontiere terrestri senza neppure un cenno ad azioni sia pure solo controffensive di largo respiro. Inoltre, quale la necessità di una così radicale rivoluzione tattica ed ordinativa dei criteri e delle norme quando nessun'arma nuova, all'infuori di quelle degli anni 19 35-36, era neppure in programma, e la distribuzione dei mortai da 81, dei cannoni da 47 e da 20, delle artiglierie da 75/18, da 105/28, da 149/40, e dei carri armati medi era appena iniziata ed avrebbe richiesto tre o quattro anni, ed anche cinque per le artiglierie, prima di essere completata nelle dotazioni di partenza? Che cosa in quel momento si stava facendo negli altri eserciti per accrescere la potenza di fuoco, la mobilità tattica e logistica e la velocità di progressione della fanteria? La ricerca non era rivolta soprattutto a migliorare a favore dell'artiglieria il valore del rapporto con la fanteria, a dota.re questa ultima di un'adeguata capacità di fuoco controcarro, di una maggiore autonomia tattica e logistica, di una completa motorizzazione quanto meno delle armi pesanti e dei servizi fino al livello di battaglione compreso, riservando il someggio ai soli terreni montani ed impervi? Che cosa era che non andava nella tecnica d'impiego alla quale si era giunti, dopo prove e riprove, nel 1936? Le sue deficienze, che pure esistevano, dipendevano dai procedimenti e dagli organici o non piuttosto da altri motivi? L'eliminazione della manovra, piccola o grande che fosse, nell'ambito delle unità di fanteria non segnava forse il ritorno alla tattica delle testate, delle botte dritte della prima guerra mondiale, dimostratasi insopportabilmente costosa e disperatamente inconcludente? Si credé di ricavare le risposte a tali quesiti dalla guerra civile di Spagna, o, meglio si cercò l'avallo di tesi preconcette in un'esperienza ricca d'insegnamenti sul piano della grande tattica e degli armamenti, ma che non poteva esprimere eguale valore circa l'impiego delle minori unità in ragione della scarsità numerica delle artiglierie messe in campo da entrambe le parti, della debolezza e speditività delle organizzazioni difensive delle varie fronti - eccezione fatta per Madrid, Saragozza, Granata e del modesto armamento, assai meno potente di quanto lo sarebbe stato l'analogo dei maggiori eserciti europei. Sebbene tali diversità di fondo non fossero sfuggite allo stato maggiore dell'esercito che, anzi, le sottolineò, si dedussero da quell'esperienza conseguenze tattiche ed orga-
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niche affatto provate e derivate da interpretazioni riduttrici od amplificative speciosamente indirizzate al soste~no di idee nelle quali, sia pure in buona fede, si credeva fermamente. E la conclusione che ci sembra di dover trarre dalla circolare 6800- Note sull'impiego delle minori unità di fanteria ed artiglieria nella guerra di Spagpa - diramata dallo stato maggiore dell'esercito nel maggio del 1938 (14) prima dell'inizio della battaglia di Aragona.
8. Dalla partecipazione alla guerra civile di Spagna lo stato maggiore dell'esercito giustificò di poter trarre le seguenti osservazioni ed indicazioni. La squadra fucilieri armata di un fucile mitragliatore e costituita su di un organico medio di 10 uomini aveva dimostrato deficiente potenza d'urto per l'esiguo numero di fucilieri. Sarebbe stato desiderabile un aumento organico che portasse la squadra ad almeno 14-15 uomini. Essa aveva inoltre dimostrato la scarsa efficacia del tiro effettuato da 7 7 8 fucili per neutralizzare un centro nemico nel tempo necessario al fucile mitragliatore per effettuare lo sbalzo in avanti. Sarebbe stato conveniente disporre nella squadra di due fucili mitragliatori affinché almeno uno di essi potesse essere sempre in grado d'intervenire con il fuoco. Il plotone fucilieri su 3 squadre era parso possedere scarsa potenza di fuoco ed era risultato di difficoltosa comandabilità. Era stato rilevato che per ottenere il massimo rendimento del suo reparto, il comandante del plotone era portato a comandare dall'avanti, trascinando i suoi uomini con l'esempio, cosicché gli risultava difficile coordinare l'azione dei vari elementi che lo seguivano. Meglio, dunque, aumentare il personale e l'armamento di ciascuna squadra e ridurre da 3 a 2 il numero delle squadre del plotone tanto più che era stata comprovata dai fatti l' opportunità di non avere una squadra di rincalzo, ma di tenere tutte le squadre avanzate, ad immediato contatto del comandante di plotone. La costituzione del plotone su due squadre, mentre faciliterebbe l' azione di comando, non comporterebbe di per sé limitazioni a possibilità di manovra che, per altri motivi, sotto il fuoco non si presentano, nel1' ambito del plotone che assai di rado. Era stata notata la tendenza comune a spiegare prematuramente i minori reparti, il che aveva causato notevoli ed inopportuni rallentamenti del movimento e inutili fatiche al personale. La differenza di ce
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lerità di movimento fra reparti avanzati con squadre spiegate e reparti avanzati con squadre aperte era stata enorme ed aveva esercitato un'influenza notevolissima sullo sviluppo dell'azione tattica, particolarmente quando si era trattato di superare ampie zone scoperte sotto l'arco delle traiettorie del tiro di preparazione, cioè quando la celerità del movimento era condizione perché questo fosse mantenuto nei limiti di tempo, nei quali si manifestava l'azione neutralizzante del tiro di preparazione. Era accaduto che, nelle stesse circostanze di tempo e di luogo, reparti in formazioni aperte fossero giunti nel tempo fissato , ed in ottime condizioni, a distanza d'assalto, mentre reparti avanzati con le squadre spiegate si fossero attardati e avessero fatto rallentare il ritmo dell'azione, subendo perdite che forse avrebbero altrimenti evitato, oltrepassando più rapidamente la zona battuta. Sebbene l'esperienza al riguardo fosse stata scarsa in ragione della debole reazione di fuoco dell'avversario, derivante dalla deficienza di artiglierie e di mitragliatrici, restava l'esigenza di ritardare il più possibile l'assunzione delle formazioni spiegate. Era stato constato che la compagnia fucilieri su 3 plotoni fucilieri era il minore reparto che aveva possibilità di manovrare, ma che molte ed importanti erano le limitazioni imposte alla sua manovra, soprattutto dalla breve distanza dal nemico, dove il fuoco del difensore rende lento e pericoloso, specialmente nel senso della fronte, il movimento dei porta ordini e di chiunque debba spostarsi. La realtà del combattimento aveva in conclusione dimostrato che nell'ambito della compagnia, la manovra intesa a modificare, a contatto con il nemico, le modalità del1' azione in corso di svolgimento, era possibile, ma di difficile organizzazione ed attuazione ... Tale manovra era risultata di molto facilitata quando era intervenuta l'iniziativa dei comandanti di plotone, capaci di collaborare con il comandante di compagnia e non solo di eseguirne gli ordini. «Assai più agevole, perché più semplice, si è dimostrato l'impiego del rincalzo per penetrare là dove uno dei plotoni avanzati abbia ottenuto un successo: la semplice indicazione di una direzione, ed anche la sola iniziativa del comandante del plotone, sono sufficienti a lanciare questa tipica manovra della compagnia; tipica perché è quella che meglio si adatta alle possibilità del reparto e del suo comandnate, ed alle caratteristiche dell'azione tattica che è di sua competenza». Il battaglione di fanteria su 3 compagnie fucilieri ed 1 compagnia mitraglieri (9 armi) aveva confermato di essere l'unità tattica fondamentale della fanteria ed anzi come tale aveva brillato essendo riuscito talvolta non solo a rompere la posizione di resistenza, ma ad andare molto oltre, pur agendo su fronti assai ampie (anche 800 + 1000 m) anche in ragione dello scarso armamento e della deficiente condotta del nemico. Era
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stata sentita la mancanza di mortai d'assalto organicamente assegnati al battaglione, in quanto quelli tenuti accentrati al livello di reggimento, sia pure «fatta salva la possibilità di decentrarli in operazione» prevista dalla regolamentazione, erano risultati del tutto insufficienti. Delle armi impiegate, i plotoni mortai d'assalto - alcuni di 9 armi, altri di 6 - la compagnia mitraglieri e la batteria di mitragliere contraerei e controcarro da 20 impiegata nell'azione di accompagnamento, quando di questa non era stato necessario disporre né per la difesa contraerei né per l'azione controcarro, avevano dato un rendimento molto soddisfacente sotto tutti i punti di vista. I mortai d'assalto avevano richiesto un largo rifornimento delle munizioni per cui era stato necessario prevedere l'impiego di portatori, oltre ai portamunizioni organici. La compagnia mitraglieri aveva quasi sempre decentrato un plotone per ciascuna delle compagnie fucilieri tanto che tale decentramento era diventato un'abitudine dalla quale non sembrava che si potesse derogare, tanto era preziosa per l'azione neutralizzante di cui il plotone era capace. La compagnia mitraglieri del battaglione di secondo scaglione era stata talvolta impiegata accentrata per svolgere azione di accompagnamento, ma aveva rivelato l'inconveniente della difficoltà d'individuazione dei punti di caduta dei proiettili (difficoltà nell'aggiustamento del tiro) compromettendo la possibilità, per motivi di sicurezza, del tiro al di sopra delle truppe amiche. Le armi della batteria di mitragliere contraerei e controcarro avevano dato ottimi risultati per infilare feritoie di mitragliatrici e per proteggere, con tiri contro il ciglio delle trincee, 1'operazione del taglio dei reticolati, e i loro proiettili luminosi avevano consentito il tiro immediatamente davanti agli uomini, ad una distanza
di sicurezza minima, quale nessun'altra arma a tiro teso avrebbe permesso. L'impiego della batteria da 65/17 era stato influenzato dalla deficienza quantitativa di artiglierie divisionali e di ordine superiore e dall'esperienza di fronteggiare con essa, per la deficienza o addirittura la mancanza di bocche da fuoco specializzate nell'azione controcarro, gli attacchi di carri armati avversari armati di cannone. Mentre il primo fatto aveva spinto spesso i comandanti di colonna a tenere la batteria accentrata, il secondo aveva imposto il decentramento per sezioni e perfino per pezzo ai battaglioni di primo scaglione. La batteria aveva dimostrato di prestarsi meglio all'accompagnamento che non all'azione controcarro e poiché il suo rendimento era stato tanto maggiore quanto più stretto e continuo era stato il contatto con chi l'aveva impiegata, sarebbe stato desiderabile che essa restasse al livello di reggimento perché «il comandante del reggimento di norma si mantiene, per poter avere una visione d'insieme di ciò che avviene nel settore reggimentale, ad una distanza dai
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reparti avanzati che corrisponde, in genere, a quella dalla quale deve agire la batteria per poter operare con l'indispensabile sicurezza e per avere la possibilità d'intervenire su tutta la fronte del reggimento». Il compito dell'azione controcarro era risultato molto bene assolto dai pezzi di calibro inferiore ai 50 mm appositamente costruiti per tale impiego, perché molto adatti per manegevolezza, peso e caratteristiche. Quando questi erano stati disponibili al livello di colonna, la batteria da 65/17 aveva assolto il suo compito di accompagnamento con enorme vantaggio per l'armonia dell'insieme. Si era avuta l'impressione che i due compiti fossero troppo distinti, e ciascuno troppo importante e diverso, perché potessero essere contemporaneamente svolti dalla stessa unità. «Ed è tanto importante, soprattutto per ragioni morali, proteggere la fanteria dall'attacco dei carri, che sembra non superfluo, nell'economia generale della lotta, disporre di mezzi unicamente destinati a tale scopo, proiettati in avanti, ma non impegnati contro altri obiettivi. Concludendo, dall'esperienza fatta, sembra poter dedurre che nel reggimento sia particolarmente utile disporn: e <lei pezzi <.:onlrm.:arru e di artiglierie (o mortai) di accompagnamento: due compiti non confondibili; due armi, due diverse modalità d'impiego». Osservazioni, considerazioni e deduzioni delle quali alcune molto fondate e valide, altre contraddittorie e meno convincenti nelle loro conclusioni quali, ad esempio, quelle riguardanti la squadra, il plotone e la compagnia fucilieri. Non sarebbe stato meglio aumentare il numero dei fucilieri nella squadra? All'alternanza del fuoco e del movimento nella squadra non si sommava quella delle squadre nell'ambito del plotone, dato che secondo la regolamentazione in vigore l'obiettivo delle squadre coincideva con quello del plotone? Se il volume di fuoco del plotone era ancora scarso, non si sarebbe potuto aumentarlo assegnando il quarto fucile mitragliatore alle dirette dipendenze del comandante del plotone aumentandone così le possibilità di manovra, anziché annullandogliele del tutto? La riduzione di una squadra non rendeva il plotone inabile ai vari compiti previsti per l'azione isolata, quali quelli di punta di sicurezza, di posto di sbarramento, di eliminazione di una piccola resistenza residua, ecc.? La piccola manovra tattica consisteva solo nel modificare, condotta durante, le modalità di azione o non anche, e soprattutto, nell'attuare quelle predisposte in partenza? Perché era possibile alla compagnia lanciare il plotone di rincalzo per penetrare là dove uno dei plotoni avanzati avesse avuto successo e non al plotone fare altrettanto per meglio aprirsi una piccola via di penetrazione? La semplificazione dell'azione dell'ufficiale comandante del plotone non si traduceva in una complicazione dell'azione del sottufficiale o del graduato coman-
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dante di squadra? Dove e come reperire i sottufficiali e i graduati capaci di coordinare una squadra su 3 nuclei - 2 mitragliatrici ed 1 fucilieri - di complessivi 18 uomini, stante la carenza di sottufficiali sistematicamente impiegati in incarichi burocratici ed amministrativi anziché di comando? L'elenco delle domande potrebbe continuare, ma può bastare mettere in evidenza come la circolare 6800 ignori l'ammaestramento più importante di quella guerra, ancora in corso nel maggio del 1938, e cioè l'impiego combinato carri armati-aerei che i tedeschi avevano sperimentato - e continuavano a farlo - su di un banco di prova. Vero è che l'avvenimento riguardava la grande tattica, ma aveva conseguenze evidenti anche sull'impiego delle minori unità, conseguenze che la circolare non colse se non con qualche pare o si ha l'impressione, o che addirittura svalutò con l'affermazione che l'azione controcarro era da fronteggiare più per motivi morali che non per motivi operativi. Non che gran parte delle considerazioni della circolare non fossero razionali e valide, ma proprio da queste non furono tratte, forse soprattutto per l'indisponibilità <li mezzi, le conseguenze Lattiche e<l or<linalive che ne sarebbero dovute derivare. Alcune di quelle meno convincenti e fondate furono invece tradotte in provvedimenti tattici ed organici che, al momento della prova, risulteranno pregiudizievoli sotto tutti gli aspetti per le unità di fanteria. Il miglior risultato che dalla guerra civile di Spagna derivò fu certamente la spinta a creare grandi unità corazzate e motorizzate, nel quadro di una visione miniaturizzata della guerra futura. Fu difatti proprio in ragione delle esperienze che si venivano accumulando durante quel conflitto che lo stato maggiore dell'esercito decise la costituzione delle prime due divisioni corazzate e delle prime due divisioni motorizzate, con il decreto del 22 dicembre 1938. In conclusione, l'interpretazione dello stato maggiore dell'esercito fu piuttosto contraddittoria: da un lato furono colte lezioni vivificatrici e salutari; dall'altro furono dedotte articificiosamente dimostrazioni di tesi precostituite. Quando infatti la circolare 6800 vide la luce, la divisione di fanteria binaria era già da un anno in esperimento (manovre estive svoltesi in Sicilia nel 1937).
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Nel marzo del 1939 vide la luce una nuova edizione dell'Addestramento della fanteria articolata in 2 volumi: il primo riguardante l' Istruzione formale ed il secondo l'Impiego e l'addestramento tattico (15). TI nuovo
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regolamento abrogò e sostituì tutti i precedenti, dei quali segul peraltro la falsariga d'impostazione e di sviluppo, anche se con ordine, successione e raggruppamento degli argomenti parzialmente diversi. Il volume secondo prima di tutto tratteggia la nuova fisionomia del combattimento, compresa quella delle azioni particolari (colpi di mano, combattimento nei boschi, di notte o nella nebbia, negli abitati, in corrispondenza dei corsi d'acqua); poi dà le norme per l'impiego e l'addestramento dei minori reparti (squadra, plotone e compagnia fucilieri, mitraglieri, mortai da 45, mortai da 81, cannoni da 47/32; squadra e plotone esploratori; squadra pattugliatori e collegamenti; plotone collegamenti; battaglione fucilieri, mortai, mitraglieri); dedica la parte terza al reggimento di fanteria, la quarta ai collegamenti, la quinta ai servizi e si chiude con un'appendice riguardante l'addestramento degli specializzati, l' addestramento alla stima delle distanze, all'impiego degli attrezzi leggeri, al tiro, al mascheramento e comprendente, inoltre, dati vari, segni convenzionali e tavole illustrative. La fanteria è elemento decisivo della lotta: se avanza, tutti avanzano; se si ferma, l'azione si stabilizza; se cede, tutti cedono. Soltanto la fanteria può, con la conquista, affermare la vittoria. L'azione della fanteria si riassume in pochi concetti fondamentali: andare avanti, sorprendere, persistere. Le sue armi sono il fucile o moschetto (tiro individuale mirato entro i 200 m), la pistola (tiro individuale mirato al di sotto dei 30 m), la baionetta - pugnale, la bomba a mano (azione di neutralizzazione entro i 40 m), il fucile mitragliatore (tiro per arma entro i 400 m), la mitragliatrice (tiro a puntamento diretto entro i 1000 meda puntamento indiretto, per compagnia o compagnie, entro i 4000 m), il mortaio da 45 (distanza di sicurezza nel tiro frontale 80 m), il mortaio da 81 (unità minima d'impiego il plotone di 2 armi; distanza di sicurezza nel tiro frontale con bomba di ghisa acciaiosa 150 m), il cannone da 47/32 (tiro normale per squadra a puntamento diretto entro i 1000 me in funzione controcarro entro i 700 m; tiro eventuale per compagnia a puntamento indiretto in funzione di accompagnamento), il carro armato, il lanciafiamme (unità normale d'impiego la squadra su 12 apparecchi, con azione distruggitrice fino a 20 m). Il plotone fucilieri è costituito su 2 squadre, ciascuna su 2 fucili mitragliatori e articolata su 2 gruppi (1 mitragliatori, su 2 armi e 8 uomini, e 1 fucilieri su 10 uomini, compresi il comandante ed il vicecomandante di squadra); il rapporto tra fucili mitragliatori e fucilieri è di 4 a 20. La compagnia fucilieri consta di 4 plotoni: 3 fucilieri (ciascuno su 2 squadre) e 1 comando su 3 squadre (comando, pattugliatori, salmeria). Il battaglione fucilieri è su 5 compagnie: 3 compagnie fucilieri;
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1 compagnia anni di accompagnamento su 5 plotoni (2 mitraglieri su 2 squadre ciascuno con 2 mitragliatrici per squadra, con 8 mitragliatrici in tutto; 2 mortai da 45 su 3 squadre ciascuno con 3 mortai per squadra, 18 mortai in tutto, e 1 plotone comando su 3 squadre: comando, rifornitori, salmeria); 1 compagnia comando su 3 plotoni dei quali 1 comando su 3 squadre (maggiorità, servizi, salmeria), 1 collegamenti su 3 squadre (telegrafisti, guardafili, osservatori e segnalatori, staffette), 1 esploratori su 3 squadre (ciascuna di 8 uomini). Il battaglione fucilieri comprende: 30 ufficiali, 47 sottufficiali, 877 militari di truppa, 132 quadrupedi, 1 autocarretta, 2 motocicli, 4 biciclette, 36 fucili mitragliatori, 8 mitragliatrici, 18 mortai da 45. U reggimento di fanteria comprende: 3 battaglioni fucilieri, 1 compagnia comando su 3 plotoni (dei quali 1 comando su 2 squadre - maggiorità, informatori - , 1 collegamenti su 3 squadre - marconisti, telefonisti e guardafili, osservatori, segnalatori colombofili - , 1 servizi su 4 squadre - servizi, salmeria, carreggio, autocarreggio -; 1 compagnia mortai da 81 su 4 plotoni (3 plotoni mortai su 2 squadre ciascuno con 1 mortaio per squadra - 6 mortai in tutto - , 1 plotone comando su 4 squadre - comando, collegamenti, rifornitori, salmeria-); 1 compagnia cannoni da 47/32 su 5 plotoni (1 comando e 4 plotoni cannoni su 2 squadre ciascuno - 8 pezzi in tutto - . Fino a quando non disponibili i pezzi da 47 , la compagnia cannoni è sostituita dalla batteria da 65/17 su 2 sezioni ciascuna su 2 pezzi con 4 pezzi in tutto). Il reggimento consta complessivamente di: 115 ufficiali, 171 sottufficiali, 3162 militari di truppa, 572 quadrupedi, 32 carrette, 8 autocarri, 3 autocarrette, 1 autovettura, 10 motocicli, 19 biciclette, 108 fucili mitragliatori, 25 mitragliatrici, 54 mortai da 45, 6 mortai da 81 , 4 cannoni da 65/17. L'ampiezza media delle fronti offensive e difensive è rispettivamente di 250 e 500 m per la compagnia e di 500 e 1000 m per il battaglione fucilieri, mentre la profondità si estende fino a 200 m per la compagnia e a 1000 m per il battaglione. La densità di fuoco realizzabile, ora maggiore di quella della precedente formazione di guerra del battaglione, è pari ad: 1 fucile mitragliatore ogni 27, 7 m anziché ogni 39 m; 1 mitragliatrice ogni 122,4 m anziché 1 ogni 83,4 m; 1 mortaio da 45 ogni 55, 1 m anziché ogni 110,2 m. La densità di fuoco a tiro curvo riceve ulteriore incremento dalla presenza dei 6 mortai da 81 al livello di reggimento (pari sulla fronte di 2 battaglioni in primo scaglione in attacco ad 1 mortaio ogni 166 m circa); nessun incremento nei riguardi del fuoco dei cannoni nei reggimenti che conservano la batteria da 65/17, e molto modesto (1 cannone da 47 ogni 125 m su di una fronte di attacco di 1000 m) in quelli che dispongono della compagnia da 47. Se si tiene
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conto che il rapporto fanteria-artiglieria resta quello delle precedenti formazioni di guerra - divisione binaria: 24 cannoni e obici da 75 e 12 obici da 100; divisione ternaria: 36 cannoni e obici da 75 e 12 obici da 100 -, mentre la sottrazione alla divisione del battaglione mitraglieri organico ed il suo trasferimento al livello di corpo d'armata fanno scendere il numero delle mitragliatrici complessivamente disponibili nell' ambito della divisione binaria da 156 - della precedente formazione organica della divisione ternaria - a 48, si constata un grave calo complessivo della densità del fuoco erogato dalle armi automatiche (4 mitragliatrici in meno per ogni battaglione compensate in parte dall'aumento di 9 fucili mitragliatori, 12 in meno nel reggimento compensate in parte dai 27 fucili mitragliatori in più, 48 mitragliatrici in meno del battaglione divisionale) . Nel complesso la divisione binaria perde rispetto alla ternaria 27 fucili mitragliatori e 108 mitragliatrici ma, in compenso, acquista 18 mortai da 81 e, là dove i due reggimenti ne dispongono, 18 pezzi da 4 7 in più. Il volume di fuoco della fanteria è dunque diverso da quello del passato e risponde meglio ali' azione offensiva (mortai) che non a quella difensiva (armi automatiche e, in particolare, mitragliatrici) . Nel quadro di tale ridistribuzione quantitativa e qualitativa delle armi e di tale riordinamento organico, la fanteria, che resta la protagonista della lotta, rinnova i suoi procedimenti, ma li centra più sul fuoco che sul movimento, più sulla sorpresa che sulla manovra, della quale anzi quasi si spoglia. Nell'esplorazione il nucleo esplorante di fanteria prende e conserva il contatto con il grosso del dispositivo di sicurezza nemico per precisarne entità, composizione, dislocazione e atteggiamento, e assicura temporaneamente il possess0 di posizioni importanti ai fini del successivo svolgimento delle operazioni. Assume un dispositivo di movimento non eccessivamente articolato e una distanza dalla testa dei grossi della grande unità - da qualche ora ad un'intera giornata di marcia - che deve permettere al suo comandante di avvalersi in tempo dei risultati dell'esplorazione; utilizza un sistema di trasmissioni multiple, rapide e sicure giacché esplorazione ed informazione sono così strettamente connesse che nulla vale l'una senza l'altra. La forza, l'articolazione, i compiti dei singoli elementi e l'atteggiamento da assumere una volta preso il contatto con il nemico - azione di forza per procedere oltre, presa più stretta del contatto, difesa delle posizioni raggiunte - restano quelli del passato, mentre le distanze tra le pattuglie e i distaccamenti e tra questi e il grosso del nucleo esplorante - di massima 1-;- 2 km tra pattuglie e distaccamenti e 2 -;- 3 km tra questi e il grosso - sono, diversamente dal passato, tradotte in cifre orientative.
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Nella sicurezza le unità di fanteria incaricate di tale compito, che consiste nel non farsi soprendere e nel garantirsi sempre la totale libertà di azione, assicurano la continuità e la speditezza del movimento dei grossi provvedendo alla loro diretta protezione, impedendo lo sviluppo dell'esplorazione terrestre nemica, riconoscendo e rimuovendo eventuali ostacoli. Anche le particolari provvidenze da attuare per parare l'azione degli aerei e dei reparti motorizzati nemici - che costituiscono il più grave pericolo per le grandi unità che marciano o stazionano - non debbono pregiudicare il movimento, rallentandolo, o il riposo. Compiti, articolazioni (avanguardia: pattuglie esploranti, punte di sicurezza, testa e grosso; fiancheggiamento mobile o fisso; retroguardia: pattuglie di allarme, punte di sicurezza, grosso), forza e modalità di azione della sicurezza in marcia e di quella in stazione (articolantesi questa in posti di sorveglianza e segnalazione, posti di sba"amento e grosso) restano nelle grandi linee gli stessi della regolamentazione precedente. Le distanze tra i vari elementi dei diversi dispositivi sono orientativamente le seguenti: l'avanguardia 3000 + 4000 m tra pattuglie e punte, 700 + 1000 m tra punte e testa d'avanguardia e tra questa ultima e il grosso dell'avanguardia, 3000 + 4000 m tra i primi elementi del grosso di avanguardia e la testa della colonna (una distanza tale cioè da garantire la testa della colonna dal tiro efficace delle artiglierie leggere); per la retroguardia 1000-2000 m tra pattuglie d'allarme e punte di sicurezza, 700-1000 m tra punte di sicurezza e grosso della retroguardia, 3000 + 4000 m tra grosso della retroguardia e reparti di coda della colonna; per il dispositivo di sicurezza in stazione, 2000 + 3000 m tra posti di sbarramento e grosso degli avamposti e le unità più avanzate della colonna da proteggere (una distanza cioè superiore a quella prevista nel dispositivo di sicurezza in marcia a causa del maggior tempo occo"ente a truppe in stazione per schierarsi ad agire). La funzione di avanguardia può essere affidata, in taluni casi, ad uno scaglione motorizzato od autotrasportato costituito da pattuglie esploranti, punte di sicurezza, grosso, pattuglie di allarme, della forza da 1/4 ad 1/6 di quella della colonna che deve proteggere, e movente a distanza di 5000 + 6000 m tra pattuglie e punta e di 1000 + 2000 m tra gli altri elementi. La testa di avanguardia, i distaccamenti fiancheggianti, i posti di sbarramento sono generalmente rinforzati con unità cannoni da 4 7 ed eccezionalmente con carri leggeri. La forza dell'avanguardia varia da 1/3 ad 1/6 di quella della colonna; quella del distaccamento fiancheggiante va dal battaglione rinforzato con unità cannoni da 4 7, carri leggeri ed artiglieria per una divisione al plotone rinforzato con unità mitraglieri ed eventualmente cannoni da 47 per unità non inferiori al battaglione; quella della retroguar-
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dia varia dalla compagnia al battaglione rinforzato con unità cannoni da 4 7 ed eventualmente con carri leggeri. Nell'attacco la fanteria deve: andare avanti fino al raggiungimento degli obiettivi prestabiliti; organizzare, a tale scopo, la concentrazione degli sforzi e la superiorità del fuoco nella direzione voluta. Fuoco, movimento ed urto sono le forme esteriori dell'attacco; lo spirito e il grado di addestramento delle truppe, la capacità e l'esempio dei capi ne sono la sostanza. Le unità di fanteria, per passare dalle formazioni di marcia a quelle di attacco, adottano fonnazioni di avvicinamento che consistono inizialmente in un frazionamento delle colonne nel senso della fronte ed in quello della profondità per sottrarsi alle offese dell'artiglieria nemica, e successivamente in uno schieramento vero e proprio dei primi scaglioni per sottrarre questi alle offese del fuoco della fanteria nemica. L'ultima fase dell'avvicinamento sbocca, di norma, in una serie di combattimenti preliminari (coordinati dal comandante del corpo d'armata) tendenti a saggiare il nemico essenzialmente per determinare i punti rohusti e i punti deboli, a migliorare con l'occupazione di determinate posizioni le possibilità d'osservazione e in genere le condizioni dell'attacco, a garantire la sicurezza per lo schieramento della grande unità. Formazioni di avvicinamento e modalità di coordinamento (direzioni di movimento, linee di riferimento e di attestamento) sono analoghe a quella della regolamentazione precedente. Anche le fasi dell'attacco della fanteria - organizzazione ed esecuzione - restano quelle del passato. Nella prima si tende a realizzare la massima concentrazione di effetti nel settore di attacco, il coordinamento del fuoco con il movimento, le condizioni favorevoli alla cooperazione fanteria-artiglieria e fanteria-altre armi e servizi, nonché le condizioni di sicurezza per lo sviluppo dell' azione; nella seconda, a sorprendere il nemico con la violenza del fuoco, sopraffarne la resistenza con la continuità dello sforzo, prevenire o stroncare ogni sua iniziativa . Nessuna innovazione nei riguardi del concetto di azione, degli ordini, della base di partenza, degli obiettivi d 'attacco ed eventuali. Organizzare l'attacco vuol dire, prima di tutto, decidere come effettuarlo e poi assegnare i compiti, ripartire i mezzi, realizzare le condizioni per la superiorità e la continuità del fuoco, assicurare l' alimentazione della lotta. Gli obiettivi di attacco, proporzionati alle reali possibilità operative dell'unità, corrispondono ad elementi di presunta mag,giore sensibilità per la difesa nemica - non più, dunque, ai punti deboli - e devono essere tali da facilitare il proseguimento verso gli obiettivi dell'unità superiore. Il raggiungimento dell'obiettivo eventuale non deve essere vincolato a particolari modalità. L'attacco è, di norma, orientato su di una
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unica direzione - un solo scopo alla volta - e si esprime con uno sforzo unitario. La divisione inquadrata attacca su di una fronte ampia 1000 7 1500 m; il battaglione su di una fronte ampia all'incirca 500 m. L'attacco è quasi sempre frontale, per cui occorre agire, a tutti i livelli, a botta dritta. La divisione si articola in profondità su una, su due e, se occorre, su tre scaglioni, e il battaglione su una compagnia avanzata e due di rincalzo, o due compagnie avanzate e una di rincalzo, o tre compagnie una dietro l'altra. Il primo scaglione rompe (primo urto), il secondo e il terzo alimentano l'azione del primo. La breccia deve essere di norma ampia quanto il settore d'attacco della divisione, perché la breccia aperta da un solo battaglione è facilmente delimitabile e contenibile dal difensore e non apre sbocchi sufficienti alla penetrazione. L'esecuzione dell'attacco si basa sull'inesorabile volontà di raggiungere l'obiettivo, mirando direttamente a questo, recando al nemico il mag,g,ior danno possibile con il fuoco e mantenendo la coesione del proprio dispositivo. I procedimenti d'attacco dei reparti di fanteria si basano su tali elementari necessità, delle quali la prima è mirare dritto all'obiettivo. Nulla varia rispetto al regolamento del 1936 circa la preparazione dell'artiglieria, l'impiego del fuoco di appoggio e di accompagnamento, l'impiego dei rincalzi - intervento su ordine nella direzione di maggiore rendimento, eliminazione d'iniziativa delle infiltrazioni, parata di eventuali contrattacchi nemici sui fianchi o sul tergo - l'atteggiamento da assumere una volta raggiunto l'obiettivo di attacco e la continuità dell'osservazione. Il ricorso agli scavalcamenti è frequente e la tecnica per effettuarli deve essere, per così dire, istintiva in quanto la continuità dello sforzo viene a dipendere dalla speditezza, dalla tempestività e dall'ordine con i quali vengono attuati gli scavalcamenti. Nell'attacco in cooperazione con unità carriste Io scatto di queste dalla posizione di partenza è ordinato dal comandante dell'unità di fanteria e regolato in relazione alla distanza della posizione di partenza dei carri dagli obiettivi, alla distanza della posizione di partenza delle fanterie cooperanti ed alla massima velocità pratica dei carri, in modo tale che questi possano giungere sugli obiettivi immediatamente prima che la fanteria sia presa sotto il tiro efficace degli elementi avanzati nemici e che sia in grado di sostenere i carri con il fuoco delle proprie armi di accompagnamento. Di norma i carri scavalcano la fanteria quando questa è a 200 7 300 m dai centri di fuoco avversari. Il completamento del successo - termine nuovo - consiste nell'allargare e dare consis.t:enza alla breccia facilitando così il pronto intervento delle grandi unità speciali destinate allo sfruttamento del successo, che non appartiene più alle divisioni di fanteria . Nel completamento del successo le unità di fanteria agiscono sostanzialmente come nella fase
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precedente, ma accentuano l'unitarietà dell'azione senza frazionamenti in piccole colonne o in raff,ruppamenti tattici, polarizzano l'azione sul fianco più debole dell'avversario, operano con le unità carriste per eliminare le resistenze residue e si avvalgono della cooperazione con l'artiglieria che dà loro appoggio e sviluppa l'azione d'interdizione. Nella resistenza la fanteria sfrutta al massimo le sue possibilità di fuoco e valorizza al massimo il terreno e l'ostacolo. L'organizzazione a difesa è caratterizzata da un'adeguata profondità e da un elevato coefficiente di elasticità. Requisiti dell'organizzazione difensiva, struttura della difesa (posizione di resistenza e zona di sicurezza), organizzazione della posizione di resistenza (profonda da poche centinaia di metri a un chilometro) e della zona di sicurezza (profonda dai 2 ai 3 chilometri), ripartizione delle forze, organizzazione dell'osservazione e dei collegamenti, dell'ostacolo, del movimento sono nelle linee generali assai simili a quelli della regolamentazione del 1936. Difese attive restano i centri di fuoco avanzati, i capisaldi e le unità mobili per il contrassalto ed il contrattacco. Il centro di fuoco comprende postazioni multiple per le armi, un posto di osservazione e di soryeglianza, uno o più ricoveri ed è presidiato da squadre fucilieri se avanzato, da squadre fucilieri, mitraglieri, mortai, cannoni da 47 se arretrato. Il caposaldo (presidiato da plotoni o compagnie fucilieri o mitraglieri, rinforzate con unità mortai e cannoni, eccezionalmente con artiglierie) comprende un numero vario di centri di fuoco, un posto comando con osservatorio, ricoveri e difese accessorie. L' organizzazione dei centri di fuoco e dei capisaldi tende, come nel passato, a realizzare una disposi:.done a scacchiera, non unifomze, di numerosi elementi attivi con possibilità di reciproco fiancheggiamento e di volume di fuoco sufficientemente denso anche negli intervalli. Nella zona di sicurezza è introdotto un nuovo elemento difensivo: la posizione di a11"esto che è una struttura non continua, non lineare, organizzata su posizione naturalmente forte, difficilmente aggirabile, possibilmente non accessibile ai carri, dalla quale si possa svolgere azione di fuoco a distanza in particolare lungo le vie di più facile penetrazione per il nemico. È una posizione di difesa anticarro. L'ampiezza media della fronte di una divisione rinforzata da unità mitraglieri e da artiglierie suppletive di corpo d'armata è di 3 + 5 km; quella di un battaglione resta di 1 km. Le forze della divisione vengono ripartite in 2 scaglioni, eccezionalmente in 3; quelle del battaglione normalmente in 2 compagnie avanzate cd una di rincalzo. La divisione non si costituisce una propria riseroa salvo nei casi in cui sia possibile la costituzione di un terzo scaglione o con le unità organiche o con truppe suppletive di corpo d'armata (battaglioni camicie nere) . I battaglioni di secondo scaglione costituiscono riserve parziali
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di settore, dislocate sul margine posteriore della posizione di resistenza, in corrispondenza delle direzioni di più probabile impiego, per contrattaccare o per rinforzare i tratti della fronte ove il nemico ha ottenuto eHetti di distruzione particolarmente gravi, o per sostituire unità logore. Nella zona di sicurezza non può essere impiegata una forza complessivamente superiore ad 1/4 di quella schierata all'interno della posizione di resistenza. Alle armi della fanteria - altra innovazione di rilievo rispetto alla regolamentazione precedente - oltre il settore normale ed il settore eventuale, o settori eventuali, di tiro viene assegnata una direzione di arresto automatico (fucili mitragliatori, mitragliatrici, cannoni) od un obiettivo di arresto automatico (mortai), - per questi ultimi, eccezionalmente anche un tratto di sbarramento - affinché di notte, o in caso di nebbia, tutto il sistema di fuoco della fanteria possa entrare in azione automaticamente a segpale convenuto o d'iniziativa, secondo i compiti e le direzioni di tiro prestabiliti per ciascun elemento di fuoco. L' organizzazione del fuoco, come pure i compiti delle singole unità, gli elementi territoriali, la ripartizione delle truppe e dei mezzi, l'organizzazione della difesa contraerei, controcarri, chimica, dell'ostacolo (reticolato), della difesa passiva anticarro, dell'osservazione e dei collegamenti e del movimento vengono inseriti nel piano di difesa che è completato dai grafici dell'organizzazione del fuoco e di quella dei collegamenti. La condotta della resistenza si basa nel tempo: sull'azione del nucleo esplorante a contatto con il nemico e sul suo successivo ripiegamento; su quella dello scaglione di sicurezza che resiste ad oltranza per la durata della sua missione schierato ad almeno 3 + 4 km dalla linea di sicurezza; sull'attività lavorativa di rafforzamento del terreno; sull'azione esplorativa e ricognitiva degli aerei e degli esploratori; sull'esecuzione di eventuali colpi di mano; sull'azione ritardatrice e logoratrice, basate essenzialmente sul fuoco, della zona di sicurezza, azione agile, insidiosa, ostinata, condotta di appiglio in appiglio, con fuoco tempestivo e violento, ad attacco nemico iniziato; sull'intensificazione progressiva dell'osservazione aerea e terrestre e di metodiche azioni di fuoco durante l'eventuale sosta dell'attaccante sulla base di partenza; sulla concentrazione del fuoco sulle fanterie nemiche non appena si delinei l'attacco alla posizione di resistenza; sul fuoco di sbarramento dell'artiglieria e di arresto della fanteria allorché il nemico giunga a contatto della linea di resistenza; sull'azione controcarro tendente a dissociare il dispositivo carrifanteria e ad obbligare questa ultima ad arrestarsi (all'irrompere dei carri, i centri avanzati si occultano per riprendere subito dopo il passaggio dei carri nemici la loro azione di fuoco contro le fanterie); sulla resistenza in posto dei centri di fuoco avanzati con azione polarizzata contro
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i rincalzi delle unità attaccanti e di quelli arretrati contro le punte avanzate dell'attacco; sullo spostamento del tiro di artiglieria a protezione delle difese più minacciate; sui contrassalti dei rincalzi di battaglione, sui contrattacchi dei battaglioni di secondo scaglione ed eventualmente delle truppe suppletive di corpo d'armata decentrate ai settori divisionali. Il contrattacco, tempestivo e di sorpresa, diretto possibilmente contro un fianco del nemico, condotto con decisione e, possibilmente, con robusti effettivi, appoggiato da forti aliquote di artiglieria e, sempre che possibile, da unità carriste tende a ristabilire la situazione della posizione di resistenza e può costituire il preludio di una manovra controffensiva rapidamente concepita dai comandi superiori ed attuata con l'impiego di intere divisioni di seconda schiera. Nel combattimento offensivo e difensivo le squadre, i plotoni, le compagnie ed il battaglione conservano i ruoli ed applicano la tecnica del passato. La squadra fucilieri è la più piccola unità organica di fanteria che agisce con il movimento, con il fuoco e con l'urto; si avvale di 3 formazioni (in fila, aperta, spiegata); nell'esplorazione può assolvere le funzioni di pattuglia esplorante; nella sicurezza di posto di soroeglianza, eccezionalmente di pattuglia di sicurezza (4-5 fucilieri); nell'attacco di pedina dell'azione che ha un suo compito ed un suo obiettivo ed eventaulmente, se necessaria, una sua direzione; nella resistenza costituisce centro di fuoco avanzato o arretrato. Nell'attacco avanza ad ampi sbalzi, senza far fuoco agevolata dal tiro dell'artiglieria e delle armi di accompagnamento; se deve far uso del suo fuoco, entra in azione con i fucili mitragliatori; nell'impiego del gruppo mitragliatori, alterna il movimento e il fuoco delle due armi (di fronte a reazione nemica poco attiva, il coordinamento tra movimento e fuoco può avvenire nell'ambito del plotone) ; somma, quando necessario, il fuoco dei fucilieri a quello dei fucili mitragliatori; assalta, insieme all'altra squadra del plotone, l'obiettivo, e i suoi fucili mitragliatori, non appena cessato il fuoco per motivi di sicurezza, avanzano all'immediato seguito dei fucilieri; nell'attacco con il concorso dei carri armati segue, in formazione spiegata, il carro che opera sulla sua fronte. Nella resistenza: impiegata in zona di sicurezza, svolge la prevista azione di fuoco spostando di volta in volta il tiro sui gruppi nemici più numerosi e minacciosi; ripiega possibilmente riunita con successivi sbalzi, continuando la propria azione logoratrice a tergo della posizione di resistenza in località designata; impiegata nella posizione di resistenza, con funzione di centro di fuoco, schiera riunito il gruppo mitragliatori e divide in nuclei, alle ali, i fucilieri con il compito di sorveglianza degli intervalli; agisce, nei limiti del settore e nel raggio di efficacia delle armi, battendo di volta in volta i nuclei nemici più numerosi
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e pericolosi; reagisce con bombe a mano ed armi bianche all'assalto nemico; se aggirata ed oltrepassata. resiste in posto sino ali'ultimo uomo e all'ultima cartuccia; se attaccata da carri armati, si occulta nel momento dell'irruzione e agisce, se ciò non fosse possibile, contro i cingoli e le feritoie, per riprendere, non appena oltrepassata dall'ondata dei carri, l'azione di fuoco contro le fanterie attaccanti. Il plotone fucilieri è unità d'assalto; può agire isolato e inquadrato, da solo o rinforzato; si avvale di 2 formazioni (aperto o spiegato); ha le squadre sempre avanzate, anche se una sia dislocata più indietro e non faccia materialmente fuoco; può costituire: nell'esplorazione tattica distaccamento esplorante; nella sicurezza punta di sicurezza, reparto fiancheg2,iante, posto di sbarramento; nell'attacco pedina della compagnia; nella resistenza due centri di fuoco di norma avanzati ed eventualmente un caposaldo. Nell'attacco agisce su una fronte di 100 + 125 m; apre il fuoco quando non sia più possibile avanzare senza il sostegno delle proprie armi; assicura la continuità del fuoco e del movimento mediante il coordinamento del1' azione delle squadre; assalta riunito, contemporaneamente con tutte e due le squadre, mentre i fucili mitragliatori che sono in condizione di agire nei limiti della sicurezza accentuano possibilmente la loro azione di fuoco e gli altri seguono immediatamente i fucilieri; si riordina, ad obiettivo conquistato e superato, e prosegue l'attacco o sosta assumendo atteggiamento difensivo. Nella resistenza, se impiegato nella zona di sicurezza, si regola con le stesse modalità della squadra; se impiegato nella posizione di resistenza, attua gli stessi criteri ed applica le stesse modalità di azione della squadra. La compagnia fucilieri è la minore unità di fanteria che può costituirsi un rincalzo. Essa può ricevere rinforzi (unità mitraglieri, mortai, cannoni, eccezionalmente carri armati e lanciafiamme) e concorso di fuoco (unità laterali, battaglione, reggimento, artiglieria); si avvale di 4 formazioni (1 plotone avanzato e 2 di rincalzo; 2 plotoni avanzati e 1 di rincalzo; tutti e 3 i plotoni avanzati; 1 plotone avanzato e 1 di primo e 1 di secondo rincalzo); nell'esplorazione tattica può far parte del grosso o costituire un distaccamento; nella sicurezza può costituire testa o grosso di avanguardia, reparto fiancheggiante, grosso di retroguardia, posto di sbarramento; nell'attacco agisce o isolata, o avanzata o di rincalzo; nella resistenza può far parte dello scaglione di sicurezza, essere schierata sulla posizione di resistenza o dislocata (tutta o in parte) nella zona di sicurezza. In attacco agisce su di una fronte media di 200 m e si scagliona in profondità fino a 200 m; nella difesa si schiera sui 500 me non si costituisce, di norma, il rincalzo. Le vengano assegnati, in attacco: un obiettivo di attacco, un obiettivo eventuale, una direzione di attacco; nella resistenza: un settore d'azione. I criteri ai quali si ispira
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l'attacco sono la semplicità massima nello stabilire i compiti delle unità dipendenti e l'adozione di un dispositivo che consenta, fin dall'inizio, di agire con la massima potenza di fuoco. Iniziato l'attacco, la compagnia deve assicurarsi una inesorabile continuità di movimento, regolando il fuoco delle armi a disposizione, intervenendo d'iniziativa contro elementi nemici che non direttamente attaccati ostacolino il progredire dei suoi plotoni avanzati, richiedendo l'ausilio del comando del battaglione sugli obiettivi che non può neutralizzare con i propri mezzi, sfruttando il fuoco dell'artiglieria ogni qualvolta questa intervenga con appoggio diretto. Se l'attacco riesce, una volta conquistato l'obiettivo, procede sull'obiettivo eventuale, portando a ridosso dei plotoni avanzati il rincalzo, facendogli scavalcare i plotoni avanzati ed accompagnandone e sostenendone l'azione con tutto il fuoco a sua disposizione. Nel caso che uno solo dei plotoni abbia potuto raggiungere l'obiettivo, lancia il rincalzo sul fianco o sul rovescio delle resistenze che si oppongono al movimento degli altri reparti avanzati o agisce ugualmente in profondità, nella direzione di cedimento della difesa. Se l'attacco non riesce, sosta sulle posizioni raggiunte e si mantiene pronta a riprendere il movimento appena possibile. Se il nemico ripiega, procede sugli altri obiettivi, indicatigli dal comandante del battaglione, con il criterio di approfittare con rapidità e spregiudicatezza del collasso morale dell'avversario. Nella resistenza, sulla posizione omonima, la compagnia fucilieri - una volta che il comandante della compagnia abbia precisato compiti e schieramenti dei plotoni e dei mezzi di rinforzo, l'ubicazione dei centri di fuoco avanzati e arretrati e la loro funzione, le modalità per l' arresto automatico, il suo posto di comando, i collegamenti da mettere in opera, il funzionamento dei servizi, i lavori per la sistemazione del terreno - inizia senza indugio i lavori, organizza la sorveglianza e i collegamenti e provvede al rifornimento delle munizioni. La condotta della resistenza è basata principalmente sul fuoco, con il criterio di logorare e possibilmente arrestare l'avversario prima che giunga a contatto della linea di resistenza; delineatosi l'attacco, i centri di fuoco svolgono la loro azione non appena il nemico giunga a portata efficace di tiro e la continuano fino all'ultimo uomo ed all'ultima cartuccia. Quando la compagnia sia impiegata eventualmente in zona di sicurezza, si schiera inizialmente sul margine anteriore, conduce una difesa attiva temporeggiante (con abile ripiegamento a scaglioni di plotone) e si trasferisce poi a tergo della posizione di resistenza. Il battaglione fucilieri è l'unica tattica fondamentale del combattimento ed è unità inscindibile. Il suo comandante deve essere un educatore, un tecnico, un org,anizzatorc, un trascinatore. Il battaglione può essere
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impiegato come nucleo esplorante, come avanguardia od elemento di essa, reparto fiancheg,g,jante, retroguardia o, nella sicurezza in stazione, può essere chiamato a fornire l'intero servizio d'avamposti. Per l'avvicinamento, il comandante di battaglione ripartisce le compagnie in avanzate e di rincalzo; assegna a quelle avanzate, se necessario, rinforzi; fissa posto e compiti delle unità di accompagnamento a sua disposizione; comunica le eventuali linee di riferimento e di attestamento; indica il posto di comando e la direzione seguita nel movimento; impartisce le disposizioni riguardanti l'esplorazione ravvicinata, la sicurezza, la difesa controcarro, la difesa contraerei, i collegamenti ed i servizi. Le unità di accompagnamento non decentrate avanzano di norma all'altezza del rincalzo; le armi controcarro procedono subito dopo i reparti avanzati; le unità carriste avanzano a sbalzi dietro il rincalzo; le artiglierie eventualmente assegnate al battaglione marciano in coda e, una volta entrate in azione, effettuano i movimenti successivi a scaglioni; le unità mitraglieri appositamente designate alla difesa contraerei, opportunamente scaglionate nel dispositivo, procedono a sbalzi. Il movimento può essere interrotto da brevi soste per riordinare i reparti, rettificare intervalli e distanze, ristabilire eventualmente i collegamenti. Se eseguito notte tempo l'avvicinamento richiede che: i reparti siano tenuti alla mano e saldamente collegati fra loro; il movimento sia regolato su linee di riferimento assai vicine l'una all'altra; le armi di accompagnamento siano decentrate con maggiore larghezza; siano aumentati gli elementi di sicurezza specialmente sui fianchi. Per l'attacco il comandante di battaglione impartisce verbalmente, e quando non può fare diversamente per iscritto, l'ordine nel quale sono precisati: la situazione (se occorre), il compito (dell'unità superiore, il proprio e, se indispensabile, delle unità laterali); la ripartizione delle forze e l'assegnazione dei mezzi, gli obiettivi e le direzioni di attacco (settori, se necessario) delle compagnie avanzate; la posizione iniziale e la direzione di movimento del rincalzo, l'organizzazione del fuoco e della difesa controcarro, le azioni dell'artiglieria, ed eventualmente dei carri armati, dei reparti chimici, dell'aviazione da combattimento, nonché le modalità per la cooperazione, le eventuali disposizioni per lo schieramento sulla base di partenza, per lo scavalcamento dell'esplorazione tattica o di reparti già in posto, per i movimenti da eseguire prima del termine della preparazione, per le richieste di fuoco, per il funzionamento dei servizi. Fissa altresl il posto comando iniziale e la direzione seguita durante l'attacco ed emana gli ordini vari per l' equipaggiamento, il servizio di polizia, i prigionieri, ecc. Nella fase di organizzazione dell'attacco hanno particolare importanza: l'occupazione e la sistemazione della base di partenza (se previ-
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sta), l'organizzazione del fuoco di accompagnamento, le intese con il comandante dell'unità di artiglieria cooperante, lo studio del terreno e la raccolta d'informazioni sul nemico. Nella fase di esecuzione dell'attacco, le compagnie avanzate muovono dalla base di partenza portandosi a distanza di sicurezza dai tiri marginali dell'artiglieria; il battaglione mira dritto all'obiettivo con unitaria convergenza di sforzi, neutralizzando la volontà reattiva del nemico con la violenza e la continuità del fuoco, giungendo a distanza con le minori perdite possibili, impedendo con l'urto che il nemico possa svincolarsi e rinnovare la resistenza su posizioni arretrate; il rincalzo muove a sbalzi diminuendo gradatamente la distanza dai reparti avanzati: il suo impiego non deve mai avere lo scopo di un semplice rinforzo ali' azione dei reparti avanzati, ma deve costituire un nuovo ed energico impulso dato ali' attacco o alla immediata reazione a contrattacchi avversari; verificandosi il cedimento di un tratto della fronte nemica, il battaglione accentua lo sforzo in q.uella direzione, impiegando tutto il fuoco disponibile e dirigendovi senza ritardo il rincalzo; rag,giunto l'obiettivo di attacco, se ha esaurito la sua capacità offensiva, il battaglione mantiene il contatto con il nemico, si schiera a difesa, si riordina, rafforza il terreno, si rifornisce di munizioni; se non riesce a progredire verso l'obiettivo d'attacco, il battaglione sosta sulle posizioni raggiunte, agevolando col fuoco l'attacco dei battaglioni laterali e tenendosi pronto a sfruttare ogni occasione favorevole per riprendere l'azione: non si dimentichi che, se uno sforzo razionalmente organizzato non riesce, è vano ripeterlo con le stesse forze e con gli identici procedimenti. Ciò non deve significare però rinuncia a ricercare, con ostinazione, la via e il modo per raggiungere l'obiettivo. Nella resistenza il battaglione può essere impiegato in primo scaglione sulla posizione di resistenza o in secondo o terzo scaglione dietro la posizione di resistenza. Nella fase di organizzazione della difesa il comandante del battaglione effettua una minuta ricognizione del terreno con i comandanti delle compagnie organiche e di rinforzo e con il comandante dell'artiglieria al quale comp~te azione normale di fuoco sul settore stesso e, se necessario, anche con ufficiali del genio e di unità carriste; fa serrare sulla posizione i vari reparti in località coperta all'osservazione aerea; precisa l'andamento della linea di resistenza (sommariamente indicata dai comandi superiori); impartisce, in posto, i primi ordini (verbali) per lo schieramento e l'inizio dei lavori più urgenti; concreta con il comandante dell'artiglieria le modalità per un eventuale intervento in fase di organizzazione; successivamente, determina la saldatura di fuoco con i settori laterali, il reciproco fiancheggiamento dei centri e le varie azioni che essi devono svolgere davanti e all'interno
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della posizione di resistenza, l'ubicazione, lo sviluppo e l'azione dei capisaldi, l'andamento dell'ostacolo passivo e le direzioni per l'arresto automatico, i tratti di sbarramento dell'artiglieria e quelli, eventuali, dei mortai. I vari ordini successivamente impartiti, assieme al piano definitivo dei fuochi approvato dal comando superiore, costituiscono gli elementi del piano di difesa del battaglione, il cui punto fondamentale è la ripartizione delle forze nel senso frontale e lo scaglionamento in profondità dei mezzi disponibili. Nell'organizzazione del fuoco: le mitragliatrici, che costituiscono l'arma più efficace per l'arresto, si scaglionano in profondità conciliando le esigenze del fiancheggiamento dell'ostacolo e dei centri di fuoco avanzati, con quelle dell'azione a distanza, dei concentramenti di fuoco sui tratti più delicati del settore e di accompagnamento del rincalzo; i mortai si schierano in modo da integrare il fuoco delle armi a tiro teso sia davanti come nell'interno della posizione di resistenza; i cannoni da 4 7 si schierano non molto avanti per evitare la loro rapida neutralizzazione e per assicurare a loro stessi le migliori condizioni d'intervento. La condotta della resistenza è caratterizzata: dall'intervento, con una aliquota delle armi, alle mag,giori distanze, sia per arrestare il nemico, sia per proteggere il ripiegamento degli elementi schierati nella zona di sicurezza sempre che la vulnerabilità degli obiettivi lo giustifichi; dalla successiva entrata in azione del piano di fuochi per stroncare l'attacco davanti alla linea di resistenza o, nel caso peg,giore, nell'interno di questa; dall'intervento del rincalzo per un'energica e tempestiva reazione che annulli il successo iniziale del nemico, sostenuta dal fuoco delle armi disponibili, dall'artiglieria e, se possibile, dal fuoco dei centri superstiti, magari, eventualmente, anche da carri armati messi a disposizione del comandante del battaglione. È di capitale importanza saper attendere, non lasciandosi trascinare mai da una valutazione pessimista della situazione in atto e saper scegliere bene il momento e la direzione d'impiego del rincalzo. Il reg,gimento di fanteria è unità tattico-addestrativa che, nella sua elevata funzione disciplinare e nei valori tradizionali fieramente custoditi, rappresenta la mag,giore garanzia di coesione e di rendimento operativo. Può essere impiegato come: avanguardia di una colonna divisionale .(con parte dei suoi battaglioni); colonna autonoma nella marcia al nemico e nel1' avvicinamento (nel dispositivo di sicurezza di grande unità d'ala, anche come colonna fiancheggiante); massa di urto o di penetrazione (nell'attacco); presidio di un settore difensivo (eccezionalmente, anche come scaglione di sicurezza del corpo d'armata); retroguardia, nel ripiegamento di grandi unità. Può essere rinforzato da unità mitraglieri, mortai, camicie nere, controcarro, carriste, chimiche, ecc. Ha sempre la coopera-
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zione di unità d'artiglieria. Il suo impiego continua ad essere regolato dalle Norme per il combattimento della divisione edizione 1936. L'impiego, la tecnica d'impiego e l'addestramento delle unità mitragliatrici, mortai, cannoni da 47/32, esploratori e collegamenti rispondono a criteri analoghi a quelli delle unità fucilieri e considerano modalità di azione simili (16), in quanto ciascuna di esse non opera quasi mai a sé stante, ma s'inserisce, nell'azione offensiva ed in quella difensiva, come un tutto unico nel combattimento dei plotoni, delle compagnie e, soprattutto, dei battaglioni fucilieri. Un combattimento che, come si può rilevare dai cenni che ne abbiamo tratteggiati sunteggiando il testo del regolamento del 1939, è diverso da quello delineato nel regolamento del 19 36 e delle circolari successive, che già tenevano conto dell'introduzione in servizio delle nuove armi, non tanto per gli indubbi miglioramenti apportati ai criteri ed ai procedimenti d'impiego delle nuove armi e neppure per le modifiche, che poi si riveleranno poco indovinate, introdotte nella squadra e nel plotone fucilieri, quanto proprio e soprattutto per il ripudio pratico della tattica d'infiltrazione e per l'adesione ad una tattica che, contro ogni intenzione dei suoi fautori, segna il ritorno, sia pure parziale, alle forme esperimentate nella prima guerra mondiale. Con il regolamento del 1939 s'intende affidare al fuoco il compito risolutivo del combattimento della fanteria - e ciò senza dubbio non è un errore perché l'attacco è fuoco che avanza e la difesa è fuoco che arresta - ma la valorizzazione del fuoco che avrebbe dovuto servire ad imprimere un ritmo inflessibile al movimento, mette troppo in ombra la manovra, che è principio costante della lotta non solo ai livelli tattici elevati ma anche nell'ambito delle unità minori. Il mirare dritto all'obiettivo è essenziale, ma il doverlo raggiungere ad ogni costo lungo l'unica direzione prescelta, rinunziando a priori ad ogni gioco di possibili combinazioni di direzioni è quanto era già stato fatto nel passato e quanto assolutamente non si sarebbe dovuto fare in un'ampia concezione dinamica della guerra, nella quale appunto la manovra - della quale il regolamento del 1939, neppure per inciso, fa mai cenno - è a tutti i livelli la chiave di volta della moderna tattica d'infiltrazione. A questa che sarà l'unica tattica valida nella seconda guerra mondiale, specialmente dove le fronti saranno per motivi vari discontinue e deboli o avranno caratteristiche ambientali particolari, la nuova regolamentazione rinunzia determinatamente, mentre proprio in quel periodo i tedeschi abbassavano il livello della piccola manovra dal battaglione al gruppo tattico di compagnia rinforzata, imperniato su di una compagnia di fanteria con una batteria od una sezione di artiglieria ed un plotone od una squadra del genio. L'attacco nel regolamento
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del 1939 si concreta in una successione di scava/camenti o di sostituzioni lungo direzioni uniche - operazioni difficili e delicate - con la conseguenza di diminuire, anziché aumentare, la velocità di progressione e · di aumentare, anziché diminuire, il numero delle perdite. La difesa nel regolamento del 1939, imperniata essenzialmente sul fuoco, aumenta anziché diminuire la rigidità del sistema e affida la sua reattività di movimento al solo livello di battaglione e di reggimento lasciandone quasi estranea la divisione. All'impiego del rincalzo del battaglione il regolamento dedica un solo paragrafo - il 631 - ed in forma piuttosto sbrigativa. Su che cosa poi si basasse tutta la fiducia, quasi esclusiva, riposta nel fuoco non è facile comprendere in quanto, pur tenuto conto dell'adozione dei mortai, l'aumento di volume ottenuto dalle nuove armi non era tale da garantire lo spianamento delle vie tattiche dell'attacco, mentre ai fini della difesa le unità risultavano assai più deboli delle precedenti per il minor numero delle mitragliatrici disponibili e per l'assenza al livello di plotone e di compagnia - sulla posizione di resistenza la compagnia avanzata non costituisce, di norma, il rincalzo - di unità per il contrassalto. Anche ammesso che la divisione binaria potesse venire rinforzata con una o due compagnie mitraglieri del battaglione di corpo d'armata - che si articolava su 4 compagnie di 8 armi ciascuna - il numero delle mitragliatrici di cui avrebbe potuto disporre (64) sarebbe rimasto inferiore di un centinaio circa a quello che era stato disponibile nella divisione ternaria (156). Eppure il regolamento sostiene che le mitragliatrici costituiscono l'arma più efficace per l'arresto e scrive in corsivo la frase perché sia bene intesa ed impressa. Il regolamento del 1939, chiede, in conclusione, alla fanteria quanto questa non può dare, nel combattimento offensivo ed ancor meno in quello difensivo, con l'armamento e con i procedimenti del tempo, nonostante la validità delle nuove armi e indipendentemente dal permanere del modesto valore del rapporto artiglieria-fanteria, della scarsità dei mezzi controcarri (le divisioni di fanteria normale disporranno al momento di entrare in guerra di una sola compagnia cannoni da 47/32 su 8 pezzi, mentre i reggimenti di fanteria dovranno continuare a contare, anche per l'azione controcarri, sui 4 cannoni da 65/17) e della insufficienza delle armi contraerei, addirittura assenti, a meno delle mitragliatrici con gli appositi supporti e congegni di tiro, nelle divisioni normali ed in quelle alpine, e limitate a 8 o 12 pezzi da 20 mm negli altri tipi di divisione.
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10. La tattica, la tecnica d'impiego e la tecnica addestrativa - i progressi di questa ultima furono notevoli - della fanteria furono oggetto nel periodo tra le due guerre mondiali di contrastanti teorie sulla preminenza del fuoco o del movimento. Le innovazioni e le varianti introdotte, in più riprese, talvolta ripristinando procedimenti già precedentemente abbandonati, giovarono senza dubbio, nel loro insieme, al progresso tattico e tecnico dell'arma, anche in ragione dei dibattiti e degli esami che le precedettero e seguirono. La ricerca della migliore coordinazione tra fuoco e movimento, affidata ora al comandante del plotone ora al comandante di squadra, fu uno degli aspetti più evidenti del travagliato processo evolutivo che non coinvolse solo le unità minori, ma tùtto l'insieme dell'arma. Uscita dalla prima guerra mondiale con una tecnica d'impiego tutta intesa a superare le complesse e difficili esigenze derivanti dalla lotta di trincea, la fanteria italiana, in armonia con l'evoluzione e gli sviluppi della dottrina tattica della guerra di movimento, cercò in sé stessa l'aumento della propria autonomia tattica, mediante l'adozione di armi moderne e multiple che ne accrescessero la potenza di fuoco senza farle perdere la sua caratteristica essenziale di arma di manovra. Alle armi individuali ed alle mitragliatrici che aveva impiegato durante la prima guerra mondiale, vennero ad aggiungersi gradatamente nuove armi di accompagnamento come cannoni (prima da 3 7, poi da 65/17 e infine da 4 7/32), mortai e mitragliatrici più potenti; le poche specialità che avevano caratterizzato la sua costituzione fino al 1918 si vennero gradatamente moltiplicando rendendo a mano a mano sempre più difficoltosa e delicata l'azione di comando ai vari livelli gerarchicoordinativi; l'ampliarsi delle fronti ed il diluirsi delle formazioni di combattimento richiesero mezzi e modalità di osservazione e di collegamento sempre più numerosi, più tecnicamente progrediti e distribuiti anche ai livelli ·più bassi; Io sviluppo sempre maggiore dei carri armati e degli aerei facilitò enormemente l'adempimento dei compiti tradizionali del!' arma, ma ne condizionò al tempo stesso la tecnica d'impiego, le formazioni organiche e lo stesso armamento. Quando dovrà scendere in combattimento nella seconda guerra mondiale, la fanteria italiana non solo non sarà ancora riuscita a trovare il punto ottimale di equilibrio tra potenza di fuoco, mobilità tattica e velocità di progressione, ma starà proprio allora esperimentando a tale riguardo una formula tattico-ordinativa carica in sé stessa, anche se solo sul piano teorico, di incognite, di incertezze, di illusioni che, alla prova della guerra, si manifesteranno in tutta la loro grave portata negativa.
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Eppure non poco era stato fatto nel ventennio a favore dell'arma in molti settori, compreso quello della tecnica d'impiego. A tale proposito va, in particolare, rilevato come, ad esempio, la cooperazione con i carri armati fosse venuta gradualmente perdendo il carattere di eccezionalità degli anni venti ed acquisendo, negli anni trenta, la normalità di una routine. Avrebbe giovato assai più all'efficienza della fanteria che non si fosse verificata la rivoluzione del 1938; ma non bisogna, d'altra parte, dimenticare che la rivoluzione stessa fu la causa di aggravamento, non l'origine, del male del quale la fanteria italiana era affetta anche da prima. Certo gli effetti della cura ricostituente degli anni 19 34-19 3 7 vennero bruscamente interrotti, ma essi non sarebbero stati da soli capaci di produrre la guarigione del malato, ma solo di rinfrancarne le forze. La fanteria aveva avuto in dotazione armi nuove e moderne (le mitragliatrici Fiat e Breda, i mortai d'assalto da 45 e da 81, i cannoni da 47/32), ma l'arma individuale era rimasta l'antiquato fucile e moschetto mod. 1891. La sua potenza di fuoco e la sua autonomia tattica erano state sensibilmente accresciute e, conseguentemente, sebbene in misura meno spiccata, anche la sua velocità di progressione nell'avvicinamento e nell'attacco e la sua capacità d'urto e di penetrazione; questi incrementi, tuttavia, non erano ancora tali da garantire la dinamicità voluta alla lotta. La velocità di traslazione, fatta eccezione per le divisioni motorizzate, era rimasta sugli identici valori del 1915, segnata cioè dagli uomini a piedi e dai muli. La mancata introduzione in misura adeguata del mezzo meccanico di trasporto nelle unità di fanteria - provvedimento al quale, preso in tempo, non avrebbero ostato neppure le modeste disponibilità finanziarie - peserà negativamente sul rendimento del1' arma durante la seconda guerra mondiale più della stessa insufficienza dell'armamento e della scarsa validità dei procedimenti tattici. Ma a conferire alle unità di fanteria un'efficienza materiale meno inconsistente di quella del 10 giugno 1940 sarebbe stato quanto meno indispensabile che le unità avessero potuto disporre dell'armamento e dei mezzi stabiliti dalle rispettive tabelle organiche. Il numero delle armi controcarri e contraerei sarebbe stato egualmente del tutto inadeguato, ma molte delle divisioni di fanteria mobilitate risulteranno incomplete, il 10 giugno 1940, persino dei quantitativi di armi e di mezzi di trasporto previsti dalle formazioni di guerra, le quali, giova ripeterlo, anche quando complete, avrebbero lasciato quasi scoperta la difesa controcarri e contraerei e avrebbero continuato a misurare i valori della mobilità in termini di uomini a piedi e di muli (17).
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NOTE AL CAPITOLO XXVIII (1) Cfr. L.M. Chassin. Storia militare della seconda guerra mondiale. Sansoni Editore, Firenze, 1964. (2) Alberto Pariani. Le forze annate de/l'Italia fascista. «La Rassegna italiana», Roma, 1929, pg.124. (3) Ministero della guerra. Stato maggiore del regio esercito. Addestramento della fanteria al combattimento. Voi. II . Addestramento dei reparti (Edizione 1921). Tipografia del Sena-
to, Roma, 1922. La publicazione consta di 302 pagine di testo e di allegati e tavole vari. La parte prima riguarda l'ordine chiuso del plotone, della compagnia, del battaglione e di più battaglioni, nonché le posizioni e i movimenti con la bandiera, le riviste e le parate. La parte seconda che tratta dell'Addestramento al combattimento, è articolata in capitoli e questi in articoli. Il capitolo primo riguarda le generalità sul combattimento della fanteria (premessa, generalità, azione offensiva, azione difensiva); il capitolo II l'impiego ed addestramento tattico dei reparti (articolo J squadra fucilieri, art. 2 squadra mitragliatrici, art. 3 plotone fucilieri, art. 4 plotone mitragliatrici, art. 5 compagnia fucilieri, art. 6 compagnie mitragliatrici, art. 7 battaglione); il capitolo terzo le pattuglie nel combattimento (art. 1 impiego tattico, art. 2 addestramento, art. 3 norme particolari per le pattuglie di esplorazione); il capitolo terzo bis i collegamenti; il capitolo quarto l'impiego del fuoco di fanteria in combattimento (art. 1 impiego del fuoco <li fanteria in combattimento, art. 2 tiri tattici); la parte terza comprende due capitoli il primo riguardante le gare di tiro e le gare di lancio di bombe ed il secondo il rifornimento delle munizioni durante il combattimento. Allegati: 1 Nomenclatura tattica; 2 Esempio di esercitazione tattica a fuoco di plotone; 3 Registro dei tiri tattici; 4 Annotazioni da farsi nel foglio matricolare mod. 59; 5 Composizione particolareggiata dei reparti (plotone fucilieri, plotone mitragliatrici pesanti, plotone alpino, plotone collegamenti di reggimento, plotone di collegamenti di gruppo alpino, plotone collegamenti di battaglione, plotone collegamenti di battaglione alpini, plotone zappatori, plotone esploratori, plotone misto delle compagnie fucilieri, plotone misto delle compagnie fucilieri degli alpini, plotone misto delle compagnie mitragliatrici pesanti degli alpini, comando della compagnia mitragliatrici pesanti, comando della compagnia mitragliatrici pesanti degli alpini, comando del battaglione, comando del battaglione alpini, comando del reggimento alpini, comando di gruppo alpino). (4) Le modalità d'azione e Je formazioni delle unità alpine si mantennero fino al 1939 parzialmente diverse da quelle delle altre unità della fanteria in relazione alle diverse caratteristiche delJ'ambiente operativo nel quale dette unità dovevano agire. Ciò accadde, sia pure meno frequentemente e con differenze minori rispetto alle unità di fanteria normale, anche per le unità bersaglieri, mentre non vi fu mai nessuna differenza di procedimenti e di organici tra le unità di fanteria normale e le unità granatieri . (5) Ministero della guerra. Stato maggiore centrale. Addestramento della fanteria {stralcio) - Edizione 1923. Stabilimento telitipografico per l'amministrazione della guerra, Roma, 1923. La publicazione consta di una Premessa e di 3 parti. La prima parte - Ordine chiuso - è articolata in 5 capitoli; capo I, Il plotone {specie e composizione, formazioni e movimenti, trasformazioni); capo II I.A compagnia (idem); capo III I/ battaglione; capo IV Il reggimento; Capo V Posizioni e movimenti con la bandiera. Riviste e parate. La seconda parte - Impiego e addestramento tattico dei reparti - è articolata in 5 capitoli: capo I I.A squadra {generalità, art. 1 istruzione formale di combattimento: formazioni e movimenti, trasforma
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zioni; art. 2 impiego e addestramento tattico; squadra armi leggere: generalità, azione offensiva, azione difensiva, norme di addestramento; squadra mitraglitrici: generalità, norme di addestramento; squadra cannoncini: generalità, azione offensiva, azione difensiva); capo II Il plotone (generalità, art. 1 istruzione formale di combattimento: formazioni e movimenti, trasformazioni; art. 2 impiego e addestramento tattico, plotone armi leggere: generalità, azione offensiva, azione difensiva, norme di addestramento, schemi di esercitazioni; plotone mitragliatrici: generalità, azione offensiva, azione difensiva, rifornimento munizioni, norme di addestramento; plotone cannoncini: generalità, norme di addestramento); capo III La compagnia Oa compagnia armi leggere: generalità, azione offensiva, azione difensiva, rifornimento munizioni, norme di addestramento; la compagnia armi pesanti: generalità, azione offensiva, azione difensiva, addestramento); capo IV I collegamenti {generalità, organi e mezzi di collegamento per il battaglione, requisiti tattici di vari mezzi, norme generali d'impiego, azione offensiva, azione difensiva, addestramento). (6) Ministero della guerra. Stato maggiore centrale. Regolamento per l'addestramento individuale (con 4 appendici). Libreria dello Stato, Roma, 1925. (7) Ministero della guerra. Comando del Corpo di stato maggiore. Circ. 1100 del 10.IV.1928. Composizione e procedimenti tattici del plotone di fanteria. Provveditorato generale dello Stato, Libreria, Roma, 1928. (8) Ministero della guerra. Addestramento della fanteria. Edizione 1939. Provveditorato generale dello Stato. Libreria, Roma, 1929. La publicazione consta di una premessa, di due parti e di 6 allegati. La parte prima - Addestramennto all'ordine chiuso - è articolata in 7 capitoli (capo I Generalità, capo II Il plotone, capo III La compagnia, capo IV li battaJ'lione, capo V Il reggimento, capo VI Posizioni e movimento con la bandiera, capo VII Riviste e parate) . La parte seconda è articolata in II capitoli: (capo VIII Generalità: le armi della fanteria, i collegamenti , la cooperazione; capo IX Addestramento della squadra: la squadra fucilieri, la squadra mitragliatrici leggere, la squadra mitragliatrici pesanti, la squadra zappatori; capo X Addestramento del plotone; plotone fucilieri, mitragliatrici, esploratori, collegamenti; capo XI Addestramento della compagnia: la compagnia fucilieri, la compagnia mitraglieri; capo XII Addestramento del battaglione: generalità, azione offensiva, azione difensiva; capo XIII Addestramento del reggimento: generalità, azione offensiva, azione difensiva; capo XIV Addestramento della sezione cannoni per fanteria ; capo XV Addestramento delle pattuglie: azione delle pattuglie nel combattimento, svolgimento dell'istruzione; capo XVI Addestramento dei reparti al tiro; capo XVII J seroizi nel reggimento di fanteria: sanità, armi e munizioni, vettovagliamento, idrico, vestiario, ed equipaggiamento, veterinario; capo XVIII Il riordinamento dei repartt). Allegati: 1° segni convenzionali, 2° composizione dei reparti di fanteria di linea e di granatieri in guer ra, 3° composizione dei reparti alpini in guerra, 4° dotazioni di mezzi per i collegamenti, 5° segnalazioni con teli da terra agli aerei; 6° distanze di sicurezza in terreno piano rispetto al tiro di artiglieria.
(9) Ministero della guerra. Comando del Corpo di stato maggiore. Ufficio Addestramento. Circ. n. 3000 del l luglio 1931: Norme provvisorie per il tiro con le mitragliatrici. Istituto poligrafico dello Stato, Roma, Libreria, 1935. Ministero della guerra. Comando del Corpo di stato maggiore. Ufficio Addestramento. Esperienze di tiro con le mitragliatrici, Istituto poligrafico dello Stato, Libreria, Roma, 1935 . (10) Ministero della guerra. Comando del Corpo di stato maggiore. Ufficio Addestramento. Armamento della fanteria e dell'artiglieria anno Xli. Azioni di fuoco. Circ. n. 3500, 21 aprile 1935, Tipografia del Comando del Corpo di S.M., Roma, 1935. Ministero della guerra. Comando del Corpo di stato maggiore. Ufficio Addestramento. Norme di impiego delle armi dell'anno XIII. Roma, 1935. (11) Ministero della guerra. Ispettorato della fanteria. Addestramento della fanteria. Voi. I.
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Istruzione formale (individuale e di reparto). Edizione 1936. Istituto poligrafico dello Stato, Roma, Libreria, 1937. Consta di unaavvertenxa, di una premessa, di 2 parti e di un'appendice. La parte prima riguarda l'Istruzione formale individua/e e la parte seconda l'Istruzione formale di reparto. La publicazione consta di 124 paragrafi. Ministero della guerra. Ispettorato dell'arma di fanteria. Addestramento della fanteria. Istituto poligrafico dello Stato, Libreria, Roma, 1937. La pubblicazione consta di una Premessa e di 5 capitoli: capo I Generalità; capo Il L'esplorazione e la sicurezza (l'esplorazione tattica terrestre, la sicurezza, la sicurezza in marcia, fiancheggiamento, retroguardia, la sicurezza in stazione); capo III Il combattimento offensivo; capo IV Il combattimento difensivo; capo V I casi particolari di combattimento (combattimento nei boschi, di notte e nella nebbia, negli abitati, sui corsi d'acqua). La pubblicazione comprende 173 paragrafi. (12) Ministero della guerra. Ispettorato dell'arma di fanteria. Circ. n. 3147 del 29 aprile 1937. L'addestramento tattico dei minori reparti di fanteria. Stralcio delle N.C.F. - parte seconda - ed. 1937 - in corso di compilazione. Tipografia Regionale, Roma, 1937. La pubblicazione, di 97 paragrafi, comprende: Generalità, L'addestramento individua/e, l'addestramento della squadra fucilieri, l'addestramento del plotone fucilieri. Ministero della guerra. Ispettorato dell'arma di fanteria. Circ. n. 3169 dd 15 giugno 1937. Addestramento tattico della squadra e plotone mitraglieri - della squadra mortai d'assalto. Stralcio delle N.C.F . .:..... parte seconda - ed. 1937 in corso di compilazione. Tipografia Regionale, Roma, 1937. La publicazione, di 84 paragrafi, comprende: Addestramento della squadra mitraglieri, Addestramerito del plotone mitraglieri, Addestramento della squadra mortai d'assalto. (13) Ministero della Guerra. Ispettorato dell'arma di fanteria. Circ. n. 1100, 10 gennaio 1938. Traccia orientativa per l'impiego e l'addestramento della compagnia fucilieri e mitraglieri. Tipografia Regionale, Roma, 1938. (14) Ministero della guerra. Comando del Corpo di stato maggiore. Ufficio Addestramento. Circ. n. 6800 del 20 maggio 1938. Note sull'impiego delle minori unità di fanteria e artiglieria nella guerra di Spagna. Roma, 1938. Consta di premessa, fanteria (squadra fucilieri, plotone fucilieri, compagnia fucilieri, battaglione di fanteria, armi di accompagnamento, batteria di mitragliere antiaeree ed anticarro, compagnia mitraglieri, carri d'assalto), artiglieria (gruppo di artiglieria di divisione di fanteria, collegamenti tra fanteria e artiglieria). (15) Ministero della guerra. Addestramento della fanteria. Voi. I. Istruzione formale (individuale e di reparto). Istituto poligrafico dello Stato, Libreria, Roma 1939. Il volume, di 126 paragrafi, consta di un'avvertenza, una premessa, una parte prima Istruzione formale individua/e - che comprende 3 capitoli (I Norme e prescrizioni di massima; II Posizioni e movimenti senza armi; III Posizioni e movimenti con le armi); una parte seconda - istruzione formale di reparto - che comprende 6 capitoli CTV Norme e prescrizioni di massima; V La squadra; VI il plotone; VII La compagnia, VIII Il battaglione; IX I/ reggimento); una appendice (schema di baionetta, istruzione sull'uso del telo mimetico impermeabilizzato per tenda mod. 1929). Ministero della guerra. Addestramento della fanteria. Voi.II. Impiego e addestramento tattico. Istituto poligrafico dello Stato, Libreria, Roma, 1939. La publicazione, di 703 paragrafi, consta di una premessa, di 5 parti e di un'appendice. La parte prima - Fisionomia del combattimento - comprende 5 capitoli: I Generalità, II Esplorazione e sicurezza, III L'attacco, IV La resistenza, V Azioni particolari (colpi di mano, combattimento nei boschi, di notte o nella nebbia, negli abitati, forzamento e difesa dei corsi d'acqua). La parte seconda - Impiego e addestramento dei minori reparti - comprende 13 capitoli: I Il fante, II La squadra, III La squadra mitraglieri, IV La squadra mortai da 45, V La squadra mortai da 81, VI La squadra cannoni da 47/32 , VII La squadra esploratori, VIII La squadra pattugliatori e collegamenti, IX Il plotone fucilieri, X Il plotone mitraglieri, XI Il plotone mortai da 45, XII Il plotone mortai da 81, XIII Il plotone cannoni da 47/32, XIV Il plotone esploratori, XV Il plotone collegamenti, XVI La compagnia fr,cilieri, XVII La compa[l!lia armi di accompagnamento, XVIII La com-
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pagnia mortai da 81, XIX I.A compagnia cannoni da 47/32, XX I.A compagnia mortai da 45, XXI I.A compagnia mitraglieri, XXII Il battaglione fucilieri, XXIII Il battaglione mortai, XXIV Il battaglione mitraglieri. La parte terza tratta lJ rew1,imento di fanteria; la quarta I collegamenti e la quinta I servir.i. L'appendice consta di: I Addestramento degli specializzati; Il Addestramento agli attre1.1.i leggeri, III Addestramento alla stima delle distanze; IV Addestramento dei reparti al tiro, V Addestramento al mascheramento, VI Dati vari {distanze di sicurezza, munizionamento individuale d'arma e di reparto, spessore dei ripari necessari per ottenere la protezione da tiri di fucileria e mitragliatrici - ca!. 8mm - alle medie distanze, dotazione materiali di collegamento delle unità di fanteria divisionale, segni convenzionali di uso più comune, 5 tavole riguardanti le formazioni delle squadre). (16) La publicazione del 1939 definisce ai vari livelli (squadra, plotone, compagnia, battaglione e per ciascuna delle unità mitraglieri, mortai, cannoni, esploratori, collegamenti) natura, compiti, formazioni, modalità (in avvicinamento, in attacco, nella resistenza) e metodica addestrativa. Riteniamo utile riassumere tali elementi trattandosi della pubblicazione che segna il punto di arrivo della tecnica addestrativa e d 'impiego alla vigilia della seconda guerra mondiale. Unità mitraglieri. Squadra è unità d'impiego, normalmente inscindibile. È costituita da un gruppo tiro e un gruppo munir.ioni. Formazioni: in fila, aperta, spiegata, pronta per il fuoco. Il rendimento dipende; dalla scelta delle postar.ioni e dalla disciplina di fuoco. In avvicinamento, muove al coperto, conserva la coesione, dev'essere pronta ad entrare in azione. In attacco ha il compito di accompag11are con il fuoco il movimento delle squadra fucilieri, il movimento avviene a sbaki; gli sbalzi sono compiuti per arma o per squadra; negli sbalzi precede il comandante seguito da un'arma o dall'intero gruppo tiro e, successivamente, dal gruppo munizioni; non appena i fucilieri conquistano l'obiettivo, la squadra si porta presso di essi. Nella resistenza, costituisce un centro di fuoco (di massima arretrato, compreso o no in un caposaldo); può essere schierata su una delle posizioni di am1sto (in questo caso, agisce sempre nell'ambito del plotone); a ciascun'arma vengono assegnati un settore d'azione normale ed uno o più eventuali ed una direzione di arresto automatico; delineatosi l'attacco nemico esegue i tiri previsti dal piano dei fuochi e specificati nella consegna del centro; quando ali' attacco nemico concorrano carri armati, agisce di preferenza contro le fanterie che li seguono e contro cingoli, feritoie e fiancate impiegando cartucce perforanti. Per il rifornimento munizioni la suadra provvede, di norma, con scambio di cassette presso i rifornitori della compagnia a mezzo dei porta munizioni disposti o non a catena o avviati volta a volta alla località di scambio. Eccezionale, ma non escluso, l'arrivo dei rifornitori presso le armi. Il caricamento dei nastri è, di massima, effettuato al posto munizioni di battaglione. Plotone: è unità di addestramento e d'impiego; è costituito da 2 squadre. Formazioni; aperto e pronto per il fuoco . Svolge l'avvicinamento con criteri analoghi a quelli indicati per il plotone fucilieri. In attacco: occupa postazioni idonee ad eseguire il fuoco di accompagnamento ed a svolgere un' azione quanto più possibile prolungata senza scapito dell'efficacia del tiro; la sua fronte non supera, di norma, una cinquantina di metri; dosa razionalmente il fuoco (brevi raffiche bene aggiustate e continuità del fuoco garantita dall'alternarsi delle riprese di tiro da parte delle armi che battono lo stesso obiettivo); effettua il movimento a sbalzi di squadra o di arma in ciascuna squadra; giunti i fucilieri a distanza di assalto, accentua la neutralizzazione degli obiettivi immediati o sposta, per motivi di sicurezza, il tiro su obiettivi arretrati o laterali; conquistato l'obiettivo, concorre al mantenimento del possesso e si pone in condizione di proseguire. Nella resistenza: se sulle posizioni di arresto, il suo schieramento deve rispondere alle necessità di un campo di tiro profondo 800 + 1000 m e che consenta di concentrare il fuoco sul tratti di maggiore facilitazione per l'attacco (se non si realizzano tali condizioni, il plotone intervalla maggiormente le armi); se nella posizione di resistenza agisce secondo il piano dei fuochi che il comandante di plotone determina e specifica nelle consegne di tiro dei centri (nelle quali, tra l'altro, è indicato quando, come e fino a quale distanza i centri possono agire d'iniziativa nei settori eventuali d'azione, tenendo presente che, una volta giunto il nemico a 200-300 m dalla linea di resistenza, l'azione delle armi deve unicamente svolgersi nei settori normali). Dovendo costituire in proprio un caposaldo, il plotone riceve in rinforzo
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unità mortai ed eventualmente una squadra cannoni da 47. Incaricato di azioni contraerei, il comandante del plotone disloca le squadre in posizioni adatte, ma prossime all'unità o alla località da proteggere (ampia visibilità a giro d'orizzonte), sceglie le postazioni in modo da assicurare l'intervento di tutte le armi in ogni direzione, assegna settori di vigilanza per ciascun'arma (90°), predispone il munizionamento necessario (munizioni normali frammischiate a pallottole traccianti). Compagnia: è unità disciplinare, di addestramento e di impiego; è costituita da 3 plotoni (su 2 squadre) e da elementi per l'osservazione, i collegamenti ed alcuni servizi; è impiegata accentrata ai battaglione mitragiieri nella prima imbastitura di una posizione difensiva, nella esecuzione di tiri a massa d'interdizione e di arresto, ecc. e decentrata a colonne d'attacco che svolgono azione isolata, ai battaglioni di primo scaglione, ai settori difensivi di reggimento, per la costituzione di posizioni di arresto o per assumere in proprio un tratto di fronte sulla posizione di resistenza. In attacco: la compagnia decentrata a colonne di attacco isolate o a battaglioni di primo scaglione può ricevere compiti di accompagnamento di protezione di un fianco, di rafforzamento di una posizione appena conquistata; la compagnia non decentrata agisce secondo gli ordini del rispettivo comandante di battaglione. Nella resistenza: la compagnia decentrata ad un battaglione di primo scaglione è dislocata normalmente nella zona più arretrata della posizione di resistenza ove può costituire, con tutti o parte dei suoi plotoni, un caposaldo; la compagnia decentrata ad un reggimento e da questo tenuta alle proprie dipendenze, può assumere in proprio la resistenza su di un tratto di fronte della posizione di resistenza, assicurare la protezione di un fianco, schierarsi sulle posizioni di arresto. 11 compito di resistere su di un tratto di fronte assegnato in proprio presuppone condizioni di terreno tali <la esdu<lere un allal:l."O in forze sul Lrallo slesso. Il comandante la compagnia schiera i suoi reparti in centri di fuoco e, se possibile, riunisce in capisaldi quelli in corrispondenza della saldatura con i settori dei battaglioni contigui; ha le stesse responsa'=!iliLà di un comandante di battalione fucilieri per quanto riflette il piano dei fuochi; cura l' organizzazione dell'osservazione, dei collegamenli e dei lavori. Il tratto di fronte assegnato può variare in ampiezza entro limiti molto vasti: dai 500 ai 1000 m. La compagnia decentrata ad un settore reggimentale può essere schierata nella corrispondente zona di sicurezza quando siano previste e organizzate posizioni di arresto. Battaglione: è unità d'addestramento ed eventualmente d'impiego; è autocarrato; è costituito da 1 plotone comando e 4 compagnie; decentrato di norma a una divisione di prima schiera, è impiegato a blocchi di una o più compagnie. Il decentramento non scende al di sotto della compagnia perché siano consentite azioni di fuoco a massa (a puntamento diretto o indiretto). In avvicinamento, lo scarico degli automezzi avviene il più tardi possibile, compatibilmente con la necessità di sottrarsi in tempo al tiro nemico. In attacco, il battaglione può essere impiegato (con parte delle sue compagnie) per: rinforzare reggimenti di primo scaglione, neutralizzare posizioni nemiche non attaccate, eseguire tiri d'interdizione (tiri a massa fino ai 3 + 4 km), proteggere un fianco scoperto o un intervallo tra colonne contigue, consolidare il possesso di posizioni appena conquistate. Nella resistenza il battaglione è decentrato, di norma, a un settore divisionale per: rinforzare le unità di primo scaglione, organizzare le posizione di arresto, eseguire tiri d'interdizione alle maggiori distanze (3 + 4 km); può essere, inoltre, impiegato per proteggere un fianco scoperto, difendere in proprio un settore, chiudere temporaneamente una falla, organizzare l'ossatura di una seconda posizione difensiva. Per la protezione di un fianco scoperto, il battaglione centra il proprio dispositivo in corrispondenza della direzione più pericolosa e si schiera in modo che esistano possibilità d'intervento di una forte aliquota di artiglieria tanto sulla sua fronte quanto nell'intervallo esistente con le difese estreme della posizione di resistenza. Nella difesa in proprio di un settore della posizione di resistenza può essere rinforzato da unità mortai. Per il piano dei fuochi, il comandante del battaglione si regola come indicato per la compagnia. Impiegato per chiudere temporaneamente una falla, il battaglione assume uno schieramento più o meno ampio e profondo a seconda dell'estensione della breccia praticata dall'attacco nemico: Le posizioni occupate sono difese ad oltranza. Impiegato per organizzare l'ossatura di una seconda posizione difensiva, il battaglione si schiera a blocchi di compagnia (capisaldi). Tanto nella azione offensiva che nella resistenza, i tiri d'interdizione sono effettuati a massa di battaglione o di compagnia. I reparti del battaglione possono essere incaricati della difesa contraerei. Il comando del battaglione può costituire un
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proprio posto munizioni, ma normalmente si rifornisce al posto munizioni divisionali più vicino. Il rifornimento delle compagnie avviene, sempre che possibile, con automezzi fino alle località d'impiego (o prossime). Unità mortai da 45. Squadra: è unità inscindibile d 'impiego; è decentrata a unità fucilieri tanto nell'attacco che nella resistenza; è costituita da tre gruppi tiro (uno per arma) e un gruppo munizioni. Formazioni: in fila, aperta, spiegata. Il compito della squadra, sia nell'azione di accompagnamento, sia in quella di arresto, si traduce sempre in un obiettivo da battere, nettamente precisato ed osservabile da posizione poco discosta dall'arma. In avvicinamento, la squadra muove normalmente in testa al rincalzo dell'unità alla quale è stata assegnata o comunque in posizione arretrata. In attacco, la squadra accompagna con il fuoco il movimento dei reparti avanzati e batte elementi avversari che non possono essere colpiti dalle altre armi della fanteria o dalle artiglierie e obiettivi antistanti o laterali ai reparti avanzati; procede a sbalzi: prima il comandante, poi il gruppo tiro e poi il gruppo munizioni; conquistato dai reparti avanzati un obiettivo, raggiunge immediatamente i fucilieri. Nella resistenza, costituisce, di norma, un centro di fuoco arretrato, al quale vengono assegnati: un settore d 'azione normale ed uno o più eventuali e un obiettivo per l'arresto automatico (o, eccezionalmente, un tratto di sbarramento); delineatosi l'attacco nemico, interviene secondo i tiri stabiliti dal piano dei fuochi. Le scarse munizioni al seguito e la necessità di agire di sorpresa impongono alla squadra: rapidi aggiustamenti ottenuti con il minor numero dei colpi, azioni brevi e salturarie anziché diluite, azioni successive sui tratti più vulnerabili o più importanti degli obiettivi di notevoli dimensioni. Il rifornimento delle munizioni avviene con modalità analoghe a quelle della squadra mitraglieri. Plotone: è unità di addestramento e d 'i11rpi1:go; è costituito da 3 squadre. Formazioni: aperto e pronto per il fuoco. In avvicinamento procede, di regola, quando assegnato ad una compagnia fucilieri avanzata, in testa al rincako. In attacco, il plotone assegnato a una compagnia avanzata, si mantiene all'altezza del rincalzo; si apposta, di norma, su una fronte di 70-80 m; si sposta in avanti a scaglioni di squadra; esegue gli ordini del comandante della compagnia fucilieri alla quale è assegnato. Nella resistenza è ripartito per squadre, ciascuna delle quali costituisce un centro di fuoco, di norma, arretrato. L'impiego del plotone riunito è consigliabile solo quando un tratto importante del terreno risulti defilato alle armi a tiro teso e insufficientemente battuto dal!' artiglieria o comunque convenga assicurarvi la massima densità di fuoco. Compagnia: è unità disciplinare, di addestramento, eccezionalmente d 'impiego; è costituita da 1 plotone comando e 3 plotoni mortai; è assegnata per l'impiego a reggimenti e a battaglioni di primo scaglione che, normalmente, la decentrano per plotoni. In avvicinamento, muove di regola riunita nel proprio battaglione, con le unità di secondo o terzo scaglione. In attacco, eccezionalmente è impiegata riunita per accompagnare con una forte massa di fuoco l'attacco di un reparto, per battere obiettivi vasti, agisce di sorpresa concentrando il fuoco dei plotoni su unica 7.ona o meglio ripartendo il fuoco per plotoni su differenti tratti di essa. Nella resistenza, la compagnia è decentrata, di regola, per plotoni a unità di primo scaglione; eccezionalmente può essere incaricata di difendere in proprio (con rinforzo di squadre esploratori o fucilieri) brevi tratti molto imperoi della posizione di resistenza. Unità mortai da 81. Squadra; è unità elementare di fuoco che agisce nell'ambito del rispettivo plotone per battere obiettivi di particolare importanza non raggiungibili con altri mezzi, comunque defilati, e per concorrere eventualmente allo spianamento, allo sbarramento e alla repressione d'artiglieria; solo eccezionalmente è impiegata isolata; è costituita da un gruppo tiro, un gruppo munizioni, conducenti e quadrupedi per il trasporto dell'arma e delle munizioni. Formazioni: in fila, spiegata, pronti per il fuoco. In avvicinamento procede riunita nel proprio plotone, di massima con reparti di secondo scaglione, muovendo con materiali someggiati il più a lungo possibile. Nell'attacco, si disloca su posizioni retrostanti ai reparti fucilieri avanzati, defilate alla vista e, sempre che possibile, al tiro deU'avversario; apre il fuoco sul1'obiettivo di volta in volta indicato ed esegue gli sbalzi imposti dallo sviluppo dell'azione. NeUa resistenza, la squadra costituisce un centro di fuoco arretrato al quale vengono assegnati un settore di azione normale ed uno o più eventuali ed un obiettivo d 'arresto automatico o un breve tratto di sbarramento. Al reintegro delle munizioni provvede, finché possibile, con trasporti a salma, altrimenti a spalla a mezzo di rifornitori della compagni,i. P/ntnne: è la nnrma-
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le unità d'impiego; è costituito da 2 squadre; agisce, generalmente, nell'ambito dei battaglionidi primo scaglione. Formazione: aperto e pronto per il fuoco. Nell'avvicinamento, se assegnato ad un battaglione di primo scaglione procede di norma con il rincalzo; altrimenti con
la propria compagnia. Nell'attacco, si schiera su una fronte di 30 ;. 40 m in zona defilata; si sposta in avanti per agevolare il collegamento con l'unità da accompagnare e per mantenere il tiro entro i limiti della maggiore efficacia, riducendo però al minimo indispensabile il numero degli spostamenti; conquistato l'obiettivo da parte dei fucilieri, il plotone si tiene pronto ad agire contro eventuali reazioni nemiche; può anche essere incaricato di aprire un varco nei reticolati o di battere un obiettivo resistente. Nella resistenza agisce, di norma, riunito, in un centro di fuoco arretrato, compreso o no in un caposaldo. Il fuoco è, di norma, aperto, sia nell'attacco sia nella resistenza, su richiesta del comandante dell'unità dalla quale il plotone dipende; la maggiore disponibilità di munizioni nella resistenza rende tuttavia l'intervento d'iniziativa del comandante di plotone meno eccezionale che nell'attacco, specie nelle eventuali azioni di repressione. Compagnia: è unità disciplinare e di addestramento, eccezionalmente d'impiego; fa parte organica del reggimento di fanteria e del battaglione mortai divisionale; comprende 1 plotone comando e 3 plotoni mortai. I plotoni sono, di norma, decentrati, tutti o in parte, ai battaglioni di primo scaglione. In particolari circostanze, la compagnia può agire riunita, a massa, su obiettivi particolarmente importanti per ampiezza e consistenza o per concorrere alla apertura di varchi nei reticolati. Nell'avvicinamento (reparti non decentrati) marcia con le unità di secondo o terzo scaglione. Nell'attacco (plotoni non decentrati) si sposta in avanti a scaglioni di plotone. Ad abiettivo conquistato, si mette, nel più breve tempo possibile, in condizioni di concorrere ali' arresto di eventuali contrattacchi nemici; se incaricata di aprire varchi nei reticolati, effettua l'apertura di un varco per plotone, salvo poi concentrare il fuoco di più plotoni su quello o su quelli non aperti nel tempo previsto. Nella resistenza, i plotoni non decentrati restano alla dipendenza del comandante e agiscono secondo gli ordini di questo. Battaglione: è unità di addestramento, unità divisionale autocarrata, decentrata per compagnia o per plotoni a unità in primo scaglione. È costituito da 1 plotone comando, 2 compagnie mortai da 81, 1 compagnia mortai d'assalto. In avvicinamento, marcia con le unità di secondo o terzo scaglione (in coda). Qualora le compagnie mortai da 81 rimangano eccezionalmente e temporaneamente accentrate al battaglione per poderose azioni di fuoco su di un determinato obiettivo agiscono alle dipendenze del comandante del battaglione che determina gli schieramenti delle compagnie, l'osservatorio che collega con i comandi di compagnia, regola la condotta del fuoco, stabilisce la quantità di colpi per compagnia, l'inizio e la cessazione del fuoco. I concentramenti sono ordinati, di norma, dal comandante della divisione. Nella resistenza, il battaglione viene sempre decentrato, in varia misura, ad unità di primo scaglione. Per il servizio armi e munizioni le unità si appoggiano, quando decentrate, all'organizzazione prevista dai comandi dai quali tecnicamente dipendono; solo eccezionalmente il battaglione può costituire un proprio posto munizioni. Unità cannoni da 47/32. Squadra: è unità d'impiego normale; agisce di sorpresa, con grande precisione di tiro, con istantaneità d'intervento; è costituita da un gruppo di tiro, un gruppo munizioni, un nucleo di salmeria. Formazioni: someggiata, autoportata, in postazione. Nel!'esplorazione tattica terrestre, la squadra agisce, di norma, isolata; svolge azione controcarro, di accompagnamento e di arresto; può essere data in rinforzo ad un distaccamento o far parte del grosso. Nella sicurezza in marcia - compito principale: l'azione anticarro - può far parte della testa di avanguardia, del grosso dell'avanguardia, di un reparto fiancheggiante, della retroguardia. Nell'avvicinamento, assegnata a unità fucilieri di primo scaglione, svolge azione preminente controcarro. Néll'attacco, i suoi obiettivi sono, per l'azione di accompagnamento, quelli antistanti alle truppe avanzate sui quali l'azione delle altre armi a tiro teso si sia dimostrata insufficiente o quelli che urga mettere rapidamente fuori combattimento. La squadra agisce di sorpresa; si sposta in avanti non appena dalla postazione occupata non vi sia più possibilità pratica di battere i nuovi probabili obiettivi; qualunque sia il compito ricevuto, agisce senza attendere o richiedere ordini; nell'eventualità di un contrattacco appoggiato da carri, contro questi ultimi. Nella resistenza, la squadra cannoni d'accompagnamento è dislocata sulla posizione di resistenza ove costituisce un centro di fuoco e svolge azione di arresto e azione di accompagnamento al contrattacco. La squadra cannoni contro-
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carri può essere dislocata su di una posizione di arresto o sulla posizione di resistenza. Il rifornimento delle munizioni è sempre effettuato a cura del comandante della compagnia cannoni, con automezzi fin dove sia possibile giungere al coperto, poi con le salmerie, nell'ultimo tratto a spalla d'uomo. Plotone: è unità di addestramento e d'impiego; è costituito da 2 squadre; agisce, di norma, per squadra. Il plotone in combattimento si dice aperto o in postazione a seconda che le squadre affiancate si trovino in formazione adatta al movimento o al fuoco. Nell'avvicinamento può svolgere azione di accompagnamento e azione controcarro. Nell'azione di accompagnamento, il plotone viene assegnato, di norma, in rinforzo a battaglioni di primo scaglione (eccezionalmente, agisce riunito nell'ambito della propria compagnia) e, a squadre riunite, occupa una fronte non superiore ad una cinquantina di metri. A ciascun'arma è assegnato un obiettivo. Il plotone si sposta, col progredire dei reparti avanzati, a scaglioni di squadra su posizioni successive. Nell'azione controcarro, il plotone agisce su di un settore che corrisponde a una zona di probabile irruzione di carri. Nella resistenza, il plotone agisce «per squadra» e può essere dislocato nella zona di sicurezza nella posizione di arresto o nella posizione di resistenza in centri arretrati compresi o non in caposaldi; nell'eventualità di impiego di carri armati da parte del nemico, la sua azione è esclusivamente anticarro. Compagnia: è unità disciplinare e di addestramento, eccezionalmente d'impiego. Si distingue, in funzione del suo compito prevalente, in: compagnia cannoni di accompagnamento (1 plotone comando e 4 plotoni cannoni) e compagnia cannoni anticarro (1 plotone comando e 4 plotoni cannoni). L'impiego eccezionale per compagnia riguarda l'azione di accompagnamento in una manovra di fuoco su ampia fronte o per temporanea indisponibilità di artiglieria di appoggio. Nel wmbauiuu:nto, il comandante della compagnia organizza e dirige il fuoco dei plotoni rimasti eventualmente alla sua diretta dipendenza, estendendo tuttavia, ogni qualvolta possibile, la sorveglianza tecnica anche sugli altri. Egli è responsabile del buon funzionamento dei rifornimenti (in particolare munizioni) per tutte le sue unità. Può essere incaricato dell'organizzazione attiva e passiva della difesa anticarro di un determinato settore. Di norma è incaricato dell'organizzazione anticarro sulle posizioni di arresto (schieramento dei plotoni dipendenti, settori di azione, modalità per il reciproco concorso, modalità per l'assegnazione e la segnalazione, lavori da compiere con i propri uomini e quelli da affidare ad elementi del genio, misure di sicurezza vicina, proprio posto comando, entità delle munizioni). Compagnia armi di accompagnamento di battaglione: è unità disciplinare e di addestramento; è costituita da 1 plotone comando, 2 plotoni mitraglieri, 2 plotoni mortai da 45. Nell'avvicinamento, uno dei due plotoni mitraglieri è, di norma, destinato alla difesa contraerei. Nell'attacco, il comandante del battaglione: avvia a destinazione le unità decentrate, ripartisce i compiti tra i plotoni rimasti alle sue dipendenze, stabilisce il proprio posto comando, predispone i collegamenti necessari, organizza l'osservazione, dispone per il rifornimento munizioni; iniziato l'attacco, regola l'azione di fuoco dei plotoni, quando occorre agisce d 'ini·ziativa, coordina gli sbalzi secondo gli sviluppi dell'azione. Nella resistenza, i plotoni mitraglieri sono in parte o totalmente decentrati alle compagnie avanzate; i plotoni mortai, decen. trati alle compagnie stesse. In ogni caso, tali plotoni costituiscono centri di fuoco di norma arretrati. Di massima l'ubicazione dei centri di fuoco: delle unità mitraglieri è tanto meno arretrata quanto più necessario eseguire tiri obliqui e fiancheggianti; delle unità mortai deve consentire il tiro ad almeno 150 + 200 m avanti la linea di resistenza. In linea generale, l'azione delle mitragliatrici dei battaglioni di primo scaglione si esplica davanti la linea di resistenza in corrispondenza del settore normale di tiro. Il tiro viene poi a fissarsi in una direzione prestabilita che fiancheggi l'ostacolo, se esiste, o un tratto della linea di resistenza nell' «interno» della posizione di resistenza. Le compagnie, se possibile, concorrono alla d ifesa della posizione di resistenza con azioni di arresto a distanza avanti alla linea di resistenza; è normale che tali mitragliatrici ed anche i mortai intervengano nell'interno della posizione di resistenza. Unità esploratori. Squadra esploratori è la minore unità impiegata ne/l'esplorazione tattica con denominazione e funzioni di pattuglia esplorante. Nell'esplorazione ravvicinata la squadra costituisce, di massima, due pattuglie; compito normale: ricerca e segnalazione del nemico; compito eventuale: ricognizione del terreno. Alla pattuglia vengono assegnati: compito, obiettivo
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FILIPPO STEFANI
o obiettivi successivi, direzione. Il compito può essere generico o specifico; l'obiettivo è, in genere, un punto caratteristico dd terreno che va materialmente controllato. Nella ricerca di contatto con il nemico la pattuglia: assume formazioni diverse (normale; quella in /ila); provvede alla propria sicurezza immediata: 2 o 3 esploratori sulla fronte o sul fianco più esposto: procede con speditezza compatibilmente con le necessità ddl' osservazione e del controllo; sceglie le vie più coperte per avanzare senza discostarsi troppo dalla direzione prescritta e superando cdermente, a gruppi di 2 + 3 uomini, i tratti scoperti alla vista; avvistato il nemico, prosegue il movimento con circospezione, intensificando l'azione; determina la forza degli dementi nemici o assaltandoli ali'arma bianca o tentando di eluderne la vigilanza infiltrandosi tra di essi, o mantenendo il contatto: in oy,i caso non fa uso del /-uoco se non vi su, assoÙJtamente cos~tta; se cade in una ifllhosca/4 cerca di disimpegnarsi al più presto. Ndla ricognizione dd terreno, la pattuglia ha il compito di accertare con visione diretta e materialmente quei particolari dd terreno che non siano rilevabili con sufficiente esattezza dall'esame ddla carta e dall'osservazione lontana. Tale compito può essere assolto dalle stesse pattuglie esploranti. Quando, l'esplorazione dd terreno costituisce, invece, compito specifico affidato agli esploratori, la pattuglia è normalmente composta dei migliori dementi ddla squadra (3-4). La squad'f'll pattugliatori e col/qJmtenti: è costituita da dementi a diretta disposizione dd comandante la compagnia fucilieri per assolvere compiti di: sicurezza immediata, collegamento tattico, ricognizione dd terreno, collegamenti normali con i reparti dipendenti in marcia, in stazione, in combattimento. Le pattuglie di sicurezza: hanno il compito di garantire da sorprese sulla fronte, sul fianco e sul tergo; procedono in modo da non essere facilmente sorprese, a distanza (o intervallo) tale <lai repe.rlo da sventare la possibilità di improvvise minacce avversarie, mantenedosi collegate a vista; segnalano, nd modo convenuto, la presenza ddl' avversario, rallentandone, se ncccssario, il movimento con il fuoco; hanno la forza di 3 + 4 uomini. Le pattuglie di collegamento tattico: hanno il compito di ricercare o mantenere il contatto fra due reparti che non possono vedersi; svolgono servizio continuativo (ndl'intervallo fra 2 reparti) o saltuario (avviate volta a volta in determinate località da cui possano vedere il reparto da collegare); in caso d'incontro con il nemico, si regolano come le pattuglie di sicurezza; hanno la forza di 3 + 4 uomini al comando di un graduato. Plotone esplo'l'iltori è unità di adkst'f'llmento e d'impiego; è costituito su 3 squadre; ha compito specifico di esplorazione ravvicinata, anche quando agisce in un quadro più ampio (esplorazione tattica); può agire riunito (distaccando di volta in volta pattuglie per compiti esplorativi a stretto raggio) e per pattuglie (una o mezza squadra ciascuna), lanciato, fin dall'inizio dd servizio, in determinate direzioni. Nell'attaco il plotone è di norma tenuto a disposizione dd comandante dd battaglione per eventuale impiego a obiettivi raggiunti. Nclla resistenza, può essere impiegato: avanti alla linea di sicu~ a una distanza di 1 + 2 Km dalla linea stessa; su di un fianco scoperto della posizione di resistenza; in servizio di vigilanza nell'interno della posizione di resistenza (eccezionalmente). (17) Nell'inverno 1939-40 vennero adottati molti provvedimenti per migliorare l'efficienza bellica dcli' esercito nei riguardi dd personale e dei materiali, ma gli sforzi certamente notevolissimi compiuti dallo stato maggiore non furono sufficienti a realizzare per intero le ottimistiche previsioni illustrate dal generale Pariani al maresciallo Badoglio il 1 ° novembre 1939 secondo le quali, al 1 ° maggio dd 1940, l'esercito avrebbe potuto disporre di 88 divisioni, dclle quali 64 complete, 9 incomplete e 15 con forti deficienze di personale, di armi e di mezzi. Lettera dd 2 novembre 1939 dd generale Pariani, sottosegratario di Stato per la guerra e Capo di stato maggiore dcli' esercito, al maresciallo d'Italia Badoglio Capo di stato maggiore generale.
CAP.
xxvm -
LA FANTERIA ITALIANA TRA LE DUE GUERRE MONDIALI
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Ministero Della Guerra Gabinetto Segreto N. 104441 di prot. Roma, 2 novembre 1939 Oggetto: Efficienza delle forze armate. All'Ufficio di S.E. il Capo di S.M. Generale (Risp. f. 4887 del 22 ottobre e.a.) Roma A seguito del foglio 104411 del 1 novembre e.a. trasmetto i seguenti dati relativi alla situazione al 1 novembre e a quella che sarà al 1 maggio 1940 per le unità dell'Esercito:
1° - armamento, con grafico riassuntivo; 2° - munizionamento espresso in unità di fuoco; 3° - automezzi; 4° - carbmanti e lubrificanti; 5° - vestiario; 6° - personale. In sintesi la situazione dell'Esercito è la seguente: Al 1 ° novembre 1939
Divisioni
l l Italia
13 speciali
41 Italia
2 al completo (meno carri M della D.cr.)
3 tipo at. al completo 9 tipo m.e.n. al completo 26 tipo incompleto
2 al completo e.e.
3 at. al completo
29 al completo
3 in corso di costituzione
8 incomplete 1 con formazioni di pace
1 Egeo
1 al completo
1 al completo
6 Albania
4 tipo incompleto 1 mista di prev. cost. 1 CC. NN. di prev. cost.
4 al completo 1 al completo 1 al completo
4 tipo Libia al completo (meno cp. motoc.) 4 tipo Libia al completo (meno carri L e cp. motoc.) 4 CC. NN. al completo (senza cp. motoc. e carri L)
4 al completo e.e.
1
12 Libia
15 di C.S.(Cost. successiva)
In totale 88 div.
11 al completo e.e.
M delle D.cr.)
Albania
60 di c.r. (Costituzione immediata)
11 al completo (meno carri
Al 1° maggio 1940
15 non costituite 38 al completo 33 incomplete 17 non costituite
t
4 al completo e.e.
4 al completo e.e.
15 con gravi def. 64 al completo 9 incomplete 15 con gravi def.
500
FILIPPO STEFANI
Artiglieria di Armata e di Corpo d'Armata Al 1° novembre e.a. sono efficienti nel numero previsto dall'indice di mobilitazione, con l'armamento di attuale dotazione e con esclusione di materiali di nuova adozione (75/34, 149/19, 149/40, 210/22). Sono di prossima costituzione 3 rgt, artigl. di C. A. (uno per XIV C. A., ceduto ali' A. Po; uno per XV C. A. e uno per XI C. A.). AI 1° maggio 1940 potranno entrare nello schieramento 10 batterie da 149/40 e 4 batterie da 210/22. Munizionamento al 1° maggio 1940. Fucili e moschetti ........... ........................................... . larga disponibilità Armi automatiche .... .................................................. . buona disponibilità Mortai 45 ............. .. ... .. .................................... .. ....... . buona disponibilità Mortai 81 .................... ....... .. ..... ........, ...................... . notevoli deficienze Pezzi da 47 .................. ..... .... ..................................... notevoli deficienze Pezzi da 65 ................................ ............................... . buone disponibilità Pezzi da 20 .................................................. ............. . notevoli deficienze Art. div.: 100/17 ..... .......................... ........................ . sensibili deficienze Art. div.: 75/27 .................................................. ..... . sufficiente disponibilità Art.•div.: 75/13 ........ .. ....... ...................................... . sufficiente disponibilità Art. contraerei .................... ...................................... . buona disponibilità Art. C . A. e A .......................................................... . sufficiente disponibilità Automezzi al 1° maggio 1940 (considerando le artiglierie divisionali tutte ippo meno quelle dell'Armata Po e della Libia): Automezzi speciali .............................................. ...... .. sufficiente disponibilità Autocarri ............................................................. .. ... . disponibilità pressoché suffi. ciehte (si ritiene di poter integrarla con la requisizione). Carri M .................. .............. ................... ............ ..... . avremo un centinaio di carri M. C arburanti al 1° maggio 1940: disponibilità per circa 41/2 mesi. Vestiario ed equipaggiamento al 1° maggio 1940. Situazione che consente la vestizione di tutte le unità di C. I. con le truppe ai depositi. Non sarà possibile provvedere alle unità di C.S. , alla M.V.S.N. e alla Dicat. Non avremo una scorta nei magazzini, ma sarà possibile accantonarla con la produzione di maggio, giugno e successivi. Le previsioni per il maggio 1940 si basano sul gettito di una produzione di armi, munizioni, automezzi e vestiario intensificata al massimo. Tale produzione è naturalmente subordinata alla disponibilità di materie prime. E poiché in questi ultimi due mesi le assegnazioni si sono aggirate su 2/3 circa dei fabbisogni, si deve rilevare che, ove continuasse l'attuale situazione deficitaria, la prevista efficienza.al 1° maggio ne risulterebbe sensibilmente ridotta. Il Sottosegretario di Stato A. Pariani
PROMEMORIA PER IL CAPO DI STATO MAGGIORE GENERALE C OMPILATO DAL CAPO UFFICIO C OLONNELLO GANDIN IL 2 NOV. 1939 Ufficio di S.E. il Capo di Stato Maggiore Generale
CAP.
xxvm -
LA FANTERIA ITALIANA TRA LE DUE GUERRE MONDIALI
501
Roma, 2 novembre 1939 Promemoria per S.E. il Capo di Stato Maggiore Generale Oggetto: Efficienza R. Esercito. Finalmente sono giunti i dati più importanti relativi all'efficienza del R. Esercito, inviati da S.E. Pariani, in adesione alla richiesta di V.E. La visione è molto più ottimistica di quella risultante dai noti specchi del Comando Corpo di Stato Maggiore. Sono date al completo al 1° novembre 1939 (annesso 1): - le 13 divisioni speciali (Italia e Albania) pur ammettendo che mancano i carri medi delle divisioni corazzate e notevole numero di automezzi, ecc.; - 3 divisioni autotrasportabili e 10 divisioni montagna e normali, totale 13; - 8 divisioni autotrasportabili Libia (pur ammettendo che mancano a 4 la compagnia motociclisti, e a 4 i carri L e la compagnia motociclisti); - 4 divisioni CC. NN. Libia (pur ammettendo che mancano compagnie motociclisti e carri L). Totale: 38 divisioni al completo; 33 incomplete e 17 non costituite. Al 1° maggio 1940, poi, si avrebbero 64 divisioni al completo, 9 incomplete e 15 con gravi deficienze (88 divisioni). Non sono considerate: 4 divisioni libiche, 2 divisioni nazionali in A.O.I. Particolari risultano dall'annesso ... {mancante). Ora dagli specchi del Comando Corpo S.M. la situazione è la seguente: al 1° novembre 1939, si hanno al completo: 3 divisione di fanteria (1 in madrepatria, 1 in Egeo e 1 in A.O.I.) 4 divisioni alpine (in madrepatria); 23 brigate coloniali in A.O.I. (Aggiungendo le 3 divisioni celeri, che hanno lievi deficienze, si avrebbero 10 divisioni complete); Al 1 ° maggio 1940 (1): 34 div. di fanteria (28 in madrepatria, 5 in Albania, I in A.O.I); 7 div. autotrasportabili (3 in madrepatria, 4 in Libia); 1 div. alpina (in Albania); 2 div. motorizzate (in madrepatria); 3 div. celeri; 3 corazzate (2 in madrepatria, 1 in Albania); 2 div. libiche {in Libia). Altre 35 divisioni incomplete {di cui 24 in madrepatria, 1 in Albania, 10 in Libia). Totale: 88 divisioni più 4 div. libiche e 2 nazionali in A.O.I. = 94 div. Ora, in base a quanto si sa, sembrano più attendibili i dati forniti dallo Stato Maggior~. Artiglieria di armata e di corpo d'armata. Mancano 3 reggimenti di artiglieria di corpo d'armata. T materiali nuovi cominceranno ad aversi il 1° maggio 194.0 (10 batterie da 149/40 e 4 batterie da 210/22). Munizionamento {annesso 2). Notevoli deficienze al 1° maggio 1940, in fatto di bombe per mortai da 81, di munizioni per pezzi da 20, 47, 100/17. Sufficiente disponibilità di munizioni da 75/27, 75/13 e per artiglierie di corpo armata e armata. Automezzi {annesso 3). Si ritiene che siano sufficienti. Carri me<li: saranno disponibili un centinaio.
502
Fil.IPPO STEFANI
Carburanti (annesso 4). Al 1° maggio 1940: disponibilità per circa 41/,. Vestiario equipaggiamento al 1° maggio 1940 (annesso 5). Sufficiente per unità di costituzione immediata. Manca per le unità di costituzione successiva (15 divisioni), per la M.V.S.N. e per Dicat. Nessuna scorta. È poi da osservare che le previsioni pel 1° maggio 1940 si basano sul gettito di una produzione intensificata al massimo: ma se la disponibilità di materie prime venisse a ridursi (2/3 dd fabbisogno in questi ultimi 2 mesi) l'efficienza al 1° maggio 1940 risulterebbe ridotta. Circa la forza (annesso 6), si hanno al 1° novembre e.a.: in Patria .. .... .. ........ ..... ..... .. ... . ......... ......... 750.000 u. Albania .................................................... 60.000 u.(compresi 5.000 albanesi) Libia ... .... ...... ........ ...... ...... .. .. .... .. ... ... ...... 132.000 u. Egeo .... ...... ... .. ....... ....... ....... ............. ....... 18.000 u. In A .O.I. ................................................. 223.000 u.
Il colonnello di S.M. CAPO UFFICIO Gandin N.B.: Il promemoria risulta siglato dal Capo di S.M. Generale Maresciallo Badoglio. Annesso n. 1 EFFICIENZA DELLE GRANDI UNITÀ NEI RIGUARDI DELL'ARMAMENTO Unità
Situazione al 10 novembre 1939
Situaz. al 1° maygìo 1940
A) IN ITALIA G. a F. 8 settembre front. occid.
Al completo meno: 50 mortai da 81 (in corso sped.) 1200 mitragliatrici (di cui 1000 richieste ora da S.C. Op. per dare profondita alla difesa), 10 batterie di m. e g. cal. prive di caricamenti
al completo
7 settembre front. sett. 6 settembre front. orient.
nessuna deficienza di armi per l' organizzazione finora attuata
come contro
4 div, alpine
al completo
al completo
3 div. cderi
al completo con 90% mezzi di trasp.
al completo
2 div. motorizzate
al completo con 90% mezzi di trasp.
al completo
CAP. XXVIlI - LA FANTERIA ITALIANA TRA LE DUE GUERRE MONDIALI
503
segue Annesso n. 1
Unità 2 div. corazzate
Situazione al 1 ° novembre 1939
Situaz. al 1° maggio 1940
1 al completo con carri L al posto di
al completo (carri M solo in ragione di 1 btg. per D.
Me 90% mezzi di trasp. 1 in corso di costituzione (Littorio) con carri L al posto di M e 70% mezzi di trasp.
cr.)
41 div. ftr. di cui 3 tipo at.
al completo: con 60% automezzi. Comandi C.A. senza autogruppo per trasporto di 1 divisione.
al completo autogruppo con 50% automezzi regblamentari
9 tipo mont. e norm.
al completo con 60% mezzi trasp. riferiti ad organici ridotti
come contro
26 con formazioni tipo incomplete
defic. per ogni div.: 54 fucili mitragl. 81 mortai da 45 21 mortai da 81 6 pezzi da 47 Di esse, 6 con 50% mezzi di trasp.; le altre con mezzi trasp. di pace
Dalle previsioni sulla produzione risulta che potranno essere completate 18 div.
3 con formazioni di pace (Firenze, Bari, Siena)
in corso di costituzione, defic. per ogni div.: 108 fucili rnitragl. 99 mortai da 45 24 mortai da 81 8 pezzi da 47 8 pezzi da 65/17
al completo 2 div., 1 con formaz. di pace
15 divisioni di costituzione successiva
le dotazioni di mob. non sono costituite. Esistono in parte quelle del genio e 15 gruppi art. Df. (soli pezzi senza caricamenti)
Totale al 1° maggio complete in Italia 32 Df. e 11 speciali
Defic. parziale fucili mitr. e pezzi da 20; defic. totale mortai da 45, pezzi da 47, pezzi da 65/17. Completamento art. dipende da recuperi previa sostituz. con altri calibri alla G. a F. e dall'allestimento (non sicuro) dei caricamenti
504
FILlPPO STEFANI
segue Annesso n. 1 Unità
Situazione al 10 novembre 1939
Situaz. al 1° maggio 1940
B) IN EGEO
1 div. (Regina) con le speciali formazioni
al completo
al completo
C) IN ALBANIA I div. alpina 1 div. corazzata
al completo con 5096 mezzi trasp.
al completo
al completo: con carri L al posto di
a completo (con carri L come contro)
M con 8096 mezzi trasp. 4 Df. con formaz. tipo incompleto
defic. per ogni div.: 54 fucili mitragl 81 mortai da 45 21 mortai da 81 8 pezzi da 47 (terzi btg. e terze btr. in Italia)
al completo
1 div. mista gran. e bers.
di prevista costituzione
al completo
1 div. CC. NN.
di prevista costituzione
al completo
D) IN LIBIA Guardia alla front.
organizzazione in corso
al completo meno 200 pezzi da 47/32
4 div. at. tipo Libia
al completo: senza le cp. motoc. div. con 7096 mezzi trasp.
come contro (1)
4 div. at. tipo Libia (Pavia, Brescia, Bologna, Savona)
al completo: senza le cp. motoc. div. senza i btg. carri L div. con 3596 mezzi trasp.
come contro con 4096 mezzi trasp. (1)
4 div. CC. NN.
al completo con 3596 mezzi di trasp. (formazioni senza cp. motoc. e btg. carri L div.)
come contro con 4096 mezzi trasp. (1)
CAP. XXVIII - LA FANTERIA ITALIANA TRA LE DUE GUERRE MONDIALI
505
segue Annesso n. 1
Riepilogo divisioni riferito alle sole armi ~
l.,
Italia Albania
..... ""
11 al completo (meno carri M delle d. cr.) 2 al completo (meno carri M della d. cr.) .
11 al completo e.e. 2 al completo e.e.
(1) Alla deficienza di automezzi si provvede con l'impiego manovrato dei due autogruppi a disposizione dd C.S.F.A.A.S. '
Unità
Situazione al 10 novembre 1939
Situaz. al 1° maggio 1940
41 Italia
3 9 26 3
3 29 8 1
tipo at. al completo tipo mon. e n. al completo tipo incompleto in corso costituz.
al completo al completo
incomplete formaz. di pace
1 Egeo
1 al completo
1 al completo
6 Albania
4 tipo incompleto 1 mista di prev. costit. 1 CC. NN. di prev. costituz.
4 al completo 1 al completo 1 al completo
4 tipo Libia al completo (meno cp. motoc.) 4 tipo Libia al completo (meno carri L e cp. motoc.) 4 CC. NN. al completo (senza cp. motoc. e carri L)
4 al completo c. c.
60 di C.I.
12 Libia
15 di
c. s.
In totale 88 divis.
4 al completo c. c. 4 al completo
15 non costituite
15 con carri defic.
38 al completo 33 incomplete 17 non costituite
64 al completo 9 incomplete 15 con forti defic.
506
FILIPPO STEFANI
Le unità di artiglieria di armata e di corpo d'armata sono efficienti nella formazione prevista dall'indice di mobilitazione, cioè con armamento di attuale dotazione e con esclusione di materiali di nuova adozione (75/34, 149/19, 149/20, 210/22). Di prossima costituzione 3 rgt. artiglieria di e.A. (uno per XIV e.A. ceduto A. Po; uno per XV C. A.; uno per XI C.A.). Al 1° maggio 1940 potranno entrare nello schieramento 10 batterie da 149 e 4 batterie da 210/22. Alle deficienze dei mezzi di trasporto si provvede con la requisizione. Le divisioni, escluse quelle dell'armata Po, 3 autotrasportabili e quelJe delJa Libia, alla data del 1° maggio avranno ancora le artiglierie a traino animale.
507
CAP. XXVID - LA FANTERIA ITALIANA TRA LE DUE GUERRE MONDIALI
Annesso n. 2 SITUAZIONE MUNIZIONI ITALIA
Armi schierate Unità di C.I.
Armi portatili mod. 91 e mod. 38 .......... . Mitragliatrici ............... .. ....................... . Fucili mitragliatori .............................. .. .
Unità di fuoco (comprese dotazioni di reparto) Previste
Esistenti al 1°-XI-39
14
14,8
15
9,9 11,8
Mortai da 45 ................... ..................... .
19 14
Mortai da 81 .................................. ...... .
14
Pezzi da 47 ..................................... .. ... . Pezzi da 65/17 ..................................... . Pezzi da 20 ........................................... . pezzi da 100/17 ............. . Ar t . di p. c. [ pezzi da 75 ................... .
12 12 12
5 1,8 1 6,2 4,5 3,8 8
Art. c. a. campali ....... .......... .......... ...... .
12 12 12
I [ pezzi da 105 ..... . . A rt. d1 m. c . .eggero pezzi da 149 ..... .
12 12
10 5,5 9,5
Art. di m. c. pesante ............................ .
12
10,7
Art. di g. c. ············ ···························· ··
12
Proietti da 75 ................... .................... . Proietti m. c ............................. ........... .
2
9,5 0,1
2
Esistenti al 1°-V-40 22 (1) 12 15 10,8 3,3 5,1 10,2 6,8 7 9,5 13 8,5 10,5 11,4 9,6 l
1
(1) L'esuberanza riflette il munizionamento calibro 6,5 che rimane disponibile dopo la so-
stituzione col calibro 7,35.
508
Fil.IPPO STEFANI
segue Annesso n. 2
ALBANIA
Armi schierate Unità di C.I.
Unità di fuoco (comprese dotazioni di reparto)
di previsto accantonam. In
In
Esistenti
Esistenti
al 1°-XI-39
al 1°-V-40
In
In
In
In
Italia Albania Italia Albania Italia Albania
Armi portatili mod. 91 e mod. 38 ............. .
7
Mitragliatrici . ................ .......................... .
8
7 7
6,5 12
7,5
7
7
3
12
3
Fucili mitragliatori .......................... ......... .
7
12
10
9
10
9
Mortai da 45 ........ ..... ...... ...... ......... ......... .
6
8
8
6
8
6
Mortai da 81 ............. .............................. .
6 6 6 7
8 6 6
8
6 6
8 6
Pezzi da 41 ........ ..... ..... .... .............. ......... . Pezzi da 65/17 .. .... .... ... .... ........ ................ . Pezzi da 20 ........................................ ...... .
Art. p. c.
pezzi da 100 .................... .
(
A rt. m. c.
pezzi da 75 ...................... . pezzi da 105 .... ........ ........ . ( pezzi da 149 .... ................ .
6 6 6
Proietti da 75 ..... ..... ........... .. .......... .......
6 2
Proietti di m. c .. ..... .. ................... ........ .
2
5 6
6 6 6
6
12
6 7 6,5
6 5
5
5,5 7
7 6
5 6
6 7
6,5 6 7 6 1 0,5
6 5 5,5 6
5 6
CAP.
xxvrn -
509
LA FANTERIA ITALIANA TRA LE DUE GUERRE MONDIALI
segue Annesso n. 2
LIBIA
Armi schierate Unità di C.I.
Unità di fuoco (comprese dotazioni di reparto) Previste (1)
Esistenti al 1°-XI-39
Esistenti al 1°-V-40
Armi portatili mod. 91 e mod. 38 .......... .
16
15
16
Mitragliatrici ........................................ .
18
10,5
18
Fucili mitragliatori ................................ .
17
15
17
Mortai da 45 ...................... , ................. .
11
10
11
Pezzi da 47 ........ ......................'. ........ ... .
11
Pezzi da 65/17 ............ ......................... . Pezzi da 20 ......... .......................... ........ .
11
6,8 14
14
12
6,5
12
pezzi da 100/17 ............... .
11
9
11 11
Mortai da 81 ............................... .... .. ... .
Art. p. c.
[
11
pezzi da 75 ...................... .
11
pezzi da 77/28 ........... ...... .
11
12
12
11
11,6
Art. c. a.
8,7
pezzi da 105 .................... .
11
14 11 ,6
[ pezzi da 149 .................... .
11
10,7
11
Art. m. c. pesante ..................... ........... .
11 2
14
14
Proietti da 75 ..... ................. ................. . Proietti m. c ........................................ .
2
Ar t. m . c.
14
1 0,5
(1) Fabbisogno per 6 mesi. Dovrebbe essere portato a 12 mesi . Data però la situazione delle munizioni in Italia al 1° maggio, non è possibile aumentarle, altrimenti si diminuirebbe assai la disponibilità in Patria.
510
FILIPPO STEFANI
segue Annesso n. 2 EGEO
Armi schierate Unità di C.I.
Unità di fuoco (comprese dotazioni di reparto) Previste
Esistenti
Esistenti
al 1°-Xl-39
al 1°-V-40
Armi portatili mod. 91 e mod. 38 .......... .
10
10
10
Mitragliatrici ........................................ .
10
10
10
10 10
Fucili mitragliatori ............................... ..
10
10
Mortai da 45 ........................................ .
10
10
Mortai da 81 ........................................ .
10
Pezzi da 47 ................................. ......... .
8
Pezzi da 65/17 ............................ ........ . .
8
10 8
8
8
Pezzi da 20 ...................... .. ................... .
8
8
8
Pezzi da 75 ................... ..... ."................ ..
5,5
8
Art. c. a.............................................. .
8 8
pezzi da 105 .......... .
8
( pezzi da 149 ......... ..
Art. m. c. pesante ................................ .
8 8
Proietti da 75 ...................................... .. Proietti di m. c. .. ................................ ..
Ar t. m. c. leggero
10
10
8 8
8
8
2
8 1
2
0 ,5
8
CAP.
xxvm -
511
LA FANTERIA ITAUANA TRA LE DUE GUERRE MONDIALI
Annesso n. 3
COMANDO CORPO S.M. - UFF. SERV. Automezzi di previsto accantonamento in pace per unità di C. I.
In Patria Tipo di mezzi
Autovetture ............. Autocarri ................ Trattori e trattrici ... Autoambulanze ........ Autoserbatoi per acqua Autofrigoriferi ......... Autofficine .............. Autospeciali varie .... Carri M .................. Carri L ................... Autotricicli .............. Motocicli ................
In Albania
FabbiFabbiEsistenza Esistenza sogno da sogno da accan- 1° novem. 1° maggio accan- 1° novem. 1° maggio tonare 1939 1940 tonare 1939 1940 2470 33820 6000 1410 710 300 720 1220 416 940 2310 11880
1460 14130 4700 630 420 200 200 890 170 820 1460 50 70
2470 21830 4955 800 420 205 436 950 170 820 2030 8500
350 4530 185 100 50 28 45 50 184
145 1930 133 57 74 14 20
-
-
-
132 275 750
132 325 1500
350 2590
In Egeo
In Libia Tipo di mezzi
Autovetture ..... ........ Autocarri ··············· · Trattori e trattrici ... Autoambulanze ........ Autoserbatoi per acqua Autofrigoriferi ......... Autofficine .............. Autospeciali varie .... Carri M ....... ........... Carri L ................... Autotricidi .............. Motocicli ................
11
350 2700 650 87 74 19 40 21
FabbiFabbiEsistenza Esistenza sogno da sogno da accan- 1° novem. 1° maggio accan- 1° novem. 1° maggio tonare 1939 1940 tonare 1939 1940 570 5630 650 140 340 40 75 80
470 2900 450 50 360 41 30 10
570 3700 650 50 360 44 60 25
10 170
167
10 167
-
-
-
10
4 6
4 6
4 6
-
-
-
3 10
3 10
3 10
-
-
-
20
20
20
-
-
-
-
460 180 3380
322 180 860
322 180 1400
-
-
512
PILIPPO STEFANJ
Annesso n. 4 CARBURANTI
Esistenza attuale Carbolubrificanti
Fabbisogno Tonn.
Unita carburanti e lubrificanti al 1° novembre 1939 Previsioni
di proprietà di proprietà di proprietà di proprietà militare civile cd a militare civile cd a (R.E.) disposizione (R.E.) disposizione R.E. R.E. Numero Tonn. Tonn. Numero
al I O maggio 1940
ITALIA
Benzina
...
100.000
60.000
(*)
Gasolio ....
110.000
56.000
(*)
Lubrificanti
21.000 (*)
27 (3)
40 (3)
(1)
60.000 30.000
2.500
45 (3)
(1)
70.000 30.000
(2) 18.500
25 (3)
85 (3) 11 (3)
(1) Provenienti dalla distillazione dei greggi.
(2) Circa, non ancora precisabile. 1 (3) In totale 4 /2 mesi per carburanti, 3 mesi per lubrificanti. (*) Per tre mesi.
Carburanti: Uguale disponibilità, perché i progettali depositi militari di g.c. non potranno essere ultimati prima di 12-18 mesi da quello corrente, né i depositi civili hanno possibilità di ricovero. Lubrificanti: Si avrà un aumento di 15000 tonn. che, unite ali'esistenza, daranno un'autonomia di circa 5 mesi.
CAP. XXVID - LA FANTERIA ITAUANA TRA LE DUE GUERRE MONDIALI
513
segue Annesso n . 4
Unita carbunnti e lubrificanti al 1° novcm~ 1939
Esistenza attuale
Carbo· lubrificanti
Fabbisogno Tonn.
di proprietà di proprietà di proprietà di proprietà militare civile cd a militare civile cd a (R.E.)
Tonn.
disposizione
(R.E.)
R.E.
Numero
Tonn.
...
Gasolio ....
1.200 (*) 600
R.E .
Numero
1.600
350
26
6
600
180
10
3
120
50
36
8
(*)
Lubrificanti
150 (*)
EGEO
Benzina ... Gasolio .... Lubrificanti
(1) 650 (**)
(**) 90 (**)
315
-
63
-
-
-
-
-
32
-
63
-
LIBIA
Benzina .. .
28.000
6.700
(2) 5 . 150
30
(2) 22
3.900
(2) 6.100
15
(2) 28
500
1.100
· 23
50
(**)
Gasolio .... Lubrificanti
14.000 (**) 4.100
1940
disposwone
ALBANIA Benzina
Previsioni al 1° maggio
Uguale disponibilità perché mancano depositi carburanti militari, or,i in progetto, per poter passare
al-
l'accantonamento di carburanti per circa 2 mesi.
Non saranno inviati ulteriori quantitativi corrispondendo l'esistenza al quantitativo richiesto dal comando FF. AA. dell'Egeo. Esistono inoltre 200 tonn. circa di carburanti per i bisogni ordinari.
Scorte militari: Uguale disponibilità perché non si avranno ancora i depositi carburanti ora in costruzione cd in progetto.
(**)
(*) Per un mese. (**) Per sei mesi. (1) Secondo i calcoli di questo S.M. (2) Sono in corso di spedizione oltre 8500 tonn. di carburante acquistati dal ministero A. I., con le quali si raggiungerà completamente una autonomia di mesi 4 e mezzo. N.B. : L 'unità carburanti e lubrificanti corrisponde
ad una giornata di autonomia.
514
FILIPPO STEFANI
Annesso n. 5 SITUAZIONE DEL VESTIARIO La disponibilità attuale e quella che si avrà al 1 ° maggio 1940 di serie complete di corredo è la seguente:
In uso presso la truppa ................................... .. Ancora accantonate presso i centri di mobilitazione In aJlestimento (produzione massima: 235.000 serie mese in media) ............................................... .
Situazione 1° novem. 1939 1° maggio 1940 1.100.000 300.000 1.650.000
Totale ............................................. ..
3.050.000
Sottraendo le serie di presunto consumo in sei mesi e una seconda tenuta per truppe alpine ............ ..
600.000 100.000
Restano disponibili ........................... ..
2.350.000
Presumibile forza da vestire nel maggio 1940 Presso le unità dell'Esercito mobilitano (C. I. 1.800.000, c. s. 300.000) ............................... .. Presso unità M.V.S.N. e Dicat ........................ . In territorio presso i depositi (reclute più richiamati)
2.100.000 180.000 500.000
Totale uomini da vestire ................... .. Scorta nei magazzini ...................................... ..
2.780.000 500.000
Totale fabbisogno .............................. .
3.280.000
Ne consegue che aJ!a data del 1° maggio 1940 si avrà una deficienza di circa 450.000 serie per vestire gli uomini aJle armi, e nessuna scorta nei magazzini. Se al 1° maggio si volesse anche la detta scorta, la deficienza salirebbe a 900.000 serie, che potrebbero essere allestite nei mesi di maggio, giugno e luglio 1940.
Annesso n. 6 PERSONALE lO
-
In Patria
Situazione al 1° novembre (considerata già in congedo la classe 1903). G. a F.: organici di guerra. 1 a e 4a armata: divisioni, truppe e servizi di armata e di corpo d'armata su formazioni ed organici di guerra o prossimi ad essi, ad eccezione di taluni minori elementi del genio, dei btg. T.M.; reparti presidiari, unità lavoratori e reparti complementi non approntati. 6a Armata (Po): su formazioni ed organici di guerra. · 3• Armata: Sardegna: unità su formazioni ed organici di guerra o prossimi ad essi, ad eccezione di alcuni elementi minori;
CAP. XXVIII - LA FANTERIA ITALIANA TRA LE DUE GUERRE MONDIALI
515
Sicilia: su formazioni di pace ed organici rinforzati con personale cl. 1910-1913 (circa 75% organici di guerra). Rimanenti G.U.: 16 divisioni: su formazioni ed organici di guerra o prossimi ad essi; 7 divisioni: su formazioni di guerra con organici pari a circa il 45% di quelli di guerra; 2 ·divisioni: su formazioni di pace con organici rinforzati (cl. 1910 e 1913); 3 divisioni: in corso di costituzione su organici di pace. In totale circa 750.000 u. Situazione al 1° maggio p. v. Quella che risulterà in relazione ai richiami che saranno ordinati. 2° Libia Situazione attuale a) Tripolitania. 5• Armata con 3 C. d'A. (X e XX su 3 divisioni ftr.; XXIII su 2 divisioni CC. NN.), 1 rgt. artiglieria d'armata (4 gruppi da 149/35) e unità della G. a F. In cifra tonda 90.000 u. (truppa 90% servizi 50%organici di guerra). b) Cirenaica 10• Armata con 2 C. d'A. (XXI su 2 divisioni ftr.; XXII su 2 divisioni CC. NN.) e unità della G. a F. In cifra tonda 42.000 u. (truppa 90%, servizi 50% organici di guerra).
Situazione al 1 ° maggio Entro il 1° maggio è previsto: a) il completamento delle unità in posto (specie comandi e servizi) con aliquote del contingente della chiamata primaverile del 1940. b) L'assegnazione alle armate ed ai C. d'A. X, XXII, XXIII di aliquote di truppe e servizi (in corso di determinazione in rapporto alle attuali disponibilità).
3° Egeo Tutte le unità su organici di guerra (18.000 u.). 4° Albania Situazione attuale a) Tutte le unità (XXVI C. d'A. con 4 divisioni di ftr., 1 alpina, 1 corazzata) con organici prossimi al 65% di quelli di guerra. In cifra tanda 60.000 u. (compresi 5.000 Albanesi). Situazione al 1° maggio b) Entro il 1° maggio p. v. è previsto: - la costituzione di un secondo C. d' A. (XXVII), di una divisione mista e di una divisione CC. NN.; - il completamento degli organici di guerra.
CAPITOLO XXIX
L'IMPIEGO DELLE UNITÀ CARRI ARMATI TRA LE DUE GUERRE MONDIALI 1. La pubblicazione del 1925. 2. Le pubblicazioni del 1931. 3. L'impiego dei carri veloci e dei carri d'assalto nelle pubblicazioni del 1936. 4. L 'impiego delle unità carriste nel 1938. 5. Considerazioni conclusive.
1.
Il problema dell'impiego e dell'addestramento delle unità carriste venne affrontato per la prima volta in un'apposita pubblicazione nel maggio del 1925 edita a cura del Riparto carri armati ed approvata ufficialmente dallo stato maggiore dell'esercito (1). Articolata in due capitoli, nel primo tratta i criteri ed i procedimenti d 'impiego dei carri armati in genere, anche di quelli di probabile prossima adozione, nel secondo l'impiego e l'addestramento dei carri Fiat 3000 in servizio in quel periodo. Quale premessa all'impiego dei carri armati la pubblicazione indica tre condizioni indispensabili: un perfetto addestramento tattico, un grande addestramento tecnico ed un'ottima preparazione morale. Alla base della determinazione dei compiti affidabili ai vari tipi di carri armati sono la grandezza, la lunghezza, la velocità, l'armamento e la corazza. La grandezza e in conseguenza la massa, se è rilevante, incide sulla capacità di sfondare, abbattere o schiacciare ostacoli; la lunghezza, se notevole, sulla possibilità di superare fossi e trincee; la velocità quanto è maggiore tanto più influenza favorevolmente l'accompagnamento delle truppe, la manovra, la sorpresa e la protezione del carro stesso; l'armamento, più è potente, più valorizza l'azione del carro nel contatto immediato con il nemico e, infine, la corazzatura, quanto più spessa, tanto meglio offre invulnerabilità al tiro del nemico ed accresce la libertà d'azione. I carri di tipo leggero e più veloce sono meglio adatti a sostenere l'azione della fanteria, sono cioè mezzi di accompagnamento e di assalto che possiedono caratteristiche peculiari anche per accompagnare i reparti celeri in azioni di avanguardia, di retroguardia e d'inseguimento. I carri di ti-
518
FILIPPO STEFANI
po più pesante trovano impiego nell'azione contro posizioni nemiche organizzate, in quanto sono in grado di superare e distruggere ostacoli e difese accessorie con azione diretta, di annientare o paralizzare nidi di resistenza e di spezzare la continuità delle posizioni difensive. Tutti i tipi di carro agiscono sempre aggressivamente, a massa e di sorpresa. L'impiego a massa va inteso non come grande densità lineare di mezzi, ma come impiego simultaneo di più unità su larga fronte. Criteri d'impiego normale dei carri sono, perciò, rarefazione sulla fronte e scaglionamento in profondità e pronto ritiro dal combattimento ad obiettivo raggiunto. Criterio questo ultimo determinato dalla rapidità di logoramento del mezzo e dalla sua inidoneità a mantenere il possesso delle posizioni conquistate. L'impiego dei carri armati è strettamente legato alla natura del terreno ed all'esigenza della stretta cooperazione con le altre armi, in particolare con la fanteria. Da qui l'importanza della scelta del terreno d'impiego e la necessità di una preventiva minuta ricognizione del terreno stesso, specialmente nei riguardi delle vie di accesso e delle zone di facilitazione tecnica e tattica del movimento, e di un intimo collegamento materiale e morale con la fanteria, con la cavalleria, con i reparti ciclisti cooperanti e con l'artiglieria. La presenza dei carri non muta la tattica della fanteria, ma questa, consapevole delle difficoltà che i carri incontrano nel combattimento, da una parte sfrutta al massimo gli effetti dell'azione carrista, dall'altra è pronta a mettere i carri nelle condizioni migliori per adempiere con successo il loro compito, ed a concorrere, quando necessario, con le proprie armi alla loro difesa immediata. I carri leggeri cooperano con la fanteria nella guerra di movimento o in terreno non orgJJnizzato a difesa, o solo leg,germente orgJJnizzato; in terreno fortemente organizzato possono cooperare soltanto dopo una considerevole preparazione che consiste nella ricognizione delle vie di accesso, degli ostacoli, degli osservatori e delle presumibili postazioni controcarri del nemico, nella previa demolizione degli ostacoli con il concorso del!' artiglieria e nell'impiego del fumo a protezione del dispositivo di movimento e di attacco. La cooperazione dell'artiglieria si attua mediante l'impiego del fuoco e del fumo a sostegno dell'avanzata e la conseguente neutralizzazione delle armi nemiche più efficaci contro i carri armati. L'aviazione coopera con i carri sia mediante la ricerca degli elementi offensivi nemici sia mediante l'erogazione di fuoco (mitragliatrici e bombe) diretta a colpire soprattutto le difese controcarri. La cooperazione richiede collegamenti e mezzi di segnalazione fra carro e carro e tra carri e unità cooperanti, ma il problema non è di facile soluzione, data la natura stessa dei carri, talché i collegamenti in pratica si riducono al minimo indispensabile e vanno attivati con mezzi che disimpegnino gli equi-
CAP. XXIX • L'IMPIEGO DEI CARRI ARMATI TRA LE DUE GUERRE MONDIALI
519
paggi dei carri, mentre le segnalazioni si limitano a quelle tra carro e carro e tra carri e fanteria, provvedendo al resto con la più perfetta intelligenza ed il più generoso spirito di cooperazione e con brevi accordi e intese . La manutenzione, le riparazioni ed i rifornimenti, come pure i movimenti per via ordinaria o per ferrovia e gli incolonnamenti, sono tutti aspetti che incidono, non meno degli altri, sull'impiego delle unità carriste. Fuori della zona di combattimento, stante il logorio al quale vanno soggetti nel movimento ordinario, occorre portare avanti i carri con il sussidio di altri mezzi: rimorchi e ferrovia; in caso di guerra stabilizzata o in previsione di un'offensiva, i carri debbono giungere nella zona d'impiego, per motivi di sicurezza e di sorpresa, poco prima dell'azione e pertanto, in caso di spostamenti superiori ai 50 + 100 km vengono, se possibile, trasportati in ferrovia, successivamente trainati, e solo in prossimità della zona d'impiego muovono su cingoli; in caso di guerra di movimento, invece, muovono, opportunamente incolonnati su cingoli, e lasciano le strade quando ciò sia imposto da motivi tattici. La perfetta manutenzione dei carri è dovere degli equipaggi; le piccole riparazioni competono alle officine, ed al personale specializzato, esistenti presso i comandi carristi; le riparazioni di entità maggiore spettano ad officine largamente attrezzate od a stabilimenti di retrovia. La quantità limitata di carburante, lubrificanti, munizioni ed altre materie di consumo incide negativamente sull'autonomia di movimento e di combattimento del carro, per cui occorre prevedere e provvedere con larghezza per evitare l'immobilizzazione di intere unità carriste. L'avanzata si ispira a criteri di rapidità e di sorpresa. Il carro è un bersaglio visibile e perciò vulnerabile, trova però protezione nella velocità. La posizione di partenza dalla quale l'unità inizia il movimento va scelta il più avanti possibile, fatte salve le esigenze di realizzare la sorpresa; il movimento da tale posizione a quella da dove inizia il combattimento va eseguito preferibilmente di notte e con il favore di speciali condizioni meteorologiche o di artifizi; anche l'avanzata nella zona di combattimento va effettuata con il favore della notte o degli artifizi e mascherata da tiri di artiglieria o da azioni dell'aviazione che coprano il rumore dei cingoli. Il combattimento si ispira a criteri di rapidità e di aggressività. L'azione di massa del carTo e l'azione del suo fuoco devo-
no essere, sempre che sia possibile, esplicate assieme o ravvicinate, anche per valorizzare al massimo l'effetto demoralizzante che il carro armato esercita sull'avversario a cui si avvicina. L'azione di massa è legata all'autonomia del carburante; quella di fuoco all'autonomia delle munizioni, che è piuttosto modesta. Da qui l'esigenza che la prima abbia la prevalenza contro tutte le difese che possono essere schiacciate senza bisogno di
520
FILIPPO STEFANI
far fuoco e che la seconda sia riservata contro gli obiettivi più minacciosi o per battere i nemici usciti dai nidi di difesa materialmente schiacciati dall'azione di massa. Se investite da gas, le unità carriste - in mancanza di altra protezione che si sta orgpnizzando - utilizzano i mezzi di protezione individuale e riducono al minimo la permanenza nella zona gassata. L'azione del carro isolato serve a poco e, conseguentemente, i carri, con azione combinata di movimento, di fuoco e di massa, combattono a gruppi (minima unità, almeno la sezione), ed i gruppi combattono intervallati di quanto necessario per non costituire facile bersaglio, ma al tempo stesso sufficientemente vicini per prestarsi appoggio vicendevole di fuoco e per seguire le reciproche situazioni. La resistenza delle corazze alle pallottole delle mitragliatrici consente ad un carro di battere efficacemente la zona in cui si trovi un altro carro che rischi di essere sopraffatto dal nemico. La reciproca cooperazione tra carro e carro deve essere tale da consentire di battere l'obiettivo con la più consistente ed insistente azione di fuoco e di massa e di recuperare, se necessario, qualche carro immobilizzato. Le unità tattiche elementari non devono essere in conseguenza mai scisse: i vari carri di una stessa unità elementare (sezione) devono essere considerati come elementi di un tutto unico, che non può essere frazionato pena la paralisi dell'intera azione. Il combattimento dei carri è di breve durata; esso soggiace, infatti, a limitazioni di tempo e di spazio; richiede che non appena i carri abbiano raggiunto gli obiettivi assegnati vengano al più presto disimpegnati, rilevati o ritirati e che la fanteria o la cavalleria cooperanti siano pronte a mettere in azione le proprie armi, specialmente le mitragliatrici leggere, sulle posizioni conquistate, al fine di disimpegnare i carri che si portano in località arretrate per riordinarsi. Il ripiegamento è, pertanto, un atto tattico normale per le unità carriste e va effettuato, a velocità non eccessiva, con la stessa tecnica di movimento dell'avanzata e cioè in ordine, alla mano del comandante, con un dispositivo che consenta il reciproco appoggio dei mezzi nel superamento degli ostacoli, o nel caso di avarie, ed il celere superamento delle zone battute dall'avversario. Durante tale ripiegamento la formazione deve essere tale da poter fare fronte anche a qualsiasi insidia che reazioni avversarie, ben mascherate e prima non rivelatesi, riuscissero a tendere. Al discorso di carattere generale fa seguito, nella pubblicazione, quello specifico sul carro Fiat 3000 con le norme di condotta del carro, i compiti del capo sezione, del capo carro, del pilota, del comandante della unità di fanteria che impiega la sezione. Seguono le prescrizioni circa la condotta del carro nel combattimento isolato ed in quello di carro controcarro - azione di fuoco ed in casi eccezionalmente favorevoli an-
CAP. XXIX - L'IMPIEGO DEI CARRI ARMATI TRA LE DUE GUERRE MONDIALI
521
che di urto (opportunamente diretto in modo da guastare del carro avversario le più delicate parti motrici, specialmente i cingoli, e quindi da immobilizzarlo) - le modalità di collegamento e di cooperazione, le disposizioni per la ricognizione del terreno e per il mascheramento, le caratteristiche della posizione di raccolta, della posizione di partenza e della posizione di attesa, i procedimenti specifici per l'avanzata verso l' obiettivo, l'azione di massa, l'azione di fuoco, il sostegno reciproco tra carri, le soste momentanee; il raggiungimento dell'obiettivo e degli obiettivi successivi, il disimpegno ed il ripiegamento, i rifornimenti (posti di rifornimento), il riordinamento, i recuperi e le norme riguardanti la tecnica addestrativa (istruzione tattica del carro, schemi di esercitazione, svolgimento dell'istruzione tattica della sezione, della squadriglia e del gruppo: l'impiego tattico di questo ultimo come unità riunita e condotta durante lo svolgimento dell'azione dal proprio comandante, deve, almeno per ora, considerarsi come eccezionale), i tetreni ed i materiali per le esercitazioni_ Le norme specifiche per l'impiego e l'addestramento tattico del carro, della sezione e della squadriglia Fiat 3000 aderiscono naturalmente ai criteri ed ai procedimenti di carattere generale che abbiamo sopra illustrati, e ne determinano l'applicazione pratica ai livelli di carro, di sezione e di squadriglia secondo le caratteristiche proprie che ogni azione tattica, sotto l'aspetto organizzativo ed esecutivo, assume ai vari livelli ordinativi. Fa eccezione il gruppo, per il quale, data l'eccezionalità dell'impiego ed in attesa di una mag,giore esperienza, la pubblicazione si astiene dal fissare già in questo regolamento provvisorio norme speciali per l'addestramento e l'impiego. La sezione Fiat 3000 è unità carrista inscindibile (spesso isolata) d'impiego tattico che sul piede di pace dispone di 3 carri ed in guerra ha costituzione variabile. La sua azione è sempre offensiva e risponde a criteri unici sia nella guerra di posizione sia nella guerra di movimento, sia in offensiva che in difensiva. La squadriglia Fiat 3000 combatte, di norma, riunita, a massa, in diretta cooperazione con la · unità cui è assegnata, ma può avere anche le proprie sezioni assegnate a diverse unità ed in questo caso essa è ripartita in modo che le sezioni agiscano contemporaneamente e sia quindi possibile, al termine dell'azione, riordinarle insieme. Deve perciò prevalere, ~ell' assegnazione delle unità carriste, il criterio della distribuzione frontale, anziché quello della distribuzione in profondità. Quando la squadriglia agisce riunita, le vengono assegnati obiettivi per estensione (e non già per resistenza) più importanti di ·quelli che possono essere assegnati alla sezione; ma qualche volta possono esserle assegnati obiettivi più importanti anche per consistenza difensiva e ciò nei casi speciali in cui possa aver buon giuoco una
I
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più intensa azione di fuoco anziché una maggiore azione di massa, che assai difficilmente potrebbe esplicarsi. Nell'azione di massa, sia al livello di sezione che di squadriglia, i singoli carri abbattono materialmente le difese accessorie e gli elementi difensivi schiacciandoli; l'azione di fuoco, quando elementi di fanteria e carri agiscono a contatto, spetta principalmente ai primi ed ai carri si riservano grande libertà di azione di massa, mentre tale azione di fuoco è propria delle situazioni nelle quali la sezione e la squadriglia siano distaccate dagli elementi di altra arma ovvero nelle situazioni nelle quali il fuoco s'imponga o per protefj!,ersi da vicino contro insidie del nemico o per battere elementi avversari allo scoperto. La necessità di ricorrere all'una piuttosto che all'altra azione e soprattutto l'eventualità di dover fronteggiare resistenze ed ostacoli imprevisti esigono formazioni elastiche, adattabili al terreno ed alle circostanze, in misura da consentire lo scavalcamento dei carri che incontrino maggiori difficoltà da parte di quelli che ne incontrano meno. Questi ultimi cercano di attaccare di fianco o da tergo gli elementi nemici che siano riusciti ad arrestare il movimento dei carri avanzati. I carri che agiscono con il fuoco non devono arrestarsi contemporaneamente, ma in successione, alternando riprese di fuoco e di movimento e tenendo presente che le riprese di fuoco debbono essere brevi, distrarre il nemico da azioni, colpirlo da più parti, fulminarlo, se tenta salvarsi o se per reagire si scopre. Se la squadriglia agisce riunita e le sezioni s'impegnano contemporaneamente, è necessario che l'azione tattica consegua, mediante la concomitanza di mezzi e l' alternanza del fuoco e del movimento, una maggiore e più rapida efficacia risolutiva. Nell'impiego della squadriglia riunita, ogni sezione deve godere, entro certi limiti, dell'autonomia necessaria per sopraffare di propria iniziativa le resistenze nemiche che si rivelino improvvisamente e che occorra distruggere immediatamente. Se a tale fine è sufficiente una sola sezione, il capo-squadriglia con l'altra o le altre sezioni continua nel suo compito, «modificando la successione del procedimento, se del caso, in modo da non spezzare l'unità organica del reparto e da restare in grado di intervenire in tempo in cooperazione della sezione impegnata, se le resistenze incontrate da questa ne superino la capacità di combattimento». Quando, invece, l'impiego delle sezioni contro uno stesso gruppo di obiettivi è successivo, il capo-squadriglia interviene nel1' azione tattica con la seconda sezione, precedendola in modo da meglio indirizzarla là dove lo svolgimento dell'attacco (che ha episodi spesso imprevisti) lo renda più opportuno. C'è nella pubblicazione - che naturalmente non va al di là del campo tattico - una visione chiara e<l anticipatrice dell'impiego delle unità
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carriste, tanto più apprezzabile se si tiene conto che l'esercito italiano non aveva nessuna vera esperienza bellica diretta in fatto di carri armati e che in quel periodo non erano ancora maturate neppure altrove dottrine e tecniche d'impiego più progredite. I principi della sorpresa e della sicurezza prevalgono rispetto a quelli della massa e della manovra - questa contenuta in termini di spazio e di tempo molto angusti - ma tutti trovano campo di applicazione e di esaltazione nel combattimento offensivo al quale il mezzo, secondo i casi, sia destinato a concorrere. Dei mezzi di azione del carro, il movimento e l'urto, più che il fuoco, costituiscono il suo punto di forza, in quanto è il fuoco della fanteria e dell'artiglieria che deve consentire al carro lo schiacciamento materiale delle difese attive e passive ed il superamento degli ostacoli: una visione questa determinata dalla funzione originaria del mezzo, creato appunto per neutralizzare l'azione impeditiva del binomio mitragliatrice-reticolato e rispondente alle prestazioni dei diversi tipi di carro allora in distribuzione presso i vari eserciti. Le modalità di azione delle unità carriste sono semplici e quasi elementari e la manovra, al livello di sezione e di squadriglia, si concreta nell'appoggio reciproco tra carro e carro e tra sezione e sezione, sia nel senso della fronte che in quello della profondità, nonché nell'alternanza tra fuoco e movimento al livello di sezione. Anche tali modalità di azione, e le altre già ricordate, tendono a richiedere ai carri quanto questi possono dare, ma prefigurano procedimenti diversi per quando le prestazioni dei mezzi saranno migliori. La stretta cooperazione tra i carri, tra le unità carriste e tra queste e le altre armi è posta come esigenza irrinunciabile dell'azione congiunta, che è la sola ipotizzata in quanto i carri sono essenzialmente destinati a sussidiare le altre armi e queste, a loro volta, pagano ai carri il tributo di fuoco che ne rende possibile la manovra, ne garantisce il successo e ne molti- , plica gli effetti. Una dottrina iniziale, in sostanza, progredita ed aperta ad ulteriori sviluppi e che dà già all'impiego dei carri armati impegnati nella cooperazione con le altri armi un indirizzo completo, chiaro e preciso quanto ai fattori da esaminare, ai criteri da seguire ed ai procedimenti da applicare.
2.
Con la legge 396 del 1° marzo 1926 - ordinamento Mussolini i carri armati cessarono di fare parte integrante dell'arma di fanteria e diventarono spedalità inJipenJente, con un proprio centro di forma-
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zione e con alcune unità carri autonome. La nascita della specialità carrista e la costituzione del reggimento carri armati, (1 comando, deposito, 5 battaglioni su 4 compagnie di 2 plotoni da combattimento e 1 plotone misto) dotato dei Fiat 3000 mod. 21 (A) con 2 mitraglitrici binate in torretta, determinarono l'intensificazione dell'addestramento tecnicoprofessionale del personale e l'aggiornamento della dottrina d'impiego. Durante le esercitazioni estive del 1927 e del 1928, svoltesi rispettivamente nella zona del Trasimeno ed in quella della frontiera occidentale, furono colti vari ammaestramenti che vennero inseriti nella regolamentazione tattica del 1928. Nel 1929 due battaglioni carri parteciparono alle esercitazioni estive svolte nell'alta valle V araita in cooperazione con truppe da montagna e da tali esercitazioni, come abbiamo accennato in un precedente capitolo, vennero tratte due deduzioni decisive: l'inidoneità del carro mod. 21 all'impiego sui terreni montani e la sua scarsa potenza di fuoco. Le conseguenze furono l'acquisto di 25 carri del tipo Mark VI - carro veloce mod. 29 - e la commessa alla ditta Ansaldo di costruire un nuovo tiP.o di carro armato veloce, da derivare dal Mark VI ma notevoli:nente perfezionato. Frattanto la nuova sistemazione ordinativa della specialità, l'aumento del numero delle unità, l'avvio della produzione di nuovi tipi e gli ammaestramenti tratti dalle varie esercitazioni indussero lu stato maggiore dell'esercito ad elaborare e pubblicare due nuove istruzioni - Addestramento delle unità carri armati mod. 1921-1930 (2) e Istruzione provvisoria sui carri armati veloci (3) - a completamento e aggiornamento della pubblicazione del 1925. I principali criteri in vigore fino ad allora circa l'impiego delle unità carriste conservano integra nel nuovo regolamento la loro validità e, in particolare, la sorpresa conserva il valore assoluto di principio di base essenziale. II compito dei carri armati in combattimento continua ad essere la distruzione o la neutralizzazione delle difese nemiche che si oppongono all'avanzata dell'unità di fanteria cui i carri sono assegnati. Per l'adempimento del compito le unità carri si avvalgono delle azioni di spianamento degli ostacoli materiali e dei centri di resistenza avversari, e delle 'azioni di fuoco, alle quali ultime è ora attribuita un'affidabilità maggiore che non nella pubblicazione del 1925. Fermo resta il criterio che i carri debbono essere sempre impiegati in azioni di movimento e che, tranne in casi eccezionalmente favorevoli, essi, conquistato l'obiettivo loro assegnato, debbono essere ritirati dalla linea di combattimento e raccolti in adatte posizioni. Le limitazioni e gli impedimenti all'azione dei carri - limitata autonomia (8-10 ore) e terreno proibitivo (asperità e forti pendenze) - ed i problemi della loro protezione, della difesa contro i carri nemici, dei collegamenti, della ricognizione e dei lavori restano quelli
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di sempre; variano tuttavia le soluzioni, nel senso che sono meglio individuate e definite le previdenze e le provvidenze da adottare per misure più efficaci e complete. Ai fini della protezione indiretta restano preminenti l'occultamento ed il mascheramento dei mezzi e dei preparativi per il loro impiego, nonché i tiri di mascheramento dell'artiglieria ed i voli di aeroplani a bassa quota durante le fasi di movimento, come pure l'effettuazione di questo per sbalzi successivi. La protezione diretta resta affidata, oltre ai carri stessi (impiego delle armi, rapidità e irregolarità dei movimenti), alla fanteria {contro le armi controcarro) ed all'artiglieria {tiri di controbatteria e di accecamento) . Questa ultima agisce nella fase di preparazione con tiri di controbatteria e di appoggio e, durante la fase di penetrazione, soprattutto con tiri di appoggio e di protezione. Anche l'aviazione continua a concorrere alla protezione diretta mediante il controllo del cielo della zona d'impiego dei carri, l'osservazione e la segnalazione delle postazioni nemiche, nonché mediante l'intervento diretto nel combattimento con tiri di mitragliatrici e con il lancio di bombe esplosive e fumogene. La difesa contro i carri armati nemici comprende, oltre l'avvistamento, la segnalazione ed il fuoco (pezzi di piccolo calibro opportunamente appostati per il fuoco a distanza ravvicinata, concentramenti d' artiglieria, mine predisposte funzionanti per contatto od a comando, lancio di bombe da aeroplani), anche gli ostacoli naturali (corsi o specchi d'acqua larghi e profondi, terreni melmosi, falde o terreni rocciosi, boschi fitti, pendenze superiori ai 45 gradi) e quelli artificiali (rottura di argini, deviazioni di correnti d'acqua, abbattute, sbancamenti successivi nei terreni in pendenza, spezzoni di rotaie o di travi a T assicurati in colate di cemento o calcestruzzo ed inclinati verso il nemico, trabocchetti mascherati,' cavi resistenti per lo sbarramento di passaggi obbligati); mezzi tutti ai quali il difensore fa ricorso per annullare o ridurre la possibilità d'intervento dei carri attaccanti, e dai quali debbono premunirsi e difendersi mediante l'osservazione, la raccolta di notizie e le ricognizioni generali e particolareggiate. Le ricognizioni generali, integrate da ricognizioni a vista e fotografiche eseguite dagli aerei, servono a fornire al comandante della grande unità i dati di base per definire la ripartizione delle unità carri e le modalità dell'attacco in relazione alle possibilità di azione; quelle particolareggiate a precisare la dislocazione e i limiti delle posizioni di raccolta, le vie di accesso e di defluenza, le possibilità di transito, gli itinerari, le piste, gli imbocchi e sbocchi di queste, nonché i tratti della fronte avversaria più favorevoli all'azione. Il personale stesso dei carri, con l'aiuto, quando necessario, degli zappatori di fanteria e di personale del genio, debbono compiere i lavori
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necessari a facilitare l'avanzata dei carri fino alla posizione di partenza. Nei riguardi dei collegamenti permangono le difficoltà del passato da superare soprattutto, come nel passato, mediante intese ed accordi precisi e particolareggiati fra comandante dell'unità carrista e capi carro in sottordine, e fra comandante dell'unità di fanteria e comandante carrista (modalità dell'azione, ostacoli da superare, contegno da tenere, aiuti reciproci, soste e riprese del movimento, arresto sulle posizioni di attesa, trasmissione di notizie e di ordini, ecc.). Sul terreno di attacco il collegamento tra i carri e tra i carri e la fanteria si effettua a vista, con porta-ordini di fanteria o carristi, con segnalazioni ottiche (bandiere a lampo di colore, asta di segnalazione, razzi) e per imitazione. L'assegnazione dei carri armati alle unità di fanteria continua ad essere prevista per reparti organici ed il plotone continua ad essere l'unità elementare d'impiego. I carri, fino quando è possibile, muovono trainati. Durante l'avvicinamento essi sono tenuti nella posizione di raccolta e non fanno parte delle colonne; quando, in casi particolari, una unità carri - di regola non superiore ad un plotone per avanguardia parziale - è assegnata durante l'avvicinamento all'avanguardia, essa muove a sbalzi fra avanguardia e grosso e può essere impiegata per eliminare resistenze nemiche che sfuggano alle possibilità di azioni delle altre armi. Ncll' attacco, i carri assegnati ad una colonna sono in parte ripartiti
fra i battaglioni di primo scaglione o dati ad alcuni di essi, in parte tenuti a disposizione del comandante della colonna. I carri assegnati ad una colonna raggiungono celermente la posizione di attesa o la posizione di partenza: questa, di norma, viene occupata nella sera o nella notte precedente l'attacco. All'ora stabilita per l'attacco i carri iniziano il movimento precedendo o seguendo il movimento della fanteria a seconda della situazione, della distanza e dall'entità dei primi obiettivi, dell'ubicazione della posizione di partenza rispetto a quella della fanteria, della natura del terreno, della prevedibile reazione nemica. Quando gli obiettivi sono vicini, muovono prima i carri mentre la fanteria e l'artiglieria tengono sotto il fuoco il nemico; i carri muovono per primi anche quando debbono essere essi a praticare i varchi nell'ostacolo passivo, in modo da evitare che la fanteria raggiunga l'ostacolo e vi si addensi prima dell' apertura dei passaggi. Quando, invece, gli obiettivi sono alquanto lontani, è la fanteria a muovere per prima e questa è raggiunta ed oltrepassata dai carri in corrispondenza di una linea preventivamente stabilita. I carri muovono all'attacco contemporaneamente su larga fronte (intervallo di 50 m tra carro e carro); attacco durante le squadre carro seguono i reparti avanzati di fanteria che operano coi carri, tenendosi pronte a soccorrere il proprio carro immobilizzato per avarie, a raggiungerlo
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nella posizione di attesa o anche a sostituire il personale messo eventualmente fuori combattimento; le unità carri, per garantire all'azione la durata e la continuità necessarie, si scaglionano in profondità in modo che lo scaglione retrostante possa avvicendare quello antistante non più in grado di proseguire l'azione; i carri procedono verso l'obiettivo riducendo è spazzando le resistenze in posto, mentre la fanteria ne completa l'azione, battendo le resistenze laterali, affrontando quelle sfuggite ai carri, opponendosi ai contrattacchi o ai tentativi nemici di aver ragione dei carri con mezzi di lotta vicini, contrabbattendo le armi anticarro dell'avversario; raggiunti gli obiettivi, le unità carri vengono al più presto sostituite dalla fanteria, si dispongono su prestabilite posizioni di attesa, al coperto dal tiro nemico, si riordinano, revisionano~ mezzi e si riforniscono sia che debbano poi riprendere l'attacco sia che debbano essere ritirate dal combattimento. I carri mod. 1921-1930 possono dare valido aiuto alla fanteria anche nell'attacco di posizioni fortemente organizzate purché il loro impiego venga accompagnato da speciali previdenze (obiettivi non troppo lontani, tempi d'attacco commisurati alle prevedibili difficoltà di un terreno inciso da carri o sco~volto dai tiri delle artiglierie). Nello sfruttamento del successo, i carri informano il loro impiego a criteri di maggiore spigliatezza ed ardimento rispetto a quelli dell'attacco: le fronti di attacco si ampliano e le distanze dei carri dalla fanteria si accrescono. Nell'inseguimento i carri armati possono essere assegnati alle unità per eliminare rapidamente le resistenze predisposte dal nemico e possono essere spinti talvolta con i reparti più avanzati, a meno che per le difficoltà del terreno il loro movimento non diventi · più lento di quello di tali reparti, perché, in tal caso, è opportuno che muovano con il grosso. Nell'azione difensiva, i carri sono impiegati nei contrattacchi o nelle controffensive. Nei contrattacchi in forze, nel cui ambito solamente trovano impiego remunerativo, i carri muovono da posizioni di attesa scelte in prossimità delle unità di riserva e precedono decisamente la fanteria anche se ciò può provocare il loro temporaneo distacco dalla fanteria stessa. Nelle controffensive le modalità di azione dei carri sono analoghe a quelle dell'azione offensiva. È in tale quadro generale del combattimento che la pubblicazione fissa successivamente le norme per l'istruzione formale e per l'istruzione tattica del plotone, della compagnia e del battaglione carri. Il plotone, ora costituito su 4 anziché su 3 carri, è l'unità normale d'impiego dei carri armati veloci; le sue formazioni normali sono colonna serrata o aperta e stormo serrato o aperto. Ciascun carro comprende un nucleo di combattimento ed un nucleo traino: il primo costituito dall'equipaggio del carro (capo carro e pilota) e dalla squadra carro (1 esploratore, 1 se-
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gnalatore, 2 zappatori che muovono a piedi); il secondo dal conduttore e dal meccanico dell'autocarro plotone (i 4 nuclei traino di ciascun plotone costituiscono la squadra traino). Solo in via eccezionale e transitoria il plotone si fraziona per accompagnare minori unità di fanteria operanti in terreno boscoso o negli abitati. Il plotone muove il più a lungo possibile in formazione trainata; in attacco avanza normalmente in formazione a stormo e, se deve provvedere all'apertura dei varchi attraverso i reticolati, può procedere anche, in primo tempo, in formazione lineare con intervalli non inferiori ai 30-40 m fra carro e carro. I carri regolano la loro avanzata su quella del carro comando con rapidi e frequenti cambiamenti di direzione; aprono il fuoco alle brevi distanze e si sforzano di piombare il più rapidamente possibile sulle successive resistenze nemiche; muovono sempre in intima cooperazione con la fanteria e, combinando opportunamente le azioni di movimento e le azio-
ni di fuoco, si oppongono ai tentativi nemici intesi a rompere tale cooperazione; battono con il fuoco i bersagli animati ed eseguono tiri di neutralizzazione contro postazioni di mitragliatrici e di armi controcarro (i carri cannone sono destinati alla neutralizzazione di armi controcarro ed alla distruzione di carri armati nemici e di postazioni di mitragliatrici); possono rivolgere il loro fuoco anche contro un solo obiettivo, attaccandolo simultaneamente di fronte e sui fianchi; raggiunto l'obiettivo, nell'attesa del sopraggiungere dei reparti di fanteria, non si fermano su di esso, ma si spostano oltre o sostano al coperto nelle vicinanze tenendosi in misura di intervenire contro i tentativi nemici di contrattacco; raggiunti dalla fanteria, si trasferiscono nella posizione di attesa prestabilita. Quando l'attacco sia costretto a rallentare e le fanterie si arrestino, per riprendere lena e preparare la ripresa dell'azione in migliori condizioni, il plotone carri evita di insistere da solo in un'azione che riuscirebbe slegata e quasi sempre poco redditizia. La compagnia comprende il comandante, 1 plotone comando (1 carro armato comando), 1 squadra servizi, tanti carri di riserva quanti sono i plotoni, e da 2 a 4 plotoni. Le sue formazioni normali sono colonna serrata o aperta e stormo serrato o aperto. Nel caso che la compagnia sia ripartita fra i battaglioni di fanteria, ciascun plotone opera secondo le modalità indicate. Nel caso invece che la compagnia sia tutta assegnata a un battaglione, essa viene ripartita, generalmente, nel senso della fronte e della profondità. Il comandante della compagnia partecipa di massima all'azione con uno dei suoi plotoni, che per regola è uno di quelli di rincalzo; eventualmente può rimanere presso il comandante di fanteria, se cosl gli viene ordinato, per facilitare il coordinamento dell'azione dei carri. I plotoni di rincalzo non hanno il compito di rinforzo dei plotoni antistanti, ma di prolungamento
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della. loro azione contro obiettivi successivi. Non è da escludere, tuttavia,
che i plotoni arretrati possano talora essere impiegati contro obiettivi laterali, o in direzione diversa da quella già seguita dal plotone avanzato. La compagnia impiegata con tutti i suoi plotoni simultaneamente agisce su obiettivi ripartiti fra i vari plotoni ed in tal caso, il comandante della compagnia, che partecipa all'azione col proprio camJ, dà disposizioni per evitare gli addensamenti sulla fronte, indirizza e coordina l'azione fino ali' espletamento del compito assegnato alla compagnia stessa. Il posto del comandante della compagnia, che è impiegata simultaneamente: quando i carri precedono la fanteria è all'altezza dei plotoni (al centro o su un'ala) od immediatamente dietro di essi; quando i carri seguono la fanteria, avanti, in un punto conveniente da dove possa seguire bene il procedere dei reparti avanzati. Il battaglione - costituito dal comandante e ufficiali del comando, da un plotone comando (1 squadra maggiorità, 1 squadra servizi, 1 squadra riparazioni e ricupero carri guasti, 1 autodrappello), e da 2 a 4 compagnie carri armati - può considerarsi /a, maggiore unità carrista destinata ad agire nell'ambito della. divisione di fanteria.
L'impiego del battaglione tutto riunito è eccezionale; in tale caso le formazioni più opportune sono quelle che consentono un adeguato scaglionamento in profondità; di esse poi sono da preferirsi quelle per compagnie successive anziché per compagnie affiancate, allo scopo di ottenere maggiore unità di comando e più intima concorrenza di sforzi contro successivi obiettivi. L'azione di comando del comandante di battaglione carri ha in questo caso le stesse caratteristiche di quella del comandante di compagnia; le modalità di azione del battaglione sono altresl analoghe a quelle indicate per la compagnia. L'Addestramento delle unità carri armati mod. 1921-1930 si chiude con i capitoli dedicati ai casi particolari d'impiego (boschi, montagna, abitati), all'addestramento dei reparti al tiro, ai servizi (sanitario, munizioni, viveri, idrico, rifornimento del materiale carrista e delle materie di consumo, ricuperi e riparazioni), alle esercitazioni annuali in comune con la fanteria. A tale pubblicazione dell'aprile 1931 fece seguito, nel maggio successivo, l'Istruzione provvisoria sui carri armati veloci nella quale, dopo la de~crizione del mezzo e le indicazioni per l'istruzione formale, vennero fissati, in relazione alle caratteristiche del mezzo, i criteri e le modalità d'impiego specifici per il plotone, la compagnia ed il battaglione carri veloci. L'istruzione modificò in parte il regolamento riguardante l'addestramento delle unità carri armati mod. 1921-1930, confermò la costituzione del plotone su 4 carri armati veloci incluso quello del comandante e fissò quella della compagnia su 1 plotone comando (1 carro veloce comando, 1 squadra comando, 2 carri veloci di riserva) e 2 ploto-
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ni carri veloci e quella del battaglione su 1 comando di battaglione (comandante, 1 squadra maggiorità, 1 squadra radio, 1 squadra servizi, 1 squadra riparazioni, 1 autodrappello) e 6 compagnie carri veloci. Previde, inoltre, formazioni normali diverse da quelle stabilite dalla pubblicazione precedente -e, in particolare, per il plotone: le formazioni in colohnil (carri disposti l'uno dietro l'altro, con il carro del comandante in tesu1), serrau, ,o .ape,18 (secondo che la distanza fra carro e carro fosse rispettivamente di 5 o '60 passi), in linea {carri affiancati sullo stesso alli~eamefito co~ il carro del comandante immediatamente a sinistra del carro di destra), serrata o aperta (secondo che la distanza fosse rispettivamente di 5 o 60 passi) 4 mezzi plotoni affiancati {primo mezzo plotone in colonna serrata o aperta Il destra e con il secondo in uguale formazione a sinistra ad intervallo variabile tra i mezzi plotoni); per la compagnia le formazioni in colonna serrata o aperta (plotoni uno dietro l'altro, con il carro del comandante di compagnia in testa e distanza tra i plotoni rispettivamente di 20 e 100 passi), in linea se"ata o aperta (plotoni in linea sullo stesso allineamento, con il carro del comandante di compagnia al centro; intervallo tra i plotoni rispettivamente di 20 e 100 passi), plotoni affiancati (plotoni in colonna serrata o aperta, l' uno a fianco del1' altro, con i carri dei comandanti di plotone sullo stesso allineamento e con quello del comandante di compagnia in testa al plotone di destra), colonne di plotoni in linea (plotoni in linea uno dietro l'altro a 20 passi di distanza e carro del comandante di compagnia 20 passi avanti il centro del primo plotone). In relazione alle caratteristiche positive (grande mobilità, capacità di superare ostacoli, notevole capacità di fuoco, protezione dalle armi· portatili con munizioni ordinarie e dagli shrapnel, bersaglio e visibilità limitati) e negative (limitato campo visivo dall'interno a carro chiuso, servitù di manutenzione e di rifornimenti) del mezzo l' istruzione mette in evidenza come il carro abbia spiccata attitudine alle azioni di sorpresa rapide e audaci, possa svolgere azioni di fuoco di grande effetto morale e materiale contro bersagli animati allo scoperto, abbia grande capacità di manovra e costituisca pertanto mezzo di grande rendimento in ogni fase della battaglia in cooperazione con le truppe celeri, pur potendo essere di grande aiuto anche alla fanteria specialmente nell'azione offensiva su terreno non organizzato e in quella difensiva nei contrattacchi e nella manovra di ripiegamento. Nell'esplorazione, facenti parte sia del distaccamento esplorante sia del grosso, i carri veloci concorrono alle azioni delle truppe celeri eseguendo rapide puntate, portando improvvisi rapidissimi attacchi di fuoco per favorire l'azione della cavalleria e dei bersaglieri ciclisti, disimpegnano reparti a contatto minacciati da forze so-
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verchianti, fiancheggiano reparti celeri in marcia, scortano artiglierie motorizzate, assicurano temporaneamente la occupazione di posizioni importanti fino a che non giungano i reparti retrostanti, ed eccezionalmente cooperano alla trasmissione di ordini o di notizie in ,zone infestate dal nemico e quando manchino altri mezzi. Assegnati alle colonne durante la marcia al nemico, trovano impiego con le avanguardie, oppure per sorvegliare la zona interposta tra colonne contigue, o, se disponibili in numero notevole, anche come riserva mobile di fuoco . Nelle soste, possono essere impiegati in rapide puntate a scopo di esplorazione. Nell'attacco appoggiano i reparti puntando di sorpresa su centri di resistenza o posizioni di particolare importanza, fiancheggiando i reparti in attacco, intervenendo quale riserva mobilè di fuoco in determinate direzioni, cadendo di sorpresa ed improvvisamente sui punti più sensibili del nemico. Nella difesa trovano impiego essenzialmente nelle azioni controffensive e nei contrattacchi. Nell'inseguimento sono idonei a conseguire effetti morali e materiali di grande efficacia, spingendosi avanti senza preoccupazione della loro sicurezza, con il compito di agire sui fianchi dell'avversario o di prevenirlo su punti di obbligato passaggio. Nella manovra di ripiegamento, impiegati nell'ambito della retroguardia, operano con azioni a breve raggio contro gli inseguitori, ne minacciano i fianchi od il tergo oppure puntano direttamente contro le teste delle colonne inseguenti arrestandone o ritardandone la marcia. Qualunque sia l'impiego dei carri armati veloci, la loro azione deve essere inquadrata in quella di altri reparti - celeri o a piedi - e con questa coordinata per cui, stante anche il fatto che i carri assegnati ad un'unità ne costituiscono, per quanto si riferisce all'impiego, parte integrante per tutta la durata dell'azione, occorre che i comandanti delle truppe celeri ed i comandanti di fanteria conoscano le possibilità dei carri e i quadri di questi conoscano a loro volta i procedimenti di impiego delle truppe con cui cooperano. L'unità normale d'impiego dei carri veloci è il plotone che può però frazionarsi ad essere impiegato per mezzi plotoni specie quando venga assegnato a reparti esploranti o alle avanguardie. La compagnia è impiegata riunita solo in casi particolari di situazione e di disponibilità di carri. Il comandante della compagnia ripartisce fra i plotoni gli obiettivi quando questi siano vari ed abbiano ciascuno consistenza limitata superabile presumibilmente dai singoli plotoni; quando invece l'obiettivo della compagnia sia unico e consistente, il comandante manovra impegnandolo frontalmente con parte dei plotoni e tentando di colpirlo sul fianco o sul tergo con i rimanenti; manovra che ripete contro gli obiettivi successivi quando questi siano più di uno ed abbiano tutti consistenza superiore a quella che si presume possa essere superata da un solo plotone.
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La prima delle due pubblicazioni non si discosta dunque granché da quella del 1925 quanto alla visione generale del combattimento dei carri ed ai principali criteri del loro combattimento. L'evoluzione riguarda essenzialmente i procedimenti meno riduttivi, rispetto ai precedenti, della potenzialità operativa del carro, che resta tuttavia soprattutto un mezzo d'urto o di spianamento degli ostacoli materiali e dei centri di resistenza avversari. L'azione di fuoco dei carri resta tuttora quasi sussidiaria ed eventuale, possibile in taluni casi per sostituire l'azione di appoggio dell'artiglieria - specie quando questa arma non possa intervenire senza pericolo di colpire i fanti o sia essa stessa in crisi (sbalzi da una posizione ad un'altra più avanzata) - e necessaria soprattutto per la protezione diretta dei carri stessi al pari della rapidità e dell'irregolarità del movimento. La velocità dei carri resta sacrificata quasi entro i limiti di quella della fanteria appiedata, anzi di quella della squadra-carro, una specie di spazza-neve quando marcia avanti ai carri e di nucleo di pronto soccorso quando li segue. La manovra continua ad essere quasi assente: non esiste al livello di plotone, il quale opera simultaneamente sull'intera fronte e si riduce, al livello di compagnia, all'avvicendamento, mediante scavalcamento, dello scaglione avanzato da parte di quello retrostante. La pur giusta preoccupazione di salvaguardare la preziosità dei carri e di recuperare quelli immobilizzati è esasperata al punto tale da concentrare l'azione dell'artiglieria e della fanteria quasi esclusivamente sull'esigenza di proteggere, neutralizzando il fuoco dell' artiglieria nemica e controbattendo le armi anticarro dell'avversario, il movimento dei carri armati. A questi spetta l'apertura dei varchi attraverso l'ostacolo e, in pratica, sono essi a condizionare l'avanzata della fanteria, ma il rigidismo dell'azione congiunta fanteria-carri è tale da sclerotizzare anziché vitalizzare l'intera azione. In conclusione, dopo oltre sei anni, la dottrina d'impiego del carro armato, quale potente mezzo ausiliario della fanteria, non aveva fatto notevoli passi in avanti, ma era rimasta quasi ferma a quella del·1925. Questa era apprezzabile, come abbiamo scritto, quale spinta propulsiva ali' avvio della concezione della lotta dei carri, ma abbisognevole di approfondimento e di ulteriore sviluppo per giungere ad una formula tattica più convincente e più remunerativa dell'impiego dei carri in cooperazione con la fanteria. Se ciò non accadde, dipese principalmente dalla preminenza che si continuò a dare alla funzione d'urto del carro, dalla insormontabile difficoltà di conciliare tatticamente la velocità dei carri con quella della fanteria a piedi e dalla fossilizzazione di idee prive di immaginazione prospettica. Ciò non avvenne, invece, nei riguardi dell'impiego dei carri veloci in cooperazione con le truppe celeri. L'istruzione provvisoria del 1931,
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lasciando fermo il concetto che i carri per la loro vulnerabilità non operano quasi mai da soli, salvo il caso dell'occupazione preventiva di località particolari e caratteristiche, mette l'accento sull'azione manovrata delle unità carri veloci, che in tutte le azioni ed in tutte le fasi della lotta utilizzano principalmente le loro capacità di mobilità, di velocità e di fuoco per sviluppare in proprio la manovra o per consentire quella della cavalleria e dei bersaglieri ciclisti. Qui il divario tra la velocità dei carri e quella delle altre armi è molto ridotto e, conseguentemente, la possibilità di armonizzare l'azione dei primi con quella -delle seconde assai maggiore. I carri armati veloci sono sempre in moto: eseguono rapide puntate di esplorazione o di fuoco, disimpegnano con la manovra altri reparti impegnati o minacciati da forze soverchianti, fiancheggiano reparti celeri in marcia o truppe attaccanti combinando azioni di movimento e di fuoco, agiscono come riserva mobile di fuoco, sviluppano azioni a breve raggio contro nemico che avanza od insegue, contrassaltano e contrattaccano. Essi coordinano naturalmente il loro movimento ed il loro fuoco con quelli delle truppe con le quali cooperano, ma godono di grande libertà d'iniziativa e di azione e, al livello di compagnia, anche di manovra in proprio (impegno frontale con il fuoco dell'obiettivo e azione manovrata sul fianco o sul tergo dello stesso obiettivo). Fu, difatti, dall'J. struzione provvisoria sui carri armati veloci del 1931 che deriverà la concezione d'impiego dei carri come elemento sostanziale delle unità corazzate per le azioni di manovra in profondità o a largo raggio contro forze non saldamente organizzate ed eventualmente anche per azioni di forza intese a superare robuste organizzazioni difensive. Una concezione che tarderà molto ad affermarsi nell'esercito italiano nel cui ambito le prime grandi unità corazzate - la brigata Centauro e la brigata Ariete - verranno costituite solo nel 1937 ed il riconoscimento del ruolo determinante dei carri nella battaglia e nel combattimento avverrà solo nell'immediata vigilia della seconda guerra mondiale. Verrà poi codificato ufficialmente molto tardi, nell'agosto del 1941, vale a dire circa due anni dopo da quando l'esercito tedesco, utilizzando il binomio carri-aerei, aveva sbaragliato in 18 giorni l'intera armata polacca. .
3. La dottrina tattica del 1935-'36, nelle Direttive per l'impiego delle grandi unità e nelle Nonne per il combattimento della divisione, ispirata
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alla guerra di movimento, previde la presenza dei carri armati come necessaria in quasi tutte le fasi del combattimento che si svolgesse su terreni non impeditivi all'impiego del mezzo. I carri disponibili erano però tuttallora i carri 35 o L3 armati di 2 mitragliatrici binate (denominati d'assalto se in dotazione a reparti inquadrati nei reggimenti carri e veloci se in dotazione alle truppe celeri) ed i carri Fiat 3000 B denominati di rottura. Nel 1936, in aderenza alla politica dei carri che intendeva sviluppare e in seguito alla nuova dottrina tattica che veniva elaborando, lo stato maggiore dell'esercito diramò la circolare 900 - Impiego e azione dei carri veloci (4) - nella quale modificò in parte i criteri d'impiego dei carri veloci e ne esaltò l'azione nel campo strategico ed in quello della cooperazione con le truppe celeri. Alla circolare 900 del 1° febbraio 1936 fece seguito, nel giugno dello stesso anno, la circolare 47000 - Addestramento ed impiego dei carri veloci (5) - abrogata nel settembre successivo dalla pubblicazione omonima (6) ed edita, con l'approvazione del capo di stato maggiore dell'esercito, dall'Ispettorato delle truppe celeri. Questa ultima pubblicazione, che abrogò e sostituì non solo la circolare 47000 ma anche il capitolo III, all'oggetto Impiego, della Istruzione provvisoria sui carri armati veloci del 1931, era stata preceduta, nel giugno, dalla pubblicazione Istruzione formale dei carri veloci (7) che aveva a sua volta abrogato e sostituito il capitolo II, all'oggetto Istruzione formale, della stessa istruzione provvisoria del 1931. Sul piano dell'istruzione formale il plotone diventa la minore unità d'impiego ed il reparto fondamentale per il combattimento, e conserva la formazione organica su 4 carri (compreso il carro del comandante) e una motocicletta. Le formazioni del plotone sono: la. colonna (carri uno dietro l'altro, comandante in testa) la quale può essere serrata (se la distanza fra carro e carro è di 6 passi) o aperta (se la distanza fra carro e carro è di 20 passi); la, linea (carri affiancati sullo stesso allineamento, con il carro del comandante a destra della formazione) la quale può essere se"ata (intervallo di 6 passi tra i carri) o aperta (intervallo di 20 passi); lo stormo (carri disposti a losanga: comandante in testa; primo carro comune a destra: secondo e terzo carro, rispettivamente, a sinistra e indietro; questo ultimo coperto sul carro del comandante) il quale può essere se"ato (distanze ed intervalli di 6 passi) o aperto (distanze e intervalli di 20 passi); la, colonna doppia, formazione eventuale, nella quale il plotone ha due carri in colonna a destra e due in colonna a sinistra, comandante in testa a destra, seguito dal primo carro comune (gli altri due a sinistra, in ordine progressivo), fermi i valori degli intervalli e delle distanze comuni alle altre formazioni. Lo squadrone - denominazione che sostituisce per le unità carri veloci quella di compagnia - è unità
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di addestramento e d'impiego e continua ad essere costituito su di un comando (carro del comandante, due carri di riserva, una motocicletta biposto, due autocarri dovunque, personale dei servizi e piloti di riserva) e su 3 plotoni di combattimento. Le formazioni dello squadrone sono: la colonna (plotoni uno dietro l'altro, comandante dello squadrone in testa; distanza fra il plotone di testa e il comandante e fra un plotone e l'altro da 10 a 40 passi secondo che la colonna sia se"ata o aperta); la linea (plotoni sulla stessa linea, il primo al centro, il secondo a destra, il terzo a sinistra; carro del comandante al centro della formazione; intervallo fra i plotoni da 10 a 40 passi secondo che la linea sia s~ata o aperta); la colonna di plotoni a stormo (plotoni a stormo uno dietro l'altro, in ordine numerico; distanza del plotone di testa dal comandante e fra plotone e plotone da 10 a 40 passi secondo che la colonna sia s~ata o aperta); la linea di plotoni a stormo (plotoni a stormo sullo stesso allineamento, il primo al centro, il secondo a destra, il terzo a sinistra; carro del comandante al centro della formazione e 10 passi innanzi alla linea <lei comandanti di plotone). Lo squadrone può anche assumere le formazioni di: plotoni affiancati (plotoni in colonna - serrata o aperta l'uno di fianco all' altro, carro del comandante dello squadrone al centro della formazione e 10 passi innanzi alla linea dei comandanti di plotone; intervallo fra i plotoni 10 passi se la formazione è serrata, 40 se è ap·erta; colonna di plotoni (plotoni in linea uno diètro l'altro in ordine numerico, carro del comandante dello squadrone innanzi al centro del primo plotone; distanza del comandante e fra plotone e plotone 10 passi, se la colonna è serrata). Il gruppo squadroni carri veloci è unità di addestramento e di impiego; comprende il comando (carro del comandante, ufficiali del comando, plotone comando: comandante, squadra maggiorità, squadra riparazioni e ricupero con autofficina campale,_ autodrappello) e 2 squadroni carri veloci. Sul piano dei criteri d'impiego e delle modalità di azione, la nuova regolamentazione pone sullo stesso livello l'importanza dell'azione d'urto e dell'azione di fuoco ed esalta l'impiego a massa (sempre per unità organiche) cd offensivo dei carri veloci che sono mezzi offensivi formidabili nelle ,mini di capi pronti, sereni, riflessivi e capaci e di equipaggi di alta abilità tecnica e di elevato ardimento, sia se impiegati da soli, per compiti speciali, nel campo strategico o tattico, sia in coof,erttzione con truppe celeri. Il carro veloce - mezzo di sorpresa, di urto, di distruzione, di penetrazione - integra, facilita, abbrevia l'azione del cavaliere e del bersagliere. Fattori del successo sono: l'intervento di sorpresa, al quale concorrono l'esatta valutazione delle difficoltà del percorso e del tempo per giungere sul nemico; la direzione più redditizia, che è quella che consente
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al maggior numero dei carri di giungere sicuramente e di sorpresa sul nemico; l'azione a massa da realizzare sull'obiettivo, ma non durante il movimento. I carri veloci debbono sfruttare al massimo la velocità; per poterlo fare debbono: godere di sicurezza nel movimento, ottenibile con l'impiego dei motociclisti e con l'esplorazione dell'unità celere cooperante; essere sicuri della rotta con lo studio della carta topografica, con l'osservazione e la ricognizione del terreno; essere capaci di continuità di movimento, da garantire con il buon addestramento degli equipaggi e la piena efficienza dei mezzi (questa ultima è in funzione del perfetto accordo fra pilota e mitragliere). I loro atti tattici devono essere improntati a chiarezza e semplicità, tanto nella concezione quanto nell'attuazione. Il comandante di un'unità carri veloci deve operare perfettamente orientato nell'azione da svolgere e deciso a realizzare quanto stabilito in stretta cooperazione con i reparti destinati a sfruttarne l'azione, i cui effetti sono fugaci e perciò da sfruttare con immediatezza. Il comandante dell'unità che impiega i carri veloci deve orientare adeguatamente il comandante dell'unità carri, fissare bene i particolari della cooperazione e tenersi in grado di agevolarne e sfruttarne l'azione. Gli ufficiali di cavalleria e bersaglieri devono essere tutti abilitati alle funzioni di carristi e di comandanti di reparti carristi. I carri veloci: nell'esplorazione sono mezzo sicuro per facilitare l' esplorazione degli altri elementi eseguendo brevi e rapidi colpi di sonda su determinati obiettivi, e per eliminare gli ostacoli che sbarrano la via agli altri elementi celeri; nell'attacco, - unità d'impiego normale lo squadrone - lanciati a momento opportuno, aprono la via all'azione risolutiva del reparto cooperante precedendolo adeguatamente; nell'inseguimento, sfruttando tutti gli itinerari possibili, si gettano sui fianchi delle colonne in ritirata e con violente riprese di fuoco, senza dare tregua, provocano panico con il fuoco e con la massa; nell'azione difensiva contrastano l'azione dei reparti che tentino di sopraffare i centri avanzati o siano penetrati nella posizione di resistenza, ed effettuano il contrattacco; nella rottura del combattimento, impiegati su larga fronte ma a breve raggio, impegnando ]'avversario lo obbligano a stare fermo per difendersi; nella protezione del ripiegamento, ricorrendo ali' agguato lungo le direttrici di movimento più pericolose, contengono la pressione avversaria e danno tempo e modo al reparto cooperante di disporsi per resistenze successive. I carri veloci possono anche essere impiegati in servizio di scorta per la protezione di autoreparti e artiglierie motorizzate. Per garantire lo sbarco delle truppe dagli autocarri, o la presa di posizione delle artiglierie, i carri veloci, in situazioni adatte, incrociano in corrispondenza
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delle direzioni più pericolose e vi compiono puntate a breve raggio. Essi trovano difficoltà d'impiego nei terreni boscosi, negli abitati e nelle zone aspre e accidentate; esigono la disponibilità di buone mulattiere e terreni di non troppo difficile percorribilità, e possono agire in tali casi con le avanguardie per l'occupazione di colli, strette, località importanti. Di notte possono servire solo nell'inseguimento, o in ritirata, su strada, a stretta misura col reparto cooperante. In sintesi, l'azione dei carri veloci deve concorrere con la massa degli effetti morali e materiali all'azione del reparto cooperante. Caratteristica di tale concorso è l'attacco deciso. Da qui la necessità di una preparazione individuale perfetta di comandanti, piloti, mitraglieri o singoli carristi e di una preparazione collettiva di comandanti, unità minori, elementi di comando (motociclisti) non meno perfetta. Il plotone è l'unità minima d'impiego; il suo comandante agisce agli ordini ed affiancato al comandante dell' unità cooperante; le sue formazioni normali di combattimento sono la linea e lo stormo. Il comandante Jd plutone in<lica a ogni capocarro l'obiettivo, la rotta, i punti di riferimento, le formazioni di avvicinamento, le eventuali soste, il posto di riunione dopo l'attacco. Durante l'attacco, i carri del plotone puntano decisi sui rispettivi obiettivi orientandosi sul carro del comandante; qualora questi si arresti, proseguono senza esitazione orientandosi sul carro del subentrante; raggiunti gli obiettivi, puntano decisi sulle mitragliatrici, travolgono i nuclei nemici, li battono col fuoco; devono raggiungere insieme i rispettivi obiettivi, evitando pregiudizievoli tentennamenti per attendersi l'un l'altro ed evitando altresl di serrare intervalli e distanze (non superiori ai 50 m); lanciatisi all'assalto, devono essere animati dalla volontà di arrivare sul nemico, non interrompendo o rallentando la corsa se appaiono carri avversari, investendo questi negli organi di locomozione se lo scontro fra carri si rende inevitabile, scagliandosi risoluta-
mente contro carri similari avversari se, per la salvezza di un reparto da una incursione di sorpresa, si reputa necessario l'urto. Lo squadrone se impiega abilmente la massa dei suoi mezzi può conseguire grandi risultati. L' abile impiego della massa dipende anche dalla scelta della formazione adatta al tipo particolare di combattimento, dalla situazione e dal terreno. La maggiore forza dell'unità rispetto a quella del plotone, la maggiore importanza dei compiti che le vengono affidati ed il maggiore sviluppo che può assumere la sua azione non mutano sostanzialmente né i criteri né le modalità di azione indicati per il plotone. Il comandante dello squadrone che debba ripartire i suoi plotoni fra i diversi reparti cooperanti svolge la propria azione personale in relazione ai compiti che, di volta in volta, gli vengono affidati. L'importanza del gruppo squadroni è in
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relazione al compito della grande unità a vantaggio della quale opera; compito nel quale soprattutto influisce la massa dei mezzi tempestivamente impiegati. Quando agisce riunito, attacca una fronte ampia 500 m se scaglionato in profondità, 1000 m se opera con entrambi gli squadroni avanzati. Nell'agosto del 1936 vide la luce anche la circolare 10500 - Impiego ed addestramento carri d'assalto (8) - che confermò e completò i criteri delle precedenti pubblicazioni e, in particolare, il contenuto della circolare 47000 del giugno. Si legge nella premessa che quest'ultima, pur riferendosi in particolare ai carri veloci, è da considerarsi di base per l'impiego di tutte le unità carriste. Il carro d'assalto aveva caratteristiche analoghe a quelle del carro veloce, ma quanto all'armamento veniva distinto in tre tipi: carro d'assalto comune identico al carro veloce, carro d'assalto con lanciafiamme (armato di 1 mitragliatrice e di 1 lanciafiamme, con rimorchio), carro cannone (armato di 1 cannone da 3 7/26 controcarro) con caratteristiche d'ingombro maggiori del carro veloce. In relazione alla costituzione organica, le unità carri d'assalto vennéro ordinate in battaglioni assegnati organicamente ai corpi d'armata, ma decentrabili per l'impiego alle divisioni. Ogni battaglione fu costituito da tante compagnie - ciascuna su 2 plotoni carri d'assalto comuni e 1 plotone carri d'assalto lanciafiamme - quante erano le divisioni del corpo d'armata, e da 1 compagnia carri cannone su tanti plotoni quante erano le divisioni del corpo d'armata. Tutti i plotoni erano su 4 carri. I battaglioni, per esigenze addestrative, tecniche ed amministrative, vennero riuniti in 4 reggimenti e ciascuno di questi dispose anche di 1 battaglione carri di rottura (Fiat 3000 B).La circolare 10500 ebbe una grande importanza perché segnò una nuova definizione concettuale dei diversi ruoli del carro armato a seconda degli impieghi previsti: carri di rottura medi e pesanti - del primo era stato annunciato che era in corso l' allestimento e del secondo la progettazione, avviata dalla fine del 1935 assegnati alla fanteria; carri di assalto, leggeri, speciali, assegnati anche questi alla fanteria; carri veloci, leggeri, per le truppe celeri assegnati ai bersaglieri ed alla cavalleria. La circolare 10500 ripete gran parte dei criteri e delle modalità di azione della circolare 47000, trasferiti poi nella pubblicazione Addestramento ed impiego dei carri veloci del 1936, ma ne indica anche dei nuovi e diversi, propri della specialità carri d'assalto che agisce sempre in stretta cooperazione con la fanteria. L'azione dei carri d'assalto si basa, come quella dei carri veloci, sulla ricerca costante della sorpresa, sull'impiego a massa (unità normale la compagnia, minima il plotone), sull'abilità e l'ardimento degli equipaggi, sull'accurato studio del terreno, sulla per-
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fetta intesa con la fanteria, sulla chiarezza e semplicità nella concezione e nell'attuazione dell'atto tattico, sulla precisa determinazione di obiettivi proporzionati alle possibilità dei carri ed alla resistenza fisica e morale degli equipaggi, sulla scelta della direzione di attacco più redditizia. La determinazione dei compiti, degli obiettivi e della zona di raccolta a compito ultimato spetta al comandante dell'unità di fanteria che impiega l'unità carri. L'obiettivo non è un punto ma una fronte, estesa quanto necessario per agire contro parecchie armi automatiche della difesa offrendo loro un bersaglio diradato. La sua estensione deve altresl consentire ai carri libertà di manovra e di terreno senza costringerli a raggrupparsi o a diradarsi eccessivamente. La scelta della direzione d'attacco spetta al comandante dell'unità carrista. La direzione è la determinante principale della riuscita dell'azione in quanto è l'elemento che consente di giungere sul nemico di sorpresa; la sua scelta richiede un accuratissimo studio del te"eno per utilizzare anche zone apparentemente
intransitabili. L'attacco è azione a massa e di sorpresa: concentrazione dell'azione in un settpre limitato (la massa va intesa come concentrazione di sforzi e non di mezzi), non diluizione delle forze su tutta la fronte. I carri di assalto: nella marcia al nemico muovono riuniti in coda al grosso della colonna principale o eventualmente ripartiti tra i grossi, ed una loro aliquota, quando è prevedibile l'incontro con elementi celeri o resistenze nemiche di non grande entità, può essere decentrata allo scaglione di sicurezza per sostenere le punte; nell'avvicinamento muovono a sbalzi e, se già decentrati, vengono ripresi alla mano del comandante della divisione che li impegna a massa ed a ragione veduta nell'eventualità dell'incontro con solide resistenze. Se l'avvicinamento sbocca direttamente nell'attacco, i carri di assalto occupano una posizione di partenza quanto più possibile a ridosso delle unità di fanteria cooperanti (requisiti della posizione di partenza: facilità di s.bocco simultaneo e di sorpresa, copertura alla vista e possibilmente al tiro, possibilità di direzioni di attacco coperte); se, invece, interviene una sosta prima dell'attacco, i carri si raccolgono in una posizione di attesa (requisiti della posizione di attesa: buone possibilità di shocco al coperto, accessibilità ai mezzi di rifornimento e sgombero, copertura dall'osservazione aerea e terrestre, riparo possibilmente dalle offese delle artiglierie). Nell'attacco: i carri cannone servono essenzialmente per opporsi ai contrattacchi dei carri avversari e per sostenere con il fuoco l'azione dei carri di assalto e dei carri lanciafiamme; questi ultimi sono impiegati per aver ragione di resistenze an-
nidate fra le rocce, in caverne, in zone non direttamente accessibili ai carri e protette dalle armi a tiro teso, per ripulire trincee ed appostamenti e per
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agire contro carri similari o maggiori, investendoli col dardo di fiamma. La formazione di attacco dell'unità dipende essenzialmente dal terreno: quelle tipiche su terreno pianeggiante sono la linea con le ali ripiegate, oppure lo stormo (settore ristretto). La scelta del momento dello scatto dei carri - che è in relazione alla distanza della posizione di partenza dal1'obiettivo ed alla velocità pratica massima che i carri possono mantenere - spetta al comandante dell'unità di fanteria che la regola in modo che i carri possano giungere sugli obiettivi immediatamente prima che la fanteria sia presa sotto il fuoco efficace di questi e in modo che la fanteria sia in grado di dare efficace appoggio di fuoco ai carri, specie se questi siano serrati da presso dall'avversario (azione che la fanteria svolge da fermo dalla base di partenza, quando questa non disti più di 200 + 300 m dalle posizioni avanzate nemiche o da altra posizione opportunamente scelta e occupata prima dello scatto dei carri). Una volta lanciati, i carri puntano decisi sui loro obiettivi alla massima velocità consentita dal terreno; spazzano gli elementi avversari che incontrano a cavallo della rotta; giunti sulla posizione nemica, ne frantumano la resistenza e anziché fermarsi allargano il loro raggio di azione; raggiunti dalla fanteria, si riuniscono nella zona di raccolta (requisiti: facile reperibilità, riparo dal1'osservazione e possibilmente dal tiro, a contatto tattico con il comandante della fanteria, adatta a consentire la verifica dei mezzi ed i rifornimenti ed a prestarsi quale nuova base di partenza per il successivo impiego) oppure, se la fanteria è impossibilitata a seguirli, ripiegano, sotto la protezione dell'artiglieria, rastrellando il terreno percorso nell'andata, riprendendo il contatto con il comandante dell'unità di fanteria cooperante e, se conservano capacità offensiva, si preparano alla nuova azione contro gli obiettivi che hanno ostacolato il procedere della fanteria. Se, attacco durante, si verifica uno scontro con i carri avversari, i carri comuni continuano la loro corsa sugli obiettivi, mentre i carri cannone ed i carri lanciafiamme investono i carri avversari alle brevissime distanze col cannone e col dardo della fiamma; dopo averli arrestati, riprendono l'azione sui loro obiettivi d'attacco e solo in caso eccezionale ricorrono all'urto, cercando di provocare lo scingolamento; se fatti segno al fuoco di armi controcarro, ricorrono a bruschi cambiamenti di direzione e cercano di buttarsi sul loro fianco investendole poi con l'urto e a bruciapelo. Se un carro, attacco durante, è posto in difficoltà da avarie o da ostacoli imprevìsti, l'equipaggio non deve abbandonarlo, ma restare al suo posto di combattimento in attesa di aiuto, difendendosi con le armi individuali attraverso le feritoie: è debito d'onore dei carri dello stesso plotone o di quelli che comunque siano in grado di farlo di battere l'avversario
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che stringa da presso ed è debito di onore anche della stessa unità di fanteria cooperante. Nell'inseguimento, nella protezione del ripiegJJmento, nell'azione difensiva, nella protezione di autocolonne, nei te"eni boscosi, negli abitati, nelle zone aspre e accidentate e nei movimenti di notte, i carri d'assalto si regolano come i carri veloci e, in particolare: nell'inseguimento, l'unità normale d'impiego non è inferiore alla compagnia (eccezionalmente il plotone), e questa lega meno strettamente la sua azione a quella della fanteria; nella protezione del ripiegamento, l'unità carri agisce con l'agguato e con rapide puntate a breve raggio contro i fianchi dei reparti che inseguono, e successivamente ripiega per ripetere l' agguato in altra località più arretrata; nella difensiva, i carri d'assalto ripartiti tra i settori o assegnati alle riserve - contrattaccano o eventualmente contrassaltano e non vengono mai utilizzati come to"etta difensiva; nella protezione delle autocolonne, garantiscono una sicurezza lontana agendo con motociclisti lanciati anche a notevole distanza e una sicurezza immediata (scorta) articolandosi in un'avanguardia, in un fiancheggiamento ed in una retroguardia; inoltre, per garantire da sorprese lo sbarco delle truppe dagli autocarri, si dislocano in località centrale per accorrere là dove si manifesti una consistente offesa nemica segnalata dai distaccamenti di motociclisti preventivamente spinti ad occupare punti di particolare importanza sulle direzioni più pericolose; nei terreni boscosi, possono essere utilizzati per aprire la strada alle colonne lungo le scarse vie di comunicazione; negli abitati, trovano impiego nell'eliminazione degli sbarramenti stradali (specialmente i carri lanciafiamme si prestano per far sgombrare dai difensori i fabbricati organizzati a difesa). Nell'evoluzione della dottrina d'impiego dei carri armati il 1936 fu, dunque, un anno assai importante e significativo; anzi si può dire che fu l'anno decisivo per la determinazione dei vari ruoli da assegnare ai carri armati nel combattimento futuro. La distinzione tra carri veloci e carri d'assalto, che può sembrare addirittura artificiosa in quanto riferita, fatta eccezione per il carro cannone e per il carro lanciafiamme, ad un tipo di mezzo identico per caratteristiche e prestazioni, traeva invece la sua fondata ragione di essere dalle diversità di taluni criteri e procedimenti da seguire da parte delle unità carriste a seconda che fossero chiamate ad operare nell'ambito delle truppe celeri o della fanteria. La separazione ordinativa dei carri cooperanti con la fanteria dai carri cooperanti con le truppe celeri si presentava oramai come un'esigenza concettuale e pratica non più rimandabile. Essa aprì la strada alla concezione d'impiego dei carri armati nel campo strategico e determinò la creazione delle grandi unità corazzate che videro la luce l'anno se-
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guente mediante la costituzione delle brigate Centauro ed Ariete. A parte l'importanza decisiva di un evento simile, giunto peraltro in ritardo, la regolamentazione del 1936 ebbe aspetti preminenti anche nel campo tattico per il carattere di maggiore indipendenza e risolutezza conferito all'azione delle unità carri, comprese quelle cooperanti con la fanteria. Fermo restando il concetto che le unità carri di assalto avrebbero dovuto agire sempre in stretta .cooperazione con la fanteria, la circolare 10500 sciolse la loro azione dalla metodicità e dalla limitatezza della regolamentazione del .1931 e le conferì piena libertà di sviluppo, senza più legarla a quella delle pattuglie, dei nuclei avanzati e degli altri elementi appiedati che ne pregiudicavano la sorpresa, ne vincolavano il movimento e soprattutto ne legavano il valore della velocità a quello delle truppe appiedate. La sicurezza nel combattimento fu individuata nel preventivo studio del terreno e del nemico, nell'appoggio reciproco tra carri di uno stesso plotone e nel fuoco delle unità di fanteria e di artiglieria cooperanti; fuoco che la fanteria doveva erogare da fermo alla distanza di 200 + 300 m dalle posizioni avanzate del nemico e che l'artiglieria, appena i carri avessero oltrepassato la propria fanteria, doveva spostare - d'iniziativa, o su richiesta - su obiettivi più arretrati o laterali a mano a mano che veniva meno la distanza di sicurezza (per i carri era inferiore a quella per la fanteria). La circolare 10500 sancl che i carri dovevano giungere sugli obiettivi immediatamente prima che la fanteria fosse presa sotto il fuoco efficace delle resistenze nemiche più avanzate. Questa fu senza dubbio una innovazione notevole che, senza tradire il criterio della massima correlativa importanza assegnata alla cooperazione della componente fanteria e di quella carri armati, concesse ai carri di muovere alla massima velocità permessa dal terreno. Il loro distacco temporaneo dal materiale contatto con la fanteria fu giudicato assai meno pregiudizievole di guanto non fosse costringere il loro movimento, come si era fatto fino ad allora, in termini di velocità ridottissimi; allo stesso tempo tale distacco venne considerato assai più remunerativo ed economico per la fanteria stessa che poteva muoversi riducendo il numero delle perdite ed il pericolo degli addensamenti. L'aprire la strada alla fanteria divenne, cosl, il compito principale dei carri d'assalto. Un compito che avrebbe potuto adempiere solo sui terreni non fortemente organizzati, non sugli altri, nei quali la- rottura avrebbe continuato a pesare sulla fanteria cui i carri potevano dare solo appoggio di fuoco. Su questo ultimo aspetto la circolare 10500 sorvolò, limitandosi a sottolineare, per l'azione di rottura, l'indispensabilità e l'importanza della cooperazione dell'artiglieria. Non attribul dunque esplicitamente ai carri la funzione di armi di accompagnamento della fanteria, che avrebbe do-
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vuto loro spettare nel caso in cui non fosse stato possibile precedere la fanteria stessa sugli obiettivi più avanzati. Una forma di cooperazione già prevista, invece, in quel periodo da altri eserciti, compreso quello francese.
4. La regolamentazione circa l'impiego e l'addestramento dei carri veloci e dei carri d'assalto, approvata dal capo di stato maggiore dell'esercito generale Baistrocchi e edita dallo stato maggiore e dall'ispettorato delle truppe celeri dal giugno al settembre 1936, rimase in vigore sino al 1° dicembre 1938, quando lo stato maggiore dell'esercito pubblicò un nuovo regolamento Impiego delle unità carriste (9) che abrogò il capo I Generalità ed il capo V Casi particolari d'impiego dei carri dell'Addestramento delle unità carri armati mod. 1921-1930 del 1931, il capo I Caratte-
ristiche - Generalità d'impiego dell'Addestramento ed impiego dei carri veloci del 1936 e la circolare 10500 Impiego ed addestramento dei carri d'assalto del 15 agosto 1936. La partecipazione alla guerra civile spagnola e la prossima introduzione in servizio del carro tipo M - peraltro ancora in allestimento nel dicembre del 1938 - nonché l'avvenuta costituzione delle brigate corazzate ed il notevole sviluppo conseguito ovunque dai carri armati indussero lo stato maggiore dell'esercito a riesaminare, in concomitanza con l'entrata in vigore del nuovo ordinamento - che prevedeva, tra l'altro, la costituzione di 1 corpo d'armata corazzato su 2 divisioni corazzate, di 1 corpo d'armata celere su 3 divisioni e di 2 divisioni motorizzate - l'intera regolamentazione riguardante l'impiego e l'addestramento delle unità carriste, lasciando in vigore le parti ancora valide delle pubblicazioni precedenti e sostituendo le altre sulla base di nuove teorie e delle recenti esperienze acquisite nella guerra di Spagna. Nella circolare 18000 che accompagnò la diramazione del nuovo regolamento - edito sotto forma di bozze di stampa e sul cui contenuto venne ordinato ai comandi di corpo d'armata di avanzare proposte ed osservazioni, in base all'esperienza raccolta nell'applicazione, entro il 30 novembre del 1939 - venne precisato che: le norme si riferivano ai carri tipo L (L 35), ai carri tipo M (in corso di allestimento) ed ai carri tipo P (in corso di progettazione); che sino a quando le unità carriste non avessero potuto disporre dei tipi Me P, pur considerati nell'istruzione, questi sarebbero stati sostituiti nell'addestramento pratico dai carri L 35 e M 21 o M 30; che le norme avrebbero avuto pertanto, stan-
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te le caratteristiche diverse di tali carri da quelli previsti per il futuro, valore orientativo; che, infine, le norme stesse, date le condizioni svariatissime che il terreno può oHrire all'azione dei carri, andavano considerate quali criteri di massima da adattare, da parte dei comandanti di unità e dei capi carro, alle circostanze del momento. Il carro armato è tuttora un potente mezzo ausiliario della fanteria e dei celeri, ma anche l'elemento fondamentale delle grandi unità corazzate. I suoi mezzi di azione sono l'urto materiale della sua massa ed il fuoco delle sue armi. Alla diversità dei compiti che gli possono essere affidati in campo tattico corrispondono differenti caratteristiche, tra le quali le essenziali sono la velocità, l'autonomia, l'armamento e la corazzatura, che si compendiano tutte nel fattore peso. In base al peso i carri si distinguono (10) in L (peso non superiore alle 5 t), M (peso tra le 5 e le 15 t), P (peso superiore alle 15 t). I carri L sono particolarmente idonei a cooperare: con le unità celeri nell'esplorazione per aprire la via alle azioni risolutive o concorrere ad esse e per arrestare o quanto meno contenere la pressione avversaria, agevolando il ripiegamento dei celeri; con le unità motorizzate nell'attacco; con le unità di fanteria e con le unità motorizzate e corazzate per concorrere alla sicurezza in marcia e imprimere aggressività all'azione delle avanguardie e per agire nei combattimenti preliminari facilitando l'eliminazione delle piccole resistenze locali e la chiarificazione della si·tuazione; con tutte le unità nello sfruttamento del successo quali ardite punte avanzate; nell'azione difensiva per cooperare ai contrassalti ed eventualmente ai contrattacchi. Essi sono assegnati alle divisioni celeri, ai corpi d'armata, eventualmente alle divisioni motorizzate, alle grandi unità corazzate. I carri M sono destinati ad agire: in cooperazione con la fanteria nel1'offensiva per concorrere al completamento del successo ed eventualmente per risolvere durante l'attacco situazione locali; nella difensiva per cooperare al contrattacco ed eventualmente per agire con contrassalti locali negli intervalli dell'organizzazione; nel ripiegamento e nel combattimento temporeggiante per rallentare la pressione nemica o per agevolare la rottura del contatto; in modo indipendente, inquadrati in unità corazzate, per azioni di manovra in profondità o a largo rag,g,io contro forze non saldamente organizzate ed eventualmente per azioni di forza intese a superare robuste oryznizzazioni difensive. Sono assegnati, oltre che alle divisioni corazzate, di cui costituiscono l'elemento essenziale, ai corpi di armata ed alle armate. I carri P sono mezzi idonei, inquadrati nelle unità corazzate, per costituire potenti centri mobili di fuoco essenzialmente destinati a rin-
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forzare l'azione dei carri M. Il carro agisce prevalentemente con l'urto della sua massa. Esso fa fuoco normalmente da fermo, arrestandosi per il tempo strettamente necessario ali' esecuzione del tiro; in movimento il tiro con le mitragliatrici è efficace solo contro truppe sorprese in movimento, quello con il cannone non è redditizio, specie su terreno mosso, quello con il lanciafiamme è, invece, normale alle brevi distanze (50 ~ 60 m) potendo regolare il getto di fiamma sul bersaglio. La migliore difesa del carro, più che nella corazza, sta nella sua mobilità cosl la sua sicurezza non è data tanto dall'armamento di bordo, quanto dalla cooperazione tra carro e carro e tra unità carri e fanteria (o celeri). Il princlpio generale d'impiego resta quello della regolamentazione precedente: impiego sempre offensivo. Criteri base: azione a massa e di sorpresa, azione a massa intesa come concentrazione di sforzi adeguata alle presumibili resistenze da vincere in relazione all'ampiezza ed alla profondità dell'azione stessa (l'ordine di grandezza della massa varia da un minimo di un plotone - unità inscindibile - a più battaglioni), azione di sorpresa da ricercare con ogni mezzo per realizzarla almeno parzialmente, lasciando il nemico incerto sul momento dell'inizio del1'attacco, sulla direzione, sulle modalità della cooperazione carri-fanteriaartiglieria, usufruendo di vie di approccio coperte, scegliendo posizioni di partenza e direzioni di attacco che consentano di sboccare improvvisamente a massa e di giungere ali'obiettivo nel più breve tempo e con la magg,iore velocità, agendo da direzioni ritenute meno probabili, precedendo ed accompagnando lo sbocco dei carri dalla posizione di partenza mediante un'azione di neutralizzazione e di accecamento da parte del1' artiglieria; impiego dei carri in misura proporzionata allo scopo da perseguire; assegnazione ad ogni unità carrista di un solo obiettivo di estensione, consistenza e distanza dalla posizione di partenza proporzionate alle possibilità dell'unità stessa; utilizzazione dei carri su terreni ed in situazione che consentano di sfruttare con rendimento le loro possibilità e contro obiettivi che ne giustifichino l'impiego; accurata predisposizione dell'azione nel tempo e nello spazio particolarmente attraverso l' esatta conoscenza del terreno; semplicità, chiarezza, esatta determinazione dei compiti. Le unità carri, a meno dei casi di azione indipendente, fanno parte di un ragg,ruppamento tattico, o di una colonna, o dipendono da un comandante di settore difensivo. Il comandante del raggruppamento o della colonna precisa il compito, gli obiettivi, la posizione di partenza, la direzione di attacco (o di contrattacco o di contrassalto), il momento dello scatto per l'azione, le modalità di azione limitatamente a quelle d'interesse delle armi cooperanti, la zona di raccolta a compito espletato, gli ordini per la cooperazùme con la fanteria (od i celeri) e con
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l'artiglieria. Il comandante dell'unità carrista: esamina il terreno d'azione; individua gli obiettivi; determina gli itinerari; stabilisce la dislocazione iniziale dei carri; precisa le modalità di movimento delle singole ondate; concorda le modalità della cooperazione con i reparti interessati; nell'azione difensiva, cura al massimo l'occultamento e il defilamento, riconosce e determina gli itinerari per i contrattacchi ed i contrassalti e si tiene pronto ad intervenire su ordine o d'iniziativa. Tanto per l'attacco quanto per il contrattacco e il contrassalto il comandante dell'unità carrista effettua con i capi carro ricognizioni degli sbocchi (sia dalla posizione di attesa sia dalla posizione di partenza) e degli itinerari, e provvede con mezzi propri, ed eventualmente con personale e mezzi del genio o di fanteria, ai lavori necessari per facilitare lo sbocco dei carri dalle due posizioni. La dinamica dell'attacco è quasi identica a quella della circolare 10500. Quando si tratta di perseguire più obiettivi disposti in profondità, si può assegnare a tutti i carri l' obiettivo più lontano (se si presume che abbiano possibilità di pervenirvi) oppure, disponendo di almeno un battaglione, si può indicare un obiettivo a ciascuna delle ondate nelle quali si scaglionano i carri. Il battaglione carri si dispone generalmente su 3 ondate di compagnia, eventualmente su 2 (2 compagnie avanzate e 1 di rincalzo), eccezionalmente su una sola linea di compagnie in linea di plotoni a stormo (linea di colonne); la profondità di un'ondata (plotone a stormo) è di 100 m circa; la distanza fra due ondate di 500 m circa. La fronte di un plotone è di 100 m, di una compagnia di 500 m, di un battaglione su 3 ondate di 500 m, di un battaglione su di una linea di compagnie di 1500 + 1700 m. Il plotone agisce, di norma, in formazione a stormo, la compagnia isolata in linea di plotoni a stormo. Fattore essenziale del successo è la cooperazione, intesa innanzitutto come forza dello spirito. La cooperazione richiede da parte del carrista grande spirito di sacrificio, perizia, cosciente ardimento, perfetta comprensione del compito, condotta intelligente dell'azione; da parte del fante e del celere esige che questi considerino assoluto dovere sfruttare tempestivamente ed a fondo l'azione dei carri e non lasciare in nessun caso i carri isolati di fronte alla reazione del nemico. Il sentimento della cooperazione fra carri di una stessa unità o tra unità carriste deve costituire forte vincolo spirituale ed informare l'azione dei singoli e, perciò, è debito d'onore dei carristi fare il possibile per portare soccorso ai carri in difficoltà purché tale atto non pregiudichi l'adempimento del compito assegnato all'unità. I carri devono agire sempre in cooperazione con unità di fanteria o celeri; anche nelle azioni a carattere indipendente è necessario che i fanti od i celeri sfruttino tempestivamente i risultati
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ottenuti dai carri e sostituiscano questi nel mantenimento delle posizioni raggiunte. Fanti e celeri, inoltre, debbono appoggiare l'azione dei carri con le armi controcarro delle quali sono dotati. La cooperazione dell' artiglieria, indispensabile specialmente se l'unità carrista è superiore alla compagnia, si esplica essenzialmente: prima dell'azione mediante la neutralizzazione e possibilmente la distruzione delle armi controcarro avversarie nonché l'accecamento degli osservatori (preparazione); durante l'attacco mediante la neutralizzazione delle artiglierie e delle armi controcarro e l'intervento contro gli eventuali contrattacchi di carri avversari (appoggio e controbatteria); ad obiettivo raggiunto mediante la protezione fino a quando i carri non siano raggiunti dalla fanteria o dai celeri (interdizione vicina). I carri armati agiscono in cooperazione con le unità celeri, con la fanteria, con le grandi unità motorizzate o inquadrati in grandi unità corazzate. Le unità celeri dispongono normalmente di carri L in quantità limitata: al massimo un gruppo di squadroni. Le modalità di azione dei carri L restano sostanzialmente quelle previste dalla regolamentazione del 1936 per i carri veloci. In cooperazione con le unità celeri, i carri L: nell'esplorazione sono assegnati ai distaccamenti esploranti quelli non assegnati ai distaccamenti esploranti restano con il grosso del nucleo esplorante o della divisione celere - e sono impiegati contro reparti avversari che tentino di ostacolarne il movimento, muovono di norma a sbalzi in stretto collegamento con il comandante del distaccamento al quale sono assegnati; nell'attacco sono impiegati in cooperazione con la cavalleria o con i ciclisti e lanciati a massa nella direzione più redditizia e cioè, sempre quando possibile, sul fianco del nemico; nell'inseguimento, decentrati normalmente per plotoni, operano a sostegno delle forze che incalzano le retroguardie nemiche o che agiscono sul fianco delle colonne in ritirata; nell'azione difensiva, accentrati alle dipendenze del comandante delle truppe celeri, salvo i casi di fronte molto estesa o di terreno molto compartimentato, effettuano i contrassalti; nella rottura del combattimento sviluppano brevi e rapide puntate, eseguite generalmente per plotone e ripetute su larga fronte, per impegnare il nemico e costringerlo a sostare per difendersi; nella protezione del ripiegamento, frazionati per plotone e abbinati ad elementi celeri - preferibilmente motociclisti-, tendono ripetuti agguati lungo le direzioni che maggiormente interessa proteggere allo scopo di guadagnare tempo a favore del reparto cooperante. Nell'attacco sul fianco del nemico: parte delle forze celeri impegna frontalmente l'avversario, parte coopera con i carri e tende alle spalle degli elementi attaccati frontalmente. A tale scopo il comandante dell'unità celere decide la direzione di attacco che
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meglio soddisfi le esigenze della manovra, costituisce con la massa dei carri e delle unità celeri un rag,gruppamento tattico e raccoglie e tiene alla mano per eventuale ulteriore impiego i carri che avesse in precedenza decentrati per l'esplorazione. Elementi celeri del raggruppamento tattico precedono con compiti di ricognizione del terreno e di sicurezza, i carri seguono e sono a loro volta seguiti dalle rimanenti forze. Non appena gli elementi di sicurezza prendono contatto con il nemico, i carri si spiegano, attaccano su ampia fronte ed investono il dispositivo avversario in profondità, mentre i celeri li seguono il più rapidamente possibile. Se l'azione contro il fianco non è possibile, i carri agiscono contro la fronte lungo la direzione più opportuna e precedono -i celeri sui successivi obiettivi «di quanto necessario per neutralizzare i centri di fuoco che ne potrebbero ostacolare l'azione». In cooperazione con /a fanteria i carri L: nella marçia al nemico sono impiegati per rinforzare il nucleo esplorante celere o il nucleo esplorante di fanteria e, quando necessario, sono decentrati alle divisioni di prima schiera ed assegnati alle avanguardie; nell'avvicinamento e nella presa di contatto, i carri già decentrati alle avanguardie vengono ripresi alla mano dai comandanti di divisione o di colonna, sono impiegati per aumentare la capacità di penetrazione della fanteria e, cessate le azioni preliminari, tornano alle dipendenze del comando del corpo d'armata; nel completamento e nello sfruttamento del successo possono essere utilmente impiegati dai comandi di corpo d'armata per mantenere il contatto con il nemico attenendosi alle modalità di azione proprie dell'inseguimento; nell'azione difensiva sono impiegati preferibilmente per i contrassalti ed eventualmente per i contrattacchi; nella rottura del combattimento e nel/a protezione del combattimento trovano utile impiego decentrati alla retroguardia. I carri M, nel quadro della cooperazione con la fanteria, sono di norma tenuti inizialmente in riseroa quale mezzo di manovra, da lanciare al momento opportuno per completare il successo, oppure, in difensiva, per cooperare ai contrattacchi. Eventualmente possono essere impiegati, durante
l'attacco, per risolvere situazioni locali che consiglino od impongano l'intervento di unità carriste. Nella marcia al nemico e nell'avvicinamento restano alla diretta dipendenza del comando del corpo d'armata e muovono con le divisioni di seconda schiera, raccogliendosi al termine in una posizione di attesa. Nell'attacco per risolvere situazioni locali, le unità carriste - in genere un battaglione - sono decentrate alle colonne di fanteria con le quali devono cooperare; si portano dalla posizione di attesa alla posizione di partenza preferibilmente di notte, mascherando, se occorre, il rumore; assumono la-formazione di attacco adeguata al terreno (di norma, su terreno pianeggiante od ondulato, lo stormo
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per il plotone, o la linea di plotoni a stormo per la compagnia; su terreno rotto e compartimentato la colonna di plotoni a stormo, distanziati di circa 100 m); dal momento dello scatto dalla posizione di partenza, stabilito dal comandante dell'unità di fanteria cooperante in modo che i carri giungflno sugli obiettivi immediatamente prima che la fanteira sia presa sotto il tiro efficace di questi, puntano rapidamenmte e senza incertezze sui loro obiettivi seguiti celermente dalla fanteria che si lancia all' assalto nella loro scia. Nell'attacco contro elementi consistenti di una difesa organizzata acquista preminenza la cooperazione con l'artiglieria che si esplica con la preparazione, l'appo?,gio e la controbatteria; l'appoggio, in particolare, si effettua a ragion veduta, non esitando a spingere avanti batterie o pezzi isolati e, quando plastica e terreno non consentano un intervento del genere, ricorrendo, a cavaliere delle direzioni di attacco, a concentramenti di fuoco spostantisi a sbalzi di sufficiente ampiezza in relazione alla velocità dei carri e regolati da intese e segnali prestabiliti. Nel completamento del successo i carri M possono essere impiegati per agire in profondità contro lo schieramento delle artiglierie avversarie; per un'azione del genere sono necessari la conoscenza della zona di schieramento delle artiglierie avversarie, il favore del terreno, la disponibilità di una sufficiente massa di carri (non meno di un battaglione), il preventivo studio del terreno da osservatori aerei e terrestri, l'efficiente cooperazione dell'artiglieria. All'azione su ampia fronte è da preferire la penetrazione in tutta la profondità della zona che costituisce obiettivo, nella direzione più favorevole, per attaccarla poi di rovescio. Per penetrare conviene assumere una formazione raccolta, battaglione in colonna di compagnie in linea, ed occorre sfruttare al massimo la velocità, utilizzare linee di riferimento per l'appoggio dell'artiglieria e assicurare collegamenti radio ed a mezzo di artifizi fra le unità carri e l'artiglieria. Per l'attacco di rovescio, conviene assegnare, se possibile, un obiettivo a ciascuna compagnia ed assumere la formazione di linea di colonne. Nella difesa, i carri M assegnati alle divisioni di prima schiera sono impiegati per il contrattacco; se la divisione dispone di carri L e di carri M, decentra i primi per i contrassalti locali e mantiene alle sue dirette dipendenze i secondi. Nella protezione del ripiegamento, i carri M svolgono azioni di arresto mediante contrattacchi di compagnia o di battaglione. In cooperazione con le grandi unità motorizzate o inquadrati nelle grandi unità corazzate agiscono carri L, carri Me carri P. Con le grandi unità motorizzate agiscono eventualmente carri L per concorrere alla sicurezza durante il movimento, il carico, lo scarico e lo schieramento in vicinanza del nemico, all'attacco e alla difesa, alla rottura del contatto ed '
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alla protezione del ripiegamento. Possono altresl essere impiegati carri M per concorrere all'attacco. Con le grandi unità corazzate agiscono: i carri L (concorso alla sicurezza durante il movimento e lo schieramento, in vicinanza del nemico, quando l'unità svolge un'azione indipendente e concorso alla rottura del contatto); i carri M (per l'attacco, per compiere azioni manovrate a largo rag,g,io, per concorrere alla rottura del contatto); i carri P - che costituiscono l'elemento di forza della grande unità - per rinforzare l'azione dei carri M durante l'attacco. Le modalità di azione per la sicurezza delle grandi unità motorizzate e corazzate e per la protezione delle zone di scarico, di carico e di schieramento, come pure per la rottura del contatto, sono analoghe a quelle della circolare 10500. In particolare: alla sicurezza lontana provvedono distaccamenti di motociclisti sostenuti da autoblindo, o da carri L decentrati per plotoni, lanciati a grandi distanze (40 + 50 km); alla sicurezza immediata provvedono reparti di avanguardia, retroguardia e fiancheggianti costituiti da unità carri Le da motociclisti: tutti agli ordini del comandante dell'unità carrista che costituisce il grosso dell'avauguanlia, ddla retroguardia e dell'unità fiancheggiante. Nell'avanguardia il grosso muove a sbalzi, a circa 10 km dalla testa della colonna, ed è preceduto da motociclisti spinti da 4 a 6 km più avanti. Nella retroguardia il grosso si mantiene a 4 + 5 km dalla coda della colonna ed è seguito da motociclisti che muovono a sbalzi entro un raggio di 5 + 6 km. Per il fiancheggiamento, carri e motociclisti muovono assieme, o parallelamente alla colonna, o a spina. Nella protezione delle zone di scarico, di carico e di schieramento, distaccamenti di motociclisti ed autoblindo (in mancanza di queste carri L decentrati per plotone) si spingono ad occupare nodi stradali o punti di particolare importanza, mentre le unità carriste si raccolgono in località centrale pronte ad intervenire. Nella rottura del contatto, mentre il grosso s'incolonna e ripiega, unità di carri L, agenti per plotoni e coadiuvate da motociclisti, effettuano puntate offensive a breve raggio che paralizzino l'avversario e consentano di guadagnare il tempo necessario ad acquistare spazio. All'azione concorre, eventualmente, un'unità carri M con il compito di effettuare puntate offensive nelle direzioni più minacciose. Nell'attacco nell'ambito delle grandi unità motorizzate le modalità di azione sono identiche a quelle dell'attacco nelle grandi unità di fanteria: i carri Led i carri M possono essere impiegati sin dall'inizio in cooperazione con la fanteria e, in condizioni favorevoli, tale cooperazione può realizzarsi impiegando i carri contro un fianco del dispositivo avversario, mentre la fanteria lo impegna frontalmente. Diversa la forma che l'attacco assume nelle grandi unità corazzate. Nell'attacco che si svolge nell'ambito delle grandi unità corazzate: i
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carri M costituiscono la massa attaccante, i carri P integrano l'azione dei carri M, tutti gli altri mezzi organici della grande unità hanno il compito preciso di preparare, appoggiare e completare l'azione dei carri. La preparazione spetta all'artiglieria; nell'attacco, che sia epilogo di una manovra a largo raggio sul fianco o sul tergo del nemico, è probabile che la preparazione spetti alle sole artiglierie organiche che, forzatamente, devono limitarsi a battere gli obiettivi indidivuati (armi controcarro, carri armati) dai reparti impiegati per la sicurezza; negli attacchi aventi per scopo la rottura di una fronte organizzata, è normale che la preparazione sia effettuata dalle artiglierie delle divisioni in posto e da quelle delle divisioni di seconda schiera, rinforzate da artiglierie di corpo d'armata e di armata, e che ad essa non partecipino le artiglierie organiche della grande unità corazzata le quali si tengono, invece, pronte ad intervenire, sfruttando la loro mobilità, nell'attacco e nel completamento del successo. L'appoggio all'azione dei carri spetta all'artiglieria organicamente assegnata, eventualmente rinforzata, che agisce contro gli ostacoli attivi (armi controcarro, batterie, carri armati), cd ai pezzi controcarro che, portandosi innanzi con arditezza, si tengono pronti a reagire contro carri avversari. Il completamento dell'azione dei carri attaccanti spetta alle unità carri tenute in riserva, alle unità celeri (motociclisti e motomitraglieri) che seguono i carri per sfruttarne l'azione e all'artiglieria organicamente assegnata, eventualmente con il concorso delle artiglierie che hanno provveduto alla preparazione. I carri P integrano l'azione dei carri M con l'apporto di una poderosa massa di fuoco e di schiacciamento. Il carro P è potente, ma soprattutto è mobile, e può essere impiegato in qualsiasi fase della lotta contro obiettivi ravvicinati, a visione diretta, ed è perciò specialmente adatto all'impiego contro le armi anticarro. Le modalità di cooperazione fra carri M e carri P variano nei due casi tipo: azioni manovrate e azioni di rottura. Nelle azioni manovrate, i battaglioni carri M, appoggiati da batterie d'artiglieria e pezzi controcarro, costituiscono un primo scaglione d'attacco; i carri P, tenuti inizialmente in riserva, sono impiegati a ragion veduta, decentrati, per rinforzare l'azione dei carri M, o, molto più opportunamente, per fare massa là dove lo consigli la situazione, per rompere il dispositivo avversario. Nelle azioni di rottura, i carri P, di norma decentrati in ragione di una compagnia per ciascun battaglione di carri M, costituiscono una prima ondata che precede i carri M per spianare le difese passive e gli ostacoli non facilmente superabili dai carri M, e per distruggere le armi anticarro a cavallo della direzione di attacco. La grande unità corazzata, di norma, agisce con due battaglioni carri M in primo scaglione, su fronte ampia 1500 m (ed eventualmente più) nelle azioni manovrate, e 1000 m in azioni di rottu-
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ra. L'ampiezza della fronte deve in ogni caso consentire sufficiente libertà di manovra alle colonne, il collegamento a vista fra loro, e l'esercizio dell'azione di comando nell'interno di ciascuna. Il battaglione, a titolo orientativo, si schiera: nelle azioni manovrate con le compagnie affiancate, e queste in colonna di plotoni a stormo; nelle azioni di rottura nella formazione di colonna di compagnie in linea di cui ciascuna compagnia costituisce un'ondata (tre ondate per ogni battaglione, oltre al1'ondata costituita da carri P). I battaglioni carri M tenuti in riserva sono impiegati, di norma, per completare il successo, agendo in profondità contro lo schieramento delle artiglierie nemiche, comandi, riserve, ecc. e facendo seguire tale azione, senza soluzione di continuità, all'attacco dei primi scaglioni. I carri che hanno effettuato l'attacco compiono il rastrellamento della breccia per ampliarla e renderla più sicura; le unità celeri che devono seguire immediatamente la massa di attacco, mantengono le posizioni occupate, cooperano al rastrellamento ed eventaulmente partecipano al completamento del successo in profondità. È fuori dubbio che la nuova pubblicazione - l'ultima prima del1' entrata in guerra dell'esercito italiano - riuscì meglio delle precedenti, alle quali peraltro in buona parte si rifece, ad esaltare la mobilità e la potenza delle unità carriste e ad inquadrarne l'impiego nell'ambito delle varie divisioni di fanteria, motorizzata, celere, e, in particolar modo, per la prima volta, nell'ambito della divisione corazzata. La pubblicazione da una parte mirò al riordino organico dell'intera materia, dall'altra ad aggiornare il ruolo ed i procedimenti d'impiego delle unità corazzate nel combattimento. Essa, inoltre, introdusse sulla scena tattica le grandi unità corazzate, delle quali codificò i compiti e le modalità di azione senza peraltro inquadrarne compiutamente la funzione determinante sul piano strategico, anche se ne predisse l'impiego in modo indipendente. Si può dire in generale che la pubblciazione sviluppò ulteriormente il processo di razionalizzazione dell'impiego delle unità carriste e pQse le basi per quello delle grandi unità corazzate omettendo però, sotto questo ultimo aspetto, quanto meno di accennare alla indispensabilità della cooperazione con le forze aeree, non soltanto ai fini dell'esplorazione, del rilevamento, del servizio di artiglieria, dei rifornimenti urgenti - come previsto dalle circolari 1500 e 5500 del 1934 (11) ma anche dell'intervento per la protezione del movimento delle grandi unità corazzate e per le azioni di bombardamento, spezzonamento e mitragliamento a loro sostegno prima e durante la battaglia. L'omissione lascia anche oggi stupefatti tanto più che nella regolamentazione precedente, fin da quella del 1925, l'appoggio diretto dell'aviazione con tiri di mitragliatrici e di bombe era stato con lungimiranza considerato come
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mezzo efficace per combattere quei nuclei di fuoco controcarri che, ben mascherati, si fossero svelati soltanto all'ultimo momento, sfu?,?,endo perciò all'azione dell'artiglieria o delle armi pesanti della stessa fanteria. Mancò, in sostanza, alla pubblicazione - il che accadde anche presso altri eserciti - non solo la visione integrale del ruolo determinante che il binomio carri armati-velivoli da combattimento avrebbe poi assunto nel campo di battaglia sul piano strategico e tattico ma anche quella dell'importanza decisiva della superiorità aerea locale nella zona d'impiego. Occorrerà attendere le pubblicazioni del 1941 - Impiego delle unità corazzate. Norme provvisorie (12) e Impiego del Rag,gruppamento esplorante corazzato (R.E.Co). Norme provvisorie (13) - perché la cooperazione dell'aviazione con continuità assoluta e con organizzazione perfetta venga individuata e prescritta come condizione irrinunciabile del successo delle truppe corazzate e celeri. Soltanto nel 1941, quasi due anni dopo l'inizio della guerra sul teatro europeo, lo stato maggiore dell'esercito italiano prenderà atto di una realtà dalla quale si era lasciato sorprendere nonostante i chiari segni premonitori manifestatisi nelle manovre nel Meclemburgo e nella guerra civile di Spagna. Per il resto, sotto il profilo tattico, cioè dei criteri e delle modalità di azione delle unità carriste e delle grandi unità corazzate, la pubblicazione del 1938 espresse principi e procedimenti validissimi che saranno integralmente ripresi dalla regolamentazione del 1941. L'impiego sempre offensivo dei carri, inteso come prodotto della celerità di movimento, della capacità di fuoco e della potenza di schiacciamento; l'azione a massa dando a tale termine il significato quantitativo e di convergenza degli sforzi; l'azione di sorpresa, realizzata sia mediante l'applicazione delle norme prescritte sia mediante ogni tipo di artificio da escogitare di volta in volta d'iniziativa da parte dei comandanti e degli stessi capi carro: furono i principali concetti sui quali la pubblicazione del 1938 mise un forte accento, come fece anche nei riguardi della cooperazione nell'ambito delle unità carriste e corazzate che presentò come qualcosa di più dell'operare insieme e cioè quasi come un'integrazione in unico blocco di volontà e di mezzi diversi o di prestazioni diverse. In fatto di modalità di azio~e, la preferenza alle azioni in profondità rispetto a quelle su ampia fronte ed alle formazioni in colonna rispetto a quelle in linea, la distinzione tra azioni manovrate ed azioni di rottura, la stretta connessione tra la diversità dei compiti e delle caratteristiche dei mezzi e la diversità dei dispositivi, furono altrettanti punti fermi concettuali che non verranno rimessi in discussione per tutta la durata della seconda guerra mondiale, nonostante l' enorme evoluzione che subiranno i mezzi. Sempre nei riguardi delle modalità di azione, non meno di rilievo
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fu la preferenza data, sia negli atti tattici in cooperazione con la fanteria e con i celeri sia in quelli indipendenti, alle manovre di avvolgimento e di aggiramento rispetto alle manovre frontali. Di tali manovre la pubblicazione pose però come presupposto una preparazione di artiglieria caratterizzata da una massa e da una violenza di fuoco che erano fuori delle possibilità dell'artiglieria organica della divisione corazzata, e fuori altresì di quello che avrebbe potuto essere il normale concorso delle artiglierie di corpo d'armata e di armata.
5. Non è vero che le unità carriste e le grandi unità corazzate dell'esercito italiano, come è stato scritto da alcuni, fossero prive, il 10 giugno del 1940, di punti di riferimento certi e chiari circa il dove, il quando ed il come esse dovessero essere impiegate. La dottrina ufficiale del 1938 - nonostante l'avvio brillante del 1925, i progressi del 1931 ed il salto di qualità del 1936 - difettava senza dubbio di ampiezza di respiro strategico ed era soprattutto carente nei riguardi della cooperazione delle unità carri con le forze aeree tattiche, ma era tra le più avanzate e pro&redite del tempo quanto a criteri e modalità di azione sul piano tattico. E fuori discussione che la mancata congiunzione dell'azione delle forze corazzate con quella delle forze aeree tattiche - peraltro prevista, almeno sul piano concettuale, nella regolamentazione precedente sia stata di grave nocumento all'intelligibilità della tattica delle grandi unità corazzate e celeri. Non si può non restare perplessi davanti ad una siffatta omissione concettuale verificatasi, oltre tutto, dopo la campagna etiopica e mentre la guerra civile spagnola era ancora in corso. Senza concedere nessuna giustificazione e scusante allo stato maggiore dell'esercito, non si può non ricordare il contrasto tra l'esercito e la marina da una parte, desiderosi entrambi di godere della disponibilità permanente di un'aliquota delle forze aeree per l'appoggio diretto alle operazioni terrestri e navali, e l'aeronautica dall'altra, la quale ultima, costituita nel 1923 come forza armata a sé stante, rivendicò costantemente come sua funzione preminente e prioritaria l'offensiva aerea strategica. Tale fu la tesi che prevalse anche in ragione del grande prestigio che l'aeronautica seppe in breve tempo acquistarsi con i suoi raids ed i suoi primati, del favore con il quale Mussolini la guardava ritenendola quasi una sua creatura, della forte personalità del maresciallo dell'aria Italo Balbo (14) che ne fu per cinque anni (1929-1933) ministro e fin dall'ini-
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zio grande sostenitore ed animatore, ed in ragione altresì della mancata azione coordinatrice ed equilibratrice del capo di stato maggiore generale, azione che sarebbe stata tanto doverosa per neutralizzare l' eccessiva tendenza all'autonomia. Il compito del sostegno tattico alle forze terrestri e marittime passò in secondo ordine e, mentre venne organizzato e definito anche organicamente nei riguardi dell'esplorazione, fu passato in sordina, non pianificato e non codificato sufficientemente, ma lasciato all'eventualità delle contigenze, quello dell'appoggio di fuoco. La guerra contro l'Etiopia fu intesa come conferma della tesi della funzione strategica dell'arma azzurra, che intervenne quasi sempre con missioni indipendenti, alle grandi distanze, per battere concentramenti di forze e di obiettivi di notevole importanza e per esercitare azione deprimente sul nemico più che per appoggiare direttamente con il fuoco le forze in linea. Durante la partecipazione alla guerra civile di Spagna l' aviazione italiana era stata impegnata, e continuava ad esserlo nel 1938, in compiti di contraviazione, d'interdizione lontana e di bombardamento a largo raggio assai più che in quelli di partecipazione ravvicinata ai combattimenti terrestri, diversamente da quella germanica che proprio da quel conflitto veniva traendo la conferma della validità dello sposalizio carri armati-velivoli. Fu solo nelle esercitazioni estive del 1939, tenutesi nell'Italia settentrionale, che le forze corazzate ed aeree svolsero congiuntamente un ruolo di preminenza, ma il ritardo fu tale da non consentire la messa in piedi in breve tempo di un'organizzazione adeguata per una cooperazione aereo-terrestre efficiente e solida, dotata della forza d'intesa e dei mezzi materiali necessari a renderla abituale anche ai livelli meno elevati di quelli dell'armata e del corpo d'armata. La dottrina del 1938 codificò anche l'impiego dei carri armati medi e pesanti - senza i quali il significato delle grandi unità corazzate avrebbe perso ogni valore - ma dei primi saranno disponibili, il 10 giugno del 1940, soltanto 70 M/11 (oltre i vetusti 150 Fiat 3000), e dei secondi il prototipo sarà pronto soltanto nei primi mesi del 1942, mentre la produzione in serie avrà inizio addirittura nell'estate del 1943, giusto in tempo per offrire 1'8 settembre la possibilità ai tedeschi d'impadronirsi dei primi venti esemplari e di impiegarli successivamente nella zona di Anzio durante le operazioni di arresto dello sbarco angloamericano del 21-22 gennaio del 1944. All'entrata in guerra dell'Italia le unità carriste disporranno quasi esclusivamente di carri L - 1500 in tutto (15) - e solo dopo circa 9 mesi dalla conclusione della campagna tedesca contro la Polonia la politica del carro armato verrà adeguatamente intensificata e sviluppata in modo globale, coinvolgendo dottrina, ordinamento e materiali (16). Il ritardo nell'allestimento ed ap-
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provvigionamento dei mezzi non dipese tanto, sebbene in gran parte sì, dal persistere costante della concezione della guerra alpina (fante, fucile e mulo) - d'altro canto la dottrina del 1936 aveva già introdotto la differenziazione dei compiti e delle caratteristiche tra i vari tipi di carro armato ed aveva posto le basi per la costituzione delle grandi unità corazzate che verranno create nel 1937 al livello di brigata - e neppure dalla scarsa disponibilità finanziaria destinabile al potenziamento delle forze, quanto dai tempi lunghissimi del processo di progettazione, sperimentazione, adozione e passaggio alla produzione dei mezzi nuovi. Lentezza del processo dovuta sia all'esasperata ricerca dell'optimum sia alla molteplicità degli enti e degli uffici chiamati ad esprimere pareri operativi, tecnici, economici ed amministrativi, pareri che spesso si concludevano con richieste di modificazioni talvolta dettate solo dalla preoccupazione che la semplice approvazione sarebbe potuta apparire come prova di disinteresse o di scarsa conoscenza dei problemi. Basta a tale riguardo legger~ nel diario del maresciallo Cavallero le vicende del carro P guerra durante per conoscere quali fossero le lungaggini che si frapponevano alla sua adozione. I problemi delle materie prime e della potenzialità e capacità produttive dell'apparato industriale pesante non avrebbero inciso granché sull'entrata in linea dei mezzi, qualora fossero stati affrontati in tempo, e risolti in periodi brevi giacché nel 1941 l'industria italiana fu in grado di produrre 1222 carri M (esclusi i carri L, i semoventi e le autoblindo). Ciò che più nocque all'impiego delle unità carriste nella fase iniziale della guerra non furono le manchevolezze della dottrina, le insufficienze dell'ordinamento e le stesse modeste caratteristiche dei carri L, ma innanzitutto la mancata generalizzazione della mentalità carrista o corazzata. La grande maggioranza dei comandanti delle grandi unità rimasti attaccati alla visione ed agli schemi della prima guerra mondiale nella quale avevano combattuto con perizia, valore e successo - poco ò nulla sapevano dei carri armati; molti ufficiali di stato maggiore usciti dalla scuola di guerra, che continuava a centrare il problema della guerra di movimento sul binomio fanteria-artiglieria, avevano scarsa familiarità con l'impiego delle unità carriste; la quasi totalità dei quadri delle varie armi, più che nelle esercitazioni in cooperazione, aveva visto i carri armati nelle parate o nelle riviste. Facevano naturalmente eccezione gli ufficiali ed i sottufficiali appartenenti alle specialità carrista . e celere. A questi non facevano difetto né il mordente (spirito carrista o celere), né la preparazione tattica e tecnica (mentalità corazzata), ma essi erano una minoranza - in gran parte i maggiori, i capitani ed i subalterni che avevano iniziato od iniziavano il servizio presso le unità
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carriste e celeri - non sempre compresa e sostenuta dagli stessi superiori, spesso meno esperti in materia. D'altra parte, come pretendere la generalizzazione in tempi molto brevi di una nuova mentalità, nonostante l'esistenza e la validità della regolamentazione addestrativa in vigore, data la rarità delle esercitazioni di cooperazione delle varie armi con le unità celeri o corazzate? Quanti reggimenti o battaglioni svolgevano tali esercitazioni, e quante? Una nuova mentalità tattica non s'improvvisa, ma è il risultato di una maturazione spirituale, intellettuale e professionale lunga ed approfondita, specialmente quando sia necessario sostituire idee e teorie tradizionali radicate, apprese sui banchi delle scuole di reclutamento e di perfezionamento ed esperimentate nella lunga pratica addestrativa, quando non anche in guerra. A tale riguardo è significativo il fatto che ancora nel dicembre del 1940 il comandante del corpo d'armata celere dovesse lamentare la mancata acquisizione della nuova mentalità da parte di un certo numero dei quadri della sua grande unità, tanto da essere indotto ad elaborare una raccolta (17) completa e coordinata delle circolari da lui emanate dalla costituzione del corpo d'armata in poi. Da queste appare evidente quante e quali fossero state le difficoltà per generalizzare e rendere istintivi criteri e procedimenti nuovi persino nell'ambito delle divisioni celeri, che vantavano una data di nascita meno recente (1934) di quella delle divisioni corazzate (1938). Per concludere. Le unità carriste passarono attraverso fasi evolutive diverse da quelle delle unità di fanteria, ma non meno tormentate e lente talché le une e le altre dovettero affrontare la guerra con livelli di efficienza operativa molto modesti. Quanto all'armamento, il 10 giugno del 1940 la fanteria risultò carente, sia sul piano concettuale sia rispetto alle pur esigue tabelle di assegnazione organica, oltre che di un adeguato grado di meccanizzazione, anche dell'arma, il cannone controcarro, che più le sarebbe stato necessario nel combattimento. La fanteria carrista non rimase indietro sul piano concettuale, ma su quello della disponibilità effettiva del mezzo più efficace, il carro medio, per le azioni manovrate in profondità, per le azioni di rottura e per la lotta, in genere, contro le unità similari avversarie. Quanto alla dottrina d'impiego ed all'ordinamento, la fanteria venne colta dalla guerra nel vivo della crisi determinata dal trasferimento della manovra tattica dal livello divisionale a quello del corpo d'armata e dal passaggio dalla divisione ternaria a quella binaria con tutte le incidenze che i due provvedimenti ebbero anche sulle unità medie e minori. La fanteria carrista ebbe sorte migliore: essa viveva in quel momento una fase evolutiva di sviluppo che non implicava sconvolgimenti di criteri, di procedimenti e di orga-
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nici, ma solo il completamento ed il miglioramento dell'organizzazione già in essere, che riguardava soprattutto i livelli più elevati e si rifletteva su quelli minori solo sotto l'aspetto addestrativo (necessità di abilitare il personale ad impiegare e manovrare carri medi in luogo di carri leggeri). Entrambe le specialità di fanteria si presentarono alla guerra con un grado di addestramento non molto elevato, ma quello della fanteria carrista era migliore in ragione della stabilità dei procedimenti e delle formazioni delle minori unità non sostanzialmente modificati da più anni. Non si può, dunque, sostenere che lo stato maggiore dell'esercito italiano sia stato colto, sul piano concettuale, al momento dell'entrata in guerra, di sorpresa e di contropiede - aveva, difatti, individuato almeno dal 1936 tutte le caratteristiche fondamentali della lotta dei carri armati ma non si può negare che sul piano delle realizzazioni concrete, riguardanti in particolare la cooperazione con l'aviazione e la produzione dei nuovi carri, si sia mosso con grave ritardo ed abbia proceduto con estrema lentezza secondo il passo delle normali procedure burocratiche, quasi non avvertisse l'imminenza della guerra. La responsabilità del ritardo e della lentezza non può venire diminuita dal fatto che vi furono in quel periodo stati maggiori di altri eserciti che rimasero più indietro anche sul piano concettuale, o dalle difficoltà di ordine vario, compreso il mancato sostegno da parte del capo di stato maggiore generale, che ostacolarono un cammino più rapido e spedito. Anzi, proprio per il fatto del!'esattezza della concezione d'impiego, le responsabilità si fanno più gravi, perché mentre si può comprendere un'insufficienza mentale, non si può giustificare la consapevolezza dell'inazione o dell'insufficiente dinamicità impressa all'andamento delle realizzazioni urgenti. Nessuno può dire con certezza che la fase iniziale della guerra avrebbe avuto un andamento del tutto diverso se lo stato maggiore, anche a costo di carri armati meno ottimali, avesse accelerato l'attuazione del programma stabilito, ma è molto probabile che un numero maggiore di carri leggeri e soprattutto medi assegnati allo scacchiere dell'Africa settentrionale sarebbe stato fattore determinante per evitare la sconfitta subita in seguito alla prima offensiva britannica.
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NOTE AL CAPITOLO XXIX (1) Riparto carri armati. Addestramento delle unità camste.Parte tet7.a. Addestramento e impiego tattico. (Stralcio di regolamento provvisorio). Libreria dello Stato, Roma, maggio 1925. La pubblicazione - 56 pagine e 125 paragrafi - è suddivisa in due capitoli: I Generalità sull'impiego dei carri armati; II Addestramento al combattimento per i carri armati Fiat 3000 riguardante l'impiego e addestramento tattico del carro, della sezione, della squadriglia e del gruppo (cenni) Fiat 3000. Nell'avvertenza iniziale è scritto che l'istruzione deve trovare particolare applicazione nell'addestramento tattico delle unità carriste, ma che deve essere conosciuta anche dai comandi e dalle unità delle altre armi, ed in particolare modo della fanteria, con la quale i carri armati combattono in intima cooperazione. Il capitolo I comprende: pre-. messa, principi generali, ricognizione del terreno, cooperazione con le altre armi, collegamento e segnalazioni, avanzata, combattimento, disimpegno e riodinamento, movimenti per via ordinaria e ferroviaria, incolonnamento, manutenzione, riparazioni, rifornimenti. Il capitolo II comprende, nella parte che riguarda l'impiego e l'addestramento del carro: premessa, condotta del carro, combattimento di un carro isolato, carro contro carro avversario, collegamento e cooperazione, mascheramenti, svolgimento dell'istruzione tattica del carro e schemi di esercitazioni; nella parte che tratta l'impiego e l'addestramento della sezione, premessa, azione offensiva in guerra di posizione e di movimento, compito del capo sezione, compito del comandante dell'unità di fanteria che impiega la sezione, ricognizione del terreno, posizione di raccolta, posizione di partenza, avanzata verso l'obiettivo, collegamenti, azione di massa, azione di fuoco, contrattacchi, sostegno reciproco tra carri, soste momentanee, azione contro carri avversari, raggiungimento dell'obiettivo e obiettivi successivi, disimpegno e ripiegamento, posizioni di attesa, posti di rifornimento, impiego in circostanze speciali, rifornimento, riordinamenti, recuperi, svolgimento dell'istruzione tattica della sezione e schemi di esercitazione, terreno e materiali per esercitazioni; nella parte che riguarda l'impiego e l'addestramento della squadriglia premessa, impiego, svolgimento dell'istruzione; nella parte che riguarda il gruppo, brevi cenni circa l'impiego del gruppo stesso. (2) Ministero della guerra. Comando del corpo di stato maggiore. Addestramento delle unità carri armati mod. 1921-1930. Istituto poligrafico dello Stato, Libreria, Roma, 1931. La pubblicazione - 84 pagine, 149 paragrafi, 1 appendice (2 paragrafi) e 4 allegati è articolata su di : una premessa, 8 capitoli (I Generalità, II Addestramento del plotone, III Addestramento della compagnia, IV Addestramento del battaglione, V Casi particolari d'impiego dei carri, VI Addestramento dei reparti ai tiro, VII Servizi, VIII Esercitazioni annuali in comune con la fanteria) 1 appendice riguardante le riviste e parate, 4 allegati (1 °: Composizione dei reparti carri armati in guerra; 2° Mezzi di collegamento dei reparti carri armati, 3° Tabella dei contrassegni distintivi per i carri; 4° Tabella delle segnalazioni convenzionali con l'asta di segnalazione). Le Generalità trattano: l'azione offensiva, l'azione difensiva, la protezione dei carri, la difesa contro i carri, i collegamenti, le ricognizioni e i lavori. I capitoli Il, III e IV comprendono rispettivamente l'istruzione formale, l'addestramento al combattimento e gli schemi di esercitazione del plotone, della compagnia e del battaglione. Il capitolo V tratta separatamente i casi d 'impiego nei boschi, in montagna e negli abitati. (3) Ministero della guerra. Comando del corpo di stato maggiore. Istruzione provvisoria sui carri armati veloci. Istituto poligrafico dello Stato, Libreria, Roma, 1931. La pubblicazione - 28 pagine, 71 paragrafi, 2 allegati - è suddivisa in 3 capitoli: I Descrizione del carro, II Istruzione formale (generalità, il plotone, la compagnia, il battaglione), III Impiego (generalità, impiego del plotone, della compagnia, del battaglione). L'allegato n. 1 riguarda i contrassegni distintivi dei carri veloci e l'allegato n . 2 il cifrario delle segnalazioni con l'asta.
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(4) Ministero della guerra. Comando del corpo di stato maggiore. Ufficio addestramento. Circ. n. 900, del 1 febbraio 1935. Oggetto: Impiego e azione dei carri veloci. (5) Ministero della guerra. Gabinetto. Circ. n. 47000, del 18 giugno 1936. Oggetto: Addestramento e impiego dei carri veloci. (6) Ministero della guerra. Ispettorato truppe celeri. Addestramento e impiego dei carri veloci. Istituto poligrafico dello Stato, Libreria, Roma, 1936. La pubblicazione - 23 pagine, 39 paragrafi, 2 allegati - è suddivisa in 3 capitoli: I Caratteristiche. Generalità d'impiego; II Addestramento al combattimento; III I seroizi. L'allegato n. 1 tratta l'Addestramento dei carri veloci al tiro e l'allegato n. 2 è costituito dal Grafico delle istruzioni e dei tempi per il ciclo nonna/e di addestramento di uno squadrone carri veloci . (7) Ministero della guerra. Ispettorato delle truppe celeri. Istruzione formale dei carri veloci. Istituto poligrafico dello Stato, Libreria, Roma, 193 7. La pubblicazione - 19 pagine, 46 paragrafi, 4 allegati - è suddivisa in 2 capitoli: I Descrizione del carro, II Istruzione formale (il plotone, lo squadrone, il gruppo di squadroni). L'allegato n. 1 è riferito ai dati caratteristici del mezzo, l'allegato n. 2 al carro veloce mod. 35, l'allegato n. 3 al cifrario delle segnalazioni con l'asta da segnalazione, l'allegato n. 4 ai contrassegni distintivi dei carri veloci. (8) Ministero della guerra. Comando del corpo di stato maggiore. Ufficio addestramento. Circolare n. 10500 del 15 agosto 1936: Impiego ed addestramento carri d'assalto. Tipografia del comando del corpo di stato maggiore, Roma, 1936. La circolare - 29 pagine, 35 paragrafi - è suddivisa in una Premessa, 2 capitoli: I Caratteristica, 11 Modalità di azione, ed una Conclusione. (9) Ministero della guerra. Comando del corpo di stato maggiore. Ufficio Addestramento. Impiego delle unità carriste. Istituto poligrafico dello Stato, Libreria, Roma, 1938. La pubblicazione - 39 pagine, 94 paragrafi - comprende 5 capitoli: I Generalità, ll Caratteristiche tattiche, III Principi generali d'impiego, IV Cooperazione, V Modalità d'azione (A. In cooperazione con unità celeri: esplorazione, attacco, inseguimento, azione difensiva, rottura del combattimento, protezione del ripiegamento. B. In cooperazione con la fanteria: impiego dei carri «L» nella marcia al nemico, nell'avvicinamento e nella presa di contatto; nel completamento o nello sfruttamento del successo, nell'azione difensiva, nella rottura del combattimento e nella protezione del ripiegamento; impiego dei carri «M» nella marcia al nemico e nell'avvicinamento, nell'attacco, nel completamento del successo, nella difesa, nella protezione del ripiegamento. C. In cooperazione con grandi unità motorizzate o inquadrati in grandi unità corazzate: sicurezza delle grandi unità motorizzate e corazzate, protezione della zona di scarico, di carico e di schieramento, attacco, rottura del contatto.
(10) La pubblicazione del 1938 (a pag. 2) indica come segue le caratteristiche tecniche approssimative dei vari tipi di carro. Carri L: peso t 3,5; velocità max. Km/h 40; autonomia: su strade Km 80, su terreno vario h 4; armamento: 2 mitragliatrici da 8 in casamatta o 1 mitragliatrice da 13,2, in casamatta, o 1 mitragliatrice da 8 e 1 lanciafiamme in casamatta; ostacoli superabili: guado m 0,70, muretto m 0,65, trincea m 1,45; equipaggio: 2 uomini. Carri M: peso da 7 a 11-13 t; velocità max. Km/h da 30 a 35; autonomia su terreno vario 12 h ; armamento: 2 mitragliatrici da 8 in torretta, o 1 cann. mitr. da 20 in torretta ed 1 mitr. da 8, o 2 mitr. da 8 in torretta e 1 lanciafiamme in casamatta, oppure 2 rnitr. da 8 in torretta 1 cannone da 37 in casamatta o da 4 7 con mitr. da 8 in torretta e 1 o 2 mitr. da 8 in casamatta; ostacoli superabili: guado da 0,90 a 1,00 m, muretto da 0 ,80 a 0,90 m, trincea da 1,80 a 2,00 m; equipaggio: da 3 a 4 uomini. Carri P: peso, t 20 + 25; velocità max Km/h 32; autonomia su terreno vario 10 h; armamento: 3 mitr. da 8 in torretta o casamatta e 1 cannone da 47/32 in torretta; ostacoli superabili: guado m 1,20, muretto m 1, 10, trincea m 3; equipaggio da 6 a 8 uomini.
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(11) Ministero della guerra. Comando del corpo di stato maggiore. Ufficio AddestramentoSezione aviazione. Circolare n. 1500 del 25 febbraio 1934: Col/q,pmenti aeroterrestri e Circolare n. 5500 del 30 luglio 1934: Aerocooperazione. Istituto poligrafico dello Stato, Libreria, Roma, 1935. (12) Stato maggiore del regio esercito. Ufficio addestramento. Circolare 18000: Impiego
delle unità corazzate. (Norme provvisorie). Roma, 19 agosto 1941. La pubblicazione - 55 pagine, 80 paragrafi - è articolata in una premessa e 8 capitoli: I I carri armati, Il Principi generali d'impiego delle unità carriste, ili La divisione corazzata (la cooperazione), IV La divisione corazzata nelle varie fasi de/l'azione (movimento, esplorazione e sicurezza, attacco, sfruttamento del successo, rottura del contatto). V Azione di una divisione corazzata contro G. U. similare, VI Azione di una divisione corazzata in zone desertiche, VII Col/q,pmenti, VIII Servizi. La pubblicazione riassume ed aggiorna, sulla base dell'esperienza di guerra, le Norme per l'impiego delle unità carriste ed. 1938 e delinea i principali criteri d'impiego della divisione corazzata. Nel primo capitolo il carro armato viene definito come «l'elemento costitutivo fondamentale delle grandi unità corazzate ed il loro principale me:r.:r.o d'azione e come un potente me:r.:r.o ausiliario delle truppe celeri». La pubblicazione prevede solo l'impiego dei carri Led M (ed altri similari) perché -i l carro P , di peso non superiore alle 28 t, era ancora allo studio e la sua funzione tattica veniva affidata transitoriamente al pezzo da 75/18 semovente. Ai carri leggeri sono affidati compiti nei dispositivi esploranti e di sicurezza e compiti di cooperazione nello sfruttamento del successo; ai carri medi, più potenti e meglio protetti, compiti di attacco in profondità, di sfruttamento del successo, di rottura delle organizzazioni difensive dei carri. L'armamento dei carri viene utilizzato: mitragliatrici: per eliminare o neutralizzare alle brevi distanze elementi attivi non protetti; cannone mitragliera o cannone: per agire contro elementi attivi a distanze maggiori, per battere elementi attivi protetti e, specialmente, per fronteggiare mezzi corazzati similari. Viene precisato che il carro può far fuoco sia in movimenta che da fermo, raccomandando però di limitare l'uso del cannone, stante l'eseguità del munizionamento, al fuoco in movimento solo su un terreno non accidentato e contro bersagli ampi. La migliore difesa del carro - è detto - più che nella corazza, sta nella sua mobilità. C.arro che sosta è facile bersaglio dell'artiglieria nemica (soste per il fuoco quanto più brevi possibili). Nel secondo capitolo viene confermato il criterio base: impiego oHensivo, a massa e di sorpresa precisando che l'unità tattica fondamentale è il battaglione e che il plotone, unità inscindibile, deve muovere e agire come blocco di mezzi e volontà. Le formazioni e le fronti di attacco a titolo unicamente orientativo sono: per il plotone, di norma, formazione a cuneo su di una fronte di 100 m; per la compagnia isolata (caso eccezionale) la formazione in linea di plotoni a cuneo o su 2 ondate su di una fronte di 4-500 m; per il battaglione, normalmente su 3 ondate di compagnia in linea o con le 3 compagnie affiancate in colonna su di una fronte di 4-500 m, eventualmente su 2 ondate su di una fronte di 1000-1200 m, eccezionalmente su 1 sola ondata di compagnie in linea di plotoni su di una fronte di 1500-1700 m (profondità di un'ondata: 100 m con plotone a stormo e distanza fra 2 ondate di 300 + 400 m); per il reggimento, di norma, la formazione è di 2 battaglioni in primo scaglione ed 1 in secondo scaglione (distanza fra i due scaglioni 1000 + 1500 m). Nel terzo capitolo, che tratta della divisione corazzata, vengono definiti i principi basilari d'impiego della grande unità: realizzare nel momento decisivo e nella direzione più redditizia una potenza di fuoco e d'urto superiore a quella prevedibile da parte nemica; operare a massa fino al totale raggiungimento degli obiettivi, senza lasciarsi attrarre da diversivi che, implicando una dispersione di mezzi, facilitano la reazione nemica; agire d 'iniziativa oltre gli obiettivi assegnati, quando si delinea la possibilità di perturbare in profondità il dispositivo nemico. Come fattori di successo sono indicati le qualità manovriere del comandante, lo spirito di orga-
nizzazione degli stati mau)ori, la preparazione minuta della prima fase dell'azione, il sicuro funzionamento dei servizi, la cooperazione dell'aviazione attuata con laryj,e:r.:r.a di mezzi, con continuità di sviluppo, con sincroneità di eHetti; l'azione dei comandi superiori. Viene confermato
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il principio che l'azione dei carri è sempre coordinata con quella degli altri reparti della grande unità corazzata destinati a completarne e consolidarne gli effetti: fanteria, artiglieria, genio, aviazione. Nel quarto capitolo sono precisati i criteri ed i procedimenti da seguire da parte della divisione corazzata nelle varie fasi dell'azione (movimento, esplorazione e sicurezza, attacco, sfruttamento dd successo, rottura dd contatto). Per l'attacco è ribadito il concetto che deve essere condotto e portato a termine con inflessibile decisione ed energia ed è precisato che, di massima, l'obiettivo normale è la zona di schieramento delle artiglierie nemiche di medio calibro; è ripetuto che sono i carri M a costituire la vera e propria massa di attacco e che tutti gli altri mezzi organici della divisione ham,o il compito di preparare (artiglieria ed aviazione), di appoggiare (artiglieria, pezzi controcarri, artiglieria contraerei, aviazione) e di completart! (fanterie motorizzate) l'azione dei carri; è infine sottolineata l'importanza dell'unità di azione. Criteri e modalità per lo sfruttamento dd successo e per la rottura del contatto restano qudli della pubblicazione dd 1938. Nel capitolo V l'azione della divisione corazzata contro una grande unità similare è cosl delineata: il cozzo con la grande unità nemica similare deve avvenire in condizioni tali da paraliuare ed ostacolart! la manovra del nemico e favorire la propria; occorre perciò attirare l'avversario in terreno sfavorevole all'azione dei carri o - quanto meno - in zona nella quale non sia predisposta efficace azione di armi controcarri, di artiglieria e di aviazione e si siano, tempo permettendo, impiantati campi minati; occorre altresl sfilare a ridosso dd terreno o zona suddetti, piombando sul fianco o sul tergo della grande unità avversaria e sopra i suoi mezzi di rifornimento; se le circostanze non pc::rmeltooo un'azione del genere, si deve cercare almeno di appoggiare un fianco ad ostacoli quanto più possibile insormontabili senza lasciarsi addossare all'ostacolo stesso e manovrando offensivamente all'ala opposta; se è giocoforza non accettare l'urto, occorre rompere il contatto e qualora, in caso del genere, le distanze siano troppo brevi per dare una sufficiente probabilità di poter rompere il contatto, o l'incontro dei grossi avvenga all'improvviso, non c'è che una via da seguire: quel-
la di attaccare risolutamente a massa. Nd capitolo sesto vengono indicate le modalità d'azione da seguire de parte della divizione nelle zone desertiche in relazione alle particolari caratteristiche di tali zone dove: il terreno è ovunque, o quasi, percorribile da masse di carri, le fronti non sono a stretto contatto, ma anche e grande distanze l'una dall'altra, le fronti stesse non sono di norma continue tna a capisaldi o gruppi di capisaldi, un'ala almeno della fronte nemica non è appoggiata a forti ostacoli ed è perciò avvolgibile o aggirabile, il terreno non offre nessuna copertura rispetto all'osservazione aerea ed è osservabile anche a terra a grandi distanze. In tali zone la divisione corazzata: può trovarsi ndla condizione di dover compiere vasti movimenti di approccio nel vuoto provvedendo da sé alla propria sicurezza; può puntare anziché a tratti della fronte avversaria agli intervalli di detta fronte o, meglio ancora, ad avvolgerne od aggirarne l'ala scoperta; deve ricercare la sorpresa con movimenti notturni, con soste diurne con reparti e singoli mezzi largamente intervallati e mascherati, mediante colonne avviate in direzioni diverse da quella o da quelle in cui intende realmente agire, mediante l'inibizione della ricognizione aerea avversaria, la riunione della massa nelle prime ore della notte precedente l'azione, il passaggio attraverso gli intervalli della fronte avversaria, od in corrispondenza dell'ala scoperta, prima dell'alba, l'arrivo all'alba in prossimità ddle posizioni da attaccare qualora la divisione debba, eccezionalmente, puntare a capisaldi o gruppi di capisaldi. In sintesi, la marcia al nemico e l'azione in terreni desertici e similari assume sovente aspetti
analoghi a quelli di una forza navale che miri a sorpresa ed offesa a danno dell'awesario. Il capitolo settimo specifica i mezzi di collegamento (a filo, radio, segnalazioni, staffette motociclisti); precisa che le radiotrasmissioni nell'ambito delle minori unità corazzate sono caratterizzate dall'impiego quasi esclusivo della radiofonia; sottolinea la difficoltà e la vulnerabilità di tale sistema; chiarisce che per i collegamenti nell'interno del battaglione sono impiegate stazioni a breve portata installate su tutti i carri normali, per i collegamenti con l'esterno il comando del battaglione è dotato di appositi «carri centro radiai., indica che la rete dd battaglione consiste in una maglia di battaglione, maglie di compagnia e maglia centro radio e che quella del reggimento comprende la maglia o le maglie che collegAnn il comando
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di reggimento (anch'esso dotato di carri centro radio) con i comandi di battaglione, maglie con i reparti laterali, con unità di fanteria ed artiglieria cooperanti, con gli aerei; dà, inoltre, le norme da seguire per il buon funzionamento delle reti e le prescrizioni particolari per i collegamenti aeroterrcstri. Nell'ultimo capitolo, sottolineato che dal punto di vista logistico la divisione corazzata è la più delicata ed onerosa delle grandi unità essenzialmente per il volume dei rifornimenti e la necessità dei pronti recuperi, la pubblicazione elenca i servizi divisionali (sezione sanità, ospedali da campo, nucleo chirurgico, ambulanza odontoiatrica, sezione sussistenza e squadra panettieri, officina autocarreggiata per materiali di collegamento, officina mobile pesante e reparto soccorso stradale, compagnia movimento stradale e autogruppo misto ufficio postale) e detta le norme per il loro funzionamento, mettendo in evidenza l'importanza e la cura da attribuire al servizio riparazioni e recuperi. Della pubblicazione abbiamo fatto solo cenno nel testo, in quanto essa vide la luce dopo oltre un anno dall'entrata in guerra. Ecco perché ci è sembrato utile riassumerla in nota, in quanto essa testimonia l'evoluzione subita dalla grande unità guerra durante ed al tempo stesso conferma la validità dei concetti contenuti nella pubblicazione del 1938 della quale è un ampliamento ed un completamento. (13) Stato maggiore dell'esercito. Ufficio addestramento. Circolare 28000 Impiego del ray,gruppamento esplorante corazzato R.E.Co. (Norme provvisorie). Roma, dicembre f941. b pubblicazione - 38 pagine, 56 paragrafi - è suddivisa in una Premessa e 6 capitoli: l L'esplorazione-Generalità, II Il R.E.Co.; III Criteri d'impiego; IV Modalità di azione (gli ordini, il dispositivo di esplorazione, le modalità di azione, la cooperazione dell'aviazione), V Collegamenti, VI Se,vizi. Veds. anche capitolo seguente. (14} Balbo Italo (1896-1940}, maresciallo dell'aria. Esponente ùd fascismo. Dopo essere stato ufficiale nella prima guerra mondiale, partecipò come quadrumviro alla marcia su Roma. Fu tra i più tenaci assertori dei collegamenti aerei tra i continenti e guidò personalmente, come generale di squadra, crociere aeree di vasta risonanza (Mediterraneo occidentale: 1928; Mediterraneo orientale: 1929; Atlantico: 1930 e 1933). Per queste imprese fu nominato maresciallo dell'aria. Fu ministro dell'aeronautica dal 1929 al 1933. Nel 1934 succedette al maresciallo Badoglio nella carica di governatore della Libia. Allo scoppio della seconda guerra mondiale era comandante superiore di tutte le forze armate in Libia. Il 28 giugno 1940, nel cielo di Tobruch, l'aereo in cui viaggiava venne colpito e abbattuto dall'artiglieria contraerei italiana per errore ed egli perl. (15) Ali'entrata in guerra dell'Italia la situazione delle truppe corazzate era la seguente: 3 divisioni corazzate: 131 • Centauro dislocata in Albania, con sede a Tirana, costituita da 5° reggimento bersaglieri, 131 ° reggimento fanteria carristi, 131 ° reggimento artiglieria, unità minori delle varie armi e servizi; 132• Ariete, con sede a Verona, costituita da 8° reggimento bersaglieri, 32° reggimento fanteria carrista, 132° reggimento artiglieria, unità minori delle varie armi e servizi; 133• Littorio, con sede a Parma, costituita da 12° reggimento bersaglieri, 33° reggimento fanteria carrista, 133° reggimento artiglieria, unità minori delle varie armi e servizi. 1 °, 3° e 4° reggimento carri con sede rispettivamente a Vercelli, Bologna, Roma; battaglioni carri L assegnati alle grandi unità dislocate in Africa settentrionale (IX, XX e XXI), - CCC XII battaglione carri armati (1 compagnia carri M ed 1 carri L) assegnato al coman- • do forze armate dell'Egeo, - 2 compagnie carri M ed 1 compagnia carri L dislocate nell'Africa orienLale italiaua.
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(16) Le divisioni corazzate vennero ristrutturate nel 1941, ognuna su: 1 raggruppamento esplorante (R.E.Co.) costituito da autoblindo, moticiclisti, unità controcarri e contraerei; - una massa d'urto, costituita da un reggimento carri su 4 battaglioni carri M ed 1 battaglione carri L; - una massa di sostegno, costituita da 1 reggimento bersaglieri su 1 battaglione motociclisti, 2 battaglioni autocarrati, 1 compagnia cannoni da 47/32; - una massa di appoggio, costituita da un reggimento di artiglieria su 2 gruppi semoventi da 75/18 e un gruppo contraerei da 20 mm; unità del genio: 1 compagnia marconisti ed l compagnia artieri; unità minori dei servizi (1 sezione sanità, 1 sezione sussistenza, 1 autoreparto misto). Nel 1942 fu aggiunto a dette unità un battaglione semoventi controcarro. Dal 1940 al 1943 le unità vennero dotate di nuovi veicoli corazzati tra i quali l'autoblindata «41», il carro M-14 e L 6 modificato. Furono prodotti anche i semoventi, da quello obice da 75/18 su scafo di carro armato M.13 e varianti, a quello da 47/32 su scafo L 6, o al semovente da 90/53 su scafo M.14 modificato per giungere all'obice da 105/25 su scafo M.15. Essi, ordinati in batterie e gruppi, costituirono, di massima, l'artiglieria delle divisioni corazzate. Per tutta la durata della guerra il veicolo corazzato italiano più comune restò l'M.13, e i suoi derivati che furono migliorati anche nelle possibilità di collegamento. Il carro M .13 che, all'epoca dell'entrata in servizio, si era rivelato abbastanza efficace, ben presto, a cominciare dal 1942, perse di valore di fronte ai nuovi mezzi degli avversari - i carri Sherman - armati di cannone più potente e dotati di maggiore mobilità e protezione. (17) Comando corpo d'armata celere. Preparazione ed addestramento dei celeri. Padova, dicembre 1940.
CAPITOLO XXX
L'IMPIEGO DELLA CAVALLERIA TRA LE DUE GUERRE MONDIALI 1. La riduzione delle unità. 2. I compiti dell'arma. 3. La cavalleria nell'esplorazione. 4. Il combattimento a cavallo. 5 Il combattimento a piedi. 6. Il combattimento combinato. 7. Il segnale del rinnovamento.
1.
A segnare la sorte della cavalleria furono le armi automatiche e gli aerei; quando le une e gli altri divennero numerosi e potenti, la cavalleria vide prima ridotte e poi azzerate le possibilità di far valere da cavallo la sua potenza d'urto e la sua mobilità strategica e tattica. Quanto venne fatto per tentare di mantenere alla cavalleria la sua capacità operativa durante la prima guerra mondiale risultò di scarsa efficacia, tanto che alcuni stati maggiori giunsero fin d'allora alla decisione di abolirla come arma a cavallo, tutta o parte, e di appiedarla uniformandone l'impiego ai criteri ed ai procedimenti della fanteria. La cavalleria però non aveva l'attitudine tattica ed i mezzi della fanteria ed era armata da uno spirito, da una mentalità tattica e da una tradizione diversi, tanto che là dove non venne abolita o completamente meccanizzata essa visse uno dei periodi più incerti, lacunosi e mortificanti della sua storia durante la quale non erano mancati però anche in passato momenti di crisi. Abolirla in Italia avrebbe significato impoverire l'intero esercito italiano privandolo di un patrimonio altamente remunerativo spiritualmente e tatticamente e sarebbe stato, oltre tutto, un provvedimento iniquo dopo che l'arma, manovrando e combattendo a cavallo, si era ricoperta di gloria e si era sacrificata oltre i limiti umani durante la ritirata dall'Isonzo nel1' autunno del 1917 e si era prodigata con slancio e bravura durante la battaglia di Vittorio Veneto nell'autunno dell'anno successivo. Nel primo periodo postbellico l'unica decisione adottata fu la riduzione assoluta e proporzionale del numero delle unità, lasciandone per il resto immutata la fisionomia tattica ed i mezzi di azione.
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Dei 30 reggimenti esistenti alla fine della prima guerra mondiale, alcuni indivisionati ed altri non - oltre alcuni squadroni autonomi dislocati nelle colonie - ne furono lasciati in vita prima 16 e poi, nell'ordinamento Diaz, 12, portati a 13 nell'ordinamento del 1940. I reggimenti indivisionati erano costituiti, al termine della prima guerra mondiale, da 2 gruppi, dei quali il primo comprendeva 3 squadroni (ciascuno di questi su di 1 reparto a cavallo e 1 reparto ciclisti con 1 sezione mitragliatrici) ed il secondo comprendeva 2 squadroni costituiti come quelli del primo gruppo ed 1 squadrone motociclisti; i reggimenti non indivisionati erano anch'essi costituiti su 2 gruppi, dei quali il primo era su 3 squadroni ed il secondo su 2, tutti indistintamente a cavallo. Subito dopo, nell'ordinamento Albricci del novembre 1919, i reggimenti vennero tutti formati su di 1 comando, 2 gruppi squadroni montati, 1 deposito, costituzione che, ad eccezione dell'inserimento di uno squadrone mitraglieri, venne confermata negli ordinamenti successivi. Il reggimento comprendeva: il comandante, gli ufficiali del comando, 1 squadrone comando su 2 plotoni (plotone comando: 1 squadra maggiorità, 1 squadra servizi, 1 autodrappello; plotone collegamenti: 1 squadra radio, 1 squadra portaordini, segnalatori colombofili), 2 gruppi squadroni, 1 squadrone mitraglieri. Ogni gruppo squadroni comprendeva 1 comando (comandante e aiutante maggiore in 2a) e 2 squadroni cavalieri, ciascuno di questi formato su di 1 plotone comando (comandante, 1 squadra comando, 1 squadra servizi) e 4 plotoni cavalieri, ciascuno su di 1 comandante, 1 trombettiere, 1 attendente, 2 squadre cavalieri (9 uomini ciascuna, armati di sciabola e di moschetto se a cavallo e di solo moschetto se a piedi) e 1 squadra mitragliatrici leggere (2 armi e 13 uomini). Lo squadrone mitraglieri comprendeva il comandante, 1 plotone comando (comandante, 1 squadra comando, 1 squadra servizi) e 4 plotoni mitraglieri, ciascuno su di un comandante, 1 trombettiere, 1 attendente, 2 squadre mitragliatrici pesanti (ciascuna su di 1 mitragliatrice e 8 uomini). Una prima novità organica nell'ambito del reggimento di cavalleria venne introdotta con l'ordinamento del 1934, dopo 16 anni dal termine della prima guerra mondiale, quando venne stabilito che i reggimenti potessero essere costituiti con gruppi di squadroni a cavallo o meccanizzati, dando il via alla sostituzione del cavallo con il mezzo meccanico. Il provvedimento ebbe un'attuazione gradu.ale e lenta tanto che la gran parte della cavalleria parteciperà alla seconda guerra mondiale con reggimenti e gruppi a cavallo. Toccherà alla cavalleria italiana scrivere l'ultima pagina della storia dei combattimenti a cavallo con le cariche di Isbuscenskij, sulla fronte russa, nell'estate del 1942, e di Poloj, sulla fronte balcanica, nell'autunno successivo.
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L'incertezza e, occorre dirlo, l'insufficienza di prospettiva circa il ruolo della cavalleria nel futuro furono tali da trattenere per lungo tempo lo stato maggiore dell'esercito dal riesame della regolamentazione tattica e tecnica dell'arma. Fino al 1931 rimasero in vigore, sia pure con le modifiche e le innovazioni introdotte dalle istruzioni e dalle circolari emanate dal Comando Supremo durante la prima guerra mondiale, i regolamenti del 1911 e del 1915, questo ultimo parzialmente aggiornato nel 1926. La pubblicazione del 1931 Addestramento della cavalleria (1) sebbene riferita ad unità montate, organicamente prive di mezzi meccanizzati (autoblindo e carri armati), segnò una tappa mòlto importante nell'evoluzione dell'arma, in quanto ne inquadrò l'impiego nell'esplorazione e nello sfruttamento del successo legandolo non solo alla stretta cooperazione con l'artiglieria, come nel passato, ma in misura determinante anche a quella con i bersaglieri, i carri veloci e la fanteria autoportata. Non era questo quanto sarebbe stato necessario fin d'allora alla cavalleria, né quanto era già stato fatto o si era sul punto di fare altrove, ma era pur sempre un modo meno anacronistico e meno lacunoso di concepirne ed organizzarne l'impiego. La pubblicazione aprì la strada, almeno implicitamente, alla concezione della meccanizzazione dell'arma, timidamente accettata nell'ordinamento del 1934, meglio asserita negli ordinamenti del 1938 e del 1940, mediante la costituzione di gruppi squadroni carri armati veloci. Doveva nondimeno passare ancora qualche anno prima che nell'esercito italiano venisse conferita alla cavalleria una fisionomia nuova e diversa, che, senza inficiare il ruolo operativo dell'arma, anzi esaltandolo, le restituisse la piena idoneità al combattimento moderno, e prima che i cavalli fossero fatti uscire del tutto, sia pure con l'onore delle armi per i servizi resi in passato, dal campo di battaglia. Solo dopo circa un anno e mezzo dall'entrata dell'Italia nella seconda guerra mondiale, lo stato maggiore dell'esercitò sanzionerà nella già ricordata pubblicazione Impiego del raggruppamento esplorante corazzato (2) l'affidamento della funzione esplorativa, propria della cavalleria, ad un raggruppamento di forze nella cui costituzione non figureranno più, in nessuna misura, unità montate, ma solo reparti autoblindo, motociclisti e carri armati leggeri. Ciò non vuol dire che le unità montate sparirono, come d'incanto, dalle formazioni di guerra del1'esercito operante; molte di esse sopravviveranno fino al 194 3 e, là dove verranno impiegate in combattimento, continueranno ad uniformare la loro azione ai criteri ed ai procedimenti dell'Addestramento della cavalleria del 19 31, pubblicazione che non venne mai più sostituita da altra e neppure aggiornata, eccezione fatta per le norme riguardanti l'istruzione formale a cavallo e l'addestramento ippico, modificate una prima volta nel 1932 e successivamente nel 1936 (3). Per oltre dieci anni,
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l'Addestramento della cavalleria del 1931 costitul, pertanto, l'unico documento ufficiale sul quale vennero impostati, organizzati e sviluppati l'impiego e l'addestramento dell'arma. Ad esso costantemente fecero riferimento i comandanti delle grandi unità nelle loro istruzioni e circolari dirette a stabilire la rispondenza dei criteri e dei procedimenti d'impiego e addestrativi agli sviluppi della dottrina tattica generale e ad introdurre modifiche organiche alle formazioni delle minori unità dell'arma. Di queste particolarmente importanti furono la riduzione da 4 a 3 dei plotoni cavalieri dello squadrone, l'aumento da 2 a 3 delle squadre cavalieri del plotone, ciascuna dotata di 1 fucile mitragliatore, e, conseguentemente, l'abolizione della squadra mitragliatrici leggere nell'ambito del plotone stesso. Guida all'aggiornamento dell'Addestramento della cavalleria del 1931 fu anche la circolare 9500 del 1938 L'esplorazione (4) nella quale vennero riassunti sintenticamente i criteri e le modalità per l'impiego delle unità e dei reparti incaricati dell'esplorazione, armonizzandoli nel contenuto e nella terminologia alle Direttive per l'impiego delle grandi unità ed. 1935, alle Norme per il combattimento della divisione ed. 1936 ed infine alla circolare 9000 su La dottrina tattica nelle realizzazioni dell'anno XVI. Nonostante le innovazioni concettuali di fondo introdotte da tali pubblicazioni nella dottrina d'impiego e nella pratica addestrativa e nonostante le accennate varianti organiche apportate alle formazioni di guerra, la tecnica d'impiego delle unità di cavalleria sancita nel regolamento del 19 31 conservò inalterata la sua validità legata ali' impiego del cavallo. Un impiego naturalmente visto con occhio diverso da quello del 1915; anzi esaminato come meglio non si sarebbe potuto fare una volta ammessa la possibilità di sopravvivenza del cavallo sul campo di battaglia, possibilità che, invece, era già da un pezzo nulla, stanti l'aumento della potenza, della densità e della precisione del fuoco e la diminuzione delle possibilità di sfuggite all'osservazione aerea.
2.
La cavalleria deve esplorare, attaccare, difendere e difendersi; di tali attività l'esplorazione è quella precipua e peculiare ed è quella che determina, più delle altre, i criteri d'impiego, le modalità di azione e lo stesso ordinamento dell'arma. Manovra e sorpresa sono i principi ai quali la cavalleria ispira ogni sua forma di attività. «Più che a infliggere perdite al nemico» - si legge nella pubblicazione del 1931 della quale riassumiamo il contenuto - la cavalleria mira, con l'audacia e la celerità
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della manovra, a paralizzarne le forze morali. Per disgregare la compagine morale del nemico e metterlo nell'impossibilità di resistere o reagire, la cavalleria impiega il cavallo ed armi distinte per la lotta ravvicinata (sciabola, baionetta, bomba a mano, pistola) e per la lotta a distanza (moschetto, mitragliatrice leggera, mitragliatrice pesante). La cavalleria opera in settori di azione ampi e spesso per unità isolate ed ha perciò necessità di mezzi di collegamento multipli e sicuri ai fini sia della pronta a rapida trasmissione delle notizie positive o negative che raccoglie sia della cooperazione tra le varie articolazioni del suo dispositivo e tra queste e le unità di fanteria, carri veloci, artiglieria e aviazione destinate a concorrere alla sua azione (mezzi di collegamento normali; radiotelegrafo, bandiere a lampo di colore o da segnalazione, razzi; teli per segnalazione da terra per gli aerei; porta ordini a cavallo o in bicicletta o in motocicletta o a piedi; colombi viaggiatori; mezzi di collegamento eventuali, per fini o circostanze particolari: telefono, aeroplano, ecc.). Tanto nel1'esplorazione quanto nel combattimento la cooperazione è indispensabile per portare al più alto grado il rendimento delle proprie forze. La cooperazione tra cavalleria e fanteria, nell'esplorazione, si attua: da parte della cavalleria nella ricerca del nemico e nella eliminazione delle resistenze minori; da parte della fanteria - in genere autoportata e bersaglieri ciclisti - nel costituire riseroa tattica della cavalleria per concorrere a superare le resistenze nemiche che la cavalleria non riesca a rimuovere da sola. Nel combattimento tale cooperazione si attua con l'affidare alla fanteria i compiti che richiederebbero, per il loro adempimento, I' appiedamento di notevoli unità di cavalleria, che è preferibile, invece, mantenere a cavallo per l'azione m:movrata. I bersaglieri ciclisti possono talvolta essere impiegati, anziché come riserva tattica, in speciali compiti lontani ed eccezionalmente in compiti esplorativi in parallelo con 1a cavalleria. In ogni caso la cavalleria deve tendere a favorire il successo della fanteria perché solo la vittoria della fanteria è vittoria di tutti. La cooperazione cavalleria-artiglieria si esplica da parte dell'artiglieria con il dominare sia pure temporaneamente l'avversario in modo da impedirgli il movimento e l'uso delle armi, e da parte della cavalleria con lo sfruttare subito questo stato d'inferiorità dell'avversario, per il raggiungimento del proprio scopo; in particolare, nell'esplorazione: l'artiglieria effettua tiri di appog,gio per aprire la strada alla cavalleria, tiri di protezione per concorrere a garantire il possesso di linee o punti importanti, tiri di interdizione per impedire il movimento del nemico attraverso passaggi obbligati; nel combattimento la cooperazione dell'artiglieria si esplica con azioni di spianamento, appog,gio, protezione, controbatteria e interdizione per sostenere l'attacco della cavalleria e proteggerne il mantenimento
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delle posizioni che essa presidia. La cooperazione cavalleria - carri veloci, potenti ausiliari della cavalleria tanto nell'esplorazione quanto nel combattimento, si concreta mediante l'intervento dei carri stessi per elimi-
nare prontamente le resistenze che si oppongono all'avanzata della cavalleria e mediante il pronto sfruttamento da parte di questa ultima dei risultati ottenuti dai primi. La cavalleria manovra a cavallo finché possibile e combatte a cavallo, o a piedi, o parte a cavallo e parte a piedi e, in particolare: il plotone cavalieri combatte con tutte le squadre a cavallo od a piedi; oppure con parte delle squadre a cavallo e parte, tra cui sempre la squadra mitragliatrici leggere, a piedi; il plotone mitraglieri combatte sempre appiedato; Io squadrone cavalieri combatte a cavallo ed a piedi, o con parte dei suoi plotoni a cavallo e parte appiedati; lo squadrone mitraglieri combatte sempre appiedato; il gruppo di squadroni combatte, di norma, con i suoi elementi parte a cavallo e parte appiedati o tutti appiedati, ed eccezionalmente con tutti i suoi elementi a cavallo; il reggimento combatte a cavallo ed a piedi, e con parte dei suoi squadroni a cavallo e parte appiedati. Le operazioni di appiedamento e di rimontare a cavallo rientrano nella tecnica d 'impiego dell'arma e variano secondo la situazione ed il terreno, come ancora di più variano le modalità di azione in relazione al fatto che l'unità combatta a cavallo, o a piedi, o parte a cavallo e parte a piedi (tipo dell'azione, settore di azione, formazioni, procedimenti, ecc.). Nell'esplorazione ogni unità è unità esplorante se considerata in rapporto con l'unità maggiore che la segue; è invece una unità isolata operante offensivamente se considerata in sé stessa e, perciò, il fine della ricerca del nemico è sempre duplice: informare sé stessi e poi l'unità che segue. L'esplorazione non è scopo a sé stessa, ma mezzo per trarre elementi di giudizio; durante l'esplorazione la cavalleria ricorre al combattimento soltanto per difendersi o quando vi sia costretta per raccogliere notizie. Nell'azione offensiva le unità di cavalleria possono trovarsi a combattere contro nemico a cavallo o a piedi. Nell'azione difensiva le unità di cavalleria hanno il compito di mantenere il possesso di una posizione in attesa di altre truppe, o di contenere o rallentare l'avanzata nemica in un determinato settore o di respingere l'attacco nemico che si proponga di distruggerle o catturarle, o di proteggere i fianchi o il ripiegamento di altre unità. Sia nell'esplorazione avanzata o vicina, sia prima, durante e dopo il combattimento, la cavalleria fa ricorso a vari tipi di pattuglie: di scoperta, di esplorazione, di ricognizione del te"eno, di sicurezza, di collegamento. Le pattuglie di scoperta s'impiegano in casi eccezionali, nell'esplorazione avanzata, per la ricognizione a distanza notevole di punti particolari interessanti e per la raccolta di speciali noti-
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zie; sono costituite da pochi cavalieri scelti e ben montati, al comando di ufficiali; possono venire distaccate solo dal comandante delle grandi unità in esplorazione. Le pattuglie di esplorazione hanno il compito di rilevare e segnalare forza, specie, dislocazione, contegno e movimento del nemico, operando entro settori o verso località o punti ben definiti del terreno; sono costituite con forza variabile fino a comprendere una intera squadra cavalieri e sono comandate in genere da ufficiali o sottufficiali; nell'esplorazione avanzata o vicina sono distaccate dai comandanti dei distaccamenti esploranti o dei grossi e possono venire distaccati da qualsiasi comandante di unità isolata prima, durante e dopo il combattimento. Le pattuglie di ricognizione del terreno vengono impiegate quando occorra assumere notizie sulle vie di avanzata, sugli ostacoli e sulle altre caratteristiche del terreno; sono costituite in genere da due o tre cavalieri, al comando di un sottufficiale o graduato di truppa e vengono spinte a distanza variabile da qualche centinaio di metri ad alcuni chilometri, oppure ad un chilometro o poco più, secondo che la cavalleria operi a piedi o a cavallo; sono distaccate dai comandi isolati interessati alle notizie. Le pattuglie di sicurezza hanno il compito di segnalare e di mantenere con essi il contatto ripiegando, se necessario, sull'unità che le ha distaccate; hanno forza variabile da pochi cavalli ad una squadra e sono poste al comando di sottufficiali o graduati di truppa; sono distaccate sulla fronte e sui fianchi dalle unità isolate o di ala. Le pattuglie di collegamento hanno il compito di ricercare e mantenere il collegamento tra il reparto che le distacca ed i reparti attigui; sono costituite di solito da un graduato comandante e due o tre cavalieri; in terreni montuosi, collinosi o fittamente coperti sono distaccate anche da piccoli reparti. Le pattuglie vengono formate al momento del bisogno con personale tratto dalle medesime unità organiche (squadra o plotone cavalieri) tra gli esploratori scelti presenti nello squadrone (il numero dei sottufficiali o graduati esploratori scelti dello squadrone è indeterminato e quello degli esploratori semplici cavalieri o appuntati è di 8: uno per ogni squadra cavalieri). Esse agiscono normalmente a cavallo, a strettissimo contatto con il nemico; in condizioni in cui il rimanere a cavallo non sia conveniente, possono agire anche appiedate. Le modalità di azione delle pattuglie variano in relazione ai compiti, alla distanza dal nemico, alle condizioni di visibilità ed al terreno. La pattuglia di esplorazione, a distanza dal nemico, avanza per le strade difficoltose con la necessità di passare, per quanto possibile, inosservata agli aerei; distacca due cavalieri di punta che la precedono ed uno o due di coda che la seguono; incontrando elementi nemici poco numerosi, li attacca risolutamente di sorpresa, all'arma bianca, finché può a cavallo; incontrando forze snperiori, cerca
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di aggirarle per proseguire verso i propri obiettivi, mentre ne rileva l' entità, la specie, la disposizione e comunica tali dati al comando che l'ha distaccata; se non riesce a procedere, stringe il contatto con il nemico, raccoglie il maggior numero di notizie possibile e informa di tutto il comando dal quale dipende. In maniera diversa da quella della pattuglia di esplorazione .si comportano: la pattuglia di scoperta che, incontrando il nemico, cerca di non farsi scorgere, di aggirarlo e di non impegnarsi se non quando sia indispensabile per raggiungere l'obiettivo; la pattuglia di ricognizione che si comporta come quella di scoperta; quelle di sicurezza e di collegamento che, urtando con il nemico, se poco numeroso lo attaccano, se è in forze superiori cercano di tendergli agguati e di arrestarne o rallentarne l'avanzata con il fuoco. Tanto nell'esplorazione quanto nel combattimento a cavallo ed a piedi hanno importanza particolare per la cavalleria sia le formazioni, gli esercizi ed i movimenti di ordine chiuso - ai quali la pubblicazione dedica l'intera parte prima - sia i passaggi dalle formazioni di ordine chiuso alle formazioni di combattimento, i cambiamenti di distanze ed intervalli, i mutamenti di formazione e le modalità di marcia (andatura, marcia obliqua, movimenti in avanti e in dietro, ecc.) riferiti sia alle unità a cavallo sia alle unità a piedi. Da qui l'importanza fondamentale dell'istruzione formale a cavallo ed a piedi intesa come condizione indispensabile e prioritaria dell'addestramento al combattimento. La squadra cavalieri e la squadra mitragliatrici leggere impiegano a cavallo le formazioni in fila, a frotta, a stormi, mentre la squadra mitragliatrice pesante solo le formazioni in fila ed a frotta; il plotone cavalieri e<l il plotone mitraglieri le formazioni squadre in colonna e squadre affiancate; lo squadrone cavalieri e lo squadrone mitragliatrici le formazioni plotoni in colonna e plotoni affiancati; il gruppo di squadroni ed il reggimento rispettivamente le formazioni squadroni in colonna, e squadroni affiancanti, gruppi di squadroni in colonna e gruppi di squadroni affiancati. Nell'avvicinamento e nel combattimento a piedi, la squadra cavalieri e la squadra mitragliatrici leggere adottano le formazioni in fila, serrata, distesa; la squadra mitragliatrice pesante, per muovere o sostare senza far fuoco, le formazioni in fila, serrata, distesa e per aprire il fuoco o tenersi pronta ad aprirlo la formazione pronti per il fuoco; il plotone cavalieri ed il plotone mitraglieri combattono nelle formazioni di aperto e disteso; le formazioni di combattimento dello squadrone appiedato risultano dalla posizione reciproca dei plotoni; il gruppo appiedato in formazione di combattimento ha gli squadroni, anche essi in formazione di combattimento, variamente disposti in relazione alla situazione ed al terreno, ed il reggimento si regola come il gruppo squadroni.
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3. L'esplorazione necessita di occhi che vedano, di cervelli che ragionino e di collegamenti che funzionino. Esplorare significa guardare da successivi osservatori scelti sulla carta e sul terreno, agire sulla base di ordini chiari e precisi in un determinato settore e penetrare in profondità. Nel quadro di un dispositivo esplorante la squadra cavalieri può essere incaricata del servizio di pattuglia; la squadra mitragliatrici leggere può essere data in rinforzo, tutta o metà, ad una squadra cavalieri in pattuglia; il plotone cavalieri può disimpegnare il servizio di plotone esplorante o restare inquadrato in unità superiori provvedendo, nel primo caso, tanto nell'esplorazione avanzata quanto in quella vicina, alla esplorazione del settore assegnatogli mediante il distacco di pattuglie esploranti; lo squadrone cavalieri può venire impiegato quale distaccamento esplorante o rimanere inquadrato nel grosso di unità superiori e, nel primo caso, provvede a spingere avanti pattuglie esploranti e plotoni esploranti con l'incarico di ricercare e individuare il nemico entro un tratto ben definito del settore, mentre tiene le rimanenti forze riunite indietro, quale grosso, da impiegare per raffittire l'esplorazione e per sostenere o raccogliere gli elementi esploranti distaccati; il gruppo squadroni può disimpegnare il compilo di distaccamento esplorante o agire inquadrato in unità superiori e, nel primo caso, avanza ripartito in pattuglie esploranti o plotoni esploranti e in grosso; il reggimento di cavalleria può agire come reggimento esplorante oppure inquadrato in una grande unità celere o in un nucleo di esplorazione vicina e, nel primo caso, avanza, in situazioni chiare e su terreno facile, irradiando sulla fronte e sui fianchi pattuglie di esplorazione e plotoni esploranti, e mantiene le rimanenti forze riunite nel grosso, mentre, in situazioni poco chiare e su terreno difficile, può costituire il suo dispositivo con distaccamenti esploranti, tra i quali ripartisce il proprio settore di azione. Le mitragliatrici pesanti ed i carri veloci assegnati in rinforzo alle unità esploranti vengono tenuti insieme al grosso dello squadrone o del gruppo squadroni; le prime orientate a: concorrere all'azione per superare le resistenze situate in posti di passaggio obbligato, vincere le prime opposizioni dell'avversario, impadronirsi di punti di speciale importanza, penetrare nel dispositivo nemico o fronteggiarlo e contenerlo se avanza; i secondi orientati ad: eseguire rapidi colpi di sonda in direzioni importanti, appoggiare lo squadrone o il gruppo di squadroni al momento dell'incontro con il nemico e, talvolta, trasmettere all'indietro notizie di particolare valore. Gli elementi di fanteria autoportata rimangono sempre con il grosso del reggimento, del quale costituiscono, per regola, la
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riserva tattica. Il grosso dello squadrone cavalieri in esplorazione, agli ordini diretti del comandante, segue le pattuglie ed i plotoni esploranti a distanza variabile, in dipendenza della situazione e dell'ampiezza e praticabilità del settore, procedendo a sbalzi, da linea a linea caratteristica del terreno, lungo un itinerario il più possibile centrale rispetto alla fronte del settore. Allorché le pattuglie ed i plotoni esploranti distaccati dallo squadrone segnalano di aver urtato contro resistenze che non sono riusciti né ad aggirare né a sopraffare, il comandante dello squadrone, se ritiene di poterne avere ragione, attacca le resistenze stesse nel punto e nella direzione convenienti; altrimenti le fissa con parte delle forze e con le rimanenti cerca di aggirarle. Impossibilitato a proseguire per l'entità delle resistenze, ne informa il comando da cui dipende e mantiene il contatto con l'avversario; se obbligato a retrocedere, cerca con resistenze successive di attardare e logorare al massimo grado il nemico. A tutti i livelli, il numero e la forza degli elementi esploranti vengono determinati, volta a volta, con criteri di economia e non sono precisabili in astratto, come non è precisabile l'ampiezza dei settori, in quanto si tratta di fattori che dipendono dal compito, dalla configurazione del terreno e dalla maggiore o minore distanza del nemico. Durante l'esplorazione spetta ai comandanti di distaccamento esplorante adeguare il dispositivo all'ampiezza ed allé caratteristiche del settore accrescendo o diminuendo il numero dei vari elementi secondo che il settore si amplii o si restringa ed il terreno diventi più o meno intricato e coperto. Il comandante del gruppo ed il comandante del reggimento stanno con i rispettivi grossi ed a loro fanno capo le notfaie raccolte dai vari elementi del rispettivo dispositivo. Al comandante del reggimento spetta, in particolare, il compito di raccogliere, vagliare e trasmettere alla grande unità dalla quale dipende le notizie raccolte dai plotoni e dalle pattuglie esploranti o dai distaccamenti. Il comandante del reggimento può stabilire, quando necessario, in determinati punti del terreno facilmente rintracciabili posti di accentramento notizie, forniti dei mezzi occorrenti per l'ulteriore recapito delle notizie, e può fissare alle pattuglie ed ai plotoni od ai distaccamenti delle linee da cui essi debbano inviargli notizie anche se negative. Qualora gli elementi distaccati non possano più progredire per le resistenze incontrate, il comandante del reggimento accorre con il grosso per rimuoverle e, se l'attacco non sia possibile o non riesca, per mantenere il contatto con il nemico e cercare di trattenerlo, informando il comando della grande unità.
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4. La pubblicazione del 1931 conferma la validità in talune circostanze della lotta a cavallo e, sebbene la consideri eccezionale, non trascura neppure l'eventualità di un impiego dell'intero reggimento nell'attacco a cavallo. Alla vulnerabilità all'osservazione ed al fuoco, divenuto chiaramente insostenibile, la pubblicazione crede di poter continuare a porre rimedio mediante l'elasticità delle formazioni e dei movimenti idonei a sfruttare il terreno per sfuggire alla vista del nemico; ciò che vuole dire anche al tiro e per realizzare la sorpresa riducendo i tempi di esposizione al fuoco nemico e compensando la minore densità ed efficacia di quello proprio mediante lo spiegamento di tutta l'audacia, l'energia, la forza fisica propria dei cavalieri, nonché mediante la spinta dei cavalli alla maggiore andatura possibile per giungere sull'obiettivo ild ogni costo e quali che siano le difficoltà opposte dal terreno e la reazione dell'avversario. · Un appello alle forze morali e fisiche umane sempre necessario e giustificato nella regolamentazione tattica, ma che qui suona quasi come un grido di disperazione e come un'implicita confessione dell'impotenza dei mezzi materiali e di ogni tecnica d'impiego, sofisticata che sia, a fare fronte al predominio assoluto del fuoco. Decisa la carica, qualunque esitazione o perplessità è colpa, ma la colpa era proprio nella decisione e, ancora più grave, nel continuare a regolamentare e pretendere l' esecuzione di un atto tattico divenuto assurdo e fuori dalle possibilità di reparti consapevoli che il compierlo avrebbe significato un'inutile autodistruzione. Malgrado ciò, la pubblicazione del 1931 pianifica sia l'avvicinamento sia l'attacco a cavallo, e di questo ultimo prevede la possibilità di effettuarlo non solo contro cavalleria a cavallo, ma anche contro fanteria, cavalleria appiedata, o artiglieria prese in marcia o nell'atto di assumere o abbandonare una posizione o comunque in condizioni da non poter fare uso efficace delle proprie armi. Nell'avvicinamento a cavallo le unità mutano spesso le loro formazioni per rendere più spedito il loro movimento e per meglio sottrarlo alle eventuali offese dell'avversario, o quanto meno dissimularlo alla sua osseroazione. Le squadre cavalieri, mitragliatrici leggere e mitragliatrici pesanti normalmente impiegano: la colonna per due e la colonna per tre nell'avanzata fuori dalle offese del nemico su terreno unito e pianeggiante e nelle soste al coperto di ostacoli sufficientemente profondi; la linea per coprirsi dietro ostacoli ristretti e poco profondi; la fila per superare passaggi difficili e per avanzare o sostare al riparo entro fossi, lungo argini o filari di piante; la frotta per attraversare terreni rotti e intricati e per muovere o sostare in terreni a vasta copertura poco battuti dal fuoco nemico;
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la formazione a stormi per il movimento in terreni scoperti e sotto il fuoco di mitragliatrici o fucileria. Fino a che l'avvicinamento si svolge fuori dalle offese avversarie, le squadre avanzano ad andatura moderata; assumono, invece, andature rapide e procedono a sbalzi da punto coperto a punto coperto, non appena fatte segno a tiri nemici e non appena entrano nella zona battuta. I cavalieri di ala e di coda sorvegliano rispettivamente i fianchi ed il tergo delle rispettive squadre per evitare eventuali sorprese. Nel caso che durante l'avvicinamento le squadre incontrino ostacoli non superabili, li aggirano accodandosi temporaneamente al reparto più vicino che abbia via libera e fanno lo stesso quando debbano superare tratti di terreno fortemente accidentato. Se al termine dell'avvicinamento la squadra mitragliatrici leggere deve agire a cavallo, carica come la squadra cavalieri; se deve intervenire con il fuoco, si sposta su di un'ala del plotone o su di una posizione atta all'accompagnamento con il fuoco, appieda ed apre il fuoco. Lo stesso fa la squadra mitragliatrice pesante - che combatte sempre a piedi - la quale, se l'attacco dell'unità alla quale è in rinforzo riesce, rimonta poi a cavallo e la raggiunge per sostenerla nella prosecuzione dell'azione; in caso diverso, la protegge con il fuoco per favorirne il riannodamento ed il successivo ritorno all'attacco o il disimpegno. Il plotone cavalieri e, analogamente, il plotone mitraglieri impiegano nell'avvicinamento le formazioni di colonna per due, colonna per tre e linea secondo la situazione ed il terreno; di squadre affiancate per due o per tre quando debbano muovere o sostare in terreni rotti e coperti e fuori dal tiro nemico; di squadre in colonna e squadre affiancate, con le squadre in fila quando debbano superare passaggi ristretti o possano sfruttare la copertura offerta da ostacoli correnti parallelamente alla direzione di movimento; di squadre in colonna e squadre affiancate con le squadre a frotta quando debbano attraversare terreni rotti o avanzare o sostare in zone coperte e poco battute, con le squadre a stormo quando attraversino terreni scoperti e battuti. Il plotone cavalieri tiene, di norma, la squadra mitragliatrici leggere al centro della formazione o su di un'ala per meglio salvaguardarla dalle sorprese; regola la direzione del suo movimento o su punti lontani di riferimento, fissati dal comandante del plotone, o su una squadra di direzione guidata dal comandante del plotone; fatto segno a tiri di artiglieria, accelera l' andatura ed aumenta la lunghezza degli sbalzi avanzando, se possibile, in modo serpeggiante. Il plotone mitragliari muove o in coda alla formazione dell'unità alla_quale è assegnato in rinforzo o su di un fianco o al centro in base al criterio di tenerlo al sicuro contro improvvise irruzioni nemiche e di permettergli di intervenire prontamente nell'azione. Al termine dell'avvicinamento a cavallo, se il reparto cavalieri con il quale coope-
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ra attacca a cavallo, il plotone mitraglieri lo oltrepassa e va a prendere posizione su di un'ala o su di una posizione adatta all'accompagnamento, appieda e apre il fuoco; se il reparto cavalieri appieda, anche il plotone mitraglieri appieda e agisce conformemente al primo caso. Se l' attacco riesce, il plo~one mitraglieri rimonta a cavallo e insegue con il fuoco l'avversario o ne contrasta gli eventuali ritorni offensivi; se l'attacco non riesce, mantiene sotto il fuoco l'avversario per consentire al1' unità cavalieri di riordinarsi e di tornare all'attacco o di rompere il combattimento e ripiegare. Lo squadrone compie l'avvicinamento a cavallo utilizzando formazioni varie; nell'immediata vicinanza del nemico, si può disporre a losanga con i plotoni in una qualunque delle loro formazioni elementari di combattimento. La formazione a losanga consente di agire in qualsiasi direzione, di sfruttare al massimo la copertura, di rendere spedito il movimento, di far fronte a minacce sui fianchi e di presentarsi all'avversario, al momento dell'attacco, nelle condizioni migliori per fissarlo frontalmente e manovrare sui fianchi e sul tergo. Lo squadrone può distaccare pattuglie di ricognizione del terreno e pattuglie di sicurezza per evitare di trovarsi all'improvviso in zone di difficile percorribilità o di essere offeso sulla fronte o sui fianchi da improvvise azioni nemiche . Esso si garantisce il mantenimento della direzione o con il riferimento a punti <ld terreno stabHiti dal comandante o regolandosi su di un plotone di direzione guidato personalmente dal comandante dello squadrone. I reparti mitragliatrici pesanti assegnati di rinforzo seguono lo squadrone in coda, ma nel caso questi muova isolato vengono dislocati ove meglio si possa provvedere alla loro protezione; i reparti carri veloci marciano, invece, in testa allo squadrone pronti ad agire contro le resistenze che impediscano di procedere, e a fronteggiare improvvise incursioni di forze nemiche. Il gruppo di squadroni ed il reggimento a contatto stretto con il nemico possono utilizzare anch'essi la formazione a losanga con gli squadroni cavalieri, anch'essi in formazioni di combattimento, disposti ai vertici della losanga. Il gruppo muove preceduto e fiancheggiato da pattuglie di ricognizione, da pattuglie di sicurezza e, quando necessario da pattuglie di esplorazione; avanza a sbalzi sfruttando il terreno; mantiene la direzione regolando il movimento sullo squadrone di direzione che il comandante del gruppo guida personalmente mantenendosi collegato a vista, o ad udito, o anche con pattuglie di collegamento, con i propri squadroni; evita di transitare attraverso strette e, se costrettovi, attua il passaggio a scaglioni distanziati e ad andatura celere; mantiene tutte le sue forze , nonostante il continuo mutare delle formazioni e delle andature, in misura di entrare riunite in azione. I reparti mitraglieri ed i carri veloci eventualmente in rinforzo muovono rispettiva-
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mente in coda ed in testa, mentre i bersaglieri procedono in modo da risultare, in ogni istante, il più vicino possibile al gruppo ed in misura di interoenire a suo favore. L'artiglieria segue da presso il gruppo, tenendosi pronta ad entrare rapidamente in azione. Le fanterie autoportate, eventualmente a disposizione del reggimeno, lo seguono a sbalzi; eccezionalmente possono essere lasciate temporaneamente in una adatta posizione per potere far fronte ad eventuali attacchi nemici, e poi raggiungere il reggimento; in entrambi i casi le fanterie autoportate debbono essere protette nel loro movimento da una adatta scorta. La tecnica dell'attacco a cavallo, tenuto conto delle diverse proporzioni ai vari livelli, risponde ad uno schema unico. La squadra: contro cavalleria a cavallo attacca in linea e contro fanteria o cavalleria appiedata o artiglieria, a stormi; il plotone nel primo caso attacca anch'esso in linea e nel secondo a squadre affiancate a stormi; lo squadrone, contro cavalleria a cavallo, attacca con tutti i quattro plotoni insieme e possibilmente nella formazione in linea, mentre contro fanteria, cavalleria appiedata, o artiglieria sorpresa in marcia o nell'atto di assumere o abbandonare una posizione, o comunque in condizioni da non poter far uso efficace delle proprie armi, attacca possibilmente con i plotoni disposti su più linee, in formazione di squadre affiancate a stormi, altrimenti con tutti i plotoni insieme, nella formazione stessa in cui si trovano, pur di piombare al più presto e di sorpresa sull'avversario; il gruppo squadroni contro cavalleria a cavallo attacca con i suoi elementi disposti su di un'unica linea o su più linee con la formazione di ciascun squadrone tendente più che possibile alla linea; contro fanteria, cavalleria appiedata o artiglieria, sorprese in condizioni da non poter efficacemente reagire, attacca su più linee con i reparti avanzati e in formazione a stormi, a meno che l'assunzione di tale formazione non imponga tempo perché, in tale caso, i reparti attaccano nella formazione in cui si trovano; il reggimento, nel caso eccezionale che attacchi al completo a cavallo, si regola come il gruppo squadroni. La fronte della squadra cavalieri nell'attacco in formazione a stormi, oscilla all'inizio tra i 30 ed i 50 me si restringe al momento dell'urto in modo che ciascuno stormo possa dirigersi contro un punto speciale dell'obiettivo di attacco; la fronte del plotone cavalieri (2 squadre cavalieri avanzate e quella mitragliatrici leggere di ricalzo) oscilla tra i 200 e i 250 m. La carica, se l'avversario accetta il combattimento, si conclude con la mischia e con l'inseguimento; se non lo accetta e cerca di sottrarvisi anzitempo, si conclude con l'inseguimento. Effettuato l'attacco o l'inseguimento, le unità cavalieri si riordinano per fare ancora fronte ali' avversario o per sottrarsi alla sua reazione se l'attacco non è riuscito. Quando con lo squadrone cava1ieri operano nell'attacco repar-
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ti di mitragliatrici pesanti, questi di regola vengono impiegati: per fissare il nemico con il fuoco e consentire allo squadrone di agire a cavallo sui fianchi ed a tergo; per neutralizzare l'obiettivo di attacco o gli elementi schierati sui suoi fianchi; per inseguire col fuoco l'avversario e impedirgli di riordinarsi; per permettere allo squadrone di disimpegnarsi contro forze superiori. Analoghi i compiti dei carri veloci eventualmente in rinforzo allo squadrone i quali, ad attacco riuscito, vengono spinti rapidamente innanzi per completare la disorganizzazione dell'avversario. Anche i reparti mitraglieri e carri veloci assegnati in rinforzo al gruppo squadroni vengono impiegati agli stessi fini. Se al gruppo sono assegnati bersaglieri o artiglieria, il gruppo se ne vale per battere l'avversario fino al
momento dell'urto e quindi, o per concorrere all'inseguimento, o per trattenere il nemico e dar modo al gruppo di riordinarsi. Il reggimento che dispone di fanteria autoportata, quando questa sia in misura di cooperare con esso nell'attacco a cavallo, la impiega secondo gli stessi criteri con i quali il gruppo di squadroni impiega i bersaglieri.
5. L'avvicinamento e il combattimento a piedi sono simili a quelli codificati nella pubblicazione Addestramento della fanteria edizione 1929, ma presentano diversità d 'impostazione e di condotta in relazione alla specificità dell'ambiente operativo nel quale opera la cavalleria. L' attacco delle minori unità di fanteria è quasi sempre inquadrato, quello delle minori unità di cavalleria spesso è isolato e consente perciò maggiore libertà di scelta delle direzioni di attacco e maggiore ampiezza delle fronti. L'attacco della fanteria deve sgretolare e poi sfondare fronti robuste e perciò persistere in profondità, quello della cavalleria si abbatte normalmente contro resistenze sottili per cui più che uno sforzo progressivo e continuato è un urto improvviso e violento che richiede minore scaglionamento in profondità. L'attacco della fanteria è normalmente preparato ed appoggiato da un'imponente massa di fuoco, quello della cavalleria può avvalersi di fuoco scarso e, se violento, breve, per cui il primo può procedere di forza e progressivamente, il secondo va condotto di slancio contando essenzialmente sulla direzione conveniente e sulla sorpresa. Impegnato il combattimento, i fanti non hanno scelta: o sfondano o si dichiarano vinti; i cavalieri, constatando l'impossibilità del successo, possono svincolarsi e tentare un'altra direzione. I fanti non hanno code dietro di loro, i cavalieri hanno il problema dei cava!-
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li più o meno scossi che ne vincolano entro certi limiti la libertà per l' azione che immediatamente fa seguito alla lotta. La diversità dell'ambiente tattico tra l'attacco della fanteria e quello della cavalleria dà, in sintesi, a questo ultimo un'impronta particolare, i cui aspetti essenziali sono: la maggiore ampiezza e la minore densità delle fronti dalle quali derivano la maggiore individualità e importanza delle minori unità (squadra, plotone, squadrone) e la maggiore libertà di scelta del terreno per avanzare al coperto e per stabilire la direzione di attacco più remunerativa; la minore necessità e possibilità di scaglionamento in profondità ed il frequente ricorso alle formazioni in linea nell'ambito del plotone, dello squadrone e dello stesso gruppo di squadroni; la maggiore possibilità di sfruttare il terreno per portarsi alle minime distanze al coperto senza aprire il fuoco; la più larga disponibilità del terreno di manovra - avversario schierato meno fittamente e obiettivi singoli più intervallati e differenziati - e conseguentemente la possibilità di compiere atti di manovra, sia pure embrionali, anche a livelli ordinativi più bassi. L'appiedamento delle unità può avvenire al termine o durante l'avvicinamento. In questo secondo caso le unità compiono un tratto di avvicinamento a piedi per il quale resta valida l'esigenza dell'avvicinamento a cavallo: sfruttare tutte le formazioni possibili e tutte le accidentalità del terreno per coprirsi alla vista ed al tiro del nemico. In particolare: nei terreni coperti e piani, avanzare rapidamente e di corsa, a gruppi o uno alla volta, e.carponi quando oramai si sia vicini al nemico, fermandosi per prendere lena dietro un riparo dal quale poter aprire il fuoco se ordinato; nei terreni rotti o difficili, cercare i passaggi migliori nei limiti dei settori assegnati a ciascuna unità, scoprendosi il meno possibile alla vista ed al tiro, anche se ciò importi di affrontare un ostacolo materiale od un passaggio poco agevole. Il momento nel quale effettuare l'appiedamento e le relative modalità, come pure la località nella quale collocare i cavalli smontati, sono stabiliti, di volta in volta, in relazione alla situazione ed al te"eno e secondo che l'unità sia inquadrata o isolata. La squadra cavalieri, secondo che importi utilizzare tutti i suoi componenti nel combattimento o solo una parte, appieda nel primo caso il massimo della forza e lascia a custodia dei cavalli smontati un solo cavaliere appiedato e nel secondo caso, appieda i due terzi della forza, lasciando a custodia dei cavalli smontati un cavaliere montato ogni tre cavalli. La squadra mitragliatrici leggere muove a scaglioni senza perdere la possibilità di eseguire all'occorrenza il fuoco; la squadra mitragliatrice pesante ogni volta che sosta si mantiene nelle condizioni d'intervenire con rapidità ed efficacia nella direzione e sull'.obiettivo assegnati possibilmente con tiri obliqui e d'infilata da postazioni dominanti la zona nella quale
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agisce il reparto cavalieri. Al pari della squadra, anche il plotone e lo squadrone cavalieri appiedano, secondo i casi, il massimo o i due terzi della forza. Il plotone cavalieri assume nell'avvicinamento una fronte variabile dai 200 ai 250 m (di massa 2 squadre cavalieri avanzate e la squadra mitragliatrici leggere di rincalzo); può distaccare, quando necessario, qualche pattuglia di sicurezza; sfrutta nel movimento la copertura naturale adattando a questa ed alla situazione le formazioni di movimento; non arresta la squadra o le squadre avanzate per reagire a piccoli elementi nemici, ma provvede ad eliminarli od a sventarne la minaccia mediante la squadra o le squadre di rincalzo sostenute eventualmente da una o da entrambe le mitragliatrici leggere; se attaccato da cavalleria nemica, la respinge con il fuoco o resiste sul posto con il lancio delle bombe a mano e con la baionetta. Lo squadrone cavalieri adegua anch'esso le formazioni di avvicinamento sulla base della situazione e del terreno (formazione, distanze, intervalli, andatura, posizione reciproca dei plotoni sono in relazione alla distanza dal nemico, alla praticabilità e copertura del terreno, al tipo di offesa possibile); assume una fronte variabile fra i 200 ed i 300 m; può distaccare pattuglie di ricognizione e pattuglie di sicurezza; muove con una formazione che può variare da quella di quattro plotoni tutti avanzati a quella di un plotone avanzato ed i rimanenti in primo e secondo rincalzo; fa assumere ai plotoni di rincalzo, con i quali muovono i reparti di mitragliatrici pesanti - i reparti carri veloci, se ve ne sono, procedono in testa allo squadrone - la distanza iniziale di 200 + 300 m dai plotoni avanzati; incontrando elementi avanzati nemici, li impegna con la minore quantità di forze e procede con le altre. II gruppo di squadroni muove con gli squadroni ripartiti frontalmente ed in profondità; esso gode di ampia libertà di manovra per garantirsi la continuità dell'avanzata e la sicurezza; nei terreni pianeggianti e scoperti ed in situazione non chiara procede con un intero squadrone avanzato ed uno di rincalzo, mentre in terreni accidentati e coperti e quando sia prevedibile che l'avvicinamento sbocchi da un momento all'altro nell'attacco, muove con i due squadroni avanzati; mantiene il rincalzo di gruppo all'inizio dell'avvicinamento a distanza di 400 + 500 m dagli squadroni avanzati; regola il proprio movimento su di uno squadrone di direzione e si fa precedere e fiancheggiaré da pattuglie di ricognizione, di sicurezza, di collegamento ed eventualmente anche di esplorazione; mantiene i reparti mitraglieri ed i reparti carri veloci rispettivamente in coda ed in testa al dispositivo ed i reparti bersaglieri o all'altezza dello scaglione avanzato o con il rincalzo, a seconda delle circostanze, mentre l'artiglieria segue a sbalzi, da posizione
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a posizione, il movimento del gruppo sempre pronta ad intervenire; sostiene con le mitragliatrici pesanti e con i carri veloci l'azione degli elementi avanzati contro le resistenze nemiche che questi non riescano ad eliminare da soli, impegnando, ove necessario, anche il proprio rincalzo, il quale assume così la funzione di reparto avanzato e deve essere sostituto da un nuovo rincalzo costituito dai reparti rimasti arretrati. Il reggimento può muovere con un gruppo in primo scaglione ed uno in secondo, oppure con i due gruppi in primo scaglione e dispone, in questo secondo caso, di un rincalzo tratto da uno o dai due gruppi. Per la squadra cavalieri l'attacco ha inizio quando la squadra deve sviluppare tutto il suo fuoco per avanzare. La sua fronte di attacco varia dai 30 ai 50 m circa. Essa non fa fuoco se non ne venga dato l'ordine da parte del comandante; sceglie, prima di aprire il fuoco, appostamento e posizione adatti al fuoco; sospende il fuoco quando non vede più il proprio obiettivo; passa prontamente da un obiettivo ad un altro quando necessario; sotto il fuoco nemico continuo ed efficace, avanza, un uomo alla volta, dopo che ogni cavaliere ha scelto o gli è stato indicato il nuovo appostamento; sotto il fuoco lento ed impreciso, avanza tutta insieme o a gruppi; se trova un settore nemico non battuto, vi penetra decisamente, senza temere di allontanarsi dagli elementi attigui, poiché non la vicinanza materiale, ma la cooperazione con essi giova a raggiungere l'obiettivo con i minori danni possibili; giunta a 30 + 40 m dall' elemento nemico assegnatogli come obiettivo, cessa il fuoco con i moschetti, lancia le bombe a mano, balza tutta insieme sull'avversario per colpirlo con la baionetta; raggiunto l'obiettivo, si riordina al di là di esso e procede, quindi, nell'avanzata o si arresta e tiene sotto il suo fuoco il nemico, oppure rimonta a cavallo ed insegue. La squadra mitragliatrici leggere avanza a sbalzi, riunita o a gruppi, avvicinandosi più che può al1' avversario senza sparare e senza svelarsi; apre poi il fuoco sull'obiettivo che risulta più dannoso alle squadre cavalieri; avanza a scaglioni di arma; ;segue fuoco a raffiche non prolungate oltre il momento in cui sia riuscita a far desistere dal fuoco l'avversario; difende le proprie armi sino all'estremo da ogni minaccia diretta; non appena le squadre cavalieri abbiano effettuato l'assalto, si porta innanzi, anche d'iniziativa, per cooperare alla prosecuzione dell'azione. La squadra mitragliatrice pesante agisce anch'essa con modalità simili a quelle della squadra mitragliatrici leggere e, al momento dell'assalto delle squadre cavalieri, intensifica il fuoco sull'elemento nemico che in quel momento si palesi come il più pericoloso per i cavalieri che assaltano, avendo cura di spostare il tiro in tempo per non colpire insieme amici e nemici. Per il plotone cavalieri l'attacco s'inizia quando esso si trova nella
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necessità di sviluppare il suo fuoco per proseguire. La specie ed il numero delle squadre avanzate dipendono dal fuoco che si prevede di dover eseguire in dipendenza della natura del terreno, della distanza dall'obiettivo, della sistemazione del nemico e dell'ampiezza della fronte da attaccare (80 + 120 m circa). Spesso conviene che il plotone faccia entrare in azione per prime le mitragliatrici leggere: la squadra mitragliatrici procede innanzi, le squadre cavalieri la seguono dietro e fuori della direzione del tiro diretto eventualmente sulla squadra mitragliatrici. Quando non sia possibile - ad esempio per la continuità delle linee nemiche portare l'assalto sui fianchi o sul tergo dell'obiettivo, la squadra mitragliatrici leggere è mantenuta all'infuori della direzione frontale di attacco, mentre le squadre cavalieri procedono direttamente sull'obiettivo, occultandosi nel miglior modo possibile e senza far fuoco. Contro nemico appostato non neutralizzabile con il fuoco delle mitragliatrici leggere, il plotone procede disponendo avanzate una o entrambe le squadre cavalieri ed arretrata, dietro un'ala, la squadra mitragliatrici in attesa del momento in cui questa possa intervenire. La squadra o le squadre cavalieri di rincalzo sono tenute in grado di oltrepassare le squadre avanzate per puntare sul tratto dell'obiettivo manifestatosi particolarmente sensibile, rinforzare le squadre avanzate o prolungarne un'ala, respingere contrattacchi, partecipare all'assalto. Di norma il rincalzo segue le squadre avanzate a distanza, decrescente con l'avvicinarsi al nemico, compresa fra i 150 ed i 100 m. Il plotone procede a sbalzi, regolati dalla necessità di fare fuoco e di fare riprendere lena agli uomini, per quanto è possibile senza sparare. Quando il plotone è costretto a fare uso delle proprie armi, le squadre cavalieri alternando fuoco e movimento ed appoggiandosi scambievolmente avanzano decisamente, mentre la squadra mitragliatrici si porta preferibilmente in direzione sempre più eccentrica rispetto alle squadre cavalieri per continuare il tiro il più a lungo possibile, avanzando con un'arma alla volta per non interrompere l'accompagnamento. L'assalto è eseguito per squadra o per plotone. Conquistato l'obiettivo, il plotone si riordina al di là di esso e prosegue l'azione a piedi, oppure rimonta a cavallo o sfrutta il successo. Il plotone mitraglieri nell'attacco occupa nel dispositivo una posizione che gli consenta l'esecuzione di tiri obliqui rispetto alla direzione di avanzata; procede a sbalzi regolando il proprio movimento su quello del reparto cavalieri; può procedere, col ridursi della distanza dal nemico, a scaglioni in modo da avere una squadra sempre in grado d'intervenire con il fuoco; occupa in movimento una fronte di 50 + 100 m; inizia il fuoco, su ordine o d'iniziativa, sull'elemento avversario che più ostacoli il progredire dei cavalieri; cambia di norma la posizione per squadra; concentra il fuoco
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sull'elemento da assaltare, ma lo sposta non appena diventi pericoloso per gli assaltatori; rintuzza i tentativi di reazione dell'avversario; conquistato l'obiettivo, concorre con il fuoco all'arresto dei tentativi di riscossa del nemico, dando così modo al reparto cavalieri di insistere nell'azione; rimonta a cavallo e raggiunge il reparto cavalieri se questi è rimontato a cavallo per inseguire il nemico. Lo squadrone cavalieri assume in attacco una fronte che può variare dai 250 ai 350 m circa; la sua condotta si ispira al concetto di immobilizzare o d'indebolire, con la preponderanza del fuoco, l'avversario sino a creare nel suo dispositivo uno o più punti deboli in cui penetrare per determinare il cedimento degli elementi vicini. Il plotone o i plotoni di rincalzo seguono quelli avanzati, procedendo a sbalzi più ampi. Le mitragliatrici pesanti informano l'azione alla necessità di assicurare pronto appoggio di fuoco nel settore dello squadrone; i carri veloci appoggiano anch'essi lo squadrone, procedendo a sbalzi e battendo successivamente i centri avversari, oppure protegj!,ono i fianchi del dispositivo. Conquistato l'obiettivo, lo squadrone si riordina al di là di esso e favorisce lo sbocco di altri squadroni a cavallo o l'arrivo dei propri cavalli per sfruttare il successo conseguito, ovvero, se non deve rimontare a cavallo, riprende lo scaglionamento in profondità, disponendo i plotoni di rincalzo sui lati esposti; le mitragliatrici pesanti ne seguono al più presto il movimento; i carri veloci si spingono in avanti per impedire all'avversario di riordinarsi. Se lo squadrone non riesce ad avere ragione della resistenza nemica, tiene sotto il fuoco l'avversario cercando al tempo stesso, se si tratta di squadrone avanzato, di svolgere una parte dei tiri a favore dello squadrone contiguo che abbia mag}!,iore probabilità di riuscire. Il gruppo squadroni attacca su di una fronte di 400-600 m su terreni percorribili in tuLLi i sensi. L'ampiezza del tratto da attaccare è tanto minore quanto maggiori sono le difficoltà che si oppongono al raggiungimento dell'obiettivo. Il rincalzo di gruppo avanza lungo la direzione di più probabile impiego ad una distanza dagli squadroni avanzati di circa 200 + 300 m. Non appena una o più brecce siano state aperte nella compagine avversaria dalle unità avanzate, il comandante del gruppo impiega il proprio rincalzo per rendere definitivo il successo, prescegliendo la direzione che conduce ad estendere la breccia mag}!,iore. Durante l'attacco il rincalzo di gruppo segue a sbalzi gli elementi avanzati ed al momento dell'intervento o scavalca i reparti avanzati o agisce in direzione diversa da quella seguita da questi. Se il gruppo dispone di bersaglieri in rinforzo, questi di norma partecipano all'attacco insieme con gli squadroni. Il reggimento assume in attacco una fronte che oscilla fra i 700 e i 1000 m. L'azione combinata - reparti a cavallo e reparti appiedati - con-
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siste nel fissare frontalmente l'avversario con i reparti appiedati per logorarlo con il fuoco ed attaccarlo sul fianco o sul tergo con quelli a cavallo. Il plotone vi ricorre di norma quando è isolato: può agire con la sola squadra mitragliatrici leggere appiedata o con questa ed una squadra cavalieri appiedate entrambe incaricate del fuoco e con le squadre, o la squadra, restanti a cavallo incaricate di piombare sul fianco od a tergo dell'avversario, non appena questi sia stato impegnato dal fuoco del resto del plotone. Lo squadrone mediante l'azione combinata moltiplica l'efficacia dei suoi mezzi; se dispone di mitragliatrici pesanti e di carri veloci, impiega le prime per rinforzare l'azione di fuoco dei plotoni appiedati ed i secondi per concorrere all'azione dei plotoni a cava1lo. Il gruppo di squadroni ricorre con frequenza all'azione combinata che gli è quasi sempre molto conveniente. Nell'attacco ad elementi isolati di fanteria, cavalleria appiedata o artiglieria in efficienza, il gruppo appieda parte delle forze per l'impiego frontale con il fuoco e mantiene le altre montate per l'aggiramento su di un raggio non troppo ampio; azione da svolgere fuori della vista dell'avversario e:: <li sorpresa o, se ciò non è realizzabile, con un attacco a fuoco. Chiamato ad operare contro cavalleria superiore in forze, il gruppo dispone parte delle forze a piedi, in agguato, per sorprendere con il fuoco l'avversario e tiene le altre a cavallo con il compito di attra"e la cavalleria nemica sotto il fuoco delle forze appiedate. Gli elementi a cavallo svolgono la loro azione in stretta connessione con gli elementi appiedati; evitano però di impegnarsi a fondo, per non rimanere sopraffatti e poter, al momento opportuno, smascherare il fuoco degli elementi appiedati. I reparti mitraglieri, i bersaglieri e l'artiglieria cooperano con gli elementi appiedati per neutralizzare col fuoco l'avversario o quanto meno distrarlo dalla direzione di attacco a cavallo; i carri veloci appoggiano i reparti a cavallo. L'azione combinata è quella alla quale il reggimento deve tendere sempre che possibile. A tale livello essa si svolge con modalità analoghe a quelle del gruppo squadroni, ma viene sviluppata in un raggio più vasto.
6. L'azione combinata è ricorrente anche nella difensiva e, in particolare, nella manovra ritardatrice quando le unità di cavalleria debbano trattenere o ritardare l'avanzata di un nemico preponderante, appiedando parte delle forze per logorare l' avversario con azioni di fuoco da successive posizioni, e mantenendo le restanti a cavallo per contrattaccare le
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unità che riuscissero a superare gli elementi appiedati e per facilitare a questi la rottura del combattimento. Nell'azione ritardatrice, che è la forma difensiva propria della cavalleria e dei celeri, il fattore preminente è il tempo che può essere guadagnato muovendo incontro al nemico ed attaccandolo possibilmente di sorpresa ovvero aspettando il nemico in corrispondenza di una data linea di terreno. In questo secondo caso, l'inferiorità di forze impone di mantenere quelle disponibili riunite, di manovrarle e di opporle in tempo utile al maggiore sforzo nemico. Quando, invece, l'azione difensiva si proponga la difesa del terreno, le unità di cavalleria impostano, organizzano e conducono la resistenza con i criteri di mettere le armi nelle condizioni del massimo rendimento e di impedire al nemico di penetrare nella posizione, piuttosto che lasciarvelo entrare per poi contrattaccarlo e ricacciarlo. Tali criteri, comuni anche alla fanteria, sono ancora più validi per la cavalleria, la cui disponibilità di munizioni è scarsa e la cui durata di resistenza non può essere che breve. La difesa della posizione e lo sviluppo dell'azione relativa rispondono alle stesse modalità previste per la fanteria: zona di sicurezza, posizione di resistenza, messa in linea di tutte le forze. La squadra cavalieri, chiamata a difendere una posizione o a resistere ad un attacco nemico, poggia la sua azione sull'impiego ragionato e successivo delle sue armi e sul fermo proposito di non cedere. Essa sfrutta il terreno nella maniera migliore per erogare fuoco efficace e per tenersi al coperto, pur sorvegliando continuativamente l'avversario; non fa fuoco da distanze alle quali il tiro sarebbe poco efficace; giunto il nemico a tiro di moschetto, apre il fuoco dirigendo i colpi di preferenza sugli elementi più avanzati; impiega le bombe a mano quando il nemico sia riuscito ad avvicinarsi a 30 + 40 m da essa e lo contrattacca con la baionetta se i superstiti dell'unità nemica vengono all'assalto. La squadra mitragliatrici leggere ha il compito di arrestare con il fuoco il nemico prima che questi giunga a distanza di assalto; a tale fine apre il fuoco non appena questo possa riuscire efficace, continua a battere il nemico fino a che il fuoco non riesca pericoloso per i propri e lo sposta allora su elementi nemici laterali o retrostanti; quando la resistenza abbia potuto essere predisposta, la squadra, nella posizione di resistenza, viene ripartita fra due centri di resistenza costitutiti ciascuno da una squadra cavalieri con una mitragliatrice e relativo personale; ognuna delle due mitragliatrici esegue fuoco che si incroci sul dinanzi della fronte con quello di altra mitragliatrice del centro di resistenza attiguo; iniziato il tiro, ogni arma deve continuarlo, con la maggiore disciplina di fuoco, sino all'ultimo colpo nella direzione assegnata, astenendosi all'agire direttamente per la propria difesa, alla quale provvede il restante personale del c~ntro. La
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squadra mitragliatrice pesante sceglie ed occupa il migliore appostamento per battere gli obiettivi che si presentassero nel settore assegnatole, curando l'adattamento del terreno ai fini del campo di tiro e della protezione, senza però mutarne l'aspetto. Il plotone cavalieri si dispone su di una fronte doppia e talvolta tripla rispetto a quella dell'attacco e si organizza a nuclei, ciascuno dei quali forma un centro di resistenza; impiega le mitragliatrici pesanti eventualmente messe a sua disposizione per rinforzare sulla fronte e negli intervalli il fuoco dei centri avanzati; quale che sia la violenza dell'assalto, il plotone cavalieri inquadrato, che non abbia avuto ordine esplicito di ritirarsi, si difende in posto, battendosi con tutti i mezzi sino all'ultimo uomo; qualora, su ordine, debba effettuare un ripiegamento, prima intensifica il fuoco e lo mantiene nutrito e poi fa muovere la squadra in migliori condizioni di ritirarsi al coperto. Questa si sposta verso i cavalli smontati o, se questi sono lontani, va ad appostarsi, alquanto indietro ed in fuori, per proteggere a sua volta il ripiegamento delle rimanenti squadre. Il plotone mitraglieri nell'azione difensiva deve: prendere, non appena possibile, l'attaccante sotto il suo fuoco e logorarlo durante l'ultima parte dell'avvicinamento; immobilizzarlo con tiri fiancheggianti, combinati con quelli delle mitragliatrici leggere, davanti alla posizione, distruggendo gli elementi che riuscissero a penetrarvi; preparare ed infine accompagnare i contrattacchi. Di regola, è impiegato per fiancheggiare uno o più centri di resistenza in cooperazione con altri plotoni mitraglieri e con le mitragliatrici dei centri stessi. Se assegnato ad un reparto avanzato, il plotone mitraglieri si schiera in mo<lo da battere in obliquo o d'infilata il terreno immediatamente antistante; se tenuto a disposizione di un gruppo di squadroni o del reggimento, occupa posizioni dominanti ed arretrate che offrano possibilità d'intervento su qualunque punto del settore del gruppo o del reggimento. Manifestatosi l'attacco, il plotone, sulla base degli ordini o di iniziativa in caso di evento imprevisto, agisce con il suo fuoco sempre a favore dei cavalieri; minacciato da vicino, si difende con le proprie forze, non si ritira che per ordine superiore ed in questo caso retrocede squadra per squadra, continuando a tenere il nemico sotto il fuoco. Nella difesa di una posizione, lo squadrone cavalieri si schiera su di una fronte doppia di quella per l'attacco ed in profondità con plotoni avanzati e plotoni di rincalzo; i suoi plotoni avanzati hanno come compito principale l'azione di fuoco ed il plotone od i plotoni di rincalzo sono tenuti a disposizione per cadere sul fianco o sul tergo delle eventuali penetrazioni nemiche e, in via subordinata, per agire con il fuoco in concorso con i plotoni avanzati. Le mitragliatrici pesanti, eventual-
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mente assegnate allo squadrone, rimangono di regola a disposizione del comandante, per rinforzare sulla &onte o sugli intervalli il fuoco dei centri di resistenza concentrando il loro, di volta in volta, dove il nemico si presenta più minaccioso; i carri veloci rimangono con il rincalzo «e trovano impiego essenzialmente per appoggiare e preparare i contrattacchi». Elementi avversari che riescano a penetrare fra i centri di resistenza debbono essere eiiminati con il fuoco e con l'assalto dei presidi dei centri, coadiuvati dalle mitragliatrici pesanti dello squadrone; ove però tali reazioni non raggiungano lo scopo, lo squadrone contrattacca con il rincalzo, preferibilmente sul fianco e a tergo, dopo aver concentrato tutto il fuoco che può erogare e, se ne dispone, impiega i carri veloci per ap-
pog,giare gli elementi destinati al contrattacco. Il gruppo squadroni si dispone generalmente in difensiva con tutti e due gli squadroni avanzati, distaccando qualche squadra o pattuglia in zona di sicurezza. Il rincalzo di gruppo viene tratto da uno dei due squadroni. La fronte del gruppo può avere una ampiezza all'incirca doppia di quella per l' attacco. Indipendentemente dagli elementi schierati in zona di sicurezza, il gruppo provvede alla propria sicurezza distaccando in avanti pattuglie d'esplorazione a cavallo, sopra quei punti dai quali riesca agevole controllare le provenienze del nemico. Il rincalzo di gruppo è dislocato nell'interno della posizione <li resistenza in località defilata alla vista e protetta dal tiro, scelta in base al terreno e al concetto secondo il quale s'intende impiegare il rincalzo stesso. Le mitragliatrici ed i carri veloci sono impiegati come nell'ambito dello squadrone; i bersaglieri trovano impiego quali reparti avanzati o in rincalzo dei gruppi secondo i casi; le artiglierie servono per azioni di protezione in corrispondenza dei tratti più sensibili del settore affidato al gruppo. Al manifestarsi dell'attacco nemico, le forze in zona di sicurezza - al limite uno squadrone nel settore di un reggimento - chiedono il tiro di protezione dell'artiglieria e resistono in posto o ripiegano gradatamente combattendo, secondo gli ordini ricevuti; quando il nemico giunge a distanza di tiro efficace dalla linea di resistenza, entrano in azione le truppe della linea medesima; gli elementi nemici che riuscissero ad intaccare la linea di resistenza vengono presi immediatamente sotto il fuoco delle mitragliatrici appostate lateralmente e in profondità e sono contrattaccati dai rincalzi di squadrone; qualora tali contrattacchi non riescano, i rincalzi stessi fanno argine alla penetrazione sviluppando tutto il fuoco possibile; successivamente, dopo aver fatto concentrare sull'avversario il fuoco di tutte le armi a sua disposizione e dell'artiglieria, il comandante del gruppo contrattacca contenendo frontalmente l'irruzione con il fuoco e piombando con il rincalzo su di un fianco delJ'irruzione stessa. La
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riuscita del contrattacco dà inizio allo sfruttamento del successo, nel quale il gruppo avanza con tutti gli squadroni, possibilmente a cavallo, contro il nemico per farlo retrocedere ovunque. Qualora il contrattacco non riesca a cacciare il nemico, il comandante del gruppo impiega tutte le forze a sua disposizione per contenerlo; se inquadrato, il gruppo non abbandona la posizione occupata senza esplicito ordine dell'autorità superiore. Il reggimento opera con criteri analoghi a quelli del gruppo, impiegando ia fanteria autoportàta con le stesse modalità che il gruppo utilizza nel1'impiego dei bersaglieri. Anche il reggimento schiera, di massima, i due gruppi in primo scaglione e tra di essi ripartisce il suo settore difensivo, dosando le forze e fissando quelle che ciascun gruppo deve dislocare nella zona di sicurezza. Si costituisce, inoltre, un suo rincalzo con elementi tratti da uno o da entrambi i gruppi.
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Tale tecnica d'impiego non venne, come abbiamo ricordato, modificata negli anni successivi, né d'altra parte avrebbe potuto esserlo fino a quando il cavallo non fosse uscito dd tutto dal campo di battaglia, perché essa esprimeva quanto di più e di meglio si potesse ottenere dal cavallo nelle varie situazioni tattiche e nei diversi ambienti naturali, compresi la montagna, i boschi, gli abitati, le strade, le strette, l'oscurità, la nebbia ed il combattimento contro le truppe autoportate, i ciclisti ed i mezzi meccanizzati (veds. il capo XV della pubblicazione). Ma sull'impiego della cavalleria lo stato maggiore dell'esercito tornò, tre anni dopo, prima con la circolare n. 5000 (5) dell'8 luglio 1934 e successivamente con la circolare n. 46/2 del 7 gennaio 1935 (6), a firma rispettivamente dei generali Bonzani e Baistrocchi. La circolare 5000 circoscrive l'impiego della cavalleria nell'ambito delle truppe celeri che considera costituite da due elementi distinti che si integrano e completano a vicenda: unità nelle quali prevale il movimento (reparti a cavallo, ciclisti e autoportati) ed unità nelle quali prevale il fuoco (motociclisti, batterie a cavallo, batterie motorizzate leggere e pesanti campali, carri veloci). Sulla base dei compiti che la circolare assegna alle truppe celeri - esplorazione, avanguardia strategica (per la divisione celere), intervento nella battaglia per l'occupazione preventiva di località importanti e sensibili, attacco sul fianco e sul tergo dello schieramento avversario, protezione dei fianchi esposti, sfruttamento del successo fino all'inseguimento, contenimento di forze nemiche pe-
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nettate in una falla, protezione del ripiegamento - ai reparti di cavalleria, eventualmente rafforzati con elementi meccanizzati, è affidata prevalentemente l'effettiva azione esploratrice nei terreni, sia pure aspri, di media copertura e viabilità , funzione che in terreni non aspri e di facile viabilità viene ora attribuita ai reparti ciclisti ben allenati ed addestrati che la possono espletare con molto rendimento e maggiore rapidità. Circa l'esplorazione compiuta dai nuclei celeri: la cavalleria - quando necessario appiedi senza esitazione per sfruttare il fuoco e diminuire la sua vulnerabilità; operi a cavallo contro reparti a cavallo e contro truppe sulle quali possa piombare di sorpresa. Due condizioni difficili e rare a verificarsi su di un campo di battaglia dal quale molti eserciti avevano già radiato il cavallo e nel quale era utopistico sperare di realizzare la sorpresa di reparti cosl individuabili come quelli di cavalleria. In conclusione, la circolare 5000 restringe ulteriormente le attività della cavalleria assegnando ai bersaglieri ciclisti compiti autonomi di esplorazione; limita ulteriormente, rispetto al passato, il combattimento a cavallo e di fatto finisce con l'escluderlo; riconusl:e esplicitamente le vulnerabilità dell'arma e conseguentemente ne subordina, più che nel passato, la partecipazione al combattimento, anche quando appiedata, alla stretta cooperazione con i bersaglieri ciclisti, i bersaglieri motociclisti, le fanterie autoportate e i carri veloci, oltre che, s'intende, alla stretta cooperazione con l'artiglieria; ne continua ad informare l'azione ai criteri di sorpresa, di manovra per le ali, di rapidità, aggressività e decisione d'intervento, ma la mantiene povera di fuoco autonomo indispensabile, invece, per poter sviluppare la sua azione dinamica; ne accetta, insomma, la sopravvivenza cosl com'è, senza aprirle nessuna prospettiva concreta di un ritorno alla funzione qualificante e determinante che aveva avuto nel passato dentro e fuori le grandi unità celeri. Sebbene la circolare 5000 e la circolare 46/2 venissero raccolte in un unico fascicolo, quasi a significare che la seconda altro non voleva essere che il seguito della prima, esiste tra le due il divario proprio di una concezione passatista ed immobilistica rispetto ad una concezione progredita e dinamica. La cavalleria deve trasformarsi, la trasformazione si traduce nell'abbandono del cavallo e nella sostituzione di questo con il mezzo meccanico; l'ammodernamento è un'operazione graduale e lenta, ma è indispensabile che tutti si convincano fin d'ora che la cavalleria è oggi, e lo sarà domani, più salàa di ieri se saprà trasformarsi, caso contrario sarebbe travolta dai tempi e dalle armi micidiali odierne. È un linguaggio nuovo e chiaro che molti, dentro e fuori dell'arma, non si rassegnavano, ancora nel 1935, ad intendere nell'essenzialità del contenuto. Chi - cavaliere nell'anima - nella rievocazione e nella preoccu-
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pazione del passato non sa opporsi a quella corrente di malinteso tradizionalismo, che allontana l'arma dal progresso, è un sorpassato: è il peggiore nemico della cavalleria. Sorpassati, più di tutti, sono quelli che - non compresi dei tempi nuovi e dei mezzi e sistemi nuovi di lotta, in adorazione del cavallo e delle sue possibilità più sportive che belliche - si atteggiano a protettori e tutori dell'arma, mentre non lo sono che di concezioni passatiste e formalistiche. Essi non comprendono che le sue superbe tradizioni non devono paralizzarla ma sospingerla verso l' avvenire che è la vita. Non siamo ancora alla radiazione totale del cavallo - che è, anche oggi, mezzo superbo di lotta e di guerriera educazione per cui il cavaliere deve restare a cavallo, combattere, inseguire a cavallo e servirsi del cavallo ogni qualvolta riesca a sorprendere il nemico, privandolo così del suo mezzo più potente di difesa, il fuoco - ma è evidente che si sta imboccando la strada giusta, se la stessa circolare afferma che è follia il pretendere che di tutti i motori bellici, il solo cavallo resti aggiornato ·a tutti i tempi e possa fare, oggi e domani, quello che faceva ieri, solo perché così lo impiegarono i nostri avi. Sulla strada giusta perché il carro armato veloce, fino ad allora potente mezzo ausiliario della cavalleria, diventa ora, a pieno titolo, mezzo proprio della cavalleria: ai tre gruppi con carri veloci - che dal reggimento Guide appresero il nuovo impiego dell'arma - è conservata, nell'atto in cui diventano autonomi, l'uniforme del reggimento che li ha creati, il quale soddisfatto rientra nei suoi ranghi con la formazione degli altri reggimenti. Siamo al completamento ed all'integrazione cavallo - carro armato, ma siamo anche di fronte ad una concezione nuova d'impiego e ordinativa del reggimento di cavalleria, il quale è ora costituito da elementi a cavallo armati di mitragliatrici leggere (da 6,5) e di accompagnamento (da 8) e da elementi corazzati (carri veloci ciascuno armato di 2 mitragliatrici da 8). Il reggimento trova il suo impiego sia nella divisione celere sia nell'esplorazione nell'ambito dei corpi d'armata di prima schiera (in questi ultimi nella misura di uno squadrone, rinforzato da un plotone mitragliatrici da 8 e da un plotone carri veloci). A tale piccolo complesso, posto agli ordini di un ufficiale superiore, la circolare dà il nome di nucleo celere ed attribuisce, oltre il compito esplorativo, anche quello di riserva celere, agli ordini del comandante del corpo d'armata, per concorrere al successo e sfruttarlo fino all'inseguimento a fondo e per prevenire l'avversario nell'occupazione di una posizione. Compiti ed articolazioni che valgono a conferire all'arma le prime caratteristiche fisionomiche per il suo reinserimento nella divisione celere quale elemento costitutivo fondamentale, e per la riassunzione di funzioni autonome peculiari nella battaglia delle grandi unità di fanteria.
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Il soffio ardente di vita nuova della circolare del generale Baistrocchi non fu tanto robusto quanto sarebbe stato necessario per spazzare via l'incongruenza ed il preconcetto mentale che bendavano gli occhi di molti quadri, tutti ancora presi dalla passione per il cavallo, l'ardimento, lo slancio nel suo impiego, la fede nel nobile animale, tanto più che giunse con molto ritardo rispetto ai tempi. Esso servì però a richiamare il concetto che senza fuoco non si avanza, a ribadire che il cavaliere non deve esitare, di fronte al fuoco che arresta, ad appiedare per combattere come fante celere ed a diffondere la convinzione che è il cavallo d'acciaio, piccolo, più veloce e più potente del cavallo animale, che spiana a questo la via che gli viene sbarrata dal fuoco per cui l'uno e l'altro si completano, s'integrano. Si trattò, evidentemente, di un modus vivendi tra cavallo e carro nella fase intermedia del passaggio dalla cavalleria montata alla cavalleria meccanizzata, perché questa ultima, in sostanza, sarebbe stata oramai il traguardo finale, come la circolare lasciava intendere, senza dirlo esplicitamente, là dove scriveva: «esperienza e possibilità finanziaria non ne (della cavalleria) escludono un prossimo ulteriore incremento organico per cui tutti gli ufficiali devono essere esercitati al comando di unità a cavallo e di unità carriste giacché l'ufficiale di cavalleria non carrista è oggi incompleto, e perciò a Modena, a Pinerolo ed anche a Tor di Quinto, il carro veloce non si separerà mai dal cavaliere». Ma, in luogo di dare sollecito sviluppo quanto meno al programma di potenziamento, se non a quello del totale rinnovamento dell'arma, le divisioni celeri entraranno in guerra con 2154 quadrupedi, 61 carri Le zero autoblindo. A proposito di questo ultimo mezzo, il prototipo realizzato dalla Spa verrà presentato al centro studi per la motorizzazione per le prove valutative nel giugno del 1939 e la produzione verrà iniziata solo nel 1940 (AB 40 o Spa 40).
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NOTE AL CAPITOLO XXX (1) Ministero della guerra. Comando del corpo di stato maggiore. Addestramento della cavalleria. Istituto poligrafico dello Stato, Libreria, Roma, 1931. La pubblicazione - 329 pagine, 658 paragrafi - è costituita di 2 parti - I Addestramento all'ordine chiuso, II Addestramento alla esplorazione ed al combattimento ed in 5 allegati. La prima parte è suddivisa in 7 capitoli: I generalità, II la squadra (squadra a cavallo, squadra appiedata); III il plotone {plotone a cavallo, plotone appiedato); IV lo squadrone (idem); V il gruppo di squadroni ed il reggimento (idem); VI posizioni e movimenti con lo stendardo; VII riviste e parate. La seconda parte è suddivisa in 10 capitoli: VIII generalità Oe armi della cavalleria, i collegamenti, la cooperazione); IX addestramento delle pattuglie e degli esploratori scelti {azione delle pattuglie e degli esploratori scelti e svolgimento della istruzione); X addestramento della squadra (squadra cavalieri, squadra mitragliatrici leggere, squadra collegamenti); XI addestramento del plotone (plotone cavalieri, plotone mitraglieri , plotone collegamenti); XII addestramento dello squadrone (squadrone cavalieri, squadrone mitraglieri); XIII addestramento del gruppo di squadroni {generalità, addestramento alla esplorazione, addestramento al combattimento); XIV addestramento del reggimento (generalità, addestramento all'esplorazione, addestramento al combattimento); XV casi particolari d'impiego della cavalleria (in montagna, nei terreni boscosi e fittamente coperti, negli abitati e sulle strade, nelle strette, in combattimento contro truppe autoportate, ciclisti e mezzi meccanizzati); XVI addestramento dei reparti al tiro: XVII i servizi della cavalleria {sanità, armi e munizioni, vettovagliamento, idrico, veterinario, vestiario ed equipaggiamento, bardature) . Degli allegati: il primo si riferisce ai segni convenzionali usati nelle figure; il secondo alla composizione dei reparti di cavalleria in fJ.uerra; il terzo ai mezzi di collegamento di dotazione ai comandi e reparti di cavalleria; il quarto alle segnalazioni con teli da terra agli aerei; il quinto alle distanze di sicurezza, in terreno piano rispetto al tiro di artiglieria. (2) Stato Maggiore R. Esercito. Impiego del raggruppamento esplorante corazzato. R.E. Co., - Roma, 1941. La pubblicazione richiama, nel primo capitolo, le generalità sulla esplorazione: l'esplorazione è aerea e terrestre: le due forme si integrano a vicenda ma non possono sostituirsi l'una ali' altra; esplorazione strategica ed esplorazione tattica terrestre hanno perduto la loro netta fisionomia di WJ tempo, così come i cancelli ili lonlanza e di vicinanza si sono venuti modificando profondamente; tempi e distanze si riducono in relazione alla rapidità e mobilità dei mezzi tecnici; lo scopo di ogni attività esplorativa resta quello di vedere e riferire in tempo utile; il vedere de/l'esplorazione terrestre, nove volte su dieci , significa dover combattere; il criterio della distanza e la necessità di dover combattere implicano un'esplorazione affidata ad unità forti e complesse; i rapporti tra esplorazione e sicurezza rimangono sostanzialmente invariati, le funzioni nettamente distinte. Il secondo capitolo tratta della costituzione del R.E.Co., raggruppamento al quale è af. fidata l'esplorazione nell'ambito delle divisioni corazzate e motorizzate e che è cosl costituito: «unità particolarmente idonee alla ricerca del contatto ed all'osservazione: autoblindo; unità particolarmente idonee ed azioni di forza: carri; unità di concorso: motociclisti; unità di arresto: controcarri; unità·di lavoro: genio; mezzi vari di collegamento; elementi dei servizi». Il raggruppamento può essere rinforzato da: fanterie autoporlate; artiglierie semoventi o motorizzate anche di medio calibro. Il capitolo terzo fissa i compi ti: normale: l'esplorazione; eventuali: occupazione preventiva di località, puntate offensive (in situazione temporanea o localmente oppure nella rottura del contatto); collegamento tattico tra grandi unità ampiamente intervallate nell'attacco; sicurezza (avanti, su di un fianco, a tergo della grande unità). Il R.E.Co. agisce normalmente a forti
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distanze dal grosso della divisione (in condizioni favorevoli anche molto oltre i 50 km e «alle dirette dipendenze del comandante della grande unità». Nella sua azione il fattore tempo è preminente e ciò implica un atteggiamento aggressivo che, nella ripresa del contatto (in fase di inseguimento) deve giungere fino alla spregiudicatezza. L'unità esplorante, pur saturando con i suoi elementi di maggiore velocità e autonomia (autoblindo) il settore di esplorazione, deve mantenere in un dispositivo molto raccolto il grosso delle sue forze. Di fronte a forze superiori, il R.E.Co. deve trar profitto dalla mobilità per svincolarsi in tempo e ricercare in altra direzione i punti più deboli dello schieramento avversario o gli spazi liberi del suo dispositivo (esplorante e di sicurezza). Nell'occupazione preventiva di località - per la quale occorrono forza adeguata, massima rapidità di movimento, temporaneità dell'occupazione - il R.E.Co. organizza a caposaldo la posizione e irradia pattuglie nelle direzioni più pericolose. Nel collegamento tattico opera offensivamente, esaurita la funzione esplorativa, nell'intervallo tra grandi unità contigue per impedire le eventuali penetrazioni nemiche. Nelle puntate offensive, opportunatamente rinforzato con batterie semoventi o motorizzate, è impiegato per colpi di mano o azioni di disturbo contro elementi avanzati dello schieramento o in puntate sui fianchi e a tergo della co/cnna o delle colonne nemiche. In tali puntate, può riuscire particolarmente redditizio l'agg,uaro. Nella sicurezza, può: assumere in proprio i compiti de/l'avanguardia ovvero svolgere azioni di fiancheggiamento o di retroguardia. Il suo impiego nella sicurezza in stazione è da proscrivere. Il capitolo quarto indica le modalità di azione. L'ordine impartito al R.E.Co., oltre alle notizie sulla situazione nemica, sull'atteggiamento ostile o no della popolazione, sugli obiettivi della divisione, sui compiti delle grandi unità e delle unità esploranti contigue, deve fissare: lo scopo dell'esplorazione, le unità in rinforzo, il settore o la direzione, la località o posizione da raggiungere (obiettivo della giornata) e quella eventualmente da non oltrepassare, le modalità di trasmissione delle notizie, l'ora d'inizio del movimento, le prescrizioni per il funzionamento dei servizi. Il comandante del R.E.Co., a sua volta, orienta i dipendenti in merito: alle località dove è da ritenersi più probabile il primo contatto con il nemico, alla specie delle forze che stanno di fronte. Egli determina: numero, forza, composizione, comandante delle pattuglie esploranti e per ciascuna fissa compiti, itinerario, atteggiamento, località ed ora d'inizio del movimento, modalità delle trasmissioni, successione, nel dispositivo, dei vari elementi del grosso, località e ora d'inizio del movimento, velocità media di marcia, misure di sicurezza, prescrizioni circa il movimento dell'autocarreggio non di combattimento e delle autoblindo di riserva e circa il funzionamento dei servizi. Dispositivo esplorante: pattuglie di sole autoblindo o di soli motociclisti, o pattuglie miste (autoblindo e motociclisti), o pattuglie rinforzate (carri, pezzi controcarri, genieri), grosso articolato in pattuglie di avanguardia (plotone autoblindo con aliquota di motociclisti), scaglione di combattimento, pattuglie di retroguardia (soli motociclisti). Il movimento del grosso avviene ad ampi sbalzi. L'impiego delle autoblindo è caratterizzato da subitaneità del contatto tattico e rapidità dell'azione per cui va improntato alla sorpresa conseguibile con orientamento perfetto sulla situazione e sul compito, prontezza di valutazione e di decisione, perizia tecnica, collegamenti sicuri, sfruttamento delle caratteristiche di celerità, autonomia, co//eg;imento del mezzo, la cui azione può essere insidiosa ed efficacissima. Le autoblindo: agiscono a coppie o a plotoni, mai isolate. Nello sviluppo della loro azione possono trovarsi impegnate contro truppe a piedi o motorizzate o corazzate. Nel primo caso: contegno aggressivo, puntate alla ricerca degli intervalli o dei fianchi dello schieramento avversario, tentativi d'infiltrazione audaci e, in caso favorevoli, anche temerari. Nel secondo caso: azione su entrambi i fianchi e sul tergo di ciascuna colonna per impedire al nemico di assumere formazioni di combattimento e per disorganizzare la reazione di fuoco. Nel terzo caso: evitare d'impegnarsi e cercare di attirare il nemico nella direzione a lui sfavorevole. Le unità carriste vengono impiegate: contro unità similari che abbiano imPefJlato le auroblindo, precludendo ad esse ogni libertà di manovra; appoggiando od estendendo l'azione delle autoblindo, quando all'attività esplorativa sia connessa qualche azione di forza contro elementi isolati nemici protetti da lavori campali. I motociclisti hanno, grosso modo, le stesse caratteristiche di celerità delle autoblindo, sono meno vincolati alle condizioni di percorribilità del terreno, ma più vulnerabili, meno idonei all'osservazione e dispongono inoltre di minore
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potenza di fuoco. Avanzano anch'essi a sbalzi, seguendo o precedendo le autoblindo ad una distanza tale da assicurare il mutuo tempestivo intervento. Sono impiegati, prima del contatto con il nemico per: l'esplorazione preventiva di passaggi obbligati o di zone favorevoli all'imboscata, il completamento dell'osservazione, l'occupazione a difesa di località quando si tratti di prevenirvi il nemico e di resistervi fino all'arrivo di altre unità, la sicurezza dei fianchi e del tergo delle autoblindo; a contatto avvenuto per neutralizzare con il fuoco i centri nemici più attivi e permettere cosl lo sviluppo della manovra delle autoblindo. I pezzi da 47, oltre che nei compiti normali di arresto, sono impiegati in azioni di accompagnamento (di unità motociclisti, carri e delle fanterie eventualmente assegnate). I cannoni mitragliere da 20 adempiono i compiti normali di difesa contraerei in sosta, in marcia e in combattimento e concorrono altresl all'azione di arresto, specialmente quando il R.E.Co. debba disimpegnarsi dal contatto di forze superiori. Il plotone artieri - traghettatori, organicamente assegnato al R.E.Co., è specialmente attrezzato per: riattamenti stradali, apertura di deviazioni, traghettamento di fanterie, gittamento di ponti di circostanza, impianto di piccoli campi minati. La cooperazione con l'aviazione si attua: con mezzi organicamente assegnati alla grande unità per: ricognizioni del terreno, esplorazione, inizialmente a raggio sufficientemente ampio (200-300 km); rilevare presenza del nemico, sua entità, sue direzioni di movimento o caratteristiche della sua organizzazione difensiva; s11ccessivarnente per orientare l'azione del R.E.Co. di fronte al dispositivo esplorante o di sicurezza del nemico. Si attua altresì con mezzi di volta in volta messi a disposizione dalla grande unità per: azioni di spezzonamento, bombardamento, mitragliamento ed annebbiamento, per azioni di collegamento, ver rifornimenti Ji carallen, urgente. La cuuperaziuue cuu l'aviazione richiede continuità assoluta e un'organizzazione perfetta. Il quinto capitolo sottolinea l'importanza vitale dei collegamenti, i cui mezzi normali sono: le stazioni r.t. di bordo, il posto ascolto e segnalazione con aerei, le staffette-motociclisti, le stesse autoblindo dei plotoni comando e in riserva, gli arti/izi (cartucce e razzi da segnalazione, candele fumogene, ecc.). L'ultimo capitolo contiene brevi prescriziorri generali per iJ funzionamento dei servizi. La pubblicazione, del dicembre 1941, vede la luce dopo 28 mesi dall'inizio della seconda guerra mondiale. Essa testimonia, meglio di ogni commento, con quale enorme ritardo lo stato maggiore dell'esercito sia giunto ad elaborare una dottrina ed una tecnica d'impiego moderneed avanzate e riferite ad unità modernamente armate ed equipaggiate, sebbene talune armi risultassero già superate, quali, ad esempio, i pezzi controcarri da 47. (3) Ministero della Guerra. Ispettorato della cavalleria. Istruzione individuale a cavallo. Provveditorato generale dello Stato, Libreria, Roma, 1928. La pubblicazione - 137 pagine, 104 paragrafi - comprende: Premessa; capo T istruzione delle reclute (1 ° periodo in cavalleria: esercizi preparatori, esercizi individuali, esercizi all'aperto; il 2° periodo esercizi in cavallerizza, esercizi all'aperto, esercizi colle armi); capo II Esercizi di ginnastica (volteggio alla corda, esercizi di ginnastica con la sciabola); capo III Istruzione degli anziani; capo IV Istruzioni complementari (norme per esercizi speciali di equitazione all'aperto; lavoro alla corda); capo V Addestramento delle rimonte (generalità, primo periodo, secondo periodo). Ministero della guerra. Ispettorato delle truppe celeri. Istruzione a cavallo e addestramento ippico per l'arma di cavalleria. Istituto poligrafico dello Stato, Libreria, Roma, 1932. La pubblicazione - 263 pagine, 241 paragrafi, una appendice di 52 paragrafi, 3 allegati abrogò: l'Istruzione individuale a cavallo del 1928, la circolare 769 G.M. Disposizioni per le gare militari di addestramento ippico del 1927 e la circolare 2900 dell'Ispettorato delle truppe celeri, in data 1° aprile 1931, all'oggetto: Addestramento ippico degli ufficiali di cavalleria. Essa comprende: Premessa; Parte prima: Istruzione a cavallo; suddivisa in 5 capitoli: I Generalità, II Istruzione delle reclute (1 ° e 2 ° periodo), III Istruzione degli anziani, IV Istruzione di ginnastica e maneggio delle armi, V Allenamento dei reparti; Parte seconda: Addestramento ippico, suddivisa in 7 capitoli: VI Generalità, VII Addestramento delle rimonte (arnmansimento, addestramento), VIII Addestramento del cavallo da tiro e da salma), IX Perfezionamento dell'addestramento del cavaliere e del cavallo (generalità, i mezzi del cavaliere, lavo-
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ro, il salto, esempio di progressione da seguire nel lavoro giornaliero di addestramento del cavallo), X Addestramento complementare (nuoto, passaggio di corsi d'acqua, marce di resistenza, lavoro alla corda, lavoro in corridoio), XI Preparazione dei cavalli alle gare ippiche (preparazione alle corse, ai concorsi ippici, al campionato militare ippico, alle gare di pattuglie e di reparti), XII Addestramento degli ufficiali e dei sottufficiali. L'appendice tratta nel capo I le norme comuni a tutte le gare ippiche, nel capo II i commissari militari ippici e rappresentanti militari alle gare ippiche, nel capo III le gare ippiche militari, nel capo IV le gare ippiche miste, nel capo V le gare ippiche internazionali, nel capo VI le disposizioni amministrative, nel capo VII il gioco del polo equestre. L'allegato I riguarda il modello di relazione del campionato militare ippico, di gara militare ippica o di categoria militare compresa in un concorso ippico; l'allegato 2 il modello di relazione di corsa militare; l'allegato 3 il modello di relazione di gara ippica militare di prolungata resistenza o di gara di resistenza. (4) Ministero della guerra. Comando del corpo di stato maggiore. Ufficio Addestramento. Circolare 9500: L'esplorazione. Roma, 20.Xll.1938. La circolazione è articolata su: premessa, generalità, esplorazione strategica, esplorazione tattica, esplorazione ravvicinata, conclusioni. Essa consta di 27 pagine, 31 paragrafi, 6 capoversi di conclusioni. Ha lo scopo di sintonizzare i criteri e le modalità essenziali per l'impiego delle unità e dei reparti che sono incaricati dell'esplorazione al contenuto della circolare 9000 La dottrina tattica nelle realizzazioni dell'anno XVI del 28 novembre 1938. L'esplorazione è strategica (aerea e terrestre), tattica (aerea e terrestre), ravvicinata. L'esplorazione strategica aerea: ha lo scopo di determinare dislocazione, entità, movimenti delle masse nemiche e fornire notizie che valgano a svelare le intenzioni dell'avversario; è effettuata da gruppi di squadriglie da osservazione alle dipendenze del Comando Supremo e dei comandi di armata e coordinata dai comandi di gruppo di armate ciascuno per le armate dipendenti; è effettuata in profondità, a grandi linee; ha la caratteristica della maggiore possibile continuità. L'esplorazione strategica terrestre: ha lo scopo di integrare i colilpiti dell'esplorazione strategica aerea, e iniziare la presa del contatto con l'avversario; è compito delle divisioni celeri, di norma appoggiate da divisioni motorizzate ed eventualmente da divisioni corazzate e autotrasportabili; agisce alle dipendenze del Comando Supremo o dei comandi deUe armate (eventualmente di gruppo di armate). Le divisioni celeri devono ricercare nel più breve tempo l'aderenza al dispositivo nemico; muovere rapidamente puntando su località o linee di riferimento successive; possono farsi precedere da speciali pattuglie esploranti divisionali; si articolano in un grosso preceduto da distaccamenti esploranti i quali irradiano pattuglie esploranti. Le pattuglie avanzano celermente; non si attardano a combattere, debbono garantire la tempestività delle notizie. I distaccamenti esploranti indirizzano, appoggiano, eventualmente rinforzano le pattuglie; distaccano, quando necessario, altre pattuglie; segnalato il nemico, se possibile, approfittano degli intervalli nel dispositivo avversario per procedere oltre; se non possono evitare l'incontro non esitano a combattare sfruttando sempre al massimo la sorpresa. Il grosso della divisione celere: procede su uno o più itinerari con un dispositivo che lo garantisca da sorprese ma che non ne ritardi il movimento; deve mantenersi in condizioni di poter agire unitariamente per «sfruttare l'azione di penetrazione dei distaccamenti esploranti oppure per superare con azioni di sorpresa il dispositivo avversario». L' esplorazione tattica aerea; ha lo scopo di"determinare, ai fini de.ll'impiego delle grandi unità di prima schiera, l'entità, la dislocazione e l'atteggiamento deHe forze nemiche contrapposte; è effettuata da unità aeree da osservazione che agiscono di norma alle dipendenze dei comandi di corpo d'armata; deve essere in atto in tutte le fasi deUa lotta; va spinta oltre il settore della grande unità fino ad una profondità massima non S(!periore ad un centinaio di chilometri e deve seguire l'evoluzione della situazione nemica con la maggiore possibile continuità. , L'esplorazione tattica terrestre: ha lo scopo di precisare e completare i risultati dell'esplorazione tattica aerea prendendo, nel più breve tempo, contatto con le grandi unità avversarie contrapposte; è effettuata sulla fronte dei corpi d'armata di prima schiera; è compito dei nuce/i esploranti celeri o dei nuclei esploranti di fanteria. Le unità incaricate di effettuarla devono agire tenendo presente che il tempo è per esse prezioso per: avere la possibilità di informare presto e<l esaurielllemenle, per J..>revenire il nemico sulle posizioni che le siano state indicate,
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per evitare alle grandi unità retrostanti soste che toglierebbero al movimento la caratteristica della inesorabile continuità. U nucleo esplorante celere è di norma costituito da un gruppo squadroni rinforzato da ciclisti, carri L, pezzi controcarro, ed eventualmente: motociclisti, artiglieria od anche fanteria autotrasportata. U nucleo esplorante di fanteria è in genere CO· stituito da un battaglione rinforzato da pezzi da 47 ed eventualmente da reparti mitraglieri, mortai, carri L ed artiglieria. Il nucleo esplorante, sia celere che di fanteria, si articola in un grosso ed in distaccamenti esploranti che a loro volta irradiano pattuglie esploranti; se agisce · in un settore ristretto, irradia direttamente dal grosso le pattuglie esploranti («è il caso normale per il nucleo esplorante operante sulla fronte di una divisione»). L'esplorazione ravvicinata: ha lo scopo di individuare, ai fini dell'impiego dell'avanguardia o dei battaglioni di primo scaglione, presenza, forza, atteggiamento del nemico; è effettuata da un reparto esplorante costituito di uno o più plotoni esploratori; agisce alle dipendenze del comandante dell'avanguardia o dei battaglioni di primo scaglione. Il reparto incaricato del/'esplorazione ravvicinata è spinto inizialmente a 3 .,. 4 km dagli elementi più avanzati, muove nella direzione indicatagli; informa la sua azione alla necessità di fornire in tempo utile notizie positive o negative; evita all'unità retrostante ogni sosta causata da orientamento deficiente o tardivo; distacca fin dall'inizio del movimento pattuglie (costituite ciascuna da mezza squadra) che puntano a sbalzi su obiettivi precisati. Le pattuglie non rastrellano il settore di esplorazione; muovono, con la maggiore celerità consentita dal terreno, e sostando soltanto il tempo indispensabile per osservare, si preoccupano di segnalare il più frequentemente possibile quanto possano vedere del nemico; colgono ogni occasione favorevole per fare prigionieri con l'astu:àa e la sorpresa allo scopo di avere informazioni. In condusiom:, canoni delle unità esploranti sono: non perdere tempo; guadagnare spazio; nell'incertezza, attaccare arditamente, decisamente; essere orientata al nemico: tutto ciò acquista specia/e·valorr? per una guerra di rapido corso. L'anno successivo vide la luce, a cura del Ministero della guerra, nella serie manualetti per specializzati, la pubblicazione L'esploratore delle truppe celeri. Istituto poligrafico dello Stato, Libreria, Roma, 1939. Scopo del manualetto era di fornire: un testo da studiare, dagli elementi dei reparti celeri specializzati nell'esplorazione; una guida, ai loro istruttori. Esso costitul un aggiornamento ed un perfezionamento delle norme contenute nell'Addestramento della cavalleria edizione 1931. (5) Ministero della guerra. Circolare n. 5000 del comando del corpo di stato maggiore. Truppe celeri - Loro impiego. Roma, Tipografia del comando del corpo di stato maggiore, 1935. La circolare è in data 8 luglio 1934. (6) Ministero della guerra. Circolare n. 46/2 del Ministero della guerra - Gabinetto - in data 7 gennaio 1935: La cavalleria dell'anno XIII. Tipografia del comando del corpo di stato maggiore, Roma, 1935.
CAPITOLO XXXI
L'IMPIEGO DELL'ARTIGLIERIA E DEL GENIO TRA LE DUE GUERRE MONDIALI 1. L'artiglieria alla fine della prima gue"a mondiale. 2. Il regolamento dell'anna del 1921. 3. L'evoluzione dell'impiego dell'artiglieria in base alle concezioni tattiche degli anni 1935-1936. 4. Il regolamento d'anna del 1937. 5. L'ulteriore evoluzione della regolamentazione d'impiego dell'artiglieria alla vigilia della seconda gue"a mondiale. 6. Il genio e le sue specialità. 7. La gue"a d 'a"esto e la fortificazione permanente e campale.
1.
Durante la prima guerra mondiale numerose erano state le circolari e le istruzioni emanate dal Comando Supremo per adattare alle nuove esigenze del combattimento l'impiego tattico dell'artiglieria e del genio. L'adattamento aveva riguardato sia i criteri tattici sia i procedimenti tattici e tecnici, soggetti questi ultimi a variare per l'aumento ed il perfezionamento dei mezzi e degli strumenti ausiliari che scienza e tecnica non avevano cessato di produrre in modelli nuovi e diversi, capaci di prestazioni maggiori e migliori. La guerra, tecnicizzandosi sempre di più, aveva imposto a tutte le armi e, in modo particolare, all'artiglieria, al genio ed all'aviazione la continua revisione dei criteri e dei procedimenti d'impiego al fine di sfruttare al massimo le caratteristiche proprie delle nuove armi e dei nuovi strumenti. L'artiglieria era progredita non solo quanto a gittate, calibri, velocità iniziale, precisione, cadenza di tiro, efficacia dei colpi singoli, mobilità e maneggevolezza dei pezzi, ma anche, e soprattutto, quanto alla strumentazione ed ai sistemi per la preparazione, il puntamento e l' esecuzione del tiro, e quanto ai mezzi per l'osservazione e per i collegamenti. Il tiro indiretto e preparato, eseguito cioè con il sussidio della carta topografica, era diventato la norma ed esso presupponeva la conoscenza minuta e l'uso appropriato degli strumenti fondamentali per il puntamento {goniometro, alzo panoramico, cerchi di puntamento, car-
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ta topografica quadrettata). La triangolazione o l'autodeterminazione, la definizione delle zone battute e non battute, la lettura e l'uso delle tavole grafiche e numeriche delle traiettorie, la individuazione dei bersagli a mezzo degli angoli azimutale e zenitale, l'impiego dell'abaco di profilamento, i calcoli per il puntamento in direzione ed in elevazione, per l'esecuzione tecnica del tiro teso e di quello curvo e per la condotta del fuoco - modalità per l'aggiustamento, il tiro di efficacia ed il trasporto di tiro - erano divenute operazioni di attuazione abituale indispensabili per un impiego veramente efficace e remunerativo delle artiglierie. Tali operazioni presupponevano la conoscenza di talune nozioni teoriche sul tiro (movimento nel vuoto, resistenza dell'aria, movimento nell'aria, formule per il tiro teso, per il tiro curvo e per il tiro al di sopra di ostacoli, significato delle tavole balistiche e grafiche, ecc.) e dei dati sommari e pratici delle singole bocche da fuoco e delle varie munizioni, per cui l'impiego dell'artiglieria aveva assunto un aspetto sempre più tecnico e questo era divenuto sempre meno scindibile da quello tattico. Come i due aspetti fossero divenuti compensatori l'uno dell'altro e come senza l'equilibrato rapporto tra le esigenze tattiche e quelle tecniche l'azione dell'artiglieria, in particolare di quella da campagna e pesante campale, perdesse proporzionalmente di valore - tanto minore l'equilibrio tanto maggiore l'inefficacia degli interventi - lo si rileva con molta chiarezza dal contenuto della pubblicazione Ricordi tattici e tecnici per l'uHiciale dell'artiglieria edita dal Comando Supremo - comando generale dell'artiglieria - nell'agosto del 1918 (1). Suddivisa in 4 parti - 2 dedicate ai criteri e procedimenti d'impiego tattico e 2 a quelli d'impiego tecnico - essa raccoglie gli insegnamenti e le esperienze della guerra, dai quali fa derivare un nuovo quadro d'insieme dell'azione dell'artiglieria sul campo di battaglia riferito appunto all'armonizzazione nei singoli atti del combattimento delle esigenze tattiche con quelle tecniche. Il compito tattico dell'artiglieria è la cooperazione con la fanteria sia nell'azione oHensiva sia in quella difensiva. Nella fase di preparazione di un attacco l'artiglieria deve infrangere in minuti frammenti il reticolato, paralizzare la vita nei rifugi o quanto meno demolire gli sbocchi, tenerli sotto il fuoco, distruggere gli appostamenti e sconvolgere i capisaldi, estendere l'azione alle retrovie dell'avversario per molestarne le sedi, interdire la vita alle riserve, logorarle e impedire di vedere agli osservatori. Dati i vari sistemi di reticolato-trincee, la loro maggiore o minor vicinanza, il loro andamento frontale od obliquo, la maggiore o minore copertura alla vista, occorrono per distruggerli mezzi di fuoco diversi: bombarde contro i reticolati più vicini e più defilati; obici e mortai contro gli altri reticolati; cannoni leggeri a tiro rapido con proietti a tempo o
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con spolette istantanee contro reticolati, scoperti e disposti obliquamente alla fronte. Per sconvolgere i rifugi ed i capisaldi necessitano particolarmente obici e mortai e per distruggere gli appostamenti e battere gli sbocchi dei rifugi cannoni da campagna e artiglierie pesanti campali. Per l' azione in profondità occorre utilizzare cannoni a lunga gittata, con proietti speciali a liquidi, obici e mortai di grande potenza, i soli questi in grado di distrugg,ere osservatori blindati o cementizi. Nella fase di contropreparazione, l'artiglieria deve colpire l'attaccante nei suoi approcci, nei cam-
minamenti, negli avvallamenti e altri punti adatti di raccolta, appigli tattici, osservatori, sedi di comando, depositi, vie di rifornimento, ecc. Occorrono, dunque, bocche da fuoco capaci di ostacolare la preparazione dell'attacco e obici e mortai di grande potenza per sfondare gli osservatori, artiglierie di ogni specie per incrociare i fuochi su tutti i punti importanti dell'avversario, ove la vita deve necessariamente fervere più attiva per provvedere a tutti i bisogni della preparazione. Nella fase di attacco, l'artiglieria deve cercare di far tacere quella nemica mediante l'impiego di bocche da fuoco di me<liu calibro a lunga e precisa gittata in pianura, a tiro curoo in montagna, e, poiché più che distruggere, importa far tacere, i tiri consigliabili sono quelli a liquidi speciali con preponderanza di quelli (tipo iprite) i quali per i loro effetti più venefici e duraturi, raggiungono realmente lo scopo; ma l'artiglieria deve anche coprire le ondate attaccanti con una cortina di fuoco che, precedendole di poco sulla fronte e sui fianchi, impedisca al difensore di uscire dai ripari, spazzi il terreno delle ultime resistenze rimastevi, ed in pari tempo, avvolgendo nel fumo le ondate stesse, le nasconda alla vista: specialmente idonee a tali compiti sono le artiglierie leggere capaci di pronta manovra del
fuoco e libere in quel periodo da altri tiri, così che ogni loro attività può essere completamente rivolta a cooperare con la fanteria. Nella fase del contrattacco, l'artiglieria deve sviluppare una breve e violentissima concentrazione di fuoco di ogni calibro prevista e preparata in tempo. A tali esigenze se ne aggiungono altre di carattere minore, alle quali è possibile far fronte con gli stessi mezzi di fuoco, quale quella del tiro di distruzione delle artiglierie avversarie - oggi su larga scala eseguito in modo continuativo durante le soste delle azioni - per ridurre l'efficienza combattiva dell'artiglieria avversaria e per costringere questa ad arretrare le batterie. Determinati i mezzi, occorre raggrupparli tatticamente ed assegnarli alle grandi unità destinando alle divisioni quelli più adatti alla cooperazione con la fanteria sia per concorrere nello sbarramento, sia per accompagnare le ondate attaccanti (artiglierie leggere da campagna e da montagna); alle grandi unità maggiori (corpi d'armata) i reggimenti o gruppi in più a disposizione per lo sbarramento di seconda linea o per
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rinforzare ali' occorrenza le divisioni. Le artiglierie pesanti campali vanno assegnate ai corpi di armata che, per la maggiore fronte e varietà di obiettivi, possono meglio utilizzarle senza che ciò impedisca, in determinati casi, la loro assegnazione alle divisioni o la loro dipendenza diretta di queste ultime. Alle dipendenze dirette delle armate restano generalmente le artiglierie di lunga gittata e di grande potenza, capaci di agire sulla fronte di più corpi d'armata e, talora, anche quelle che per mobilità e prontezza d'impiego possono costituire nuclei mobili in grado di spostarsi durante la battaglia. In base alla divisione dei compiti le artiglierie pesanti dei corpi d'armata devono essere raggruppate in complessi distinti a sé stanti: uno per l'accompagnamento (cannoni), uno per la distruzione degli ostacoli più ravvicinati (obici), uno per la controbatteria, la cui organizzazione vasta e complessa richiede particolarmente unità d'indirizzo nella preparazione e unità di comando nella esecuzione. In genere la controbatteria si svolge per corpo d'armata, ma in alcuni casi - tratti della frontt: di schieramento non molto ampi ed esistenza di batterie nemiche singolarmente importanti ed interessanti la fronte di più corpi d'armata - anche per armata, come, invece, in condizioni opposte, per divisione. Nell'armata si possono costituire altresl raggruppamenti di artiglierie di grande potenza (mortai e obici di grosso calibro) per variamente gravitare volta a volta sui capisaldi della fronte di combattimento o sui tratti ove occorra portare un'ingente e poderosa massa di fuoco. Le varie masse di artiglieria devono distribuirsi variamente sulla fronte della grande unità in modo da rendere possibile la concentrazione del fuoco, ed in profondità in relazione alle esigenze di sicurezza e di efficacia in modo da agire quanto più lontano possibile sulla zona nemica e da assicurare, nel contempo, le condizioni per le quali l'azione dell'artiglieria non venga meno durante gli ondeggiamenti della lotta. Lo studio dello schieramento va di pari passo con quello del terreno e con quello della sistemazione propria ed avversaria; non potendo tenere conto di tutte le eventualità, esso va condotto nei riguardi della ossatura generale e deve consentire le modifiche necessarie, combattimento durante, ad adattare lo schieramento, con pochi spostamenti in posizioni però già preparate in precedenza, agli sviluppi del combattimento. Nell'azione offensiva, lo schieramento tende ad essere avanzato al fine di favorire i tiri d'infilata ed i tiri in notevole profondità sul territorio nemico; nella azione difensiva è invece necessario un certo arretramento al fine di poter ininterrottamente appog,giare la resistenza sulle successive linee difensive. Le masse di artiglieria sono in genere cosl articolate: nell'azione offensiva, artiglierie pesanti campali, masse di distru-
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zione, masse di controbatteria, grossi calibri; nell'azione difensiva, artiglierie pesanti compali, masse di controbatteria, masse miste per la contropreparazione, la repressione, ecc. In complesso, lo schieramento d'insieme delle masse di artiglieria riferito al terreno risulta scaglionato in profondità con la maggior parte delle batterie comprese in una zona centrale e le altre ripartite fra la zona avanzata e quella arretrata, con preponderanza nell'una o nell'altra a seconda che trattasi di contegno offensi-
vo o difensivo. Inizialmente le artiglierie assumono uno schieramento di sicurezza che deve consentire di resistere ad un eventuale attacco di sorpresa e di passare rapidamente ali' azione offensiva. Nello schieramento difensivo le batterie da campagna e da montagna si dispongono in modo da poter battere efficacemente d'infilata la fascia di terreno compresa fra le opposte linee, le linee avversarie e le proprie, e pertanto occorrono batterie avanzate per infilare tale fascia ed altre arretrate per interdire ali' avversario l'accesso nella fascia e per reprimere qualsiasi sfondamento della linea difensiva. Tutte le batterie Jevono avere postazioni multiple per facilitare l'intervento di nuove batterie e per sottrarsi al tiro avversario. I cannoni pesanti campali, da impiegare di preferenza in unione alle artiglierie di controbatteria e per l'interdizione nella contropreparazione, vanno schierati nella zona intermedia - in genere fra la seconda e la terza linea - mentre gli obici pesanti campali vanno disposti parte nella stessa zona per i tiri di contropreparazione e parte dietro la terza linea, unitamente alle altre bocche da fuoco a tiro curvo di maggiore gittata, in modo da assicurare la repressione in caso di sfondamento delle linee. Le artiglierie per la controbatteria si schierano fra la seconda e la terza linea, con prepondei:anza verso quest'ultima, e si avvalgono di posizioni avanzate per eseguire i tiri di distruzione. Le altre artiglierie a lunga gittata si schierano dietro la terza linea, convenientemente rag2,ruppate a massa, per assicurare potenti concentramenti, congiuntamente alle altre bocche da fuoco, sui tratti d'irruzione dell'avversario. I grossi calibri si schierano in posizioni arretrate, ma tali da consentire loro il concorso nei concentramenti di fuoco e da costituire nuclei di eventuali masse in grado di manovrare il fuoco sulla fronte di più grandi unità. Nello schieramento·offensivo le batterie da campagna non vanno soggette, nel momento del passaggio dallo schieramento difensivo a quello offensivo, a sensibili mutamenti di organizzazione; durante l'azione, quelle più arretrate e le nuove arrivate sono le più indicate per la prima protezione delle fanterie avanzanti e per lo sbarramento delle linee raggiunte. Gli obici pesanti campali, che nello schieramento difensivo e di sicurezza sono, almeno in parte, piuttosto arretrati, si portano su posizioni
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avanzate per concorrere ai tiri di distruzione. I cannoni pesanti campali possono conservare le posizioni occupate con il compito di controbatteria. Le nuove artiglierie pesanti campali assegnate e quelle appartenenti alle unità nuove giunte in linea assumono lo schieramento avanzato. Il passaggio allo schieramento offensivo è, in sostanza, caratterizzato dalla entrata in linea nella zona avanzata delle artiglierie di distruzione, in gran parte di nuova assegnazione, spostate in avanti dalla zona arretrata. Nell'azione difensiva l'artiglieria deve essere in grado di: diminuire l'efficienza delle artiglierie avversarie, col tiro di controbatteria di distruzione ed obbligarle ad uno schieramento arretrato; frustrare ogni preparazione di attacco avversario, mediante l'interdizione del terreno di raccolta, la distruzione degli osservatori, dei lavori, e, in certa misura, delle batterie meglio accertate; sbarrare l'avanzata alle ondate d'assalto ed interdire l'arrivo dei rincalzi e delle riserve; reprimere ogni eventuale irruzione dell'avversario dopo un attacco riuscito. Da tali compiti deriva l'esigenza di un'oculata ripartizione di tutto il terreno fra le artiglierie, in modo che ogni unità abbia una propria zona principale di sorveglianza o responsabilità e zone secondarie per l'intervento di concorso nelle zone assegnate come principali alle altre unità contigue; l'esigenza cioè di predisporre la manovra del fuoco, ossia quella che tende a concentrare l'azione di tutte o parte delle artiglierie su uno o più obiettivi. Altri scopi che le artiglierie possono proporsi sono il logoramento del1'avversario, la molestia dei suoi movimenti e rifornimenti nonché delle sedi di comando e degli osservatori, la rappresaglia per ritorcere con prontezza le offese. L'organizzazione dell'artiglieria deve essere tale da poter adempiere a tutti i vari compiti, compatibilmente con la necessità di garantirsi da ogni sorpresa, e cioè: le artiglierie di controbatteria devono schierarsi su posizioni che consentano la contropreparazione e devono disporre di posizioni avanzate sussidiarie per eseguire tiri di distruzione; gli obiettivi di controbatteria debbono essere convenientemente ripartiti in modo che l'entrata in azione possa essere automatica da parte della batteria alla quale spetta battere quel determinato obiettivo; gli obiettivi della contropreparazione devono anch'essi essere preventivamente ripartiti tra le batterie in modo che, al segnale convenuto, il fuoco possa aprirsi simultaneamente e con violenza; i piccoli calibri debbono essere schierati in modo che sia garantita l'intangibilià della linea, ma non troppo ravvicinati alla linea stessa per evitarne il travolgimento anzitempo in caso d 'irruzione nemica; la linea difensiva va ripartita in tratti distinti, ciascuno assegnato ad una singola batteria che vi possa intervenire automaticamente al momento del bisogno; le artiglierie incaricate di ri-
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spandere ai tiri avversari vanno situate abbastanza arretrate, ma con postazioni sussidiarie avanzate per battere bersagli lontani; le artiglierie di distruzione vanno schierate in modo da poter disimpegnare i compiti di contropreparazione e di repressione e, perciò, scaglionate in profondità assegnando a ciascuna di esse gli obiettivi principali o di responsabilità e quelli secondari o di concorso; tutte le batterie devono essere orientate nella direzione intermedia degli obiettivi sui quali possono agire e, normalmente, coi pezzi rivolti agli obiettivi principali. L'azione di controbatteria di distruzione richiede un'accurata preparazione circa l'individuazione esatta delle batterie avversarie, la ripartizione di esse come obiettivi alle singole unità incaricate della controbatteria ed un'approfondita preparazione del tiro; è, di regola, affidata al corpo d'armata; è preparata al livello di armata, mediante l'ufficio di controbatteria d'armata, in quanto gli obiettivi interessano più corpi d' armata contigui. Spettano all'ufficio di controbatteria d'armata l'individuazione delle batterie avversarie e la diramazione ai comandi artiglieria di corpo d'armata di tutti gli elementi necessari all'esecuzione della controbatteria. Tale ufficio ha un proprio posto comando ed un proprio osservatorio; si vale di osservatori propri e degli osservatori di corpo d'armata, delle stazioni fonotelemetriche, delle sezioni aerostatiche, delle fotografie aeree e delle notizie della sezione informazioni del comando di armata; raccoglie tutte le informazioni pervenutegli dalle varie fonti e le comunica alle squadriglie d'aviazione d'artiglieria le quali, a loro volta, provvedono al rilievo delle batterie nemiche segnalate ed all'inoltro all'ufficio di controbatteria delle fotografie; coordina, confronta e completa le notizie e i dati ricevuti; compila e distribuisce una carta al 25000 delle postazioni delle batterie avversarie contrassegnate da distintivi {lettere o numero) e da varie indicazioni (coordinate, calibro, specie, attività, grado di accertamento della notizia, ecc.); attende inoltre a tutti gli studi inerenti alla controbatteria e specialmente alla ripartizione delle zone di raccolta delle batterie nemiche fra i comandi di artiglieria di corpo d'armata; dirige, infine, la controbatteria delle artiglierie alla diretta dipendenza dell'armata; quando la controbatteria sia svolta per armata, la dirige direttamente secondo gli ordini del comandante dell'artiglieria di armata. Il tiro di controbatteria di distruzione si basa sulla percentuale dei colpi utili che è possibile mettere su di un bersaglio di determinate dimensioni; va regolato e controllato da un'osservazione quanto è più possibile continua; non va eseguito, perché non osservabile, nel quadro di un'azione contemporanea contro molte batterie vicine; può essere eseguito contro una determinata batteria in seguito ad accordi preventivi con l'osservatore aereo oppure pun essere da questi ri-
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chiesto direttamente quando scorga una batteria avversaria in azione; deve essere iniziato con dati desunti da inquadramenti fatti sia sulla batteria da distruggere sia sopra punti caratteristici del terreno molto distanti da essa; segue modalità particolari per il rilevamento dei risultati (es. metodo dell'orologio orientato col diametro 6-12 al nord); deve essere possibilmente sempre osservato e successivamente corretto fino alla distruzione dei singoli pezzi; passa per due periodi: forcella ed aggiustamento e tiro di efficacia (rettificazione); viene eseguito per pezzo a comando in base alla richiesta di fuoco da parte dell'osseroatore; quando il comandante di batteria non ritiene più necessario il fuoco a comando per pezzo, il tiro diventa a fuoco continuo. La contropreparazione consiste nell'opporsi con tutti i mezzi alla preparazione dell'attacco nemico in forze sottoponendo a fuoco di distruzione le linee nemiche, gli immediati rovesci, le ridotte, i ricoveri, le probabili zone di raccolta nell'intento di logorare anzitempo il nemico, di spezzarne la coesione e fiaccarne ogni ag,gressività. Nella contropreparazione, il tiro <li rnntrobatteria si limita alla neutralizzazione e non persegue la distruzione e a nessun costo deve andare a discapito dell'interdizione vicina, il cui principale obiettivo è la fanteria nemica. Solo dopo aver assicurato l'efficacia necessaria al tiro d'interdizione vicina - che è quello che colpisce molto più sicuramente l'attacco ni:mico - si può provvedere alla distruzione dei ricoveri mediante grosse bombarde e artiglierie di distruzione d'ogni calibro, al logoramento delle truppe stesse ed alla paralisi della vita e del traffico che alimenta l'azione offensiva. La contropreparazione va accuratamente predisposta secondo un programma completo di esecuzione così da poter iniziarla contemporaneamente su tutta la fronte e svolgerla in periodi successivi preordinati. Di essa fa parte anche il tiro di sbarramento sul terreno antistante alle linee nemiche, in quanto spesso è possibile che esso si renda necessario in contemporaneità della contropreparazione stessa. Se l'attacco nemico non è preceduto dal fuoco della preparazione, occorre sferrare subito l'interdizione e -Io sbarramento, facendoli seguire dalla contropreparazione; se le condizioni di visibilità sono tali da consentire di riseroare lo sbarramento a momento opportuno, si esegue la sola contropreparazione; se le condizioni di visibilità sono tali da consentire all'avversario di avvicinarsi alle linee da attaccare durante la preparazione o si hanno chiari indizi che il nemico sta per sferrare l'attacco, sbarramento e contropreparazione devono essere iniziati simultaneamente. Lo sbarramento è azione caratteristica della difesa ed è affidato principalmente ali' artiglieria che deve sbarrare l'avanzata delle prime ondate avversarie con una violenta ed intensa cortina di fuoco ed interdire la
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zona a tergo con altra cortina di fuoco che precluda la ritirata alle prime ondate e arresti l'affluenza delle ondate successive. Occo"e per una tale azione un'artiglieria agile, pronta, celerissima nel tiro, capace di rapida manovra del fuoco. I tiri di sbarramento e di interdizione vicina sono perciò propri dei piccoli calibri, ma vi concorrono tutte le altre artiglierie in grado di farlo. Finché possibile lo sbarramento viene effettuato con tiri fiancheggianti, diversamente con tiri frontali. Lo sbarramento si assicura mediante uno schieramento di batterie a tiro fiancheggiante e di batterie a tiro frontale tale che tutto il terreno possa essere battuto e reso impercorribile. Esso va integrato con l'azione d'interdizione rivolta ai punti di affluenza delle masse attaccanti sulle trincee di partenza. Da ciò la differenza fra i tiri d'interdizione, da eseguire piuttosto frontalmente, e quelli di sbarramento da eseguire preferibilmente di fianco sulle ondate in partenza dalle trincee. Lo sbarramento deve essere organizzato in modo da permettere, anche di notte o durante la nebbia, di eseguire una cortina di fuoco sulla linea tatticamente più conveniente compresa nella fascia delle opposte trincee, e da poter essere spostato in base alle circostanze ed in ogni caso completato con analogo sbarramento sulle trincee di partenza e con l'interdizione sugli accessi ad esse. Da qui la ripartizione in batterie di sba"amento e in batterie d'interdizione; leprime schierate in modo da battere d'infilata o almeno obliquamente il terreno da sbarrare, le altre, più arretrate, per l'interdizione; ciò assicura anche lo scaglionamento in profondità necessario per l'azione di repressione. I tiri di sbarramento e d'interdizione vicina si basano sulla determinazione e delimitazione delle zone da sbarrare e da interdire e sull' organizzazione e funzionamento dei collegamenti (ogni comandante di gruppo è collegato direttamente per mezzo di pattuglia con il comandante di fanteria che presidia la fronte corrispondente alla zona da sbarrare dalla batteria; ogni comandante di batteria è collegato, con pattuglia, con il comandate dell'unità minore di fanteria responsabile del singolo tratto di zona sul quale la batteria ha azione principale). Il tiro di sbarramento è devoluto, di massima, ai piccoli calibri a tiro rapido: una batteria può sbarrare una fronte da 200 a 300 m a seconda che il tiro sia frontale o d'infilata. Tenuto conto della celerità di tiro media delle bocche da fuoco si hanno da 3 a 6 colpi ogni minuto per ogni 50 + 75 m. L'organizzazione complessiva deve essere tale che alla richiesta di fuoco corrisponda subito l'apertura del fuoco da parte della batteria che ha come obiettivo principale o di responsabilità lo sbarramento immediato sul tratto indicato o l'interdizione sul rovescio di questo. La batteria, aperto il fuoco, esegue una raffica di 10 colpi per pezzo, poi mantiene il fuoco a raffiche variamente intervallate di 5 colpi per pezzo, lo prosegue
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poi secondo l'ordine del comandante, lo sospende per ordine del comandante di fanteria quando non sia più necessario. La repressione è lo sbarramento diretto sulle proprie linee quando il nemico vi abbia fatto irruzione. Ai fini della repressione occorre dividere le linee in tratti ed assegnare ogni tratto come obiettivo principale a determinati gruppi o batterie e come obiettivo eventuale ad altre batterie che possano avervi un'azione. Lo studio preventivo della linea e del terreno d'attacco determina quali possano essere i tratti di più probabile irruzione e quali debbano essere i mezzi di difesa. I concentramenti di fuoco sono la gravitazione su punti singolari dell'avversario della massa del fuoco necessario ad ottenere risultati particolari od a parare emergenze del momento. Tutte le azioni di artiglieria possono essere effettuate per concentramenti rapidi ed intensi; di questi assumono particolare importanza quelli a gas che precedono i contrattacchi o che si sviluppano nell'azione di repressione. I concentramenti debbono essere predisposti mediante la preventiva assegnazione di obiettivi alle batterie che in precedenza inquadrano ed aggiustano i loro tiri in modo che, al momento della loro chiamata in azione, rispondano prontamente. La loro organizzazione può essere di settore o di sottosettore; nel primo caso vi concorrono le artiglierie di più settori. Nell'azione offensiva l'artiglieria deve: distruggere i reticolati e le difese accessorie; rendere inabitabili le trincee avversarie e impedirne il riattam.ento, interdire ogni movimento a tergo di queste; logorare il nemico nei suoi centri di via e di movimento; distruggere le artiglierie nemiche e controbattere a tempo opportuno quelle che ostacolano l' avanzata delle fanterie; accompagnare le fanterie attaccanti; rendere vani i contrattacchi; proteggere e sbarrare le posizioni conquistate. La preparazione dell'attacco presuppone la perfetta e minuziosa conoscenza del terreno d'azione, delle caratteristiche tattico-tecniche delle varie specie dell'artiglieria, della sistemazione nemica e di tutta la complessa organizzazione degli elementi che a questa danno vita, alimento e consistenza, siano essi di carattere permanente protettivo (reticolati, ricoveri, blindamenti, ecc.), siano attivi (truppe, riserve, appostamenti per mitragliatrki, artiglierie, osservatori, ecc.). Dall'andamento di ciascuna linea di difesa nemica e dalla disposizione che ciascuna linea ha rispetto all'altra debbono dedursi l'importanza e la funzione reciproca delle linee stesse con particolare riguardo all'organizzazione dei capisaldi ai quali le linee si appoggiano, dei nodi con i quali si intrecciano, dei camminamenti che le collegano e ne costituiscono le vie di rifornimento. La determinazione dei mezzi occorrenti per la preparazione spetta ai comandi di artiglieria di corpo d'armata e al comando di artiglieria
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di armata in caso che essa interessi più corpi d'armata. Il concentramento dei mezzi è in funzione dei tratti scelti per lo sfondamento; ad esso si associano la sorpresa e la rapidità della azione. Per una ragionevole distribuzione dei mezzi va tenuto presente che dietro alla prima linea di difese ne esiste un'altra a poche centinaia di metri, la quale tiene la prima sotto un efficace tiro di fucileria e di mitragliatrici e che, se trascurata, precluderebbe alle fanterie attaccanti la via ad ogni dilagamento sulla fronte e sulle ali; e così dicasi per tutte le linee del primo ordine di difesa. Se si vuole realizzare la sorpresa, la rapidità e la decisione occorre agire per lo sfondamento simultaneo delle successive linee fino alle maggiori gittate delle artiglierie. La densità della difesa cresce dall'avanti all'indietro, da qui la necessità di impiegare i mezzi a disposizione dell'attacco con la mag,giore possibile parsimonia. Della prima linea importa soprattutto distruggere il reticolato, utilizzando la bombarda per i grandi effetti dilaniatori che essa possiede. L'interdizione delle trincee e dei camminamenti va affidata alle artiglierie da campagna e da montagna che per la loro agilità, prontezza e celerità di tiro possono, con rapidissime raffiche e con sagace distribuzione del fuoco, cogliere i nuclei che si muovono e si scoprono; ma, poiché tali artiglierie non hanno molte possibilità di tiro curvo, occorre schierarle in modo che effettuino tiri obliqui e d'infilata. Le artiglierie da campagna e da montagna dotate di granate a grande capacità possono concorrere, quando necessario, alla distruzione del reticolato per la cui attuazione si deve procedere, in ogni caso, ad una ripartizione dei compiti, riservando alle bombarde gli obiettivi più ravvicinati e più ampi, agli obici ed ai mortai quelli più lontani e di dimensioni più limitate, mentre ai cannoni pesanti campali da 102 e 105 non è conveniente, per l'insufficienza distruttiva del colpo ed il limitato raggio d'azione della granata, affidare un'azione d'integrazione nella distruzione del reticolato. Essi vanno impiegati, ad integrazione delle artiglierie da campagna e da montagna, alle distanze alle quali queste non giungano, per battere camminamenti e trincee quando ciò si possa fare con tiri di infilata - e per interdire le arterie di comunicazione e di rifornimento. Lo sfondamento delle linee successive alla prima - più robuste, più guarnite di truppe e di elementi difensivi, più fitte di ricoveri, meglio adattate alla forma del terreno va affidato alle bombarde di grosso calibro a lunga gittata ed alle artiglierie di grande potenza a tiro curvo: le bombarde contro gli obiettivi più ravvicinati e di maggiore estensione, le artiglierie a tiro curvo (obici e mortai da 149, 152, 155,210 e 260) per la distruzione degli elementi difensivi di dimensioni limitate. Gli elementi difensivi sono in genere molto defilati o poco emer-
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genti dal terreno e conseguentemente poco vulnerabili ai cannoni di medio calibro (120, 149, 152, 155); ma questi, se non sono chiamati ad altri compiti, possono concorrere - stanti la loro potenza, precisione e varietà di cariche di proiezione - ai tiri di distruzione di tali elementi. Sono, invece, particolarmente indicati per la controbatteria, alla quale peraltro concorre in determinati casi, qualsiasi artiglieria. La robustezza delle sistemazioni difensive moderne è tale da richiedere per essere demolita grande abbondanza di artiglieria di grande potenza a tiro curvo (obici e mortai di grosso calibro) e grande disponibilità di munizionamento, perché non sono sufficienti pochi colpi isolati, ma occorrono poderosi concentramenti per produrre danni materiali e morali rilevanti. Per gli obiettivi speciali molto lontani e molto importanti sono necessarie artiglierie speciali a lunga gittata e di grande potenza (cannoni dal 152/45 al 381). La differenziazione dei compiti e la ripartizione degli obiettivi, come la costituzione dei raggruppamenti - raggruppamenti di distruzione, di controbatteria, pesanti campali, misti, di grosso calibro, ccc. - sono elementi essenziali dell'organizzazione della preparazione e vanno riferiti non solo alle caratteristiche delle bocche da fuoco, ma anche a quelle del munizionamento, il cui compito va basato sul rendimento dei vari proietti in relazione alla presunta durata dell'azione, alla estensione e consistenza degli obiettivi, alla entità delle masse di artiglieria impiegate ed al loro schieramento. La ripartizione degli obiettivi di speciale importanza e delle batterie nemiche viene effettuata tra i raggruppamenti in genere e quelli di controbatteria in specie, mentre quella fra i singoli tratti della fronte da distruggere riguarda i raggruppamenti di distruzione vera e propria. I raggruppamenti, a loro volta, ripartiscono i tratti fra i gruppi dipendenti. La ripartizione degli obiettivi è fatta poi risultare in un piano generale d'impiego, tracciato a grande scala, nel quale sono accuratamente riportate le linee nemiche e tutti i particolari difensivi, lo schieramento assunto, la successione dei tempi, le modalità di esecuzione, ecc. Fissata l'ora dello scatto delle fanterie, si ricava l'ora in cui deve avere inizio la preparazione distruttiva e da tale momento si dà inizio alla esecuzione che si fonda sul perfetto aggiustamento dei tiri. Durante il tiro occorrono soste nel corso delle quali il tiro viene allungato e diretto su obiettivi retrostanti la cui distru-
zione importa conseguire più tardi o corrisponde a tiri di interdizione da eseguire a tergo delle linee. Le soste vanno utilizzate, comunque, per constatare i danni arrecati al fine di trarne norma per la continuazione o no del fuoco.
L'accompagnamento delle fanterie, la loro protezione e lo sbarramen~ to a favore delle posizioni conquistate sono le azioni proprie delle artiglie-
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rie campali, da montagna o da trincea che le eseguono sia col tiro, facendo una cortina di fuoco dinanzi e sui fianchi delle colonne d'attacco, sia
avanzando materialmente su posizioni successive per assicurare la protezione vicina. Anche le artiglierie d'assedio possono concorrere all'accompagnamento, variando opportunamente l'allung/lmento dall'una all'altra delle linee designate a tergo della prima. Lo sbarramento per stroncare i contrattacchi è compito precipuo delle artiglierie minori che si portano materialmente sulle linee conquistate, evitando le linee abbandonate dal nemico; le artiglierie d'assedio vi concorrono riprendendo i tiri d'interdizione sull'ultima linea battuta durante l'azione della fanteria. I concentramenti di fuoco assumono particolare importanza nell'azione offensiva in quanto la manovra del fuoco - intesa come disponibilità di una massa di fuoco trasferibile da un punto ad un altro del campo di battaglia - accresce con immediatezza l'efficacia dell'azione delle fanterie attaccanti sopra un tratto o sopra l'altro, quasi a sostituire le masse uma-
ne di rincalzo, sulle quali ha il vantag,g,io della mag,g,iore celerità d'intervento. Anche nell'offensiva sono molto opportuni i concentramenti a gas. L'organizzazione della manovra del fuoco dove rispondere a caratteristiche di agilità ed elasticità, deve essere concentrata nelle mani di quel comando che per la fronte di giurisdizione è in grado di sfruttare tutto il raggio di azione delle artiglierie dipendenti e deve avere il requisito della immediatezza specialmente quando deve essere attuata per sventare contrattacchi, la cui preparazione e direzione di sviluppo sfuggono all'attaccante. I.a controbatteria di neutralizzazione è un genere di tiro speditivo, di notevole efficacia per un tempo limitato e ben rispondente perciò alle esigenze del combattimento ed alle condizioni in cui questo si svolge nell'azione offensiva. L'artiglieria nemica appena percepisce il momento d'attacco delle fanterie, inizia violentissimo il tiro di sbarramento davanti alla fronte minacciata, venendo cosl a rappresentare il principale ostacolo all'avanzata delle fanterie attaccanti; da qui l'interesse supremo del1'attaccante a paralizzare l'azione delle batterie nemiche di sbarramento, mettendole a tacere almeno per il tempo che occorre alle ondate di assalto per superare la zona soggetta ai tiri di sbarramento. La controbatteria di neutralizzazione consiste, dunque, nel rovesciare sulle batterie o zone di batterie nemiche, ben note e circoscritte, una ingente massa di fuoco a raffiche brevi, violente e simultanee, a granata e a shrapnels, ed in condizioni favorevoli di tempo e di terreno, a proietti speciali, anche dei maggiori calibri, per paralizzare o almeno attenuare notevolmente
gli effetti di quelle.
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2. Confrontati con il Regolamento di esercizi per l'artiglieria del 1913, i Ricordi tattici e tecnici del 1918 sono la testimonianza più probatoria di quanto e come fossero mutati nel frattempo i criteri d'impiego e le modalità di azione dell'arma, ma sono anche qualcosa di più perché tracciano, sia pure in forma embrionale e non ancora ben distinta, le linee fondamentali dell'ulteriore evoluzione delle artiglierie verso una sempre più intima cooperazione con la fanteria ed una maggiore capacità di dominio del campo di battaglia. Si trattò, naturalmente, di un regolamento fatto su misura per la guerra che si stava ancora combattendo, e rispondente a pennello alla particolare situazione del momento - imminente passaggio dall'azione difensiva a quella offensiva sottolineato anche dall'ordine seguito nell'esposizione degli argomenti - ma non per questo meno indicativo di una trasformazione generale, di carattere tattico e tecnico, se non ancora dei materiali, alla quale l'arma sarebbe andata incontro nel futuro. Particolarmente importanti a tale riguardo i criteriguida dell'impiego dell'arma nell'azione offensiva ed in quella difensiva e, in particolare, nella prima, la preminenza degli effetti di neutralizzazione, più che di quelli di distruzione, sugli ostacoli attivi e passivi mediante concentramenti di fuoco e di gas nella preparazione dell'attacco; la priorità conferita alla protezione dell'avanzata della fanteria chiamando a concorrervi le batterie di ogni calibro, in particolare quelle campali, e prevedendo lo spostamento in avanti delle batterie stesse, a cominciare da quelle leggere; nella seconda, vale a dire nell'azione difensiva, la precedenza data, rispetto ai tiri di logoramento di disturbo e d'interdizione lontana, all'intervento massivo nella contropreparazione di tutte le bocche da fuoco disponibili per colpire il nemico durante l'ultima fase dei suoi preparativi per l'attacco, e l'essenzialità del fuoco di sbarramento sulle successive linee difensive per garantirne l'impenetrabilità e per favorirne la riconquista mediante contrattacchi sostenuti da tutto il fuoco dell'artiglieria disponibile, erogato per concentramenti massicci, nell'eventualità di un loro sfondamento. Tali concetti rimasero a base anche della successiva pubblicazione, Norme per l'impiego dell'artiglieria (2), edita dallo stato maggiore dell'esercito nel 1921, nella quale, dopo il riesame a freddo della recente esperienza di guerra, si volle meglio armonizzare l'impiego dell'arma ai concetti generali ed alla terminologia delle Direttive per l'impiego delle grandi unità nell'attacco e nella difesa che erano state diramate dal comando supremo nel settembre del 1918, vale a dire un mese dopo dei Ricordi tattici e tecnici. Il nuovo regolamento, diversamente da queJlo dell'agosto 1918, trat-
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tò esclusivamente i criteri ed i procedimenti tattici, omettendo gli argomenti di carattere tecnico riguardanti la preparazione e l'esecuzione del tiro, che vennero in tempo successivo raccolti, aggiornati e sviluppati nella pubblicazione a sé stante, Istruzione sul tiro per L'artiglieria (3), compilata in stretta attinenza con le Norme del 1921 e diramata nel 1924. Sebbene non fossero poche le innovazioni introdotte dal nuovo regolamento, questo non si discostò dalla visione della battaglia del precedente e, conseguentemente, i compiti, l'ordinamento e le dipendenze, le attribuzioni dei comandi, i criteri generali per lo schieramento, la distinzione tra schieramento di sicurezza e schieramento rinforzato offensivo o difensivo, le norme per l'organizzazione del tiro, dell'osservazione, dei collegamenti e del servizio delle munizioni, se non identici furono simili a quelli sanciti nei Ricordi. Venne però sottolineata meglio l'importanza di taluni concetti e soprattutto alcuni di questi vennero meglio chiariti e ordinati oltreché esposti secondo un ordine di successione più concatenato e conseguenziale. Nella trattazione dell'impiego dell'artiglieria nel combattimento l'azione difensiva tornò ad essere posposta a quella offensiva e l'inserimento dell'artiglieria in entrambe le azioni fu reso aderente al criterio generale per il quale il compito essenziale dell'arma nella battaglia era stato nel passato e doveva restare per il futuro quello di coadiuvare L'azione della fanteria, aprendole la via nell'attacco e agevolandone la resistenza nella difesa. Ai compiti tradizionali del1' artiglieria - colpire ed offendere la fanteria nemica; sopraffare, neutralizzare e distruggere le artiglierie nemiche; danneggiare, disorganizzare, distruggere le organizzazioni difensive e offensive del nemico; ostacolare il funzionamento dei comandi, degli osservatori, dei collegamenti e dei servizi nemici - il nuovo regolamento aggiunse quello di «ostacolare le ricognizioni e le incursioni aeree del nemico» avvertendo che l'impiego dell'artiglieria nella difesa contraerei avrebbe formato oggetto di un'istruzione a parte (4). Diversa da quella del precedente regolamento la classificazione schematica delle azioni: annientamento, sbarramento distinto in fisso (azione diretta su una linea del terreno) e mobile (azione diretta sulla fanteria nemica che avanza), ingabbiamento (isolamento dell'attaccante che abbia conquistato un tratto della linea difensiva), repressione, accompagnamento distinto in vicino (cortina di fuoco che precede o fiancheggia la propria fanteria che avanza) e lontano (se svolto a distanza maggiore e con sbalzi più ampi per completare la protezione dell'accompagnamento vicino), interdizione distinta in vicina e lontana, contraerei, contro palloni frenati, contro cam d'assalto. L'azione contro le difese e contro le batterie nemiche continuò ad essere distinta in azione di distruzione (annullamento definitivo dell'efficacia operativa
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per alcuni giorni) e di neutralizzazione (messa fuori combattimento per breve tempo) . Rimase valida altresì, oltre la classificazione riferita alla natura dell'obiettivo, anche quella riferita a momenti ed esigenze della situazione tattica ed allo scopo generico che i tiri si prefiggevano: tiri di molestia (caratteristici dello schieramento di sicurezza e rivolti contro l'attività e la tranquillità del nemico), tiri di rappresaglia, tiri di logoramento (preludio ad azioni offensive o difensive), tiri di preparazione che, in un periodo di preparazione immediata di poco precedente l' assalto, erano caratterizzati dalla speciale intensità che assumevano i tiri di distruzione, di annientamento e di neutralizzazione, tiri di contropreparazione, preventiva (svolta prima che il nemico avesse ultimato i preparativi per l'attacco) o immediata (svolta nella imminenza dell'assalto nemico). I criteri posti a base dell'ordinamento e delle dipendenze rimasero gli stessi del vecchio regolamento: unicità dell'azione di comando, disponibilità diretta ad ogni livello di comando dei mezzi indispensabili all'adempimento del compito, disponibilità diretta da parte del comando di grande unità superiore dei mezzi necessari per collegare le azioni delle unità dipendenti e per rinvigorirle se necessario, possibilità di passaggio di dipendenza per assegnare a determinate unità rinforzi di artiglierie e, in particolare, di passaggio temporaneo delle artiglierie di distruzione da una divisione alla vicina od al corpo di armata e di parte delle artiglierie di controbatteria o d'interdizione lontana da un corpo d'armata al vicino o all'armata. Nessuna variante venne introdotta circa l'ordinamento delle artiglierie in reggimenti di artiglieria leggera (compiti di sbarramento, di accompagnamento ed eventualmente di distruzione), raggruppamenti campali e pesanti campali (compito di distruzione), raggruppamenti pesanti campali e pesanti (compiti di controbatteria), raggruppamenti pesanti a grande gittata (compiti di distruzione e di interdizione). Anche le attribuzioni dei comandi di artiglieria rimasero identiche a quelle fissate nel vecchio regolamento sia per il comandate del1' artiglieria dell'armata (consulente tecnico del comandante della armata con azione di comando diretto sulle artiglierie non assegnate alle grandi unità in sottordine), sia per quello dell'artiglieria del corpo d'armata (consulente tecnico del comandante del corpo d'armata con azione di comando diretta sulle artiglierie non assegnate alle unità in sottordine) e sia per il comandante dell'artiglieria divisionale (azione di comando su tutte le artiglierie organicamente o temporaneamente assegnate alla divisione). Immutate altresì le altre attribuzioni riguardanti: al livello di armata, l'azione di controbatteria, il coordinamento dell'azione di tutte le artiglierie dell'armata, la sovrintendenza tecnica delle unità e dei servizi di artiglieria dell'armata e la direzione del servizio di rifornimento delle
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munizioni per tutte le artiglierie dell'armata; al livello di corpo d'armata, la direzione dello svolgimento della controbatteria secondo il programma fissato dal comandante dell'artiglieria, il coordinamento dell'azione delle artiglierie divisionali fra loro e con quelle di corpo d'armata, l'ispezione tecnica delle unità di artiglieria delle divisioni ed il rifornimento per le artiglierie esistenti nel corpo d'armata; al livello di divisione, il rifornimento delle munizioni per le dipendenti artiglierie leggere e campali pesanti. Nei riguardi dello schieramento, il nuovo regolamento, completando ed integrando il vecchio, confermò i criteri dello scaglionamento in profondità, della protezione dalle offese nemiche e della facilità degli spostamenti e del rifornimento munizioni, ribadendo la maggiore efficacia dell'azione d'infilata, la convenienza a non vincolare gli schieramenti ai limiti di settore delle grandi unità alle quali le artiglierie erano assegnate (schieramenti extraterritoriali), la delicatezza dello schieramento delle artiglierie nelle zone di contatto delle grandi unità (opportunità di riunire in tali zone le postazioni delle artiglierie delle due grandi unità contigue e di sovrapporre i rispettivi settori di azione), i motivi di sicurezza e di effettuazione della manovra della massa del fuoco che imponevano lo scaglionamento in profondità delle batterie, l'esigenza, nella scelta e nella sistemazione delle posizioni, della protezione dall'osservazione del nemico e dalle offese del suo tiro (utilizzazione delle coperture e mascherature naturali e delle particolarità del terreno idonee a rendere difficile l'osservazione ed a diminuire gli effetti del fuoco; mascheramento artificiale; costruzione dei ripari; appostamenti multipli; batterie simulate; frazionamento e spostamento delle batterie; particolari cautele nell'esecuzione dei tiri; misure di sicurezza in proprio complementari della sicurezza garantita dalla fanteria antistante). Lo schieramento di sicurezza continuò ad essere inteso come mezzo per fronteg,giare qualsiasi attacco improvviso mediante le azioni normali di controbatteria, di sbarramento fisso e mobile e di repressione, azioni delle quali la più importante continuò ad essere lo sbarramento. Lo schieramento di sicurezza doveva preoccuparsi di battere efficacemente la zona delle prime linee nemiche, la fascia d'osservazione propria e la zona neutra fra questa e quella. Alla controbatteria ed all'interdizione lontana si doveva rinunziare, a meno che non fosse possibile effettuarle con batterie a lunga gittata (cannoni da 152 e obici da 305) o spostando temporaneamente avanti batterie adatte, purché in condizioni di ritirarsi rapidamente nell'imminenza di un attacco nemico. Tutte le modalità indicate nel vecchio regolamento per la messa in atto dello schieramento di sicurezza vennero ripetute nel nuovo, che dette maggiore risalto alla ne-
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cessità di predisporre appostamenti sussidiari per azioni rapide anche allo scoperto essendo preminente che l'azione di tutte le batterire potesse svolgersi sul massimo settore orizzontale e che lo sbarramento mobile e la repressione fossero resi possibili per tutta la profondità della fascia di osservazione. Venne, inoltre, introdotto il concetto che, in alcuni casi, ad esempio nei tiri di notte, le azioni di fuoco ed i tiri di inquadramento venissero effettuati soltanto con un pezzo, pezzo di servizio, o eventualmente con una sezione, riportando poi i dati alla postazione della batteria o dell'altra sezione. Tra gli accorgimenti da seguire per ostacolare il lavoro del servizio informazioni dell'avversario venne indicato il sistematico spostamento delle batterie ed anche l'azione di fuoco di qualche pezzo spostato di continuo per ingannare il nemico. Per il passaggio da quello di sicurezza allo schieramento rin/orzato offensivo o difensivo - un' operazione tipica della guerra da posizione - ferme restando le principali modalità del passato, venne posto l'accento sull'importanza della segretezza e della rapidità per salvaguardarne la riuscita: la prima, condizione essenziale sia per ottenere la sorpresa indispensabile specialmente nel1' azione offensiva sia per superare la crisi derivante dalla presenza su posizione avanzate di una massa di artiglieria non ancora in efficienza e che avrebbe potuto essere messa in pericolo da un'eventuale azione improvvisa del nemico; la seconda, non meno necessaria per ridurre appunto la durata di tale crisi. Le precauzioni per tenere nascoste al nemico l'affluenza e la sistemazione delle artiglierie di rinforzo erano l'occultamento, l'utilizzazione delle postazioni abbandonate, il mascheramento, la presa di posizione all'ultimo momento, la riduzione al minimo dei tiri d'inquadramento affidando i tiri di precisione alle batterie già in posesso dei dati di aggiustamento o raccogliendo questi mediante l'impiego del pezzo di servizio, l'esecuzione dei movimenti di notte secondo un ordine di progressione ben determinato evitando ogni rumore rivelatore. Le misure per garantire rapidità alla operazione dovevano consistere nel preparare per tempo il progetto di schieramento, nel ripartire convenientemente il transito sulla rete stradale disponibile costruendo, se necessario, nuove strade, sussidiate da ferrovie da campo, teleferiche, ecc. , nel predisporre la pronta messa in efficienza delle batterie mediante la preventiva esecuzione di tutti i lavori di sistemazione e nel lasciare inalterato, nel periodo della sistemazione del rinforzo, lo schieramento di sicurezza in atto, provvedendo ad eventuali spostamenti soltanto dopo aver sistemato le artiglierie di rinforzo. Nello schieramento rinforzato offensivo doveva prevalere il criterio del mantenimento di un conveniente scaglionamento in profondità per conservare ai diversi
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calibri un'efficace azione sulle organizzazioni difensive più avanzate per ridurre il rischio delle offese, specialmente di quelle dei gas, sugli addensamenti che sarebbero derivanti da uno schieramento tutto proiettato in avanti. Per lo schieramento rinforzato difensivo restava fermo il criterio di modellarlo sull'ossatura di quello di sicurezza tenendo presente che, essendo possibili forti fluttuazioni delle linee, le batterie di rinforzo andavano utilizzate per dare maggiore profondità allo schieramento stesso, non escludendo peraltro che akune batterie, specialmente adatte, potessero essere sistemate in modo da poter sviluppare la controbatteria lontana, l'interdizione lontana ed il logoramento alle maggiori distanze. Il nuovo regolamento aggiunse che qualora non fosse escluso l'impiego di carri d'assalto da parte del nemico, venisse destinata, esclusivamente per l'azione contro di essi , e a complemento dell'azione dell'artiglieria in genere, una piccola aliquota di pezzi di piccolo calibro, specialmente somey,giati , da impiegare per pezzo isolato, a tiro ravvicinato (circa 1500 m), appostato non troppo vicino alle trincee di prima linea o ad altri punti importanti, opportunamente mascherato o rilevabile solo dal momento della sua entrata in azione. La trattazione dell'impiego dell'artiglieria nel combattimento, sfrondata dei molti riferimenti di carattere essenzialmente tecnico contenuti nel vecchio regolamento, venne sviluppata in sequenze relative ai periodi tipici per caratteristiche e procedimenti nei quali il combattimento veniva diviso, e non più secondo le azioni principali che l'artiglieria doveva svolgere nell'azione offensiva ed in quella difensiva. A premessa della trattazione vennero ribaditi i criteri dell'impiego a massa ed in armonia di azione con la fanteria; il primo, da perseguire non soltanto con lo schierare bocche da fuoco in numero considererevole, ma anche, e specialmente, col concentrare i tiri sui vari obiettivi; il secondo, da ottenere oltre che con un addestramento basato su sani principi tattici e affinatosi nei comuni cimenti, col definire esattamente gli obiettivi e col predisporre e mantenere collegamenti molteplici. E in qualsiasi fase del combattimento - aggiunse il nuovo regolamento - sia principio fondamentale che l'obiettivo più importante per l'artiglieria è costantemente quello dalla cui distruzione o neutralizzazione può derivare maggiore vantaggio alle proprie fanterie. L'azione offensiva venne suddivisa in 4 periodi tipici: preparazione immediata, avanzata delle fanterie, mantenimento delle posizioni conquistate, prosecuzione dell'offensiva attraverso le posizioni organizzate del nemico e sviluppo del successo. Requisito essenziale per il buon successo del1' azione, oltre alla superiorità morale e materiale, era la sorpresa, alla quale
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l'artiglieria doveva contribuire, da parte sua, attuando con la mag,giore segretezza e la mag,giore rapidità consentite lo schieramento rinforzato e mirando a disorientare e trarre in inganno il nemico circa il settore di attacco, la durata della preparazione, la finta preparazione su tratti diversi da quelli da investire accortamente scelti, la riduzione al minimo della preparazione immediata e le innovazioni delle modalità esecutive. La preparazione immediata doveva essere mantenuta entro limiti di tempo ristretti; da alcune ore (nella battaglia di rottura) a pochi minuti (eccezionalmente); poteva essere anche soppressa quando ad esempio fossero disponibili masse notevoli di carri d'assalto. Non venne escluso che eccezionalmente potesse essere preceduta da determinate azioni di logoramento e di rimozione di ostacoli sviluppate durante alcuni giorni precedenti, dando, in tale caso, forte sviluppo alla controbatteria di distruzione, ai tiri diretti contro quegli elementi dell'organizzazione difensiva nemica dei quali fosse impossibile od incerta la distruzione o neutralizzazione durante la preparazione immediata, ed ai tiri d'interdizione lontana diretti, qualche giorno avanti l'attacco, sui depositi di munizioni e, il giorno precedente l'attacco, sulle sedi di comando, riservando ai tiri d'interdizione, da effettuare durante la preparazione immediata, la neutralizzazione dei posti di comando, degli osservatori, delle centrali telefoniche, telegrafiche e delle stazioni radiotelegrafiche. Nella preparazione immediata di durata normale le azioni da sviluppare erano la controbatteria,l'azione contro le difese, l'annientamento e l'interdizione. La controbatteria doveva proporsi la neutralizzazione delle artiglierie nemiche a mezzo di improvvisi e violenti concentramenti successivi anche di gas, sui vari nuclei ed appostamenti noti di batterie. L'azione contro le difese nemiche doveva perseguire la distruzione o la neutralizzazione delle difese attive e passive che incidessero frontalmente o lateralmente sulle zone scelte per l'irruzione dell'attacco sino alla profondità dell'obiettivo normale (in particolare contro gli appostamenti di mitragliatrici). L'azione di annientamento doveva mirare, cercando i suoi effetti nella violenza e nella intensità dei tiri, specie di quelli a gas, ad infliggere in breve tempo perdite gravi sia alle truppe presidianti le linee sia ai rincalzi ed alle riserve nelle loro zone di ammassamento e di raccolta. L'interdizione doveva tendere soprattutto a paralizzare il funzionamento dei comandi e dei servizi ed il movimento delle truppe della difesa. Nessuna innovazione di rilievo venne introdotta nei riguardi delle attribuzioni dei vari livelli nell'elaborazione dei progetti di controbatteria, di azione contro le difese nemiche e d'interdizione (livello comando artiglieria dell'armata), nella determinazione e ripartizione del fuoco sui vari obieltivi e nella specificità prevalente dei compiti delle artiglierie (con-
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trobatteria: artiglierie pesanti e pesanti campali; azione contro le difese nemiche: bombarde e artiglierie assegnate alle divisioni, specialmente medi calibri a tiro curvo, con il concorso delle artiglierie di distruzione di corpo d'armata e delle artiglierie da campagna; annientamento: artiglierie di grande gittata, con il concorso di quelle che, situazione permettendo, potessero essere sottratte alla controbatteria; interdizione lontana: grossi e medi calibri a grande gittata; interdizione vicina: artiglierie leggere e di distruzione). L'avanzata delle fanterie doveva essere appoggiata e protetta nel suo progredire dall'azione di accompagnamento vicino al quale doveva concorrere la massa delle artiglierie leggere e dei cannoni campali pesanti, e dall'azione di accompagnamento lontano, compito questo di tutte le batterie non impegnate nella controbatteria, nell'interdizione lontana e vicina e nell'accompagnamento materiale delle fanterie avanzanti. Tutta l'artiglieria doveva, insomma, tendere in questa fase, come già nel vecchio regolamento, a neutralizzare le forze vive della difesa rimaste in efficienza che potessero arrestare od ostacolare l'avanzata della fanteria, nonché a costituire a questa una protezione immediata dalla controffesa nemica. L'accompagnamento comprendeva, perciò: tiri di distruzione e tiri di neutralizzazione; cortine di fuoco mobili spostantesi in avanti in corrispondenza di linee di attestamento o su richiesta o ad orario; cortine fisse di sbarramento durante le soste dell'avanzata; tiri di accompagnamento che, durante le soste, dovevano assumere il carattere di fuoco d'interdizione e che si intensificavano con il pronunciarsi dei contrattacchi nemici contro i quali dovevano concentrarsi le artiglierie destinate al tiro su obiettivi improvvisi e tutte quelle sul momento impegnate contro obiettivi meno importanti; tiri a puntamento diretto nel-
l'azione vicina di batterie leggere convenientemente orgJJnizzate ed allenate a cooperare con le unità di fanteria contro i superstiti centri vitali della difesa, specialmente contro i nidi di mitragliatrici. Competente all' elaborazione del progetto di accompagnamento era il comando del corpo d'armata per quanto riguardava le indicazioni generali, il collegamento tra le cortine di fuoco delle divisioni dipendenti ed il concorso delle artiglierie di corpo d'armata; per il resto, il comandante della divisione. Il mantenimento della posizione conquistata, fosse l'obiettivo normale, o quello eventuale, o la posizione imposta dalle vicende del combattimento, doveva essere garantito da parte dell'artiglieria mediante la costituzione immediata davanti alla posizione di una prima e diretta difesa fissando e trasformando rapidamente l'accompagnamento vicino e lontano rispettivamente in uno sbarramento fisso ed in un'azione d'interdizione vicina, ferma restando la controbatteria, anzi intensificandola in
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modo di non lasciare la fanteria alla mercé del fuoco della repressione nemica. Nella prosecuzione dell'offensiva attraverso le posizioni organizzate del nemico e nello sviluppo del successo compito dell'artiglieria era di non far mancare in nessun momento il suo appoggio massivo alla fanteria. Da qui la necessità di iniziare gli spostamenti in avanti per tempo (pezzi, organi di comando, organi di osservazione, collegamenti, rifornimenti munizioni) e di eseguirli, nonostante le enormi difficoltà, secondo un concetto chiaro della specie e della quantità delle artiglierie da spostare e delle precedenze nei movimenti (artiglierie leggere in accompagnamento materiale, reggimento di artiglieria divisionale, uno o due gruppi di artiglierie pesanti campali, altre artiglierie pesanti e leggere, in·quasi eguale proporzione e nella quantita consentita dall'intensità del movimento sulle strade e dalla possibilità dei rifornimenti). Ciò che importava era di provvedere le batterie di quanto sarebbe potuto loro occorrere (personale del genio e di rinforzo, cavalli e mezzi di traino meccanici, materiali vari) per superare le difficoltà frapposte dal terreno sconvolto e solcato da ostacoli, di ridurre al minimo i tempi dello spostamento, di alimentare di continuo, o di riprendere sollecitamente se dovuta interrompere, l'azione offensiva dell'artiglieria, di abbondare nel munizionamento perché le artiglierie senza munizioni costituiscono in combattimento un inutile ingombro. Quando la battaglia fosse gradualmente passata dalla forma di lotta contro posizioni organizzate a quella di lotta in campo aperto, si doveva necessariamente procedere ad un alleggerimento dell'artiglieria che si poteva ridurre ad un reggimento di artiglieria leggera e ad un gruppo o più gruppi di artiglieria pesante campale per divisione e ad un numero sempre minore di artiglierie pesanti che potevano intervenire nelle operazioni. La norma era che in tale fase dell'azione i comandanti di gruppo e di reggimento si ispirassero al criterio di battere a preferenza quegli obiettivi che mag,gionnente avessero danneg,giato la fanteria attaccante o che più ne ostacolassero l'avanzata. Nella fase ulteriore di sviluppo del successo le batterie dovevano essere fatte entrare in azione rapidamente, sovente anche allo scoperto; dovevano accoppiare alla rapidità l'intensità dell'azione evitando di diluire il fuoco su fronti e su profondità eccessive ed applicando invece costantemente il principio dell'impiego a massa; nella preparazione dovevano concentrare i tiri sulle linee dei punti di appoggio naturali e sugli elementi fotografici sui quali il nemico poteva meglio appostare le mitragliatrici e le bombarde; nell'accompagnare e sostenere l'avanzata delle proprie fanterie dovevano addensare il fuoco nei tratti sui quali più intenso fosse stato lo sforzo della fanteria. L'azione difensiva conservò la fisionomia tracciata nel regolamento
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del 1918, ma nel nuovo regolamento venne meglio distinta l'azione difensiva con lo schieramento rinforzato da quella con lo schieramento di sicurezza e di questa ultima vennero esaminati separatamente i suoi aspetti particolari nei riguardi dei colpi di mano e delle piccole operazioni offensive, delle azioni di sola artiglieria, degli attacchi in forze. Le azioni caratteristiche dell'artiglieria rimasero le stesse: contropreparazione, sbarramento ora distinto in fisso e mobile, repressione. A premessa dell'azione difensiva venne sottolineato come il fattore sorpresa conservasse anche in tale azione tutta la sua importanza decisiva e come l'artiglieria, da parte sua, dovesse concorrere a realizzarla mantenendo celato, prima dell'azione, lo schieramento, operando, durante l'azione, per concentramenti ad inizio contemporaneo ed a rapido svolgimento, intervenendo, durante la condotta di tutta la difesa, con una contropreparazione tempestiva per sconvolgere il piano di attacco nemico e sventarne la sorpresa e con un'inattesa ed energica reazione di sbarramento mobile sulle fanterie attaccanti nella fascia di osservazione. Nell'azione difensiva cun lu schieramento rinforzato l'artiglieria doveva opporre ali' attacco un'azione diretta in un primo tempo a deprimere la efficienza offensiva dell'organizzazione nemica (contropreparazione preventiva) ed in un secondo tempo a sventare l'attacco annientando le fanterie nemiche schierate (contropreparazione immediata). Alla contropreparazione preventiva poteva essere conveniente rinunziare se vi fossero stati motivi che avessero suggerito al difensore di non sacrificare l'elemento tattico validissimo della sorpresa di fuoco. In ogni caso: i tiri della contropreparazione preventiva dovevano essere eseguiti con tutti gli accorgimenti atti a celare al nemico l'entità complessiva e le particolarità dello schieramento; l'azione di controbatteria doveva essere sistematica e svolta secondo un programma da tenersi diligentemente al corrente con la situazione delle batterie avversarie; l'azione dell'artiglieria doveva mirare nel suo insieme a prendere sotto il suo tiro e ad ostacolare tutta l'attività nemica operando concentramenti improvvisi e violenti, diretti ora su una regione ora su un'altra, ed impiegando, dove conveniente, tiri d'intossicazione, nonché a battere con tiri d'interdizione vicina e lontana gli spostamenti, i rifornimenti ed i lavoratori nemici e con tiri di annientamento gli abitati, le zone di raccolta e i centri di baraccamenti. All'inferiorità numerica l'artiglieria doveva supplire con azioni di fuoco concentrate, con una condotta di fuoco che rendesse più difficile l'osservazione nemica (intermittenti riprese di fuoco e tiro celere, riprese simultanee di più batterie, sospensione del fuoco all'approssimarsi di aerei nemici, ecc.) e con spostamenti delle batterie che rendessero arduo al nemico precisarne numero e postazioni. La contropreparazione immediata - i cui
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prodromi potevano essere le azioni di interdizione, vicina e lontana, e di annientamento eseguite eventualmente, in contemporaneità o no della contropreparazione preventiva, nelle notti in cui risultasse che il nemico stesse portando in prima linea le sue divisioni di attacco - doveva impegnare la grande massa del fuoco disponibile in azioni d'interdizione vicina e di annientamento, lasciando poche batterie alla controbatteria e poche all'interdizione lontana (questa rivolta specialmente alla zona di raccolta delle riserve). La contropreparazione immediata avrebbe sortito la maggiore efficacia quando avesse potuto precedere di qualche ora l'inizio della preparazione immediata nemica. Occorreva conferire alla contropreparazione immediata grande densità di fuoco, anche con proietti a gas, perché potesse riuscire a soffocare l'attacco prima del suo inizio o quanto meno ad affievolirne lo slancio. Occorreva: concentrare il fuoco prevalentemente sulle zone di trincee e ricoveri di prima linea nei quali, in corrispondenza dei punti di irruzione, si ammassano le fanterie di attacco e sui camminamenti, trincee retrostanti, zone di raccolta e zone <li ammassamento; Jpazzare, con alcune riprese di sbarramento mobile, tutta la zona interposta tra le linee dell'attaccante e quelle del difensore dove, cioè, i reparti di assalto dell'attaccante potevano avanzare sparpagliandosi nelle buche e negli imbuti del terreno. Nella prima fase della contropreparazione immediata, nella quale la situazione di regola si mantiene incerta, l'artiglieria doveva effettuare anche tiri di sbarramento fisso che potevano trovare la massima efficacia se si fosse riusciti a farli coincidere, o precedere di pochi minuti, con lo scatto delle fanterie avversarie. Avvenuto lo scatto delle fanterie e penetrate queste nella zona d'osservazione, l'artiglieria doveva continuare a battere le trincee ~i partenza dell'attaccante con un'azione di interdizione svolta dalle artiglierie già incaricate di tale azione con il concorso di un'aliquota di quelle già impegnate nella controbatteria, ed a tenere sotto un più intenso fuoco di sbarramento la fanteria attaccante e le artiglierie in accompagnamento materiale, rinforzando le unità leggere e pesanti campali con la maggior parte delle batterie già di controbatteria. Tale azione di sbarramento mobile doveva essere rivolta, preferibilmente con tiri a tempo, sulla zona retrostante la cortina mobile dell'attacco e sui tratti che per la minore capacità di resistenza e la maggiore copertura meglio si prestavano al!'avvolgimento da parte dell'attaccante. Una volta che le fanterie attaccanti fossero riuscite a pervenire a contatto con la fascia di resistenza, lo sbarramento mobile doveva essere arretrato e fissato sul davanti di tale fascia ed a protezione di questa assumendo la forma di cortina di fuoco di sbarramento fisso. Contro l'attaccante che fosse riuscito ad occupare posizioni della fascia di resistenza, doveva essere scatenato il fuoco
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di repressione sia per inchiodarlo nella posizione e contenerne I' irruzione, sia per preparare le azioni di contrattacco preordinate e svolte con una regolare preparazione di fuoco costituita da tiri di annientamento, di interdizione vicina e di controbatteria. Particolari modalità dovevano essere seguite quando le fanterie nemiche fossero precedute dai carri d'assalto, fermo restando che l'obiettivo principale doveva essere sempre costituito dalle fanterie che seguivano i carri stessi; contro questi ultimi dovevano concentrare il loro fuoco soprattutto le batterie di medio e piccolo calibro (specialmente pesanti campali), mentre la maggior parte delle batterie dovevano agire contro le fanterie che seguissero i carri. Contro un'eventuale ulteriore progressione dei carri, nonostante il tiro celere ed a puntamento diretto dei piccoli calibri ed il fuoco della maggior parte delle batterie, dovevano essere chiamate all'azione anche le rimanenti batterie pesanti e poteva convenire, se dalle immediate vicinanze della postazione fosse stato possibile farlo, portare allo scoperto qualche pezzo delle batterie di sbarramento per farlo agire a puntamento diretto. Nell'azione difensiva, più ancora che in quella offensiva, le batterie dovevano garantirsi in proprio la sicurezza mettendo in opera la difesa vicina (elementi di trincea, reticolati e mitragliatrici) . Il ripiegamento dei materiali poteva avvenire solo su ordine dei comandanti di grande unità e, qualora il ripiegamento non fosse stato più possibile, occorreva aver stabilito in precedenza la sorte dei pezzi (distruzione o inutilizzazione mediante l'asporto delle parti essenziali). Gli artiglieri rimasti senza pezzi dovevano unirsi ai reparti viciniori di fanteria. Stante la rapidità di progressione degli attacchi moderni era, infine, indispensabile aver impartito fin da prima dell'azione a tutti i comandanti di artiglieria in sottordine le direttive necessarie per agire d'iniziativa, mentre questi dovevano fare l'impossibile per informare i comandi superiori degli avvenimenti. Nel combattimento difensivo fuori dei sistemi fortificati l'artiglieria doveva agire in modo similare a quello del combattimento offensivo in campo aperto sia per l'entrata in azione, sia per il collegamento con la fanteria, sia per la condotta del fuoco il quale doveva essere diretto di preferenza contro gli obiettivi che risultassero, o apparissero, più pericolosi per la fanteria in difesa. E poiché in tale situazione s'imponeva più che mai di garantire l'intima corrispondenza dell'azione della fanteria con quella dell'artiglieria, conveniva talvolta mettere gruppi di artiglieria someggiata o da campagna alla diretta dipendenza dei comandi di brigata e di reggimento di fanteria. Nell'azione difensiva con lo schieramento di sicurezza compiti e procedimenti non mutavano, ma la minore disponibilità di artiglieria e generalmente anche di munizioni, come pure l'eventualità di dover fron-
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teggiare un attacco improvviso od imprevisto, del quale raggio o sviluppo non erano valutabili a priori, diminuivano l'attività complessiva dell'artiglieria che, in ogni caso, doveva essere in grado di preparare ed appoggiare i colpi di mano e le piccole operazioni offensive deJla propria fanteria e di svolgere da sola le azioni miranti a logorare le forze vive del nemico e ad ostacolare l'analoga azione di questo (tiri di disturbo dei lavori, degli spostamenti di truppe, dei rifornimenti; tiri di distruzione de1le artiglierie e bombarde individuate; tiri di rappresaglia sui centri sensibili; tiri di controbatteria sulle batterie più pericolose). Non sempre poteva essere conveniente estendere tale attività di fuoco quotidiana su obiettivi che il nemico avrebbe potuto facilmente spostare, essendo preferibile intervenire su di essi battaglia durante dopo essersi procurati i dati di aggiustamento con tiri eseguiti nelle loro prossimità . Per ostacolare i lavori del nemico si poteva ricorrere a raffiche dei piccoli calibri eseguite nelle ore - normalmente notturne - nelle quaJi più intensa avrebbe dovuto essere l'attività lavorativa del nemico. Per disturbare i movimenti ed i rifornimenti lungo le strade più battute, occorreva agire con tiri d'interdizione, eseguiti sia di giorno sia di notte, con concentramenti e con salve improvvise e raffiche, i primi diretti sui tratti a risvolto, sugli incroci e sugli abitati, i secondi lungo le strade, preferibilmente sui tratti che fosse possibilt: prendere d'infilata. Per controbattere le artiglierie nemiche erano necessari sia tiri di distruzione sia tiri di neutralizzazione, questi contro quelle batterie che molestassero la fanteria in determinati momenti e situazioni. Contro gli attacchi in forza e contro i colpi di mano nemici, l'artiglieria doveva informare l'azione agli stessi criteri che regolavano la sua azione nello schieramento difensivo rinforzato, ed in particolare doveva svolgere la contropreparazione che, stante la scarsezza delle batterie disponibili, doveva essere rivolta contro gli obiettivi più importanti, sacrificando spesso la controbatteria. Se l'attacco si fosse manifestato tanto improvviso e violento da non consentire lo sviluppo della contropreparazione pianificata, occorreva realizzare subito lo sbarramento fisso effettuato daJle batterie leggere subito seguite dai cannoni pesanti campali, dagli obici campali pesanti ed anche, secondo i casi, dalle altre batterie. Anche contro gli attacchi parziali ed i colpi di mano, ricorrenti con frequenza, il sistema di difesa doveva essere analogo: contropreparazione e sbarramento. Circa l'organizzazione del tiro (studio dei bersagli, documenti di tiro ed inquadramenti, istruzioni ed esercitazioni), dell'osservazione (organi, servizio), dei collegamenti (collegamenti tra i vari comandi di artiglieria, fra i comandi ed i reparti di artiglieria e gli organi di osservazione, tra i comandi di artiglieria e la fanteria) e del servizio munizioni (at-
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tribuzioni, funzionamento, depositi, dotazioni, preventivi, riparazioni, sgomberi, fornitura di pezzi di ricambio, ecc.) il regolamento del 1921 ampliò e completò le norme del regolamento del 1918, mettendo in chiara ed ordinata evidenza come 1' organizzazione dell'azione dell'artiglieria fosse la premessa, ed al tempo stesso la condizione costantemente irrinunciabile in ogni azione e fase del combattimento, per dare significato all'impiego stesso dell'artiglieria. L'organizzazione del tiro doveva permettere di effettuare con prontezza ed efficacia l'individuazione dei bersagli, l'apertura e la prosecuzione del fuoco ed il coordinamento dei tiri con le esigenze tattiche, mediante la ripartizione del terreno di azione fra le batterie e le predisposizioni per un loro rapido funzionamento, lo studio particolareggiato dei bersagli e degli elementi necessari a regolare l'impiego del fuoco, l'allestimento dei documenti di tiro ed il continuo perfezionamento dell'istruzione del personale. I criteri e le modalità da seguire nell'organizzazione del tiro non si discostarono da quelli del regolamento precedente, ma la trattazione della materia riguardante lo studio dei bersagli assunse uno sviluppo molto più ampio e particolareggiato. L'ufficio informazioni dell'armata doveva provvedere all'indagine ed alla elaborazione periodica della situazione della sistemazione difensiva nemica; l'ufficio tiro dd comando artiglieria di armala era l'organo incaricato dello studio della determinazione dello schieramento dell'artiglieria nemica e per tale motivo doveva essere in continuo collegamento con l'ufficio informazioni dell'armata e con i comandi di artiglieria di corpo d'armata; questi, per mezzo del proprio ufficio tiro, vagliavano, controllavano e coordinavano i dati raccolti dai propri organi e dai comandi di artiglieria divisionali ed approntavano e diramavano i documenti prescritti mantenendosi in continuo contatto con il rispettivo centro raccolta informazioni di corpo d'armata; i comandi artiglieria divisionali , per mezzo dei propri osservatori tattici, di quelli delle unità dipendenti, delle pattuglie di artiglieria e dei comandi di fanteria in linea, procedevano ad una prima raccolta e valutazione dei dati e allestivano, tenevano al corrente e diramavano i documenti prescritti. Le fonti e gli organi per la determinazione dei bersagli erano gli osservatori terrestri (tattici, di tiro, di vampa), le pattuglie di artiglieria, le sezioni fonotelemetriche, i palloni, le squadriglie aeree di ricognizione, le intercettazioni telefoniche e radiotelegrafiche, le ricognizioni e le comunicazioni di ufficiali di fanteria e di artiglieria, i prigionieri e disertori, il bollettino dell'ufficio informazioni dell'armat a. La valutazione definitiva dei dati raccolti era compito dell'ufficio tiro del comando artiglieria <l'armata il quale vi perveniva al termine di apposite riunioni cui partecipavano
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i capi degli uffici tiro dei comandi di artiglieria di armata e di corpo d'armata, gli ufficiali di collegamento dell'aviazione presso i comandi di artiglieria d'armata e di corpo d'armata, il comandante del gruppo di sezioni fonotelemetriche, un rappresentante dell'ufficio informazioni di armata, i rappresentanti degli uffici tiro delle armate limitrofe e quegli ufficiali degli osservatòri terrestri, d'aeroplano e di pallone che si riteneva, di volta in volta, di far intervenire. I documenti nei quali venivano registrati e coordinati i dati raccolti erano il registro e lo schedario delle artiglierie nemiche, il bollettino giornaliero tiri e osservazioni, il lucido delle zone battute dalle artiglierie nemiche, la carta delle artiglierie e degli osservatòri nemici, la carta delle difese nemiche e la carta dell'attività delle batterie nemiche. Il registro e lo schedario delle artiglierie nemiche erano compilati e tenuti a giorno dall'ufficio tiro del comando artiglieria di corpo d'armata; il bollettino giornaliero tiri ed osservazioni, dal comando artiglieria divisionale e dall'ufficio tiro del comando artiglieria di corpo d'armata; il lucido delle zone battute dalle artiglierie nemiche, dal comando di artiglieria divisionale per il proprio territorio e dall'ufficio tiro del comando di artiglieria di corpo d'armata; la carta dell'artiglieria e degli osservatori nemici, dal!' ufficio tiro del comando di artiglieria di armata; la carta delle difese nemiche dall'ufficio informazioni <li armata; la carta dell'attività delle batterie nemiche, dall'ufficio tiro del comando di artiglieria di armata e dagli uffici tiro dei comandi di artiglieria di corpo d'armata. Nella tabella degli obiettivi speciali dovevano essere indicati i punti sensibili dell'organizzazione nemica e per ognuno di essi le batterie in grado di batterli. Per l'organizzazione del tiro era d'impiego normale la carta topografica quadrettata al 25000. L'ufficio del comando artiglieria di corpo d'armata doveva, inoltre, compilare un elenco dei bersagli di qualche importanza situati nella zona di proprio interesse. L'elenco dei bersagli che ciascuna batteria fosse in grado di battere, con i dati di tiro ricavati dagli agJt,iustamenti eseguiti, doveva risultare in un quaderno di tiro tenuto dal comandante di batteria, con segni distinti per i bersagli della zona d'azione normale da quelli delle zone eventuali. La carta dimostrativa degli obiettivi sui quali fosse necessario poter rapidamente concentrare il fuoco di più batterie - denominata carta degli ovuli - doveva riportare, delimitate in forma di ovuli, oppure di rettangoli o di poligoni vari, la natura dell'azione di fuoco da esercitare sulle singole zone e la designazione dei tratti di sbarramento fisso (ovuli o rettangoli d'interdizione o repressione) e doveva, altresl, indicare gli elementi della fascia di osservazione da non battere con il fuoco fino a quando non si fosse chiarita la situazione. Il lucido degli ovuli doveva riportare nell'interno degli ovuli !'indi-
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cazione delle batterie che potevano avervi azione. Dal confronto tra il lucido e la carta si dovevano rilevare insieme le zone principali sulle quali fosse necessario concentrare il fuoco e le batterie che avrebbero potuto avere azione sulle zone stesse. Per la controbatteria doveva essere allestita una carta di controbatteria nella quale dovevano essere compresi i nuclei delle batterie nemiche vicine in ovuli di controbatteria distinti con numeri romani e progressivi e dovevano essere riportate le batterie di possibile intervento normale od eventuale. Compilazione e diramazione delle carte degli ovuli spettavano al comando di artiglieria di corpo d'armata. L'inquadramento del terreno doveva avvenire per aggiustamenti successivi - limitati al minimo ed effettuati su adatti bersagli di riferimento per gli obiettivi sui quali s'intendeva agire di sorpresa eseguiti personalmente dai comandanti di batteria, diretti dai comandanti di gruppo e verificati spesso dai comandanti di reggimento o raggruppamento. L'osservazione te"estre e l'osseroazione aerea, integrandosi a vicenda, dovevano formare un unico sistema. Organi della prima erano: gli osservatori di artiglieria - dei comandi di artiglieria delle grandi unità, dall'armata alla divisione, con scopo prevalentemente tattico e di controllo, di reggimento o raggruppamento, di gruppo e di batteria con compito prevalente di direzione dei tiri -; le sezioni di osservazione (reparti dell'armata formati da personale specializzato nell'osservazione e in grado di far funzionare un numero variabile di osservatori disposti a catena e in posizioni tali che possibilmente ogni zona di terreno fosse vista contemporaneamente da tre osservatori); le sezioni fonotelemetriche (organi dell'armata) organizzate territorialmente per il rilevamento della posizione dell'origine del suono; le pattuglie di artiglieria, organi per l'osservazione terrestre e specialmente per il collegamento con la fanteria al livello di gruppo di artiglieria leggera e campale (almeno due pattuglie per ciascun gruppo) e di artiglieria pesante (almeno una pattuglia per gruppo con turni effettuati da pattuglie di 2 gruppi). Gli organi dell'osservazione aerea erano i palloni frenati e gli aeroplani: i primi con il vantaggio della stabilità e della facilità di comunicazione ma con l'inconveniente della vulnerabilità per cui occorreva schierarli molto indietro; i secondi veri e propri osservatori elevati mobili con pregi ed inconvenienti propri di tali caratteristici mezzi, ma con il vantaggio di poter osservare zone di obiettivi non rilevabili dall'osservazione terrestre ed in tempi brevi. I collegamenti e, in particolare, un sicuro collegamento tra artiglieria e fanteria, erano considerati condizione essenziale di successo. Essi erano costituiti dagli stessi del vecchio regolamento - mezzi elettrici (telefo-
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no, telegrafo, radiotelegrafia, geotelegrafia), ottici (eliografi, bandiere, telai, dischi, bandiere a lampo di colore, segnalazioni convenzionali a braccia, segnalazioni a mezzo di artifizi), mezzi vari (porta-ordini, staffette, guide, piccioni viaggiatori, ecc.) - e dovevano essere impiegati secondo la particolare convenienza del momento. Il collegamento tra i vari comandi di artiglieria doveva essere assicurato mediante una rete telefonica indipendente a mezzo della quale ogni comando doveva essere collegato con il comando superiore, con quelli laterali di pari livello, con quelli organicamente dipendenti, compresi i comandi delle unità assegnate temporaneamente. La rete telefonica che collegava i comandi ed i reparti di artiglieria con gli organi di osservazione doveva tendere a collegare direttamente ogni comando di artiglieria con i propri osservatori e gli osservatori di una grande unità fra di loro e cosl pure tra di loro gli osservatori di reggimento (o raggruppamento) e di gruppo, predisponendo al tempo stesso gli altri mezzi disponibili come sussidiari della rete telefonica. Ogni comando di artiglieria di armata e di corpo d'armata doveva inoltre essere collegato telefonicamente e direttamente con il rispettivo campo di aviazione. Presso ogni comando di artiglieria di corpo d'armata e di divisione doveva essere impiantata la stazione radiotelegrafica per comunicare con gli aerei in volo. Ogni comando di artiglieria di grande unità doveva, infine, essere collegato telefonicamente con le dipendenti stazioni di osservazione di palloni frenati e con i comandi di raggruppamento per consentire l'esecuzione dei tiri con il concorso dell'osservazione dal pallone. Il migliore collegamento tra i comandi di artiglieria e di fanteria andava ricercato nella loro coabitazione - da attuare sempre tra comandi di grande unità e corrispondenti comandi di artiglieria - e nell'impiego delle palluglit: <l'artiglieria. Nell'azione offensiva doveva essere stu diato ed organizzato il collegamento fra le unità in attacco e le unità di artiglieria, predisponendo l'impiego contemporaneo di almeno due tra i mezzi di trasmissione disponibili; nel mantenimento delle posizioni conquistate, la ripresa ed il riordino dei collegamenti dovevano assicurare prontamente le comunicazioni tra i comandi di artiglieria ed i principali osservatori rimasti sul posto con quelli spostatisi con le fanterie. Per il servizio delle munzioni: il comandante dell'artiglieria dell'armata doveva dirigere il servizio per tutte le artiglierie, segnalare all'intendenza i fabbisogni, procedere alla ripartizione dei quantitativi tra i corpi d'armata e sorvegliarne l'afflusso ai depositi; il comandante dell'artiglieria del corpo d'armata doveva stabilire la dislocazione dei depositi, sorvegliarne il funzionamento, provvedere all'afflusso delle munizioni stesse alle batterie con la cooperazione dei comandanti dell'artiglieria delle di-
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visioni per quanto riguardava le artiglierie leggere e per quelle pesanti campali assegnate alle divisioni, le quali si rifornivano con mezzi propri; il comandante dell'artigliera divisionale, a sua volta, segnalava il fabbisogno occorrente alle sue artiglierie e regolava il rifornimento delle dipendenti batterie leggere e pesanti campali che si rifornivano anch'esse con i propri mezzi. Perché il servizio funzionasse occorreva che i depositi venissero ben sistemati, protetti, mascherati e dislocati in prossimità di una rete stradale dove fosse in vigore una rigida disciplina dei movimenti. La dotazione media rispetto al complesso delle batterie variava dalle 3 alle 5 giornate di fuoco, intendendo convenzionalmente, per giornata di fuoco: 40 colpi per pezzo per i grossi calibri, 80 per i medi, 100 per i campali pesanti, 250 per i piccoli calibri. Nell'azione offensiva, il progetto di impiego dell' artiglieria doveva comprendere il preventivo delle munizioni occorrenti, calcolato in base all'ampiezza della fronte di attacco, al numero ed alla specie degli obiettivi, alla natura ed alle modalità di esecuzione dell'attacco. Nell'azione difensiva il criterio di massima da seguire era di assicurare nelle 24 ore il rifornimento della giornata di fuoco a ciascuna batteria.
3. Le Norme del 1921 rimasero in vigore fino al novembre del 1937, vale a dire per oltre 16 anni, nonostll.nte che in tale periodo la dottrina d'impiego delle grandi unità fosse stata modificata due volte: la prima nel 1928 e la seconda nel 19 35. Esse, sebbene orientate alle Direttive del Comando Supremo del 1918 e conseguentemente ad una timida ripresa delle concezioni dinamiche della lotta, in contrapposizione a quelle che erano state le prevalenti manifestazioni statiche della prima guerra mondiale, adombravano, ma non reprimevano peculiarmente criteri, modalità e procedure propri della guerra di movimento, come definita dal nuovo indirizzo tattico del 1928. Non più strettamente legate, come quelle del 1918, allo scenario della prima guerra mondiale, che, anzi, in parte avevano modificato come nessun'altra pubblicazione tattica ufficiale di quel periodo aveva saputo fare, le nuove norme contenevano il lievito di fermentazione di criteri e modalità nuovi che avrebbero però richiesto, per la crescita, un simultaneo rinnovamento in qualità e quantità dei mezzi. Elementi particolari che le contraddistinsero furono : la conoscenza esatta e bene intesa dell'esperienza appena vissuta; l'immaginazione, circa il futuro prossimo dell'artiglieria; la chiarezza e
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la lucidità delle idee sulla funzione del fuoco dell'artiglieria; il desiderio volenteroso di renderne l'impiego più potente, più manovrato e più elastico nei limiti delle concrete e reali prestazioni e possibilità tattiche e tecniche dei materiali in dotazione; e infine, la consapevolezza delle lacune e dei difetti che costringevano ancora la manovra dell'artiglieria entro i limiti di lentezza, di rigidità e di metodica d'impiego del passato. Le nuove Norme fecero quanto di più non si sarebbe potuto fare in quel momento per coordinare la manovra del fuoco con la manovra del movimento. Nell'ordine della materia e nello stile dell'esposizione, per l'attenzione approfondita e nutrita che dette ai vari argomenti collocandone, ognuno, nell'esatta posizione di correlatività con gli altri, il regolamento del 1921 fu un'opera metodica e sistematica, priva della frammentarietà della pubblicazione del 1918. Esso non solo scolpiva norme e suggerimenti, ma stimolava ulteriori ricerche e sviluppi soprattutto sul piano della tecnica dei materiali e delle procedure. Tali stimoli non rimasero senza effetti sul piano degli studi riguardanti il rinnovamento dei pezzi, delle munizioni, dei mezzi di traino e degli strumenti tecnici per la preparazione e l'esecuzione del tiro, ma la serie di motivi già precedentemente ricordati - soprattutto l'incoerenza tra la politica estera e la politica militare di Mussolini e l'incapacità e la superficialità di questi nei riguardi dei problemi militari - provocò la paralisi di ogni realizzazione concreta di rinnovamento dell'artiglieria, fatta eccezione per gli ingegnosi accorgimenti adottati per il miglioramento delle prestazioni di alcune delle bocche da fuoco e delle munizioni in dotazione e per il conferimento di una maggiore mobilità mediante il traino meccanico. Lo stato maggiore dell'esercito non mancò di accompagnare le Norme generali per l'impiego delle grandi unità del 1928 con un programma di rinnovo dell'artiglieria elaborato dai generali Gazzera e Bonzani negli anni 1929-1933, ma ad esso non fu dato l'avvio neppure dopo la nuova dottrina del 1935. Come armamento l'artiglieria continuò ad avere in dotazione il materiale impiegato durante la prima guerra mondiale ed il materiale di preda bellica. Negli anni 1935 e 1936, senza abrogare le Norme del 1921, nel quadro dell'impulso al rinnovamento della dottrina dato dal generale Baistrocchi, lo stato maggiore dell'esercito emanò 3 circolari - 3500 del 21 aprile 193 5 (5), 8000 del 9 agosto 1935 (6) e 68000 del 1O settembre del 1936 (7) - nelle quali il tema dell'impiego dell'artiglieria venne approfondito e sviluppato, sia pure sommariamente, in armonia al contenuto delle Direttive per l'impiego delle grandi unità e delle Norme per il combattimento della divisione alla base delle quali era posto il concetto generale che l'artiglieria doveva essere in grado di poter e saper mano-
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vrare una massa di fuoco concentrata nel tempo e nello spazio avendo presente che il volume di fuoco era in ragione delle munizioni più che dei cannoni. Di massima, secondo la nuova regolamentazione, l'artiglieria doveva, nell'azione offensiva, con un complesso di tiri di spianamento, controbatteria e interdizione: neutralizzare le resistenze attive e passive del nemico come pre-parazione all'avanzata della fanteria (idonee a tale scopo soprattutto le artiglierie a lunga gittata); assicurare successivamente alla fanteria, durante l'avanzata, un appoggio costante e immediato e la protezione nelle soste (compito specifico delle artiglierie divisionali); agire a massa a favore della riserva quando.questa veniva lanciata per la risoluzione della lotta; decentrare batterie alle unità di fanteria, spingendole anche molto avanti, nelle fasi di sfruttamento del successo e dell'inseguimento. Nell'azione difensiva, l'artiglieria doveva: concentrare il suo fuoco contro il bersaglio più importante che continuava ad essere rappresentato dalla fanteria nemica; frustrare la preparazione avversaria con una contropreparazione che ne stroncasse i centri propulsori; eseguire e sviluppare, a protezione delle posizioni difensive (soprattutto della li~ nea di resistenza), una serie di tiri di controbatteria, interdizione, protezione, sbarramento, repressione e ingabbiamento; svolgere con immediatezza e violenza l'azione di appoggio ai contrattacchi. Di massima l'impiego dell'artiglieria doveva essere accentrato, ma in terreni ed in situazioni particolari si poteva ricorrere al decentramento per assicurare una maggiore immediatezza d'intervento. L'impiego si discostava, dunque, alquanto da quello sancito dal regolamento del 1921, ma era visto nel1' aspettazione fiduciosa di un rinnovo imminente dei materiali che avrebbe dovuto accompagnarsi a quello già in atto per la fanteria. La circolare 3500 si limitò a chiarire meglio, nel quadro della nuova normativa, le caratteristiche proprie delle artiglierie dei vari livelli ordinativi, a meglio definire le varie azioni di fuoco ed a fissare i criteri essenziali da seguire nell'ordinamento tattico e negli schieramenti. L' artiglieria per divisione di fanteria doveva essere estremamente mobile, comunque aspro e difficile fosse il terreno e doveva poter penetrare con ·le sue traiettorie ovunque, per cui più che le lunghe gittate - le quali, qualche volta, distaccavano troppo l'artiglieria dalla propria fanteria, con grave pregiudizio per quell'intima cooperazione che richiede contatto quasi materiale - sarebbero occorse molte artiglierie someggiate e molte artiglierie a tiro curoo: i nostri 75/13 e 100/17 rispondono bene; risponderanno meglio i 75/18 motorizzati, trainati e someggiabili. L'artiglieria per divisione motorizzata doveva rispondere alle stesse caratteristiche nei riguardi delle esigenze del tiro, ma doveva essere motorizzata e disporre di trattori leggeri a carreggiate ristrette: il 75/18 motorizzato
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risponde assai bene. L'artiglieria per grande unità alpina doveva essere tutta someggiata con carichi equilibrati e non eccessivamente pesanti: i nostri 75/13 e, anche, i 65/17 rispondono bene perché più che le lunghe gittate, occorre la sicurezza di seguire le truppe alpine ovunque. L' artiglieria per divisione celere doveva essere idonea ad operare ovunque con le divisioni celeri, nelle marce rapide e nel combattimento e perciò doveva essere ippotrainata o motorizzata, assai leggera, mobile, a careggiata ristretta: il 75/18, di recente adozione, risponde bene alle due specialità, il 105/28 motorizzato, con la sua mag,giore gittata, completa l'efficienza di fuoco della divisione celere, sulla quale og,gi l'esercito fa grande assegnamento. L'artiglieria di corpo d'armata doveva essere motorizzata ed idonea, soprattutto, al tiro di controbatteria e capace di massa di fuoco tale da sorprendere e neutralizzare con le lunghe gittate le artiglierie della difesa nemica: i nostri 105/28 - con l'aumento raggiunto di gittata rispondono bene, risponderanno meglio i 149/40, d'annata, di cui s'inizierà presto la costruzione di qualche gruppo. Artiglieria di corpo d'armata erano anche gli obici da 149 che, per la potenza del colpo e, per il nuovo materiale, anche per la mag,giore gittata, sono spiccatamente idonei per la distruzione. L'artiglieria di armata - idonea, soprattutto, all'interdizione lontana ed a rafforzare la controbatteria e lo spianamento - doveva essere tutta motorizzata e composta di obici e mortai di grande gittata o potenza: i nostri 210 mod. 1935, di recente adozione, rispondono in pieno ai requisiti come pure il già citato 149/40, i 152 ed i 305. L'artiglieria del Comando Supremo doveva essere costituita da bocche da fuoco di tutti i calibri e di tutte le specie da assegnare di rinforzo alle grandi unità. L'artiglieria contraerei da posizione e mobile - la prima assegnata alla Dicat per le esigenze della difesa del territorio e la seconda alle grandi unità per la difesa del cielo che sovrasta le truppe operanti - doveva avere i requisiti di grande velocità iniziale, di massima rapidità e precisione di tiro: questi requisiti sono rag,giunti dalle nostre artiglierie motorizzate da 75/46 in costruzione. Quanto all'ordinamento tattico il criterio prevalente restava quello dell'accentramento per realizzare la massa e la manovra del fuoco, senza escludere il ricorso, di frequente necessario per l'appog,gio delle fanterie nell'attacco, al decentramento, peraltro già in atto con l'assegnazione organica di una batteria di accompagnamento per ogni reg,gimento di fanteria. Lo schieramento delle artiglierie doveva essere: avanzato quanto più possibile nell'azione offensiva per facilitare i concentramenti, i collegamenti e la precisione del tiro; arretrato ed orientato verso il bersaglio più pericoloso - la fanteria nemica - nell' azione difensiva. Circa le azioni di fuoco, la circolare 3500, ribadita la distinzione
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tra tiro di distruzione (eliminazione definitiva di un determinato bersaglio) e tiro di neutralizzazione (resa inoffensiva di una determinata resistenza nel tempo e nello spazio necessari per superarla), e messe in rilievo la convenienza di limitare il tiro di distruzione contro le resistenze attive che è indispensabile eliminare definitivamente e quelle passive che la fanteria è costretta ad attraversare nell'attacco, passava a definire le singole azioni di fuoco che erano: lo spianamento (compito delle artiglierie divisionali, quanto più possibile rinforzate da quelle di corpo d'armata e di armata) consistente nella neutralizzazione o distruzione delle resistenze attive e passive già individuate prima dell'attacco e che la fanteria doveva superare nella sua avanzata; l' appoy,io (compito caratteristico dell'artiglieria divisionale, al quale poteva concorrere qualche batteria di corpo d'armata purché il suo intervento non pregiudicasse l'avanzata della fanteria) consistente nella neutralizzazione delle resistenze residue opponentisi all'avanzata della fanteria nella zona immediatamente antistante ad essa; l'accompagnamento (compito delle armi della fanteria e della batteria da 65/17, eventualmente dette armi anticarro e dei carri d'assalto e, anche, dei piccoli calibri divisionali opportunamente postati per tiri obliqui e d'infilata) consistente nella neutralizzazione alle minori distanze delle resistenze sfuggite allo spianamento ed all'appoggio o delle resistenze tra<litrici svelantesi di sorpresa; la protezione (compito delle armi della fanteria con il concorso delle artiglierie della divisione e, anche, di quelle di corpo d'armata) consistente nel garantire la fanteria che si difende o sosta durante l'attacco per prendere fiato o parare un contrattacco; l'arresto (compito delle stesse armi che eseguono l'accompagnamento) consistente nel proteggere - a visione diretta e istantaneamente, alle minori distanze - gli elementi difensivi; la repressione (compito delle artiglierie della divisione con il concorso eventuale di quelle di corpo d'armata) consistente nel colpire il nemico nel momento in cui conquista una posizione e nell'impedirgli di mantenervisi e rafforzarsi; l'interdizione vicina (compito delle artiglierie della divisione con il concorso di quelle di corpo d'armata) consistente nell'impedire l'azione di truppe in sosta od in movimento e nel paralizzare i rifornimenti e l'attività dei comandi nemici più avanzati; l'interdizione lontana (compito delle artiglierie di armata e di corpo d'armata) comprendente le stesse azioni dell'interdizione vicina su truppe, comandi e servizi agenti oltre i limiti dell'interdizione vicina; l'ingabbiamento consistente nell'interdizione su di un determinato bersaglio che viene prima bloccato tra colpi corti e lunghi e poi martellato e annientato con concentramenti; la controbatteria (compito caratteristico delle artiglierie di corpo d'armata rafforzate da quelle d'armata, eventualmente da quelle di divisione) mirante a ral-
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lentare, o spegnere del tutto, il fuoco delle batterie nemiche. La preparazione andava intesa come complesso delle azioni di fuoco - spianamento, controbatteria e interdizione - che l'artiglieria svolgeva prima che la fanteria sferrasse l'attacco ed alla quale partecipavano tutte le artiglierie della grande unità incaricata dell'attacco con il concorso delle artiglierie (extra-territoriali) di altre grandi unità non impegnate in compiti propri. La contropreparazione veniva definita come il complesso delle azioni di fuoco da svolgere per frustrare la preparazione del nemico prima che s'iniziasse l'attacco delle fanterie. Essa prendeva il nome di contropreparazione anticipata quando avesse potuto precedere la preparazione avversaria e stroncarla di sorpresa inibendola prima che s'iniziasse. La circolare 3500 sortì il risultato di un risveglio dal lungo letargo concettuale e creativo dell'impiego dell'artiglieria e di un avvio all'ammodernamento dell'arma. Questo ultimo però nei termini indicati dalla circolare era già molto in ritardo, anzi superato, qualora si tenga presente che, ad esempio, l'artiglieria inglese e quella tedesca si venivano riarmando con bocche da fuoco assai più progredite, potenti, precise, di più lunga gittata e soprattutto più mobili. Basti ricordare il pezzo da 25 libbre dell'artiglieria divisionale inglese - il cosiddetto pezzo da 88 - che per mobilità, gittata, celerità di tiro, maneggevolezza, in altre parole per l'insieme delle qualità balistiche e meccaniche, superava di molte spanne i pezzi da 75 italiani. Le affermazioni della circolare 3500 circa la buona rispondenza delle bocche da fuoco - in distribuzione, modificate e no, di quelle di recente adozione ed anche di quelle in costruzione - ai requisiti necessari al nuovo campo di battaglia si dimostreranno infatti, qualche anno dopo, del tutto prive di riscontro nella realtà bellica. A questa l'esercito italiano non sarà in grado di fare fronte con i 75/27 ed i 100/17 che costituiranno, con poche eccezioni, la massa delle sue artiglierie divisionali. Derivarono, tali affermazioni, da valutazioni tecnico-tattiche superficialmente ottimistiche, da scarsa conoscenza dei progressi artiglieristici che erano stati raggiunti o che erano sul punto di essere perseguiti altrove, dal sentimento consolatorio d'illudersi, dal bisogno d'infondere una certa fiducia negli unici mezzi disponibili che si sapeva non sarebbe stato possibile sostituire in tempi brevi? Quali che siano stati i motivi, forse tutti presi insieme, resta il fatto che quelle artiglierie già nel 1935 davano assai scarso affidamento di poter rispondere ai compiti stabiliti dalla nuova normativa tattica del 1935, la cui validità sostanziale, sia pure con l'introduzione di talune modifiche dei criteri d'impiego, venne riconfermata, l'anno dopo, dalla circolare 68000. Tra gli spunti tattici di attualità - impiego delle avanguardie, im-
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piego delle armi di accompagnamento - la nuova circolare, diramata 4 mesi dopo la vittoriosa conclusione della guerra contro l'Etiopia, incluse il tema delle artiglierie divisionali limitatamente alle questioni del1'appoggio specifico e della manovra del fuoco. Non è vero se non in astratto - affermò la circolare - che l'appoggio specifico di un gruppo per ogni colonna di attacco pregiudica l'impiego unitario dell'artiglieria divisionale, perché qualora si operi con due colonne di attacco (caso normale) restano al comandante la divisione solo due gruppi divisionali per la manovra del fuoco; non è vero che due gruppi soli non consentono manovra di fuoco e non è neppure vero, se non in astratto, che la manovra del fuoco implica preparazione del tiro e padronanza dei gruppi nelle mani di un comandante unico. Può essere vero per le mentalità rigide, per i cosl detti virtuosi dell'impiego tecnico d'artiglieria, per gli artiglieri da tavolino, per quelli che ancora si illudono essere la guerra una cosa comoda e perciò consona alle mentalità pigre: invece tutti debbono orientarsi su criteri nuovi e diversi. Primo dovere dell'artiglieria divisionale è il pronto intervento, con preparazione speditiva istantanea, che realizzi l'immediatezza dell'intervento attraverso una perfetta conoscenza da parte di ogni comandante di artiglieria (dal più elevato a quello di batteria) della situazione contingente ed una ricognizione rapida e sicura del terreno, intesa a garantire l'immediato schieramento delle proprie artiglierie. L'impiego dell'artiglieria divisionale dev'essere unitario, ma unitarietà non intesa nel senso rigido, che pregiudica il migliore impiego della fanteria. La distinzione delle artiglierie divisionali in gruppi di appoggio specifico e gruppi di manovra non deve essere intesa come scissione della massa o netta separazione di compiti; non deve portare a dispersioni di energie; deve rispondere a un çoncetto pratico per assicurare la più intima aderenza al rapido intervento di alcuni gruppi. Tutti i gruppi, di cui una parte orientati ad agire d'iniziativa e prontamente nella zona avanzata, restano sempre alle dipendenze del comandante dell'artiglieria divisionale rendendo così attuabile la manovra del fuoco. Si ha, cioè, un decentramento di fuoco, non di mezzi e per dare maggiore efficienza alla massa e alla manovra del fuoco è dovere di ogni comandante di artiglieria di spendere il tempo in cui si permane sulle stesse posizioni per migliorare la propria preparazione. Non si rinunzia alla massa perché è mancato il tempo per la classica preparazione, ma si ricorre a concentramenti, sia pure volta per volta, i quali non saranno precisi, richiederanno qualche aggiustamento, ma nell'insieme saranno assai più redditizi di un intervento maestoso e preciso dal punto di vista tecnico, ma tardivo e perciò inutile, esoso, dal punto di vista tattico.
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La circolare 68000 decretò cosl di fatto la messa in archivio del regolamento del 1921, d'altra parte già non più aderente alla tattica del 1928 e addirittura in contraddizione in buona parte con quella del 1935. Essa fissò, sia pure per la sola artiglieria divisionale, non senza un qualche ricorso alla retorica d'obbligo del tempo (il decentramento richiede comandanti - cioè uomini di azione - addestrati in questo ambiente di vita nuova, creata da un Regime che ci trascina tutti verso il movimento) una nuova sequenza di criteri d'impiego dell'arma che l'anno dopo vennero ampliati e sviluppati in una nuova pubblicazione ufficiale, Addestramento dell'artiglieria Voi. III. Impiego e addestramento tattico. Parte I. L'artiglieria nel combattimento (8), che abrogò definitivamente le Norme del 1921. Di tali criteri i principali furono: unità d'azione anche nell'ambito dell'artiglieria divisionale; nessuno schema, nessun rigidismo, nessun dosamento fisso nell'impiego dell'arma; nessuna separazione netta, precisa di compiti; elasticità d'impiego sempre aderente a quello della fanteria e in relazione alle contingenze della lotta. La circolare condannò e bandl il virtuosismo, ogni esibizione non richiesta e non necessaria di tecnicismo, di perfezionismo artiglieristico e di teoresi balistica, ma l'elevazione degli aspetti tattici e pratici dell'impiego dell'artiglieria a dogma artiglieresco - come Io definl la circolare stessa - non volle significare l'invito ad obliare le regole scientifiche e tecniche della preparazione del tiro e della esecuzione del fuoco. Anzi, a cavallo del 1936, vennero preparate e diramate parecchie istruzioni di carattere tecnico per l'impiego specificatamente artiglieristico delle varie bocche da fuoco. L'Istruzione sul tiro per l'artiglieria del 1924 venne sostituita dall'edizione in 3 volumi del 1932; vennero rielaborate, tra le altre, le pubblicazioni riguardanti l'Addestramento formale dei reparti (1939), Il seroiziu del pezzo (1934), il Seroizio osseroazione (1935), le Norme per il buon funzionamento delle artiglierie e delle munizioni (193 7), il Regolamento sul servizio del materiale d'artiglieria (1938), il Manuale pratico di tiro ad uso degli uHiciali di completamento d'artiglieria divisionale (1938) (9), nonché altri regolamenti riguardanti i vari materiali e le varie specialità d'arma già precedentemente ricordati (10).
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L'Impiego e addestramento tattico del 1937 derivò dalle Norme per il combattimento della divisione del 1936 e dalle Direttive d'impiego delle grandi unità del 1935. Le poche disposizioni ·che si discostavano da tali
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regolamenti derivavano dalle circolari 3500 e 68000 e dal fatto che proprio nel 19 3 7 si stava dando inizio alla trasformazione della divisione ternaria in quella binaria e che il generale Pariani era già intimamente convinto della nuova soluzione tattica e ordinativa e fermamente deciso ad attuarla. Il nuovo regolamento comprese un insieme di fotosequenze, molte ripetitrici di concetti, criteri, procedimenti, definizioni e procedure già contenuti nelle pubblicazioni precedenti e ancora attuali, alcune, poche peraltro, nuove e diverse o sostitutive di modalità superate. Il compito dell'artiglieria nel combattimento resta la cooperazione con la fanteria: l'artiglieria vale in quanto coopera al successo della fanteria; il fuoco vale solo se giunge nel luogo, nel tempo e nella misura necessaria; i suoi effetti sono materiali e morali ed i primi sono in funzione del grado di aggiustatezza del tiro, del numero dei colpi e dell'efficacia del colpo singolo, i secondi degli stessi elementi e in più della sorpresa, della tempestività e della violenza; il fuoco efficace richiede un'organizzazione complessa e perciò tempo, ma la guerra di rapida decisione può imporre spesso di agire prima della messa a punto dell'organizzazione e, conseguentemente, la tempestività dell'entrata in azione prevale sulla completezza dell'organizzazione che può essere migliorata azione durante; la manovra del fuoco è prima di tutto manovra delle traiettorie e, solo quando questa diventa impossibile, è manovra del materiale da effettuare sempre in intima aderenza alla situazione tattica; il fuoco è consumo di munizioni e questo, stanti le difficoltà dei rifornimenti, deve essere molto oculato. Il fuoco può prefiggersi la distruzione, meno frequente nella guerra di rapida decisione, o la neutralizzazione che deve essere tempestiva ed improvvisa anche a scapito dell'esattezza: scopo precipuo da raggiungere è di aver subito effetti morali e materiali sull'obiettivo ; nel fuoco di neùtralizzazione è sempre conveniente tendere verso l'entità maggiore e la durata minore (concentramento di più batterie); la neutralizzazione è attuata da tutte le bocche da fuoco (calibri minori e maggiori) e può richiedere più riprese di fuoco sullo stesso obiettivo. Le azioni di fuoco, e le artiglierie incaricate di compierle nell'azione offensiva, sono: l'accompagnamento proprio dell'artiglieria del reggimento di fanteria, l'appog,gio (spianamento, interdizione vicina, eventuale controbatteria) proprio delle artiglierie della divisione, la controbatteria (spianamento: concorso o rinforzo all'artiglieria divisionale; appoggio: concorso o rinforzo ali' artiglieria divisionale; interdizione lontana: eventuale concorso all' artiglieria di armata) propria dell'artiglieria di corpo d'armata; l'interdizione lontana (controbatteria: rinforzo all'artiglieria di corpo d'armata; spianamento: eventuale rinforzo all'artiglieria divisionale) propria delle
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artiglierie di armata. Nell'azione difensiva sono: l'arresto proprio delle artiglierie del reggimento di fanteria, l'interdizione vicina (sbarramento, repressione, eventuale controbatteria) propria delle artiglierie della divisione, l'interdizione vicina (concorso o rinforzo alle artiglierie divisionali) e la controbatteria (repressione: concorso o rinforzo alle artiglierie divisionali; interdizione lontana: eventuale concorso all'artiglieria di armata) proprie delle artiglierie di corpo d'armata, l'interdizione lontana (controbatteria: rinforzo all'artiglieria di corpo d'armata; repressione: eventuale concorso alle artiglierie divisionali) propria dell'artiglieria di armata. Le azioni complesse di fuoco sono la preparazione (spianamento, controbatteria, interdizione) e la contropreparazione (controbatteria e interdizione). L'organizzazione del fuoco ha lo scopo di assicurare l'intervento tempestivo, preciso e potente dell'artiglieria; è facilitata mediante l'assegnazione ad ogni unità di artiglieria di un settore di azione normale e di uno o più settori di azione eventuale; comprende la preparazione del tiro, l'osservazione, le trasmissioni. Caratteristiche della preparazione del tiro sono la prDgressività dell'osservazione, la continuità e la completezza delle trasmissioni, la sicurezza, l'immediatezza e la molteplicità di mezzi, il collegamento spirituale che impone ad ogni comandante di artiglieria di essere sempre al corrente della situazione per poLer agire d'iniziativa quando .venga meno il collegamento materiale. Il rifornimento delle munizioni condiziona il volume di fuoco; può influire sulla quantità di artiglierie da far partecipare ad una data azione; nella guerra di rapida decisione acquista un'importanza decisiva perché il problema dell'artiglieria è essenzialmente problema di munizioni; esige la massima economia, che si ottiene attraverso un fuoco disciplinato, aggiustato e svolto a ragion veduta. Le unità di artiglieria muovono in relazione alla loro velocità di marcia; le unità someggiate ed ippotrainate possono marciare con la velocità delle fanterie; le unità motorizzate muovono a sbalzi in coda alle unità di fanteria; i reparti munizioni-viveri seguono direttamente le batterie del gruppo (talvolta può convenire di far marciare tutto o parte del reparto munizioni-viveri in coda alla colonna, purché sia sempre garantito il rifornimento delle munizioni di cui disponevano). La sicurezza del movimento, sempre molto vulnerabile, è garantita dalle offese aeree mediante l'organizzazione messa in opera dal comando della grande unità e da quelle terrestri mediante le mitragliatrici e i piccoli calibri delle unità di artiglieria, indipendentemente dalla scorta che può essere loro assegnata. L'ordinamento tattico delle unità di artiglieria deve rispondere al1'esigenza di assegnare, per ciascuno dei compiti, nuclei di bocche da fuoco di specie appropriata e deve tendere all'unico scopo di cooperare nel mo-
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do migliore al successo della fanteria. Ciò vale per le artiglierie organiche, per quelle in rinforzo, cioè in assegnazione temporanea che può essere fatta con limitazioni di tempo e di impiego, e per quelle in concorso, che è assegnazione temporanea solo di fuoco data alle grandi unità superiori, inferiori, laterali. Nel raggruppare ed articolare le artiglierie organiche e in rinforzo occorre far corrispondere la comunanza di dipendenze alla comunanza di compiti, conservare quanto più possibile le dipendenze organiche, evitare la costituzione di comandi intermedi e improvvisati, ricorrendo ai sottoraggruppamenti solo quando sia imposto da materiali difficoltà di comandabilità o d'impiego. Il comandante del1' armata stabilisce il rinforzo e l'entità, le modalità e le zone del concorso; il comandante dell'artiglieria dell'armata esegue gli ordini riguardanti i rinforzi ed i concorsi, organizza e conduce l'interdizione lontana, precisa i limiti tra interdizione lontana e vicina ed eventualmente organizza la controbatteria; il comandante del corpo d'armata rinforza le divisioni con le proprie artiglierie e stabilisce il concorso di fuoco che può dare loro; il comandante di artiglieria del corpo d'armata esegue gli ordini ricevuti per il rinforzo ed il concorso, organizza e conduce la controbatteria e, se incaricato della interdizione lontana, precisa i limiti fra questa e l'interdizione vicina; il comandante della divisione fissa i compiti e ripartisce la massa; il comandante dell'artiglieria divisionale organizza ed attua le azioni di fuoco che si svolgono nell'ambito della divisione impiegando il fuoco con criterio unitario e perciò, sempre che possibile, mantiene le batterie accentrate (accentramento che va considerato come possibilità di avere disponibile al momento opportuno tutta la massa). L'artiglieria divisionale, quando accentrata, è ripartita, secondo i compiti, in due distinte aliquote: gruppi in appoggio specifico o a difesa dei settori e gruppi massa di manovra, ferma restando la piena disponibilità del fuoco di detti gruppi da parte del comandante della divisione. Anche i gruppi massa di manovra possono essere orientati sulle più probabili azioni di fuoco che ciascuno di essi può essere chiamato a svolgere e, fermo il principio fondamentale che tutti devono normalmente battere l'intero fronte divisionale, può essere opportuna la ripartizione fra essi del terreno di azione in settori normali ed eventuali coincidenti con i settori di attacco o comprendenti le direzioni di movimento delle colonne ovvero coincidenti con i settori difensivi dei battaglioni in primo scaglione. Non si deve esitare a decentrare quando l'accentramento ostacoli la cooperazione con la fanteria (colonne che agiscono lungo direzioni eccentriche, terreni coperti e compartimentati, particolari fasi del combattimento, montagna o boschi). Per assicurare i migliori risultati della lotta sono indispensabili la cooperazione tra le unità di artiglieria (visione
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dello scopo comune, cameratismo, uniformità di addestramento, collegamenti con le unità vicine), la cooperazione con le altre armi (conoscenza reciproca del1e rispettive esigenze e possibilità e assiduità dell'addestramento in comune), la cooperazione tra fanteria e artiglieria che si esercita più direttamente nell'ambito della divisione e che si esplica da parte della fanteria con lo sfruttamento immediato di tale dominio. La cooperazione è unità di volontà ed armonia di azione: unità di criteri di addestramento; continuità del collegamento spirituale; coesistenza dei posti comando; sicurezza dei collegamenti fra le unità cooperanti; distacco di pattuglie presso i comandanti delle colonne o dei settori difensivi; chiarezza e precisione del1e intese; interventi d'iniziativa quando la situazione lo richieda. Fante ed artigliere debbono armonicamente concertare le intese: il primo rendendo nota la sua azione ed il secondo facendo conoscere le sue possibilità; entrambi servendosi, finché possibile, dello stesso osservatorio che presuppone la coesistenza dei posti comando, possibile quando da questi il comandante di artiglieria possa vedere bene il te"eno d'azione e mantenere sicuri collegamenti con la propria unità e con il comando superiore dell'arma. Quando i posti comando non possono coincidere, il col1egamento è assicurato a mezzo delle pattuglie di artiglieria che trasmettonQ al proprio comandante le notizie sulla situazione e sull'azione della fanteria nonché le richieste d'intervento, e tengono al corrente la fanteria sulle azioni dell'artiglieria e sulle possibilità d'intervento in relazione alle richieste. Lo schieramento delle artiglierie deve rispondere al concetto d'impiego del fuoco stabililo dal comandante, permettere l'adempimento del compito assegnato ali' artiglieria, assicurare la continuità e l'aderenza della cooperazione con la fanteria, evitare, o almeno ridurre, gli spostamenti che danneggiano la continuità dell'azione. È il comandante del1a grande unità che indica, nelle linee generali, i limiti della zona di schieramento, mentre il comandante di artiglieria ripartisce tali zone tra i gruppi ed il comandante di gruppo fissa le zone di postazione delle batterie. Nelle azioni che si svolgono con ritmo celere lo schieramento delle artiglierie divisionali si effettua progressivamente, ma meno sistematicamente di quando le azioni non si svolgono con tale ritmo, di quando cioè lo schieramento delle artiglierie delle grandi unità superiori viene tempestivamente precisato e comunicato all'artiglieria divisionale in modo da evitare sovrapposizioni e addensamenti. Lo schieramento non deve essere di facile neutralizzazione da parte della controbatteria e dell'aviazione nemiche (defilamento alla vista, mascheramento all'osservazione, occultamento all'osservazione aerea, sfruttamento del ter.reno, esecuzione di lavori di adattamento e di potenziamento delle
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postazioni, difesa contraerea, vicina e anticarro, approntamento di false batterie e di posizioni multiple, pezzi vaganti, ecc.). L'impiego dell'artiglieria della divisione di fanteria nell'azione offensiva è stabilito dal comandante della divisione_ Nella marcia al nemico lo scaglione di sicurezza è di norma rinforzato da pezzi controcarro e dalla batteria reggimentale che marcia in coda al grosso dell' avanguardia, in condizioni di rapidissima e quasi istantanea entrata in azione in caso di improvviso attacco di elementi celeri motorizzati; può essere anche dotato di altra artiglieria che marcia in coda al grosso dell'avanguardia, dopo la batteria reggimentale, o può godere dell'appoggio specifico di uno dei gruppi della colonna, in genere il più avanzato. Quando la divisione entra nel rag,gio di azione del grosso nemico, il suo comandante stabilisce per l'artiglieria se ed in quale misura deve essere decentrata alle colonne, dove e quando deve schierarsi e quali azioni deve svolgere. Nell'avvicinamento: l'artiglieria deve attuare un dispositivo che la metta nelle migliori condizioni per appoggiare l'attacco; i gruppi muovono con le colonne o per itinerari indipendenti, seguendo il movimento della fanteria o avanzando a sbalzi, e in qualche caso addirittura si schierano pur di essere in grado di entrare rapidamente in azione; il coordinamento tra le due armi,, in situazioni oscure e terreni difficili, avviene su prestabilite linee di riferimento e di attestamento. Nel seroizio di sicurezza in stazione: aliquote di artiglieria possono essere incaricate di rinforzare lo scaglione di sicurezza per l'interdizione sulle più probabili provenienze del nemico, per lo sbarramento davanti alla posizione del grosso dello scaglione ed eventualmente per l' azione controcarro. Secondo che l'attacco segua immediatamente l'avvicinamento o s'inizi dopo una sosta che ne abbia consentito la preparazione, l'artiglieria: nel primo caso continua l'azione svolta durante l' avvicinamento con i gruppi in appoggio specifico che regolano il movimento su quello dei battaglioni in primo scaglione e con i rimanenti gruppi gravitanti verso la testa delle colonne e in grado di schierarsi prontamente; nel secondo caso perfeziona lo schieramento e lo completa con le artiglierie eventualmente in rinforzo, procede all'organizzazione del fuoco gravitando con comandi ed osservatori il più avanti possibile, assicura l'interdizione vicina e lo sbarramento durante la sosta e cura il rifornimento delle munizioni. Anche lo schieramento deve essere il più avanzato possibile, consentire il concentramento della maggiore quantità di fuoco su tutto il settore di attacco della divisione o quanto meno su quello dove si svolge lo sforzo principale, favorire l'occultamento senza pregiudicare l'efficienza del fuoco, facilitare il rifornimento delle munizioni. La preparazione di artiglieria è fissata quanto ad inizio, durata, entità, diret-
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tive generali dai comandi superiori a quello di divisione, normalmente da quelli di corpo d'armata. La durata e l'entità dipendono essenzialmente dalla situazione tattica; nel caso di urto fra avversari in movimento si riducono a rapidi concentramenti che si trasformano subito in appoggio; nel caso di attacco contro posizione saldamente organizzata richiedono la messa in opera di mezzi urgenti, di una organizzazione complessa e di una esecuzione prolungata. Fra questi due estremi la preparazione può assumere importanza e complessità variabili caso per caso. In ogni caso sull'organizzazione e sulla durata influiscono gli obiettivi e, in particolare, le distruzioni da compiere (apertura dei varchi) e i mezzi a disposizione. La durata deve essere la minima indispensabile per non frustrare la sorpresa. La preparazione deve essere preceduta da ricognizioni aeree e terrestri; organizzata e condotta in modo da sfruttare al massimo l'effetto materiale e morale della massa del fuoco; può essere estesa, per ingannare il nemico, su di un settore maggiore di quello d'attacco; può comprendere attacchi simulati allungando il tiro delle artiglierie incaricate della apertura dei varchi ed iniziando l'appoggio, per riportare le masse di fuoco improvvisamente, colla massima violenza, sugli elementi nemici che si saranno scoperti. Compito di tutta l'artiglieria nell'attacco è l'appogj!,io alle fanterie: appoggio che si attua generalmente per concentramenti di gruppo o di più gruppi, ma talora anche con interoento di singole batterie su obiettivi prestabiliti prima dell'azione o svelatisi durante l'attacco. Durante l'attacco l'azione dell'artiglieria si svolge secondo gli ordini del comandante della divisione ed è in questa fase che risulta più evidente il compito dell'artiglieria nella battaglia: assicurare l'avanzata della fanteria. Durante l'attacco tutto si sposta: si sposta il fuoco della massa di manovra per rinforzare ed estendere l'appoggio ad una data colonna; si sposta, o può spostarsi, il fuoco dei gruppi di appoggio specifico a fa. vore di altra colonna; si spostano gli osservatori; si spostano, a scaglioni di gruppo o di batterie, le stesse artiglierie. Nel completamento e sfruttamento del successo: l'artiglieria agisce in un primo tempo con la massa del fuoco delle batterie in posizione per concorrere, con poderosi immediati concentramenti, allo sfacelo del nemico, mentre in un secondo tempo agisce per unità decentrate alla fanteria, spinte molto avanti, ben dotate di munizioni, orientate alla massima iniziativa, a grande rapidità di movimento, allo sfruttamento delle massime gittate ed a colpire punti di obbligato passaggio, strade, ecc., inseguendo e battendo senza posa, e ovunque, il nemico in ritirata. La rimanente massa di artiglieria si tiene pronta a seguire il movimento quando dalla posizione che occupa non può più agire con tiro efficace.
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L'impiego dell'artiglieria della divisione di fanteria nell'azione difensiva risponde al criterio dell'accentramento ed è regolato dal comandante della divisione che precisa, nelle linee generali, le azioni di fucoo da svolgere nei vari settori della difesa ed i tratti più importanti da vigilare e sbarrare_ Il comandante dell'artiglieria della divisione concreta ed attua lo schieramento in modo da assicurare l'efficacia e la continuità del fuoco avanti alla linea di sicurezza, nell'interno di tale zona, e nella posizione di resistenza ma essenzialmente davanti ai tratti più sensibili della posizione di resistenza stessa_ Tutte le batterie devono essere in grado di eseguire lo sbarramento davanti alla linea di resistenza. Lo schieramento deve, perciò, essere profondo e tale da sottrarlo per quanto possibile alla controbatteria, da ostacolare la propria individuazione, da rendere dispendiosa e lenta la controbatteria nemica, da sottrarlo appena possibile al tiro nemico (posizioni multiple e possibilmente organizzate). Ai gruppi a difesa dei settori ed a quelli massa di manovra vengono precisati i compiti ed i settori normali ed eventuali, possibilmente coincidenti con i corrispondenti settori dei battaglioni o dei reggimenti di fanteria. L'organizzazione del fuoco deve consentire il massimo rendimento della manovra per logorare il nemico ed impedirgli di penetrare nella posizione di resistenza, per stroncare ogni suo progresso qualora riuscisse a penetrarvi, per favorire il contrattacco. Tale organizzazione spetta al comandante dell'artiglieria divisionale in base alle direttive del comandante della divisione. La preparazione del tiro avrà quel ma?,?,iore sviluppo e perfezione che il tempo ed i mezzi consentiranno di ra?,?,iungere. La sistemazione del terreno deve essere progressiva e i lavori di rafforzamento devono procedere di pari passo con quelli di mascheramento secondo un ordine di priorità che tenda via via ad aumentare le possibilità di fuoco e di osservazione, migliorare le postazioni, facilitare i rifornimenti, garantire la sicurezza delle munizioni, proteggere dall'azione dei gas, costituire riparo e ristoro al personale. La contropreparazione - che fa seguito all' azione d'interdizione lontana e vicina effettuata per logorare e rallentare il nemico durante l'avvicinamento e l'eventuale sosta prima dell'attacco - può avere effetti decisivi quando riesca a colpire il nemico nei punti e nei momenti decisivi. Essa è ordinata, di massima, dal comando di armata che ne fissa inizio, sviluppo e ritmo; è organizzata e diretta dai comandi di artiglieria di corpo d'armata e di divisione che fissano gli obiettivi da battere, tra i quali sono preminenti le truppe di attacco e le batterie più dannose per le fanterie della difesa. La resistenza è la combinazione delle azioni coordinate di fuoco di fanteria e di artiglieria. Le artiglierie divisionali convergono il fuoco sulle fanterie nemiche eJ iu
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modo speciale sugli elementi più avanzati; le rimanenti artiglierie continuano la controbatteria strettamente indispensabile ed estendono in profondità l'azione delle artiglierie divisionali. Nel contrattacco l'artiglieria agisce a massa mediante la repressione che si converte in appoggio nel momento in cui s'inizia il contrattacco. Durante la difesa può accadere che non giungano richieste di fuoco quando questo sia necessario: l' artiglieria ha l'obbligo di agire di iniziativa, in base alle segnalazioni dei suoi osservatori, ed alle informazioni che deve procurarsi.
L'artiglieria è cioè sempre responsabile di un mancato intervento. Nel combattimento temporeggiante le aliquote di artiglieria assegnate agli scaglioni che si avvicendano nella resistenza e nel ripiegamento operano nell'occup?lzione a difesa delle successive posizioni, da uno schieramento avanzato, per rallentare e disorganizzare l'avanzata nemica fin dalle maggiori distanze. Nel ripiegamento l'artiglieria agisce con modalità diverse secondo che questo si effettui di iniziativa e fuori della pressione del nemico o si sviluppi sotto tale pressione. Nel primo caso, l'artiglieria che rinforza la retroguardia, occupa, se possibile in precedenza e di giorno, una posizione prestabilita per resistere e proteggere il ripiegamento fino a quando non riceva anch'essa l'ordine di ripiegare; le rimanenti artiglierie o seguono il movimento delle varie colonne ripieganti o si spostano direttamente nella nuova zona di schieramento. Nel secondo caso le artiglierie assegnate allo scaglione di forze che ha il compito di proteggere la rottura del contatto e di assumere poi le funzioni di retroguardia cooperano all'azione di tale scaglione battendo
senza posa la fanteria attaccante per ritardarne il più possibile l'avanzata e, se necessario, prendono posizione allo scoperto per agire con maggiore rapidità a puntamento diretto. L'artiglieria si ritira solo per ordine del comandante dello scaglione; altrimenti combatte in posto fino all' estremo, anche dopo esaurite le munizioni dei pezzi, con le mitragliatrici, i moschetti, le bombe a mano. È in questi momenti che si palesano le virtù dell'Arma e si confermano le sue gloriose tradizioni. L'artiglieria della divisione di 2° schiera può essere impiegata, nel1' azione offensiva, quale rinforzo dell'artiglieria della divisione di prima schiera quando si è sicuri che la divisione di seconda schiera sarà chiamata ad operare nella stessa direzione nella quale vengono orientate le sue artiglierie. Tale impiego non infirma il principio della inscindibilità della divisione in quanto esso è soggetto ai vincoli posti dal comandante del corpo d'armata circa i compiti, lo schieramento ed il consumo delle munizioni. Quando invece il settore d'impiego della divisione di seconda schiera non sia definibile a priori, l'artiglieria della divisione entra in aziom: con il resto della grande unità, favorita dalla possibilità di uti-
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lizzare Ja preparazione del tiro e, almeno inizialmente, gli osservatori delle artiglierie della divisione scavalcata o di quelle fra le quali la divisione di seconda schiera deve inserirsi. Nella difensiva l'impiego dell'artiglieria della divisione di seconda schiera è informato ai criteri generali tenendo presente l'aiuto che può avere dai reparti già in linea. L'artiglieria della divisione alpina è soggetta a condizioni d'impiego particolari: decentramento frequente di gruppi e anche di batterie alle varie colonne o settori della divisione; scelta di posizioni laterali per battere con tiro obliquo le zone antistanti le truppe; necessità tavolta di posizioni in cresta specialmente negli schieramenti avanzati; eventuale frazionamento della batteria fino all'impiego eccezionale del pezzo isolato, quando la posizione non consenta il postamento di tutti i pezzi ed ostacoli la manovra del fuoco. L'organizzazione dell'osservazione terrestre è, di massima, favorita dai numerosi osservatori naturali offerti dal terreno montano; l'organizzazione delle trasmissioni deve necessariamente basarsi, specie in primo tempo, sui mezzi radio e sulle trasmissioni ottiche; la difesa vicina, stanti le grandi possibilità di essere sorpresi, deve essere particolarmente curata; il rifornimento delle munizioni, difficile e lento, impone parsimonia dei consumi (tiri limitati agli obiettivi di maggiore importanza e bene accertati, eseguiti con osservazione terrestre o con dati di grande approssimazione). Nell'azione offensiva è necessario che: le batterie siano addestrate a superare qualsiasi difficoltà ed a seguire la fanteria alpina ovunque; i] posto delle artiglierie nel dispositivo di marcia e le modalità di movimento delle artiglierie siano fissati con la massima oculatezza, stanti la scarsezza delle comunicazioni e la discontinuità delle zone atte allo schieramento; l'attività di ricognizione sia iniziata per tempo per le ricognizioni particolareggiate, i lavori occorrenti, le predisposizioni per gli schieramenti; l'azione delle artiglierie nel completamento e nello sfruttamento del successo si esplichi soprattutto con grandi concentramenti di fuoco in modo da infliggere al nemico perdite, disorganizzarlo, precludergli ogni via di scampo. Nella difensiva l'artiglieria è spesso decentrata per svolgere i compiti d'interdizione e di sbarramento davanti ai tratti più vulnerabili e di più facile accesso della posizione di resistenza, tenendo presente che l'interdizion~ vicina può riuscire di particolare efficacia per i passaggi obbligati e la lentezza dei movimenti imposti al nemico dal terreno. L'artiglieria della divisione celere è costituita normalmente da batterie di piccolo calibro motorizzate ed a cavallo; eventualmente può essere rinforzata da gruppi di medio calibro; muove con il grosso oppure per unità assegnate ai distaccamenti o alle colonne; è protetta, quando deve muovere fuori della copertura delle truppe con le quali coopera,
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da adeguati reparti di scorta; prende posizione con grande sollecitudine e non esita a farlo anche allo scoperto pur di poter agire con la massima celerità, anche a puntamento diretto; sviluppa azioni di fuoco rapide e di sorpresa, ad iniziativa dei comandanti, contro obiettivi accertati, approfittando delle occasioni quasi sempre fuggevoli; basa l'iniziativa sul1' osservazione diretta, sul completo orientamento circa la situazione ed il compito e sul perfetto affiatamento con le unità con le quali coopera; organizza il fuoco speditamente con l'ausilio delle carte topografiche di cui dispone; impianta un'organizzazione dell'osservazione e dei collegamenti semplice e rapida, utilizzando per le trasmissioni specialmente i mezzi radiofonici; commisura oculatamente l'impiego del fuoco al munizionamento disponibile; quando operi riunita, debba attaccare o difendersi su fronte di ampiezza limitata ed abbia disponibilità di tempo, attua la preparazione del tiro secondo le normali procedure. L'artiglieria della divisione motorizzata è a traino meccanico e viene impiegata con gli stessi criteri di quella della divisione di fanteria, tenendo presenti l'importanza che per essa assume la disciplina di marcia e le difficoltà che essa incontra nella scelta delle posizioni le quali, cli massima, non possono essere che nelle vicinanze delle strade per facilità di occupazione e di abbandono e per non ostacolare e rendere difficile i rifornimenti. L'artiglieria di corpo d'armata consta organicamente di artiglierie di corpo d'armata propriamente dette (cannoni di medio calibro per la controbatteria e l'interdizione e obici di medio calibro per la controbatteria e lo spianamento), di artiglierie suppletive (piccolo calibro a traino meccanico), di artiglierie contraerei; può essere rinforzata da aliquote di artiglierie d'armata; ha i compiti di controbatteria e d'interdizione lontana (eventuale); può dare rinforzo o concorso di fuoco alle artiglierie divisionali e solo concorso ai corpi di armata laterali; dipende dal comandante dell'artiglieria del corpo d'armata, il quale dispone normalmente anche di una compagnia osservatori, una sezione topografi, una sezione aerologica, mezzi aerostatici e mezzi messi a disposizione del comandante del corpo d'armata, eventualmente di una sezione fonotelemetristi assegnata dal comando artiglieria d'armata. Ne/l'offensiva il comandante dell'artiglieria del corpo d'armata deve: prima e durante la marcia al nemico, assegnare i rinforzi alle divisioni, spingere eventualmente avanti con le divisioni di prima schiera batterie a lunga gittata, regolare il movimento delle artiglierie rimaste alle proprie dipendenze, disporre l'impiego delle artiglierie contraerei, far eseguire le ricognizioni relative allo schieramento degli osservatori e dei gruppi dipendenti, dare disposizioni per l'impiego dei reparti speciali; prima e durante l'a-
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zione, emanare gli ordini per lo schieramento, organizzare e far funzionare la controbatteria e eventualmente l'interdizione lontana, organizzare ed effettuare la preparazione di artiglieria, concedere concorsi di fuoco, richiedere eventualmente il concorso alle artiglierie dell'armata o dei corpi d'armata laterali, predisporre appoggi reciproci tra le artiglierie delle divisioni di prima schiera, provvedere al rifornimento delle munizioni; delineatosi il successo, spingere avanti, decentrandole di norma alle divisioni, batterie o gruppi a lunga gittata, provvedere con concentramenti di fuoco delle rimanenti artiglierie a battere il nemico fino al limite delle gittate. Nella difensiva le attribuzioni sono di ordine analogo e, in particolare, competono al comandante dell'artiglieria del corpo d'armata l'impegno di battere a lunga gittata da posizioni avanzate e l'organizzazione della contropreparazione quando non accentrata al1' armata. L'elemento essenziale di cooperazione dell'artiglieria di corpo d'armata è la controbatteria in quanto rivolta contro l'artiglieria nemica che è l'ostacolo più pregiudizievole fin dalle maggiori distanze all' avanzata della fanteria. La controbatteria è diretta contro le batterie nemiche attive ed individuate per neutralizzarle ed eventualmente distruggerle; si svolge per concentramenti di gruppo o di più gruppi; è organizzata, diretta ed attuata dal comandante dell'artiglieria del corpo d 'armata mediante l'assegnazione dei mezzi, la precisazione dell'ordinamento e delle dipendenze, la ripartizione dei settori d'azione dei singoli gruppi, la guida e la graduazione dello svolgimento. Ad essa possono concorrere le artiglierie divisionali (essenzialmente i gruppi massa di manovra). Alle dipendenze del comandante dell'artiglieria del corpo d'armata agisce, come comandante della controbatteria, un comandante di raggruppamento il quale assegna gli obiettivi, ordina ai singoli gruppi le azioni più appropriate, organizza un centro raccolta notizie che raccoglie ed integra i dati provenienti dalle diverse fonti informative, studia ed interpreta le fotografie aeree, elenca le batterie nemiche e ne indica il calibro, la posizione, l' attività e le azioni di fuoco svolte su di esse in modo da fornire in qualsiasi momento il quadro esatto della situazione che deve servire di base per tutta l'azione di controbatteria. L'efficacia di questa dipende, comunque, dallo schieramento, dall'organizzazione del fuoco e dalla disponibilità delle munizioni. Le artiglierie assegnate organicamente all'armata sono: le artiglierie di medio calibro di gittata rilevante, alcune capaci di entrare in azione in tempo relativamente breve; le artiglierie di grosso calibro, pesanti e sufficientemente mobili, che richiedono di norma molto tempo per l' entrata in azione; le artiglierie contraerei. Le ampie fronti della guerra di
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rapida decisione obbligano sovente al decentramento e, perciò, quelle di non grande gittata vengono normalmente assegnate ai corpi d'armata dipendenti, quelle di maggiore gittata sono tenute di massima alle dirette dipendenze per l'interdizione lontana e la controbatteria, quelle di maggiore potenza sono impiegate per battere obiettivi di speciale importanza e consistenza, quelle contraerei provvedono alla difesa dell'apparato logistico compreso nella zona di giurisdizione dell'armata ed eventualmente completano l'azione di quelle dei corpi d'armata e della difesa territoriale. Il comando dell'artiglieria d'armata dispone di una compagnia osservatori, di una sezione aerologica, di mezzi aerostatici ed aerei messi a disposizione dal comandante dell'armata e di una o più sezioni fonotelemetristi. Il comandante dell'artiglieria dell'armata assegna i rinforzi, provvede J movimento, allo schieramento ed all'ordinamento delle artiglierie direttamente dipendenti, cura l'organizzazione dell'osservazione e l'impiego dei mezzi per l'osservazione aerea e terrestre, sovrintende alla organizzazione ed alla esecuzione della interdizione lontana, in caso di sosta prolungata su terreni favorevoli e di fronti ristrette assume l' organizzazione della controbatteria lasciandone tuttavia l'esecuzione ai corpi d 'armata, impiega le artiglierie contraerei direttamente dipendenti, coordina le azioni delle artiglierie dei corpi d'armata dipendenti (saldatura delle azioni di fuoco nelle zone di contatto dei corpi d'armata), stabilisce il concorso di fuoco, segue i consumi e si mantiene collegato con l'intendenza di armata, concorre, in stretta cooperazione con l'ufficio informazioni e col reparto topocartografico, alla compilazione ed all' aggiornamento dei documenti sull'organizzazione e sull' attività nemica. Compito principale dell'artiglieria d'armata è l'interdizione lontana, i cui obiettivi sono le colonne in movimento, le sedi di comando, le località particolarmente importanti per il movimento ed il rifornimento dell'avversario, ecc. •J tiri contro le colonne in movimento vanno eseguiti preferibilmente d'infilata, a ragion veduta, con raffiche di fuoco improvvise, potenti, saltuarie, escludendo i tiri sistematici salvo il caso di accertato intenso traffico notturno. All'interdizione lontana concorre con azioni di bombardamento l'aviazione. L'artiglieria deve agevolare il movimento dei propri carri nell'attacco e nel contrattacco ed ostacolare quello dei carri avversari. L ' attacco di una massa dei carri è appoggiato non solo dall'artiglieria organica assegnata in proprio alle unità carriste, ma anche dalle altre artiglierie schierate nella zona secondo tempestivi accordi tra i comandanti della massa dei carri, delle unità di fanteria e delle artiglierie che operano con
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i carri, ed anche con il comandante dell'aviazione quando l'attacco si svolge in concorso con un attacco aereo. Lo schieramento dell'artiglieria deve avere carattere arditamente offensivo anche a costo di modificare quello preesistente (batterie spinte su posizioni che consentano il puntamento diretto contro le armi controcarro). Costante collegamento tra il comandante dell'artiglieria ed i comandanti di artiglieria non appena per un motivo qualunque tale collegamento venga meno, continuità dell'osservazione terrestre fino al raggiungimento dell'obiettivo con pattuglie O.C. che seguono il movimento dei carri, riduzione dello scambio di comunicazioni a segnalazioni semplici ed inequivocabili precedentemente concordate: sono requisiti irrinunciabili più che mai nel combattimento in cooperazione con le unità carriste. La preparazione deve tendere a neutralizzare (o distruggere) armi e batterie controcarro e campi di mine ed a spianare le resistenze passive consistenti non superabili con la propria azione. In caso di ricerca della sorpresa assoluta, realizzabile contro un'organizzazione difensiva con difese controcarro scarsamente sviluppate, la preparazione può mancare ed in tale caso le artiglierie si tengono pronte ad aprire il fuoco non appena i carri stiano per svelarsi. L' appogg,io è rivolto in particolare contro le armi già battute nella fase di preparazione ma ancora attive. L'appoggio, quando plastica e copertura del terreno non consentano l'intervento dell'artiglieria a ragione veduta, si attua mediante robusti concentramenti di fuoco, a cavallo delle direttrici di attacco delle unità carriste, spostantisi a sbalzi di sufficiente ampiezza secondo segnalazioni convenzionali preconcordate per indicare il raggiungimento di lince del terreno determinate. L 'appoggio, in tutti i casi, non deve in modo assoluto ostacolare o rallentare l'attacco dei carri . La controbatteria va rivolta, con la maggiore rapidità possibile, contro le batterie che più ostacolino l'avanzata dei carri e va effettuata per concentramenti successivi. Contro un attacco nemico di carri armati a massa tutte le batterie che hanno azione normale nel settore nel quale si svolge l'attacco entrano immediatamente in azione, di iniziativa dei loro comandanti, con tiri di interdizione vicina che si sposteranno gradualmente col progredire della massa dei carri ove non si riesca ad arrestarla - sino a fissarsi nello sbarramento. Anche le artiglierie che hanno solo azione eventuale nel settore di azione dei carri nemici, se non simultaneamente impegnate in altri compiti, intervengono immediatamente di iniziativa dei loro comandanti; se impegnate in altre azioni di fuoco, il loro intervento è deciso dal comandante del gruppo che deve saper valutare se tale intervento è più conveniente rispetto all' azione in corso. Le armi controcarro e le batterie reg-
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gimentali della difesa entrano in azione con tiri di arresto non appena i carri nemici giungano a portata efficace di tiro, integrando cosl lo sbarramento delle artiglierie. A tale azione possono concorrere i pezzi isolati di piccolo calibro, eventualmente destinati a tale compito. Il regolamento del 19 3 7, in sostanza: rinvigorì i vecchi criteri della tempestività dell'intervento, dell'azione a massa e di sorpresa, della stretta cooperazione con le altre armi; esaltò la funzione del coordinamento del1' azione dei vari scaglioni dell'arma per il completamento e l'integrazione degli effetti del fuoco allo scopo di facilitare la fanteria; conferi scioltezza ed elasticità all'organizzazione artiglieristica rigida, metodica e sistematica del passato; riaffermò il primato della manovra delle traiettorie, ma dette anche maggiore spazio a quella dei materiali; insisté sul1'essenzialità del vedere e sapere e della garanzia del rifornimento delle munizioni; introdusse l'azione controcarro e contraerea come componenti abituali del combattimento della artiglieria; sancì come fosse normale che, quando non si fosse riusciti a mettere in piedi l' organizzazione complessa per poter manovrare con maggiore efficacia le traiettorie, si dovesse agire ugualmente ricorrendo ad organizzazioni speditive e sommarie per sostenere le operazioni inerenti alla guerra di rapida decisione; eliminò o, quanto meno, ridusse gli schematismi e, senza ripudiare la metodica dell'impiego, affidò il successo in primo luogo alla competenza, alla capacità ed all'iniziativa dei comandanti. L'inserimento del compito, della funzione e della condotta di azione dell'artiglieria nel quadro del combattimento venne esaminato sotto tutti gli aspetti ed in tutte le circostanze ed in relazione a tutte le specie dell'artiglieria ed a tutti i mezzi tecnici ausiliari disponibili. Fu però un regolamento valido per il futuro assai più che per il presente, che ne consentiva solo l'applicazione parziale in quanto i mezzi materiali disponibili, i moltissimi vecchi ed i pochissimi nuovi (dei quali ultimi la grandissima parte al di là da venire), non possedevano le gittate utili, la celerità di tiro, la manegevolezza e, soprattutto, la mobilità necessarie ad una manovra delle traiettorie e dei pezzi da sviluppare su spazi e profondità assai ampi ed in tempi assai ristretti. Eppure il bisogno della mobilità delle artiglierie era stato sentito dall'esercito italiano fin dalla prima guerra mondiale, quando erano state costituite le cosiddette autobatterie, ottenute con l'installazione di cannoni da 105/35 della marina, muniti di affusto a candeliere, su autotelai Spa 9000 . Le autobatterie erano già qualcosa di più che cannoni montati su veicoli automobili, in quanto contenevano in embrione uno degli elementi fondamentali del semovente, la corazzatura (il pezzo era scudato ed altresl scudati erano il cofano ed il radiatore degli autotelai). Sempre nel corso di quella guerra,
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erano state costruite inoltre alcune batterie contraerei da 75 mm su telai Itala e, al termine di essa, i 75 dello stesso tipo erano stati montati su autocarri Ceirano che rimasero in servizio per molti anni. Nel 1940 le artiglierie italiane conserveranno, invece, la mobilità e la velocità del mulo o del cavallo e le poche a traino meccanico veloce od autoportate dovranno in gran parte adeguare la loro velocità di movimento a quella della fanteria appiedata, resteranno legate alle strade e, per far fuoco, dovranno essere fatte scendere dal veicolo trasportatore e messe in batteria con le consuete procedure. Il problema della cooperazione unità carriste-artiglieria, posto in termini chiari dalla pubblicazione del 1937, verrà parzialmente risolto, e non brillantemente, solo nel 1941 con la costruzione dei primi due gruppi di semoventi da 75/18 che verranno inviati in Libia (11).
5. Il regolamento del 193 7 fu l'ultima pubblicazione ufficiale specifica sull'impiego dell'artiglieria prima dell'entrata dell'Italia nella seconda guerra mondiale. La partecipazione alla guerra civile di Spagna non aveva consentito di collaudare la validità del contenuto e neppure di arricchirlo con i risultati della nuova e moderna esperienza. La deficienza numerica delle artiglierie da ambo le parti, accentuata dal fatto che le poche bocche da fuoco disponibili venivano diluite su fronti molto ampie, aveva reso e continuava a rendere rarissimo l'impiego a massa delle artiglierie secondo i criteri e le modalità voluti dalla dottrina ufficiale. La circolare 6800 del 20 maggio 1938 riguardante le Note sull'impiego delle minori unità di fanteria e artiglieria nella guerra di Spagna (12) toccò al riguardo due soli argomenti: l'impiego del gruppo di artiglieria della divisione di fanteria ed i collegamenti tra fanteria e artiglieria. Essa mise in evidenza che la lotta fino ad allora svolta aveva richiesto il ricorso a frequenti tempestivi e rapidi cambi di schieramento dei gruppi dell'artiglieria divisionale e che su brevi distanze - quali precisamente quelle corrispondenti alle possibilità di avanzata della fanteria - le batterie someggiate si erano spostate in tempi assai minori di quelli delle batterie autotrainate o autotrasportate anche per il fatto che esse avevano potuto procedere più speditamente sul terreno sconvolto e superare più facilmente le interruzioni delle strade. La tempestività e la rapidità del cambio di posizione - affermò la circolare - assumono importanza eccezionale per assicurare un continuo appog,gio alla fanteria, ed è stato con-
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statato come a questa esigenza convenga sacrificare anche il rispetto delle considerazioni organiche: è sembrato spesso più opportuno far giungere sulla nuova posizione anche un sol pezzo, ma tempestivamente, che mettere in posizione un'intera batteria troppo tardi. Un altro aspetto d'importanza essenziale che la circolare sottolineò fu la necessità assoluta di rendere spedito, continuo (non ripetutamente interrotto, come era accaduto in Spagna, dalla necessità di coprirlo dall'improvviso scatenarsi del fuoco nemico) il movimento della fanteria durante l'avanzata per l'attacco. La scarsa disponibilità di bocche da fuoco aveva costretto i gruppi di artiglieria divisionali ad adempiere al duplice compito della preparazione e dell'appoggio e - poiché la fanteria si era mossa, com'era normale, dalla base di partenza mentre ancora la preparazione era in corso, ed aveva dovuto progredire spesso allo scoperto fatta segno dal fuoco delle mitragliatrici della difesa che l'avevano costretta ad arrestarsi per coprirsi - era accaduto spesso che i reparti di fanteria avevano dovuto ricorrere prematuramente all'impiego delle proprie armi. Queste si erano dimostrate non molto adatte ad agire in tale fase sia per la loro limitata gittata, sia perché l'impiego prematuro era stato causa di un elevato consumo di munizioni, specialmente per quanto riguardava i mortai, che, stanti le difficoltà di rifornimento, aveva inciso negativamente sulle disponibilità del munizionamento stesso nel successivo combattimento ravvicinato. L'unico mezzo idoneo, in tale fase, si era dimostrato il gruppo, o i gruppi, destinato all'appoggio specifico, l'impiego del quale sarebbe stato naturalmente più pronto se non fosse stato impegnato contemporaneamente per la preparazione. La conseguenza che la circolare ne trasse fu che, dove fossero disponibili poche artiglierie, i gruppi destinati ali' appoggio specifico dovessero venire impiegati, in fase di preparazione~ nello stesso settore nel quale dovevano poi agire le rispettive colonne di attacco e che, dal momento nel quale la fanteria iniziava il · movimento dalla base di partenza, benché fosse ancora in corso di sviluppo la preparazione, gli stessi gruppi dovevano senz'altro aderire alle richieste di appoggio. Circa i collegamenti tra fanteria ed artiglieria, la circolare indicò, come dato di esperienza, che si erano rivelati validi soprattutto in funzione della bontà e completezza degli accordi diretti che erano stati presi tra i comandanti di fanteria e di artiglieria. Accordi non generici e stabiliti una volta per sempre, ma riferiti, caso per caso, alla situazione contingente, concretati in base all'esame fatto in comune del terreno, delle organizzazioni difensive del nemico, del compito della fanteria e delle modalità della sua azione. Un sistema che aveva dato ottimi risultati era stato quello di: determinare su di uno schizzo sommario,
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schematico, anche fatto n per n, gli obiettivi probabili del tiro ed i punti caratteristici del terreno indicandoli con una lettera o sigla convenzionale; stabilire che, in assenza di altre indicazioni, alla richiesta di fuoco fatta con la semplice trasmissione della lettera o sigla che contraddistingueva l'obiettivo, l'artiglieria di appoggio rispondesse con un concentramento di cadenza di 4 + 6 colpi al minuto, e di durata breve e prestabilita (per esempio: 3 minuti primi). Occorrendo prolungare l'azione, il comandante di fanteria non aveva che da ripetere la richiesta. Si era, difatti, constatato che il sistema dei brevi concentramenti a durata prestabilita offriva i vantaggi di limitare i consumi, di togliere al comandante di fanteria la preoccupazione di dover chiedere la cessazione del fuoco, di far sl che i reparti avanzati conoscessero a priori la durata del concentramento (3 primi o multipli di 3) e potessero cosl tenersi pronti a scattare non appena terminato il concentramento. Infine, la circolare confermò gli ottimi risultati della stazione r.t. della pattuglia O.C. A proposito di tale pattuglia sottolineò come avesse soddisfatto bene alle esigenze per le quali era stata creata quando il comandante <li fanteria aveva dimostrato di conoscere l'impiego dell'artiglieria quanto bastava per richiederne l'intervento con logicità ed in misura aderente alle possibilità dell'arma ed alle disponibilità delle munizioni, non affidandosi alla pattuglia - perché questa, per iniziativa del suo capo, regolasse l'intervento dell'artiglieria - ma impiegando personalmente un così prezioso elemento che consentiva non solo di richiedere il tiro, ma di osservarlo e correggerlo. Anche la circolare 9000 del 28 ottobre 1938, La dottrina tattica nelle realizzazioni dell'anno XVI (13), non introdusse innovazioni nel regolamento del 1937 ad eccezione di quella, non d'indifferente valore, che per aumentare la massa dell'artiglieria in azione il comandante del corpo d'armata non deve esitare a valersi di quella della divisione di seconda schiera, quando, nel suo disegno di manovra, preveda di dover ricorrere ad uno scavalcamento in una determinata direzione, per passare rapidamente dall'urto alla penetrazione nel dispositivo nemico. Ciò in quanto la minore usura dell'artiglieria rispetto alla fanteria consente l'impiego totalitario dei gruppi delle due divisioni (quella di prima schiera e quella destinata allo scavalcamento) per la durata complessiva della loro azione. Per il resto la circolare confermò che il compito dell'artiglieria è di rendere possibile e spedito il movimento delle fanterie con le minori perdite, che il suo schieramento ed il suo fuoco devono rispondere pienamente a questo scopo, che le artiglierie divisionali rinforzate con quelle suppletive di corpo d'armata agiscono alla dipendenza del comandante della divisione e che tali artiglierie, di norma, vanno distinte in due aliquote: la
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prima destinata all'appoggio dei battaglioni di primo scaglione, la seconda destinata a rinforzare la prima oppure - nella maggior parte dei casi - ad ampliarne l'azione in profondità e lateralmente. La circolare 9000, fissando il criterio che l'artiglieria deve agire normalmente con la totalità dei suoi mezzi fin dall'inizio dell'attacco, cercò di porre rimedio, sia pure limitatamente ali' attacco, al basso valore del rapporto organico fanteria-artiglieria (una batteria e mezzo per ciascun battaglione) rimasto invariato anche dopo l'adozione della divisione binaria. Nella divisione quaternaria dell'immediato dopo guerra tale rapporto era stato di 32 pezzi per 12 battaglioni di fanteria (2 gruppi di artiglieria di 4 batterie con 4 cannoni da 75 mod. 1906 o mod. 1911); nella divisione ternaria dell'ordinamento Diaz del 1923 esso era stato sensibilmente elevato assegnando alla divisione di fanteria 48 pezzi per 9 battaglioni (4 gruppi di artiglieria di 3 batterie con 4 pezzi ciascuna: 12 obici da 100/17, 24 cannoni da 75/27, 12 obici da 75/13); nella divisione binaria rimase identico a quello della divisione ternaria e cioè 36 pezzi per 6 battaglioni (3 gruppi di artiglieria di 3 batterie con 4 pezzi ciascuna: 24 da 75 e 12 da 100). Assai più elevato il valore del rapporto negli altri eserciti: la normale divisione di fanteria ternaria dell'esercito francese scenderà in guerra, nel 1939, con 60 pezzi per 9 battaglioni (3 gruppi di 3 batterie con 4 pezzi da 75 ciascuna e 2 gruppi di 3 batterie con 4 pezzi da 155 ciascuna: 36 pezzi da 75 e 24 pezzi da 155) e quella inglese con 72 pezzi per 9 battaglioni (3 reggimenti di artiglieria da campagna su 3 batterie, ciascuna su 8 pezzi da 25 libbre). Le deficienze dell'artiglieria italiana non saranno, dunque, al momento dell'entrata in guerra solo di carattere qualitativo - e, in particolare, di mobilità - ma anche di carattere quantitativo, sia al livello di divisione sia ai livelli più elevati, in quanto gli sforzi compiuti nel periodo tra le due guerre per aumentare il numero dei reggimenti di artiglieria - particolarmente notevoli quelli del 1926 e del 1938 - non furono sufficienti a determinare una proporzione tra fanteria e artiglieria che si avvicinasse alla media di quelle degli altri maggiori eserciti europei.
6. Il genio era stata l'arma che aveva avuto, nel corso della prima guerra mondiale, l'impulso più notevole sia quantitativo che qualitativo. Altermine della guerra, tra specialità vecchie e nuove, comprendeva unità ordinate in battaglioni (zappatori, minatori, ferrovieri, pontieri, lagm~a-
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ri), in compagnie (telegrafisti e telefonisti, teleferisti, motoristi, guide fluviali, guardiani e manovratori idraulici, lanciagas, lancia-fiamme) e in sezioni (radiotelegrafisti, fotoelettricisti, elettricisti, idrici, pompieri e mascheratoti). Per ogni tipo di unità esistevano le varie Istruzioni pratiche che ne disciplinavano l'impiego tattico e tecnico nel quadro del Regolamento di esercizi per il genio del 1912, che il Comando Supremo non aveva mancato di aggiornare con circolari e note durante il corso della guerra. Nell'ordinamento Albricci del 1919 l'arma aveva subìto una prima ristrutturazione in seguito alla quale: erano stati soppressi i reggimenti zappatori e telegrafisti e sostituiti da battaglioni zappatori e battaglioni telegrafisti di corpo d'armata; era stato costituito un reggimento specialisti nel quale erano state raccolte le specialità fotoelettricisti, teleferisti, motoristi, lanciafiamme, lanciagas, meterologici; il vecchio battaglione radiotelegrafisti era stato trasformato in reggimento; i pontieri ed i lagunari erano stati raggruppati in un unico reggimento ed i minatori ed i ferrovieri avevano continuato ad essere ordinati su 2 reggimenti distinti. Nel 1923 vennero costituiti i raggruppamenti genio <li corpo <l' armata (1 comando, 1 battaglione zappatori-minatori, 1 battaglione telegrafisti, 1 deposito) e venne soppresso il reggimento minatori. L' ordinamento del 1926 soppresse i raggruppamenti e costituì di nuovo i reggimenti del genio di corpo d'armata (11), creò un secondo reggimento radiotelegrafisti (2) ed un secondo gruppo aerostieri (2) e mantenne in vita il reggimento pontieri-lagunari ed il reggimento ferrovieri. L'ordinamento del 1934 elevò a 12 i reggimenti genio di corpo d'armata e creò un secondo reggimento minatori (2) (la specialità era stata riordinata nel 1932) e un secondo reggimento pontieri (2). Dopo il 1934 si ebbero ulteriori aumenti del numero dei reggimenti genio di corpo d'armata che nel 1940 furono portati a 18, mentre rimase stabile il numero dei reggimenti minatori (2), pontieri (2) e ferrovieri (1). La normativa d'impiego dell'arma del genio trovò sviluppo nella regolamentazione tattica generale e nelle istruzioni peculiari, di carattere tecnico-tattico, riguardanti l'attività operativa ed i mezzi delle singole specialità (14). Nel quadro del rinnovamento dottrinale degli anni 1935 e 1936 venne tuttavia compilata e diramata la Memoria sull'organizzazione e sull'azione del genio in guerra (15) alla quale fecero seguito la 1a serie di aggiunte e varianti nel 1936 (16) ed un'Appendice nel 1938 (17) che sostituì l'analoga Appendice edita nel 1935. D'interesse peculiare dell'arma del genio, oltreché in parte delle altre armi, furono altresì la
Memoria sull'organizzazione e l'impianto di sbarramenti nel combattimento d'arresto (18) e l'Istruzione sulla fortificazione campale. Voi. I (comune a tutte le armi) (19), edite entrambe nel 1935, al primo volume delle
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quali seguì, nel 193 7, un secondo volume riguardante specificamente la fortificazione campale messa in opera dal genio (20). Il genio combatte, in stretta cooperazione con le altre armi, essenzialmente con il lavoro, per il quale è appunto addestrato ed attrezzato. A dargli la necessaria protezione sul campo di battaglia provvedono, di regola, le altre armi. Il genio fa uso delle sue armi solo quando debba provvedere da sé stesso alla propria difesa o senta, per quel cameratismo che deve tutti animare sul campo di battaglia, di poter dare - anche non richiestone, e sempre compatibilmente con la missione affidatagli - il suo aiuto a truppe di altre armi che, per circostanze impreviste, vengono a trovarsi in difficoltà. Il genio potenzia il fuoco ed il movimento e lo fa con il lavoro che diventa così strumento della manovra. Le unità del genio sono scarse; il loro reclutamento è necessariamente limitato; la loro preparazione lunga e difficile; il loro impiego deve conseguentemente essere ispirato al criterio dell'economia delle forze. Il lavoro, come mezzo di potenziamento del fuoco e del movimento, non appartiene solo al genio; di regola ogni arma deve provvedere in proprio ai bisogni di carattere tecnico dei reparti minori, sino al reggimento, sia che si trat-
ti di lavori per l'organizzazione del terreno sia che si tratti dei collegamenti. Al genio, invece, competono i lavori ed i collegamenti per i comandi e quelli d'interesse generale, e<l i lavori per la cui esecuzione si richiedano particolari tecniche e l'impiego di materiali, macchinari ed attrezzi speciali. La ripartizione dei lavori fra il genio e le altre armi e l'assegnazione di ausiliari al genio e di ufficiali e sottufficiali e soldati del genio, per la direzione e l'esecuzione di lavori particolari, alle altre armi sono compiti propri del comandante della grande unità. Le unità del genio vanno utilizzate secondo la loro specialità; non devono essere frazionate (minimo elemento d'impiego: il plotone); la loro assegnazione alle unità delle altre armi ha, di norma, carattere di temporaneità (ad incarichi ultimati, i reparti decentrati od assegnati pro tempere rientrano alla propria unità). Il genio, in guerra, svolge la sua attività anche nel campo logistico mediante l'organizzazione ed il funzionamento del servizio del materiale del genio (rifornimento, sgombero, ricupero e riparazione dei macchinari, attrezzi e materiali del genio occorrenti alle truppe di tutte le armi ed ai servizi), del seroizio elettrico (installazione e manutenzione di impianti elettrici di luce e di forza motrice, riparazione del materiale elettrico), del servizio idrico (ricerca delle acque, costruzione manutenzione esercizio degli impianti idrici, costruzione di serbatoi), del seroizio pompieri (estinzione incendi, salvataggio infortunati, riparazioni urgenti a fabbricati e baraccamenti). Le tmppe per i trasporti - ferrovieri e teleferisti - danno iJ loro
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concorso di lavoro, mezzi e capacità tecnica al servizio dei trasporti e delle tappe. Sempre nel campo logistico, i lavori che il genio può essere chiamato ad eseguire riguardano specialmente l'alloggiamento delle truppe, la costruzione e la manutenzione delle strade ed il miglioramento della capacità logistica della rete delle comunicazioni, la sistemazione ed eventualmente la costruzione di stabilimenti e magazzini (depositi di esplosivi, ospedali, bagni, infermerie, panifici, frigoriferi, campi contumaciali e di prigionieri, ecc.). L'arma, nell'esercito operante, è ordinata su di un comando generale che è parte del Comando Supremo, su comandi del genio di grande unità che sono anch'essi parte dei comandi delle unità stesse, sulle truppe del genio variamente assegnate e distribuite ai vari livelli di grande unità fino alla divisione compresa e su organi per il servizio del materiale del genio che operano presso l'intendenza generale e le intendenze di armata (direzioni e stabilimenti). Ai comandanti del genio, delle grandi unità (comando supremo e armata) sono affiancati i commissari generali telegrafonici che hanno l'alta direzione dei servizi telegrafici, telefonici e radio dello Stato e delle società private esistenti nel territorio di giurisdizione, sono responsabili verso il comandante del genio di tali servizi e sovraintendono a quanto concerne gli ampliamenti e le modifiche delle -r eti civili. I comandanti del genio, quali organi del comando della grande unità, forniscono al comandante della grande unità gli elementi di carattere tecnico necessari alla concezione, organizzazione e condotta delle operazioni quanto ai lavori da eseguire ed ai collegamenti da realizzare; si mantengono costantemente al corrente, in stretto collegamento con lo stato maggiore, circa l'impiego dei reparti e dei servizi del genio e l'esecuzione dei lavori in relazione ai progetti delle operazioni; emanano le direttive tecniche per l'esecuzione dei lavori e ne controllano l'applicazione; sovraintendono alla direzione dei lavori affidati a reparti del genio e dei lavori di particolare importanza; esercitano azione di comando sugli elementi del genio organicamente assegnati alla grande unità e sugli elementi del genio e reparti lavoratori messi temporaneamente a loro disposizione. Quali organi direttivi dei seroizi del genio, propongono l'impiego degli organi esecutivi dipendenti e danno direttive per l'impiego ed il rifornimento dei materiali del genio ai vari enti della propria unità. Ogni comandante del genio ha, inoltre, azione direttiva sui comandi del genio delle grandi unità in ·s ottordine. Ogni specialità dell'arma ha caratteristiche e compiti specifici. Gli zappatori-artieri - raggruppati in battaglioni (normalmente su 2 compagnie), compagnie autonome, plotoni per divisione celere - hanno come compiti principali i lavori stradali, i lavori di fortificazione,. i lavori di mina cd i lavori per i servizi e di alloggiamento. I
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minatori - le cui compagnie hanno costituzione analoga a quella delle compagnie artieri - predispongono ed attuano le interruzioni" stradali e ferroviarie, compiono distruzioni di ogni genere (svuotamento di bacini, inondazioni, ecc.); eseguono lavori di fortificazione e stradali in roccia; partecipano alla guerra di mine e ricercano e neutralizzano i dispositivi di distruzione preparati dal nemico su territorio da questi abbandonato. I pontieri - ripartiti in 3 specialità (per ponti pesanti di equipaggio, per ponti leggeri, per ponti metallici) e raggruppati in battaglioni di sottospecialità - stabiliscono passaggi attraverso i corsi d'acqua; montano i ponti; costruiscono ponti di carattere semipermanente; riattano ponti interrotti; distruggono ponti di circostanza e di equipaggio, porti e bacini galleggianti. I telegrafisti - battaglioni e compagnie telegrafisti, sezioni fototelegrafisti, sezioni fototelefonisti, colombaie militari - provvedono al collegamento (con mezzi elettrici, a filo e ottici) dei comandi di grande unità con i comandi (sino al reggimento per la fanteria, al raggruppamento per l'artiglieria, al battaglione o reparto autonomo pel genio, al reggimento per gli alpini e la cavalleria) e servizi dipedenti e con i corrispondenti comandi laterali (da sinistra a destra); provvedono altresl all'impianto ed esercizio delle reti speciali d'aeronautica, di difesa aerea, d'intercettazione, di osservazione generale, di osservazione di artiglieria (esclusi gli osservatori di gruppo e di batteria ai quali provvedono gli stessi reggimenti di artiglieria) ed al servizio delle colombaie militari (mobili e fisse). I radiotelegrafisti - raggruppati in battaglioni (su 2 compagnie, di cui una speciale), compagnie autonome e sezioni - hanno il compito del collegamento radiotelegrafico o radiofonico dei comandi cui sono assegnati, con i comandi e con alcuni dei servizi dipendenti, con i corrispondenti comandi laterali, con i campi di aviazione e con gli aerei in volo ed hanno anche il compito del controllo e della disciplina del traffico radiotelegrafico e radiotelefonico nell'ambito della propria grande unità (altri compiti: servizio delle intercettazioni, servizio radiogoniometrico, radio diffusioni a scopo di propaganda, allarmi, bollettini meterologici, disturbo delle radiotrasmissioni nemiche, ecc.) . Gli aerostieri hanno compiti di osservazione generale del campo di battaglia, di osservazione dei tiri delle proprie artiglierie, di collegamento delle truppe in linea con i comandi, di sorveglianza notturna del campo di battaglia e del servizio aerologico. I fotoelettricisti - sezioni fotoelettricisti mobili e sezioni da posizione - hanno il compito essenziale dell'illuminazione notturna a scopo di osservazione e sorveglianza e, inoltre, di disturbo dell'osservazione notturna nemica, della produzione di luce diffusa per favorire movimenti e lavori e del collegamento di osservato-
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ri, comandi o reparti a mezzo di segni convenzionali. I fotografi - sezioni e squadre fotografi, squadre telefotografi, sezioni cinematografisti - provvedono ai rilievi fotografici, alla esecuzione di vedute panoramiche, stereoscopico-panoramiche e di lavori fotografici, alla riproduzione, ingrandimento, ritocco di negative e di stampe ed alla ripresa filmata di fatti a scopo documentario, di propaganda, addestrativo. I fe"ovieri - raggruppati in battaglioni ferrovieri di lavoro ed in sezioni per esercizio linea - provvedono alla costruzione, armamento, rinnovamento e manutenzione delle linee ferroviarie a scartamento normale o ridotto (brevi tratti), alla costruzione di raccordi tra binari di corsa e di raccordi a servizio di magazzini e depositi, all'impianto di speciali binari di tiro per le grandi artiglierie, alla riparazione di tratti di linea e di opere d'arte ferroviarie, all'impianto di stazioni intermedie e di scali provvisori, alla distruzione di opere ferroviarie ed all'esercizio di determinate linee ferroviarie. I teleferisti - raggruppati in battaglioni - provvedono essenzialmente all'impianto ed all'esercizio di teleferiche campali ed anche permanenti o semipermanenti a grande portata ed alla loro distruzione quando necessaria. I mascheratori - la cui compagnia è costituita da 1 plotone operai con officina e da un numero variabile di plotoni mascheratoti - provvedono allo studio dei sistemi di mascheramento, all'allestimento e rifornimento di materiali particolarmente importanti, al controllo dei mascheramenti eseguiti dalle altre truppe e servizi ed alla ricerca e individuazione dei mascheramenti del nemico. I meccanicielettricisti - la cui compagnia è costituita da un plotone operai con officina e da plotoni con sezione di parco - eseguono le ricognizioni delle risorse elettriche, provvedono alla installazione, all'esercizio ed alla manutenzione di impianti elettrici di luce e di forza motrice e di centrali di tipo campale, distribuiscono l'energia proveniente dal territorio nazionale, riparano i materiali degli impianti elettrici e possono essere incaricati della rimessa in efficienza di centrali e impianti abbandonati o danneggiati dal nemico, dell'attrezzatura, riparazione o distruzione delle condutture aeree e di linee di contatto per le ferrovie elettrificate, della distruzione di centrali e di impianti e della ricerca e neutralizzazione di ostacoli elettrificati. Gli idrici - la cui compagnia è costituita da 1 plotone operai con officina e da un numero variabile di plotoni - provvedono all'accertamento delle risorse idriche, all'esecuzione dei lavori e degli impianti per lo sfruttamenmto delle risorse, all'impianto di filtri e di stazioni di potabilizzazione, alla riparazione del materiale idrico, alla rimessa in efficienza od alla distruzione di impianti idrici. l pompieri - la cui compagnia è costituita da 1 plotone operai con officina e da un numero variabile di sezioni con autopompe e motopompe
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- hanno il compito di prevenzione e di estinzione degli incendi, del salvataggio degli infortunati e dello sgombero di macerie, di puntellamento o demolizione di fabbricati pericolanti. Non vi è fase della battaglia durante la quale il genio non sia presente; anzi, la sua presenza operatiya è indispensabile sin dal tempo di pace per approntare la copertura (costruzione di opere fortificate permanenti, di strade, di impianti idrici; predisposizione di interruzioni, di impianti di collegamento, di impianti di teleferiche; costituzione dei depositi di materiali del genio) ed all'atto della mobilitazione per l'esecuzione di lavori di fortificazione campale, di apprestamento delle interruzioni, di effettuazione dei collegamenti, ecc. Zappatori-artieri, minatori, telegrafisti e radiotelegrafisti, aerostieri, fotoelettricisti, fotografi e teleferisti sono tutti impegnati fin dal tempo di pace nella copertura, al fine di creare, potenziare e perfezionare le predisposizioni e le misure che valgano a conferire alla copertura stessa il massimo di efficienza e di robustezza possibile. Nella zona di radunata, oltre a quella di tali unità, diventa particolarmente sentita l'opera delle unità ferrovieri, pontieri e pompieri. Durante il movimento e le soste: quando si svolgono in lontananza del nemico, trovano impiego normale le unità zappatori-artieri, pontieri, telegrafisti, radiotelegrafisti, ferrovieri; quando si sviluppano in vicinanza del nemico, le stesse unità e in più quelle minatori, aerostatiche e fotoelettriche. In questo ultimo caso esse moltiplicano le loro attività in quanto i lavori sulle comunicazioni ordinarie, il presidio delle interruzioni, l'eventualità dello stendimento di passerelle e del gittamento di ponti, il raffittimento delle reti di collegamento, le esigenze dei trasporti ferroviari assumono importanza ed entità ancora più notevoli ed interessano direttamente, durante l'avvicinamento, anche le unità minori. Le unità zappatori-artieri vengono ripartite fra le colonne, in cui si scindono le grandi unità, in ragione della presumibile entità dei lavori che, a seconda della costituzione delle colonne stesse e dello stato degli itinerari, debbono essere eseguiti. Normalmente con l'avanguardia di ciascuna colonna delle divisioni di prima schiera marcia un reparto zappatori-artieri della forza da un plotone od una compagnia, seguiti dal loro parco.. Nell'organizzazione dell'attacco, pur nelle diverse situazioni tattiche, l'attività del genio è sempre indispensabile anche se può avere maggiore o minore sviluppo.secondo la forza ed il tempo disponibili. Gli zappatoriartieri delle divisioni di prima schiera, già suddivisi durante l'avvicinamento fra avanguardia e grossi delle varie colonne, vengono, di massima, riuniti per essere impiegati successivamente e secondo l'ordine di importanza e di urgenza nei moltt:plid e svariati compiti di riattamento
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delle comunicazioni danneggiate, di gittamento di ponti e passerelle, di lavori in roccia per le artiglierie, di sbarramenti di mine e di altri ostacoli, di costruzione di posti di comando, osservatori e ricoveri per i comandi di grande unità, di mascheramenti speciali dei preparativi per l' attacco, di distruzione dei posti depositi munizioni e di costituzione dei posti di avviamento e di distribuzione dei materiali del genio. I minatori presidiano le interruzioni e distruzioni già predisposte e, quando necessario e conveniente, ne predispongono altre a tergo delle truppe attaccanti ed eseguono lavori in roccia per le artiglierie pesanti e ricoveri per le riserve. I pontieri riattano e rinforzano ponti e, qualora il riattamento richieda molto tempo, stabiliscono prontamente i passaggi gettando ponti di equipaggio o montando ponti metallici scomponibili; quando la posizione nemica da attaccare utilizza come ostacolo un corso d' acqua, le unità pontieri compiono le operazioni preparatorie e f~rzano l'ostacolo, assumendo un'importanza predominante nel quadro dell'organizzazione e dell'esecuzione dell'attacco ·della grande unità. Le unità telegrafisti e radiotelegrafisti provvedono ai collegamenti e spingono il più avanti possibile le proprie reti per alleggerire le unità minori e lasciare loro la maggiore quantità possibile di mezzi per la battaglia. Gli aerostieri si dislocano nelle unità più adatte per il sollevamento dei palloni, da effettuare quando non sia più dannoso per la sorpresa, ed iniziano poi il loro lavoro di osservazione. I fotoelettricisti spingono molto in avanti i loro proiettori per poter illuminare il più a fondo possibile la posizione nemica e la utilizzano solo se ciò non nuoce alla sorpresa, rilevando anzi tempo l'attacco e la sua azione. I fotografi eseguono rilievi fotografici e telefotografici delle posizioni nemiche per contribuire ad accertare la consistenza delle difese. I ferrovieri predispongono l'aumento della potenzialità delle stazioni che meglio consentono il rapido concentramento di truppe, munizioni e materiali sui tratti della fronte di attacco e costruiscono binari speciali per artiglierie e raccordi ferroviari di servizio. I teleferisti eseguono impianti di teleferiche leggere e di telefori per i rifornimenti, specialmente delle artiglierie schierate su posizioni di particolare importanza. I mascheratoti si impegnano nell'occultare il più possibile i preparativi per l'attacco . I meccanici elettricisti forniscono, sfruttando risorse locali od impiegando generatori campali, l'energia elettrica ed eseguono gli impianti elettrici interni occorrenti ai servizi e, quando sia accertata la esistenza dinanzi alle posizioni nemiche di ostacoli elettrificati, spingono in avanti con le divisioni di prima schiera nuclei di personale per provvedere, appena possibile, alla loro neutralizzazione. Gli idrici attuano i lavori e gli impianti necessari ad assicurare il rifornimento d'acqua alle truppe durante l'at-
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tacco e predispongono i materiali ed i mezzi per il rapido sfruttamento delle risorse esistenti al di là delle posizioni nemiche. I pompieri si dislocano presso i centri ferroviari e presso i depositi più importanti dei . .. van serv1z1. Durante l'esecuzione dell'attacco e lo sfruttamento del successo, le comunicazioni, i collegamenti e l'osservazione esaltano, in particolare, l'importanza degli zappatori-artieri, dei pontieri, dei telegrafisti e dei radiotelegrafisti. Gli zappatori-artieri delle divisioni di prima schiera costruiscono passerelle per fanteria e ponticelli per carri armati, preparano speditamente itinerari divisionali per il transito delle artiglierie e dei rifornimenti, costruiscono nuovi posti di comando ed osservatòri, rafforzano le posizioni conquistate. Gli zappatori-artieri di corpo d'armata lavorano alle comunicazioni per assicurare l'avanzata delle artiglierie e degli autocarri pesanti e sostituiscono, nei lavori stradali, gli zappatoriartieri delle divisioni di prima schiera quando questi si spostano avanti con le proprie divisioni o, comunque, vengono impiegati in altri lavori urgenti ed importanti. I pontieri stabiliscono, dove necessari, passaggi sui corsi d'acqua. I telegrafisti ed i radiotelegrafisti mantengono in efficienza le reti, le adattano alle nuove esigenze, costituiscono e gestiscono nuovi collegamenti lungo l'asse dell'avanzata, riattano le linee telegrafoniche abbandonate dal nemico e difendono le loro reti dall'intercettazione. I fotoelettricisti, negli attacchi notturni, illuminano saltuariamente gli obiettivi da raggiungere, illuminano le posizioni nemiche per facilitare il fuoco contro di esse e per sventare ritorni offensivi e agevolano i movimenti, gli spostamenti ed i lavori delle forze attaccanti. Gli aerostieri, con il progredire dell'attacco, proseguono senza interruzione l'osservazione, tanto più necessaria in seguito agli spostamenti degli osservatori terrestri che potrebbero non assicurare la continuità dell'osservazione; si spostano, a loro volta, dopo l'entrata in funzione dei nuovi osservatori terrestri. Le rimanenti specialità continuano generalmente ad adempiere i compiti già loro affidati durante la fase del1'organizzazione dell'attacco. Lo spianamento degli ostacoli è, normalmente, compito dell'artiglieria e, in determinati tratti della fronte, dei carri armati; ma può avvenire che ostacoli, sfuggiti ali' osservazione ed al tiro delle artiglierie, impediscano alle colonne attaccanti di avanzare od impongano loro deviazioni che maggiormente le espongono al fuoco ed ai contrattacchi nemici, per cui distaccamenti di zappatori-artieri, rinforzati eventualmente da nuclei di meccanici-elettricisti, possono essere impiegati per aprire la strada alle colonne di attacco facendo brillare cariche esplosive attraverso reticolati intatti, gettando passerelle e ponticelli attraverso fossi, neutralizzando ostacoli elettrificati, individuando ed isolan-
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do mine, rendendo innocui, .se possibile, dispositivi di accensione. La loro azione deve essere protetta da intenso fuoco di artiglieria e occultata, qualora la direzione del vento lo consenta, mediante l'impiego di nebbiogeni. Nell'organizzazione e condotta della difesa, qualunque siano la situazione e il terreno, sono sempre necessari la esecuzione di lavori di fortificazione, l'apertura di nuove comunicazioni ed il miglioramento di quelle esistenti, la preparazione di interruzioni, di distruzioni e di campi minati (questi ultimi specialmente come ostacoli contro carri armati), l'impianto e l'organizzazione dei collegamenti e dell'illuminazione del campo di battaglia, i lavori intesi a facilitare e ad assicurare il funzionamento dei servizi ed a migliorare le condizioni di vita delle truppe, specie in montagna e nella stagione invernale. Tali lavori hanno sviluppo tanto maggiore quanto maggiore è il tempo disponibile; sono condotti con il criterio della progressività in modo che si possa utilizzarli in qualunque momento il nemico attacchi: assumono carattere di maggiore robustezza sulle posizioni arretrate e quando la fronte si stabilizza, perché in tali casi è possibile impiegare per la loro esecuzione mezzi di grande rendimento e mano d'opera numerosa e specializzata (compresi, nelle retrovie, operai civili). L'ordine di precedenza e la ripartizione dei lavori fra le varie armi sono fissati di volta in volta dai comandanti di grande unità che inseriscono le relative disposizioni negli ordini di operazione o quando il tempo ne consenta la compilazione in veri e propri progetti di difesa. Le unità zappatori-artieri delle divisioni di prima schiera e, se necessario, anche quelle di corpo d'armata, collaborano in un primo tempo alla sistemazione della posizione di resistenza (lavori sulle comunicazioni, costruzioni di appostamenti in cemento o caverna e di ricoveri alla prova per le riserve; attuazione di provvedimenti per la difesa collettiva antigas; costruzione di osservatori e posti di comando; mascheramenti. più complessi in collaborazione, se disponibili, con i reparti mascheratoti; preparazione di ostacoli anticarro, costituzione di campi minati; predisposizione di interruzioni stradali e ferroviarie e di distruzioni che non possano essere affidate a reparti di altre specialità; rivestimento di scavi; lavori in roccia mediante perforazione meccanica e opere in calcestruzzo o cemento armato; impianti più semplici per l'approvvigionamento idrico; impianto di magazzini di distribuzione e di avviamento di materiali e attrezzi del genio; impianto di laboratori campali per la preparazione di elementi di reticolato speditivo, materiali per rivestimenti, armature per ricoveri, ecc.). Quando lo sviluppo dei lavori sulla posizione di resistenza lo consenta, qualche reparto può essere spinto nella zona di sicurezza per preparare ostacoli ed interruzioni ed altri reparti, in particolare quelli di corpo d'armata, possono essere spostati in-
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dietro per lavorare sulle posizioni difensive retrostanti. Nell'imminenza dell'attacco nemico le unità zappatori-artieri sono ritirate dalle posizioni di resistenza e riunite sulle posizioni difensive retrostanti dove, se possibile, lavorano per migliorarne la sistemazione. I minatori provvedono alla predisposizione di interruzioni stradali e ferroviarie, di distruzione e, eventualmente, di inondazioni, sia sul terreno antistante alle posizioni sia nell'interno, sia nella zona retrostante. Essi concorrono altresl, sulle posizioni arretrate, alla esecuzione dei lavori di fortificazione e stradali in terreno roccioso. I pontieri: parte si disloca lungo i corsi d'acqua esistenti per stabilire, sorvegliare e tenere in efficienza i passaggi e per predisporre ed effettuare ali' occorrenza il ripiegamento dei passaggi o la loro distruzione; parte viene impiegata per preparare passaggi sui corsi d'acqua a tergo dello schieramento delle grandi unità allo scopo di creare nuovi itinerari indipendenti intesi a facilitare l' affluenza dei rinforzi e dei rifornimenti, od il deflusso delle truppe che debbono ripiegare, e di aumentare le comunicazioni stradali (arroccamenti) fra unità schierate a cavallo di un corso d'acqua per permettere il pronto spostamento delle riserve in qualsiasi direzione. Quando, trovandosi la posizione difensiva a cavallo di un corso d'acqua, il nemico possieda tratti a monte o possa ad esso avvicinarsi, i pontieri adottano i provvedimenti necessari per proteggere i passaggi dai galleggianti lanciati dal nemico; a loro volta in situazione rovesciata preparano galleggianti carichi di esplosivo da lanciare al momento opportuno alla deriva per cercare di distruggere i ponti nemici a valle. Telegrafisti e radiotelegrafisti impiantano, eserciscono e mantengono le reti dei comandi e quelle speciali che assumono nella difensiva grande sviluppo ed esigono particolari provvidenze perché ne sia assicurato il funzionamento. Gli aerostieri, particolarmente redditizi quando la posizione difensiva si sviluppi su zone pianeggianti e perciò scarse siino le possibilità degli osservatori terrestri, assicurano la completezza e la continuità dell'osservazione in quanto, stante la distanza alla quale è tenuto l'aerostato (circa 7 km) dalle posizioni più avanzate, esso non ha bisogno di spostarsi. L'impiego delle unità fotoelettricisti assume anch'esso nella difesa grande importanza ed ampio sviluppo per sventare incursioni notturne specialmente di carri armati, per eliminare zone di ombra delle quali potrebbe valersi l'attaccante e, nella difesa di un corso d'acqua, per sorvegliare di notte lo specchio d'acqua e la sponda avversaria, specie in corrispondenza degli accessi. I fotografi rilevano il progresso dei lavori e l'efficacia dell'occultamento e del mascheramento. I ferrovieri eseguono i lavori necessari per adattare la rete alle esigenze della difesa e per mantenerla in piena efficienza; in condizioni di terreno favorevole, impiantano ed eserciscono ferrovie da caro/
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po che allaccino le stazioni testa di linea e gli scali fluviali con i centri logistici, che consentano il rifornimento delle munizioni alle artiglierie di medio e grosso calibro, che siano mezzo sussidiario di trasporto per i reparti impiegati in lavori che richiedano movimenti e trasporti ingenti di materiali. I ferrovieri possono, inoltre, essere incaricati della preparazione di interruzioni ferroviarie (rottura di opere d'arte e del corpo stradale; guasti alle stazioni, agli impianti ed all'armamento). I teleferisti effettuano, specie in montagna, rifornimenti continuativi a truppe occupanti posizioni alle quali non si potrebbe accedere senza superare forti dislivelli e attraverso terreni impervi ed accidentati su cui sarebbe lungo costruire strade. In terreni pianeggianti, stabiliscono trasporti continuativi di materiali attraverso corsi d'acqua quando manchino i ponti, questi siano stati ritirati per le piene, o siano intensamente battuti dal nemico e concorrono ai trasporti di terra e di materiali durante l'esecuzione di speciali lavori. I mascheratori effettuano i lavori di mascheramento più urgenti ed importanti e controllano, specie all'inizio dei mutamenti di stagione quelli eseguiti da loro e dalle truppe delle altre armi e servizi. I meccanici-elettricisti mettono in efficienza tutte le risorse elettriche esistenti nella zona delle loro grandi unità, costruiscono nuove centrali ed ampliano quelle esistenti, sfruttando gli impianti già in esercizio, prolungano il più avanti possibile la rete di distribuzione, forniscono l'energia occorrente per azionare i macchinari dei cantieri e delle officine, gli impianti idrici di sollevamento, ecc., e provvedono alla elettrificazione degli ostacoli e dei punti di obbligato passaggio quando essa, per circostanze favorevoli di tempo o di luogo, possa riuscire di sorpresa per l'avversario. Gli idrici sono impiegati specialmente per far giungere l'acqua, mediante l'installazione e l'esercizio dei complessi di sollevamento in dotazione alle truppe dislocate su posizioni elevate, ove il rifornimento con altri mezzi riuscirebbe oneroso. In caso di stabilizzazione della fronte, possono essere chiamati ad eseguire impianti complessi con la messa in opera di centrali di sollevamento di grande potenza provvedute direttamente dall'industria civile. I pompieri si dislocano direttamente presso i centri logistici più importanti o sono tenuti in riserva presso i comandi di corpo d'armata. Nel ripiegamento il genio ha il compito di: rallentare l'avanzata del nemico ed ostacolarne le operazioni mediante l'attuazione di interruzioni e di distruzioni e la costituzione di sbarramenti con mine; facilitare il movimento delle proprie truppe che ripiegano; contribuire al rafforzamento ed alla difesa di posizioni su cui il comando intende opporre successive resistenze al nemico. Nella vasta gamma dei loro compiti: gli zappatori-artieri operano principalmente nel campo delle comunica-
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zioni (riattamento di tratti di strade e di ponti, costruzione di deviazioni per aggirare interruzioni od ostacoli, costruzione di raccordi, aumento della capacità logistica degli itinerari, costruzione di sbarramenti con mine, concorso all'attuazione di interruzioni e di distruzioni); i minatori attuano le interruzioni e le distruzioni predisposte o di circostanza; i pontieri assicurano i passaggi dei corsi d'acqua alle unità che ripiegano ed alle retroguardie, sgombrano i materiali recuperabili, sostituiscono quelli impiegati nei passaggi da mantenere sino all'ultimo con altri di circostanza, distruggono i materiali che non possono essere ripiegati (incendiandoli, rompendone i sostegni, abbandonandoli alla corrente o al!'affondamento); i telegrafisti e radiotelegrafisti mantengono i collegamenti specialmente radio ed ottici fra i comandi in ripiegamento, curano l'intercettazione e la radiogoniometria, distruggono, ove non sia stato possibile provvedere al ricupero ed allo sgombero, le linee, le centrali e le stazioni; gli aerostieri ripiegano mantenendo, quando sia possibile, il pallone in quota in modo da non interrompere l'osservazione; i fotoelettricisti ripiegano a scaglioni in modo che alcune stazioni fotoelettriche siano sempre in condizioni di funzionare a favore delle truppe e delle artiglierie più avanzate; i ferrovieri sono impiegati sulle linee ferroviarie da abbandonare per mantenervi, finchè possibile, un servizio ridotto e provvedono poi alle interruzioni delle opere d'arte, dell'armamento, degli impianti e dello stesso materiale rotabile non potuti ripiegare; i teleferisti provvedono al ripiegamento ed allo sgombero delle teleferiche, cominciando da quelle smontabili più leggere, e distruggono quelle permanenti e semipermanenti non sgombrabili; i meccanici elettricisti concorrono con i minatori alla distruzione di officine e di installazioni elettriche nelle zone da abbandonare; gli idrici concorrono anch'essi, con i minatori, alla distruzione degli impianti idrici ed alla interruzione delle grandi condotte che si teme possano essere sfruttate dal nemico; i pompieri, oltre a provvedere ai loro normali compiti, danno concorso agli incaricati di predisporre l'incendio dei più importanti magazzini e depositi da abbandonare. Le caratteristiche peculiari dei diversi ambienti operativi nei quali agiscono le grandi unità celeri, alpine e motorizzate accentuano od attenuano talune delle attività lavorative delle varie unità del genio. Nell'ambito della divisione celere l'importanza maggiore spetta al campo delle comunicazioni ed a quello dei collegamenti. Lo studio delle caratteristiche topografiche della zona in cui la grande unità deve agire, il risultato delle ricognizioni aeree, l'interpretazione delle fotografie servono a dare una prima idea dello stato della rete stradale e degli ostacoli da superare; le ricognizioni tecniche particolareggiate, che ufficiali del genio deb-
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bono effettuare su aerei o con automezzi, consentono al comando della grande unità la scelta a ragion veduta degli itinerari da seguire e forniscono al comandante del genio gli elementi per procedere alla ripartizione dei compiti e dei mezzi fra le unità disponibili. Il reparto zappatoriartieri provvede, normalmente, a riattare con sollecitudine le piccole interruzioni, e a sgombrare le strade dagli ostacoli particolarmente resistenti frapposti dal nemico alla avanzata e stabilisce rapidamente passaggi attraverso i corsi d'acqua, sia gittando passerelle regolamentari sia attuando traghetti con galleggianti requisiti sul posto. Reparti pontieri con equipaggi o sezioni di equipaggio di tipo leggero, autocarreggiati, assegnati alle unità celeri quando si preveda che queste debbano traversare corsi d' acqua di qualche entità sui quali manchino, siano insufficienti o siano interrotti i ponti, effettuano in un primo tempo traghettamenti con galleggianti sciolti, mossi possibilmente da motori fuori bordo, e appena le condizioni di sicurezza lo consentano, gettano ponti di equipaggio. I reparti telegrafisti e radiotelegrafisti assegnati alla unità celere provvedono al collegamento del comando dell'unità stessa con i comandi dipendenti e con gli aerei (campi di aviazione, aerei in volo) utilizzando i mezzi di più rapido impianto e di più adeguata portata: i mezzi radio anzitutto e, in determinate circostanze, i colombi ed i mezzi ottici. Nell'ambito della divisione alpina, le condizioni di ambiente che incidono particolarmente sull'impiego delle unità del genio sono le fronti vaste e discontinue, i ritardi frapposti dal terreno, il massimo valore del fattore tempo, il collegamento fra elementi frazionati, la localizzazione dei movimenti su di un numero limitato di itinerari, la vegetazione ed il clima con i suoi fenomeni improvvisi (nebbia, valanghe, frane, ecc.). Comunicazioni e collegamenti costituiscono la base dell'attività del genio. I problemi particolari degli zappatori-artieri riguardano i passaggi dei corsi d'acqua a regime spiccatamente torrentizio, i lavori stradali a carattere prevalentemente speditivo, la sistemazione delle piste, il riattamento d'interruzioni e la rimozione di ostacoli, l'impianto di telefori di circostanza, la costruzione di opere per facilitare l'azione di comando, l'eventuale impianto di sbarramenti d'arresto. Telegrafisti, radiotelegrafisti e fototelegrafisti debbono provvedere ad assicurare collegamenti solidi e sicuri, informati al criterio di decentramento, particolarmente difficili per le limitazioni imposte dalle accidentalità del terreno, dalla vegetazione e dal clima. L'impianto dei collegamenti a filo risulta di difficile stendimento per la lentezza dei movimenti sul particolare terreno. I mezzi ottici trovano condizioni favorevoli, ma la nebbia spesso ne impedisce l'impiego. Il più largo uso è, perciò, riservato ai mezzi radio (stazioni leggere e facilmente trasportabili). Quelli fototelefonici, capaci di realizzare corrispondenze
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celeri, evitando il pericolo di intercettazioni, integrano o sostituiscono i collegamenti a filo, quando difetti il tempo per il loro impianto. I fotoelettricisti sorvegliano le linee di facilitazione delle penetrazioni cercando il loro occultamento nelle risorse varie del terreno montano, più che nei ricoveri interrati o nelle caverne. I teleferisti, di assegnazione eventuale, impiantano teleferiche regolamentari per avviare al coperto e fino alle prime linee rifornimenti che altrimenti dovrebbero svolgersi lungo le vie di comunicazione scoperte. Anche nell'ambito delle unità motorizzate le unità del genio più impegnate sono gli zappatori-artieri, i telegrafisti, radiotelegrafisti, i fototelegrafisti ed i fotoelettricisti. La celerità dei movimenti subordinati alla natura ed allo sviluppo della rete stradale, la scarsa sicurezza in marcia e la forte profondità delle colonne esaltano la necessità di una rete stradale efficiente e di collegamenti rapidi e sicuri. Gli zappatori-artieri: riparano i danni prodotti alle strade dalle offese aeree o da artiglierie o da pattuglie nemiche; assicurano il passaggio di corsi d'acqua con i materiali regolamentari od in rinforzo; concorrono, con i pontieri, al gittamento di ponti; riattano le interruzioni; concorrono all'occupazione preventiva di posizioni e, quando occorra, al loro successivo rafforzamento; impiantano sbarramenti per favorire l'azione delle unità motorizzate, se chiamati a proteg,gere il ripiegamento di una grande unità celere. Telegrafisti, radiotelegrafisti, fototelegrafisti fanno largo uso delle stazioni r. t. , sia perché spesso manca il tempo necessario per l'impiego del filo al seguito delle colonne sia perché situazioni e terreno rendono in alcune circostanze molto efficace il contributo delle stazioni fototelegrafiche e fotofoniche. I fotoelettricisti nelle notti illuni possono facilitare il movimento di truppe e materiali su terreno vario, le operazioni di passaggio dei corsi d'acqua ed il controllo di presumibili direttrici di provenienza del nemico.
7.
La Memoria sull'organizzazione e sull'azione del genio in gue"a mise molto bene in evidenza la complessità dei rapporti e della cooperazione tra le varie specialità dell'arma e le altre armi ed individuò gli elementi essenziali e di fondo per l'impostazione, l'organizzazione e la condotta del combattimento in chiave di sforzi tattico-tecnici unitari dei quali una delle componenti irrinunciabili è appunto l'attività lavorativa del genio. Un'attività fattasi nel tempo sempre maggiormente pluridimen-
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sionale e plurivalente in tutte le fasi della guerra e della battaglia tendenti, a loro volta, a conferire sempre maggiore risalto tecnico agli atti strategici e tattici nonchè a quelli logistici nei quali esse si articolano. La Memoria, in sintesi, nonostante l'aridità e il tecnicismo degli argomenti e lo scolasticismo dell'esposizione, costitul un anello essenziale dell'intera regolamentazione d'arma elaborata in quegli anni, senza il quale l'intero corpus dottrinale sarebbe risultato vago ed incompiuto e, soprattutto, battaglie e combattimento non sarebbero apparsi nella loro nuova fisionomia caratterizzata, ad un tempo, dalla crescita quantitativa e qualitativa delle armi, dall'introduzione di nuove armi e di nuovi mezzi di movimento, e dalla sempre maggiore disponibilità di materiali e macchinari tecnici nel campo della fortificazione ed in quelli delle comunicazioni, dei collegamenti, dei trasporti, dei servizi e degli alloggiamenti. La fortificazione permanente e campale conservò, nel periodo tra le cfoe gncrrc mondiali, sebbene ispirata a criteri funzionali e costruttivi diversi dal passato, un'importanza di grande rilievo: la prima soprattutto ai fini della copertura, la seconda nel quadro della battaglia delle forze mobili come elemento di crescita dell'efficacia del fuoco , di diminuzione della vulnerabilità all'osservazione e al fuoco avversari, di facilitazione del proprio movimento e di ostacolo di quello nemico. A questo ultimo riguardo, la Memoria sull'organizzazione e l'impianto di sbarramenti nel combattimento d'arresto senza giungere a prefigurare quali sarebbero state le vaste dimensioni che da lì a poco avrebbe assunto la guerra delle mine, non mancò di mettere in giusta luce quali risultati si sarebbero potuti e dovuti conseguire dal razionale impiego di ostacoli attivi, variamente combinati con sistemi di distruzione e con ostacoli passivi sostenuti dal fuoco allo scopo di consentire l'economia delle forze e d'impedire od ahneno ostacolare fortemente il movimento di truppe nemiche in limitati settori e per un limitato tempo. Mediante l'impiego di mezzi semplici suscettibili di essere portati al seguito dei reparti anche in guerra di movimento, studiati in modo da poter raggiungere lo scopo voluto in breve tempo e senza dover ricorrere ad ingenti forze, dovevano essere messe in atto successive fasce di sbarramento realizzabili mediante la posa di campi minati e le infezioni del terreno prodotte da gas persistenti. Gli sbarramenti con campi minati dovevano essere valorizzati integrandoli con costruzioni od ostruzioni passive; gli sbarramenti con gas dovevano essere effettuati lontano dalle zone da difendere e intercalati agli altri ostacoli attivi e passivi. AI combattimento d'arresto doveva farsi ricorso: per la protezione dei fianchi e del tergo delle grandi unità
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durante le soste, l'avvicinamento e l'attacco; per la chiusura di falle comunque prodottesi durante il combattimento; per il ritardo dei movimenti dell'avversario durante il ripiegamento, facilitando cosl la rottura del contatto; per l'incanalamento nei boschi del movimento avversario in strisce del terreno appositamente lasciate sgombre dagli sbarramenti; per il rafforzamento della copertura delle frontiere, specialmente per impedire la sorpresa da parte di truppe motorizzate, sia quando fossero scarseggiate le opere di fortificazione, sia quando fosse occorso aumentare il valore di queste ultime. Il valore impeditivo di un determinato sistema di sbarramenti era valutato in funzione del tempo che il nemico avrebbe dovuto impiegare per superarlo e veniva fatto dipendere dall'estensione e dalla profondità, dalla densità dei mezzi impiegati, dalla quantità del fuoco di protezione e dalle possibilità di aggiramento. L'impianto dei mezzi di arresto spettava alle unità zappatoriartieri coadiuvate eventualmente da reparti chimici sotto la direzione dei comandanti del genio e sulla base delle disposizioni emanate dai comandanti delle grandi unità circa l'andamento e la profondità degli sbarramenti, il tempo disponibile per effettuarli ed il valore impeditivo da attribuire loro. L'intero sistema d'arresto impiantato nella zona di giurisdizione di una grande unità era suddiviso in zone d'arresto affidate alle compagnie zappatori•artieri ed in settori di arresto affidati ai plotoni zappatori-artieri. I settori risultavano da successive linee di sbarramento e di arresto di limitata profondità, impiantate a cura delle unità elementari di lavoro (squadre di 14 uomini o mezze squadre di 7 uomini). L'unità minima per l'impianto di sbarramenti era il plotone (comando: 1 ufficiale, 1 sottufficiale, 1 disegnatore, 1 porta ordini; 3 squadre, ciascuna comprendente 1 capo squadra capotai maggiore, 1 vice capo squadra caporale, 12 soldati) . I mezzi di più rapido impiego erano le mine di vario genere aventi i requistiti di potenza, di pronto e facile impiego e di sicurezza di maneggio; altri mezzi se pure di impiego eccezionale, erano gli aggressivi chimici. I mezzi attivi di maggiore effetto materiale e morale erano le mine automatiche - a strappo o a pressione - che, occultate, scoppiando per azione d'urto o di compressione, dovevano offendere il nemico, seminare il panico ed arrestarne l'avanzata e fare comunque perdere molto tempo determinando una sosta prolungata necessaria al riconoscimento del terreno ed alla rimozione dell'ostacolo . Come mezzi attivi di più pratico impiego erano previsti la mina antiuomo automatica a strappo, la mina antiuomo automatica a pressione, la cartuccia a gas, la mina automatica anticarro B2, le mine automatiche di circostanza e la mina automatica a pallette.
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L'Istruzione sulla fortificazione campale abrogò e sostituì l'analoga pubblicazione del 1897, l'Istruzione sui lavori del campo di battaglia del 1913, la Traccia per l'esecuzione dei lavori di fortificazione campale del 1925 e l'Istruzione per la costruzione ed occupazione di trinceramenti e ricoveri di neve. Essa riordinò l'intera materia distinguendo quella d'interesse generale, comune a tutte le armi, da quella specifica per il genio. Gli elementi della fortificazione campale, classificati in relazione alle singole funzioni principali, conservarono il valore di fattori incrementali della capacità operativa della unità, in modo particolare nell'azione difensiva. La fortificazione campale, intesa come l'insieme dei lavori da eseguire sul campo di battaglia per aumentare l'efficacia del proprio fuoco (postazioni delle armi, sgombero del campo di tiro, osservatori, ostacoli), per diminuire l'efficacia del fuoco nemico (mascheramenti, ricoveri) e per favorire la propria manovra ed ostacolare quella dell'avversario (comunicazioni, distruzioni) - mantenne il carattere di funzione esclusiva del comando tattico al quale continuò ad appartenere la competenza dell'impostazione e dell'organizzazione. La sua esecuzione - compito di tutte le armi - continuò ad obbedire ai criteri di progressività e di ordine di priorità già sanciti nel passato. Ciò che cambiò furono in parte i criteri ed in parte le modalità dello schieramento e della tecnica di costruzione dei vari elementi. Il nuovo regolamento dette risalto all' occultamento, al mascheramento da attuare con mezzi naturali e artificiali ; indicò le caratteristiche proprie degli appostamenti per la fanteria (appostamenti collettivi, trincee), delle postazioni per le artiglierie (postazioni in barbetta, postazioni per bombarde), degli osservatori terrestri (posti vedetta e osservatori), dei ricoveri (ricoveri negli appostamenti e camminamenti, ricoveri fuori dagli appostamenti e camminamenti, ricoveri per posti di comando, per posti di medicazione e per posti di smistamento), delle comunicazioni (camminamenti scoperti, comunicazioni superficiali: mulattiere, sentieri, piste, piste di legno, gradinate, scale a pioli), dell'ostacolo (reticolato a siepe, normale alto, basso, groviglio, gabbioni a maglia di filo di ferro spinoso, gabbioni cilindrici e a spirale, cavalli di frisia, istrici, abbattute; ostacoli anticarro: reticolati d'albero, parapetti di tronchi appoggiati a terrapieno, sbarramenti con mine anticarro), delle distruzioni (rottura di legnami, distruzione di ponti di legno, demolizione di muri, di ponticelli, di piastre metalliche, di ferri sagomati, di funi metalliche, di sbarre di ferro, di tubi o di colonne di ferro vuote di strade ferrate, distruzione di tratti di reticolati, rottura di bocche da fuoco, rottura di ghiaccio) e dei lavori per lo sgombero del campo di tiro; dettò le norme per l'organizzazione e l'esecuzione di tut-
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ti i principali lavori e fissò le prescrizioni per l'addestramento alla loro esecuzione. Al ripudio della guerra di trincea non si accompagnò, dunque, quello della fortificazione campale alla quale, anzi, in ragione dei perfezionamenti tecnici conseguiti e delle maggiori e più appropriate disponibilità delle attrezzature meccaniche per realizzarla, venne confermato il ruolo di mezzo d'azione fondamentale, non meno del fuoco e del movimento, per il successo della manovra tattica e addirittura di quella strategica (guerra d'arresto). Lo stesso ruolo sul piano concettuale continuò a essere attribuito alla fortificazione permanente e semipermanente nel quadro della copertura, costruendo, in corrispondenza delle frontiere, sistemi fortificati di chiusura delle vie di penetrazione impostati ed organizzati sulla base di criteri prevalentemente difensivi. Le opere fortificate costruite nel periodo fra le due guerre ebbero caratteristiche diverse da quelle ideate e realizzate prima del 1915, la maggior parte delle quali, eccezione fatta per quelle dotate di artiglierie protette da coperture corazzate, vennero dismesse e destinate a depositi di materiali o di munizioni. Le nuove opere ebbero mole minore rispetto ai vecchi forti e furono armate con cannoni di medio o piccolo calibro e con mitragliatrici. Il concetto-guida della nuova fortificazione fu il centro di resistenza, vale a dire un complesso autonomo di opere caratterizzato dall'impenetrabilità e dalla reattività a 360 gradi. Ciascuno di questi avrebbe dovuto costituire un perno di "appoggio e di manovra per lo schieramento, negli interspazi delle grandi unità mobili, avvalentesi, anche queste, di ripari, ricoveri e postazioni semipermanenti o campali. Le opere complesse, veri e propri fortilizi, resistenti ai medi calibri, furono poste, anche in profondità, a sbarramento delle principali direttrici operative ed a loro corona vennero costruite opere semplici con compiti antifanteria, dotate di sole mitragliatrici, a mo' di difesa ravvicinata seppure, almeno in parte, collegate mediante cunicoli o camminamenti alla opere complesse. Condizionato dalle esperienze della prima guerra mondiale, al pari di quello francese, lo stato maggiore dell'esercito italiano non ebbe però la disponibilità finanziaria per costruire sistemi fortificati profondi e raffinati come le linee Maginot e Sigfrido e fu costretto, suo malgrado, a rinunziare a mettere in sicurezza il confine nazionale mediante la costruzione di un sistema fortificatorio su linee successive, potentemente armato e protetto che, inserito nel baluardo naturale delle Alpi, desse garanzia d'inviolabilità da ovest, da nord e da est. Fu solo dopo il 1930 che la Commissione suprema cti difesa ed il Consiglio dell'esercito avviarono un piano di potenziamento della copertura entro limiti di spesa modesta e di tempo
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molto lunghi. Al rafforzamento della copertura si dette corso solo nel 1938 mediante la messa in cantiere di opere fortificate di rapida utilizzazione e la costituzione del corpo speciale - la guardia alla frontiera - destinato a presidiarle. Allora accadde che si dovè necessariamente pensare, più che ad altro, ad opere semplici e ad un'organizzazione piuttosto lineare impostata essenzialmente sulle mitragliatrici e sui cannoni controcarro, utilizzando per le artiglierie le opere esistenti o in costruzione e abbozzando un secondo sistema fortificato non più continuo, ma localizzato sulle principali vie di facilitazione e collegato al primo mediante bretelle di raccordo allo scoperto. Le artiglierie vennero portate allo scoperto e cosi anche molte mitragliatrici e pezzi controcarro affidati alla guardia alla frontiera. Le accelerazioni date ai lavori nel 193 9, e nel primo semestre del 1940, specialmente in corrispondenza del confine con la Francia, non valsero a conferire al complesso fortificatorio italiano quel minimo di completezza, profondità, robustezza e flessibilità soddisfacente ai fini della tenuta nel caso di investimento. In fatto di fortificazione permanente, della quale nessuno aveva mai contestato l'attualità, si verificò lo stesso ritardo di attuazione registrato nel programma di rinnovamento delle artiglierie e dei carri armati, con l' aggravante che vi furono anche ripensamenti di carattere concettuale come il ritorno, all'inizio del 1940, alle opere complesse, capaci di sopravvivere all'accerchiamento. Quale sarebbe stata la sorte di una fortificazione cosi disorganica, incompiuta, discontinua e difettosa di profondità se avesse dovuto subire il collaudo della guerra? Questo mancò dovunque in corrispondenza delle frontiere metropolitane, ivi compresa la frontiera con la Francia, dove le brevi operazioni si svolsero sul versante francese; vi fu, invece, sulla frontiera libico-egiziana e nella piazzaforte di T obruch: sulla prima senza risultati positivi apprezzabili; a T obruch con vantaggi per chi seppe utilizzare la fortificazione permanente come ossatura di un sistema di capisaldi presidiati da forze statiche, sostenute da unità mobili di riserva in grado di conferire alla difesa l'elasticità e la reattività indispensabili a garantire la capacità di tenuta. Accenneremo più avanti a quali saranno le conclusioni che si potranno trarre, alla fine della seconda guerra mondiale, sul ruolo svolto dalla fortificazione permanente e semipermanente sulle varie fronti, ma per quanto ha tratto alle operazioni dell'esercito italiano tale ruolo non ebbe occasione di palesati. Sarebbe comunque errato concludere che sarebbe stato meglio deviare le risorse consumate nella fortificazione permanente verso altri settori e direzioni perché nessun esercito europeo, neppure il più evoluto e progredito, pensò nel periodo tra le due guerre mondiali
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che la fortificazione permanente avesse fatto il suo tempo e non avesse ancora, una volta ammodernata opportunamente nei criteri d'impostazione e nelle tecniche di costruzione, una parola importante da esprimere ed una portata di rilievo da esercitare anche nell'ambito della guerra di movimento. Anche se non determinò conseguenze negative su quello che sarà l'andamento della guerra, la mancanza di un efficiente sistema fortificato permanente sulle frontiere con la Francia, con la Germania e con la Jugoslavia entra a buon diritto a far parte dell'insieme dell'impreparazione che caratterizzò la politica militare italiana dal 1918 al 1940.
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NOTE AL CAPITOLO XXXI (1) Comando supremo. Comando generale dell'artiglieria. Ricordi tattici per l'ufficiale d'artiglieria. Laboratorio foto-litografico del Ministero per le armi e munizioni, Roma, agosto 1918. La pubblicazione - 313 pagine, 424 paragrafi - è articolata in 6 parti. La parte prima - Criteri generali d'impiego dell'artiglieria - comprende 4 capitoli: I «Determinazione dei mezzi» (generalità, fase di preparazione di un attacco, fase di contropreparazione, fase dell'attacco, fase del contrattacco); II «Assegnazione delle artiglierie alle grandi unità e loro raggruppamento tattico»; III «Schieramento delle artiglierie» (principio dello schieramento, schieramento difensivo, passaggio allo schieramento offensivo); IV «Praparazione» (studio delle posizioni, postazioni, disposizioni protettive dai gas, documenti, esplorazione, osservazione, collegamenti, reti telefoniche, aggiustamenti, munizionamento). La parte seconda Impiego dell'artiglieria nella difensiva e nell'offensiva - comprende 2 capitoli: V «L'artiglieria nell'azione difensiva» (generalità, azione di contrabatteria di distruzione, ufficio controbatteria d'armata, funzionamento dell'ufficio di controbatteria, norme per l'esecuzione del tiro di controbatteria di distruzione, modalità di fuoco di controbatteria, segnalazione del risultato dei colpi; contropreparazione: sbarramento e interdizione, generalità, organizzazione del tiro di sbarramento, preparazione del tiro di sbarramento; collegamento ed osservazione; esecuzione del tiro di sbarramento; repressione, azioni contro obiettivi vari, concentramenti di fuoco) ; VI «L'artiglieria nell'azione offensiva» (compiti, preparazione dell'attacco, ripartizione degli obiettivi, norme di esecuzione, accompagnamento delle fanterie, loro protezione, sbarramento delle posizioni conquistate, controbatteria di neutralizzazione, concentramenti) . La parte terza comprende 3 capitoli: VII «Preparazione del tiro», VIII «Puntamento» (varie specie di puntamento, puntamento preparato, puntamento ordinario); IX «Esecuzione tecnica del tiro» (generalità, nozioni teoriche sul tiro, movimento nel vuoto, resistenza dell'aria, movimento nell'aria, tavole balist_iche, regole per il tiro teso, tavole di tiro, dati di precisione, impiego delle tavole di tiro, problemi di tiro curvo, tiro al di sopra di ostacoli, dati di efficacia, tavole di tiro grafiche, impiego delle tavole di tipo grafiche, condotta del fuoco, perfezionamento del tiro, peso del proietto, densità dell'aria, velocità iniziale, vento). La parte quarta - Dati sommari descrittivi e dati pratici di efficacia delle bocche da fuoco comprende 2 capitoli: X «Dati sommari sulle artiglierie»; XI «Dati pratici di efficacia delle bocche di fuoco» (efficacia dei mezzi a disposizione, risultati che si conseguono sui reticolati e sulle trincee con le varie specie di bocche da fuoco, distruzione dei reticolati, computo del munizionamento occorrente, distruzione di trincee e camminamenti, distruzione di appostamenti per mitragliatrici e di osservatori e ricoveri, distruzione di fabbricati e di strade ferrate; effetti sulle artiglierie nemiche; tiri di sbarramento; proietti speciali).
(2) Stato maggiore del R. Esercito. Reparto Operazioni. Ufficio «A». Norme per l'impiego dell'artiglieria. Stabilimento poligrafico per l'amministrazione della guerra, Roma, 1921. La pubblicazione - 94 pagine, 181 paragrafi, una appendice, 1 allegato - comprende 4 capitoli: I Generalità (compiti e tiri dell'artiglieria, ordinamento e dipendenze, attribuzioni dei comandi); II Schieramento (criteri generali, schieramento di sicurezza, schieramento rinforzato offensivo, schieramento rinforzato difensivo); III Impiego dell'artiglieria nel combattimento (premessa; offensiva: generalità, preparazione immediata, avanzata delle fanterie, mantenimento della posizione conquistata, prosecuzione dell'offensiva e sviluppo del successo; difensiva: generalità, azione difensiva con lo schieramento rinforzato: premessa, contropreparazione preventiva, contropreparazione immediata; azione difensiva con lo schieramento di sicurezza: premessa, colpi di mano e.piccole operazioni offensive; azioni di sola artiglieria; azione difensiva contro attacchi in fqrza e contro colpi di mano); IV Norme per
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l'organizzazione dell'azione di artiglieria (organizzazione del tiro; generalità, studio dei bersagli, documenti di tiro e inquadramenti, istruzioni ed esercitazioni, osservazione, organi, servizi; collegamenti: generalità, collegamento tra i vari comandi d'artiglieria, collegamento tra comandi e reparti di artiglieria e gli organi di osservazione, collegamento tra i comandi cli artiglieria e la fanteria; servizio delle munizioni). L'appendice contiene i fac-simili dei progetti d'impiego d'artiglieria nell'azione offensiva e nell'azione difensiva. L'allegato è riferito ai dati di efficacia delle varie bocche da fuoco. (3) Ministero della Guerra. Ufficio del generale a disposizione per l'arma cli artiglieria. Istruzione sul tiro per l'artiglieria Parte Il. Edizione 1924. Stabilimento poligrafico per l'am-
ministrazione dello Stato, Roma, 1924. La pubblicazione - 514 pagine, 725 paragrafi, 19 allegati - è ripartita in 7 capitoli: I Puntamento; II Ricognizioni; Ili Preparazione del tiro; IV Osservazione e collegamenti; V Condotta del fuoco; VI Impiego del fuoco e organizzazione dei tiri; VII Esercitazioni di tiro a proietto. (4) Veds. Nota n. 45 e 48 del capitolo XXI e note 18, 19, 20 e 21, del capitolo XXIV. (5) Ministero della guerra. Comando del corpo di stato maggiore. Ufficio addestramento. Circ. n. 3500, 21-IV-1935. Armamento della fanteria e de/l'artiglieria anno XIII. Azioni di fuoco. Tipografia del comando del corpo di S.M., Roma, 1935. (6) Ministero della guerra. Comando del corpo di S.M. Ufficio addestramento. Circ. n. 8000, 9-VIIl-1935. Norme d'impiego delle armi dell'anno XIII. Roma, 1935. (7) Ministero della guerra. Gabinetto. Circ. n. 68000, 10-IX-1936. Spunti tattici d'attualità. Avanguardia. Armi di accompay,amento. Artiglierie divisionali. Tipografia del comando del corpo di S.M., Roma, 1936. (8) Ministero della guerra. Ispettorato dell'arma di artiglieria. Addestramento de/l'artiglieria. Volume lii. Impiego e addestramento tattico. Parte 1 a. L'artiglieria nel combattimento. Arti grafiche Ugo Pinnaro, Roma, Via Pompeo Magno 29, 1937. La pubblicazione - 124 pagine, 191 paragrafi - comprende una premessa, 14 capitoli ed una conclusione. Capo I Generalità. Capo II Il fuoco (il fuoco in relazione ai suoi effetti; azioni di fuoco; azioni complesse di fuoco; organizzazione del fuoco; rifornimento delle munizioni). Capo III Movimento. Capo IV Ordinamento e dipendenze. Capo V Cooperazione. Capo VI Schieramento. Capo VII L'artiglieria nella divisione di fanteria (azione offensiva; azione difensiva). Capo Vili L'artiglieria nella divisione cli 2• schiera. Capo IX L'artiglieria nella divisione alpina. Capo X L'artiglieria nella divione celere. Capo XI L'artiglieria nella divisione motorizzata. Capo XII L'artiglieria di corpo d'armata. Capo XIII L'artiglieria d'armata. Capo XIV L'artiglieria e i carri armati. (9) Ministero della guerra. Ispettorato dell'arma di artiglieria. Manuale pratico di tiro ad uso degli ufficiali di complemento di artiglieria divisionale. Istituto poligrafico dello Stato, Libreria, Roma, 1938. La pubblicazione - 320 pagine, 190 paragrafi, 5 allegati - comprende: Generalità sul tiro (definizioni, la dispersione del tiro), 4 capitoli e 3 appendici. Capo I Osservazione del tiro (osservazione terrestre, osservazione aerea). Capo II La preparazione del tiro (generalità, preparazione del puntamento in direzione, preparazione del puntamento in elevazione, determinazionie dei dati cli tiro iniziali, tiro al di sopra di ostacoli o di truppe amiche). Capo III Esecuzione del fuoco (generalità, determinazione dei dati di efficacia mediante aggiustamento nel tiro a percussione con osservazione assiale, aggiustamento nel tiro a percussione con osservazione unilaterale, determinazione dei dati di efficacia mediante aggiustamento nel tiro a tempo, aggiustamento nel tiro a tempo con osservazione unilaterale, determinaziom: <lt:i tiri di efficacia mediante il calcolo, determinazione dei dati di efficacia mediante uti-
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lizzazionc dei tiri precedentemente eseguiti, tiri di efficacia). Capo IV Determinazione delle caratteristiche di regime. Appendice I: Operazioni topografiche di più frequente impiego in artiglieria (misura di distanze; determinazione di un punto; calcolo delle quote). Appendice Il: La preparazione del tiro nel gruppo. Appendice III: Compiti del sottocomandante di batteria per il puntamento e tiro. Allegato I: Modalità di esecuzione del fuoco. Allegato Il: Comandi e avvcrtimeti da impiegare per il puntamento e l'esecuzione del fuoco. Allegato ili: Dati e simboli contenuti nelle tavole di tiro. Allegato IV: Grafico per le correzioni percentuali in distanza. Allegato V: Pianta di batteria. (10) Vcds. precedentemente nota n. 4. L'lst,uzione sul tiro cdiz. 1932 costitul il IV volume della serie di pubblicazioni riguardanti l'Addestrammto dell'Artiglieria. Essa si suddivise in 5 parti: 1 • Nozioni teoriche, 2• Tiro contro obiettivi terrestri, articolata in due pubblicazioni distinte: una contenete il testo, l'altra gli alkfpti. 3 1 Tiro contro obiettivi aeromobili. 4 1 Tiro contro gli obiettivi navali. .5• St1umenti e meui recnici per il tiro. L'lst,uzione sul tiro del 1932 conservò, anzi accentuò rispetto al passato, il carattere di un trattato tecnico-scientifico sul tiro, adatto cd utile come testo di studio nelle scuole, e in particolare dell'accademia di artiglieria e del genio, ma andò oltre i limiti propri di un regolamento pratico di guida per la preparazione, l'organizzazione e la condotta del fuoco in combattimento da parte dei comandanti delle unità dell'arma, dei quali un po' meno della metà, nell'ottobre del 1939, risulteranno essere ufficiali di complemento che avevano frequentato corsi della durata di 5-6 mesi come allievi cd avevano prestato servizio come aspiranti e sottotenenti per altri 6-7 mesi (in servizio di prima nomina). Da qui l'esigenza della citata pubblicazione (Veds. precedente nota n. 9) Manuale pratico di tiro ad uso degli ufficiali di complemento di artiglieria divisionale. La tendenza ad approfondire sempre più e sempre meglio gli aspetti tecnici del tiro - di per sé valida e utile - se da una parte valse ad elevare il grado della cultura professionale dei quadri in servizio permanente, dalJ' altra non sempre giovò alla prontezza e flessibilità degli interventi sul campo di battaglia, dove l'urgenza, l'intensità e la sorpresa del fuoco fanno quasi sempre premio rispetto al perfczionamento del tiro. L' Ist1uzione per i reparti specialisti costituì il V volume della serie di pubblicazioni riguardanti l'Addestramento dell'artiglieria. La prima parte vide la luce nel 1936; le altre parti tra il 1937 cd il 1938. (11) Lo stato maggiore dell'esercito fece conoscere all'Ansaldo solo nel dicembre del 1940 le specifiche tattiche e tecniche dd semovente di artiglieria. Il 10 gennaio 1941 la ditta presentò un modello in legno a grandezza naturale dd nuovo mezzo; il 10 febbraio 1941, venne realizzato il prototipo che poté eseguire le prove di tiro a Cornigliano. Nel corso del 1941 vennero costituiti i primi due gruppi di semoventi da 7.5/18 che furono subito avviati in Libia. Essi ebbero il battesimo di fuoco nei ranghi della divisione corazzata Ariete durante l'offensiva di alleggerimento delle truppe italo-tedesche nel gennaio del 1942. Esso si dimostrò molto utile, specialmente quando poté utilizzare la nuova granata EP, a pronto effetto, a carica cava che suppD in un certo modo alla bassa velocità iniziale della bocca da fuoco. Fino al 1943 il 75/18 fu adoperato con buoni risultati sui vari fronti africani, dalJ'Egillo alla Tunisia, successivamente, nelle varianti su scafi M 14 ed M 1.5, venne impiegato anche sul &onte italiano. Un certo numero di esemplari fu equipaggiato anziché con il pezzo da 7.5/18 con quello da 75/32, munito di freno di bocca e dotato di una velocità iniziale maggiore, nonché con il successivo pezzo da 75/34 progettato per armare il carro armato P-40. Nel!' aprile del 1942 venne impostato il 10.5/23 che venne messo a punto circa un anno dopo e venne prodotto in circa 80 esemplari che vennero poi impiegati, dopo 1'8 settembre del 1943, dai tedeschi sulla fronte italiana. I tedeschi, probabilmente per la difficoltà di 1eperire masse oscillanti del 10.5/23, installarono sullo scafo M 1.5 del semovente da 10.5/23, un pezzo da 7.5 controcarro; il semovente così ottenuto fu impiegato - una quindicina di esemplari - lungo la linea gotica. Oltre i semoventi da 7.5/18, da 75/32 e da 75/34, su scafi M 13, M 14 e M 15, ed il semovente da 10.5/23, su scafo M 1.5, l'esercito italiano utilizzò in larga misura il semovente
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da 47/32 su scafo del carro armato L 6 (L. 40) soprattutto in Russia ed in Tunisia. Non fu un mezzo di particolari prestazioni e costituì, praticamente, una variante cingolata del corrispondente cannone a ruote che equipaggiò la fanteria italiana. Come mezzo controcarro non dette, stanti i nuovi tipi di carro armato contro i quali venne impiegato in manca~za di altro, risultati remunerativi e, praticamente, si dimostrò del tutto inadeguato alle operazioni della seconda metà del conflitto. Va rilevata la rapidità con la quale venne progettato e prodotto il semovente da 75/18. Se vi si fosse pensato in tempo, avrebbe potuto essere disponibile fin dalla primavera del 1940. In funzione controcarro venne utilizzato, dalla primavera del 1942, anche il nuovo cannone da 90/53, nato per l'impiego contraerei (velocità iniziale: 840 metri/secondo). Durante l'offensiva che ebbe inizio nel maggio del 1942 in Africa settentrionale, la divisione Ariete dispose di un gruppo di pezzi da 90/53 montati su automezzo, sulla scia di quanto venivano facendo i tedeschi con il loro pezzo da 88. Nell'estate del 1943 la Breda approntò un autocarro blindato a 3 assi per installarvi a mo' di semovente il 90/53, ma non poté passare alla produzione in serie per il sopraggiungere dell'8 settembre. La variante autocarrata fu invece montata su autocarri Spa o Breda, fornita cli scudo protettivo e destinata alla difesa contraerei, ma spesso utilizzata per il tiro controcarri o contro postazioni fisse. Per il tiro controcarri si continuò ad usare per tutto il resto della guerra la normale dotazione di cannoni trainati su affusto campale a crociera, il che ne rendeva l'impiego meno agile e meno pronto. (12) Ministero della guerra. Comando del Corpo di Stato Maggiore. Ufficio Addestra mento. Cin:. n. 6800, 20-V-1938. Note sull'impiego delle minori unità di fanteria e artiglieria nella guerra di Spagna. Roma, 1938. (13) Ministero della guerra. Comando del Corpo di Stato Maggiore. Ufficio Addestramento. Circolare n. 9000, 28-X-1938. La dottrina tattica nelle realizzazioni dell'anno XVI. Roma, 1938. (14) Veds. nota n. 48 del capitolo XXI e nota n. 98 del capitolo XXIV. (15) Ministero della guerra. Ispettorato del genio. Memoria sull'organizzazione e sull'azione del genio in guerra. Tipo-lito officina militare di R.T. ed E.T., Roma, 1935. La pubblicazione - 137 pagine, 99 paragrafi - consta di 9 parti. La prima parte Generalità comprende 6 capitoli: I Il genio nell'esercito operante. II Il comando generale del genio ed i comandi del genio di grande unità. III Le truppe del genio. IV Caratteristiche e compiti delle grandi unità. V Concetti fondamentali d'impiego. VI I servizi del genio. La seconda parte Il genio durante la mobilitazione e la radunata comprende 2 capitoli: VII Il genio nella copertura. Vlll Il genio nella zona cli radunata. La parte terza Il genio durante il movimento e le soste comprende anch'essa 2 capitoli: IX Il movimento, X Le soste. Anche la parte quarta Il genio nell'azione offensiva è articolata su 2 capitoli: XI Organizzazione del1'attacco,.XII Esecuzione dell'attacco e sfruttamento del successo. La parte quinta - Il genio nell'azione difensiva - è costituita da un solo capitolo: XIII Organizzazione e condotta della difesa. La sesta parte si articola in 2 capitoli: XIV Inseguimento, XV Ripiegamento. La parte settima Il genio nelle unità celeri comprende un unico capitolo: XVI Il genio nelle unità celeri; cosl la parte ottava: li genio nella divisione alpina e la parte nona: Il genio nelle unità motorizzate. (16) Ministero della guerra. Ispettorato dell'arma del genio. 1 a Serie di aggiunte e variati alla Memoria sulla organizzazione e su/l'azione del genio in guerra. Tipo-lito Offic. delle Milit. delle trasmiss., Roma, 1936. (17) Ministero della guerra. Ispettorato del!' arma del genio. Memoria su/l'organizzazione e sull'azione del genio in guerra. Appendice. Istituto poligrafico dello Stato. Libreria, Roma, 1938. T·" puhhlirn?.ione raccoglit- 38 tabt-llt- riguardanti i dati tecnici dei lavori e dei mezzi. Lavori di fortificazione campale: 1 Scavo delle terre. 2 Scavo di roccia con petardi. 3 Lavori
CAP. XX XI - !.'IMPIEGO DI ARTIGUERIA E GENIO TRA LE GUERRE MONDIAIJ
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di mina. 4 Reticolai i. Interruzioni e distruzioni: 5 Classifica e dipendenza delle interruzioni. 6 Servizio delle interruzioni. 7 Interruzioni delle comunicazioni. 8 Tipi di cartucce impiegate nei lavori di mina. 9 Pormule generali per la determinazione e il calcolo delle cariche. Mezzi di arresto: 1OMine regolamentari. Mezzi per il passaggio dei corsi d'acqua: 11 Passerella N. 1. 12. Z au era K.13 Passerella n. 2 . 14 Passerella da montagna. 15 Ponte di equipaggio N. O. 16 Ponte di equipaggio n. 1. 17 Ponte di equipaggio n. 2. 18 Ponte di equipaggio n. 3. 19 Ponte metallico n. 1. 20 Ponte metallico n. 2. 21 Ponte metallico n. 3. 22 Traghettamento con materiale da ponte d'equipaggio n. 1. Mezzi di collegamento: 23 Conduttori rivestiti per linee campali . 24 Materiali tdegrafici e telefonici di stazione. 25 Stazioni r.t. e r.f.; 26 Posti r.t. campali. 27 Materiali vari per il servizio dei collegamenti r.t. 28 Dati tecnici sulle stazioni r.t. e r.f. 29 Dati tecnici sui materiali r.t. speciali. 30 Apparati fototelegrafici: 31 Stazioni fot otelefonichc. Stazioni fotoelettriche: 32 Stazioni fotoelettriche campali. Teleferiche: 33 Teleferiche. Sistemi vari . 34 Stazioni per teleferiche. 35 Teleferiche regolamentari. 36 Personale tempo occorrenti per il montaggio delle teleferiche regolamentari. 37 Mezzi per il trasporto delle teleferiche. 38 Telefori. (18) Ministero della guerra. Ispettorato del genio. Memoria sull'organiuazione e l'impianto di sbarramenti nel combattimento d'arresto. Tipo-lito officina militare delle trasmissioni, Roma, 1935. La pubblicazione - 67 pagine, 112 paragrafi, 1 allegato - è suddivisa in 4 parti. La parte prima Generalità. l'ersomale. Mez:t.i c.:umprende 3 capitoli: I Generalità, II Personale, III I mezzi per l'impianto di sbarramenti. La parte seconda Tmpiego dei mezzi di arresto comprende i capitoli: lV infezione del terreno. V Impianto dei campi minati con mine a strappo ed a pressione. VI Sbarramenti stadali. VII Ordini e documenti relativi all'impianto di sbarramenti. VIII Sgombro dei campi. IX Dati pratici relativi all'impianto ed allo sgombro dei campi minati. La parte terza Impiego del per..onale comprende i capitoli: X Impiego della mezza squadra XI Impiego della squadra XII Impiego del plotone XIII Compiti del comandante di compagnia zappatori-artieri XIV Compiti del comandante del genio. La parte quarta Rimozione ed attraversamento degli sbarramenti impiantati dal nemico è composta del solo capitolo XV. L'allegato contiene le norme per i giudici di campo durante le esercitazioni di combattimento d' arresto. (19) Ministero della guerra. Ispettorato dell'arma del genio. Istruzione sulla fortificazione campale. Vol. I (comune a tutte le armi) . Istituto poligrafico dello Stato, Libreria, Roma, 1935. La pubblicazione - 165 pagine, 207 paragrafi , 1 appendice con 4 specchi - è suddivisa in 3 parti. La prima parte Gli elementi della fortificazione campale comprende 9 capitoli: I Il mascheramento. II Gli appostamenti per fanteria. III Le postazioni per le artiglierie. IV Lo sgombero del campo di tiro. V Gli osservatori terrestri. VI L'ostacolo. VII I ricoveri . VITI Le comunicazioni. TX Le distruzioni. La parte seconda Norme per l'organizzazione e l'esecuzione dei lavori di fortificazione campale è articolata in 2 capitoli: X Organizzazione dei lavori. Xl Modalità di esecuzione dei principali lavori. La parte terza Norme per l'addestra, mento alla esecuzione dei lavori di fortificazione campale consta dd solo capitolo Xll. Negli specchi dell'Appendice sono indicati i valori degli spessori dei ripari e delle coperture per ottenere la protezione dal tiro delle artiglierie e dai tiri di fucileria e mitragliatrici calibro 8 alle medie distanze e i tempi medi occorrenti per la costruzione di trincee e di ostacoli con filo di ferro spinoso. (20) Ministero della guerra. Ispettorato dell'arma del genio. Istruzione sulla fortificazio ne campale. Voi. II (per il genio). Istituto poligrafico dello Stato, Libreria, Roma, 1937. La pubbicazione - 85 pagine, 122 paragrafi - comprende 2 parti. La prima Generalità consta di 3 capitoli: I Cenno sugli effetti dei proietti di artiglieria. II Norme per la costruzione di elementi di fortifi cazione in caverna. III Norme per la costruzione di opere in calcestruzzo semplice ed armato. La sernmla Gli elementi della fortificazione - 4 capitoli: IV Organi di fuoco. V O sservatori terrestri . VI Ostacoli. VII Ricoveri.
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INDICE
Presentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
CAPITOLO
xx - POLITICA
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3
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5 8
E STRATEGIA TRA LE DUE GUERRE
MONDIALI
1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9.
La Società delle Nazioni ............................ La Germania ...... ........ . ................. ... .. L'Unione Sovietica ................... . .. . ......... L 'Italia .... .. .............. ....... ............ ... Il Giappone ...................................... Gli Stati Uniti d'America . ............ .. . ........... La Gran Bretagna . .. ...... . ... .. ............... ... La Francia . , . .. ................... . ..... ...... ... L'evoluzione delle dottrine e dell'armamento ......... . ..
CAPITOLO XXI -
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13
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21
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27
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30 33
»
49 52 56
36 39
GLI ORDINAMENTI DELL'ESERCITO ITALIANO DAL
1918 AL 1926
1. L'incertezza della situazione ...................... . .. . 2. L'ordinamento Albricci . .. . . .. ... . .................. . 3. L 'ordinamento Bonomi .......... .... ..... ........ .. . 4. La «nazione armata» nei progetti Gasparotto e Di Giorgio .. . 5. L 'ordinamento Diaz ... ............. ............ .... . 6. Evoluzione dell'organizzazione di comando dell'amministrazione centrale e di quella peri/erica ...... ....... ....... .. ... . 7. La legge che costituisce la carica di Capo di stato maggiore generale e la legge per la mobilitazione nazionale ............ . . . 8. Lo sviluppo della regolamentazione dal 1918 al 1926 ...... . 9. L'ordinamento Mussolini .. .. ............... . ... . .... .
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59
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66
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70
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76
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82
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FILIPPO STEFANI
CAPITOLO XXII
L'AZIONE OFFENSIVA DAL 1918 AL 1935
1. Le pubblicazioni dottrinali ufficiali ......... - .. ......... 2. L'azione offensiva nelle Direttive del 1918 .. . ...... - ..... 3. L'azione offensiva nelle Norme del 1928 ............. ... 4. L'esplorazione avanzata (aerea, lontana e vicina), il movimento delle grandi unità, l'avvicinamento nelle Norme del 1928 .... 5. Considerazioni sull'evoluzione della dottrina offensiva ......
CAPITOLO XXIII -
L'AZIONE DIFENSIVA DAL
1918
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113 123
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143
136
AL 1935
1. L 'azione difensiva nelle Direttive del 1918 .............. . 2. L'azione difensiva nelle Norme del 1928 ........ .· . ...... . 3. La manovra di ripiegamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ...... . 4. Considerazioni sull'evoluzione della dottrina difensiva ..... .
CAPITOLO XXIV -
Pag. 111
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153 164 174 176
L'ORGANIZZAZIONE MILITARE DELLA NAZIONE E LA LEGISLAZIONE MILITARE DAL 1926 AL
1940
Compito di/ensivo e di disponibilità finanziaria ........... . L'armamento e l'equipaggiamento .... . .. .... .......... . L'organizzazione addestrativa e scolastica ............... . Gli organi centrali di comando, amministrativi e tecnici .... . L 'organizzazione militare territoriale e la difesa interna del territorio ........ .... ................ ......... .. ...... . 6. Provvedimenti per la mobilitazione civile e militare della nazione 7. Il modo di essere dell'esercito dal 1926 al 1940 .......... . l. 2. 3. 4. 5.
CAPITOLO
xxv - L'ORDINAMENTO
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187
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194 199 205
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212
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216
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219
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277
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284
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292
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TATI1CO: DALLA GUERRA
ETIOPICA ALL'INIZIO DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE
1. Le varianti all'ordinamento del 1926 ... . ....... ....... . 2. L 'ordinamento del 1934 ............................ . 3. La guerra contro l'Etiopia . ........... .... ... ..... . . . . 4. La partecipazione alla guerra civile spagnola ............. . 5. La divisione binaria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ..... .
288
683
INDICE
6. L'ordinamento Pariani del 1938 ...................... . 7. L'ordinamento del 1940 ............................ . 8. L 'ordine di battaglia del 10 giugno 1940 ................ .
CAPITOLO XXVI -
LA DOTTRINA TA1~l'ICA DAL
1935
AL
Pag. 299 » 305 » 309
r936
1. «Le direttive per l'impiego delle grandi unità»: la fisionomia della
gue"a ........................................... 2. Le operazioni ..................................... 3. La battaglia offensiva ............... . ............... 4. L'azione difensiva ................................. 5. Considerazioni sulla nuova dottrina .................... 6. L'impiego delle grandi unità in Africa orientale .......... 7. La dottrina tattica del 1938 .......................... 8. L'esplorazione ....................................
CAPITOLO XXVII -
ÒMPTF.GO DELLA OIVI SIONF. DAI.
1926
. . . . . . . .
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345 347 352 359
»
363
»
.365
»
369 375
»
AL
1938 1. Documenti dottrinali ........ . ............. ...... ... . 2. Fisionomia della divisione di fanteria .............. . ... .
3. La marcia al nemico e l'avvicinamento ................. . 4. La divisione di fanteria nell'attacco .................... . 5. La divisione di fanteria nella difesa ............ ... .... . . 6. La divisione di fanteria di seconda schiera .......... ... .. . 7. La divisione binaria ....................... ......... . 8. La divisione alpina, la divisione celere e la divisione motorizzata .... . ....................................... .
CAPITOLO XXVIII -
381 385 » .392 » 395 » 402 » 409 » 412 » »
»
417
LA FANTERIA ITALIANA TRA LE DUE GUER-
RE MONDIALI
1. La velocità di progressione .................. .. . ... .. . 2. Il regolamento del 1921 ........................ .. .. . 3. Il regolamento del 1923 ............................ . 4. Il regolamento del 1929 ........ . ................... . 5. Le circolari 3500 e 8000 del 1935 .. .. _ .. . .. . _ ..... .. . 6. Il regolamento del 1937 ...... . ..................... .
429 432 » 436 » 440 » 448 »
»
»
453
684 7. 8. 9. 10.
FILIPPO STEFANI
Le circolari 3147 e 3169 del 1937 ................... . La circolare 6800 del 1938 ...................... . .. . Il regolamento del 1939 ....................... ..... . Conclusioni ..................................... .
CAPITOLO XXIX -
Pag. 461 » 467 » 471 »
488
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517 523
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533 543
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554
L'IMPIEGO DELLE UNITÀ CARRI ARMATI TRA LE DUE GUERRE MONDIALI
1. La pubblicazione del 1925 ............ . . ........ . ... .
2. Le pubblicazioni del 1931 ........................... . 3. L'impiego dei carri veloci e dei carri d'assalto nelle pubblicazioni del 1936 ......................................... . 4. L 'impiego delle unità carriste nel 1938 .......... ....... . 5. Considerazioni conclusive ........................... .
CAPITOLO
xxx - L'iMPIEGO
DELLA CAVALLERIA TRA LE DUE
GUERRE MONDIALI
1. La riduzione delle unità ............................. .
2. 3. 4. 5. 6. 7.
I compiti dell'arma .......... ...................... . La cavalleria nel!'esplorazione ........................ . Il combattime~to a cavallo .......................... . Il combattimento a piedi ......... . .................. . Il combattimento combinato ......... . ............... . Il segnale del rinnovamento ........................ ·.·.
CAPITOLO XXXI -
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565
568 573 575
579 585 589
L'IMPIEGO DELL'ARTIGLIERIA E DEL GENIO TRA I.E DUE GUERRE MONDIALI
1. L 'artiglieria alla fine della prima guerra mondiale .... ..... . 2. Il regolamento dell'arma del 1921 ... .................. . 3. L'evoluzione dell'impiego dell'artiglieria in base alle concezioni tattiche degli anni 1935-1936 ..... . . .................... . 4. Il regolamento d'arma del 1937 ...... . ................ . 5. L'ulteriore evoluzione della regolamentazione d'impiego dell'artiglieria alla vigilia della seconda guerra mondiale .......... . 6. Il genio e le sue specialità ... ........ . ..... .......... . 7. La guerra d'arresto e la fortificazione permanente campale .. .
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