CASTELLI DI GUERRA

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dai contesti medievali alle fortificazioni del primo conflitto mondiale

Atti del convegno di studi Rovereto, Museo storico italiano della Guerra, 5-6 ottobre 2018

a cura di Annamaria Azzolini

SAP Società Archeologica

EDILIZIA STORICA

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Atti del Convegno di Studi Castelli in Guerra Dai contesti medievali alle fortificazioni del primo conflitto mondiale Rovereto, Museo Storico Italiano della Guerra, 5-6 ottobre 2018

a cura di Annamaria Azzolini

Curatela redazionale, coordinamento e rapporti istituzionali Annamaria Azzolini, Luca Gabrielli Organizzazione Convegno RFA – Ricerche Fortificazioni Altomedievali Museo Storico Italiano della Guerra Con il sostegno di Soprintendenza per i Beni Culturali, Provincia autonoma di Trento Servizio Attività Culturali, Provincia autonoma di Trento Servizio Istruzione, Cultura e Sport, Comune di Rovereto RFA – Ricerche Fortificazioni Altomedievali Hotel Leon D’Oro di Rovereto Con il patrocinio di Provincia autonoma di Trento Archivio Provinciale di Bolzano Euregio Tirolo Alto Adige Trentino Istituto Italiano dei Castelli, Sez. Trentino Alto Adige Südtiroler Burgeninstitut Iprase del Trentino Accademia Roveretana degli Agiati Ordine degli Architetti di Trento Responsabile scientifico del Convegno Annamaria Azzolini Comitato scientifico del Convegno Annamaria Azzolini Nicola Fontana Luca Gabrielli Walter Landi Elisa Possenti Segreteria organizzativa RFA – Ricerche Fortificazioni Altomedievali Annamaria Azzolini Maria Rosaria Giordano

Pubblicazione promossa da: RFA – Ricerche Fortificazioni Altomedievali Soprintendenza per i Beni Culturali Provincia autonoma di Trento Si ringraziano: per l’Associazione Dimore Storiche Italiane ADSI Sezione Trentino-Alto Adige Südtirol Wolfgang von Klebelsberg per il Museo Castello del Buonconsiglio. Monumenti e collezioni provinciali Laura Dal Prà per la Ripartizione Beni Culturali della Provincia autonoma di Bolzano, Ufficio Beni Architettonici e Artistici Luigi Scolari per il Museo Storico Italiano della Guerra di Rovereto Camillo Zadra Maria Elena Cavicchioli, Anna Pisetti, Davide Zendri In particolare: Francesca Benetti, Maurizio Buora, Fabio Campolongo, Michela Cunaccia, Cinzia D’Agostino, Morena Dallemule, Pietro Dalprà, Fernando Fiorino, Giorgia Gentilini, Lorenza Holler, Tommaso Mariotti, Claudio Martinelli, Giorgio Michelotti, Franco Nicolis, Lorenzo Oss Eberle, Alessandro Paris, Nicoletta Pisu, Stefano Prada, Gloria Preschern, Matteo Rapanà, Fabrizio Rasera, Daniela Rizzo, Massimiliano Savorra, Armando Tomasi, Matteo Tomasoni, Cristiana Volpi, Isabella Zamboni, Fausto Zani. In copertina: Marino (RM), la Torre Orsini dopo il bombardamento del 2 febbraio 1944. L’immagine ha scopo puramente evocativo. Elaborazione della copertina: Stefano Benedetti, Computer grafica, Trento. Composizione del volume: Francesca Benetti per SAP Società Archeologica s.r.l. ISBN: 978-88-99547-41-7


Indice

11 Introduzione

Annamaria Azzolini

Fortificazioni e territorio: dai castelli medievali alle fortezze moderne 15 La dorsale di Tenna, il colle di San Biagio e Grigno nel panorama “incastellato”

del basso medioevo in Valsugana Nicoletta Pisu 33 La fortificazione della Valsugana. Lo sbarramento di Tenna, Busa Grande

e lo sviluppo della linea delle opere campali Tommaso Mariotti 63 Dai castelli medievali ai forti moderni: la difesa del territorio nelle valli Giudicarie

Matteo Rapanà 77 Vie di comunicazione e linee di confine. Il controllo del territorio sul Garda settentrionale

Cinzia D’Agostino

Castelli del Tirolo storico: da fortificazioni medievali a presidi della grande guerra 113 Doss Trento. Memorie e tracce di un luogo fortificato. Appunti e osservazioni intorno

a un cantiere in corso Fabio Campolongo, Franco Nicolis, Cristiana Volpi 151 Ossana, castello di San Michele. Testimonianze di cultura materiale dall’Alto Medioevo

alla Grande Guerra Giorgia Gentilini 171 La chiusa di Serravalle-Chizzola. Uso e riuso di un sistema fortificato

Annamaria Azzolini

Castelli trentini: da sedi signorili a caserme militari 207 «Per una duratura conservazione». Il Castello del Buonconsiglio fra occupazione militare

e istanze di tutela (1903-1915) Luca Gabrielli 251 Fortezza di confine. La Rocca di Riva del Garda in età moderna

Alessandro Paris 275 Per una lettura dell’evoluzione architettonica del castello-rocca di Rovereto nella

successione delle sue destinazioni funzionali Giorgio Michelotti


Castelli e forti: esempi a nord e sud delle Alpi 301

Castelli, rocche e residenze nobiliari d’area tirolese durante la Prima Guerra Mondiale: persistenze militari, utilità logistiche e destini post-bellici Walter Landi

325

Fortificazioni e fortezze dal medioevo alla Grande Guerra nel Bellunese e nell’Alto Trevigiano: un sapere geografico Fernando Fiorino

359

Il castello di Udine. Dalla fortificazione austriaca dopo il 1848 all’utilizzo nella prima guerra mondiale Maurizio Buora

Archivi e memoria 379

I castelli tirolesi nella pianificazione militare ottocentesca Nicola Fontana

405

Paesaggi della memoria e memorie del paesaggio: la Grande Guerra degli architetti e degli ingegneri Massimiliano Savorra

441

Il castello di Rovereto da caserma a luogo della memoria. Forza, fragilità, conflitti di una complessa costruzione culturale Fabrizio Rasera


Abbreviazioni Archivi, istituti e fondi documentali ACT APTn APV ASBBA

14 Abbreviazioni

ASCR ASMn ASTn ASVe BCRov BCTn CCTn FMST GGD GGI GH GMA Gn. stb. GPA HHStA HKR I.S.C.A.G. KA KM MSIG ÖStA Sez. Lat. TLA Vigilianum ZK-LK

Archivio Storico del Comune di Trento Archivio Provinciale di Trento Archivio di Stato di Trento, Archivio del Principato Vescovile Archivio della Soprintendenza ai Beni Architettonici e Archeologici, ora Soprintendenza per i beni culturali, Trento Archivio storico comunale di Riva del Garda Archivio di Stato di Mantova Archivio di Stato di Trento Archivio di Stato di Venezia Biblioteca Comunale di Rovereto Biblioteca Comunale di Trento Archivio di Stato di Trento, Capitanato circolare di Trento Fondazione Museo Storico del Trentino Kriegsarchiv, Vienna – General-Geniedirektion (= Direzione generale del Genio) Kriegsarchiv, Vienna – Generalgenieinspektor (= Ispettore generale del Genio) Kriegsarchiv, Vienna – Genie Hauptamt (= Ufficio centrale del Genio) Archivio di Stato di Trento, Genio militare austriaco Kriegsarchiv, Vienna – Generalstab (= Stato Maggiore) Kriegsarchiv, Vienna – Genie- und Planarchiv (= Archivio del Genio e delle planimetrie) Haus-Hof- und Staatsarchiv ( = Archivio di Casa, di Corte e di Stato), Vienna Kriegsarchiv, Vienna – Hofkriegsrat (= Consiglio aulico di guerra) Istituto storico e di cultura dell’Arma del Genio di Roma Kriegsarchiv (= Archivio di guerra), Vienna Kriegsarchiv, Vienna – Kriegsministerium (= Ministero della guerra) Museo Storico Italiano della Guerra, Rovereto Österreichisches Staatsarchiv (= Archivio di Stato austriaco), Vienna Archivio di Stato di Trento, Archivio del Principato Vescovile, Sezione Latina Tiroler Landesarchiv (= Archivio provinciale del Tirolo), Innsbruck Vigilianum. Archivio diocesano e Biblioteca diocesana, Trento Archivio Provinciale di Trento, Zentral-Kommission (= Commissione Centrale) e Landeskonservatorat (=Conservatoria tirolese per i monumenti)

Altre abbreviazioni Abt. Arch. cit. Fasz. KS Kt. Ms. N.d.C. NFA Sc. s.d.

Abteilung (= sezione) Archivio Citato Faszikel (= fascicolo) Kartensammlung (= raccolta cartografica) Karton (= scatola) Manoscritto Nota del Curatore Neue Feldakten (= nuovi faldoni) Scatola Senza data


La Chiusa di Serravalle-Chizzola. Uso e riuso di un sistema fortificato Annamaria Azzolini*

«Erano questi ripari fiancheggiati da Torri, e Castella, dentro alle quali dimoravano i Soldati, che guardavano le angustie di quei passi. Chiamaronsi tali fabbriche Clausure (…).

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Scendendo più abbasso lungo l’Adige s’incontrano gli indizi di due altre Chiuse, ch’esistevano nella nostra Valle, nei luoghi di Serravalle, e della Chizzola posti l’uno dirimpetto all’altro, l’uno di qua, e l’altro di là del fiume».

Castelli del Tirolo storico

(Clemente Baroni di Cavalcabò, 1777)1

L’immagine che lo storico roveretano restituisce in poche righe tratte dalla sua “Idea della storia della Vallagarina” è quella di un territorio che, ancora sul finire del XVIII secolo, appariva profondamente caratterizzato dalla presenza di strutture fortificate. «Torri, e Castella» situati in punti strategici, laddove la natura dei luoghi diviene essa stessa parte integrante della fortificazione. Non sono i castelli che popolano l’immaginario collettivo, ma complessi molto strutturati che appaiono spesso sgraziati tanto sono arditi nel loro articolarsi, progettati proprio per seguire la morfologia del territorio, adattarsi alle sue asperità, giungendo a fondersi con il paesaggio stesso. Le chiuse: presidi, punti di controllo, barriere talvolta invalicabili, capaci di suscitare forti emozioni, anche in epoca post medievale, tanto nei viaggiatori quanto nei cartografi che ne tracciano i contorni, ponendo particolare attenzione proprio sulle strutture di contenzione2. * In più occasioni nel corso degli anni ho avuto modo di illustrare gli esiti delle mie ricerche sulla chiusa di Serravalle-Chizzola; per il convegno il tema è stato ripreso ed approfondito in particolar modo per quanto concerne le trasformazioni apportate all’intero sistema fortificato in età moderna. Per la trattazione approfondita sugli aspetti medievali della chiusa rinvio a: A. Azzolini, “Castrum Clusolae”. Il castello di Chizzola nella Bassa Vallagarina. Analisi morfologica, materiali e tecniche costruttive, tesi di laurea specialistica, Università degli studi di Padova, Facoltà di lettere e filosofia, relatore prof. G.P. Brogiolo, a.a. 2010-2011; G. P. Brogiolo, A. Azzolini, Fortificazioni e chiuse nella Val d’Adige, in: APSAT 6. Castra, castelli e domus murate. Corpus dei siti fortificati trentini tra tardo antico e basso medioevo. Saggi, a cura di E. Possenti, G. Gentilini, W. Landi, M. Cunaccia, SAP Società Archeologica, Mantova 2013, pp. 41-60; A. Azzolini, Castrum Clusolae: un castello e il suo sistema di chiusa. Morfologia, Materiali e tecniche costruttive, in: VIII Congresso Nazionale di Archeologia Medievale, a cura di F. Sogliani, B. Gargiulo, E. Annunziata, V. Vitale, vol. 1, All’Insegna del Giglio, Firenze 2018, pp. 120124. In questa sede desidero ringraziare Morena Dallemule, Pietro Dalprà, Nicola Fontana, Luca Gabrielli, Tommaso Mariotti. C. Baroni di Cavalcabò, Idea della storia e delle consuetudini antiche della Valle Lagarina ed in particolare del Roveretano / di un socio dell’imp. reg. Accademia degli Agiati, [s.n.], Rovereto 1777, p. 167.

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Per una panoramica esaustiva sulla rappresentazione delle chiuse situate lungo il corso del fiume Adige, oltre alla bibliografia già citata nella nota di apertura, si veda: A. Azzolini, La chiusa della Pietra: un sistema di difesa nel territorio “Lagarino”, in: I cavalieri dell’Imperatore. Tornei battaglie e castelli, a cura di F. Marzatico, J. Ramharter, catalogo della mostra, Castello del Buonconsiglio, Trento 2012, pp. 259-267; A. Azzolini, Castel Pietra. Storia di un castello, di una chiusa, di pareti affrescate, Nozze Azzolini – Gobbi, Algarotti, Trento 2019. Sull’iconografia delle strutture fortificate del territorio trentino si rimanda a: A. Azzolini, C. A. Postinger, S. Ferrari, L’ico-

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172 Castelli del Tirolo storico

Fig. 1. Il tratto della Bassa Vallagarina con la localizzazione della chiusa.

E sul loro compito, sulla capacità di connaturare il territorio come spazio fortificato si impone una riflessione. Il contributo indaga il ruolo di una struttura di chiusa, quella di SerravalleChizzola, la cui centralità, confermata dalle fonti di epoca medievale, non venne messa in discussione nemmeno in età moderna, quando all’affacciarsi del primo conflitto mondiale, fu necessario ripensare la difesa del territorio.

Controllare il territorio nel Basso Medioevo: un sistema a “serravalle” Situata nell’odierna Bassa Vallagarina, laddove la valle raggiunge il massimo restringimento, la chiusa di Serravalle-Chizzola è caratterizzata dalla presenza di castelli localizzati su entrambi i versanti vallivi (fig. 1), e da strutture come murazzi ed elementi di contenzione finalizzati al controllo viario sia della strada Atesina, sia della via che saliva a Brentonico per la valle del Sorna. La toponomastica ben chiarisce la natura di questo luogo: l’abitato in sinistra Adige si chiama precisamente Serravalle, mentre sulla destra orografica è situato il paese di Chizzola, che le fonti antiche attestano chiamarsi Clusoria o Cluzola3.

nografia dei castelli del Trentino, in: Possenti, Gentilini, Landi, Cunaccia, APSAT 6, cit., pp. 119-146. Il dato toponomastico si registra già nel 1240 quando nella documentazione compare il sito de la Clozola; nelle fonti successive si assiste ad una variazione costante del toponimo che assume agli inizi del Quattrocento la forma pressoché attuale: ad Cloçolam (1289), terra della Cloçola (1340), in villa Cluzzole (1384), in villa Chizzole (1385), de villa Chizzolae (1410). Cfr.: A. Giammarinaro, Commento al foglio XIII “I nomi locali del roveretano”, Atlante toponomastico della Venezia Tridentina, Istituto di glottologia dell’Università, Firenze 1952, p. 22; Azzolini, Castrum Clusolae: un castello, cit., p. 121.

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S. Meneghini, Serravalle, Chizzola, S. Margherita. Tre paesi un destino, “I Quattro Vicariati”, 65 (1989), p. 85.

Le prime attestazioni sono riferibili all’età del bronzo recente e del ferro, ma decisamente più rappresentativa è la documentazione archeologica riferibile all’età romana. Cfr.: S. Zamboni, La documentazione archeologica, in: Dizionario Toponomastico Trentino. I nomi locali di Ala Avio, a cura di L. Flöss, Provincia autonoma di Trento, Trento - Servizio beni librari e archivistici, Trento 1999, pp. 31-33.

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La catena del Baldo si pone qui come nodo di comunicazione tra la pianura veronese, le Alpi tridentine, la vallata dell’Adige e il bacino gardesano. Non è quindi casuale la concentrazione di castelli nell’area: Dosso Maggiore, Terodoi, Zengulo e Castione nel territorio di Brentonico; Sajori o San Giorgio, Chizzola e Serravalle nel comune di Ala, Pènede a Nago-Torbole, sull’altro versante Albano, Gardumo, Gresta, Grumo e Nomesino. Cfr.: Brogiolo, Azzolini, Fortificazioni, cit., p. 55.

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F. Menna, L’ Adige e la pianificazione, in: L’Adige. Il fiume gli uomini la storia, a cura di E. Turri, S. Ruffo, Cierre, Verona 1992, p. 135.

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Nel corso del 2012 la scrivente al fine di predisporre le schede del corpus dei siti fortificati, realizzate nell’ambito del progetto provinciale A.P.S.A.T. (Ambiente e Paesaggi dei Siti d’Altura Trentini), ha condotto un’indagine sul territorio interessato dai castelli della chiusa di Serravalle-Chizzola. In tale occasione è stato possibile rintracciare alcuni percorsi antichi. Per un approfondimento si veda: A. Azzolini, Castello di Serravalle. Scheda, in: APSAT 5. Castra, castelli e domus murate. Corpus dei siti fortificati trentini tra tardo antico e basso medioevo. Schede 2, a cura di E. Possenti, G. Gentilini, W. Landi, M. Cunaccia, SAP Società Archeologica, Mantova 2013, pp. 1719; Ead., Castel Sajori - Castel S. Giorgio. Scheda, in: Ivi, pp. 20-25; Ead., Castello di Chizzola. Scheda, in: Ivi, pp. 26-30.

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ASTn, APV, Sez. Lat. c.37, n. 16.

C. Ausserer, Regesti castrobarcensi dall’archivio dei conti Trapp, Fonti di storia trentina. Documenti e regesti, Monauni, Trento 1928 (Fonti di storia trentina. Documenti e regesti), p. 25.

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173 Castelli del Tirolo storico

La chiusa definita Clausoria Tridentina in un documento trecentesco, perduto e noto attraverso rimandi archivistici 4, appare costituita in sinistra Adige dal castello di Serravalle, sul versante opposto dal castello di Chizzola e dal sovrastante castel S. Giorgio o Sajori. L’area che fu interessata da frequentazione almeno dall’età romana5, va considerata in relazione alla viabilità antica ed inserita in un sistema più ampio di controllo del territorio che avveniva attraverso una “cintura” di castelli, localizzati sulle pendici del Baldo6. Oggi risulta difficile, in questo tratto della valle, percepire il paesaggio antico profondamente modificato con la rettifica del fiume e la costruzione di opere imponenti per la regimentazione delle acque7; a ciò si aggiunga la realizzazione della cosiddetta strada imperiale, scavata nella roccia verso il 1850, un nuovo tracciato che ha in parte obliterato i camminamenti storici. In epoca antica, la presenza del corso d’acqua, aveva infatti determinato la necessità di impostare i tracciati viari ad una quota elevata rispetto al fondovalle, spesso interessato da esondazioni; di queste stesse vie attualmente si conserva il dato toponomastico e nell’ uso comune sono dette appunto strade romane. Si tratta di percorsi, in parte rintracciati nei survey condotti in occasione del censimento delle strutture castellane dell’area, che conducono agli edifici superstiti della chiusa8. Situato in sinistra orografica, sull’altura nota come Doss della Tor, del castello di Serravalle attualmente si conserva solo parte di quella che era la torre del castello superiore. Nelle fonti documentarie il castrum viene menzionato per la prima volta nel 1240 quando fu posto sotto il controllo dei signori da Lizzana: seguendo le diposizioni di Ezzelino da Romano i suoi alleati imposero dei dazi sulla strada atesina che da Verona portava a Trento, al fine di provvedere alla munizione dei castelli di Serravalle e Trambileno9. Estinti i da Lizzana il castello passò ai signori di Castelbarco. Dalle infeudazioni a Guglielmo del fu Azzone di Castelbarco del 1307 e del 1314 abbiamo notizia della fisionomia del complesso che viene definito «Castrum et turris Seravalli cum dosso superiori et inferiori et eorum pertinentiis»10. L’importanza del castello quale parte integrante del sistema della chiusa è ribadita nell’elenco dei diritti del principato, fatti recensire dal principe vescovo Nicolò da Brno alla metà del XIV secolo, dove «Turris de Seraval cum illa Clausura sive Clusa» sono


174 Castelli del Tirolo storico

al primo posto nell’elenco dei feudi trentini, nel plebato di Mori11. Il castello di Serravalle con la torre, il dosso superiore e quello inferiore, unitamente alle decime e al dazio, passerà con successive investiture agli eredi Castelbarco fino a quando, alla morte dell’ultimo discendente di Azzone Francesco, tutti i beni andranno per volontà testamentaria alla Repubblica di Venezia12. La chiusa e con essa il castello di Serravalle divennero nuovamente area strategica nel 1508 quando il comandante veneziano Giorgio Emo ne fece rifortificare i castelli ponendovi il campo base dello scontro con i duchi d’Austria, signori del Tirolo. Dopo la riconquista tirolese il castello cadde in stato di abbandono, ma la funzione di sbarramento non venne meno: nel 1813 furono inviati uomini da tutto il Trentino al fine di costruire nuove fortificazioni alle pendici dello Zugna, fra Fig. 2. Gli edifici del castello di Seravalle nella “Carta del territorio Serravalle e Marco, in un’area che da veronese e regioni limitrofe” (seconda metà del XV secolo), particolare. allora viene chiamata “i fortini”13. L’articolazione del castello così come viene delineata nelle fonti, trova piena conferma nella prima rappresentazione, nota, della fortificazione ovvero la “Carta del territorio Veronese e regioni limitrofe”, detta dell’Almagià, risalente alla seconda metà del XV secolo (fig. 2). Benchè tarda rispetto alle menzioni documentarie, l’immagine disegnata dal cartografo restituisce appieno la struttura degli edifici della chiusa, situati in sinistra orografica, stretti tra l’alveo del fiume e le pendici montane. Sul dosso superiore – probabilmente proprio quello che oggi conserva il basamento dell’antica torre – sembra essere rappresentata una struttura da cui prende avvio una sorta di camminamento che pare seguire il dislivello della roccia; più sotto è situata una torre racchiusa da un breve circuito murato, che prosegue fino a raggiungere un lungo edificio, adiacente al fiume Adige, dove una torre presidia la via verso Trento. A precisare questa articolazione è l’illustrazione realizzata da Mathias Burglechner nel 161114, che nella sua Carta del Tirolo aggiunge ulteriori dettagli: sulla sommità del dosso appare una torre con un perimetro coronato da merli; poco più sotto si individua una seconda torre la cui cinta va ad addossarsi ad un grande edificio, con copertura a doppio spiovente, che si snoda lungo il fiume. B. Bonelli, Notizie istorico-critiche intorno al B. M. Adalpreto vescovo e comprotettore della Chiesa di Trento, II, Monauni, Trento 1761, p. 667.

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12

Azzolini, “Castrum Clusolae”, cit., p. 212, con bibliografia precedente.

Meneghini, Serravalle, cit., p. 85; A. Gorfer, I castelli del Trentino. Guida, vol. 4, Arti Grafiche Saturnia, Trento 1994, p. 808.

13

Per un approfondimento sull’importante attività di Mathias Burglechner (1573-1642), funzionario del governo dell’arciducato dell’Alta Austria di Innsbruck, autore di diverse opere di storia e di corografia regionale del Tirolo, si veda: W. Beimrohr, Mathias Burglechner: funzionario, storico e cartografo, “Studi Trentini. Storia”, 95 (2016), 1, pp. 171-192.

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Quest’ultima torre appare inserita nel piccolo borgo dove si riconosce la chiesa ed il suo campanile (un’area attualmente identificata dal toponimo castèl); sul fiume compare un punto di attraversamento, sottolineato dalla presenza della zattera- traghetto e dalla fune tesa, che collega costa a costa (fig. 3). Le recenti indagini hanno permesso di individuare il sito dove si conservano parte delle strutture pertinenti al castello superiore15. La torre a pianta quadrata – con lati di circa 6,30 m – si presenta fortemente rimaneggiata in epoca moderna, tanto che se ne conserva il solo basamento (fig. 4), ma nonostante gli interventi massivi attuati nel corso della rifortificazione dell’area, è stato possibile individuare porzioni di muratura pertinenti ad una prima cinta di forma elittica, situata in posizione elevata rispetto al fossato che la circonda e di un secondo possibile circuito murario, ad essa collegato. La seconda cinta è documentabile per un tratto di circa 20 m: si divide in due tronconi paralleli, con muratura, legata in malta di calce, dello spessore di circa 0,75 m, che crea un camminamento largo poco meno di un metro. Le evidenze superstiti del castello di Serravalle, ed in modo particolare i tratti murari del camminamento, trovano una corrispondenza stringente con quanto viene documentato nella carta dell’Almagià, un elemento questo di grande suggestione, soprattutto se si tiene conto delle modalità di rappresentazione proprie della cartografia storica16. Sull’altro versante, collocato in altura su un estremo crinale che si affaccia sopra l’abitato della Villetta, è situato Castel Sajori o San Giorgio17, la fortificazione della chiusa con il più Localizzazione del sito: IGM (Tavoletta: Ala. N. foglio: 36. Sigla quadrante: III N.O.). Coordinate Gauss-Boaga X: 1656448,6; Y: 5075449,9.

15

Sull’immagine dei castelli nella cartografia storica e sulle modalità delle loro rappresentazioni, si veda: Azzolini, Postinger, Ferrari, L’iconografia dei castelli, cit., pp. 124-134.

16

Nelle fonti antiche il castello è menzionato come S. Jorii, Sancto Georgii, Santo Zorzi; nella cartografia storica si riscontrano i toponimi C.S. Zorzo - Zorzi, S. Zorzilla, castel San Georgio. Da Castrum S. Jorii proviene per

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Castelli del Tirolo storico

Fig. 3. M. Burglechner, “Tirolische Landtafeln” (1611), particolare.


176 Castelli del Tirolo storico

ampio controllo visivo sulla valle; da questa posizione si scorgono i territori posti a nord fin oltre l’abitato di Marco e, a sud, sino ad Ala. Il castello è menzionato nelle fonti già nel 1218, quando Briano di Castelbarco lo concede, unitamente a tutte le pertinenze, ai figli Azzone ed Aldrighetto; in seguito i due giovani vengono infeudati del bene dal principe vescovo Federico Vanga, previo giuramento di fedeltà18. Le vicende storiche del castello, fino all’acquisizione veneziana, sono legate alle varie infeudazioni dei Castelbarco e alle divisioni tra i vari rami famigliari. Nelle due versioni del testamento di Guglielmo il Grande19 sono menzionate alcune pro- Fig. 4. Serravalle. Ruderi della torre del castello superiore. prietà nel territorio di Brentonico, tra le quali figura il Castrum S. Jorii, che tuttavia appare in comproprietà con la linea castrobarcense dei Rovione. Una situazione che permaneva inalterata nel 1339, quando con l’investitura a Giovanni di Castelbarco, il principe vescovo Nicolò da Brno affidava ancora «Item Medium Castrum S. Jorii»20. Le fonti tacciono sul ruolo svolto dalla fortificazione negli ultimi decenni del XV secolo, quando probabilmente era già stata abbandonata, o quantomeno non veniva più mantenuta in efficienza da tempo; una supposizione che troverebbe conferma in ciò che annota Marin Sanuto, nel 1483 nel suo “Itinerario per la terraferma veneziana”, «San Zorzi è dirupto e mal condicionado»21. Lo stato di avanzato degrado è rilevato anche in un’altra fonte, di qualche decennio più tarda, la “Memoria de tutti i castelli”, inserita nel Registrum Decimarum quattuor Vicariatum (1523), in cui si legge che «il castello ditto di Sancto Zorzi il quale e nel vicariato di Brentonico sopra la villa Alla Chizzola, [è] ruinato»22. Un ultimo episodio noto, sarebbe da ricondurre all’occupazione francese dell’area quando, in vista del ritiro, le truppe del generale Vendôme avrebbero minato il sito23. contrazione Sajori. Cfr. Meneghini, Serravalle, cit., p. 88. Sarebbe invece da ritenersi un toponimico, derivato dai Sejano di Arco, il nome del castello nell’interpretazione di Luigina Chiusole. Cfr. L. Chiusole, Castel Sajori (S. Giorgio), Centro culturale, Isera 1960, pp. 13-14. 18

R. Zotti, Storia della Vallagarina, I, (1862), ristampa anastatica, Forni, Bologna 1969, p. 98.

A. Vedovello, Il testamento di Guglielmo il Grande del 1319, in: Una dinastia allo specchio: il mecenatismo dei Castelbarco nel territorio di Avio e nella città di Verona, a cura di E. Napione, M. Peghini, La Grafica Mori, Rovereto 2005, p. 159.

19

A. Zieger, Un urbario dei Castelbarco di Rovione, Monauni, Trento 1928 (Fonti di storia trentina. Documenti e regesti).

20

R. Brown, a cura di, Itinerario di Marin Sanuto per la terraferma veneziana nell’anno MCCCCLXXXIII, Tipografia del Seminario, Padova 1847, p. 94.

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22

ASTn, APV, Sez. Lat., c. 33, n. 11.

23

Gorfer, I castelli, cit., p. 699.


Fig. 5. I ruderi di Castel San Giorgio, versante occidentale, visti dal sottostante “Zèngio de le Af”.

Del castello oggi si conserva solo un tratto di muratura, coronata da merli alla ghibellina (fig. 5), situata ad ovest sul limite estremo del dosso e un fondotorre, riadattato in occasione della rifortificazione moderna dell’intero sito. L’indagine compiuta nel 2012 – nell’ambito del già citato progetto A.P.S.A.T. – aveva permesso alla scrivente di rintracciare l’area occupata dalla fortezza antica, che doveva estendersi per non più di 1800 mq. Un perimetro murato racchiudeva due grandi settori dall’articolazione molto semplice: a nord-est doveva trovarsi il mastio, mentre a sud-est erano presenti tre vani distinti, uno dei quali interpretato come ambiente di rappresentanza, per l’esistenza di una grande apertura con modanatura trilobata. I paramenti conservati in alzato hanno portato all’individuazione di due momenti distinti della vita del castello, con fasi di tamponamento, sopraelevazione e rafforzamento delle murature, interventi questi che forse sono da mettere in relazione ad una mutata funzione del sito stesso24. L’analisi delle strutture ha consentito inoltre di mettere in luce un elemento di particolare interesse, localizzato sul paramento interno, nel tratto occidentale della muratura, in uno degli ambienti individuati: si tratta di una sorta di “nicchia” intonacata, che si imposta ad una quota di circa 1.80 m dal piano pavimentale antico, e che potrebbe essere messa in relazione alla presenza di un edificio di culto interno alla fortificazione25. Cardine dell’intero sistema di chiusa deve essere considerato il castello di Chizzola, quel Castrum Clusolae che le fonti documentarie menzionano in un momento tardo rispetto all’incastellamento della bassa Val di Lagaro. È di fatto nominato per la prima volta nel 1270, quando avviene la divisione dei beni tra i cinque figli di Azzone di Castelbarco; la quarta parte è costituita dal «Castrum S. Jorii, et Castrum Clusolae, et Sosinallum cum omnibus suis habitantibus et redditibus; item Castrum Serravallis cum toto eo, quod pertinet

Per l’analisi dell’alzato delle strutture murarie superstiti, si rimanda a: Azzolini, “Castrum Clusolae”, cit., pp. 198-207. 24

25

Gorfer, I castelli, cit., p. 686.


178 Castelli del Tirolo storico

ad dictum Castrum (…)»26, ovvero da tutti gli edifici fortificati del complesso della chiusa, con le relative pertinenze. Entrati in possesso di questo castrum, i Castelbarco controllano tutti i castelli della chiusa, e non è un caso che agli inizi del Trecento Guglielmo il Grande, quale podestà di Verona, acquisisca il controllo dello sbarramento di Ceraino, e successivamente, ottenuti i diritti e le pertinenze sui castelli della Pietra e di Beseno, governi anche la chiusa di Calliano27. Nel già citato testamento di Guglielmo, stilato in una prima versione il 28 giugno 1316 e in una seconda il 13 agosto 1319, è menzionato il «castrum seu turrim Chizzolle» a riprova che il castello era stato riconfermato tra i possessi castrobarcensi28. Alla morte di Guglielmo, nel 1357, il feudo di Chizzola passa ai suoi figli e, qualche decennio più tardi, tutti gli edifici della chiusa vengono tenuti dal nipote Azzone Francesco. La natura dei rapporti tra il potente casato lagarino e la Serenissima appare chiara qualche anno più tardi, quando tutti i beni castrobarcensi passano alla Repubblica di Venezia: il castello di Chizzola viene occupato ed i veneziani lo presidiano. Del castello si ha poi notizia in un documento di carattere civile, ossia un atto con cui Guglielmo di Betta di Tierno si aggiudica – ad un’asta di beni castrobarcensi situati nella Bassa Vallagarina, tenuta dalla Serenissima nel 1434 – un lotto comprendente «i muri ossia la torre inabitata che è sopra Chizzola29. Nel 1487 il capitano Roberto da Sanseverino, ammassa il suo esercito alla chiusa di Serravalle-Chizzola, ma non è noto un coinvolgimento diretto del complesso castellare nella guerra roveretana30. Un successivo ripristino del sistema avvenne nel 1508, quando Giorgio Emo, inviato dal senato veneto, fece fortificare tutti i castelli di chiusa, a partire da quella veronese, fino a Serravalle e Chizzola; un presidio che ebbe vita breve, dato che l’anno seguente le truppe di Massimiliano I lo conquistarono. Il castello di Chizzola, in questo momento sembra aver perso il ruolo di fortificazione, tanto che le fonti, ed in particolare un nuovo documento prodotto sempre a seguito degli affari di Guglielmo di Betta, restituiscono l’immagine di un sito su cui vanno ad impostarsi abitazioni e spazi a carattere rurale31; un degrado che, ancora una volta, la “Memoria de tutti i castelli” sottolinea: «uno castello in la Chizuola nominato il Castello alla Chizuola ruinato»32. Così l’unica fonte iconografica ad oggi nota della fortificazione, realizzata da Johanna von Isser Grossrubatscher nei primi decenni dell’Ottocento, fissa con l’abile “punta d’argento”, un aspro paesaggio montuoso solcato dai ruderi della chiusa, in cui è ancora possibile riconoscere il lungo murazzo del castello di Chizzola che arriva a lambire il borgo della Villetta (fig. 6). Dall’immagine si coglie un altro dettaglio interessante, che purtroppo ora non trova riscontro sul territorio, ma di cui si ha notizia nel noto e più volte citato testamento di Guglielmo il Grande: al di sotto dello sperone roccioso, laddove prende avvio il “murazzo”, sono tratteggiati due elementi che ricordano nelle forme delle torri, decisamente non imponenti se rapportate alle strutture superstiti del castello, ma certamente ancora ben presenti tanto da attirare l’attenzione dell’abile illustratrice. 26

Baroni di Cavalcabò, Idea della storia, cit., doc. n. 61, p. 259.

27

Azzolini, Castrum Clusolae: un castello, cit., pp. 120-121, con bibliografia precedente.

28

Vedovello, Il testamento, cit., p. 159.

Ms. 92 (dd. 19 novembre 1434), Archivio storico, BCRov. Nel documento si chiarisce che Guglielmo di Betta si aggiudica tutte le decime, compreso il diritto, della Villa di Chizzola, unitamente a tutti i beni che la Serenissima possedeva a Chizzola, compresa la muraglia e la torre che stava sopra l’abitato.

29

30

Azzolini, Castrum Clusolae: un castello, cit., p. 123.

Ms. 468 (dd. 15 marzo 1510), Archivio storico, BCRov. Cfr.: Azzolini, “Castrum Clusolae”, cit., p. 24. La medesima situazione è documentata anche nelle fonti settecentesche, in particolare negli estimi riferibili a Chizzola, che descrivono il sito come un’ area agricola posta su più livelli, sassosa e difficile da coltivare; una presenza quella dei terrazzamenti, oggi scomparsi, restituita in maniera chiara dall’immagine lidar. Si veda: Azzolini, Castrum Clusolae: un castello, cit., p. 121.

31

32

ASTn, APV, Sez. Lat., c. 33, n. 11.


179

L’articolazione del complesso vede una grande struttura “a recinto” che occupa una superficie di circa 2.400 mq, con una pianta sostanzialmente rettangolare, di cui si conserva in elevato solo un tratto del perimetro con orientamento nord-nord/ovest; al di sopra del castello sono localizzate due torri, collegate tra loro da un tratto di muratura. Alcuni elementi strutturali della chiusa sono in parte inglobati negli edifici del borgo sottostante, nucleo satellite della fortificazione attraverso cui doveva avvenire il transito, una volta superato il punto di controllo nel presidio superiore33. Oggi il castello di Chizzola si presenta in avanzato stato ruderale, a cui si aggiunge una densa rinaturalizzazione del sito, un elemento questo che ha in parte obliterato le murature supersiti, tanto che la lettura degli alzati si è resa possibile solo con la produzione di fotopiani ottenuti dalla fusioni di immagini storiche con le attuali (fig. 7). L’indagine sul costruito è stata condizionata inoltre da molti elementi di criticità, primo fra tutti la mancanza delle quote reali dei piani di calpestio e degli elevati. Tuttavia la campionatura delle murature, dei litotipi, delle tecniche costruttive, l’analisi di tutti gli elementi architettonici significativi e la ricerca di confronti con strutture fortificate morfologicamente simili, ha permesso alla scrivente di individuare quattro macro fasi costruttive. Periodo I, XI secolo [?]: all’impianto primigenio risale la muratura della parte bassa della cinta realizzata con pietre di raccolta, grossolanamente spaccate e poste in opera a corsi sub-orizzontali con zeppe in materiale lapideo. Una tecnica utilizzata anche per costruire le due torri poste immediatamente al di sopra del castello. Si trattava di una struttura essenziale, con un impianto generale del sito caratterizzato dalla presenza di un “recinto” controllato da un castello superiore con funzione di presidio territoriale, sorto probabilmente per volontà di un funzionario regio34.

Sulla conformazione del borgo, sugli elementi individuati, sul possibile collegamento con il castello superiore e la viabilità si veda: Azzolini, “Castrum Clusolae”, cit., pp. 235-244.

33

W. Landi, L’incastellamento di fronte al diritto feudale. Il caso dell’episcopato di Trento fra XII e XIII secolo, “Geschichte und Region/Storia e Regione”, 24 (2015), pp. 97-155.

34

Castelli del Tirolo storico

Fig. 6. J. Isser von Grossrubatscher, “Serravalle und St. George”, 1835 c.


Fig. 7. Castello di Chizzola. Fotopiano del prospetto nord-ovest, fronte esterno.

Periodo II, ante primo quarto del XIII secolo: a questa fase risale il sopraelevamento della cinta, come dimostrerebbe l’esistenza di una grande discontinuità che segue la muratura lungo tutto il pendio nel tratto nord-ovest. Per la nuova costruzione vengono impiegati ciottoli di fiume e detrito di falda, ma rimane immutata la tecnica di posa in opera. Periodo III, primo quarto del XIII secolo: a questo momento è da far risalire un cambio importante nella fisionomia del castello. Sul tratto di cinta (nord-nord/ovest), ancora oggi conservato, viene inserito in rottura un grande portale ad arco a tutto sesto con cardini in pietra, realizzato in rosso ammonitico nella variante del bianco, una tipologia architettonica questa che trova puntuali riscontri in ambito trentino, databili agli inizi del XIII secolo. Al medesimo momento costruttivo risale la realizzazione della torre che si imposta al di sopra del portale, e che propone angolate e stipiti nelle feritoie, approntati sempre in rosso ammonitico. Nell’angolata destra della torre, permane la traccia di un merlo, una chiara evidenza di una successiva fase di innalzamento del paramento. Periodo IV, ultimo quarto del XIII secolo: è un momento importante per la vicenda costruttiva del castello, probabilmente da mettere in relazione con l’acquisizione della fortificazione da parte dei Castelbarco. Avviene un ripensamento dell’intera articolazione del sito, e compaiono caratteri residenziali, leggibili sulle strutture conservate. La cortina perimetrale viene nuovamente innalzata e dotata di merli a coda di rondine; sul prospetto interno in appoggio al paramento, vengono realizzati una serie di ambienti, su più livelli, tra loro comunicanti. Alcuni di questi vani vengono intonacati e all’arriccio si sovrappone un finimento, liscio di color bianco, che presenta una stilatura dei giunti ad imitazione della muratura sottostante. È possibile che in questo periodo vengano realizzati una serie di edifici, che vanno ad impostarsi all’interno del recinto; tracce presenti sui prospetti murari,


lascerebbero intuire l’esistenza di altri annessi con funzioni di sevizio35. Sulla base dei soli elementi individuati è stato possibile formulare un’ ipotesi ricostruttiva del complesso (fig. 8), che tuttavia non tiene conto della possibile presenza di strutture perdute – come quelle riportate nel disegno ottocentesco – o tuttora obliterate dallo strato di terra riportata per la realizzazione dei terrazzamenti agricoli. Su questo sito permangono ancora molti punti oscuri, e tra i tanti rimane da chiarire il ruolo della fortificazione in epoca precedente l’incastellamento che interessa il territorio trentino. Considerata la frequentazione antica dell’area e la singolare morfologia dei luoghi, non sarebbe ardito pensare all’esistenza precoce di un sistema di sbarramento, riorganizzato nel Basso Medioevo, un’ipotesi suggestiva sostenuta dalle evidenze emerse in altri contesti di chiusa36, che solo un’indagine archeologica mirata potrebbe avvalorare.

181 Castelli del Tirolo storico

Fig. 8. Il castello di Chizzola, così come doveva apparire sul finire del XIII secolo. Ipotesi ricostruttiva.

Per l’analisi dei prospetti, dei materiali, delle tecniche costruttive adottate al castello di Chizzola si rimanda a: Azzolini, “Castrum Clusolae”, cit.

35

La presenza di sbarramenti posti trasversalmente alla valle dell’Adige nel suo tratto compreso tra Salorno (Bz) e Ceraino (Vr) è attestata dalle fonti già in epoca tardo antica. La chiusa veronese altomedievale doveva essere articolata in tre sbarramenti successivi che presidiavano il transito verso Trento; sul versante opposto era situata la Rocca di Rivoli, indagata a più riprese negli anni ’60 del Novecento, indagini che ne hanno confermato la frequentazione tardo antica-altomedievale. Si veda: L. Barfield, Excavation on the Rocca di Rivoli (Vr) 1963 and the prehistoric sequence in the Rivoli basin, “Memorie del Museo Civico di storia naturale di Verona”, 14 (1966), pp. 1-100; P. J. Hudson, Rivoli: fortezza altomedievale, in: La Valpolicella dall’altomedioevo all’età comunale, a cura di A. Castagnetti, Centro di documentazione per la storia della Valpolicella, Verona 1984, pp. 40-41; A. Settia, Le frontiere del Regno italico nei secoli VI-XI: l’organizzazione delle difese, in: Castrum 4. Frontière et peuplement

36


In epoca post medievale il riuso di queste stesse preesistenze darà origine ad un nuovo sistema di difesa, dove lo spazio lasciato alla natura e quello destinato alle fortificazioni connoterà nuovamente questi luoghi, in cui ancora una volta sarà possibile individuare un nesso stringente tra castelli medievali e “castelli moderni”.

Verso il XX secolo: ripensare il territorio, ripensarne la difesa «Avanzando, nuove linee si dovevano rafforzare, nuove strade dovevano farsi, operando occorreva talora la trasformazione di mulattiere in carrareccie, di carrareccie in camionabili di strade per artiglierie campali, in strade per artiglierie dei massimi calibri, sempre di urgenza, talora sotto il fuoco nemico. E avveniva anche che, per spostamenti di truppa, lavori in corso dovevano abbandonarsi con perdite di materiali».37

182 Castelli del Tirolo storico

Tra il 1866 e gli anni immediatamente precedenti lo scoppio del primo conflitto mondiale, l’area su cui sorgeva l’antica chiusa fu inserita – a più riprese – nei progetti di rifortificazione predisposti dall’autorità militare asburgica, a riprova che quei territori strategici avevano mantenuto inalterata la loro valenza difensiva/offensiva. La nuova pianificazione voluta dallo Stato Maggiore prevedeva due ipotesi alternative, portate avanti in momenti diversi, ovvero la realizzazione di uno sbarramento posto trasversalmente alla valle dell’Adige, una sorta di “tagliata” che doveva costituire un forte permanente, oppure l’approntamento di opere campali, organizzate in capisaldi con campi trincerati, postazioni per l’artiglieria e la fanteria. Opere queste, che per le ridotte disponibilità finanziarie dell’impero e il continuo mutare degli obiettivi prioritari, non furono mai realizzate o, come si vedrà, lo furono solo in modo parziale38. Nel maggio del 1911 il Capo di Stato Maggiore Franz Conrad von Hötzendorf, in accordo con il Ministero della guerra aveva impartito, al comando del 14° Corpo d’armata, l’ordine di predisporre dei progetti per una vasto territorio, tra cui figurava l’area di Serravalle e la Villetta di Chizzola39.

dans le monde méditerranéen au Moyen Âge, a cura di J. M. Poisson, École Française de Rome, Casa de Velázquez, Roma 1992, pp. 201-210. Sulla chiusa di Salorno e sulla possibile origine tardo antica, si rimanda a: W. Landi, Haderburg. Il castello di Salorno, Schnell & Steiner, Regensburg 2010. 37

Dal “Promemoria dei lavori eseguiti dalla 1^Armata”, 3 dicembre 1915. I.S.C.A.G., faldone 505, cartella 3.

Tra il 1880 e il 1884 una commissione, composta dai colonnelli Mossig, Jesser e Bolfras, voluta dal feldmaresciallo Franz Thun-Hohenstein aveva individuato un terrazzamento posto sopra la Villetta di Chizzola, un colle situato a nord-est di Serravalle, e un altro a nord dell’abitato di S. Cecilia dove realizzare delle fortezze con azione di tiro sul rovescio; tuttavia il progetto venne abbandonato tenuto conto dell’asperità dei luoghi da una parte troppo esposti all’azione del fuoco nemico, dall’altra soggetti alla minaccia del distacco delle rocce soprastanti. Il tema della pianificazione della fortificazione austriaca nel Tirolo meridionale nelle fasi che precedettero il primo conflitto mondiale è stato ampliamento ed esaustivamente illustrato da Nicola Fontana al cui volume si rimanda: N. Fontana, La regione fortezza. Il sistema fortificato del Tirolo: pianificazione, cantieri e militarizzazione del territorio da Francesco I alla Grande Guerra, Osiride, Rovereto 2016. Si confronti anche il paragrafo Castelli e pianificazione militare asburgica tra Ottocento e Novecento, nel contributo di Fontana in questo stesso volume. Per un approfondimento sulla militarizzazione dell’area di Serravalle-Chizzola nelle fasi immediatamente precedenti il conflitto e, a guerra avviata, si consulti il lavoro di Tiziano Bertè, Guerra di mine sul Monte Zugna «Trincerone», Osiride, Rovereto 2013. Per le dinamiche storico-militari, e un censimento delle opere campali ancora rintracciabili nell’area, in particolare nei settori settentrionale (Serravalle, Zugna, S. Margherita) e occidentale (S. Lucia, Villetta, Sajori, Cornalè, Vignola, Pilcante) si rinvia al lavoro inedito di Francesca Bertè, Narrare il paesaggio fortificato alense: la riscoperta delle sue tracce documentarie e materiali, Premio “Luigi Delpero”, 3a edizione (2016), consultabile presso l’Archivio storico della Biblioteca comunale di Ala.

38

39

Fontana, La regione fortezza, cit., pp. 268-269.


183 Castelli del Tirolo storico

Fig. 9. Piano di fortificazione per l’area di Serravalle – Chizzola. Direzione del Genio di Riva, agosto 1912.

Da una nota inviata da Conrad al Ministero, nell’ottobre dello stesso anno, contenente un sollecito per l’assegnazione di finanziamenti, si apprende che i lavori di costruzione delle opere fortificate a Serravalle e alla Villetta non erano ancora stati avviati40. Difatto il progetto per la realizzazione dello sbarramento di Villetta – che avrebbe implicato l’acquisto del terreno sul quale insisteva il castello e le abitazioni situate nelle sue immediate vicinanze a fronte di un ingente esborso di denaro – fu abbandonato, con inevitabili ripercussioni e ritardi sul piano di fortificazione generale del settore AdigeVallarsa41. Agli inizi del 1912 la costruzione dello «sbarramento della valle dell’Adige in quanto barriera di sicurezza per le operazioni offensive in direzione delle Venezie»42 fu ritenuta prioritaria e in quest’ottica fu proposto un nuovo piano che prevedeva l’edificazione dei forti Cornalè e Santa Cecilia in destra Adige, Serravalle e Coni Zugna, sull’altro versante. Tuttavia solo qualche mese più tardi l’assetto fortificato previsto, subì una nuova variante, come risulterebbe nello Schizze mit den Bauverbotsrajonen der Etsch-Arsa Sperren43 (fig. 9), 40

Ibidem, nota 266.

41

Ivi, p. 403.

42

Ivi, p. 261.

43

ÖStA, KA, fondo K.u.k. Geniedirektion Riva, Kt. 52 “Etsch-Arsasperre”.


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Fig. 10. “Abschnitt Etschtal”, Sezione della Valle dell’Adige. Ottobre 1914.

una mappa predisposta dalla K.u.K. Geniedirektion di Riva, datata agosto 1912, dove risulta essere già stata superata l’idea di un forte a Santa Cecilia, nelle cui vicinanze era previsto solo un blocco stradale, ma veniva ancora proposta la realizzazione delle altre tre fortificazioni permanenti. Ancora una volta la previsione dei costi, stimati in 16 milioni di corone per il solo sbarramento Adige-Vallarsa, confermarono l’insostenibilità dei progetti, e ciò portò ad un ulteriore revisione del piano di fortificazione dell’area. Nel gennaio del 1913 Conrad, tornato ai vertici dello Stato Maggiore, manifestava la necessità di intervenire a Serravalle con la realizzazione di un caposaldo. La prevista costruzione di un forte sullo Zugna e di uno sul Monte Vignola, situato sull’altro versante, quali fortificazioni preposte al controllo della Bassa Vallagarina, aveva infatti evidenziato la necessità di realizzare una serie di postazioni che potessero controllare efficacemente quei tratti della valle rimasti “scoperti” dalla sorveglianza delle due opere permanenti. Per tal motivo l’esercito austro-ungarico stava costruendo numerose casematte, opere queste progettate per resistere ai colpi delle granate di medio calibro e destinate ad ospitare un corpo di guardia, ed in particolare se ne era prevista la realizzazione di quattro, situate nell’intervallo tra la cima del monte Zugna e il crinale che scende verso Serravalle44. Per un continuo altalenarsi tra revisioni e ripensamenti sui progetti di fortificazione di quest’area, solo due tra le previste casematte furono effettivamente costruite: la prima fu realizzata a monte del sito medievale di Serravalle, in località Fonda, a quota 696 m, 44

Bertè, Guerra di mine, cit. pp. 27-28.


Sulla consistenza di questo fondo archivistico e sui materiali in esso conservati si veda: Inventario del Fondo “Tiroler Sperren” (Österreichisches Staatsarchiv Wien) Kriegsarchiv (1859-1920), a cura di N. Fontana, M. Saltori, Provincia autonoma di Trento, Soprintendenza per i beni librari e archivistici, in collaborazione con il Museo Storico Italiano della Guerra di Rovereto, Trento 2004.

45

46

ÖStA, KA, fondo K.u.k. Geniedirektion Riva, Kt. 52, c.16.

47

Ibidem.

185 Castelli del Tirolo storico

mentre la seconda fu posizionata proprio sul sedime del castello. La concretezza di questi interventi, oltre che dalle evidenze materiali ancora oggi ben riscontrabili, trova rispondenza da quanto emerge in una serie di documenti conservati nel fondo denominato Tiroler Sperren, nel Kriegsarchiv dell’Archivio di Stato (Österreichisches Staatsarchiv) di Vienna45. Nell’ottobre del 1914 il genio militare austriaco predispone un disegno, allegato alle istruzioni della sezione della valle dell’Adige, in cui delinea le fortificazioni necessarie a proteggere i confini sud dell’impero (fig. 10). La pianificazione pensata per Serravalle prevede due aree strategiche adatte alla realizzazione di due caposaldi denominati nella mappa Stützpunkt Hochserravalle (696) e Stützpunkt Serravalle. Il caposaldo di Hochserravalle – Serravalle Alto – «è una postazione armata, di difesa contro gli attacchi, con linee di fanteria e circondata da filo spinato»46 (fig. 11). Nel punto fortificato sono presenti trinceramenti scavati e in muratura, alloggi per sessanta uomini, posta- Fig. 11. Stützpunkt Hochserravalle, Caposaldo di Serravalle Alto. Nozioni di fanteria, camminamenti e vembre 1914. aree per lo stoccaggio delle munizioni, una cisterna con capienza di 50 m³. Vi sono anche delle postazioni di artiglieria: per due cannoni da montagna (2-7 cm M75 Gebirgsgeschütz); per due cannoni moderni da campo ai quali se ne possono aggiungere altri due «che possono essere messi senza troppi sforzi e posizionati al meglio della proprietà ricettiva (…). Se nel caposaldo sono posizionati quattro cannoni, due di questi vengono collocati nella depressione a destra della base. In tal modo viene occupata anche la piccola sommità che è circondata da una recinzione metallica»47. Il secondo caposaldo, Stützpunkt Serravalle «sorge sulle vecchie rovine e sulle sue estensioni (…). Il sito ha una trincea che corre tutt’attorno alla sommità, il riparo è stato fatto sul muro dell’antica rovina, circondato da una recinzione di 6 m di larghezza». La postazione fortificata ha inoltre due linee di trincea che possono contenere circa un plotone di fanteria, un alloggio per una truppa di trenta uomini, una cisterna e in aggiunta una caserma scavata nella parete rocciosa.


186 Castelli del Tirolo storico

Fig. 12. Stützpunkt Serravalle, Caposaldo di Serravalle. Novembre 1914.

Per impedire la salita verso il caposaldo era stato posizionato un reticolato, che prendeva avvio alla base della parete rocciosa e correva per 200 m, fino al punto di contatto con l’area fortificata; l’intero sito, ad ulteriore protezione, era stato cinto da un fitto reticolato48 (fig. 12). Dalla relazione cha accompagna il progetto emerge che il caposaldo sorge sulle antiche rovine del castello e che il vecchio sito ha una trincea che corre lungo la sommità, un dato questo molto importante che permette di rintracciare la fisonomia del castello di Serravalle. Le antiche rovine menzionate nel rapporto austriaco sono infatti parte della torre del castello superiore e la trincea che circonda il sito è ciò che si conserva del Fig. 13. Disegno delle evidenze medievali individuate sul camminamento medioevale, tratteggiato luogo del caposaldo di Serravalle, già sito del castello. nella carta dell’Almagià (cfr. fig. 2) e rintracciato nei recenti sopralluoghi. Un disegno (fig. 13), realizzato dalla scrivente nel 2012, in cui sono riportate le strutture superstiti medievali individuate, permette un confronto stringente con il rilievo eseguito dal genio militare austriaco, a conferma che il caposaldo andò ad impiantarsi sui ruderi del sito antico. Nel medesimo luogo, dopo il giugno del 1915, ancora una volta confermando il riuso di questo sito, le forze italiane posizioneranno un loro caposaldo. 48

Ibidem.


Fig. 14. L’elaborazione, ottenuta sovrapponendo la mappa austriaca con la cartografia attuale (IGM 1:25.000), permette di identificare Nieder Serravalle con l’area dei Fortini. ÖStA, KA, fondo K.u.K. Geniedirektion Riva, Kt. 52,c.82. Si ringrazia in questa sede Tommaso Mariotti per la lettura e l’interpretazione del documento.

49

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Il territorio di Serravalle rientra in una nuova fase di progettazione nei primi mesi del 1915, quando viene predisposto un piano di fortificazione per Nieder Serravalle, una zona situata poco più a nord dell’abitato, che è possibile identificare con l’ area dei “Fortini”, grazie alla sovrapposizione della cartografia attuale alla mappa storica (fig. 14). In questa tavola, datata 16 gennaio 1915, è riportata una visione zenitale del campo trincerato localizzato nei pressi di Serravalle (fig. 15), le cui componenti vengono individuate grazie alla presenza di una legenda posta a tergo del documento: lo sviluppo del muro di contenimento viene indicato con il segno “X”, mentre una linea nera continua – che traccia sulla pianta forme rettangolari – individua le linee di fanteria o i camminamenti, chiamati «Verbindungsgraben» e che costituiscono una sorta di corridoio di accesso alle varie postazioni del campo. Nel presidio vi sono infatti altri elementi propri dei campi trincerati, quali alloggi con dormitori per gli ufficiali e per le truppe, le cucine, le latrine, la cisterna, stazioni telefoniche, telegrafiche e di segnalazione; viene inoltre evidenziata la presenza di reparti e di gruppi di «Landtorpedo»49. Questo caposaldo è da considerarsi come un ulteriore espansione dell’area fortificata di età moderna di Serravalle che, apparentemente, non ha un legame diretto con la fortificazione medievale, ma che va comunque considerata in un’ottica di ripensamento generale della difesa del territorio, e quindi di riconferma della sua valenza strategica, un’importanza che le forze italiane, qualche mese più tardi, andranno a rimarcare in maniera indelebile.


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Fig. 15. Nieder Serravalle. 16 gennaio 1915.

Dopo l’entrata in guerra dell’Italia, il 4 giugno 1915, le truppe di fanteria italiana della brigata Mantova, occupata Ala, si attestano alla stretta di Serravalle e Chizzola; il giorno successivo alcune compagnie dei battaglioni alpini Verona e Vicenza occupano la Zugna Torta50. A Serravalle, alla Villetta di Chizzola, alla cosidetta regione Fortini, i soldati italiani sostarono alcuni mesi dedicandosi alla costruzione di una forte linea di difesa in particolare a sbarramento del fondo Val Lagarina, lungo la dorsale Monte Altissimo di Nago-Vignola in destra Adige (linea Sajori-Piazzina), e verso la parte sommitale del Monte Zugna sulla sinistra orografica (linea Coni Zugna-Serravalle). Si trattò di una fase – collocabile all’incirca tra giugno e dicembre del 1915 – caratterizzata da un intensa attività costruttiva, volta alla realizzazione di opere campali, quali casematte, ricoveri, depositi, cisterne, postazioni, osservatori, camminamenti, trincee, strade e tutto ciò che poteva sostenere la militarizzaPer una panoramica sulle divisioni italiane stanziate nell’area di Serravalle-Chizzola: S. Meneghini, Serravalle, Chizzola, S. Margherita. Tre paesi un destino, “I Quattro Vicariati e le zone limitrofe”, 64 (1988), pp. 128-146.

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zione del territorio. In alcuni particolari casi l’azione si era concentrata sulla riconversione di spazi fortificati, già utilizzati dagli austriaci ed abbandonati, un dato che emerge a chiare lettere da una serie di comunicazioni ufficiali. Così il 5 agosto 1915, il capitano del 5° Reggimento Genio minatori, 1ª Compagnia – il cui nome posto in calce alla relazione risulta illeggibile – scriveva da S. Margherita al Comando del Genio del Settore Baldo Lessini ad Ala51, illustrando i lavori che erano necessari nell’area di Serravalle, affinchè i caposaldi lasciati dagli austriaci, potessero essere opportunamente riadattati a loro uso; una comunicazione che permette altresì di monitorare il grado di avanzamento delle opere fortificate pianificate dagli avversari, e non ancora completate:

«L’11 agosto 1915, il nome del Settore “Baldo-Lessini”, fu sostituito con quello di Settore “Val Lagarina” con al comando il gen. Armando Ricci Armani». Si veda: O. Menegùs, La prima guerra mondiale sul Monte Baldo, Tipoffset Moschini, Rovereto 1989, p. 33.

51

I.S.C.A.G., cartella 505, contenitore 3 (1915). Il documento è siglato: «Il Comandante della compagnia», segue firma illeggibile [N.d.A.]. 52

189 Castelli del Tirolo storico

«In seguito a ricognizione eseguita ai ridotti situati a Est di Serravalle a quota 700 circa [696], questo comando riferisce quanto segue riguardo alle condizioni in cui essi si trovano e fa proposta di eseguirvi gli opportuni lavori di miglioramento e completamento. a) Ridotto n°1. (Il primo che si trova percorrendo la mulattiera che dalla trincea alta porta a Coni Zugna). Si propone innanzi tutto il miglioramento della mulattiera onde renderla più comodamente praticabile. Il ridotto è costituito da uno scavo in roccia centrale di pianta rettangolare tra cui si irradiano tre camminamenti che portano ad una trincea continua fronteggiante a Nord, a Est e ad Ovest, e munita solo per un tratto di un debole reticolato. Si propone la sistemazione dei parapetto delle trincee che si riconosce essere state dagli Austriaci sbozzate, ed il miglioramento dei camminamenti, nonché la trasformazione dello scavo centrale di cui sopra (m 15 x m 3) in un ricovero mediante sistemazione delle pareti e copertura in cemento armato. Risulta inoltre necessario il completamento del reticolato intorno all’opera. Dal plotone che presidia detto ridotto viene distaccata una squadra su un costone anteriore a fianco della mulattiera che scende a Marco. Trovandosi detta squadra completamente scoperta e senza ricovero si propone la costruzione di una trincea e di una piccola baracca ad essa vicina in posto defilato alla vista per riparo dalle intemperie. b) Ridotto n°2. (Trovasi a Sud-Est del precedente collegato ad esso da buona mulattiera). E’ costituito da un cocuzzolo con una trincea lineare fronteggiante a Nord e collegata mediante camminamenti ad un ricovero posto dietro ad essa capace di circa 20 uomini, interrato e con copertura proteggente dal tiro a shrapnel. Su un secondo cocuzzolo arretrato rispetto al primo furono ricavati tratti di trincea fronteggianti ad Est, a Sud e ad Ovest collegati da camminamenti due tratti dei quali furono adattati a ricoveri con copertura leggera capaci in complesso di circa 20 uomini. Tra i due cocuzzoli si trova una casermetta blindata in calcestruzzo con un locale di m 13x5x4, con cisterna per acqua con piano raccoglitore di m 21x23 circa. Il tutto è circondato da reticolato di robustissima ossatura di ferro, profondo 6 m che occorre solo completare in un breve tratto e raffittire di filo. Le trincee e camminamenti a Nord trovansi in abbastanza buone condizioni e richiederanno quindi solo lievi miglioramenti. La casermetta blindata offre un ottimo ricovero e per potervi fare alloggiare il massimo numero di soldati si propone di adattarla con la costruzione di cuccette disposte in 3 piani diversi da farsi con tavole e travicelli si da renderla capace di un centinaio di uomini. Per poter attingere facilmente l’acqua dalla cisterna si propone l’impiego di una pompa. Delle trincee e camminamenti a Sud si può utilizzare solo qualche tratto adattandolo a ricovero con copertura leggera. I lavori tutti di cui sopra si ritiene possano venire eseguiti in un mese e mezzo circa da un plotone di 30 soldati di questa Compagnia quando ad essa sieno forniti mezzi sufficienti per trasporto dei materiali avendo tutti i propri quadrupedi (in numero di 14) occupati nel servizio di compagnia e per i lavori di Serravalle (...)».52


190 Castelli del Tirolo storico

Questi resoconti, tra l’altro molto numerosi perché scritti con cadenza quindicinale, restituiscono in maniera precisa l’avanzamento dei lavori per l’approntamento delle opere campali, ma nell’esposizione manca l’attenzione per l’elemento paesaggio, e più in generale, per il contesto dei siti fortificati che vengono occupati. Al contrario nelle relazioni introduttive allegate ai progetti di fortificazione dell’imperial-regia direzione del Genio, “lo scenario” riportato alle voci «Lage» e «Gelände beschreiben» rappresenta un elemento conoscitivo imprescindibile nell’ottica della pianificazione territoriale e probante per le finalità di questo studio, laddove la descrizione delle preesistenze ha consentito di rintracciare il castello medievale, ormai “inglobato” nelle strutture moderne. Un approccio al contesto sostanzialmente diverso quello messo in campo dalle due forze avversarie, dove si può rilevare che quello austro-ungarico, esplicato in un momento pianificatorio, si concentra sullo studio del territorio cogliendone tutti i dettagli, anche in virtù di una lunga tradizione progettuale, mentre quello italiano è legato all’azione bellica, con tempi e finalità diverse. Gli “anelli mancanti” sono tuttavia documentabili attraverso la fotografia storica che, nel caso specifico di Serravalle, permette di cogliere alcune fasi operative, compiute dai soldati italiani, che interessarono il Doss della Tor, dove esistevano ancora i ruderi della torre del castello superiore, abbattuti dagli austriaci per «evitare l’inquadramento da parte delle artiglierie avversarie»53. Immagini straordinarie che illustrano la trasformazione di un sito, la “nascita” di una fortificazione moderna creata con ciò che era rimasto di quella medievale, reimpiegando e adattando l’antico al nuovo (figg. 16-17). Sono opere comunque altamente invasive, ferite che segnano profondamente il territorio. Così in un’immagine, sapientemente costruita, l’intervento distruttivo dell’uomo sembra trovare un equilibrio nell’azione della natura: in primo piano il paesaggio appare sconvolto, il terreno nudo, ma alle sue spalle il torrente Sorna, con la sua forza riparatrice, disegna un ampio conoide, quasi a voler restituire ciò che all’ambiente viene tolto (fig. 18). Una preziosa istantanea viene anche scattata da Ugo Ojetti, fotografo e giornalista54, presidente di quella Commissione che era stata istituita presso il Comando Supremo per la protezione dei monumenti e delle opere d’arte. Nel 1916, quando visita le zone interessate dalle operazioni belliche per documentare lo stato di edifici storici e di oggetti d’arte, ritrae alcuni soldati italiani nelle immediate vicinanze della torre-fortino di Serravalle (fig. 19). La trincea antistante alla torre, così come auspicato nella nota inviata dal Capitano del 5° Reggimento Genio minatori, è stata effettivamente coperta ed i soldati vi possono trovare ricovero. Un’altra foto, scattata nel medesimo periodo, mostra la linea trincerata, situata poco a nord di Serravalle, ancora in costruzione (fig. 20); a commentare questa immagine potrebbero essere alcune brevi righe tratte da una relazione sullo stato di avanzamento delle opere nella regione Fortini, trasmessa il 6 settembre 1915 dal comandante del Reggimento del genio minatori – 1ª Compagnia – al comandante del genio del settore Vallagarina ad Ala: «Si lavora alla realizzazione delle camere per gli ufficiali, alla copertura dei tratti delle trincee, alla pavimentazione del ricovero per i soldati, alla costruzione di camminamenti che colleghino il paese con i capisaldi»55. 53

Bertè, Guerra di mine, cit., p. 28.

Sulla figura e l’opera di Ugo Ojetti in particolar modo negli anni del conflitto si veda: M. Bassanello, Ugo Ojetti: Sottotenente “Soprintendente” ai monumenti nelle Terre Redente (1915-1918), tesi di laurea, Università Cà Foscari di Venezia, relatore prof. A. Prandi, a.a. 2011-2012, e bibliografia ivi collazionata. Sull’attività tutoria tra 1915 e 1918 si rimanda a: G.P. Treccani, Monumenti e centri storici nella stagione della Grande Guerra, FrancoAngeli, Milano 2015. 54

55

I.S.C.A.G., cartella 05, contenitore 3 (1915).


191

Fig. 17. Val Lagarina. Fortino trincerato oltre Serravalle. 1916.

Castelli del Tirolo storico

Fig. 16. Il fortino trincerato di Serravalle. 1916-1917 circa.


192 Castelli del Tirolo storico

Fig. 18. Serravalle, la prima linea italiana da un posto avanzato. 1917-1918 circa.

Fig. 19. Ugo Ojetti, Camminamento in cemento a Serravalle all’Adige durante la Prima Guerra Mondiale. 1916.


Fig. 21. K.u.K. 11. Armeekommando. Kriegsvermessungabteilung. «Nemico, fortificazioni, alloggi, strade e sentieri», particolare. Maggio 1917. Sulla carta, indicate dalle frecce, sono posizionate le piante dei castelli di Chizzola e di Serravalle. Dalle mappe conservate nell’Archivio dell’Istituto Storico e di Cultura dell’Arma del Genio di Roma, relative all’area di Serravalle si rilevano molto toponimi di “circostanza” quali ad esempio «Trincea dalla cresta di roccia», «Cappello del prete», «Rocce rosse», e molti altri. Su questi particolari riferimenti cartografici si veda anche: Bertè, Guerra di mine, cit. pp. 193-195.

56

193 Castelli del Tirolo storico

L’intensa attività di ricognizione topografica-militare dell’area cruciale di SerravalleChizzola, continua da parte di entrambe le forze avversarie, che predispongono un dettaglio apparato cartografico per documentare sia lo stato di fortificazione raggiunto nel territorio, sia la “toponomastica di circostanza”, ossia nomi utilizzati dai soldati per indicare luoghi riferibili a situazioni particolari56. Una mappa disegnata nel maggio del 1917 dal Reparto di rilevamento dell’ imperial-regia 11ª armata, impegnato ad accertare quanto realizzato dai “nemici”, «Feindliche, Befestigungen, Unterkünfte, Strassen und Wege», permette di cogliere l’intricata rete di trincee scavate in questo tratto della valle (fig. 21), opere devastanti che hanno intercettato le strutture antiche, distruggendone i contesti. Ed è proprio la cartografia militare, realizzata in questi anni, che come si vedrà in seguito, fornirà elementi utili per capire le trasformazioni avvenute nei castelli di chiusa, ed in modo particolare in quello di Chizzola. Un ulteriore tassello per la conoscenza del paesaggio fortificato si aggiunge confrontando Fig. 20. Soldati italiani a Serravalle, impegnati nella la cartografia militare, realizzata tra il 1917 e costruzione delle opere campali. 1916 circa.


194 Castelli del Tirolo storico

Fig. 22. Fotografia aerea scattata nel 1917 e georeferenziata su lidar. L’elaborazione delle immagine consente di individuare la fitta rete di trincee realizzate nella cosiddetta Regione dei Fortini a Serravalle.

il 1918, con le immagini ottenute dalla sovrapposizione di fotografie storiche e restituzioni lidar57, un sistema a più fonti che consente di ritrovare intatte, seppur nascoste dalla vegetazione, quelle stesse tracce scavate cento anni fa, segni indelebili che il territorio conserva come “propria memoria” (fig. 22) 58. Il Lidar, acronimo di Light Detection and Ranging o Laser Imaging Detection and Ranging, è una tecnica di telerilevamento per l’esecuzione di rilievi topografici ad alta risoluzione. L’acquisizione viene effettuata tramite mezzo aereo sul quale è installato un laser scanner composto da un trasmettitore (essenzialmente un laser), da un ricevitore (costituito da un telescopio) e da un sistema di acquisizione dati. Ciò che si ottiene è un insieme di punti ad ognuno dei quali è associato un dato relativo alle coordinate geografiche e alla quota. Analizzando la nuvola di punti ottenuta, riflessi in modo diverso dal terreno a seconda della presenza di strutture o vegetazione, è possibile avere un Modello Digitale di Superficie (DSM, Digital Surface Model); da quest’ultimo, opportunamente rielaborato, si estraggono i soli punti appartenenti al suolo per avere un Modello Digitale del Terreno (DTM, Digital Elevation Model). Le immagini ottenute permettono di rintracciare strutture sepolte ed evidenze materiali non più riscontrabili nei tradizionali survey.

57

L’elaborazione, curata da Pietro Dalprà, responsabile del progetto provinciale per il censimento delle opere campali, è ottenuta mediante la sovrapposizione di una fotografia aerea e di una restituzione lidar. L’istantanea,

58


195

Anche sull’altro versante della valle, laddove il genio austro-ungarico aveva previsto la costruzione di un forte, mai eretto (cfr. fig. 9), a partire da dicembre del 1915 i soldati italiani realizzano una serie di opere campali che vanno a sovrapporsi all’area occupata dalla fortificazione antica. Al momento in cui la Villetta viene conquistata e rifortificata, il castello è già in avanzato stato ruderale, un dato confermato dalle fonti documentarie, da quelle iconografiche e dalle rare fotografie storiche (fig. 23). Nel mese di settembre del 1915 un nuovo resoconto inviato dal capitano del 5° Reggimento del Genio Minatori, 13ª Compagnia, al comando del Genio di Ala, informa sull’avanzamento dei lavori alla Villetta. Nella dettagliata relazione si legge che erano state ultimate le trincee e i camminamenti, mentre era ancora in costruzione per la lunghezza di tutto il fronte (80 m) un muro difensivo, con ricoveri e trincee di fiancheggiamento, il cui paramento doveva essere costruito in calcestruzzo e dotato di feritoie. Anche la copertura delle trincee era stata realizzata con un strato di 15 cm di calcestruzzo, ma era stato previsto un ulteriore rivestimento con ghiaia, sabbia e zolle d’erba59. Per portare a termine le opere campali furono impiegate anche rotaie e traversine, mentre alcuni ambienti collegati alle trincee erano stati scavati nella viva roccia; altri ancora furono dislocati lungo il costone roccioso che dalle pendici del Sajori scendeva fino ad arrivare in prossimità dell’abitato di Chizzola. Ad ulteriore protezione dell’area, davanti alla linea difensiva, erano state stese due file di reticolati. L’attività sul sito della Villetta sembra poi avere una battuta di arresto in novembre quando viene sospesa per mancanza di forze, impegnate altrove; tutti i lavori saranno comunque ultimati entro il 28 dicembre 1915. scattata nel 1917, documenta la massiccia presenza di trincee e camminamenti realizzati al di sopra dell’abitato di Serravalle e nella cosiddetta Regione Fortini. La sua georeferenziazione sul lidar ha consentito l’ individuazione delle opere realizzate durante la Grande Guerra, oggi difficilmente percepibili a causa dell’intensa rinaturalizzazione del sito. 59

I.S.C.A.G., cartella 505, contenitore 3 (1915).

Castelli del Tirolo storico

Fig. 23. Chizzola. Panorama dei ruderi di Castel S. Giorgio. 16.8.09. Cartolina viaggiata. Il castello di Chizzola, qui erroneamente chiamato di S. Giorgio, in avanzato stato ruderale.


196 Castelli del Tirolo storico

Fig. 24. Lo “Sbarramento di Villetta”. Nella mappa sono descritti gli elementi del presidio e evidenziati – in rosso – i ruderi del castello medievale.

Fig. 25. Progetto per le trincee e i camminamenti del “trincerone” della Villetta, 1915.


197 Castelli del Tirolo storico

Fig. 26. Progetto per trincee e ricovero blindato alla Villetta, 1915.

Fig. 27. Gallerie ricovero di Villetta, 1915.


198 Castelli del Tirolo storico

Il risultato di questi interventi è esplicato in maniera dettagliata in una pianta realizzata dal genio nel dicembre del 1915 (fig. 24); lo «Sbarramento di Villetta»60 si connota come un presidio strutturato con elementi in gran parte ipogei, scavati all’interno della cinta del castello medievale, e di cui furono disegnate alcune tavole di progetto, in fase di pianificazione degli interventi da compiersi (figg. 25-27). I prospetti elaborati trovano corrispondenza con quanto descritto in una «Relazione lavori» datata al 26 ottobre 1915, dove si legge che era stata ultimata la perforazione di tutte e cinque le gallerie, giungendo ad una profondità di 20 m nel tunnel di comunicazione con Fig. 28. Reparto di rilevamento del genio militare austriaco, 1 agosto l’esterno, ma rimanevano da “fo- 1918. Sulla carta, che individua le trincee italiane, è stata rare” ancora 15 m per arrivare allo georeferenziata la pianta del castello. Si nota che il tratto della cinta a sud, oggi perduto, fu intercettato dalla costruzione dei sbocco. Nella medesima comuni- camminamenti moderni. cazione, si descrive anche la fabbrica del “trincerone”, un lungo corridoio situato a nord, immediatamente al di fuori della cinta del castello, dove venne realizzata una trincea a gradini provvista di copertura. Il 1 agosto 1918 il reparto di rilevamento del genio militare austriaco, predisponeva una carta dove individuava le trincee realizzate dagli italiani, tra cui figurano quelle ricavate sul sito del castello61. Questo rilievo consente oggi un interessante operazione che spiega “la scomparsa” di parte del circuito medievale: georeferenziando la pianta attuale del castello sulla mappa austriaca, è possibile notare che un tratto della cinta, collocato a sud, fu intercettato dalla costruzione dei camminamenti moderni e pertanto distrutto (fig. 28). Situato sulla medesima linea difensiva, Sajori-Piazzina, il sito di Castel Sajori e le sue immediate vicinanze furono oggetto di un’imponente opera campale. Per collegare le postazioni di fondovalle con le aree fortificate situate sul monte Cornalè, nell’agosto 1915 venne realizzato «con l’impiego delle truppe un sentiero mulattiero, per collegamenti tattici, fra S. Lucia e [la valletta di] Sajori», e da li al castello omonimo (fig. 29); un’ulteriore comunicazione con la dorsale fu garantita da una mulattiera e da una strada carreggiabile, lungo la linea Pilcante-Piazzina-Cornalè62. Le fortificazioni poste a Piazzina si componevano di tre linee successive di difesa, di cui la prima era impostata all’altezza di castel Sajori, protetta da due ordini di reticolati e da una fitta rete di trincee (figg. 30-31), in parte coperte e in parte scoperte.

60 I.S.C.A.G., cartella 505, contenitore 5 (1915) “Progetti e piante”: Disegni di fortificazione della Vallagarina, dicembre 1915. 61

Coni Zugna n° 145. MSIG, cart.05-59, 01f.

I.S.C.A.G., cartella 505, contenitore 5 (1915), Progetti e piante: “Allegato 1. Valle Lagarina. Carreggiabile – Culma Alta-Cima Levante, Mulattiera – S. Lucia-Sajori; Allegato n. 2. Valle Lagarina. Carreggiabile – PilcantePiazzina-Cornalè, Mulattiera – Pilcante-Piazzina-Cornalè”.

62


199 Castelli del Tirolo storico

Fig. 29. Nella mappa è evidenziata la mulattiera che dall’abitato di S. Lucia raggiungeva la valletta di Sajori, per poi proseguire verso il castello omonimo, qui indicato come “Castel San Giorgio”. Agosto 1915.


200 Castelli del Tirolo storico

Fig. 30. Linea Chizzola-Cornalè, ricognizione aerea austro-ungarica. 6 giugno 1917. Le frecce indicano rispettivamente il castello di Chizzola e Castel Sajori. Si noti la fitta rete trincerata realizzata a protezione della linea difensiva.

Fig. 31. Campo trincerato di Castel Sajori tra Chizzola e Cornè. 1917 c.


201

Fig. 32. I ruderi degli edifici sorti durante il primo conflitto sulle pendici del dosso di Castel Sajori.

Fig. 33. Particolare di un edificio, parzialmente conservato in alzato, situato lungo il sentiero di accesso al castello.


Fig. 34. Castel Sajori. Tratto a sud-est della cinta medievale, trasformata in trincea.

202 Castelli del Tirolo storico

Fig. 35. Castel Sajori. Ingresso all’osservatorio ricavato nella cisterna medievale.


«In effetti le impronte storiche sul territorio sono duplici: quelle medievali del castello, quelle belliche del primo ventennio del secolo. Le prime predominano nella loro verticalità pur in breve spazio. Le seconde reticolano i luoghi con trincee, camminamenti, osservatori, resti di baraccamenti, ricoveri in caserma. Entrambe sono ammansite dall’usura del tempo, dalla tenacia del mantello forestale sebbene quelle castellane perseverino a dominare»64.

Nota conclusiva La chiusa di Serravalle-Chizzola, luogo strategico attestato come tale almeno dal XIII secolo, mantenne inalterata la sua funzione di presidio e controllo sul territorio fino all’epoca moderna, quando, sia nelle fasi immediatamente precedenti che nel corso del primo conflitto mondiale, se ne ripensò l’impianto fortificatorio. Le strutture antiche, sopravvissute alle campagne militari francesi, vennero ancora una volta riconsiderate nella loro valenza offensiva-difensiva e riutilizzate ai nuovi fini bellici; il sistema fortificato medievale venne ampliato, fino a ricomprendere opere difensive che si ponevano a scavalco dei versanti montuosi, quasi a ricreare l’antica “cintura di castelli”. Il mutare degli armamenti, e con esso la potenza dirompente dell’artiglieria, aveva determinato un profondo cambiamento nelle tecniche costruttive, nelle tipologie e nell’uso 63

I.S.C.A.G., cartella 508, contenitore 5 (1916), “Monografia delle linee principali di resistenza. 1.11.1916”.

64

Gorfer, I castelli, cit., p. 684.

203 Castelli del Tirolo storico

Stando ai resoconti nella base sono collocate «sette postazioni per mitragliatrici e sette caverne colleganti con le trincee. In posizione arretrata vi sono poi altre cinque caverne per i rincalzi e due caverne per personale d’artiglieria63». Purtroppo nei documenti prodotti dal genio militare, inerenti agli interventi nella valletta di Sajori, si trova solo qualche breve cenno al castello omonimo, menzionato in occasione della costruzione delle trincee, che da li prendevano avvio. Mancando ad oggi delle carte di progetto che chiariscano i tempi e i modi di riutilizzo del sito durante il conflitto, ai fini di questo contributo, è stato necessario affidarsi all’osservazione diretta delle strutture superstiti, riferibili all’età moderna e alla loro integrazione-sostituzione con quelle medievali. L’intero sito e l’area adiacente, si presentano profondamente segnati dagli interventi per la costruzione delle trincee che, nonostante la massiccia presenza di vegetazione, sono ancora ben individuabili. Superata la linea collinare del “Zengio de le Af”, salendo verso il sito medievale, si scorgono sulle pendici del dosso e nella sottostante valletta delle “Pozze”, ricoveri scavati nella roccia e resti di piccoli edifici (figg. 32-33), dove si nota il reimpiego di grosse pietre squadrate e lavorate, identiche a quelle poste in opera nelle angolate superstiti del castello. Il coinvolgimento diretto delle strutture castellari nella fase di occupazione moderna è rintracciabile in qualche caso specifico: un tratto della cinta antica, situato a sud-est, fu riconvertito in trincea in virtù della sua straordinaria posizione (fig. 34); a nord nel punto più estremo del sito, quasi a strapiombo sulla valle sottostante, laddove era collocata una struttura semicircolare rivestita in coccio pesto identificabile con la cisterna medievale, fu realizzato un osservatorio ricavandone lo stretto corridoio di accesso nello spessore della roccia (fig. 35). Sono tracce queste, labili, che il tempo e l’incuria hanno quasi cancellato, ma rimane ben percepibile, invece, la commistione tra castello e fortificazione moderna:


dei materiali, modalità che in questi luoghi, proprio sotto la spinta dell’urgenza e dell’immediatezza, hanno assunto caratteri di “genialità”. L’analisi dei castelli della chiusa ha messo in luce queste situazioni, dove il riuso delle mura perimetrali (che diventano trincee), delle torri (che vengono smantellate per creare postazioni e osservatori), dei paramenti murari (che proteggono gli accesi agli ambienti ipogei), si affianca all’impiego di rotaie e traversine, per originare un’architettura militare senza precedenti. I castelli di Serravalle, Chizzola e Sajori, ancora una volta nella loro vicenda storica e costruttiva, vengono destrutturati, ma paradossalmente è proprio il loro reimpiego nelle nuove fortificazioni a farli tornare all’antica funzione: difendere il territorio.

204 Archivi edel Castelli memoria Tirolo storico

Il castello di Chizzola e il borgo della Villetta, 1940 c. Archivio Privato.


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Castelli del Tirolo storico

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30: Inv. 97/67, © Museo Storico Italiano della Guerra di Rovereto. Per gentile concessione.

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24, 25, 26, 27, 29: © Roma, I.S.C.A.G - Immagini concesse in uso alla Provincia autonoma di Trento, Soprintendenza per i beni culturali, Centro di catalogazione architettonica. Elaborazione grafica: Annamaria Azzolini.

31: Inv. 51/64, © Museo Storico Italiano della Guerra di Rovereto. Per gentile concessione.


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