SAGISTICA POLICO-CIVILE DI GIANI STUPARICH

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effetto risolutivo, l’arcivescovo Antonio Santin. Solo una settimana di passione, ma indimenticabile. 6 Con la città occupata, caduta ogni auto-censura di natura patriottica o di senso dello Stato, si dava la legittima occasione per un nuovo irredentismo e Stuparich, intrecciando cauti legami con il CLN Alta Italia stilò, insieme ad Ercole Miani, due proclami clandestini, che invitavano a tener viva la scintilla del Risorgimento. 7 Lo aveva esortato Miani: «“Bisogna ricordare Garibaldi”, “i tedeschi stanno smontando il monumento a Nazario Sauro a Capodistria. Scrivine tu qualcosa”». 8 E Stuparich riprese la penna per celebrare il più grande eroe italiano della libertà e, successivamente per un secondo manifesto clandestino, dedicato all’emblematico episodio dello smantellamento da parte dei tedeschi del monumento capodistriano a Sauro, un tassello, minore ma di notevole valore simbolico, della strategia di “snazionalizzazione” perseguita dagli occupanti. Si tratta di un testo risalente al giugno 1944, conservato presso l’Istituto regionale per la storia del Movimento di Liberazione di Trieste e riportato da Carlo Schiffrer, nel contributo Nella Resistenza, pubblicato su «Umana», la rivista di Aurelia Gruber Benco, nel numero di aprile-giugno 19619: annesso rispetto ai Reichsdeutsche, una soluzione difficilmente ipotizzabile se non altro in base a considerazioni di carattere razziale, in quanto sarebbe stata contraria al principio della superiorità dell’elemento germanico che fu invece uno dei cardini del sistema di dominazione nazista in Europa» (Il Litorale Adriatico nel Nuovo Ordine Europeo - 1943-1945, Milano, Vangelista, 1974, p. 13). Così Apih, qualche anno più tardi, in Trieste, Laterza, Bari 1988, p. 146: «l’occupazione tedesca della Venezia Giulia ebbe caratteristiche sue proprie, politiche, ben distinte da quelle che ebbe nelle altre regioni italiane (eccezion fatta per le province di Trento, Bolzano e Belluno, dove ebbe aspetti simili). Fu cioè gestita anche l’amministrazione civile e, di fatto, si sostituì il potere statale italiano. Fu ripristinata per la regione la denominazione di “Litorale Adriatico”, fu dichiarata zona d’operazioni militari e vi si insediò, quale supremo commissario con pieni poteri, F. Rainer, accompagnato da un corpo di funzionari, vari dei quali erano nati o vissuti qui ai tempi dell’Austria. Una lunga serie di disposizioni esautorò la sovranità italiana anche nella sua nuova forma di alleata “Repubblica Sociale” […]». Inutile aggiungere che quei notabili della Trieste fascista e imprenditoriale che decisero di collaborare con l’occupante nazista, negarono poi sempre di essere stati consapevoli del progetto annessionista perseguito dal Reich, rivendicando anzi alla loro scelta un valore patriottico, nello spirito di una difesa nazionale anti-slava di matrice irredentista (su questo cfr. Fogar, Gabriele Foschiatti, cit., p. 122 e segg.). 6 Si vedano G. Stuparich Criscione, Stuparich alla Risiera. Otto testimonianze, in «Lettera ai compagni», marzo 1987; V. Frosini, Un amore epistolare di Elody, in Id., La famiglia Stuparich, Udine, Del Bianco, 1991. 7 Un particolare, drammatico “allineamento dei pianeti” accende una fiamma resistenziale che sfiora anche Stuparich. A quanto registra C. Pavone, prestando orecchio alle parole di una partigiana: con i tedeschi in casa, avevo sentito «il fascino del ribelle legato al Risorgimento in funzione anti-austriaca». Ma ancora Pavone nel capitolo Il nemico ritrovato del suo Una guerra civile. Saggio storico sulla moralità della Resistenza (Bollati Boringhieri, Torino, 1991), da cui abbiamo citato (p. 173): «i richiami al Risorgimento, alla guerra del ’15-18, ai tradizionali alleati convergevano nella figura del tedesco come nemico e invasore […]» (p. 206). 8 Stuparich, Trieste nei miei ricordi, cit., pp. 191-2. 9 I due manifestini di Stuparich si possono anche anche leggere, in questo caso con un commento del giornalista e storico Mario Pacor, sull’«Unità» del 27 febbraio 1963 (I manifestini antifascisti di Giani Stuparich).

Verso la libertà

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